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DEFENDING LAW IN SOCIAL SCIENCES, HAROLD KINCAID

Relazione per il corso di Epistemologia delle Scienze Umane, Anno 2015/2016

Uscito nel 1990, per la rivista Philosophy of the Social Sciences, Defending Law in Social
Sciences ha segnato l’affermazione di H. Kincaid, diventando la base dei suoi successivi lavori sul
tema.1 La tesi di fondo è che la filosofia della scienza ha a lungo considerato la fisica come l’unico
paradigma valido. Quest’ultima posizione, però, non si adatta adeguatamente alle metodologie delle
scienze sociali (d’ora in poi SS nel testo), che sono state, così, bollate come «doomed to
inexactitude»2, giacché incapaci di costituire leggi generali e produttive.

1. Nell’introdurre lo status questionis, Kincaid sostiene che la quasi totalità dei fisicalisti si
basi su leggi a priori, soprassedendo sui riferimenti empirici, nel giustificare la presunta insipienza.
Posto che le leggi a priori sono funzionali, se presupposte o invocate implicitamente, Kincaid
sostiene che nelle SS non possiamo usare soltanto esse. In sede argomentativa, infatti, i sistemi di
classificazione empirica «may well presuppose or implicitly invoke laws. […] Showing that an
alleged particular cause instantiates a law, that some mechanism always underlies some
macroprocess, that some set of classifications are related in a lawlike fashion, and so on, gives those
explanations a depth they would not have otherwise»3. Deve esserci, insomma, stretta
corrispondenza fra leggi, spiegazioni e conferme.
Nell’ampia prima parte sulle principali critiche, Kincaid fa eminentemente riferimento a
John Searle, secondo cui non c’è connessione sistematica tra i principi definitori dei fenomeni
sociali e la loro realizzazione fisica: la definizione di denaro, ad esempio, è naturalmente sociale
poiché si riferisce alla sua funzione sociale e non ai suoi attributi fisici. Kincaid indaga, allora, la
«systematic connection» fra principi e realizzazione, che appare, alternativamente, o invalida o di
incomprensibile. Intendendo questa connessione come relazione fra le leggi delle SS e quelle della
fisica, ne risulta che le SS non possono definire leggi irriducibili alla fisica; basta, però, il concetto
di benessere, per comprendere come la sua normalizzazione vada oltre la riduzione fisica. Se la
intendiamo, invece, in senso lato, come sopravvenienza della fisica sulle SS, di modo che, stabilite
le leggi fisiche, sono stabilite anche quelle sociali, questo non ci evita comunque la molteplicità di
realizzazione.

1
Cfr. Id., Philosophical Foundations of the Social Sciences: Analyzing Controversies in Social Research,
Cambridge University Press, Cambridge 1996 o Id., Individualism and the Unity of Science: Essays on Reduction,
Explanation, and the Special Sciences, Rowman & Littlefield, Lanham 1997.
2
H. Kincaid, Difending Law in Social Sciences, «Philosophy of Social Sciences» 20:56, 1990, p. 56.
3
Ivi, p. 57.
La secondo categoria con cui Kincaid si confronta imputa alle leggi sociali una «open
nature»4: le SS costituirebbe un regno soggetto a fattori esterni, indescrivibile in universale. Tale
critica coglie un punto: le leggi sociali non sono chiuse, giacché non coprono tutte le forze o tutte le
cause nel loro dominio. Non sono chiusi, però, nemmeno i sistemi fisici; i sistemi biologici,
psicologici e sociali, infatti, interferiscono indeterminatamente su questi, e «If, however, our
biological, psychological, and social theories are even in part irreducible, then there is little prospect
that exceptions to physical laws can be handled in physical terms»5. Una legge valida solo se
definibile entro un linguaggio specific, inoltre, renderebbe impossibile garantire un linguaggio
anche alla fisica, specie negli ambiti più specialistici di essa, cosicchè «the real issue is whether
potential exceptions can be handled in a systematic way not whether their descriptions fall into one
vocabulary or another»6.
L’ultima categoria riguarda la «alleged nature of psychological explanation»7. D. Davidson,
ad esempio, sostiene che non si danno leggi su stati mentali, credenze o desideri, o in generale, nelle
SS, intese come sistemi di credenze o desideri. Utilizzando, però, schemi macro-categoriali, per
esempio la psicologia cognitiva, si può evitare lo schema credenza–desiderio.

