Anda di halaman 1dari 14

Acme 92 - 15 Venezia:Acme 92 - 15 Venezia 19-03-2015 9:44 Pagina 267

L’OLIMPICA XII DI PINDARO E LA HESYCHIA


di Luigi Venezia

Ti supplico, figlia di Zeus Eleutherios,


custodisci Imera potente, o Tyche salvatrice.
Da te infatti sono pilotate in mare le veloci
navi, e per terra le guerre impetuose
e le assemblee portatrici di deliberazioni. Ma degli uomini
in su spesso, e in giù
rotolano, solcando vane illusioni, le speranze.

Nessuno mai dei mortali un segno


certo di ciò che accadrà scoprì dal dio
e la cognizione del futuro è del tutto spenta;
molte cose accadono contro l’aspettativa degli uomini,
all’opposto della gioia, e altri, che in penose
tempeste si sono imbattuti,
in una profonda felicità cambiano il dolore in breve tempo.

Figlio di Filanore, certo anche per te


come un gallo da combattimenti domestici presso il focolare avito
spogliato di gloria il tuo onore avrebbe sparso le foglie ai tuoi piedi,
se una discordia tra uomo e uomo non ti avesse privato della patria Cnosso.
Ma ora, incoronato a Olimpia
e due volte a Pito e all’Istmo, Ergotele,
esalti i tiepidi lavacri delle Ninfe e ti trattieni
presso poderi che ti appartengono.

L’Olimpica XII è un’ode particolare: molto breve (si compone di una


sola triade strofe, antistrofe ed epodo), priva di exempla mitici, offre
un’inusuale densità di tratti chiaroscurali, dove gli elementi negativi sono
Acme 92 - 15 Venezia:Acme 92 - 15 Venezia 19-03-2015 9:44 Pagina 268

268 Luigi Venezia

tanto intensamente evocati da sembrare prevalere sui motivi di gioia le-


gati al vincitore. Questi, Ergotele, figlio di Filanore, era un cittadino di
Imera, originario però di Cnosso, da cui era esule in seguito a disordini
interni: nel presente vengono celebrate alcune sue vittorie nel d’licoj ,
la corsa lunga. Non si potrebbe dunque parlare di “Olimpica” stricto sensu:
la vittoria a Olimpia, che spinse Aristofane di Bisanzio a classificare il
componimento tra le Olimpiche, è la prima a essere menzionata, ma è con
ogni probabilità la seconda vittoria delfica di Ergotele a fornire l’immediata
occasione dell’ode. Al termine della sua carriera di corridore, egli avrà ri-
portato due vittorie a Olimpia e altrettante ai giochi pitici, istmici e ne-
mei, come si evince da un passo di Pausania1 che si basa sul nostro carme
e sull’iscrizione posta ai piedi della statua che Ergotele si meritò coi suoi
successi2. Quando l’Olimpica XII venne composta ed eseguita, la seconda
corona olimpica non era ancora stata conquistata (la prima risale al 472):
la data tradizionalmente accettata del 470 la collocherebbe all’indomani
della caduta della tirannide agrigentina di Trasideo, che teneva Imera du-
ramente soggiogata. Ben si spiegherebbe così il riferimento a Zeus Eleuthe-
rios compreso nella strofe. Ma Barrett3 ha suggerito, con buone ragioni,
di abbassare la data al 466, a seguito della sconfitta del tiranno siracusano
Trasibulo per mano dei rivoluzionari interni appoggiati dagli abitanti di
Gela, Agrigento, Selinunte, Imera e altre città della Sicilia4. Per celebrare
la restaurata democrazia, i Siracusani innalzarono una statua a Zeus
Eleutherios5.
Quale delle due date si scelga, è evidente che Imera stava vivendo un
periodo particolarmente tormentato, con alterni momenti di sottomis-
sione e libertà6. Più che motivata è quindi l’invocazione a Tyche, che go-
verna sulle guerre e le assemblee, affinché protegga la città e ne consolidi
l’indipendenza. Le vicende storiche di Imera e della Sicilia, così come
l’esperienza comune di ogni uomo di qualsiasi epoca, insegnano però che
la Sorte presenta in successione del tutto imprevedibile ora il suo volto

1 Paus. VI 4, 11.
2 Dell’iscrizione (SEG XI 1223a) si conserva oggi solo la parte sinistra.
3 BARRETT 1973.
4 Diod. Sic. XI 68, 1-2.
5 Diod. Sic. XI 72, 2.
6 Non è mia intenzione, in questa sede, trattare approfonditamente delle circostanze

storiche del carme, per le quali si rimanda al dettagliato articolo di BARRETT 1973.
Acme 92 - 15 Venezia:Acme 92 - 15 Venezia 19-03-2015 9:44 Pagina 269

