METALLI
Sono costituiti da atomi legati fra loro in strutture regolari cristalline. I singoli nuclei sono
circondati da una nube di elettroni, i più lontani dai quali sono detti elettroni di valenza, che non
sono saldamente vincolati al nucleo e sono liberi di muoversi (portatori di carica negativa).
All’equilibrio termico le cariche si muovono di moto
caotico browniano di agitazione termica. Il moto
caotico fa in modo da rendere le correnti di elettroni
nulle (per bilanciamento): 𝐼𝑇𝑂𝑇𝐴𝐿𝐸 = 0.
Se agli estremi di un componente di lunghezza 𝐿 applichiamo una
differenza di potenziale 𝑽, si sovrappone al moto caotico un moto
ordinato determinato dall’azione della forza 𝐹 = 𝑞𝐸 , dove 𝐸 è il
campo elettrico prodotto dalla differenza di potenziale di valore
𝐸 = 𝑉 𝐿 ; con 𝑞 indichiamo la carica dell’elettrone 𝑞 =
−1.6𝑥10−19 . La forza risulterà essere opposta alla direzione del campo elettrico. Sotto l’azione
del campo elettrico, tutti gli elettroni acquisiscono una componente di velocità di deriva, nella
direzione del campo; tale velocità risulta:
𝑉 𝑐𝑚2
𝑣𝑑 = 𝜇 ∙ 𝐸 𝜇 = 𝜇 ∙ ∙=
𝐿 𝑉𝑠
In cui 𝜇 è la mobilità elettronica. Si definisce corrente elettrica la carica media che attraversa la
sezione del conduttore nell’unità di tempo:
𝐶
𝐼 =𝑞∙𝜑 𝐼 = = 𝐴 𝜑 = 𝑠 −1
𝑠
Dove 𝜑 è il numero di portatori che attraversa la sezione nell’unità di tempo. Il numero di
portatori che attraversa la sezione S nell’unità di tempo è pari al numero di portatori contenuti nel
parallelepipedo di altezza 𝑣𝑑 1𝑠 . Quindi possiamo ricavare:
𝑝𝑜𝑟𝑡𝑎𝑡𝑜𝑟𝑖
𝐼 = 𝑞 ∙ 𝑆 ∙ 𝑛 ∙ 𝑣𝑑 𝑛 =
𝑐𝑚3
Dove con 𝑛 indichiamo la densità di portatori nell’unità di volume. Sostituiamo nella formula la
velocità di deriva:
𝑉 𝑆
𝐼 = 𝑞 ∙𝑆∙𝑛∙𝜇∙ = 𝑞 𝑛∙𝜇 𝑉
𝐿 𝐿
Per la legge di Ohm viene definita la resistenza:
𝑉 𝑉 𝐿 𝑉
𝐼= → 𝑅= = 𝑅 = Ω =
𝑅 𝐼 𝑞∙𝑛∙𝜇∙𝑆 𝐴
Graficamente il legame tensione – corrente di una resistenza è una retta, il cui coefficiente
angolare è proprio il valore della resistenza. L’inverso della resistenza prende il nome di
conduttanza:
1 𝑞∙𝑛∙𝜇∙𝑆
𝐺= = 𝐺 = 𝑆 = Ω−1
𝑅 𝐿
Possiamo inglobare le proprietà fisiche in un’unica quantità definita conducibilità del mezzo
fisico, da cui ricaviamo la conduttanza, pari a:
𝐿 𝑆
𝜎 =𝑞∙𝑛∙𝜇 =𝐺 → 𝐺 = 𝜎 𝜎 = Ω𝑐𝑚 −1
𝑆 𝐿
E la resistività del mezzo, con la formula definitiva della resistenza:
1 1 𝑆 𝐿
𝜌= = = 𝑅 → 𝑅 = 𝜌 ∙ 𝜌 = Ω𝑐𝑚
𝜎 𝑞∙𝑛∙𝜇 𝐿 𝑆
In base alla resistività (o conducibilità) possiamo dividere gli elementi in tre categorie di
conducibilità:
CONDUTTORI (Rame, Oro, Acciaio): Hanno una resistività inferiore a 10−5 Ω𝑐𝑚, oppure
una conducibilità superiore a 𝟏𝟎𝟓 𝑺𝒄𝒎−𝟏;
ISOLANTI (Ferrite, Mica): Hanno una resistività maggiore di 1015 Ω𝑐𝑚, oppure una
conducibilità inferiore a 𝟏𝟎𝟏𝟓𝑺𝒄𝒎−𝟏 ;
SEMICONDUTTORI (Silicio, Germanio, Fosforo): Occupano la fascia intermedia, nella scala
appena descritta. Hanno una conducibilità compresa tra 10−5 e 104
SEMICONDUTTORI PURI
STRUTTURA DI BASE: I più comuni semiconduttori sono gli elementi del IV gruppo della tavola
periodica. Il semiconduttore oggi più usato è il silicio (Si), caratterizzato da 14 protoni nel nucleo
ed altrettanti elettroni. Essendo del IV gruppo, il silicio ha 4 elettroni di valenza nell’orbitale più
esterno.Per motivi energetici tutti gli atomi vorrebbero raggiungere l’ottetto; per questo motivo
gli elementi dell’VIII gruppo sono detti gas perfetti (avendo 8 elettroni di valenza), hanno
raggiunto uno stato di equilibrio (es. Elio).
Dal punto di vista chimico gli atomi di silicio tendono ad assumere una struttura cristallina, in cui
ciascun atomo si lega con 4 atomi attigui, mettendo in condivisione con ciascuno un elettrone di
valenza. In questo modo ogni atomo può raggiungere l’equilibrio. Per questo motivo non si trova
in natura il Gallio in formato cristallino (ha solo 3 elettroni di valenza).I legami che si vengono a
formare nel silicio sono detti covalenti, in quanto i singoli atomi mettono in condivisione i loro
elettroni di valenza (che sono abbastanza liberi di muoversi). La compattezza della struttura è
molto alta, con una densità di 5 ∙ 1022 𝑎𝑡𝑜𝑚𝑖 𝑐𝑚3 .
SEMICONDUTTORI DROGATI
In un semiconduttore puro il
numero di elettroni liberi
corrisponde al numero delle
lacune; tale valore è detto
concentrazione intrinseca
10 −3
𝑛𝑖 ≅ 10 𝑐𝑚 . Tuttavia i
semiconduttori non sono mai impiegati puri. Lo sviluppo della microelettronica è stato possibile
grazie a raffinate tecniche di drogaggio di semiconduttori, con cui è possibile variare a piacimento
la concentrazione di cariche positive o negative rispetto alla concentrazione intrinseca. Il
drogaggio può essere effettuato inserendo all’interno della struttura atomi pentavalenti o
trivalenti.
DROGAGGIO PENTAVALENTE (DI TIPO N): Si ottiene un reticolo con un elettrone in più rispetto a
quanti richiesti per formare i legami covalenti, avremo quindi un elettrone disponibile per la
conduzione.
Gli atomi droganti pentavalenti sono detti donatori; se la concentrazione di atomi droganti è ben
superiore alla concentrazione intrinseca la concentrazione di elettroni dipenderà dalla
concentrazione di droganti 𝑵𝑫 . Valori tipici di drogaggio sono nell’ordine di 1014 − 1016 𝑐𝑚−3 .
Tale valore non modificherà la natura del semiconduttore. All’equilibrio termico la legge
dell’azione di massa continua a valere. Nonostante non valga la relazione 𝑛 = 𝑝 (vale solo in un
semiconduttore puro) è sempre vero che, nel drogaggio N:
𝒏𝟐𝒊 𝒏𝟐𝒊
𝑛𝑝 = 𝑛𝑖2 𝑛 ≈ 𝑁𝐷 → 𝒑 = ≈ 𝑛 ≫ 1014 , 𝑝 ≪ 106
𝒏 𝑵𝑫
DROGAGGIO TRIVALENTE (DI TIPO P): Uno dei quattro legami con gli atomi circostanti non è
completo; manca un elettrone di valenza, pertanto vi è una lacuna mobile in più. Gli atomi
trivalenti vengono definiti accettori; nel caso di drogaggio P:
2
𝒏𝟐𝒊 𝒏𝟐𝒊
𝑛𝑝 = 𝑛𝑖 𝑝 ≈ 𝑁𝐴 → 𝒏 = ≈ 𝑝 ≫ 1014 , 𝑛 ≪ 106
𝒑 𝑵𝑫
Dove 𝐼𝑆 è la corrente inversa di saturazione, è un coefficiente che dipende dalla struttura fisica del
dispositivo; mentre 𝑉𝑡 è detta tensione termica 𝑻 = 𝟑𝟎𝟎𝑲, 𝑽𝒕𝒉 = 𝟐𝟓𝒎𝑽 . È facile notare la
forte dipendenza esponenziale della corrente dalla tensione, quando la tensione applicata supera
la tensione termica la corrente inizia a crescere di diversi ordini di grandezza, e quando arriva alla
tensione di built – in si ha una forte corrente. Un diodo in conduzione presenta ai suoi capi una
tensione costante di 0.7V. È interessante anche sottolineare che il comportamento del diodo è in
qualche modo connesso alla sua temperatura. All’aumentare della corrente 𝐼𝐷 che attraversa la
giunzione, aumenta la potenza elettrica dissipata sotto forma di calore:
𝑃𝑑𝑖𝑠𝑠 = 𝑉𝐷 ∙ 𝐼𝐷 = 0.7𝑉 ∙ 𝐼𝐷
I valori della massima potenza dissipabile di picco sono forniti dai costruttori e dipendono
essenzialmente dall’area del diodo e dal tipo di contenitore in cui esso è posto. Il parametro che
fornisce il legame tra potenza dissipata e temperatura prende il nome di resistenza termica 𝝑:
∆𝑇 = 𝑃𝑑𝑖𝑠𝑠 ∙ 𝜗
PUNTO DI LAVORE DEL DIODO
Il diodo è il primo componente non lineare che si incontra in elettronica; inoltre, la caratteristica
lineare del diodo commerciale, non è perfettamente descrivibile con l’esponenziale, a causa di non
idealità che compaiono nei dispositivi reali.
Quando si è di fronte ad un circuito elettrico con diodi, ci si trova di fronte al problema di
individuare il punto di lavoro, ossia trovare i valori di tutte le tensioni e le correnti, in particolare
quelle sul diodo 𝑉𝐷 , 𝐼𝐷 .
METODO GRAFICO: Presuppone la conoscenza METODO ANALITICO: In questo metodo si
della caratteristica V-I del diodo e della rete di mettono a sistema l’equazione caratteristica
carico del circuito circostante. È sufficiente fare della rete lineare con quella del diodo:
l’equivalente Thevenin della rete circostante, 𝑉𝐷 = 𝐸𝑒𝑞 − 𝑅𝑒𝑞 𝐼𝐷
𝑉𝑑
intersecando la sua relazione V-I con quella del
𝐼𝐷 = 𝐼𝑆 𝑒 − 1
𝑉 𝑡
diodo. Il punto di lavoro è l’intersezione tra le
due curve. 𝑉𝑑
𝑉𝐷 = 𝐸𝑒𝑞 − 𝑅𝑒𝑞 𝐼𝑆 𝑒 − 1
𝑉 𝑡
𝑮 = 𝑽𝑮𝑺 , 𝑺 = 𝟎, 𝑫 = 𝟎, 𝑩=𝟎
Il funzionamento del transistor ai basa sulla possibilità di agire sul
potenziale di Gate per modificare la concentrazione degli elettroni
in corrispondenza dell’interfaccia ossido – semiconduttore
modulando di conseguenza la corrente tra Source e Drain. Se infatti
si collega a massa il substrato, il Source ed il Drain e si applica una
tensione 𝑉𝐺𝑆 > 0 al gate si crea un campo elettrico, che allontana
le lacune e richiama elettroni all’interfaccia ossido – silicio.
