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Musica e tradizione orale nel Salento.

Le registrazioni di Alan Lomax e Diego Carpitella (agosto


1954)
Vincenzo Santoro 14 febbraio 2018 Nessun commentosu Musica e tradizione orale nel
Salento. Le registrazioni di Alan Lomax e Diego Carpitella (agosto 1954)

Musica e tradizione orale nel Salento è il titolo dell’ultima

preziosa pubblicazione dell’etnomusicologo Maurizio Agamennone (1), data alle stampe di


recente dalle benemerite edizioni Squilibri, che finalmente mette a disposizione di un vasto
pubblico il corpus integrale delle mitiche registrazioni effettuate in alcuni paesi del leccese,
nell’agosto del 1954, dal ricercatore americano Alan Lomax, affiancato da un giovane Diego
Carpitella.
La ricerca salentina faceva parte di un’ambiziosa campagna di ricognizione sulle “musiche
tradizionali” nelle regioni italiane, la prima del genere eseguita con strumenti e metodologie
moderne, a partire dall’uso sistematico delle registrazioni audio. L’etnomusicologo americano in
precedenza aveva effettuato dei fondamentali studi sulla musica del Sud degli Stati Uniti, e in
particolare su quella della comunità afroamericana, ‘scoprendo’ alcuni personaggi leggendari,
come Huddie Ledbetter detto “Leadbelly” e Muddy Waters (2), e realizzando una serie di
rilevazioni che poi confluiranno nella Biblioteca del Congresso. Negli anni dopo la guerra, anche
per sfuggire alle persecuzioni “maccartiste” a cui era soggetto in quanto militante della sinistra
radicale (3), aveva accettato un invito della BBC e si era trasferito in Inghilterra per condurre dei
programmi radiofonici dedicati alle musiche tradizionali. In quegli anni inoltre l’etichetta
discografica Columbia gli commissionò una serie di dischi sulle “musiche del mondo”, basate
su campagne di ricerche sul campo, che l’intraprendente americano cominciò a programmare e
ad attuare. La prima campagna di rilevazione riguardò, nel 1952, la Spagna; poi venne in Italia nel
1954-55, partendo – insieme a Diego Carpitella, giovane etnomusicologo destinato a brillante
carriera, che aveva già fatto delle esperienze importanti con Ernesto de Martino e con Alberto
Maria Cirese (4) – dalla Sicilia, risalendo lo Stivale fino al profondo Nord e poi ridiscendendo sulla
parte occidentale in un lungo e avventuroso viaggio che Lomax definirà come «l’anno più felice
della mia vita» (5).
Le registrazioni frutto del breve ma molto intenso passaggio salentino, che si svolse fra il 12 e il 17
agosto 1954, sono particolarmente importanti in quanto sono state effettuate prima che il
“progresso” e l’emigrazione di massa investissero questa allora remota zona dell’Italia,
sconvolgendone in maniera drammatica le dinamiche socio-colturali. I due ricercatori si trovarono
di fronte dunque a musicisti, cantatori e cantatrici nel pieno del loro vigore espressivo, che
facevano parte di comunità coese, in cui l’azione musicale era una pratica consueta e svolta
secondo codici condivisi.
I paesi coinvolti nella campagna di ricerca furono in
prevalenza Martano, Calimera, Galatonee Gallipoli. A questi si aggiunsero più episodicamente
altri luoghi: Lecce, Galatina, Muro Leccese e Corigliano d’Otranto. La maggior parte del tempo i
due documentaristi lo passano a Martano, dove registrarono una antologia di canti, che, secondo
Agamennone, risulta essere la più ampiamente rappresentativa delle pratiche musicali di una
comunità locale di tutta la spedizione italiana. Nei due paesi della Grecìa vennero documentati in
particolare un repertorio eseguito da una squadra di operai “cazzatori” (spaccapietre), che
cantavano durante il lavoro, e un preziosissimo corpus di canti legati alla pratica della
lamentazione funebre in grico, allora ancora episodicamente in uso, ma destinata a scomparire
del tutto in breve tempo. Queste mirabili testimonianze di un rito antichissimo, con evidenti radici
precristiane (6), vennero indagate in maniera particolarmente approfondita da Carpitella, che già
aveva studiato questo genere di repertori in altri contesti, sviluppando un vivace e proficuo
dialogo con le cantatrici/prefiche. A Galatone invece i due incontrarono una «singolarissima
esplosione carnevalesca nel pieno dell’estate», in cui venivano usati canti con espliciti riferimenti
politici (anzi, proprio elettorali), e registrarono, in un contesto festivo, una formidabile “pizzica-
