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UFFICIO NAZIONALE

PER LA COOPERAZIONE MISSIONARIA TRA LE CHIESE

UNA MISSIONE
SENZA CONFINI
Atti del Convegno Nazionale
dei Direttori Diocesani
della Pastorale Missionaria

San Giovanni Rotondo (FG)


4-7 settembre 2001

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


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UNA MISSIONE SENZA CONFINI
2
Indice
Ufficio Nazionale per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese
Notiziario n. 18 - Novembre 2001

Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 5

Il programma del Convegno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 6

Saluto di Mons. Andrea Starace . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 9

Messaggio del Card. Crescenzio Sepe . . . . . . . . . . . . . . pag. 10

Presentazione del Convegno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 14

Relazioni
A servizio della missione di Cristo
Il cammino missionario della Chiesa in Italia
e gli Orientamenti pastorali 2000-2010:
punti di non ritorno e nuove sfide . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 22

Icona della missione: 1Gv 1, 1-4. Lectio biblica . . . . . . pag. 36

Tavola Rotonda
Grandangolo sulla missione nei cinque Continenti

Africa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 44
America Latina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 51
Asia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 56
Oceania. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 61
Europa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 65

Laboratori
L’evangelizzazione dei popoli nella pastorale ordinaria
del prossimo decennio

Missione e Catechesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 74


Missione e Carità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 76
Missione e Liturgia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 77
Missione e Famiglia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 78
Missione e Giovani. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 82
Missione e Organismi di Comunione . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 83

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Laboratori
Rinnovamento della Pastorale Missionaria

Animazione: Mezzi di comunicazione . . . . . . . . . . . . pag. 86


Strumenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 88
Strutture diocesane, regionali, nazionali. pag. 89

Cooperazione: Invio e accoglienza di personale. . . . . . . pag. 90

Formazione: Nuovi stili di vita . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 91


Operatori pastorali missionari . . . . . . . . pag. 93
Pastorale di primo annuncio . . . . . . . . . pag. 95

Comunicazioni
Tanti soggetti per un’unica missione

Presbiteri italiani e sacerdoti Fidei Donum . . . . . . . . . . . pag. 98


Presenza e azione degli istituti religiosi e missionari. . . . . pag. 102
L’impegno missionario dei laici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 120
Le Pontificie Opere Missionarie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 131

Passi concreti della pastorale missionaria


nel decennio 2001-2010 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 137

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


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RESENTAZIONE
P Dal 4 al 7 settembre 2001 si è tenuto a San Giovanni Rotondo
(FG) il Convegno Nazionale dei Direttori Diocesani dei Centri e
Uffici Missionari.
Il presente numero dei Quaderni CEI riporta gli Atti di questo
Convegno.
Significativamente titolato “Una missione senza confini”, il
Convegno ha inteso approfondire il valore dell’evangelizzazione dei
popoli nel documento “Comunicare il Vangelo in un mondo che
cambia”, che orienterà il cammino pastorale delle comunità eccle-
siali italiane nel decennio 2001-2010.
La pubblicazione degli Atti di questo Convegno, mentre per-
metterà a quanti ne hanno partecipato di ritrovare in maniera orga-
nica proposte e suggerimenti emersi nel comune lavoro di quei
giorni, favorirà in tutti la paziente e coraggiosa revisione del lavoro
pastorale delle nostre comunità, per il quale “la missione ad gentes
non è soltanto il punto conclusivo ... ma il suo costante orizzonte e
il suo paradigma per eccellenza” (CEI, Comunicare il Vangelo in un
mondo che cambia, 32).

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l programma
I del Convegno
Martedì 4 settembre
Discernere l’oggi di Dio

Ore 10-15 Arrivi/sistemazione


Ore 16.00 Preghiera - Saluto di Mons. Andrea Starace Vicario
generale di Manfredonia-Vieste
Presentazione del Convegno.
Ore 16.30 Relazione: Il cammino missionario delle Chiese in Italia e
gli orientamenti pastorali 2000-2010: punti di non ritorno
e nuove sfide. (S.E. Mons. Flavio Roberto Carraro)
Dibattito
Ore 19,15 Celebrazione eucaristica
Ore 20.30 Cena
Ore 21.30 Festa

Mercoledì 5 settembre
Ancorati al Vangelo per trasmettere la fede

Ore 7.30 Celebrazione delle Lodi


Colazione
Ore 9.00 Comunicazione: Presbiteri in Italia e sacerdoti Fidei
Donum (P. Giampiero Brunet)
Ore 9.30 Laboratori: L’evangelizzazione dei popoli nella pastorale
ordinaria del prossimo decennio.
Missione e catechesi (Don Walter Ruspi)
Missione e liturgia (Don Giuseppe Busani)
Missione e carità (Marco Iazzolino)
Missione e giovani (Mons. Domenico Sigalini)
Missione e famiglia (Mons. Renzo Bonetti)
Missione e organismi di comunione pastorale
(Don Gianni Cesena)
Ore 13.00 Pranzo

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Ore 15.00 Trasferimento al Santuario di San Michele di Monte
Sant’Angelo:
Icona della missione: 1Gv 1,1-4 Lectio biblica
(dott.ssa Rosanna Virgili)
Tempo personale
Celebrazione eucaristica
Ore 19.30 Cena

