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Volume LXXXVII

Serie III, 9
Tomo I**
2009

ESTRATTO

100anni SCUOLA ARCHEOLOGICA ITALIANA DI ATENE


1909/1910 - 2009/2010
“CANOPO” DI VILLA ADRIANA.
PROGRAMMI TEMATICI, MARMI E OFFICINE NELL’ARREDO STATUARIO

IL CONTESTO

Questo intervento ha per oggetto i marmi e le officine dell’arredo statuario rinvenuto a Villa
Adriana lungo le sponde dell’Euripo, il grande bacino antistante al cd. Canopo (Fig. 1a). E’ questo,
come è noto, una struttura monumentale, composta da un grande Triclinio (Figg. 1b-c) che si affac-
ciava su un ampio bacino d’acqua contornato da portici e architetture mistilinee: a partire da Pirro
Ligorio è stata tradizionalmente interpretata, in base ad una citazione di Elio Sparziano nella
Historia Augusta, come il Canopo, in quanto si sarebbe ispirato al canale che collegava Alessandria
con la città di Canopo, sede del tempio di Serapide.
Ora tale riconoscimento, già messo in dubbio1, pare da escludere perché l’arredo statuario egit-
tizzante che si attribuiva alla parte del monumento identificata come Serapeo è nella maggioranza
da porre invece nell’Antinoeion recentemente rinvenuto. Nel cd. Serapeo è da vedere in realtà un
grande esedra absidata adibita a triclinio estivo imperiale: lo rivela lo stibadium semicircolare anco-
ra conservato, con intorno cascatelle d’acqua che rinfrescavano l’ambiente e dominato sul retro, in
corrispondenza dell’asse, da una piattaforma circondata dall’acqua e coperta da una volte a botte
che forse ospitava importanti gruppi statuari2. L’esedra si apriva sull’antistante bacino tramite un
ampio atrio porticato sorretto da colonne in cipollino (diam. inf. cm 75, altezza fusto m 6 ca, alt.
basi cm 39) con capitelli ionici, e inquadrato sui fianchi di due piccole sale absidate dotate di latri-
ne a cui si accedeva per due emicicli colonnati, ciascuno con due fusti di cipollino (diam. inf. cm
48, alti poco meno di m 4) e capitelli ionici.
Il bacino, di m 119x18, è da leggere, dunque, in funzione della vista che offriva ai commensali
stesi nel triclinio. Il panorama era particolarmente significativo, perché la distesa d’acqua era filtra-
ta dalle architetture porticate lungo i bordi del bacino, che erano sorrette da colonne di pentelico e
cipollino con capitelli corinzi (alt. fusto m 2,95, alt. base 24, alt. capitello cm 43, alt. complessiva
cm 362), e rifletteva, esaltandole, le sculture che le arredavano. Non restano elementi della trabea-
zione e solo come ipotesi potremmo considerare due lastre frammentarie con eroti che eseguono
evoluzioni su delfini (sempre dall’ area del cd. Canopo3: spesse cm 7 alte cm 18,5, ma con un’altezza
originaria ricostruibile sui cm 22/25), come addossate ad un supporto in altro materiale e costituen-
ti in tal modo il fregio di questa trabeazione. Esse ci fanno intravvedere la complessità delle deco-
razioni del cd. Canopo, da cui tra l’altro provengono anche tre pilastri ornati con racemi d’uva, di
cui si è ipotizzata l’appartenenza ad una pergola4 che poteva sostituire le colonne in uno dei tratti
del portico.
Se, dunque, il bacino era inserito in una piccola valle che presentava ad E un imponente struttu-
ra muraria a contrafforti contenente la collinetta contigua e a W una sostruzione preceduta da due

1
RAKOB 1964, 182-194; RAEDER 1983, 299; MANDERSCHEID doppio colonnato sul lato lungo E per la presenza di lastre ver-
2002, 87. ticali di marmo tra le basi delle colonne che sarebbero dispo-
2
Cf. SALSA PRINA RICOTTI 2001, 249-251 sulla ricostruzione ste in forma di aiole in asse con le colonne, inoltre pergole
del monumento e sulle ipotesi di utilizzo della piattaforma. avrebbero potuto collegare sul lato W le cariatidi con il muro
3
SIRANO 2000, 210. retrostante di contenimento: ADEMBRI 2009b, 87.
4
MOESCH 2000, 204. Sono ipotizzate pergole sorrette dal

ASAtene LXXXVII, serie III, 9, Tomo I **, 2009, 381-424


PATRIZIO PENSABENE

Fig. 1 - “Canopo”. a: pianta; b: prospetto ricostruttivo della sala triclinare; c: Euripo visto dalla sala triclinare

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“CANOPO” DI VILLA ADRIANA. PROGRAMMI TEMATICI, MARMI E OFFICINE NELL’ARREDO STATUARIO

piani di taberne5, tuttavia il portico doveva essere aperto su entrambi i lati6: certamente sul lato E -
ai piedi della collinetta contraffortata- vi era una lunga aiola parallela al bordo della vasca, al cui
interno si è trovata una fila di vasi da fiori in terracotta7. Sul lato N invece i portici continuavano
superando la curva del bacino e paiono circondati da una sorta di colonnato sempre aperto. In ogni
caso le sculture che si affacciavano tra gli intercolumni del bacino dovevano ricevere luce anche dal
retro e stagliarsi nitidamente sullo sfondo aperto alla vista di chi si trovava nell’esedra del cd.
Serapeo. Questo significa che l’arredo scultoreo era finalizzato a questa vista con un asse centrale
che correva al centro del bacino e del suo lato N: solo nel momento della passeggiata le altre scul-
ture poste sui lati lunghi del bacino si dispiegavano alla vista di chi si trovava sulla sponda opposta.
Potremmo forse dire che vi sono due visioni privilegiate dell’arredo statuario, una direttamente dal-
l’esedra che riguarda il lato N e le sculture emergenti dal bacino e una invece che si dispiegava nel-
l’eventuale passeggiata all’interno del portico, man mano che lo spettatore avanzava, ma, vedremo,
con il fulcro al centro dei lati.
Èalla definizione del programma culturale che presiedette alla scelta dei tipi statuari impiegati
che porta un contributo anche l’individuazione dei marmi bianchi impiegati e dell’officina sculto-
rea impegnata nella realizzazione di tale programma: ripercorrere i meccanismi della committenza
e dell’organizzazione del lavoro ci aiuta a precisare, dunque, l’importanza data al complesso e il
ruolo dell’arredo statuario.

PROGRAMMI NEGLI ARREDI STATUARI

Durante gli scavi degli anni 1951-55 furono rinvenute intorno all’Euripo diverse copie e riela-
borazioni di originali greci di età classica di dimensioni maggiori del vero che hanno permesso di
ricostruire l’originale sistemazione scultorea: anzi va rilevato che al momento dello scavo il cd.
Canopo rappresentò il primo complesso di Villa Adriana di cui non solo era certa la provenienza
di specifiche statue, ma che conservava il programma scultoreo leggibile insieme all’architettura.
Tale programma apparve subito presentare alcuni temi principali -le divinità, gli eroi, gli imperato-
ri- che caratterizzano in genere le composizioni statuarie dei monumenti pubblici, anche quando
sono finanziati da committenti privati che si fanno rappresentare insieme8: è ormai noto come in tali
programmi sono spesso unite esigenze generali di culto imperiale a esigenze locali di esaltazione
della storia della città e del committente. Ma nel caso dell’Euripo il programma statuario non pote-
va che essere direttamente collegato alle concezioni politico-religiose, culturali e filosofiche di
Adriano e in tale prospettiva è stato recentemente affermato il recupero da lui promosso dei culti
degli eroi a cui equipara quello di Antinoo, come affermazione d’identità culturale e come strumento
di coesione nell’impero9.
Abbiamo detto che lungo le sponde vi erano colonnati porticati: ebbene, presso il lato lungo
occidentale dell’Euripo, in posizione di caduta, sono state rinvenuti quattro cariatidi di due tipi
diversi (nn° cat. 5-8) e due sileni (nn° cat. 9-10: Figg. 6-7), tutti in pentelico, che hanno permesso
di ricostruire che la parte centrale del colonnato su questo lato dell’Euripo era sostituita da almeno
sei sostegni statuari: le cariatidi, in origine su piedistalli (ne è stato trovato uno intero), erano coro-
nate da capitelli dorici (ne restano due) che presentano sul piano di attesa canaletti di sfogo per gli
architravi che vi poggiavano sopra, lo stesso i sileni con cesto di frutta in sostituzione dei capitelli.
Sommando le altezze del piedistallo (alt. cm 114, lati cm 73x60, alt. cornice cm 18, sporgenza cor-
nice rispetto al corpo del piedistallo cm 9), e delle cariatidi, pari a m 2,35/2,38, si ha una misura
complessiva di m 3,59/62 (pari a 12 piedi) corrispondente a quella delle colonne che, compreso base
e capitello, raggiungono m 3,62. Lo stesso potrebbe valere per i sileni, alti (insieme alla sottile base
intagliata nello stesso blocco) m 2,79, per i quali si è ricostruito un piedistallo alto cm 71.

5
Il muro di fondo delle sostruzioni e il muro di contenimen- tigue doveva esservi un largo corridoio coperto.
to del terrapieno retrostante erano separati da un’interca- 7
ADEMBRI 2009b, 93.
pedine, purtroppo abolita nel tratto corrispondente alla trasfor- 8
Cf. SLAVAZZI 2007, 123-136.
mazione in museo delle sostruzioni: ADEMBRI 2009b, 95. 9
CORDOVANA 2007, 22.
6
Sembra quindi che tra di esso e le strutture sostruttive con-

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PATRIZIO PENSABENE

a b

Fig. 2 - “Canopo”, cariatidi. a: n° cat. 5; b: n° cat. 6

Le quattro cariatidi con ai lati due sileni canefori sostenevano, dunque, la trabeazione al centro
del lato W dell’Euripo. Il fatto che dei due tipi di cariatidi conservati, una del primo tipo abbia il
volto fisso in avanti senza torsioni (n° cat. 5: Figg. 2a, 3a, c), mentre l’altra ha il volto leggermen-
te rivolto verso sinistra (n° cat. 6: Figg. 2b, 3b, d) e ancora il fatto che le due cariatidi dell’altro tipo
(n° cat. 7-8: Figg. 4a-b) abbiano il volto appena percettibilmente rivolto alla loro destra potrebbe
indicare non solo che vi era un numero maggiore di cariatidi in origine, ma che quella col volto drit-
to segnasse l’asse della sponda W del bacino e quindi del relativo programma statuario. Ciò sareb-
be confermato anche dai due sileni che si disponevano ai lati delle cariatidi (come indica il luogo di
caduta al momento del loro ritrovamento) che volgono la testa a sinistra e a destra con una torsione
leggermente maggiore. Che le cariatidi fossero più numerose potrebbe essere indicato anche dal
fatto che l’attuale distanza tra le loro copie lungo la sponda dell’Euripo rende difficile ricostruire
una trabeazione marmorea sostenuta eventualmente dagli originali, data l’eccessiva ampiezza del-
l’interasse: ma anche le ricostruzioni finora note del colonnato lungo i fianchi dell’Euripo presen-
tano un interasse di m 4,23 e un intercolumnio di m 3,85 (in altre ricostruzioni si hanno misure di
poco minori con un intercolumnio di m 3,31), misure troppo ampie per presentare sia un architrave
sia un archivolto marmoreo: basti confrontare tali misure con quelle degli intercolumni di m 1,61
del lato curvo N, del quale sono conservati alcuni degli elementi marmorei di architrave e archivol-
to che si alternavano sulle colonne
Queste sculture inoltre sono risultate all’analisi archeometrica di marmo pentelico: le prime sono
direttamente collegabili alle cariatidi dell’Eretteo (identificate dal Lauter con le Arrephoroi) -di cui
riproducono il numero di quattro presenti nel fronte della loggia10, anche se i tipi copiati, C e D, sono
quelli mediani-, e alle repliche di queste nel Foro di Augusto11, copiate probabilmente con l’ausilio

10
Cf. SLAVAZZI 2002, 59, che sottolinea proprio il fine evo- Augusto e nella Villa Adriana si hanno copie esatte del model-
cativo delle cariatidi dell’Eretteo, ricavabile dal numero di lo dell’Eretteo, anche per le dimensioni e lo stile. Nella caria-
quattro delle copie del bacino del cd. Canopo. tide 4 dell’Eretteo va rilevata la gamba sinistra libera e
11
Da ultimo v. SCHATTNER - FABIAO - GUERRA 2008, 697-730. l’agitazione delle pieghe dell’apoptigma verso il lato sinistro.
Le cariatidi del Foro di Augusto e dell’herecteion di Atene A Londra la cariatide della villa di Erode Attico è con braccio
appartengono al tipo Korenschema, con peplo attico-ionico: destro alzato in avanti e l’altro, come di consueto, raccoglie il
questo s’incontra, come osserva SCMIDT-COLINET 1977, 25, peplo.
solo in due periodi, augusteo e adrianeo, quando nel Foro di

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“CANOPO” DI VILLA ADRIANA. PROGRAMMI TEMATICI, MARMI E OFFICINE NELL’ARREDO STATUARIO

a b

c d

Fig. 3 - Cariatidi, particolari. a: n° cat. 5; b: n° cat. 6; c: n° cat. 5; d: n° cat. 6

di calchi ottenuti con punti di riporto dagli originali, non essendo questi di bronzo; i secondi consi-
derati non più una derivazione, come si riteneva, da un tipo di sileno primo ellenistico alessandri-
no, bensì repliche del classicismo adrianeo su modelli tardo ellenistici, e da interpretare come
richiamo a Sileno, figlio di Pan, in collegamento con antichi miti ateniesi ambientati presso la grot-
ta di Pan ai piedi dell’Acropoli (v. oltre) e perciò utilizzati come telamoni nel Teatro di Dioniso.
Queste sculture dovevano essere collocate in modo da essere visibili da chi si trovava sulla sponda
opposta E del bacino, confermando la ricostruzione che è stata fatta dell’uso del portico sulla spon-
da W come estensione del padiglione triclinare su questo lato, in occasione di conviti con un gran-
de numero di ospiti12. Vedremo come il motivo della collocazione della korai lungo l’Euripo non
debba essere considerata isolatamente dall’insieme del programma statuario dell’Euripo: appare
limitativo vedere in esse una manifestazione della pietas dell’imperatore13, mentre sono da cogliere
i significati originari nell’ambito mitologico greco delle figure con funzione di telamoni e di caria-
tidi. Anche per ciò che riguarda le officine che hanno prodotto queste sculture è necessario affron-
tare prima le altre statue del complesso.
Ancora, dai lati lunghi dell’Euripo, lungo la metà meridionale, più precisamente nei pressi del-
l’angolo SE provengono una testa di Giulia Domna14 e un testa di Dioniso15 (n° cat. 13), mentre sullo
stesso lato E, ma a m 102 dall’angolo SE è stato rinvenuto un piccolo gruppo alto m 1,05 di satiro
con fanciullo16, che nell’impostazione del movimento richiama il gruppo mironiano di Marsya, e due

12
SALSA PRINA RICOTTI 2001, 246. RAEDER 1983, n° 73, alt. cm 26.
15

13
RAEDER 1983, 311-312. RAEDER 1983, 93, n° 91 a cui forse appartiene la testina n°
16

14
RAEDER 1983, 82, n° 72. 104.

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a b

Fig. 4 - “Canopo”, cariatidi. a: n° cat. 7; b: n° cat. 8

frammenti di ali di un erote17. Una statua di Atena tipo Ince Blundell, alta con il plinto m 1,7518 pro-
viene invece dallo stesso lato delle Cariatidi, ma è stata trovata non nel mezzo bensì a m 25 dal-
l’angolo SW del bacino. Emergerebbe lungo la parte meridionale dei lati lunghi, una sistemazione
con statue di divinità probabilmente negli intercolumni, tra le quali devono essere state inserite sta-
tue di imperatori successivi e membri della loro famiglia divinizzati, come indica la presenza di
Giulia Domna19.
Veniamo ora al lato corto N, semicircolare, dove sono state trovate statue disposte ciascuna negli
intercolumni, ma che crediamo fossero il fulcro del programma statuario di arredo dell’Euripo sia
per la posizione, data la contrapposizione al Triclinio da cui, anche se in lontananza, erano visibili
frontalmente, sia per i soggetti: si tratta di due figure maschili in nudità eroica, cioè il cd. “Ares”
(n° cat. 2: Figg. 8a, 9b) e l’ “Hermes” (n° cat. 1: Figg. 8b, 9a, 9c)20, di due amazzoni ferite di tipo
diverso21 (nn° cat. 3-4) e di una statua di Adriano giovane (n° cat. 12). Le prime due sculture di
uguali dimensioni, risalenti ad uno stesso modello e con la stessa ponderazione del corpo in quan-
to insistono sulla gamba destra verso cui volgono in parte la testa22, ma contrapposte per la posizio-
ne del tronco di sostegno, rinviano a un tipo statuario protoclassico della metà del V secolo, che tut-
tavia ha subito trasformazioni eclettiche nella posizione delle braccia a causa di un altro tipo di testa
e per i diversi attributi. Sono proprio queste variazioni che spingono ad approfondire il significato
di queste due statue: infatti la demarcazione accentuata della cresta iliaca e del solco inguinale,
l’effetto chiaroscurale dei muscoli pettorali, la divisione netta e rientrante che segna sul dorso la

17
RAEDER 1983, 97, n° 103. 21
RAEDER 1983, 86, n° 83.
18
RAEDER 1983, n° 75, alt. 1,75. 22
La torsione della testa dell’Hermes, mancante, è deducibi-
19
Per un elenco completo dei ritrovamenti RAEDER 1983, 301. le dalla tensione dei nervi del collo: v. scheda in appendice.
20
RAEDER 1983, 87, nn° 84-85.

