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Argan
Giulio Carlo

© RCS LIBRI EDUCATION SPA


Il Rinascimento
STORIA
DELL’ARTE
ITALIANA
Nuova edizione a cura di
Paola Argan, Cristina Boer
Lucia Lazotti

S ANSONI PER LA SCUOLA


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Storia dell’arte italiana

Redazione
Donata Palatresi
Progetto grafico
e impaginazione
Franco Malaguti
R ingrazio i docenti, gli studenti e i lettori che, non
giudicando scaduto questo libro, desiderano di
conversare ancora con me di storia dell’arte, così come
Realizzazione
Thèsis S.r.l. (Firenze-Milano) Copertina a me, scrivendolo, piaceva immaginare di conversare
Walter Sardonini con loro. Allora dirigeva la Sansoni Federico Gentile:
Ricerca iconografica quando finalmente decisi di cedere alle sue garbate
Ornella Morelli, Disegni
Cecilia Palatresi Tommaso Brilli, insistenze, gli dissi che avrei scritto il libro, non
Isabella Cavasino sarebbe stato un libro di testo, non amavo quel genere
Hanno collaborato Giovanni Mattioli letterario. Avrei cercato di scrivere una storia dell’arte
alla redazione per la scuola, che per me non era l’anticamera ma il
Donatella Valente, Hanno collaborato
Cecilia Palatresi, all’impaginazione piano nobile della cultura.
Angela Fantini Monica Marmugi,
Isabella Cavasino,
Marco Micci

Controllo qualità fotolito


D ebbo dire che fu un’esperienza eccitante; parlare
con i giovani ringiovanisce. Debbo anche dire che
ripercorrere sommariamente ma non schematicamente
Daniele Casalino tanti anni di ricerca e d’insegnamento è servito a
chiarirmi e rinfrescare le idee: costretto a disegnare una
Prestampa
Raf, Firenze veduta panoramica, quasi mi sorprese constatare che,
nella diversità di tanti fenomeni lontani nello spazio e
Stampa nel tempo, tra essi c’era tuttavia una coerenza a cui non
Lito Terrazzi, Firenze contrastava, al contrario, l’assidua volontà di criticare e
superare il passato. Fortunatamente l’arte in Italia non
ha avuto caratteri etnici, costanti nazionali, tradizioni
canoniche; e non è stata il prodotto di una connaturata
creatività, tutt’altro, è sempre stata un fatto di cultura
sorretto da una lucida consapevolezza dei motivi, dei
modi, dei fini. Spesso ha avuto una componente
polemica, è sempre stata nel vivo del dibattito culturale.
E sempre al centro, mai al margine, del sistema del
sapere, qualche volta del potere. Ecco perché non può
Sansoni, Firenze Per segnalazioni o suggerimenti farsi la storia d’Italia senza fare la storia dell’arte
© 2000 by RCS Scuola relativi a questo libro si prega italiana: Leonardo o Michelangiolo non sono stati
di scrivere al seguente indirizzo:
S.p.A., Milano Redazione RCS Scuola, storicamente meno importanti (forse più) dei papi e dei
via dei Renai, 4 – 50125 Firenze principi per i quali hanno lavorato.
tel. 055/2461225
fax 055/2461202
email: d.palatresi@rcs.firenze.it

Prima ristampa
L’Editore potrà concedere
a pagamento l’autorizzazione
a riprodurre una porzione
L ’arte è una cultura i cui concetti sono espressi in
immagini invece che in parole; e l’immaginazione
non è una fuga dal pensiero, è un pensiero altrettanto
non superiore a un decimo
febbraio 2001 del presente volume. Le richieste rigoroso che il pensiero filosofico o scientifico. Per
di riproduzione vanno inoltrate
all’Associazione Italiana per i intenderne la struttura e i processi bisogna studiare le
Diritti di Riproduzione delle Opere opere d’arte: l’arte è al livello più alto del pensiero
dell’Ingegno (AIDRO), via delle
ISBN Erbe, 2 – 20121 Milano immaginativo, come la scienza al livello più alto del
88-383-4596-1 tel. e fax 02/809506. pensiero razionale.
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È penoso, anche un po’ vergognoso, che ai vertici della La Storia dell’arte di Giulio Carlo Argan esce
scuola italiana, quando si vuol far posto a un’altra in edizione completamente rinnovata, così da renderla
materia, lo si ritagli dal poco che è dato alla storia funzionale alle attuali esigenze della scuola.
dell’arte, o addirittura la si butti come superflua. È uno Per quanto riguarda la struttura, il testo – integrale
sbaglio grave: la storia dell’arte è indispensabile per chi e completo di ogni sua parte – è stato diviso in sette
fa studi storici e letterari, ma è utile a tutti, anche ai volumi, che includono l’Arte moderna.
futuri tecnici di una società tecnocratica. Se non altro, L’ultimo volume comprende i movimenti artistici degli
servirà loro a non avere il feticismo della macchina e a ultimi tre decenni presentati per mezzo di schede.
non perdere il gusto dell’invenzione che nasce dalla Ogni volume è stato organizzato in moduli,
critica, dal giudizio, dalla volontà di superare il passato. corredati da strumenti didattici atti a facilitarne
l’uso e la comprensione.

S erve a tutti, poi, conoscere


l’arte del proprio paese. È
l’arte che ha costruito le città, le
Gli apparati didattici sono costituiti da:
– schede introduttive di contesto storico che hanno
lo scopo di inquadrare in modo schematico l’argomento
città sono l’ambiente di ogni modulo nel suo tempo;
dell’esistenza, si sa che il – schemi grafici di analisi strutturale che spiegano,
rapporto positivo o negativo con in base ai princìpi della percezione visiva, alcuni
l’ambiente decide della sanità aspetti costruttivi delle opere;
fisica, psichica e morale degli – schede di ampliamento su recenti ritrovamenti
individui e dei gruppi sociali. Lo o restauri e su temi di particolare interesse
stesso può dirsi del territorio, storico-artistico;
che non è nulla di naturale o selvaggio, è il prodotto – esercitazioni, per facilitare l’apprendimento,
dell’intelligenza e del lavoro umani. Non c’è rapporto il confronto, la sintesi, la valutazione e suggerire
senza conoscenza, è giusto che tutti conoscano collegamenti interdisciplinari e attività sul territorio;
l’ambiente della loro vita. – cronologie comparate, poste alla fine di ogni volume,
che danno la possibilità di collegare le opere studiate

D elle città e del territorio la società odierna fa un


pessimo uso: l’ambiente s’inquina e degrada, il
patrimonio culturale si deteriora e disperde. Colpa
al loro contesto storico-culturale.
L’opera è arricchita da Strumenti per lo studio della
storia dell’arte, un volume di consultazione, che
dell’ignoranza del loro valore; ma i giovani della scuola, contiene alcuni princìpi della percezione visiva
futuri titolari e responsabili di quei fattori vitali prima di fondamento alle analisi strutturali, informazioni
ancora che culturali, debbono imparare a conoscerli. sulle tecniche artistiche in rapporto alle opere
Può darsi che questo libro qualche effetto l’abbia già esaminate e alle varie epoche e, infine, un glossario
avuto: che cosa potrei desiderare di più? illustrato dei termini tecnici.
Nello scriverlo cercai di esser chiaro, non di essere L’apparato illustrativo è organizzato in modo da favorire
facile: ho insegnato per tanti anni e so che i giovani la lettura e lo studio del testo. L’obiettivo di questa
hanno spesso fastidio delle nozioni ma non hanno paura nuova edizione è dunque quello di far proseguire
e spesso hanno il gusto dei problemi. E l’arte del il “dialogo” tra l’autore e i giovani, dando nuove
passato non è un problema del passato, ma del presente. sollecitazioni in sintonia con le teorie più aggiornate
di scienze dell’educazione e con le esigenze della
scuola reale.

Giulio Carlo Argan gennaio 1988 P.A., C.B., L.L. gennaio 2000
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Indice
Modulo 1 IL QUATTROCENTO
I primi protagonisti dell’ambiente umanistico fiorentino
1. La nuova concezione della natura e della storia 2
2. La polemica contro il gotico 9
3. Il concorso del 1401 10
4. Il secondo decennio 12
5. La cupola di Santa Maria del Fiore 14
6. Tre Adorazioni dei Magi 16
7. Brunelleschi, Masaccio, Donatello 18
I nuovi colori della cappella Brancacci
dopo il restauro 28
8. L’alternativa fiamminga 42
9. Il fonte battesimale di Siena 46
10. Le correnti collaterali e moderate 49
11. La pittura senese 62

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12. Teoria e storia di Leon Battista Alberti 64
Attività didattiche 70

Modulo 2 IL QUATTROCENTO
Il secondo umanesimo nell’Italia centrale
1. Sviluppi della scultura toscana 80
2. Spazio teorico e spazio empirico 86
3. La sintesi di verità intellettuale e verità dogmatica 98
Il restauro del ciclo pittorico
di Piero della Francesca ad Arezzo 106
4. Le tendenze della pittura a Firenze 108
5. Il contrasto delle tendenze 116
6. L’esordio fiorentino di Leonardo 130
L’artista, le fonti, la committenza 135
7. La città come monumento 136
8. Convenerunt in unum 138
9. Il palazzo Ducale di Urbino 140
Arte e arredo: i cassoni nuziali 144
10. Francesco di Giorgio Martini e Giuliano da Sangallo 146
11. La cultura figurativa nell’Italia centrale 150
Il restauro della cappella di San Brizio 160
Attività didattiche 162
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Indice
Modulo 3 IL QUATTROCENTO
La diffusione dell’Umanesimo nell’Italia settentrionale e meridionale
1. L’Umanesimo figurativo nell’Italia settentrionale 176
Le vicende della “camera picta”
da Andrea Mantegna 186
2. Lo “squarcionismo” 188
3. Ferrara 190
4. L’Italia meridionale: Antonello da Messina 204
5. La nuova cultura figurativa a Venezia 210
6. L’arte senza mito di Vittore Carpaccio 218
Le due dame del Carpaccio:
cortigiane o gentildonne? 220
7. L’architettura e la scultura a Venezia 223
8. L’Umanesimo figurativo in Lombardia 228
9. Bramante e Leonardo a Milano 234
Il restauro dell’Ultima cena
di Leonardo 240
Attività didattiche 242

Modulo 4 IL CINQUECENTO
Da Leonardo a Tiziano
1. Introduzione 254
2. Michelangelo, Leonardo, Raffaello a Firenze 257
3. Bramante e Raffaello a Roma 271
Il restauro del tempietto
di San Pietro in Montorio 274
La “fabrica” di San Pietro 276
4. Michelangelo a Roma 288
5. Michelangelo a Firenze 298
6. Ultimo soggiorno romano di Michelangelo 302
Il restauro della cappella Sistina 306
7. La cerchia dei grandi maestri 311
Decorazioni a “grotteschi” 315
8. Venezia: Giorgione, Tiziano, Sebastiano del Piombo 319
9. La cerchia di Giorgione e di Tiziano giovane 330
Il ritratto nel Rinascimento 333
Attività didattiche 336
Cronologia comparata 346
Indice analitico 358
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Modulo 1 A Firenze il rinnovamento artistico


«Il rinnovamento artistico specifica, alla descrizione
nasce come polemica contro poetica la costruzione
Il Quattrocento il tardogotico; e nasce
a Firenze, nel momento
dell’ascesa dell’alta finanza
intellettuale, alla varietà
delle sembianze l’unità
strutturale, alla diversità
I primi protagonisti borghese, come antitesi a un
gusto aristocratico e di corte.
delle tecniche il metodo
unitario del disegno, al bello
Al vago estetismo dell’ideale senza tempo la profondità
dell’ambiente umanistico di vita si oppone la ricerca della storia».

fiorentino

La ripresa economica che si verificò tra la fine del Trecento
e il principio del Quattrocento fu più rapida ed evidente
in Italia che in altri paesi d’Europa. Le signorie, che nel
corso del XIV secolo erano divenute ereditarie, nel secolo
successivo vennero ufficialmente insignite del titolo
principesco dall’Impero o dalla Chiesa. Lucca Prato

■ Firenze
Le città, divenute capitali di piccoli stati, dovevano Siena
rispecchiare con l’ordine e la bellezza delle architetture,
il potere e la cultura del principe. Durante i primi anni
del Quattrocento la repubblica di Firenze, divenuta capitale
di uno stato che comprendeva gran parte della Toscana,
ebbe un ruolo di primaria importanza nelle vicende storiche
e culturali italiane.


A Firenze Filippo Brunelleschi, Donatello e Masaccio
furono i primi protagonisti di una radicale trasformazione
della concezione, dei modi e della funzione dell’arte.
Accanto a queste tre grandissime personalità, Leon Battista
Alberti, il massimo esponente della cultura umanistica,
tracciò una completa teoria dell’arte nei suoi trattati sulla
pittura, la scultura e l’architettura. Grande importanza ebbe
nell’arte italiana il Rinascimento fiammingo, rinnovamento
artistico-culturale che ebbe origine nelle Fiandre.

Un animato intrecciarsi di correnti


«I problemi che le opere ma, comunque, profondamente
dei tre grandi protagonisti innovatrici nei confronti
INDICE della rivoluzione pongono della cultura tradizionale. […]
alla coscienza dei loro A partire da questo momento
contemporanei suscitano sarà lo scontro dialettico
1. La nuova concezione discussioni, polemiche talvolta tra le diverse ipotesi e le varie
della natura e della storia feroci; e trovano, da parte correnti che farà progredire
degli artisti toscani, soluzioni la ricerca».
2. La polemica contro il gotico diverse, spesso divergenti,
3. Il concorso del 1401
4. Il secondo decennio
5. La cupola di Santa Maria del Fiore
6. Tre Adorazioni dei Magi
7. Brunelleschi, Masaccio, Donatello
8. L’alternativa fiamminga
9. Il fonte battesimale di Siena
10. Le correnti collaterali e moderate
11. La pittura senese
12. Teoria e storia di Leon Battista Alberti
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Monumenti cristiani
«L’arte romana celebrava di dimostrare che il significato di quei valori che si realizzano
nel monumento la forza del monumento cristiano non nella coerenza perfetta
e la saldezza dello stato; […] può essere nell’imponenza, delle proporzioni e, come
ma è certo che il Brunelleschi nella forza ostentata, nel peso spiega l’Alberti, nella verità
e l’Alberti hanno voluto opprimente delle masse delle forme geometriche
erigere monumenti cristiani; murarie, ma nell’evidenza e nel candore dei marmi».
e che, sia pure in modo di altri valori intellettuali
diverso, si sono proposti e morali, e precisamente

Spedale degli Innocenti

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Cappella de’ Pazzi
Santa Maria del Fiore
San Lorenzo

Santa Maria Novella

Santo Spirito

Stoccolma
I due umanesimi

«C’è un umanesimo
fiammingo come c’è un
umanesimo toscano e presto
tra questi due mondi
si stabilirà un rapporto
dialettico, come tra
concezioni del sapere
artistico che mirano in
Londra definitiva allo stesso fine,
Bruges
la conoscenza del mondo
per mezzo dell’arte.
[…] Una duplicità
Gand di concezione che
costituisce, con il movimento
dialettico delle relazioni,
Parigi
il primo schema di cultura
figurativa europea».

