Viene
mostrata
un’immagine
dove
si
vede
il
fondo
dell’utero,
la
parte
posteriore
del
retto,
la
parte
anteriore
del
retto,
le
due
tube,
di
sinistra
e
di
destra;
inoltre
è
visibile
un
ovaio,
l’utero,
spostato
posteriormente,
la
cupola
vescicale
con
vescica
non
piena
e
parte
della
parete
addominale
anteriore.
(immagine
simile
a
lato)
I
legamenti
larghi
sono
solitamente
descritti
in
una
visione
superiore.
Un’immagine
del
genere
è
artificiosa
in
quanto,
in
un
preparato
anatomico,
sarebbe
impossibile
scollare
i
due
foglietti
del
legamento
largo.
Nell’immagine
si
vede
la
tuba,
che
corrisponde
al
margine
superiore
del
legamento
largo;
la
pagina
posteriore
che
è
il
foglietto
posteriore
del
legamento
largo;
il
foglietto
anteriore
del
legamento
largo
che
incontrando
la
parete
addominale
si
ripiega;
inoltre
si
osservano
le
tube,
rivolte
verso
il
basso
e
all’indietro,
le
quali,
con
la
loro
parte
terminale,
vanno
a
bucare
il
legamento
largo
a
livello
del
foglietto
posteriore.
1
La
tuba
si
porta
fuori
e
indietro,
buca
il
foglietto
posteriore
del
legamento
largo
e,
così
facendo,
si
viene
a
trovare
nella
cavità
addominale,
in
prossimità
dell’ovaio,
che
sembra
quindi
essere
appoggiato
sul
foglietto
posteriore
del
legamen-‐
to
largo.
Va
osservato
inoltre
che,
poiché
l’utero
è
di
norma
in
antiflessione,
il
foglietto
che
definiamo
posteriore
è
in
realtà
posizionato
superiormente,
mentre
il
foglietto
anteriore
è
orientato
inferiormente.
Sotto
il
legamento
largo
si
vede
una
struttura
cordoniforme.
A
livello
dell’angolo
utero-‐tubarico
si
nota
una
piega
che
si
porta
in
avanti
passando
sotto
il
foglietto
anteriore
del
legamento
largo,
raggiungendo
la
parete
addominale
ante-‐
riore
a
livello
dell’orifizio
interno
del
canale
inguinale.
Questo
legamento
cordoniforme,
di
natura
connettivale
e
rico-‐
perto
da
peritoneo
(dal
foglietto
anteriore
del
legamento
largo)
è
il
cosiddetto
legamento
rotondo
dell’utero.
Sulla
la
faccia
posteriore
del
legamento
largo,
si
nota
un’altra
nervatura
che
sembra
portarsi
dal
polo
inferiore
dell’ovaio
all’angolo
utero
tubarico.
Al
di
sotto
di
questa
piega
di
peritoneo
c’è
una
sorta
di
cordone
connettivale
che
viene
definito
legamento
utero-‐ovarico.
Riassumendo,
abbiamo
tre
strutture
a
livello
dell’
angolo
utero
tubarico:
1) legamento
rotondo
(anteriormente)
2) la
tuba
uterina
(lateralmente)
3) legamento
utero
tubarico(
lateralmente
ma
più
posteriormente
rispetto
alla
tuba)
La
tuba
si
apre
posteriormente
bucando
il
foglietto
posteriore
del
legamento
largo
e
va
a
incappucciare
superiormente
l’ovaio,
che
sembra
per
questo
essere
appoggiato
sul
foglietto
posteriore
del
legamento
largo.
In
realtà
l’ovaio
non
è
appoggiato,
ma
è
attaccato
al
foglietto
posteriore
con
una
sorta
di
meso
o
doppio
foglietto.
Infatti
dal
foglietto
poste-‐
riore
si
stacca
questo
breve
meso,
detto
mesovario,
lungo
circa
un
centimetro,
che
si
porta
all’ovaio.
L’utilizzo
del
termine
mesovario
è
un
po’
forzato:
di
fatto
il
peritoneo
che
dal
foglietto
posteriore
del
legamento
largo
si
porta
all’ovaio
non
lo
avvolge
per
intero,
ma
ne
ricopre
solo
1/3.
