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Progetto Fondo di Perequazione 2007-2008

“Sostegno integrato all’internazionalizzazione delle PMI”

IL DIRITTO ALL’IMMAGINE IN AMBITO ARTISTICO

1. Introduzione sul diritto all’immagine. - 2. Lo sfruttamento dell’immagine a fini di lucro.

1. Introduzione sul diritto all’immagine.

Il diritto all’immagine rientra tra quelli definiti genericamente “diritti inviolabili


dell’uomo”, menzionati dall’articolo 2 della Costituzione. Nella sua qualità di diritto della
persona, questo è assoluto (ossia, opponibile nei confronti di tutti i consociati), inalienabile
(ossia, non può essere ceduto a terzi, nemmeno dietro compenso), intrasmissibile (ossia, si
tratta di un diritto che si acquista alla nascita e si perde alla morte, non potendo essere
trasmesso agli eredi), imprescrittibile (ossia, non è oggetto di prescrizione e quindi non si
perde se non lo si esercita) ed irrinunciabile (ossia, non può essere oggetto nemmeno di
rinuncia volontaria da parte del titolare).

La disciplina del diritto all’immagine è contenuta negli articoli 10 del Codice Civile e 96 e
97 della Legge sul Diritto d’Autore (l. 22 aprile 1941, n. 633, “l.d.a.”). Tale diritto si esplica
nella facoltà da parte della persona di impedire l’utilizzo non autorizzato del proprio ritratto.
Infatti, l’articolo 10 del Codice Civile statuisce il divieto per i terzi di pubblicare il ritratto di una
persona senza aver preventivamente ottenuto il suo consenso. Tale principio è tanto più vero
se vi è alla base un interesse economico.

La l.d.a. completa poi il quadro legislativo nazionale con la regolamentazione della


disciplina relativa al ritratto. Si rileva che la l.d.a. utilizza una terminologia parzialmente
difforme rispetto a quella del Codice Civile: infatti, nella prima si parla di ritratto mentre nel
secondo di immagine. La dottrina ritiene, tuttavia, che le due parole siano utilizzate dal
legislatore come sinonimi.

Per ritratto (o immagine) deve intendersi un’opera d’arte figurativa, una fotografia o un
fotogramma di un film, dove appaiano riconoscibili le sembianze di una persona determinata.
Anche la caricatura è considerata un ritratto purchè, naturalmente, permanga il requisito della
riconoscibilità, cui si è accennato. Interessante è anche la tutela accordata alla maschera
scenica, ossia alla riproduzione, nel corso di una rappresentazione teatrale o cinematografica,
di una persona determinata. Ad un’iniziale impostazione che ne negava la tutela, ne è seguita
una, che pare oggi prevalente, che la ritiene rientrante nel concetto di ritratto.

Si è, infine, persino arrivati a comprendere nella nozione di immagine degna di tutela


l’insieme di elementi evocativi di un personaggio. Si pensi, ad esempio, alla rappresentazione
di uno zuccotto e di un paio di occhiali tondi, che richiamano il cantante Lucio Dalla.

Come anticipato, il principio generale è che la divulgazione dell’immagine debba essere


autorizzata dal soggetto ivi rappresentato. Tuttavia, vi sono casi in cui il consenso non è
richiesto. In particolare, non sarà necessario quando “la divulgazione dell’immagine è
giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia e di polizia,
da scopi scientifici, didattici e culturali o quando la riproduzione è collegata a fatti,
avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltesi in pubblico”. Il limite all’eccezione
rimane il rispetto dell’onore, della reputazione e del decoro della persona ritratta.

Quanto detto sopra costituisce la base, almeno in senso giuridico, che giustifica la
pubblicazione di una fotografia di un personaggio famoso su un tabloid. L’interesse pubblico

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all’informazione, infatti, di norma prevale rispetto al diritto alla riservatezza del personaggio
noto (e, secondo una certa impostazione, anche di chi si accompagna con lui o con lei).
Rimane tuttavia fermo il diritto alla riservatezza dei minori; in tal caso, infatti, al fine di poter
pubblicare una foto di persona minorenne, è comunque necessario il consenso del genitore.

2. Lo sfruttamento dell’immagine a fini di lucro.

Altro discorso rispetto a quello appena accennato si deve fare nel caso in cui la
pubblicazione dell’immagine avvenga in connessione con la promozione di un prodotto o
servizio.

In tal caso, infatti, lo sfruttamento economico dell’immagine del personaggio noto


viene, di norma, regolamentato attraverso un vero e proprio accordo commerciale (contratto di
sponsorizzazione). Un dato interessante rileva come, sebbene la tipologia contrattuale
utilizzata non sia espressamente disciplinata dal Codice Civile (e rientri, pertanto, tra i
cosiddetti “contratti atipici”), la sua diffusione è stata tale che viene fatto rientrare nel
concetto, di elaborazione dottrinale, della tipicità sociale.

Attraverso il contratto di sponsorizzazione, personaggi noti prestano, non solo la propria


immagine, ma, in ipotesi, anche, ad esempio, la propria voce per pubblicizzare un evento che
può essere di diversa natura (sportivo, sociale, culturale, ecc…) ovvero un prodotto, dietro
pagamento, da parte dell’ente o dell’azienda interessati, di un corrispettivo.

In tali contratti è abbastanza comune prevedere un’esclusiva almeno limitata al settore


merceologico. Ciò significa che potrà essere inserita nel contratto una clausola che obbliga il
personaggio famoso che pubblicizza, per esempio, una marca di scarpe, a non sottoscrivere
ulteriori contratti di sponsorizzazione con concorrenti della società che l’ha ingaggiato per
primo.

La violazione di tali patti, a seconda delle previsioni contenute nel contratto, può
comportare la risoluzione dello stesso e può dare luogo ad una richiesta di risarcimento dei
danni subiti dalla società che per prima ha ingaggiato il personaggio e che si vede costretta a
trovare un altro testimonial.

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