L’arretramento delle lacune determina la comparsa di una zona di
svuotamento sotto l’ossido.
All’aumentare del potenziale di gate scresce lo spessore della zona svuotata, finché si produce uno
strado di elettroni sotto l’ossido: si forma così un cammino sempre più conduttivo fra Source e
Drain detto CANALE. Questa situazione corrisponde alla condizione di inversione, in cui la densità
degli elettroni del canale uguaglia la densità di droganti (lacune) nel
substrato, e quindi si è riusciti ad invertire il drogaggio della zona al di
sotto dell’ossido isolante. È bene notare che lo strato di cariche mobili e
l’elettrodo gate costituiscono le armature di un condensatore, detto
condensatore MOS, dove il dielettrico è l’ossido.
𝑽𝑮𝑺 > 𝑽𝑻 → 𝐶𝐴𝑁𝐴𝐿𝐸 𝑆 − 𝐷 𝑉𝑇 ∶ 𝑛𝑐 = 𝑝𝑠𝑢𝑏𝑠𝑡𝑟𝑎𝑡𝑜
Calcoliamo ora la carica presente nel canale, come prodotto della capacità del condensatore e
della tensione di over drive:
𝑄𝑐 = 𝐶𝑂𝑋 𝑉𝑂𝐷 = 𝐶𝑂𝑋 𝑉𝐺𝑆 − 𝑉𝑇 𝑽𝑶𝑽𝑬𝑹−𝑫𝑹𝑰𝑽𝑬 = 𝑽𝑮𝑺 − 𝑽𝑻
Calcoliamo ora la capacità del condensatore:
𝑆 𝐿𝑊 ′
𝐶𝑂𝑋 𝜀𝑂𝑋
𝐶𝑂𝑋 = 𝜀𝑂𝑋 ∙ = 𝜀𝑂𝑋 ∙ 𝐶𝑂𝑋 = =
𝑑 𝑡𝑂𝑋 𝐿𝑊 𝑡𝑂𝑋
Calcoliamo la quantità di carica per unità di area;
′
𝑄𝑐 𝜀𝑂𝑋
𝑄𝑐 = = 𝑞𝑛𝑍 = 𝑉 − 𝑉𝑇 𝑍 = 𝑠𝑝𝑒𝑠𝑠𝑜𝑟𝑒 𝑐𝑎𝑛𝑎𝑙𝑒
𝐿𝑊 𝑡𝑂𝑋 𝐺𝑆
Calcoliamo anche la resistenza del canale di elettroni:
𝐿 1 𝐿 𝐿 𝐿 1
𝑅=𝜌 = = ′ = ′ ∙
𝑊𝑍 𝑞𝜇𝑛 𝑊𝑍 𝑄 𝜇𝑊 𝑊 𝜇𝑛 𝐶𝑂𝑋 𝑉𝐺𝑆 − 𝑉𝑇
Fintantoché non si applica una tensione al Drain non si avrà alcun passaggio di corrente nel
canale appena instaurato.
𝑉𝐷𝑆𝑆𝑎𝑡 𝑉𝐷𝑆𝑆𝑎𝑡 1𝑊 1𝑊
𝐼𝐷𝑆𝑎𝑡 = = = 𝜇 𝐶′ 𝑉 − 𝑉𝑇 𝑉𝐷𝑆𝑎𝑡 = 𝜇 𝐶′ 𝑉 − 𝑉𝑇 2
𝑅𝑐𝑆𝑎𝑡 2𝑅𝑐𝑆𝑎𝑡 2 𝐿 𝑛 𝑂𝑋 𝐺𝑆 2 𝐿 𝑛 𝑂𝑋 𝐺𝑆
1𝑊 𝜀𝑂𝑋
= 𝜇𝑛 𝑉𝐺𝑆 − 𝑉𝑇 2
= 𝒌𝒏 𝑽𝑮𝑺 − 𝑽𝑻 𝟐
= 𝒌𝒏 𝑽𝟐𝑶𝑫 = 𝒌𝒏 𝑽𝟐𝑫𝑺𝑺𝒂𝒕
2𝐿 𝑡𝑂𝑋
CURVE CARATTERISTICHE
NMOS: Il transistor non conduce fino a che 𝑉𝐺𝑆 = 𝑉𝑇 ≈ 1𝑉, che
costituisce la sua tensione di soglia. Oltre la soglia si arricchisce
sempre più il canale di portatori mobili, da cui il nome di MOS ad
arricchimento.
Molto importante è anche la
rappresentazione grafica
della corrente di Drain 𝐼𝐷 in
funzione della tensione 𝑉𝐺𝑆
quando il MOSFET viene fatto funzionare in zona di
saturazione. Il grafico che si ottiene è una parabola con vertice
𝑉𝐺𝑆 = 𝑉𝑇 . In condizioni stazionarie 𝑰𝑮 = 𝟎 (comportamento
capacitivo), quindi la corrente di Drain e di Source sono uguali
ed opposte.
𝐼𝐷 > 0 𝐼𝑆 < 0
𝟏𝑾
𝑺𝑨𝑻𝑼𝑹𝑨𝒁𝑰𝑶𝑵𝑬 𝑰𝑫𝑺𝒂𝒕 = 𝑲𝒏 𝑽𝑮𝑺 − 𝑽𝑻 𝟐
= 𝝁𝒏 𝑪′𝑶𝑿 𝑽𝑮𝑺 − 𝑽𝑻 𝟐
𝟐𝑳
𝟏𝑾
𝒁𝑶𝑵𝑨 𝑶𝑯𝑴𝑰𝑪𝑨 − 𝑻𝑹𝑰𝑶𝑫𝑰 𝑰𝑫 = 𝝁𝒏 𝑪′𝑶𝑿 𝟐 𝑽𝑮𝑺 − 𝑽𝑻 𝑽𝑫𝑺 − 𝑽𝟐𝑫𝑺
𝟐𝑳
PMOS: Sono dispositivi ad arricchimento a canale P ed in tal caso si parte da un substrato N in cui
vengono diffuse due zone P. I portatori mobili sono le lacune, che devono essere richiamate per
poter creare un canale (il gate viene posto a potenziale negativo). Anche la tensione di soglia sarà
negativa.
𝐼𝐷 < 0 𝐼𝑆 > 0
2
𝐼𝐷 = 𝐾𝑝 𝑉𝐺𝑆 − 𝑉𝑇
MOS A SVUOTAMENTO: Questa classe di dispositivi conduce già per 𝑉𝐺𝑆 = 0, perché il canale è
già ottenuto per impiantazione ionica di atomi droganti. I MOSFET a svuotamento possono
funzionare anche ad arricchimento: basta applicare un potenziale 𝑉𝐺𝑆 positivo in modo da
aumentare la concentrazione degli elettroni nel canale. Per non far passare corrente bisogna
svuotare il canale.
TRANSCONDUTTANZA: Quando il MOSFET lavora in zona di
saturazione opera come un generatore di corrente comandato
in tensione, perché è in grado di controllare 𝐼𝐷 in funzione di 𝑉𝐺𝑆
secondo la relazione:
𝐼𝐷 = 𝑘 𝑉𝐺𝑆 − 𝑉𝑇 2
Fattore di qualità per un MOSFET è la transconduttanza, che
esprime la variazione infinitesima della corrente a seguito di
una variazione infinitesima della tensione pilotante; graficamente è la pendenza della tangente
nel punto di lavoro:
𝜕𝐼𝐷
𝑔𝑚 = = 2𝑘 𝑉𝐺𝑆 − 𝑉𝑇
𝜕𝑉𝐺𝑆
Notiamo ora il simbolo circuitale dei MOS a svuotamento, dove la parte nera evidenziata indica la
presenza del canale anche in assenza di tensione di comando.
Si vuole scegliere la resistenza, tale che il punto di lavoro si trovi in zona di saturazione:
𝐼𝐷𝑆𝑎𝑡 = 𝐾 𝑉𝐺𝑆 − 𝑉𝑇 2 𝑉𝐷𝑆𝑆𝑎𝑡 = 𝑉𝐺𝑆 − 𝑉𝑇 = 2𝑉
2
𝑚𝐴 𝑉𝐷𝐷 − 𝑉𝐷𝑆𝑆𝑎𝑡 10 − 2
𝐼𝐷 = 𝐾𝑉𝑂𝐷 = 1 ∙ 4𝑉 2 = 4𝑚𝐴 𝑅𝐷𝑆𝑎𝑡 = = = 2𝐾Ω
𝑉2 𝐼𝐷𝑆𝑎𝑡 4
Scegliendo 𝑅𝐷 < 2𝐾Ω il punto di lavoro si trova sicuramente in zona di saturazione, con corrente
pari a 4𝑚𝐴.
2 – PONIAMO 𝑹𝑫 = 𝟏𝑲Ω
Assumiamo per ipotesi che il punto di lavoro sia in zona di saturazione, per cui sappiamo che la
corrente:
2
𝑚𝐴
𝐼𝐷 = 𝐾𝑉𝑂𝐷 = 1 2 ∙ 4𝑉 2 = 4𝑚𝐴 𝑉𝑅 = 4𝑚𝐴 1𝐾Ω = 4𝑉 → 𝑉𝐷𝑆 = 𝑉𝑂 = 6𝑉
𝑉
Abbiamo ottenuto che 𝑉𝐷𝑆 > 𝑉𝐷𝑆𝑆𝑎𝑡 = 2𝑉 quindi abbiamo il MOS effettivamente in zona di lavoro
di saturazione.
POTENZA STATICA: La dissipazione di potenza statica si definisce come il prodotto della tensione
di alimentazione 𝑉𝑑𝑑 , per la corrente media erogata dallo stadio:
𝑰𝑯 + 𝑰𝑳
𝑷𝒔𝒕𝒂𝒕 = 𝑽𝑫𝑫
𝟐
LOGICHE CMOS
La famiglia logica CMOS è caratterizzata dalla presenza contemporanea di MOSFET
complementari (n - MOS e p - MOS), da cui il nome di Complementary Metal - Oxide
Semiconductor. I circuiti logici CMOS presentano notevoli vantaggi:
Bassissima dissipazione di potenza; utile nelle applicazioni a basso consumo; questo grazie
al fatto che tra le reti di PULL-UP e PULL-DOWN non scorre corrente a regime;
Ottime caratteristiche dal punto di vista del margine di rumore e dello swing logico;
Presenta però un’integrazione inferiore alla logica n – MOS (che non contiene p – MOS); in
quanto necessita della convivenza tra n – MOS e p – MOS;
L’utilizzo di MOS a canale p introduce il problema della minor mobilità delle lacune, e pertanto è
necessario disporre di p – MOS di un fattore di forma di due volte maggiore agli n – MOS, con
conseguente aumento dell’area occupata.
È necessario, in questa famiglia logica, far convivere dispositivi n – MOS e p – MOS nello stesso
chip.
La principale tecnologia utilizzata è quella di sviluppare circuiti n – MOS con l’introduzione
di regioni di tipo n utilizzate per implementare i p – MOS (tecnologia n-well). Questi pozzi
vengono realizzati per impiantazione ionica di basso drogaggio.