Giovedì 6 settembre
Speranze e intuizioni apostoliche nuove
Ore 7.30 Celebrazione delle Lodi
Colazione
Ore 9.00 Comunicazione: Presenza e azione degli Istituti religiosi
e missionari (P. Ciro Stanzione e P. Luigi Morell)
Ore 9.30 Tavola rotonda: Grandangolo sulla missione
nei cinque Continenti
(Don Quinto Fabbri, Stefano Vecchia, Sr Maria Teresa
Ratti, Don Martino Zagonel, P. Angelo Lazzarotto)
Dibattito
Ore 12.00 Celebrazione eucaristica
Ore 13.00 Pranzo
Ore 15.00 Comunicazione: L’impegno missionario dei laici
(Dr Agostino Mantovani)
Ore 15.30 Laboratori: Rinnovamento della pastorale missionaria
Formazione: – operatori pastorali missionari
(P. Carlo Uccelli)
– nuovi stili di vita (Sr Azia Ciairano)
– pastorale di primo annuncio
(P. Ciro Stanzione)
Animazione: – strumenti (Mons. Mario Bandera)
– mezzi di comunicazione
(Don Crescenzio Moretti)
– strutture diocesane, regionali,
nazionali (Don Alessandro Greco)
Cooperazione: – invio e accoglienza di personale
(Don Martino Zagonel)
– solidarietà materiale
(Dr Tommaso Galizia)
Ore 19.30 Cena
Ore 21.00 Veglia attorno alla croce (memoria missionari martiri)

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Venerdì 7 settembre
Compiti per il prossimo decennio
Ore 7.30 Celebrazione eucaristica
Colazione
Ore 9.00 Comunicazione: Le Pontificie Opere Missionarie
(Dr Tommaso Galizia)
Ore 9.30 Relazioni Laboratori
Dibattito
Ore 11.30 Dieci passi per il prossimo decennio (indicazioni opera-
tivo/programmatiche a cura dell’Ufficio Nazionale
Cooperazione Missionaria tra le Chiese)
Ore 12.30 Pranzo e partenza

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aluto di Mons. Andrea Starace
S Vicario Generale della diocesi di Manfredonia-Vieste

Cari convegnisti,

siate i benvenuti in questa terra benedetta da Dio, terra di


fascino, dal paesaggio unico, con mare, monti, laghi e foreste: ed è
in questo contesto che vi porto il saluto affettuoso e la benedizione
di S. Ecc. l’arcivescovo Mons. Vincenzo D’Addario, pastore di
questa Chiesa particolare che è in Manfredonia-Vieste.
Le ansie e le speranze della Chiesa dell’Italia sono le ansie e
le speranze della nostra Chiesa locale. I nostri Vescovi, negli
Orientamenti Pastorali per il primo decennio del duemila, ci hanno
detto che non è facile oggi mantenere viva la speranza di fronte al
dilagare di prese di posizione lontane dal Vangelo.
Oggi, tra la nostra gente ci sono domande inespresse che
bisogna sapere interpretare, ci sono attese a cui bisogna sapere
rispondere, vi sono potenzialità, ma anche tanti ostacoli. Noi cri-
stiani dobbiamo porci in ascolto, trovare il linguaggio adatto, dare
speranza e fiducia nel futuro; gli Orientamenti chiedono ai cristiani
un dialogo interreligioso ed ecumenico autentico e lo studio di
metodi efficaci per comunicare il Vangelo, la Buona Notizia e chi lo
sa di quante buone notizie sentiamo oggi il bisogno in un contesto
di trasformazione com’è quello attuale.
Possa il nostro Convegno Nazionale aiutarci ad annunciare la
Buona Notizia che è Gesù Cristo.
Buon lavoro!

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essaggio del
M Card. Crescenzio Sepe
Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli

Reverendissimo Monsignore,

Desidero ringraziarLa per il cortese messaggio col quale Ella,


a nome dei 170 Direttori e collaboratori della Pastorale Missionaria,
provenienti da quasi 100 Diocesi Italiane, ha voluto informarmi sul
Convegno “Una Missione senza confini”, che si sta svolgendo a San
Giovanni Rotondo [FG]. Con tale Convegno, Voi volete progettare la
Missio Ad Gentes alla luce degli Orientamenti Pastorali
“Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia”, che l’Episcopato
Italiano ha offerto alle Diocesi per il primo decennio del 2000 .

Non avendo potuto partecipare personalmente per motivi di


impegni d’Ufficio, desidero porgere a tutti un cordiale saluto ed
augurio, come pure presentarVi alcune tematiche in ordine agli
obiettivi per la Missione futura della Chiesa.

Vorrei, prima di tutto, rivisitare con Voi un testo offerto dalla


C.E.I. agli inizi degli anni ‘90, all’interno degli Orientamenti pasto-
rali “Evangelizzazione e testimonianza della carità”. Una pagina che
ritengo illuminante: “Le Chiese che sono in Italia, partecipi della
sollecitudine della Chiesa universale, si sentono pienamente coin-
volte nella missione verso quanti, nei diversi Paesi del mondo, non
conoscono ancora Cristo, Redentore dell’uomo”.

E aggiunge: “Ai nostri fratelli e sorelle che svolgono la loro


opera missionaria va la gratitudine e la vicinanza spirituale dell’in-
tera comunità ecclesiale, con l’impegno di promuovere e sostenere
fino in fondo la loro azione, e l’apertura fiduciosa verso lo stimolo
che essi rappresentano per una pastorale più dinamicamente mis-
sionaria anche nel nostro Paese. In realtà, lo spirito missionario
deve nutrire tutta l’opera pastorale della comunità e la formazione
dei catechisti e degli operatori nei diversi ambiti ecclesiali” (36).