L’Olimpica XII di Pindaro e la hesychia 269

benigno, ora la sua espressione più crudele. E questo continuo progredire


e indietreggiare sgomenta gli uomini, le cui attese e speranze si sgreto-
lano davanti alla più completa incertezza del futuro. Tali cupe riflessioni
occupano gran parte della strofe e dell’antistrofe, al centro della quale
spicca il verso desolante tÒn d° mell’ntwn tet›flwntai fradaà ,
«la cognizione del futuro è del tutto spenta». Il tono stride con l’occasione
festosa e celebrativa del carme, ma il poeta si affretta a spiegare che ta-
lune volte la salvezza e la gioia giungono proprio nei momenti di mas-
simo sconforto. E un esempio splendido è offerto da Ergotele, costretto
all’esilio dalle lotte intestine in corso nella sua patria Cnosso: dopo avere
perso tutto, giunse a Imera, che generosamente lo accolse tra i suoi citta-
dini7 ed egli la ricambiò procurandole gloria con le sue vittorie8. Anzi,
Pindaro ci dice che la sua cacciata e l’approdo a Imera erano indispensa-
bili perché il valore di Ergotele ottenesse il meritato riconoscimento che
le gare entro gli angusti confini cretesi non gli avrebbero potuto garan-
tire. Tyche ha mostrato la propria benevolenza tanto a Ergotele quanto
alla sua patria adottiva e a buon diritto viene apostrofata come «salva-
trice» già al v. 2. Becker9 vide nell’ode una sorta di inno a Tyche e Böckh10
immaginò che il canto fosse eseguito in suo onore; Wilamowitz11 rilevò
invece che una tale dea ancora non esisteva ai tempi di Pindaro. Ma ha
probabilmente ragione Nisetich12 quando afferma che «dal punto di vi-
sta dello stile, se non da quello della storia delle religioni, Tyche è una
dea»: lo dichiarano l’apostrofe, la genealogia, la preghiera e l’indicazione
della sua sfera d’azione13. Anzi, si potrebbe aggiungere che Tyche si com-

7 BARRETT 1973, p. 24, suggerisce che ciò sia avvenuto nel 476/5, quando Terone,

avendo messo a morte molti Imeresi, volle ripopolare la città conquistata con la poli-
togrßfhsij di stranieri (prevalentemente Dori, ma chiunque l’avesse desiderato poteva
diventare allora cittadino di Imera: cfr. Diod. Sic. XI 49, 3).
8 Cfr. DEMONT 1990, p. 55: «la victoire rejaillit sur la collectivité […] et les fe-

stins heureux garantissent l’ordre social». A Pindaro è dedicato il capitolo Pindare et


l’idéalisation de la tranquillité, pp. 53-85.
9 BECKER 1940, p. 40.
10 BÖCKH 1821, p. 209.
11 WILAMOWITZ 1922, p. 306.
12 NISETICH 1977, p. 238.
13 PÉRON 1974, p. 131, ritiene Pindaro incapace di concepire idee astratte: per que-

sto ricorre volentieri alla divinizzazione di nozioni come Giustizia, Virtù ecc., dotan-
dole di una realtà, di uno spessore quasi umani.
Acme 92 - 15 Venezia:Acme 92 - 15 Venezia 19-03-2015 9:44 Pagina 270

270 Luigi Venezia

porta qui come la Provvidenza cristiana, in quanto non si limita a tra-


sformare il male in bene, ma addirittura si serve del male per sortirne un
effetto positivo.
Tyche domina quindi l’ode14 come domina il mondo: nella strofe si
dà conto del suo sconfinato raggio d’azione, nell’antistrofe si confronta il
suo potere con la cecità e la debolezza dell’uomo, le cui speranze e attese
essa può capovolgere con facilità e in un tempo brevissimo; nell’epodo in-
fine Tyche interviene a favore di Ergotele trasformando la sua condizione
da misera in beata. Come si è già visto, però, sia Ergotele che Imera, prima
di giungere al sereno approdo che ci si augura definitivo (in tal senso va
intesa la preghiera espressa ai vv. 1-2), hanno conosciuto l’altra faccia della
sorte. Del resto non a tutti è concesso di ottenere senza sforzo vittorie e
felicità, come accade all’egineta Aristomene, cui è dedicata la Pitica VIII15:
ciò non dipende dagli uomini, ma dagli dèi. Ed essi hanno voluto met-
tere alla prova sia Imera che Ergotele, i quali hanno infine trionfato in
virtù dei loro sforzi, oltre che del favore divino, senza il quale l’uomo non
può sperare di ottenere nulla16.
Siccome le caratteristiche principali di Tyche sono la mutevolezza e
l’instabilità, nessun’immagine avrebbe meglio potuto rappresentarla
dell’acqua, che infatti compare in tutte le parti dell’ode17: nella strofe
sono le navi a essere pilotate in mare da Tyche (significativo è l’uso del
passivo kubernÒntai ), mentre le speranze umane vanno su e giù (poll>
©nw, ta d> a kßtw ) – oppure avanti e indietro18 – come legni in balìa
delle onde. Nell’antistrofe l’elemento marino è ancora minaccioso e le
sventure umane sono dette «penose tempeste» (¶niaraéj … zßlaij );
infine nell’epodo l’acqua è quella tranquillizzante e benefica delle terme
di Imera. Non è difficile individuare, col Péron19, la tradizionale metafora
del dio-timoniere, guida in un viaggio pericoloso: «la nave di Ergotele
diventa il vascello delle speranze umane e il viaggio d’esilio la traversata
della vita»20. In quest’ottica si potrebbe intendere meglio anche