Firenze

Siena
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Il Quattrocento
2 I primi protagonisti dell’ambiente umanistico fiorentino

1. La nuova concezione
della natura
I.1 ANTONIO
e della storia AVERULINO
detto FILARETE,
Trattato di
architettura
Al principio del Quattrocento si compie, a (pagina con
Firenze, una trasformazione della concezio- la pianta
ne, dei modi, della funzione dell’arte altret- di Sforzinda),
tanto radicale di quella che s’era compiuta, 1460-1465,
disegno,
un secolo prima, con Giotto. I primi protago- Ms. II I 140,
nisti del movimento sono un architetto, FILIP- f. 43 r., Firenze,
PO BRUNELLESCHI, uno scultore, DONATELLO, Biblioteca
un pittore, MASACCIO: la loro opera è collega- Nazionale
1
ta, ma le tre personalità sono diversamente
caratterizzate. come fenomeno, ma in ciò che l’intelletto co-
struisce sul fenomeno. Riflettiamo: la forma è
Arte come Accanto a loro è LEON BATTISTA ALBERTI, let- rappresentazione di fenomeni e fenomeno es-
valore nella terato e architetto: a lui si debbono tre trat- sa stessa; come fenomeno dei fenomeni, è fe-
cultura tati sulla pittura, l’architettura, la scultura. nomeno assoluto, chiave per intendere il
umanistica In essi, e specialmente nei primi due, l’auto- mondo dei fenomeni. Una società che crede
re non si limita più a dare precetti di tecni- nel valore dei fenomeni reali e presenti è una
ca per la buona esecuzione, ma enuncia i società che crede nella capacità umana di
princìpi e descrive i processi dell’ideazione produrre fatti e valori: una società attiva, in
dell’opera d’arte. Si spiega: l’artista medie- cui ciascuno vale per ciò che fa e non per mi-
vale era responsabile solo dell’esecuzione steriose investiture tramandate. È la società
perché i contenuti e perfino i temi di imma- che ha al vertice, non più il sovrano, ma il
gine gli erano dati; ora l’artista deve trovarli borghese che ha conquistato la “signoria”
e definirli, cioè non opera più secondo diret- con la forza, l’ingegno o, magari, l’astuzia e la
tive ideologiche imposte da un’autorità su- frode; e, ai livelli inferiori, i mercanti, gli ar-
periore o da una tradizione consacrata, ma tigiani e, infine, il popolo minuto.
determina in modo autonomo l’orientamento Questa società di persone che singolarmente
ideologico e culturale del proprio lavoro. decidono e agiscono è interessata a conosce-
L’arte non è più una attività manuale o me- re oggettivamente: la natura, luogo della vita
chanica, sia pure d’alto livello, ma intellet- e sorgente della materia del lavoro umano, la
tuale o liberalis. L’Alberti non indica, se non storia, che dà conto dei moventi e delle con-
incidentalmente e per vezzo umanistico, seguenze dell’agire, l’uomo, come soggetto
nuovi contenuti ideologici e nuovi temi d’im- del conoscere e dell’agire.
magine: dice quali debbano essere la strut- Perché si chiede tutto questo all’arte e non,
tura e il significato della forma artistica. È per esempio, alla scienza? Bisogna tenere
dunque chiaro che la forma non è più sem- presente che, in questo periodo, la scienza e-
plice illustrazione o traduzione in figura, ma volve più lentamente, è ancora inceppata da
ha un proprio intrinseco e specifico conte- pregiudizi dottrinali: le prime scoperte scien-
nuto. Che cosa può essere questo contenuto, tifiche del Quattrocento avvengono infatti at-
che non solo si manifesta ma si realizza nel-
I.2 Pianta della piazza di Pienza e degli edifici
la forma, se non la realtà? In quanto, dun- che si affacciano su di essa
que, la forma artistica contiene un nucleo di
realtà o di conoscenza, esso si rivela quale
che sia il tema o il soggetto: sacro, storico,
mitologico, e quale che sia la tecnica: pittu-
ra, scultura, architettura. Il naturalismo tar-
dogotico riconosceva nelle cose un valore in
sé, che l’arte individuava e rivelava; la cul-
tura umanistica pone, all’operare dell’arti-
sta, il fine dell’arte come valore. In altri ter-
mini: l’arte è un processo di conoscenza il
cui fine non è tanto la conoscenza della cosa
quanto la conoscenza dell’intelletto umano,
della facoltà di conoscere.

L’arte Quando l’Alberti dice che l’artista si occupa


è conoscere solo di ciò che si vede e non di ciò che even-
facendo tualmente si cela dietro la sembianza, affer-
ma appunto che il valore non è nella cosa,
2
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1. LA NUOVA CONCEZIONE DELLA NATURA E DELLA STORIA 3

3
I.3 LUCIANO LAURANA (ma anche attribuito ad ANONIMO FIORENTINO), La città ideale, 1480-1490, tempera su tavola, 200 x 60 cm,
Urbino, Galleria Nazionale delle Marche
traverso l’arte e sarà un artista ad aprire, alla gion politica: l’utopia della città ideale [I.3] è
fine del secolo, il corso di una scienza auto- il punto d’incontro di pensiero politico e pen-
noma come, in un altro campo, è autonoma siero estetico. Pochi progetti, per l’instabilità
l’arte: Leonardo. In secondo luogo, il cono- dei governi, ebbero almeno un principio di
scere dell’arte è insieme conoscere e fare, an- attuazione. Il centro di Pienza [I.2], progetta-
zi è un conoscere facendo, producendo opere to dal ROSSELLINO per Pio II Piccolomini, è
che sono insieme fatti e valori. In questo sen- un esempio di città concepita come un’unica
so l’arte fornisce modelli di valore non più opera d’arte secondo precisi criteri di simme-
soltanto all’artigiano, ma all’uomo, nella nuo- tria e proporzione; l’addizione erculea [I.4] a
va dignità che gli conferisce la responsabilità Ferrara, di BIAGIO ROSSETTI, è invece un e-
personale del decidere e del fare. sempio di urbanistica concreta, fondata sul-
l’analisi e la valutazione della realtà urbana,
L’attuazione Il Quattrocento, in Italia, è un secolo di ci- con il suo passato e le esigenze presenti del-
di una teoria viltà eminentemente urbana. Ma la città non la comunità.
nell’impianto è più soltanto una comunità operosa, come Al centro delle città ideali è sempre la gran-
urbanistico nel Duecento e nel Trecento; è il centro di un de piazza, e vi sorge il palazzo del “signore”.
piccolo sistema, di uno stato. Il potere è con- La piazza non è più il cuore della vita comu-
centrato nel “signore”, che decide l’azione nitaria, ma quasi un’estensione del palazzo,
politica, che non è più soltanto di difesa ma una corte d’onore, un luogo destinato a ceri-
di ingrandimento o conquista. La fine della monie e parate. Ha quindi una forma regola-
concezione comunale è anche la fine dello re e un assetto architettonico unitario: spesso
sviluppo spontaneo, aderente alle necessità è porticata e ha, al centro, una statua o una
della vita quotidiana, del nucleo urbano. An- colonna commemorativa. A sua volta, il pa-
che la città dev’essere il prodotto di una de- lazzo non è più un edificio fortificato: dice
cisione, l’attuazione di una teoria. Molti pro- l’Alberti che il palazzo del “signore” non de-
getti di città si trovano nei trattati d’architet- ve imporsi con l’aspetto minaccioso ma con
tura, tracciati secondo schemi geometrici a l’armonia delle proporzioni e la bellezza del-
scacchiera o radiocentrici [I.1] con l’idea di le forme architettoniche e delle opere d’arte
specchiare nell’ordine urbano la perfetta ra- che lo adornano.

I.4 Veduta di Ferrara,


fine XV secolo, disegno,
Ms. H. 429 Alpha H. 5.3,
Ferrara, Biblioteca Estense
4
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4 Modulo 1 IL QUATTROCENTO I primi protagonisti

Prospettiva La cultura che i “signori” promuovono non


e storia, è dunque più complemento e ornamento
una concezione dell’eletta vita di corte, ma fondamento e
unitaria strumento dell’autorità e dell’azione politi-
del mondo ca. Il “signore” giustifica il proprio potere
con ragioni storiche, con il concetto romano
del principato: i letterati e gli artisti di cui si
circonda, come fossero consiglieri e mini-
stri, sono gli specialisti o i tecnici della di-
sciplina storica (l’antico) che fonda e giusti-
fica il potere.
Il pensiero umanistico, di cui l’arte è parte
essenziale, modifica profondamente le con-
cezioni dello spazio e del tempo. Gli infiniti e
diversi aspetti del reale si classificano e ordi-
nano in un sistema razionale, si manifestano
in una forma unitaria e universale, lo spazio.
Allo stesso modo si ordinano gli infiniti e di-
versi eventi che si succedono nel tempo. La
forma o la rappresentazione secondo ragione

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dello spazio è la prospettiva; la forma o la rap-
presentazione secondo ragione del succeder-
si degli eventi è la storia. Poiché questo ordi-
ne non è nelle cose, ma è dato alle cose dal-
la ragione umana che le pensa, non v’è diffe-
renza tra la costruzione e la rappresentazione 5
I.5 AMBROGIO LORENZETTI, Annunciazione (dal palazzo Pubblico
dello spazio e del tempo. La prospettiva dà il di Siena), 1344, tavola, 130 x 150 cm, Siena, Pinacoteca Nazionale
vero spazio, cioè una realtà da cui è elimina-
to tutto ciò che è casuale o irrilevante o con-
traddittorio; la storia dà il vero tempo, cioè un
succedersi di fatti da cui è eliminato ciò che
è occasionale, insignificante, irrazionale. La
prospettiva costruisce razionalmente la rap-
presentazione della realtà naturale, la storia
la rappresentazione della realtà umana: poi-
ché il mondo è natura e umanità, prospettiva
e storia si integrano e, insieme, formano una
concezione unitaria del mondo.

La prospettiva, una La scoperta e la prima formulazione della


rappresentazione prospettiva sono opera del Brunelleschi; la
razionale teorizzazione è dovuta all’Alberti (Trattato
del reale della pittura, 1436). Il termine “prospettiva”
è classico, tratto dagli antichi trattati: si par-
la di prospettiva per l’architettura e per il ri-
lievo “illusionistico”. Nel Medioevo il con-
Ottica cetto si identifica con quello di ottica*, scien-
Durante l’antichità za della visione. Abbiamo parlato di prospet-
e il Medioevo non tiva per Giotto e per Ambrogio Lorenzetti, os-
si faceva differenza
tra il concetto servando anzi come mettano in opera più si-
di ottica e quello stemi prospettici. In che cosa consiste la no-
di prospettiva. vità della prospettiva del Rinascimento? An-
Nel Rinascimento, zitutto nel fatto che si presenta come una sco-
invece, si distingue
tra la perspectiva perta e non come un’invenzione: è ritrovata 6
naturalis, cioè negli antichi, dunque rientra nell’ambito del-
I.6 Punto di fuga e linee prospettiche nell’Annunciazione
l’ottica fondata la cultura umanistica, che vuol far rinascere di Ambrogio Lorenzetti
sulla geometria la sapienza antica. In secondo luogo, nel suo
euclidea, e la presentarsi come sistema unico e non come
perspectiva artificialis,
fondamentale insieme di sistemi. Infatti, se si identifica
per costruire prospettiva con ottica vi sono tante prospetti-
l’opera d’arte. ve quante sono (e sono infinite) le condizioni
del vedere: si può, per esempio, mettersi da-
vanti o sopra o al centro delle cose, guardar-
le secondo angoli e inclinazioni diverse. Se si
considera la prospettiva come una rappre-
sentazione razionale del reale o un concetto,
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1. LA NUOVA CONCEZIONE DELLA NATURA E DELLA STORIA 5

questa pluralità non è più possibile. Ambro-


gio Lorenzetti, nell’Annunciazione [I.5] del
1344, traccia una prospettiva che fa conver-
gere le parallele a un punto [I.6], esattamente
come nella prospettiva quattrocentesca [I.7]; H
tuttavia Ambrogio non anticipa questa pro- B
spettiva perché, per lui, la convergenza delle
parallele a un punto è un caso tra i tanti pos-
sibili e non il caso unico e ideale, media di
tutti i casi possibili. Il sistema prospettico del
Quattrocento è dunque la riduzione all’unità A
di tutti i possibili modi di visione: il punto di
stazione ideale è quello frontale, cioè quello
che pone come contrapposti, ma paralleli, il
soggetto e l’oggetto. L’unità si dà dunque
quando l’immagine ha la certezza e l’assolu-
tezza del concetto e cioè quando l’immagine
di spazio percepita dagli occhi si identifica
con l’immagine di spazio concepita dalla V
mente. Più precisamente: quando gli occhi
percepiscono come concepisce la mente. La
prospettiva non è dunque una riflessione in- 1

tellettuale sul dato percepito dagli occhi, ma


il modo di vedere secondo intelletto, prima
con la mente che con gli occhi. La prospetti-
B
va dunque non fenomenizza la realtà come
fenomeno in sé, ma fenomenizza la realtà co-
me pensata dalla mente o, ed è lo stesso, la
mente umana che pensa la realtà nell’unità P E
fondamentale dei suoi aspetti.