Un’altra possibilità viene detta tecnologia a tasche gemelle (twin – tubs). Essa prevede la
costruzione, all’interno di uno strato poco drogato, di entrambi i pozzi n-well e p-well in cui
collocare i p – MOS e gli n – MOS.
INVERTER CMOS
La tecnologia CMOS è la più diffusa fra le tecnologia per
circuiti logici integrati, grazie alla bassa dissipazione di
potenza ed agli elevati livelli di integrazione, impensabili
con tecnologie bipolari. L’inverter CMOS è costituito da
una coppia di MOSFET complementari 𝑻𝑷 , 𝑻𝑵 .
𝑽𝑮𝑺
P – MOS N – MOS
𝑉𝐺𝑆 = 𝑉𝑖𝑛 − 𝑉𝐷𝐷 𝑉𝐺𝑆 = 𝑉𝑖𝑛
Un aumento della tensione di ingresso 𝑉𝑖𝑛 porta
maggiore conduzione nel 𝑇𝑁 ed in minore conduzione
𝑇𝑃 .
ANALISI COMPORTAMENTO IN CASI LIMITE: Analizziamo ora i casi limite (a regime), notando che
in entrambi i casi la corrente circolante è nulla, e non vi è caduta di tensione sul transistore
(potenza statica nulla). Questa soluzione è migliore rispetto all’utilizzo di un unico mos, in quanto
in zona ON quest’ultimo obbliga un passaggio di corrente tra VDD e massa (con una resistenza) ed
implica una dissipazione di potenza statica.
CASO LIMITE: 𝑽𝒊𝒏 > 𝑽𝑫𝑫 − 𝑽𝑻𝑷
P – MOS N – MOS
Interdetto: La tensione di gate – source non è Conduce: Presenta una tensione gate – source
superiore (in modulo) alla sua soglia. positiva e sicuramente superiore alla soglia.
ANALISI COMPORTAMENTO SU LIVELLI LOGICI DEFINITI: Consideriamo ora i casi limite, in cui
l’ingresso assume precisamente un livello logico.
𝑽𝒊𝒏 = 𝑽𝑫𝑫
P – MOS N – MOS
La caratteristica di Esiste una definita
funzionamento risulta caratteristica di
praticamente nulla. funzionamento, che
corrisponde a 𝑉𝐺𝑆𝑁 = 𝑉𝐷𝐷
Il punto di lavoro afferma che la tensione di uscita è
nulla 𝑉𝑂𝐿 = 0. La corrente è pressoché nulla.
𝑽𝒊𝒏 = 𝟎
P – MOS N – MOS
La caratteristica di La caratteristica del mos
funzionamento è ben N è piatta, essendo in
definita, visto che la zona di interdizione.
tensione gate – source è
negativa.
Il punto di lavoro afferma che la tensione di uscita è
alta 𝑉𝑂𝐻 = 𝑉𝐷𝐷 . La corrente è pressoché nulla.
TENSIONE DI SOGLIA: L’invertitore CMOS viene progettato in modo da avere le stesse tensioni di
soglia, ovvero 𝑽𝑻𝑵 = 𝑽𝑻𝑷 = 𝑽𝑻 ed anche 𝑲𝒏 = 𝑲𝒑 . Poiché le lacune hanno una mobilità
inferiore agli elettroni sarà necessario avere un canale P di dimensione superiore. In questo modo
si ottengono le stesse correnti ed una caratteristica simmetrica, al prezzo di avere un canale P di
dimensioni maggiori. Con entrambi i transistori saturi, la caratteristica assume una pendenza
verticale, grazie all’elevata resistenza d’uscita. Se invece entrambi i transistori venissero costruiti
delle stesse dimensioni, si perderebbe la simmetria con uno spostamento verso sinistra della
commutazione, con peggioramento dei margini di rumore.
2 2
𝐼𝐷𝑁 = 𝐼𝐷𝑃 → 𝐾𝑛 𝑉𝑖𝑛 − 𝑉𝑇𝑁 = 𝐾𝑝 𝑉𝐷𝐷 − 𝑉𝑖𝑛 − 𝑉𝑇𝑃
1 𝑉𝐷𝐷
𝐾𝑛 = 𝐾𝑝 → 𝑊𝑁 = 𝑊𝑃 𝑉𝑇𝐻 =
3 2
𝑉𝑇𝑁 = 𝑉𝑇𝑃 𝑉𝐷𝐷 𝑉𝐷𝐷
𝑉𝐷𝑆𝑆𝑎 𝑡𝑁 = − 𝑉𝑇𝑁 𝑉𝐷𝑆𝑆𝑎 𝑡𝑃 = + 𝑉𝑇𝑃
2 2
𝐾𝑛 > 𝐾𝑝 𝑉𝐷𝐷
𝑉𝑇𝐻 <
2
𝑉𝑇𝑁 = 𝑉𝑇𝑃
Spostamento della curva verso sinistra, nel caso
contrario verso destro.
𝐾𝑛 = 𝐾𝑝 𝑉𝐷𝐷 𝑉𝑇𝑁 − 𝑉𝑇𝑃
𝑉𝑇𝐻 = +
𝑉𝑇𝑁 ≠ 𝑉𝑇𝑃 2 2
𝑉𝐷𝑆𝑛 = 𝑉𝑂𝑈𝑇
𝑉𝐷𝑆𝑝 = 𝑉𝑂𝑈𝑇 − 𝑉𝐷𝐷
MARGINE DI RUMORE: Come abbiamo già visto, il valore massimo affinché un ingresso sia
considerato low è 𝑉𝐼𝐿 , è quello in cui la caratteristica presenta pendenza -1. Nello stesso modo il
valore minimo affinché tale ingresso sia considerato alto è 𝑉𝐼𝐻 , che è l’altro punto a pendenza -1.
Sostituendo i valori teorici appena calcolati ricaviamo:
1 1
𝑉𝐼𝐻 = 5𝑉𝐷𝐷 − 2𝑉𝑇 𝑉𝐼𝐿 = 3𝑉𝐷𝐷 + 2𝑉𝑇
8 8
Da questi valori possiamo ricavare i margini di rumore:
1 1
𝑁𝑀𝐻 = 𝑉𝑂𝐻 − 𝑉𝐼𝐻 = 𝑉𝐷𝐷 − 5𝑉𝐷𝐷 − 2𝑉𝑇 = 3𝑉𝐷𝐷 + 2𝑉𝑇
8 8
1 1
𝑁𝑀𝐿 = 𝑉𝐼𝐿 − 𝑉𝑂𝐿 = 3𝑉𝐷𝐷 + 2𝑉𝑇 − 0 = 3𝑉𝐷𝐷 + 2𝑉𝑇
8 8
I margini risultano uguali e dipendenti unicamente dalla tensione di alimentazione, e da quella di
soglia. Ad esempio nel caso 𝑉𝐷𝐷 = 5𝑉, 𝑉𝑇 = 1.5𝑉 si ha tipicamente 𝑉𝐼𝐻 = 2,75𝑉, 𝑉𝐼𝐿 = 1.5𝑉; ed i
margini di rumore risultano 𝑁𝑀 = 2,25𝑉.
DISSIPAZIONE DI POTENZA
POTENZA DINAMICA: Ricordiamo innanzitutto che la potenza statica dissipata (a regime) è nulla. Il
contributo di potenza dinamica è dovuto alla commutazione alternativa del transistore p e di
quello n, che rispettivamente carica e scarica la capacità di carico. Questa potenza dissipata dai
transistori dipende dalla frequenza di commutazione dell’inverter, dalla tensione di alimentazione
e dalla capacità di uscita 𝐶𝐿 :
𝐿 = 𝐸 = 𝑄 ∙ 𝑉𝐷𝐷 𝑷𝑫𝑰𝑵𝑨𝑴𝑰𝑪𝑨 = 𝐶 ∙ 𝑉𝑂𝐻 − 𝑉𝑂𝐿 ∙ 𝑉𝐷𝐷 ∙ 𝑓𝐼𝑁 = 𝑪 ∙ 𝑽𝟐𝑫𝑫 ∙ 𝒇𝑰𝑵
POTENZA DI CROSS – CONDUZIONE: Ad ogni transizione di livello logico si ha una corrente di cross
– conduzione. La corrente inizia a circolare a 𝑉𝑖𝑛 > 𝑉𝑇𝑛 e raggiunge il massimo valore in
𝑉𝑖𝑛 = 𝑉𝐷𝐷 2 , infine si annulla in 𝑉𝑖𝑛 > 𝑉𝐷𝐷 − 𝑉𝑇𝑝 . Il picco di corrente sarà:
2
1 𝑊 𝑉𝐷𝐷 𝒊𝑷𝑰𝑪𝑪𝑶
𝑖𝑃𝐼𝐶𝐶𝑂 ≅ 𝜇𝐶𝑂𝑋 ∙ − 𝑉𝑇 𝑷𝑪𝑪 = 𝑽𝑫𝑫 − 𝟐𝑽𝑻 ∙ 𝟐𝒕𝒓𝒊𝒔𝒆 ∙ 𝒇𝑪𝑳𝑲
2 𝐿 2 𝟐
PRESTAZIONI DINAMICHE
TEMPI DI PROPAGAZIONE: Analizziamo l’inverter a
carico capacitivo, con un ingresso supposto ideale
𝑡𝑅𝐼𝑆𝐸 = 𝑡𝐹𝐴𝐿𝐿 = 0 . Calcoliamo il tempo di ritardo sul
fronte di discesa della tensione d’uscita 𝒕𝑷𝑯𝑳 , nel
grafico notiamo lo spostamento del punto di lavoro,
quando l’ingresso passa da basso ad alto. Appena
l’ingresso si sposta istantaneamente da basso ad alto, il
transistore a canale p si interdisce, il transistore n
inizierà a far scaricare la capacità:
Dal punto E al punto F il transistore n è in
saturazione; la sua corrente risulta costante:
𝑉
∆𝑉 𝑉𝐷𝐷 − 𝐷𝐷 𝑪 ∙ 𝑽𝑫𝑫
2
𝐼𝐷𝑆𝑎𝑡 =𝐶∙ → 𝒕𝑷𝑯𝑳𝟏 = 𝐶 ∙ 2
= 𝟐
∆𝑇 𝐾𝑛 𝑉𝐷𝐷 − 𝑉𝑇 𝟐𝑲𝒏 𝑽𝑫𝑫 − 𝑽𝑻
A partire dal punto F l’n-MOS lavora in zona ohmica, l’intervallo rimanente fino ad M (50%
dell’uscita), si ottiene sostituendo l’equazione della corrente in zona ohmica nella
seguente equazione 𝐼𝐷 𝑑𝑡 = −𝐶𝑑𝑉𝑜𝑢𝑡 , si ottiene:
𝑪 𝟑𝑽𝑫𝑫 − 𝟒𝑽𝑻
𝒕𝑷𝑯𝑳𝟐 = 𝐥𝐧
𝟐𝑲𝒏 𝑽𝑫𝑫 − 𝑽𝑻 𝑽𝑫𝑫
Sommando i tempi di propagazione e facendo la media si ottiene:
𝑪 𝑽𝑻 𝟏 𝟑𝑽𝑫𝑫 − 𝟒𝑽𝑻
𝒕𝑷𝑯𝑳 = ∙ ∙ 𝐥𝐧
𝑲𝒏 𝑽𝑫𝑫 − 𝑽𝑻 𝑽𝑫𝑫 − 𝑽𝑻 𝟐 𝑽𝑫𝑫
𝒕𝑷𝑯𝑳 + 𝒕𝑷𝑳𝑯
𝒕𝑷 =
𝟐
FAN – IN E FAN – OUT: Il fan – in di una porta logica è il numero di ingressi che la porta presenta (il
numero di variabili interne). Il numero di ingressi condiziona il numero di transistori (PMOS nelle
NOR e NMOS nelle NAND) e quindi, in ultima analisi, degrada i ritardi di commutazione. Il fan – in
risulta un compromesso fra la massima degradazione del tempo di propagazione e il numero
minimo di ingressi necessari.