I
2/3
rimanenti
sono
rivestiti
dall’epitelio
definito
impro-‐
priamente
epitelio
germinativo
(organogenesi
dell’ovaioàepitelio
germinativo
è
in
realtà
un
peritoneo
modificato).
All’inizio
della
vita
embrio-‐fetale
il
peritoneo
avvolge
tutto
l’ovaio,
poi
circa
4/5
di
esso
si
modificano
da
mesotelio
appiattito
diventano
mesotelio
cubico,
che
definiamo
epitelio
germinativo.
La
presenza
del
mesovario
fa
sì
che
la
parte
superiore
del
legamento
largo
possa
essere
interpretata
come
un
meso
che
fa
da
collegamento
con
la
tuba,
definito
mesosalpinge
(=parte
di
legamento
largo
che
sta
al
di
sopra
il
mesovario).
Il
mesovario
dunque
non
è
altro
che
un
meso
che
si
origina
da
un
altro
meso,
il
legamento
largo.
L’ovaio,
omologo
del
testicolo,
origina
davanti
ai
reni
e
discende
fermandosi
nella
pelvi.
Il
testicolo
invece
continua
la
discesa
portandosi
nello
scroto.
Questo
è
dovuto
al
fatto
che
la
produzione
di
ovociti
non
ha
il
problema
della
tempe-‐
ratura
che
c’è
nella
spermatogenesi.
Analogamente
però
anche
l’ovaio
prenderà
i
propri
vasi,
le
arterie
e
vene
ovariche,
dall’aorta
e
dalla
vena
cava.
I
vasi
genitali
femminili
sono
più
corti
dei
corrispettivi
maschili
e,
decorrendo
nel
retroperitoneo,
si
portano
un
po’
lateral-‐
mente
creando
una
sorta
di
piega
del
peritoneo
parietale
che
li
nasconde
.
Questa
struttura
è
chiamata
impropria-‐
mente
legamento
sospensore
dell’ovaio,
e
sembra
che
tenga
attaccato
l’ovaio
attraverso
il
polo
superiore,
ma
in
real-‐
tà
è
un
complesso
dei
vasi
ovarici
ricoperti
dal
peritoneo.
Il
complesso
legamentoso
peritoneale
dell’ovaio
è
dunque
costituito:
dai
legamenti
larghi,
dal
mesovario,
dal
meso-‐
salpinge,
da
due
legamenti
che
originano
dall’angolo
utero
tubarico,
che
sono
il
legamento
rotondo
(in
avanti)
e
il
le-‐
gamento
utero-‐ovarico
(più
indietro),
e
infine
dal
legamento
sospensore,
che
nasconde
i
vasi
al
proprio
interno.
C’è
una
linea
di
interruzione
dove
il
peritoneo
si
trasforma
in
mesosalpinge,
questa
è
nota
come
linea
di
Farre-‐
Waldeyer.
CHIARIMENTO:
legamento
utero-‐ovarico
e
legamento
rotondo
si
portano
entrambi
all’angolo
utero-‐tubarico,
sono
dunque
due
cose
diverse
o
la
stessa?
In
realtà
i
due
legamenti
possono
definirsi
come
“due
facce
della
stessa
meda-‐
glia”.
In
merito
al
testicolo
è
noto
che
questo
è
attaccato
alla
parte
inferiore
dello
scroto
dai
due
gubernacoli
(mezzi
che
ne
permettono
la
discesa).
Anche
la
donna
possiede
una
struttura
con
funzione
simile,
se
infatti
si
va
a
seguire
il
legamento
rotondo,
si
vede
che
questo
si
infila
nel
canale
inguinale
e
si
porta
poi
alla
base
delle
grandi
labbra.
Tirando
il
legamento
rotondo
con
una
pinzetta
si
vede
che
si
muovono
le
grandi
labbra,
pertanto
queste
possono
essere
con-‐
siderate
come
il
corrispettivo
del
sacco
scrotale
maschile.
Seguendo
il
legamento
rotondo
verso
l’ovaio
si
nota
che
questo
giunge
all’angolo
utero
tubarico,
si
appoggia
all’utero
e
rimbalza
poi
verso
l’ovaio
come
legamento
utero
ovari-‐
co.
2)
ASPETTI
FUNZIONALI
DELLA
VASCOLARIZZAZIONE
DELL’UTERO
2
L’utero
è
un
organo
che
ha
un
aspetto
vascolare
funzionale
significativo.