pizzica”. A Gallipoli invece, si imbatterono in una squadra di suonatori che eseguiva un repertorio
con caratteristiche originali rispetto agli altri luoghi toccati dalla ricerca, dove era molto presente
la componente strumentale, e di cui facevano parte molti canti con riferimenti al mare e a temi
per così dire marinareschi (fra cui una versione, che dovrebbe essere la prima ad essere stata
registrata, de Lu rusciu de lu mare, uno degli inni musicali del Salento).
Nelle oltre tre ore di musica contenute nei cd allegati al libro viene fuori un quadro ricco e
composito della musica di tradizione orale del Salento, quasi, potremmo dire, “dalla culla alla
tomba”: le ninne nanne e i giochi con bambini, i canti maschili e femminili eseguiti in polifonia
durante il lavoro, canti d’amore e di nozze, canti narrativi, canti religiosi, canti d’autore ormai
assorbiti dalla tradizione orale (fra cui diverse versioni delle celeberrime Kali NItta e Aremu
Rindineddha-mu), fino ad arrivare ai moroloja, le lamentazioni funebri in grico. Spicca la quasi
totale assenza della pizzica-pizzica, presente in pochi episodi, anche se di altissima qualità
esecutiva, dato clamoroso se consideriamo invece come oggi, nel vortice del movimento
musicale salentino, questa musica, nelle sua intima connessione con la danza, sia considerata
quasi come un “marcatore identitario”. Agamennone mette invece in evidenza la presenza molto
cospicua di canti eseguiti da gruppi di persone in polifonia, modalità esecutiva che viene
individuata come un vero e proprio “‘habitus culturale”: «Allorché cantavano insieme, gli uomini
e le donne presenti nelle registrazioni dell’agosto 1954 esercitavano rapidamente una netta
separazione di ruoli, disponendosi in parti diverse simultanee, innescando relazioni e processi che
assumevano uno spiccato carattere sociale, oltre che musicale». Un “fare musica insieme”,
secondo un codice condiviso dalla comunità, pratica oggi sostanzialmente scomparsa.
Il corposo volume, oltre alla trascrizione di tutti i canti presenti nei cd, sottopone la ricerca di
Lomax-Carpitella ad un serrato vaglio critico, che parte da una analisi approfondita del contesto
socioculturale che caratterizzava il Salento dell’epoca, per arrivare ad una indagine minuziosa dei
repertori e delle modalità esecutive (spesso con trascrizioni musicali e ‘sonogrammi’), indagando
a fondo anche il rapporto fra i due prestigiosi ricercatori – caratterizzati da personalità e approcci
molto diversi, che però riuscivano bene ad integrarsi – e gli “informatori”, che dimostrano di
essere perfettamente consapevoli delle proprie competenze musicali e del valore del processo di
ricerca in cui erano coinvolti. Inoltre, un lungo lavoro ‘sul campo’ ha consentito ad Agamennone
di acquisire molte preziose informazioni sul contesto e di individuare, anche oltre la
documentazione lasciata dai due studiosi (lacunosa a causa di un furto degli appunti di Lomax
avvenuto in Campania), una buona parte dei nomi dei cantatori.
Per concludere, vorrei fare un riferimento ad una vera e propria chicca. Nel libro viene anche –
finalmente – chiarita la storia di Rirollallà rirollalà (7), una sorta di pizzica-pizzica cantata a due
voci femminili in grico e accompagnata da una singolare percussione, forse il coperchio di una
pentola, che era stata in passato oggetto di numerosi errori di attribuzione (8). Agamennone
ricostruisce minuziosamente la complicata storia di questa registrazione – che fra l’altro è uno dei
brani più rieseguiti dai gruppi della attuale riproposta – svelando definitivamente il curioso
‘segreto’ delle sue origini (che lasciamo scoprire al lettore) (9).
Musica e tradizione orale nel Salento è dunque un’opera di straordinaria importanza, un tassello
fondamentale nel lavoro di ‘restituzione’ della memoria musicale del Salento – una delle
conseguenze positive dell’esplodere del “movimento della pizzica” – che ha portato alla
pubblicazione delle registrazioni frutto delle ricerche ‘storiche’, effettuate da prestigiosi studiosi
‘forestieri’, ma anche, a partire dagli anni Settanta, da ricercatori locali (10). In questo caso tale
tesoro viene restituito con un apparato critico raffinato e di alto livello scientifico, che potrà
consentire agli studiosi e agli appassionati (e speriamo anche ai musicisti, che potranno trovarci
tanti stimoli) di conoscere e approfondire al meglio quel mondo lontano che tanto continua ad
affascinarci.