PRODOTTO RITARDO – CONSUMO: Il prodotto ritardo – consumo delle porte CMOS viene
calcolato come il prodotto della potenza dinamica e del ritardo di propagazione:
𝑡𝑃𝐿𝐻 + 𝑡𝑃𝐻𝐿
𝐷𝐸𝐿𝐴𝑌 − 𝑃𝑂𝑊𝐸𝑅 = 𝑃𝐷 ∙
2
CAPITOLO 5 – RETI DIGITALI
CLASSIFICAZIONE
Un componente digitale può essere classificato in base alla tecnologia di fabbricazione (famiglia
logica), alla sua scala di integrazione ed al tipo di funzione che svolge:
FAMIGLIE LOGICHE: Tra le caratteristiche principali di una famiglia logica vi sono il ritardo di
propagazione e la potenza dissipata per singolo gate. Le logiche CMOS sono preferibili,
proprio dal punto di vista del prodotto ritardo – consumo, nonostante siano dispositivi più
lenti rispetto al TTL;
SCALA DI INTEGRAZIONE: Un modo di classificare i circuiti logici si basa sul numero di porte
logiche (gates) contenute nello stesso integrato. Tale classificazione, che deriva dai
costruttori, dipende fortemente dai processi di realizzazione degli integrati. In base a questa
classificazione si ha:
o SSI: Integrati di piccola scala, ciascuno dei quali contiene un massimo di 12 porte logiche
che sono normalmente gli operatori fondamentali NOT, AND, OR;
o MSI: Integrati di media scala, contengono da 12 a 100 porte e si tratta solitamente di
contatori, decodificatori, registri.
o LSI: Integrati di larga scala, contengono da 100 a 1000 porte e realizzano in genere una
singola funzione logica complessa;
o VLSI: Integrati di larghissima scala, contengono più di 1000 porte; in questa categoria
risiedono i microprocessori e le unità di ingresso o uscita.
SISTEMI COMBINATORI, SEQUENZIALI E DI MEMORIA: I sistemi logici digitali possono essere
divisi in due tipi fondamentali:
o SISTEMI COMBINATORI: I dati di uscita sono, in ogni istante, funzioni logiche del valore
dell’ingresso in quell’istante. 𝑈 = 𝑓 𝐼 . È ovvio che una stesso combinazione di ingressi
presa in tempi differenti fornisce sempre la stessa uscita.
o SISTEMI SEQUENZIALI: È un sistema nel quale lo stato delle uscite, non dipende solo
dallo stato degli ingressi ma anche da uno stato precedente degli ingressi stessi. Una
certa combinazione in tempi diversi può dare origine a uscite diverse, questi circuiti
hanno quindi una sorta di memoria.
PORTE LOGICHE
Oltre al semplicissimo invertitore visto nel capitolo precedente, esistono altre porte logiche
fondamentali, che sono alla base di qualunque circuito digitale. Questi componenti prendono il
nome di gate e sono blocchi che realizzano le funzioni logiche di base dell’algebra di Boole: AND,
OR, EXOR e NOT.
OR E NOR
La OR effettua la somma logica, l’uscita è alta se almeno uno degli ingressi lo è, la NOR è alta solo
quando gli ingressi sono entrambi bassi. Per la OR 𝑜𝑢𝑡 = 𝐴 + 𝐵 per NOR 𝑜𝑢𝑡 = 𝐴 + 𝐵 .
Connettendo insieme gli ingressi di una OR si ottiene un buffer non invertente, con la NOR si
ottiene una porta NOT.
EXOR E EXNOR
La OR esclusiva (EXOR) è simile alla OR, ma esclude la possibilità che gli ingressi siano entrambi
alti; fornisce un livello alto quando i due ingressi sono differenti. La NOR esclusiva (EXNOR) è la
negazione di quest’ultima, fornisce un livello alto quando gli ingressi coincidono; quest’ultima è
spesso impiegata quando è necessario segnalare l’uguaglianza di dati digitali. Nel caso di EXOR
𝑜𝑢𝑡 = 𝐴 ⊕ 𝐵, nel caso di EXNOR 𝑜𝑢𝑡 = 𝐴 ⊕ 𝐵.
TEOREMA DI DE MORGAN
Il teorema di de Morgan fornisce le seguenti uguaglianze:
𝐴+𝐵 =𝐴∙𝐵 𝐴∙𝐵 =𝐴+𝐵
Questo teorema permette di realizzare circuiti logici con sole porte NAND o NOR. È consigliabile
l’uso di porte NAND per lo minore spazio occupato nell’integrato.
3
𝑁𝑂𝑅: 𝑊𝑝 = 12𝑊𝑛 𝑁𝐴𝑁𝐷: 𝑊𝑝 = 𝑊𝑛
4
IMPLEMENTAZIONE CIRCUITALE IN CMOS
PULL - UP
𝑦 → ′1′
PULL - DOWN
𝑦 → ′0′
PORTA
NOT
Le reti di PULL – UP e di PULL – DOWN sono reti tra loro duali, la serie in P-D diventa
parallelo in P-U, e viceversa. Solitamente si implementa la rete di pull – down 𝑦,
dopodiché si nega e si ottiene 𝑦 tramite il quale si implementa la rete di pull – up.
1 1 1
𝑅𝑐 = 𝑅 𝑝 = 𝑅𝑛 =
′ 𝑊 ′ 𝑊𝑝 ′ 𝑊𝑛
𝜇𝐶𝑂𝑋 𝑉𝑂𝐷 𝜇𝑝 𝐶𝑂𝑋 𝑉𝑂𝐷 𝜇𝑛 𝐶𝑂𝑋 𝑉𝑂𝐷
𝐿 𝐿 𝐿
Da cui:
𝜇𝑁
𝜇𝑝 = → 𝑊𝑝 = 3𝑊𝑛
3
PULL - UP
𝑦 =𝐴+𝐵
Serie dei dati, basta un
1 per avere zero in
uscita (PMOS).
PULL - DOWN
𝑦 =𝐴+𝐵
Parallelo dei due dati,
basta un 1 per avere
zero in uscita.
PORTA
NOR Ricordiamo la struttura generale di una
porta logica implementata con questa
tipologia, ricordiamo che esistono tanti
altri modi per implementare funzioni
logiche.
PULL - UP
𝑦 =𝐴∙𝐵
Parallelo dei dati, basta
uno 0 per avere uno in
uscita (PMOS).
PULL - DOWN
𝑦 =𝐴∙𝐵
PORTA
Serie dei due dati,
NAND
basta uno 0 per avere
uno in uscita.
MOS EQUIVALENTI
Dati tanti MOS in serie o parallelo è possibile ridurre i calcoli a quelli di un unico MOS equivalente,
utilizzando le seguenti regole:
1 1
𝑀𝑂𝑆 𝑆𝐸𝑅𝐼𝐸 → = 𝑀𝑂𝑆 𝑃𝐴𝑅𝐴𝐿𝐿𝐸𝐿𝑂 → 𝐾𝑒𝑞 = 𝐾𝑖
𝐾𝑒𝑞 𝐾𝑖
RETI COMBINATORIE
I componenti combinatori sono blocchi digitali caratterizzati da un numero n di ingressi ed una o
più uscite che dipendono esclusivamente dalla combinazione attuale degli ingressi. La tabella di
verità elenca tutte le combinazioni degli ingressi e le corrispondenti uscite. Mediante le regole
dell’algebra di Boole e quelle di minimizzazione di Karnaugh, si ottiene la funzione logica dalla
tabella.
CODIFICATORI
I codificatori eseguono la conversione di un
certo numero n di variabili di ingresso, in un
opportuno codice da m bit d’uscita. Si ha
𝑛 ≤ 2𝑚 . Prendiamo ad esempio il
codificatore da ottale a binario; tale circuito
possiede 𝑛 = 8 ingresso e 𝑚 = 3 uscite.
Ogni linea di ingresso corrisponde ad una
ben precisa configurazione di uscita. Nella pratica, più che i semplici codificatori, trovano
diffusione i codificatori a priorità, dove all’uscita viene inviata la codifica corrispondente all’1 di
priorità massima in ingresso.
DECODIFICATORI
Sono circuiti di tipo combinatorio che
svolgono l’operazione opposta ai
codificatori. Dato un codice ad n bit
essi forniscono in uscita un nuovo
codice ad m linee 𝒎 ≤ 𝟐𝒏 .
Consideriamo il decodificatore
binario-decimale; dispone di 4 linee di
ingresso e 10 di uscita, tale
decodificatore abilita solamente
l’uscita corrispondente alla conversione. Solo 10 combinazioni degli ingressi danno luogo ad un
segnale di uscita, mentre le altre 6 non hanno una corrispondenza in uscita.
COMPARATORI
Sono circuiti capaci di confrontare due parole
binarie allo scopo di capire se sono uguali, o
eventualmente capire quale sia la maggiore.
Se si debbono confrontare due parole binarie
da n bit, è sufficiente eseguire il confronto bit
a bit andando da sinistra verso destra: se i due
bit confrontati sono uguali, si procede al
confronto successivo, mentre se sono diversi è
stata già individuata la parola maggiore. Il comparatore ha tre uscite attive alte 𝑨 = 𝑩, 𝑨 >
𝐵, 𝐴 < 𝐵 :
𝒀𝑨=𝑩 = 𝑨 ∙ 𝑩 + 𝑨 ∙ 𝑩 𝒀𝑨>𝐵 = 𝑨 ∙ 𝑩 𝒀𝑨<𝐵 = 𝑨 ∙ 𝑩
GENERATORE E RIVELATORE DI PARITÀ
I circuiti generatori di parità hanno il compito di aggiungere un bit ad una parola binaria, allo
scopo di inserire un controllo. Essi possono ad esempio aggiungere un bit alla parola binaria in
modo tale da rendere pari o dispari il numero di ‘1’ della parola stessa, oppure in modo tale da
rendere pari o dispari il numero di ‘0’. In genere i generatori possono anche operare come
rivelatori di parità: la parola ricevuta viene inserita nel rivelatore, il quale genera il bit di parità
della parola ricevuta. Dal confronto tra questo bit e quello calcolato in sede di trasmissione, si
rilevano eventuali errori avvenuti durante la trasmissione.
SOMMATORI
Per eseguire la somma tra due numeri binari ci sono diversi sistemi. Tutti questi utilizzano come
elemento base un sommatore completo a due bit (full adder) che tiene conto anche del riporto
in ingresso e del resto in uscita. Il full adder è caratterizzato da tre ingressi (due addenti e un
riporto) e da due uscite (la somma e il riporto). Una modalità per sommare parole è quella di
effettuare la somma in parallelo, considerando la propagazione del riporto.
