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La Nevrastenia
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Achille De Giovanni fu il maggiore caposcuola del neocostituzionalismo, una dottrina che opponeva al concetto di cause esclusivamente esterne delle malattie quello dei fattori cosiddetti costituzionali, sarebbe a dire di una certa predisposizione individuale a contrarre determinate malattie, introducendo così l’ereditarietà come elemento diagnostico. In questa edizione il testo è stato interamente controllato e normalizzato.
LanguageItaliano
Release dateNov 5, 2020
ISBN9791220216227
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    La Nevrastenia - Achille De Giovanni

    DIGITALI

    Intro

    Achille De Giovanni fu il maggiore caposcuola del neocostituzionalismo , una dottrina che opponeva al concetto di cause esclusivamente esterne delle malattie quello dei fattori cosiddetti costituzionali , sarebbe a dire di una certa predisposizione individuale a contrarre determinate malattie, introducendo così l’ ereditarietà come elemento diagnostico. In questa edizione il testo è stato interamente controllato e normalizzato.

    INTRODUZIONE

    Da quando presi ad occuparmi della Patologia del Simpatico, mi si è presentato alla mente un problema, sul quale ho poi lungamente meditato, seguendo, ora l’inspirazione dei fatti raccolti nella clinica, ora quella delle esperienze fisiologiche, ora quella delle leggi generali della biologia [1] .

    E mentre per opera dei più accreditati cultori della neuropatologia cresceva la messe clinica intorno alle Nevrosi, a me sembrò che ne rimanesse tuttavia misteriosa la genesi, considerata in rapporto ai momenti predisponenti.

    A me parve fuori di proposito attendere che l’anatomia patologica ci rivelasse la possibile alterazione del nervo determinante le Nevrosi e continuare a dire, per intanto, che sono malattie sine materia.

    Certo è che da questo stato, quasi direi, di quiescenza della mente, non potemmo, e non potremmo vedere nelle Nevrosi che degli accidenti clinici e non la nota antropologica colla relativa espressione patologica.

    Io so che attraverso alcune grosse questioni cliniche il clinico arriva a concetti scientifici generali, che potranno essere discussi ed anche obbiettati, ma confutati mai.

    L’esperienza vecchia e nuova parla in mio favore. - E so del pari che il clinico arriva a quei concetti scientifici, non già teoricamente, ma spinto dal cumulo dei fatti eguali, unisoni, indiscutibili.

    Questi fatti, che ad uno ad uno presi non hanno valore, tutti insieme sono una chiara e inconfutabile dimostrazione - costituiscono il vero esperimento clinico infallibile.

    Uno di questi fatti emerge dall’esame che ciascuno può istituire sulla enumerazione delle cause delle Nevrosi; un altro si presenta solo che consideriamo la cura delle Nevrosi; un altro ancora dopo che, dietro insegnamenti clinici, avremo constatato le modificazioni successive che si possono effettuare nelle stesse forme cliniche delle Nevrosi.

    Quanto alla eziologia, ben si può dire che l’esperimento clinico dimostra come le stesse cause possono ingenerare le più differenti forme di accidenti nevrotici.

    L’esperimento terapeutico dimostra che lo stesso programma curativo, o parti dello stesso programma, si convengono alle più disparate forme nevrotiche.

    L’osservazione clinica, relativa alle possibili modificazioni delle forme nevrotiche, mette in evidenza, che tra i diversi accidenti clinici esiste un legame intimo, organico.

    Però si può ammettere, che oggetto di studio, ormai fattosi necessario, consiste nello svelare ciò che per esperimento eziologico, per esperimento terapeutico, per osservazione clinica si dimostra substrato generico per le Nevrosi, base necessaria per la evoluzione di queste, - la ragione morfologica individuale.

    È necessario, secondo me, dopo tante distinzioni nosografiche, e dopo avere descritta tutta la efflorescenza delle forme, scoprire il tronco da dove talliscono, da dove traggono la legge del loro sviluppo, della loro evoluzione; dove, in fine, tutte si uniscono additandoci l’unità della origine prima, per quanto nell’ambiente vario e mutabile, nel quale si espandono, possano assumere parvenze disuguali.