L’arteria
uterina,
ramo
del
ramo
anteriore
dell’arteria
iliaca
interna,
decorre
alla
base
del
legamento
largo
e
scendendo
incrocia
l’uretere.
La
vascolarizzazione
dell’utero
è
la
principale
responsabile,
sotto
guida
ormona-‐
le,
della
distinzione
delle
tre
fasi
della
mucosa
uterina
(mestruale,
proliferativa
e
secretoria,
a
sua
volta
divisa
nelle
tre
sottofasi
precoce,
intermedia
e
tardiva).
A
questa
variazione
anatomica
della
mucosa
uterina
corrispondono
le
diverse
fasi
maturative
dell’ovulo.
Ciò
che
permette
i
cambiamenti
da
una
fase
all’altra
del
ciclo
ovarico
è
quindi
la
complessa
vascolarizzazione
dell’utero.
Le
due
arterie
uterine
(di
destra
e
di
sinistra)
decorrono
ai
due
lati
dell’utero
a
zig
zag,
non
in
modo
rettilineo,
questo
perché
l’utero
deve
potersi
ingrandire.
Da
queste
arterie
principali
dipartono
le
arterie
che
si
portano
in
profondità
nel
miometrio.
A
metà
miometrio
(tonaca
muscolare)
le
arterie
si
anastomizzano
tra
loro
tramite
le
arterie
arcuate,
che
girano
attorno
all’utero
e
prendono
una
forma
simile
a
una
C.
Da
queste
arterie
arcuate,
sul
versante
concavo
dell’utero,
originano
le
arterie
radiali,
che
vascolarizzano
la
seconda
metà
del
miometrio,
fino
ad
arrivare
alla
parte
alta
dell’endometrio
(tonaca
mucosa).
A
questo
livello
le
arterie
radiali
si
dividono
in
due:
(1)
arteria
retta
(rettilinea,
più
breve,
e
si
porta
a
livello
basale
della
tonaca
mucosa)
e
(2)ramo
spirale
(si
porta
fino
alla
parte
alta
della
tonaca
mucosa).
Durante
la
mestruazione
la
tonaca
mucosa
deve
essere
distrutta
e
poi
sostituita.
Le
arterie
spirali
hanno
recettori
che,
sotto
stimolazione
ormonale,
causano
una
contrazione
così
violenta
da
chiudere
completamente
il
lume
vascolare,
con
conseguente
necrosi
e
desquamazione
del
tessuto
a
valle.
Le
arterie
rette
si
fermano
nella
parte
basale
della
mu-‐
cosa
e,
al
contrario
delle
spirali,
non
sono
sensibili
a
questo
fenomeno,
e
continuano
a
fornire
nutrimento
agli
strati
basali
delle
ghiandole
uterine,
permettendo
la
ricostruzione
dell’epitelio
nella
fase
proliferativa.
Le
arterie
arcuate
formano
il
plesso
muscolare
dell’utero,
importante
non
tanto
nella
mestruazione
ma
nel
post
par-‐
to.
Dopo
il
parto
infatti
si
ha
un
trauma
importante
della
mucosa
uterina,
che
viene
“strappata
via”,
causando
un
ab-‐
bondante
sanguinamento.
Per
ridurre
notevolmete
il
sanguinamento
post
parto
la
muscolatura
liscia
uterina
si
con-‐
trae,
andando
a
comprimere
il
plesso
muscolare
delle
arterie
arcuate.
Un
utero
dopo
il
parto
che
non
si
contrae
per-‐
derebbe
troppo
sangue
al
punto
di
poter
compromettere
la
vita
della
donna.
Riassumendo:
questo
meccanismo
atti-‐
vato
dal
trauma
costituito
dal
parto,
che
causa
una
contrazione
automatica
dei
vasi
e
un
conseguente
minor
sangui-‐
namento
prevenendo
un’emorragia,
è
interamente
dovuto
all’organizzazione
vascolare
dell’utero.
In
seguito
a
una
domanda
viene
chiarito
che
alcune
arterie
arcuate,
ma
non
tutte,
si
anastomizzano
con
la
loro
corri-‐
spondente
controlaterale.
Se
tutte
si
anastomizzassero
verrebbero
chiamate
arterie
circolari,
ma
come
è
noto
hanno
una
forma
più
simile
a
una
C
che
a
un
cerchio.