ALU
Gli integrati che contengono i circuiti necessari per eseguire le operazioni
aritmetiche presentano una notevole complessità interna. Si ricorre alle ALU
commerciali; se le operazioni diventano più onerose, sarebbe conveniente
passare a componenti più completi (microcontrollori). Una ALU presenta due
bus di ingresso per gli operandi, un bus di ingresso per la selezione delle
operazioni, un bus di uscita del risultato e altre uscite di controllo.
MULTIPLEXER
Il multiplexer è un circuito che trasferisce verso la sua unica uscita
uno ed uno solo degli ingressi, in funzione del valore assunto da
opportuni selettori. Si noti come con n selettori sia possibile
specificare 2𝑛 combinazioni, quindi se I è il numero di ingressi ed S
quello di selettori:
𝑆 = log 2 𝐼
Un impiego immediato dal multiplexer è la trasformazione parallelo – serie di una parola binaria. I
MUX vengono classificati in base al numero di ingressi (e quindi di linee di selezione). Nei MUX vi è
anche un ingresso di abilitazione attivo basso, che permette di abilitare o meno l’integrato (in
questo caso il dispositivo si pone in tri – state).
DEMULTIPLEXER
Il de multiplexer è un circuito che svolge l’operazione inversa al
multiplexer, ovvero invia lo stato di un ingresso verso una tra le più
uscite, in funzione della combinazione di opportuni selettori. Il legame
tra numero di uscite e numero di selettori è lo stesso del MUX; sia U il
numero di uscite:
𝑆 = log 2 𝑈
L’impiego più ovvio del de multiplexer e quello opposto al multiplexer, in particolare può essere
usato per la trasformazione serie – parallelo di una parola binaria.
RETI SEQUENZIALI
Le macchine sequenziali si differenziano da quelle combinatorie in quanto la variabile di uscita
all’istante t non dipende esclusivamente dagli ingressi attuali ma anche dalla configurazione degli
ingressi in istanti precedenti. Cosi come i componenti combinatori di base erano i gate, i
componenti sequenziali di base sono i latch e i flip flop:
LATCH: è un circuito in grado di agganciare uno stato logico alto o basso e mantenerlo, in
base alla combinazione degli ingrassi viene impostata un’uscita;
FLIP FLOP: è un circuito sequenziale che presenta un funzionamento simile al latch,
rispetto al latch un flip flop presenta le seguenti caratteristiche:
o SINCRONIZZABILE: attraverso un segnale di clock, solitamente rappresentato da
un’onda quadra.
o NON TRASPARENTE: la commutazione degli ingressi non provoca la commutazione
istantanea dell’uscita, se non in corrispondenza del clock. Nei flip flop edge
triggered la sensibilità degli ingressi è limitata solo al fronte di comando (alto o
basso); oppure nei master slave in cui un primo livello del clock abilita la lettura, ed
un secondo abilita l’uscita.
LATCH
Un latch è il più semplice circuito sequenziale: l’uscita Q, a un certo istante, dipende dagli ingressi
attuali e dallo stato precedente. Esso è un dispositivo in grado di memorizzare informazione:
implementa una cella di memoria a un bit:
LATCH SET – RESET: Il latch più semplice è il
tipo SR. Il circuito svolge una funzione di
memoria quando gli ingressi sono bassi
𝑆 = 𝑅 = 0, l’uscita (e lo stato) viene portato
alto tramite 𝑆 = 1, mentre l’uscita bassa si
ha con 𝑅 = 1. La configurazione con
entrambi i livello alti (se utilizzo delle NOR)
è una combinazione proibita. Per non avere
errori di commutazione è necessario avere:
𝑡𝑊 ≥ 𝑡𝑃𝐻𝐿 + 𝑡𝑃𝐿𝐻
LATCH SR CON ENABLE: In questa variante il
dispositivo funziona come un normale SR quando il segnale enable si trova a livello alto.
Quando l’enable non è attivo (livello basso) si mantiene la funzione di memoria;
LATCH D (TRASPARENTE): Il dispositivo pone in uscita il segnale in ingresso quando il
piedino En si trova a livello alto. Quando l’enable viene disattivato, in Q viene memorizzato
il valore all’ingresso D.
FLIP FLOP
Mentre i latch sono dispositivi asincroni, privi del segnale di sincronismo; i flip – flop cambiano
stato in corrispondenza di un segnale di sincronizzazione detto clock. Esistono due modi di fornire
il segnale di sincronizzazione:
EDGE TRIGGERED: Il dato
di ingresso viene
campionato solo durante
un fronte di
commutazione del clock.
ATTIVO SUL FRONTE DI SALITA ATTIVO SUL FRONTE DI DISCESA
LEVEL TRIGGERED: Il dato
viene riportato in uscita
per tutto il tempo in cui il
clock è ad un certo livello
(alto o basso).
ATTIVO SUL FRONTE ALTO ATTIVO SUL FRONTE BASSO
FLIP FLOP SR: La differenza con il relativo latch dipende dal segnale di clock di abilitazione,
che prende il nome di trigger (T);
FLIP FLOP D: Coincide con il flip flop SR avente 𝑅 = 𝑆, possiede un solo ingresso D. In
questa applicazione i due ingressi S,R non possono coincidere. In corrispondenza di
un’abilitazione del clock memorizza il segnale in ingresso.
FLIP FLOP JK: Rispetto al FF SR viene introdotto un doppio ricircolo del componente, in
modo da eliminare la configurazione vietata tipica del SR. Quando 𝐽 = 𝐾 = 1, le uscite ad
ogni impulso di clock si scambiano i livelli logici. È necessario che il segnale T sia
sufficientemente lungo per permettere la commutazione.
FLIP FLOP T: È basato su un flip flop JK in cui si pone 𝐽 = 𝐾 = 𝑇. Quando viene imposto il
clock le uscite commutano o mantengono la memoria a seconda che l’input sia alto oppure
basso.
FLIP FLOP JK MASTER SLAVE: Lo svantaggio dei flip – flop precedenti, era la necessità di
avere bisogno di un trigger molto ben definito, di durata sufficientemente corta. Per
evitare questi problemi, si ricorre all’architettura master – slave. Invece di uno solo si
implementano ben due latch, ciascuno abilitato su un fronte (o livello) differente. In
questo modo, il dato in ingresso non rischierà più di scappare istantaneamente in uscita
(trasparenza); verrà prima memorizzato e fornito poi in uscita in differenti istanti.
INGRESSI ASINCRONI
I flip flop cambiano stato in corrispondenza
dell’abilitazione del clock, gli ingressi si dicono
sincroni. In molte applicazioni è necessario forzare il
livello delle uscite anche quando non è attivo il clock,
per questo motivo ci sono degli ingressi asincroni
(attivi bassi). Il morsetto che forza 𝑄 = 1 è detto
preset, mentre quello che impone 𝑄 = 0 è detto clear. Ovviamente gli ingressi asincroni non
devono essere attivati contemporaneamente.
REGISTRI – SHIFT REGISTER
I registri sono elementi di memoria in grado di memorizzare parole binarie. Ogni flip flop è in
grado di memorizzare un bit, per realizzare registri capaci di memorizzare parole da n bit occorre
collegare tra loro n flip flop. Gli integrati che realizzano registri sono di complessità media (MSI).
La classificazione dei registri si basa sulla modalità di lettura e di scrittura dei bit nei registri stessi,
in particolare:
SERIALE: consiste nell’inserire o prelevare i bit uno dopo l’altro, secondo una scansione
temporale determinata da clock;
PARALLELO: consiste nell’inserire o prelevare i bit della parola simultaneamente, in
corrispondenza del comando di clock.
Essendovi due modalità di input e di output, le categorie di registri sono quattro:
SISO (SERIAL INPUT SERIAL OUTPUT): Risultano formati in genere da un’insieme di tanti
flip flop D quanti sono I bit della parola binaria. Tali flip flop sono collegati in cascata, in
modo che l’uscita di ogni FF costituisca l’ingresso del successivo. Gli ingressi di clock dei
singoli flip – flop sono collegati insieme e provengono da un accesso esterno; vi è anche un
ingresso MR (master reset) che azzera tutto il registro. Risulta evidente l’accesso shift del
registro, ad ogni fronte l’intera parola trasla da sinistra verso destra di una posizione. Vale
la relazione: 𝑡𝑟 = 𝑛𝑇 dove n è il numero di celle e T il periodo di clock.
SIPO (SERIAL INPUT PARALLEL OUTPUT): Il registro SIPO rende possibile l’inserimento di
parole binarie in modo seriale ed il prelievo in parallelo; esso è caratterizzato da un unico
ingresso per i dati e da un’uscita per ciascuna delle celle interne; ovvero per ciascuno dei
bit della parola immagazzinata. L’uscita dell’ultimo flip flop equivale all’uscita seriale per il
funzionamento in modo SISO; ogni registro SIPO è anche SISO. Un’altra ovvia applicazione
è la conversione serie – parallelo.
CONTATORI
I contatori sono dispositivi sequenziali in grado di contare, in codice binario, il numero di impulsi
applicati in ingresso; molteplici sono le applicazioni:
CONTATORE DI EVENTI: Qualora ogni evento sia riconducibile ad un fronte d’onda
applicato all’ingresso del clock del contatore;
MISURATORE DI TEMPO: Se si genera un clock di periodo noto e di estrema stabilità, il
risultato del conteggio può rappresentare una misura di tempo 𝑡 = 𝑛𝑇; essendo n il
numero di periodi contati;
MISURATORI DI FREQUENZA: Il contatore conta i periodi di un segnale di frequenza
incognita compresi nell’unità di tempo;
DIVISORI DI FREQUENZA: Dato che il conteggio avviene su base binaria, l’uscita di un
contatore fornisce un segnale di frequenza 1 2 , 1 4 , … di quella del clock. L’elemento
base del contatore è il flip flop.
Le due principali categorie di contatori sono:
CONTATORI ASINCRONI (RIPPLE – COUNTERS): Sono i più semplici, ma presentano un
inconveniente. Essendo costituititi da flip flop T in cascata il risultato del conteggio sarà
disponibile dopo un tempo pari alla somma dei ritardi di ogni stadio;
CONTATORI SINCRONO: I flip flop costituenti (JK) vengono comandati tutti
simultaneamente dal clock. Questo accorgimento rende più complessa la circuiteria ma
evita i ritardi.
CONTATORI ASINCRONI
L’elemento base del contatore binario asincrono è il
flip flop T. Questo flip flop effettua la divisione per
due della frequenza del clock in ingresso. In generale
il numero di impulsi contabili da n flip flop vale
𝑁 = 2𝑛 − 1.
CONTATORI SINCRONI
I contatori sincroni consentono di evitare i ritardi di
trasmissione del segnale da un flip flop all’altro. La
simultaneità di commutazione permette ai contatori
sincroni di operare a velocità nettamente superiori,
dell’ordine di quella di un singolo FF.
CAPITOLO 6 - MOSFET NEI CIRCUITI ANALOGICI
La corrente erogata da un MOSFET reale in saturazione non
rimane costante al crescere della tensione 𝑽𝑫𝑺 , ma
aumenta leggermente; questo perché aumentando 𝑉𝐷𝑆 il
punto di pinch off non rimane fisso ma si sposta verso il
source, provocando una diminuzione della resistenza
offerta; con conseguente aumento della corrente 𝑰𝑫 . La variazione della corrente 𝐼𝐷 può essere
quantificata con l’inverso della pendenza 𝒅𝑰𝑫 𝒅𝑽𝑫𝑺 della curva caratteristica del MOS; essa ha le
dimensioni di una resistenza e viene chiamata resistenza d’uscita o di drain 𝒓𝟎 .