Sono sicuro che, nel corso dei lavori, non mancherete di veri-
ficare se e quanto, nel decennio da poco concluso, la Missio Ad
Gentes é stata parte integrante, e non solo occasionale, della pasto-
rale ordinaria delle nostre Chiese; se ne é diventata la chiave inter-
pretativa, oltre che il modello di riferimento. Vi offro questi pensieri

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perché avverto qua e là segni di rallentamento nell’impegno missio-
nario Ad Gentes, riscontrabili nella diminuzione delle vocazioni
missionarie ‘a vita’, e nel calo di partenze di sacerdoti Fidei Donum,
nonché di laici missionari. Certamente, tali segni sono evidenziati
pure da un certo disinteresse per la pratica religiosa nel nostro
Paese e, più in generale, per la tradizione cristiana.

Ma, il presente é un tempo di passaggio. Dunque, anche la


Chiesa che vive in Italia attraversa un proprio ricambio motivazio-
nale. Ma, sono persuaso che, in un momento tanto incerto ed
inquieto, la Missione ha la capacità di ridestare i cuori perché in
essa Dio ha posto la ragione dell’esistenza e della vivacità della
Chiesa: “La missione, infatti, rinnova la Chiesa, ringiovanisce la
fede e l’identità cristiana, dà nuovo entusiasmo e nuove motiva-
zioni” (RM 21). Ogni altro obiettivo, pur significativo, distrae la
Chiesa dalle proprie origini.

In questo spirito, Vi incoraggio a non circoscrivere il campo


della Missione, che è, per sua natura universale. Di fatto, oggi, in
qualche Chiesa particolare sono in atto dei programmi pastorali
chiamati ‘missionari’, ma dagli orizzonti circoscritti, se non proprio
asfittici. Sia, dunque, la Missio Ad Gentes la linfa capace di ossige-
nare e vivacizzare il cammino della pastorale ordinaria delle nostre
Chiese. La Missione potrà donare nuova energia per rimotivare alla
fede; parole per evangelizzare le culture; coraggio per farsi prossimo
con i popoli in esodo perenne verso migliori condizioni di esistenza.

Venendo, poi, alle prospettive future, desidero ricordarVi che,


nei nuovi Orientamenti pastorali per il prossimo decennio, i Vescovi
Italiani invitano a partire da Cristo, l’Inviato dei Padre: “Solo
seguendo l’itinerario della missione dell’Inviato - dal seno del Padre
fino alla glorificazione alla destra di Dio, passando per l’abbassa-
mento e l’umiliazione del Messia - sarà possibile per la Chiesa assu-
mere uno stile missionario conforme a quello del Servo di cui essa
stessa é serva” (10).

Aggiungono, inoltre, che “il Vangelo é il più grande dono di


cui dispongono i cristiani. Perciò, essi devono condividerlo con tutti
gli uomini e le donne che sono alla ricerca di ragioni per vivere, di
una pienezza della vita” (32).

Voi Vi incontrate all’indomani dei Grande Giubileo: un evento


che ha rappresentato non tanto un giro di boa nel diario di bordo del
Pianeta, ma una vera e propria svolta epocale. E a Voi il Signore
affida il compito di tracciare i futuri scenari della Missione. Proprio
per questo, Vi chiedo l’intuito delle sentinelle dell’aurora (cfr. Sal.

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130,6), mediante l’ascolto silenzioso dei segni che Dio semina sulla
terra degli uomini, quali tracce del futuro del mondo e della Chiesa.

Come ben sapete, la Missione di Cristo Redentore è ancora


lontana dal suo compimento: “Al termine del secondo millennio
dalla sua venuta uno sguardo d’insieme all’umanità dimostra che
tale missione è ancora agli inizi e che dobbiamo impegnarci con
tutte le forze al suo servizio” (RM 11). Di fatto, intere aree dei
Pianeta non sono state ancora raggiunte dal Vangelo; altre sono
state solo sfiorate. Varie Chiese, poi, non hanno ancora inculturato
la fede, cioè non l’hanno vestita con la propria cultura. Ritengo, per-
tanto, quanto mai opportuno questo Convegno nazionale.

Oggi Vi invito ad essere coraggiosi, non limitandoVi a piccole


correzioni di rotta, ma a ritrovare le ragioni autentiche ed antiche
dell’essere a servizio della Missione.

Il fuoco della missione, che è stato il motivo conduttore del


Convegno Missionario di Bellaria, nel 1998, ha consentito alla
Chiesa italiana nuova capacità di contagio. Oggi, con il Convegno
“Una Missione senza confini” Voi potete mantenere desto ed aumen-
tare quello stesso spirito.

Ma dove andare, e cosa fare? Occorre andare Ad Gentes, per


comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, come recita il titolo
dei nuovi Orientamenti Pastorali della C.E.I.

Mutano gli areopaghi della Missione. Ma essa mantiene


alcune priorità: l’Africa, l’Asia, l’Oceania, dove Cristo rimane per
molti ancora il Dio ignoto. In angoli remoti del Pianeta la Missione
si fa incontro, si fa dialogo solidale, diventa spazio di tolleranza.

Su questi ed altri campi si gioca la nuova partita della


Missione. Dove c’è una persona, li c’è Cristo e la Chiesa, perché
Cristo ha preso casa nel cuore di ogni creatura umana (cfr. RH 8).
“Duc in altum” ha recentemente scritto il Santo Padre nella Novo
Millennio Ineunte (38). Io vorrei tanto che il pressante appello del
Pontefice diventi per tutta la Chiesa l’inizio di un nuova fioritura
missionaria. Come afferma la Redemptoris Missio: “Se si guarda in
superficie il mondo odierno, si è colpiti da non pochi effetti negativi,
che possono indurre al pessimismo. Ma è questo un sentimento
ingiustificato. In prossimità del Terzo Millennio della Redenzione,
Dio sta preparando una grande primavera cristiana, di cui già si
intravede l’inizio. La speranza cristiana, dunque, ci sostiene nel-
l’impegnarci a fondo per la nuova evangelizzazione e per la mis-
sione universale (RM 86).

