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ANATOMIA II

Lezione n° 30 del 01/03/2017


Sbobinatore: Marco Salinari
Argomenti: arcata gengivo dentale; faringe; topografia del dorso e del torace.

Introduzione
Prima di iniziare la lezione, il prof. dà delle informazioni sulla prova in itinere di microscopica: questa sarà
scritta nella quale sarà necessario descrivere il vetrino che ci verrà assegnato. Essendo una prova in itinere,
non è obbligatoria e, se superata, concede un’idoneità invece di una valutazione che verrà tenuta valida fino
ad aprile (compreso) del 2018. Questa sarà l’unica parte scritta che verrà effettuata nell’esame di anatomia.

ARCATA GENGIVO-DENTALE
È importante che anche il medico, oltre all’odontoiatra, sia in grado di valutare le condizioni dei denti per
individuare particolari patologie che potrebbero andare oltre l’interesse odontologico. Questo perché esistono
moltissime patologie del cavo orale che, nell’individuo sano, potrebbero essere compromettenti fino ad un
certo punto, mentre in individui con determinate condizioni (immunocompromessi, pazienti con valvole
cardiache artificiali, ecc.), causare delle batteriemie seriamente rischiose per la loro salute (l’obiettivo di
questo corso sarà quindi quello di insegnare la nomenclatura dell’arcata gengivo dentale al fine
dell’interpretazione di un referto odontoiatrico).

Le arcate gengivo-dentali sono rivestite da un tessuto mucoso che, a livello dei fornici, si continua con il
labbro superiore ed inferiore (anteriormente) o con la guancia
(lateralmente). Sul piano mediano di simmetria è presente il frenulo
labiale (da non confondere con il frenulo linguale) e, con particolare
attenzione, è visibile anche una distinzione dell’arcata in due colori:
- Una parte bianca verso il dente: assume questo colore perché la
mucosa, adesa al periostio, è più cheratinizzata, comunemente
chiamata gengiva.
- Una parte rosea: distinguibile nettamente dalla gengiva, definita
mucosa alveolare.

La mancata identificazione in un cavo orale di questa duplice colorazione è un segno patologico.

Vascolarizzazione ed innervazione:
- A livello del distretto inferiore della mandibola si riconoscono:
o Arteria alveolare inferiore (ramo dell’a.mascellare)
• Nervo alveolare inferiore (ramo del nervo mandibolare)

- A livello del distretto superiore della mandibola si riconoscono:


• Arteria palatina maggiore
• Arteria naso-palatina
• Rami dell’arteria infraorbitaria
• Arterie alveolari superiori e posteriori (rami dell’a.mascellare)
• Nervo mascellare

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N.B. Sia i vasi del distretto superiore che quelli del distretto inferiore sono rami dell’arteria mascellare,
mentre i nervi del distretto superiore sono rami del nervo mascellare ma quelli del distretto inferiore sono
rami del nervo mandibolare.

Inoltre, le due branche di innervazione, all’interno della spugnosa dell’osso della mandibola, formano una
fitta ramificazione fino a dare origine ad un plesso microscopico dentale dal quale originano i diversi rami
nervosi che vanno ad innervare i singoli elementi dentali.

Struttura del dente


Il dente è costituito da:
• Smalto: un minerale molto duro che ha la funzione di
rivestire la dentina. Di derivazione ectodermica (è
epitelio modificato).
• Dentina: minerale meno duro dello smalto che avvolge
tutto il dente
• Cemento: più duro della dentina ma più morbido dello
smalto (duro circa come l’osso, in quanto ne deriva)
che riveste la parte del dente intraossea presente
all’interno della cavità pulpare del dente. Di
derivazione mesodermica (è connettivo modificato).
• Cavità pulpare del dente: estremamente innervata.
Questa riceve i rami dei vasi e dei nervi descritti nella
pagina precedente.
[“ecco perché, se il dente fa male, FA MALE” cit.]

