Cenni sull’Introduzione
Nella storia della cultura europea si sono sempre, sin dall’antichità, compiute delle
suddivisioni di gruppi di fenomeni in categorie generali, questo per mettere ordine e fare chiarezza
nei vari settori specifici dei fenomeni stessi.
I tre generi supremi di valori allora distinti erano, e sono tuttora, il bene, il bello e il vero, tra
cui il bello da sempre considerato la massima espressione dei valori fondamentali. Da lì nacque
l’interrogativo del bello oggettivo o soggettivo che divenne la questione principale in alcuni
momenti della storia dell’ estetica.
I fattori che distinguono un essere sono due, ovvero il componente e la composizione, che
potremmo tradurre come l’ elemento e la forma. La classificazione avviene in base alle proprietà
possedute quindi in base agli elementi comuni a più oggetti. Per far sì che si possano considerare
più oggetti appartenenti alla stessa categoria, bisogna che le proprietà comuni siano riconoscibili e
sia sempre possibile definire se un dato oggetto possa farne parte.
Le classi di cui si occupa lo studioso di estetica sono di oggetti fisici, quali le opere di
architettura e di pittura (collocate nello spazio), ma anche classi di fenomeni psicologici, ad es. le
opere che destano piacere estetico e piacere in se come la danza, la musica, il canto (realizzate nel
tempo). Queste ultime, lo studioso di estetica, le inserisce non tanto nella classe di oggetti quanto
nella classe delle capacità. In generale si può affermare che esistono svariati nomi con cui definire
gli oggetti e che, secondo il loro uso, una stessa parola può appartenere all’una o all’altra categoria.
Esempi di nomi di categorie:
Oggetti fisici: opera d’arte;
Oggetti psicofisici: artista, spettatore;
Oggetti psichici: esperienza estetica;
Nomi collettivi: l’arte(quanto eseguito dall’artista);
Azioni, processi: danza, rappresentazione teatrale;
Capacità: immaginazione, talento, gusto;
Strutture: forma;
Rapporti: simmetria;
Proprietà: bello;
9-Il presente
La nuova arte è sorta in contrapposizione alla precedente, con caratteristiche totalmente
opposte, l’una proclamava il bello l’altra il nuovo, la prima mirava ad allietare i destinatari la
seconda ad impressionarli. La nuova arte si chiamò d’avanguardia e si divise in tre fasi:
avanguardia maledetta, militante e vittoriosa.
La prima fase si sviluppò nell’ottocento, in un epoca dove dominava ancora l’arte
convenzionale, e proprio per la non curanza del giudizio pubblico scrittori ed artisti furono
considerati maledetti (esempio furono gli scrittori francesi Baudelaire, Lautréamont, Rimbaud e
Poe), in quel periodo si formarono anche le scuole simboliste ed impressioniste. Quando questa
corrente nel XX sec. cominciò ad essere sempre più apprezzata nacque il movimento surrealista e
futurista e poi ancora il cubismo, l’astrattismo e l’espressionismo. Dopo la Prima e la Seconda
Guerra Mondiale l’avanguardia divenne ricercata, gli artisti finirono per convertirsi alla nuova arte
per non essere respinti dalla società. Gli avanguardisti divennero molto importanti grazie alla
diversità dei loro programmi e alla loro arte alla continua ricerca del nuovo.
I caratteri dell’avanguardia erano diversi e talvolta anche opposti, si aveva quindi costruzione
ed espressione, regole e temperamento, tecnica e metafisica, era dunque , novità e radicalismo
insieme. Il concetto di arte si era modificato ed esteso, l’arte era parte della cultura, essa sorgeva
grazie all’abilità, e grazie alle sue qualità costituiva un’area distinta del mondo. L’arte come
professione era ormai abolita, tutti potevano fare arte, poiché l’arte è per la strada chiunque può
praticarla. In contrapposizione alla vecchia teoria che la cornice serviva a isolare l’opera per darle
più rilevanza, nacque l’idea che l’opera non doveva avere confini ma doveva essere completamente
immersa nella realtà per realizzarsi al meglio. Nel tempo avanguardista gli artisti si dichiararono
inclini a musei, all’estetica, alla forma, alla distinzione dei generi, contro l’artista (chiunque può
esserlo), contro lo spettatore (considerato superfluo), contro il concetto di autore.