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a b c
Fig. 5 - “Canopo”, cariatidi. a: n° cat. 7; b: n° cat. 8

colonna vertebrale e ancora la resa più schematica e geometrica del retro, meno plastico dunque
rispetto alla parte anteriore, le identificano chiaramente come un buon prodotto copistico di sculto-
ri che sanno controllare il procedimento tecnico di replica mantenendo nel contempo un’alta sensi-
bilità sul piano stilistico. Proprio per questo ci sembra vi sia uno scopo intenzionale nell’introdu-
zione delle varianti dovute alla necessità da parte del copista di adattarle non solo al contesto archi-
tettonico, ma al programma crediamo ideologico che portò alla scelta e alla sistemazione delle sta-
tue in quel contesto.
La posizione frontale del guerriero, per cui il Berger23 aveva proposto un’identificazione con il
Teseo del gruppo di Maratona di Fidia a Delfi, sarebbe determinata proprio dall’esigenza di mostra-
re gli attributi, in particolare lo scudo di cui stringe l’orlo superiore con la mano sinistra in modo da
mostrarlo del tutto frontalmente, rivelando in tal modo soluzioni formali estranee all’arte classica,
ma dunque condizionate dalla collocazione a cui la statua era destinata sul bordo del lato curvo N
dell’Euripo. L’Hermes24 (n° cat. 1: Figg. 8b, 9a, c), che rappresenta dunque una trasformazione
dello stesso tipo statuario del guerriero25, ugualmente non è riconducibile ad un preciso originale
anche perché nella prima età classica il dio è rappresentato con la clamide e spesso ancora barbato:
tuttavia presenta legacci intorno alla caviglia, che dovevano reggere le alette ai piedi, e un oggetto
sull’avambraccio destro, con lacci annodati e le alette in basso, che è interpretabile come caduceo
anche se il nodo che si conserva non rientra nella forma tipica dei serpenti allacciati che lo costi-
tuiscono, né l’aletta è collegata in asse con il resto visibile di bastone; tuttavia sono proprio le alet-
te a rendere difficili altre identificazioni, come si sarebbe tentati se s’interpretassero i lacci come
quelli di un pancraziaste che permetterebbe di richiamare la statua del pancraziaste Ermolico, il cui
originale era collocato sull’acropoli di Atene (dove vi era anche la statua dell’atleta crotoniate Faillo
in cui si è riconosciuto il discobolo Ludovisi26). Va comunque osservata la somiglianza con l’atleta
tipo Cirene-Perinto attribuito a Kresilas e ripreso nell’Hermes dell’Edificio M di Side27. E’ stato anzi
rilevato come l’Hermes, insieme al guerriero rientrino in quella moda che si manifesta proprio in
età adrianea di forte attenzione verso la produzione statuaria del tardo stile severo, quali la Sosandra,
l’Hestia Giustiniani, il discobolo Ludovisi, quello di Mirone, l’Apollo tipo Omphalos e l’atleta tipo

23
BERGER1958, 6 e passim; cf. invece RAEDER 1983, 309 che Marte pacificatore secondo un tipo monetario (nella mano
lo identifica con un Marte pacificatore proponendo di vedere destra vi sarebbe stato un ramoscello d’alloro o di ulivo).
nello scudo un clipeo metallico, da riconoscere come clipeus 24
Su questa statua AURIGEMMA 1955, 69-71, fig. 15; BERGER
virtutis; KNAUER 1992, che ripropone Teseo identificato con 1958, 6-19, figg. 1-2; LIMC V,1 (1990), 364, n° 920. Cf.
Cimone e dove lo scudo piccolo e rotonde, di tipo persiano, RAEDER 1983, 309-310, invece per un interpretazione in chia-
alluderebbe ad un episodio della vita di Cimone (PLUT 5, 2-3) ve di Marte e Mercurio pacificatori delle due statue e come
che prima della battaglia di Salamina avrebbe scambiato la espressione della pietas erga deorum.
briglia (che sarebbe stata tenuta nell’altra mano della statua) 25
Ne differisce per la posizione del braccio sinistro e della
con uno degli scudi persiani appesi come doni votivi nel tem- mano destra: BERGES 1958, 7.
pio di Atena sull’Acropoli; MOESCH 2000, 220, dove è raccol- 26
PAFUMI 2000, 11.
ta la storia degli studi e di nuovo la proposta di riconoscere 27
POLACCO 1955; INAN 1975, n° 1; INAN 1970, 21-26.

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PATRIZIO PENSABENE

a b

Fig. 6 - “Canopo”, sileni. a: n° cat. 9; b: n° cat. 10

Cirene-Perinto, che si affianca alla fino allora più frequente ispirazione o copia dei capolavori poli-
cletei e fidiaci.28
Le due amazzoni copiano i tipi creati da Fidia e da Kresilas per il tempio di Artemide ad Efeso:
per l’amazzone di Fidia (n° cat. 3: Figg. 10a, 11a) la copia di Villa Adriana29 è quella più completa
per cui è stato possibile ricostruire l’originale come un’amazzone in piedi che si appoggia alla lan-
cia in quanto ferita alla gamba; per l’altra30, l’Amazzone Sciarra (Amazzone efesina: n° cat. 4; Figg.
10b, 11b), riporta ai copisti romani la resa esasperata della ferita sanguinante dal seno destro, estra-
nea all’originale di Kresilas e invece ripresa probabilmente dal tipo di Sosikles che da Plinio (34,
75) sappiamo essere ferita sotto il seno destro: nella realtà somatica tale ferita avrebbero causato una
diversa posizione del corpo dovuta al riflesso della contrazione.
Queste quattro sculture, caratterizzate da un impianto organico del corpo, ma da una rappresen-
tazione tendenzialmente schematica e calligrafica dei muscoli, senza passaggi chiaroscurati dei
piani, ad un’analisi autoptica avevano posto il problema dell’origine del marmo che, pur essendo a
grana piccola, si presentava di un bianco uniforme senza le caratteristiche venature cloritiche ver-
dastre che invece caratterizzano le sculture sopra citate in pentelico delle cariatidi e dei Sileni: all’a-
nalisi archeometrica sono risultate invece di marmo docimio e rappresenterebbero quindi per tale
provenienza l’altro grande filone di approvvigionamento di marmi statuari della villa, quello
microasiatico, a cui sono riconducibili i famosi centauri in bigio morato rinvenuti nel giardino
dell’Accademia, afrodisiensi non solo per gli artisti che firmano le due sculture, ma anche per la pie-
tra, come è risultato dalle recenti indagini.

28
SLAVAZZI 2007, 135, che inoltre identifica un frammento 29
Inv. 2266; RAEDER 1983, 92, n° 90; LANDWEHR 1985, 65
del discobolo Ludovisi, nei magazzini di Villa Adriana, cf. (sul tipo 65-70), tavv. 33c, 35c; Cf. PAFUMI 2000, 9, n° 56, che
RAUSA 1994, 171-172. Sul favore delle repliche di derivazione rileva la costruzione delle pieghe del chitone strette e fitte,
tardo severa in età adrianea v. GASPARRI 1995, 173-187; sulle variate nella profondità e larghezza per evitare la monotonia.
repliche dell’Apollo Omphalos v. ora PAFUMI 2002, 55-84. 30
Inv. 2255; RAEDER 1983, 86, n° 83.

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a b c

Fig. 7 - Sileni, particolari. a: n° cat. 9; b: n° cat. 10; c: n° cat. 9

La quinta scultura, il ritratto di Adriano giovane (n° cat. 12: Fig. 12) , di cui resta la testa e il
collo31, proviene dal canale di adduzione al centro sempre del lato curvo settentrionale dell’Euripo
e costituisce uno dei pochi ritratti di Adriano giovane, noto anche dal dritto di alcuni aurei dove sul
retro ricompare come nuovo Romolo32: esso è rappresentato come un giovane dai capelli corti e ric-
ciuti e con un accenno di baffi e barba leggera che lascia libero il mento; data la torsione del collo
verso la spalla sinistra su cui si scorge la clamide e la capigliatura ricciuta il corpo doveva essere
rappresentato secondo il tipo del Diomede33, frequente per le statue imperiali, non ultimo di Adriano,
in quanto l’eroe fu il conservatore del palladio su cui poggia la potenza romana e simboleggia la
casa imperiale il cui dominio è garantito dal suo possesso34. Data l’epoca dei ritratti monetali sugli
aurei contemporanea alla seconda iniziazione di Adriano ai Misteri eleusini, si è voluto attribuire
l’aspetto giovanile alla conseguente rinascita e recuperata giovinezza (in alcuni cistofori monetali
adrianei, ancora del 128, compare il termine ren(atus)) come giovane eroe. La testa ritratto del cd.
Canopo è l’unica replica sicura di questo tipo: nell’impianto del volto, nella forma degli occhi e
della bocca è da confrontare strettamente con lo stile delle cariatidi. Il fatto che sia abbastanza sicu-
ramente databile in età adrianea per i riscontri monetali sugli aurei citati e perché la capigliatura
appare non del tutto trapanata come nei successivi ritratti di Antonino e di età antonina, può costi-
tuire la chiave di volta per comprendere le ragioni delle scelte operate nell’arredo scultoreo
dell’Euripo35. La statua di Adriano, infatti, raffigurato come eroe, doveva venirsi a trovare al centro
di una serie di raffigurazioni di eroi ed eroine mitici, quali le Amazzoni contro cui combattono Teseo
ed Ercole ai piedi dell’Acropoli, il guerriero, forse Teseo, e Hermes accompagnatore degli eroi nella
salita al cielo o caratterizzante con i suoi attribuiti le statue ritratto di personaggi eroizzati con il
corpo che replica tipi statuari di età classica del dio36. In tale equiparazione al mondo eroico greco,
che emerge anche nel culto eroico di Antinoo37, si manifesta l’atteggiamento culturale, marcata-
mente filosofico-religioso, di Adriano colorato dagli influssi della seconda sofistica nella quale
anche l’interesse per il passato è ben testimoniato da autori legati al principe, quali Favorino,
Polemos di Smirne, Elio Aristide ed Erode Attico38: la rivisitazione dei miti greci, ma anche delle
origini di Roma (reinterpretate nella “prospettiva dell’ “eternità”) veniva ad esprimere, dunque,
l’ideologia del suo principato tesa a utilizzare l’eredità culturale greca e anche romana, quale stru-
mento di coesione dell’impero39.

31
RAEDER 1983, 89-92, n° 88, alt. mass. cm 30, alt. testa dal re mitiche e personificazioni come Vittoria, Roma, Vesta, ecc.
capo al mento cm 25. Per una storia degli studi con varie inter- 35
Non più sufficienti appaiono le spiegazioni di B. Kapossy
pretazioni (novus Romulus, iniziazione misteri eleusini, ecc.): che le statue di Villa Adriana rappresenterebbero le copie di
CORAGGIO 2000, 240-241. opere viste e ammirate da Adriano durante i suoi viaggi: v.
32
SCHRÖDER 1995, 292-297; OPPER 2008, 57-60, figg. 43-44. obbiezioni in RAEDER 1983, 304.
33
RAEDER 1983, 91-92; cf. VIERNEISEL-SCHLÖRB 1979, 79- 36
MADERNA 1988, 113.
80; MADERNA 1988, 56-58. 37
GALLI 2007, 189-210.
34
RAEDER 1983, 92; MADERNA 1988, 75, su monete soprat- 38
Cf. ANDERSON 1993.
tutto del periodo domizianeo e commodiano dove l’imperatore 39
V. più ampiamente GALLI 2004, 320-328.
compare con il palladio, in quanto in genere è portato da figu-

389
PATRIZIO PENSABENE

a b

Fig. 8 - “Canopo”, a: cd. Ares n° cat. 2; b: cd. Hermes n° cat. 1

Non è un caso, dunque, che l’attività evergetica di Adriano si rivolse anche su tre particolari san-
tuari in Italia accomunati dal fatto di essere sedi di antichi ed importanti culti40: i santuari del Nemus
Dianae, dove interviene nel 123 ristrutturando un portico41, quello del 127 della dea Cupra, impor-
tante divinità venerata nell’Umbria e nel Piceno42, e quello del 136 di Iuno Sospita mater a Lanuvio,
dove dedica un nuovo simulacro43 e in questa prospettiva va visto il fatto che Adriano ricoprì la
dignità di prafectus urbi feriarum Latinarum causa44, attraverso cui poteva intervenire nei santuari,
in particolare in quelli del Lazio. Per queste iniziative si è voluto vedere il riflesso di un preciso
movente culturale dell’imperatore, che crediamo è di nuovo da collegare all’interesse per i miti di
fondazione e l’antica storia di Roma e d’altronde la Historia Augusta (Hadr. 22.10) ricorda, nella
biografia dell’imperatore, la passione di Adriano per i culti arcaici dell’Italia45. Queste osservazioni
spiegano forse anche perché nel campo monetario si registri ora un notevole cambiamento rispetto
ad altri antichi culti connessi alla fondazione di Roma e all’origine troiana, come ad esempio quel-
lo metroaco: dopo un silenzio di circa due secoli, Cibele sul trono con leone ai piedi ricompare sul
retro di medaglioni coniati tra il 134 e il 138 che hanno il modulo dei grandi sesterzi e che sul drit-
to presentano la testa di Adriano o di Sabina46. Ma questa cultura della “memoria” trova la sua
espressione ancora più pregnante in una serie di denari con la rappresentazione della fuga da Troia

40
CASTAGNO 2008, 110-138. 43
CIL XIV, 2088 = ILS 316.
41
CIL XIV, 2216 = ILS 843 = AÉpigr 2000, n° 251. Sul san- 44
ILS 308; BOATWRIGHT 2000, 132.
tuario nella sua storia e il culto, v. GREEN 2007; sugli scavi 45
BOATWRIGHT 1989, 256, e BOATWRIGHT 2000, 132.
recenti: GHINI 2000, 53-63. 46
TURCAN 1983, 25-27.
42
CIL IX, 5294 = ILS 313; COLONNA 1992, 3-25.

390
“CANOPO” DI VILLA ADRIANA. PROGRAMMI TEMATICI, MARMI E OFFICINE NELL’ARREDO STATUARIO

Fig. 9 - a: particolare del n° cat. 1; b: particolare del n° cat. 2; c: particolare del n° cat. 1

di Enea con il padre Anchise e il Palladio, episodio già largamente propagandato in età augustea47.
Citiamo ancora tre aurei adrianei in uno dei quali compare sul retro, come si è detto, l’eroe Romulus
conditor48, collegato al ritratto sopradetto di Adriano, in un altro Venus genitrix: non a caso agli inizi
del periodo di Adriano si hanno l’istituzione dal 121 d.C. del natalis Urbis, oltre all’edificazione a
partire dallo stesso anno del Tempio di Venere e Roma49.
L’interesse di Adriano verso i miti di fondazione del Palatino, attraverso la rivisitazione di culti
eroici non solo di Romolo, ma dello stesso Enea, è confermata da una sua statua ritratto loricata (del
tipo “Hierapytna”), rinvenuta in uno stato frammentario nel santuario di Poseidone presso l’Istmo
di Corinto dove al centro del pettorale è rappresentato il palladio al di sopra del gruppo del Lupercal,
con la lupa che allatta i gemelli50, lo stesso in una statua rivenuta in mare nel porto del Pireo (desti-
nata dunque all’esportazione). In quest’ottica non stupisce che proprio sotto Adriano si verifica
un’importante fase di nuove sostruzioni della terrazza del santuario di Cibele sul Palatino, presso le
quali vi era il Lupercal, e la costruzione o ricostruzione di un tempietto in laterizio attribuito con
certezza a quest’epoca, in base ai bolli laterizi, e nel quale siamo tornati a riconoscere
l’Auguratorium.
E’ quindi a tale ideologia che vengono subordinati i programmi architettonici e d’immagini con
cui Adriano presenta il suo ruolo d’imperatore: ricollegamento alle antiche tradizioni religiose quali
espresse in età augustea, quando già si erano accostati gli antichi miti di Atene con quelli di Roma
(v. la rivalutazione del patrimonio formale e culturale greco nelle lastre Campana della Casa di
Augusto sul Palatino), e rivisitazione dei miti in funzione autorappresentativa e di legittimazione
dell’autorità imperiale.
Una conferma di un intento ideologico dinastico potrebbe venire da un’altra scultura rinvenuta
ancora presso il lato curvo N dell’Euripo: una grande testa ritratto (n° cat. 11: Figg. 14a-b), supe-
riore del vero51, considerata da alcuni una copia adrianea basata su di un ritratto primo augusteo

47
Cf. PARENTE 2007, 109-115. GALLI 2004, 320-328, GALLI 2007, 194-206.
50

48
NÉTHY 2001, 157-184. RAEDER 1983, 92, n° 89, alt. 38 cm, alt. tra tempie e mento
51

49
Cf. PARENTE 2007, 109-115. 33,5 cm

391
PATRIZIO PENSABENE

a b

Fig. 10 - “Canopo”, a: amazzone tipo Mattei, n° cat. 3; b: amazzone tipo Sciarra, n° cat. 4

forse da un ciclo della famiglia giulio-claudia, come rivelerebbe la pettinatura52. Si è però anche
proposto di riconoscervi un ritratto di ricostruzione di Cesare53, richiamando la provenienza da Villa
Adriana di un ritratto identificato come Pompeo, che indicherebbe la presenza di una galleria di
summi viri probabilmente ripresa dal Foro di Augusto che, dunque, non servì d’ispirazione solo
per le Cariatidi. In ogni caso, sia esso la rappresentazione di un giovane erede imperiale di Augusto,
forse tra quelli morti prematuramente e pertanto divinizzati, sia un ritratto di Cesare, è evidente
l’intento di portare il personaggio ritratto sullo stesso piano degli eroi, rispetto a cui doveva avere
dimensioni maggiori probabilmente perché esprime l’altra grande aspirazione della politica adria-
nea, quella appunto della rinascita o ritorno all’epoca augustea.
Al mondo omerico e alla rievocazione di Ulisse rimanda il gruppo di Scilla (Fig. 15) in pavo-
nazzetto54 che emergeva dalle acque del bacino davanti al triclinio: poggiava su una base emisferi-
ca (lunga m 1,65 e con il torso di Scilla alto cm 55), che si doveva contrapporre simmetricamente
ad un altro gruppo simile ricostruito da frammenti di altri musei55, sempre emergente dalle acqua, e
trovare un forte riferimento nell’altro exemplum virtutis di Ulisse, il gruppo di Polifemo che si è ipo-
tizzato fosse collocato sulla piattaforma isolata del ninfeo sul retro del Triclinio.56 Ricordiamo che
nel museo di Afyon è conservata la parte superiore di una Scilla di piccole dimensioni (alt. cm 35)57
rinvenuta a Iscehissar presso le cave di pavonazzetto e che il gruppo di Scilla e della nave di
Sperlonga è in marmo bianco di Docimium58, lo stesso distretto marmorifero da cui proviene il
pavonazzetto.