    Esprimerò altrimenti il mio pensiero dicendo, che dovremmo rivolgere il nostro studio a scoprire le vere radici del grande albero delle Nevrosi in seno all’organismo, per comprendere come si ordiscono, perché la stessa causa possa provocare differenti forme nei differenti individui, perché lo stesso mezzo, e lo stesso metodo terapeutico possa ugualmente influirle, perché in fine le stesse forme nevrotiche attraversino un processo evolutivo nell’individuo e nella famiglia, trasformandosi nell’individuo e nelle generazioni succedentisi.

    Forse pochi argomenti al pari di questo valgono a mettere in evidenza il compito assegnato alla Clinica nel campo della Biologia; imperocché, di fronte ad una tumultuaria sintomatologia eccezionale dell’isterica, come in mezzo alle proteiformi espressioni del nervosismo, od alle manifestazioni metodiche della ipocondria, si constatano rapporti funzionali con certe trasformazioni organiche da essere indotti, quasi nolenti, ad assorgere a concepimenti dottrinali, che si riferiscono alla organizzazione dell’individuo, quindi alle leggi medesime della organizzazione.

    Perciò sempre più si comprende la tendenza dei più autorevoli cultori della neuropatologia a materializzare, dirò così, la Nevrosi.

    Solo vogliamo constatare, che i fatti da molti radunati non sono posti debitamente in luce, non sono ordinati secondo i principî della morfologia, per cui stanno là quasi lettera morta, o, piuttosto, come frasi incomplete.

    Colla lettura delle opere del Charcot, del Féré, del Dejerine, del Revington, del Benedikt, e di altri, ho potuto rassodare vie più le mie convinzioni in proposito.

    Devo dire, per amore del vero, che Morselli, Tanzi e Massalongo in Italia hanno spiegato il loro indirizzo francamente verso la scuola che chiamerò dell’avvenire - la scuola antropologica.

    Ogni medico, il quale sappia guardare all’insieme dei fatti pertinenti alla storia delle Nevrosi, non può non affermare il concetto antropologico che ne emana, per cui deve avere più volte pensato che si nasce nevrotici, e che alle eventuali forme cliniche precede la speciale condizione organica che ne forma il predisponente.

    Come lo psicologo positivista o, dirò meglio, l’antropologo, cerca di farsi un concetto esatto della personalità psichica, così il neuropatologo deve farsi un concetto esatto dell’individualità nevrotica, non già dopo che si saranno manifestati i sintomi dell’una o dell’altra forma nevrotica, ma prima analizzando, apprezzando adeguatamente gli elementi che la compongono, - la costituzione del corpo colle sue tendenze, con i suoi sentimenti e l’ambiente. - Vorrei dire essere del maggiore interesse riconoscere la potenzialità nevrotica dell’individuo, altrimenti la Nevrosi allo stato di latenza, insomma la Nevrosi come germe degli accidenti clinici possibili.

    Di leggieri si comprende la importanza di tutto questo, appena si rifletta alle conseguenze utili che possono venirne nel campo della pratica, sia quando vorremo conoscere la genesi del quadro clinico nel caso concreto, sia quando dovremo accingerci alla cura.

    Scopo quindi del mio studio è: a) dimostrare che esiste quello stato particolare dell’organismo che chiamo Nevrosi, che predispone variamente alle forme nevrotiche; b) come si colleghi a speciali attributi dell’organismo; c) come si associno i diversi momenti fisiopatologici nella produzione degli accidenti nevrotici; d) quali siano i criteri che devono informare la cura razionale delle forme nevrotiche.

    Trattando di ciascun argomento avrò campo di estendere maggiormente la dimostrazione dei concetti generali ora esposti, non che di toccare questioni di neuropatologia, che s’incontrano frequentemente nell’esercizio clinico.