In oltre Dessoir aggiunse che “pare non esista un sistema delle arti tale da soddisfare tutte le
esigenze”
Altri tentativi di classificazione furono avanzati da Volkelt nel 1909, distinguendo arti di
contenuto oggettivo e soggettivo, formali e gestuali, effettivamente corporee e apparentemente tali.
Anche WIze propose una distinzione tra arti visive sonore e gestuali.
Tra le classificazioni contemporanee si distinguono due tipi massimalista e minimalista,
massimalista fu quella di Souriau che divise quelle che operano con la linea , la luce, il colore, il
volume, il movimento, i suoni articolati e inarticolati, riproponendo il numero sette caro al
medioevo, ma realmente era il doppio poiché ognuna ammetteva due possibilità es. : arte astratta e
arte che imita la realtà. Maggiormente accettata fu la concezione minimalista che mette in dubbio
qualsiasi tentativo di classificare le arti perché non viene ben determinato il loro ambito, in generale
si annoverano tra le arti quelle che hanno un loro esecutore, una propria denominazione autonoma,
una propria tecnica.
Tra queste numerose classificazioni alcune possono essere prese come la classificazione tra
arti oggettuali e arti verbali.
3-Tesi supplementari
Tesi integranti alla grande teoria ve ne furono parecchie.
La prima riguardava la conoscenza del bello che non avveniva tramite i sensi ma attraverso
la ragione.
La tesi del carattere quantitativo del bello era relativo alla proporzione ( teoria risalente ai
pitagorici).
La tesi metafisica cioè vedevano nei numeri e nelle proporzioni il principio dell’essere
ovvero la legge della natura.
La tesi dell’oggettività, Platone ed Aristotele presupponevano che il bello fosse insito nelle
cose, fosse una loro caratteristica oggettiva, di conseguenza la Grande Teoria fu definita una teria
oggettivistica. Anche Tommaso d’Aquino, come del resto Platone (ciò che è bello, è bello di per se)
affermò che una cosa ci piace perché è bella. Platone poneva accanto al bello il bene,
considerandoli insieme al vero, i tre valori supremi.
4-Riserve
Nacquero dei dubbi sull’oggettività del bello innanzitutto tra i sofisti. Già Socrate disse che
esiste una bellezza che consiste nell’adeguatezza, cioè nelle conformità dell’oggetto al suo fine,
questa affermazione ebbe come risvolto la relatività del bello stesso.
Altri sostenevano che esistono 2 tipi di bello: bello in quanto proporzione e bello in quanto
adeguatezza. Come fece anche Socrate dicendo che esiste il bello di per se e il bello per un fine.
L’età moderna restrinse il campo del bello, riducendo il concetto a “sottigliezza” sostenendo
che procura lo stesso piacere del bello ma è più complessa e non è immediata. Lo stesso con il
concetto di “grazia”, essa sembrava non essere una questione di numeri: si doveva però scegliere tra
2 strade ovvero affermarlo come concetto indipendente, oppure ridurre il bello alla grazia. Si scelse
una strada intermedia ossia la distinzione tra bello della regola e della grazia.
Petrarca osservò che il bello è un “non so che” espressione che diede spazio ala
soggettivizzazione e relativizzazione del bello.
5-Altre teorie
Tentarono in seguito di soppiantare la Grande Teoria con altre teorie, ma ne costituirono
soltanto il completamento di essa.
Altre teorie erano: Il bello consiste nell’unità e molteplicità ; nella perfezione, la quale
avvalorava la tesi degli antichi greci, di Platone e della grande teoria; il bello è adeguatezza cioè
tutto ciò che è ben fatto; è espressione della psiche, della forma interiore che dà vita alle cose
materiali; esso risiede nella misura, tesi che consiste in una flessione della grande teoria; il bello
consiste nella metafora, nel “parlar figurato”, dicendo che esistono tante belle arti quante sono le
metafore.
2-L’aptum
Nell’antichità si considerava l’adeguatezza una delle varietà del bello. I romani la
chiamarono decorum ma poi venne più frequentemente chiamata aptum, solo nel rinascimento
ritornò il termine decorum.
Socrate parlava di adeguatezza così come anche gli stoici. Ugo di San Vittore distingueva
aptum e gratum dove la seconda era intesa come bello in sensu stricto, il bello della forma.