52
Altri autori vi hanno riconosciuto un ritratto di Marcello, il 55
Cf. anche RAEDER 1983, 98, nn° 105-106.
primo erede di Augusto, o anche di Elio Cesare: MASSNER 56
ANDREAE 1996, 342-345.
1982, 43. 57
ANDREAE 1995, 88-96, e in ANDREAE - PARISI PRESICCE
53
ADEMBRI 2009a, 85, e bibl. citata. 1996, 362-363.
54
RAEDER 1983, 96, n° 99, e in particolare p. 306 per 58
CONTICELLO 1996, 280-313.
un’interpretazione in chiave virgiliana.

392
“CANOPO” DI VILLA ADRIANA. PROGRAMMI TEMATICI, MARMI E OFFICINE NELL’ARREDO STATUARIO

a b

Fig. 11 - “Canopo”, a: particolare del n° cat. 3; b: particolare del n° cat. 4

Ancora dall’Euripo, presso il canale di adduzione al centro del lato curvo settentrionale proven-
gono le personificazioni del Nilo e del Tevere (nn° cat. 16-17: Figg. 16-17), più il frammento di un
terzo fiume non identificabile (si è proposto Oceano a simboleggiare la grandezza e l’aeternitas
imperiale59), il primo con la sfinge, il secondo con la lupa e i gemelli, caratterizzati da
un’impostazione abbastanza rigida che richiama figure giacenti del periodo severo60: sono risultati
di marmo pario, aggiungendosi dunque a folto gruppo di statue in questo marmo trovate nella villa
(ma va rilevato che le otto muse di Madrid, provenienti dall’Odeion di Villa Adriana non sono in
pario come normalmente ritenuto61 ma in pentelico62). Infine un coccodrillo (n° cat. 18: Fig. 18) in
cipollino scelto per riprodurre la pelle variegata del rettile: la tubazione in piombo all’interno della
bocca ne testimonia l’utilizzo come fontana.
Un’ultima osservazione sull’uso del raddoppiamento di repliche non necessariamente speculari
di uno stesso modello o di modello simili e con soggetto simile, testimoniato non solo dalle amaz-
zoni, ma anche dall’ “Ares”, l’Hermes, con posizione contrapposta del tronco di sostegno, ma insi-
stenti sulla stessa gamba, dal Nilo e dal Tevere, dai due sileni e dalle quattro cariatidi: tale princi-
pio potrebbe avere influenzato la scelta dei tipi statuari e del grado di diversificazione63.

ASPETTI ORGANIZZATIVI DELL’OFFICINA URBANA AL SERVIZIO DELLA CASA IMPERIALE

Da tempo è stato riconosciuto che il complesso statuario proveniente da Villa Adriana appartie-
ne nella maggioranza al periodo di costruzione della villa64, mentre per ciò che riguarda le scultu-
re dell’Euripo la cronologia deve corrispondere alla datazione del cd. Canopo, cioè il primo decen-
nio o poco oltre di impero di Adriano.

59
RAEDER 1983, n° 100. 63
BARTMAN 1988a, 211-225.
60
RAEDER 1983, 231. 64
RAEDER 1983, 205 e bibl. citata, a parte alcuni pezzi come
61
RAEDER 1983, 48, n° I, 26. l’Antinoo del MNR datati in età antonina: RAEDER 1983, nn°
62
Ringrazio dell’informazione A. Ottati che ha identificato il 1, 52.
marmo.

393
PATRIZIO PENSABENE

Fig. 12 - “Canopo”, testa di Adriano “giovane”, n° cat. 12

Nasce ora il problema se tra le sculture in pentelico e docimeno vi sono affinità stilistiche, tanto
da far pensare ad un’unica officina produttiva, nonostante la diversità del marmo, e in tal caso se
siamo di fronte ad un’officina che scolpisce le statue in tutte le sue fasi di lavorazione utilizzando
blocchi di marmi bianchi di diversa provenienza, o rifinisce sul posto sculture giunte al cantiere
semilavorate direttamente da centri artistici orientali, come si potrebbe ipotizzare in base al fatto che
tre delle quattro cariatidi presentano il retro semirifinito, lo stesso i sileni. Va rilevato che lo stile di
queste sculture è stato anche collegato nella storia degli studi ad un’officina attiva a Roma presso la
casa imperiale e nella villa stessa: con essa si sono messe in relazione alcune sculture di grandi
dimensioni, assegnate all’epoca adrianea, del Teatro di Italica, città di cui è nota la trasformazione
urbana e architettonica operata da Traiano e Adriano che ne erano originari, suscitando in tal modo
interrogativi sull’organizzazione dell’officina e su suoi eventuali spostamenti in occasioni di lavori
importanti di committenza o comunque con un intervento imperiale65. Si tratta delle statue in marmo
pario di Hermes, di Afrodite e di Artemis, trovate nel “cerro de San Antonio”66, e va notato che
l’Artemide, più un’altra Artemide sempre d’Italica, sono repliche esatte di un medesimo tipo deno-
minato Sevilla-Palatino67, di cui appunto una proviene dalla Domus Flavia. Inoltre da Italica pro-
vengono statue con paralleli diretti con sculture di Villa Adriana, come la testa di Thyche68, o altre
statue come quella a cui apparteneva la testa di Alessandro69 in marmo pario, che si considerano
appunto opere di officine urbane.
Ricordiamo brevemente che per definire le caratteristiche della scultura adrianea presente nella
villa abbiamo preso anche noi in considerazione la statua di Dioniso rinvenuta sotto una scala pres-

65
E’ spesso citata l’officina di tradizione neoattica, attiva tra I dotti a Side, dove è stata individuata come caratteristica indi-
e II secolo e definita “prolifica” per la sua produzione di copie cante il trasporto da lontano la bozza sporgente sulla nuca che
ottenute utilizzando i calchi rinvenuti a Baia (LANDWEHR 1985; consentiva maggiore sicurezza durante il trasporto al luogo di
GASPARRI 1995, 178; PAFUMI 2002, 69). Penserei per le scultu- destinazione (SALETTI 1979, 7-13, n° 1; PAFUMI 2002, 69.)
re dell’Euripo ad un atelier, collegato con essa, ma maggior- 66
GARCÍ A Y BELLIDO 1949, nn° 64, 140,155.
mente legato alla committenza imperiale e da considerare come 67
LEÓN 1995; RODÀ 1996, 127.
punto di riferimento per la scultura di età adrianea a Roma e di 68
LEÓN 1995, 146-149, n° 48.
altre officine: certamente esso era collegato anche con le offi- 69
GARCÍ A Y BELLIDO 1949, n° 1; LEÓN 1995, n° 46
cine di ispirazione neoattica che commercializzano i loro pro-

394
“CANOPO” DI VILLA ADRIANA. PROGRAMMI TEMATICI, MARMI E OFFICINE NELL’ARREDO STATUARIO

Fig. 13 - “Canopo”, frammento di ritratto di Adriano, n° cat. 17

so le biblioteche (alt. m 1,77 senza plinto70), considerata nuova creazione del periodo: tratto distin-
tivo è un contraddittorio impiego di forme classicistiche sia morbide e naturalistiche, sia piuttosto
rigide, cioè una discrepanza che salta all’occhio tra la costruzione plastica del corpo e la modella-
zione calligrafica della superficie, con una tendenza a schematizzare le forme anatomiche e anche i
passaggi di piano, che caratterizza appunto le statue del periodo, anche le più fedeli repliche di ori-
ginali greci71.
Le osservazioni finora fatte, delle relazioni tra Roma, Villa Adriana e Italica, ci consentono di
intravvedere un atelier connesso alla casa imperiale (probabilmente attraverso appalti e incarichi
continuati ad associazioni di marmorari72), con varie ramificazioni, altamente organizzato e in grado
di svolgere una grande mole di lavoro73: atelier che abbiamo visto riflette nelle scelte iconografiche
messe in atto nella villa Adriana le istanze culturali e ideologiche del nuovo imperatore.
Quest’ultima affermazione si può ancora meglio illustrare se osserviamo le analogie delle due
statue sopracitate di guerriero e di Hermes della villa, a cui si aggiunge una testa del discobolo
Ludovisi, ora nei magazzini74, con statue che riprendono tipi del periodo severo di alcuni importan-

70
RAEDER 1983, 68, n° 51. convivio i membri del suo collegio in un luogo da lui definito
71
Ricorre non sempre giustificatamente il giudizio di una λαβύρινθος (IGUR 1567), forse una schola o sede collegiale
scultura tendenzialmente fredda e accademica messo in rela- che doveva disporre di una sala conviviale, e su di essi
zione con i copisti di età adrianea. (µαρµαραρίων τό γένος) invoca la protezione di Serapide. Cf.
72
Per capire l’organizzazione degli scultori residenti a Roma, Bevilacqua (BEVILACQUA 2003, 217 e passim), che riporta la
ma spesso di origine orientale, citiamo un personaggio di ori- storia dell’interpretazione di questo termine propendendo per
gine microasiatica a capo di un collegio di marmorari, come si la sua identificazione con un luogo del Campo Marzio lungo il
deduce dal ritrovamento di due iscrizioni incise su un’unica percorso del lusu Troiae.
base, testimoniata da manoscritti quattrocenteschi come pro- 73
Osserviamo che a Roma non era solo l’Emporio nel tratto
veniente da S. Maria della Pace-Terme d’Agrippa e ora in pos- di Tevere ai piedi dell’Aventino ad avere attratto i marmorarii,
sesso privato (IGUR 1566) che menzionano Quintus Iulius come fu il caso dei Nicomediensi, perché vi era un’altra zona
Metellus, eparchos techniton, cioè presidente di un’asso- nel Campo Marzio, presumibilmente nel porto presso i
ciazione di marmorarii vissuto a Roma nella prima metà del III Navalia, ad essere divenuta un’area importante di scarico di
secolo, ma lì trasferitosi da Tripoli nella Lidia, da cui forse marmi destinati ai monumenti pubblici e di conseguenza sede
gli deriva il soprannome ionikò s che compare nel testo; il di marmorarii: MAISCHBERGER 1997, 95-96.
personaggio ritorna in un’altra iscrizione conservata a Villa 74
RAUSA 1994, 171-172; v. anche RAEDER 1983, 132; PAFUMI
Borghese, ma vista nel ‘500 nel Rione Borgo, dove invita al 2000, 8, sulla testa Ludovisi al Vaticano da Villa Adriana.

395
PATRIZIO PENSABENE

a b

Fig. 14 - “Canopo”, a-b: ritratto di imperatore giulio-claudio, n° cat. 11

ti monumenti di Efeso, Perge e Side, e per le quali si è ribadita l’estraneità delle officine afrodi-
siensi: ci si è chiesti se tale ricorrenza di tipi di stile severo, che rimane un fenomeno abbastanza
isolato in Asia Minore, circoscritto al periodo adrianeo-antonino, non debba ricondursi anche a offi-
cine che producevano statue sia su ordinazione imperiale, sia dei ricchi evergeti microasiatici che
rievocavano con esse la stessa ispirazione filosofico-religiosa dell’ideale atletico collegato al mito,
dove però le immagini del culto imperiale e degli eroi locali avevano grossa importanza.
L’attività di una grande officina scultorea a Villa Adriana, o di più officine sotto una stessa dire-
zione, potrebbe ricavarsi proprio dalle statue dell’Euripo, imparentate non solo stilisticamente (il
Lauter pensava ad un’officina attica a cui attribuiva in primis le cariatidi), ma anche per la resa simi-
le di particolari, come occhi, naso, bocca e pieghe del panneggio75. Tutto ciò in qualche modo ridi-
mensiona, pur non riducendone la realtà e l’importanza, il quadro in passato proposto di una mobi-
lità rilevante delle officine che si sarebbe osservata in tutto l’impero proprio nella prima metà del II
secolo, come spiegazione delle diversità tra le copie o trasformazioni di originali greci: la mobilità
è invece collegata direttamente a specifiche committenze e a specifichi cantieri, che possono avere
determinato la presenza in pianta stabile di scultori orientali a Roma o in occidente. A Villa Adriana,
se sono sicuramente attestati scultori di Afrodisia, essi paiono specializzati soprattutto nelle scultu-
re in marmi colorati o in decorazioni architettoniche figurate di fregi e altro76, mentre la produzione
scultorea in marmi bianchi presenterebbe, dunque, caratteristiche che permettono di evidenziare una
direzione stilistica tentativamente unitaria di una grande officina residente a Roma o nella villa
durante i lavori, qualunque sia l’origine delle maestranze effettivamente presenti sul cantiere. Tale
officina non solo utilizzava blocchi grezzi di marmi bianchi a cristalli piccoli di buona qualità (pen-
telico e i marmi bianchi micoasiatici di Docimium e di Göktepe: v. oltre), ma era anche in contatto
con le grandi manifatture dell’epoca di copie e di rielaborazioni di originali greci destinate all’e-
sportazione ed è per questo che crediamo rimanga forte la possibilità che nel cantiere della villa fos-
sero rifiniti - anche con l’ausilio di calchi- semilavorati in vari stadi di completamento e di varia
provenienza in un numero molto maggiore di quanto si possa pensare. Di questi il commercio è pro-
vato dal fatto che sono state rinvenute anche altrove, in diverse località dell’impero, statue con lo
stesso soggetto e con caratteristiche formali tali da far pensare a centri produttori altamente orga-
nizzati, che i ritrovamenti e la storia degli studi collocano prima di tutto ad Atene, ad Afrodisia o
appunto presso le cave di Docimium.

75
RAEDER 1983, 231: tra l’altro sono stati notati l’uguale resa semplificata delle vesti, con linee di trapano profonde e larghe,
del capezzolo arrotondato e sporgente e dell’aureola legger- e della forma della bocca e dei capelli nei fiumi e nei Sileni.
mente sollevata nelle statue del Guerriero, di Hermes, dell’a- 76
PENSABENE 1976.
mazzone Mattei e del Tevere, o ancora la simile trattazione

396
“CANOPO” DI VILLA ADRIANA. PROGRAMMI TEMATICI, MARMI E OFFICINE NELL’ARREDO STATUARIO

Fig. 15 - “Canopo”, torso di Scylla

ALCUNI ASPETTI DELLE PRODUZIONI SCULTOREE AD ATENE, A DOCIMIUM E AD AFRODISIA

Come tipico prodotto di uno di questi centri, ricordiamo il gruppo delle sei “Körperhermen”
Ludovisi del Museo Nazionale Romano, provenienti dall’area del Quirinale, pare quella occupata
dagli Horti Sallustiani (ma vi erano altre erme dello stesso ciclo), in marmo pentelico e che sono
state attribuite a maestranze attiche e ad un età non precedente all’epoca adrianea77: di nuovo esse
ripropongono, con la presenza nello stesso ciclo di dei, eroi ed atleti (Atena, Teseo, Eracle, due erme
di soggetto incerto, forse Dioniso ed Hermes, e forse Faillo con cui si è proposto d’identificare il
Discobolo78), le sopra accennate istanze culturali dell’epoca. Oltre ad essere un’abile espressione di
un classicismo non rigido, che risente d’influenze ellenistiche, con effetti coloristici che creano una
sensazione di morbidezza79, queste erme sono caratterizzate dalla mancanza della politura finale
delle superfici che farebbe pensare ad opere importate direttamente da Atene e in uno stadio di rifi-
nitura quasi completa80, in quanto la forma a pilastro della parte inferiore doveva favorire un tra-
sporto via mare senza che si verificassero eccessivi danni alle sculture: l’essere state importate, dun-
que, quasi del tutto rifinite spiega la maggiore qualità scultorea e l’amalgama riuscito tra struttura
corporea e resa muscolare, che contrasta con l’impostazione più fredda e accademica che abbiamo
osservato nell’officina attiva a Villa Adriana quando invece esegue in tutte le sue fasi una statua o
rifinisce statue giunte in uno stadio di semilavorazione da centri produttori orientali. Il recente ritro-
vamento di copie di originali greci ad Ejica (l’antica Astigi, poi Colonia Augusta Firma, nella
Betica), tra cui di nuovo un’amazzone di tipo Sciarra in pentelico nella quale traspare una resa mec-
canica del modello, anche se abile, rinvenuta insieme a frammenti di statue di atleti e di un eroe
(testa giovane con elmo corinzio),81 appaiono invece il prodotto di officine specializzate in statue
semilavorate, possibilmente anche attiche, in collegamento con un centro di distribuzione, forse da
collocare a Roma stessa.