2. In linea con le confutazioni, la seconda sezione nega che le leggi su macrosistemi nelle SS
non mastrino il meccanismo che le sorregge. Kincaid si domanda, infatti, cosa significhi mostrare il
meccanismo; una tale specificazione potrebbe significare o che se non s’identifica il meccanismo
non c’è spiegazione valida, oppure che senza meccanismo non c’è conferma. La prima obiezione
non sembra avere campo; i due modelli di spiegazione più fortunati, infatti, quello di Hempel e di
Van Frassen, funzionano per macrolivelli nelle SS. Il secondo argomento, invece, fallisce non solo
perchè nelle SS la causalità non basta a spiegare tutto o perchè spesso le SS non funzionare per
causa efficiente, ma per relazione, ma soprattutto perché pur scaturendo alcune leggi intermedie
insieme con quella iniziale, ciò non accade così regolarmente da confermare una legge, a meno di
identificare precisamente la causa intermedia. Se in teoria, quindi, abbiamo difficoltà a individuare
cause intermedia, possiamo, con una valutazione rigorosa, trovare inferenze causali, decidendo fra
cause possibili, affinché il meccanismo sia controllato. La peculiarità delle leggi delle SS, allora,
diventa la loro natura teleologica; secondo G. Cohen, ad esempio, nel marxismo si può dire che se x
è utile, allora avviene. Anche se quest’esempio non è sufficiente, giacché «we could have a well

4
Ivi, p. 61.
5
Ivi, p. 62.
6
Ibidem
7
Ibidem
confirmed consequence law and yet know that the relevant teleological law was false»8 è comunque
possibile confermare questa legge teleologica attraverso delle leggi causali ordinarie.

3. Giunti alla terza sezione, Kincaid sostiene di poter affermare la possibilità di leggi nelle
SS, senza specificare se esse esistano o esisteranno. La doxa sulle SS, le considera, infatti,
improduttive. Gli argomenti classici sull’improduttività imputano una generalità nulla o solo
accidentale, oppure deduzioni fittizie o implicanti clausole ceteris paribus. Eppure, pur non avendo
i requisiti della fisica, le teorie sociali sono generali: sebbene abbiano leggi specifiche per il loro
dominio, ne hanno anche di universali. Riguardo all’accidentalità della legge, poi, dipende, ancora
una volta, cosa intendiamo con ciò. Possiamo, infatti, basarci su definizione “relative” come quella
di «progettabilità» (Goodman) o di «elasticità» (Skyrms).
Le cosiddette leggi ceteris paribus, in particolare, sono, di nuovo, proprie anche della fisica:
in situazioni complesse, per esempio, «we have at best numerous rules of thumb and somewhat ad
hoc and piecemeal principles for conjoining multiple ceteris paribus laws with reality. Ceteris
paribus clauses are prevalent and uneliminable in physics»9. Possiamo, quindi, risolvere la
complessità dell’intreccio delle possibilità nelle ceteris paribus, definendole come tendenze che si
avverano solo in situazioni macroscopiche precise. Nelle SS, infatti, le situazioni variano secondo lo
scopo (es. in economia in uno stadio ceteris paribus gli scopi diventano definitori, per esempio fra
marxisti e liberisti).

4. La quarta ed ultima sezione rappresenta, così, il tentativo di proporre una parte costruens,
in cui Kincaid dimostra il successo di leggi in economia, biologia o ecologia. Pur avendo definito
un quadro abbastanza rigoroso, egli ritorna sulla stretta dipendenza dall’esperienza nella verifica e,
soprattutto, evidenzia la pregnanza dell’ambito valoriale, costantemente implicato nella SS. Ciò
che, comunque, si ritiene di aver guadagnato è che «Gone are the days when philosophers can
declare on simple methodological or conceptual grounds that entire domains of painstaking research
are unscientific»10.

8
Ivi, p. 67.
9
Ivi, p. 70.
10
Ivi, p. 81.

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