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Alla fine di questo mio messaggio non posso non ricordarVi
come, da qualche anno, la Congregazione per l’Evangelizzazione
dei Popoli e la C.E.I. hanno unificato, con la figura di un unico
Direttore la duplice responsabilità dell’Ufficio di Cooperazione mis-
sionaria tra le Chiese e la Direzione delle PP.OO.MM. In quell’oc-
casione si ricordava come tale opportunità poteva rivelarsi un segno
di comunione ecclesiale, esemplare per le tante realtà che operano
per la Missione, pur nella diversità di finalità e competenze. Si
aggiungeva, però, che nulla doveva essere sacrificato all’identità
delle PP.OO.MM. presentate da diversi Documenti pontifici, oltre
che dai propri Statuti, come “strumenti privilegiati del Collegio epi-
scopale unito al Successore di Pietro” (Stat. 6). Credo che, per evi-
tare che tali Opere finiscano per ridursi ad un semplice collettore di
offerte per le Missioni, occorra riprendere una loro intensa e capil-
lare animazione. In tal modo, esse, fedeli alla Missione, saranno in
grado, come dice il Santo Padre, di “promuovere lo spirito missio-
nario universale in seno al Popolo di Dio” (RM 84).

Vi ho ricordato questo, anche perché domenica 4 novembre


2001 verrà beatificato il P. Paolo Manna, un missionario del
P.I.M.E. che, dopo 12 anni passati in Myanmar, fondò nel 1937
l’Unione Missionaria del Clero, per aiutare il clero diocesano e i
Religiosi a vivere intensamente nella loro vita la dimensione mis-
sionaria Ad Gentes.

Concludo rinnovando la mia gratitudine alla Chiesa Italiana e


a Voi, che la rappresentate nella sua dimensione Ad Gentes. Vi sono
grato per l’impegno profuso per mantenere vivo lo zelo missionario
delle Diocesi, secondo una tradizione radicata in Gesù Cristo, e
confermata dal sacrificio supremo reso, anche di recente, da eroici
missionari e missionarie.

Con questi sentimenti, e con l’augurio che sappiate attingere


dal Beato Pio da Pietralcina un rinnovato entusiasmo missionario,
mi unisco spiritualmente ai lavori del Vostro Convegno, ed assicuro
a ciascuno di Voi il mio ricordo e la benedizione dei Signore.

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resentazione del Convegno
P Mons. GIUSEPPE ANDREOZZI • Direttore dell’Ufficio Nazionale
per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese

Eccellenze Reverendissime,
Cari Confratelli
Carissimi fratelli e sorelle,
nel ringraziarvi per aver accolto l’invito a partecipare di
questo 4° Convegno nazionale dei Direttori diocesani di pastorale
misisonaria, dal significativo titolo “Una missione senza confini”, è
con grande gioia che rivolgo a ciascuno di voi il più cordiale saluto
di benvenuto.
È un saluto che rivolgo anche a nome della Congregazione
dell’Evangelizzazione dei Popoli, della Segreteria Generale della Confe-
renza Episcopale Italiana e della Direzione nazionale delle Pontificie
Opere Missionarie. In particolare S.E.R il Cardinale Crescenzio Sepe,
Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzaizone dei Popoli, e S.E.
Mons. Giuseppe Betori, Segretario Generale della C.E.I., mi hanno
incaricato di esprimervi il loro saluto ed augurio, perché quello di questi
giorni sia per tutti noi un lavoro proficuo e vantaggioso per le nostre
Diocesi, la Chiesa in Italia e la missione universale.
A questo Convegno, insieme ai Direttori diocesani, sono stati
invitati anche i loro più stretti collaboratori. Saluto di cuore quanti
sono presenti e ringrazio anche quelli che non sono potuti venire,
per la collaborazione fedele e appassionata a mantenere viva la
dimensione missionaria nelle Chiese particolari d’Italia.
Un saluto particolare rivolgo infine volentieri a quanti tra voi
hanno dovuto viaggiare più a lungo, alcuni con difficoltà, per giun-
gere fino a San Giovanni Rotondo. E’ questo un “sacrificio” moti-
vato. Più volte era stata avanzata la richiesta che un evento nazio-
nale della pastorale misisonaria si potesse svolgere nel Sud Italia.
Se oggi siamo qui è per riconoscere che la dimensione mis-
sionaria è attivamente presente anche in questa parte d’Italia. Nel
dire questo non mi riferisco tanto al passato quanto al presente.
Come non ricordare tanti sacerdoti diocesani che partono come
Fidei donum da queste Diocesi, le vocazioni missionarie e la capil-
lare organizzazione delle Pontificie Opere Missionarie? La nostra
presenza qui è un giusto riconoscimento a questa ricca realtà che il
Convegno intende contribuire a sviluppare, attraverso il confronto
con altre diocesi italiane.
Ho fiducia, infine, che essere qui, in un luogo tanto significa-
tivo di devozione per la memoria di P. Pio da Pietralcina, non man-
cherà di riflettersi positivamente sul nostro lavoro.