La piramide La teoria prospettica andrà via via compli-


visiva candosi; all’origine, nell’enunciato albertia-
dell’Alberti no, è una semplice applicazione alla visione G
delle leggi della geometria euclidea. Se lo C
spazio è una forma unitaria o omogenea, è
anche una forma in cui tutte le parti si distri-
buiscono simmetricamente rispetto a una li-
nea mediana o centrica. Ma non si arriva a
stabilire questa linea se non in rapporto alla
situazione di chi guarda e la cui mente è co-
me un piano su cui si proiettano, tramite gli
occhi, le immagini della realtà. Il riguardan- Z V H
te vede le linee di profondità convergere a un
punto: di tutte queste linee, la mediana (il
razzo centrico dell’Alberti) è la perpendicola-
re al piano ideale su cui si proietta, nella
mente, la visione. Possiamo considerare il fa-
D
scio delle linee convergenti in un punto (pun- 7
to di fuga) come una piramide, di cui quell’i- I.7 Schema della costruzione prospettica secondo Leon Battista Alberti
deale piano di proiezione sia la base; e pos-
siamo immaginare di tagliare la piramide in ■ L’Alberti pone le regole di una visione in intervalli di un braccio
tanti piani paralleli alla base. Avremo così corretta impostazione prospettica vengono uniti al fuoco prospettico,
tante sezioni (intercisioni, dice l’Alberti) del- basata sulla proiezione della realtà V, per tracciare le ortogonali.
su di un piano immaginario che si (C) Sul prospetto laterale vengono
la piramide visiva [I.10]. I lati della piramide trova tra chi guarda e la realtà tracciate delle linee dalle divisioni
sono triangoli; tagliando i lati parallelamente stessa. La prospettiva si attua con di un braccio poste dietro il qua-
alla base avremo, come insegna Euclide, tan- la convergenza delle linee di dro fino all’occhio E. Vengono così
ti triangoli simili i cui lati sono proporzionali. profondità in un punto di fuga e definiti i punti di intersezione sul
Poiché la piramide è vista in profondità (co- sul calcolo scientifico degli inter- quadro P.
valli di profondità. (D) Le altezze dei punti di inter-
me guardandovi dentro dalla base, in modo sezione vengono riportate su uno
che il suo asse unisca il vertice – punto di fu- ■ (A) B è il modulo di un brac- dei lati verticali del dipinto per
ga – al nostro occhio), il teorema delle pro- cio (equivalente a un terzo dell’al- tracciare le divisioni orizzontali
porzioni ci dà la legge matematica del degra- tezza di un uomo). La base del di- delle lastre del pavimento. Z è il
pinto è divisa in braccia. L’altezza punto di “distanza”, sebbene Al-
dare delle grandezze secondo la distanza. E- dell’uomo sul piano del dipinto dà berti dica solo di usare una diago-
sempio: vedendo lontano una piccola figura il livello dell’orizzonte H. nale per controllare l’esattezza
umana e sapendo qual è la grandezza norma- (B) I punti corrispondenti alla di- della costruzione.
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6 Modulo 1 IL QUATTROCENTO I primi protagonisti

le delle persone, dalla differenza di dimen-


sione si dedurrà immediatamente la distanza
che le separa.

Rappresentazione Vediamo le conseguenze. L’estensione della


finita dello realtà è infinita, la prospettiva la rappresen-
spazio infinito ta come una forma finita. Anche la mente u-
mana è finita, ma può pensare la realtà infi-
nita entro il limite della propria finitezza. La
prospettiva, dunque, dà lo spazio come rap-
presentazione finita dello spazio infinito. Si
dirà che la famosa piramide visiva è pur
sempre una forma finita: che cosa accade di
ciò che si estende al di là dei suoi lati? Ap-
punto: ciascun lato rappresenta idealmente
tutto ciò che è al di qua e al di là, è un pia-
no su cui il di qua e il di là si proiettano sim-
metricamente, si equivalgono o si identifica-
no. Pensiamo (e non arbitrariamente: è uno
dei primi problemi che si presenta agli arti-
8 sti del tempo) alla facciata di una casa, con
I.8 Riflessi della prospettiva brunelleschiana nel dipinto le sue finestre. Se quel piano è soltanto un
Supplizio del Savonarola, fine XV-inizio XVI secolo,
tela, 115 x 100 cm, Firenze, Museo di San Marco muro, limita, chiude, rompe brutalmente la
continuità, l’omogeneità dello spazio; se è u-
na forma architettonica, ci fa sentire lo spa-
zio della piazza antistante e quello degli am-
bienti interni, li mette in rapporto, ristabili-
sce, attraverso il diaframma della parete e
l’alternarsi dei vuoti e dei pieni, la conti-
nuità dello spazio. Altra prova: due rette pa-
rallele, dice Euclide, si incontrano all’infini-
to; con la prospettiva le vediamo incontrarsi
in un punto; dunque questo punto, realtà fi-
nita, indica una realtà infinita, rappresenta
l’infinito in modo finito.

La prospettiva, Con la prospettiva non vediamo più le cose


espressione come cose in sé, vediamo tutto per rapporti
del rapporto proporzionali: la realtà non si presenta più
dell’uomo come un inventario di cose (ricordiamo Pisa-
con il mondo nello) ma come un sistema di relazioni metri-
che. Dice chiaramente l’Alberti che ogni co-
9
noscenza si fa «per comparatione»: «per
comparatione» conosciamo le grandezze, i
I.9 Ricostruzione schematica della tavoletta prospettica del Brunelleschi chiari e gli scuri, i colori. Davanti a una figu-
con la veduta di piazza della Signoria a Firenze ra di Pisanello ci chiediamo anzitutto: chi è?
Davanti a una figura di Masaccio, ci chiedia-
mo: dov’è? perché è lì e non altrove? cosa fa?
perché lo fa? Siamo, cioè, subito immessi in
una dimensione in cui ciò che conta è l’azio-
ne; e ogni azione è un mettersi in relazione
C con qualcuno o qualcosa. Se poi l’azione non
ha un carattere episodico ma universale (per
esempio l’azione di Cristo nel Tributo di Ma-
D
saccio [cfr. I.44]) l’azione implica una rela-
F
zione con tutta la realtà, in tutta la sua esten-
E
sione (vicino e lontano, terra e cielo) e in tut-
ta la sua durata (passato o dominio delle cau-
B se; presente o dominio dell’agire; futuro o do-
minio degli effetti).
La prospettiva è bensì una rappresentazione
A 10
dello spazio, ma di uno spazio pensato come
I.10 Schema della piramide visiva di Leon Battista Alberti dimensione della relazione e quindi dell’a-
zione umana. È, infine, il rapporto dell’uomo
A, B, C, D Base della piramide ottica con il mondo.
E Punto di vista
E – F Razzo centrico
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1. LA NUOVA CONCEZIONE DELLA NATURA E DELLA STORIA 7

I.11 CESARE
La teoria delle Corollario della teoria della conoscenza «per CESARIANO,
proporzioni comparatione» e della prospettiva è la teoria De architectura
in relazione delle proporzioni. Verrà formulata in canoni libri dieci
alla figura normativi soltanto più tardi, ma già al princi- traducti de latino
umana pio del Quattrocento si tende a definire in da- in vulgare
(pagina con
ti precisi la relazione delle parti al tutto. La le proporzioni
tradizione classica della proporzionalità si del corpo
tramanda nel Medioevo: nel sistema tomisti- umano),
co la proporzionalità è l’elemento costitutivo Como, 1521,
c. XLIV r.
della bellezza del creato, il segno intellegibi-
le della mente del Creatore. La cultura uma-
nistica opera, in questo campo, la stessa ri-
duzione che, con la formulazione del sistema
prospettico, opera nel campo della rappre-
sentazione dello spazio: è la mente umana
che, procedendo per «comparatione», riduce
tutto a rapporti di grandezze.
In architettura la proporzione definisce e
commisura le entità di spazio espresse dai
singoli elementi: v’è rapporto proporzionale

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tra l’altezza delle colonne e l’apertura dell’ar-
co, tra il diametro medio della colonna e la
sua altezza, tra base, fusto e capitello; v’è rap-
porto proporzionale tra i piani dell’edificio, 11
tra vuoti e pieni, tra larghezza e altezza delle I.12 FRANCESCO
DI GIORGIO MARTINI,
superfici. Grazie alle proporzioni, indicative Studio di proporzioni
di supposte distanze, la profondità è riportata umane, fine XV secolo,
ed espressa sul piano, il piano cessa di esse- disegno, Codice
re una superficie limite e diventa diaframma Magliabechiano
o raccordo, con una propria qualità plastica. II. I. 141, Firenze,
Biblioteca Nazionale
Una precisa relazione si stabilisce anche tra
il sistema proporzionale dell’architettura e
quello del corpo umano, assunto come perfe-
zione formale e misura delle cose [I.11 –
I.14]. La concezione architettonica del Quat-
trocento è insieme naturalistica o spaziale e
antropomorfica; e la stessa architettura si po-
ne come fattore di equilibrio o mediazione
proporzionale tra l’uomo e la natura, tra scala
umana e scala naturale o cosmica.
La proporzionalità quattrocentesca, intesa
come serie di grandezze paragonabili, esclu-
de gli estremi del troppo piccolo e del troppo
grande: si oppone così alla dimensionalità
gotica, oscillante tra massimi (le moli im- 12
mense delle cattedrali) e minimi (la decora- I.13 FRANCESCO
zione minutissima). DI GIORGIO MARTINI,
Studio sulle relazioni
L’interesse che gli artisti del Quattrocento tra le proporzioni
portano all’azione e per conseguenza al movi- umane e l’architettura:
mento spiega perché le proporzioni non si co- la colonna rapportata
stituiscano in canoni fissi: fin da principio alle proporzioni della
l’interesse si porta sul corpo in movimento, donna, fine XV secolo,
disegno, Codice
sulla possibilità che il gesto fissato nell’im- Magliabechiano
magine implichi e in qualche modo suggeri- II. I. 141, Firenze,
sca il prima e il poi di quell’atto. Dallo studio Biblioteca Nazionale
della proporzione del corpo in moto si giunge
allo studio dell’anatomia, come apparato mo-
torio della persona e principio attivo del suo
mettersi in relazione con il mondo.

La renovatio Prospettiva e proporzioni rientrano già nel-


dell’antico l’ambito del grandioso programma di recupe-
ro culturale che gli artisti del Quattrocento si
propongono: la renovatio o il rinascimento
dell’“antico”. Ma quei due concetti dipendo-
no piuttosto da un giudizio globale sulla per-
13
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8 Modulo 1 IL QUATTROCENTO I primi protagonisti

fezione dell’arte classica che da una diretta


influenza dei modelli antichi sull’arte del tem-
po. Non si può spiegare il rinnovamento arti-
stico del Quattrocento con le prime scoperte
archeologiche o con il ritrovamento di qual-
che antico testo: gli scavi, la ricostruzione fi-
lologica di fonti antiche non sono la premessa,
ma la conseguenza del rinnovamento artisti-
co. D’altra parte la memoria dell’arte classica
e della sua grandezza si era tramandata per
tutto il Medioevo; e un più consapevole ri-
chiamo all’antico si era avuto nel Duecento,
con Nicola Pisano e Arnolfo, col Cavallini e,
poi, con Giotto: la resistenza toscana al gotico
è fatta in nome di una storicità che porta di-
rettamente all’antico, all’arte romana.
Se l’antico non è repertorio di modelli da i-
mitare, ma la coscienza storica del passato e
del suo inevitabile rapporto col presente, non
meraviglia che ogni artista abbia il proprio i-
deale dell’antico e come questo non possa es-
sere valutato se non come componente delle
diverse poetiche. Già i contemporanei sape-
vano che, studiando le rovine romane, Bru-
nelleschi e Donatello cercavano esperienze
molto diverse e che l’interesse di Leon Batti-
sta Alberti per i monumenti romani non ave-
va alcun rapporto con quello del Ghiberti.
Tra il sentimento dell’antico di Andrea del
Castagno e quello di Piero di Cosimo vi è u-
na diversità profonda, e addirittura un abisso
tra l’antico del Mantegna e l’antico dei suoi I.14 FRANCESCO DI GIORGIO MARTINI, Studio dei rapporti tra capitello 14
contemporanei fiorentini. e testa umana, fine XV secolo, disegno, Codice Magliabechiano
Vi sono tuttavia certi fondamenti comuni. Per II. I. 141, Firenze, Biblioteca Nazionale
tutti l’antico è la vera storia: e vera storia è mana. Di qui la necessità di non porre un di-
quella decisa e attuata, non quella subìta per lemma, ma di cercare la continuità logica tra
capriccio del caso o avversità della sorte o natura e storia, tra il mondo classico e il mon-
prevalere delle disordinate passioni sulla ra- do cristiano.
gione. Avversità, caso o colpa che fossero, le
invasioni straniere (il Medioevo) hanno spen- Il monumento, Sul piano dei significati ideologici, poi, la
to la virtus romana, e questa si vuole riani- espressione questione della storicità dell’arte si concreta
mare nelle coscienze (si ricordi il Petrarca: di valori in quella del monumento. Nell’arte romana è
«virtù contra furore…» e il finale del Princi- intellettuali una forma architettonica o plastica che si im-
pe di Machiavelli). Bisogna dunque opporsi e morali pone anche dimensionalmente nello spazio
alle tradizioni tramandate (bizantine o goti- urbano, esprime con la propria stabilità la de-
che che siano) e, con una precisa scelta sto- cantata perennità di certi princìpi o istituti e
rica, ricollegarsi alla fonte antica. afferma la propria storicità col fatto stesso di
durare nel tempo, di dimostrare che ciò che
Continuità L’antico, però, non è soltanto la storia, è an- vale oggi valeva ieri e varrà domani. L’arte ro-
tra mondo che la natura. Agli antichi, che non avevano mana celebrava nel monumento la forza e la
classico la grazia della rivelazione, la provvidenza ha saldezza dello stato; ma quale potrà essere il
e mondo concesso una perfetta filosofia della natura significato dei monumenti cristiani, e tanto
cristiano affinché, senza saperlo, potessero conoscere più quando, umanisticamente, si pensi che il
nelle leggi del creato la volontà del Creatore. cristianesimo è storia e legge? La domanda
Il cristiano non conosce Dio soltanto nella può avere risposte diverse: e sono tali le ri-
natura né può porre nel mondo il fine ultimo sposte date da Brunelleschi con le chiese di
della vita; ma il misticismo medievale ha ad- San Lorenzo e di Santo Spirito e quelle date
dirittura negato il mondo, lo ha condannato dall’Alberti con il tempio Malatestiano e con
come continua occasione di peccato e ha co- la chiesa di Sant’Andrea a Mantova. Ma è
sì misconosciuto o frainteso il messaggio di certo che il Brunelleschi e l’Alberti hanno
Dio. Si profila già il grande problema religio- voluto erigere monumenti cristiani; e che, sia
so che si porrà drammaticamente con la pure in modo diverso, si sono proposti di di-
Riforma. Ma c’è di più: Dio si è incarnato, ha mostrare che il significato del monumento
vissuto nel mondo una storia che dev’essere cristiano non può essere nell’imponenza, nel-
modello alla storia umana ed è, per di più, u- la forza ostentata, nel peso opprimente delle
na storia antica, che s’innesta su quella ro- masse murarie, ma nell’evidenza di altri va-
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2. LA POLEMICA CONTRO IL GOTICO 9