3
3)
INTRODUZIONE
ALLA
SISTEMATICA
DELLE
OSSA
DELL’ARTO
INFERIORE
L’arto
inferiore
è
costituito
da
due
parti:
-‐una
parte
che
appartiene
allo
scheletro
assile
(cingolo
pelvico:
anca
(anteriormente)+sacro
(posterioremnte))
-‐una
parte
libera
che
appartiene
allo
scheletro
appendicolare
Le
ossa
principali
dell’arto
inferiore
sono:
• osso
dell’anca
(o
osso
coxale)
• femore
• rotula
• tibia
(medialmente)
• fibula
o
perone
(lateralmente)
• ossa
del
piede
(tarso-‐metatarso-‐falangi)
Il
femore
si
articola
con
l’anca
tramite
l’articolazle
coxo-‐femorale
(o
articolazione
dell’anca)
Femore
e
tibia
si
articolano
nel
complesso
giunzionale
costituito
dall’articolazione
del
ginocchio.
Una
componente
ossea
importante
per
questa
articolazione
è
la
rotula,
che
si
articola
esclusivamente
con
il
femore.
BACINO
-‐
OSSO
DELL’ANCA
Le
due
ossa
dell’anca
controlaterali
si
articolano
tra
di
loro,
anteriormen-‐
te,
attraverso
la
sinfisi
pubica.
Il
bacino
si
completa
posteriormente
at-‐
traverso
un
segmento
osseo
che
fa
parte
della
colonna
vertebrale,
che
è
l’osso
sacro.
Tutto
questo
complesso
va
a
costituire
il
bacino.
Non
ci
si
soffermerà
sulla
faccia
interna
del
bacino
in
quanto
già
trattata
nella
de-‐
scrizione
della
cavità
pelvica
ma
sulla
faccia
esterna.
L’osso
dell’anca
è
costituito
da
tre
ossa
che
si
fondono
insieme;
queste
tre
ossa
sono:
- Ileo
(superiormente);
- Ischio
(postero
inferiormente);
- Pube
(anteriormente)
Le
tre
porzioni
convergono
all’interno
di
una
struttura
circolare
che
va
a
costituire
l’acetabolo
dell’anca.
L’acetabolo
non
è
altro
che
la
coppa
che
andrà
a
contenere
la
testa
del
femore,
cioè
è
la
porzione
che
è
coinvolta
nell’articolazione
coxo-‐femorale.
L’ossificazione
completa
delle
tre
por-‐
zioni
ossee
avviene
tra
il
15°
e
il
18°
anno,
quindi
in
una
radiografia
molto
spesso
possiamo
vedere
le
tre
ossa
non
completamente
ossificate
e
te-‐
nute
insieme
da
cartilagine
di
accrescimento,
che
va
a
descrivere
una
sorta
di
Y;
spesso
definita
“cartilagine
a
Y”.
L’osso
dell’anca
ha
una
forma
quadrangolare
molto
irregolare;
ha
un
margine
superiore,
uno
anteriore,
uno
posteriore
e
uno
inferiore
e
di
conseguenza
una
faccia
esterna
e
una
interna
che
volge
verso
la
cavità
pelvica.
I
margini
anteriore
e
posteriore
sono
i
meno
lineari
e
presentano
più
incisure.
La
parte
superiore
è
quella
iliaca
e
presenta
un
corpo
che
si
allarga
nella
cosiddetta
ala
dell’osso
iliaco,
che
termina
superiormente
con
la
cresta
iliaca,
che
può
essere
palpata
anteriormente
in
corrispondenza
della
spina
iliaca
anterio-‐
re
superiore.
La
spina
iliaca
anteriore
superiore
definisce
la
piega
inguinale
e
l’attacco
del
legamento
inguinale;
se-‐
guendo
il
margine
superiore,
al
di
sotto
della
spina
iliaca
anteriore
superiore
troviamo
la
spina
iliaca
anteriore
inferio-‐
re.
Alle
spine
iliache
anteriori
corrispondono
posteriormente
le
spine
iliache
posteriore
superiore
e
posteriore
infe-‐
riore.