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1. a) I partecipanti
Il Convegno
L’invito a partecipare a questo Convegno è stato raccolto da
179 persone. Cinque anni fa, al Convegno di Marina di Massa, si
raggiunsero le 110 presenze. Questa accresciuta partecipazione,
nonostante il luogo geograficamente più decentrato nel quale ci tro-
viamo, è un dato che incoraggia. Siamo qui in rappresentanza di 98
diocesi, 36 in più rispetto al 1996. Se però pensiamo che le diocesi
italiane sono 225, dobbiamo anche riconoscere che c’è ancora
molto da fare.
Cinque anni fa le diocesi rappresentate al precedente
Convegno furono 62. Dobbiamo riconoscere che in questi anni,
nonostante la fatica che ben conosciamo, è stato fatto da parte di
tutti un significativo passo in avanti per una pastorale missionaria
più organica e comunitaria.
Numeri, quelli richiamati, tanto più significativi se pensiamo
che ogni anno l’Ufficio nazionale registra una media di 20-25 avvi-
cendamenti tra i Direttori diocesani. Il 10% del totale. Vuol dire che
negli ultimi cinque anni si è rinnovata la metà dei Direttori. Una
così accentuata mobilità crea i suoi problemi, sia per la reciproca
conoscenza che in ordine all’acquisizione delle necessarie compe-
tenze. Vogliamo però credere che ha i suoi benefici effetti: stimola il
nostro lavoro e lo mantiene giovane. Non è poco quando tutto
sembra invecchiare troppo in fretta.

b) Lo scopo del Convegno

Sul dépliant propagandistico che vi è stato inviato erano


riportate diverse indicazioni. Desidero richiamarne tre.

– Rileggere il cammino missionario di questi ultimi 5 anni, tanto a


livello nazionale che locale (regionale e diocesano). Sarà fatto
essenzialmente confrontandoci tra noi, a partire dalle nostre
esperienze.

– Capire il cammino missionario che attende nel prossimo


decennio la Chiesa in Italia e che si presenta particolarmente sug-
gestivo.

– Approfondire gli Orientamenti pastorali per il decennio 2001-


2010. S.E. Mons. Flavio Roberto Carraro guiderà la relazione
introduttiva al Convegno proprio si questo tema.
Quando alla fine dello scorso mese di luglio i nostri vescovi
hanno pubblicato il documento “Comunicare il Vangelo in un
mondo che cambia”, abbiamo subito capito di trovarci di fronte

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


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ad un decennio misisonario. Missione è comunicazione. Che
passi fare allora per dare una prospettiva concreta al nostro
lavoro?

2. Non sono mancati, a scandire l’ultimo quinquennio, signifi-


Il cammino cativi appuntamenti missionari.
missionario
Nel febbraio del 1997, ebbe luogo il grande Convegno di spiri-
negli ultimi tualità missionaria per preti diocesani. Erano parecchi anni che nella
cinque anni Chiesa italiana non si teneva un Convegno nazionale per la spiritua-
lità del clero diocesano. La partecipazione a questo appuntamento
fece registrare più di 800 sacerdoti, oltre venti vescovi, qualche
decina di religiosi. Fu certamente uno di quegli eventi missionari che
si ricordano e vide lavorare insieme all’Ufficio nazionale la
Commissione Presbiteriale, la Fondazione Migrantes e la Pontificia
Unione Missionaria del Clero, dei Religiosi e delle Religiose

Il 1998 fu l’anno del Convegno Missionario Nazionale. A


Bellaria si ritrovarono 1600 partecipanti: il più grande Convegno
ecclesiale del decennio passato, dopo quello di Palermo del 1995.
Un Convegno, quello di Bellaria, che ha conosciuto diverse ricadute
a livello regionale e diocesano. Alla pubblicazione del libro degli
Atti, seguì la Lettera del Consiglio Episcopale Permanente “L’amore
di Cristo ci sospinge”. Una Lettera ancora oggi poco conosciuta, ma
che non a caso viene ricordata per ben tre volte negli Orientamenti
pastorali del nuovo decennio.

Nel 1998 venne anche completato il riassetto giuridico e


amministrativo del Centro Unitario Missionario di Verona, il CUM.
Un evento non da poco, se pensiamo che il CUM è la casa comune
di formazione per quelli che partono per la missione. Non senza la
sofferenza e le difficoltà proprie di ogni cambiamento, le nostre
comunità ecclesiali hanno oggi a disposizione un valido strumento
di formazione e accompagnamento alla missione, tanto per chi parte
per l’America, l’Africa, l’Asia, l’Oceania e la stessa Europa dell’Est.

Nel settembre del 1999 si celebrò a Chianciano, undici anni


dopo la precedente di Montesilvano (PE), l’Assemblea nazionale
delle Pontificie Opere Missionarie. Un appuntamento lungamente
atteso. Un’Assemblea che prendeva atto della novità del Direttore
unico per l’Ufficio nazionale per la cooperazione missionaria tra le
Chiese e la Direzione nazionale delle PP.OO.MM.. Una novità matu-
rata alla base e finalmente varata dall’alto. Si intendeva così garan-
tire agli Organismi ecclesiali nazionali per la missione non solo mag-
gior efficacia di servizio, ma anche più coerenza e presenza.

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Per una effettiva comunione in campo missionario aveva
lavorato anche il 1° Forum degli Istituti Missionari, svoltosi ad
Ariccia nel febbraio dello stesso anno. In quell’incontro si manifestò
chiaramente la voglia del superamento di quella difficoltà di rap-
porto che gli Istituti missionari, dopo la pubblicazione dell’enciclica
Fidei donum, avevano spesso lamentato nei confronti delle diocesi,
cogliendole missionariamente sbilanciate a vantaggio dei servizi
diocesani per la missione, dimenticando la presenza e ricchezza
della consacrazione ad gentes e ad vitam.

Infine, l’anno 2000 è stato segnato ovunque dalla celebra-


zione del Grande Giubileo. Molte Diocesi sono state generosamente
e significativamente impegnate in tante iniziative missionarie,
mentre a livello nazionale ricordo il Congresso Mondiale
Missionario, organizzato dalla Congregazione per
l’Evangelizzazione dei Popoli a Castel Gandolfo durante l’ottobre
missionario, e l’Expo Missio alle Tre Fontane.

