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Non riuscendo a prendere sonno, il protagonista decide di uscire e inizia a vagabondare per la

città. Le sue peregrinazioni lo porteranno in vari luoghi, dove incontrerà personaggi più o meno
bizzarri, fin quando, alle luci dell’alba, si ritroverà a tornare sul proprio terrazzo.
Parallelamente al suo girovagare si registrano profondi mutamenti interiori.
Il racconto della necessità di mutamenti continui nel tempo, nello spazio e nell’animo umano.

Un road movie a piedi.

Questa è la mia storia…O almeno una parte.


Non mi aspetto che aiuti a spiegare più di tanto, ma è comunque una storia, una di quelle in cui
colleghi i puntini e, alla fine, si forma l’immagine di qualcosa.
Ecco come funzionano le cose per me. Io mi muovo da questo posto, queste persone, ad un altro
posto, ad altre persone.
Ho conosciuto ogni genere di persona. Sono uscito con loro, ho vissuto con loro. Gli ho visto fare
grandi cose a modo loro.
Per me le persone che ho incontrato sono come una serie di stanze.
Proprio come i luoghi dove ho trascorso del tempo.
La prima volta cammini in questa stanza, curioso delle novità. La lampada, la TV, e il resto. Ma poi,
dopo un po’, la novità scompare…completamente.
E poi c’è questa specie di paura. Una paura terrificante. Probabilmente non hai idea di cosa sto
parlando.
In ogni modo, credo che il succo del discorso sia che, dopo un po’, qualcosa te lo dice.
Ti parla una voce.
“Qui è tutto. E’ tempo di cambiare. Vai da qualche altra parte”
Queste cose ti parlano e tu devi cominciare ad allontanarti.
Potresti non avere voglia di andare, ma le cose ti hanno detto di farlo.
Così mi trovo qui.
Gli sconosciuti restano sempre sconosciuti.
La storia, questa parte della storia…parla di come sono arrivato da lì fino a qui. O forse dovrei dire
da qui fino a qui.

Effetto Doppler
Uscì per strada e incominciò a suonare.
Suonò tutti i giorni.
Non ce la fece, così un bel giorno salì sul tetto di un palazzo e saltò giù.
Fine della storia.
Era lassù, era una giornata nuvolosa. Tutto è nuvoloso. Il cielo è sempre nuvoloso.
guardò in basso. Poi guardò in alto, come se fosse pronto a saltare, il cielo si aprì e un raggio di
luce lo illuminò. Come un riflettore.
Senza nessuna ragione lui, ha raccolto il suo sax e si è messo a suonare “Somewhere over the
rainbow”.
E fu proprio tutto quello che ottenne. Non ricordava più nulla.
Continuava a suonare la stessa frase ancora e ancora e ancora. Non si ricordava altro. Non ci
riusciva.
Poi all’improvviso la gente arrivò da tutte le parti per vedere cosa fosse successo, e lo videro.
Allora la polizia andò sul tetto cercando di riportarlo dentro.
Lui stava ancora cercando di ricordare la seconda parte della canzone.
Allora si guardò intorno e vide la polizia che stava arrivando…e saltò!
Cadde proprio qui. Non si scampa ad una caduta!
Era ancora cosciente. Riusciva a sentire il suono delle ambulanze in arrivo.
E…oh! Eccolo lì!
…L’effetto Doppler!

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