14 Cf. GERBER 1970, p. 384.


15 Vd. in particolare il v. 73.
16 NISETICH 1977, p. 261: «she [Himera] and her son have triumphed in the end

because of their efforts and because of divine favour».


17 Del resto Tyche era una ninfa marina, figlia di Oceano e Teti, in Hes. Theog. 360.
18 Così interpreta VERDENIUS 1973, p. 335.
19 PÉRON 1974, pp. 121-137.
20 Ivi, p. 127.
Acme 92 - 15 Venezia:Acme 92 - 15 Venezia 19-03-2015 9:44 Pagina 271

L’Olimpica XII di Pindaro e la hesychia 271

l’appellativo sÎteira del v. 2: oltre che epiteto “ereditato” dal padre e


più che richiamo a un atteggiamento politico conservatore21, vi si può
leggere la caratterizzazione del buon pilota: «sˆzein e i termini della
stessa radice sono in greco frequentemente connessi con l’immagine del
pilota», continua Péron22, che riporta alcuni esempi, soprattutto da Pla-
tone23; e in un passo di Eschilo24 Tyche compare esplicitamente al timone
della nave di Agamennone, miracolosamente salvata dall’intervento di-
vino. Ma al di là del valore metaforico delle immagini, il mare è stretta-
mente connesso con Ergotele, che per mare ha viaggiato da Creta alla Si-
cilia e di qui in Grecia dove ha ripetutamente trionfato ai giochi, e con
la stessa Imera, città marittima, di commercio e che con la sua flotta aveva
sconfitto i Cartaginesi e con ogni probabilità aiutato i Siracusani a re-
staurare la democrazia25.
L’attenzione del lettore, però, si concentra soprattutto sulle immagini
contenute nell’epodo: Pindaro spiega che se non fosse stato per le discor-
die civili che l’hanno costretto all’esilio, Ergotele sarebbe stato come un
gallo che combatte nel pollaio e il suo valore sarebbe caduto ai suoi piedi
come le foglie appassite di un albero. Molti commentatori sono rimasti
stupiti dell’accostamento di due immagini apparentemente incongrue tra
loro. Per Bowra26 la caduta della foglie significherebbe che Ergotele sa-
rebbe invecchiato senza vincere molto, mentre nel gallo sarebbe esem-
plificata la scarsa fama dei successi che avrebbe ottenuto. Gildersleeve27
commenta che la timß diviene un fiore. Verdenius28 individua in kate-
fullor’hse un esempio della metafora, comune in Pindaro, del fiorire
nella poesia delle imprese del vincitore. Spetta a Borthwick29 il merito di

21 Cf. JANNI 1965, pp. 107 ss.; anche VERDENIUS 1973, p. 333, nota il significato

politico dell’epiteto.
22 Ibidem.
23 Plat. Gorg. 511e, Pol. 296e, Leg. 961e.
24 Aeschyl. Ag. 663-664, qe’j tij, o‹k ©nqrwpoj, oäakoj qigÎn. | t›ch d° swt¬r

na„n qûlous> ùfûzeto .


25 Cf. PÉRON 1974, p. 124; BARRETT 1973, p. 29; vd. Diod. Sic. XI 68.
26 BOWRA 1964, p. 270.
27 GILDERSLEEVE 1890, p. 226.
28 VERDENIUS 1973, pp. 339-340: «the point of the metaphor is based on the com-

parison of the victor’s fame celebrated in a poem with a plant fostered by water».
29 BORTHWICK 1976, p. 198: «these images are not entirely disparate […] the com-

parison to a household cock, whose success and reputation are confined, as we say, “to
its own dunghill”, itself prepares the way for an ambiguous use of katefullor’hsen ».
Acme 92 - 15 Venezia:Acme 92 - 15 Venezia 19-03-2015 9:44 Pagina 272