Notiamo che tutte le caratteristiche, se prolungate confluiscono in un unico punto del semiasse
negativo di 𝑉𝐷𝑆 . La corrente 𝐼𝐷 risulta essere quindi dipendente anche dalla tensione in ingresso e
da quella di uscita:
𝐼𝐷 = 𝑘 ∙ 𝑉𝐺𝑆 − 𝑉𝑇 2 ∙ 1 + 𝜆 ∙ 𝑉𝐷𝑆
La resistenza di uscita si ricava dalla relazione:
𝑑𝑉𝐷𝑆 𝑉𝐷𝑆 + 1 𝜆 1
𝑟0 = = = 𝑉𝐷𝑆 , 𝐼𝐷 = 𝑃𝑈𝑁𝑇𝑂 𝐷𝐼 𝐿𝐴𝑉𝑂𝑅𝑂
𝑑𝐼𝐷 𝐼𝐷 𝜆 ∙ 𝐼𝐷
𝑽𝟏 − 𝑽𝑻 − 𝑰𝑫𝟏 𝒌 + 𝑽𝑻 + 𝑰𝑫𝟐 𝒌 − 𝑽𝟐 = 𝟎
Supponiamo i mos uguali tra loro:
𝑉𝑑 = 𝑉1 − 𝑉2 → 𝑉𝑑 = 𝑰𝑫𝟏 𝒌 − 𝑰𝑫𝟐 𝒌
𝐼𝐷2 = 𝑘𝑉𝑑2 + 𝐼𝐷1 − 2𝑉𝑑 𝑘𝐼𝐷1 𝐼𝐷1 + 𝐼𝐷2 = 𝐼𝑆𝑆 → 𝑰𝑺𝑺 = 𝟐𝑰𝑫𝟏 + 𝒌𝑽𝟐𝒅 − 𝟐𝑽𝒅 𝒌𝑰𝑫𝟏
Ovvero:
𝐼𝑆𝑆 2 𝑉2 𝐼𝑆𝑆 2 𝑉2
𝐼𝐷1 = 1 + 𝑘𝑉𝑑 − 2𝑑 𝐼𝐷2 = 𝐼𝑆𝑆 − 𝐼𝐷1 = 1 − 𝑘𝑉𝑑 − 2𝑑
2 𝑘𝐼𝑆𝑆 𝐼𝑆𝑆 2 𝑘𝐼𝑆𝑆 𝐼𝑆𝑆
1 𝑊 2𝐼𝑆𝑆 𝑰𝑺𝑺
∆𝐼𝐷 = 𝐼𝐷1 − 𝐼𝐷2 = 𝜇𝐶𝑂𝑋 ∙ 𝑉𝑑 1 𝑊 − 𝑉𝑑2 𝑐𝑜𝑛 𝑽𝒅 ≤ 𝑾
2 𝐿 𝜇𝐶𝑂𝑋 𝝁𝑪𝑶𝑿 𝟐𝑳
2 𝐿
Notiamo che esiste un intervallo di valori di 𝒗𝒅 in cui la caratteristica è lineare, questo intervallo
dipende dalle dimensioni del dispositivo e dalla corrente di polarizzazione. Inoltre tutte le curve
passano per 𝐼𝑆𝑆 2; in quanto in assenza di segnale differenziale entrambi i mos forniscono
corrente mezza rispetto 𝑰𝑺𝑺 (STADIO PERFETTAMENTE BILANCIATO).
TRASFORMATA DI LAPLACE
La trasformata di Laplace fornisce una descrizione di un determinato componente nel dominio della
frequenza (e non del tempo). Nel dominio della frequenza ogni componente si tratta come se fosse
un resistore attraverso le leggi classiche di Kirkhoff:
( )
( )
( )
Le radici del numeratore si dicono zeri del sistema, quelle del denominatore sono i poli. Il grafico
bi-logaritmico al variare della pulsazione è chiamato diagramma di Bode del modulo (o
fase) di ( ). L’asse delle ordinate è rappresentato in dB . Grazie ai diagrammi di Bode è quindi
possibile sapere come lo spettro di un segnale applicato all’ingresso venga modificato in ampiezza e
fase per ogni frequenza che lo compone.
AMPLIFICATORE DI CORRENTE:
Nel caso in cui si debba leggere
un segnale di corrente,
amplificarlo e fornirlo come
corrente al carico. I parametri
sono i seguenti:
( ⁄ ) è
la corrente effettivamente letta;
( ⁄ ) è la corrente fornita in uscita.
Sarà necessario avere una resistenza di ingresso molto minore rispetto alla resistenza del
generatore; in uscita servirà una resistenza di uscita molto maggiore rispetto al carico.
AMPLIFICATORI MISTI: Si possono incontrare anche amplificatori a trans-resistenza, che leggono una
corrente e forniscono una tensione proporzionale (devono presentare basse impedenze di ingresso e
uscita); oppure amplificatori a trans-conduttanza, che leggono una tensione e forniscono una
corrente in uscita (devono presentare alte impedenze di ingresso e uscita). Altri amplificatori
possono operare non sulla corrente e tensione ma sulla potenza.
AMPLIFICATORI DIFFERENZIALI
Per garantire l’amplificazione del solo segnale utile si può pensare
di collegare entrambe le linee di un segnale all’amplificatore;
questi amplificatori amplificano la sola differenza di potenziale
rispetto i due morsetti (amplificatori differenziali). In ogni caso
rimane un disturbo detto segnale di modo comune, dato dalla
media delle due tensioni. Come tutti gli amplificatori di tensione,
l’amplificatore differenziale deve presentare alta impedenza tra i
due ingressi e bassa impedenza di uscita:
RETROAZIONE
Dato un sistema caratterizzato da una certa funzione di
trasferimento ( ) ; per ovviare a problemi di non
linearità che possono introdurre armoniche indesiderate in
uscita introduciamo una retroazione caratterizzata dalla
funzione ( ), che rileva il valore in uscita e genera
un segnale ad esso proporzionale. Tale segnale, di
reazione, è sommato all’ingresso; si genera cosi il segnale
errore che comanda il blocco ( ). Il sistema così
ottenuto è detto retroazionato costituito da un blocco in
andata ( ) e da un ramo di reazione ( ), che
individuano un anello di reazione.
( ( )) ( ) [ ( ( ))] ( )
Da cui ricaviamo la funzione dell’anello:
( ) ( )
( )
( ) ( ) ( ) ( ) ⁄ ( )
|| || ( )
( )
Queste espressioni valgono quando il guadagno d’anello ( ) ( ) ( ) risulta essere
negativo o al più positivo ma inferiore all’unità.
( )
( ) ( ) ( )
( ) ( ) ( ) ( )
Da questa ultima definizione si dimostra che in condizioni ideali il trasferimento non dipende più dal
blocco di andata, ma solo dalla retroazione; di conseguenza basterà garantire solo la tolleranza del
blocco di reazione. Inoltre se l’errore tende a zero.
AMPLIFICATORI OPERAZIONALI
L’amplificatore operazionale è un amplificatore
differenziale di tensione di guadagno molto
elevato. L’OpAmp è molto utilizzato sia per le sue
caratteristiche quasi ideali, sia perché permette di
amplificare in una banda molto elevata (dal
continuo fino a molti MHz).L’OpAmp inoltre
permette di implementare in modo semplice
molte operazioni: somma, differenza,
moltiplicazione, divisione, integrazione e derivazione. Internamente l’OpAmp è composto da una
serie di amplificatori a transistor. Gli ingressi, identificati dai simboli e , si chiamano ingresso
non invertente e ingresso invertente. Le relative tensioni misurate si indicano con e e la
tensione di uscita con . La tensione amplificata è quella differenziale . L’uscita
sarà:
( ) ( )
CARATTERISTICHE IDEALI:
Guadagno differenziale Larghezza di banda infinita Guadagno di modo comune
infinito: nullo
Impedenze di ingresso infinite Impedenza d’uscita nulla
Variazione dei parametri alla Slew rate infinito, indica la Tempi di risposta nulli
temperatura nulla massima rapidità con cui varia
l’uscita [ ⁄ ]
Rumore equivalente d’ingresso Corrente di polarizzazione Immunità alla variazione della
di corrente e tensione nulli d’ingresso nulla ( ) tensione di alimentazione
(PSRR) infinita.
CARATTERISTICHE REALI:
GUADAGNO DIFFERENZIALE: è definito come il rapporto tra la tensione rilevata in uscita e la
relativa tensione continua differenziale tra i morsetti di ingresso. Di solito può variare da
1000 a 1000000 a seconda della tipologia di amplificatore.
FULL POWER BANDWITH (FPB): è la massima frequenza dalla quale si può ottenere un’uscita
non distorta e con la massima ampiezza ottenibile; di solito tale larghezza è 10 o 100 volte più
piccola di .
Applichiamo Kirchhoff:
( )
( *
Da cui:
[ ( *]
( *
TRASFERIMENTO
La tensione costituisce il segnale errore, che viene reso infinitesimo nel
IDEALE
caso ideale, l’amplificatore fa tendere il potenziale del morsetto non
invertente a quello del morsetto invertente (MASSA VIRTUALE):
TRASFERIMENTO ( ⁄ )
REALE
( )
( *( )( )
( )
CONFIGURAZIONE NON INVERTENZE
( * ( *
TRASFERIMENTO
IDEALE ( *
( )( ⁄( ))
ESEMPIO: Analizziamo un amplificatore invertente. Dimensionare i resistori in modo che il guadagno
sia 10, verificare la stabilità:
( ⁄ )
( *
Per valutare la stabilità bisogna analizzare il diagramma di Bode del guadagno d’anello. Si può dire
che il sistema è stabile se l’attraversamento a 0dB avviene con pendenza -20dB/dec. Un altro
importante indice è il margine di fase dove è la fase critica, cioè la fase del guadagno d’anello in
corrispondenza della pulsazione critica 0 dB. Dobbiamo avere un margine di fase almeno di 45°.
CAPITOLO 9 – CARATTERISTICHE DEGLI OPAMP
CARATTERISTICHE ELETTRICHE
Facciamo riferimento allo schema in figura, in cui
vediamo che all’amplificatore operazionale possiamo
applicare due tipi di segnale: un segnale differenziale
e un segnale di modo comune.
Tipicamente la resistenza di modo comune è
molto superiore al MOhm mentre la resistenza
differenziale varia dalle centinaia di KOhm alle
decide di MOhm. Inoltre l’OpAmp presenta una
impedenza di uscita molto piccola, nell’ordine
delle decine di Ohm.
INGRESSO DIFFERENZIALE INGRESSO DI MODO COMUNE
Amplificazione idealmente infinita, valori reali Amplificazione idealmente nulla, valori reali
sono dagli 80 ai 100 decibel. arrivano al massimo a 10.
CMRR: Il rapporto tra le due amplificazioni rappresenta il CMRR (rapporto in numero puro,
differenza in decibel), il cui valore tipico è di 90 dB.
COMMON MODE INPUT RANGE: Indica l’intervallo di tensione entro il quale si possono
variare gli ingressi, garantendo il corretto funzionamento; se questo parametro è “rail to rail”
vorrà dire che gli ingressi possono essere portati fino alle alimentazioni.
OUTPUT VOLTAGE SWING: Rappresenta la dinamica che può essere assunta dall’uscita
dell’amplificazione.