lori intellettuali e morali, e precisamente di


quei valori che si realizzano nella coerenza 2. La polemica
perfetta delle proporzioni e, come spiega l’Al-
berti, nella verità delle forme geometriche e contro il gotico
nel candore dei marmi. È un tema la cui ori-
gine risale, attraverso il romanico fiorentino
(e non dimentichiamo che l’Alberti ha restau- Il rinnovamento artistico nasce come polemi-
rato, accordandola alla propria idea architet- ca contro il tardogotico; e nasce a Firenze,
tonica, la facciata di Santa Maria Novella nel momento dell’ascesa dell’alta finanza
[cfr. I.135]), al neoplatonismo plotiniano. borghese, come antitesi a un gusto aristocra-
tico e di corte. Al vago estetismo dell’ideale
La statua, Collegato al tema ideologico del monumento di vita si oppone la ricerca specifica, alla de-
consacrazione è quello della statua: anch’esso antico, e già scrizione poetica la costruzione intellettuale,
del personaggio rievocato nel significato originario nella cer- alla varietà delle sembianze l’unità struttura-
storico chia culturale di Federico II e poi, più larga- le, alla diversità delle tecniche il metodo u-
mente, da Arnolfo. Intitolando De statua il nitario del disegno, al bello senza tempo la
trattato che completa la sua trilogia teorica, profondità della storia. La polemica è rivolta
l’Alberti ha certamente voluto sottolineare il contro le ultime, affascinanti mode del gotico
tema fondamentale della scultura (il rilievo, cortese, non contro i primi grandi maestri del
infatti, benché prodotto dalla tecnica sculto- Duecento e del Trecento. Masaccio non è
ria, è una proiezione sul piano, come la pittu- contro Giotto ma per Giotto contro Lorenzo
ra) e, nello stesso tempo, teorizzare la tenden- Monaco e Gentile da Fabriano; Donatello non
za umanistica che, nei primi decenni del se- è contro Giovanni Pisano ma per Giovanni
colo, aveva dato luogo a una vasta fioritura contro Andrea e Nino Pisano; Brunelleschi è
della statuaria, a opera di Nanni di Banco, di contro l’Orcagna, non contro Arnolfo di cui,
Donatello, del Ghiberti, di Jacopo della Quer- nella cattedrale, interpreta e compie l’opera.
cia. Più tardi si preciserà anche un modello, Tutti sono contro la tradizione diffusa, nessu-
la statua romana di Marco Aurelio, a cui si i- no contro la storia.
spireranno liberamente lo stesso Donatello
nel Gattamelata [cfr. I.75] e il Verrocchio nel L’importanza La storia è giudizio, il giudizio è individuale.
Bartolomeo Colleoni [cfr. II.81]. Che la statua della personalità Opporsi alla tradizione stilistica e tecnica si-
sia, per se stessa, un tema umanistico, una dell’artista gnifica inventare qualcosa di nuovo nell’ordi-
specie di consacrazione del personaggio sto- ne delle forme e dei processi operativi: anche
rico, è dimostrato dal fatto ch’esso non è e- l’invenzione è atto individuale. Prende così
sclusivamente legato alla scultura: statue in un risalto mai prima avuto la personalità del-
pittura sono i due monumenti a Giovanni A- l’artista. Il Brunelleschi è il primo artista di
cuto [cfr. II.16] e a Niccolò da Tolentino [cfr. cui si abbia una biografia scritta da un con-
II.37], rispettivamente di Paolo Uccello e di temporaneo, secondo una vecchia tradizione
Andrea del Castagno in Santa Maria del Fio- il matematico Antonio Manetti; l’Alberti de-
re, statue in pittura sono i personaggi illustri dica nel 1436 il trattato della pittura alle
[cfr. II.36, II.38] dipinti da Andrea del Casta- grandi personalità artistiche del tempo; il
gno nella villa di Legnaia. Ghiberti, nei Commentari, traccia il primo
L’evocazione dell’antico non si appoggia sol- disegno di una storia dell’arte. Ogni artista
tanto a fonti figurative. Sono importantissime mira a superare quelli che l’hanno precedu-
le fonti letterarie, di cui la cultura umanistica to, a sollevarsi al di sopra dei contemporanei,
favorisce la conoscenza e che, ovviamente, a distinguersi per uno stile proprio, netta-
valgono più come ispirazione che come mo- mente caratterizzato.
dello. Il significato degli antichi miti non può L’importanza data alla personalità e all’origi-
essere assunto in senso letterale, ma può ve- nalità dell’artista non elimina le relazioni tra
nir trasposto in chiave anche soltanto vaga- gli artisti. Ciascuno è perfettamente al cor-
mente allegorica: come nel Pollaiolo, nel Bot- rente di quello che nell’arte si fa nella sua
ticelli, in Filippino Lippi e, con maggior rigo- città e fuori; nella seconda metà del secolo il
re filologico, in Mantegna. Il frequente riferi- problema dominante sarà quello del rapporto
mento a testi poetici è infine all’origine del ri- tra l’arte italiana e l’arte fiamminga. Ma i rap-
corrente paragone di pittura e poesia: parago- porti non avvengono più per estensione indif-
ne che, appoggiandosi al detto oraziano ut pic- ferenziata di mode e tradizioni. Ogni artista
tura poesis, rimarrà fino all’inoltrato Seicento valuta in che cosa la ricerca altrui coincida o
uno dei concetti-base del classicismo. interferisca con la propria, o ne diverga e vi
A un livello molto inferiore l’antico ha fornito si opponga; gli incontri sono meditate adesio-
modelli, nella seconda metà del Quattrocen- ni, i contrasti sono implicite, talvolta esplici-
to, per vere e proprie imitazioni o falsificazio- te, polemiche. L’insieme dell’arte italiana del
ni, talvolta di qualità assai elevata, special- Quattrocento appare dunque come un anima-
mente nel campo della piccola scultura bron- to intrecciarsi di correnti. Spesso queste sono
zea, della placchetta e della medaglia. Ma, in “scuole” cittadine: ci sono la scuola fiorenti-
questi casi, non si tratta più di austere medi- na e la senese, la ferrarese e la lombarda ecc.:
tazioni sulla storia, bensì di “antiquariato”. ogni città sembra volersi caratterizzare.
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10 Modulo 1 IL QUATTROCENTO I primi protagonisti

3. Il concorso del 1401

Il secolo si apre, a Firenze, con una gara tra


scultori: si bandisce il concorso per la secon-
da porta bronzea del battistero (la prima di
Andrea Pisano era del 1336). Vi partecipano,
con maestri già famosi come Jacopo della
Quercia, due scultori poco più che ventenni:
LORENZO GHIBERTI e FILIPPO BRUNELLESCHI.
I concorrenti dovevano presentare una “sto-
ria”, il Sacrificio di Isacco, a rilievo, in una
formella o compasso a losanga lobata, come
quelli della porta trecentesca. Tanto il Ghi-
berti che il Brunelleschi sono per un ritor-

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no all’antico e hanno una cultura umanisti-
ca e storicistica: tuttavia le loro posizioni
divergono.

L’interpretazione Il Ghiberti elenca tutti gli elementi del rac-


allegorica conto biblico: Isacco, Abramo, l’ara, l’ange-
di Ghiberti lo, l’ariete, i servi, l’asino, la montagna
[I.15]. La sua cultura classica gli suggerisce
un riferimento, il sacrificio di Ifigenia, e
un’interpretazione allegorica del fatto stori- I.15 LORENZO GHIBERTI, Sacrificio di Isacco (formella), 1401, 15
co: la rinuncia agli affetti personali per l’ob- bronzo dorato, 38 x 45 cm, Firenze, Museo Nazionale del Bargello
bedienza a un imperativo superiore. Non Secondo la tradizione biblica (Genesi, 22,1), il patriarca ebreo Abramo fu
messo alla prova da Dio, che gli chiese di sacrificare suo figlio Isacco.
rappresenta un dramma, ma evoca un antico Abramo obbedì ma, mentre stava per compiere il sacrificio, intervenne un
rito sacrificale. Le figure sono vestite all’an- angelo a trattenerlo
tica, la fronte dell’ara ha un fregio classico:
sappiamo così che il fatto è accaduto in un
tempo remoto e non ha più mordente dram-
matico. Isacco, in un bell’atto di offerta, o-
stenta le proporzioni perfette del corpo nu-
do; Abramo inarca l’alta figura con un movi-
mento garbato. Affinché lo sguardo possa in-
dugiare sulla bellezza dei particolari, la sto-
ria ha un tempo rallentato: una lunga cesura
cade tra il fatto principale e il secondario,
tra la scena del sacrificio e i servi rimasti ai
piedi del monte. La segna, tagliando diago-
nalmente il campo, un’erta cresta di roccia,
che agisce anche da schermo riflettente e re-
gola l’illuminazione delle due parti. Questa
trasversale coordina anche due orbite di mo-
to: la lunga curva falcata di Abramo e quel-
la opposta più breve e inversa, del collo del-
l’asino. Questi ritmi di moto trovano un’eco
nelle curve della cornice: il movimento non
si concentra in un’azione, si dissipa nello
spazio luminoso. L’azione è ancora sospesa:
Abramo non ha vibrato il colpo, l’angelo è
lontano nel cielo, Isacco non è atterrito, l’a-
riete è sul monte.

La simultaneità La storia del Brunelleschi [I.16] dura molto ■ Separati dall’andamento curvo e ce, dalla posizione dell’asino, dalle
delle azioni meno. Gli atti delle figure sono simultanei, diagonale, due aspetti compositivi a- figure in piedi. Sono onde ritmiche
nella formella formano un unico moto imperniato sul forte nimano la scena: a destra il ritmo di moto e curve contrapposte che dal
formato dalle linee-forza curve la cui centro si allargano verso l’esterno e
di Brunelleschi risalto del corpo di Isacco. Le forze si scon- successione sottolinea il moto dell’a- con le loro proprietà strutturali con-
trano: tutta la massa protesa del corpo di A- zione; a sinistra il ritmo breve e ser- corrono a trasmettere le tensioni do-
bramo spinge la mano ad affondare la lama, rato dato dall’andamento delle roc- vute allo svolgersi dell’azione.
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3. IL CONCORSO DEL 1401 11

l’altra mano rovescia brutalmente all’indietro


la testa della vittima scoprendo la gola indi-
fesa. Il busto di Isacco si flette sotto la spin-
ta, ma nelle gambe è già un accenno di resi-
stenza e di reazione. L’angelo piomba dal cie-
lo: la sua figura è una traiettoria tesa, che ter-
mina nella mano che afferra il polso di Abra-
mo. Con l’altra indica l’ariete riluttante. L’ur-
to di tre volontà in contrasto si concentra nel
nodo delle teste e delle mani al vertice di un
triangolo che rompe il ritmo ripetuto delle
curve della cornice. La base è formata dai
servi e dall’asino: ma la loro estraneità all’a-
zione l’intensifica ancor più: il dramma parte
da zero e subito è al colmo. Il Ghiberti de-
scrive lo spazio in un succedersi di piani e di
episodi; il Brunelleschi lo costruisce con la
simultaneità dei moti, l’equilibrio dinamico
del loro contrapporsi.

In Brunelleschi Quale dei due scultori è più naturale? Il Ghi-


la dimensione berti. Cerca di proporzionare paesaggio e fi-
dell’agire gure; studia le sfaldature della roccia e le
storico fronde degli alberi, fa scorrere la luce lungo i
piani e i risalti, incanala l’ombra nei solchi
della forma. Il Brunelleschi, del paesaggio,
vede poco o nulla: una scheggia di roccia lon-
tana e convenzionale, un albero che dovreb-
be essere distante e al cui tronco, invece, a-
derisce un lembo del mantello di Abramo I.16 FILIPPO BRUNELLESCHI, Sacrificio di Isacco (formella), 1401, 16
sbattuto dal vento. bronzo dorato, 38 x 45 cm, Firenze, Museo Nazionale del Bargello
Quale è più studioso dell’antico? Il Ghiberti.
Evoca costumi antichi, inserisce ornati clas-
sici, ritrova, chi sa come, il gusto pittorico e
perfino la cadenza poetica dei rilievi elleni-
stici. Il Brunelleschi si limita a citare, in un
servo, il motivo classico del giovane che si
toglie la spina dal piede.
Quale è più “moderno”? Non è facile dirlo.
Il Ghiberti non è certo un sostenitore dei
ritmi melodici del tardogotico: elimina le
cadenze leziose, i particolari inutili, ma le
onde ritmiche di curve, la luminosità effu-
sa, il gusto decorativo della composizione
guidata dalla cornice sono ancora motivi di
un’estetica tardogotica. Il rilievo del Bru-
nelleschi è in duro contrasto con tutta
quell’estetica; e si richiama invece, diret-
tamente, a Giovanni Pisano. Il richiamo è
quasi testuale nel gesto dell’angelo, nell’a-
sino, nell’arcaismo ostentato dello spunto
paesistico.
Quale è più rivoluzionario? Il Brunelleschi,
senza dubbio. Lo spazio del Ghiberti è uno
spazio naturale in cui accade un certo fatto.
Il Brunelleschi elimina lo spazio naturale, fa
il vuoto; nel vuoto costruisce uno spazio nuo-
vo con i corpi, i gesti, l’azione delle persone.
Del nuovo spazio definirà, pochi anni dopo,
la struttura, e sarà la prospettiva; ma l’intui-
zione prima è già in questo rilievo. Non sarà ■ Il ritmo dell’azione è concentra- zione in modo quasi geometrico, at-
lo spettacolo naturale, sia pure più meditato, to nella parte alta della formella, do- traverso la disposizione ascendente
più misurato, più “obbiettivamente” inteso. ve gli andamenti curvi e contrappo- delle figure che guida l’attenzione
sti nascono dalla posizione delle tre dell’osservatore verso il vertice, zo-
Sarà uno spazio non-naturale, di fatti più che figure principali. Tutto il resto della na in cui si concentra e si intensifi-
di cose, pensato come la dimensione dell’agi- scena è organizzato nella composi- ca la drammaticità dell’azione.
re storico.
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12 Modulo 1 IL QUATTROCENTO I primi protagonisti

4. Il secondo decennio

Nel concorso per le porte la vittoria tocca al


Ghiberti, forse perché il suo saggio è giudi-
cato più moderno che quello del Brunelle-
schi. È ancora il Ghiberti che si propone di
interpretare in modo moderno e cristiano il
tema classico della statua. L’impresa che af-
fronta col San Giovanni Battista [I.20] per
Orsanmichele (finito nel 1414) presenta dif-
ficoltà tematiche e tecniche, tant’è vero che
l’artista deve impegnarsi a pagare, in caso di
insuccesso, le spese di fusione.