272 Luigi Venezia

aver gettato luce sull’interconnessione di queste metafore. Da un passo di


Aristotele30 pare di evincere che il verbo fullorroûw possa essere usato
sia per la caduta delle foglie sia per la muta delle piume degli uccelli.
L’ambivalenza semantica scomparirebbe qualora si accetti il suggerimento
di Bekker, che integra, al termine del brano in questione, il verbo pte-
rorrueén , che designa propriamente la caduta delle piume. Aristotele
comunque riconosce una certa corrispondenza tra i due fenomeni31. E in
ogni caso, prosegue Borthwick, l’eventuale impiego di fullorroûw in
luogo del più letterale pterorruûw potrebbe anche essere un gioco del
poeta, che ribalta le espressioni pter™ nàkhj (Pyth. IX 125) e kudàmwn
¶ûqlwn pteroési (Ol. XIV 24), dove pterß = f›lla . Burton32 vide
in pter™ nàkhj un’associazione alla pratica della fullobolàa , mentre
nell’epinicio per Ergotele il richiamo sembra capovolto: come i vincitori
venivano festeggiati con il lancio di foglie, così Ergotele a Cnosso rischiava
di vedere cadere ai suoi piedi solo i simboli avvizziti del suo valore.
L’immagine delle foglie è dunque collegata a quella del gallo, che essa
però arricchisce e completa. A proposito di quest’ultima, è curioso come
il richiamo più immediato sia sfuggito alla grande maggioranza dei com-
mentatori, contenti forse della spiegazione logica già fornita dagli scolî33.
Non v’è dubbio che se Ergotele fosse rimasto a gareggiare entro gli an-
gusti confini della sua isola non avrebbe potuto ambire alle vittorie ai gio-
chi panellenici e ai supremi onori che avrebbe meritato. Ma oltre al si-
gnificato letterale, l’immagine del gallo che combatte nel pollaio non può
non leggersi come allusione alla guerra civile che ha cambiato l’esistenza
di Ergotele. Illuminante è il confronto con Aeschyl. Eum. 861-86634, in

30 Arist. De gen. anim. 783b 13-18: kat™ mûroj m°n g™r ¶porreé kaã t™ f›lla

toéj futoéj p≠si kaã t™ pter™ kaã aÜ tràcej toéj †cousin, ÷tan d> ¶qr’on
gûnhtai tÿ pßqoj lambßnei t™j eárhmûnaj ùpwnumàaj: falakro„sqaà te g™r lû-
getai kaã fullorroeén <kaã pterorrueén > suppl. Bekker.
31 Arist. Hist. anim. 564b 1-2: pterorrueé d> ®ma toéj prÎtoij tÒn dûndrwn

kaã ©rcetai aÂqij ¶polambßnein t¬n ptûrwsin ®ma t– to›twn blastøsei .


32 BURTON 1962, p. 59.
33 Cfr. Schol. in Ol. XII 14, p. 354, 6-10 Dr.: kaã
Ω s¬ tim¬ ¶kle¬j ¨n ùgûneto
kaã ¶pemarßnqh ¨n kaã ¶pÎleto Ω t≈j ‘x›tht’j sou tÒn podÒn d’xa, eä per
ùn t– tÒn prog’nwn sou ústàv parûmeinaj ùkeé m’non ¶gwniz’menoj Èj eä tij
¶lûktwr ùnoikàdioj toéj †ndon ◊rnisi mac’menoj …
34 møt>, †ùxelo„s> † Èj kardàan ¶lekt’rwn, | ùn toéj ùmoéj ¶stoésin Üdr›sVj

ÇArh | ùmf›li’n te kaã prÿj ¶llølouj qras›n. | quraéoj †stw p’lemoj, o‹


Acme 92 - 15 Venezia:Acme 92 - 15 Venezia 19-03-2015 9:44 Pagina 273

L’Olimpica XII di Pindaro e la hesychia 273

cui Atena invita le Erinni a non tormentare la sua città con la guerra ci-
vile, che sta a cuore ai galli. Vengano pure gli Ateniesi messi alla prova
dalla guerra esterna, ma non si riducano a lotte tra uccelli domestici! Lo
scolio al passo ricorda che il gallo è un uccello combattivo e, unico tra
tutti gli animali, non si astiene dal colpire i suoi simili35. Anche Ergo-
tele poteva diventare un ùndomßcaj ¶lûktwr e lasciarsi avviluppare
dalle spire della lotta intestina, ma l’intervento di Tyche l’ha salvato. Per
quale motivo egli sia stato favorito da Tyche non è detto, ma v’è motivo
di credere che la sua virtù l’abbia reso caro agli dèi; Ergotele probabil-
mente odiava le discordie di cui risultò vittima. L’azione di Tyche per Pin-
daro non è un cieco imperversare della sorte sulle vicende umane: Tyche
è figlia di Zeus e, come il padre, assicura la giustizia secondo una trama
che l’uomo non è in grado di leggere36. È l’uomo ad essere cieco ed è la
sua incommensurabile debolezza a farlo soffrire alimentando speranze che
non hanno fondamento37.
Le potenzialità di questo passo non sembrano essere ancora esaurite:
Becker38 trovava in katefullor’hse un’eco delle famose parole di
Glauco nel sesto canto dell’Iliade. La caduta delle foglie sarebbe figura
della caducità degli uomini e della loro fama. Nisetich39 prosegue su que-
sta linea e vede nel passo una variante del tema pindarico della poesia da-
trice di fama. Le imprese di Ergotele a Creta rischiavano di rimanere per
sempre sconosciute ai più e di passare senza lasciare traccia, come le fo-
glie e le generazioni degli uomini. Ma egli poté godere del favore di Ty-
che e di quello di Pindaro, attraverso la cui arte le sue vittorie hanno ot-
tenuto l’immortalità. La sua timß , che correva il pericolo di rimanere
¶kleøj , ha così conseguito il klûoj che le spettava40.