Osservando
la
faccia
esterna
e
la
porzione
inferiore
vediamo
che
la
superficie
dell’ala
della
porzione
iliaca
non
è
liscia,
ma
presenta
delle
linee
definite
linee
glutee,
così
chiamate
perché
daranno
inserzione
ai
muscoli
glutei.
Al
di
sotto
della
spina
iliaca
posteriore
inferiore
troviamo
una
grossa
incisura
che
non
fa
più
parte
dell’ilio
ma
dell’ischio,
essa
prende
il
nome
di
grande
incisura
ischiatica;
essa
termina
inferiormente
con
una
protuberanza
ossea
detta
spina
ischiatica;
al
disotto
si
avrà
un’ulteriore
incisura
a
livello
dell’ischio,
di
dimensioni
inferiori,
che
prende
il
nome
di
piccola
incisura
ischiatica.
Al
di
sotto
della
piccola
incisura
ischiatica
troviamo
una
grossa
porzione
ischiatica,
che
prende
il
nome
di
tuberosità
ischiatica;
essa
si
continuerà
poi
anteriormente
e
inferiormente
nel
cosiddetto
ramo
dell’ischio,
che
andrà
a
congiungersi
con
il
ramo
inferiore
del
pube.
La
parte
ischiatica
va
a
costituire
anche
gran
parte
della
fossa
dell’acetabolo.
4
Il
pube
è
posizionato
anteriormente,
va
a
costituire
parte
dell’acetabolo
(
la
porzione
anteriore)
e
dal
suo
corpo
si
di-‐
parte
il
ramo
superiore
del
pube
che
si
porta
all’acetabolo
e
il
ramo
inferiore
del
pube
che
si
unirà
al
ramo
ischiatico.
I
due
rami
e
l’acetabolo
vanno
a
creare
un
grosso
foro
che
può
essere
ovale
o
triangolare,
che
prende
il
nome
di
foro
otturatorio.
Nel
vivente
il
foro
otturatorio
è
quasi
completamente
chiuso
dalla
membrana
otturatoria,
solo
la
parte
superiore
non
è
chiusa
completamente
per
fornire
un
punto
di
comunicazione
di
vasi
e
nervi
della
pelvi
e
dell’arto
inferiore.
L’altra
grossa
struttura
sulla
superficie
esterna
dell’osso
dell’anca
è
l’acetabolo,
importante
perché
costituisce
il
punto
di
ancoraggio
del
femore,
quindi
il
punto
di
ancoraggio
della
parte
mobile
dell’arto
inferiore.
Ha
una
forma
circolare
e
viene
definito
“a
coppa”
ed
è
molto
profondo,
a
differenza
della
fossa
glenoidea
dell’arto
superiore.
L’acetabolo
pre-‐
senta
un
margine
esterno
detto
margine
acetabolare,
di
forma
circolare;
esso
non
va
a
definire
la
forma
circolare
all’acetabolo
perché
lo
circonda
solo
in
parte
e
si
interrompe
a
un
certo
punto,
andando
a
dare
inizio
all’incisura
ace-‐
tabolare.
Poiché
la
concavità
dell’acetabolo
è
molto
accentuata,
non
tutta
la
superficie
dell’acetabolo
entra
in
comu-‐
nicazione
con
la
testa
del
femore,
per
questo
distinguiamo
la
superficie
articolare
da
quella
più
in
profondità,
che
prende
il
nome
di
fossa
acetabolare.
La
parte
dell’acetabolo
che
entra
in
comunicazione
con
il
femore,
quindi
la
sua
superficie
articolare,
è
una
superficie
a
forma
di
semiluna
che
prende
il
nome
di
superficie
semilunare.
La
fossa
aceta-‐
bolare
non
partecipa
all’articolazione
coxo
femorale
poiché
è
troppo
in
profondità.
FEMORE
E’
l’unico
osso
a
livello
della
coscia.
E’
un
osso
lungo,
quindi
distinguiamo
in
esso
due
epifisi
e
una
diafisi.
L’epifisi
prossimale
è
impegnata
nella
articolazione
coxo-‐
femorale
mentre
la
distale
è
impegnata
nell’articolazione
del
ginocchio.
Le
estremità
sono
separate
da
un
lungo
tratto
osseo
definito
corpo
del
femore
o
diafisi
femorale.
Il
femore
non
è
allineato
all’osso
dell’anca,
al
contrario
di
tibia
e
fibula,
ma
ha
una
direzione
leggermente
obliqua,
quindi
va
a
creare
un
angolo
esterno
di
circa
174°.