    Come si vede, non intendo di fare una esposizione sistematica, principiando dalla storia dell’argomento, per finire colla descrizione nosografica di ciascuna delle forme nevrotiche; - farei opera superflua essendo numerose le opere a stampa e frequenti le pubblicazioni su questo indirizzo; - ma intendo trattare della Nevrosi in generale, coi debiti riferimenti a tutte le specialità dell’argomento per estendere e rendere quanto più chiara la dimostrazione del mio assunto.

    Rifuggo dal ripetere quanto ognuno può trovare nei trattati; mi assumo invece di presentare tutta quanta la materia sotto un punto di veduta, che dirò antropologico-clinico, che credo sia fonte di vero progresso non tanto nella parte dottrinaria quanto nella parte pratica.


    [1] I preliminari di questo libro stanno in tre altri già alle stampe Patologia del simpatico - Morfologia del corpo umano . - Commentari di Clinica medica . - Devo notare ciò perché i miei studi precedenti si connettono cogli ultimi per unità di metodo, di osservazione e di vedute scientifiche.

    LA NEVRASTENIA

    La Nevrastenia è la Nevrosi per eccellenza

    È detta la malattia del secolo e tale può anche dirsi, non solamente perché pare che spesseggi come conseguenza naturale dello sviluppo e dell’eccessivo lavoro dell’uomo; ma io direi, anche perché del nome Nevrastenia si usa assai frequentemente, o perché molti se ne attribuiscono, paurosamente compresi della necessità di curarsi, o perché altri quasi se ne compiacciono, pur di interessare altrui con qualche graziosa, o speciosa dimostrazione di qualche fenomeno nervoso, riportando comunque la diagnosi del medico.

    Dunque malattia del secolo, ma anche moda del secolo.

    Qualche manifestazione nevrotica può darsi in ogni individuo, quindi, si osserverà che ogni individuo può avere il suo punto debole, la sua minima Nevrastenia.

    Teoricamente questo è vero; ma la parola Nevrastenia, come vedremo, è adoperata per esprimere un complesso di circostanze, le quali non esistono in alcuni fenomeni isolati anche di carattere nevrotico; - fenomeni che non possono costituire ciò che dicesi quadro clinico, - i quali non esercitano sull’organismo una determinata influenza, - non imprimono al genere della vita dell’individuo quelle note singolari, per cui in molti casi, malgrado la mitezza del fenomeno e la sua apparente circoscrizione, non mancano di manifestarsi altri fenomeni e di far luogo così ad una vera forma clinica.

    Sarebbe bene che non si abusasse della parola Nevrastenia nemmeno dai medici, perché quando pare ch’essa si convenga a certi gruppi sintomatici e non si è certi della diagnosi, vengono poi tutte le conseguenze che sono inerenti all’errore diagnostico e non di rado altre, che sono effetto di una suggestione involontariamente fatta. E qualche volta è arduo strappare dalla mente di un individuo tutto ciò che vi si è formato in seguito alla convinzione di essere nevrastenico.

    Definizione ed eziologia della Nevrastenia

    1. Se dico semplicemente che la Nevrastenia è una Nevrosi, credo avere in questa parola compendiato tutto quello che occorre per averne un concetto; ma un concetto naturalistico, senza necessità di immergerci in speculazioni - come crede Eulenburg - per arrivare al concetto scientifico della condizione morbosa della quale mi accingo a dire.

    Se si vuole una definizione clinica, non basta dire che la Nevrastenia è una Nevrosi, come non basta trarre la definizione dalla composizione etimologica della parola Nevrastenia; perché, dicendo che questa Nevrosi è una debolezza nervosa, siano condotti in un concetto causale e clinico non rispondente sempre alla natura dei fatti.

    Avendo noi fatto conoscere i modi differentissimi coi quali si può estrinsecare la Nevrosi, sappiamo che molti fenomeni suoi possono giustificare i differenti nomi che si applicarono a questo stato morboso: quello di irritazione spinale di Frank, di neurospasmo di Brachet, di nevralgia generale di Valleix, di Nevrosismo di Bouchut ecc.

    Ma noi dovendo accogliere la denominazione da tutti accolta, si deve definire clinicamente la Nevrastenia così: - è una Nevrosi proteiforme generalmente ereditaria, che evolve coll’organismo nelle sue forme più semplici, come nelle più complesse, determinate dalla anormale irritabilità dei centri nervosi.

