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Niccolò Machiavelli

Principe
a cura di Pietro Genesini

GOLPE ET LIONE

IUSTITIA ET PAX

Firenze 1513
La versione in italiano è stata condotta sull’edizione critica
MACHIAVELLI N., Principe, a cura di Luigi Firpo, Einaudi, Torino 1972.
Edizione elettronica senza diritti d’autore di Liber liber.

Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 2


INDICE

INTRODUZIONE ........................................................ 5 CAPITOLO 7. DE PRINCIPATIBUS NOVIS QUI


ALIENIS ARMIS ED FORTUNA ACQUIRUNTUR.27
1. IL PRINCIPE (1512-13) ............................................ 5
2. LE ARMI. L’ESERCITO SEMPRE VINCENTE ................. 7
3. LA SCIENZA DELLA POLITICA E L’ETICA: UN CAPITOLO 8. DE HIS QUI PER SCELERA AD
ROVESCIAMENTO ?....................................................... 7 PRINCIPATUM PERVENERE. ............................... 29
4. LA SCIENZA DELLA POLITICA E LA “REALTÀ
EFFETTUALE”............................................................... 8 CAPITOLO 9. DE PRINCIPATU CIVILI. .............. 31
5. L’UOMO REALE........................................................ 9
6. IL PRINCIPE E LO STATO ......................................... 10 CAPITOLO 10. QUOMODO OMNIUM
7. LA FORZA E L’ASTUZIA .......................................... 10 PRINCIPATUUM VIRES PERPENDI DEBEANT. 32
8. L’INGANNO E L’OMICIDIO ..................................... 10
9. LA SINTONIA DELL’AZIONE CON LE CIRCOSTANZE . 10 CAPITOLO 11. DE PRINCIPATIBUS
10. LA VIRTÙ MILITARE.............................................. 10 ECCLESIASTICIS. .................................................... 33
11. LA FORTUNA ....................................................... 11
12. L’IMPETO ............................................................ 12 CAPITOLO 12. QUOT SINT GENERA MILITIAE
13. I GIOVANI ............................................................ 12 ET DE MERCENNARIIS MILITIBUS. ................... 34
14. UNA PROPOSTA GENIALE NELLA CONCLUSIONE:
L’UNIFICAZIONE DELL’ITALIA.................................... 13 CAPITOLO 13. DE MILITIBUS AUXILIARIIS,
15.1 UN CONFRONTO : TOMMASO D’AQUINO ........... 14 MIXTIS ED PROPRIIS. ............................................ 36
15.2 UN CONFRONTO : DANTE................................... 15
15.3 UN CONFRONTO : BOCCACCIO .......................... 15 CAPITOLO 14. QUOD PRINCIPEM DECEAT
16. LA CONTINUAZIONE DELLA RIFLESSIONE POLITICA: CIRCA MILITIAM. ................................................... 37
LA MANDRAGOLA ..................................................... 16
17. SCIENZA ED ECONOMIA POLITICA: BOTERO E LA
CAPITOLO 15. DE HIS REBUS QUIBUS
RAGION DI STATO (1589).......................................... 17
HOMINES ET PRAESERTIM PRINCIPES
20. UNA VALUTAZIONE. LA STRATEGIA DEI CONFRONTI17
LAUDANTUR AUT VITUPERANTUR. .................. 38
PRINCIPE................................................................... 19
CAPITOLO 16. DE LIBERALITATE ET
DEDICA ...................................................................... 19 PARSIMONIA. ........................................................... 39

NICOLAUS MACLAVELLUS AD MAGNIFICUM CAPITOLO 17. DE CRUDELITATE ED PIETATE;


LAURENTIUM MEDICEM. ..................................... 19 ET AN SIT MELIUS AMARI QUAM TIMERI, VEL
E CONTRA................................................................. 40
CAPITOLO 1. QUOT SINT GENERA
PRINCIPATUUM ET QUIBUS MODIS CAPITOLO 18. QUOMODO FIDES A
ACQUIRANTUR........................................................ 19 PRINCIPIBUS SIT SERVANDA. ............................. 42

CAPITOLO 2. DE PRINCIPATIBUS CAPITOLO 19. DE CONTEMPTU ED ODIO


HEREDITARIIS. ........................................................ 20 FUGIENDO. ............................................................... 43

CAPITOLO 3. DE PRINCIPATIBUS MIXTIS........ 20 CAPITOLO 20. AN ARCES ED MULTA ALIA


QUAE COTIDIE A PRINCIPIBUS FIUNT UTILIA
CAPITOLO 4. CUR DARII REGNUM QUOD AN INUTILIA SINT. .................................................. 46
ALEXANDER OCCUPAVERAT A
SUCCESSORIBUS SUIS POST ALEXANDRI CAPITOLO 21. QUOD PRINCIPEM DECEAT UT
MORTEM NON DEFECIT. ...................................... 24 EGREGIUS HABEATUR. ........................................ 48

CAPITOLO 5. QUOMODO ADMINISTRANDAE CAPITOLO 22. DE HIS QUOS A SECRETIS


SUNT CIVITATES VEL PRINCIPATUS, QUI, PRINCIPES HABENT. .............................................. 50
ANTEQUAM OCCUPARENTUR SUIS LEGIBUS
VIVEBANT. ................................................................ 25 CAPITOLO 23. QUOMODO ADULATORES SINT
FUGIENDI. ................................................................. 50
CAPITOLO 6. DE PRINCIPATIBUS NOVIS QUI
ARMIS PROPRIIS ED VIRTUTE ACQUIRUNTUR.25 CAPITOLO 24. CUR ITALIAE PRINCIPES
REGNUM AMISERUNT. .......................................... 51
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CAPITOLO 25. QUANTUM FORTUNA IN REBUS
HUMANIS POSSIT, ET QUOMODO ILLI SIT
OCCURRENDUM. .................................................... 51

CAPITOLO 26. EXHORTATIO AD


CAPESSENDAM ITALIAM IN LIBERTATEMQUE
A BARBARIS VINDICANDAM. .............................. 53

Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 4


INTRODUZIONE 1) la scoperta della sedicente o cosiddetta “realtà
effettiva”;
2) la visione pessimistica dell’uomo;
3) il consiglio al principe di essere non buono, se
1. Il Principe (1512-13) necessario;
Niccolò Machiavelli (1469-1527) scrive il Princi- 4) essere non buono significa infrangere la mora-
pe tra il 1512 e il 1513, quando con il ritorno dei le (quale?), cioè avere la libertà di ingannare,
Medici a Firenze è stato allontanato dagli incarichi di apparire quello che non si è, di uccidere, ma
pubblici. Con questa breve operetta pensa di rien- per il bene e la difesa dello Stato;
trare nelle grazie degli antichi governanti. Le cose 5) non comprende mai, anzi esclude categorica-
vanno invece molto per le lunghe, l’avvicinamento mente che i principe possa insidiare le donne e
è lentissimo. E, quanto riesce, c’è un nuovo colpo le ricchezze dei sudditi.
di Stato degli antichi amici, che lo lasciano da par-
te. Egli non fa tempo ad addolorarsi e a riflettere, Queste regolette sono ovvie e banali e non fanno
perché come i grandi personaggi della storia ha la certamente perdere i sonni. Sono poi desunte dalla
fortuna di morire. realtà, dal comportamento effettivamente tenuto da
L’opera è un regalo alla Casa de’ Medici (alla fine principi e governanti del presente e del passato,
nella figura di Lorenzino de’ Medici), con cui l’ex non hanno alcuna fondazione teorica. Quello che
segretario della Repubblica fiorentina presenta le colpisce il lettore è la libertà di ingannare e di uc-
sue capacità di pensiero e di consiglio, per farsi cidere, seppure per interesse dello Stato. Il princi-
riassumere. E la captatio benevolentiae, dovrebbe pe ha un comportamento immorale e l’autore è cri-
impedire di leggere il dono come un trattato politi- ticato perché attribuisce o meglio giustifica per il
co o come un manuale di istruzioni per il principe. principe questo comportamento immorale.
La proposta finale di liberare l’Italia dagli invasori L’operetta, scritta in uno splendido fiorentino, è
è del tutto estranea a un compendio di scienza po- normalmente interpretata come il primo trattato po-
litica. litico nel senso moderno del termine: l’autore sepa-
Il testo è a un tempo presuntuoso e infido. L’autore ra la scienza politica dalla morale, poiché la mora-
pensa di poter dare consigli, lui, un parvenu della le ha le sue regole e la scienza politica le sue. E
politica, ai Medici, che sono da sempre al governi l’uomo politico deve seguire le regole della politi-
della città. E applica la pratica del voltagabbana, ca e non quelle della morale, se vuole mantenere il
che aveva in esso teorizzata: scaricare gli amici potere. Insomma deve uccidere e ingannare, se è
repubblicani e rientrare nelle grazie del nuovo si- costretto dalle circostanze e, ovviamente, per il be-
gnore. Ma un governante, ogni governante, ha biso- ne dello Stato L’interpretazione è forzata e interes-
gno di uomini di fiducia, non di voltagabbana che sata. È forzata perché dimentica le circostanze in
lo piantino in asso o lo tradiscano nei momenti dif- cui e i motivi precisi per cui l’operetta è stata ela-
ficili. Il realista Machiavelli, che aveva scoperto la borata, accattivarsi la simpatia dei Medici, e per-
realtà effettuale, non aveva capito questi principi ché in tal modo è letta absolute, come un manuale
di comportamento spicciolo, valida per l’uomo autonomo di politica. È interessata, perché coloro
comune e i suoi amici e ugualmente per il principe che la propongono vogliono semplicemente avere
e i suoi collaboratori. Nel 1509 la popolazione ve- un testo da opporre, con cui opporsi alla Chiesa
neta non era passata al nemico, dopo la sconfitta cattolica e giustificare i propri crimini o le proprie
veneziana di Agnadello. azioni. Lo scopo quindi è del tutto estraneo ai fini
Il Principe dà largo spazio all’analisi degli Stati e reali ed personali dello scrittore.
delle loro caratteristiche. Parla però degli Steterelli Così il Principe, un’opera d’occasione scritta per
italiani e non dei grandi Stati europei. E più preci- chiedere un posto di lavoro, diventa il simbolo del
samente parla dello Stato che un personaggio pri- pensiero laico contro l’oscurantismo e il moralismo
vato ha in qualche modo conquistato e che deve della Chiesa cattolica...
tenere sotto controllo. Gli altri Stati europei aveva Oltre a ciò i lettori laici non colgono mai la con-
da secoli superato questa fare. Per questo motivo traddizione che pervade il testo: se tu mi suggerisci
l’autore dà ed è costretto a dare grande spazio la pratica del voltagabbana (vedo che tu l’hai già
all’esercito. Il principe è innanzi tutto un uomo messa in pratica), che cosa mi assicura che tu non
d’armi, che deve dedicarsi alla guerra e che si sen- la rifaccia ancora in caso di mie difficoltà? Sia il
te realizzato nella guerra e non nel governo di ordi- principe de’ Medici sia il lettore un po’ avveduto
naria amministrazione. Questa situazione spinge avrebbe colto subito questa riproposizione del pa-
l’autore a fornire indicazioni e consigli ad hoc, che radosso di Epimenide cretese. L’antinomia ha su-
costituiscono la struttura portante dell’opera. perato duemila anni: Epimenide cretese dice che
La scienza politica proposta dal segretario fiorenti- tutti i cretesi mentono. Domanda: egli dice il vero
no si riduce a poca cosa: o dice il falso? Il paradosso è che, se egli dice il

Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 5


vero, mente (almeno lui dice la verità...); e, se A distanza di secoli il nuovo principe è stato rap-
mente, dice il vero (almeno lui non mente). presentato dal partito rivoluzionario o, meglio,
Ben altra cosa è il trattato di governo Della ragion dall’élite dirigente. Ben inteso, come il principe di
di Stato scritto dal gesuita Giovanni Botero (1544- Machiavelli, questa élite commetteva crimini non
1617) nel 1589, che ha un respiro molto più vasto, per soddisfazione personale, ma per il bene più
poiché parla di scienza politica, economia politica dello Stato e della popolazione, che essa doveva
e geografia economica. E non si perde mai in que- governare o guidare al successo.
stioni morali. Comunque sia, il Principe è passato alla storia per
Gli estimatori laici di Machiavelli non si accorgo- aver separato morale politica e morale religiosa. I
no nemmeno che il teorico fiorentino pensa soltan- fautori di questa interpretazione perciò ritengono
to a un principe italiano e non ai principi europei. che la Chiesa abbia reagito all’immorale Machia-
E che umanisticamente crea il suo principato come velli sia mettendo il manualetto nell’elenco dei li-
un’opera d’arte, quando gli altri Stati europei ave- bri proibiti, sia ripristinando la politica sotto la mo-
vano raggiunto una notevole complessità organiz- rale, ma in sostanza riproducendo le tesi del segre-
zativa, che non metteva in discussione il regnante tario fiorentino. E si inventa uno scrittore che dedi-
costituito, richiedeva decisioni collegiali o specia- ca la vita a confutare le inconfutabili tesi del fio-
listiche e un’enorme burocrazia. D’altra parte i cri- rentino: Giovanni Botero (1544-1617) e la sua Del-
tici sono scrittori italiani, che più in là dell’espe- la ragion di Stato (1589). Una pia illusione o un
rienza patria non vanno. Essi non riescono a capire auto-lavaggio del cervello. Quello che disturba nel
che colpevole non è Machiavelli, ma la “realtà”. Principe è lo sforzo di giustificare i crimini sul pi-
L’autore ratifica i comportamenti che a suo dire i ano della scienza politica. Queste cose si fanno (se
principi d’Europa hanno tenuto “nella realtà”. necessario), ma non si dicono in pubblico, non si
Oltre a ciò gli estimatori, convinti che la politica si dicono in pubblico, ma non si fanno. Poi il princi-
debba separare dalla morale religiosa, non si ac- pe, interpretando estensivamente la regoletta, a-
corgono di tessere l’elogio del crimine, e il crimine vrebbe passato il suo tempo ad ammazzare gli av-
non è meno crimine perché compiuto dal principe o versari politici e avrebbe innescato faide centena-
dallo Stato. Essi, ancora, non si accorgono che la rie, che non facevano gli interessi di nessuno… E
morale religiosa non esiste, è una loro invenzione, la Chiesa non si preoccupa di sottomettere la poli-
dettata da ignoranza e da interessi di parte. Morale tica alla religione, si preoccupa di far rientrare il
è il termine latino che traduce l’etica greca. Etica comportamento del principe in quell’etica politica
significa costume, costume sociale. E la Chiesa, che accomuna lei e lo Stato.
erede del pensiero aristotelico, ha sempre inteso La soluzione di Botero è ineccepibile: il principe
l’etica come un insieme di norme che regolano il non deve ingannare, perché politicamente danneg-
comportamento sociale dei sudditi o dei cittadini gia se stesso e perde la sua buona fama presso i
come dei governanti, per il bene di tutti. L’etica è sudditi; ugualmente il principe non deve uccidere,
quindi un’etica politica. Essi si sono inventati che perché non gli conviene, perché è messo nella con-
la Chiesa si sia inventata regole morali per andare dizione di non dover uccidere, perché può ricorrere
in paradiso! Non vedono come e quanto la Chiesa ampiamente alla scienza politia e alle leggi per
sia radicata nell’al di qua, nella società e nell’eco- combattere gli avversari. Egli conosce in anticipo i
nomia. Sono ciechi o hanno i paraocchi dell’ide- problemi e le loro risposte e non si trova mai con
ologia. E la morale della Chiesa è costituita dai le spalle al muro come succede al principe di Ma-
dieci comandamenti, che non insegnano a guada- chiavelli.
gnarsi un posto in paradiso, ma a vive in società Sul piano teorico l’opera di Machiavelli è debolis-
con gli altri. Risalgono a una società pastorale e in sima in quanto è stata scritta con scopi extra-
seguito sono trasformate in leggi dagli Stati. La re- politici, cioè perché è rivolta intenzionalmente ad
pubblica romana le trasforma in dieci tavole in personam per chiedere un posto di lavoro. Questi
bronzo, che parlano di diritto privato e pubblico e motivi la inquinano e provocano tutti i problemi
che sono esposte nel foto contro ogni arbitrio (451- legati al paradosso di Epimenide. La dedica in-
50 a.C.). E il principe non va contro la morale reli- somma la inficia completamente. Ma i lettori critici
giosa e/o dei preti, va contro le leggi dello Stato, di non se ne sono mai accorti. Tuttavia lo stesso au-
cui egli è al vertice. L’etica della Chiesa non è tore mostra quel che succede, se si applicano i
un’etica religiosa, non insegna a conquistare il pa- suoi principi, in un’altra opera che apparentemente
radiso, è un’etica politica e coincide con l’etica non parla di politica: la Mandragola (1518), la più
politica dei laici o dei cittadini o dei sudditi o del- bella commedia italiana del Cinquecento. Nella
lo Stato. Ma tutto ciò è sfuggito sia a Machiavelli, Mandragola i piccoli uomini si sono improvvisati
sia ai suoi seguaci. E il principe deve fare i conti principi nella loro vita privata, hanno ottenuto ciò
non con l’etica religiosa, che insegna ad andare in che volevano, ma nel contempo hanno minato quei
cielo, ma con l’etica politica, che accomuna Chiesa valori che stanno alla base della società. Indub-
e Stato o Stato e Chiesa. biamente una grande conquista.
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 6
La trama in sintesi. proprio Staterello, conseguire onore e gloria sul
Callimaco con l’inganno costringe Lucrezia, one- campo di battaglia. Il principe, lo Stato, non è al
stissima e per di più sposata, a concedersi a lui. servizio della popolazione. Al contrario la popola-
Ma la donna ritorce l’inganno contro l’amante (e il zione fornisce la manodopera per costituire l’eser-
marito): avrà il controllo delle loro vite e delle loro cito o, altrimenti, una banda armata con cui aggre-
azioni. Insomma, se il principe inganna, non può dire il paese vicino. Questi sono i valori politici
pretendere che gli altri principi non facciano altret- del principe. E governare significa partecipare a
tanto. E l’individuo privato, se si comporta come un’enorme partita a scacchi giocata sul piano inter-
un principe in miniatura, non può pretendere che gli nazionale con gli altri principi o con gli altri sovra-
altri individui non facciano la stessa cosa. In tal ni. E poi, finita una partita, se ne comincia un’altra.
modo l’arma dell’inganno o dell’omicidio è am- I sudditi-soldati sono le pedine.
piamente spuntata: chi la usa deve prendere pre- L’attenzione all’esercito, che occupa diversi capi-
cauzioni per evitare prevedibili rappresaglie. E de- toli del volumetto, è quindi facilmente comprensi-
ve tenere presente che la pratica dell’inganno di- bile. E ugualmente la totale assenza di economia
venta comportamento normale, che condiziona le politica e di geografia economica.
azioni di tutti e che fa perdere fiducia negli accordi L’autore immagina quale deve essere l’esercito
stipulati. E fa perdere anche tempo. sempre vincente riflettendo sugli eserciti antichi e
I lettori del segretario fiorentino non si sono accorti sugli eserciti moderni. La discussione lo infiamma
che la commedia più che le altre opere coeve ap- a tal punto, che tratta il problema in ben tre capito-
profondisce le ricerche sui rapporti tra infrazione li: 12, 13, 14.
della morale/leggi dello Stato e conseguimento dei Il mondo antico è sentito come compresente, anche
fini. Per di più l’autore, con grande senso della di- se erano passati 10 o 15 secoli ed anche se era
dattica, calava il problema in uno spaccato effetti- comparsa la polvere da sparo e le mura medioevali
vo di vita sociale. delle città avevano ceduto posto ai terrapieni.
Machiavelli va letto tenendo presente che quel che Questa proiezione verso il passato era un’ingom-
scrive era noto da sempre alle varie classi domi- brante eredità umanistica, ma, a dire il vero, anche
nanti o ai vari principi. E che quanto propone nel i generali o i sovrani si comportavano allo stesso
Principe va integrato con quanto egli stesso dice modo e cercavano ispirazione nel passato, un pas-
nella commedia. E andrebbe anche inquadrato sto- sato mitico ed eroico, che non si poteva superare.
ricamente con quanto sull’argomento è detto prima
di cui, cosa che non ha mai l’avvertenza di fare. 3. La scienza della politica e l’etica: un
Per lui Tommaso d’Aquino (De regimine princi- rovesciamento?
pum, 1266) è un perfetto sconosciuto. Ma è ovvio,
è un frate! Perché perder tempo a leggere le stupi- Machiavelli non è il fondatore della scienza politi-
daggini di un frate? ca nel senso moderno del termine. Le sue idee era-
no normalmente praticate dai regnanti o dai potenti
Conviene ora esaminare alcuni tremi dell’operetta. di tutto il mondo. Il suo merito è stato invece di
mettere su carte questa sedicente scienza politica e
2. Le armi. L’esercito sempre vincente di aver provocato, con quest’opera provocatoria o
stupida o insolente, un lunghissimo dibattito su po-
L’Italia del tempo era divisa in mumerosi Staterel- litica e morale, che è durato per tutto il sec. XVI e
li, sempre in lotta tra loro: se qualcuno diventava che si è trascinato sino ai nostri giorni. Nel sec.
troppo potente, gli altri si coalizzavano contro di XIX le sue riflessioni e le sue teorie però sono sta-
lui e lo sconfiggevano. Come succede a Venezia te usate strumentalmente, contro la morale e la
nella battaglia di Agnadello (1509). Chiesa cattolica, da laici ignoranti che avevano bi-
Machiavelli è figlio diretto dell’Umanesimo, crede sogno di una giustificazione teorica per i loro cri-
che l’uomo si faccia da sé e che ognuno sia artefi- mini o per dire le loro stupidaggini. Laici che chia-
ce del proprio destino, magri con un po’ di fortuna. ramente non facevano parte di alcuna classe diri-
Egli non ha perso la mentalità comunale, quando gente, altrimenti avrebbero conosciuto da sempre
ormai erano comparsi gli Stati nazionali, capaci di le regole della politica e della morale e il loro rap-
disporre di enormi risorse, in pace come in guerra. porto.
La Spagna, l’ultima arrivata, aveva raggiunto l’uni- La morale ha valore neutro: indica i costumi di una
tà nel 1492, poi c’era la Francia, l’Inghilterra e società. Essa si esplica nelle regole e nelle leggi. Il
quindi l’Impero asburgico. L’Italia era divisa e gli senso di una regola (poco impegnativa) o di una
Staterelli erano in perenne conflitto tra loro. legge (che è coercitiva) è facile da capire: servono
Il segretario fiorentino professa i valori nobiliari per regolare i rapporti sociali, per ridurre i conflitti
tradizionali: fare la guerra. Con gli annessi e con- sociali. Io ho il diritto di passare per questa strada,
nessi: giocare alla guerra, costruirsi un proprio tu mi lasci passare. Non possiamo sprecare tempo
principato, guidare il proprio esercito, allargare il a litigare ogni volta: è un dispendio di energie per
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 7
me ed è un dispendio per te. È meglio, è più razio- doveva farlo, perché il principe diceva pubblica-
nale regolare o trovare un accordo: passi gratis o mente che si sentiva in diritto di non mantenere la
ogni volta che passi paghi il pedaggio. parola data, di ingannare, di uccidere ecc. E maga-
La morale religiosa, quella che fa guadagnare un ri chi si sentiva minacciato decideva di prendere le
posto in paradiso, perciò non esiste o non è perti- sue precauzioni e anticiparlo.
nente con la scienza politica, esiste soltanto la mo- A quanto pare, il segretario fiorentino si era accor-
rale o le regole o le leggi sociali, che la Chiesa to negli anni successivi, quando pubblica la Man-
propone, cioè l’etica politica. Non ci può essere dragola, delle conseguenze nefaste, i cosiddetti
rovesciamento di qualcosa che non esiste. Machia- “effetti collaterali”, che derivavano dalle sue idee
velli non rovescia nulla. L a morale della Chiesa e o dalle sue scoperte, se anche l’individuo faceva
le leggi dello Stato dicono che non si deve né ruba- sue e applicava le idee dell’operetta politica.
re né uccidere ecc. I motivi sono evidenti: convie- Machiavelli quindi non ha rovesciato alcuna mora-
ne a tutti evitare dispendiosi conflitti sociali, che le religiosa, né ha fondato alcuna nuova scienza
minacciano la stessa sussistenza della società. della politica: le sue idee erano conosciute e ap-
Machiavelli dice: in caso di necessità e per il bene plicate. Ha confuso la morale religiosa (preoccu-
dello Stato il principe deve andare contro la mora- parsi dell’al di là, comportarsi bene per andare in
le, può e anzi deve uccidere, ingannare ecc. paradiso) con le leggi della politica, non si è accor-
L’autore però, bontà sua!, pone delle chiare delimi- to che il suo principe va contro le leggi dello Stato
tazioni alla scelta di questa soluzione. E la condi- e non ha mai riflettuto su questo problema, che do-
zione più cogente è il bene dello Stato, cioè della veva essere l’unico problema su cui riflettere,
società (una giustificazione però che fa pensare a mentre doveva lasciar perdere le idee e le tesi di
un inganno). Perciò l’autore precisa: le motivazioni casa altrui, della Chiesa cattolica… Una svista e
devono essere chiarissime, comprensibilissime e, un errore non da poco, che inficia e destabilizza
al limite, condivisibili da tutti, anche dai marziani. tutta la sua fatica. Il fatto è che egli ha una cultura
E aggiunge un corollario: in compenso e bontà sua popolare, che si scandalizza quando vede le nefan-
verso sudditi e famiglie altolocate. il principe non dezze dei principi, attribuisce al (suo) principe la
ruba e non deve mai derubare i suoi concittadini o stessa sua ignoranza e pensa di poterlo e doverlo
i suoi sudditi, perché si può dimenticare la morte erudire con le sue scoperte. Un’ingenuità e un’ine-
del padre assassinato, ma non la perdita del pro- sperienza degne di miglior causa.
prio patrimonio, a cui le famiglie sono attaccate Le sue novità quindi sono tali soltanto per coloro
anima e corpo. Il motivo di questo attaccamento che, come lui, hanno una cultura e un’esperienza
non è mai detto (sembra un attaccamento psicopa- popolare, non hanno esperienza di vita né di go-
tico ai beni materiali e ai propri possedimenti), ma verno. E che passano il tempo tra i libri: i lettori
dovrebbe essere chiaro: senza patrimonio la fami- “critici” del segretario fiorentino.
glia decade e muore. Peraltro, se egli è stato ingenuo e poco avveduto, è
Al suo tempo queste idee – è lecito uccidere, è le- in qualche modo scusabile. I suoi estimatori sono
cito ingannare –, messe per iscritto e pubblicate, invece responsabili di non aver fatto la loro parte:
avevano fatto scandalo perché il suo autore le a- una lettura decentemente critica delle sue operee.
veva rese pubbliche, mentre da sempre si applica-
vano, ma con discrezione e professando la… dop- 4. La scienza della politica e la “realtà
pia morale. Ufficialmente si dice una cosa, nella effettuale”
pratica se ne fa un’altra. La cultura popolare in
proposito ha un proverbio: predicar bene e razzolar Machiavelli si vanta di avere scoperto la “realtà
male. Ma la cultura politica e l’esperienza dello effettiva”, la “realtà dei fatti”, come se prima di lui
scrittore erano limitatissime: non sapeva che certe essa non ci fosse stata o non fosse conosciuta. Egli
cose non si dicono ma si fanno, si fanno ma non si cerca di trovare le regole, cioè le leggi generali,
dicono. Per motivi facili da individuare. che permettano al principe di gestire tutte le situa-
Lo scandalo provocato dal libretto è tutto qui: zioni che gli si presentano. L’amico Guicciardini
l’autore ha ingenuamente divulgato idee stravec- non credeva affatto a questa possibilità: affermava
chie, pensando di averle scoperte ex novo, stu- che tutti gli eventi sono particolari, perciò non sono
diando il comportamento dei principi europei nei formulabili leggi generali.
dieci anni che fa pratica politica al servizio della Egli poi vuole parlare non di Stati e di repubbliche
repubblica fiorentina. Una pia illusione. Lo scanda- immaginari, come si è sempre fatto, ma di Stati re-
lo però è effettivo: l’autore va contro una prassi di ali e, ugualmente, di individui reali. Anche in que-
fare e non dire, che aveva le radici nella notte dei sto caso ha scoperto l’acqua calda: egli ignorava la
tempi. “realtà effettiva”, ma il o i principi che vuole eru-
Con questa rivelazione il suo pubblico si metteva dire la conoscevano per bene, e da sempre, ma egli
in agitazione, poiché si chiedeva quando doveva o non lo immagina nemmeno…
poteva credere al principe e quando non poteva né
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 8
Comunque sia, il richiamo alla realtà, il suggeri- troveranno sempre persone da ingannare… L’au-
mento di essere aderenti alla realtà è sicuramente tore insiste in modo particolare sulla differenza tra
un consiglio da condividere (ma con intelligenza). quello che gli uomini dovrebbero essere e quel che
E in queste riflessioni l’autore dà un contributo effettivamente sono. E sceglie di parlare degli uo-
forse significativo, perché introduce sistematica- mini come effettivamente sono. Gli uomini sono
mente e in modo coordinato alcune idee: la realtà stupidi e malvagi, ti giurano fedeltà quando non ne
effettuale, la visione pessimistica dell’uomo, la hai bisogno e non ti aiutano nel bisogno. Egli non
strategia dell’analisi psicologica dei protagonisti. si accorge di fare un discorso morale in questa cir-
Tutte idee che saranno in seguito ampiamente ap- costanza e poi anche quando suggerisce al principe
profondite e utilizzate. di infrangere le leggi morali. Non riesce a liberarsi
Tuttavia non basta la “realtà effettiva”, ad essa si dal riferimento alla morale (E qui per morale si in-
deve aggiungere la riflessione. E in proposito tende il dover essere, ben diverso dalla morale re-
l’autore è del tutto carente. Pensa che la scienza ligiosa della Chiesa – pensare alla salvezza eterna
politica si trovi nella “realtà effettuale” e che basta e voler andare in paradiso – e dall’etica politica di
studiare la “realtà effettuale” per scrivere un tratta- Chiesa e Stato o Stato e Chiesa).
to di scienza politica. Un illuso e un balordo. Se Se l’uomo reale è così, allora il principe deve par-
studio il comportamento dei principi posso al mas- lare a quest’uomo con i linguaggio che un tale uo-
simo giungere a proporre un principe che si com- mo capisce. Non deve fare discorsi immaginari a
porti come l’esempio studiato, che mi sembra inte- un uomo che non esiste. Con gli altri uomini, cioè
ressante. Ma non vado più in là: ripropongo soltan- con gli altri principi come con i propri sudditi, non
to ciò che l’esperienza e i “fatti” mi mostrano. Ma è possibile stabilire un rapporto di fiducia, perché
la scienza politica è molto più in là. Si deve passa- vale solo l’apparenza.
re dagli esempi alla teoria. Ma l’autore non sa fare Il suggerimento è indubbiamente efficace, se si
questo passaggio, e continua a navigare in mezzo vuole o se si deve stabilire un buon livello di co-
alla “realtà effettuale”, convinto che non serva municazione. Ma può far emergere tutti quegli i-
spiccare il volo. Fa quello che hanno fatto gli egizi stinti disaggreganti e antisociali che ogni società
con la geometria. In realtà la geometria nasce con i cerca faticosamente di contenere. Ma, al contrario
greci, e addirittura esclude qualsiasi rapporto con del principe di Botero, il principe di Machiavelli
la “realtà effettiva”. Una bestemmia! non si propone di compattare il suo Stato, i suoi
La “realtà effettiva” contiene anche un insidioso sudditi. Preferisce pensare a fare la guerra e com-
errore di ragionamento: essa giustifica o non giusti- pattare l’esercito, che gli serve compattato. Botero
fica la descrizione valutativa e morale che gli uo- propone anche che il principe non inganni (tranne in
mini sono cattivi e che essi ingannano te, se tu non guerra) e che addirittura si preoccupi dei suoi sud-
li anticipi e inganni loro? In altre parole o si parte diti e degli interessi dei suoi sudditi!
dalla “realtà effettiva” o si parte dal pessimismo, Botero non parla mai di salvezza eterna (morale
ma ognuno dei due punti di partenza esclude religiosa) né usa mai il binomio essere e dover es-
l’altro. Fermo restando il fatto che il principe è sere: i suoi riferimenti non sono mai morali. Parla
messo allo stesso livello dei suoi sudditi e si bar- sempre e soltanto di etica politica, che accomuna
camena, come loro, a ingannare e a non farsi ingan- Chiesa e Stato. E vede costantemente i problemi
nare. dal punto di vista del principe, non della Legge
Machiavelli giunge a conclusioni profondissime: Morale che mandava in lievitazione Immanuel Kant
ciò che conta non è essere, è apparire. Apparire (1724-1804). Egli è, paradossalmente, amorale, che
forte, apparire religioso, apparire degno di fede suggerisce di rispettare l’etica politica, perché ciò
ecc. Il principe deve controllare anche il mondo fa gli interessi del principe, non per una insulsa e
dell’immaginario, il mondo dell’apparenza. Deve assurda sottomissione alle regole della morale. Il
curare la sua immagine presso il suo pubblico: suo principe non appare buono, è buono; non in-
presso i sudditi o i cittadini come presso gli altri ganna né uccide, perché ciò non gli conviene e per-
principi. Insomma il principe spreca le sue risorse ché grazie alla conoscenza della scienza politica si
ad apparire e a nascondere quello che è e che non trova nella condizione e nella capacità può evitare
dovrebbe essere. di ricorrere all’inganno e all’omicidio. Si occupa sì
L’autore non si chiede mai se sia più conveniente dell’esercito, ma soltanto se la guerra è importante,
usare le poche risorse disponibili per essere. in ogni caso fa solo bella presenza per incoraggiare
i soldati, ma lascia il compito di dirigerla ai suoi
5. L’uomo reale generali…
L’ex gesuita propone infine un’ennesima idea che
Machiavelli ha una visione pessimistica dell’uomo fa imbestialire i laici: la lotta ad oltranza contro il
effettuale: è stupido, ignorante, credulone, e se tu parassitismo sociale e l’occupazione totale dei
mantieni la parola a lui egli non la mantiene a te. sudditi, sciancati e ciechi compresi! Nessuno deve
Quindi è meglio prevenirlo e ingannarlo, perché si mangiare sulle spalle altrui.
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 9
6. Il principe e lo Stato strategia che si intona con il nostro carattere e che
ci ha fatto sempre vincere, almeno fino a quel mo-
Il principe di Machiavelli è il principe italiano che mento.
ha un piccolo o un piccolissimo Stato, al massimo
uno Stato regionale. È il principe umanista che 8. L’inganno e l’omicidio
cerca di espandersi nelle città o nelle province vi-
cine. È una specie di super-uomo, capace di fonda- Il caposaldo della scienza politica di Machiavelli,
re e allargare lo Stato con le sue doti di audacia e che ha fatto scorrere fiumi d’inchiostro, è la tesi
astuzia e che vede nello Stato la realizzazione di che il principe deve esser buono e comportarsi be-
un’opera d’arte, di una città ideale. È anche capace ne, ma deve essere anche capace di comportarsi
di conquistare con le armi uno Staterello, diven- male, cioè di uccidere e di ingannare, se costretto.
tando, da capo di un esercito prezzolato di due o insomma di andare contro la morale. Qui l’autore e
trecento soldati, capo di un principato. Può essere i suoi estimatori si prendono un duplice abbaglio:
quindi anche un principe nuovo. Al suo tempo casi a) tirano in ballo la Chiesa e la morale della Chie-
simili non erano rari, ma soltanto in Italia. sa, due cose che non c’entrano affatto; b) doveva-
Egli comanda, egli governa, egli guida l’esercito, no accorgersi che il principe non va contro una fan-
egli fa tutto e sa fare tutto. Non ha bisogno di mi- tomatica morale della Chiesa (e, anche se ci anda-
nistri ai suoi fianchi. L’autore non si rende conto va, la cosa non sarebbe stata importante); va contro
che queste sue idee contrastano proprio con la “re- le leggi dello Stato, perché uccidere è un reato (per
altà effettiva” che propone. In questo caso lo Stato l’inganno, si vedrà).
dipende dal principe, mentre dovrebbe succedere il
contrario. Cesare Borgia, detto il Valentino (1475- 9. La sintonia dell’azione con le circo-
1507), si ammala proprio nel momento più infau- stanze
sto, e perde lo Stato che voleva costruirsi nell’Ita-
lia centrale. Perde tutto. Machiavelli propone di adattare le proprie azioni,
L’autore non si accorge che in Italia le cose stanno la propria strategia alle circostanze. C’è chi nasce
andando così: con la morte dell’abilissimo Loren- prudente, applica la prudenza ed ha successo. Però
zo de’ Medici (1449-1492), finisce l’equilibrio tra i ha successo finché la prudenza si adatta alle circo-
vari Stati italiani e iniziano le invasioni straniere. stanze. Verrà il momento in cui serve l’impeto, ma,
La personalità e le capacità del principe condizio- non essendo abituati all’impeto, si va incontro
nano completamente la vita dello Stato e le sue re- all’insuccesso e alla sconfitta.
lazioni con gli altri Staterelli italiani. Insomma l’uomo può anche cercare di essere fles-
Nello stesso momento gli Stati europei avevano sibile, ma la flessibilità non potrà mai essere asso-
una classe dirigente stabile, numerosa, efficiente, luta e il rischio di insuccesso è sempre in agguato.
compatta. La morte o la malattia di un sovrano non L’azione quindi deve adattarsi costantemente alle
avrebbe interferito con le normali attività delle va- circostanze in cui si opera, e si deve sperare che la
rie istituzioni. Al limite s’interrompeva la guerra strategia che ci siamo abituati a usare sia quella
che questi aveva iniziato. adatta a tali circostanze. Di più non è possibile fa-
re.
7. La forza e l’astuzia
10. La virtù militare
Il segretario fiorentino svolge interessanti riflessio-
ni psicologiche sul principe, cioè sul governante: il Platone criticava la società spartana che creava
principe dovrebbe essere un super-uomo, ma poi- uomini-soldato: gli esercizi del corpo deturpano la
ché spesso non lo è, allora deve sembrare di avere bellezza dell’anima. Aristotele riteneva che la virtù
certe qualità, anche se non le ha. stesse nel giusto mezzo: l’uomo deve essere co-
Oltre a ciò non deve avere un modo rigido di af- raggioso in pace come in guerra, non deve essere
frontare le situazioni, deve essere flessibile. Deve mai né timido né tracotante. Indubbiamente questi
essere volpe, se la situazione richiede quest’ap- sono ideali di vita, che poi la realtà tendeva a
proccio. Deve essere leone, se richiede l’uso della smentire costantemente. I greci si sono dissanguati
forza. Non deve fissarsi ad usare sempre la stessa in guerre civili e hanno cessato di combattersi sol-
strategia, altrimenti si presenterà una situazione tanto quando sono caduti nelle mani di Alessandro
che lo troverà spiazzato e che lo farà andare in ro- Magno (333 a.C.), che ha diffuso la loro civiltà in
vina. tutto il Medio Oriente.
E, purtroppo, nota l’autore, una strategia che ci ha Per Machiavelli la virtù miliare è un valore, che
fatto vincere sino ad ora non è detto che ci faccia caratterizza il principe. Egli dà al termine virtù il
vincere anche in futuro. Se le circostanze cambia- significato latino (o greco) di valore militare, sal-
no, essa si rivelerà inesorabilmente inadeguata e tando il significato che gli aveva attribuito la Chie-
rovinosa. Ma è molto difficile abbandonare una sa per 15 secoli: le virtù cardinali, teologali ecc.
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 10
Di qui l’ampio spazio che nel Principe ha la di- compleanno o un anniversario... Insomma, al di là
scussione di armi e di eserciti. del buon senso, quando il fiume è in secca non si
Il principe deve ingrandire il suo Stato, e allora ha prendono quei provvedimenti che si dovrebbero
bisogno dell’esercito. Deve consolidare il suo Sta- prendere per quando il fiume è in piena. Poi però
to perché è un principe nuovo, e allora continua ad si paga l’errore, il fiume tracima e allaga i campi.
avere bisogno dell’esercito. La guerra è perciò Può succedere anche che non venga nemmeno
l’attività prediletta e principale del principe, prati- l’idea di rafforzare gli argini del fiume in secca,
cata oltre ogni ragionevole limite. Basti pensare cioè che non si percepisca nemmeno il pericolo na-
alla guerra delle due rose (1455-85) o alla guerra scosto dietro la calma apparente e perciò assolu-
dei trent’anni (1618-1638). Il fatto è che i principi, tamente invisibile. Molto spesso i pericoli si scor-
se sconfitti, non perdevano il trono e, ripresisi eco- gono quando ormai è troppo tardi per porvi rime-
nomicamente, potevano ritornare a far guerra. La dio. E può succedere anche una calamità naturale
popolazione pagava duramente per le guerre-gioco assolutamente imprevedibile, perché molto lontana
dei loro principi. D’altra parte, secondo il diritto dalla media calcolata fino a quel momento. Perciò
barbarico, il principe è padrone dello Stato, delle si deve costatemene scegliere se riversare le risor-
terre, degli uomini e degli animali. se in un ambito o in un altro, e sperare che non su-
Perciò Machiavelli esamina gli eserciti antichi, la bentrino eventi eccezionali, imprevedibili…
falange macedone di Alessandro Magno, l’esercito L’esempio del fiume è sicuramente efficace: al
romano, e cerca di individuare un’organizzazione tempo di Machiavelli e per secoli e secoli i fiumi
dell’esercito schierato in battaglia, capace di assi- tracimavano e addirittura cambiavano corso. Con
curare costantemente la vittoria. In quest’analisi la tecnologia del tempo gli interventi erano costo-
dimentica costantemente le nuove armi da fuoco, sissimi e spesso inefficaci.
anche se ancora poco efficienti, e i nuovi sistemi di Oltre a tutto questo le previsioni si basano sull’e-
difesa, i terrapieni. Dimentica anche che i principa- sperienza passata, sull’esperienza del soggetto. E
ti regionali italiani potevano schierare piccoli eser- questa esperienza può essere limitata e inadeguata,
citi, normalmente prezzolati, e che invece gli Stati tale quindi da non eliminare il pericolo. La realtà
nazionali avevano un’enorme quantità di uomini e effettuale si rivela perciò molto più complessa,
mezzi. Gli eserciti medioevali operavano soltanto contorta e ambigua di quanto l’autore percepisca.
d’estate e poi si scioglievano. I nuovi eserciti sono Machiavelli fa poi un paragone molto gradevole
permanenti. della fortuna con una donna, una donna per di più
amica dei giovani. Qui Machiavelli senza accor-
11. La fortuna gersene s’infila in una paradossale tautologia.
La fortuna è amica dei giovani, perché essi amano
Le riflessioni sulla fortuna sono state uno degli il rischio, perché “hanno nulla da perdere e tutto da
ambiti in cui l’autore ha avuto maggiore successo guadagnare”. E la possono controllare se la batto-
presso i lettori. Il motivo è semplice: la sua teoriz- no, se usano le loro risorse, la loro giovinezza e la
zazione sembrava permettere di controllare sia i loro energia e il loro coraggio per batterla, per do-
casi favorevoli (che arrivavano gratis) sia i casi minarla, per piegarla al loro volere. È vero. Proprio
sfavorevoli (che richiedevano prevenzione o inter- per questo motivo gli adulti non amano il rischio:
venti successivi). E quindi un successo costante. hanno tutto da perdere e nulla da guadagnare. E
La teoria è semplice e persuasiva: se la fortuna ti è mettono a repentaglio la vecchiaia e quelle risorse
favorevole, allora non ci sono problemi. In questo che così faticosamente hanno guadagnato. A loro
caso però devi organizzarti e devi prendere pre- volta, quando erano stati giovani, si erano dati da
cauzioni per quando essa non ti è più favorevole. fare: avevano nulla da perdere e tutto da guada-
Quando non ti è favorevole, usi le risorse accumu- gnare. Il testo però implicitamente suggerisce di
late in precedenza, e sei sicuro di superare anche comportarsi come i giovani, anche se ormai non c’è
queste circostanze. più motivo di usare il loro impeto: non c’è più e
A questo punto l’autore fa l’esempio, semplice e invece ora ci sono i risultati conseguiti da difende-
ingannevole, del fiume in piena. Quando il fiume è re.
in secca, prendi quei provvedimenti che serviranno Queste teorizzazioni mostrano che la Fortuna di cui
a contenere le acque del fiume in piena. Il fatto, si parla non ha niente a che fare con la Provvidenza
che non emerge mai, è che le risorse sono limitate cristiana della Chiesa cattolica, di Tommaso d’A-
e si conta che il fiume resti in secca per riversarle quino e di Dante Alighieri1. Non è ministra di Dio,
su ambiti che le richiedono: ponti, strade, manuten-
zione ordinaria e straordinaria degli edifici, acci- 1
denti come un temporale improvviso o un raccolto Peraltro in Dante, oltre alla Provvidenza, c’è un’in-
andato male o un’incursione dei nemici o una crisi congrua Fortuna, che sposta vorticosamente le ricchezze
con il vicino o una congiuntura nazionale sfavore- da una famiglia all’altra, da un popolo all’altro, oltre
ogni capacità umana di opporsi (If, VII). Ma qui lo scrit-
vole, il desiderio di far festa o di celebrare un
tore sta facendo poesia, non filosofia né teologia.
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 11
non sa trarre il bene anche dal male. È la fortuna Per Machiavelli il colpo di mano è la strategia che
degli antichi, la dea bendata che sparge le sue ric- rompe le regole stabilite e aggira gli ostacoli. È
chezze con gli occhi bendati. È il caso, che va su- l’azione che sconfigge il pensiero e tutti i calcoli
bito afferrato al volo. I giovani usano il loro impe- della ragione. Ben inteso, i colpi di mano che egli
to contro di lei, la battono per piegarla al loro vole- ricorda sono andati tutti a buon fine, ma ciò non è
re. I vecchi, che sono divenuti ricchi, lo hanno già sempre detto. Egli dimentica di citare gli altri…
fatto. E con successo. E, comunque, il colpo di mano richiede sì l’azione,
Anche in questo caso emerge l’impianto umanisti- ma l’azione si limita soltanto ad eseguirlo, a met-
co della riflessione. Per gli umanisti ognuno è arte- terlo in pratica. Esso richiede invece un’aggiunta
fice del suo destino. Dopo le invasioni dell’Italia formidabile d’intelligenza e di creatività, perché
dal 1492 in poi non si poteva più provare l’ingenua bisogna concepire qualcosa che nessuno aveva
fiducia umanistica nel potere carismatico delle concepito, un’idea semplice, geniale, vincente. Il
proprie capacità e della propria intelligenza. Ma- colpo di mano, l’impresa audace, richiede quindi
chiavelli opera una modifica opportuna introdu- un eccesso d’intelligenza. E di freschezza giovani-
cendo l’idea di fortuna sfavorevole o sfortuna, le: i giovani non sono ancora divenuti schiavi delle
che l’uomo intelligente può organizzarsi a domina- abitudini, quelle abitudini che servono nella vita
re. Ma anche così la realtà effettuale è troppo normale e che riducono ampiamente la fatica. E-
complessa per l’analisi teorica. Peraltro il binomio ventualmente gli adulti possono rinfrescarsi con un
esisteva già in latino: fortuna bona e fortuna a- bagno di giovinezza e vedere di affrotnare situa-
dversa. zioni bloccate immaginando soluzioni creative.
Curiosamente dopo di lui, con Hegel e con Marx, Con un colpo di mano, con un viaggio a tappe for-
al posto della Fortuna compare una Provvidenza zate, Lorenzo de’ Medici era andato a Napoli, per
laica che rende il mondo effettuale il migliore dei evitare la guerra. La spedizione era stata coronata
mondi possibili e che è motore della storia… I dal successo. Il re di Napoli aveva desistito, poi-
pensatori laici passano il tempo a copiare le idee ché aveva provato meraviglia per l’impresa com-
elaborate dalla Chiesa cattolica e si sforzano di piuta. Il principe fiorentino, per prudenza, aveva
peggiorarle… anche portato un regalo con sé: il cosiddetto Codi-
In Botero invece, un vero miscredente che non cre- ce aragonese, con la migliore produzione poetica
de neanche alle divinità laiche, non esiste la Fortu- della cultura fiorentina. Indubbiamente un successo
na (Fortuna bona), né la Sfortuna (Fortuna adver- su tutta la linea.
sa), non esiste neanche la Divina Provvidenza, che Ma conviene subito notare che un piccolo Stato,
è andata in vacanza. Esiste invece la ragion di Sta- uno Staterello, si può reggere sulle iniziative speri-
to. Essa ha un significato positivo, non ha il signi- colate del principe. È il principe e soltanto lui che
ficato negativo che a partire dal 1550 ha iniziato ad rischia. Un grande Stato nazionale non può fare po-
assumere: i mezzi criminali che lo Stato deve usare litica in quel modo. Un esercito che si muove a
per ragion di Stato. Indica la scienza politica o le tappe forzate non ha certamente la velocità di uno
conoscenze che il principe ha acquisito, per poter sparuto manipolo di cavalieri. E il sovrano avver-
governare con cognizioni di causa. Il principe di sario non sarebbe stato affatto cavalleresco, avreb-
Botero affronta i problemi e governa dopo che si è be approfittato della mossa avventata per prendere
formato e ha studiato per conseguire tale scopo. prigioniero il sovrano imprudente. Decapitarlo o
Non si può passare il tempo a giocare alla guerra, umanamente chiedere il riscatto.
ad ammazzare gli avversari o a ingannare questo o
quello. Il principe non è un delinquente andato al 13. I giovani
potere, è un uomo addestrato, che conosce in anti-
cipo i problemi e che conosce pure in anticipo pure Vent’anni prima del Principe una canzone aveva
le soluzioni. E non è mai messo con le spalle al risuonato per le vie di Firenze:
muro.
I simpatizzanti di Machiavelli non si sono mai ac- Quant’è bella giovinezza,
corti delle caratteristiche del governante boteriano. che si fugge tuttavia,
chi vuol esser lieto sia,
12. L’impeto di doman non c’è certezza…