Nella teoria classicista francese del 600 il termine variò il suo concetto in qualità un
individuo rispetto alla sua posizione sociale e si chiamò convenente.
Nel 900 si accolse il principio di funzionalità grazie ad architetti del Bauhaus, Van de Velde e
Le Corbusier. Nell’età della macchina qualsiasi forma di bello venne ridotta all’adeguatezza, fino a
metà del secolo. Nella nuova fase si affermò la ricerca del nuovo, la permissività, l’accettazione di
tutte le forme (i principi che li regolavano erano immaginazione, inventiva, impatto emotivo) suo
fine sono i sentimenti e gli stati d’animo che l’architettura può destare.
3-L’ornamento
L’architettura durante l’Antichità e il Medioevo mantenne un certo equilibrio tendente però
ad una moltiplicazione dell’elemento decorativo. I termini applicati per definire il bello strutturale e
le decorazioni furono formositas e ornamentum oppure venustas.
L’800 fu dunque un epoca di decorazioni, verso la fine dell’800 si sviluppò un’avversione
per il decoro neorinascimentale e neorococò. Con Adolf Loos si ritenne superata la componente
ornamentale degli oggetti utili (architettura mobili e vestiti). Lo appoggiarono il Bauhaus, Le
Corbusier, Werkbund. Le forme devono essere funzionali, regolari, semplici e geometriche. La
conseguenza fu diretta e cambiò in poco tempo l’aspetto delle città. Ma ad un certo punto si sentì
nuovamente l’esigenza di ornamento.
4-La venustas
La Roma antica distingueva dignitas ( bello dignitoso) e venustas (avvenenza). Nel
Medioevo si mantenne questa concezione ma con una modifica, vanne aggiunta un’altra
contrapposizione l’eleganza (avvenenza femminile) dove venustas cambiò il suo significato da
bellezza esteriore a bellezza interiore.
5-La grazia
La grazia ebbe un ruolo importante. Le cariti, dette grazie nella mitologia greca, divennero
personificazioni del bello nel simbolismo e nell’arte.
In latino prese il significato di grazia divina nel linguaggio religioso e filosofico. Nelle lingue
moderne e nell’Italia rinascimentale moderna tornò a significare bello.
6-La subtilitas
Il termine subtilus nell’antichità stava a significare acuto, minuto, esile. Nel Medioevo si
parlò di sottigliezza solo quando Dlugosz specificò che volesse una tenda più sottile dell’originale,
volendo dire che doveva essere più delicata e accurata.
Il termine divenne popolare solo nel periodo manieristico (fine XVI sec.) col significato
moderno, cioè capire spiegare conoscere cose complicate difficili e confuse.
7-Il sublime
Il termine sublime nacque nell’antichità col significato di grande, austero. Sul tema vennero
fatti diversi trattati che gli antichi considerarono trattati di retorica, mentre ora veniva letto come
trattato d’estetica.
Il sublime e il grande si aggregarono al bello. Successivamente nel 700 gli si accostarono
elementi quali il silenzio, l’oscurità e il terrore.
Il sublime, prima considerato valore parallelo e diverso dal bello,nell’800 divenne categoria
del bello.
9-Ordini e stili
Gli antichi nelle arti contrapponevano vari ordini: in musica distinguevano tre tonalità, la
dorica la ionica e la frigia; nell’eloquenza distinguevano i generi grave medio e semplice; in
architettura distinguevano gli ordini dorico ionico e corinzio; nel teatro separavano tragedia e
commedia. Questi ordini furono tramandati di generazione in generazione e gli artisti ne facevano
un uso svariato a seconda dei loro intenti artistici.
Lo stile invece è inconsapevole e non si può tramandare e rappresenta le varie epoche perché
muta insieme alla vita e alla cultura sotto l’influsso di fattori sociali economici e psicologici.
Nella 2° metà dell’800 il termine stile sostituì la rinascimentale “maniera” intesa come stile
di un artista. Diversi stili si sono alternati nei diversi secoli esempio la contrapposizione tra
romanticismo e classicismo, forme gotiche e classiche, tra classiche e barocche, tra classiche e
manieristiche, tra primitive e classiche. In tutte le contraddizioni c’è presente il classicismo come
formazione stilistica, questo lascia intendere come ci sia stato nel tempo via via un allontanamento
dal classicismo ma anche un consecutivo ritorno ad esso.