Durante il corso della vita si assiste a due tipi di dentizione: una


dentizione decidua, composta da 20 denti che va dai primi 6 mesi fino
ai 3 anni di vita (alla fine del terzo anno la dentizione decidua è
completa) composta da due incisivi, un canino e due molari per
emiarcata; ed una dentizione permanente, composta da 32 denti che
inizia a costituirsi dai 6-7 anni e termina tendenzialmente ai 21-22 con
la fuoriuscita dei denti del giudizio. Questa è composta da due
incisivi, un canino, due premolari (che sostituiscono i precedenti
molari da latte) e tre molari.

L’ultimo dei molari è il dente del giudizio. Tale dente crea, talvolta, alcuni problemi in quanto è presente in
una posizione anatomica scomoda. C’è chi correla l’uscita dell’ultimo dente ad una determinata dieta, ma
non ci sono ancora evidenze scientifiche a riguardo.

Esistono quindi vare morfologie di un dente:


• Incisivi: costituiti da un margine tagliente ed una radice unica
• Canini: una cuspide ed una radice unica (generalmente)
• Premolari: due cuspidi, una vestibolare e l’altra palatale, anche
se sono presenti delle cuspidi accessorie; due radici
• Molari: non sostituiscono i denti decidui, hanno un numero di
cuspidi che varia tra tre e cinque ed un numero di radici che varia
tra due e tre.

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Le radici dei nervi premolari inferiori e molari inferiori sono infisse nella mandibola, e nella mandibola
decorre il nervo mandibolare. È quindi importante tenerla in considerazione perché la radice di un dente
potrebbe trovarsi a cavallo di un nervo. In determinati casi, infatti, il terzo molare potrebbe chiudersi al di
sotto del nervo e ciò implica che la rimozione di uno di questi comporterebbe anche la rimozione del nervo.

Al giorno d’oggi, grazie a metodi di imaging, è possibile riconoscere la conformazione di una radice e la
posizione del corrispettivo nervo.

Nomenclatura dei denti


- Superficie occlusale del dente: superficie masticatoria, inesistente negli incisivi
- Superficie vestibolare: superficie rivolta verso il vestibolo della bocca
- Superficie buccale: superficie rivolta verso la cavità orale propriamente detta
- Superficie palatale: sinonimo di superficie buccale, ma intesa verso il palato (terminologia limitata
ovviamente all’arcata superiore)
- Superficie linguale: stessa definizione della superficie palatale, rivolta invece verso la lingua
(limitata all’arcata inferiore)
• mesiale: da non confondere con “mediale”, indica una zona del dente vicina al dente che lo precede
• distale: indica una zona del dente verso il dente che lo segue

Dato che i denti formano un’arcata, non si può parlare sempre


di posizione mediale o laterale. Si parla quindi di mesiale e
distale, dove per mesiale si intende “verso il dente che lo
precede” e distale “verso il dente che lo segue”. Questo metodo
viene utilizzato prevalentemente per individuare le carie.

I denti, inoltre, vengono divisi in quattro quadranti, numerati in


senso orario guardando il paziente.

Esempio: 42
4 = quarto quadrante (semiarcata inferiore destra)
2 = secondo dente (incisivo)

Si utilizzano poi altri termini come:


- Cuspide: rilievo della corona occlusale
- Tubercolo: rilievo della corona non occlusale à protuberanze laterali del
dente tipiche dei molari, tendenzialmente non visibili
- Solco: incisione di una faccia del dente
- Fossa: depressione sulla faccia occlusale. Punto di incontro dei due solchi
- Zona di contatto: area di contatto tra le superfici prossimali di due denti
(una mesiale, l’altra distale)
- Spazi interprossimali: aree triangolari tra due denti contigui, dove si ha
quel rilievo di una parte di gengiva definita papilla

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I denti, inoltre, sono infissi nell’alveolo per mezzo del parodonto. Il
parodonto è costituito sia da tessuti molli che da tessuti duri. Parlare di
legamento parodontale e di parodonto NON è la stessa cosa.