Quest’angolo
può
sia
diminuire,
se
l’inclinazione
aumenta,
sia
aumentare,
se
il
femore
si
rettilineizza.
L’epifisi
prossimale
del
femore
è
molto
sviluppata
e
presenta
la
superficie
artico-‐
lare
per
l’articolazione
coxo-‐femorale.
Il
femore
entra
in
gioco
nell’articolazione
coxo-‐femorale
attraverso
la
porzione
della
testa.
La
superficie
articolare
ha
un
aspetto
lisciato
ma
non
in
ogni
punto
della
sua
superficie,
al
centro
infatti
c’è
una
piccola
fossetta,
visibile
lateralmente,
che
prende
il
nome
di
fovea
capitis
o
fossetta
della
testa
del
femore.
A
livello
di
questa
fossetta
va
a
inserirsi
il
lega-‐
mento
rotondo
del
femore.
Il
restringimento
osseo
sotto
la
testa
del
femore,
che
la
sorregge,
è
il
cosiddetto
collo
anatomico
del
femore.
In
una
visione
posteriore
possiamo
meglio
osservare
anche
due
processi
posteriori,
il
grande
trocantere
e
il
piccolo
trocantere,
simili
alla
piccola
e
grande
tuberosità
dell’omero.
Essi
risul-‐
tano
uniti
anteriormente
dalla
linea
intertrocanterica.
Nella
faccia
posteriore
si
possono
osservare
sempre
la
testa
del
femore,
la
fovea
e
il
collo
anatomico,
ma
si
vedono
meglio
superiormente
il
grande
trocantere
e
inferiormente
il
piccolo
trocantere.
Posteriormente,
grande
e
piccolo
trocantere
risultano
uniti
dalla
cresta
intertrocanterica.
Il
grande
trocantere
continua
inferiormente
con
la
tuberosità
glutea,
su
cui
va
a
inserirsi
il
muscolo
gluteo.
A
livello
del
piccolo
trocantere
troviamo
la
linea
pettinea
su
cui
si
inserisce
il
muscolo
pettineo.
Al
di
sotto
del
grande
trocantere
troviamo
il
tubercolo
quadrato,
dove
si
inserisce
il
muscolo
quadrato
del
femore.
Nella
diafisi
femorale
troviamo
all’interno
il
canale
midollare,
la
sua
superficie
anteriore
è
liscia,
la
posteriore
presenta
delle
rugosità,
in
particolare
possiamo
individuare
la
linea
aspra
del
femore;
in
dettaglio,
a
livello
della
linea
aspra
individuiamo
il
labbro
laterale
della
linea
aspra
e
il
labbro
mediale
della
linea
aspra.
La
linea
aspra
continua
superior-‐
mente
a
livello
del
grande
trocantere
attraverso
la
tuberosità
glutea,
inferiormente,
a
livello
del
piccolo
trocantere,
continua
con
la
linea
pettinea.
A
un
certo
punto
il
labbro
mediale
e
laterale
vanno
a
separarsi,
uno
verso
l’estremità
laterale,
uno
verso
la
mediale,
così
si
viene
a
creare
una
sorta
di
triangolo
con
l’apice
rivolto
all’alto
e
la
base
rivolta
all’estremità
distale
del
femore.
Questo
triangolo
definisce
la
superficie
poplitea.
Da
qui
la
linea
aspra
si
va
a
suddivi-‐
dere
in
linea
sopracondiloidea
mediale
e
linea
sopracondiloidea
laterale,
che
si
portano
rispettivamente
ai
condili
mediale
e
laterale
dell’epifisi
distale
del
femore.
L’epifisi
distale
del
femore
è
abbastanza
robusta
e
presenta
le
superfici
articolari
per
la
tibia,
attraverso
il
condilo
me-‐
diale
e
laterale,
e
per
la
rotula
(o
patella)
che
si
trova
nella
faccia
anteriore
dell’epifisi
distale
del
femore.
Osservando
l’epifisi
distale
notiamo
due
sporgenze,
una
mediale,
più
evidente,
e
una
laterale;
entrambe
si
trovano
al
di
sopra
dei
condili
mediale
e
laterale
e
per
questo
prendono
il
nome
di
epicondilo
mediale
e
epicondilo
laterale.