1-L’antichità
I pitagorici sostenevano che tra le proprietà oggettive delle cose ce n’è una che dà origine al
bello, la proporzione. Sotto il loro influsso i greci cominciarono a definire il bello simmetria, la loro
estetica era dunque cosmocentrica ovvero il bello è una peculiarità dell’universo, l’uomo deve
semplicemente scoprirla. I sofisti invece avevano una concezione antropocentrica poiché erano
relativisti e affermavano che l’uomo crea la bellezza e la bruttezza.
L’adesione di Platone alle teorie pitagoriche favorì la diffusione della concezione
oggettivistica del bello. Aristotele, altro grande filosofo, invece non si espresse in merito, e ciò
favorì l’influsso platonico. Anche gli stoici furono in estetica oggettivisti, ma due scuole vi si
opposero, gli Epicurei (più moderati) e gli scettici. Ciò nonostante il loro intervento fu
insignificante perché erano una minoranza all’opposizione.
Gli scettici consideravano soggettivi tutti i giudizi sul bello perfino nella musica. Da lì i
teorici si resero conto che effettivamente la musica implica un rapporto soggettivo con l’uomo e in
modo analogo anche la poesia ( gli scettici affermavano che la parola non è né bella né brutta). La
disputa vi fu anche nelle arti visive: fu fatta una distinzione tra bello oggettivo che equivaleva a
simmetria e bello soggettivo che equivaleva a euritmia (che consiste nell’impressione di armonia
che l’oggetto procura, secondo la definizione di Vitruvio).
2-Il medioevo
Il concetto di bello nel medioevo era in linea di massima oggettivo ma con riserve e
limitazioni. Il medioevo introdusse due distinzioni concettuali sulla questione oggettivismo. La
prima di Agostino che contrappose pulchrum e aptum, ovvero bello e adeguato, secondo i quali le
cose belle sono tali di per se stesse e quelle adeguate lo sono sempre in rapporto a qualcosa o a
qualcuno. La seconda di Basilio il grande trovò una soluzione intermedia secondo la quale il bello
non è una qualità bensì un rapporto di un oggetto che piace con il soggetto a cui piace. Tale
concezione si può definire “relazionismo”. Anche Tommaso espresse una teoria relazionistica
secondo la quale non esiste il bello senza un oggetto che possa piacere, ma neanche senza un
soggetto a cui possa piacere.
3-Il rinascimento
Il rinascimento partì dal soggettivismo ma non riuscì ad affermarsi lasciando quindi ampio
spazio all’oggettivismo, infatti per l’Alberti soggettivismo e relativismo nell’arte erano sintomo
d’ignoranza, Ficino si rivelò della stessa opinione. Anche in poetica Scaligero affermava che in essa
vi è un’unica norma oggettiva.
Per ritornare al soggettivismo nel rinascimento bisogna arrivare a Giordano Bruno, il quale
sosteneva che non c’e nulla tale che possa piacere a tutti. Del resto anche Shakespeare nel 1601
scrisse nell’amleto che non c’è nulla di buono o di cattivo solo il pensiero lo rende tale, dove buono
stava per bello e cattivo per brutto.
4-Il barocco
Il periodo barocco non fu un periodo di cambiamenti anzi piuttosto vennero riconfermate le
concezioni oggettivistiche dell’antichità e del medioevo, e trasmesse alla poesia e alla pittura. Le
parole chiave dell’estetica secentesca furono regola e ragione. Cominciarono tuttavia a sorgere dei
dubbi. Verso la fine del secolo si ebbero le prime conseguenze, ovvero il distacco graduale dalle
concezioni oggettivistiche del bello, e il primo a cominciare fu proprio l’architettura, sebbene è
proprio lì che servono numeri e proporzioni. Promotore del cambiamento fu Claude Perrault col
colonnato del Louvre.
5-L’illuminismo
Gia in passato gli avversari dell’oggettivismo avevano posto l’accento sul relativismo, ora
nell’età illuministica, si pose direttamente l’accento sul soggettivismo. Venne anche introdotto il
concetto particolare del bello ma questo diede agli oppositori motivo di rivalsa perchè Hutcheson
osservò che tale senso ha carattere passivo, cioè significa dunque che registra lo stato oggettivo
delle cose.