Se, metaforicamente parlando, considerassimo il dente come una stanza


con una corda legata ad un muro:
• per parodonto si intenderebbe la parte di muro alla quale è
vincolata la corda
• per intonaco alveolare si intenderebbe il cemento del muro
• per legamento parodontale si intenderebbe la corda

Il legamento parodontale è tessuto connettivo, gli intonaci sono tessuto


osseo.

Grazie a questa conformazione del parodonto, il dente possiede un


determinato grado di mobilità dato dai legamenti parodontali. A livello
dei molari, la pressione può arrivare fino a 50 kg/cm2 e, se non
avessimo questo tipo di elasticità, il dente salterebbe via. Le fibre del
parodonto, inoltre, hanno la peculiarità di essere poste perpendicolarmente/obliquamente alla direzione della
radice del dente per fare in modo che, durante la masticazione, queste si portino in trazione.
Questa struttura è costituita ed agisce in questo modo perché, se fossero state poste verticalmente (andando
quindi in compressione), comprimerebbero anche la zona di ingresso di vasi e nervi del dente portando a
necrosi.

Imaging
L’odontoiatra, come metodo di diagnosi, utilizza prevalentemente l’OPT (ortopantomografia) e la TAC.

L’ortopantomografia è utile in quanto crea una ricostruzione panoramica su un unico piano dell’intera arcata
dentale.
Questa procedura serve per mettere in evidenza nel paziente la presenza di determinate problematiche dentali
quali la condizione dei denti stessi, la conformazione delle radici, il decorso del nervo mandibolare

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(evidenziato nell’immagine con una freccia azzurra), i rapporti coi nervi alveolari inferiormente e con il
seno mascellare superiormente.
È possibile infatti che le radici di alcuni dei denti superiori (canini, premolari, molari) che si prospettano nel
seno mascellare, talvolta siano rivestite solo dalla membrana interna del seno. Questo può diventare un
problema se, in seguito ad una cura canalare (devitalizzazione) di uno di questi denti, l’individuo inizia ad
accusare cefalea, sinusiti, nevralgie o altri tipi di patologie che potrebbero avere a che fare coi seni del
mascellare.
Questi dolori si presentano perché una cura canalare si effettua quando il benessere di un dente viene
compromesso da una severa sovrainfezione, e può succedere che, durante la procedura, si possa perforare
involontariamente il seno attraverso l’apice del dente causando una traslocazione dell’infezione.
(cit. Questi due rapporti degli apici radicolari superiori col seno mascellare e degli apici radicolari inferiori
col nervo alveolare inferiore sono due rapporti anatomici importanti che non devono essere dimenticati dal
medico).
FARINGE

Il docente inizia la descrizione della faringe, specificando che la laringe verrà trattata alla ripresa delle sue
lezioni assieme alla trachea.

La faringe è quella porzione del digerente che collega l’istmo delle fauci (palato molle) con l’esofago, ma
anche con la laringe. Questa è posizionata superiormente e posteriormente rispetto alla laringe ed è
strettamente annessa ad essa. Occupano lo spazio mediano viscerale del collo. La faringe possiede
componenti esclusivamente muscolari, la laringe invece possiede anche componenti cartilaginee.

In visione interna, si distinguono tre porzioni:


- Porzione superiore: rinofaringe, sopra il palato molle (rino = in rapporto col naso);
- Porzione media: orofaringe, tra il palato molle e l’epiglottide (oro = in rapporto con la bocca);
- Porzione inferiore: laringofaringe, esattamente dietro alla laringe (laringo = in rapporto con la
laringe).

Nella superficie interna della faringe sono


presenti anche dei fori che si trovano o
anteriormente, o lateralmente.

• Anteriormente sono presenti le coane


nasali, l’istmo delle fauci e l’ingresso
laringeo.