3. Se vogliamo guardare agli aspetti decisivi maturati per la


Maturazioni pastorale missionaria dai tanti eventi sopra richiamati, non pos-
siamo che ricordare almeno i seguenti.
missionarie
nel quinquennio a) La comunione fra i soggetti della missione. Non tanto come stra-
1996-2001 tegia, ma come contenuto concreto da tutti vissuto. In quella che
si può riconoscere come una vera e propria “galassia” dell’im-
pegno missionario nel nostro Paese e nelle nostre Chiese, la
varietà dei soggetti è una ricchezza che si trasforma in debolezza
quando ciascuno procede per conto proprio, senza il necessario
raccordo con gli altri.
L’impegno di comunione ha riguardato la strutturazione degli
Organismi ecclesiali nazionali (Ufficio nazionale per la coopera-
zione missionaria tra le Chiese, Direzione nazionale delle
Pontificie Opere Missionarie, CUM di Verona) ma è cresciuto
anche nella presenza e nell’azione degli Istituti, dei gruppi e dei
movimenti che agiscono per la missione.

b) La dimensione trasversale della pastorale missionaria. Tutto ciò


che riguarda il passaggio da una pastorale missionaria specia-
lizzata (e per ciò stesso marginalizzata) a una pastorale missio-
naria che opera all’interno di una pastorale d’insieme.
L’effetto più evidente di questo trapasso di mentalità si coglie in
quella ripetuta insistenza con cui oggi, a più livelli, viene invo-
cata la “conversione pastorale” delle comunità ecclesiali, pro-
spettata in senso missionario. E’ così che si esprime il docu-
mento degli Orientamenti pastorali per il decennio 2001-2010,

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


17
sulla linea di quanto già affermato nel 1995 dal Convegno eccle-
siale di Palermo e dal Convegno missionario nazionale di
Bellaria nel 1998.

c) La spiritualità missionaria. Più volte è stato affermato in questi


anni che la missione non è un’attività da aggiungere alle tante
della pastorale, quanto vivere bene in tutto quello che si è.
Questa nuova spiritualità missionaria ha riguardato anche lo
scambio tra le Chiese (uno dei nomi nuovi della Missione). Non più
una missione a senso unico (da Chiese più ricche di tutto a Chiese
più povere), ma reciproco aiutarsi come comunità evangelizzate ed
evangelizzanti. E’ la cooperazione tra le Chiese nel senso più pieno,
dove ognuna dà quello che ha e riceve quello che non ha.
Spiritualità missionaria anche per quanto riguarda il riferimento
a nuovi stili di vita, perché in tutti maturi il più coerente impegno
di solidarietà. Esemplare, in questo, la Campagna ecclesiale per
la riduzione del debito internazionale dei Paesi più poveri.

d) L’impegno missionario dei laici. Sono proprio loro, tra quelli mis-
sionari, il soggetto missionario che in questi ultimi anni ha fatto
registrare la più consistente crescita. Mi auguro che si giunga nel
più breve tempo possibile a mettere a disposizione delle diocesi
anche una specifica Convenzione, che valorizzi e sostenga con-
venientemente la loro presenza.

e) L’istanza missionaria posta dal fenomeno delle migrazioni. È un


compito inedito e interessa la comunità ecclesiale sotto il profilo
dell’ospitalità, della carità, della solidarietà e, oggi sempre più
avvertito, dell’evangelizzazione.

f) La missione “ad gentes”. Non si è riusciti a trovare altro nome che


possa dare il senso di un qualcosa di nuovo su questo contenuto.
Il nostro Convegno lo abbiamo titolato “Una missione senza con-
fini”, che vuol essere una traduzione di “ad gentes”. In un
ambiente ecclesiale che usa - a volte abusa! - sempre più ampia-
mente il termine “missione” vogliamo ripetere con insistenza un
punto di riferimento paradigmatico: l’evangelizzazione dei
popoli. Intendendo così che la missione esige l’invio, la partenza,
l’uscire dal proprio contesto geografico e culturale, impegnarsi
nel confronto con ambienti diversi dal proprio, il dialogo interre-
ligioso, la solidarietà e la pace.

g) La presenza degli Istituti missionari. Se il servizio missionario


della Chiesa locale ha favorito moltissimo la capillarità dell’im-
pegno missionario, dobbiamo fare attenzione a non credere che
quel servizio sia sufficiente per completare tutto il compito mis-
sionario della Chiesa locale. L’universale viene ancora prima del

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


18
particolare! Dobbiamo aiutare la Chiesa locale a vivere piena-
mente la propria universalità.
Credo che nei prossimi anni tutte queste questioni in parte
ritorneranno e cresceranno, in parte si evolveranno. Il cammino
fatto fino ad oggi chiede dunque di essere proseguito con atten-
zione, ma è anche motivo di fiducia e speranza.

4. Permettetemi ora una parola sulla metodologia con cui è stato


La metodologia organizzato il lavoro di questi giorni.
Il programma non prevede tante lezioni “magistrali”. È stato
di questo invece dato spazio ai Laboratori, scommettendo sul confronto, il
Convegno dialogo e l’ascolto reciproco. Un metodo che chiede dunque il
nostro coinvolgimento e la nostra responsabilità.
I contenuti dei Laboratori sono quelli su cui normalmente ci
troviamo impegnati, quelli di sempre: la catechesi, i giovani, gli stru-
menti di partecipazione, la famiglia, la carità, l’animazione, la coo-
perazione: vogliamo vedere se riusciamo a farli nuovi!
C’è qualcuno che si è reso disponibile ad introdurre questi
Laboratori e lo ringrazio. Ringrazio soprattutto i Direttori degli
Uffici pastorali nazionali della CEI, che saranno con noi in questi
giorni. Ma poi spetterà a tutti lavorare e prospettare quei passi su
cui vogliamo iniziare a muoverci nel decennio appena iniziato.
Nel programma del Convegno, infine, è stato dato un giusto
rilievo alla preghiera, prevedendo un itinerario che collegasse i diversi
mementi quotidiani proposti e un pomeriggio intero di spiritualità.

