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Turrito

L'alba sarebbe venuta dopo un tempo infinitamente lungo. I suoi passi risuonarono come
serragli scossi, percossi. Le mura di muschio e pietra gli risero di scherno da ovunque, dai
lati. Gli angoli scuri, nascosti, lo invitarono maligni a scoprire il loro segreto, le cavita' gli
ammiccarono dai loro abbandoni senza fondo, canti dagli abissi. Sussurri continui,
intermittenti, radi, immaginari tentarono di ammaliarlo. La notte era passata nell'antico
borgo, ma il sole non sorse ne' lui se lo aspettava. Il villaggio di pietra squadrata, di umido
brecciolino, lo circondava, e il cielo cromato lo stava schiacciando a terra.
E intanto loro brulicavano.
Senza sosta, il liquame solido e fremente, plastico e viridescente, insidiava gli angoli dei
suoi occhi senza lasciare che sulla retina si imprimesse una benche' minima traccia delle sue
fattezze, per altro cangianti e non del tutto adatte alla vista umana.
I livelli vegetali. Ancora non li aveva presi in considerazione, sebbene gia' da tempo, con
snervante lentezza, gli si stessero affollando intorno nella loro sorridente oscenita' di
terriccio molle, saturo di humus, follemente organico. E i frutti scarlatti, sanguigni e
polposi, grondanti umore viscoso.
Avanzava lungo la via maestra, mentre i piani vegetali si chiudevano sinuosamente dietro di
lui, incrociando le loro matrici astratte, impastando le loro zolle morbide.
Avanzava.
Avanzava, perchè il suo obiettivo era la torre. Intanto la vecchia, dall'alto della sua fossa, gli
accennava muta. Di certo non la vide, ma la segui' con gli occhi finche' non si sollevo',
scomparendo per sempre nella sua fossa sorridente, che la accolse calda e umida.
Comincio' a correre verso la torre perchè si accorse che gli stava sfuggendo. Il paese
dormiva intorno.
Molti dei suoi abitanti lo stavano sognando, inquieti, perchè la sua immagine non poteva
essere contenuta in una mente umana dormiente. Due passi e fu fuori, nella torre.
Sapeva gia' che avrebbe trovato le scale. Erano le dimensioni, pero', che non poteva
assolutamente immaginare. Fuori dalle proporzioni, titanicamente piccole, malignamente
numerose, lo attorniavano come una ragnatela, come fili evanescenti.
Comincio' a salire, scendendo fino a livelli innominabili e vacui. Le immagini gli
scorrevano accanto, gli sfuggivano di mano, fronzuti ciuffi di muschio gli laceravano le
mani con la loro aspra morbidezza. Non penso' nemmeno per un attimo di guardare le
immagini, ma sebbene le guardasse con tutta la sua attenzione, erano sconcertanti e gli
trasmettevano una sensazione di estraneità, gli alveoli intasati dal pulviscolo. Continuava a
salire le scale, arrampicandosi sulle titaniche lastre di basalto dei gradini e cadde,
precipitando verso l'alto per miliardi di metri.
Si ritrovo' un gradino più su, e ricomincio' la scalata.
Al quarto livello incontro' suo padre. Col volto chino, gli diceva "io non ho potuto", in un
morbido sussurro. Troppo tardi, doveva salire.
Al terzo livello incontro' sua sorella. Aveva il broncio, aveva pianto un'altra volta come
una bambina. Singhiozzava. La guardo' senza parlare, ma ricomincio' a salire.
Al secondo livello incontro' suo nonno. Sorrideva fiero, lo presentava all'oscurita' vociante
dietro di se': "questo e' mio nipote, ne sentirete parlare presto!..."
Riceveva mute, loquaci risposte dalle tenebre, dietro l'architrave cui era appeso per il
collo, la lingua penzoloni. Saluto' il vecchio e riprese a salire.
Al primo, ultimo livello incontro' se' stesso. Era triste, ma l'altro se' aveva uno sguardo
alieno, come se avesse conosciuto altri mondi e non trovasse le parole per descriverli. Il
malleolo nevrotico, oscillante, il muscolo guizzante, fasciato da bianche estremita'-termi_
nazioni nervose. La barca.
Si lascio', ed arrivo' alla soletta. La botola, ovviamente, c'era. Campane bronzee
risuonarono nel silenzio, milioni di chilometri distanti da lui, proprio accanto al suo
orecchio. L'acciottolato del viale.
Apri' la botola e fu investito da un vento odiosamente umido che portava un'orribile
sentore di tanfo, di chiuso, di aperto. Sguscio' fuori, oleoso. Dalla cima della torre gli
apparve tutto il villaggio, ancora dormiente, con le sue escrescenze carnose, pulsanti e
trasparenti, appiccicose. Tocco' gli alberi, infinitamente piu' in basso. Sopra di lui, soltanto
il cielo, umido e piovoso, il velo di polvere che copriva il sole. Getto' onnipotente un
ultimo, fugace sguardo al mondo inferiore.
Poi, continuo' a salire.

*****
Il suo corpo fu trovato qualche minuto dopo, sfracellato alla base della torre parrocchiale.
Poca brava gente pianse con sua madre la morte dello scemo del villaggio.

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