m’lij parÎn, | ùn tij †stai deinÿj e‹kleàaj †rwj: | ùnoikàou d> ◊rniqoj o‹
lûgw mßchn .
35
Schol. in Aeschyl. Eum. 861, mßcimon g™r tÿ ◊rneon, tÒn te ©llwn zˆwn tÿ
suggen°j aádoumûnwn, m’noj o‹ feàdetai .
36 Cf. LLOYD-JONES 1971, p. 162: «what happened in the world depended ultima-

tely upon the gods, and their purpose was usually inscrutable to human minds; that did
not mean that it was irrational, but that the reasons that governed it usually remained
mysterious».
37 Sulla dolorosa antitesi t›ca – ùlpàj insiste NISETICH 1977.
38 BECKER 1940, pp. 47-48.
39 NISETICH 1977, pp. 260-261.
40 Si ricorderà che già Verdenius ravvisava qui la metafora della poesia che fa fio-

rire le imprese degli atleti (vd. supra).


Acme 92 - 15 Venezia:Acme 92 - 15 Venezia 19-03-2015 9:44 Pagina 274

274 Luigi Venezia

Da quanto si è detto fin qui circa il ruolo di Tyche nell’epinicio per


Ergotele, si intenderà che ha certamente torto Kapsoménos41 allorché sug-
gerisce di trasformare Tyche in Hesychia. Ma il suo intervento, bollato
come «un ingegnoso errore» (Péron42, Lehnus43), può considerarsi in un
certo senso diagnostico, poiché può condurre, a mio avviso, a una migliore
comprensione dell’ode stessa. Kapsoménos nota che nell’Olimpica XII a
Tyche sono attribuite le stesse prerogative di cui gode Hesychia all’inizio
della Pitica VIII: entrambe infatti sovrintendono alle guerre e ai consigli:
tãn g™r ùn p’ntJ kubernÒntai qoaà | n≠ej, ùn cûrsJ te laiyh-
roã p’lemoi | k¶goraã boulaf’roi Ol. XII 3-5, «da te infatti sono pi-
lotate in mare le veloci navi, | e per terra le guerre impetuose | e le as-
semblee portatrici di deliberazioni»; boul≠n te kaã polûmwn | †coisa
klaë^ daj pertßtaj Pyth. VIII 3-4, «dei consigli e delle guerre | tieni
le chiavi supreme». In una inscriptio dell’Olimpica XII, che riassume al-
cune vicissitudini di Imera, si legge che il poeta si rivolge non a Tyche,
ma ad Eirene44. È vero che Eirene e Hesychia non sono la stessa cosa ed è
possibile che lo scoliaste sia stato indotto all’errore anche dalla presenza
di Eirene nella strofe della prima triade dell’Olimpica immediatamente
successiva, ma una svista del genere è significativa a livello interpreta-
tivo. A tutto l’epinicio per Ergotele è sotteso un desiderio di pace e tran-
quillità, evocato per contrasto dall’inquietudine del mare, delle navi ve-
loci, delle mobili guerre, dalle tempeste e dalle discordie civili. Tale de-
siderio viene coronato proprio al termine dell’epodo, quando Ergotele, or-
mai plurivincitore, viene rappresentato mentre si gode serenamente i tie-
pidi bagni delle Ninfe e i propri poderi. Péron45 obietta che ogni men-
zione della discordia non deve necessariamente richiamare il personaggio
di Hesychia. Ma quest’ultima è molto presente nell’opera pindarica (tre-
dici volte compaiono parole con radice Ωsuc - nelle opere superstiti e tre
volte Hesychia appare divinizzata) e in un suo iporchema compare espli-
citamente contrapposta alla discordia: tÿ koin’n tij ¶stÒn ùn e‹dàv
| tiqeãj ùreunasßtw | megalßnoroj `Hsucàaj tÿ faidrÿn fßoj, |