77
PAFUMI 2000, 10. scopo di conferire un’apparente sensazione di non finito alla
78
PAFUMI 2000, 11. scultura, come è stato affermato (v. bibl. in PAFUMI 2000, 10,
79
Cf. una più ampia analisi stilistica in PAFUMI 2000, 8-10. n. 63), ma ne rappresenta il penultimo stadio di lavorazione.
80
La mancanza di politura finale non ha assolutamente lo 81
LEON 2008, 251.

397
PATRIZIO PENSABENE

Fig. 16 - “Canopo”, Fiume Nilo, n° cat. 14

In questa sede ci ha colpito la diversa provenienza del marmo delle Amazzoni, del guerriero e
dell’Hermes, il docimeno, rispetto a quello delle Cariatidi e dei sileni, il pentelico: per questo, alla
luce di quanto detto, ci siamo posti il problema se anche presso le cave di Docimium vi fossero offi-
cine specializzate nella copia o rielaborazione di originali greci di età classica basati su calchi.
Ora, dalle cave di Docimio e dei dintorni, come il settore di Altintaş, provengono come è noto
non solo il pavonazzetto, ma anche un bel marmo bianco a cristalli piccoli con il quale sono stati
lavorati sia i famosi sarcofagi a colonnette, le cui figure già di per sé provano una grande cono-
scenza della tradizione scultorea attica, sia sculture semilavorate di piccole e grandi dimensioni82:
emerge, dunque una vocazione alla produzione copistica anche nelle officine attive presso le cave
frigie e, per ciò che riguarda l’Asia Minore, non solo in quelle operanti ad Afrodisia. In questo
senso citiamo due statue raffiguranti Ercole83, la prima che uccide il toro, rinvenuta in uno stadio di
semilavorazione presso le cave, la seconda con Telefo bambino84, conservata nel convento islamico
di Seyt Gazi a poca distanza da Afyon e quindi non lontano dalle cave: esse attestano la predilezio-
ne per questa figura di eroe divinizzato presso le officine docimene, che già era evidente nel ricor-
rente impiego proprio dell’immagine di Ercole, impegnato nelle famose fatiche, sui sarcofagi archi-
tettonici85.
Citiamo ancora una serie di sculture di piccolo formato trovate nei dintorni di Afyon che rien-
trano nel fenomeno delle copie miniaturistiche di originali celebri, ben documentato in epoca impe-
riale e che riflette l’esigenza di manifestare attraverso copie e rielaborazioni di arte classicheggian-
te le aspirazione culturali dei committenti e la loro partecipazione alle mode dell’epoca86. Tra di esse
emerge il nutrito gruppo di statuette, del Museo di Afyon, di cui alcune di eccellente fattura (ad
esempio le statuette di Eracle, di Giove seduto, che conservano la dedica ecc.), che proveniva da
Çavdarli Köyü nei pressi delle cave di Iscehisar, dove era collocato probabilmente un santuario di
Apollo87. La loro diffusione non riguarda solo il circondario di Afyon, ma anche la Panfilia, ad esem-

82
HERRMANN - TYKOT 2009, 59-75. 2000, 40, n° 17 e bibl. citata.
83
FANT 1990, 112; PENSABENE 2002, 206, 207, figg. 4-5. 85
JONGSTE 1992.
84
Se inconsueta è la raffigurazione di Telefo tenuto in brac- 86
MICHELI 1991, 79-112, in particolare 103-104; BARTMAN
cio da Ercole, tuttavia il bambino con cui l’eroe si trova raffi- 1988b; BARTMAN 1984, 237.
gurato - con altra iconografia - è in genere Telefo: cf. MARTINI 87
DREW BEAR 1993, 147-152; FILGES 1999, 377-430 .

398
“CANOPO” DI VILLA ADRIANA. PROGRAMMI TEMATICI, MARMI E OFFICINE NELL’ARREDO STATUARIO

Fig. 17 - “Canopo”, Fiume Tevere, n° cat. 15

pio a Side, come mostrano alcune statuette di Eracle88, tra cui una più grande (alta m 1,46) che resti-
tuisce la replica di una variante ellenistica del tipo Farnese: è stata rinvenuta presso la porta tar-
doantica opposta al teatro89, e presenta precisi riscontri nei sarcofagi a colonnette con le fatiche di
Ercole, come quello del museo di Antalya da Perge90.
D’altronde anche ad Afrodisia sono attestate copie e rielaborazioni di originali classici ed elle-
nistici, come provano numerosi esempi rinvenuti nella città stessa, che documentano le capacità e i
modelli iconografici a disposizione delle officine locali anche quando impegnate dalle committen-
ze locali. Per l’individuazione delle sculture di produzione afrodisiense siamo ora fortemente aiuta-
ti dai recenti lavori di N. de Chaisemartin, di P. Linant de Bellefonds91 e di R. R. Smith che hanno
lavorato sulle sculture rinvenute ad Afrodisia stessa, e della M. Bergmann92 che si è dedicata al rico-
noscimento dello stile afrodisiense in prodotti di epoca tarda rinvenuti in diverse località dell’im-
pero (Roma, Chiragan, Silahtaraa, Sidone, ecc.), a cui si aggiunge ora L. K. Phillips che ha raccol-
to i trapezofori figurati prodotti nella città93. La fisionomia che caratterizzava le opere di scultori
afrodisiensi chiamati a intervenire in progetti statuari e architettonici di altre città e che doveva esse-
re di una qualità notevole (infatti solo la qualità può giustificare la loro chiamata da parte di com-
mittenze esterne), non è sempre facile da afferrare. All’interno della copiosa produzione statuaria
attestata ad Afrodisia stessa, citiamo brevemente soltanto le copie e le rielaborazioni di statue
maschili nude di età classica, usate in numerose statue-ritratto che nel corpo si ispirano appunto a
originali greci di V secolo di personaggi eroici e atleti, noti evidentemente tramite cartoni e soprat-
tutto modelli in gesso94, e ancora alcune statue rinvenute nel teatro, tra cui tre torsi eroici derivanti
da modelli di metà V secolo a.C.,95 di cui in particolare uno (di grandezza naturale e più grande degli

88
INAN 1975, 85, n° 29; WAELKENS 1986, 675, n° 68; FILGES 92
BERGMANN 1999; cf. anche FILGES 1999, 408
1999, 420. Cf. anche ANATOLIAN CIVILIZATIONS 1983. per il 93
PHILLIPS 2008, 253 e passim: i trapezofori riproducono
gruppo di sculture provenienti dagli scavi di Çavdarli. soprattutto Dioniso e Eros, ma anche altre divinità (Artemis,
89
INAN 1975, 85-91, n° 29, tav.11. Attis, Eracle, Marsia, Pan, Polifemo), basandosi su modelli
90
Cf. ÖZGEN 1987, 109, n° 135. scultorei del periodo classico ed ellenistico.
91
CHAISEMARTIN 1987, 1933; LINANT DE BELLEFONDS 1996, 94
SMITH 2006, 138-149, tavv. 19-29.
180-85; ERIM - SMITH 1991; SMITH 1996; SMITH 2009. 95
ERIM - SMITH 1991, 91-93, figg. 28-30.

399
PATRIZIO PENSABENE

Fig. 18 - “Canopo”, coccodrillo, n° cat. 16

altri due), attribuito alla media età imperiale96, richiama nello stile l’Hermes e il cd. Ares e (nn° cat.
1-2) del cd. Canopo di Villa Adriana. Si ha così un ulteriore elemento che dimostra l’intensa atti-
vità di copisti anche in questo centro microasiatico, che vedremo in stretta relazione non solo con
le cave locali di marmi a grana grossa, ma anche con le cave di Docimium e di Göktepe, distanti
dalla città, producenti marmi a grana fine (v. oltre).
Ma la conferma che anche ad Afrodisia, presso le officine residenti nella città, avveniva una pro-
duzione di alta qualità (che non era dunque prerogativa solo delle maestranze itineranti) viene dal-
l’avervi ritrovato, nell’area di un atelier dietro l’Odeion, due repliche del satiro con Dioniso bam-
bino, una di medie, l’altra di piccole dimensioni97, che appaiono, nonostante iconografie diverse, di
forme e stile simili alle due repliche del satiro ebro in un rosso antico98, (alte compreso il braccio
alzato cm 166/167,5), quelle leggermente più sinuose dall’Accademia di Villa Adriana (come i due
centauri firmati da Afrodisiensi): tanto più è interessante tale evidenza se si osserva che recenti ana-
lisi archeometriche hanno rilevato che il rosso antico con cui è scolpita la statua dall’Accademia è
di provenienza non dalle cave del Tenaro99, ma da un’altra, forse una di quelle vicine ad Afrodisia,
e in tal caso potremmo ipotizzare che anche questa statua possa essere pervenuta nei cantieri di Villa
Adriana semilavorata e solo sul posto rifinita.
In definitiva, tali esempi attesterebbero una produzione statuaria di sculture di medie e piccole
dimensioni100 non solo fondata su modelli ellenistici, ma anche di età classica, che ci spinge ad esten-

96
ERIM - SMITH 1991, 91, fig. 28. ma anche mitologici, come Ganimede con l’aquila da Cartagine
97
ERIM 1974, 767-775; SMITH 1996, 60, figg. 61-62; cf. (GAZDA 1981, 125 ss. dove si propone un’officina efesina, ma
MOLTESEN 1990, 139, figg. 9-10. per il quale non si esclude una afrodisiense data l’attività degli
98
RAEDER 1983, rispettivamente nn° 1, 125, 148. scultori Flavius Zeno e Flavius Andronicus riportata al IV seco-
99
LAZZARINI 2007, 90, fig. 48, tab. 6: l’analisi ha permesso di lo: ROUECHÉ 1989, 25 e passim, nn° 11-13; BERGMANN 1999),
escludere sia la provenienza dal Tenaro, sia dalle cave di Iasos. Venere con eroti e Diana cacciatrice da una villa in Aquitania,
100
Che anche nella media età imperiale si svolgesse presso le Satiro che ghermisce una menade alla presenza di un erote del
officine microasiatiche legate alle cave principali un’intensa Museo di Boston forse da Afrodisia, ecc. Inoltre a officine
attività di copisti, condizionata dalla richiesta delle committen- microasiatiche (Docimium, Proconneso), oltre che attiche, sono
ze che richiedeva copie di piccole dimensioni, comunque mino- attribuiti pilastrini di trapezofori sulla cui base s’imposta una
ri del vero, risulta da quanto è ormai assodato per il periodo figura o un gruppo (satiri, menadi, panischi, Afrodite, Pan,
tardo imperiale. Infatti dalla storia degli studi (sintesi in MICHELI Eracle, Bellerofonte su pegaso, Orfeo) , scolpiti a tutto tondo
1991, 103) sono noti di nuovo piccoli gruppi statuari (di altezza (LEHMANN HARTLEBEN 1924, 264-280; LEHMANN HARTLEBEN
non superiore ad un metro) datati tra metà III e primi decenni V 1925, 215-216; STEPHANIDOU TIBERIOU 1985), a confermare
sec. d.C. e attribuiti a botteghe marmorarie microasiatiche dove l’acquisizione di soggetti mitologici e di tradizioni greche e
si producevano anche sarcofagi: riproducono soggetti cristiani, greco-ellenistiche anche nelle officine presso le principali cave

400
“CANOPO” DI VILLA ADRIANA. PROGRAMMI TEMATICI, MARMI E OFFICINE NELL’ARREDO STATUARIO

Fig. 19 - “Canopo”, frammento di testa di Vibia Sabina, n° cat. 18

dere anche sul piano della statuaria l’indagine sul rapporto diciamo dialettico delle officine doci-
mene e afrodisiensi con quelle attiche, di cui sarebbe ripresa anche la specializzazione nella mani-
fattura di copie: proprio questa volontaria ripresa di tipi classici rende talvolta difficile il riconosci-
mento dell’origine di alcune sculture caratterizzate da un forte classicismo derivante da modelli di
V e IV secolo, ma nella formulazione acquisita da rielaborazioni successive. In questo senso basti
citare di nuovo le statue che fanno parte dei programmi scultorei di Side101 e di Perge e in cui abbia-
mo detto si trovano copie del periodo severo che sono da considerare nel loro complesso difficil-
mente solo come prodotti attici o dall’Italia, bensì in parte o buona parte come opera di un’officina
regionale che possibilmente rifinisce statue semilavorate credo provenienti anche da Docimio e/o
Afrodisia102: menzioniamo soltanto la copia dell’Hermes tipo Kyrene-Perinthos, dal gruppo di sta-
tue dell’Edificio M di Side, copia di età antonina di un originale greco della metà del V sec. a. C.
(si è proposto Kresilas) caratterizzata, dunque da un modellato plastico e armonioso inquadrabile
anche in una produzione copistica asiatica (v. le figure di Hermes nei sarcofagi docimeni) e non
necessariamente solo attica (Fig. 21).
Tuttavia, le due statue sopracitate di Ercole dell’ area di Docimium rendono necessario anche capire
meglio le differenze tra gli scultori formatisi presso le officine docimene e quelli invece di provenienza
afrodisiense, a Villa Adriana sicuramente attestati per i noti centauri in bigio trovati nell’Accademia, con
la firma di artisti afrodiesiensi, e quanto le esigenze di mercato e la domanda delle committenze, insieme
alla qualità del marmo docimeno bianco, di buona qualità e a cristalli piccoli o medio-piccoli e presumi-
bilmente di un costo elevato, abbia in qualche modo contribuito ad accentuare queste differenze. Ma per
ciò che riguarda la produzione copistica dell’Asia Minore o comunque ispirata ad originali greci si deve
ricordare che proprio ad Afrodisia erano disponibili, anche con una certa abbondanza, marmi bianchi e
colorati, sia locali, sia provenienti da altre cave microasiatiche imperiali103 e in particolare proprio da quel-

microasiatiche con una attività che continua dunque fino ad 101


INAN 1975; LINFERT 1979, 780-785.
epoca tarda, come ha mostrato il lavoro della Bergmann 102
Cf. BEJOR 1997, 99-108. Si veda inoltre PAFUMI 2000, 2-
(BERGMANN 1999). Ricordiamo che anche ad Atene è testimo- 20, in particolare 2, dove definisce le statue di Side come “pro-
niata in epoca tarda una produzione di statuette, come mostra un dotti copistici di una bottega attiva in età antonina che com-
piccolo Dioniso (alt. cm 56) incompiuto trovato nel Ceramico mercializza un repertorio di tradizione attica”.
dove si situavano officine marmorarie: DUTHOY 2000, 115-146, 103
FANT 1993, 145-170.
in particolare n° 2, 120, tav. 10.

401
PATRIZIO PENSABENE

Fig. 20 - “Canopo”. Gruppo di satiro con fanciullo

le di Docimium, a più di 200 km da Afrodisia, ma pare anche di Göktepe (nell’attuale regione di


Muĝla), in Caria, a circa 70 km (in linea d’aria 50 km) da Afrodisia, distanze che erano percorse via
terra104. Anzi personaggi di Afrodisia sembra che ricoprissero cariche importanti nell’amministra-
zione delle cave docimene, come si deduce dalla probabile coincidenza di Ti. Claudius Zelos “sacer-
dote di Afrodite a vita” -che in età antonina contribuì a restauri del teatro col dono anche di colon-
ne del logeion- con uno degli appaltatori delle cave di Docimium, Claudius Zelos, che compare su
blocchi di pavonazzetto rinvenuti a Roma105. Inoltre, recenti analisi archeometriche hanno dimo-
strato che il marmo a grana fine della statua di un giovane togato rinvenuto ad Afrodisia proviene
dalle cave di Docimium106 ed è stato rilevato come spesso i busti, ma anche alcune statue, rinvenu-
ti nella città sono non nel marmo locale a grana medio-grossa, ma in un marmo a grana fine107 (da
Docimium, da Göktepe e forse da altri distretti marmoriferi): si ha così la conferma che la città
aveva accesso a numerose fonti di marmi bianchi di buona qualità.
Queste ultime osservazioni hanno lo scopo di evidenziare la complessità della “macchina” che
strutturava il rifornimento dei marmi -grezzi o semilavorati- e l’organizzazione delle officine attive
in età imperiale e come tale complessità fosse in grado di provvedere alle esigenze di grandi com-
plessi come Villa Adriana o la urbs nova d’Italica in un lasso di tempo relativamente breve.

104
ATTANASIO - BRUNO - YAVUZ 2009. anche riflettere nella mobilità di maestranze o di scultori sin-
105
BARRESI 2003, 343. Vorrei aggiungere che non meravi- goli anche tra diverse officine collegate direttamente alle cave,
glierebbe che la mobilità dei funzionari dell’amministrazione come è stato intravisto nel campo della rifinitura dei sarcofagi
tra i vari distretti marmorari (Chresimus, procurator lapicidi- dove sarebbero intervenuti in alcuni casi marmorari di
narum in un distretto dell’Asia Minore sarebbe stato trasferito Docimio, così in un sarcofago a ghirlande di Nicomedia, ecc.
in Egitto, dove un personaggio dello stesso nome s’incontra (KOCH 1993, 148, 171).
come procuratore delle cave di granito nel deserto orientale 106
ATTANASIO - BRUNO - YAVUZ 2009, 339.
(BARRESI 2003, 96; cf. però HERRMANN 1988, 126), si possa 107
SMITH 2006, 29, cat. n° 3, tavv.8-10.

402
“CANOPO” DI VILLA ADRIANA. PROGRAMMI TEMATICI, MARMI E OFFICINE NELL’ARREDO STATUARIO

Fig. 21 - Side. Edificio M, Hermes tipo Cirene-Perinto.