5. Questo Convegno è certo per tutti noi un impegno. Mette di


Conclusione fronte alle responsabilità che abbiamo nei confronti delle nostre
Chiese, di chi ci ha conferito l’incarico che abbiamo, di chi si
aspetta molto dal nostro servizio.
Ma questo Convegno è anche un dono, perché riporta alla
nostra “anima”, proprio quella che non può mancare a dei sacerdoti
e a degli operatori pastorali: l’ansia evangelizzatrice! È soprattutto
come “dono” che vi auguro allora di vivere questi giorni. Ringrazio
fin d’ora tutti quelli che contribuiranno a farci vivere questo dono.
Un ringraziamento che si fa speciale per la Commissione
regionale pugliese per la cooperazione missionaria tra le Chiese, che
tanto si è prodigata per realizzare al meglio il Convegno. In modo
particolare ringrazio don Alessandro Greco, incaricato regionale,
don Ferdinando Piccoli e la Sig.ra Concetta Mucci, rispettivamente
Direttore e Delegata diocesani di Manfredonia-Vieste.
Ancora a tutti voi il più cordiale benvenuto: questo Convegno
porti speranza nelle nostre fatiche e tanti frutti nel nostro servizio.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


19
UNA MISSIONE SENZA CONFINI
20
ELAZIONI
R
A servizio della missione
di Cristo

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


21
l Cammino delle Chiese in Italia
I e gli Orientamenti pastorali
2001-2010 Punti di non ritorno
S.E. Mons. FLAVIO ROBERTO CARRARO
Vescovo di Verona e Presidente della Commissione Episcopale
per l’Evangelizzazione dei Popoli e la Cooperazione tra le Chiese

Il tema si presenta interessante per una assemblea costituita


dai responsabili della pastorale missionaria italiana e dai loro col-
laboratori:
1. anzitutto, perché ci invita a fare memoria di un cammino e
quindi ad aver presente quanto finora è stato realizzato con
amore e con coraggio profetico;
2. secondo, perché siamo tutti impegnati a capire quale futuro
vogliano preparare le Chiese in Italia sotto la guida dello Spirito
che ravviva nei cuori il fuoco della missione di Cristo.
In questa introduzione vorrei sottolineare due punti: l’atteg-
giamento di fondo della pastorale missionaria e il titolo dell’ultimo
documento della CEI.

A. 1. Atteggiamenti di fondo della pastorale missionaria: fiducia,


Introduzione speranza.

La Chiesa oggi vuole aprire itinerari che portino a ricuperare


la gioia e la speranza come “compito primario” della pastorale
sapendo che “non è cosa facile, oggi” mantenersi su questo solco
data l’eclissi generale dell’orizzonte escatologico presente nella
nostra cultura e negli stessi ambienti ecclesiali (1-2)1.
Dai vescovi siamo invitati “a riscoprire i fili invisibili della
vita”, ad essere servitori della gioia, ravvivando la nostra fede
perché non rimanga immatura, legata più alle emozioni che alla
Parola ascoltata e amata (2).
La gioia, secondo quanto ci testimonia l’evangelista Giovanni,
nasce dalla relazione e non dalle cose (1Gv 1,1-4). Ed è sulle rela-
zioni umane che la Chiesa italiana vuole impostare il suo cammino
all’inizio del terzo millennio.

1
Dove non diversamente indicato, le citazioni in parentesi sono da riferire ai para-
grafi degli Orienta-menti pastorali C.E.I., Comunicare il Vangelo in un mondo che
cambia.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


22
È in atto un risveglio che riqualifica la Chiesa agli occhi del
mondo come comunità che ha lo sguardo fisso su Gesù, autore e
perfezionatore della fede (Eb 12,2) ed è sospinta dall’amore di
Cristo a intessere nuovi stili e metodi di relazioni, di cammini di
comunione e di pace, sostenendo una progettualità di vita che
l’uomo di oggi ha in parte abbandonato.
Se guardiamo al cammino missionario tracciato dalla Chiesa,
noteremo una vera storia di gioia e di speranza, di amore e di sacri-
fici, oltre che di errori e fallimenti.

Il passaggio, laborioso e lungo, dalle missioni alla missione,


la ricerca di una maggior comunione fra coloro che realizzano l’im-
pegno missionario nella Chiesa, l’attenzione verso le sfide che ven-
gono da nuove situazioni come il fenomeno delle migrazioni, il cre-
scente impoverimento dei popoli, un secolarismo in continua cre-
scita, tutto ciò fa vedere la presenza di un travaglio ma anche di un
rinnovamento e di una crescita nell’opera di evangelizzazione.
Lungo questa storia missionaria è maturata anche la
coscienza di chiedere perdono, di riconoscere gli errori, mettendo in
evidenza che anche la missione è soggetta a verifica, a vivere come
espressione di una “Chiesa umile e serva” (64) e non prepotente e
padrona.
Anche la Novo Millennio Ineunte (18) si propone di rilanciare
la Chiesa come comunità di fede e di speranza posta, come dice s.
Agostino, “fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio”
(8), che vive con gioia ed entusiasmo l’opera di Cristo che si con-
segna al Padre e all’umanità per la vita nuova di ogni donna e
uomo. “Nel volto di Cristo essa, la sposa, contempla il suo tesoro,
la sua gioia” (NMI, 29).
Conclude la Novo Millennio Ineunte al n. 58: “Il mandato
missionario ci introduce nel terzo millennio invitandoci allo stesso
entusiasmo che fu proprio dei cristiani della prima ora: possiamo
contare con la forza dello stesso Spirito, che fu effuso a Pentecoste
e ci spinge oggi a ripartire sorretti dalla speranza, ‘che non delude’
(Rm 5,5)”.