Platone diceva che. quando la ragione non ce la fa Lorenzo de Medici (1449-1492) non aveva alcuna
più. bisogna tornare indietro e ricorrere a una co- fiducia nel futuro. Per lui l’Umanesimo era del tut-
noscenza inferiore, quella della fede (πιίστις) to tramontato, anche se egli non era certamente in
(Rep. 509d-510a ). Per Machiavelli vale la stessa una situazione di impotenza. La non belligeranza di
regola: quando la situazione è in stallo, si deve ri- cui l’Italia aveva goduto era merito suo, della sua
correre all’impeto, a un colpo di mano, che sor- riflessione politica e delle sue capacità diplomati-
prende tutti i calcoli degli avversari. che. Ma il futuro era ingestibile e minaccioso: la
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 12
forza cieca e brutale degli Stati nazionali pesava
sull’Italia indifesa e frammentata. E addirittura (ma Nel capitolo conclusivo del Principe Machiavelli
egli ormai è morto da due anni) un principe italia- si riscatta dell’introduzione con cui aveva chiesto
no, Ludovico il Moro, signore di Milano, chiama in un posto di lavoro a Lorenzino de’ Medici. Propo-
Italia, con grande acume politico, le armate france- ne a questi di farsi carico di guidare una forza mili-
si, per vendicarsi del re di Napoli. Il sovrano fran- tare nazionale con lo scopo di cacciare i barbari
cese accorre in aiuto e giunge sino a Napoli senza fuori d’Italia. Lo fa anche pro domo sua: se la casa
che nessun esercito si proponga di fermarlo. Al ri- de’ Medici si fosse proposta di realizzare l’idea,
torno è fermato, ma ormai tutti gli Stati europei ca- ci sarebbe stato senz’altro bisogno di lui.
piscono che l’Italia è ricca e indifesa. E ne appro- Il fatto è che un principe italiano aveva chiamato
fittano. in Italia un potente re straniero. E che nessuno Sta-
Lorenzo ha l’esperienza di un principe di lunga da- to italiano aveva remore ad allearsi con questo o
ta, e sa com’è difficile affrontare i problemi politi- con quel sovrano straniero, pur di sconfiggere lo
ci e le relazioni con gli altri Stati. Machiavelli non Staterello italiano nemico o che intralciava la pro-
ha un’esperienza equivalente. È un umanista che pria politica d’espansione. Il cambio di alleanze
pensa ancora di poter controllare il destino della era all’ordine del giorno. Il cambio, il rovesciamen-
città e del principato e di poter giocare alla guerra to delle alleanze era all’ordine del giorno e ormai
come se la guerra fosse un torneo. Ha soltanto faceva parte delle regole del gioco…
l’esperienza decennale di un segretario che ha fatto Due cose devono essere chiare:
alcuni viaggi in Europa a spese della sua città. 1. l’Italia era debolissima e ricchissima, militar-
Perciò si abbandona al mito dei giovani e della mente indifesa politicamente divisa e in stallo;
giovinezza, mentre doveva preoccuparsi di creare 2. Spagna, Francia e Impero non erano considerate
un ideale di uomo politico responsabile e maturo. forze straniere, anche se ormai erano diventati forti
Nella sua visione l’uomo politico deve comportar- Stati nazionali, a causa del perdurare dell’idea
si con l’audacia e con l’impeto giovanile. Così medioevale di Impero universale.
anch’egli ringiovanisce nel corpo e nello spirito. E, Così non ci si preoccupava di invitare sul suolo
per convincere, il segretario fiorentino fa un ragio- nazionale i potenti vicini, con la speranza e soprat-
namento: i giovani sono audaci e si gettano nella tutto l’illusione che eliminassero un fastidioso av-
lotta, perché non hanno nulla da perdere e tutto da versario. A parte poi che storicamente l’Italia me-
guadagnare. Non si accorge che, così dicendo, dà ridionale era stata governata alternativamente da
una spiegazione alla prudenza e alla mancanza tedeschi, francesi e spagnoli, per lo più le guerre
d’impeto dei “vecchi”: questi, dall’impeto, hanno europee sono guerre tra case regnanti imparentate e
tutto da perdere e niente da guadagnare… Non che spesso si attacca un avversario indirettamente,
conviene loro essere audaci, ma adoperare tutte nei propri possedimenti esterni.
quelle strategie logoranti che sono capaci alla lun- Lo stesso Dante delinea il profilo di un personag-
ga di piegare il nemico. Qui però ormai l’autore è gio, Carlo Martello d’Angiò (1271-1295), che fa-
uscito dai consigli razionali ed è passato alla reto- ceva incetta di corone regali in tutta Europa per
rica, all’arte di persuadere. Ed è ritornato all’a- diritti di eredità (Pd VIII). L’Italia era stata in ritar-
zione audace, capace di sbloccare una situazione do con la lingua di due secoli rispetto alle altre na-
in stallo. zioni europee. E ora è in ritardo con l’idea che si
Il consiglio quindi diventa una tautologia: i giovani debba costruire uno Stato nazionale forte. Sorgono
arrischiano perché non hanno nulla da perdere (se centri regionali forti (Milano, Venezia, Firenze,
non la vita), e tutto da guadagnare. I vecchi non ar- Roma, Napoli), favoriti dalle divisioni orografiche
rischiano, perché hanno tutto da perdere (la vita, il della penisola, che impediscono la realizzazione di
regno, la ricchezza, il potere), e nulla da guadagna- uno Stato unitario negli stessi anni degli altri Stati
re. Per di più anche a mantenere quel che si ha europei. L’Italia esisteva nella testa di qualche let-
servono intelligenza ed energia. E, su questa linea terato, non nella realtà del tempo. Esisteva nella
di pensiero, insiste nel dire che la fortuna è amica testa di Dante, che la voleva però inserita nell’Im-
dei giovani… Un’altra tautologia: non hanno nulla, pero, o di Petrarca, con cui finisce il breve trattato
se si danno da fare, qualcosa sicuramente prende- di Machiavelli. Gli altri intellettuali italiani non
ranno. Ma chiunque, giovane o vecchio, se si dà da hanno affatto questa idea.
fare riuscirà ad ottenere qualche risultato. Bisogna L’Italia dei letterati o degli intellettuali è ancora la
almeno lanciare la lenza, per pescare. Ma l’ovvietà repubblica romana (e non l’Impero), che andava
è nascosta sotto un linguaggio che celebra l’azione dalla Sicilia alle Alpi. Era un ricordo del lontano
e che persuade ad agire. E tale linguaggio va anco- passato. Dimenticava che i romani avevano unifi-
ra oltre le indicazioni della ragione. cato prima la penisola e poi l’Impero con strade,
ponti, acquedotti, città con piano urbanistico ade-
14. Una proposta geniale nella conclu- guato, commerci…
sione: l’unificazione dell’Italia
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 13
La proposta di Machiavelli è interessante, ma lizzando il bene e la felicità ultraterreni. Lo Stato
strumentale ai suoi interessi. Lorenzino non aveva quindi è in funzione dell’individuo, e non vicever-
capacità e aveva altre beghe per il capo. Non rie- sa. E la Chiesa diventa la comunità dei credenti
sce nemmeno a gestire il potere nella sua città: 15 che devono realizzare e prepararsi a un bene ulte-
anni dopo che sono tornati, i Medici sono nuova- riore, che trascende i beni terreni.
mente cacciati dalla Firenze. Per realizzare il suo fine, lo Stato deve assicurare
È interessante il fatto che l’ex segretario fiorentino giustizia e pace sociale, deve reggere i cittadini,
adduca argomenti ragionevoli (il papa de’ Medici ma deve anche difenderli. L’aquinate è realista:
può aiutare nello scopo) e argomenti irrazionali nella realtà ci sono anche conflitti, e lo Stato deve
(sono avvenuti prodigi1 che sono di buon auspicio difendere con le armi i suoi cittadini. Lo Stato de-
all’impresa). ve anche governare l’economia, perché soltanto
Ma l’argomentazione più interessante è un’altra: un’economia efficiente e organizzata assicura il
Ciro, Mosè hanno dimostrato le loro capacità e il benessere materiale dei cittadini.
loro valore quando la situazione era disperata. Lo Tommaso è a favore della monarchia, perché sol-
stesso vale per la situazione italiana del presente. tanto un potere centrale forte può organizzare in
Si potrebbe tradurre l’idea di Machiavelli in termi- modo efficace la società. Ma il massimo dei beni
ni banali e superficiali, da cultura popolare: il bi- può trasformarsi nella tirannia, il massimo dei ma-
sogno aguzza l’ingegno. li. Perciò egli considera la democrazia come il ma-
Quel che conta è che le argomentazioni sono sca- le minore.
valcate dalla proposta di passare immediatamente Altri trattatisti medioevali sono a favore del tiran-
e attivisticamente all’azione. Ricompare l’impeto, nicidio, quando il monarca diventa tiranno, egoista
in precedenza teorizzato, perché soltanto l’impeto è e autoritario. L’Aquinate ha posizioni più sfumate,
capace di superare una situazione in stallo, ritiene che ci si debba piegare al tiranno per evitare
com’era l’Italia del tempo. mali peggiori. Contro il tiranno deve insorgere
L’idea di ricorrere all’impeto riscalda le menti e i l’opinione pubblica e costringerlo ad andarsene.
cuori, ma i modi e i tempi in cui l’Italia raggiunge O Stato è guidato dal rex, dal re, che è quindi “co-
l’unità (1849-1870) mostrano che non era adegua- lui che guida”. Il termine medioevale indica tutte le
to. forme di governo che al tempo esistevano. E il
“governante” è al centro della trattazione. Il re de-
15.1 Un confronto: Tommaso d’Aquino ve preoccuparsi per il bene pubblico. Conseguirlo
è il suo compito, per il quale deve essere pagato.
Tommaso d’Aquino non si è interessato soltanto di L’appannaggio deve dargli prestigio agli occhi dei
Dio, di teologia e di rivelazione, ma anche di poli- cittadini e agli occhi degli altri Stati.
tica. Scrive un breve trattato sul governo intitolato Tommaso come i trattatisti medioevali teorizzano
De regimine principum (1266), completato da Bar- una società statica, che non conosce e che anzi è
tolomeo da Lucca. Come tutti i trattatisti medioe- ostile al cambiamento: le leggi non devono cambia-
vali, Tommaso ha fatto suo il bagaglio della filoso- re se non per essere ulteriormente perfezionate. I
fia politica di Aristotele, secondo la quale l’uomo cambiamenti producono disordine sociale, perciò
è ζῷον πολιτικόν, zóon politicón, animale politico vanno assolutamente evitati. Si può però ben im-
o sociale, poiché può vivere e attuare la sua vita maginare che a favore dei cambiamenti fossero tut-
soltanto a contatto e con l’aiuto degli altri uomini. te quelle nuove classi o ceti sociali che stavano
Egli poi inserisce la visione aristotelica nella vi- emergendo o che sarebbero emerse, i quali soltanto
sione cristiana della vita. Esiste la vita terrena e la dal cambiamento potevano sperare di consolidarsi
vita ultraterrena. E la seconda vita dovrebbe essere e difendere i loro interessi. E tuttavia in questa
il fine e la conclusione della prima. In realtà con lo visione, che pur difende quasi ad oltranza la tradi-
spauracchio o con il premio del paradiso promesso zione e il potere costituito, c’è una visione realisti-
nell’aldilà il pensiero medioevale e tomistico si ca ed assai articolata del potere, dello Stato e dei
preoccupa di costringere gli uomini ad agire retta- governanti: il rex non può fare tutto da solo, ha un
mente nella vita terrena. Insomma non è la vita ter- assoluto bisogno di consiglieri che lo aiutino a
rena in funzione della vita ultraterrena, ma la vita prendere le decisioni. Il suo potere assoluto si
ultraterrena in funzione di quella terrena. stempera e cede il passo a forme articolate di or-
In questo contesto si esplicano chiaramente quali ganizzazione sociale e di gestione dei problemi so-
devono essere le funzioni dello Stato e, ugualmen- ciali.
te, della Chiesa: lo Stato si preoccupa di realizzare Il Principe di Machiavelli è invece incentrato sulle
il bene terreno (o la felicità terrena), la Chiesa guerre di conquista del principe o sul consolida-
completa tale bene e tale felicità indicando e rea- mento del potere nel caso di un principe nuovo. È
proprietario del regno che ha ereditato o conquista-
1 to con la forza o l’ingegno. Considera i sudditi co-
A cui non crede, come afferma in Dell’arte della guer- me fonte di entrate per le sue casse, salvo poi a
ra, 11
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 14
chiedere il loro aiuto quando si trova in difficoltà ganni vinci la guerra ma perdi l’anima; se non in-
con i nemici. ganni perdi la guerra e magari salvi l’anima. Che
Machiavelli è il pensatore dei tempi nuovi, in cui fare? Normalmente si preferiva vincere la guerra e
sono scomparsi i riferimenti e i valori universali, poi pentirsi dei propri peccati. Una buona soluzio-
quali lo Stato e la Chiesa. I nuovi Stati sono feroci ne. Per Dante valeva la regola generale che l’uomo
e famelici e non riconoscono altro potere e altri va- deve farsi ricordare sulla terra. Se vi riusciva con
lori sopra di loro. O si aggredisce o si è aggrediti. una buona azione, bene. Se vi riusciva soltanto con
E comunque la gloria militare è un valore da con- una azione malvagia, andava bene lo stesso. Me-
seguire. Da ciò deriva un mondo costantemente in- glio non essere ignavi, disprezzati e ignorati da tut-
stabile e dominato dai conflitti. ti, meglio avere l’immortalità della fama terrena.
Vale la pena di ricordare che come Dante e Tom-
15.2 Un confronto: Dante maso anche Machiavelli discute con il mondo anti-
co sia con gli autori sia con le opere: il mondo an-
Dante e Machiavelli sono due mondi diversi, in- tico greco e romano è costantemente il punto di
comprensibili e inconciliabili. Dante è l’uomo poli- riferimento, l’interlocutore per eccellenza. Costi-
tico che paga le sue scelte e va in esilio. Ha la ti- tuisce l’esperienza ereditata dalle nuove genera-
pica formazione universale del Medio Evo e delle zioni.
università medioevali. Il sapere deve tendere ad Dante e il Medio Evo si avvicinano in modo com-
unum, all’unità. Ha alle spalle tutta la cultura me- plesso a tale mondo, consapevoli che la realtà è
dioevale. Machiavelli è soltanto il segretario di complessa e che il linguaggio è inadeguato. E per-
una piccola repubblica schiacciata tra forze più ciò elaborano la teoria dei quattro sensi delle scrit-
grandi di essa. E vede il mondo dal punto di vista ture. I testi vanno letti in quattro modi diversi e
di un minuscolo Staterello politicamente instabile. complementari: letterale, allegorico, anagogico,
Dante conosce la guerra. Aveva partecipato come morale.
cavaliere alla battaglia di Campaldino (1289). E Machiavelli riprende questo modo complesso, ma
vedeva la conflittualità permanente dei vari State- lo impoverisce o, altrimenti, lo adatta ai suoi biso-
relli italiani. Ne parla più volte nella Divina com- gni: lascia soltanto il modo letterale e allegorico, e
media: If VI (i conflitti che travagliano Firenze), If abbandona gli altri due. “Gli antichi fanno educare
XXVII (Federico da Montefeltro), Pg VI (i conflitti Achille dal centauro Chitone, un essere mezzo uo-
tra i principi italiani e i conflitti all’interno della mo e mezzo animale. Ciò vuol dire…”
stessa città). E poi c’è la morte sul campo di bat- Con questa scelta l’autore riduce l’importanza del-
taglia di Bonconte da Montefeltro, che si racco- la teoria a favore dell’azione, dell’impeto e della
manda alla Madonna (Pg V) e di Provenzan Salva- fortuna. Questa è la novità (o l’impoverimento) at-
ni, che è ucciso e decapitato (Pg XI). tuato dal suo pensiero, anche se non si può dire
Dante vorrebbe realizzare un impero universale nel chiaramente se tale novità sia vantaggiosa o meno.
quale tutti i cristiani potessero vivere in pace. Ma-
chiavelli si accontenta di gestire uno Staterello che 15.3 Un confronto: Boccaccio
si sente realizzato nel guerreggiare con i propri vi-
cini. Egli si trova bene proprio nell’Italia contro la Machiavelli non sa liberarsi delle pastoie della mo-
quale Dante lancia una durissima invettiva perché rale: propone una nuova morale per il principe,
dilaniata dalle lotte tra i principi locali (Pg VI). senza capire che era già nota e praticata, e senza
Su un personaggio vale la pena di richiamare capire il valore e la funzione sociale delle regole
l’attenzione: Federico da Montefeltro. Federico era della morale o delle leggi stabilite dallo Stato per i
un valoroso condottiero di milizie, esperto nell’arte sudditi o per i cittadini. Boccaccio (1313-1375)
dell’inganno. Era volpe, più che leone. Venuto in invece è il pensatore completamente amorale, che
vecchiaia, si converte ed entra in convento. Ma non ha mai scoperto né potrà mai scoprire la realtà
papa Bonifacio VIII lo tenta. Gli chiede un consi- effettuale, perché egli l’ha già incorporata nelle
glio fraudolento per far cadere la città di Palestri- strutture del suo pensiero. Egli non dà giudizi sulla
na. Lo assolveva prima ancora di commettere pec- realtà né sugli uomini: li rappresenta così come es-
cato. Federico prima rifiuta e poi cede: doveva far si sono, ora buoni ora cattivi, ora generosi, ora at-
promesse di pace e poi non mantenerle. Giunto a taccati al denaro, ora stupidi ora intelligenti, ora
morte un diavolo logico rivendica a se l’anima, si fissati sulle loro idee ora flessibili e creativi…
beffa dell’ingenuo san Francesco d’Assisi: l’anima Il Decameron (1349-51) è un inno all’intelligenza,
toccava a lui, perché non ci si può pentire prima di all’astuzia e alla volontà. Ser Ciappelletto risolve
peccare. La contraddizione non lo permette. E un difficilissimo problema che lo riguarda: evitare
l’anima di Federico si sente ancora scottata per il di essere sepolto come un cane in terra sconsacra-
fatto di essersi fatta ingannare dal papa. ta. Con una falsa confessione riesce addirittura a
Il dilemma che nel Medio Evo faceva perdere i farsi seppellire in un convento e a iniziare a fare
sonni a teorici e a generali era il seguente: se in- miracoli (I, 1).
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 15
Andreuccio da Perugia (II, 5) è giovane, inesperto Machiavelli è quindi su posizioni teoriche e prati-
e perciò imprudente. Va a Napoli a comperar ca- che molto più arretrate rispetto allo scrittore di
valli, si fa derubare da una prostituta, finisce in Certaldo.
una latrina, gira nudo di notte per la città, si mette
in combriccola con due ladri, deruba l’anello di un 16. La continuazione della riflessione
vescovo morto la mattina stessa e… se ne ritorna a politica: la Mandragola
casa ricco di esperienza. Ha saputo imparare in
fretta e furia. Non era stupido. Con la Mandragola (1518) Machiavelli libera il
Nastagio degli Onesti (V, 8) corteggia senza suc- suo pensiero ed esamina quel che succede quando
cesso una giovanissima ragazza. E allora cambia i privati agiscono come se fossero principi. E tra-
strategia: la conquista spaventandola a morte. Ep- sgrediscono la morale.
pure, in questo come in altri casi, l’astuzia è sol-
tanto uno strumento, che, una volta ottenuto il ri- Callimaco vive di rendita a Parigi. Ha sentito par-
sultato sperato, si mette da parte. La ragazza spa- lare di Lucrezia, una donna bellissima. La vuole
ventata è alla mercé di Nastagio, è disposta a fare possedere. Si precipita perciò a Firenze. La donna
tutto ciò che egli vuole. Ma egli non ne approfitta: è sposata con Nicia, un avvocato più vecchio di lei
la voleva fare sua moglie e la fa sua moglie. ed è onestissima. Con l’aiuto di Ligurio, un consi-
Federigo degli Alberighi (V, 9) è innamorato e cor- gliere factotum, del confessore, della madre di lei e
teggia la donna (per di più sposata, come se non ci dello stesso marito e approfittando del fatto che i
fossero altre donne oltre a lei) sempre allo stesso due coniugi vogliono avere figli riesce nel proposi-
modo, anche se vedeva che la sua strategia non to. I due divengono amanti.
dava risultati. Addirittura per la donna spreca tutto Il paradosso finale della commedia è questo: tutti
il suo patrimonio e diventa povero. La fortuna vuo- sono contenti, tranne Lucrezia, che però si vendica.
le che la donna, rimasta vedova e dovendosi rispo- Callimaco ha la donna che voleva, il confessore ha
sare, pensi a lui come marito, non perché lo ami, un congruo gruzzolo di denaro, il marito ha il figlio
ma perché è rimasta colpita dal suo comportamen- desiderato e madre di lei ha un nipotino. Il costo è
to: per lei aveva sacrificato anche il falcone che stato l’onestà della donna, che voleva.
egli amava e che gli procurava sostentamento. Egli Una riflessione che Machiavelli non fa ed i suoi
non ha alcun merito, ma la fortuna (o l’intelligenza critici estimatori nemmeno. La vicenda di Callima-
della donna) lo ha baciato ed è ritornato ricco e, si co, Nicia e Lucrezia può essere considerata di po-
spera, ora più avveduto nell’amministrare il patri- ca importanza sociale se… se si considera quanto
monio della famiglia. avviene come un accordo legittimo tra le parti. Ni-
Ser Ciappelletto è un vecchio vizioso, espertissimo cia (e Lucrezia) vuole un figlio ed è disposto a far-
della vita. Il frate suo avversario si è formato sui si becco (purché non compaia questo aspetto, piut-
libri, che ha imparato a memoria senza veramente tosto fastidioso), pur di avere un figlio. La donna è
capirli. Ed è sensibile agli interessi economici del stata sì ingannata, ma marito, madre e confessore
convento (avere un santo significava buone elemo- l’hanno ingannata (è sicuramente questo non va be-
sine). ne). Marito, madre e confessore sono concreti e
Andrecuccio da Perugia, Nastagio degli Onesti e badano ai risultati e adattano la morale alle loro
Federigo degli Alberighi sono tre giovani di diver- esigenze, infischiandosene delle remore morali del-
sa intelligenza, di diversa esperienza e di diversa la donna. Sono tre (anzi quattro) contro uno. E il
condizione sociale. Si scontrano con problemi dif- debole è sconfitto. Lucrezia si sente ingannata e se
ficili, che devono assolutamente risolvere. Non la prende, ma poi fa buon gioco a cattiva sorte: ha
fanno colpi di mano né audaci imprese. Accompa- un amante più giovane e più abile, il marito è con-
gnano con la riflessione o con l’istinto le loro azio- tento, ha il figlio desiderato, domina con il suo
ni. Federigo è per di più un caso interessantissimo corpo le modeste pretese e la modesta intelligenza
di pensiero rigido, incapace di autorettificarsi. del marito e dell’amante. La vincitrice è lei.
Il Decameron è la più straordinaria rappresenta- La società propone una morale, che motiva: i figli
zione della realtà effettuale uscita dalla mente di sono legittimi e l’adulterio è vietato, altrimenti sor-
uno scrittore. E presenta una sterminata casistica gono conflitti tra le parti. Le parti in causa trovano
di uomini, donne e situazioni della vita. Per di più un accordo fuori di questa legalità, e quindi non
diverte. c’è nulla da eccepire: i due coniugi vogliono aver
Eppure anche Boccaccio incorre in uno spiacevole figli, Callimaco vuol possedere la donna, madre di
contrattempo: alla fine della vita è costretto a lei e confessore sono consenzienti e spingono la
prendere gli ordini religiosi, per tirare a campare. donna nelle braccia di Callimaco. L’accordo riesce
Egli che odiava i preti e amava i nobili, ma i nobili a superare le spinte egoistiche che motivano le par-
non lo volevano tra le loro file. ti coinvolte. Meglio di così…
L’accordo è valido perché le parti, guadagnandoci,
hanno tutto l’interesse di considerarlo valido. In
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 16
altri casi il figlio illegittimo sarebbe stato cacciato tra loro con ferocia e con determinazioni, usando i
dal marito cornificato, che avrebbe anche cacciato sudditi come pedine della scacchiera. Egli si muo-
la moglie. Quest’ultima poi sarebbe stata vista ve bene in quest’ambiente internazionale sorto dal-
come una poco di buono dalla società e dalle altre la dissoluzione dei valori universali del Medio Evo
donne. e dalla nascita degli Stati nazionali, che dal 1492-
La morale non è assoluta, è relativa ai soggetti 94 hanno fatto la loro comparsa sulla scena euro-
coinvolti e alle circostanze, ed essi possono elabo- pea.
rare una morale divergente, che li accontenti o che E come Botero è antimachiavelli soltanto perché è
risolva i loro problemi… un gesuita, anche se ripete le idee del segretario
fiorentino, così in seguito Machiavelli diventerà il
17. Scienza ed economia politica: Bote- trombettiere del pensiero laico che si vuole ribella-
ro e la Ragion di Stato (1589) re alla Chiesa e alla morale cattolica e che vuol
fare professione di anticlericalismo. L’etichetta e-
Secondo la vulgata laica, la risposta della Chiesa steriore cambia il contenuto delle opere. O potenza
al Principe di Machiavelli è l’opera corposa di un del Verbum!
gesuita, Giovanni Botero (1544-1617), intitolata
Della ragion di Stato (1589). L’opera e ugualmen- 20. Una valutazione. La strategia dei
te l’autore sono presentati come l’antimachiavelli, confronti
in quanto riporterebbero la politica nell’alveo della
Chiesa e sotto le regole della morale: vietato ucci- Machiavelli si può capire e apprezzare soltanto in-
dere, derubare, ingannare ecc. serendolo in un contesto più vasto e confrontando-
Naturalmente le cose non stanno così. L’opera si lo con altri autori. La strategia dell’analisi aderente
può contrapporre al Principe soltanto perché il suo dei suoi testi e l’altra strategia, quella dei confron-
autore è un gesuita, non per altri motivi, né perché ti, sono semplici, immediate ed efficaci. Quest’ul-
proponga idee diverse e in conflitto con quelle di tima in particolare permette di cogliere tante sfac-
Machiavelli. Machiavelli attribuisce le scelte al cettature che altrimenti resterebbero invisibili.
principe, alla volontà del principe, che perciò è re- Le idee del Principe non sono assolute né vanno
sponsabile delle sue azioni. Il gesuita invece tra- assolutizzate. Vanno integrate con le idee che lo
sforma i problemi in questioni impersonali: non è il stesso autore elabora nella Mandragola. E vanno
sovrano a voler la guerra, è la necessità, sono le ulteriormente integrate con le idee proposte da altri
circostanze che costringono il sovrano a fare la autori del suo tempo, del tempo prima e del tempo
guerra. È la ragion di Stato, che impone, che do- dopo.
mina le azioni dei sovrani d’Europa. In tal modo la In tal modo la cultura rivive sotto i nostri occhi, le
classe dirigente è deresponsabilizzata: agisce, ma questioni perdono il loro carattere astratto ed eru-
non deve pagare, non deve rendere conto delle sue dito. Il lettore vede le possibilità che egli ha indi-
azioni e delle sue scelte. Non rischia nulla. La ra- cato ma ha presente anche le altre possibilità che
gion di Stato è la nuova divinità, che permette di altri autori hanno indicato. E fa esperienza. La po-
giustificare qualsiasi cosa. trà spendere per elaborare le sue teorie e per navi-
In proposito si contrappone Tacito al segretario gare senza pericoli o con meno pericoli nel gran
fiorentino. E nasce il tacitismo (“Lo ha detto, lo in- mondo della vita.
segna Tacito nelle sue opere storiche”), divenuto
poi sinonimo di ipocrisia: io vorrei genuinamente
comportarmi bene, ma sono le circostanze che mi
spingono a comportarmi male. E così nasce la mo-
rale gesuitica ad usum Delphini: il duello è vieta-
to, è immorale ed è un peccato, ma nulla mi impe-
disce di presentarmi all’alba con due testimoni e
difendere il mio onore contro colui che mi ha offe-
so.
Machiavelli è ancora il dilettante della politica, che
tratta gli argomenti con la ragione e soprattutto con
la passione, con l’impeto giovanile del neofita. Bo-
tero è l’esperto, il professionista, che si può per-
mettere di entrare e di uscire dalla Compagnia di
Gesù, che è allenato e istruito per affrontare tutte
le questioni e per portare il discorso o le azioni
dove si è preventivamente stabilito.
Botero non scrive per i principati regionali italiani,
scrive per i grandi Stati europei, che si affrontano
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 17
PRINCIPE gualmente, per conoscere bene quella dei principi,
bisogna far parte del popolo.
Dedica 3. Pigli dunque la Vostra Magnificenza questo pic-
colo dono con quell’animo con cui io glielo man-
do. E, se Voi lo considerate e lo leggete in modo
NICOLAUS MACLAVELLUS AD diligente, scoprirete il mio estremo desiderio che
MAGNIFICUM LAURENTIUM ME- Voi perveniate a quella grandezza che la fortuna e
DICEM. le altre vostre qualità promettono. E, se Vostra
[Nicolò Machiavelli al Magnifico Lorenzo de’ Me- Magnificenza dalla cima della sua altezza qualche
dici1.] volta volgerà gli occhi verso questi luoghi bassi,
conoscerà quanto io indegnamente sopporti una
1. Il più delle volte coloro che desiderano acqui- fortuna avversa così grande e continua.
stare grazia presso un Principe sono soliti farglisi ------------------------------I☺I-----------------------------
incontro con quelle cose che essi hanno più care o
con quelle con cui lo vedono più dilettarsi. Perciò Capitolo 1. Quot sint genera prin-
molte volte si vede che ai principi sono presentati cipatuum et quibus modis acqui-
cavalli, armi, drappi d’oro, pietre preziose e simili rantur.
ornamenti, degni della sua grandezza. Poiché io de-
[Di quanti generi sono i principati e in quanti modi
sidero offrire alla Vostra Magnificenza qualche te-
si acquistano.]
stimonianza della mia più totale deferenza 2 verso
di essa, non ho trovato tra la mia suppellettile cosa
1. Tutti gli Stati e tutti i Dominii, che hanno avuto
alcuna che io abbia più cara o tanto stimi quanto la
ed hanno potere sopra gli uomini, sono stati e sono
conoscenza delle azioni degli uomini grandi, appre-
o repubbliche o principati3. I principati sono eredi-
sa con una lunga esperienza degli avvenimenti con-
tari, quando il sangue del loro signore è stato per
temporanei ed uno studio assiduo degli avvenimen-
lungo tempo principe, o sono nuovi4. I nuovi o so-
ti antichi. Io li ho pensati e li ho esaminati a lungo
no completamente nuovi, come fu Milano per
con grande diligenza. Poi li ho condensati in un
Francesco Sforza5, o sono aggiunti in un secondo
piccolo volume, che ora mando alla Magnificenza
momento allo stato ereditario del principe che li
Vostra.
acquista, come è il regno di Napoli per il re di
2. E, benché io giudichi quest’opera indegna di
Spagna6. Questi dominii così acquistati o sono abi-
Voi, tuttavia confido assai che per il vostro deside-
tuati a vivere sotto un principe o sono abituati ad
rio di cultura la gradiate, poiché io non posso fare
essere liberi. E si acquistano o con le armi di altri
un dono maggiore, che darvi la capacità di poter
o con le proprie, o per fortuna o per virtù7.
capire in brevissimo tempo tutto quello che io ho
------------------------------I☺I-----------------------------
conosciuto in tanti anni, con tanti disagi e tanti pe-
ricoli. Io non ho adornato né riempito quest’opera
con periodi cadenzati, parole ampollose e magnifi-
che o qualunque altra ricercatezza o ornamento e- 3
steriore con i quali molti sogliono descrivere e a- L’autore insiste su biforcazioni nette, scandite da “o...
dornare le loro opere. Io ho voluto che ogni cosa la o...”. Queste alternative recise derivano dalla logica
onori o che solamente la varietà della materia e la medioevale (Albero di Porfirio), ma già la lingua latina
aveva “aut... aut...”, per indicare che una alternativa e-
gravità dell’argomento la renda gradita. Né voglio
scludeva l’altra, e “vel... vel...”, per indicare che una
che sia reputata presunzione se un uomo di basso
alternativa non escludeva l’altra. Botero ne farà un uso
ed infimo rango sociale ardisce discutere e dettar ancora maggiore.
regole per i governi dei principi, perché, come i 4
Machiavelli insiste sull’ordinamento istituzionale: gli
geografi, che disegnano i paesi, si pongano in bas- Stati sono i repubbliche o principati (vel monarchie).
so, nella pianura, per considerare la natura dei Botero invece insiste su un altro aspetto: gli Stati sono
monti e dei luoghi sopraelevati; e poi si pongano in caratterizzati dal potere sui sudditi e su un territorio.
alto, sopra i monti, per considerare quella dei luo- 5
Francesco Sforza (1401-1466), capitano di ventura,
ghi più bassi; allo stesso modo, per conoscere bene sposa Bianca Maria Visconti, figlia di Filippo Maria
la natura dei popoli, bisogna essere principe; e, u- Visconti, duca di Milano. Dopo la morte del genero
(1447) con l’aiuto dei veneziani si impossessa della cit-
1
Lorenzino de’ Medici (1492-1519), nipote di Lorenzo tà (1450), che si era proclamata repubblica.
6
il Magnifico, ritorna al potere a Firenze nel 1512 con Ferdinando d’Aragona (1452-1516), detto il Cattolico.
7
l’aiuto del papa. Con le proprie capacità. La virtù, di cui parla l’autore,
2
Machiavelli esprime tutta la sua sottomissione al nuovo non è la virtù cristiana, è la virtù romana, cioè il valore
regime, dopo che era stato licenziato dall’incarico di militare o, almeno, il valore civile. I termini adoperati
segretario che ricopriva. In questo modo inizia quel len- indicano il contatto assiduo dell’autore con la cultura
tissimo processo che lo porta a ritornare sulla scena po- classica. La catalogazione mostra che l’autore si riferi-
litica dieci anni dopo. sce alla situazione italiana, non alla situazione europea.
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 19
Questa credenza fa loro pigliare le armi contro il
Capitolo 2. De principatibus he- signore del momento. Ma si ingannano, perché poi
reditariis. vedono per esperienza diretta di essere finiti in
[I principati ereditari.] condizioni peggiori. Ciò dipende da un’altra neces-
sità4 naturale e ordinaria, stando alla quale si deve
1. Io lascerò da parte la discussione sulle repub- sempre offendere coloro di cui si diventa nuovo
bliche, perché in un’altra occasione ne ragionai a principe, sia con le gente d’arme sia con le infinite
lungo1. Mi volgerò soltanto a parlare del principa- altre ingiurie che si tira dietro il nuovo acquisto. In
to. Seguirò lo schema sopra indicato. Discuterò tal modo tu hai come nemici tutti coloro che hai
come i principati si possano governare e mantene- offeso occupando quel principato, e non puoi man-
re. tenere come amici coloro che ti hanno appoggiato,
2. Dico dunque che gli stati ereditari e abituati alla perché non li puoi soddisfare in quel modo che a-
famiglia del loro principe presentano assai minori vevano presupposto e perché tu non puoi usare
difficoltà a mantenerli che i nuovi. Basta soltanto contro di loro medicine forti, in quanto hai contrat-
non tralasciare l’ordinamento costituzionale stabili- to dei debiti morali verso di loro5. Anche se uno
to dagli antenati e poi temporeggiare con i fatti ac- avesse un esercito fortissimo, ha sempre bisogno
cidentali che possono turbare la consueta tranquil- del favore dei provinciali per entrare in una pro-
lità. In tal modo, se tale principe è di normali ca- vincia6. Per queste ragioni Luigi XII re di Francia
pacità, riuscirà sempre a mantenersi al potere nel occupò subito Milano, e subito lo perdette7. Bastò
suo stato. Fa eccezione il caso in cui una forza a toglierlo la prima volta le forze proprie di Ludo-
straordinaria ed eccessiva lo privi di esso. Ma, vico il Moro8. Quei popoli, che gli avevano aperte
privato che ne sia, lo riacquista, non appena un ro- le porte, si trovarono ingannati della loro opinione
vescio di fortuna colpisca l’occupante. e di quel bene futuro che avevano presupposto,
3. Per fare un esempio, in Italia noi abbiamo il du- perciò non potevano sopportare i fastidi provocati
ca di Ferrara, il quale non ha retto agli assalti dei dalla presenza del nuovo principe.
veneziani nel 1484, né a quelli del papa Giulio II 2. È ben vero che i paesi ribellati, se si acquistano
nel 15102, e tuttavia non ha perso lo stato per il poi una seconda volta, si perdono con più difficol-
semplice fatto che da tempo antico si era consoli- tà, poiché il signore, prendendo l’occasione dalla
dato in quel dominio3. Il principe naturale ha mino- ribellione, ha meno riguardi a rendere sicuro il suo
ri cause e minore bisogno di offendere. Da ciò se- potere: punisce chi lo abbandona, individua i so-
gue che è più amato. E, se straordinari vizi non lo spetti, rafforza le parti più deboli. In tal modo, se a
fanno odiare, è ragionevole pensare che sia sponta-
neamente benvoluto dai suoi sudditi. Nell’origine 4
Comportamento istintivo. Il termine usato è però un
antica e nella continuità del dominio sono spenti il termine forte: ci sono forze o meccanismi dentro di noi
ricordo e le cause dei rivolgimenti politici, perché che trascinano la nostra ragione e la nostra volontà. La
una cambiamento lascia sempre l’addentellato per necessità è dentro l’uomo, e si può conoscere. Assomi-
instaurare il cambiamento successivo. glia alle regole a cui è sottoposto il movimento del gioco
------------------------------I☺I----------------------------- degli scacchi. Questa necessità però non condiziona tutte
le azioni umane: l’autore riconosce il libero arbitrio, la
Capitolo 3. De principatibus mi- capacità ci contrattaccare positivamente la fortuna e di
xtis. modificare il proprio destino.
5
[I principati misti.] L’autore distingue gli obblighi, cioè i debiti morali,
dalla parola data, cioè la fede.
6
1. Le difficoltà consistono nel principato nuovo. In una regione o in un territorio che si vuole conquista-
Esso, se non è del tutto nuovo, ma si presenta co- re. I provinciali sono quindi gli abitanti del luogo o, me-
me una parte aggiunta al principato ereditario (tutto glio, le forze o gli esponenti politici locali. L’autore
pensa alle province romane, le regioni fuori dell’Italia
insieme si può chiamare quasi misto), è travolto da
sottoposte al dominio di Roma. Qui indica un paese este-
rivolgimenti che nascono in primo luogo da una na-
ro rispetto allo Stato di cui si parla.
turale difficoltà, che si trova in tutti i principati 7
Luigi XII, re di Francia (1498-1515), conquista Milano
nuovi: gli uomini mutano volentieri signore, cre- il 6 ottobre 1499, la perde il 5 febbraio 1500, la ricon-
dendo di migliorare le proprie condizioni di vita. quista nell’aprile dello stesso anno e la perde nuova-
mente nel 1512 ad opera della Lega santa (papa, Spagna
1
Nei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, I. e Venezia).
2 8
Ercole d’Este (1471-1505) combatte contro i veneziani Ludovico Sforza, detto il Moro, regge Milano come
nella “guerra del sale” (1482-84). Sconfitto, deve cede- tutore del nipote Gian Galeazzo. Estromette il nipote e
re il Polesine di Rovigo. Suo figlio, Alfonso d’Este diventa signore di Milano (1494-1508). Nel 1494 chia-
(1505-1534), combatte contro la Lega Santa, promossa ma in Italia Carlo VIII re di Francia contro il re di Napo-
l’11 ottobre 1511 da papa Giulio II (1510-12). li. È cacciato dal ducato dalla Lega Santa (11 ottobre
3
La casa d’Este ha la signoria di Ferrara dal 1267. 1511), guidata dal papa Giulio II della Rovere.
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 20
far perdere Milano alla Francia bastò, la prima vol- con la Grecia4. Il sultano, insieme con tutti gli altri
ta, un duca Ludovico che schiamazza con qualche ordinamenti attuati per mantenere quel territorio, vi
soldato ai suoi confini, a farlo poi perdere la se- andato anche ad abitare. Se non l’avesse fatto, non
conda fu necessario che avesse contro il mondo sarebbe riuscito a mantenerlo. Se ci si trova già sul
intero1 e che i suoi eserciti fossero sconfitti o cac- posto, si vedono nascere i disordini e vi puoi rime-
ciati dall’Italia. Ciò nacque dalle cause sopra indi- diare presto. Se non ci si trova, si comprendono
cate. Non di meno, sia la prima sia la seconda vol- quando essi sono ormai grandi e non vi è più alcu-
ta, gli fu tolto. na possibilità di rimedio. Oltre a questo, la provin-
3. Le cause generali della prima si sono discusse. cia non è spogliata dai tuoi ufficiali, e i sudditi so-
Resta ora da dire qualcosa sulle cause della se- no più soddisfatti perché possono ricorrere più fa-
conda, e vedere quali rimedi egli aveva e quali ri- cilmente al principe. Perciò hanno più motivi di
medi può avere uno che si trovasse nella sua situa- amarlo, se vogliono esser buoni, e più motivi di
zione, per poter mantenere i territori acquistati me- temerlo, se vogliono comportarsi altrimenti. Chi
glio di quanto non fece la Francia. Dico pertanto dall’esterno volesse assalire quel territorio, ha più
che questi stati, che si conquistano e poi si aggiun- riguardi. Per questo motivo il principe che vi abita,
gono allo stato più antico - ereditario - del principe lo può perdere soltanto con grandissima difficoltà.
che li acquista, o sono della medesima provincia e 5. L’altro migliore rimedio è mandare colonie in
della medesima lingua, o non lo sono. Quando lo uno o in due luoghi che siano quasi catene di quel
siano, è molto facile mantenerli, soprattutto quando territorio, perché è necessario o fare questo o te-
non siano abituati a vivere liberi. Per possederli in nervi molta gente armata e molti fanti. Nelle colo-
modo sicuro, basta avere spenta la linea familiare nie non si spende molto. Senza spesa o con poca
del principe che li dominava2. Nelle altre cose, spesa il principe le manda e le tiene. Egli offende
poiché si mantengono le loro vecchie condizioni e solamente coloro ai quali toglie i campi e le case,
non vi sono differenze di costumi, gli uomini vivo- per darle ai nuovi abitanti, che sono una minima
no tranquillamente. È quello che si è visto che ha parte di quel territorio. E coloro che egli offende
fatto la Borgogna, la Bretagna, la Guascogna e la rimangono dispersi e poveri, perciò non gli posso-
Normandia, che da tanto tempo sono entrate a far no mai nuocere. Tutti gli altri rimangono da un
parte della Francia3. E, benché vi sia qualche diffe- canto incapaci di offendere (per questo motivo do-
renza di lingua, non di meno i costumi sono simili e vrebbero restarsene quieti), dall’altro paurosi di
si possono rendere facilmente fra loro compatibili. sbagliare, nel timore che succeda a loro come a
E chi le acquista, volendole mantenere in suo do- quelli che sono stati spogliati. Concludo che que-
minio, deve avere due riguardi: l’uno, che il sangue ste colonie non costano, sono più fedeli, e offendo-
del loro antico principe si spenga; l’altro, di non no meno. E gli offesi non possono nuocere, poiché
alterare né le loro leggi né i loro tributi. In tal mo- sono poveri e dispersi. Tutto ciò porta a osservare
do il nuovo territorio, che si è acquistato, in bre- che gli uomini si devono o trattare con le buone
vissimo tempo diventa uno corpo unico con il loro maniere o schiacciare; perché si vendicano delle
principato antico. offese leggere, mentre delle gravi non possono.
4. Ma, quando un principe acquista territori in una Perciò l’offesa che si fa ad un uomo deve essere
provincia diversa per lingua, costumi e ordinamenti tale da non provocare una reazione di vendetta.
politici, qui sorgono delle difficoltà; e qui bisogna Ma, tenendovi gente d’arme in cambio di colonie,
avere molta fortuna e grandi capacità per mante- si spende molto di più, poiché si devono consuma-
nerli. Uno dei maggiori e dei più vivi rimedi sareb- re nelle operazioni di guardia tutte le entrate di
be che la persona di colui che li acquista vi andas- quel territorio. In tal modo sul piano economico
se ad abitare. Questo farebbe più sicuro e più du- l’acquisto va in perdita ed offende molto di più,
revole quel possedimento. Hanno fatto così i turchi perché nuoce a tutto quel territorio, in quanto con
gli alloggiamenti si sposta anche l’esercito5. Ognu-
1
La Lega Santa (11 ottobre 1511) è guidata dal papa no risente di questo disagio, perciò diventa nemico
Giulio II. del principe. Nemici di questo tipo gli possono
2
Basta aver ucciso il principe ereditario e tutti i suoi nuocere, perché, anche se battuti, rimangono in ca-
familiari. Nelle società tradizionali il legame di sangue sa loro. Da tutti i punti di vista dunque questa
era estremamente forte ed estremamente importante, per- guardia è inutile, come all’opposto quella delle co-
ché ciò che contava era la famiglia, e l’individuo in lonie è utile.
quanto appartenente alla famiglia. L’individuo da solo
non poteva esistere, non poteva difendersi, né sopravvi-
vere. Esisteva e poteva sopravvivere soltanto in quanto
4
appartenente e cellula di una famiglia. Tutti erano inte- La penisola balcanica è più volte invasa dai turchi nel
ressati - erano costretti - a identificarsi e a difendere la Quattrocento, finché con la caduta di Costantinopoli
famiglia di appartenenza. (1453) entra a far parte dell’impero turco.
3 5
La Normandia nel 1204, la Guascogna nel 1453, la Il costo degli alloggiamenti pesava di norma sulla città
Borgogna nel 1477, la Bretagna nel 1491. in cui l’esercito si fermava.
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 21
6. Chi è in una provincia diversa, deve ancora farsi essendo stato in principio conosciuto né medicato,
capo e difensore dei vicini meno potenti. Deve im- diventa facile da conoscere e difficile da curare.
pegnarsi ad indebolire i potenti di quella e deve Così succede nelle questioni che riguardano lo sta-
evitare che per un qualche caso fortuito vi entri un to: se si conoscono da lontano (il che non è dato se
forestiero potente quanto lui. E succederà sempre non a un uomo prudente), i mali che sorgono si
che vi sarà chiamato da coloro che saranno in quel- guariscono presto. Invece, quando non si sono co-
la malcontenti o per troppa ambizione o per paura. nosciuti, perciò si lasciano crescere finché ognuno
Si vide già che gli etoli chiamarono i romani in li conosce, non vi è più rimedio.
Grecia1; ed in ogni altra provincia in cui entrarono, 8. Perciò i romani, vedendo di lontano gli inconve-
vi furono chiamati dai provinciali. L’ordine delle nienti, vi rimediarono sempre per tempo; e non li
cose è questo: non appena un forestiero potente lasciarono mai svilupparsi, per fuggire una guerra.
entra in una provincia, tutti coloro che in essa sono Essi sapevano che la guerra non si elimina, ma sol-
meno potenti si alleano con lui, mossi dall’invidia tanto si differisce a vantaggio degli avversari. Per
contro chi è stato potente sopra di loro. In tal mo- questo motivo vollero fare la guerra in Grecia con
do, rispetto a questi minori potenti, egli non deve Filippo ed Antioco4, per non doverla fare con loro
durare alcuna fatica a guadagnarli, perché si con- in Italia. E in quel momento potevano fuggire l’una
globano subito tutti insieme con il nuovo stato che e l’altra. Ma non vollero. Né piacque mai loro
ha acquistato. Deve solamente preoccuparsi che quella regola che i saggi dei nostri tempi ripetono
non piglino troppe forze e troppa autorità, e facil- fino alla noia, di godere il beneficio del tempo.
mente può, con le sue forze e con il loro favore, Preferirono molto di più quello della loro virtù e
abbassare coloro che sono potenti, per rimanere in della loro prudenza. Il tempo caccia avanti ogni
tutto arbitro di quella provincia. E chi non governe- cosa, e può condurre con sé il bene come il male
rà bene questa parte, perderà presto quello che ha ed il male come il bene.
acquistato; e, mentre lo terrà, dovrà affrontare infi- 9. Ma torniamo alla Francia ed esaminiamo se ha
nite difficoltà e infiniti fastidi. fatto qualcuna delle cose appena dette. Parlerò di
7. I romani, nelle provincie che pigliarono, osserva- Luigi XII e non di Carlo VIII5. Luigi XII ha tenuto
rono bene queste regole: mandarono le colonie, in- più a lungo possedimenti in Italia, perciò si è visto
trattennero i meno potenti senza far crescere la loro meglio il suo modo di agire. Vedrete che egli ha
potenza, abbassarono i potenti, infine non vi lascia- fatto il contrario di quello che doveva fare per
rono prendere reputazione ai forestieri potenti. Vo- mantenere uno stato diverso.
glio che per esempio mi basti soltanto la provincia 10. Luigi XII fu chiamato in Italia dall’ambizione
della Grecia. Furono intrattenuti da loro gli achei e dei veneziani, che vollero guadagnarsi metà Lom-
gli etoli; fu abbassato il regno dei macedoni; ne fu bardia per quella venuta6. Io non voglio biasimare
cacciato Antioco; né mai i meriti degli achei o de- questa decisione presa dal re. Voleva incominciare
gli etoli fecero che permettessero loro di accresce- a mettere un piede in Italia e non aveva amici in
re alcuno stato; né le persuasioni di Filippo2 li in- questa provincia, anzi gli erano serrate tutte le por-
dussero mai ad essergli amici senza abbassarlo; né te per i comportamenti precedenti del re Carlo VIII.
la potenza di Antioco poté fare che gli acconsen- Perciò fu costretto a prendere quelle amicizie che
tissero di tenere in quella provincia alcun territo- poteva. Gli sarebbe riuscita la decisione presa,
rio. In questi casi i romani fecero quello che tutti i quando negli altri maneggi non avesse fatto gravi
principi saggi devono fare: non devono avere ri- errori. Acquistata la Lombardia, il re si riguadagnò
guardo solamente verso gli scandali3 presenti, ma subito quella reputazione che Carlo VIII gli aveva
anche verso quelli futuri, e ad essi con ogni impe- tolto: Genova cedette, i fiorentini gli divennero a-
gno devono opporsi. Se si prevedono da lontano, mici, il marchese di Mantova, il duca di Ferrara, i
facilmente vi si può rimediare; ma, se si aspetta Bentivogli, Madonna di Forlì, il signore di Faenza,
che ti si avvicinino, la medicina non è tempestiva, di Pesaro, di Rimini, di Camerino, di Piombino, i
perché la malattia è divenuta incurabile. Avviene lucchesi, i pisani, i senesi, ognuno gli si fece incon-
di questo caso come dicono i medici del tisico: a- tro per essere suo amico. Ed allora i veneziani po-
gli inizi il suo male è facile da curare e difficile da terono considerare quanto era stata temeraria la
conoscere, ma poi, con il passare del tempo, non decisione che avevano preso. Essi, per acquistare