• Lateralmente è presente un foro a livello


del rinofaringe: la tuba uditiva.

N.B. la tuba uditiva o di Eustachio è l’unico


condotto che mette in comunicazione
l’orecchio medio con l’esterno per favorire
lo scarico pressorio compensando la
pressione timpanica oppure come via di
deflusso di alcuni prodotti delle ghiandole
dell’orecchio medio.

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La faringe si rapporta superiormente col basicranio; anteriormente nella porzione superiore col cavo orale,
nella porzione intermedia si con gli spazi sovraioidei del collo ed inferiormente con la laringe;
posteriormente con la colonna vertebrale.

La sua struttura è tipica di quella di un organo cavo a tonache sovrapposte:


- Mucosa: che ha due caratteristiche diverse a seconda della posizione della rinofaringe che si tiene in
considerazione
• Rinofaringe superiore: in questa zona, la tonaca mucosa è l’epitelio tipico delle vie
respiratorie (pseudostratificato con ciglia vibratili)
• Rinofaringe inferiore: tonaca mucosa composta da epitelio simile a quello del cavo orale e
dell’esofago pluristratificato pavimentoso
Questa duplice costituzione è data dal fatto che nella parte superiore del rinofaringe transita esclusivamente
aria mentre nella porzione inferiore transita anche il cibo.
• Sottomucosa: talvolta presente, talvolta assente
• Tonaca muscolare striata
• Tonaca avventizia

A livello della faringe sono inoltre presenti le tonsille, tra cui:


• la tonsille palatine a livello dell’istmo delle fauci.
• sul tetto del rinofaringe sono presenti le tonsille faringee (comunemente dette adenoidi) che “si
calano” davanti alle coane nasali. Questo è importante perché un’ipertrofia delle adenoidi consegue
un’ostruzione delle cavità nasali (paziente respira solo con la bocca).
• la tonsille tubariche situate sul contorno dello sbocco delle trombe di Eustachio.
• Le tonsille linguali situate in basso dietro la lingua[n.d.r. non nominate dal prof] .

Quando nella faringe si parla di spazi parafaringei o spazi parafaringei anteriori/laterali/posteriore, si parla in
realtà degli spazi connettivali del collo.
Talvolta, la sottomucosa della faringe, quando presente, viene chiamata spazio intrafaringeo. In altre
parole, tutte quelle zone della faringe nella quale è presente del grasso (che questo sia posto attorno o dentro
alla faringe viene chiamato spazio connettivale).

Componente muscolare

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La componente muscolare della faringe si divide in muscoli elevatori e costrittori.
• Muscoli elevatori della faringe: stilofaringeo, palatofaringeo, salpingofaringeo. Sono muscoli
che collegano il processo stiloideo (stilofaringeo), l’aponeurosi palatina (palatofaringeo) e la
salpinge o tuba (salpingofaringeo) alla faringe.
o Questi sono tutti verticali, ed hanno il compito di mantenere l’organo adeso al basicranio.

• Muscoli costrittori della faringe: Sono tre à costrittore superiore,


medio ed inferiore. In realtà i costrittori sarebbero sei, in quanto sono
costituiti a coppie ed unite dal rafe mediano (hanno una fisionomia
simile al muscolo miloioideo, per intendersi).
o Muscolo costrittore superiore: si porta dal rafe posteriore
ai processi pterigoidei ed al rafe pterigomandibolare*
anteriormente.
n.d.r.*Rafe pterigomandibolare: piccolo tendine che si porta dall’uncino
pterigoideo fino alla spina di Spix. Davanti a questo rafe origina il
muscolo buccinatore. In altre parole, il buccinatore è la prosecuzione in
avanti del muscolo costrittore superiore della faringe.

o Muscolo costrittore medio: è il più piccolo dei tre e si


inserisce sullo ioide

o Muscolo costrittore inferiore: muscolo che si inserisce sulle cartilagini laringee, sia sulla
cartilagine tiroidea, che su quella cricoidea. A causa di questa sua doppia inserzione, il
costrittore inferiore prende anche il nome di muscolo tiro-farigeo (per quando riguarda la
sua parte superiore) e muscolo crico-faringeo (per quanto riguarda la sua parte inferiore).