1. Docente all’università di Firenze, allievo di Diego Carpitella e già autore di un’altra


importante opera, Musiche tradizionali del Salento. Le registrazioni di Diego Carpitella ed
Ernesto De Martino (1959 – 1960), libro più 2 cd, Squilibri edizioni.
2. Un avvincente racconto di questa esperienza è contenuto in The Land Where The Blues
Began, libro tradotto qualche anno fa anche in italiano (e pubblicato dal Saggiatore con il
titolo La terra del blues).
3. Lomax era stato anche un importante attivista politico e sociale, spesso in collaborazione
con Woody Guthrie e Pete Seeger, con cui aveva realizzato diversi programmi alla radio e
l’antologia di canzoni di protesta Hard Hitting Songs for Hard-Hit People.
4. Per maggiori informazioni sulle esperienze di ricerca di Carpitella precedenti a quella
salentina del 1954 si possono consultare alcune altre pubblicazioni dell’editore
Squilibri: Giorgio Adamo (a cura di), Musiche tradizionali in Basilicata. Le registrazioni di Diego
Carpitella ed Ernesto de Martino (1952), libro più tre cd; Antonello Ricci, Roberta Tucci (a cura
di), Musica arbëreshe in Calabria. Le registrazioni di Diego Carpitella e Ernesto de Martino
(1954), libro più cd; Maurizio Agamennone, Vincenzo Lombardi (a cura di) Musiche tradizionali
del Molise. Le registrazioni di Diego Carpitella e Alberto Mario Cirese (1954), libro più cd.
5. Titolo anche di un bel libro pubblicato dal Saggiatore a cura di Goffredo Plastino.
6. Sulla lamentazione funebre della Grecìa Salentina, oltre al pionieristico saggio di Maria
Corti, Panta nifta scotinì: sempre notte buia, originariamente apparso in “L’Abero”, rivista
dell'”Accademia Salentina”, n.5/8 1951 e poi ripubblicato in Maria Corti, Otranto allo specchio,
Milano, All’insegna del pesce d’oro 1990, si possono citare i lavori di Brizio Montinaro: Canti di
pianto e d’amore dall’antico Salento, Bompiani 1994, e Il tesoro delle parole morte. La poesia
greca del Salento, Argo 2009. Per un inquadramento più generale rimandiamo al classico di
Ernesto de Martino Morte e pianto rituale nel mondo antico: dal lamento pagano al pianto di
Maria, Einaudi 1958 (n. ed. Bollati Boringhieri 2000).
7. Per ulteriori dettagli si può leggere questo
articolo: http://lnx.vincenzosantoro.it/2018/02/20/soglia-messapica-uno-straordinario-
documentario-radio-rai-del-1954-sul-salento-e-la-grecia-e-il-tarantismo/
8. Ad esempio Carpitella l’aveva inserita nel vinile allegato alla prima edizione – 1961 –
della Terra del rimorso di Ernesto de Martino, dichiarandola – erroneamente – come brano
usato nella terapia del tarantismo, registrato, chissà perché, a Taranto. Questi dati non corretti
sono stati peraltro acriticamente riportati nella recente nuova edizione del capolavoro
demartiniano, che aveva come allegato un dvd contenente le tracce sonore del vinile del 1961.
Cfr. Ernesto De Martino, La Terra del rimorso. Contributo ad una storia religiosa del Sud, a cura
di Clara Gallini, libro più DVD, Il Saggiatore 2008 (prima edizione 1961)
9. Comunque alcun approfondimenti si possono leggere qui
10. Oltre ad Alan Lomax e Diego Carpitella possiamo citare Ernesto de Martino, Roberto Leydi,
Gianni Bosio e Giovanna Marini e per i locali, fra gli altri, Brizio Montinaro, Luigi Lezzi e Luigi
Chiriatti.

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