1
I romani invadono la Grecia per colpire Filippo V, re
4
di Macedonia. Essi non sono chiamati dagli etoli, ma Filippo V di Macedonia è sconfitto dai romani nel 197
cercano l’alleanza degli etoli. Sconfitti Filippo e la lega a.C., Antioco, re di Siria, è sconfitto nel 190 a.C.
5
Achea a Cinocefale (197 a.C.), attaccano e sconfiggono Carlo VIII re di Francia resta in Italia meno d’un anno
la Lega etolica che si era alleata con Antioco, re di Siria (agosto 1494-luglio 1495). Il suo successore Luigi XII vi
(190 a.C.). resta dal 1499 al 1512.
2 6
Filippo V (221-179 a.C.), re di Macedonia. Con il trattato di Blois (1499) il sovrano francese pro-
3
Le rivolte. mette la Ghiara d’Adda e Cremona ai veneziani.
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 22
due città fortificate in Lombardia, fecero il re fran- stato ai veneziani5. Quando non avesse fatto gran-
cese signore di due terzi dell’Italia. de la Chiesa né messo in Italia la Spagna, era ben
11. Consideri ora ognuno con quanta poca difficol- ragionevole e necessario che abbassasse la loro
tà il re poteva mantenere in Italia la sua reputazio- potenza. Ma, avendo preso quelle prime decisioni,
ne, se egli avesse osservato le regole sopra indica- non doveva mai consentire alla loro rovina. Essi
te, e avesse mantenuto sicuri e difesi tutti quei erano potenti, perciò avrebbero sempre tenuto gli
suoi amici, i quali, per il fatto di essere in gran altri lontano dall’impresa della Lombardia, sia per-
numero, deboli e paurosi, chi della Chiesa, chi dei ché i veneziani non vi avrebbero acconsentito sen-
veneziani, avevano sempre bisogno di stare dalla za diventarne signori loro, sia perché gli altri non
sua parte. E per mezzo di loro poteva facilmente avrebbero voluto toglierla alla Francia per darla a
assicurarsi di chi restava grande. Ma egli non fu loro. E non avrebbero avuto animo di andare a
prima a Milano, che fece il contrario: diede aiuto a scontrarsi con tutti e due. E, se qualcuno dicesse:
papa Alessandro VI, affinché occupasse la Roma- il re Luigi cedette ad Alessandro VI la Romagna e
gna. Né si accorse, con questa decisione, che si alla Spagna il Regno di Napoli per fuggire una
indeboliva con le sue stesse mani, togliendosi gli guerra, rispondo con le ragioni addotte più sopra:
amici e coloro che gli si erano gettati in grembo; e non si deve mai lasciare seguire un disordine per
che rafforzava la Chiesa, aggiungendo al potere fuggire una guerra, perché essa non si fugge, ma si
spirituale, che le dà tanta autorità, anche quello differisce a tuo svantaggio. E, se alcuni altri alle-
temporale. Fatto il primo errore, fu costretto a con- gassero la parola che il re aveva dato al papa di
tinuare su questa strada, tanto che, per porre fine fare per lui quell’impresa, in cambio dello sciogli-
all’ambizione di Alessandro VI e per impedire che mento del suo matrimonio e del cappello cardinali-
divenisse signore della Toscana, fu costretto a ve- zio di Roano6, rispondo con quello che più sotto
nire in Italia1. Non gli bastò di avere fatto grande la dirò circa la parola data dei principi e come essa si
Chiesa e di essersi privato degli amici, perché, per deve osservare7.
volere il regno di Napoli, lo divise con il re di 14. Il re Luigi ha dunque perduto la Lombardia per
Spagna. E, dove prima egli era arbitro dell’Italia, vi non aver osservato alcuno di quelle regole osser-
mise un compagno, affinché gli ambiziosi di quella vate da altri che hanno conquistato provincie e
provincia e mal contenti di lui avessero a chi ricor- hanno voluto mantenerle. Questo fatto non è asso-
rere. E, mentre poteva lasciare in quel regno un re lutamente miracoloso, ma molto ordinario e ragio-
suo tributario2, lo tolse e vi mise uno che potesse nevole. Di questi argomenti parlai a Nantes con
cacciare via lui. Roano8, quando il Valentino, com’era chiamato
12. È un desiderio veramente molto naturale e or- popolarmente Cesare Borgia, figlio di papa Ales-
dinario quello di voler acquistare. E gli uomini che sandro VI, occupava la Romagna. Il cardinale di
possono farlo, quando lo fanno, saranno sempre Roano mi diceva che gli italiani non si intendevano
lodati o almeno non biasimati. Ma, quando non della guerra. Io gli risposi che i francesi non si in-
possono, e vogliono farlo ad ogni costo, sbagliano tendevano dello stato, perché, se se ne intendesse-
e meritano di essere biasimati. Pertanto, se la ro, non lascerebbero venire la Chiesa in tanta gran-
Francia poteva con le sue forze assalire il regno di dezza. Per esperienza si è visto che, in Italia, la
Napoli, doveva farlo; se non poteva, non doveva grandezza di quella e della Spagna è stata causata
dividerlo. E, se la divisione della Lombardia con i dalla Francia, e la sua rovina causata da loro. Da
veneziani, era giustificabile, perché permetteva di ciò si ricava una regola generale, la quale mai o
mettere piede in Italia, questa merita biasimo, per- raramente sbaglia: chi è causa che uno diventi po-
ché non era giustificata da quella necessità.
13. Luigi XII aveva dunque fatto questi cinque er- 5
Per combattere i veneziani, il sovrano francese aderi-
rori: aveva indebolito i potenti di secondo piano; sce alla Lega di Cambrai, promossa da papa Giulio II
aveva accresciuto in Italia la potenza di uno stato (1508), a cui facevano parte Spagna, impero asburgico e
potente3; aveva messo in quella un principe fore- alcuni principi italiani. I veneziani sono duramente scon-
stiero potentissimo4; non era venuto ad abitarvi; fitti ad Agnadello (1509). Preoccupato della potenza
infine non vi aveva messo colonie. Mentre era in francese, Giulio II si riconcilia con Venezia, promuove
vita, questi errori potevano ancora non offenderlo, la Lega Santa (1511) con Venezia, la Svizzera, la Spagna
se non avesse fatto il sesto, quello di togliere lo e l’Inghilterra. I francesi sconfiggono le forze spagnole e
pontificie a Ravenna (1512), ma sono sconfitti a Milano
(1512). Nel 1513 muore Giulio II, la Lega Santa si scio-
glie, Venezia si allea con la Francia, gli svizzeri scon-
1
Nel 1502 Cesare Borgia attacca Firenze. Non è questo figgono i francesi a Novara.
6
però il motivo che spinge il sovrano francese a venire in Giorgio d’Amboise (1460-1510), arcivescovo di
Italia. Rouen e consigliere del re, riceve la porpora cardinali-
2
Federico I d’Aragona (1458-1494). zia da papa Alessandro VI Borgia.
3 7
Il papa Alessandro VI Borgia (1492-1503). Principe, XVIII.
4 8
Ferdinando il Cattolico (1452-1516), re di Spagna. Nel 1500, quando svolge la prima missione in Francia.
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 23
tente, va incontro alla rovina, perché quella poten- volta che l’ha vinto, riuscirà a mantenerlo con
za è causata da colui o con industria o con forza; e grande facilità.
l’una e l’altra di queste due è sospetta a chi è di- 3. Le cause della difficoltà ad occupare il regno
venuto potente. del turco sono: il fatto di non poter essere chiamati
------------------------------I☺I----------------------------- dai principi di quel regno; e il fatto di non poter fa-
cilitare la propria impresa con la ribellione di quel-
Capitolo 4. Cur Darii regnum li che egli ha intorno. Ciò nasce dalle ragioni sopra
quod Alexander occupaverat a dette. Poiché sono tutti schiavi ed obbligati, si
successoribus suis post Alexan- possono corrompere con più difficoltà. Ed anche
dri mortem non defecit. se si potessero corrompere, se ne potrebbe sperare
[Per quale causa il regno di Dario, che fu occupato poco utile, poiché essi non si possono tirarsi dietro
da Alessandro, non si ribellò ai successori di Ales- i popoli per le ragioni indicate. Perciò chi assale il
sandro dopo che questi morì.] turco deve immaginare di trovarlo unito. E gli con-
viene contare più sulle forze proprie che sui disor-
1. Se si considerano le difficoltà che si incontrano dini di altri. Ma, una volta vinto e disperso in una
a mantenere uno stato acquistato di recente, qual- battaglia campale in modo che non possa rifare e-
cuno potrebbe meravigliarsi donde nacque che A- serciti, ci si può sentire minacciati soltanto dal
lessandro Magno diventò signore dell’Asia in po- sangue del principe. Una volta che esso è spento,
chi anni e aveva appena finito di occuparla, quan- non resta alcuno di cui si debba temere, poiché gli
do morì1. Perciò sembrava ragionevole prevedere altri non hanno credito con li popoli. E, come il
che tutto quello stato si sarebbe ribellato. Invece i vincitore, prima della vittoria, non poteva contare
successori di Alessandro lo mantennero e non eb- su di loro; così, dopo la vittoria, non deve temere
bero a mantenerlo altra difficoltà che quella che alcunché da loro.
sorse fra loro stessi a causa delle rispettive ambi- 4. Il contrario succede nei regni governati come
zioni personali. Rispondo che i principati, dei quali quello di Francia. Con facilità tu puoi entrarvi,
si ha memoria, sono sempre stati governati in due guadagnandoti qualche barone del regno, perché si
modi diversi: o c’è un principe, e tutti gli altri sono trovano sempre dei malcontenti e di quelli che de-
servi, i quali per sua grazia e sua concessione aiu- siderano rivolgimenti politici. Costoro, per le ra-
tano a governare quel regno come ministri; o ci so- gioni dette, ti possono aprire la via a quello stato e
no un principe e dei baroni, i quali, non per grazia facilitarti la vittoria. Essa poi, a volerti mantenere,
del signore, ma per antichità di sangue tengono si tira dietro infinite difficoltà, sia con quelli che ti
quel grado. Questi baroni hanno stati e sudditi hanno aiutato sia con quelli che tu hai oppresso.
propri, i quali li riconoscono per signori ed hanno Né ti basta spegnere il sangue del principe; perché
in loro un’affezione naturale. Quegli stati che sono vi rimangono quei signori che si fanno capi delle
governati da un principe e dai suoi servitori hanno nuove alterazioni politiche. Tu non li puoi né ac-
il loro principe con più autorità, perché in tutta la contentare né spegnere, perciò perdi quello stato
sua provincia non è alcuno che riconosca per supe- ogni volta che si presenta l’occasione.
riore se non lui; e se obbediscono a qualcun altro, 5. Ora, se voi considererete di quale natura era il
lo fanno come ad un ministro e funzionario del governo di Dario3, troverete che era simile al regno
principe, e non gli portano particolare amore. del turco. Perciò Alessandro dovette prima attac-
2. Nei nostri tempi gli esempi di questi due diversi carlo con ogni mezzo e sconfiggerlo sul campo di
tipi di governo sono il l’impero turco e il re di battaglia. Poi, a vittoria conseguita e con l’ucci-
Francia. Tutta la monarchia dell’impero turco è sione di Dario, Alessandro poté avere quello stato
governata da un signore, gli altri sono suoi servi; e, in totale sicurezza, per le ragioni sopra discusse. I
dividendo il suo regno in sangiaccati2, vi manda suoi successori, se fossero stati uniti, se lo poteva-
diversi amministratori, e li muta e li varia come pa- no godere in tutta tranquillità. Né in quel regno
re a lui. Ma il re di Francia è posto in mezzo ad nacquero altri tumulti, che quelli che i successori
una moltitudine antica di signori, che in quello sta- di Alessandro suscitarono. Invece è impossibile
to sono riconosciuti ed amati dai loro sudditi. Essi possedere in tutta tranquillità gli stati ordinati co-
hanno i loro privilegi ereditari. Il re non glieli può me quello di Francia. Di qui nacquero le numerose
togliere senza suo pericolo. Chi considera dunque ribellioni di Spagna, di Francia e di Grecia contro i
l’uno e l’altro di questi stati, incontrerà molte diffi- romani, per i frequenti principati che erano in que-
coltà nell’acquistare lo stato del turco. Ma, una gli stati. E, mentre durò il loro ricordo, i romani fu-
rono sempre incerti di quei possedimenti. Ma,
spenta la memoria di quelli, con la potenza e con la
1
lunga durata del potere, ne diventarono sicuri pos-
Alessandro Magno (356-323 a.C.), re di Macedonia, sessori. Ciascuno di loro poi, combattendo contro
sconfigge Dario III, imperatore di Persia, a Isso (Tur-
chia) nel 333 a.C. e ad Arbela (Iraq) nel 331.
2 3
Circoscrizioni. Dario III Codomano (335-330 a.C.), re di Persia.
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 24
gli altri, poté tirarsi dietro una parte di quelle pro- una città abituata a vivere libera e non la distrugge,
vincie, secondo l’autorità che godeva in esse; e aspetti di esser distrutto da quella. Nella ribellione
quelle, per il fatto che il sangue del loro antico si- essa ha sempre per rifugio il nome della libertà e i
gnore era spento, non riconoscevano se non i ro- suoi antichi ordinamenti politici, che mai si dimen-
mani. Se vengono considerati tutti questi aspetti, ticano né per la lunghezza dei tempi né per i bene-
nessuno si meraviglierà della facilità con cui Ales- fici che hanno dato. E, per quanto si faccia o si
sandro poté mantenere lo stato dell’Asia, e delle provveda, se non si disperdono o si annientano, gli
difficoltà che hanno avuto gli altri a conservare lo abitanti non dimenticano quel nome né quegli ordi-
stato acquistato, come Pirro e molti altri principi1. namenti. E subito in ogni circostanza che lo per-
Ciò non è derivato dalle grandi o dalle piccole ca- mette tentano di ribellarsi. Così fece Pisa dopo
pacità del vincitore, ma dalla diversa struttura del cento anni che era sotto il dominio dei fiorentini4.
potere statale. Ma, quando le città o le provincie sono abituate a
------------------------------I☺I----------------------------- vivere sotto un principe e quel sangue sia spento, i
cittadini da un canto sono abituati ad obbedire,
Capitolo 5. Quomodo admini- dall’altro non hanno il principe vecchio, perciò non
strandae sunt civitates vel princi- si accordano di farne uno fra loro, né sanno vivere
patus, qui, antequam occuparen- liberi. In tal modo sono più lenti a pigliare le armi
tur suis legibus vivebant. e con più facilità un principe se le può guadagnare
[In che modo si debbano governare le città o i e renderle sicure. Ma nelle repubbliche è maggiore
principati che, prima di essere occupati, vivevano vita, maggiore odio, più desiderio di vendetta; né le
con le loro leggi.] lascia, né può lasciare riposare la memoria
dell’antica libertà, tanto che la via più sicura è
1. Quando quegli stati, che si acquistano, sono abi- spegnerle o abitarvi.
tuati a vivere con le loro leggi e in libertà, a volerli ------------------------------I☺I-----------------------------
mantenere, ci sono tre modi: il primo, raderne al
suolo le città; l’altro, andarvi ad abitare personal- Capitolo 6. De principatibus novis
mente; il terzo, lasciarli vivere con le loro leggi, qui armis propriis ed virtute ac-
traendone un tributo e creandovi dentro un’am- quiruntur.
ministrazione fatta di pochi individui che te li con- [I principati nuovi che si acquistano con le armi
servino amici. Quell’amministrazione è stata creata proprie e virtuosamente.]
da quel principe, perciò ogni città sa che non può
stare senza la sua amicizia e la sua potenza, e che 1. Non si meravigli alcuno se, parlando di princi-
deve fare di tutto per mantenerle. E più facilmente pati del tutto nuovi e di principe e di stato5, io ad-
si mantiene sotto controllo una città, abituata a vi- durrò grandissimi esempi. Gli uomini camminano
vere libera, con l’aiuto dei suoi cittadini, che in al- quasi sempre per le vie battute da altri e procedo-
cun altro modo, volendo evitare di distruggerla. no nelle loro azioni con le imitazioni, né possono
2. Tra gli esempi che si possono portare ci sono gli mantenere del tutto le vie d’altri, né raggiungere la
spartani e i romani. Gli spartani mantennero Atene virtù di quelli che tu imiti. Perciò un uomo pruden-
e Tebe creandovi un’amministrazione di pochi in- te deve entrare sempre per vie battute da uomini
dividui (=un’oligarchia); tuttavia le persero nuo- grandi ed imitare quelli che sono stati eccellentis-
vamente2. I romani, per mantenere Capua, Cartagi- simi, affinché, se la sua virtù non vi arriva, almeno
ne e Numanzia, le rasero al suolo, e non le perse- ne prenda qualche aspetto. Deve fare come gli ar-
ro3. Vollero mantenere la Grecia quasi come la cieri prudenti. Essi, quando ritengono troppo lonta-
mantennero gli spartani, facendola libera e lascian- no il bersaglio che intendono colpire e poiché co-
dole le sue leggi. Ma non vi riuscirono. Così furo- noscendo fino a dove giunge la potenza del loro
no costretti a radere al suolo molte città di quella arco, prendono la mira assai più alta che il bersa-
provincia, per mantenerla. glio predestinato, non per raggiungere con la loro
3. In verità non c’è modo più sicuro a possederle freccia a tanta altezza, ma per poter colpire il luo-
che la loro distruzione. E chi diviene padrone di go designato con l’aiuto di una mira così alta.
2. Dico dunque che i principati del tutto nuovi, nei
1 quali è giunto un nuovo principe, si mantengono
Pirro (307-272 a.C.), re dell’Epiro, conquista per bre- con più o meno difficoltà secondo che più o meno
ve tempo l’Italia meridionale e la Sicilia (280-276 a.C.).
2 è virtuoso colui che li acquista. E, poiché questo
Atene fu sottoposta al governo dei Trenta tiranni e ri-
evento di diventare principe da privato cittadino
conquistò la libertà con Trasibulo nel 403 a.C.; Tebe a
un’oligarchia (3828-379 a.C.), da cui è liberata dai due
4
generali Epaminonda e Pelopida. Pisa è acquistata con denaro da Firenze nel 1405, si
3
Cartagine è rasa al suolo nel 146 a.C., Numanzia nel ribella nel 1494 durante la discesa di Carlo VII re di
133 a.C., Capua vede distrutta la sua organizzazione po- Francia, è riconquistata nel 1509.
5
litica nel 211 a.C. Per dinastia e per organizzazione politica.
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 25
presuppone o virtù o fortuna, pare che l’una o ha come tiepidi difensori tutti coloro che dai nuovi
l’altra di queste due cose mitighi in parte le nume- ordinamenti trarrebbero vantaggio. Questa tiepi-
rose difficoltà. Peraltro colui che si è affidato di dezza nasce in parte per paura degli avversari, che
meno alla fortuna, si è mantenuto di più. Genera hanno le leggi dal canto loro, in parte dall’incre-
ancora facilità il fatto che il principe sia costretto a dulità degli uomini, i quali non credono affatto alla
venire personalmente ad abitarvi, perché non ha riuscita delle innovazioni politiche, se non dopo
altri stati. Ma, per venire a parlare di coloro che che ne hanno fatto una solida esperienza. Per que-
per propria virtù e non per fortuna sono diventati sto motivo ogni volta che coloro, che sono nemici,
principi, dico che i più eccellenti sono Mosè, Ciro, hanno l’occasione di assalire, lo fanno con la foga
Romolo, Teseo1 e simili. E, benché di Mosè non si degli uomini di parte. Gli altri invece difendono
debba ragionare, essendo stato un semplice esecu- tiepidamente gli ordinamenti appena introdotti. In
tore delle imprese che gli erano ordinate da Dio, tal modo insieme con loro il principe corre costan-
tuttavia deve essere ammirato soltanto per quella temente il rischio di non riuscire. Pertanto, se si
grazia che lo faceva degno di parlare con Dio. Ma vuole discutere adeguatamente la questione, è ne-
consideriamo Ciro e gli altri che hanno acquistato cessario esaminare se questi innovatori stiano da
o fondato regni. Essi sono tutti mirabili. Se si con- soli, perché hanno forza sufficiente, o se dipendano
siderano le loro azioni e i loro ordinamenti partico- da altri. In altre parole si deve esaminare se per
lari, questi sembreranno non discrepanti da quelli condurre a termine la loro opera devono implorare
di Mosè, che ebbe un precettore così grande. Esa- aiuto o se possono costringere l’aiuto. Nel primo
minando le loro azioni e la loro vita, si vede chia- caso capitano sempre male e non portano a termine
ramente che essi dalla fortuna ebbero soltanto l’impresa. Ma, quando dipendono da loro stessi e
l’occasione favorevole. L’occasione diede loro la possono costringere a farsi aiutare, allora rare vol-
materia per poter introdurre quella forma che parve te rischiano l’insuccesso. Di qui deriva il fatto che
loro opportuna. E senza quell’occasione favorevo- tutti i profeti armati vinsero, invece quelli disarma-
le la virtù del loro animo si sarebbe spenta, e senza ti andarono incontro alla rovina3. Oltre alle cose
quella virtù l’occasione favorevole sarebbe venuta dette, la natura dei popoli è mutevole. È facile per-
invano. suaderli di una cosa, ma è difficile tenerli fermi in
3. Era dunque necessario che Mosè trovasse il po- quella persuasione. Perciò conviene essere orga-
polo d’Israele, in Egitto, schiavo ed oppresso dagli nizzati in modo che, quando non credono più, si
Egizi, affinché essi, per uscire dalla servitù, si di- possa fare loro credere per forza. Mosè, Ciro, Te-
sponessero a seguirlo. Conveniva che Romolo si seo e Romolo non avrebbero potuto far loro osser-
sentisse troppo stretto nella città di Alba, fosse vare a lungo le loro costituzioni, se fossero stati
abbandonato in fasce, per volere diventare re di disarmati; come nei nostri tempi avvenne a fra’ Gi-
Roma e fondatore di quella patria. Bisognava che rolamo Savonarola. Egli vide fallire i suoi nuovi
Ciro trovasse i persiani malcontenti dell’imperio ordinamenti politici, non appena la moltitudine in-
dei medi e i medi molli ed effeminati per la lunga cominciò a non aver più fiducia in loro. Ed egli
pace2. Teseo non poteva dimostrare la sua virtù, se non aveva alcun modo di mantenere fermi quelli
non trovava gli ateniesi dispersi. Pertanto queste che avevano creduto, né di far credere gli incredu-
occasioni favorevoli resero felici questi uomini, e li. Perciò questi grandi personaggi hanno nel con-
la loro eccellente virtù fece loro capire che dursi gran difficoltà, e tutti i loro pericoli sono lun-
l’occasione era favorevole. In tal modo la loro pa- go il percorso che li porta al successo. Ed è neces-
tria fu nobilitata e diventò felicissima. sario che con la virtù li superino. Ma, una volta
4. Coloro che per strade impervie, simili a queste, che li hanno superati e che incominciano ad essere
diventano principi, acquistano il principato con dif- in venerazione, e una volta spenti coloro che guar-
ficoltà, ma con facilità poi lo mantengono. Le diffi- davano con invidia le loro qualità, essi rimangono
coltà che hanno nell’acquistare il principato, in par- potenti, sicuri, onorati, felici.
te nascono dai nuovi ordinamenti politici e dai 5. Ad esempi così alti io voglio aggiungere un e-
nuovi modi che essi sono costretti ad introdurre sempio minore, che tuttavia è in rapporto con quel-
per fondare il loro stato e la loro sicurezza. Si deve li. Esso può bastare per tutti gli altri esempi simili.
considerare che non è cosa più difficile a trattare, Si tratta di Ierone di Siracusa4. Costui da privato
né più dubbia a riuscire, né più pericolosa a ma- cittadino diventò principe di Siracusa. Dalla fortu-
neggiare, che voler introdurre nuovi ordinamenti. na egli ebbe soltanto l’occasione favorevole. I si-
Chi li vuole introdurre ha per nemici tutti coloro
che dai vecchi ordinamenti traggono vantaggio, ed 3
Il riferimento è a Girolamo Savonarola (1452-1498),
subito citato. Dopo la cacciata dei Medici il frate impo-
1
Mosè fonda il regno d’Israele, Ciro il Grande fonda ne un governo teocratico a Firenze (1494), è scomunica-
l’impero persiano, Romolo fonda Roma, Teseo unifica to da papa Alessandro VI Borgia (1497), non si arma
le città dell’Attica. contro i nemici, è catturato e arso vivo (1498).
2 4
Dal 600 circa al 560 a.C. Gerone II, tiranno di Siracusa (265-215 a.C.).
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 26
racusani erano oppressi, così lo elessero loro capi- Essi sono Francesco Sforza 2 e Cesare Borgia3.
tano. Perciò meritò di diventare loro principe. Egli Francesco Sforza con i debiti mezzi e con una
fu di tanta virtù, anche nella fortuna privata, che grande virtù, da privato diventò duca di Milano. E
chi ne scrive dice: Quod nihil illi deerat ad re- quello che con mille affanni aveva acquistato, con
gnandum praeter regnum1. Costui spense la mili- poca fatica mantenne. Cesare Borgia, chiamato dal
zia vecchia, organizzò quella nuova; lasciò le ami- volgo duca Valentino, acquistò invece lo stato con
cizie antiche, prese delle nuove. E, quando ebbe la fortuna del padre, e con quella lo perdette. Non
amicizie e soldati che fossero suoi, poté su tale servì a nulla che usasse ogni opera e facesse tutte
fondamento edificare ogni edificio. Egli fece una quelle cose che un uomo prudente e virtuoso do-
fatica molto grande nell’acquistare il potere, ma ne veva fare, per mettere le radici in quegli stati che
fece molto poca nel mantenerlo. le armi e la fortuna di altri gli avevano concesso.
------------------------------I☺I----------------------------- Come più sopra si disse, chi non fa le fondamenta
prima, potrebbe con una grande virtù farle poi, per
Capitolo 7. De principatibus novis quanto si facciano con disagio dell’architetto e pe-
qui alienis armis ed fortuna ac- ricolo dell’edificio. Se dunque si considerano tutti
quiruntur. i modi di agire del duca, si vedrà che egli ha fatto
[I principati nuovi che si acquistano con le armi e grandi fondamenta alla sua futura potenza. Di esse
con la fortuna di altri.] non giudico superfluo discutere, perché io non sa-
prei quali precetti migliori dare a un principe nuo-
1. Coloro che solamente con l’aiuto della fortuna vo, che l’esempio delle sue azioni. E, se i suoi or-
da privati cittadini diventano principi, con poca fa- dinamenti politici non gli recarono profitto, non fu
tica diventano principi, ma con grande fatica man- colpa sua, perché ciò dipese da una straordinaria
tengono il potere. Essi non incontrano alcuna diffi- ed estrema malignità della fortuna.
coltà lungo il percorso, perché lo fanno come se 3. Nel voler fare grande il duca suo figlio, Ales-
volassero. Ma tutte le difficoltà sorgono quando sandro VI aveva numerose difficoltà presenti e fu-
sono giunti al potere. Casi di questo tipo si presen- ture. Per prima cosa non vedeva via di poterlo fare
tano, quando un principe ottiene uno stato o per signore di alcuno stato che non fosse lo stato di
danari o per la grazia di chi lo concede. Ciò av- Chiesa. E, se si volgeva a togliere quello della
venne a molti in Grecia, nelle città della Ionia e Chiesa, sapeva che il duca di Milano e i veneziani
dell’Ellesponto. Essi furono fatti principi da Dario, non glielo avrebbero acconsentito, perché Faenza e
affinché mantenessero quelle città per la sua sicu- Rimini erano già sotto la protezione dei veneziani.
rezza e per la sua gloria. Ciò avvenne ancora a Per seconda cosa vedeva che gli eserciti dell’Italia
quegli imperatori romani che, da cittadini privati, (in particolare quello di colui di cui si poteva ser-
pervenivano al potere mediante la corruzione dei vire) erano nelle mani di coloro che dovevano te-
soldati. Essi restano semplicemente in balia della mere la grandezza del papa. Perciò non se ne pote-
volontà e della fortuna di chi ha loro concesso il va fidare, poiché erano tutti capeggiati dagli Orsini
potere, due cose molto volubili ed instabili. E non e dai Colonna, e dai loro complici. Era dunque ne-
sanno e non possano mantenere quel grado. Non cessario che si sconvolgessero quegli ordinamenti
sanno, perché, se non è uomo di grande ingegno e politici e che si disarticolassero gli stati di costoro,
virtù, non è ragionevole che, essendo sempre vis- per far sì che egli si potesse insediare con sicurez-
suto come cittadino privato, sappia comandare. za su parte di quegli stati. Ciò gli fu facile; perché
Non possono, perché non hanno forze che possano trovò che i veneziani, mossi da altre cause, aveva-
essere loro amiche e fedeli. E poi gli stati che sono no deciso di far ritornare i francesi in Italia. Ciò
sorti in pochissimo tempo, come tutte le altre cose non solamente non ostacolò i suoi piani, ma li rese
della natura che nascono e crescono in poco tem- anche più facili con lo scioglimento del precedente
po, non possono far penetrare in profondità le loro matrimonio del re Luigi XII. Il re passò dunque in
radici e le loro ramificazioni. In tal modo il primo Italia con l’aiuto dei veneziani e con il consenso di
tempo avverso li spegne, se, come si è detto, co- Alessandro VI. Non era giunto a Milano, che il pa-
storo, che così rapidamente sono diventati principi, 2
non sono di tanta virtù che sappiano subito prepa- Francesco I Sforza, duca di Milano (1450-1466).
3
rarsi a conservare quello che la fortuna ha messo Cesare Borgia (1475-1507), detto il Valentino, è figlio
loro in grembo, e gli costruiscano poi quelle fon- di Rodrigo Borgia, che diviene papa con il nome di A-
lessandro VI (1492). È nominato duca di Valentinois da
damenta che gli altri principi hanno fatto prima di
Luigi XII, re di Francia. Con l’aiuto del papa e del so-
diventare principi.
vrano francese conquista la Romagna e altri territori
2. All’uno ed all’altro di questi modi di diventare dell’Italia centrale, con l’intenzione di formarvi uno Sta-
principe per virtù o per fortuna io voglio addurre to. Suscita però l’ostilità della Francia e del nuovo papa
due esempi che sono avvenuti a nostra memoria. Giulio II (1503). Così finisce la sua fortuna. È arrestato
a Napoli e trasferito in Spagna. Muore in un’imboscata
1
“Niente gli mancava per regnare, tranne il regno.” presso Pamplona.
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 27
pa ebbe da lui un contingente di soldati per duca conquistò la Romagna e trovò che era stata
l’impresa di Romagna. Essa gli fu resa possibile comandata da signori impotenti, che avevano spo-
per la reputazione del re. Così egli acquistò la gliato i loro sudditi più che riportati all’ordine. E
Romagna e batté i Colonna. Per mantenerla e per avevano dato loro motivi di disunione, non di u-
procedere con i suoi piani, il duca era impedito da nione, tanto che quella provincia era tutta piena di
due cose: l’una, le sue armi che non gli sembrava- latrocini, di brighe e di ogni altro genere di insolen-
no fedeli; l’altra, la volontà della Francia. Egli te- za. Per ridurla pacifica e obbediente al potere so-
meva che le armi degli Orsini, delle quali si era fi- vrano, egli giudicò che fosse necessario darle un
nora valso, lo abbandonassero, e non solamente gli buon governo. Perciò vi prepose messer Remirro
impedissero di acquistare altri territori, ma gli to- de Orco, un uomo crudele e di modi sbrigativi, al
gliessero anche quelli che aveva acquistato. Te- quale dette i pieni poteri. Costui in poco tempo la
meva che anche il re si comportasse allo stesso ridusse pacifica ed unita, ottenendo una grandissi-
modo. Della scarsa affidabilità degli Orsini ebbe ma reputazione. Il duca giudicò poi che non era
un riscontro di lì a poco, quando dopo l’espugna- necessario un’autorità così eccessiva, perché te-
zione di Faenza, assalì Bologna. Li vide andare meva che divenisse odiosa. E prepose un tribunale
freddi in quell’assalto. Circa il re, conobbe il suo civile al centro della provincia con un presidente
animo quando, conquistato il ducato di Urbino, as- davvero eccellente. In esso ogni città aveva il suo
salì la Toscana. Da questa impresa il re lo fece avvocato. E, poiché capiva che le repressioni pre-
desistere. Perciò il duca decise di non dipendere cedenti gli avevano procurato qualche odio, per
più dalle armi e dalla fortuna di altri. Per prima liberare da ogni ostilità gli animi di quei popoli e
cosa indebolì i partigiani degli Orsini e dei Colon- guadagnarseli del tutto, volle mostrare che, se era
na in Roma: guadagnò tutti i loro aderenti che fos- avvenuta qualche crudeltà, non era stata colpa sua,
sero gentiluomini, facendoli suoi gentiluomini e ma del cattivo carattere del ministro. Cogliendo
dando loro grandi stipendi. Secondo le loro qualità l’occasione opportuna, una mattina lo fece mettere
li onorò di comandi militari e di governi. In tal mo- tagliato in due pezzi sulla piazza di Cesena, con
do in pochi mesi negli animi loro l’attaccamento uno pezzo di legno e un coltello insanguinato ac-
alle fazioni si spense e si volse tutto verso il duca. canto2. La ferocia di quello spettacolo fece sì che
Dopo questa, aspettò l’occasione di spegnere gli quei popoli rimanessero ad un tempo soddisfatti e
Orsini, avendo dispersi quelli di casa Colonna. stupiti.
L’occasione gli giunse bene ed egli la usò meglio. 5. Ma ritorniamo al punto di partenza. Dico che il
Gli Orsini si erano accorti troppo tardi che la gran- duca si trovava assai potente ed in parte si era as-
dezza del duca e della Chiesa erano la loro rovina. sicurato dei presenti pericoli, poiché si era armato
Perciò fecero una riunione alla Magione, nel terri- a suo modo e aveva in buona parte spente quelle
torio di Perugia. Da quella riunione nacquero la armi che, vicine, lo potevano offendere. Ora, se
ribellione di Urbino, i tumulti di Romagna e infiniti voleva procedere con l’acquisto di altri territori, gli
altri pericoli. Il duca li superò tutti con l’aiuto dei restava il rispetto del re di Francia. Egli capiva che
francesi. Una volta riacquistata la reputazione, non il re, il quale si era accorto troppo tardi del suo er-
fidandosi della Francia né delle altre forze esterne, rore, non glielo avrebbe permesso. Per questo mo-
per non doversi scontrare con esse, ricorse agli in- tivo incominciò a cercare nuove amicizie e a pren-
ganni. Seppe tanto dissimulare il suo animo, che gli dere le distanze con Francia, quando i francesi fe-
Orsini, attraverso il signor Paolo Orsini, si riconci- cero una spedizione verso il regno di Napoli contro
liarono con lui. Con lui il duca ricorse ad ogni ge- agli spagnoli che assediavano Gaeta. La sua inten-
nere di cortesie per rassicurarlo. Gli diede danari, zione era quella di assicurarsi la loro neutralità.
vesti e cavalli; tanto che la loro semplicità li con- Ciò gli sarebbe facilmente riuscito, se Alessandro
dusse a Sinigallia nelle sue mani1. Spegnendo que- VI fosse rimasto in vita.
sti capi e riducendo i loro partigiani ad amici suoi, 6. Questi furono i suoi comportamenti quanto alle
il duca aveva gettato fondamenta molto buone alla cose presenti. Ma, quanto alle future, egli temeva
sua potenza: aveva il possesso della Romagna con in primo luogo che il nuovo successore alla Chiesa
il ducato di Urbino. In particolare gli sembrava di non gli fosse amico e che cercasse di togliergli
aver acquistato l’amicizia della Romagna e di es- quello che Alessandro VI gli aveva dato. Pensò di
sersi guadagnato tutti quei popoli, che avevano in- eliminare ogni incertezza in quattro modi: primo,
cominciato a gustare il loro bene essere. spegnere tutti i discendenti di quelli signori che e-
4. Questa parte è degna di nota e merita di essere gli aveva spogliato, per togliere al papa quell’occ-
imitata da altri, perciò non la voglio tralasciare. Il asione; secondo, guadagnarsi tutti i gentiluomini di
Roma, per potere tenere con quelli il papa in freno;
1
terzo, ridurre il Collegio dei cardinali più suo che
Cesare Borgia fa strangolare a Senigallia Vitellozzo poteva; quarto, acquistare tanto potere, prima che
Vitelli e Oliverotto Euffreducci il 31 dicembre 1502,
Paolo Orsini e il duca di Gravina-Orsini a Castel della
2
Pieve il 18 gennaio dello stesso anno. Il 26 dicembre 1502.
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 28
il papa morisse, da poter resistere da solo a un nemici, guadagnarsi degli amici, vincere o per for-
primo scontro. Alla morte di Alessandro VI aveva za o per frode, farsi amare e temere dai popoli, far-
condotto a termine tre di queste quattro imprese. si seguire e farsi temere dai soldati, spegnere quel-
Aveva quasi portato a termine anche la quarta. Dei li che ti possono o ti devono offendere, innovare
signori spogliati dei loro beni ne ammazzò quanti con nuove istituzioni gli ordinamenti politici anti-
ne poté raggiungere, e pochissimi si salvarono. Si chi, essere severo e grato, magnanimo e liberale,
era guadagnato i gentiluomini romani. E nel Colle- spegnere la milizia infedele, crearne una nuova,
gio cardinalizio aveva grandissimo séguito. Quanto mantenere le amicizie di re e di principi in modo
al nuovo acquisto, aveva disegnato di diventare che ti abbino o a beneficare con grazia o a offende-
signore della Toscana. Possedeva già Perugia e re con rispetto, non può trovare esempi più freschi
Piombino, e aveva preso la protezione di Pisa. E, che le azioni di costui. Si può solamente muovergli
come se non dovesse avere rispetto per la Francia qualche rimprovero per la nomina del pontefice
(non gliene doveva più, perché i francesi erano già Giulio II, nella quale egli fece una cattiva scelta.
stati spogliati del Regno di Napoli dagli spagnoli, Come si è detto, se non poteva fare un papa a suo
così che ciascuno di loro era costretto a comperare modo, poteva almeno ottenere che uno non fosse
la sua amicizia), assaliva con successo la città di papa. Non doveva neanche permettere che divenis-
Pisa. Dopo questo, Lucca e Siena cedevano subito, se papa uno di quei cardinali che egli aveva offeso
in parte per invidia dei fiorentini, in parte per pau- o, se lo diveniva, doveva fare in modo che avesse
ra. I fiorentini non avevano alcun rimedio da op- paura di lui. Gli uomini offendono o per paura o
porre. Se ciò gli fosse riuscito (gli riusciva l’anno per odio. Quelli che egli aveva offeso erano, fra gli
stesso in cui Alessandro VI moriva), acquistava altri, San Pietro in Vincoli1, Giovanni Colonna, San
tante forze e tanta reputazione, che si sarebbe sor- Giorgio2, Ascanio Sforza. Tutti gli altri cardinali,
retto da solo, e non sarebbe più dipeso dalla fortu- che fossero divenuti papa, dovevano temerlo, ec-
na né dalle forze di altri, ma dalla sua potenza e cetto Roano3 e gli spagnoli. Questi per il legame di
dalla sua virtù. Ma Alessandro VI morì dopo cin- parentela e per obbligo; quello per la potenza, poi-
que anni che egli aveva incominciato ad impugnare ché aveva alle spalle il re di Francia. Pertanto il
la spada. Lo lasciò con lo stato di Romagna sola- duca, prima di ogni altra cosa, doveva creare papa
mente consolidato, con tutti gli altri in aria, fra due uno spagnolo. Non potendo, doveva acconsentire
potentissimi eserciti nemici, e soprattutto malato a che fosse Roano e non San Pietro in Vincoli. E chi
morte. Il duca era di grande ferocia e di grande vir- crede che nei grandi personaggi i benefici nuovi
tù; conosceva bene come gli uomini si guadagnano facciano dimenticare le ingiurie vecchie, si ingan-
e si perdono; ed al suo stato aveva anche saputo na. Il duca quindi commise un errore in questa ele-
costruire valide fondamenta in poco tempo. Per zione. E questo errore fu causa della sua rovina
questo motivo, se non avesse avuto quegli eserciti definitiva.
addosso o se egli fosse stato sano, avrebbe saputo ------------------------------I☺I-----------------------------
far fronte ad ogni difficoltà. E che le sue fonda-
menta fossero buone, si vide con sicurezza: la Ro- Capitolo 8. De his qui per scelera
magna l’aspettò per più d’un mese; a Roma, per ad principatum pervenere.
quanto mezzo morto, stette sicuro; e, benché Bal- [Di quelli che per scelleratezze sono venuti al
lioni, Vitelli ed Orsini venissero in Roma, non ten- principato.]
tarono nulla contro di lui. Egli poté fare papa, se
non chi egli voleva, almeno che non fosse chi non 1. Poiché da cittadino privato si diventa principe
voleva. Ma, se alla morte di Alessandro VI fosse ancora in due modi (e ciò non si può attribuire del
stato sano, ogni cosa gli era facile. Egli mi disse, tutto o alla fortuna o alla virtù), non mi pare di do-
nei giorni in cui fu nominato Giulio II, che aveva ver abbandonare l’argomento, anche se dell’uno si
pensato a ciò che poteva succedere, alla morte di potrebbe ragionare più diffusamente dove si tratta
suo padre, e a tutto aveva trovato rimedio, eccetto delle repubbliche4. Questi modi sono quando o per
che non pensò mai, alla sua morte, di stare ancora qualche via scellerata ed empia si sale al potere o
lui per morire. quando un cittadino privato diventa principe della
7. Riflettendo su tutte le azioni del duca qui ripor- sua patria con il favore degli altri suoi concittadini.
tate, non saprei rimproverarlo. Mi pare anzi, come Parlando del primo modo, presenterò soltanto due
ho già fatto, di poterlo indicare come modello da esempi, l’uno antico e l’altro moderno, e non ap-
imitare per tutti coloro che grazie alla fortuna e con
le armi di altri sono saliti al potere. Egli aveva un
grande animo e una nobile intenzione, perciò non si 1
poteva comportare in altro modo. Ai suoi disegni Giuliano della Rovere, poi Giulio II.
2
si oppose soltanto la brevità della vita di Alessan- Raffaello Riario.
3
dro VI e la sua malattia. Chi dunque giudica ne- Giorgio d’Amboise, cardinale di Rouen.
4
Nei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, intro-
cessario nel suo principato nuovo assicurarsi dei
duzione.
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 29
profondirà ulteriormente l’argomento. Io giudico che si chiamava Giovanni Fogliani. Nella sua pri-
che basti imitarli a chi fosse costretto. ma giovinezza prestò servizio militare sotto Paolo
2. Il siciliano Agatocle non soltanto da privata for- Vitelli, per diventare esperto in quella disciplina e
tuna, ma da infima ed abietta fortuna divenne re di quindi pervenire a qualche grado elevato nell’e-
Siracusa1. Costui era nato da uno vasaio. Nelle di- sercito. Quando Paolo morì, militò sotto Vitelloz-
verse fasi della sua vita mantenne sempre un com- zo, suo fratello. Era ingegnoso, e gagliardo di cor-
portamento scellerato. Non di meno accompagnò le po e d’animo. Perciò in brevissimo tempo divenne
sue azioni scellerate con tanta virtù d’animo e di il primo uomo della sua milizia. Ma gli sembrava
corpo, che si rivolse alla carriera militare, passò di una condizione servile il fatto di essere alle dipen-
grado in grado ed infine divenne comandante mili- denze di altri. Perciò pensò di avere l’aiuto di al-
tare di Siracusa. Giunto a questo grado, decise di cuni concittadini di Fermo ai quali era più cara la
diventare principe e di ottenere con violenza e sen- servitù che la libertà della loro patria; e di ottenere
za l’aiuto di altri quello che la volontà dei cittadini anche il favore di Vitellozzo. Con questi appoggi
gli aveva concesso. Discusse il progetto di colpo riuscì ad occupare Fermo. Poi scrisse a Giovanni
di Stato con Amilcare, il comandante degli eserciti Fogliani che voleva venire a vedere lui e la sua cit-
cartaginesi che stanziavano in Sicilia. Una mattina tà, poiché era stato più anni fuori di casa, e voleva
radunò il popolo ed il senato di Siracusa, come se in qualche parte riconoscere il suo patrimonio. Egli
egli avesse dovuto deliberare su questioni che ri- si era affaticato soprattutto per acquistare onore, e
guardavano il bene della repubblica. Ad un cenno desiderava che i suoi cittadini vedessero come non
prestabilito, fece uccidere dai suoi soldati tutti i aveva speso invano il suo tempo. Perciò voleva
senatori e i più ricchi esponenti del popolo. Uccisi venire in modo onorevole ed accompagnato da
costoro, occupò e mantenne il principato di quella cento cavalieri suoi amici e servitori. Lo pregava
città senza alcuna controversia civile. E, benché di accontentarlo e di ordinare agli abitanti di Fermo
dai cartaginesi fosse due volte sconfitto e infine di accoglierlo onorevolmente. Ciò tornava ad ono-
assediato, non soltanto poté difendere la sua città, re di lui, Oliverotto, ma anche di Giovanni, poiché
ma, lasciata una parte delle sue genti alla difesa era stato suo allievo. Persuaso da queste argomen-
dell’assedio, con le altre assalì l’Africa, e in breve tazioni, Giovanni non trascurò alcuna debita corte-
tempo liberò Siracusa dall’assedio e mise Cartagi- sia verso il nipote. Lo fece ricevere dagli abitanti
ne in una situazione di estrema difficoltà. I nemici di Fermo in modo onorevole e lo alloggiò nelle sue
furono costretti ad accordarsi con lui e ad accon- case. Qualche giorno dopo Oliverotto aveva già
tentarsi di possedere l’Africa, e a lasciare ad Aga- preparato quello che era necessario per attuare il
tocle la Sicilia. Chi considerasse dunque le azioni suo piano scellerato: organizzò un convito davvero
e le virtù di costui, non vedrà cose (o poche), che solenne, al quale invitò Giovanni Fogliani e tutti i
possano essere attribuite alla fortuna. Come più primi cittadini di Fermo. Gli invitati consumarono
sopra si è detto, non con il favore di qualcuno, ma le vivande e gustarono tutti gli altri intrattenimenti
salendo i gradi della carriera militare, che si era che si usano in simili conviti. A questo punto Oli-
guadagnato con mille disagi e mille pericoli, per- verotto, ad arte, iniziò a fare certi ragionamenti
venne al principato e poi lo mantenne con tante gravi, parlando della grandezza del papa Alessan-
scelte coraggiose e pericolose. Non si può ancora dro VI e di Cesare suo figlio, e delle loro imprese.
chiamare virtù ammazzare i propri concittadini, Giovanni e gli altri convitati risposero a questi ra-
tradire gli amici, non mantenere la parola data, es- gionamenti. Ad un certo punto egli si alzò, dicendo
sere senza pietà, senza religione. Tutti questi modi che era meglio fare quelle discussioni in un luogo
possono fare acquistare il potere, ma non la gloria. più appartato. E si ritirò in una camera. Giovanni e
Se si considerasse la virtù di Agatocle nell’entrare tutti gli altri cittadini gli andarono dietro. Non si
e nell’uscire dai pericoli, e la grandezza del suo erano neanche posti a sedere, che dai nascondigli
animo nel sopportare e nel superare le circostanze di quella stanza uscirono numerosi soldati, che
avverse, non si vede perché egli debba essere giu- ammazzarono Giovanni e tutti gli altri. Dopo que-
dicato inferiore a qualsiasi capitano di eccellenti sto omicidio di massa, Oliverotto montò a cavallo,
qualità. Non di meno la sua efferata crudeltà e la si impadronì della città e assediò il palazzo del
sua inumanità, con infinite altre scelleratezze com- magistrato supremo. Presi dalla paura, gli abitanti
piute, non consentono che sia celebrato fra gli uo- furono costretti ad obbedirlo e a istituire un gover-
mini più eccellenti. Non si può dunque attribuire no, del quale egli si fece principe. Eliminati tutti
alla fortuna o alla virtù quello che senza l’una e coloro che, per il fatto di essere malcontenti, lo po-
senza l’altra egli riuscì a conseguire. tevano offendere, si rafforzò con nuovi ordinamenti
3. Ai nostri tempi, mentre regnava Alessandro VI, civili e militari. In tal modo nello spazio di un an-
Oliverotto Euffreducci da Fermo rimase orfano che no, da quando ottenne il principato, egli non era so-
era ancora piccolo. Fu allevato da uno zio materno, lamente sicuro nella città di Fermo, ma era diven-
tato temibile anche a tutti i suoi vicini. La sua e-
1 spugnazione sarebbe stata difficile come quella di
Agatocle è tiranno di Siracusa dal 317 al 289 a.C.
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 30
Agatocle, se non si fosse fatto ingannare da Cesare 1. Veniamo ora all’altra parte, quando un privato
Borgia, quando a Sinigallia costui catturò gli Orsini cittadino, non per scelleratezza o altra intollerabile
e i Vitelli. Qui fu catturato un anno dopo il parrici- violenza, ma con il favore degli altri suoi concitta-
dio che aveva commesso. E fu strangolato, insieme dini diventa principe della sua patria. In questo ca-
con Vitellozzo, che aveva avuto come maestro del- so lo stato si può chiamare principato civile (né a
le sue virtù e delle sue scelleratezze pervenirvi è necessario o tutta virtù o tutta fortuna,
4. Qualcuno potrebbe chiedersi perché Agatocle ma piuttosto l’astuzia aiutata dalla fortuna). Dico
ed altri come lui, dopo infiniti tradimenti e crudel- che si sale a questo principato o con il favore del
tà, poté vivere a lungo e al sicuro nella sua patria. popolo o con il favore dei grandi. In ogni città si
Poté difendersi dai nemici esterni senza timore di trovano questi due stai d’animo diversi. Ciò deriva
tradimenti interni, Poté sentirsi al sicuro dalle co- da questo: il popolo desidera non essere comanda-
spirazioni dei suoi concittadini. Eppure molti altri, to né oppresso dai grandi; e i grandi desiderano
che si sono macchiati di azioni ugualmente crudeli, comandare ed opprimere il popolo. Da questi due
non sono riusciti a mantenere lo stato neanche in appetiti divergenti nelle città nasce uno di questi
tempi pacifici e ancor meno nei tempi incerti di tre effetti: o principato o libertà o caos.
guerra. Credo che ciò dipenda dal fatto che in un 2. Il principato è causato o dal popolo o dai grandi,
caso le crudeltà sono usate bene, nell’altro sono secondo che l’una o l’altra di queste fazioni ha
usate male. Si possono dire bene usate (se del ma- l’occasione d’imporsi sull’altra. I grandi, se vedo-
le è lecito parlare bene) quelle che si fanno per un no che non possono resistere al popolo, incomin-
breve periodo di tempo, cioè perché è necessario ciano a modificare la reputazione ad uno di loro1, e
acquisire la sicurezza contro i nemici. Poi però non lo fanno principe per poter sfogare i loro appetiti
vi si insiste più, anzi si convertono in azioni che sotto la sua protezione. Ugualmente il popolo, se
fanno il più possibile gli interessi dei sudditi. Male vede di non poter resistere ai grandi, modifica la
usate sono quelle che agli inizi sono poche ma poi reputazione a qualcuno, e lo fa principe, perché
con il tempo, anziché diminuire, crescono e non vuole essere difeso con la sua autorità. Colui che
cessano più. Coloro che osservano il primo modo, perviene al principato con l’aiuto dei grandi, si
con il favore di Dio e con l’aiuto degli uomini pos- mantiene con più difficoltà che quello che diventa
sono avere qualche rimedio al loro stato, come eb- principe con l’aiuto del popolo. Egli si trova prin-
be Agatocle. Gli altri è impossibile che si manten- cipe avendo intorno a sé molti che sembrano esse-
gano. re suoi uguali, e per questo non li può né comanda-
5. Insomma chi si impossessa di uno stato deve in- re né maneggiare a suo modo. Ma colui che arriva
dividuare tutte quelle offese che è costretto a fare. al principato con il favore popolare, vi si trova so-
E deve farle tutte in un brevissimo periodo di tem- lo, e ha intorno o nessuno o pochissimi che non
po, per non doverle rinnovare ogni giorno. Così, siano preparati ad obbedire. Oltre a questo, non
non dovendole rinnovare, può dare sicurezza agli può soddisfare ai grandi con onestà e senza recare
uomini e può guadagnarseli con molteplici benefi- ingiuria ad altri, ma deve soddisfare il popolo, poi-
ci. Chi si comporta altrimenti o per timidezza o per ché il fine del popolo è più onesto che quello dei
mal consiglio, è sempre costretto a tenere il coltel- grandi: questi vogliono opprimere, quello vuole
lo in mano. Né può mai contare sopra i suoi suddi- non essere oppresso. Oltre a questo, con il popolo
ti, poiché essi non possono essere sicuri di lui a nemico un principe non si può mai sentire al sicu-
causa delle fresche e continue ingiurie che subi- ro, perché sono in troppi. Con i grandi si può sem-
scono. Le ingiurie si devono fare tutte insieme. In pre sentire al sicuro, perché sono in pochi. Il peg-
tal modo si assaporano per meno tempo e perciò gio che un principe si possa aspettare dal popolo
offendano di meno. I benefici invece si devono fare nemico, è di essere abbandonato da lui. Invece dai
a poco a poco. In tal modo si assaporano meglio, grandi, che gli sono nemici, non soltanto deve te-
cioè più a lungo. E, soprattutto, un principe deve mere di essere abbandonato, ma anche che essi si
vivere con i suoi sudditi in modo che nessun acci- organizzino contro di lui. Essi hanno una maggiore
dente sia negativo sia positivo lo costringa a cam- capacità di prevedere i fatti e sono più astuti, per-
biare il suo comportamento. Il motivo è questo: se ciò trovano sempre il modo per salvarsi e cercano
le circostanze avverse lo richiedono, tu non hai il di accattivarsi colui che sperano che vinca. Il prin-
tempo per mettere in pratica azioni delittuose. Ed il cipe è ancora costretto a vivere sempre con quello
bene che tu fai non ti giova, perché è giudicato co- stesso popolo, ma può ben far senza di quegli stes-
stretto, e di esso non ti è riconosciuto alcun merito. si grandi, poiché li può fare e disfane ogni giorno, e
------------------------------I☺I----------------------------- a sua discrezione può togliere e dare loro la repu-
tazione.
Capitolo 9. De principatu civili.
[Il principato civile.]
1
Lo tolgono dal suo stato di privato cittadino e gli danno
la reputazione, il prestigio, cioè il potere politico.
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 31
3. Per chiarire meglio questa parte, sostengo che i un principe che si fonda sul popolo (cioè un prin-
grandi si devono considerare principalmente in due cipe che possa comandare, sia uomo di coraggio,
modi. O, facendoli avanzare di grado, si governano non si sbigottisca nelle avversità, non manchi delle
in modo che si obbligano in tutto alla tua fortuna, o altre preparazioni, e con il suo animo e i suoi ordi-
no. Quelli che si obbligano, e non siano rapaci, si namenti infonda a tutto il popolo desiderio di agi-
devono onorare ed amare; quelli che non si obbli- re), non si troverà mai ingannato dal popolo, e giu-
gano, si devono esaminare in due modi: o fanno dicherà di avere posto le basi più solide al suo po-
questo per pusillanimità e difetto naturale d’animo: tere.
allora tu ti devi servire soprattutto di quelli che 6. Questi principati diventano pericolosi, quando
sono di buono consiglio, perché nelle prosperità te passano dall’ordinamento civile al potere assoluto.
ne onori, e nelle avversità non hai da temerne. Ma, In questo caso i principi o comandano con la pro-
quando non si obbligano ad arte e perché sono am- pria autorità o comandano per mezzo dei magistra-
biziosi, è segno che pensano più a sé che a te. Il ti. Nel secondo caso essi si trovano in una situa-
principe si deve guardare da quelli e li deve teme- zione di grande debolezza e perciò di maggior pe-
re come se fossero scoperti nemici, perché sempre, ricolo, perché dipendono completamente dalla vo-
nelle circostanze avverse, aiuteranno a rovinarlo. lontà di quei cittadini che sono preposti alle magi-
4. Pertanto uno che diventi principe mediante il fa- strature. Costoro, soprattutto nei tempi avversi,
vore del popolo deve mantenersi il popolo amico. possono togliere loro lo stato con grande facilità.
Ciò è facile, poiché il popolo domanda soltanto di Basta che lo ostacolino o che non gli obbediscano.
non essere oppresso. Ma uno che diventi principe Nei momenti di pericolo il principe non ha il tempo
contro la volontà del popolo e con il favore dei per pigliare l’autorità assoluta. In quei frangenti i
grandi, deve innanzi tutto cercare di guadagnarsi il cittadini e i sudditi, che di solito ricevono i co-
favore del popolo. Ciò è facile: deve soltanto pi- mandi dai magistrati, non sono disposti ad obbedi-
gliare il popolo sotto la sua protezione. E, poiché re ai suoi. E nei tempi dubbi avrà sempre penuria
gli uomini, quando ricevono bene da coloro da cui di chi si possa fidare. Un simile principe non può
credevano di ricevere male, si obbligano di più al fondarsi sopra quello che vede nei tempi tranquilli,
loro benefattore, il popolo si mette a benvolere quando i cittadini hanno bisogno dello stato. Allora
maggiormente il principe, che se questi fosse giun- ognuno corre, ognuno promette, e ciascuno vuole
to al principato con i suoi favori. Il principe se lo morire per lui, quando la morte è lontana. Ma nei
può guadagnare in molti modi. Di questi modi non tempi avversi, quando lo stato ha bisogno dei cit-
si può dare una regola certa, poiché variano secon- tadini, allora ne trova pochi. Quest’esperienza è
do le circostanze, perciò si lasceranno da parte. tanto più pericolosa, quanto la si può fare soltanto
5. Concluderò dicendo soltanto che un principe è una volta. Perciò un principe saggio deve pensare
costretto ad avere il popolo amico, altrimenti nelle un modo per il quale i suoi cittadini, sempre ed in
avversità non ha alcuno che lo aiuti. ogni circostanza, abbiano bisogno dello stato e di
Nabide, principe degli spartani, sostenne l’assedio lui. Poi gli saranno sempre fedeli.
di tutta Grecia e di un esercito romano sempre vit- ------------------------------I☺I-----------------------------
torioso, e difese contro costoro la sua patria ed il
suo stato1. All’arrivo del pericolo gli bastò guar- Capitolo 10. Quomodo omnium
darsi soltanto da un piccolo numero di oppositori. principatuum vires perpendi de-
Se egli avesse avuto il popolo nemico, questo non beant.
gli bastava. E che nessuno respinga questa mia o- [In che modo si debbano misurare le forze di tutti i
pinione citando quel proverbio trito, che chi fonda principati.]
il suo potere sul popolo, fonda sul fango. Questo
proverbio è vero, quando un cittadino privato fa 1. Quando si esaminano le caratteristiche dei prin-
fondamento sul popolo e intende che il popolo lo cipati, conviene fare un’altra osservazione: se un
viene a liberare, quando fosse oppresso dai nemici principe ha tanto stato che, in caso di necessità,
o dai magistrati. In questo caso si potrebbe trovare possa reggersi da solo oppure se ha sempre biso-
spesso ingannato, come successe a Roma ai Grac- gno della difesa di altri. Per chiarire meglio questa
chi 2ed a Firenze a messer Giorgio Scali3. Ma, se è parte, dico che io giudico che si possano reggere
da soli coloro che, per abbondanza di uomini o di
1 denari, possono mettere insieme un esercito ade-
Nabide è tiranno di Sparta dal 205 al 192 a.C.
2 guato e fare una battaglia campale contro chiunque
Tiberio Sempronio Gracco è eletto a Roma tribuno del-
venga ad assalirli. Ugualmente giudico che hanno
la plebe nel 133 a.C., si oppone ai patrizi ed è ucciso lo
sempre bisogno di altri coloro che non possono af-
stesso anno. Il fratello minore Gaio Sempronio Gracco è
eletto tribuno della plebe nel 123 e a sua volta ucciso frontare il nemico in battaglia campale, ma sono
nel 122.
3
Giorgio Scali è un ricco fiorentino. Diviene capo della le simpatie dei sostenitori ed è decapitato con la repres-
plebe dopo il tumulto dei Ciompi (1378), si aliena però sione della sommossa (1382).
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 32
costretti a rifugiarsi dentro le mura e difendersi il principe deve dubitare, perché, qualche giorno
dietro di esse. Del primo caso si è già discusso. dopo, quando gli animi si sono raffreddi, i danni
Per l’avvenire diremo quello che serve. Del secon- sono già stati fatti, i mali sono stati ricevuti e non
do caso non si può dire altro, salvo che suggerire a vi è più alcun rimedio. E allora tanto più si vengo-
tali principi di fortificare e munire la proprio città e no a unire con il loro principe. Essi ritengono che
di non tenere in alcuno conto il contado1. Chiunque egli abbia con loro un obbligo, poiché per la sua
avrà ben fortificato la sua città e circa gli altri go- difesa sono state arse le loro case e rovinati i loro
verni con i sudditi si sia maneggiato come si è det- possedimenti. La natura degli uomini è questa: sen-
to più sopra e come si dirà più sotto2, sarà sempre tire un obbligo per i benefici che si fanno, come
assalito con grande rispetto. Gli uomini sono sem- per quelli che si ricevono. Perciò, se si considera
pre nemici delle imprese che si mostrano piene di bene tutta la situazione, a un principe prudente non
difficoltà, né si può vedere alcuna facilitazione ad sarà difficile mantenere prima e poi saldi gli animi
assalire uno che abbia la sua terra gagliarda e non dei suoi cittadini durante l’assedio, purché non gli
sia odiato dal popolo. manchi nulla con cui vivere e con cui difendersi.
2. Le città della Germania3 sono liberissime, hanno ------------------------------I☺I-----------------------------
poco contado4 e obbediscano all’imperatore quan-
do vogliono. Esse non temono né questi né alcun Capitolo 11. De principatibus ec-
altro potente che abbiano intorno. Sono talmente clesiasticis.
fortificate, che ciascuno pensa che la loro espugna- [I principati ecclesiastici.]
zione sarebbe lunga e difficile. Hanno tutte fossati
e mura adeguate; hanno artiglierie a sufficienza; 1. Ora ci resta da ragionare solamente dei principa-
tengono sempre nei magazzini pubblici da bere, da ti ecclesiastici. Per quanto li riguarda tutte le diffi-
mangiare e da ardere per un anno. Oltre a questo, coltà sono prima di possederli. Essi si acquistano
per poter tenere le plebi pasciute e senza perdita di o per virtù o per fortuna; e si mantengano senza
denaro pubblico, hanno sempre la possibilità di da- l’una e senza l’altra, perché sono sostenuti dagli
re loro da lavorare per un anno in quelle occupa- ordinamenti consolidati da tempo antico nella reli-
zioni che sono il nerbo della vita cittadina e delle gione. Essi sono stati tanto potenti e di tale qualità,
industrie che nutrono le stesse plebi. Tengono an- che mantengono i loro principi al potere, in qua-
cora gli esercizi militari in grande reputazione e a lunque modo essi si comportino e vivano. Soltanto
questo proposito hanno molti ordinamenti per man- costoro hanno stati, e non li difendono; hanno sud-
tenerli. diti, e non li governano. E gli stati, per il fatto di
3. Un principe dunque che abbia una città fortifica- essere indifesi, non sono loro tolti; e i sudditi, per
ta e che non si faccia odiare, non può essere assali- il fatto di non essere governati, non si preoccupa-
to. E, se pure ci fosse chi lo assalisse, se ne partirà no, né pensano né possono alienarsi da loro. Perciò
con vergogna. Le cose del mondo sono così varie, soltanto questi principati sono sicuri e felici.
che è quasi impossibile che qualcuno possa con gli 2. Essi sono retti da cause superiori, alle quali la
eserciti stare un anno in ozio per mantenere un as- mente umana non può giungere. Per questo motivo
sedio. E chi replicasse: se il popolo ha i suoi pos- tralascerò di parlarne. Essi sono esaltati e mante-
sedimenti fuori le mura e li vede ardere, non avrà nuti da Dio, perciò sarebbe impresa di uomo pre-
pazienza e il lungo assedio e il proprio interesse gli suntuoso e temerario discorrerne. Non di meno, se
farà dimenticare il principe; rispondo che un prin- qualcuno mi chiedesse da che cosa proviene il fat-
cipe potente ed animoso supererà sempre tutte to che la Chiesa, nel potere temporale, sia pervenu-
quelle difficoltà, ora dando speranza ai sudditi che ta a tanta grandezza, anche se da Alessandro VI in-
il male non sarà lungo, ora infondendo timore della dietro nel tempo, i potentati italiani5 (e non soltanto
crudeltà del nemico, ora assicurandosi con destrez- quelli che si chiamavano i potentati, ma ogni baro-
za di quelli che gli apparissero troppo arditi. Oltre ne e ogni signore, benché minimo) la stimavano
a questo, è ragionevole pensare che il nemico de- poco quanto al potere temporale. Ed ora un re di
cida di ardere e di rovinare il paese appena arriva, Francia ne trema. Lo stato della Chiesa lo ha potu-
cioè quando gli animi degli uomini sono ancora to cacciare dall’Italia ed è riuscito a distruggere
caldi e ben disposti alla difesa. Perciò tanto meno anche la potenza di Venezia. Questi fatti sono noti
a tutti; tuttavia non mi pare superfluo richiamarli in
1 buona parte alla memoria.
Fortificano le città e lasciano indifeso il resto del pae- 3. Prima che Carlo VIII re di Francia passasse in
se, quindi la campagna.
2 Italia6, questa provincia era sotto il potere politico
Cap. IX e cap. XIX.
3 del papa, dei veneziani, del re di Napoli, del duca
Machiavelli fa riferimento al viaggio che tra il dicem-
bre 1507 e il giugno 1508 lo aveva portato a visitare di Milano e dei fiorentini. Questi potentati doveva-
Trento, Bolzano, il Tirolo, Innsbruck e alcuni cantoni
5
della Svizzera. La Germania era un po’ più a nord. Venezia, Firenze, Milano e Napoli.
4 6
Il territorio intorno alla città. Nel 1494.
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 33
no avere due preoccupazioni principali: l’una, che che li sbigottisce; l’altra, il fatto di non avere in
un forestiero non entrasse in Italia con le armi; famiglia cardinali, che sono sempre stati all’origine
l’altra, che nessuno di loro occupasse il territorio dei tumulti scoppiati fra loro. Queste fazioni non
di altri stati. Quelli che davano più preoccupazioni staranno mai tranquille, ogni volta che abbiano
erano il Papa e i veneziani. A bloccare le mire e- cardinali, perché questi nutrono, in Roma e fuori di
spansive dei veneziani, occorreva l’unione di tutti Roma, le fazioni. Ed i baroni sono costretti a di-
gli altri stati, come avvenne nella difesa di Ferra- fenderle. Così dall’ambizione dei prelati nascono
ra1. E a tenere dentro i suoi confini il papa, servi- le discordie e i tumulti fra i baroni. Il nuovo papa
vano i baroni di Roma. Essi erano divisi in due fa- Leone X de’ Medici ha trovato quindi un pontifica-
zioni, gli Orsini e i Colonna, e sempre vi era moti- to potentissimo. E, se gli altri papi lo fecero grande
vo di contrasto fra loro. Essi stavano con le armi in con le armi, si spera che egli lo faccia grandissimo
mano davanti agli occhi al pontefice, perciò tene- e venerando con la bontà e con le infinite altre sue
vano il pontificato debole ed infermo. E, benché virtù.
sorgesse qualche volta un papa animoso, come fu ------------------------------I☺I-----------------------------
Sisto IV, tuttavia la fortuna o il sapere non lo poté
mai liberare da queste scomodità. La brevità della Capitolo 12. Quot sint genera mi-
loro vita ne era la causa. In dieci anni che, in me- litiae et de mercennariis militi-
dia, viveva un papa, a fatica si poteva abbassare bus.
una delle due fazioni. E se, per esempio, un papa [Di quanti generi sia la milizia; e i soldati mercena-
aveva quasi spento i Colonna, sorgeva un altro, ri.]
nemico degli Orsini, che li faceva risorgere, e non
aveva il tempo di spegnere gli Orsini. 1. Ho finito di discutere fin nei particolari tutte le
Per questo motivo le forze temporali del papa era- qualità di quei principati dei quali agli inizi mi
no poco stimate in Italia. proposi di ragionare. Ho considerato, più sopra, le
4. Sorse poi Alessandro VI, il quale, di tutti i pon- cause del bene e del male che erano presenti in lo-
tefici che sono stati nominati, mostrò quanto un ro. Ed ho mostrato i modi con i quali molti hanno
papa, aiutato dal denaro e dalle forze militari, po- cercato di acquistarli e di tenerli. Ora mi resta da
teva prevalere. Con lo strumento del duca Valenti- discutere in generale dei mezzi di offesa e di difesa
no e in occasione del passaggio dei francesi in Ita- che ciascuno dei principati sopra indicati può ave-
lia, fece tutte quelle cose che io discuto più sopra re. Noi abbiamo detto più sopra 4 che un principe è
nelle azioni del duca2. E, benché il suo intendimen- costretto ad avere i buoni fondamenti nei sudditi,
to non fosse fare grande la Chiesa, ma il duca, non altrimenti va incontro alla rovina. I principali fon-
di meno ciò che fece tornò a grandezza della Chie- damenti che tutti gli stati (nuovi, vecchi o misti)
sa. Essa, dopo la sua morte, spento il duca, fu ere- hanno, sono le buone leggi e le buone armi. E poi-
de delle sue fatiche. Venne poi papa Giulio II. Egli ché non ci possono essere buone leggi dove non ci
trovò la Chiesa grande, poiché possedeva tutta la sono buone armi, e dove ci sono buone armi con-
Romagna e poiché erano ridotti all’impotenza i ba- viene che ci siano buone leggi, io lascerò da parte
roni di Roma e, per la repressione di Alessandro, le leggi e parlerò delle armi.
erano eliminate le fazioni. E trovò ancora la via 2. Dico dunque che le armi con le quali un princi-
aperta ad un modo geniale per accumulare denari, pe difende il suo stato, o sono proprie o sono mer-
che in precedenza Alessandro VI non aveva mai cenarie o ausiliarie o miste. Le mercenarie e le au-
messo in pratica3. siliarie sono inutili e pericolose; e, se uno tiene il
5. Giulio II non proseguì soltanto il programma di suo stato fondato sulle armi mercenarie, non sarà
Alessandro VI, ma lo accrebbe. Pensò di guada- mai stabile né sicuro; perché sono disunite, ambi-
gnarsi Bologna, di spegnere i veneziani e di caccia- ziose, senza disciplina, infedeli. Sono gagliarde fra
re i francesi dall’Italia. Tutte queste imprese gli gli amici; vili fra i nemici. Non hanno timore di
riuscirono, e con tanta più lode, quanto più fece Dio, non dimostrano fedeltà con gli uomini. Tanto
ogni cosa per accrescere il potere e il prestigio del- si differisce la rovina quanto si differisce l’assalto.
la Chiesa e non qualche privato. Mantenne ancora E nella pace sei spogliato da loro, nella guerra dai
le fazioni degli Orsini e dei Colonna in quei termini nemici. La causa di questo è che esse non hanno
in cui le trovò. E, benché qualcuno di essi volesse altro amore né altra causa che le tenga in campo,
modificare lo status quo, tuttavia due cose li ha che un po’ di stipendio. Esso però non è sufficiente
mantenuti fermi: l’una, la grandezza della Chiesa, a far sì che vogliano morire per te. Vogliono essere
tuoi soldati5 finché tu non fai guerra. Ma, come la
1 guerra viene, o fuggono o se ne vanno. Dovrei du-
Nella “guerra del sale” (1482-84) Venezia combatte
contro il ducato di Ferrara, che ha l’appoggio di Milano, rare poca fatica a persuadere che questo è il loro
Mantova, Bologna, il papato e Napoli.
2 4
Nel cap. VII. Nel cap. VIII.
3 5
La vendita dei benefici ecclesiastici e delle indulgenze. Nel senso etimologico di assoldati, pagati con il soldo.
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 34
comportamento, perché ora la rovina dell’Italia è in passato veneziani e fiorentini hanno accresciuto
causata dal fatto che per molti anni ci si è riposati il loro potere con queste armi, e i loro capitani non
sulle armi mercenarie. Esse diedero a qualcuno si sono fatti principi ma li hanno difesi, rispondo
qualche successo, e sembravano gagliarde fra loro. che i fiorentini in questo caso sono stati favoriti
Ma, come venne il forestiero, mostrarono quello dalla sorte, perché alcuni dei capitani virtuosi, di
che valevano. Per questo motivo Carlo VIII re di cui potevano temere, non hanno vinto, alcuni hanno
Francia riuscì a pigliare l’Italia con il gesso1. E chi incontrato forti resistenze, altri hanno rivolto le lo-
diceva che la causa di ciò erano i nostri peccati, ro ambizioni altrove. Quello che non vinse fu Gio-
diceva il vero2. Ma non erano già quelli che si cre- vanni Aucut6, la fedeltà del quale a causa della
deva, ma questi che io ho narrato. E, poiché essi sconfitta non si poteva conoscere. Ma ognuno con-
erano peccati di principi, hanno patito la pena an- fesserà che, se vinceva, i fiorentini stavano alla sua
che loro. discrezione7. Sforza ebbe sempre gli uomini di
3. Io voglio dimostrare meglio l’infelicità di queste Braccio da Montone contrari, e si tenevano sotto
armi. I capitani mercenari o sono uomini eccellenti controllo l’uno l’altro. Così Francesco rivolse la
o no. Se lo sono, non te ne puoi fidare, perché a- sua ambizione sulla Lombardia. Braccio contro la
spireranno sempre alla propria grandezza, oppri- Chiesa e contro il regno di Napoli.
mendo te che sei il loro padrone oppure opprimen- 5. Ma veniamo a quello che è seguito poco tempo
do altri fuori della tua intenzione. Invece, se il ca- fa. I fiorentini fecero loro capitano Paolo Vitelli, un
pitano non è virtuoso, ti rovina per l’ordinario. E, uomo prudentissimo, che da privata fortuna aveva
se si risponde che chiunque avrà le armi in mano ottenuto grandissima reputazione. Se costui espu-
farà questo, o mercenario o no, replicherei che le gnava Pisa, nessuno può negare che i fiorentini a-
armi devono essere adoperate o da un principe o vevano tutto l’interesse di restare con lui. Se fosse
da una repubblica. Il principe deve andare di per- divenuto soldato dei loro nemici, non avevano ri-
sona, e fare lui l’ufficio del capitano. La repubbli- medio; e, se lo tenevano, erano costretti ad obbe-
ca deve mandare suoi cittadini; e, quando ne man- dirgli.
da uno che non riesca valente uomo, deve cambiar- Se si considerano i loro progressi, si vedrà che i
lo; e, quando lo sia, deve trattenerlo con le leggi, veneziani avevano operato con sicurezza e con glo-
affinché non oltrepassi il segno. Per esperienza si ria, mentre fecero la guerra nel loro proprio modo.
vede che i principi soli e le repubbliche armate Fu prima che si rivolgessero con le loro imprese in
fanno progressi grandissimi, e che le armi mercena- terraferma. Con i gentili uomini e con la plebe ar-
rie non fanno altro che danni. E con più difficoltà mata operarono in modo davvero virtuoso. Ma, non
obbedisce a un suo cittadino una repubblica arma- appena incominciarono a combattere in terraferma,
ta di armi proprie, che una armata di armi esterne. lasciarono questa virtù, e seguirono i costumi delle
4. Roma e Sparta stettero per molti secoli armate e guerre d’Italia. All’inizio della loro espansione in
libere. Gli svizzeri sono armatissimi e liberissimi. terraferma, poiché non avevano molti territori e
Tra gli esempi delle armi mercenarie antiche sono i poiché avevano una grande reputazione, non ave-
cartaginesi. Alla fine della prima guerra con i ro- vano molto da temere dai loro capitani. Ma, come
mani essi furono sul punto di essere oppressi dai ampliarono le conquiste - ciò fu sotto il Carmigno-
loro soldati mercenari, anche se avevano come la8 -, ebbero un saggio di questo errore. Lo videro
comandanti i loro propri cittadini3. Dopo la morte virtuosissimo, perché sotto il suo comando scon-
di Epaminonda Filippo il Macedone fu fatto dai fissero il duca di Milano. Poi però si accorsero che
tebani capitano delle loro genti. Dopo la vittoria egli si era raffreddo nella guerra. E giudicarono di
tolse loro la libertà4. Morto il duca Filippo, i mila- non poter più vincere sotto il suo comando, perché
nesi assoldarono Francesco Sforza contro i vene- non voleva vincere, né di poterlo licenziare, per
ziani. Egli superò i nemici a Caravaggio5, poi si non perdere ciò che avevano acquistato. Perciò,
congiunse con loro per opprimere i milanesi suoi per renderlo inoffensivo, furono costretti ad am-
padroni. Sforza suo padre, era al soldo della regina mazzarlo. Hanno poi avuto come loro capitani Bar-
Giovanna di Napoli, e la lasciò all’improvviso di- tolomeo da Bergamo9, Roberto da San Severino, il
sarmata. Perciò lei, per non perdere il regno, fu co- conte di Pitigliano10 e simili. Con costoro doveva-
stretta a gettarsi in grembo al re di Aragona. E, se no temere di subire perdite, non di aumentare le