NON IDEALITÀ: Analizziamo ora le non idealità presenti, in condizione di polarizzazione, ovvero
quando non è presente un ingresso. Poiché l’impedenza di ingresso non è realmente infinita accade
che l’amplificatore assorbe una corrente tra i suoi morsetti di ingresso, abbiamo due parametri
legati a questa corrente:
BIAS CURRENT: Rappresenta il valore medio della corrente ai due morsetti; questa corrente è
dell’ordine dei nano – micro Ampere:
BIAS CURRENT OFFSET: È una corrente, data dalla differenza della corrente invertente e di
quella non invertente, assume valori dell’ordine del 10% della bias current:
TENSIONE DI OFFSET: È una tensione aggiuntiva in ingresso, questa tensione esprime il fatto
che, pur non applicando in ingresso alcun segnale, l’uscita non si trova esattamente al valore
atteso; valori tipici sono .
DRIFT: Al variare della temperatura i dispositivi elettronici presenti nell’amplificatore
cambiano le loro caratteristiche.
COMPENSAZIONE CORRENTE DI BIAS: Facciamo riferimento
alla configurazione non invertente, l’introduzione della
resistenza R3, opportunatamente dimensionata, annulla
l’effetto delle correnti di bias; deve essere:
( ) ( ) ( )
Nel secondo circuito invece, avendo una elevata resistenza in
serie al generatore, abbiamo introdotto la resistenza R3 in
serie al morsetto invertente:
( ) ( )
Notiamo che le resistenze sono state introdotte senza
modificare il guadagno dello stadio amplificatore. Per
effettuare la compensazione nel caso di uno stadio
sommatore avremo:
CORRENTI DI USCITA
Analizziamo la configurazione invertente, vogliamo calcolare
la massima corrente che l’amplificatore deve essere in grado
di erogare. Abbiamo due contributi di corrente: quella di
feedback e quella fornita al carico (resistivo):
( * [ ]
Avremo quindi modo di determinare la massima frequenza dell’onda quadra non distorcibile
applicabile come ingresso dell’amplificatore:
( )
∫ ( ) ∫ ( )
( )
( )
( )
INTEGRATORE REALE: In realtà il circuito appena analizzato è
sensibile alle correnti di polarizzazione, che provocherebbero
un’uscita divergente nel tempo. Per evitare ciò si inserisce
una resistenza in parallelo al condensatore, con lo scopo di
limitare il guadagno in bassa frequenza.
( )
( ) ( )
( ) ( )( ) ( )( )
( ) ( )
( )
( )
DERIVATORE REALE: Il circuito appena visto è sensibile ai
disturbi in alta frequenza (sarà necessario un polo). Per
sistemare il guadagno introduciamo una resistenza in serie al
condensatore:
( )
⁄
( )
Il guadagno in alta frequenza diventa:
Solitamente:
CONVERTITORI TENSIONE E CORRENTE
CONVERTITORE CORRENTE TENSIONE: Nella figura notiamo
un amplificatore invertente utilizzato come convertitore
corrente – tensione in cui:
( )
{
COMPARATORI
Il comparatore presenta due ingressi connessi a una
tensione di riferimento costante ed a un segnale
variabile ; la sua uscita presenta solamente due
possibili valori ben distinti per rilevare se il segnale di
ingresso ha raggiunto o meno un certo valore.
OTTIMIZZAZIONE: Per rendere compatibile il segnale con i circuiti digitali risulta necessario impiegare
comparatori dedicati oppure limitarne opportunatamente la tensione di uscita, ad esempio con
degli zener (clamp) che fissano l’uscita ( ) dove è la caduta di tensione sul
diodo polarizzato direttamente; mentre la resistenza serve a limitare la corrente nei diodi.
Un altro sistema per limitare la tensione di uscita consiste nell’introdurre una rete di reazione
negativa a elementi non lineari; in questo caso sarà necessaria anche una resistenza in modo da
rendere il segnale indipendente da quello di riferimento. La corrente circolante del circuito vale
( )⁄ .
RILEVATORE DI ZERO: Se la tensione
di riferimento è nulla, l’uscita
commuta ogni volta che l’ingresso
cambia segno. La tensione di uscita
varierà tra i due valori (
). Gli zener fissano
il valore dell’uscita prevenendo la
saturazione ed aumentando la
velocità di commutazione e di risposta per segnali di ingresso ad alta frequenza.
( )
( )
FILTRAGGIO ANTIALIASING: Data una banda del segnale in ingresso , è necessario scegliere una
frequenza di campionamento almeno doppia. Purtroppo oltre il segnale utile possono essere
presenti delle armoniche spurie. Per questo è necessario assicurarsi che all’ingresso del
campionatore entrino segnali di banda limitata, al di sotto di ⁄ . Si dovrà ricorrere ad un filtro in
ingresso, chiamato filtro antialiasing.
ACQUISIZIONE E MANTENIMENTO
Il Sample&Hold è un circuito analogico che, in corrispondenza di un segnale di comando, cattura il
valore dell’ingresso e lo tiene memorizzato fino al successivo comando. Tali circuiti vengono sovente
utilizzati per fornire un segnale campionato ad un convertitore, che ne tradurrà l’ampiezza in codice
binario. Il funzionamento del S&H si articola in due fasi:
SAMPLING (CAMPIONAMENTO): Consiste nel caricare la capacità al valore di tensione
applicato in ingresso, in modo che ;
HOLDING (MANTENIMENTO): Viene aperto l’interruttore di ingresso e la capacità rimane
isolata, in modo da trattenere il valore campionato. L’interruttore è solitamente realizzato
tramite MOSFET, mentre l’OPAMP svolge la funzione di buffer, per poter fornire corrente in
uscita, senza intaccare il contenuto informativo del condensatore. In questa fase il
convertitore posto in serie convertirà il campione per un tempo .
Se si fornisce in ingresso un segnale ( ) ( ), la massima velocità con cui questo
varia vale . Se nel seguito abbiamo un ADC con bit e con dinamica di
ingresso , il valore del più piccolo quanto di tensione in uscita vale: ⁄ .
Affinché l’ADC non commetta errori possiamo tollerare una massima variazione dell’ingresso
⁄ , la massima frequenza dell’ingresso sarà:
Collegando un S&H a monte dell’ADC, le restrizioni sulle frequenze degli ingressi si rilassano. Infatti la
conversione del segnale avviene durante la fase di Hold, quando l’interruttore è aperto ed il segnale
in ingresso dell’ADC non subisce variazioni. Teoricamente la frequenza massima del segnale in
ingresso può raggiungere il limite ⁄ .
[ ]
Per garantire la chiusura dello switch in fase di sample è necessario che , per
garantire una resistenza del MOSFET piccola scegliamo di lavorare almeno 3V oltre l’over drive, quindi
impostiamo . Allo stesso modo per garantire l’apertura dello switch durante la
fase di Hold è necessario che ad esempio . Lo swing
totale di comando risulta essere .
CHARGE – INJECTION: Questo problema è dovuto all’accoppiamento capacitivo tra il comando del
MOSFET e la capacità durante la transizione tra sampling e holding. A seguito dell’apertura
dell’interruttore, si verifica un’indesiderata iniezione di carica su , con una variazione di potenziale:
Dove è la variazione del comando quando si passa da sampling a holding. Per limitare l’entità
dell’errore è necessario scegliere abbastanza grande, penalizzando la banda del segnale di
ingresso durante la fase di sampling, dipendente dalla costante .
Ad esempio per avere con dovremo impostare un
valore del condensatore . Determinando così una banda di ingresso di .
APERTURE – INDUCED NON – LINEARITY: In realtà non tutta la transizione di costituisce la
variazione che si accoppia con la capacità . Infatti quando ad esempio l’ingresso è alto:
DROOP: Questo errore fa riferimento alla leggera scarica del condensatore durante la fase di Hold,
dovuta alla corrente di Bias dell’amplificatore; tale errore può essere significativo con tempi di
Holding particolarmente lunghi.
BUFFER – INDUCED NON – LINEARITY: A causa del guadagno finito dell’amplificatore, l’uscita avrà
sempre una piccola differenza con il valore di tensione nel condensatore. Per garantire un errore
inferiore al 10% di quello ammesso dalla specifica, ossia , sarà necessario un amplificatore
con guadagno ⁄ .
APERTURE DELAY TIME: Un effetto indesiderato è il ritardo con cui il comando di apertura riesce a
far terminare la fase di sampling. La propagazione del comando lungo il circuito avverrà in un tempo
finito, di qualche nanosecondo; nel caso di campionamenti ripetuti si ha solo un leggero ritardo; nel
caso di campionamento singolo si avrà un tempo che determinerà un errore di
acquisizione dipendente dall’ingresso; nel caso di una sinusoide di ampiezza :
ACQUISITION TIME: è il tempo necessario ad acquisire il segnale nella fase di sampling. La limitazione
principale alla carica del condensatore è il circuito a monte, che deve fornire la giusta corrente di
carica. I circuiti a monte avranno infatti una certa , da cui la velocità di carica:
[ ]
Se non vi fossero limitazioni di corrente avremo un incremento della tensione che avverrebbe con
classica carica esponenziale con costante . In ogni caso rimane la limitazione dello SR
dell’OPAMP buffer.
Introduzione ai convertitori Digitali-Analogici (DAC)
Consideriamo il circuito sommatore rappresentato nella figura 1, dove si assumono ideali tutti i
componenti (amplificatore operazionale, deviatori Si, resistenze R).
- VR
S2 S1 S0
D2 D1 D0
R 2 R 4R VO
Figura 1 R F=R/2
La posizione di ciascun deviatore è controllata dal valore 0 oppure 1 di un bit Di. Al valore 0
corrisponde la condizione di deviatore a massa, al valore 1 la condizione di deviatore collegato a –
VR.
Chiamiamo D2, D1, D0 i bit di controllo, rispettivamente, dei deviatori S2, S1, S0.
Consideriamo la parola digitale costituita dall’insieme dei tre bit Di : sappiamo che può assumere
23=8 configurazioni distinte NK (K=0,…,7), come si vede dalla tabella 1, individuabili con le cifre
decimali N da 0 a 7 codificate in binario.
Tabella 1
Configurazione Numero N D2 D1 D0
N0 0 0 0 0
N1 1 0 0 1
N2 2 0 1 0
N3 3 0 1 1
N4 4 1 0 0
N5 5 1 0 1
N6 6 1 1 0
N7 7 1 1 1
Aggiungiamo alla tabella una ulteriore colonna Vo, dove riportiamo (tabella 2) i valori dell’uscita in
corrispondenza a ciascuna delle possibili configurazioni dei deviatori, assumendo, nel calcolo,
VR=10V (suggerimento: far calcolare dagli studenti i valori di Vo).
Tabella 2
Esercizio 1
Ricavare l’espressione letterale generale di Vo in funzione del valore Di dei singoli bit e della
tensione di riferimento VR.
2
Vo VR ( D2 D1 D0 ) VR ( 2 (3i ) Di )
1
2
1
4
1
8 (1)
i 0
Si noti che, facendo corrispondere a ciascuna parola D2D1D0 il valore decimale NK equivalente
mostrato in tabella [ovvero moltiplicando e dividendo per 23 il 2° membro della (1)], possiamo
anche scrivere che
VR 2
Vo 3
(2 D2 21 D1 20 D0 ) VR NK
8
2
Commento: il circuito sommatore in esame converte una parola digitale di 3 bit (che chiameremo
codice binario in ingresso) in una tensione proporzionale al valore decimale NK corrispondente.