Dignitas Il Ghiberti ha un programma simile a quello


umanistica dei letterati del suo tempo: la renovatio del-
e movimento l’antico non contro ma attraverso la spiritua-
gotico in lità cristiana. Col tema d’immagine della sta-
I.17 GIOVANNI
Ghiberti tua vuol ritrovare la tecnica, dimenticata o DI ANTONIO
scaduta, della fusione in bronzo di grandi fi- DI BANCO detto
gure a tutto rilievo: ma del bronzo, con i suoi NANNI DI BANCO,
riflessi, ha bisogno anche per far vivere la fi- San Luca,
gura in uno spazio che concepisce ancora 1408-1413,
marmo, altezza
come diffusione in terra del lume celeste. 207,5 cm,
Vuole esprimere la nobiltà del movimento e Firenze,
del gesto del profeta, quasi fosse un antico Museo dell’Opera
oratore; ma, insieme, la tensione spirituale, del Duomo
17
la spinta alla trascendenza, il desiderio di
Dio dell’anima cristiana. Una lunga piega o-
bliqua, appena inarcata, sale dal piede alla
mano, al braccio flesso: di qui s’irradiano, in
orbite ripetute e crescenti, le curve che dan-
no a tutta la figura un moto di rotazione ec-
centrica e trasmettono la luce in ondate rit-
miche successive. L’asse di questa rotazione
è al margine della figura, nel braccio che
regge la croce. La dignitas della persona è
umanistica; il suo movimento, che non si
contiene nel gesto e si trasmette allo spazio
e alla luce, è ancora gotico. Il Ghiberti non
sconfessa la tradizione, l’aggiorna e l’affret-
ta; la estende nel tempo fino a comprendere
la gravità antica, da un lato, e la sensibilità
moderna, dall’altro.

Il “latino” Quasi negli stessi anni, il tema umanistico


severo di della statua è proposto, in termini molto di-
Nanni di Banco versi, da NANNI DI BANCO (1390-1421), che lo
riprende, con anche più esplicito intento clas-
sicistico, nei Quattro santi coronati [I.19] di
Orsanmichele. Non pone una questione di I.18 DONATO
DI NICCOLÒ
tecnica ma di linguaggio: le figure sono di DI BETTO BARDI
marmo, anche se il modellato profondo negli detto DONATELLO,
scavi, levigato e lucido nei risalti evoca tal- San Giovanni
volta gli effetti luministici del bronzo. evangelista,
terminato
Nel San Luca [I.17], per la tribuna del duo- nel 1415,
mo, il panneggio, ampio e pesante in basso, marmo,
dà consistenza e gravità alla massa; il model- altezza 210 cm,
lato è più superficiale nel busto per favorire Firenze,
il diffondersi della luce, più tagliente e inci- Museo dell’Opera
del Duomo
18
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4. IL SECONDO DECENNIO 13

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19 20
I.19 NANNI sivo, come cesellato, nella testa e nei capelli I.20 LORENZO GHIBERTI,
DI BANCO, per intensificare il gioco dei riflessi. Ma le San Giovanni Battista, 1414,
Quattro santi braccia formano due archi di diversa apertu- bronzo, altezza 255 cm, Firenze,
coronati, ra, che sono ripresi e sviluppati nelle curve chiesa di Orsanmichele
1410-1415 circa, ritmicamente ripetute del panneggio, in bas-
marmo, altezza
200 cm, Firenze, so; e l’asse della figura è obliquo, la testa leg-
chiesa di germente inclinata e protesa. Il movimento a
Orsanmichele spirale gotico è ridotto, contenuto, appesanti-
to, ma non eliminato.
Nanni di Banco non cerca, come il Ghiberti,
■ Il ritmo è l’elemento strutturale
un compromesso tra gravità antica e sensibi- che sembra dare vita e movimento
lità moderna; esprime un contenuto moderno alla figura: è formato da onde cur-
in un latino severo e corretto come quello ve, serrate e incrociate nella zona
della letteratura umanistica. mediana, da andamenti orientati in
verticale in quella inferiore e da u-
na breve successione ritmica nel
Contenuti nuovi Il tema della statua occupa anche quello che braccio sinistro piegato. Nonostan-
nel robusto diventerà il più grande scultore del Quattro- te la posizione statica della figura,
“volgare” cento, DONATELLO (1386-1466). l’aspetto strutturale ne evoca il
di Donatello Nel San Giovanni evangelista [I.18] (termina- moto interno.
to nel 1415) del Museo dell’Opera del Duo- mi lineari che tendano a uscire, a comuni-
mo non pone problemi di tecnica, né di lin- carsi allo spazio, a collegare la luce intensifi-
guaggio, ma di struttura della forma plastica. cata della scultura a quella diffusa dell’am-
La sua statua è singolarmente simile (nell’im- biente: i piani larghi e sintetici, rafforzati da-
postazione, nel movimento delle braccia, nel- gli scavi profondi, sono quasi brutalmente e-
la graduazione del peso dal basso all’alto) a sposti all’incidenza dura della luce. Non vi
quella di Nanni, che in questi anni gli lavo- sono allusioni classiche, come nel Ghiberti,
rava vicino. Ma l’asse cade a piombo, gli ar- né citazioni latine, come in Nanni di Banco:
chi delle braccia chiudono la massa, la testa Donatello esprime in un robusto “volgare”
si volge con uno scatto breve e volitivo. L’an- contenuti nuovi. Il fatto nuovo è la forza mo-
damento della forma plastica è ancora guida- rale di cui la figura è carica, la saldezza del-
to da un succedersi di curve, ma tendenti al le masse plasmate dalla luce, la risoluta con-
basso, chiuse nel blocco pesante, carico di cisione del gesto, la “presa” immediata, il si-
forza compressa, della figura. Non vi sono rit- curo dominio della figura sullo spazio.
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14 Modulo 1 IL QUATTROCENTO I primi protagonisti

5. La cupola di Santa
Maria del Fiore

Il pensiero di una forma che non si accorda


per sottili analogie o per echi ritmici allo spa-
zio naturale, ma definisce e costruisce uno
spazio umano e l’impone sullo spazio di natu-
ra, si precisa e sviluppa nella più ardua e au-
dace impresa del secolo: la costruzione, ad o-
pera del Brunelleschi, della cupola del duomo
fiorentino [I.21 – I.24]. Al concorso del 1418
per la cupola partecipa anche il Ghiberti, ma
il vincitore, questa volta, è il Brunelleschi.

Una forma Il problema aveva un aspetto tecnico, un a-


attuale sul spetto estetico, un aspetto ideologico-urbani-
fondamento stico. C’era un dato preciso: la cattedrale i-
storico deata e iniziata alla fine del Duecento da Ar-
arnolfiano nolfo, ampliata e costruita fino al tamburo nel
corso del Trecento. Era un dato estremamen-
te impegnativo, perché la cattedrale era l’edi-
ficio rappresentativo per eccellenza, la forma
visibile, più ancora che il simbolo, di una so-
cietà profondamente conscia della propria a-
scendenza e funzione storica. La chiesa era
stata iniziata, più di un secolo prima, da un
maestro come Arnolfo; sviluppata e adeguata
a situazioni nuove nel Trecento, da Giotto (col
campanile): ora, al principio del Quattrocento
21
e in una mutata condizione sociale e politica, I.21 FILIPPO BRUNELLESCHI, Cupola della chiesa di Santa Maria
si trattava di decidere anzitutto se completare del Fiore, 1418-1436, Firenze
semplicemente l’opera iniziata seguendo il
progetto di Arnolfo, reinterpretarla assumen-
dola come premessa, oppure abbandonare
l’antico progetto e fare qualcosa di totalmente
nuovo, moderno. Il Brunelleschi sceglie la so-
luzione storica: non si atterrà al modello anti- I.22 Veduta aerea della chiesa di Santa Maria del Fiore a Firenze
co e non indulgerà alla moda, ma costruirà u-
na forma piena di significato attuale sul fon-
damento storico della costruzione arnolfiana.
Aspetto tecnico: la cupola non poteva essere
costruita con i mezzi tecnici a disposizione. U-
na cupola in costruzione doveva essere sorret-
ta, fino alla chiusura finale del sistema delle
forze nella chiave di volta, da grandi armature
lignee (cèntine); e non si potevano fare centine
così grandi. Evidentemente, quando nel Tre-
cento fu costruito il tamburo, v’erano a Firenze
carpentieri capaci di armare centine così gran-
di; ma, finito il tempo delle grandi costruzioni
e mirandosi soprattutto (come nella seconda
metà del Trecento) alla finezza decorativa, le
maestranze preparate a compiti di così grande
impegno costruttivo erano scomparse. Si sa-
rebbe potuto cercare di recuperare la tecnica
dimenticata (come fa il Ghiberti per la fusione
della sua statua); invece il Brunelleschi inven-
ta una nuova tecnica, e non per costruire cen-
tine che sostengano la cupola, ma per permet-
tere alla cupola di autosostenersi nel corso del-
la costruzione. La deduce dal “modo di mura-
re” dei romani, che ha studiato sulle rovine,
22
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5. LA CUPOLA DI SANTA MARIA DEL FIORE 15

ma la concreta in una forma molto diversa da ma della cupola; questa non grava più sul-
quella delle cupole a calotta romane; è una for- l’edificio, ma si libra rigonfia nell’aria, con
ma leggermente ogivale, che tiene conto delle la tensione elastica degli spicchi di mura-
forze di spinta dei sistemi gotici a nervature, tura, tesi tra le nervature come la stoffa tra
ma soprattutto realizza un equilibrio interno, le stecche di un ombrello.
una giusta “proporzione” delle forze in atto. La Aspetto ideologico-urbanistico: la città non è
nuova invenzione tecnico-formale non può più più il libero comune per cui Arnolfo aveva i-
essere attuata con i vecchi procedimenti co- deato la cattedrale di Santa Maria del Fiore,
struttivi, con l’esperienza di cantiere delle al posto dell’antica Santa Reparata. È il cen-
maestranze tradizionali: ora l’architetto è il so- tro di un piccolo stato: la cupola è il perno dei
lo responsabile del progetto, le maestranze quartieri e delle vie della città, domina e ca-
debbono soltanto eseguire. ratterizza il paesaggio urbano, ma con il suo
sviluppo in altezza e con la larghezza delle
Funzione Aspetto estetico: la cupola è una forma nuo- sue curve si collega all’orizzonte dei colli che
estetica e va inventata da un artista che ha approfon- circondano la città. L’Alberti afferra questo
ideologica dito l’esperienza storica dell’antico; non è significato più che municipale quando dice
della cupola più l’espressione collettiva o corale del sen- che la nuova cupola è ampia da coprire tutti i
timento religioso della comunità, ma l’e- popoli toscani.
spressione individuale di un artista che in- La cupola, infine, rientra nella polemica an-
terpreta il sentimento collettivo, allo stesso tigotica fiorentina: intesa come volume co-
modo che, in politica, il “signore” sostiene prente e come convergenza di tutte le forze
di interpretare gli interessi del popolo. La dell’edificio, è l’opposto del gotico moltipli-
cupola non soltanto conclude un edificio di carsi delle forze verso l’alto con le numero-
un’altra epoca: lo ridefinisce, lo adegua, ne se, esili guglie libere nello spazio. L’inven-
trasforma il significato. Arnolfo aveva con- zione brunelleschiana, che riassume, equi-
cepito la cattedrale come un corpo longitu- libra, annulla tutte le forze dell’edificio, è,
dinale a tre navate che sbocca in una tribu- chiaramente, l’antitesi dello sforzo colossale
na ottagona con absidi in ogni lato: come i con cui gli architetti del duomo milanese le
petali di un fiore sullo stelo. Aveva cioè cer- individuavano una per una e le spingevano
cato il contrasto tra la prospettiva diritta del- verso l’alto in una scintillante selva di pin-
le navate e l’improvviso espandersi dello nacoli aguzzi.
spazio, a raggiera. Il Brunelleschi si propo-
ne di equilibrare, con la cupola, tutti quegli
spazi (masse all’esterno, vuoti all’interno),
cioè di trasformare in proporzionale l’edificio
concepito in senso dimensionale. Con l’am-
pio corpo della cupola coordina e conclude
gli spazi irradiati del coro, con il profilo ogi-
vale equilibra in altezza lo spazio longitudi-
nale della navata, con la convergenza delle Lanterna
nervature definisce prospetticamente la for- Serraglio piramidale
Vele esterne
I.23 – I.24 Sezione Vele interne
e assonometria della Sproni d’angolo
cupola di Santa Maria
Sproni mediani
del Fiore a Firenze
Archi orizzontali
Letto conico