1
Con estrema facilità. Le truppe francesi non devono
6
combattere contro alcun esercito. Si limitano a segnare John Hawkword.
7
con il gesso le abitazioni dove far alloggiare i soldati. Finivano in suo potere.
2 8
Girolamo Savonarola, nella predica del 1° novembre Francesco Bussone da Carmagnola (1380ca.-1432),
1494. detto il Carmignola con la battaglia di Maclodio conqui-
3
Nel 241-237 a.C. sta Bergamo e Brescia per Venezia.
4 9
Nel 346 a.C. Bartolomeo Colleoni.
5 10
Nel 1448. Nicolò Orsini.
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 35
loro conquiste. È ciò che avvenne poi a Vailà1, fuggire la fatica e i pericoli, tanto che hanno ridotto
dove in una sola battaglia persero quello che in ot- Italia alla schiavitù e alla vergogna.
tocento anni, con tanta fatica, avevano acquistato. ------------------------------I☺I-----------------------------
Da queste armi nascono soltanto acquisti lenti, tar-
di e deboli; e improvvise e miracolose perdite. Capitolo 13. De militibus auxilia-
Con questi esempi io sono venuto a parlare riis, mixtis ed propriis.
dell’Italia, la quale è stata governata per molti anni [I soldati ausiliari, misti e propri.]
dalle armi mercenarie. Voglio perciò continuare a
discutere di esse, e più in generale, affinché, ve- 1. Le armi ausiliarie, che sono le altre armi inutili,
dendo la loro origine e i successi che hanno per- sono quando si chiama un potente che con le sue
messo, si possa meglio correggerle. armi venga ad aiutarti e a difendere. È ciò che fece
6. Dovete dunque capire che, non appena in questi in tempi recenti papa Giulio II4. Egli aveva visto
ultimi tempi il potere incominciò ad essere ributta- nell’impresa di Ferrara la trista prova delle sue
to dall’Italia, e che il papa acquistò più reputazione armi mercenarie, perciò si rivolse alle ausiliarie. Si
nel potere temporale, l’Italia si divise in più stati. accordò con Ferdinando re di Spagna affinché con
Molte delle città grosse presero le arme contro i le sua genti ed i suoi eserciti lo aiutasse 5. Queste
loro nobili, i quali, prima favoriti dall’imperatore, armi possono essere utili e buone per loro stesse.
le tennero oppresse. La Chiesa le favoriva per dar- Ma, per chi le chiama, sono quasi sempre dannose,
si reputazione nel potere temporale. Di molte altre perché, se perdi, rimani disfatto; se vinci, resti loro
i cittadini diventarono principi. Perciò l’Italia era prigioniero. Di questi esempi siano piene le antiche
quasi venuta nelle mani della Chiesa e di qualche storie, tuttavia non voglio ignorare questo esempio
Repubblica. Quei preti e quegli altri cittadini erano recente di papa Giulio II. La sua decisione non po-
abituati a non conoscere armi. Perciò incomincia- té essere meno sconsiderata: per conquistare Ferra-
rono ad assoldare forestieri. Il primo che dette re- ra, si è cacciato tutto nelle mani di un forestiero.
putazione a questa milizia fu Alberigo da Conio2, Ma la sua buona fortuna fece nascere una terza co-
romagnolo. Dalla scuola militare di costui discese, sa, affinché non cogliesse il frutto della sua cattiva
tra gli altri, Braccio da Montone e Francesco Sfor- decisione: i suoi ausiliari furono sconfitti a Raven-
za, i quali ai loro tempi furono arbitri dell’Italia. na6, e sorsero gli svizzeri, che cacciarono i vinci-
Dopo questi vennero tutti gli altri che fino ai nostri tori, fuori di ogni opinione e sua e d’altri, perciò
tempi hanno governato queste armi. Il fine della evitò di rimanere prigioniero dei nemici, messi in
loro virtù è stato che Italia è stata percorsa da Car- fuga, né dei suoi ausiliari, che avevano vinto con
lo VIII, predata da Luigi XII, violentata da Ferdi- altre armi e non con le loro. I fiorentini, che erano
nando il Cattolico e svergognata dagli svizzeri. del tutto disarmati, condussero diecimila francesi a
L’ordinamento3 che essi hanno tenuto è stato, per Pisa per espugnare la città7. A causa di questa
prima cosa, togliere reputazione alle fanterie per decisione portarono più pericolo che in qualsiasi
dare reputazione a se stessi. Fecero questo, perché tempo di travagli loro. L’imperatore di Costantino-
erano senza stato e vivevano della loro professio- poli8, per opporsi ai suoi vicini, mandò in Grecia
ne. I fanti poco numerosi non davano loro reputa- diecimila turchi. Alla fine della guerra essi non se
zione, quelli troppo numerosi non potevano avere ne vollero partire. Ciò fu l’inizio della servitù della
un adeguato sostentamento. Perciò si ridussero alla Grecia sotto gli infedeli.
cavalleria, dove con numero sopportabile erano nu- 2. Colui che non vuole vincere, si valga dunque di
triti ed onorati. Le cose erano ridotte a questi ter- queste armi, perché sono molto più pericolose che
mini, che in un esercito di ventimila soldati non si le mercenarie: esse garantiscono una rovina sicura:
trovavano duemila fanti. Oltre a questo avevano sono tutte unite, tutte volte alla obbedienza di altri.
usato ogni accorgimento per levare a se stessi e ai Le mercenarie invece, ad offenderti, una volta
soldati la fatica e la paura: non si ammazzavano sconfitte, hanno bisogno di più tempo e di occasio-
nelle zuffe, ma si pigliavano prigionieri e senza ri- ni più favorevoli, poiché non sono compatte e poi-
scatto. Di notte non davano l’assalto alle città for- ché sono arruolate e pagate da te. E, se tu metti
tificate; quelli delle città non davano l’assalto agli qualcuno a capo di esse, questi non può pigliare
accampamenti; intorno al campo non facevano né subito tanta autorità da riuscire ad offenderti. In-
steccato né fossa; né conducevano operazioni mili- somma nelle mercenarie è più pericolosa l’ignavia,
tari d’inverno. E tutte queste cose erano permesse mentre nelle ausiliarie è più pericolosa la virtù.
nei loro ordinamenti militari, e trovate da loro per
4
Nel 1510 Alfonso d’Este si riprende Bologna e il papa
Giulio II è costretto a chiedere aiuto alla Spagna.
1 5
Vailate, sulla Ghiara d’Adda. La battaglia, detta anche Lega Santa (11 ottobre 1511).
6
di Agnadello, avviene il 4 maggio 1509. L’11 aprile 1512.
2 7
Alberigo da Barbiano (?-1409), conte di Cunio. Nel 1500 e poi nel 1502.
3 8
La strategia. Giovanni Cantacuzeno si allea con i turchi nel 1353.
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 36
3. Pertanto un principe saggio ha sempre fuggito ha spento le fanterie, e ha obbligato le sue genti
queste armi, e si è rivolto alle proprie; ha voluto d’arme a mettersi al servizio di altri Stati. Esse so-
piuttosto perdere con i suoi che vincere con gli al- no assuefatte a militare con gli svizzeri, perciò non
tri, poiché ha giudicato che non era una vera vitto- par loro di poter vincere senza di essi. Da qui na-
ria quella che si acquistava con le armi straniere. sce che i francesi contro gli svizzeri non bastano, e
Io non dubiterò mai di allegare l’esempio di Cesare senza svizzeri, contro altri non provano. Gli eserci-
Borgia e delle sue azioni. Il duca entrò in Romagna ti misti di Francia sono stati dunque in parte mer-
con le armi ausiliarie, conducendovi tutte genti cenari e in parte propri. Queste armi tutte insieme
francesi. Con quelle prese Imola e Forlì. Poi però sono molto migliori che le semplici ausiliarie o le
tali armi non gli sembravano sicure, così si volse semplici mercenarie, e molto inferiori alle proprie.
alle mercenarie, giudicandole meno pericolose, e Basti l’esempio detto. Il regno di Francia sarebbe
assoldò gli Orsini e i Vitelli. Poi le maneggiò e le insuperabile, se l’ordinamento di Carlo VII fosse
trovò dubbie, infedeli e pericolose, perciò le spen- stato accresciuto o preservato. Ma la poca pruden-
se e si volse alle proprie. Si può facilmente vedere za degli uomini incomincia una cosa, che, a causa
che differenza passa fra l’una e l’altra di queste del buon sapore iniziale, impedisce di scorgere il
armi. Basta considerare quanto cambio in meglio la veleno che contiene. Più sopra4 io feci l’esempio
reputazione del duca, da quando aveva soltanto i delle febbri del tisico.
francesi e quando aveva gli Orsini e i Vitelli, a 6. Pertanto colui che in un principato non conosce
quando rimase con i suoi soldati e fu padrone di se quando i mali nascono, non è veramente saggio; e
stesso. Tale reputazione si troverà accresciuta questo è dato a pochi. E, se si considerasse la pri-
sempre. E non fu mai stimato molto, se non quando ma rovina dell’Imperio romano, si troverà che è
ciascuno vide che egli era intero possessore delle stato soltanto quando si è cominciato ad assoldare
sue armi. i goti. Da quel momento incominciarono a snervar-
4. Io non mi volevo allontanare dagli esempi italia- si le forze dell’Imperio romano, e tutta quella virtù
ni e per di più recenti; tuttavia non voglio lasciare che si levava da lui si dava a loro.
indietro Ierone di Siracusa, che più sopra ho ricor- 7. Concludo dunque dicendo che, senza avere armi
dato1. Costui, fatto capo degli eserciti dai siracu- proprie, nessun principato è sicuro; anzi è tutto nel-
sani, capì subito che quella milizia mercenaria non le mani della fortuna, poiché non ha alcuna virtù
era utile, poiché i condottieri erano fatti come i no- che nelle avversità lo difenda. E fu sempre opinio-
stri condottieri italiani. E, poiché gli sembrava di ne e sentenza degli uomini saggi, quod nihil sit tam
non poterli trattenere né lasciare, li fece tagliare infirmum aut instabile quam fama potentiae non
tutti a pezzi. Poi fece guerra con le armi sue e non sua vi nixa5 . E le armi proprie sono quelle che so-
con le armi straniere. Voglio ancora riportare alla no composte o di sudditi o di cittadini o di tuoi
memoria una figura del Vecchio Testamento, che sottoposti. Tutte le altre sono o mercenarie o ausi-
calza a proposito. David si offrì a Saul di andare a liarie. Il modo per organizzare le armi proprie sarà
combattere contro Golia, un provocatore filisteo. facile da trovare, se si discuteranno gli ordinamenti
Saul, per dargli coraggio, lo armò con le sue armi. dei quattro personaggi che più sopra ho nominato6,
Non appena le ebbe addosso, David le ricusò, di- e se si vedrà come Filippo, padre di Alessandro
cendo che con quelle non poteva valersi bene di se Magno, e come molte repubbliche e principi si so-
stesso. Perciò voleva incontrare il nemico con la no armati ed ordinati. A questi ordinamenti io mi
sua fionda e con il suo coltello. affido completamente.
5. Infine le armi di altri, o ti cadono di dosso o ti ------------------------------I☺I-----------------------------
pesano o ti stringono. Carlo VII, padre del re Luigi
XI, avendo, con la sua fortuna e virtù, liberato la Capitolo 14. Quod principem de-
Francia dagli inglesi2, comprese questa necessità di ceat circa militiam.
armarsi di armi proprie, e decise di arruolare nel [Quello che a un principe conviene fare circa la
suo regno le genti d’arme e le fanterie. Poi il re Lu- milizia.]
igi suo figlio spense quella dei fanti, e incominciò
ad assoldare svizzeri. Questo errore, seguito dagli 1. Un principe deve dunque non avere altro obiet-
altri, è, come si vede ora di fatto3, causa dei peri- tivo né altro pensiero, né prendere cosa alcuna per
coli che minacciano quel regno. Ha dato reputazio- sua arte, fuori della guerra, degli ordinamenti e del-
ne agli svizzeri, perciò ha avvilito tutte le sue armi: la disciplina di essa, perché essa è l’unica arte che