CONCLUSIONI

Il complesso del cd. Canopo ha rappresentato, dunque, l’incontro tra la tradizione architettonica
delle sale triclinari imperiali su una prospettiva d’acqua e gli aspetti culturali, politici e religiosi pri-
vilegiati da Adriano per caratterizzare il suo principato. E’ per questo che il suo arredo statuario è
stato considerato come insieme di immagini legate da un filo conduttore oltre che integrate nell’ar-
chitettura. Dominante doveva essere una serie di statue-ritratto maggiori del vero, di cui si conser-
va il ritratto di ricostruzione di un principe giulio-claudio (n° cat. 11, rinvenuto presso il lato curvo
N dell’Euripo), forse facente parte di una galleria di probi viri, e che dovevano presentare l’acme in
corrispondenza della statua di Adriano e della moglie, quali potrebbero essere testimoniate dalle
teste frammentarie di Adriano, maggiore del vero, (n° cat. 17) e di Vibia Sabina (n° cat. 18) dai
depositi della villa, di cui s’ignora la provenienza, ma conservate insieme a frammenti anche dal cd.
Canopo. La presenza di ritratti imperiali nel ciclo statuario del cd. Canopo acquista un particolare
significato perché ne fa parte anche un insieme di dei (restano Hermes (n° cat. 1) e una testa di
Dioniso (n° cat. 13), di eroi e eroine (il cd. Ares, n° cat. 2, forse interpretabile come Teseo, le
Amazzoni, nn° cat. 3-4, contro cui gli eroi greci Eracle e Teseo combattono sulle pendici
dell’Acropoli) per i quali si copiano e/o si trasformano originali della tarda età severa e classica108.
Sono presenti anche divinità minori legate a miti di fondazione di Atene che hanno luogo sull’a-
cropoli: a questi sono infatti riconducibili le Cariatidi (nn° cat. 5-8) e i sileni o papposileni (nn° cat.

108
Cf. SLAVAZZI 2002, 59, che rileva come queste statue di dei sformazioni: lo scopo sarebbe stato quello di “aumentare la
ed eroi, insieme a quelle delle cariatidi, dei sileni e le tre dei concentrazione dello spettatore e sottolineare l’unità dell’in-
fiumi, per un totale di 13 statue, si basano su appena cinque sieme” anche attraverso il riflesso nell’acqua.
schemi figurativi, variati attraverso gli attributi e piccole tra-

403
PATRIZIO PENSABENE

9-10), in realtà le prime da interpretare come Arrephoroi, i secondi come collegati alla grotta di Pan
ai piedi dell’Acropoli -Sileno era figlio di Pan109-, ma anche partecipanti ai misteri dionisiaci e per-
ciò utilizzati come telamoni nel teatro di Dioniso110, in entrambi i casi allusivi a processioni legate
ad antiche festività di Atene che celebrano la fecondità e la rinascita. Ma si hanno anche richiami al
mondo degli eroi omerici, se vengono dal cd. Canopo i due gruppi del Pasquino trovati a
Pantanello111, e soprattutto evocati dai due gruppi di Scilla, che emergevano dalle acque del cd.
Canopo, e dal gruppo di Ulisse e Polifemo se, come si è autorevolmente proposto112, ornava il gran-
de basamento a ponte sul retro della sala triclinare113. E’ stato rilevato come l’insistenza nella rievo-
cazione dell’episodio dell’accecamento di Polifemo nelle ville e residenze imperiali deve collocar-
si all’interno della predilezione per il ciclo di Ulisse, quale contesto mitico che prefigura la nascita
di Roma. E ai miti di fondazione di Roma doveva alludere la statua ritratto di Adriano giovane (n°
cat. 12), la cui testa è stata trovata al centro della curva N dell’Euripo, dove Adriano era forse rap-
presentato come novus Romulus, in quanto il ritratto è accostabile a quello dell’imperatore in veste
romulea su alcuni aurei adrianei, anche se insieme vi il messaggio dell’imperatore renatus dopo la
sua seconda iniziazione ai misteri eleusini del 128 d.C.. Che tali miti facessero parte dei program-
mi ideologici del suo periodo è mostrato da alcune note statue di Adriano (dal Pireo, dall’Istmo di
Corinto: v. sopra) sulla cui lorica è rappresentato il palladio sulla grotta con la lupa che allatta i
gemelli.
E’certamente da rifiutare, dunque, una lettura delle statue solo come copie di opere celebri
ammirate da Adriano, o un esame del programma decorativo del cd. Canopo che privilegia soltan-
to alcuni temi, quale il dionisiaco114 per il ritrovamento degli oscilla a forma di timpano con mena-
di e satiri e di un piccolo gruppo con satiro115 (Fig. 20), ma a cui abbiamo detto non necessariamen-
te appartengono i due sileni canefori che sono da reinterpretare alla luce dei miti ateniesi; quale
ancora il tema egiziano che è da riconsiderare del tutto, data ora l’attribuzione delle statue egittiz-
zanti del Vaticano all’Antinoeion da poco identificato, e non al cd. Serapeo116, e non essendo suffi-
ciente la presenza della statua del Nilo e del coccodrillo tra i ritrovamenti del cd. Canopo, in quan-
to possono ritenersi soprattutto un’allusione geografica all’Egitto. Anche il privilegiare da parte di
Adriano l’ispirazione agli ideali pacificatori di Augusto e al vagheggiato ritorno all’età dell’oro, che
si sarebbero espressi nelle modalità con cui alcune delle statue sarebbero mutate rispetto all’origi-
nale (v. il cd. Ares che si sarebbe trasformato in modo da esprimere un nuovo carattere pacificato-
re)117, non è sufficiente a spiegare la stratificazione di epoche e di messaggi e a restituire la com-
plessità del programma religioso e culturale alla base della scelta delle statue.
Dall’analisi stilistica delle statue del cd. Canopo è emerso un altro importante elemento, l’attività
cioè di un’unica grande officina imperiale impegnata a scolpire e a rifinire statue anche giunte sul
cantiere semilavorate o in diversi gradi di rifinitura da centri produttori specializzati in tali opere, in
primo luogo Atene, ma anche Afrodisia e Docimium, che hanno restituito una documentazione,
piuttosto vasta nel caso di Afrodisia, ma che comincia ad avere un certo rilievo anche nel secondo,
di officine specializzate in copie di età classica ed ellenistica e anche in trasformazioni rispetto agli
originali e in base alle esigenze della committenza.

Patrizio Pensabene

109
Varie testimonianze, come le stesse lastre Campana della lia che Eschilo nel Rhesus distingue due Pan, uno figlio di
Casa di Augusto o ad esempio un’ara marmorea trovata sulla Zeus e gemello di Arkas, l’altro figlio di Crono.
via Flaminia presso Roma, con grotta con Pan al centro e ninfe 111
RAEDER 1983, nn° I, 118, 124; ANDREAE 1983, 119-123.
con kalathiskos agli angoli collegano questo tipo di raffigura- 112
ANDREAE 2000, 77-80.
zioni di figure mitiche con le grotte ai piedi dell’Acropoli, e si 113
Cf. però MANDERSCHEID 2002, 89, che ipotizza che qui
può notare la relazione tra il Paneion, la grotta di Pan in col- apparisse l’imperatore.
legamento con le Aglauridi, e il Lupercal in collegamento con 114
SLAVAZZI 2000, 63.
i fauni rappresentati come sileni. 115
ADEMBRI 2000, 80-84.
110
Sull’associazione di due Papposileni e Pan in una cista: 116
MARI 2004, 263-314; REGGIANI 2006, 58.
BAGLIONE - GILOTTA - GALEOTTI 2007, 54; cf. RUCK - STAPLES 117
RAEDER 1983.
1994, 132; v. anche KERENYI 1951, 174, che nota dagli scho-

404
“CANOPO” DI VILLA ADRIANA. PROGRAMMI TEMATICI, MARMI E OFFICINE NELL’ARREDO STATUARIO. APPENDICE

APPENDICE
CATALOGO DELLE STATUE

DAL “CANOPO”
Il catalogo che segue dei rinvenimenti statuari del cd. Canopo non è completo, ma comprende
le sculture maggiormente trattate nel testo e di buona parte delle quali è stata accertata la prove-
nienza del marmo tramite analisi archeometriche. Con esso si vuole portare un contributo ad una
lettura anche delle particolarità tecniche di lavorazione e stilistiche delle statue attraverso un
nuovo esame diretto su di esse.

1. HERMES (Figg. 8b-9a, 9c)


Inv. 2257. Trovato nel lato N curvo dell’Euripo.
Mancano la testa e la mano destra. Il piede sinistro e la gamba destra sotto il ginocchio sono di
restauro, mentre il piede destro risulta composto da tre frammenti. Di restauro è inoltre
l’avambraccio sinistro, ma non il polso e la mano.
Alt. m 1,86, alt. plinto cm 10, lato mass. plinto ricostruito cm 75x41, lato del sostegno cm 91,
diam. sup. cm 16x14.
Marmo bianco a cristalli medio-piccoli; risultato analisi del campione (prelevato dal collo, sul
retro): docimeno.
Il plinto, rettangolare ma con i fianchi arcuati, è modanato con una tenia e una gola a cui dovreb-
be seguire uno zoccolo ora incassato nel cemento. La figura insiste sulla gamba destra, mentre la
sinistra è leggermente flessa e appena arretrata. Per conseguenza del movimento i fianchi hanno una
diversa ponderazione con quello sinistro più abbassato a cui corrisponde anche un maggiore abbas-
samento della natica sinistra; inoltre la spalla destra risulta appena più sollevata dell’altra. In base
all’andamento della frattura del collo e a tendini leggermente evidenziati la testa doveva essere volta
verso la sua destra. I pettorali sono resi con ampie superfici da cui sporge il capezzolo e sono ben
rilevati rispetto alla gabbia toracica nella quale sono appena evidenziate sotto la pelle le costole.
Abbastanza marcati il solco mediano verticale e i solchi laterali dei muscoli addominali. L’arcata
epigastrica sporge notevolmente rispetto alle cosce. In forte evidenza le vene sulle braccia, sui polsi
e sulle mani. Sulla schiena una solcatura molto profonda divide le scapole e scende in corrispon-
denza della spina dorsale. Si distingue chiaramente l’articolazione delle scapole rispetto ai muscoli
plasticamente evidenziati. I peli del pube sono pettinati in due file di ciocche: la prima costituita da
ciocchette a virgola rivolte a sinistra e a destra a partire dal centro, la seconda da riccioli da cui
emerge la terminazione a chiocciola che si sovrappone alle ciocchette della fila superiore; all’altez-
za del pene i riccioli sono pettinati all’indietro formando una corona solare.
Sul braccio destro vi sono due nodi intrecciati che stringono una sottile asta cilindrica che scen-
de quasi verticalmente di fianco al muscolo fino all’incavo del gomito dove si incrocia con un ele-
mento perpendicolare. Subito dopo, l’asta è fratturata, ma sul suo stesso allineamento, poco prima
del polso si trova l’attacco di un puntello che poteva indicare che l’asta raggiungeva il polso. Sul
fianco dell’avambraccio, poco dopo l’incavo, poggia un aletta con piume e penne articolate sul mar-
gine inferiore.
Il piede nudo superstite mostra un nastro legato intorno alla caviglia e sotto il tallone fermato con
un fiocco sulla parte iniziale del dorso del piede. Sia a sinistra che a destra della caviglia emergono
dal nastro, che dunque le stringeva, due linguette (che si scorgono anche alla fine dell’altra gamba)
fratturate sul lato.
Sia le linguette, che sono state interpretate come la base di alette, sia i nodi e l’oggetto collega-
ti al braccio destro, interpretati come resti di caduceo, hanno permesso di identificare la figura come
un Hermes.
Il tronco di appoggio, intagliato nello stesso blocco della statua, in cui sono restaurate alcune
parti, si presenta notevolmente sporgente e distinto con la corteccia della superficie che plastica-
mente mette in rilievo le nodosità del tronco stesso.
La figura, molto simile nella ponderazione, nella resa del corpo e nelle dimensioni all’ “Ares”,

405
PATRIZIO PENSABENE

con cui ha in comune lo stesso modello, variato per i diversi attributi, si basa su un’opera del tardo
periodo severo, anche se sono state riconosciute difficoltà ad identificare un prototipo determinato
e vi è una certa concordanza nel ritenere che questa statua, come la seguente, non sia una replica
fedele di un originale greco, ma rifletta trasformazioni di un tipo statuario degli inizi dell’età clas-
sica. Oltre al richiamo già presente nella storia degli studi ad un torso conservato nel Museo
Nazionale Romano (Moesch), si può citare la statua di un atleta rinvenuta nel Teatro di Afrodisia118.
BIBL.: AURIGEMMA 1955, 69-71; RAEDER 1983, 87, n° 84; MOESCH 2000, 220, con bibl. aggiornata.

2. “ARES” (Figg. 8a-9b)


Inv. 2262. Trovato nel lato N curvo dell’Euripo.
Mancante della gamba destra a partire dal ginocchio fino all’attacco della caviglia; privo anche
di buona parte dell’umbone dello scudo, di cui resta soprattutto il contorno (l’attuale parte sporgen-
te dell’umbone è di restauro). Di restauro la parte superiore del tronco di appoggio.
Alt. m 2,41.
Marmo bianco a cristalli medio-piccoli; macchie di calcite sulla natica sinistra; risultato analisi
del campione (prelevato dal retro della base): docimeno.
Il plinto di base, attualmente con un’altezza massima di cm 9,5 con lati lunghi di cm 84 e 87,
presenta i lati arcuati e risulta leggermente trapezoidale in quanto il fianco sinistro è di cm 58, men-
tre il destro di cm 44: è modanato con un listello e un cavetto.
La figura insiste sulla gamba destra, mentre la sinistra, leggermente flessa e divaricata, è porta-
ta avanti pochi cm rispetto al piede dell’altra. Ne risulta la ponderazione dei fianchi diversificata
perché quello sinistro è leggermente ribassato rispetto all’altro, di conseguenza anche la natica sini-
stra è più bassa dell’altra; le spalle risultano tuttavia quasi sulla stessa linea orizzontale.
La testa è in parte rivolta verso la sua destra e leggermente inclinata verso il basso in modo da
dirigere lo sguardo lungo una linea obliqua discendente, diretta probabilmente all’oggetto perduto
che teneva con la mano destra. Il volto, compatto, presenta lunghi occhi con palpebre a listello,
occhiaie segnate, arcate sopraccigliari ben arcuate, sottili e leggermente sporgenti che si uniscono
con la radice del setto nasale in una linea continua; la bocca è dischiusa, il mento è leggermente
sporgente rispetto all’allineamento della bocca.
Indossa un grande elmo corinzio con cimiero, dai cui occhi si intravvede la parte superiore della
testa con la superficie però liscia. Dei capelli emerge una frangetta dall’orlo dell’elmo sulla fron-
te, costituita da ciocchette arcuate o appena ondulate; anche sulla nuca spuntano dall’elmo cioc-
chette arcuate lavorate più sommariamente, come anche le ciocche più lunghe delle basette poco
rilevate plasticamente. Inoltre sulla nuca e sulle tempie fuoriescono da sotto l’elmo elementi di
cuoio o di stoffa arrotolati.
I muscoli pettorali sono ampi e distesi e sporgono rispetto alla gabbia toracica ben distinta con
il profilo marcato della linea alba. Ben evidenziati sono i muscoli addominali e l’arcata epigastrica
rispetto alle cosce. Va rilevata l’accentuazione della posizione eretta tramite la curva alla base della
schiena. Un ampia depressione segna la linea della spina dorsale che divide il dorso in due masse
muscolari dove emergono appena le scapole.
Le braccia muscolose, con le vene fortemente evidenziate fin sui polsi e la palma delle mani,
sono staccate dal corpo e leggermente flesse. La sinistra regge uno scudo circolare di cui stringe
l’orlo superiore; l’orlo inferiore poggia sul ramo del tronco di appoggio della statua, mentre il mani-
co dello scudo, a largo nastro arcuato, poggia sul tronco; un altro manico, sempre sul retro, aderi-
sce all’orlo dello scudo, a sinistra, sulla cui superficie è incernierato con due chiodi.
Il braccio destro doveva stringere l’impugnatura di un attributo perché le dita sono chiuse
lasciando però un incavo circolare vuoto nella mano. L’oggetto era posto obliquamente e poggia-
va sul pettorale sinistro, a giudicare dall’inclinazione della cavità: una conferma viene anche da un
attacco fratturato sull’attaccatura della mano, a sinistra del polso, che sosteneva la parte iniziale del-
l’attributo che in basso doveva terminare sul fianco della coscia destra sotto il gluteo dove vi sono

118
ERIM - SMITH 1991, 91, fig. 28.

406
“CANOPO” DI VILLA ADRIANA. PROGRAMMI TEMATICI, MARMI E OFFICINE NELL’ARREDO STATUARIO. APPENDICE

tracce dell’attacco irregolarmente trapezoidale di un elemento (alt. a sinistra cm 5,7; alt. a destra cm
4): sia questo attacco che quello del polso sono lungo un allineamento leggermente obliquo. I peli
del pube appaiono pettinati in due file: la prima con ciocchette, la seconda con riccioli con termi-
nazione a chiocciola.
Vanno ripetute le considerazione fatte per l’Hermes, molto simile nel corpo e nelle misure (v.
scheda precedente), con cui condivide l’ispirazione a modelli protoclassici della metà del V secolo
che hanno subito trasformazioni nella posizione delle braccia a causa di un altro tipo di testa e per
i diversi attributi. Tuttavia la statua ha suscitato maggiori discussioni sulla sua interpretazione, che
si sono originate dalla forma degli attributi conservati, quali l’elmo corinzio e lo scudo rotondo di
modeste dimensioni e posto frontalmente in evidenza, e da quello mancante che era sostenuto dalla
mano destra, su cui sono state fatte varie ipotesi in base agli attacchi conservati. Si è abbastanza con-
cordi nel ritenere che la sua posizione frontale è determinata dal mostrare gli attributi, con una solu-
zione formale che è da escludere per l’arte classica.
Se non sono mancate identificazioni con Ares, spiegando la forma e la posizione dello scudo
come richiamo al clipeus virtutis (Raeder, Bol) e identificando l’attributo della mano destra con un
ramo di quercia, in modo da riconoscere un Mars Pacifer noto da raffigurazioni monetali, un certo
peso ha anche la proposta di eroe greco, quale Teseo, la cui statua compariva nel donario dedicato
dagli Ateniesi a Delfi (Berger) e che avrebbe alluso anche a Cimone (Knauer), in tal caso l’attributo
della mano destra potrebbe essere una briglia da collegare all’episodio sulla vita di Cimone raccon-
tato da Plutarco (5, 2-3). La statua, comunque, sarebbe da vedere nell’ambito del rinnovato interes-
se per la storia greca promosso dagli oratori e sofisti del II sec. d.C.119.
BIBL.: AURIGEMMA 1955, 71-73; BERGER 1958, 6-32; RAEDER 1983, 87, n° 85; HAFNER 1984, 43-
47; PAVESE 1988, 24-31; KNAUER 1992, 383, fig. 9; MOESCH 2000, 220, con bibl. aggiornata.