23 24
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16 Modulo 1 IL QUATTROCENTO I primi protagonisti

6. Tre Adorazioni dei Magi

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I.25 PIETRO DI GIOVANNI detto LORENZO
MONACO, Adorazione dei Magi, 1422 circa,
tempera su tavola, 170 x 115 cm, Firenze,
Galleria degli Uffizi
25
I soggetti delle opere d’arte non sono mai scel- [I.26; cfr. Il Medioevo, fig. IV.147], che dipin-
ti senza un motivo. In una società di grandi ge nel 1423, gli è stata ordinata da Palla
banchieri l’Adorazione dei Magi allude all’o- Strozzi, l’uomo più ricco di Firenze: valeva la
maggio dei potenti della terra al Dio nato in pena di mettere al suo servizio l’arte delle
povertà, ma anche al favore di Dio per chi, do- corti, come per dire che la ricchezza è una
tato di tanti beni, li impiega per fini santi. Tre specie di principato. Per correre alla capan-
quadri importanti sono stati dipinti a Firenze, na di Cristo, i re hanno interrotto la caccia;
con questo soggetto, nel giro di pochi anni. sono arrivati col loro seguito di gentiluomini,
di battitori, di falconieri, di cavalli e di cani.
L’Adorazione Il primo [I.25] è di LORENZO MONACO (circa Il corteo compie lunghi giri in un paese che
di Lorenzo 1370 – circa 1423), frate camaldolese e, co- si dispiega fino a riempire tutto il quadro; e
Monaco me pittore, rigido seguace della tradizione la natura svela la varietà infinita delle sue
fiorentino-senese. Del gotico cortese, che sembianze. La nascita di Cristo diventa una
s’andava infiltrando in Toscana, condanna il graziosa favola naturalistica, l’omaggio dei
carattere mondano e piacevolmente naturali- sovrani una festa di corte. Tutto è rallentato,
stico e vi oppone, con rigore monastico, un i- prolungato, assaporato: la linea descrive con
deale ascetico. Elimina fiori, animali, orna- cura e senza insistenza, quasi temendo di
menti; riduce il paesaggio ad aspre schegge guastare le cose; i colori sono concertati co-
di roccia, trasforma la capanna in una costru- me le voci di un’orchestra; la luce, che im-
zione simbolica, la Chiesa. Le figure sono al- perla le forme come una rugiada d’argento, è
lungate, inarcate, sottili; i colori semplici, quasi un omaggio della natura alla bella so-
sottilmente armonizzati: ma, in sostanza, Lo- cietà. Per Gentile, il bello è tutto nelle cose,
renzo Monaco si limita ad accentuare, nelle l’artista non può inventare nulla: può soltan-
poetiche tardogotiche, l’elemento spirituali- to leggere, interpretare la realtà come un
stico rispetto a quello naturalistico. Alla bel- suonatore che esegua una musica.
lezza ornata sostituisce la bellezza inadorna,
alla canzone trobadorica la laude mistica: ma L’Adorazione Le due Adorazioni di Lorenzo Monaco e di
il ritmo non muta. di Masaccio Gentile da Fabriano esprimono, rispettiva-
mente, un’aspirazione spirituale e un’aspira-
L’Adorazione Di GENTILE DA FABRIANO, il più celebrato zione mondana: due modi, oggi diremmo, di
di Gentile maestro della corrente “internazionale”, ab- evasione. La terza [I.27], di MASACCIO, espri-
da Fabriano biamo già parlato. L’Adorazione dei Magi me una concreta, ferma coscienza della
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6. TRE ADORAZIONI DEI MAGI 17

I.26 GENTILE DA FABRIANO,


Adorazione dei Magi (dalla chiesa
di Santa Trinita a Firenze), 1423,
tempera su tavola, 220 x 173 cm,
Firenze, Galleria degli Uffizi
26
realtà. È stata dipinta, come parte della pre- no plasmati nella stessa materia: ciò che con-
della del Polittico di Pisa, nel 1426, per un ta non è la sembianza esterna né il significa-
ricco notaio. Vi sono pochi personaggi; posa- to segreto, ma la fisicità delle cose. È un pun-
no su un piano orizzontale definito dalle om- to essenziale della polemica di Masaccio:
bre portate delle figure investite da una luce non v’è varietà né gerarchia tra le cose reali,
intensa; gli abiti sono severi, scarsamente or- e davanti alle cose l’uomo non ammira né de-
nati; la capanna è una tettoia, che forma un plora, capisce. Unico accenno alla “nobiltà”
vuoto squadrato, in penombra. E il vuoto ha del soggetto e unica citazione latina, la sella
la stessa sostanza plastica delle figure, delle curulis su cui è seduta la Madonna: ma, qua-
masse schiacciate dei monti che sbarrano il si a dire che non vi sono cose nobili e cose
fondo. La linea dell’orizzonte della catena vili, v’è lì accanto, con palese analogia for-
montuosa sfiora il margine del quadro, quasi male, la sella dell’asino. Nulla, nelle figure e
elimina il cielo: non c’è fuga nell’infinito, lo nel paesaggio, allude alla bellezza del creato,
spazio è tutto reale. Monti, figure, cavalli so- ai doni della Provvidenza: il senso del divino

I.27 TOMMASO DI SER GIOVANNI DI MONE CASSAI detto MASACCIO, Adorazione dei Magi (particolare della predella dello 27
smembrato Polittico di Pisa), 1426, tempera su tavola, 60,1 x 20,8 cm, Berlino, Staatliche Museen
Nella Roma antica la sella curulis era un sedile senza braccioli, pieghevole e ornato, che veniva usato da alcuni magistrati, detti
curuli proprio perché avevano come insegna questo tipo di sedile
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18 Modulo 1 IL QUATTROCENTO I primi protagonisti

non è nelle cose vedute, ma nell’intelletto di


chi le vede. Le persone di Masaccio sono pie- 7. Brunelleschi, Masaccio,
ne del senso del divino: questa è la causa
della loro dignità; non occorre neppure che Donatello
agiscano, la loro presenza reale in uno spazio
reale ha già un altissimo significato morale.
Diceva l’Alberti (e forse il pensiero gli era
suggerito dalla pittura di Masaccio) che è co-
sa o realtà ciò che occupa uno spazio. Ma an- Brunelleschi, Chi sono i tre grandi rivoluzionari di cui ab-
che lo spazio è realtà, sintesi (e non somma) la costruzione biamo parlato?
delle cose; e cosa è la luce, che occupa lo razionale della FILIPPO BRUNELLESCHI (1377-1446), da
spazio, s’arresta e addensa sulle altre cose. veduta principio, è scultore. Dopo l’insuccesso del
Masaccio, che si è formato accanto al Bru- concorso per le porte del battistero, muta
nelleschi molto più che nella bottega di Ma- indirizzo. Sviluppa, anche attraverso ricer-
solino, compone per pieni e vuoti, come mu- che sperimentali di cui è rimasta notizia, lo
rasse un edificio: il vuoto della capanna e il studio sulla costruzione razionale della ve-
gruppo della Sacra famiglia e del re adoran- duta: evidentemente si chiede come dai ca-
te; un altro vuoto profondo e un altro gruppo si infiniti della percezione visiva si possa
di figure; ancora un vuoto, meno profondo, e dedurre una conoscenza razionale, assoluta.
i cavalli. E tutto, come in un’architettura bru- Un biografo contemporaneo dice che andò a
nelleschiana, è impostato sull’equilibrio del- Roma con Donatello; e che a Roma (mentre
le verticali e delle orizzontali. Donatello cercava oggetti antichi) studiava
Tra gli astanti due hanno costumi moderni: sulle rovine le «proporzioni musicali» e il
sono i donatori e vestono l’austero lucco nero «modo de’ murari»; non copiava fregi e ca-
dell’alta borghesia. In realtà non fanno parte pitelli, indagava le planimetrie e i sistemi di
del seguito: sono i testimoni attuali di un fat- muratura, l’ideazione e la tecnica della co-
to antico, che è storico perché conserva, do- struzione. Nel cantiere gotico il maestro era
po secoli, il suo significato. Come nell’ordine al vertice di una piramide; attraverso i gradi
dello spazio, la prospettiva non allontana e decrescenti degli scultori, intagliatori, scal-
disperde, anzi riporta ciò ch’è lontano in pri- pellini e carpentieri si scendeva fino ai sem-
mo piano, così la storia, nell’ordine del tem- plici muratori: ma tutti partecipavano, se-
po, riporta ciò che è remoto al primo piano condo la loro esperienza, alla creazione del-
del presente. Il Ghiberti, per spiegare che il l’opera. Ora questa nasce dall’esperienza
sacrificio di Isacco è storia antica, lo data storica e dall’invenzione tecnica di un uomo
con il fregio classico dell’ara; Masaccio data che traccia un progetto e dirige dall’alto, ma
l’Adorazione col costume del proprio tempo da un altro piano, l’esecuzione. Così farà per
perché la storia, per quanto antica, è attuale la cupola, l’opera che lo occupa per quasi
nella coscienza che la pensa. tutta la vita. Vi ritornerà continuamente per

I.28 FILIPPO
BRUNELLESCHI,
Loggiato dello
spedale degli
Innocenti, iniziato
nel 1419, Firenze
28
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7. BRUNELLESCHI, MASACCIO, DONATELLO 19

meglio precisarne il significato: con le tri- antiche, porticate; pensa alla funzione urba-
bunette (1430) che, alla base della grande na e sociale delle logge trecentesche fiorenti-
volta, debbono darle leggerezza, librarla ne. Progetta una facciata porticata o a loggia:
nello spazio aperto, con la lanterna (1432), una superficie in cui si inscriva una profon-
che fissa l’asse di rotazione e il centro pro- dità, un piano in cui il volume pieno dell’edi-
spettico del sistema. Sempre meglio si chia- ficio e il volume vuoto della piazza si compe-
risce il suo intento: porre al centro ideale netrino e si definiscano l’uno in rapporto al-
dello spazio un organismo plastico che me- l’altro «per comparatione», proporzionalmen-
di il rapporto tra l’edificio e la natura, metta te. La proporzione tra i due volumi è espres-
in “proporzione” l’edificio con il paesaggio sa, su quel piano-diaframma, dalla misura
urbano, le colline e il cielo. degli archi a tutto sesto, dal rapporto tra la
loro apertura e l’altezza delle colonne, e dal-
Costruzione Le altre opere insistono tutte sullo stesso pro- l’apparente, prospettico scalare del piano su-
architettonica blema, fondamentale, dello spazio: ma lo spa- periore, a finestre.
e spazio zio è sempre una realtà concreta, la dimen- La chiesa di San Lorenzo [I.29 – I.30], proget-
urbanistico sione della vita. Lo spedale degli Innocenti tata per i Medici nel 1418, è una composizio-
[I.28] (1419-1444) nasce anzitutto come fatto ne simmetrica di piani, ciascuno dei quali è
urbanistico. Occupa un lato di una piazza; pensato come la proiezione di una profondità.
ma una piazza non è una scatola, è uno spa- Lo spazio si espande in infinite direzioni, ma
zio aperto e frequentato, non si può chiuder- la ragione umana può ridurle a tre ortogonali:

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la tra quattro pareti-saracinesche. La faccia- lunghezza, larghezza, altezza. San Lorenzo è
ta di un edificio che ne formi un lato appar- composta su assi ortogonali: tali sono infatti,
tiene ugualmente all’edificio e alla piazza, rispetto all’asse della navata centrale, gli assi
deve mettere in relazione e in proporzione un delle campate delle navate laterali, che si
volume pieno e uno vuoto. Pensa alle piazze prolungano nelle cappelle; tale è l’asse del

■ Lo schema mette in e- corrispondono all’altezza


videnza la struttura del delle colonne e alla loro
porticato e i rapporti pro- distanza, che coincide
porzionali fra gli elemen- con il diametro del cer-
ti che lo formano. Ogni chio. Nel Quattrocento
arcata è organizzata sul cerchio e quadrato erano
cerchio, la cui metà supe- considerati figure ideali
riore costituisce l’arco. presenti anche in natura,
Altro elemento costrutti- della quale esprimevano
vo è il quadrato, i cui lati l’armonia e la bellezza.

30

I.29 FILIPPO BRUNELLESCHI, Interno della chiesa


di San Lorenzo, iniziata nel 1418 circa, Firenze

I.30 Pianta della chiesa di San Lorenzo a Firenze


29
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20 Modulo 1 IL QUATTROCENTO I primi protagonisti

31 32
I.31 FILIPPO BRUNELLESCHI, Interno della sagrestia Vecchia, I.32 FILIPPO BRUNELLESCHI, Cupola della sagrestia Vecchia
1419-1428, Firenze, chiesa di San Lorenzo della chiesa di San Lorenzo a Firenze

I.33 FILIPPO BRUNELLESCHI, Veduta trasversale dell’interno della chiesa


di San Lorenzo a Firenze
transetto rispetto a quello della navata. Le
due grandi superfici luminose della nave
centrale sono piani di proiezione, sezioni
prospettiche: in ogni arco si inscrive il vuo-
to di una campata, poi l’arco più basso e la
profondità della cappella, con una degrada-
zione di grandezze che è già una “piramide
visiva” [I.33]. Il piano, dunque, è un fatto
plastico: profondità proiettata e descritta in
forme geometriche, proporzionali. Ma lo
spazio è infinito: per esprimersi in forme fi-
nite deve contrarsi, comprimersi.
È il problema che, negli stessi anni, occupa
l’amico scultore del Brunelleschi, Donatello:
che lo risolve con la invenzione del “rilievo
schiacciato”. L’architetto lo risolve con la
modellazione delle membrature, articolazio-
ni plastiche che risultano dal sovrapporsi e
compenetrarsi di tanti piani in profondità:
così vediamo come sovrapporsi e compene-
trarsi le colonne lontane di un portico visto
in prospettiva. L’artista le distingue anche
nella materia più forte (pietra) e nel colore
(grigio) dalle superfici intonacate, bianche,
che formano il piano ideale della sezione
prospettica.