1 4
Cap. VI. Cap. III.
2 5
Guerra dei cento anni (1337-1453). Le compagnie di “Niente è tanto incerto ed instabile quanto la fama di
ordinanza sono istituite nel 1435-36. potenza non sostenuta da una forza propria” (Tacito, An-
3
Machiavelli accenna alle conseguenze della battaglia nales, XIII, 19).
6
di Ravenna (1512) e alla sconfitta di Novara (giugno Cesare Borgia, detto il Valentino, Jerone di Siracusa,
1513). Davide e Carlo VII.
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 37
spetta a chi comanda. Essa è di tanta virtù, che non a condurre gli eserciti, a preparare le battaglie, ad
solamente mantiene principi quelli che sono nati occupare il territorio con tuo vantaggio.
principi, ma molte volte fa anche salire a quel gra- 4. Filopemene, principe degli Achei, tra le altre lo-
do gli uomini che erano cittadini privati. Al contra- di che ebbe dagli scrittori, è che nei tempi della
rio si vede che i principi, quando hanno pensato pace non pensava mai se non ai modi della guerra.
più alle delicatezze che alle armi, hanno perso il E, quando era in campagna con gli amici, spesso si
loro stato. E la prima causa che ti fa perdere quel- fermava e ragionava con quelli: “Se i nemici fosse-
lo, è trascurare quest’arte; e la causa che te lo fa ro su quel colle, e noi ci trovassimo qui con il no-
acquistare, è fare professione di quest’arte. stro esercito, chi di noi avrebbe vantaggio? Come
2. Grazie alle armi Francesco Sforza da cittadino si potrebbe andare a attaccarli, mantenendo l’ordi-
privato divenne duca di Milano. I figli, per fuggire ne dello schieramento? Se noi volessimo ritirarci,
i disagi delle armi, da duchi divennero cittadini come dovremmo fare? Se essi si ritirassero, come
privati1. Tra le altre cause il fatto di essere disar- dovremmo inseguirli?” E, continuando a cammina-
mato ti reca danno perché ti fa disprezzare. Questa re, proponeva loro tutti i casi che in un esercito
è una di quelle infamie dalle quali il principe si possono presentarsi. Ascoltava la loro opinione,
deve guardare, come più sotto si dirà 2. Da un prin- diceva la sua, la rafforzava con i suoi ragionamen-
cipe armato a uno disarmato non c’è alcuna pro- ti. Grazie a queste continue riflessioni, quando
porzione; e non è ragionevole che chi è armato ob- guidava gli eserciti non poteva mai sorgere alcun
bedisca volentieri a chi è disarmato, e che il di- accidente, che egli non avesse pronto il rimedio.
sarmato stia sicuro tra servitori armati3. Nell’uno 5. Quanto all’esercizio della mente, il principe de-
c’è sdegno e nell’altro c’è sospetto. Di conseguen- ve leggere le storie che parlano di battaglie. In
za non è possibile che operino bene insieme. Per- quelle deve considerare le azioni degli uomini ec-
ciò un principe che non si intenda della milizia, ol- cellenti, vedere come si sono comportati nelle
tre alle altre infelicità, come è detto, non può esse- guerre, esaminare le cause delle vittorie e delle
re stimato dai suoi soldati né può fidarsi di loro. sconfitte, per potere fuggire queste e imitare quel-
3. Pertanto non deve mai levare il pensiero da que- le. E sopra tutto deve fare come ha fatto per
sto esercizio della guerra, e nella pace vi si deve l’addietro qualche uomo eccellente, che ha preso
esercitare più che nella guerra Può fare questo in ad imitare qualcuno che prima di lui è stato lodato
due modi: l’uno con le opere, cioè con la pratica, e gloriato, e di quello ha tenuto sempre i gesti e le
l’altro con la mente, cioè con la teoria. Quanto alle azioni davanti agli occhi. Così si dice che Ales-
opere, oltre a tenere bene ordinati ed esercitati i sandro Magno imitava Achille; Cesare Alessandro;
suoi soldati, deve sempre andare a caccia, e me- Scipione Ciro. E chiunque legge la vita di Ciro
diante quella deve assuefare il corpo ai disagi; e scritta da Senofonte, riconosce poi nella vita di
intanto deve imparare la natura dei luoghi, cono- Scipione quanto quella imitazione gli diede gloria,
scere come sorgono i monti, come imboccano le e quanto, nella castità, affabilità, umanità, liberalità
valli, come giacciono le pianure, e deve intendere Scipione si conformasse con quelle azioni di Ciro
la natura dei fiumi e delle paludi. In questi compiti che sono state descritte da Senofonte4.
deve porre una grandissima cura. Queste cognizio- 6. Un principe saggio deve osservare modi simili a
ni sono utili in due modi. Primo, si impara a cono- questi, e nei tempi pacifici non deve mai stare o-
scere il proprio paese, e si possono intendere me- zioso, ma con solerzia deve farne pratica, per po-
glio le difese di esso; poi, mediante la cognizione e tersene valere nelle circostanze avverse, affinché,
la pratica di quei luoghi, con facilità si può com- quando la fortuna muta, lo trovi preparato a resi-
prendere ogni altro luogo che di nuovo gli sia ne- sterle.
cessario esplorare. I poggi, le valli, le pianure, i ------------------------------I☺I-----------------------------
fiumi, le paludi che sono, per esempio, in Toscana,
hanno con quelli delle altre provincie una certa Capitolo 15. De his rebus quibus
somiglianza, tanto che dalla cognizione del luogo homines et praesertim principes
di una provincia si può facilmente venire alla co- laudantur aut vituperantur.
gnizione delle altre. Quel principe che manca di [Le azioni per le quali gli uomini e soprattutto i
questa perizia, manca della conoscenza di base che principi sono lodati oppure biasimati5.]
deve avere un capitano. Questa conoscenza inse-
gna a trovare il nemico, a pigliare gli alloggiamenti, 1. Resta ora da vedere quali debbano essere i modi
e i comportamenti di un principe verso i sudditi1 ed