A
livello
dell’epicondilo
mediale
evidenziamo
il
tubercolo
adduttorio.
La
superficie
articolare
che
si
articola
con
la
tibia
è
costi-‐
tuita
da
due
strutture
che
convergono
anteriormente:
i
due
condili
femorali,
mediale
e
laterale,
questi
posteriormen-‐
te
sono
però
separati
da
una
fossa,
la
fossa
intercondiloidea.
La
fossa
intercondiloidea
è
delimitata
superiormente
5
dalla
linea
intercondiloidea.
Il
condilo
laterale,
di
forma
ovale
convessa,
converge
anteriormente
con
il
condilo
media-‐
le,
di
forma
ellissoidale
convessa.
Anteriormente
queste
superfici
articolari
convergono
con
la
faccia
anteriore
dell’epifisi
distale,
quindi
nella
superficie
patellare,
che
entra
in
articolazione
con
l’articolazione
femoro-‐rotulea.
ROTULA
E’un
osso
sesamoide
che
si
trova
nello
spessore
del
tendine
del
mu-‐
scolo
quadricipite
femorale,
un
muscolo
della
loggia
anteriore
della
coscia
che
è
il
principale
estensore
della
coscia
nonché
flessore
della
coscia
sul
bacino.
Il
muscolo
quadricipite
femorale
sovrasta
l’articolazione
del
ginocchio
col
suo
tendine,
che
si
inserisce
ante-‐
riormente
in
una
superficie
rugosa
della
tibia,
la
tuberosità
tibiale.
La
rotula
o
patella
ha
una
forma
pressoché
triangolare,
con
base
rivolta
verso
l’alto
e
un
apice
rivolto
verso
il
basso,
ha
una
faccia
esterna
che
si
trova
appena
sotto
la
cute,
per
questo
viene
definita
faccia
cuta-‐
nea,
e
una
faccia
interna
che
presenta
la
superficie
articolare
per
l’articolazione
femoro-‐rotulea.
Non
tutta
la
faccia
interna
della
rotula
è
liscia,
l’apice
della
rotula
è
rugoso
ed
è
la
porzione
che
fa
parte
dell’articolazione.
La
base
non
fa
parte
della
superficie
articolare
perché
al
disotto
di
essa
troviamo
la
borsa
infrapa-‐
tellare.
Le
ossa
implicate
nell’articolazione
del
ginocchio
sono:
l’epifisi
distale
del
femore,
la
rotula,
che
si
articola
esclusiva-‐
mente
con
il
femore
nell’articolazione
femoro-‐rotulea,
e
l’articolazione
femoro
tibiale.
La
fibula
non
entra
nell’articolazione
del
ginocchio
e
si
articola
esclusivamente,
a
livello
prossimale,
con
la
tibia.
TIBIA
E’
l’osso
lungo
mediale
della
gamba,
mentre
la
fibula
(o
perone)
è
laterale.
La
tibia
ha
un’epifisi
prossimale
che
entra
in
gioco
nell’articolazione
del
ginocchio,
la
distale
entra
in
gioco
nell’articolazione
tibio-‐tarsica.
Il
corpo
della
tibia
non
ha
una
forma
molto
circolare
ma
ha
una
forma
triangolare,
con
l’apice
rivolto
anteriormente.
L’epifisi
prossimale
presenta
le
superfici
articolari,
su
cui
poggiano
i
condili
femorali.
Il
piatto
tibiale
è
costituito
da
un
condilo
laterale,
su
cui
poggerà
il
condilo
femorale
laterale,
e
un
condilo
mediale,
che
si
articolerà
col
con-‐
dilo
femorale
mediale.
Anteriormente
si
osserva
una
tuberosità
su
cui
si
inserisce
il
quadricipite
femorale
e
prende
il
nome
di
tuberosità
tibiale.
Osservando
l’epifisi
prossimale,
lateralmente,
osserviamo
in
prossimità
del
condilo
laterale
un’area
liscia
che
costituisce
la
faccetta
di
articolazione
per
il
perone.
La
membrana
interossea
tra
tibia
e
fibula
è
corrispettiva
a
quella
tra
radio
e
ulna.
Posteriormente,
a
livello
della
diafisi
prossimale,
vediamo
un
foro
nutritizio
e
la
linea
solea,
che
è
la
linea
di
inserzione
per
il
muscolo
soleo.