41 KAPSOMÉNOS 1961.
42 PÉRON 1974, p. 125.
43 LEHNUS 2004, p. 190.
44 Cfr. inscr. b, p. 350, 1-2 Dr.:
diÿ prÿj t¬n Eárønhn ¶poteànetai ùn t¸
prooimàJ Èj aátàan genomûnhn t¸ nikhf’rJ t≈j nàkhj .
45 PÉRON 1974, p. 124.
Acme 92 - 15 Venezia:Acme 92 - 15 Venezia 19-03-2015 9:44 Pagina 275

L’Olimpica XII di Pindaro e la hesychia 275

stßsin ¶pÿ prapàdoj ùpàkoton ¶nelÎn, | penàaj d’teiran,


ùcqr™n kourotr’fon (fr. 109 SN.): «volendo porre la comunità nella
tranquillità, si cerchi la splendida luce di Hesychia magnanima, scac-
ciando dal cuore l’odiosa rivolta, datrice di povertà, nutrice di odio». In
un’ode come la nostra, così densa di contrasti, in cui al mare si accosta la
terraferma, alle guerre i consigli di pace, dove l’alto e il basso si succe-
dono imprevedibilmente, come la gioia e il dolore, dove l’onore rischia
di rimanere privo di gloria (si noti la forza dell’espressione ossimorica
¶kle¬j timß ), l’accenno alla stßsij e alla sue nefaste conseguenze non
può che rimandare a quella serenità e a quella concordia che Ergotele avrà
ritrovato, grazie a Tyche, nella sua nuova patria.
Il termine Ωsucàa abbraccia in Pindaro più significati all’interno
della sfera della tranquillità. In Pyth. I 71 ha chiaramente il significato
politico di concordia, che abbiamo riscontrato nel frammento appena ci-
tato: qui l’augurio è che Ierone, una volta che Zeus ha liberato Etna dei
suoi nemici esterni, possa condurre il proprio popolo «alla calma con-
corde» (s›mfwnon ùj Ωsucàan ). Se l’eárønh è merito di un dio, spetta
al re stabilire la Ωsucàa tra i sudditi. Forse ha ragione Demont46 quando
dice, a proposito di questo passo, che «la tranquillità è un valore propo-
sto ai grandi e ai ricchi, che lo devono interiorizzare, mentre al ‘popolo’
essa viene imposta». Certamente, la concordia è una faticosa conquista
degli uomini. In un peana composto per Abdera Pindaro elogia la città,
rammentando che «se qualcuno, per soccorrere gli amici, ne attacca con
durezza i nemici, la fatica opportunamente profusa porta la tranquillità»47
(fr. 52b, 31-34 SN.). Ma Ωsucàa può rivestire una valenza più personale
e rappresentare la calma che segue la fatica dell’atleta o dell’eroe (cfr. Nem.
I 69-70) o essere l’obiettivo di un personaggio come Damofilo, la cui causa
è perorata da Pindaro alla fine della Pitica IV: questi era un giovane ari-
stocratico cireneo, che aveva partecipato a una sommossa contro la casa
regnante della sua città. Fallita la rivolta, era stato esiliato a Tebe. Ma du-
rante l’esilio, sostiene Pindaro, aveva compreso il suo errore, si era pen-
tito e desiderava solo tornare in patria e suonarvi la cetra «in tranquil-
lità» (Ωsucàv qigûmen )48, senza nuocere ai concittadini e senza esserne

46 DEMONT 1990, p. 61.


47 eá dû tij ¶rkûwn fàloij | ùcqroési trac‡j pantißzei, | m’cqoj Ωsucàan
fûrei | kair¸ katabaànwn .
48 Esula dagli intenti di questo intervento, ma è di grande interesse l’accostamento
Acme 92 - 15 Venezia:Acme 92 - 15 Venezia 19-03-2015 9:44 Pagina 276