1 4
Ludovico il Moro è deposto da Luigi XII re di Francia Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, III, 39.
5
nel 1500; Massimiliano è reintegrato al potere nel 1512 Fino a questo punto l’autore ha catalogato i principati,
e spodestato nel 1515. ha parlato della loro nascita, si è occupato di eserciti.
2
Cap. XXV e cap. XIX. Da questo capitolo si dedica a tratteggiare la figura del
3
Cioè le milizie mercenarie. principe.
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 38
i collaboratori2. E, poiché io so che molti hanno conservare lo Stato, perché, se si considera bene
scritto su questo argomento, temo, se lo tratto tutta la questione, si troverà qualche qualità che
anch’io, di essere ritenuto presuntuoso, perché, af- appare virtù e, seguendola, lo porterà alla rovina; e
frontando la materia, mi allontano completamente qualcun’altra che appare vizio e, seguendola, gli
dalle posizioni altrui. Ma, poiché il mio proposito darà sicurezza e benessere.
è quello di scrivere cosa utile a chi la comprende, ------------------------------I☺I-----------------------------
mi è parso più conveniente andare dietro alla realtà
effettuale3 in discussione, che a ciò che si immagi- Capitolo 16. De liberalitate et
na su di essi. E molti si sono immaginati repubbli- parsimonia.
che e principati che non si sono mai visti né rico- [La liberalità e la parsimonia del principe.]
nosciuti esistenti nella realtà. E c’è tanta differenza
tra come si vive da come si dovrebbe vivere, che 1. Rifacendomi dunque alle prime qualità descritte
colui che lascia quello che si fa per quello che si più sopra, dico che sarebbe bene essere ritenuto
dovrebbe fare, impara a rovinarsi, piuttosto che a liberale. Non di meno, la liberalità, usata in modo
preservarsi. Un uomo che in ogni occasione voglia tale che tu sia tenuto [in gran considerazione], ti
comportarsi bene, va inevitabilmente incontro alla offende (=danneggia); perché, se tu la pratichi in
rovina in mezzo a tanti che si comportano non be- modo virtuoso, come la si deve praticare, essa non
ne4. Perciò è necessario che un principe, che voglia sarà conosciuta, così non eviterai l’infamia del suo
conservare il potere, impari a comportarsi non be- contrario. Perciò, se si vuole mantenere il nome di
ne5 e a usare questa sua capacità quando serve. liberale fra gli uomini, è necessario non lasciare
2. Pertanto, lasciando da parte le cose che su un indietro alcuna qualità di sontuosità (=bisogna
principe sono state immaginate e discutendo di spende moltissimo). Un principe di tale fama con-
quelle che sono vere, dico che tutti gli uomini sumerà sempre in simili opere tutte le sue ricchez-
(quando si parla di essi, e soprattutto di principi, ze; e alla fine, se vorrà mantenere il nome di libe-
che sono posti più in alto) sono giudicati per alcu- rale, sarà costretto a gravare sul popolo in modo
ne di queste qualità, che recano loro o biasimo o pesantissimo, dovrà essere esoso nelle imposte e
lode. Così qualcuno è ritenuto generoso, qualcuno fare tutte quelle cose che si possono fare per avere
misero6 (usando un termine toscano, perché avaro denari. Ciò comincerà a renderlo odioso agli occhi
nella nostra lingua è colui che cerca di arricchirsi dei sudditi e a farlo stimare poco da ciascuno. E
anche con la rapina, invece misero è colui che ri- diventerà povero. In tal modo con questa sua libe-
sparmia eccessivamente); qualcuno è ritenuto ge- ralità offende i molti e premia i pochi, perciò sente
neroso nel far doni, qualcuno rapace; qualcuno ogni più piccolo disagio ed è in pericolo ad ogni
crudele, qualcun altro pietoso; uno che rompe i più piccolo pericolo. Quando se ne accorge e se ne
patti, l’altro che mantiene la parola data; l’uno de- vuole ritrarre, incorre subito nell’infamia di misero,
bole e vigliacco, l’altro deciso e coraggioso; l’uno di tirchio, cioè di colui che vuole risparmiare ec-
affabile, l’altro superbo; l’uno lussurioso, l’altro cessivamente.
casto; l’uno sincero, l’altro astuto; l’uno rigido, 2. Pertanto un principe che non possa usare questa
l’altro amabile; l’uno fermo nelle sue decisioni, virtù (=buon nome) di liberale senza suo danno, in
l’altro volubile; l’uno credente, l’altro non creden- modo che sia ampiamente conosciuta, se è pruden-
te, e così via. Ed io so che ognuno ammetterà che te, non si deve curare del nome di misero, cioè di
sarebbe molto lodevole che, di tutte queste qualità, taccagno (o tirchio). Con il tempo sarà ritenuto
un principe avesse quelle che sono ritenute buone. sempre più liberale, poiché farà vedere che con la
Ma, poiché non si possono avere tutte né osservare sua parsimonia le sue entrate gli bastano, può di-
interamente, perché le condizioni umane non lo fendersi da chi gli muove guerra, può fare imprese
permettono, è necessario che sia tanto prudente da senza gravare sulla popolazione. Così egli viene ad
saper fuggire l’infamia di quei vizi che gli farebbe- usare liberalità verso tutti quelli a cui non toglie,
ro perdere lo Stato, e astenersi da quelli che non che sono infiniti, e spilorceria verso tutti coloro a
glielo farebbero perdere, se vi riesce; ma, se non vi cui non dà, che sono pochi. Nei nostri tempi noi
riesce, vi si può abbandonare con minore riguardo. non abbiamo veduto fare grandi cose se non a
E inoltre non si deve curare di cadere nell’infamia quelli che sono stati ritenuti miseri, taccagni. Inve-
di quei vizi, senza i quali difficilmente potrebbe ce abbiamo visto gli altri essere spenti. Papa Giu-
lio II, come si fu servito del nome di liberale per
1 giungere al papato7, non pensò poi a mantenerlo,
In pubblico.
2 per poter fare guerra. L’attuale re di Francia ha fat-
In privato.
3 to tante guerre senza porre un dazio straordinario ai
La realtà dei fatti. L’espressione è un caposaldo del
pensiero politico di Machiavelli. suoi sudditi, soltanto perché ha applicato costan-
4
Male. temente la parsimonia alle spese superflue. Il re di
5
Male.
6 7
Taccagno. Cioè compera la sua elezione con il denaro.
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 39
Spagna presente, se fosse ritenuto liberale, non a- 1. Passando poi a considerare le altre qualità sopra
vrebbe fatto né vinto tante imprese. elencate, dico che ogni principe deve desiderare di
3. Pertanto, un principe deve stimare poco di incor- essere ritenuto pietoso e non crudele. Deve tutta-
rere nel nome di taccagno, per non dover derubare via avere l’accortezza di non usare male questa
i sudditi, per potersi difendere, per non diventare pietà. Cesare Borgia era ritenuto crudele; e tuttavia
povero e disprezzato, per non essere costretto a di- quella sua crudeltà era servita a riordinare la Ro-
ventare rapace. Questo è uno di quei vizi che lo magna, a unirla, a pacificarla e a renderla leale
fanno regnare. Se qualcuno dicesse che Cesare con verso il governo. E, se si considera bene ciò3, si
la liberalità pervenne al potere e molti altri, che concluderà che egli è stato molto più pietoso del
sono stati e che sono ritenuti liberali, sono giunti ai popolo fiorentino, il quale, per evitare il nome di
gradi supremi dello Stato, rispondo: o tu sei un crudele, lasciò che la lotta tra le fazioni distrugges-
principe ormai al potere o tu sei in via di acqui- se Pistoia4. Pertanto un principe non deve curarsi
starlo. Nel primo caso questa liberalità è dannosa; dell’infamia di crudele, per mantenere i suoi suddi-
nel secondo è ben necessario essere ritenuto libe- ti uniti e leali. In tal modo con pochissimi atti di
rale. Cesare era uno di quelli che voleva pervenire crudeltà sarà più pietoso di coloro i quali, per
al principato di Roma. Ma, una volta giunto al po- troppa pietà, lasciano avvenire i disordini, dai qua-
tere, se fosse sopravvissuto e non si fosse tempe- li sorgono uccisioni e rapine. Queste ultime di soli-
rato da quelle spese, avrebbe distrutto quel potere. to offendono l’intera cittadinanza, mentre le esecu-
Se qualcuno replicasse che molti principi sono sta- zioni che provengono dal principe offendono sol-
ti ritenuti liberalissimi, perciò con gli eserciti han- tanto i singoli cittadini. E, fra tutti i principi, il
no fatto grandi cose, rispondo: o il principe spende principe nuovo non può evitare il nome di crudele,
del suo e dei suoi sudditi o di quello d’altri. Nel perché gli Stati nuovi sono pieni di pericoli. Virgi-
primo caso deve essere parsimonioso; nell’altro lio pone queste parole nella bocca di Didone:
non deve lasciare indietro alcuna manifestazione di
liberalità. Quel principe che va con gli eserciti, che “Le necessità politiche e la novità del mio regno
si nutre di prede, di saccheggi e di taglie 1, maneg- mi spingono a tali cose, e a vigilare con cura
gia la ricchezza di altri. Questa liberalità gli è ne- su tutto il mio territorio”5.
cessaria; altrimenti non sarebbe seguito dai soldati.
Di quello che non è tuo né dei tuoi sudditi, si può E tuttavia il principe deve essere cauto nel credere
essere più largo donatore. Si comportarono così all’esistenza di pericoli e nell’agire, né deve farsi
Ciro, Cesare ed Alessandro. Spendere la ricchezza paura da se stesso. Deve saper conciliare prudenza
di altri non ti toglie reputazione, ma te ne aggiunge. e umanità, affinché la troppa confidenza in sé non
Solamente spendere il tuo è quello che ti nuoce. E lo renda imprudente, e la troppa diffidenza negli
non c’è cosa che consumi se stessa quanto la libe- altri non lo renda intollerabile.
ralità. Mentre tu la pratichi, perdi la capacità di 2. Da ciò nasce una questione: se è meglio che il
usarla. Così diventi povero e disprezzato oppure, principe sia amato piuttosto che temuto, oppure il
per fuggire la povertà, diventi rapace e odioso. E contrario. La risposta è questa: sarebbe opportuno
tra tutte le cose di cui un principe si deve guarda- che il principe sia amato e contemporaneamente
re, è quella di essere disprezzato e odiato. La libe- temuto6; ma, poiché è difficile mettere insieme a-
ralità lo conduce all’una e l’altra cosa. Pertanto è more e timore, è molto più sicuro per il principe
più saggio tenersi il nome di taccagno, che genera essere temuto che amato, quando fosse assente uno
un’infamia senza odio, che, per volere il nome di dei due. Perché, degli uomini si può dire in genera-
liberale, essere costretto a incorrere nel nome di le questo: che sono ingrati, volubili, simulatori e
rapace, che partorisce un’infamia accompagnata da dissimulatori, fuggitori dei pericoli, desiderosi di
odio. guadagno. E, mentre fai loro del bene, sono tutti
------------------------------I☺I----------------------------- tuoi, ti offrono il sangue, la roba, la vita, i figli
(come dissi più sopra7), quando il bisogno che tu
Capitolo 17. De crudelitate ed hai di loro è lontano; ma, quando esso si avvicina,
pietate; et an sit melius amari essi si rifiutano e si ribellano. E il principe, che si
quam timeri, vel e contra. è fondato sulla loro parola, trovandosi senza altra
[La crudeltà e la pietà; e se sia meglio essere amati difesa nel momento del pericolo, va incontro alla
o temuti, oppure il contrario2.] rovina. Perché le amicizie, che si acquistano dando
benefici e non con la propria grandezza e nobiltà