Pianta centrale Al problema dell’intersezione dei piani e


e pianta della costruzione sulle ortogonali il Brunel-
longitudinale leschi è portato dal continuo riflettere sugli
schemi planimetrici antichi: la pianta longi-
tudinale con simmetria bilaterale, la pianta
33
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7. BRUNELLESCHI, MASACCIO, DONATELLO 21

34 35
I.34 FILIPPO BRUNELLESCHI, Interno della cappella de’ Pazzi, I.35 FILIPPO BRUNELLESCHI, Cupola della cappella de’ Pazzi
iniziata nel 1430 circa, Firenze, convento di Santa Croce nel convento di Santa Croce a Firenze

centrale con simmetria raggiata. Sono due


tipologie strutturali diverse; ma se la costru-
zione architettonica è costruzione dello spa-
zio, e lo spazio è uno, non possono esservi
due strutture ugualmente essenziali dello
spazio. Già nella cupola aveva cercato di ri-
solvere in una forma unica la centralità del-
la tribuna e la longitudinalità delle navate.
Ritorna sul problema nella sagrestia di San
Lorenzo [I.31], un vano quadrato coperto a
cupola: quattro piani di proiezione su cui è
“rappresentata” proporzionalmente la spa-
zialità esterna e l’interna; quattro grandi ar-
chi che rappresentano l’orizzonte; su di essi,
tangente, l’anello della cupola [I.32], che
riassume gli orizzonti delle quattro profon-
dità ortogonali in un orizzonte circolare. Ri-
prende e approfondisce l’argomento verso il
1430, nella cappella de’ Pazzi [I.34 – I.35],
in cui gli spazi laterali non sono soltanto
rappresentati graficamente, ma concreta-
mente dati nella profondità degli archivolti;
e la facciata [I.36] è un forte organismo pla-
stico, formato da due piani di profondità, pa-
ralleli e articolati. E s’intende come sempre
maggior importanza prenda la determinazio-
ne plastica delle membrature di pietra. In
San Lorenzo i piani murari erano pure su-
perfici bianche tese tra le strutture di pietra; 36
e specchiavano la luce, riempiendone i niti-
di volumi vuoti dell’edificio. I.36 FILIPPO BRUNELLESCHI, Esterno della cappella de’ Pazzi
Nella seconda basilica, di Santo Spirito nel convento di Santa Croce a Firenze
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22 Modulo 1 IL QUATTROCENTO I primi protagonisti

[I.38 – I.39], progettata nel 1436 ma infedel-


mente eseguita dopo la sua morte, il Brunel- I.37 MASACCIO, Vergine col Bambino
leschi concentra l’interesse sulla forza plasti- in maestà (pannello centrale
ca delle membrature – colonne, cornici ecc. del Trittico di San Giovenale),
– e, intorno a esse, definisce plasticamente il 1422, tempera su tavola,
vuoto. Si noti come qui il fusto delle colonne, 65 x 108 cm, Cascia
(presso Reggello),
più grandi, trovi il suo complemento negativo chiesa di San Pietro
nella cavità delle cappelle laterali, a nicchia.
Le colonne sono ormai le grandi protagoniste
della costruzione: l’organismo plastico per
eccellenza, il perno di tutti gli assi prospetti-
ci, l’elemento distributore e regolatore della
luce. Equivalgono al personaggio storico, in
uno spazio storico (non aveva forse i suoi
princìpi nell’antico?) e, in Santo Spirito, ad-
dirittura drammatico nella forza dei suoi con-
trasti di vuoti e di pieni. Vien fatto di pensa-
re allo spazio storico e drammatico, fatto solo
di persone, del Tributo [cfr. I.44] di Masaccio,
con quel suo anello di figure pesanti e por-

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tanti come colonne. Ma, appunto, Masaccio,
il grande amico del Brunelleschi, aveva già
dipinto il Tributo. L’aveva dipinto pensando
di concretare in realtà umana lo spazio bru-
nelleschiano, che era, come abbiamo visto
fin dal Sacrificio di Isacco, uno spazio creato
dall’azione umana. Ora il Brunelleschi co-
struisce lo spazio architettonico pensando al-
lo spazio pittorico di Masaccio, al suo “modo
di murare” le figure, di rivelarne la grandez-
za morale con la sola presenza, la sola realtà
del loro essere.
37

39

I.38 FILIPPO BRUNELLESCHI (progettista), Interno della


basilica di Santo Spirito, progettata nel 1436 ma
edificata dopo la morte del Brunelleschi, Firenze

I.39 Pianta della basilica di Santo Spirito a Firenze


38
10.M0107.qxd 4-11-2004 16:03 Pagina 23

7. BRUNELLESCHI, MASACCIO, DONATELLO 23

I.40 TOMMASO DI CRISTOFORO FINI I.41 MASACCIO,


detto MASOLINO DA PANICALE e Madonna in trono
MASACCIO, Madonna col Bambino col Bambino
e sant’Anna, 1424 circa, e quattro angeli
tempera su tavola, (pannello centrale
103 x 175 cm, Firenze, dello smembrato
Galleria degli Uffizi Polittico di Pisa),
1426, tempera
su tavola,
73 x 135,5 cm,
Londra,
National Gallery

40 41

Masaccio, MASACCIO, nato nel 1401 a San Giovanni Val- Ebbene, nella spazialità espansa, dimensio-
lo spazio di darno, muore prima di compiere i ventisette nale di questa figura Masaccio costruisce una
Brunelleschi anni, a Roma. In meno di dieci anni di attività Madonna che ha il volume e perfino il profilo
in pittura compie, nella storia della pittura, una rivolu- ogivale della cupola del Brunelleschi; e che si
zione che non ha precedenti se non in Giotto. inserisce nella figura di sant’Anna esattamen-
La tradizione lo fa discepolo di Masolino, col te come la cupola del Brunelleschi si inseri-
quale ha più volte collaborato e col quale si sce nella spazialità dimensionale delle navate
recherà a Roma nel fatale autunno del 1428. trecentesche. E, come la cupola, costituisce
In realtà (e lo prova anche la sua prima opera al centro del quadro un potente nucleo plasti-
del 1422, il trittico [I.37] scoperto a San Gio- co, che riassorbe e “proporziona” sul proprio
venale a Cascia presso Reggello) gli artisti asse tutto il resto. Masaccio, che frequentava
che hanno contribuito alla sua formazione so- il Brunelleschi più che Masolino, ha capito
no il Brunelleschi e Donatello. La distanza tra che una forma architettonica come la cupola,
Masolino e Masaccio e, semmai, l’influenza capace di autosostenersi, di risolvere in sé il
del secondo sul primo si può valutare nella conflitto delle forze, di collocarsi al centro
Madonna col Bambino e sant’Anna [I.40] dello spazio urbano e di dominarlo, era una
(1424 circa), cominciata da Masolino e com- realtà viva come una persona. Le ha dato un
pletata da Masaccio (figure della Madonna, volto che “gira” come la lanterna e ne ha fat-
del Bambino e dell’angelo reggicortina a de- to una Madonna.
stra), nonché negli affreschi dei due artisti Ricondensare, come fa Masaccio, l’effusione
nella cappella Brancacci. Masolino è convin- tardogotica significa ritrovare la radice storica
to che la tradizione possa svilupparsi e ravvi- della tradizione: ritrovare Giotto, cioè, al di là
varsi; non si oppone affatto all’impeto rivolu- del naturalismo “internazionale” e dell’acca-
zionario di Masaccio, anzi lo incoraggia con la demismo dei giotteschi. Giotto è infatti il rife-
benevolenza dell’anziano che “fa largo ai gio- rimento storico necessario per capire la Ma-
vani”; crede che la propria pittura possa con- donna col Bambino [I.41] del Polittico di Pisa
ciliarsi con quella del giovane amico e, sem- (1426); ma a questo “orizzonte” storico corri-
mai, non capisce perché il giovane amico non sponde il “primo piano” di un presente, e que-
la pensi nello stesso modo. Concepisce il qua- sto è dato dalla statuaria di Donatello. C’è il
dro con larghezza: dal tempo di Giotto non e- fondo d’oro, certamente, ma con un significato
ra apparsa nella pittura fiorentina una figura totalmente nuovo: forma un piano specchiante
grandiosa, architettonica come la sant’Anna. che rimanda e condensa la luce nella profon-
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24 Modulo 1 IL QUATTROCENTO I primi protagonisti

I.42 I.43
MASACCIO, MASACCIO,
Crocifissione Trinità,
(pannello 1427-1428
superiore circa, affresco,
dello 3,17 x 6,67 m,
smembrato Firenze,
Polittico basilica di
di Pisa), Santa Maria
1426, Novella
tempera
su tavola,
dimensioni
attuali
(il pannello
è stato
tagliato)
65,5 x 82
cm, Napoli,
Museo
Nazionale di
Capodimonte

42 43

dità limitata e ben definita di un cubo spazia-


le. E cubico è il vano del trono in cui la Ma-
donna è seduta come una statua nella nicchia;
e i due piani laterali, uno illuminato e l’altro in
ombra, giustificano la costruzione della figura
per contrapposti spioventi di luce e di ombra.
Il contrasto non è violento, non spezza l’unità
della massa coloristica: a Masaccio non inte-
ressa l’effetto di luce. Come il Brunelleschi,
nella cupola, cerca una forma che equivalga o
quanto meno sia “comparabile” all’estensione
infinita dello spazio aperto, così Masaccio dà
alla luce dell’oro valore di infinito e poi la im-
pegna in un rapporto proporzionale con una fi-
gura umana. È questa che dà alla spazialità
infinita una consistenza, una misura, una for-
ma. Con la sola sua presenza o col suo gesto:
nella Crocifissione [I.42], ch’era la cuspide del
polittico pisano, il gesto disperato delle brac-
cia della Maddalena è senza dubbio la più al-
ta nota drammatica espressa in pittura dopo
Giotto (lo si confronti con il gesto di san Gio-
vanni evangelista nel Compianto di Padova
[cfr. Il Medioevo, fig. IV.19]); eppure quel ge-
sto tragicamente umano misura esattamente la
distanza dal primo piano al fondo d’oro e lega
■ La struttura triangolare è pre- compositivo domina l’impianto pro-
al Cristo le due figure dolenti della Madonna e sente più volte nell’impianto com- spettico del vano architettonico, che
di san Giovanni. Uno spazio fatto dagli uomini positivo: nasce come forma virtuale rende esplicito il punto di vista del-
non può che essere interamente coinvolto nel dalla relazione fra le braccia aperte l’osservatore, ipotizzato in primo
loro dramma. del Cristo e la testa del Padre, dal- piano all’altezza del pavimento. Da
Si vuole che l’architettura della Trinità [I.43] la piramide che va dalla testa dei questa posizione ha inizio il percor-
committenti a quella del Cristo, so percettivo, nel quale i personaggi
di Santa Maria Novella sia stata disegnata dal dall’impostazione generale dell’in- assumono il loro ruolo e l’intera sce-
Brunelleschi: in ogni caso, Masaccio l’ha vo- tera scena. Su ogni altro aspetto na il suo significato.
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7. BRUNELLESCHI, MASACCIO, DONATELLO 25

I.44 MASACCIO, Tributo della moneta (particolare della decorazione parietale), 1424-1428, affresco, 5,98 x 2,55 m, Firenze, chiesa del Carmine,
cappella Brancacci
Al tempo di Gesù ogni israelita maschio era tenuto a pagare un tributo annuo di due dracme d’argento per il culto del tempio. Gesù non volle esimersi dal
pagare e ordinò a Pietro di andare a pescare un pesce e di aprirgli la bocca. Pietrò obbedì e trovò nella bocca del pesce una moneta che bastava a pagare
il tributo per Gesù e per sé

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44

luta brunelleschiana. Perché? Per coerenza al lui il fatto storico per eccellenza, perché è
significato concettuale dell’affresco. Rappre- fatto umano che attua una decisione divina:
senta la Trinità, il cui simbolo è il triangolo. fatto storico, dunque, con un significato mo-
La composizione è rigorosamente inscritta in rale certo ed esplicito. La rappresentazione
un triangolo. Ma se il pittore avesse voluto e- rivela questa eticità sostanziale, allo stesso
sprimersi per simboli non si sarebbe limitato a modo che le architetture brunelleschiane,
implicare il triangolo nella disposizione delle malgrado la diversità della loro configurazio-
figure. Il simbolo, a cui tanto spesso ricorreva ne, rivelano una spazialità sostanziale, asso-
la pittura trecentesca, non interessa Masac- luta. La scoperta di Masaccio nell’ordine eti-
cio: lo interessa l’idea e questa non si comu- co è sconvolgente come quella del Brunelle-
nica per simboli ma per chiarissime forme. La schi nell’ordine conoscitivo: amplia illimita-
Trinità è una idea-dogma: e non c’è dogma tamente l’orizzonte umano. Come in natura
senza rivelazione, non c’è rivelazione senza non ci sono un bello e un brutto, nell’ordine
forma. Nella sua eternità il dogma è anche etico non ci sono un bene e un male dato a
storia: perciò le figure, anche quella del Pa- priori: ciò che vale è sempre e soltanto la
dre, sono figure reali e storiche, che “occupa- realtà, il solo giudizio possibile è quello di
no uno spazio”. Ma lo spazio che si rivela e reale e non-reale. Ciò che Masaccio intuisce
concreta col dogma deve essere uno spazio è la grave responsabilità che deriva all’uomo
vero, certo, assoluto, storico (cioè antico e at- dal solo fatto di essere nel mondo, di dovere
tuale) come il dogma stesso: e questo spazio, comunque affrontare la realtà.
per Masaccio, è lo spazio prospettico dell’ar- La storia non è uno sviluppo dal passato al
chitettura del Brunelleschi. presente, ma la realtà come un blocco. Dal
punto di vista della narrazione evangelica, nel
Lo spazio etico Le figure di Masaccio sono spazio concretato Tributo vi sono tre tempi: Cristo, a cui il ga-
del Tributo e rivelato in sembianze umane. Gli affreschi belliere chiede il pedaggio, ordina a Pietro di
della cappella Brancacci nella chiesa del andare a prendere la moneta nella bocca del
Carmine rappresentano miracoli di san Pie- pesce; Pietro prende la moneta; porge l’obolo
tro. Ha il posto d’onore il Tributo della mone- al gabelliere. Nella rappresentazione i tre
ta [I.44], un fatto miracoloso in cui il prota- tempi si saldano e le lunghezze del tempo so-
gonista è Cristo e Pietro non fa che obbedire. no espresse in misure di spazio. Spesso, nella
Masaccio elimina dalla rappresentazione dei narrazione continua romanica e gotica, la stes-
miracoli ogni aspetto episodico, ogni com- sa persona appariva più volte nella stessa fi-
mento sia pure ammirativo. Il miracolo è per gurazione, come nel Tributo. Ma perché qui
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26 Modulo 1 IL QUATTROCENTO I primi protagonisti