Il circuito realizza quindi una conversione digitale-analogica e per questo viene chiamato DAC
(Digital-to-Analog Converter)
Esercizio 2
Rappresentare in un piano cartesiano Vo in funzione del codice di ingresso. (Questa
rappresentazione è detta anche”caratteristica di trasferimento del DAC”).
10,00
8,75
7,50
6,25
Vo (V)
5,00
3,75
2,50
1,25
0,00
000 001 010 011 100 101 110 111
Codice di ingresso
Osservazione: in sostanza il sommatore presenta in uscita uno tra i 2n (n= numero dei bit nella
parola digitale, 3 in questo esempio) valori che si ottengono dalla suddivisione in 2n parti uguali
della tensione VR=10 V. VR corrisponde anche alla tensione di fondo scala VFS del DAC.
Notiamo che in questo caso la più piccola variazione di Vo, pari all’incremento dell’uscita da un
codice al successivo (incremento che prende il nome di “risoluzione” del DAC), vale 1.25 V , cioè
10/8 V.
Esercizio 3
Trovare l’espressione letterale generale della risoluzione di un DAC con tensione di fondo scala VFS
e codice di ingresso a n bit
Risoluzione = VFS/2n
Osservazione: la risoluzione corrisponde al peso del bit meno significativo (LSB) nell’espressione
generale 2). [ Per n=3 si vede dalla 1) che il peso di D0 vale 2-3=1/8]
Esercizio 4
Calcolare la risoluzione di un DAC a 10 bit con VFS=5 V
Risoluzione = 5/210 V=5/1024 V 5 mV.
Abbiamo sin qui considerato ideali tanto l’amplificatore operazionale quanto i deviatori;
esaminiamo ora gli effetti delle non idealità.
L’amplificatore operazionale reale presenta un offset di tensione eo che si riflette su Vo in modo
indipendente dal codice di ingresso, come si evince dal seguente esercizio.
Esercizio 5
Calcolare la tensione Verr in uscita dal DAC della figura 1, dovuto a una tensione di offset
eo=10mV.
Osserviamo che, utilizzando la sovrapposizione degli effetti tra i generatori eo e VR, ci si rende
immediatamente conto che, indipendentemente dal valore del bit di controllo, i resistori R, 2R, 4R
sono tutti a massa quando è presente solo eo.
Dobbiamo quindi trovare la tensione di uscita della configurazione non invertente mostrata nella
figura 2, dove Req è il parallelo tra R, 2R e 4R.
R/2
Req
Verr
eo
Figura 2
Domanda
Che effetto ha questo errore sulla caratteristica di trasferimento di un DAC?
Risposta
La caratteristica viene traslata rigidamente di una quantità pari a Verr.
Osservazione
E’ noto che l’effetto dell’offset di tensione può essere portato a 0 in uscita agendo su opportuni
trimmer, ma la regolazione dipende dalle condizioni operative (temperatura, alimentazioni, età del
componente) e quindi deve essere periodicamente rifatta.
Domanda
Nell’esempio della figura 1) le correnti di polarizzazione introducono errori su Vo?
Risposta
Introduce errori la corrente di polarizzazione del morsetto negativo.
Assumendo che anche i deviatori Si siano reali, dobbiamo tener conto che si comportano come
resistenze ri in serie al ramo in cui sono inseriti, cambiando così il peso del relativo bit, come si
ricava dall’esercizio seguente.
Esercizio 6
Calcolo del peso effettivo di ciascun bit Di con Si reale
R/2
i=0,...,n-1
ri 2n-1-iR
-VR Vo
Figura 3
R
Vo r 2n21i R (VR ) VR R
2 ri 2n i R
VR 2 ( ni ) ( 12 ( n11i ) ri ) VR 2 ( ni ) (1 2 ( n1i ) Rri ) (4)
i R
Commento
Le ri determinano una non linearità nella caratteristica di trasferimento, variando l’incremento
dell’uscita da un codice al successivo, incremento che differisce così dal valore ideale di 1 LSB.
Domanda
Cosa succede se le resistenze R non rispettano rigorosamente i rapporti indicati nella figura 1)?
Risposta
Si hanno effetti analoghi ai precedenti di non linearità sull’uscita, oltre a errori di guadagno (cambia
la pendenza della caratteristica di trasferimento).
Nei DAC reali può capitare che un deviatore si guasti, rimanendo sempre collegato a VR o a massa,
indipendentemente dal valore che assume il suo bit di controllo. Esaminiamo gli effetti di questo
malfunzionamento nel seguente esercizio.
Esercizio 7
Si ricalcolino i valori di Vo nella tabella 1) con S1 sempre a massa (caso a) oppure sempre a VR
(caso b) e si disegnino le caratteristiche di trasferimento normalizzate. Commentare i risultati
0,10
0,00
000 001 010 011 100 101 110 111
Codice di ingresso
NK D2 D1 D0 Vo/VR
1
0 0 0 0 0,25 0,9
1 0 0 1 0,375 0,8
2 0 1 0 0,25 0,7
3 0 1 1 0,375 0,6
Vo/V R
4 1 0 0 0,75 0,5
5 1 0 1 0,875 0,4
6 1 1 0 0,75 0,3
7 1 1 1 0,875 0,2
0,1
0
000 001 010 011 100 101 110 111
Codice di ingresso
Commento
Il malfunzionamento produce un comportamento non monotono: l’uscita del DAC non cresce
sempre, ma talvolta decresce, al crescere del codice.
CONVERSIONE ANALOGICO-DIGITALE, A/D
001
VFS
000
N 1/8 1/4 1/2 3/4 1 Vin/VFS
2n
Tensione di ingresso
ERRORE DI QUANTIZZAZIONE
111
110
101
100
011
010 Il codice di uscita SOTTOSTIMA
la tensione di ingresso
001
000
Il codice di uscita 1/8 1/4 1/2 3/4 1 Vin/VFS
SOVRASTIMA la
tensione di ingresso
½ LSB
-½ LSB
NON - LINEARITA’ DIFFERENZIALE
111
110
101
100
011
010
001
000
1/4 1/2 3/4 1
½ LSB
-½ LSB
NON - LINEARITA’ INTEGRALE
111 111
110 110
101 101
100 100
011 011
010 010
001 001 Retta interpolatrice
000 000
1/4 1/2 3/4 1
111
110
101
Codice che non uscirà mai 100
011
010
001
Vin/VF
000
1/4 1/2 3/4 1
1 LSB
Se manca un codice,
l’errore di quantizzazione ½ LSB
è necessariamente
maggiore di 1 LSB -½ LSB
ERRORE di GUADAGNO
111
110
101
Pendenza ideale
100
011
010
001
000
1/8 1/4 1/2 3/4 1 Vin/VFS
Tensione di ingresso
STRUTTURA BASE DEI CONVERTITORI
Segnale analogico
da convertire
Comparatore
VX -
VR(t) +
Tensione di VR(t) viene fatta variare con l’obiettivo di eguagliare VX
riferimento (entro l’errore di quantizzazione del convertitore) :
Segnale analogico
in INGRESSO VX
-
VR(t)
+ VDAC
DAC 2n valori
a n bit discreti di VR
Codice
digitale di
USCITA t
CONTATORE
a n bit Clock (ck)
LOGICA di CONTROLLO
Segnale analogico VX
in INGRESSO
-
VR(t)
+ S R
Flip - Flop
DAC
a n bit Q Q
Codice
digitale di E.O.C.
(End Of
USCITA Conversion)
CONTATORE
a n bit Clock (fck)
Reset
CONVERTITORE A INSEGUIMENTO
Principio di funzionamento
Segnale analogico
VX
in INGRESSO -
VR(t)
+
DAC
a n bit
Codice
digitale di
USCITA Up
CONTATORE Clock (ck)
a n bit Logica
Down
ANDAMENTO del SEGNALE
VR(t),VX
1 LSB
VX -
VX
VR(t) +
DAC
a n bit
Codice
digitale di
USCITA Up Clock
VR(t), segnale in
CONTATORE Logica
a n bit
Down
uscita dal DAC
t
PERDITA di ACQUISIZIONE
VR(t),VX
Fronte
rapido
VX di VX
Il DAC ha perso
l’aggancio
VR(t)
Perdita di
acquisizione
d VFS
VFS sin(2f in t ) VFS f in
t=0 dt 2 t 0
VFS f ck
VFS f in f ck da cui f in
2n 2n
CONVERTITORE ad APPROSSIMAZIONI SUCCESSIVE
Segnale analogico
VX
in INGRESSO -
VR(t)
+
DAC
a n bit
Codice
digitale di
USCITA
LOGICA di Start
CONTROLLO Clock
SAR – Successive Approximation Register
E.O.C.
Esempio di approssimazioni successive
VR(t),VX
VFS
111
3VFS 110
110
4
101 VX 101
VFS
100
2 100 100
011 VR(t)
Codice finale
VFS
010
4
001
000 0
T 2T 3T 4T t
FREQUENZA MASSIMA del SEGNALE da CONVERTIRE
d VFS
Massima velocità di variazione sin(2f in t ) VFS f in
di un ingresso sinusoidale : dt 2 t 0
n
Durata della conversione :
TConv
f ck
VFS f in n V
.5 FS da cui f in .5
f ck
f ck 2n n 2n
Segnale analogico C
VX R
da convertire -
S1 VU
Tensione FISSA
-VREF +
di riferimento
S2
VX
VU T1
RC
VX V
Vo T1 REF T2
RC RC
Segnale analogico C
VX R
in INGRESSO - Vo
-
-VREF +
+
S1 LOGICA DI
S2
CONTROLLO
Start
VX VREF
N CONTATORE
N a n bit
2n Clock (ck)
E.O.C.
TEMPI di CONVERSIONE
Il tempo di conversione, Tc=T1+T2, varia proporzionalmente a VX :
2n
TCmax quando N=2n , cioè T1=T2 TC max 2
f ck
|VX|
|VREF|
VX
T1 VU T1
VX ( t ) 1 RC
VU dt VX T1
0 RC RC
La parola digitale che si ottiene alla
fine della conversione rappresenta
N
il VALORE MEDIO del segnale VX VREF
all’ingresso nell’intervallo T1 2n
SIGNIFICATIVITA’ DELLA CONVERSIONE
anche con VX VARIABILE
|VX|
|VREF|
VX
T1 VU T1
VX ( t ) 1 RC
VU dt VX T1
0 RC RC
La parola digitale che si ottiene alla
fine della conversione rappresenta
N
il VALORE MEDIO del segnale VX VREF
all’ingresso nell’intervallo T1 2n
CONVERTITORE “Flash”
Segnale analogico
VFS VX in INGRESSO
3R/2
- C Viene confrontato
+ O
R in parallelo da
D
- I (2n-1) comparatori
+
R F
-
I
+ C D1
R A
- T
R
+ O D2
R
- E
R + D3
Per fare un .
convertitore a n bit - L
+ O
occorrono 2n-1 R
comparatori ! G
- I
+
C
R/2 O
CONVERTITORI NON-LINEARI
Segnale di ingresso Con ADC lineare
Risoluzione di occorrono 20 bit
10 V 0.1% 10 mV
10V
106 2 20 !
10V
±VX S1
ADC Codice
UNIPOLARE digitale di
R
USCITA
R
- S2
Vo LOGICA DI
-
CONTROLLO
+ INTERRUTTORI