3
Il risultato.
1 4
Balzelli, imposte. Nel 1501.
2 5
Il principe di Machiavelli deve preoccuparsi costante- Eneide, I, 562-63.
6
mente di controllare lo Stato. È appena arrivato. Duori Cioè rispettato.
7
d’Italia i problemi erano altrove: nell’arte di governare. Cap. IX.
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 40
d’animo, si comperano, ma non si hanno effettiva- tura remissiva. Perciò un tale, che in senato lo vol-
mente, e al momento del bisogno non si possono le giustificare, disse che molti uomini erano più
spendere. E gli uomini si preoccupano meno di of- bravi ad evitare gli errori, che a correggere gli erro-
fendere uno che si fa amare che uno che si fa teme- ri stessi. Con il tempo tale atteggiamento avrebbe
re, perché l’amore si fonda su un vincolo morale, il danneggiato la fama e la gloria di Scipione, se egli
quale, poiché gli uomini sono tristi, è infranto ogni avesse continuato a comandare in questo modo.
volta che contrasta con il proprio interesse, mentre Tuttavia, poiché agiva sotto il controllo del senato,
il timore è tenuto ben saldo dalla paura della pena, questa sua qualità dannosa non soltanto fu resa i-
che non abbandona mai. noffensiva, ma divenne anche causa della sua glo-
3. Tuttavia il principe deve farsi temere in modo ria.
che, se non acquista l’amore [dei sudditi], almeno 6. Ritornando dunque al problema di essere temuto
fugga l’odio, perché si possono ben conciliare il ed amato, concludo che gli uomini amano secondo
fatto di essere temuto ed il fatto di essere non o- la loro volontà e temendo secondo la volontà del
diato. Ciò avverrà sempre, quando il principe si principe. Perciò un principe saggio deve fondarsi
astenga dalla roba dei suoi cittadini e dei suoi su quello che è suo, non su quello che è di altri:
sudditi, e dalle loro donne. E, se proprio deve uc- deve solamente impegnarsi a fuggire l’odio.
cidere qualcuno, deve farlo quando ci sia una giu- ------------------------------I☺I-----------------------------
stificazione conveniente e una causa manifesta.
Ma, soprattutto, deve astenersi dalla roba altrui,
perché gli uomini dimenticano più facilmente la
morte del padre piuttosto che la perdita del patri-
monio. E poi i motivi per togliere la roba non man-
cano mai; e sempre colui, che incomincia a vivere
di rapina, trova motivo per appropriarsi della roba
altrui. Al contrario i motivi per uccidere sono più
rari, e vengono meno più presto, cioè non appena
lo Stato è consolidato.
4. Ma, quando il principe è con l’esercito e co-
manda migliaia di soldati, allora è necessario so-
prattutto non preoccuparsi del nome di crudele,
perché senza questo nome non si tenne mai un e-
sercito unito né pronto ad alcuna impresa. Tra le
mirabili azioni di Annibale si annovera questa: pur
avendo un esercito grossissimo, composto da infi-
nite razze di uomini, condotto a combattere in terre
straniere, non scoppiasse mai alcun contrasto, né
tra i soldati, né contro il generale, sia nella cattiva
sia nella buona sorte. Ciò dipese soltanto dalla sua
inumana crudeltà, la quale, insieme con le sue infi-
nite capacità militari, lo rese sempre temibile agli
occhi dei suoi soldati. E senza di essa le altre ca-
pacità militari non sarebbero riuscite ad ottenere
quel risultato. Gli storici poco avveduti come Tito
Livio da una parte ammirano la compattezza
dell’esercito, dall’altra condannano la principale
causa di essa.
5. E che sia vero che le altre sue virtù non sarebbe-
ro bastate, si può vedere in Scipione, un individuo
straordinario ai suoi tempi, ma anche in tutta la
storia passata. In Spagna l’esercito si ribellò al suo
comando. Ciò fu provocato dalla sua eccessiva
pietà, che lo aveva spinto a dare ai soldati più li-
bertà di quanto conveniva alla disciplina militare.
Questo suo atteggiamento gli fu rimproverato in
senato da Fabio Massimo, che lo accusò di cor-
rompere l’esercito romano. Gli abitanti di Locri fu-
rono massacrati da un suo luogotenente. Scipione
però non li vendicò, né corresse l’insolenza di quel
luogotenente, rimanendo schiavo di quella sua na-
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 41
Capitolo 18. Quomodo fides a pere ben nascondere questa natura ed essere gran
principibus sit servanda. simulatore e dissimulatore. Sono tanto semplici6
[In che modo i principi debbano mantenere la paro- gli uomini, e tanto obbediscono alle necessità del
la data1.] momento, che colui che inganna troverà sempre
qualcuno che si lascerà ingannare.
1. Ciascuno intende quanto sia lodevole un princi- 4. Fra gli esempi recenti voglio citare questo. Papa
pe che mantenga la parola data e che viva con in- Alessandro VI non fece mai altro, non pensò mai
tegrità e non con astuzia. Tuttavia si vede per e- ad altro che ad ingannare gli uomini; e sempre tro-
sperienze recenti che hanno fatto grandi cose quei vò qualcuno da poterlo fare. Nessuno mai ebbe
principi che hanno tenuto poco conto della parola maggior forza persuasiva di lui e nessuno mai con i
data e che hanno saputo con l’astuzia aggirare i più grandi giuramenti affermò una cosa, che poi
cervelli degli uomini; e che alla fine hanno supera- non mantenesse. E tuttavia sempre i suoi inganni
to coloro che si sono fondati sulla lealtà. ebbero successo, perché conosceva bene questa
2. Dovete dunque sapere che ci sono due modi di parte della natura umana.
combattere: l’uno con le leggi, l’altro con la forza. 5. Un principe dunque non deve necessariamente
Il primo è proprio dell’uomo, il secondo è delle avere di fatto tutte le qualità sopra indicate, ma
bestie. Ma, perché il primo molte volte non basta, deve apparire7 di averle. Dirò di più: se le ha e se
conviene ricorrere al secondo. Pertanto un principe le osserva sempre, esse sono dannose; se appare di
deve sapere usare bene la bestia e l’uomo2. Questo averle, sono utili. Egli deve apparire pietoso, leale,
principio è stato insegnato ai principi in modo co- umano, sincero, religioso; e deve avere queste qua-
perto3 dagli antichi scrittori, i quali scrivono che lità. Tuttavia, quando bisogna non averle 8, deve
Achille e molti altri principi antichi furono allevati anche essere capace di saperle mutare nel loro
dal centauro Chirone, affinché li ammaestrasse alla contrario. E bisogna capire che un principe, soprat-
sua scuola. Ciò vuol dire avere come precettore un tutto un principe nuovo, non può osservare tutte
essere mezzo bestia e mezzo uomo, perché un quelle cose per le quali gli uomini sono ritenuti
principe deve sapere usare l’una e l’altra natura e buoni, perché spesso, per mantenere lo Stato, è ne-
perché l’una senza l’altra non può durare. cessitato ad operare contro la parola data, contro la
3. Un principe dunque, essendo necessitato a saper carità, contro l’umanità, contro la religione. Perciò
usare bene la bestia, deve prendere come modello bisogna che egli abbia un animo predisposto a
la volpe ed il leone, perché il leone non sa difen- cambiare, secondo che i venti della fortuna e i mu-
dersi dai lacci, la volpe non sa difendersi dai lupi4. tamenti delle cose gli impongono. E, come dissi
Bisogna dunque essere volpe per conoscere i lacci più sopra, non deve allontanarsi dal bene, se può
ed essere leone per intimorire i lupi. Coloro che farlo; ma deve sapere entrare nel male, se è co-
praticano soltanto il leone non si intendono di poli- stretto dalla necessità.
tica. Pertanto un signore prudente non può né deve 6. Pertanto un principe deve avere gran cura che
mantenere la parola data, quando il mantenerla è non gli esca mai di bocca una cosa che non sia
controproducente e quando sono scomparse le piena delle cinque qualità sopra indicate; e appaia,
cause che la fecero promettere. Se gli uomini fos- a vederlo e a udirlo, tutto pietà, tutto lealtà, tutto
sero tutti buoni, questo precetto non sarebbe buo- sincerità, tutto umanità, tutto religione. E non c’è
no; ma, perché essi sono tristi5 e non la manterreb- cosa più necessaria che apparire di avere quest’ul-
bero a te, tu pure non devi mantenerla a loro. Né tima qualità9. Gli uomini in generale giudicano più
mai ad un principe mancarono i motivi legittimi per in base a ciò che vedono10 che non in base a ciò
giustificare questa inosservanza. Di ciò si potreb- che toccano11: tutti vedono l’aspetto esteriore delle
bero dare infiniti esempi moderni e mostrare quan- cose, ma pochi intendono ciò che vi sta dietro12.
te paci, quante promesse sono state nulle e vane Ognuno vece ciò che tu appari, pochi comprendono
perché i principi non hanno rispettato la parola da- ciò che tu sei. E quei pochi non hanno il coraggio
ta. E quello che ha saputo usare meglio la volpe, di opporsi all’opinione dei molti, che abbiano la
ha ottenuto migliori risultati. Ma è necessario sa- maestà dello Stato che li difenda. E nelle azioni di
tutti gli uomini, soprattutto dei principi, dove non
c’è un tribunale presso cui presentare reclami, si
1
L’autore non sa e non immagina che un trattato si possa guarda al fine. Pertanto un principe deve preoccu-
ri-discutere, se non va più bene. In particolare i trattati
economici. Qui i trattati sono i trattati di pace dopo una
6
guerra persa. Ma ci sono anche tanti altri trattati tra due Stupidi e ingenui.
7
Stati. Mostrare.
2 8
La forza e le leggi. Sono controproducenti.
3 9
Allusivo, simbolico, cioè ricorrendo alla mitologia. Mostrare di essere religioso.
4 10
I lacci indicano le trappole e gli inganni; i lupi indica- L’apparenza.
11
no la forza e la violenza. La realtà effettiva.
5 12
Malvagi. La realtà effettiva.
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 42
parsi unicamente di vincere e di mantenere lo Sta- ferme quelle di fuori, se già non fossero perturbate
to: i mezzi saranno sempre giudicati onorevoli e da una congiura. E, quando pure quelle di fuori si
lodati da tutti, perché il volgo va sempre trascinato muovessero, se egli è ordinato e vissuto come ho
con l’apparenza e non con la realtà effettiva. Nel detto, quando non si abbandoni, sempre sosterrà
mondo c’è soltanto volgo, ed i pochi non avranno ogni attacco, come dissi che fece Nabide sparta-
seguito né ascolto, quando i molti hanno dove ap- no4.
poggiarsi1. Un principe dei nostri, che non è bene 3. Ma, circa i sudditi, quando le cose di fuori non
nominare2, non predica mai altro che pace e lealtà, si muovano, si deve temere che non congiurino se-
e dell’una e dell’altra è inimicissimo; e l’una e gretamente. Di ciò il principe si assicura assai,
l’altra, se le avesse osservate, gli avrebbero più fuggendo l’odio e il disprezzo, e facendo in modo
volte fatto perdere la reputazione o lo Stato. che il popolo sia soddisfatto di lui. Ed è necessario
------------------------------I☺I----------------------------- conseguire questo risultato, come sopra a lungo si
disse5. Uno dei più potenti rimedi che un principe
abbia contro le congiure, è non essere odiato dalle
Capitolo 19. De contemptu ed o- masse, perché sempre chi congiura crede con la
dio fugiendo. morte del principe di soddisfare il popolo. Ma,
[In che modo i principi debbano fuggire il disprez- quando creda di offenderlo, non ha l’animo di
zo e l’odio.] prendere una simile decisione, perché le difficoltà
che sono dalla parte dei congiuranti sono infinite.
1. Poiché io ho parlato delle più importanti qualità Per esperienza si vede che molte sono state le con-
di cui più sopra si fa menzione, voglio discutere giure, poche quelle che hanno avuto buon fine. Chi
brevemente delle altre sotto queste regole generali: congiura non può essere solo, né può prendere
il principe deve pensare, come sopra in parte si è compagnia se non di quelli che creda esser mal-
detto, di fuggire quelle azioni che lo rendano odio- contenti. E sùbito che a un individuo scontento tu
so e lo facciano disprezzare; e ogni volta che fuggi- hai scoperto il tuo animo, gli fornisci l’occasione
rà questo, avrà adempiuto la sua parte, e non tro- per diventare contento [denunciandoti], perché ri-
verà alcun pericolo nelle altre azioni infamanti. Lo sulta ovvio che [dalla denuncia] egli può sperare
fa odioso soprattutto, come io dissi3, l’essere rapa- ogni vantaggio: talmente che, vedendo il guadagno
ce e usurpatore della roba e delle donne dei suddi- sicuro da questa parte e vedendolo dubbio e pieno
ti. Di ciò si deve astenere. E ogni volta che evita di pericoli dall’altra, conviene bene o che sia raro
di togliere la roba e l’onore alla generalità degli amico, o che sia al tutto ostinato nemico del prin-
uomini, questi vivono contenti. Ed egli deve com- cipe, ad osservarti la fede. E, per ridurre la que-
battere soltanto contro l’ambizione di pochi, alla stione in poche parole, dico che dalla parte del
quale in molti modi e con grande facilità si può congiurante c’è soltanto paura, gelosia, sospetto di
porre un freno. Il disprezzo lo fa ritenere volubile, pena che lo sbigottisce. Invece dalla parte del prin-
leggero, effeminato, pusillanime, irresoluto. Da tut- cipe c’è la maestà del principato, ci sono le leggi,
to ciò un principe si deve guardare come da uno le difese degli amici e dello stato che lo difendono.
scoglio. Deve preoccuparsi che nelle sue azioni si In tal modo, se si aggiunge a tutto questo il favore
riconosca grandezza, animosità, gravità, fortezza e, popolare, è impossibile che qualcuno sia così te-
circa i conflitti privati dei sudditi, deve volere che merario da tentare una congiura. Normalmente un
le sue decisioni sino irrevocabili. Egli deve mante- congiurante vive mille angustie prima di mettere in
nere di sé tale immagine, affinché nessuno pensi di esecuzione il male. In questo caso deve temere an-
ingannarlo né di aggirarlo. che in séguito, a congiura avvenuta, poiché ha per
2. Quel principe che dà di sé questa immagine, è nemico il popolo e perché non può sperare alcun
reputato assai; e contro chi è reputato molto, con rifugio rispetto ad esso.
difficoltà si congiura, con difficoltà è assalito, pur- Di questa materia si potrebbero dare infiniti esem-
ché si comprenda che è eccellente e riverito dai pi. Mi accontento di darne soltanto uno, che è an-
suoi. Un principe deve avere due paure: una den- cora vivo nella memoria dei nostri padri. Messer
tro, per conto dei sudditi; l’altra fuori, per conto Annibale Bentivogli, antenato del presente messer
dei potentati esterni. Da queste ultime si difende Annibale, era principe in Bologna. È ammazzato
con le buone armi e con i buoni amici. E sempre, dai Canneschi, che gli congiurarono contro6. Della
se avrà buone armi, avrà buoni amici. E sempre sua famiglia non rimaneva altri che messer Gio-
staranno ferme le cose di dentro, quando stanno vanni, che era in fasce. Subito dopo l’omicidio si
sollevò il popolo, che ammazzò tutti i Canneschi.
1
Ciò fu conseguenza del favore popolare, di cui la
I risultati e i successi ottenuti dal principe, comunque
essi siano stati ottenuti.
2 4
Ferdinando il Cattolico, re di Sicilia (1468), di Ara- Cap. IX.
5
gona (1479), di Napoli (1502-04). Cap. XVII.
3 6
Cap. XV e cap. XVII. Il 24 giugno 1445.
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 43
famiglia Bentivogli in quel tempo godeva. Questo se che sono notabili a chi legge le azioni di quei
favore fu tanto grande che, morto Annibale, in Bo- tempi. Voglio che mi basti pigliare tutti quegli im-
logna non restava alcuno che potesse reggere lo peratori che si succedettero al potere dal filosofo
Stato. Tuttavia i bolognesi avevano un indizio che Marco Aurelio a Massimino. Essi furono Marco
a Firenze era un erede della famiglia Bentivogli Aurelio, suo figlio Commodo, Pertinace, Giuliano,
che fino ad allora si riteneva figlio di un fabbro1. Alessandro Severo, Antonino Caracalla suo figlio,
Essi perciò vennero a Firenze per prenderlo, e gli Macrino, Eliogabalo, Alessandro Severo e Massi-
dettero il governo della città. Questa fu governata mino. La prima cosa da notare è che negli altri
da lui finché messer Giovanni pervenne in età con- principati si deve a contendere soltanto con l’ambi-
veniente al governo. zione dei grandi e l’insolenza dei popoli, gli impe-
3. Pertanto concludo che un principe deve tenere ratori romani invece avevano una terza difficoltà:
delle congiure poco conto, quando il popolo gli è dovevano sopportare la crudeltà e l’avidità dei
favorevole; ma, quando gli è nemico ed lo abbia in soldati. Essa era così difficile che fu causa della
odio, deve temere di ogni cosa e di ognuno. Gli rovina di molti, poiché era difficile soddisfare i
stati bene ordinati e i principi saggi hanno pensato soldati e i popoli: i popoli amavano la quiete, e per
con ogni diligenza di non ridurre alla disperazione i questo amavano i principi moderati; i soldati ama-
grandi, e di soddisfare e tenere contento il popolo. vano il principe d’animo militare e che fosse inso-
Questo è uno dei compiti più importanti che un lente, crudele e rapace. Essi volevano che egli e-
principe deve svolgere. sercitasse una forte pressione fiscale sulla popola-
4. Ai tempi nostri tra i regni bene ordinati e gover- zione, per poter avere duplicato stipendio e sfogare
nati è quello di Francia. In esso si trovano buoni la loro avidità e la loro crudeltà. Queste cose fece-
ordinamenti in numero infinito. Da questi deriva la ro che quegli imperatori che, per natura o per arte,
libertà e la sicurezza del re. Il primo di essi è il non avevano una grande reputazione, con la quale
parlamento e la sua autorità. Colui che ordinò quel potessero tenere a freno popoli e soldati, andarono
regno conosceva l’ambizione dei potenti e la loro sempre incontro alla rovina. La maggior parte di
insolenza e giudicava che avessero bisogno di un loro - soprattutto quelli che come uomini nuovi
freno in bocca che li correggesse. D’altra parte co- giungevano al principato -, conosciuta la difficoltà
nosceva anche l’odio generale della popolazione di questi due diversi umori, si volgevano a soddi-
contro i grandi - un odio fondato sulla paura -, e si sfare i soldati, stimando di poco conto il fatto di
propose di rassicurarla. Perciò volle evitare che ingiuriare il popolo. Questa decisione era inevita-
questo fosse un compito specifico del re: eliminò bile: i principi non possono evitare di essere odiati
quel carico di risentimento che avrebbe provocato da qualche gruppo sociale, perciò devono in primo
nei grandi se favoriva i popolari, e che avrebbe luogo sforzarsi di non essere odiati da tutti i gruppi
provocato nei popolari se favoriva i grandi. E co- sociali; e, se non possono conseguire questo risul-
stituì un terzo giudice, il Parlamento di Parigi, il tato, devono in secondo luogo impegnarsi con ogni
quale, senza coinvolgere il re in alcun risentimento, mezzo a fuggire l’odio di gruppi sociali che sono
avesse il compito di battere i grandi e di favorire i più potenti. Perciò quegli imperatori, che in quanto
minori. Non poteva esserci un ordine migliore di principi nuovi avevano bisogno di favori straordi-
questo, né più prudente, né che fosse causa di nari, si appoggiavano ai soldati piuttosto che ai
maggior sicurezza per il re e per il regno. Da ciò si popoli. Non di meno tornava loro utile o no, in re-
può trarre un’altra regola degna di nota: i principi lazione al prestigio che quel principe sapeva man-
devono far prendere ad altri le decisioni odiose, tenere presso di loro. Dalle cause sopra indicate
devono riservare a se stessi quelle gradite. Di seguì che Marco Aurelio, Pertinace e Alessandro,
nuovo concludo che un principe deve stimare i tutti di vita moderata, amanti della giustizia, nemici
grandi, ma non deve farsi odiare dal popolo. della crudeltà, umani e benigni, fecero tutti, esclu-
5. Se si considera la vita e la morte di qualche im- so Marco Aurelio, una triste fine. Soltanto Marco
peratore romano, a molti forse parrebbe che ci fos- visse e morì ricoperto da infiniti onori, perché salì
sero esempi contrari a questa mia opinione, perché al potere per diritto ereditario, e non doveva rice-
si può trovare che qualcuno è vissuto sempre egre- vere il consenso né dai soldati né dai popoli. Inol-
giamente e ha dimostrato grande virtù d’animo, non tre aveva molte virtù che lo facevano oggetto di
di meno ha perso il potere o è stato ucciso dai venerazione. Perciò, finché visse, tenne sempre il
suoi, che gli hanno congiurato contro. Voglio ri- popolo e l’esercito sotto controllo, e non fu mai né
spondere a queste obiezioni. Discuterò le qualità odiato né disprezzato. Ma Pertinace fu nominato
di alcuni imperatori e dimostrerò che le cause della imperatore contro la volontà dei soldati. Essi erano
loro rovina non sono diverse da quelle che ho fin stati abituati a vivere licenziosamente sotto Com-
qui addotto. Esaminerò in particolare quelle impre- modo, così non poterono sopportare quella vita o-
nesta alla quale Pertinace li voleva ridurre. Perciò
1 egli si fece odiare e all’odio aggiunto il disprezzo,
Santi Bentivoglio, figlio di Ercole e cugino di Anniba- poiché era vecchio. Di conseguenza andò incontro
le. Governa la città dal 1445 al 1462.
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 44
alla rovina nei primi tempi della sua amministra- lui. Gli mandò il titolo di Cesare e con delibera del
zione. senato lo associò al potere. Albino accettò per ve-
6. Qui si deve notare che l’odio si acquista con le ro tutto questo. Ma, dopo che ebbe vinto e ucciso
buone opere come con le cattive. Perciò, come Nigro ed ebbe pacificate le cose orientali, Severo
dissi più sopra, un principe, che voglia mantenere ritornò a Roma e si lamentò in senato che Albino,
lo Stato, è spesso costretto a non essere buono. poco riconoscente dei benefici ricevuti da lui, ave-
Quando quella università - il popolo, i soldati o i va cercato di ammazzarlo con l’inganno. Perciò era
grandi che siano -, della quale tu giudichi di aver costretto ad andare a punire la sua ingratitudine.
bisogno per mantenerti al potere, è corrotta, ti con- Poi andò a trovarlo in Francia e gli tolse lo Stato e
viene seguire il suo umore e soddisfarlo. In questo la vita.
caso le buone opere ti sono nemiche. Ma veniamo 9. Chi esaminerà dunque analiticamente le azioni
ad Alessandro. Egli fu di tanta bontà, che tra le al- di costui, lo troverà un leone ferocissimo ed una
tre lodi che gli sono attribuite è questa: in quattor- volpe astutissima. Lo vedrà temuto e riverito da
dici anni che tenne l’imperio non fece uccidere mai ciascuno e non odiato dagli eserciti. E non si me-
alcuno senza regolare processo. Non di meno fu raviglierà se egli, uomo nuovo, è riuscito ad otte-
ritenuto effeminato ed uomo che si lasciasse go- nere tanto potere. La sua grandissima reputazione
vernare dalla madre. Per questo motivo fu fatto se- lo difese sempre da quell’odio che i popoli per le
gno di disprezzo. L’esercito cospirò contro di lui e sue rapine avevano potuto concepire. Ma anche
lo ammazzò. suo figlio Antonino fu un uomo che aveva qualità
7. Se si passa a discutere ora, per contrasto, delle davvero eccellenti e che lo facevano meraviglioso
qualità degli altri imperatori, troverete che Com- agli occhi dei popoli e gradito ai soldati. Egli era
modo, Settimio Severo, Antonino Caracalla e Mas- un militare, sopportava senz’alcuna difficoltà ogni
simino sono stati crudelissimi e rapacissimi. Essi, fatica, disprezzava i cibi delicati come tutte le mol-
per soddisfare i soldati, praticarono ogni tipo di lezze. Queste qualità lo facevano amare da tutti gli
ingiuria che si potesse commettere contro i popoli. eserciti. Non di meno la sua ferocia e la sua cru-
E tutti, eccetto Severo, ebbero triste fine. Severo deltà fu tanto grande e così inaudita (dopo infinite
fu di tanta virtù, che riuscì a mantenersi i soldati uccisioni particolari sterminò gran parte del popolo
amici, ancora se popoli erano da lui oppressi. Così di Roma e tutto quello di Alessandria), che diventò
poté regnare sempre felicemente; perché quelle sue odiosissimo a tutto il mondo. E incominciò ad es-
virtù lo facevano così mirabile agli occhi dei sol- sere temuto anche da quelli che aveva intorno a
dati e dei popoli, che questi rimanevano in un cer- lui. Di conseguenza fu ammazzato da un centurione
to modo attoniti e stupiti e tutti gli altri riverenti e in mezzo al suo esercito. In proposito si deve nota-
soddisfatti. re che morti di questo tipo sono causate dalla de-
8. Poiché le azioni di costui furono grandi in un cisione di un animo ostinato, perciò non possono
principe nuovo, io voglio dimostrare brevemente essere evitate da un principe, perché ogni indivi-
quanto bene seppe usare la maschera della volpe e duo, che non si curi di morire lo può offendere. E-
del leone. Ho detto più sopra quanto un principe gli però se ne deve preoccupare molto poco, per-
sia costretto ad imitare tali nature. Severo, cono- ché sono rarissime. Deve soltanto evitare di ingiu-
sciuta l’ignavia dell’imperatore Giuliano, persuase riare gravemente qualcuno di coloro dei quali si
il suo esercito, del quale era generale in Schiavo- serve e che gli stanno intorno al servizio del suo
nia1, che era bene andare a Roma a vendicare la principato: come aveva fatto Antonino, il quale a-
morte di Pertinace, che era stato ucciso dai soldati veva ucciso in maniera oltraggiosa un fratello del
pretoriani. Con questo pretesto, senza mostrare di centurione, minacciava ogni giorno quest’ultimo.
aspirare al potere imperiale, mosse l’esercito con- Tuttavia lo teneva a guardia del suo corpo. Una
tro Roma. Fu in Italia prima che si sapesse della decisione temeraria che lo portava alla rovina. E
sua partenza. Arrivato a Roma, il senato, intimori- ciò puntualmente gli avvenne.
to, lo elesse imperatore e uccise Giuliano. Dopo 10. Ma veniamo a Commodo. Egli era molto facili-
questo inizio Severo doveva superare due ostacoli, tato a ottenere il potere supremo, perché lo aveva
se voleva diventare signore di tutto lo stato: una in ricevuto per diritto ereditario, essendo figlio di
Asia, dove C. Pescennio Nigro, capo degli eserciti Marco Aurelio. Gli bastava soltanto seguire le ve-
asiatici, si era fatto nominare imperatore; e l’altra stigia del padre, ed avrebbe soddisfatto i soldati e i
in ponente, dove era C. Settimio Albino, il quale popoli. Ma era d’animo crudele e bestiale, e, per
aspirava ugualmente al potere imperiale. E, perché poter usare la sua rapacità nei confronti dei popoli,
giudicava pericoloso scoprirsi nemico a tutti e due, si volse ad accattivarsi gli eserciti e a farli licen-
deliberò di assalire Nigro e di ingannare Albino. A ziosi. D’altra parte, non tenendo in nessun conto la
quest’ultimo scrisse che era stato eletto imperatore sua dignità, discendeva spesso nei teatri a combat-
dal senato e che voleva dividere quella carica con tere con i gladiatori e faceva altre azioni vilissime
e poco degne della maestà imperiale. Così divenne
1 spregevole agli occhi dei soldati. Odiato dall’una
L’Illiria dei romani è la Slavonia di oggi.
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 45
parte e disprezzato dall’altra, ci fu una cospirazio- eredi e rimangono signori, ma colui che è eletto a
ne contro di lui, e fu ucciso. quel grado da coloro che ne hanno l’autorità. E,
11. Ci resta da narrare le qualità di Massimino. poiché questo ordine si è consolidato da tempo
Costui fu un uomo che amava fortemente la guerra. immemore, non può essere chiamato principato
Gli eserciti erano infastiditi per le mollezze di A- nuovo, perché non va incontro ad alcune di quelle
lessandro, di cui ho parlato più sopra. Perciò lo difficoltà che sono proprie dei principati nuovi. Ed
uccisero. Elessero Massimino alla suprema carica anche se il principe è nuovo, gli ordinamenti di
dello stato. Egli non la occupò per molto tempo, quello stato sono vecchi e ordinati a riceverlo co-
perché due cose lo resero odioso e spregevole: la me se fosse loro signore ereditario.
prima, di avere origini vilissime. Aveva fatto il 13. Ma torniamo alla nostra materia. Dico che chi-
guardiano di pecore in Tracia (la cosa era notissi- unque prenderà in considerazione il discorso or ora
ma a tutti e gli provocava un profondo disprezzo concluso, vedrà che o l’odio o il disprezzo sono
davanti agli occhi di chiunque). La seconda, perché stati causa della rovina degli imperatori appena
agli inizi del suo principato aveva rimandato il vi- nominati. E capirà anche per quale motivo (anche
aggio a Roma per entrare in possesso della corona se una parte di loro si comportò in un modo e una
imperiale ed aveva dato di sé l’immagine di crude- parte nel modo opposto) nel primo come nel se-
lissimo, poiché attraverso i suoi prefetti si era condo caso qualcuno ebbe una fine felice, mentre
macchiato di molte crudeltà a Roma e in tutte le tutti gli altri la ebbero infelice. Capirà perché a
parti dell’imperio. Perciò tutto il mondo preso dal- Pertinace e ad Alessandro, per il fatto di essere
lo sdegno per la viltà del suo sangue e fu preso principi nuovi, fu inutile e dannoso voler imitare
dall’odio per la paura della sua ferocia. E si ribellò Marco Aurelio, che era salito al trono per diritto
prima l’Africa, poi il Senato con tutto il popolo di ereditario. Similmente capirà perché a Caracalla, a
Roma. Infine tutta l’Italia gli cospirò contro. Insor- Commodo e a Massimino è stato dannoso imitare
se anche il suo esercito, che stava assediando la Severo. Essi non hanno avuto tanta virtù che ba-
città di Aquileia e che incontrava difficoltà ad e- stasse a seguire le sue vestigia. Pertanto un princi-
spugnarla. Fu infastidito della sua crudeltà e, ve- pe nuovo in un principato nuovo non può imitare le
dendo tanti nemici, ebbe meno timore. Così lo azioni di Marco Aurelio, né è costretto a seguire
ammazzò. quelle di Severo. Deve invece pigliare da Severo
12. Io non voglio discutere né di Eliogabalo né di quei comportamenti che sono necessari per fondare
Macrino né di Giuliano. Essi si scontrarono con un il suo stato, e da Marco Aurelio quei comporta-
disprezzo diffusissimo e furono subito eliminati. menti che sono convenienti e gloriosi per conserva-
Posso quindi concludere questo discorso. Dico che re un stato che sia già da tempo stabilito e consoli-
i principi dei nostri tempi hanno meno questa diffi- dato.
coltà di soddisfare con mezzi straordinari, fuori ------------------------------I☺I-----------------------------
della legalità, i soldati durante il loro governo. An-
che se si deve dimostrare una qualche considera- Capitolo 20. An arces ed multa a-
zione verso di loro, tuttavia il problema si risolve lia quae cotidie a principibus
presto, poiché nessuno di questi principi ha eserci- fiunt utilia an inutilia sint.
ti, che da tempo immemore esercitino il governi [Se sono utili o no le fortezze e molte altre cose,
civile e militare delle provincie, come succedeva che ogni giorno i principi fanno.]
con gli eserciti dell’imperio romano. Perciò, se al-
lora era necessario soddisfare più i soldati che i 1. Per mantenere con sicurezza lo stato, alcuni
popoli, era perché i soldati avevano più potere che principi hanno disarmato i loro sudditi; altri hanno
i popoli. Ora è più impellente per tutti i principi, tenuto divise le terre a loro soggette; alcuni hanno
eccetto che per il turco ed il sultano d’Egitto, sod- nutrito inimicizie contro se stessi; altri si sono ri-
disfare i popoli più che i soldati, perché i popoli volti a guadagnarsi quelli che erano loro sospetti
possono più di quelli. Io ho escluso il turco, poiché nel principio del loro stato; alcuni hanno edificato
costui tiene sempre intorno a sé dodici mila fanti e fortezze; altri le hanno rovinate e distrutte. E, ben-
15 mila cavalli, dai quali dipende la sicurezza e la ché di tutte queste cose non vi possa dare valuta-
fortezza del suo regno. Ed è necessario che, messo zione precisa, se non si scende ai particolari di
da parte ogni rispetto verso qualcun altro, quel si- quegli stati dove si dovesse pigliare una simile de-
gnore se li mantenga amici. Similmente il regno del liberazione, non di meno io parlerò in quel modo
Sultano è tutto in mano dei soldati. Perciò convie- generale che la materia per sé stessa permette.
ne che anche lui, senza rispetto verso i popoli, se li 2. Non avvenne mai dunque che un principe nuovo
mantenga amici. Si può notare che lo stato del Sul- disarmasse i suoi sudditi; anzi, quando li ha trovati
tano è diverso da tutti gli altri principati e che è disarmati, li ha sempre armati; perché, armandoli,
simile al pontificato cristiano. Quest’ultimo non si quelle armi diventano tue, diventano fedeli quelli
può chiamare né principato ereditario né principato che ti sono sospetti, e quelli che erano fedeli si
nuovo, perché non i figli del principe vecchio sono mantengono tali e da sudditi si fanno tuoi partigia-
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 46
ni. E, poiché non si possono armare tutti i sudditi, debolezza del principe, perché in un principato ga-
quando si ricoprano di benefici quelli che tu armi, gliardo mai si permetteranno simili divisioni. Esse
con gli altri si può fare più a sicurezza: e quella danno profitto soltanto in tempo di pace, poiché
diversità del procedere che conoscono nei loro permettono di maneggiare più facilmente i sudditi.
confronti, li fa tuoi obbligati; quegli altri ti scusa- Ma, quando viene la guerra, simile ordine mostra
no, poiché giudicano che sia necessario che abbia- tutta la sua inadeguatezza.
no più merito coloro che hanno più pericolo e più 6. Senza dubbio i principi diventano grandi, quan-
obbligo. do superano le difficoltà e le opposizioni che sono
3. Ma, quando tu li disarmi, tu cominci ad offen- fatte contro di loro. Perciò la fortuna, soprattutto
derli, mostri che tu diffidi di loro o per viltà o per quando vuol fare grande un principe nuovo, il qua-
poca fede: e l’una e l’altra di queste opinioni pro- le ha maggior bisogno di acquistare reputazione
voca odio contro di te. E, perché tu non puoi stare che uno ereditario, gli fa nascere dei nemici, e gli
disarmato, conviene che ti volti alla milizia merce- fa compiere delle imprese contro costoro, affinché
naria, la quale è di quella qualità che di sopra si è egli abbia la possibilità di superarle, e possa salire
detto1. E, quando fosse buona, non può essere tan- più alto su per quella scala che gli hanno pòrto i
ta, che ti difenda da nemici potenti e da sudditi so- suoi nemici. Perciò molti giudicano che un principe
spetti. Perciò, come ho detto, un principe nuovo in savio deve, quando ne abbia la occasione, nutrirsi
un principato nuovo vi ha ordinato sempre le armi. con astuzia di qualche inimicizia, affinché, con la
Di questi esempi sono piene le storie. Ma, quando vittoria su di essa, consegua maggiore grandezza.
un principe acquista uno stato nuovo, che come 7. I principi, soprattutto quelli che sono nuovi,
membro si aggiunga al suo vecchio, allora è neces- hanno trovato più fedeltà e più utilità in quegli
sario disarmare quello stato, eccetto quelli che uomini che nel principio del loro stato sono stati
nell’acquistarlo sono stati tuoi partigiani; e quelli ritenuti sospetti, che in quelli che nel principio era-
ancora, con il tempo e con le occasioni, è necessa- no confidenti. Pandolfo Petrucci, principe di Siena,
rio renderli molli ed effeminati, ed ordinarsi in mo- reggeva il suo stato più con quelli che gli furono
do che tutte le armi del tuo stato siano in quei sol- sospetti che con gli altri. Ma questo caso non si
dati tuoi propri, che nello tuo stato antico vivono al può generalizzare, perché varia secondo i casi spe-
tuo fianco. cifici. Dirò soltanto questo: il principe con facilità
4. I nostri antichi e quelli che erano stimati saggi grandissima si potrà sempre guadagnare quegli
solevano dire che era necessario tenere Pistoia con uomini che nel principio di un principato erano sta-
le fazioni politiche2 e Pisa con le fortezze; e per ti nemici, che sono di qualità che a mantenersi ab-
questo nutrivano in qualche terra loro suddita le biano bisogno di appoggiarsi. Essi sono maggior-
differenze, per possederle più facilmente. Questo mente forzati a servirlo con fedeltà, quanto più co-
doveva essere ben fatto in quelli tempi in cui noscano che devono cancellare con le opere
l’Italia era bilanciata in un certo modo3; ma non quell’opinione sinistra che si aveva di loro. Così il
credo che si possa dare oggi per precetto: perché principe trae da essi sempre più utilità, che da co-
io non credo che le divisioni facciano mai bene al- loro che, servendolo con troppa sicurezza, trascu-
cuno; anzi è necessario, quando il nemico si acco- rano le sue cose.
sta che le città divise si perdano subito; perché 8. E, poiché la materia lo richiede, non voglio la-
sempre la parte più debole si unirà alle forze ester- sciare indietro di ricordare ai principi, che hanno
ne, e l’altra non potrà reggere. conquistato di recente uno stato mediante favori
5. I veneziani, mossi, come io credo, dalle ragioni avuti dal suo interno, che considerino bene quale
descritte più sopra, nutrivano le sètte guelfe e ghi- causa abbia spinto quelli che lo hanno favorito, a
belline nelle città loro suddite; e benché non le la- favorirlo. E, se essa non è affezione naturale verso
sciassero mai venire al sangue, tuttavia nutrivano di loro, ma fosse soltanto perché quelli non si ac-
fra loro questi dispareri, affinché, occupati quelli contentavano di quello stato, con grande fatica e
cittadini in quelle loro differenze, non si unissero grande difficoltà se li potrà mantenere amici, per-
contro di loro. Il che, come si vide, non tornò loro ché sarà impossibile che egli possa accontentarli.
poi a proposito; perché essendo sconfitti a Vailà, E, discutendo bene la cagione di questo con quegli
subito una parte di quelle prese ardire, e tolsero esempi che si traggono dagli avvenimenti antichi e
loro tutto lo stato4. Pertanto simili modi rivelano la moderni, vedrà essergli molto più facile guada-
gnarsi amici quelli uomini che dello stato prece-
1
dente si accontentavano, e perciò erano suoi nemi-
Cap. XIII. ci, che quelli che, per il fatto di non accontentarse-
2
Cioè con le discordie intestine che dividevano la città. ne, gli diventarono amici e lo favorirono ad occu-
3
Il periodo che va dalla pace di Lodi (1454) alla morte parlo.
di Lorenzo de’ Medici (1492) e alla conseguente discesa 9. Per poter tenere più sicuramente il loro stato, è
di Carlo VIII in Italia (1494). stata consuetudine dei principi edificare fortezze,
4
Dopo la sconfitta di Vailate (o Agnadello, 1509) si ri- che siano la briglia e il freno di quelli che dise-
bellano Brescia e Verona, poi Vicenza e Padova.
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 47
gnassero di assalirli, ed avere un rifugio sicuro da
uno attacco improvviso. Io lodo questo modo, per- Capitolo 21. Quod principem de-
ché esso è usitato ab antico1: non di meno messer ceat ut egregius habeatur.
Niccolò Vitelli, nei tempi nostri, si è visto costretto [Che cosa deve fare un principe per essere stima-
a disfare due fortezze in Città di Castello, per man- to.]
tenere quello stato2. Guido Ubaldo, duca di Urbi-
no, ritornato nel suo dominio, da dove Cesare Bor- 1. Nessuna cosa fa tanto stimare un principe, quan-
gia l’aveva cacciato, rovinò funditus3 tutte le for- to fanno le grandi imprese e il dare di sé rari e-
tezze di quella provincia, e giudicò che senza di sempli. Noi abbiamo nei nostri tempi Ferdinando
esse più difficilmente avrebbe riperso lo stato. I di Aragona, presente re di Spagna. Costui si può
Bentivogli, ritornati a Bologna, si comportarono al- chiamare quasi principe nuovo, perché, da re debo-
lo stesso modo. Le fortezze quindi sono utili o no, le che era, è diventato per fama e per gloria il pri-
secondo i tempi. Se ti fanno bene in una parte, ti mo re dei cristiani. E, se considererete le sue azio-
offendono in un’altra. Si può discutere questa parte ni, le troverete tutte grandissime e qualcuna straor-
così: quel principe che ha più paura dei popoli che dinaria. Agli inizi del suo regno egli assalì il regno
dei forestieri, deve costruire le fortezze; ma quello di Granada6. Quell’impresa fu il fondamento dello
che ha più paura dei forestieri che dei popoli, deve suo stato. Prima, egli la fece in un momento di pa-
lasciarle perdere. Alla casa degli Sforza ha fatto e ce interna e senza il timore di essere impedito: ten-
farà più guerra il castello di Milano, che vi edificò ne occupati in quella gli animi di quei baroni di
Francesco Sforza, che alcun altro disordine di Castiglia, i quali, pensando a quella guerra, non
quello stato. Perciò la migliore fortezza che sia è pensavano a congiurare contro di lui. Ed egli ac-
quella di non essere odiato dal popolo; perché, an- quistava in quel modo reputazione e autorità sopra
cora che tu abbia le fortezze ed il popolo ti abbia di loro, che non se ne accorgevano. Poté nutrire il
in odio, esse non ti salvano; perché non mancano suo esercito con i danari della Chiesa e della po-
mai ai popoli, una volta che siano stati disarmati, polazione. Poté addestrare, con quella lunga guer-
forestieri che li soccorrano. Nei tempi nostri non si ra, la sua milizia, che poi lo ha onorato. Oltre a
vede che quelle abbiano recato profitto ad alcun questo, per poter intraprendere maggiori imprese,
principe, se non alla contessa di Forlì, quando fu servendosi sempre della religione, si abbandonò
ucciso il conte Girolamo Riario suo consorte 4; per- alla pratica della pietà e, nello stesso tempo, della
ché mediante quella poté fuggire l’assalto del po- crudeltà, spogliando e cacciando dal suo regno i
polo, aspettare il soccorso da Milano, e recuperare marrani7. Questo esempio non può essere degno di
lo stato. I tempi stavano allora in modo, che il fo- maggior compassione né può essere più unico. Con
restiere non poteva soccorrere il popolo. Ma poi le lo stesso pretesto assalì l’Africa; fece l’impresa di
fortezze si dimostrarono ancora poco utili, quando Italia; ha ultimamente assalito la Francia8. In que-
Cesare Borgia la assalì e il popolo suo nemico si sto modo ha sempre fatto e ordito cose grandi. Es-
congiunse con i forestieri5. Pertanto allora e prima se hanno sempre tenuto sospesi ed ammirati gli a-
sarebbe stato per lei più sicuro non essere odiata nimi dei sudditi e occupati nell’esito di esse. Que-
dal popolo, che avere le fortezze. Considerate ste sue azioni si sono succedute una di séguito
dunque tutte queste cose, io loderò chi farà le for- all’altra in modo che, fra l’una e l’altra, non ha mai
tezze e chi non le farà, e biasimerò chiunque, fi- dato spazio agli uomini di poter operare con suffi-
dandosi delle fortezze, stimerà poco essere odiato ciente tranquillità contro di lui.
dai popoli. 2. Giova ancora assai a un principe dare di sé e-
------------------------------I☺I----------------------------- sempi rari circa governi di dentro, simili a quelli
che si narrano di messer Bernabò Visconti da Mi-
lano, quando si ha l’occasione di qualcuno che o-
peri qualche cosa straordinaria, o in bene o in ma-
le, nella vita civile, e pigliare uno modo, circa
premiarlo o punirlo, di che s’abbia a parlare assai.
E sopra tutto un principe si deve impegnare di dare