Si parla di muscolo tirofaringeo e cricofaringeo quando si sta descrivendo una visione laringocentrica del
muscolo costrittore inferiore della faringe.

Il costrittore inferiore possiede quindi altre due parti, il tiro-faringeo e crico-faringeo. Il crico-faringeo, a sua
volta, possiede altre due componenti: una che mima l’azione del tiro-faringeo e l’altra, fundiforme, più a
fionda, nella quale non si ha una netta separazione tra l’antimero di destra e quello di sinistra.

Il punto di incontro delle due componenti del crico-faringeo è una parte amuscolare definita triangolo di
Killian molto importante in quanto sede del diverticolo di Zenker, ossia un’erniazione della parete
posteriore della faringe nella quale si ha la proliferazione della flora batteria, infiammazione e conseguente
difficoltà nella deglutizione.

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La parte fundiforme del muscolo crico-faringeo è il preludio alla muscolatura
esofagea. Infatti, in alcuni libri, questa viene ascritta direttamente all’esofago.

Una cosa che invece si descrive spesso quando si parla di faringe, sono le fasce:
• Fascia faringo-basilare: ossia l’epimisio che avvolge i muscoli della
faringe (i costrittori) e si attacca alla base cranica.
• Fascia faringo-buccale: l’epimisio del costrittore superiore che dopo
essersi fissato al rafe pterigomandibolare si continua sul buccinatore

Vasi e nervi della faringe e del palato molle

Circolo arterioso:
Il palato molle è vascolarizzato dall’arteria palatina minore, dall’arteria palatina ascendente (ramo
dell’arteria facciale) e dall’arteria faringea ascendente (ramo della carotide esterna).
La parte inferiore della faringe si porta verso la tiroide ed è vascolarizzata da rami dell’arteria tiroidea
superiore.

Circolo venoso:
Le vene del palato molle si portano al plesso venoso pterigoideo, e da qui si porta alla vena mascellare che
segue il suo tipico percorso.
Le vene della faringe si portano prima ad un plesso venoso che circonda l’organo, formando così le venule
che originano dalla parete dello spessore dell’organo; da questo plesso poi originano le vene faringee,
tributarie della vena giugulare interna.

Drenaggio linfatico:
Si ha un drenaggio linfatico ai linfonodi retrofaringei, posti posteriormente alla faringe; oppure ai linfonodi
cervicali profondi della catena latero-cervicale.

N.B. per alcuni (docente compreso) i linfonodi retrofaringei sono in realtà “linfonodi cervicali profondi un
po’ più profondi”.

Innervazione:
L’innervazione sensitiva della faringe è complicata, in quanto:
• La mucosa sentitiva del rinofaringe è innervata dal nervo mascellare (trigemino, V)
• L’orofaringe è innervato dal glossofaringeo (IX)
• La laringofaringe (e laringe compresa) è innervata dal vago (X)
L’innervazione motoria:
• Tutti i muscoli del velo palatino, tensore escluso, innervati dal vago (X)
• Tutti i muscoli costrittori ed elevatori della faringe, stilofaringeo escluso, innervati dal vago
anch’essi (X)
• Il tensore del velo palatino è innervato dal nervo mandibolare (trigemino, V)
• Il muscolo stilofaringeo è innervato dal glossofaringeo (IX)

Inoltre, nella mucosa faringe sono presenti delle giandole che necessitano di innervazione viscerale:
L’innervazione simpatica arriverà dal simpatico cervicale.
• Le ghiandole del palato molle sono innervati da rami del nervo facciale (VII)
• Le ghiandole della faringe ricevono innervazione del glossofaringeo (IX)