La
diafisi
della
tibia
aumenta
di
dimensioni
riportandosi
verso
l’estremità
distale,
che
entra
in
gioco
nell’articolazione
tibio-‐tarsica.
La
fibula
si
articola
lateral-‐
mente
alla
tibia
e
a
livello
del
condilo
laterale
della
tibia
troviamo
la
faccet-‐
ta
di
articolazione
per
la
fibula,
per
l’articolazione
tibio-‐fibulare
prossimale.
La
fibula
però
si
articola
con
la
tibia
anche
distalmente,
quindi
anche
a
livel-‐
lo
dell’epifisi
distale
troviamo
lateralmente
l’incisura
peroneale,
che
che
accoglie
l’epifisi
distale
della
tibia.
L’epifisi
mediale
della
tibia
è
invece
caratterizzata
dalla
presenza
di
una
tuberosità
ossea
che
costituisce
il
malleolo
mediale.
Toccandosi
la
caviglia,
il
malleolo
mediale
è
il
malleolo
mediale
della
tibia,
lateralmente
si
sentirà
il
malleolo
laterale
della
fibula.
L’epifisi
prossimale,
vista
superiormente,
permette
di
vedere
le
superfici
articolari
del
condilo
mediale
e
laterale,
che
sono
diverse
e
su
cui
si
inseriscono
i
menischi,
per
favorire
una
maggiore
congruità
tra
la
convessità
dei
condili
femorali
e
la
minor
convessità
dei
condili
tibiali.
Il
condilo
mediale
è
di
forma
ovale,
il
condilo
laterale
è
di
forma
più
circolare.
I
condili
non
si
toccano
tra
loro
ma
tra
i
condili
è
presente
un’area
che
prende
il
nome
di
area
intercondiloidea.
Quest’area
può
essere
suddivisa
in
area
intercondiloidea
ante-‐
riore,
più
ampia,
area
intercondiloidea
posteriore,
più
piccola.
Questa
suddivisione
anteriore
e
posteriore
è
permessa
dalla
presenza
di
una
sporgenza
ossea,
eminenza
intercondiloidea;
al
suo
livello
troviamo
i
due
tubercoli
intercondi-‐
loideo
mediale
e
intercondiloideo
latereale.
FIBULA
(PERONE)
6
E’
un
osso
lungo,
di
dimensioni
molto
ridotte
rispetto
alla
tibia,
infatti
si
rompe
più
facilmente
in
quanto
è
un
osso
laterale
e
dunque
più
esposto,
ed
è
anche
un
osso
più
sottile.
Le
epifisi
della
fibula
non
sono
molto
sviluppate,
nella
epifisi
prossimale
troviamo
una
superficie
definita
testa
della
fibula
e
al
di
sotto
troviamo
un
restringimento
detto
collo
della
fibula.
La
testa
della
fibula
presenta
una
porzione
detta
apice
della
fibula
e
la
faccia
per
l’articolazione
con
la
tibia.
La
diafisi
non
ha
grande
spessore
e
termina
con
un’epifisi
distale
che
va
a
costituire
il
malleolo
laterale;
tutto
il
malleolo
entra
in
gioco
nell’articolazione
tibio-‐tarsica.
4)PIEDE
Possiamo
dividerlo
in
tre
porzioni,
anatomicamente
definite
tarso
(posteriore),
metatarso,
(mediale)
e
falangi
(anteriori).
- Tarso:
Sono
organizzate
in
due
file,
una
prossimale
e
una
distale.
Nella
fila
prossimale
sono
presenti
l’astragalo
e
il
calcagno.
Nella
seconda
fila
trovia-‐
mo
l’osso
navicolare
o
scafoide,
il
cuboide
e
tre
ossa
cuneiformi.
- Metatarso:
è
costituito
da
cinque
ossa,
definite
ossa
metatarsali
e
numerate
dall’alluce
al
quinto
dito
(primo
osso
metatarsale,
secondo,
terzo..)
- Falangi:
analogamente
alla
struttura
delle
ossa
della
mano
abbiamo
una
fa-‐
lange
prossimale
e
una
distale
per
l’alluce,
e
una
falange
prossimale,
una
media
e
una
distale
per
le
altro
quattro
dita
del
piede.