I.45 MASACCIO,
San Pietro
cattura il pesce
(particolare
del Tributo
della moneta),
1424-1428,
Firenze,
chiesa
del Carmine,
cappella
Brancacci

I.46 MASACCIO,
Cristo e san
Pietro compiono
il medesimo
gesto (particolare
del Tributo
della moneta),
1424-1428,
Firenze,
chiesa
del Carmine,
cappella
Brancacci
45 46
non c’è successione cronologica e il primo pena con un breve tratto di sponda e la pic-
tempo è al centro, il secondo a sinistra, il ter- cola figura di Pietro ridotta a un sintetico,
zo a destra? È chiaro che Masaccio non vuole ma duplice e contraddittorio schema di mo-
la successione, ma la simultaneità, perché tut- to: è appena arrivato, si china, sta per ri-
ti i fatti dipendono dal gesto imperativo di Cri- prendere la corsa in senso inverso [I.45].
sto. La sua volontà diventa istantaneamente la Il vero contenuto dell’opera non è il fatto mi-
volontà di Pietro, che ripete esattamente il ge- racoloso, ma la volontà di Cristo, a cui sono
sto del Maestro [I.46]. Questo gesto ripetuto solidali gli apostoli che gli formano intorno
indica lo stesso Pietro che, lontano, apre la un cerchio compatto, e la delega a Pietro,
bocca del pesce; non si tratta di due momenti che va a prendere la moneta e paga il tribu-
successivi, ma dello stesso momento, come se to [I.47]. Questa solidarietà morale, molto
il pittore, dopo avere espresso l’ordine di Cri- più che una regola di prospettiva, crea la po-
sto, si limitasse ad aggiungere: detto-fatto. derosa realtà plastica delle masse coordina-
Il miracolo, naturalmente, è la moneta trova- te alla figura centrale di Cristo. L’anello u-
ta nella bocca del pesce; ma il pittore lo rele- mano è circondato da un arco di monti nudi,
ga a un estremo del dipinto e lo accenna ap- con pochi alberi morti che segnano perdute
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7. BRUNELLESCHI, MASACCIO, DONATELLO 27

I.47 MASACCIO,
San Pietro paga
il tributo
(particolare
del Tributo
della moneta),
1424-1428,
Firenze, chiesa
del Carmine,
cappella Brancacci

47
direzioni prospettiche. Solo la porta di città za di “pieno” in uno spazio vuoto. La direzio-
ha un volume definito: il pilastro è cesura ne obliqua del gruppo di destra, ribadita dal
tra gli apostoli raggruppati e il fatto conclu- piano trasverso del gabelliere che parla a Cri-
sivo della consegna dell’obolo; l’arco forma sto, suggerisce una lunga prospettiva che s’in-
un vuoto prospettico che collega la figura di nesta in quel cerchio, come una navata longi-
Pietro allo spazio profondo; un muro vicino, tudinale nella tribuna di una chiesa; e le pro-
all’opposto, spinge in avanti la figura del ga- spettive sfuggenti degli alberi, delle valli tra i
belliere. Masaccio è troppo colto, troppo u- monti sono come vani che si irradiano da quel
manista per non intendere il significato circolo di masse portanti. Non si vuol dire,
profondo del tema: a Pietro, a lui solo come con questo, che Masaccio abbia intenzional-
capo della Chiesa, toccherà trattare col mente messo in opera una costruzione spazia-
mondo, con i poteri terreni. Anche perciò le brunelleschiana (come ha fatto nella Tri-
questo fatto è più vicino e presente. nità), ma è indubbio che la struttura spaziale,
Il paesaggio è deserto, arido, senza luce e sen- l’intuizione della realtà è, nei due artisti, la
za colori: tutta la luce si condensa sulle figu- stessa e che tra la geometria del Brunelleschi
re, compenetra le masse plastiche, dà loro for- e l’etica di Masaccio v’è un’intesa profonda.
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28 Modulo 1 IL QUATTROCENTO I primi protagonisti

I nuovi colori Opera fondamentale per conoscere l’arte di Masaccio è la cappella Brancacci, nella chiesa
della cappella Brancacci fiorentina di Santa Maria del Carmine. Il restauro della cappella ha restituito agli affreschi
dopo il restauro le originarie qualità cromatiche, ha permesso di recuperare alcuni frammenti di pittura
rimasti nascosti dalle sovrastrutture aggiunte nel corso dei secoli e ha restituito all’intero
ciclo un aspetto assai vicino a quello originario.

■ La cappella, da molti secoli no e da Masaccio, ma nel corso do sull’altare la pala duecentesca zione con una fascia alla base dei
dedicata alla Madonna del Popo- dei lavori Masolino interruppe la della Madonna col Bambino, tut- riquadri. Verso la metà del Sette-
lo, apparteneva fin dal XIII seco- collaborazione e l’opera fu portata tora presente. Tale intervento cento l’intera cappella fu “mo-
lo ai Brancacci, una famiglia di avanti dal solo Masaccio, che nel comportò la distruzione di un ri- dernizzata” e subì una decisa tra-
ricchi mercanti fiorentini. Nel 1428 lasciò il lavoro per recarsi a quadro già dipinto da Masaccio sformazione con la distruzione
1424 Felice Brancacci affidò a Roma, città in cui morì nello stes- con il martirio di san Pietro. Solo della volta originaria. Alzato e ri-
Masolino e a Masaccio l’incarico so anno. I lavori subirono poi una verso la fine del secolo Filippino dipinto il soffitto, fu aggiunto un
della decorazione. Il progetto ori- lunga sospensione in quanto Feli- Lippi completò la decorazione altare barocco nella parete di
ginario riguardava la volta gotica, ce Brancacci, schierato su posi- delle pareti. fondo e la finestra bifora origina-
le pareti, i lunettoni, con un pro- zioni antimedicee, fu dichiarato ria fu trasformata in una rettan-
gramma suddiviso fra i due pitto- ribelle e costretto all’esilio da Fi- golare centinata. Nel 1771 un in-
ri e che solo oggi è possibile ipo- renze. In sua assenza i frati car- ■ Alcuni interventi successivi cendio annerì le pitture, che as-
tizzare nel suo impianto origina- melitani titolari della chiesa de- modificarono in parte la cappel- sunsero quei caratteri con i quali

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rio. Gli affreschi furono iniziati dicarono la cappella al culto del- la. Nel 1670-1674 fu operato un le hanno conosciute studiosi e
contemporaneamente da Masoli- la Madonna del Popolo, collocan- restauro e si completò la decora- pubblico per circa due secoli.

I.48 MASOLINO DA PANICALE ■ La decorazione comprendeva la fonte di luce che regolava la da paraste corinzie che sostengo-
e MASACCIO, Tributo della moneta un unico progetto, con storie di percezione dei chiaroscuri e la no leggeri architravi lunghi quan-
e Predicazione di san Pietro san Pietro disposte a tre ordini profondità delle scene. Come si to le pareti. Dietro alle paraste il
(veduta d’angolo), 1424-1428, sulle pareti e nelle lunette e con vede tuttora, i singoli episodi so- paesaggio prosegue senza interru-
Firenze, chiesa di Santa Maria gli evangelisti sulle volte. La bifo- no racchiusi in un’inquadratura zioni quasi sia un loggiato aperto
del Carmine, cappella Brancacci ra nella parete centrale costituiva architettonica formata agli angoli allo spazio esterno.
48

I.49 Ricostruzione grafica della cappella Brancacci


49
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7. BRUNELLESCHI, MASACCIO, DONATELLO 29


I.50 Decorazione dello strombo
della finestra

■ Il restauro della cappella è ■ Tecniche preliminari di inda-


durato cinque anni, dal 1984 al 51
gine sono servite a guidare i lavo-
1988, con indagini che hanno ri- ri di pulitura degli affreschi: foto-
guardato diversi versanti. Accer- grafie a raggi ultravioletti, a luce
tato che nulla più esisteva delle diretta e radente hanno permesso
antiche volte, è stato staccato l’al- di individuare la qualità della
tare dalla parete. Qui sono stati stesura pittorica e il suo stato di
ritrovati alcuni frammenti degli conservazione; raggi all’infraros-
antichi affreschi che possono es- so hanno fatto conoscere i pig-
sere identificati come parte della menti usati. Sono state poi effet-
Crocifissione di san Pietro, dipin- tuate analisi chimiche dell’into-
ta da Masaccio al centro della pa- naco per individuare un metodo
rete con una funzione forse simi- di pulitura adatto a riportare le fi-
le a quella di una pala d’altare. gure all’aspetto originario senza
Le piccole porzioni di pittura, 52
danneggiarle. Il lavoro è stato
non essendo state alterate dall’in- completato con studi sul mi-
cendio perché coperte, hanno po- croambiente per prevenire ulte-
tuto guidare con i loro colori la riori degradi.
pulitura. Sull’arriccio al di sotto
della volta sono emersi resti di
antiche sinopie e frammenti di af-
freschi con medaglioni dipinti
sugli strombi dell’antica finestra. I.51 – I.53 Particolare del San
Questi sono da attribuire sia a Pietro in cattedra nell’analisi
Masaccio che a Masolino, ulterio- all’ultravioletto, nella ripresa
re dimostrazione dell’equa divi- a luce radente, a metà della fase
sione del lavoro fra i due pittori. di pulitura
50 54 53
■ Tutti gli interventi sono stati
indirizzati a ricostruire l’aspetto
originario della cappella. Ripor-
tati gli affreschi delle pareti alla
luminosità e ai toni perduti da se-
coli, eliminata la sovrastruttura
barocca, le scene appaiono unifi-
cate dalla comune concezione
prospettica e da una stessa, lim-
pida qualità cromatica. Nono-
stante l’unitarietà del progetto so-
no comunque riconoscibili le due
diverse paternità degli affreschi
dove la personalità di Masaccio
emerge vigorosa e plastica in
confronto a quella di Masolino.
La cappella è oggi un documento
insostituibile per capire il ruolo
di maestro indiscusso che veniva
riconosciuto a Masaccio dai suoi
contemporanei.

I.54 Interno della cappella Brancacci


dopo gli interventi di restauro (1984-1988)
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30 Modulo 1 IL QUATTROCENTO I primi protagonisti

Donatello, Con DONATELLO (1386-1466) una componen-


una tendenza te nuova entra nel complesso sistema della
drammatica cultura figurativa fiorentina: l’elemento po-
e realistica polare. La cultura classica non è, per lui, un
patrimonio recuperato o un’eredità riscattata,
ma una sorta di virtù fiorentina, sempre viva
nello spirito e nella parlata schietta del popo-
lo. Egli stesso è un popolano, che impara il
mestiere lavorando da ragazzo nei cantieri
gotici dell’ultimo Trecento e passa poi nella
cerchia colta del Ghiberti. Diviene ben pre-
sto l’amico e il compagno del Brunelleschi;
ma tra i due è un divario di stato sociale che
gli scrittori antichi non mancano di sottoli-
neare. Dicono che i due furono insieme a Ro-
ma: occupato, Brunelleschi, a misurare le ro-
vine per ritrovare le “proporzioni musicali”,
il segreto intellettuale degli antichi; e invece
sempre in cerca di frammenti, avido di og-
getti, di testimonianze vive, Donatello. E rac-
contano che, quando Donatello scolpì il Cro-
cifisso [I.55] ligneo di Santa Croce, il Brunel-
leschi gli rimproverò di aver «messo in croce
un contadino» e di non aver considerato che
le proporzioni del corpo umano erano certa-
mente perfette nel corpo divino di Cristo; e
scolpì lui stesso un Crocifisso [I.56] (Santa
Maria Novella) per mostrare quale fosse la
proporzione ideale. Nella stessa linea di rin-
novamento Brunelleschi rappresenta una
tendenza intellettuale e idealizzante, Dona-
tello una tendenza drammatica e realistica. I.55 DONATELLO, Crocifisso, 1408-1409 (ma la datazione 55
è controversa), legno policromo, altezza 168 cm,
La virtus Il David [I.57] del 1409 viene subito dopo i Firenze, basilica di Santa Croce
degli antichi lavori, a cui attende insieme a Nanni di Ban- I.56 FILIPPO BRUNELLESCHI, Crocifisso, 1425 circa (ma la datazione
è controversa), legno policromo, altezza 170 cm circa,
nelle fattezze co, per la gotica porta della Mandorla del duo- Firenze, basilica di Santa Maria Novella
popolane mo [cfr. I.101]. Ancor gotico è lo schema del-
la figura, tesa nella spinta della gamba avan-
zata, rotante sul perno dell’altra, con un im-
provviso scatto di moto nei due archi delle
braccia e il vivace volgersi a destra della testa
inclinata a sinistra. Ma lo schema è scarnifi-
cato, ridotto alle pure linee di forza, che ven-
gono accentuate e contrapposte in un equili-
brio dinamico molto lontano dal ritmo gotico.
Le statue che scolpisce, in varie riprese tra il
1411 e il 1436, per il duomo, Orsanmichele e
il campanile, mostrano come evolva la sua
concezione della persona storica; e non si di-
mentichi che accanto a lui, più o meno tra il
1410 e il 1415, Nanni di Banco cercava di ri-
dar vita, nelle teste dei Quattro santi [cfr.
I.19], a una ritrattistica romana studiata sugli
originali. Donatello conosce altrettanto bene
le fonti antiche e non è dubbio che, in tutte
queste statue, si proponga di ritrovare la no-
biltà di atteggiamento e la gravità plastica
delle statue classiche; ma non si dà pace fin-
ché il modello ideale antico non coincide col
dato reale dei volti della gente che passa per
le vie di Firenze. Prima di mettere in croce un
contadino, mette borghesi, artigiani, facchini
fiorentini nei panni degli evangelisti e dei
profeti, e un bel ragazzo del popolo nell’arma-
tura di san Giorgio, e non per futile gusto ve-
ristico, ma perché veramente ritrova nelle fat-
56

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