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N.D.S. Il docente termina la lezione aggiungendo che riprenderà le sue lezioni successivamente. La
professoressa Rezzani riprende quindi la lezione

ANATOMIA SISTEMATICA E TOPOGRAFICA DI DORSO E


TORACE
La docente riprende con la descrizione del dorso. Parleremo di fasce, vascolarizzazione ed innervazione,
regioni, logge ed organi all’interno della cavità toracica. Quando si arriverà a descrivere gli organi se ne
dovrà descrivere forma, posizione e rapporti ed associarne le componenti di vascolarizzazione ed
innervazione.

In questa lezione verrà trattata la parte inerente alle fasce del dorso ed al torace con corrispettiva
innervazione e vascolarizzazione. La docente ha inserito online uno schema generale delle logge, regioni e
punti principali dei vari organi con immagini allegate.

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FASCE DEL DORSO - Fascia profonda o comu
Fasce del dorso corpo

-Fascia prevertebrale
Per parlare di fasce del dorso, bisogna tenere in mente
ciò che è già stato affrontato precedentemente per quanto -Fascia profonda (trapezi
riguarda l’organizzazione delle fasce del collo.
-Fascia toraco-lombare

L’organizzazione stratigrafica presente nel collo si


continua nel dorso e si estende dalla parte posteriore del
torace fino alla parte lombare. Difatti, escludendo la
fascia superficiale che avvolge il sottocute, quella
cervicale profonda continua posteriormente, si sdoppia
in due foglietti (uno anteriore o superficiale, l’altro
posteriore o profondo) avvolgendo il trapezio, fino ad
arrivare agli ultimi fasci di inserzione del trapezio a Fascia cervicale profonda

livello dei processi spinosi delle vertebre toraciche.


Nella parte posteriore, poi, questo muscolo verrà sostituito dal grande dorsale.

Per quanto riguarda i metodi di avvolgimento delle fasce esistono due teorie:

• Prima teoria:
Una volta che la fascia cervicale profonda si sdoppia ed avvolge il trapezio fino a livello della sua parte
terminale toracica, questa si riunisce e va ad avvolgere solo la parte posteriore del gran dorsale, lasciando
scoperta la parte di grande dorsale appoggiata al sottocute (in realtà questa parte “scoperta” possiede
comunque la componente connettivale che avvolge tutto il muscolo, quindi a modo suo è già coperta).
Questa parte di fascia profonda, a livello del grande dorsale, viene definita fascia toracolombare.

• Seconda teoria:
La prosecuzione della fascia cervicale profonda, ossia la fascia toracolombare, invece di avvolgere
unicamente il gran dorsale posteriormente, si sdoppia anche qui e lo avvolge nello stesso modo con cui
avvolge il trapezio.

Quello che è importante, a discapito delle teorie, è che questa fascia è la prosecuzione della fascia cervicale
profonda.
FASCE TORACE
Fascia superficiale (sottocute): ghiandola mammaria
Fasce anteriori del corpo (a livello toracico)
Fascia profonda o comune del corpo (muscoli torace)

Se si considerano, invece, le fasce anteriori del corpo a livello del


torace (tenendo quindi in considerazione l’immagine anteriore
corporea), si nota in primis la ghiandola mammaria avvolta da una
fascia connettivale definita come fascia superficiale o sottocutanea.  

Tutto ciò che si trova al di sotto della ghiandola mammaria viene


definito invece come fascia profonda (la stessa che avvolge il
grande dorsale).

Quindi, tutto ciò che si trova posteriormente al torace (inteso come


sterno e coste) è avvolta dagli sdoppiamenti della fascia profonda. Il
primo muscolo che si incontra, aldilà della ghiandola mammaria, è il
grande pettorale. Questa fascia profonda che avvolge il grande
pettorale, nel caso specifico di questo muscolo, viene chiamata fascia clavipettorale. La fascia clavipettorale
si protrae posteriormente e va ad avvolgere il grande dorsale.