    Secondo questa definizione mi pare che siano da distinguere dalla vera Nevrastenia altre manifestazioni nevrotiche, le quali succedono a cause speciali, come l’abuso di funzione, l’esaurimento dell’organismo, le quali quindi potranno essere denominate Nevrosi da... questa o quella causa, ma non nevrastenie [1] ; perché questa è congenita, perché è proteiforme e non è legata alle accennate cause, sebbene possa essere da queste male influita alla sua volta.

    Nella definizione ho detto: determinate dalla anormale irritabilità nei centri nervosi, perché non è il centro cerebrale, né spinale, né ganglionale di preferenza, ma o l’uno o l’altro o tutti secondo la complessità o semplicità della forma clinica; perché sotto la frase anormale irritabilità si comprendono tutte le possibilità patologiche che possono incontrarsi, non solo nei diversi individui, ma nello stesso individuo, nella sfera motoria, sensoriale e psichica.

    Ho detto che evolve coll’organismo perché in realtà si nasce nevrastenici; coll’andare del tempo, mentre si trasforma l’organismo, si trasforma la Nevrastenia e da questo punto di vista si manifestano quelli attributi della forma clinica, alla quale si riconosce - come già dicemmo - l’indole diatesica nel senso che altrove ho spiegato.

    2. Non è il caso di trattare della eziologia diffusamente, ma è necessario invece che ragioniamo alquanto dei rapporti eziologici che la Nevrastenia ha specialmente con alcuni particolari relativi alle razze, al sesso, ecc.

    1. Razze e Clima. – Mi pare non conforme al vero che la Nevrastenia sia nell’America del Nord più che altrove frequente; - in tutto il mondo civile, dal più al meno, è diffusa egualmente questa malattia. Che possa anche essere relativamente maggiore il numero dei casi nei luoghi dove dominano climi estremi, rapidi i passaggi tra il massimo caldo ed il massimo freddo, è ragionevole ammetterlo; ma bastano analoghi sconcerti dovunque, perché si vedano manifestarsi più frequenti o più accentuate le forme nevrasteniche.

    Si disse che in Europa gli Israeliti danno il maggiore contingente di nevrastenici, così pure che in Russia sia frequente più che altrove la malattia; ma io credo che queste affermazioni non siano giustificate dal fatto perché in realtà - come dicemmo - a diverse manifestazioni morbose si applica lo stesso nome di Nevrastenia indifferentemente e quindi indebitamente.

    È indubitato che nevrastenie sono state osservate anche fra popoli meno progrediti in civiltà: i Lapponi, i Samoiedi, gli Ottentotti, gli Hindu, sebbene tra queste genti sia certamente minore la disposizione alla malattia ( Hirsch): pare quindi che più ancora del clima, più ancora della razza, sia il grado di civilizzazione quello che deve riguardarsi come ambiente causale della Nevrastenia.

    Forse per questo fu detto che le donne francesi più che le tedesche ne ammalino, che in generale le persone appartenenti alle classi privilegiate vi siano più esposte, o meglio diremmo, più predisposte.

    Ma dopo avere accennato a tutto ciò, io credo - anche in base ai principi evoluzionistici - che in ogni razza il genere della vita, quindi ragioni storiche, ragioni economiche sociali, possano contribuire ad aumentare le disposizioni morbose alla Nevrastenia.

    Stando alla mia esperienza, devo a conferma di ciò aggiungere, che in vero tanto nelle alte e medie e basse sfere sociali, della città, quanto nelle campagne, nelle pianure come sui monti, la Nevrastenia si osserva in individui nei quali si offrono indizi certi di mala organizzazione; sia questo effetto di abusi funzionali, sia la conseguenza dell’inedia, per cui il tipo familiare viene man mano modificandosi.

    2. Educazione. - L’influenza della educazione si spiega in due modi: - primo, in quanto questa per essere male diretta - ciò che avviene frequentemente - contribuisce a turbare l’ordine dei fenomeni della crescenza dell’organismo, considerato in tutte le sue espansioni anatomiche e funzionali; - secondo, in quanto per la parte morale concorre ad esagerare alcune manifestazioni psichiche, che poi finiscono ad influire sulle altre funzioni dell’organismo.