6
La conquista del regno moresco di Granada avviene in
1
Fin dall’antichità. dodici anni (1480-92).
2 7
Cacciato da papa Sisto IV (1474), rientra nei suoi pos- Gli ebrei e i maomettani convertiti al cristianesimo.
sedimenti con l’aiuto dei fiorentini (1482) e subito di- Erano chiamati marrani, cioè porci, perché si rifiutava-
strugge le fortezze erette dal papa. no di mangiare carne di maiale.
3 8
Fin dalle fondamenta. Nel 1509 occupa alcuni punti della costa tunisina. Di-
4
Nella congiura del 14 aprile 1488. venta re del regno di Napoli (1502-04), infine cerca di
5
15-21 dicembre 1499. impossessarsi della Navarra (1512).
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 48
di sé in ogni sua azione fama di uomo grande e di [di colui che vince], è tanto maggiore prudenza
uomo eccellente. l’allearsi; perché tu vai alla rovina di uno con
3. È ancora stimato un principe, quando si compor- l’aiuto di chi lo dovrebbe salvare, se fosse saggio;
ta da vero amico e da vero nemico, cioè quando e, vincendo, rimane a tua discrezione, ed è impos-
senza alcuno rispetto si scopre in favore di qualcu- sibile, con il tuo aiuto, che non vinca.
no contro qualcun altro. Questa decisione sarà 6. Qui si deve notare che un principe deve avere
sempre più utile che restare neutrale, perché, se l’accortezza di non fare mai compagnia con uno
due potenti tuoi vicini vengono alle mani, o sono di più potente di lui per offendere altri, se non quando
qualità che, vincendo uno di quelli, tu abbia a te- la necessità lo costringe, come più sopra si dice;
mere il vincitore, o no. In ambedue i casi ti sarà perché, vincendo, rimani suo prigioniero: e i prin-
sempre più utile lo scoprirti e fare buona guerra. cipi devono fuggire, quanto possono, lo stare a di-
Nel primo caso, se non ti scopri, sarai sempre pre- screzione di altri. I veneziani si accompagnarono
da di chi vince, con piacere e soddisfazione di co- con Francia contro il duca di Milano, e potevano
lui che è stato vinto, e non hai ragione né cosa al- evitare di fare quella compagnia. Essa provocò la
cuna che ti difenda né che ti dia protezione. Chi loro rovina loro. Ma, quando non si può fuggirla,
vince non vuole amici sospetti e che non lo aiutino come avvenne ai fiorentini, quando il papa e la
nelle avversità. Chi perde non ti riceve, poiché tu Spagna andarono con gli eserciti ad assalire la
non hai voluto correre la sua fortuna con le armi in Lombardia3, allora il principe vi deve aderire per le
mano. ragioni sopra dette4. Né creda mai alcuno stato po-
4. Antioco era passato in Grecia, mandato dagli tere pigliare partiti sicuri, anzi pensi di avere a
etoli per cacciare i romani. Antioco inviò amba- prenderli tutti dubbi; perché si trova questo
sciatori agli Achei, che erano amici dei romani, per nell’ordine delle cose, che mai non si cerca di fug-
convincerli a restare neutrali. Dall’altra parte i ro- gire un inconveniente che non si incorra in un altro.
mani li invitavano a pigliare le armi e a schierarsi Ma la prudenza consiste nel saper riconoscere le
con loro. La decisione fu presa nell’assemblea de- qualità degli inconvenienti, e nel pigliare il meno
gli Achei, dove il legato di Antioco li invitava a tristo per buono.
restare neutrali. Al che il legato romano rispose: 7. Un principe deve ancora mostrarsi amante delle
virtù ed onorare coloro che sono eccellenti in una
“Quod autem isti dicunt non interponendi vos bello, nihil arte. Subito dopo, deve animare i suoi cittadini di
magis alienum rebus vestris est; sine gratia, sine dignita- potere quietamente esercitare le loro attività pro-
te, praemium victoris eritis”1. fessionali nei commerci come nell’agricoltura, ed
in ogni altra attività umana, e che quello non tema
5. Succederà sempre che colui che non ti è amico di ampliare i suoi possedimenti per timore che le
cercherà la neutralità; e quello che ti è amico chie- gli siano tolti e quell’altro di aprire un traffico per
derà che ti scopra con le armi. Per fuggire i presen- paura delle taglie5. Deve invece preparare premi a
ti pericoli, i principi indecisi seguono il più delle chi vuol dedicarsi a queste attività e a qualunque
volte la soluzione della neutralità. E il più delle pensa, in qualunque modo, di abbellire la sua città
volte vanno incontro alla loro rovina. Ma, quando o il suo stato. Oltre a questo, nei tempi convenienti
il principe si scopre gagliardamente in favore di dell’anno deve tenere occupata la popolazione con
una parte, se colui con cui tu ti allei vince, anche le feste e gli spettacoli. E, poiché ogni città è divi-
se è potente e tu rimani alla sua discrezione, egli sa in corporazioni o in quartieri, deve tenere conto
ha con te un obbligo, e vi è contratto l’amore 2; e gli di quelle associazioni, radunarsi con loro qualche
uomini non sono mai così disonesti, che con tanto volta, dare di sé esempi di umanità e di munificen-
esempio di ingratitudine ti opprimano. E poi le vit- za, tenendo sempre ferma non di meno la maestà
torie non sono mai così nette, che il vincitore non della sua dignità, perché questo non deve mai
debba avere qualche rispetto, soprattutto alla giu- mancare in cosa alcuna.
stizia. Ma, se quello con il quale tu ti allei perde, ------------------------------I☺I-----------------------------
tu sei ricevuto da lui. E, mentre può, ti aiuta, e di-
venti compagno di una fortuna che può risorgere.
Nel secondo caso, quando quelli che combattono
insieme sono di qualità che tu non abbia a temere

1 3
“Quanto a ciò che essi dicono di non schierarvi in que- Lega Santa (11 ottobre 1511).
4
sta guerra, niente è più lontano dai vostri interessi; e Durante la guerra tra Lega Santa e francesi la repubbli-
senza gratitudine, senza dignità sarete il premio per il ca fiorentina resta neutrale. Dopo la sconfitta dei france-
vincitore” (Livio, Historiae romanae decades, XXXV, si a Ravenna (1512) è aggredita dalle truppe spagnole e
49). pontificie, che riportano al potere i Medici. Machiavelli,
2
La riconoscenza, che è un sentimento (o una passione) messo da parte, si dedica alla stesura del Principe.
5
dell’animo e che diventa un vincolo morale. Balzelli, imposte.
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 49
Capitolo 22. De his quos a secre- Quando le cose stanno altrimenti, il fine sempre
tis principes habent. sarà dannoso o per l’uno o per l’altro.
[I segretari che i principi hanno al loro fianco.] ------------------------------I☺I-----------------------------

1. Per un principe non è di poca importanza la Capitolo 23. Quomodo adulatores


scelta dei ministri. Essi sono buoni o no, secondo sint fugiendi.
la prudenza del principe. La prima congettura che [In che modo si debbano fuggire gli adulatori.]
si fa sulle capacità di governo di un signore è quel-
la di vedere quali uomini ha intorno a sé. E, quan- 1. Non voglio lasciare indietro un punto importante
do essi sono capaci e fedeli, si può sempre repu- e un errore dal quale i principi con difficoltà si di-
tarlo savio, perché ha saputo riconoscere quelli che fendono, se non sono prudentissimi o se non fanno
sono capaci e poi ha saputo mantenerli fedeli. Ma, buona scelta: gli adulatori. Le corti ne sono sempre
quando essi sono altrimenti, si può sempre dare un piene. Gli uomini si compiacciono a tal punto nelle
giudizio non positivo su di lui, perché il primo er- cose loro proprie e in tal modo vi si ingannano, che
rore che fa, lo fa in questa scelta. con difficoltà si difendono da questa razza pestife-
2. Tutti coloro che conoscevano messer Antonio ra. E, a volersene difendere, si corre il rischio di
Giordani da Venafro per ministro di Pandolfo Pe- diventare oggetto i disprezzo. Esiste un solo modo
trucci, principe di Siena giudicavano che Pandolfo per guardarsi dalle adulazioni: gli uomini devono
era un uomo assai valente, poiché lo aveva come capire che non ti offendono quando ti dicono il ve-
ministro. Ci sono tre tipi diversi di capacità di go- ro. Ma, quando ciascuno può dirti il vero, perdi il
verno1. Il primo capisce da sé ed è autosufficiente, rispetto. Pertanto un principe prudente deve tenere
il secondo capisce soltanto quello che altri ha capi- un terzo atteggiamento: nel suo stato deve sceglie-
to, il terzo non capisce né da sé né con l’aiuto di re uomini saggi, e soltanto ad essi deve concedere
terzi. Il primo è davvero eccellente, il secondo sol- il libero arbitrio di dirgli la verità, e soltanto su
tanto eccellente, il terzo inutile. Pertanto per forza quegli argomenti di cui chiede e non su altri. Ma
di cose conveniva che Pandolfo, se non rientrava deve chiedere di ogni cosa e ascoltare attentamente
nel primo grado, rientrasse nel secondo. Insomma le loro opinioni. Poi deve decidere da sé e a suo
ogni volta che un principe ritiene di conoscere il modo. Con questi consigli e con ciascuno di loro
bene o il male che un ministro fa e dice (anche se deve comportarsi in modo tale che ognuno conosca
non ha un’intelligenza originale), deve saper valu- che quanto più liberamente parlerà, tanto più sarà
tare le opere tristi e le opere buone del ministro. ben accetto. Fuori di quegli argomenti deve rifiu-
Deve saper esaltare le prime e correggere le se- tarsi di ascoltare qualsiasi opinione e qualsiasi re-
conde. Da parte sua il ministro non può sperare di lazione. Poi deve seguire la decisione presa e deve
ingannarlo, perciò si mantiene buono. rimanere ostinatamente fedele ad essa. Chi si com-
3. Per conoscere il ministro, un principe ha questo porta in modo diverso o si rovina a causa degli a-
modo, che non sbaglia mai. Quando tu vedi che il dulatori o muta spesso convinzione per il variare
ministro pensa più a sé che a te e quando vedi che dei pareri. Tutto ciò fa sì che egli sia poco stimato.
in tutte le azioni ricerca il suo utile, puoi conclude- 2. Io voglio a questo proposito riportare un esem-
re che costui, con queste caratteristiche, non sarà pio moderno. L’arcivescovo Luca Rinaldi, uomo di
mai un buon ministro, me ai te ne potrai fidare: chi Massimiliano, l’attuale imperatore di Germania,
ha in mano lo stato di un principe, non deve pensa- parlando di sua maestà riferì che non si consigliava
re mai a se stesso, ma sempre al principe, né gli con alcuno e che non faceva mai niente a suo mo-
deve ricordare mai cosa che non lo riguardi. do. Ciò nasceva dal fatto che si comportava in
D’altro canto il principe, per mantenerlo buono, modo contrario a quello sopra indicato. L’impera-
deve preoccuparsi del ministro, deve ricoprirlo di tore è un uomo che decide tutto da solo: non co-
onori, deve farlo ricco, deve obbligarlo nei suoi munica i suoi disegni ad alcuno né ascolta i sugge-
confronti, deve dividere con lui gli onori e gli inca- rimenti che gli sono dati. Ma i suoi disegni, non
richi di responsabilità. Soltanto così il ministro ve- appena, nel metterli in pratica, si cominciano a co-
de che non può stare senza lui. In tal modo gli ono- noscere e a scoprire, suscitano un’opposizione
ri elevati non gli fanno desiderare altri onori, le sempre più forte da parte di coloro che egli ha in-
ricchezze elevate non gli fanno desiderare altre ric- torno a sé. Ed egli, da uomo superficiale qual è, li
chezze, gli incarichi prestigiosi gli fanno temerei abbandona. Da ciò consegue che quel che fa un
possibili cambiamenti. Quando i ministri e i prin- giorno, disfa il giorno seguente; e che non si com-
cipi in relazione ai ministri hanno queste caratteri- prenda mai quello che voglia o si proponga di fare.
stiche, essi possono confidare l’uno dell’altro. Da ciò consegue infine che non ci si può fondare
sopra le sue decisioni.
3. Pertanto un principe deve chiedere sempre con-
1
Machiavelli prende da Livio, Historiae romanae de- sigli, ma quando vuole lui e non quando vogliono i
cades, XXII, 29. suoi collaboratori. Anzi deve togliere loro
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 50
l’abitudine di dar consigli, se non li richiede espli- poli1, il duca di Milano2 ed altri, troverà che essi
citamente. Tuttavia egli deve essere largo di do- avevano, in primo luogo, un difetto comune quanto
mande, poi deve essere estremamente paziente ad alle armi3, per le cause che di sopra si sono di-
ascoltare le risposte. Anzi, se si accorge che qual- scusse4. In secondo luogo vedrà che qualcuno di
cuno per rispetto verso di lui non è largo né esau- loro o avrà avuto nemici i popoli o, se avrà avuto
stivo nelle risposte, deve turbarsi e trovare sùbito il popolo amico, non si sarà saputo assicurare i
un rimedio. E, poiché molti stimano che qualche grandi. Senza questi difetti non si perdono gli stati
principe, che dà di sé l’immagine di prudente, sia che abbiano tanto nervo da poter tenere un esercito
così ritenuto non per le sue capacità, ma per i buo- per fare una campagna militare. Filippo il Macedo-
ni consiglieri che ha intorno a sé, senza dubbio ne, non il padre di Alessandro, ma quello che fu
s’inganna. Questa è una regola generale che non vinto da Tito Quinto5, aveva non molto stato, ri-
sbaglia mai: un principe, che non sia saggio per le spetto alla grandezza dei romani e dei greci che lo
sue capacità, può essere consigliato positivamente, assalirono. Non dimeno, poiché era un militare, sa-
soltanto se per destino ha già un consigliere, che in peva intrattenere il popolo e avere l’appoggio dei
tutto lo governasse, che fosse uomo prudentissimo. grandi, sostenne per più anni la guerra contro di es-
In questo caso potrebbe bene essere, ma durerebbe si. Tuttavia, se alla fine perse il dominio su qual-
poco, perché quel governatore in breve tempo gli che città, non perse il regno.
toglierebbe lo stato; ma, consigliandosi con più 3. Pertanto questi nostri principi, che erano stati
d’uno, un principe che non sia saggio non avrà mai per molti anni nel loro principato, non accusino la
i consigli uniti, non saprà per sé stesso unirli: di fortuna per averlo poi perso, ma la loro ignavia.
consiglieri, ciascuno penserà alla sua proprietà; lui Nei tempi tranquilli essi non hanno mai pensato
non li saprà correggere, né conoscere. E non si che ci possono essere dei rivolgimenti (è un difetto
possono trovare altrimenti; perché gli uomini sem- comune degli uomini, quello di non fare conto nella
pre ti riusciranno tristi, se non sono fatti buoni da bonaccia della tempesta). Poi, quando vennero i
una necessità. La conclusione è questa: i buoni tempi avversi, pensarono di fuggirsi e non di difen-
consigli, da chiunque vengano, devono necessaria- dersi. E sperarono che i popoli, infastiditi dall’in-
mente nascere dalla prudenza del principe. Non solenza di vincitori, li richiamassero. Questa deci-
deve mai succedere che la prudenza del principe sione, quando mancano altre prospettive, è buona.
nasca dai buoni consigli. Ma è veramente dannoso avere lasciato gli altri ri-
------------------------------I☺I----------------------------- medi per quello: non si vorrebbe mai cadere, per
credere di trovare chi ti raccolga. Il che o non av-
Capitolo 24. Cur Italiae principes viene o, se avviene, non è con tua sicurezza, poi-
regnum amiserunt. ché quella difesa si è dimostrata vile e poiché essa
[Per quale causa i principi italiani hanno perso i non dipendeva da te. Sono buone, sono certe, sono
loro stati.] durevoli solamente quelle difese, che dipendono
proprio da te e dalla tua virtù.
1. Le cose descritte più sopra, osservate pruden- ------------------------------I☺I-----------------------------
temente, fanno parere, un principe nuovo antico, e
lo rendono sùbito più sicuro e più fermo nello sta- Capitolo 25. Quantum fortuna in
to, che se vi si fosse consolidato da tempo antico rebus humanis possit, et quomo-
entro. Un principe nuovo è osservato nelle sue a- do illi sit occurrendum.
zioni molto più che un principe ereditario. E, quan- [Quanto può la fortuna nelle azioni umane e in che
do esse sono riconosciute virtuose, pigliano molto modo debba essere affrontata.]
più gli uomini e molto più li obbligano che il san-
gue antico. Gli uomini sono molto più presi dalle 1. Non ignoro che molti sono stati e sono dell’o-
cose presenti che dalle passate; e, quando nelle pinione che le cose del mondo siano governate dal-
presenti trovano il bene, vi si godono e non cerca- la fortuna o da Dio in modo tale, che gli uomini
no altro. Anzi piglieranno ogni difesa per lui, con la loro prudenza non possano modificarle, e
quando non manchi nelle altre cose a sé medesimo. che anzi non vi abbiano alcun rimedio. Perciò essi
E così avrà duplice gloria: ha dato principio a un potrebbero giudicare che non ci si debba impegna-
principato nuovo; e lo ha ornato e corroborato di re a fondo per [modificare] la realtà, ma che ci si
buone legge, di buone armi, di buoni amici e di debba lasciar governare dalla sorte. Questa opi-
buoni esempi. Ugualmente ha duplicato la vergo-
gna colui che è nato principe e che poi ha perduto 1
Federico d’Aragona, sconfitto da Luigi XII, re di Fran-
lo stato per la sua poca prudenza. cia, e da Ferdinando il Cattolico, re di Spagna.
2. Chi considera quei signori che in Italia hanno 2
Ludovico il Moro, sconfitto da Luigi XII re di Francia.
perduto lo stato ai nostri tempi, come il re di Na- 3
All’organizzazione militare.
4
Cap. XIII e cap. XIV.
5
A Cinoscefale, in Grecia (197 a.C.).
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 51
nione è stata professata soprattutto ai nostri tempi, milmente si vedono ottenere ugualmente buoni ri-
a causa dei grandi mutamenti della situazione poli- sultati due [individui] che hanno applicato princìpi
tica che si sono visti e che si vedono ogni giorno, diversi, essendo l’uno cauto, l’altro impetuoso. Ciò
fuori di ogni capacità umana di prevederli. Pen- dipende semplicemente dalle caratteristiche dei
sando a ciò, io talvolta mi sono in qualche modo tempi, che si adattano o che non si adattano al
inclinato verso questa opinione. [modo di] procedere degli interessati. Da qui na-
2. Tuttavia, affinché il nostro libero arbitrio non sia sce ciò che ho detto, cioè che due, operando in
negato, giudico che possa esser vero che la fortuna modo uguale, raggiungono uno il fine, l’altro no.
sia arbitra della metà delle nostre azioni e che lasci 6. Da questo ancora dipende il variare della fortu-
governare a noi l’altra metà, o quasi. E paragono na umana, perché un principe, se governa con cau-
quella ad uno di quei fiumi rovinosi, che, quando tela e con pazienza e se i tempi e le cose girano in
si adirano (=si ingrossano e rompono gli argini), modo che il suo governo sia buono, allora ottiene
allagano la pianura, sradicano gli alberi e distrug- buoni risultati; ma, se i tempi e le cose mutano, e-
gono gli edifici, levano da questa parte terreno e lo gli rovina, perché non muta il suo modo di proce-
pongono dall’altra. Ciascuno fugge davanti ad essi, dere. Né si trova un uomo così prudente, che si
ognuno cede al loro impeto, senza potervi in alcun sappia adattare a questi mutamenti; sia perché non
modo resistere. E, benché siano fatti così (=per na- possiamo deviare da quella direzione verso la qua-
tura violenti), nulla impedisce che gli uomini, le la nostra natura ci inclina, sia anche perché, a-
quando i tempi sono tranquilli, possano prendere vendo sempre camminato per una certa strada, non
provvedimenti con ripari e con argini, in modo che riusciamo a persuaderci ad abbandonarla. Perciò
essi, quando crescono, sfoghino [la furia delle loro l’uomo cauto, quando è giunto il tempo di usare
acque] per un canale o non avrebbero un impeto l’impeto, non lo sa fare, perciò rovina; invece, se
così sfrenato e così dannoso. mutasse natura in relazione al mutare dei tempi e
3. In modo simile si comporta la fortuna, la quale delle cose, manterrebbe la fortuna.
dimostra la sua potenza dove non c’è alcuna virtù 7. Papa Giulio II procedette impetuosamente in o-
(=forza) impegnata [consapevolmente] a resisterle; gni sua cosa; e trovò i tempi e le cose conformi a
e rivolge il suo impeto proprio lì dove essa sa che questo suo modo di procedere a tal punto, che ot-
non sono stati costruiti gli argini ed i ripari per tenne sempre buoni risultati. Considerate la prima
contenerla. E, se voi considerate l’Italia, vedrete impresa che fece a Bologna, quando era ancora vi-
che essa è una campagna senza argini e senz’alcun vo messer Giovanni Bentivogli1. I veneziani non
riparo; perché, se essa fosse difesa da un’adeguata approvavano l’impresa e nemmeno l’approvava il
virtù (=forza militare), come la Germania, la Spa- re di Spagna. Con la Francia egli era in trattative.
gna e la Francia, questa piena (=le invasioni stra- E tuttavia con la sua ferocia2 e con il suo impeto
niere) non avrebbe provocato i grandi mutamenti prese parte personalmente a quell’impresa. Questa
che ci sono stati oppure non sarebbe nemmeno av- sua mossa fece stare incerti e fermi3 sia gli spagno-
venuta. E voglio che basti aver detto questo per li sia i veneziani; questi per paura, quelli per il de-
quanto riguarda l[a possibilità di] opporsi alla for- siderio che avevano di rioccupare il regno di Na-
tuna in generale. poli. Inoltre egli si tirò pure dietro il re di Francia,
4. Ma, restringendomi ai casi particolari, dico che il quale, vedendolo in azione e desiderando farselo
oggi si vede un principe ottenere buoni risultati e amico per abbattere i veneziani, giudicò di non po-
domani rovinare senza avergli visto mutare natura tergli negare il suo aiuto senza offenderlo in modo
o qualità alcuna. Io credo che ciò dipenda in primo esplicito. Perciò Giulio II con la sua azione impe-
luogo dalle cause che si sono lungamente discusse tuosa ottenne un risultato che nessun altro pontefi-
più sopra, cioè che quel principe, che si affida ce con tutta la sua umana prudenza avrebbe mai
completamente alla fortuna, va in rovina, non ap- ottenuto; perché egli, se aspettava di partire da
pena essa varia. Credo inoltre che ottenga buoni Roma con gli accordi fatti e con le cose ordinate,
risultati quel [principe] che adatta il suo modo di come qualunque altro pontefice avrebbe fatto, non
procedere alle caratteristiche dei tempi e che si- avrebbe mai ottenuto quei risultati: il re di Francia
milmente non ottenga buoni risultati quello che non avrebbe avuto mille scuse e gli altri gli avrebbero
adatta il suo modo di procedere ai tempi. messo mille paure. Io voglio lasciar stare le altre
5. Perché si vede che gli uomini - nelle azioni che sue imprese, che sono state tutte simili a questa.
li conducono al fine che si sono prefissi, cioè glo- La brevità della sua vita non gli ha fatto provare il
ria e ricchezze - procedono in modi diversi: l’uno contrario, perché, se fossero giunti tempi che ri-
con cautela, l’altro con impeto; l’uno con violenza, chiedessero di procedere con cautela, avrebbe co-
l’altro con arte; l’uno con pazienza, l’altro con im- nosciuto la sua rovina. Né mai avrebbe deviato da
pazienza. E ciascuno vi (=alla gloria ed alle ric-
chezze) può pervenire con questi diversi modi [di 1
procedere]. Si vedono poi due individui cauti, uno Il signore della città.
2
Determinazione.
[dei quali] raggiunge il suo scopo, l’altro no. E si- 3
Li aveva colti di sorpresa.
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 52
quei modi [di procedere] ai quali la natura lo incli- la fortuna. Perciò l’Italia, come se fosse rimasta
nava. senza vita, aspetta chi le sani le ferite, ponga fine
8. Concludo dunque che gli uomini, poiché la for- ai saccheggi che hanno devastato la Lombardia e ai
tuna cambia e poiché essi restano attaccati ostina- tributi che devono pagare il Regno di Napoli e la
tamente ai loro modi di procedere, ottengono buoni Toscana, e la guarisca da quelle piaghe che ormai
risultati, finché concordano con la fortuna 1; non li da tempo sono aperte. Si vede come essa prega
ottengono più, quando non concordano più con es- Dio affinché Egli le mandi qualcuno che la liberi
sa. Io giudico bene questo: è meglio essere impe- dalle atrocità e dalle violenze commesse da poten-
tuosi che cauti, perché la fortuna è donna ed è ne- ze straniere. Si vede pure che essa è tutta pronta a
cessario, volendola sottomettere alla propria vo- seguire una bandiera, purché ci sia qualcuno che la
lontà, batterla e spingerla. E si vede che essa si la- innalzi e si faccia seguire. Né al presente si vede
scia vincere più facilmente da questi che non da nessun altro, in cui l’Italia possa sperare, se non il
coloro che procedono con la fredda ragione. Perciò Vostro4 illustre casato, il quale con la sua fortuna
sempre, come donna, è amica dei giovani, i quali ed il suo valore, avendo il favore di Dio e della
sono meno cauti e più feroci (=risoluti, decisi) Chiesa, alla quale ha dato ora un papa 5, possa gui-
[degli uomini maturi e perciò più cauti e meno ar- dare e attuare la liberazione dallo straniero. Ciò
diti] e con più audacia la comandano. non sarà molto difficile, se avrete davanti a voi,
------------------------------I☺I----------------------------- come modello, le azioni e la vita dei soprannomi-
nati6. E, benché quegli uomini siano rari e straordi-
Capitolo 26. Exhortatio ad capes- nari, tuttavia furono uomini, e ciascuno di loro eb-
sendam Italiam in libertatemque be un’occasione meno favorevole di questa occa-
a barbaris vindicandam. sione presente; e la loro impresa non fu più giusta
[Esortazione a pigliare l’Italia e a liberarla dalle di questa, né più facile, né Dio fu più favorevole a
mani di barbari.] loro che a voi. Qui sta la giustizia più grande:

1. Tenendo dunque presenti tutte le cose preceden- “È giusta la guerra per chi è necessaria, e le armi sono
temente discusse e riflettendo dentro di me se in sante dove non c’è alcuna speranza se non nelle armi7”.
questo momento la situazione italiana è favorevole
all’affermarsi di un nuovo principe e se le circo- Il popolo italiano è dispostissimo [a prendere le
stanze possono permettere ad un uomo cauto e va- armi contro gli stranieri]; e, dove c’è grandissima
loroso di introdurre nuovi ordinamenti politici, che disponibilità, non può essere grande difficoltà [a
facciano onore a lui e giovino a tutti gli italiani, mi farsi seguire], purché la casa de’ Medici prenda
sembra che ci siano tanti elementi capaci di aiutare esempio da coloro che io ho proposto come model-
un principe nuovo, che non ricordo che ci sia stato li. Oltre a questo, qui si vedono avvenimenti stra-
un altro momento più adatto di questo. E, come io ordinari, senza precedenti, mandati da Dio: il mare
dissi2, se per vedere il valore di Mosè era necessa- si è aperto; una nuvola vi ha mostrato il cammino;
rio che il popolo ebraico fosse schiavo in Egitto; se la roccia ha fatto scorrere acqua; qui è piovuto la
per conoscere la grandezza d’animo di Ciro era ne- manna8; tutto contribuisce alla vostra grandezza [e
cessario che i persiani fossero oppressi dai medi; al vostro successo]. Voi dovete fare il resto. Dio
se per conoscere le grandi capacità di Teseo era non vuole fare ogni cosa, per non toglierci il libero
necessario che gli ateniesi fossero disorientati ed arbitrio e parte di quella gloria che tocca a noi.
incerti; così ora, per conoscere il valore di un per- 3. Non c’è da meravigliarsi se qualcuno dei sopra
sonaggio italiano, era necessario che l’Italia si ri- nominati italiani9 non ha potuto fare quello che si
ducesse nella situazione in cui è al presente, cioè può sperare che faccia l’illustre casa vostra. E, se
era necessario che fosse più schiava degli ebrei, in tante rivoluzioni avvenute di Italia e in tante e-
più serva dei persiani, più disorientata ed incerta sercitazioni belliche, pare sempre che in essa la
degli ateniesi; era necessario che fosse senza capo, virtù militare sia spenta. Questo nasce dal fatto
in preda al caos, sconfitta, saccheggiata, lacerata, che gli ordini antichi di essa non erano buoni e non
percorsa da eserciti nemici e che avesse subito o- c’è stato alcuno che abbia saputo trovarne di nuo-
gni specie di distruzione. vi. Nessuna cosa fa tanto onore a un uomo che
2. E, benché finora si sia potuto vedere qualche
indizio in qualcuno3, da far pensare che fosse stato 4
Di Lorenzino de’ Medici.
mandato da Dio a salvare l’Italia, tuttavia si è visto 5
Giovanni de’ Medici, divenuto papa con il nome di Le-
in seguito che nel momento decisivo delle sue im-
one X (1513).
prese questo personaggio è stato abbandonato dal- 6
Mosè, Ciro, Teseo.
7
Tito Livio, Storie, IX, 1.
1 8
Le circostanze. Gli esempi sono presi dalla Bibbia e riguardano il po-
2
Cap. VI. polo ebreo.
3 9
Cesare Borgia, detto il Valentino. Francesco Sforza e Cesare Borgia.
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 53
sorga dal nulla, quanto instaura le nuove leggi e i caso non si sia vista un’intera esperienza, tuttavia
nuovi ordinamenti politici, che egli ha saputo tro- se ne è veduto uno saggio nella battaglia di Raven-
vare. Queste cose, quando sono bene fondate e na, quando le fanterie spagnole si scontrarono con i
abbiano in loro la grandezza, lo fanno reverendo e battaglioni tedeschi, i quali osservano lo stesso or-
mirabile. In Italia non manca materia da introdurvi dine di combattimento dei battaglioni svizzeri. Gli
ogni forma. Qui è virtù grande nelle membra, spagnoli, con l’agilità del corpo e con aiuto dei lo-
quando essa non mancasse nei capi. Rispecchiatevi ro brocchieri4, erano entrati, tra le picche loro sot-
nei duelli e nei combattimenti fra pochi, quanto gli to, e stavano sicuri ad offenderli senza che i tede-
italiani siano superiori con le forze, con la destrez- schi vi avessero rimedio. E, se non fosse interve-
za, con l’ingegno. Ma, quando si passa agli eserci- nuta la cavalleria che li assalì, li avrebbero stermi-
ti, non si dimostrano all’altezza della situazione. nati tutti. Una volta che si è conosciuto il difetto
Tutto procede dalla debolezza dei capi. Quelli che dell’una e dell’altra di queste fanterie, si può dun-
sanno non sono obbediti. E a ciascuno pare di sa- que istituire una nuova fanteria, che sia capace di
pere. Finora non c’è stato alcuno che sia riuscito resistere alla cavalleria e che non abbia paura della
ad emergere sugli altri grazie alle sue virtù ma gra- fanteria. Il che si otterrà introducendo nuove armi e
zie anche alla fortuna, davanti al quale gli altri un nuovo tipo di schieramento. E queste sono le
principi si pieghino e lo seguano. Di qui nasce che, innovazioni che danno reputazione e grandezza a
in tanto tempo, in tante guerre fatte negli ultimi un principe nuovo.
vent’anni1, quando sul campo di battaglia è sceso 5. Non si deve dunque lasciar passare questa oc-
un esercito tutto italiano, ha fatto sempre mala casione, affinché l’Italia, dopo tanto tempo, veda
prova. Di ciò è testimone prima il Taro, poi Ales- un suo salvatore. Né posso esprimere con quale
sandria, Capua, Genova, Vailà, Bologna, Mestre2. amore egli sarebbe ricevuto in tutte quelle provin-
4. Pertanto, se l’illustre casa vostra vuole seguire cie che hanno patito per queste alluvioni5 esterne;
quegli eccellenti uomini che furono capaci di redi- con che sete di vendetta, con che ostinata fede, con
mere le loro provincie3, è necessario, innanzi a tut- che pietà, con che lacrime. Quali porte resterebbe-
te le altre cose, come vero fondamento di ogni im- ro chiuse davanti a lui? quali popolazioni gli ne-
presa, provvedersi di armi proprie, perché non si gherebbero l’obbedienza? Quale italiano gli neghe-
può avere né più fidi, né più veri, né migliori sol- rebbe l’ossequio? A ognuno puzza questo barbaro
dati. E, benché ciascuno di essi sia buono, tutti in- dominio. Pigli dunque l’illustre casa vostra questo
sieme diventeranno migliori, quando si vedranno compito con quell’animo e con quella speranza con
comandare dal loro principe e da quello onorare e cui si intraprendono le imprese giuste, affinché sot-
intrattenere. Pertanto è necessario prepararsi a to la sua bandiera questa patria sia nobilitata, e
queste armi, per potere difendersi dalli esterni con sotto i suoi auspici si verifichi quel detto di Pe-
la virtù italica. E, benché la fanteria svizzera e trarca:
spagnola sia stimata terribile, non di meno ambe-
6
due hanno un difetto, a causa del quale un terzo “La virtù [degli italiani] contro il furore [dei barbari]
tipo di esercito potrebbe non solamente opporsi prenderà le armi, e il combattimento sarà breve,
contro di loro ma anche confidare di superarli. Gli perché l’antico valore [dei romani]
spagnoli non possono sostenere l’attacco della ca- nel cuore degli italiani non è ancor morto 7”.
valleria, e gli svizzeri devono avere paura della
fanteria, quando riscontrano che nel combattimento
gli avversari sono ostinati come loro. Perciò si è
visto e si vedrà per esperienza che gli spagnoli non
possono sostenere l’attacco di una cavalleria fran-
cese, e gli svizzeri sono schiacciati dall’attacco di
una fanteria spagnola. E, benché di quest’ultimo
1
Cioè dalla calata di Carlo VIII in Italia (1494).
2
A Fornovo sul Taro (1495) le forze italiane, comandate
da Francesco Gonzaga, duca di Mantova, si scontrano
con l’esercito francese in ritirata, ma Carlo VIII riesce
ugualmente a riparare in Francia. Alessandria è conqui-
stata dai francesi nel 1499. Capua è saccheggiata dai
4
francesi nel 1501. Genova si consegna ai francesi nel Il brocchiere è un piccolo scudo che aveva uno sperone
1507. Vailate è abbandonata dal legato pontificio davan- al centro. Serviva per la difesa e per l’offesa.
5
ti all’avanzata dei francesi nel 1511. Mestre è incendiata Invasioni.
6
dal comandante ispano-pontificio Ramòn Folch de Car- Il valore militare degli italiani impugnerà le armi con-
dona prima della battaglia a La Motta, vicino a Vicenza, tro la furia selvaggia degli stranieri. Queste sono figure
nel 1513. retoriche, non è realtà effettuale.
3 7
Mosè, Ciro, Teseo, Romolo. Petrarca F., Canzoniere, CXXXVIII, 93-96.
Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 54
Vocabolarietto

giornate = battaglie
ordinare = organizzare
armi = esercito
cose = imprese
cosa = una forte pressione fiscale

Termini tecnici
armi = armati, esercito
terre = città fortificate
virtù = valore militare
cose è il latino res, che va bene per tutte le occa-
sioni
spegnere = ridurre all’impotenza con guerre, ucci-
sioni, confische, esilii

Machiavelli, Principe, a cura di P. Genesini 55

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