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N.D.S. la fascia clavipettorale non ha niente di specifico, in realtà è la fascia profonda chiamata in modo
diverso.

Nella parte anteriore del corpo, si ha quindi:


Una fascia superficiale comprendente la ghiandola mammaria, ed una fascia profonda che avvolge i muscoli.

Continuando a tenere in considerazione la parte medio-anteriore del corpo, si nota che tutti gli altri muscoli
(dal piccolo pettorale in poi) possiedono una propria fascia di avvolgimento, un po’ come quelli profondi del
dorso. Questi, poi, proseguiranno anche a livello dell’addome.

Innervazione, vascolarizzazione e drenaggio del dorso e del torace


Tutta la parte del dorso viene innervata dai rami dorsali dei nervi spinali.
La vascolarizzazione ed il drenaggio hanno sia un circolo superficiale (attraverso i rami perforanti che
arrivano fino a livello cutaneo), sia un circolo profondo che, nel caso della componente dorsale, raggiunge i
muscoli più profondi fino a livello della colonna, ma è anche strettamente associato agli organi della parte
anteriore corporea (gli organi presenti nella cavità toracica, per intenderci).

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Circolo arterioso:
I principali rami che vascolarizzano il dorso sono:
• Carotide esterna
• Arteria succlavia: dalla quale originano delle ramificazioni che vascolarizzano la parte dorsale
corporea, e altre ramificazioni che raggiungono l’arto superiore. C’è quindi una stretta correlazione
tra la vascolarizzazione a livello scapolo-omerale e la vascolarizzazione dorsale e toracica. Sono
inoltre presenti due rami importanti della succlavia: il tronco tireocervicale, posizionato in
vicinanza dell’origine della succlavia, ed il tronco costocervicale, posizionato in vicinanza
dell’arteria ascellare [N.D.S. definito dalla docente come “in seconda posizione rispetto al
tireocervicale]. Questi due rami danno origine ad ulteriori ramificazioni che vascolarizzano i
processi spinosi delle vertebre cervicali, sia in vicinanza stretta della parte cutanea (superficialmente,
quindi), sia più profondamente, associate alla parte profonda dei processi spinosi (in stretto rapporto
con i corpi vertebrali).
• L’arteria succlavia da poi origine all’arteria sottoscapolare.
• Arteria ascellare: prosecuzione della a.succlavia a livello ascellare.
• Aorta toracica: parte di aorta appoggiata ai corpi vertebrali dalla quale originano dei rami molto
importanti che si diramano sia a livello del dorso che a livello del torace in rami intercostali
posteriori che seguono in modo segmentario le coste. Questi quindi, parallelamente alle coste,
irrorano la componente cutanea e muscolare sia nella parte posteriore, sia in quella laterale. La
vascolarizzazione è anche laterale perché questi rami seguono l’arcata costale, continuandosi poi,
mediante anastomosi, anteriormente con le arterie intercostali anteriori, che a loro volta
provengono da rami dell’arteria toracica interna o mammaria interna* (proveniente dalla
succlavia), la quale segue parallelamente la linea margino-sternale. Queste arterie vascolarizzeranno
poi gli organi presenti all’interno della cavità toracica.
• Aorta addominale: questa, dopo il diaframma, si dividerà nelle due iliache (le ramificazioni
verranno trattate successivamente) e sarà responsabile dell’irrorazione della parte lombare corporea.

Dalla parte di aorta toracica e di aorta addominale originano poi dei vasi (che vascolarizzano il dorso
posteriormente e lateralmente) che formeranno anastomosi con le ramificazioni dell’arteria succlavia nella
parte anteriore corporea.