3. AMAZZONE TIPO MATTEI (Figg. 10a-11a)


Inv. 2266. Trovata nella parte orientale del lato curvo N dell’Euripo, nel 1954.
Priva della testa e della mano sinistra; le due braccia sono state riattaccate e anche lo scudo
amazzonico risulta ricomposto da vari pezzi.
Alt. m 2,18, alt. plinto cm 11.
Marmo bianco a cristalli piccoli; risultato analisi del campione (prelevato dal piedistallo): doci-
meno.
Insiste sulla gamba destra, mentre la sinistra è flessa con il ginocchio portato in avanti e il piede
è leggermente arretrato. Conseguenza di tale movimento, il gluteo sinistro risulta più abbassato di
quello destro, e lo stesso la spalla sinistra anche perché il braccio corrispondente è disteso lungo il
fianco da cui però si discosta piegandosi leggermente. Il braccio destro è invece alzato e in parte
piegato in modo da sostenere l’estremità di un’arma, probabilmente un arco. Indossa un chitone
corto e discinto che lascia scoperto il seno sinistro ed è leggermente rimboccato in corrispondenza
della gamba sinistra nella cui parte superore vi è un taglio di una ferita da cui sgorga copioso il san-
gue rappresentato con pesanti gocce. Inoltre il chitone è stretto da una cintura in parte nascosta dal
risvolto che lascia scoperto il seno. La cintura, con al centro una borchia conica, probabilmente reg-
geva la faretra aperta, da cui spuntano le punte delle frecce, che l’amazzone porta sul fianco sinistro
e sulla quale si riversa un altro lembo del chitone. Infine sul retro della gamba destra si appoggia lo
scudo che, sempre sul retro, si unisce allo schematico tronco d’albero utilizzato come sostegno della
statua e che risulta intagliato insieme alla parte superiore della gamba destra.
Va rilevato che solo intorno alla caviglia sinistra vi è un bracciale, forse l’allacciatura di un sanda-
lo o di una staffa a nastro che aderisce alla parte inferiore del malleolo e al retro del piede dove spor-
ge un bottone per l’allacciatura: da questo nastro se ne diparte un altro che passa sotto il calcagno.
Il plinto è rettangolare ma con i lati corti arrotondati e piuttosto basso in altezza: è modanato con
una gola tra un sottile toro e un listello (alt cm 9, lato front. cm 73; largh. cm 88, prof. cm 45. largh.

119
Per alter ipotesi interpretative (efebo attico vincitore della
corsa armata nelle Panatenee) v. PAVESE 1988, 24-31 e bibl.
citata.

407
PATRIZIO PENSABENE

nastro cm 2/3). Sul piano superiore del plinto, in corrispondenza dello scudo, vi è l’attacco di un
elemento circolare con foro al centro che potrebbe costituire l’estremità dell’arco a cui si appog-
giava l’amazzone ferita: la ricostituzione di tale arma, già proposta dalla Landwehr spiega perché
l’appoggio sul plinto non è sullo steso allineamento verticale dell’arma retta sulla mano sinistra.
La scultura presenta un modellato plastico ma nello stesso tempo morbido nella resa delle parti
nude, come rivela il delicato emergere dello sterno sotto la pelle alla base del collo; inoltre risulta
abbastanza attenta ai particolari anatomici come visibile nel capezzolo rigonfio con la punta eretta.
Il chitone è a fitte pieghe leggermente mosse, contrastanti con le lisce superfici del corpo, tuttavia
nella resa delle pieghe sembrano evitarsi il marcato uso di scanalature con l’uso di trapano perché
anche nelle pieghe più profonde si controlla il rilievo evitando la creazione di linee di chiaroscuro
verticali e parallele. Leggermente meno accurato è il trattamento delle pieghe sul retro, soprattutto
in corrispondenza dei glutei di cui è rimarcata la solcatura angolare che li divide,
Èstato rilevato dalla Bol come rispetto all’eventuale statua originale sia avvenuta una certa tra-
sformazione visibile nella struttura più robusta del corpo e nella posizione più eretta che avrebbe
ridotto la necessità di un sostegno laterale per reggersi; in effetti il sostegno risulta abbastanza ridot-
to e relegato al retro della gamba destra con un tentativo di nasconderlo allo spettatore, ciò riscon-
trabile nel fatto che risulta molto semplificato e di diametro abbastanza limitato.
Il modellato ricorda abbastanza quello dell’Hermes con cui ha in comune anche la resa del
mignolo del piede che converge obliquamente verso le altre dita.
Nella storia degli studi si è ormai abbastanza concordi nel riconoscere nel tipo Mattei, in cui è
inquadrabile l’esemplare descritto una derivazione dall’originale di Fidia, soprattutto in base al con-
fronto con l’Atena Lemnia sebbene la possibilità di ricostruire un arco anziché un lancia riflette-
rebbe un variazione del copista.
Èstata fatta l’ipotesi, in base alla riproduzione di tipi amazzonici nel cosiddetto fregio piccolo
dell’altare all’interno del recinto dell’Ara Pacis, che le amazzoni siano da interpretare come perso-
nificazioni allegoriche di province vinte, o ancora come personificanti la Virtus guerresca120; tutta-
via la posizione delle amazzoni del cd. Canopo all’interno di un percorso di immagini di cui fanno
parte anche l’Hermes e l“Ares”, soprattutto se questo è riconoscibile come Teseo, fanno propende-
re per una rievocazione dell’episodio mitico, riportato da Pausania (VII, 2-7) del combattimento
degli eroi greci (Ercole e Teseo) contro le Amazzoni ai piedi dell’Acropoli. Con le due statue
maschili, l’amazzone, come quella che segue del tipo Sciarra, formano stilisticamente un gruppo
omogeneo (anche per il tipo di plinti modanati) e si può ritenere che siamo di fronte a sculture di
un unica officina.
BIBL.: AURIGEMMA 1955, 67-69; RAEDER 1983, 92, n° I, 90; LANDWEHR 1985, 65; BOL 1998, 40-
41, 179-180, n° I, 10; BOL 1988, 62-63, 210-211, n° III, 7; FLOREN 1992, 121-127; MOESCH 2000,
222.

4. AMAZZONE TIPO SCIARRA (Figg. 10b-11b)


Inv. 2255. Trovata nella parte orientale del lato curvo N dell’Euripo, nel 1954.
Priva del braccio destro alzato e dell’avambraccio sinistro ripiegato; della gamba destra com-
presa la coscia e la parte inferiore del chitone e della gamba sinistra a partire da poco sopra il ginoc-
chio, e ad eccezione del piede che invece si conserva. Mancante anche il sostegno che risulta di
restauro mentre della faretra contigua si conserva soltanto un tratto centrale e il resto è di restauro.
Alt. mass. m 1,66, alt. plinto cm 9, alt. torso cm 101.
Marmo bianco a cristalli medio-piccoli; risultato analisi del campione (prelevato dalla frattura
del collo): docimeno.
Insisteva sulla gamba destra mentre la sinistra divaricata è leggermente flessa e portata indietro.
Il braccio destro era sollevato in alto a reggere un arma, forse un giavellotto mentre la sinistra è leg-
germente piegata in avanti discostandosi dal torace. Indossa il consueto chitone amazzonico che
lascia scoperto il seno sinistro e parte di quello destro. La veste inoltre forma un apoptigma tenuto

120
Più ampiamente in RAEDER 1983, 302-313.

408
“CANOPO” DI VILLA ADRIANA. PROGRAMMI TEMATICI, MARMI E OFFICINE NELL’ARREDO STATUARIO. APPENDICE

stretto da una cintura di cui è visibile la fibbia a punta di lancia che la tiene ferma. La cintura è inol-
tre coperta sul fianco sinistro dal risvolto del chitone che scende anche su parte dell’apoptigma.
Sul retro la divisione tra i glutei è nascosta da pieghe verticali a rilievo mentre la stoffa si assot-
tiglia in corrispondenza dei lati dei glutei.
Come l’amazzone Mattei, anche questa possiede una cavigliera resa con nastri di pelle.
Le pieghe del chitone sono fitte e mosse, si addensano sull’apoptigma e al centro dell’addome
tra le cosce, mentre si assottigliano, rese con leggeri solchi, sulle cosce dove lasciano intravedere le
forme. Sotto l’ascella al lato del seno destro vi è il dettaglio della ferita da cui sgorgano gocce di
sangue rese plasticamente. Il plinto (alt. cm 7; lato front. ricostr. cm 74) come nelle altre statue è
rettangolare, modanato con gola tra toro e listello e arcuato sui fianchi. Sul bordo del fianco destro
vi è l’attacco del giavellotto, che forse era trattenuto dal braccio sinistro. E’ ricostruito il sostegno
sinistro a cui si sarebbe appoggiato lo scudo amazzonico e a cui si è anche addossata la faretra.
Per quanto la resa plastica possa ricordare l’amazzone Mattei, tuttavia la sua lavorazione appa-
re meno approfondita come rivela la mancata visibilità dello sterno sotto la pelle e il seno meno
rotondo e senza il particolare del piccolo capezzolo rigonfio. Nella storia degli studi (Floren) vi è
una certa concordanza nel ritenere che l’originale ripreso dalla statua sia da individuare
nell’Amazzone di Kresilas, chiamata Sciarra dalla collezione in cui si trova, a cui si adatta
l’aggettivo di volnerata con cui la menziona Plinio (NH 34, 75), ma non mancano altre opinioni tra
cui quella che preferisce Policleto come autore dell’originale (Bol).
Anche per questa statua la Bol ha sottolineato alcune varianti rispetto al modello originario
soprattutto nel corpo preso frontalmente che si sostiene da solo, rendendo accessorio il sostegno che
forse, come nella copia Mattei, era limitato ad uno schematico tronco senza nodi sporgenti nasco-
sto dalla gamba sinistra; inoltre può riportarsi ai copisti romani il modo con cui è resa la ferita san-
guinante, che nella realtà somatica avrebbe causato un riflesso di contrazione e che pare ispirata
invece all’Amazzone di Sosikles che sicuramente, per come la descrive Plinio, aveva una ferita sotto
il seno destro.
BIBL.: AURIGEMMA 1955, 67-69; RAEDER 1983, 86, n° I, 83; LANDWEHR 1985, 61; BOL 1998, 40-
41, 179-180, n° I, 10; FLOREN 1992, 125-126; MOESCH 2000, 222; LEÒN 2008, 249-251.

5. CARIATIDE (Figg. 2a, 3a, 3c)


Inv. 2235. rinvenuta verso la metà occidentale dell’Euripo nel 1952.
Priva di parte del naso, delle dita della mano destra con il lembo del mantello, della phiale e di
alcuni piccoli tratti del panneggio.
Alt. m 2,35, alt. senza plinto m 228, alt. senza capitello e plinto m 2,05.
Marmo bianco a cristalli piccoli; risultato analisi del campione (prelevato dalla base): pentelico.
Questa e la scultura seguente presentano lo stesso marmo bianco con cristalli medio piccoli, solo
apparentemente senza venature cloritiche, perché tracce di queste sono presenti sul seno sinistro e
sulla spalla e il braccio destro: anche questi dati confermerebbero i dati analitici della provenienza
dalle cave di pentelico.
Capitello dorico. Marmo bianco a grana piccola. Alt. cm 25, lato abaco cm 50. Presenta l’abaco
con i bordi leggermente ribassati, modanato da un leggero cavetto coronato da un listello e da un
ovolo; il piano di attesa ha due cavità quadrangolari collegate con una canaletta che arriva fino a
margine dell’abaco, la seconda con una canaletta di scarsa lunghezza. Tra le due vi è una cavità cir-
colare con tracce di un perno moderno.
La figura è stante sulla gamba sinistra, mentre la destra è leggermente divaricata e portata in
avanti. Il peplo che indossa, con kolpos e apoptigma, le lascia libere le braccia con armille sopra i
polsi, che reggono rispettivamente una phiale e un lembo del mantello, mentre la parte superiore
aderisce al seno lasciando visibile la sporgenza del capezzolo e si addensa in pieghe più profonde e
plastiche nello scollo a V tra i seni e sui fianchi sotto il risvolto. Nella parte inferiore del corpo, la
gamba sinistra si distingue sotto la stoffa del peplo resa molto sottile mentre quella destra è del tutto
nascosta dalle pesanti pieghe verticali e chiaroscurate che proseguono con andamento a pilastro in
modo da costituire il sostegno della statua.
Il volto, compatto, del tutto frontale, presenta l’ovale nitido, con occhi a palpebre arcuate a listel-

409
PATRIZIO PENSABENE

lo -quella inferiore distinta dall’occhiaia-, la bocca dischiusa, il naso dritto.


I capelli sono divisi al centro in due bande articolate in ciocche ondulate, da cui scendono ai lati
del volto tre lunghe ciocche calamistrate terminanti due sulle spalle e una sui seni; sulla nuca, inve-
ce, da trecce che cingono la parte posteriore del capo, si origina una lunga matassa scriminata al cen-
tro che scende sulla schiena dando luogo a quattro lunghe ciocche ondulate.
Il retro è lavorato più superficialmente, con le pieghe arcuate del mantello rese in modo più mec-
canico.
Se questa statua può dirsi quasi uguale alla seguente, vanno tuttavia osservate differenze nel
trattamento del retro e in diversi dettagli: infatti presenta il retro meglio rifinito con le ciocche della
massa di capelli della lunga treccia maggiormente distinte; inoltre le pieghe dell’himation scendo-
no maggiormente rispetto al fianco dove la piega di sinistra presenta un puntello.
Questa Cariatide e le tre seguenti formano due coppie che replicano le due cariatidi al centro
della loggia dell’Eretteo, ricondotte ad Alkamenes: in particolare le prime due (nn° cat. 5-6) repli-
cano il tipo D, le altre due (nn° cat.7-8) il tipo C ed erano disposte sull’Euripo secondo lo schema
C-D-D-C. Sono tra le poche copie romane di cui esistono gli originali, e anzi hanno permesso di
completare le parti mancanti -v. la phiale nella mano destra-, consentendo di riconoscere nelle
Cariatidi dell’Eretto l’attitudine di preparazione ad una offerta rituale e di riproporne
un’identificazione con figure come le arrephoroi, le aglauridi, in procinto di libagioni in onore di
Athena Polias. Ma il confronto con gli originali ha anche messo in rilievo la struttura statica, la resa
fredda e accademica, la semplificazione delle pieghe rese con il trapano e le trasformazione di det-
tagli (v. le palpebre a pesante listello, il dorso spigoloso del naso e l’uso del trapano nei capelli),
imputabili anche (Moesh) alle modalità delle copie con calchi o modelli ottenuti con punti di ripor-
to e non tramite i più esatti calchi che derivano invece dalle matrici di statue di bronzo121.
BIBL: AURIGEMMA 1954, 336-337; SCHMIDT-COLINET 1977, 93-94, 117-121, n° W17; RAEDER
1983, 83-84, 213-220, nn° I, 76-79; MOESCH 2000 con bibl.

6. CARIATIDE (Figg. 2b, 3b, 3d)


Inv. 2238. rinvenuta verso la metà occidentale dell’Euripo nel 1952.
Scheggiati la parte iniziale della scriminatura dei capelli, il naso, la mano sinistra con parte del
lembo del mantello e alcuni tratti del panneggio.
Alt. m 2,38, alt. senza plinto m 2,32, alt. senza capitello e plinto m 2,06. Si conserva anche il
piedistallo alto m 1,15, ora sostenente la terza copia in cemento sull’Euripo.
Marmo bianco a cristalli piccoli; risultato analisi del campione (prelevato dalla base): pentelico.
Il panneggio tenuto sollevato dalla mano sinistra sembrerebbe presentare un tipo di erosione a stria-
ture parallele e verticali.
Capitello dorico. Marmo bianco a grana piccola: alt. cm 25, lato abaco cm 50. Presenta sul piano
di attesa dell’abaco, dai bordi leggermente ribassati, due cavità collegate a canalette di cui una uti-
lizzata; sembra inoltre di scorgere una V incisa sul piano d’attesa.
Quasi uguale alla precedente, con cui ha in comune anche la gamba sinistra stante, anche se pre-
senta piccole differenze: ad esempio sul fronte sembra più plastica e morbida con maggiore accu-
ratezza nella resa delle pieghe; inoltre l’armilla sul braccio mostra una terminazione bifida arroton-
data, invece con un’unica spirale nella n° cat. 5. Inoltre la disposizione delle pieghe che nascondo-
no la gamba sinistra differisce ugualmente in quanto sono più ravvicinate quelle centrali nella n°
cat. 6 rispetto a quelle della n° cat. 5, leggermente più distanziate.
I capitelli presentano le stesse caratteristiche formali, anche nei particolari.
BIBL: AURIGEMMA 1954, 336-337; SCHMIDT-COLINET 1977, 93-94, 117-121, n° W17; RAEDER
1983, 83-84, 213-220, nn° I, 76-79; MOESCH 2000, 225-227, con bibl. completa.