276 Luigi Venezia

danneggiato. Egli «ha imparato a odiare l’arrogante ( bràzonta ) e non


contende coi valenti»49. Similmente si comporta Hesychia in Pyth. VIII
8-12: «ma qualora qualcuno conficchi nel proprio cuore l’amaro rancore,
tu, affrontando con durezza il potere dei nemici, affondi l’insolenza
( brin )». La concordia, come il guerriero valoroso, è benigna verso gli
amici, ma esiziale con i nemici. E i nemici, nella prospettiva etica di Pin-
daro, sono gli empi, gli arroganti, coloro che non si accontentano di vi-
vere tranquilli secondo il proprio destino, ma bramano ciò che non si deve,
o per malvagità personale o perché inorgogliti oltre i giusti limiti dai suc-
cessi ottenuti. Desiderare la Ωsucàa per Damofilo significherà dunque
astenersi dall’arroganza, ma anche dalle tribolazioni esterne50. Così anche
Ergotele dovrà rimanere umile nonostante la sua stupefacente serie di suc-
cessi, attenendosi alla Ωsucàa che è riuscito finalmente a conquistare con
l’aiuto di Tyche. La consapevolezza dell’impatto incontrollabile di
quest’ultima sulla vita dell’uomo impedirà a Ergotele di eccedere e di
macchiarsi di brij , ciò che gli attirerebbe il giusto castigo di Tyche e
Hesychia. E forse anche per tale motivo il poeta, in quest’ode, indugia
tanto a lungo sui toni cupi: se è vero, come dice Lehnus51, che alla fine
«resta il valore odierno della vittoria, il bene del giorno che supera il ri-
cordo dolente del passato», questo ricordo deve mettere in guardia il ce-
lebrato dall’eccessiva confidenza in se stesso e nella sorte. Similmente si
conclude la Pitica VIII, ricordando quanto facilmente cresca e quanto al-
trettanto facilmente crolli la gioia dell’uomo, creatura d’un giorno, sogno
di un’ombra; ma il bagliore mandato da un dio rende dolce la vita52.
Se Ωsucàa , come s’è visto, trova ampio spazio nel momento della vit-

della musica alla tranquillità e al buon governo (e‹nomàa , termine che presenta anche
valenza musicale): a proposito di Pyth. V 63-67 CINGANO 1990, p. 148, nota: «Pindaro
si sofferma sul potere del dio [scil. Apollo] di indurre nell’animo dei cittadini, attra-
verso la musica, la ¶p’lemon e‹nomàan (vv. 66-67), il buon ordine ‘alieno dalle di-
scordie’, come è opportuno tradurre anche sulla base dello scolio, che parafrasa ¶p’lemoj
con ¶stasàastoj ». Il legame tra musica e tranquillità ritorna nello splendido inizio
della Pitica I (vv. 1-12) e in Bacchyl. XIV 12-16. Cfr. anche DICKIE 1984, p. 93: «the
music of the phorminx and Apollo then reflects the ordered restraint of hêsychia, while
these spirits in whom disorder and hybris rule find music abhorrent because it is at odds
with their nature».
49 Pyth. IV 284-285.
50 Cf. DICKIE 1984.
51 LEHNUS 1990, p. 187.
52 Pyth. VIII 92-100.
Acme 92 - 15 Venezia:Acme 92 - 15 Venezia 19-03-2015 9:44 Pagina 277

L’Olimpica XII di Pindaro e la hesychia 277

toria, rappresentando tanto il riposo del vincitore, quanto la virtù di non


inorgoglirsi per il successo, essa gioca un ruolo particolare anche nel fe-
steggiamento: Ωsucàa d° fileé m°n sump’sion (Nem. IX 48). Il ban-
chetto, privo degli eccessi cui il vino può condurre53, è manifestazione
aperta della raggiunta serenità. «La tranquillità ottenuta dagli eroi o da-
gli atleti vincitori può associare al riposo che segue la prova una festa in
cui i compagni del vincitori sono uniti nel rispetto della giustizia, per
sempre»54. Non solo: «all’orizzonte della celebrazione di una vittoria ai
giochi, c’è la prospettiva della pace e della concordia civile»55.
I due volti, pubblico e privato, di Hesychia, pur senza essere nomi-
nati, vengono a mio avviso celebrati all’interno dell’Olimpica XII. Ergo-
tele, sbalzato lontano dalla sua patria a causa del p≈ma della discordia ci-
vile, ottiene in breve (ùn mikr¸ … cr’nJ ) la gioia profonda (ùslÿn
baq› ) di una patria nuova, ora finalmente in pace e concorde. Anche Imera
è passata in poco tempo dalla disperazione della tirannide alla serenità
della libertà e offre al suo figlio d’adozione le condizioni ideali per una
vita felice e ricca di successi: la concordia è infatti prerequisito impre-
scindibile per l’affermazione di ogni singolo cittadino.
L’ode significativamente si conclude con un’immagine di profonda se-
renità: Ergotele si aggira per le terme sacre alle Ninfe e passeggia per i
poderi di sua proprietà. Fränkel56 segnala che il bagno nelle acque locali
era una sorta di rito che simboleggiava la definitiva accoglienza di un
nuovo colono in una città; ma non si può non vedere un legame tra la
Ωsucàa che segue la fatica e le proprietà lenitive e rilassanti delle acque
termali.
Pindaro sembra dunque proporre la Ωsucàa come rimedio ai mali
della vita: solo la città concorde può progredire e prosperare57 e solo chi
è sereno nei confronti di se stesso e del suo mondo riesce ad affermarsi. La
tranquillità appare lo scudo migliore per tenersi al riparo dall’inquieto
avvicendarsi degli eventi che Tyche guida in maniera imperscrutabile per