*L’arteria mammaria interna dà origine a dei rami (definiti collaterali) intercostali anteriori per le prime 8-
9 coste, dopodiché, a livello della 9a costa, questa dà origine due rami definiti terminali:
• arteria epigastrica superiore (in vicinanza del processo xifoideo dello sterno) molto importante
perché passa dal torace (tagliando i fasci muscolari del diaframma a ridosso del margine posteriore
dello sterno) all’addome, e fa anastomosi con l’arteria epigastrica inferiore (che ritratteremo a
livello addominale). Le due arterie epigastriche, dal momento che sono una la prosecuzione
dell’altra, danno indicazione di come il torace e l’addome siano in strettissimo rapporto tra loro, sia
per quanto riguarda la vascolarizzazione, sia per quanto riguarda l’innervazione.
• arteria muscolo frenica appena origina dalla toracica interna, segue le coste e si sposta lateralmente
fino a raggiungere le ultime coste per poi connettersi con la parte posteriore del dorso. Entra quindi
in anastomosi con le arterie intercostali posteriori, e dà origine a dei rami importanti per il
diaframma.

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Circolo venoso:
Tenere presente che, come per la vascolarizzazione arteriosa, la parte di dorso toracica e quella lombare è
strettamente in comunicazione, in quanto tutta la componente toracica e lombare confluisce in un sistema
chiamato sistema azygos il quale si appoggia ai corpi vertebrali.

Il sistema azygos è composto da una vena azygos posizionata a destra, mentre a sinistra viene definito da
due vene: vena emiazygos e vena emiazygos accessoria.

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Questo sistema ha la peculiarità di presentare numerose varianti anatomiche. Questo avviene perché il
sistema azygos-emiazygos hanno un’origine diversa, infatti possono originare entrambi dalla vena cava
inferiore, oppure originare dalle vene lombari.
L’emiazygos, inoltre, potrebbe provenire anche dal sistema venoso renale.

Circostanze “normali”:
La vena emiazygos confluisce nell’azygos; l’emiazygos accessoria sbocca a livello dell’azygos.

Varianti anatomiche:
• Una delle due emiazygos si unisce all’altra e poi sfocia dell’azygos, la quale confluisce nella vena
cava superiore.
Che ci siano varianti o meno di questo tipo, la vascolarizzazione, per le prime 6-7 vertebre toraciche,
è sempre a ridosso della vena emiazygos accessoria, mentre la vascolarizzazione delle ultime
vertebre toraciche è a ridosso della vena emiazygos. Queste varianti, inoltre fanno in modo che il
tutto confluisca sempre all’interno della vena azygos.

• La vena azygos, invece di confluire nella cava inferiore, confluisce nel tronco brachiocefalico.

Indipendentemente dagli sbocchi, il fatto che ci sia uno stretto rapporto tra la vena cava inferiore, le vene
lombari e tutto il sistema azygos a livello toracico ci fa comprendere, ancora una volta, lo stretto rapporto tra
la cavità toracica e quella addominale.

Sia l’azygos che l’emiazygos vanno a tagliare il diaframma e decorrono posteriormente al dorso, a livello dei
pilastri diaframmatici.

Drenaggio linfatico:

Quasi tutto il drenaggio linfatico raggiunge la componente ascellare. Questo è importante per quanto
riguarda la parte anteriore del torace nel quale è posizionata la ghiandola mammaria. C’è quindi uno stretto
rapporto di drenaggio tra la parte toracica anteriore e posteriore che vede come principali stazioni linfonodali
i linfonodi ascellari.
Inferiormente, arriveranno poi a livello dei linfonodi inguinali, responsabili del drenaggio dell’addome e
della pelvi (a livello dell’articolazione coxo-femorale).

Tutto il drenaggio linfatico fa riferimento ad una componente linfatica principale profonda: la cisterna del
chilo ed i tronchi che sboccheranno poi a livello della vena giugulare (o in vicinanza della vena cava
superiore) delle varie parti corporee:
• A livello tronco-bronco-mediastinico
• A livello succlavico
• A livello giugulare (per la componente linfatica del collo)

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