    Da questo può immaginarsi quanto interesse non sia per tutti invocare una intera riforma dei sistemi educativi, sì che tutte le pratiche ed i costumi rivolti allo scopo della educazione possano uniformarsi pienamente alle esigenze dei singoli individui - Bisogna qui applicare il principio epicureo, inteso nel suo vero senso: ogni organismo deve fare quanto soddisfa ai bisogni naturali, ma in quella misura e con quel metodo, che, tutto facendo, dia diletto e motivo di esercizio utile al migliore sviluppo e alla conservazione dell’organismo. - Quanto non si è lontani da questo ideale tanto nelle famiglie, quanto nelle case di educazione! - Basta riflettere a ciò, perché innanzi ad ogni caso di Nevrastenia, sia mestieri risalire a quanto l’individuo sin da fanciullo, e più tardi subiva per lo scopo di educazione, onde afferrare tutti i possibili momenti eziologici.

    Vediamo bambini e fanciulli egualmente allevati, sottomessi alle medesime norme educative, mentre considerati nelle speciali condizioni di sviluppo e di funzione del sistema nervoso della vita di nutrizione e di quello della vita di relazione, rappresentano attitudini e bisogni tanto differenti.

    In quelli nei quali predomina la innervazione della vita vegetativa, si osserva crescere e talvolta sproporzionatamente le dimensioni del corpo, quando ancora sono in ritardo gli organi della vita di relazione; negli altri invece nei quali questi prendono il sopravvento, si verifica il ritardo, la insufficienza, la stentatezza delle funzioni trofiche. - Trascurati essendo tutti i riguardi dovuti a queste differenze organiche del sistema nervoso nell’imporre ai fanciulli le stesse pratiche educative, ne vengono necessariamente sconcerti funzionali prima e poi nutritivi anche nello stesso sistema nervoso. Così fin dalla prima scuola cominciano fenomeni morbosi, i quali si accentuano ad ogni fase della crescenza, che in alcuni acquista manifestazioni decisamente morbose. Di qui le cefalee, le vere emicranie, le gastralgie, le nevralgie, le palpitazioni di cuore, senza ricordare tante altre sofferenze alle quali si potrebbe dare l’epiteto di scolastiche, perché prodotte dalla assoluta ignoranza dei maestri e dalla incuria delle pubbliche amministrazioni per quanto riguarda la igiene.

    3. Professioni. - Generalmente vengono accusate alcune professioni come determinanti della Nevrastenia. Io non credo che l’una piuttosto che l’altra vi contribuisca di preferenza. Io credo invece che ogni professione esercita la sua mala influenza a norma della individuale disposizione. Quando avvenga che il nevrastenico migliori cambiando professione, vuol dire che ha scelto male il genere delle sue occupazioni, non già che la professione per sé stessa sia una determinante causale della Nevrastenia in genere.

    4. Sconcerti nelle funzioni digestive. È della più comune esperienza che questi si associno alla Nevrastenia; ma vi sono due possibilità, che, cioè, siano causa di manifestazioni nevrasteniche, o che ne siano una espressione sintomatica.

    Non mi par vero che all’occhio tanto sagace di Charcot sia sfuggita questa distinzione, non abbia scorto che in alcuni casi l’alterata funzione dell’apparato digerente è proprio il determinante delle manifestazioni nevrasteniche.

    La prova di ciò l’abbiamo nel processo terapeutico medesimo, ed in questi casi conviene dire, che vi sono individui, i quali sono nevrastenici, ma in tenue grado, senza forti, né costanti manifestazioni sintomatiche, però se cadono in condizioni dispeptiche, se si sconcertano in essi le funzioni digerenti, non mancheranno le sofferenze nevrasteniche.

    Questo è incontestabile.

    Piuttosto merita si esamini più addentro in quale rapporto si trovi la manifestazione nevrastenica coll’anormale processo digestivo, essendo varie le

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