53 Anche l’ebbrezza è contraria alla hesychia e quindi una forma di hybris da cui guar-

darsi (cf. DICKIE 1984, pp. 88-90 e SLATER 1981, pp. 206-207).
54 DEMONT 1990, p. 57.
55 Ivi, p. 55.
56 FRÄNKEL 1968, pp. 97-99.
57 Hesychia è detta megist’polij in Pyth. VIII 2. Cfr. etiam Democr. 68 B 250

DK: ¶pÿ ”monoàhj t™ megßla †rga kaã taéj p’lesi to‡j polûmouj dunatÿn ka-
tergßzesqai, ©llwj d> o .
Acme 92 - 15 Venezia:Acme 92 - 15 Venezia 19-03-2015 9:44 Pagina 278

278 Luigi Venezia

l’uomo, il quale trova nella tranquillità l’unico appiglio per non essere
spinto troppo in alto dalle circostanze positive o per non precipitare quando
le speranze cadono a terra avvizzite come le foglie in autunno. O come le
piume di un vecchio gallo ormai inetto al combattimento.

Le traduzioni dal greco e dalle altre lingue si devono all’autore del contri-
buto.

Bibliografia

BARRETT 1973 W. S. Barrett, Pindar’s Twelfth “Olympian” and the Fall


of Deinomenidai, in “JHS” 93 (1973), pp. 23-35.
BECKER 1940 O. Becker, Pindars olympische Ode vom Glück, in “Die
Antike” 16 (1940), pp. 38-50.
BÖCKH 1821 A. Boeckh, Pindari Epiniciorum interpretatio latina cum
commentario perpetuo, Lipsiae 1821.
BORTWICK 1976 E.K. Borthwick, Zoologica Pindarica, in “CQ” n.s. 26
(1976), pp. 198-205.
BOWRA 1964 C.M. Bowra, Pindar, Oxford 1964.
BURTON 1962 R.W. B. Burton, Pindar’s Pythian Odes, Oxford 1962.
CINGANO 1990 E. Cingano, Interpretazioni pindariche, in “QUCC” n.s.
36 (1990), pp. 143-162.
DEMONT 1990 P. Demont, La cité grecque archaïque et classique et l’idéal
de la tranquillité, Paris 1990.
DICKIE 1984 M.W. Dickie, “Hêsychia” and “Hybris” in Pindar, in
D.E. Gerber (a cura di), Greek Poetry and Philosophy.
Studies in Honour of Leonard Woodbury, Chico 1984,
pp. 87-109.
FRÄNKEL 1968 H. Fränkel, Das Bad des Einwanderers, in F. Tietze (a
cura di), Wege und Formen frühgriechischen Denkens. Li-
terarische und philosophiegeschichtliche Studien, München
19683, pp. 97-99.
GERBER 1970 D.E. Gerber, Euterpe. An Anthology of early Greek Ly-
ric, Elegiac and Iambic Poetry, Amsterdam 1970.
GILDERSLEEVE 1890 B.L. Gildersleeve, The Olympian and Pythian Odes,
New York 1890; rist. anast. Amsterdam 1965.
JANNI 1965 C. Janni, SWTEIRA e SWTHR in Pindaro, in “Stud.
Urb.” 39 (1965), pp. 104-109.
KAPSOMÉNOS 1961 S.G. Kapsoménos, Un prétendant de la monarchie à
Cnossos dans la poésie de Pindare. La XIIe ode olympique
Acme 92 - 15 Venezia:Acme 92 - 15 Venezia 19-03-2015 9:44 Pagina 279

L’Olimpica XII di Pindaro e la hesychia 279

pour Ergotélès, vainqueur au dolique, in “Kret. Chron.”


15/16 (1961/62), pp. 252-278.
LEHNUS 2004 L. Lehnus, Pindaro. Olimpiche, Milano 20043.
LLOYD-JONES 1971 H. Lloyd-Jones, The Justice of Zeus, Berkeley - Los An-
geles - London 1971.
NISETICH 1977 F. J. Nisetich, The Leaves of Triumph and Mortality:
Transformation of a Traditional Image in Pindar’s “Olym-
pian” 12, in “TAPhA” 107 (1977), pp. 235-264.
PÉRON 1974 J. Péron, Les images maritimes de Pindare, Paris 1974.
SLATER 1981 W.J. Slater, Peace, the Symposium and the Poet, in “ICS”
6 (1981), pp. 205- 211.
VERDENIUS 1973 W. J. Verdenius, Pindar’s Twelfth Olympian Ode. A
Commentary, in AA.VV. (a cura di), Zetesis: album ami-
corum. Door vrienden en collegas aangeboden aan E. de
Strycker, Antwerpen-Utrecht 1973, pp. 332-341.
WILAMOWITZ 1922 U. von Wilamowitz-Moellendorff, Pindaros, Berlin
1922.
Acme 92 - 15 Venezia:Acme 92 - 15 Venezia 19-03-2015 9:44 Pagina 280

Anda mungkin juga menyukai