121
Cf. RAEDER 1983, MOESCH 2000, 326, sull’inevitabile
“modernizzazione” del modello dovuto al procedimento di
copia, che corrisponde al concetto d’interpretatio della retorica.

410
“CANOPO” DI VILLA ADRIANA. PROGRAMMI TEMATICI, MARMI E OFFICINE NELL’ARREDO STATUARIO. APPENDICE

7. CARIATIDE (Figg. 4a, 5a, 5c)


Inv. 2236. Rinvenuta verso la metà occidentale dell’Euripo nel 1952.
Priva della mano destra e delle dita della mano sinistra. La testa risulta tagliata superiormente
con al centro un foro cilindrico per il perno del capitello mancante.
Alt. senza capitello con il plinto compreso m 2,14, alt. senza plinto m 2,07. alt. plinto cm 8.
Marmo bianco a cristalli medio piccoli. Il marmo di questa e della cariatide successiva, pur
essendo senza difetti, rivela in alcuni punti tracce di venature cloritiche che sembrerebbero conva-
lidare l’interpretazione del marmo come pentelico.
Insiste sulla gamba destra, mentre la sinistra è leggermente divaricata e portata in avanti. Indossa
un peplo con kolpos e apoptigma in modo da lasciare libere le braccia, mentre la parte superiore del
peplo aderisce al seno, lasciando visibile la sporgenza del capezzolo, e si addensa in pieghe più
profonde nello scollo a V tra i seni e sui fianchi sotto il risvolto. Nella parte inferiore del corpo la
gamba sinistra si distingue sotto la stoffa del peplo resa molto sottile, mentre quella destra è del tutto
nascosta dalle pesanti pieghe verticali e chiaroscurate che proseguono con andamento a pilastro in
modo da costituire il sostegno della statua. Le braccia distese lungo il corpo e appena distaccate pre-
sentano armille serpentiformi intorno al braccio (il polso sinistro è unito da un puntello al panneg-
gio del peplo). Il braccio destro doveva reggere una phiale, poiché sul fianco destro, tra le pieghe
del peplo ne sporgono gli attacchi. Sul retro l’himation presenta pieghe arcuate al centro e verticali
ai lati che si dispongono su una superficie abbastanza piatta.
Il volto è molto compatto con mandibola quasi quadrata più che ovale perché evidentemente la
statua non era concepita per essere vista frontalmente ma di tre quarti, come conferma una leggera
torsione della testa verso la sua sinistra. Gli occhi sono a palpebra arcuata, la bocca dischiusa, il naso
dritto.
I capelli sono divisi al centro in due bande ondulate da cui si originano ai lati del volto due cioc-
che calamistrate (e non tre come nelle cariatidi precedenti); sulla nuca, dietro trecce che cingono la
parte posteriore del capo, nasce una lunga matassa scriminata al centro che scende sulla schiena e
dalla quale si formano lunghe ciocche ondulate.
I piedi fuoriescono dal peplo e calzano sandali dalla stoffa piuttosto spessa. Il plinto è quadran-
golare leggermente trapezoidale.
La statua, come la seguente, costituisce la replica del Tipo C delle cariatidi dell’Eretteo
(Boatwright).
Questa cariatide e quella vicina, conservate ora nel piano inferiore del museo, si presentano
diverse dalle altre, nn° cat. 5-6, nella pettinatura e nella distribuzione del panneggio. Inoltre sul
retro sono appiattite ma con le pieghe abbastanza evidenziate.
Meno rigide le matasse mediane sulla schiena e pettinate con ciocche ondulate anziché con rigi-
da spina di pesce presente sui nn° cat. 5-6. Sopra l’attacco della matassa vi sono due trecce acco-
state a spina di pesce che confluiscono sotto le ciocche ondulate che incorniciano il volto. Le trec-
ce sulle spalle sono soltanto due per lato rispetto alle tre per lato dei nn° cat. 5-6.
Le armille intorno ai polsi sono con nastro a nervatura e terminano a testa di serpente.
Sia questa che la seguente portano la gamba sinistra in avanti che crea un rigido addensarsi delle
pieghe parallele e arrotondate in modo da nascondere del tutto la gamba destra. Diversamente arti-
colate sono anche le dita dei piedi con le unghie meno accentuate rispetto ai nn° cat. 5-6.
Sul piano di attesa vi è un foro.
BIBL.: AURIGEMMA 1954, 336-337; SCHMIDT-COLINET 1977, 93-94, 117-121, n° W17; RAEDER
1983, 83-84, 213-220, nn° I, 76-79; MOESCH 2000, 225-227, con bibl. completa.

8. CARIATIDE (Figg. 4b, 5b)


Inv. 2239. Rinvenuta verso la metà occidentale dell’Euripo nel 1952.
Priva delle dita delle mani e di tratti del panneggio.
Alt. compreso il plinto m 2,17, alt. senza il plinto m 2,08, alt. plinto cm 9.
Marmo bianco a cristalli medio piccoli.
La figura insiste sulla gamba destra, mentre la sinistra, divaricata e leggermente flessa, è porta-
ta in avanti; veste un peplo con kolpos e apoptigma più sottile in corrispondenza dei seni, dell’ad-
dome e della gamba sinistra che mostrano l’anatomia, ma disposto in pesanti pieghe lungo il fian-

411
PATRIZIO PENSABENE

co sinistro che assume funzione di pilastro. Va rilevata la profondità, tra i cm 4 e gli 8 di alcune sca-
nalature, che articolano le pieghe tra le gambe.
La testa presenta una pettinatura divisa in due bande a ciocche ondulate che sopra la fronte, in
corrispondenza della scriminatura centrale, mostra come l’inizio di una treccia suddivisa in due da
cui forse si origina l’altra treccia orizzontale visibile sul retro da cui si genera la matassa che scen-
de sulle spalle.
Come nella Cariatide precedente sono visibili in corrispondenza della coscia destra due elemen-
ti sporgenti dal peplo che dovevano sorreggere un attributo, probabilmente la phiale.
I piedi, fuoriuscenti dal peplo, presentano sandali in stoffa pesante. Il plinto su cui poggiano è
leggermente trapezoidale e non è modanato.
Anche questa scultura è caratterizzata da un freddo classicismo e da una resa piuttosto accade-
mica.
Il fatto che le due statue abbiano entrambe la gamba destra stante dovrebbe far ipotizzare la loro
contrapposizione simmetrica con le prime due cariatidi (nn° cat. 5-6) stanti invece sulla sinistra.
BIBL: AURIGEMMA 1954, 336,337; SCHMIDT-COLINET 1977, 93-94, 117-121, n° W17; RAEDER
1983, 83-84, 213-220, nn° I, 76-79; MOESCH 2000, 225-227, con bibl.

9. SILENO CON CANESTRO (Figg. 6a, 7a, 7c)


Inv. 2249 A. Rinvenuta nel 1952 all’interno dell’Euripo, vicino alle cariatidi.
Privo delle braccia, eccetto l’attaccatura alle spalle e la mano sinistra e della parte destra del
kalathos; corrosioni sulla superficie. Di restauro la gamba destra dal ginocchio al tallone, eccetto
l’avampiede.
Alt. compreso il plinto m 2,79.
Marmo bianco a cristalli piccoli; risultato analisi del campione (prelevato dalla spalla destra
retro): pentelico. Questa e la scultura seguente, sempre in pentelico, presentano difetti nella tessitu-
ra del marmo, confinati però nel retro come mostrano le vene cloritiche verdastre sul rotolo e sui
glutei del sileno che volge la testa alla sua sinistra. L’altra presenta tali difetti sulla schiena.
Il canestro è alto cm 39, diametro sup. cm 48, diam. inf. cm 29. Il piano di attesa presenta un
foro con canaletta e tracce di un altro simile.
Il corpo, massiccio, insiste sulla gamba sinistra, mentre la desta, leggermente divaricata, è por-
tata davanti. Il torace è nudo e grassoccio con addome e pancia prominenti su cui si distingue un
ombelico circolare e rientrante.
La testa, leggermente girata verso la sua sinistra, è calva e con le orecchie ferine appuntite in
alto, il volto massiccio, con fronte corrugata, naso largo e schiacciato, labbra carnose e appena
dischiuse, baffi spioventi e folta barba fluente con ciocche ondulate e parallele sul petto, questo con
al centro un ciuffo di peli a raggiera resi a basso rilievo. Determina una leggera asimmetria nei
muscoli pettorali la posizione innalzata delle braccia per reggere il canestro di vimini da cui fuorie-
scono grappoli d’uva e melograni.
Indossa soltanto una sorta di himation ridotto a panno che si avvolge intorno ai fianchi, è anno-
dato sotto il ventre e scende fino alle ginocchia lasciate libere. Sui polpacci, sporgono ciuffi di pelo.
La figura, piuttosto rigida nella posizione, è sostenuta sul retro anche da un tronco che poggia
sullo stesso plinto trapezoidale e privo di modanature su cui stanno i piedi. Va sottolineata la posi-
zione di questo tronco, in quanto è posto al centro tra le due gambe ed ha il diametro inferiore di cm
34; nell’altro sileno, con la testa rivolta alla sua destra (v. scheda seguente), il tronco e più spostato
verso la gamba stante destra ed ha il diametro inferiore di cm 30.
Questa e la scultura seguente erano poste ai lati del gruppo delle quattro korai, in quanto, pur
avendo la stessa iconografia e uguali forme, erano contrapposte specularmente data la ponderazio-
ne e la leggera torsione delle teste rispettivamente verso sinistra e destra. Presentano solo differen-
ze nei dettagli, come in questo sileno la resa più accurata dei peli intorno ai capezzoli, ma nel com-
plesso le due sculture appaiono della stessa mano con la comune caratteristica di una lavorazione
meno raffinata sul retro.
Ispirate ad un modello del periodo ellenistico, si ritiene ora improbabile la derivazione da un tipo
di sileno primo ellenistico, alessandrino, considerandolo invece replica del classicismo adrianeo su

412
“CANOPO” DI VILLA ADRIANA. PROGRAMMI TEMATICI, MARMI E OFFICINE NELL’ARREDO STATUARIO. APPENDICE

modelli tardo ellenistici, come indicherebbe il gusto per il virtuosismo veristico (Schmidt-Colinet).
Se sono forse da ricollegarsi, per le loro caratteristiche, all’ambiente della seconda sofistica, in
quanto l’indulgenza per gli aspetti mostruosi dell’esistenza sono frutto di una raffinata produzione
intellettualistica, tuttavia è evidente l’affinità con i papposileni del Teatro di Dioniso alle pendici
dell’Acropoli (Schmidt-Colinet) e il loro collegamento di nuovo ai miti che fanno capo all’Acropoli,
alle cui pendici vi era la grotta di Pan (di cui era figlio Sileno) e ai rituali e processioni connesse ai
misteri dionisiaci ed ad altri culti, come si è visto per le cariatidi.
BIBL.; AURIGEMMA 1954, 332, 333, 338; SCHMIDT-COLINET 1977, 65-66, 77-78, 93-94, 117-121,
n° M86; RAEDER 1983, 85, 311-313, n° I, 81; MOESCH 2000, 227-229, con bibl.

10. SILENO (Figg. 6b, 7b)


Inv. 2249 B. Rinvenuta nel 1952 all’interno dell’Euripo, vicino alle cariatidi
Privo del canestro, della parte superiore della testa, delle braccia e del nodo della veste sotto il
ventre; corrosioni sulla superficie.
Alt. compreso il plinto m 2,79, alt. plinto cm 14.
Marmo bianco a cristalli piccoli; risultato analisi del campione (prelevato dalla spalla destra
retro): pentelico.
Al contrario del sileno precedente, peraltro uguale nelle forme, insiste sulla gamba destra, men-
tre è la sinistra ad essere portata davanti; la testa inoltre si volge leggermente alla sua sinistra e non
alla destra come l’altro. Si riconosce la funzione di statua contrapposta simmetricamente all’altra e
la probabile posizione alle due estremità della fila delle cariatidi.
BIBL.: AURIGEMMA 1954, 332-333, 338; SCHMIDT-COLINET 1977, 65-66, 77-78, 93-94, 117-121
n° M86; RAEDER 1983, 85, 311-313, n° I, 82; MOESCH 2000, 227-229, con bibl.

11. RITRATTO DI IMPERATORE GIULIO-CLAUDIO (Figg. 14a-b)


Rinvenuto presso il lato curvo N dell’Euripo.
Privo del naso, di parte delle fronte e di parte della calotta cranica.
Alt. cm 37, alt. tra vertice e mento 33,5; diam. collo cm 18.
Marmo bianco a cristalli piccoli
La testa è del tutto frontale con volto allungato dal mento squadrato e mandibola evidenziata. Gli
occhi sono molto grandi, con il globo delimitato da una sottile incisione arcuata che lo distingue dal
dotto lacrimale; le palpebre sono pesanti, a listello, quelle inferiori meno rilevate e fuse con
l’occhiaia. Sotto le sopraciglia, leggermente prominenti e aggrottate, la pelle s’incurva leggermen-
te in modo da evidenziarsi plasticamente rispetto alla palpebra superiore.
La bocca presenta labbra carnose con quella inferiore maggiormente sporgente; due sottili fori
di trapano sottolineano gli angoli.
I capelli sono trattati a corte ciocche ondulate sovrapposte in più file anche sulla fronte, ma senza
creare masse eccessivamente sporgenti. Rilevate, le basette presentano uguale trattamento a picco-
le ciocche ondulate. Sul retro è minore la rifinitura dei capelli.
Va rilevata la struttura compatta e la resa fredda e accademica.
Il ritratto, che doveva appartenere ad una statua più grande del vero, è stata considerata una con-
ferma di un intento ideologico dinastico, perché vi si sarebbe riconosciuta una copia adrianea basa-
ta su di un ritratto primo augusteo forse da un ciclo della famiglia giulio-claudia, come rivelerebbe
la pettinatura, forse Marcello o comunque un giovane erede imperiale di Augusto, forse tra quelli
morti prematuramente e pertanto divinizzati. Vi è anche l’ipotesi di un ritratto di ricostruzione di
Cesare122, richiamando la provenienza da Villa Adriana di un ritratto identificato come Pompeo, che
indicherebbe la presenza di una galleria di summi viri probabilmente ripresa dal Foro di Augusto
che, dunque, non servì d’ispirazione solo per le Cariatidi.
BIBL.: MASSNER 1982, 43; RAEDER 1983, 89, 92; ADEMBRI 2009a, 85-86; LEÒN - NOGALES
BASARRATE 2010, 94-95.

122
ADEMBRI 2009a, 85, e bibl. citata.

413
PATRIZIO PENSABENE

12. ADRIANO GIOVANE (Fig. 12)


Inv. 2260. Dal cd. Canopo, proviene dal canale di adduzione al centro del lato curvo settentrio-
nale dell’Euripo.
Resta la testa e il collo.
Alt. mass. cm 30, alt. testa dal capo al mento cm 25.
Marmo bianco a cristalli piccoli
La testa presenta una decisa torsione verso la sua sinistra che si riflette nei tendini sporgenti del
collo sul lato sinistro e nella piegatura della pelle nel lato destro. Il volto, inclinato rispetto al collo,
è caratterizzato da occhi infossati abbastanza piccoli con palpebra superiore a listello e con palpe-
bra inferiore fusa con occhiaia e dotti lacrimali resi con sottili fori di trapano. Gli zigomi appaiono
leggermente evidenziati rispetto alle gote. Il naso è visibilmente arcuato con narici asimmetriche.
La bocca è piccola, semiaperta, con labbra poco rilevate. I capelli sono disposti in una massa com-
patta a fitti riccioli sottolineati da fori di trapano non eccessivamente profondi. Folte basette si uni-
scono alla barba che cresce solo ai lati del volto e sotto il mento lasciando libere le gote e la punta
del mento: non risulta dunque unita ai baffi che sporgono appena sopra gli angoli della bocca.
Il retro della testa, pur presentando la stessa acconciatura a riccioli è meno rifinita con minori
tracce di trapano.
Costituisce uno dei pochi ritratti di Adriano giovane, noto anche dal dritto di alcuni aurei dove
sul retro ricompare come nuovo Romolo: esso è rappresentato come un giovane dai capelli corti e
ricciuti e con un accenno di baffi e barba leggera che lascia libero il mento; data la torsione del collo
verso la spalla sinistra su cui si scorge la clamide e la capigliatura ricciuta il corpo doveva essere
rappresentato secondo il tipo del Diomede, frequente per le statue imperiali, non ultimo di Adriano,
in quanto l’eroe fu il conservatore del palladio su cui poggia la potenza romana e simboleggia la
casa imperiale il cui dominio è garantito dal suo possesso. La testa ritratto del cd. Canopo è l’unica
replica sicura di questo tipo: nell’impianto del volto, nella forma degli occhi e della bocca è da con-
frontare strettamente con lo stile delle cariatidi. Il fatto che sia abbastanza sicuramente databile in
età adrianea (si è esclusa dunque l’iniziale identificazione con Elio Vero), non solo per i riscontri
monetali, ma anche perché la capigliatura appare non del tutto trapanata come nei successivi ritrat-
ti di Antonino e di età antonina, può costituire la chiave di volta per comprendere le ragioni delle
scelte operate nell’arredo scultoreo dell’Euripo: infatti il contrasto tra l’aspetto giovanile del ritrat-
to e la datazione degli aurei che presuppone un Adriano maturo può forse risolversi se si osserva
che l’anno di emissione degli aurei, il 128 d.C., coincide con la seconda iniziazione di Adriano ai
Misteri eleusini, per cui si è voluto attribuire l’aspetto giovanile alla conseguente rinascita e recu-
perata giovinezza dell’imperatore (in alcuni cistofori monetali adrianei, coniati dopo il 128, com-
pare il termine ren(atus)) che sciolto dai vincoli del tempo è raffigurato come giovane eroe.
BIBL.: HANNESTAD 1974, 95-96; RAEDER 1983, 89-92, n° 88; Per una storia degli studi con varie
interpretazioni (novus Romulus, iniziazione misteri eleusini, ecc.): CORAGGIO 2000, 240-241;
SCHRÖDER 1995, 292-297; OPPER 2008, 57-60, figg. 43-44.

13. TESTA DI DIONISO


Inv. 2221. Trovata lungo l’angolo SE dell’Euripo.
Alt. cm 25,5 diam. collo cm 15.
Marmo bianco cristalli medio-piccoli definito pario.
Su un alto collo, la testa inclinata verso destra presenta un ovale delicatamente contornato, con
grandi occhi dalla palpebra superiore a listello e l’inferiore fusa all’occhiaia. Il naso è dritto e la
bocca semiaperta con piccoli fori di trapano ai lati.
I capelli si dispongono in due bande che incorniciano il volto e formano sulla nuca una crocchia,
mentre un cercine distingue le due bande dalla capigliatura a ciocche ondulate e regge sopra la fron-
te un unico corimbo sporgente a piccoli viticci circolari serrati. Va rilevata la morbida plasticità sen-
sibile ai passaggi di luce che tuttavia non nasconde l’impostazione accademica della scultura.
Una replica è stata rinvenuta nel recinto della Villa di Massenzio, ricondotta ad un tipo di IV
sec.a.C. abbastanza semplificato dalla lavorazione adrianea
BIBL.: AURIGEMMA 1956, 62, fig.12; RAEDER 1983, 82-83, n° I, 73; DEMMA 2009, 79.

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“CANOPO” DI VILLA ADRIANA. PROGRAMMI TEMATICI, MARMI E OFFICINE NELL’ARREDO STATUARIO. APPENDICE

14. NILO (Fig. 16)


Inv. 2259. Trovato nel lato N esedra dell’Euripo, all’interno del condotto per il deflusso delle
acque.
Di restauro la parte inferiore del corpo comprese la gamba sinistra, la destra fino al ginocchio,
la base della cornucopia e la parte del plinto su cui il corpo poggia.
Alt. con base cm 72, lungh. m 1,74;
Marmo a cristalli medio-grandi: risultato analisi del campione (prelevato dalla base sul retro):
pario (Stephani).
Presenta una base rettangolare con il lato destro arrotondato e il sinistro sfrangiato: la sua super-
ficie, in corrispondenza della sfinge, è percorsa da ondulazione a rilievo che potrebbero indicare
l’acqua del Nilo; sul resto della base invece la superficie è trattata a colpi di subbia ed è più irrego-
lare a indicare la sponda del fiume. Inoltre la presenza di un condotto d’acqua nella parte supersti-
te del plinto indica l’uso della statua come fontana.
Il dio è semisdraiato e poggia il gomito destro sulla schiena della sfinge posta al suo fianco. È
nudo con il corpo reso fluidamente e i muscoli non troppo accentuati. Il mantello si avvolge sul suo
avambraccio sinistro, copre parte della schiena della sfinge per correre lungo il retro del dio di cui
copre i glutei fino ad arrotolarsi intorno alla coscia destra.
La testa è rivolta verso la sua sinistra e guarda in basso: presenta grandi occhi dalle palpebre a
listello, bocca carnosa semichiusa e lunga barba a ciuffi verticali e paralleli incisi poco profonda-
mente con il trapano.
Della capigliatura a lunghe ciocche che scendeva sulle spalle restano soltanto le ciocche laterali
in quanto la parte superiore della testa, insieme alla corona, era lavorata a parte ed è ora mancante:
la superficie superiore attuale mostra una cavità circolare per perno dal diametro di cm 2,6, prof. cm
9 e tutto intorno colpi di scalpello per favorire l’adesione del pezzo aggiunto. Dalla corona che ori-
ginariamente cingeva la testa si conserva dunque solo la parte inferiore con il fiocco che univa i due
estremi sotto il quale emergono ciocche ondulate semirifinite che coprono la parte iniziale della
schiena. Il resto della nuca al di sopra del fiocco appare liscio.
L’avambraccio sinistro scende fino alla base dove stringe l’impugnatura della cornucopia, dalla
quale fuoriescono pigne, melograni, spighe e grappoli d’uva; il manico della cornucopia è decorato
con cespi di acanto che lo avvolgono da cui si originano spirali: tutto in basso rilievo.
La sfinge presenta grandi zampe, sproporzionate rispetto al corpo sottile con le ossa della gab-
bia toracica evidenziate. Ai lati della testa scendono i consueti nastri ondulati.
In origine il dio fluviale doveva essere disposto di fronte al Tevere (v. scheda successiva) ai lati
del canale di scolo dell’Euripo e in posizione speculare, entrambi con l’attributo tradizionale, la cor-
nucopia, che simboleggia la fertilità da essi apportata.
Sia la statua del Nilo, sia quella del Tevere sono state ricondotte ad un prototipo comune di II
sec. a.C. risalente ad Alessandria e contraddistinto dalla nudità del dio dove solo una gamba è coper-
ta dal panneggio. Esso sarebbe stato riprodotto nella statua del Nilo in basanite che si trovava nel
Foro della Pace (PLIN., NH 26, 58) e nelle statue con analogo soggetto dell’Iseo Campense (con-
servate rispettivamente al Vaticano e al Louvre), di cui i pezzi del cd. Canopo potrebbero essere una
copia ridotta, ma anche nella rappresentazione di altri fiumi, come mostra il Meandro delle Terme
di Faustina di Mileto: rispetto alla statua del Vaticano nel nostro esemplare non sono stati riprodot-
ti né i putti personificanti i 16 cubiti dell’accrescimento del Nilo, né il coccodrillo e la Mangusta.
BIBL.: AURIGEMMA 1955, 73, fig. 18; RAEDER 1983, 89, n° 86; MOESCH 2000, 217, con bibl. com-
pleta.

15. TEVERE (Fig. 17)


Inv. 2261. Trovato nel lato N dell’esedra dell’Euripo a circa un metro dal condotto di scarico.
Privo dell’avambraccio destro e dell’attacco della cornucopia relativa, mancante della mano sini-
stra e di una delle teste di gemelli.
Alt. con base cm 93, lungh. base m 1,75, lato base cm 43, spess. base cm 14.
Marmo bianco con sottofondo bluastro a cristalli medi: risultato analisi del campione (prelevato
dalla base sul retro): pario (Lakkoi).
La base ha contorno irregolarmente ogivale ed è percorsa a fitti colpi di subbia in modo da ren-

415
PATRIZIO PENSABENE

dere l’irregolarità del terreno della sponda.


Il dio è disteso su un fianco con il gomito destro poggiante sulla testa della lupa sdraiata al suo
fianco nell’atto di allattare i gemelli. Ènudo eccetto un himation che si arrotola intorno all’avam-
braccio destro, e percorre, dopo aver coperto il corpo della lupa sul retro, la parte posteriore della
statua fino a raggiungere la coscia sinistra a cui si avvolge.
La testa, con barba e capelli lunghi, si volge parzialmente alla sua destra ed è leggermente incli-
nata e con lo sguardo in basso; il volto ha occhi con palpebre a listello e con il condotto lacrimale
indicato con un foro di trapano; le arcate sopraccigliari, leggermente prominenti, presentano le
sopraciglia evidenziate da una linea sporgente; il naso è dritto e con una leggera gobba centrale; la
bocca è semichiusa con le labbra carnose.
Il capo è cinto da una corona con foglie di alloro, spighe, ghiande, piccole pigne e piccoli melo-
grani, sotto la quale fuoriescono sulla fronte lunghe e pesanti ciocche ondulate della capigliatura che
incorniciano il volto e coprono le orecchie. La corona è legata sul retro con un fiocco sotto cui scen-
dono altre ciocche ondulate agli inizi della schiena, meno rilevate di quelle frontali. Meno rilevate,
ma distinguibili nell’ondulazione, sono anche le ciocche scriminate al centro che occupano
l’occipite e la nuca al di sopra del fiocco della corona.
Il nudo appare terso e abbastanza giovanile con ampi pettorali distinti dalla linea alba; poco evi-
denziati sono i muscoli addominali, mentre in corrispondenza dell’ombelico si forma una piega tra-
sversale. La schiena è abbastanza muscolosa, sebbene meno rifinita rispetto al fronte: su di essa, in
alto, si conserva un puntello di riporto.
La cornucopia, sull’incavo del gomito del braccio destro, presenta una grande pigna al centro e
melograni, foglie di vite, spighe. Con il braccio sinistro invece, la cui mano poggia sulla coscia,
regge un remo che allude alla navigabilità del fiume.
La lupa ha il muso reso in modo abbastanza naturalistico: presenta non rifinita la zona tra la pan-
cia e i gemelli dove il marmo è rimasto nello stato di sbozzatura.
Rispetto alla statua del Tevere al Louvre, dall’Iseo Campense (v. scheda precedente), di cui quel-
la di Villa Adriana rappresenta una replica ridotta, è diverso il plinto che imita la sponda del fiume,
dove invece nell’esemplare del Louvre sono riprodotti episodi mitici di Enea.
BIBL.: AURIGEMMA 1955, 73, fig. 18; RAEDER 1983, 89, n° I, 87; MOESCH 2000, 217, con bibl.
completa.

16. COCCODRILLO (Fig. 18)


Inv. 2326. Trovato lungo il lato E dell’Euripo.
Lungh. m 1,66.
Campione prelevato dalla base sul retro: cipollino.
Il rettile è rappresentato come fuori acqua, piantato sulle corte zampe e con il collo e la testa sol-
levati e protesi in avanti. Le fauci sono semiaperte e mostrano i denti: all’interno della bocca si con-
serva la parte terminale di un tubo metallico fissato con un archetto e una pasta di smeriglio e car-
bonato di calcio; ad esso corrisponde un foro in basso. Alla sinistra del tubo vi è un foro cilindrico
con resto del carotaggio, derivato dall’uso di uno strumento a tornio per ottenere il foro.
Esistono numerose statue romane che riproducono coccodrilli, tra cui una in marmo pario del
Museo Gregoriano Egizio al Vaticano, che si ritiene venga ugualmente dal cd. Canopo123, anche se
non è possibile determinare serie tipologiche specifiche. Non è certo che esse debbano riprodurre
necessariamente la nota incarnazione di Sobek, una delle più importanti divinità del Fayum, quan-
to piuttosto un animale utilizzato come normale arredo per una bocca d’acqua di una villa romana
che rievoca l’Egitto e da connettere con la statua del Nilo.
BIBL.: AURIGEMMA 1956, 66, figg. 18-20; KAPOSSY 1969, 50; RAEDER 1983, 94, n° I, 92; MOESCH
2000, 216; LAZZARINI 2002.

123
RAEDER 1983, 174, n° 3, 92.

416
“CANOPO” DI VILLA ADRIANA. PROGRAMMI TEMATICI, MARMI E OFFICINE NELL’ARREDO STATUARIO. APPENDICE

DA DEPOSITI NEL MAGAZZINO


Le due teste frammentarie che seguono erano conservate nel magazzini, insieme anche a fram-
menti scultorei dal cd. Canopo, ma non se ne può accertare con sicurezza la provenienza.
17. FRAMMENTO DI TESTA DI ADRIANO (Fig. 13)
Inv. senza n°. Proveniente forse dal cd. Canopo
Resta parte della fronte con la relativa frangia della capigliatura di una testa maggiore del vero.
Alt. mass. cm 34, largh. cm 37
Marmo.
La capigliatura appare rigogliosa e plastica con ciocche ondulate e irregolarmente parallele in
modo da evitare un rigido scalare a gradoni: presenta la consueta frangia con riccioli a chiocciola
nei quali è evitata la disposizione paratattica.
Le dimensioni del frammento ci assicurano della sua pertinenza ad una grande statua ritratto,
riprodotto probabilmente secondo il tipo Chiaramonti 392 attribuito al primo periodo del suo regno.
Al livello stilistico e di trattamento della superficie del marmo si può confrontare con il ritratto
retrospettivo n° cat. 11, entrambi di dimensioni maggiori del vero.
BIBL.: ADEMBRI 2009a, 84, n° 50; Adembri 2010, 181, n° 8; LEÒN - NOGALES BASARRATE 2010,
94.

18. TESTA FRAMMENTARIA DI VIBIA SABINA (Fig. 19)


Inv. 44438. Priva del volto e scheggiata la pettinatura.
Alt. cm 30,8.
Marmo.
Il riconoscimento della testa con la moglie di Adriano è avvenuto attraverso i particolari della
pettinatura a chignon con ampia crocchia di trecce sulla fronte, le corte ciocche davanti alle orec-
chie e sul collo e quella ritorta che dall’orecchio si unisce al pesante nodo sulla nuca, insieme ai con-
fronti con le immagini di Vibia Sabina nelle monete emesse al momento dell’acquisizione del tito-
lo di Augusta nel 128 d.C. Il confronto pricipale è con una testa di Sabina dalla Piazza d’Oro, con
cui condivide il tipo dell’acconciatura, considerata una variante di quella più nota per Vibia Sabina,
l’idealizzazione e l’alta qualità dell’esecuzione.
BIBL.: ADEMBRI 2000, 249, n° 57; REGGIANI 2004, 110; ADEMBRI 2007, ADEMBRI 2009a, 84;
ADEMBRI 2010, 190, n° 16.

* Le analisi archeometriche sui marmi delle statue, a cui nel testo si fa riferimento, sono dovute
a Lorenzo Lazzarini e a Fabrizio Antonelli, con i quali ho in corso la pubblicazione dei risultati nel
prossimo volume di ASMOSIA.

417
PATRIZIO PENSABENE

Ο ΚAΝΩΠΟΣ ΣΤΗ VILLA ADRIANA. ΘΕΜΑΤΙΚΑ ΠΡΟΓΡΑΜΜΑΤΑ, ΜΑΡΜΑΡΑ ΚΑΙ ΕΡΓΑΣΤΗΡΙΑ ΤΗΣ ΓΛΥΠΤΗΣ ∆ΙΑΚΟ-
ΣΜΗΣΗΣ. Το άρθρο έχει ως στόχο να επανεξετάσει τα γλυπτά που αποκαλύφθηκαν στις ανασκαφές της
δεκαετίας του 1950 στον λεγόµενο Κάνωπο της Villa Adriana στο φως των τελευταίων ανακαλύψεων σύµ-
φωνα µε τις οποίες πρέπει να απορριφθεί η παλιά ερµηνεία του “Ευρίπου” και της µεγάλης αίθουσας τρι-
κλινίου που βλέπει σε αυτόν ως ανάκληση του φηµισµένου Κανώπου στην Αλεξάνδρεια και του Σεραπεί-
ου. Πράγµατι, η αναγνώριση της προέλευσης των αγαλµάτων µε αιγυπτιακά θέµατα ως προερχόµενα από
το Αντινόειον που ήλθε πρόσφατα στο φως, καθιστά αναγκαίο να αναζητηθεί µια καινούρια ταύτιση για
το συγκρότηµα Εύριπος – αίθουσα τρικλινίου και ένα νέο κλειδί ανάγνωσης για τα αγάλµατα που το
κοσµούσαν: ανέδειξε κυρίως τις τέσσερις καρυάτιδες, τους δύο σειληνούς, τον Ερµή, τον λεγόµενο Άρη,
το πορτρέτο του Αδριανού του τύπου “renatus”, την κεφαλή-πορτρέτο του λεγόµενου Μαρκέλλου, ανα-
γνωρίζοντας ως κεντρικό σηµείο την αναφορά σε αττικούς µύθους συναφείς µε την ακρόπολη και την ίδρυ-
ση των Αθηνών και το στόχο να δηµιουργηθεί µια πινακοθήκη ηρώων, στους οποίους ανήκαν ο Αδριανός
και ο Αντίνοος.

THE CANOPUS OF THE VILLA HADRIANA. THEMATIC PROGRAMMES, MARBLES AND SCULPTURE WORKSHOPS.
The article re-examines the sculptures discovered during the excavations in the 1950s, in the so-called
Canopus of the Villa Hadriana in the light of the latest discoveries. According to these, the old interpretation
of the water mirror (“Euripus”) and of the big triclinium room facing it as an evocation of the famous Canopus
near Alexandria and the relatedSerapeion are to be rejected. Indeed, the recognition of the provenance of the
statues with Egyptian subjects as the Antinoeion recently brought to light, makes it necessary to look for a
new identification for the Euripus-triclinium room complex and a new reading key regarding the statues of its
decoration: it has enhanced in particular the four Caryatids, the two Sileni, Hermes, the so-called Ares, the
portrait of Hadrian “renatus” type, the head-portrait of the so-called Marcellus, recognizing as guiding thread
the reference to Attic myths associated with the Acropolis and to the foundation of Athens, and the intention
of creating a gallery of heroes, among them Hadrian and Antinous.

418
“CANOPO” DI VILLA ADRIANA. PROGRAMMI TEMATICI, MARMI E OFFICINE NELL’ARREDO STATUARIO

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