2. “Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia”

Gli orientamenti pastorali dei vescovi italiani per il primo


decennio del Duemila hanno un titolo che offre tre novità (attorno
alle quali ho pensato di sviluppare la mia relazione):
– la prima, definisce l’oggi “un mondo che cambia”;
– la seconda, proclama che il discernimento su questo mondo si fa
con il Vangelo, con la Buona Notizia. Il mondo che cambia ha
bisogno, sete, di Vangelo, cioè della parola del Verbo Incarnato,

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


23
dell’esperienza di vita di Gesù di Nazaret, dell’annuncio della sua
morte e risurrezione;
– la terza, ci dice che l’evangelizzazione è anzitutto il compito pri-
mario della Chiesa e deve poter contare con ottimi canali di
comunicazione. Non è più questione di comunicare il Vangelo e
basta, ma di comunicare il Vangelo in un mondo che ci mette in
crisi perché ci trova spesso impreparati a gestire il cambio come
segno dei tempi. Ciò che è triste è che ci trova impreparati su ciò
che abbiamo di più bello, l’annuncio di Cristo e su ciò che
dovremmo fare continuamente, cioè la conversione.
Compito centrale della Chiesa, quindi, è il Vangelo, la sua
comunicazione in un mondo che vive in modo confuso e caotico
questo passaggio da un millennio all’altro. “Il Vangelo è il più
grande dono di cui dispongono i cristiani. Perciò essi devono con-
dividerlo con tutti gli uomini e le donne che sono alla ricerca di
ragioni per vivere, di una pienezza della vita”(32).

3. La missionarietà: fiduciosa, intraprendente, creativa

Oggi la missionarietà è chiamata ad essere:fiduciosa, intra-


prendente, creativa (NMI, 41):
– fiduciosa riguardo all’oggi;
– intraprendente nei confronti della Parola per “andare e vedere” e
quindi “rimanere” con il Signore Gesù (Gv 1,39);
– creativa soprattutto nel cercare i nuovi cammini aperti dalla
comunicazione.

B. La Chiesa è una comunità di discepoli e di inviati (63-64). Nel


La Chiesa a servizio silenzio del Cenacolo e nella paura che ancora avvolgeva i suoi
discepoli, Gesù, la sera di Pasqua, collocò nel loro cuore il fiore
della missione
della speranza e della gioia inviandoli su tutta la terra: “Come il
di Cristo Padre ha mandato me, anch’io mando voi” (Gv 20,19-21). La
Chiesa è fin dall’inizio missionaria. Come il Verbo, si cala in ogni
oscurità, con umiltà e con profondo amore. Questa via porta alla
fecondità perché la trasforma in comunità umile e serva, sempre alla
ricerca della volontà di Dio. Il suo essere madre non le viene da
nessun privilegio ma solo dal farsi simile al suo Maestro.
Ho voluto fare questa premessa per dire che la Chiesa può
fare una vera lettura della realtà solo dall’angolatura del Cenacolo,
del mandato di Cristo che la obbliga a vivere ed annunciare quanto
lui ha detto e fatto. La lettura della realtà, il discernimento e la pro-
grammazione di una missione senza confini, sono possibili solo a
partire dalla sera di Pasqua.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


24
1. Il mondo di oggi. L’oggi di Dio (vedere)

Il testo dei vescovi dedica otto numeri (36-43) a questo tema


affermando che non si pretende descrivere la mentalità dell’uomo
moderno o delineare un profilo dei non credenti. E’ quindi evidente
la complessità del tema e la reale difficoltà nel delineare le linee che
caratterizzano il mondo d’oggi perché molti valori quando non sono
più riconosciuti da tutti, come tali, diventano anche problema.
Richiamo solo alcuni aspetti sottolineati nel documento:

1.1 - Potenzialità del mondo d’oggi (i semina Verbi) - (36-39)


Nel mondo ci sono delle vere potenzialità, come:
– desiderio di autenticità,
– il desiderio di prossimità,
– il desiderio di incontro,
– una rinnovata ricerca di senso,
– una accresciuta sensibilità ai temi della salvaguardia del creato,
soprattutto da parte dei giovani, indice di una nuova correspon-
sabilità.
Si sottolinea anche l’importanza della comunicazione sociale
che dà vita a una nuova cultura che “nasce, prima ancora che dai
contenuti, dal fatto stesso che esistono nuovi modi di comunicare,
con nuovi linguaggi, nuove tecniche, nuovi atteggiamenti psicolo-
gici”(39).
Altri documenti, come la Novo Millennio Ineunte, parlano
anche di “diffusa esigenza di spiritualità, che in gran parte si
esprime in un rinnovato bisogno di preghiera”(33), di ascolto della
Parola di Dio (39).
Emerge, prima di tutto, uno sguardo positivo nei confronti
della realtà e questo sottolinea l’importanza di un atteggiamento,
quello della speranza, senza tralasciare di vedere anche i rischi e i
problemi.

1.2 - Rischi e problemi. (40-43)


Sono più di uno:
– analfabetismo religioso delle giovani generazioni con la conse-
guente perdita di una “fede capace di farsi cultura e di avere un
impatto sulla storia”;
– eclissi del senso morale che ha provocato “un vero e proprio smar-
rimento” lasciando vedere “una scissione interiore tra raziona-
lità, dimensione affettivo-emotiva e vita spirituale”;
– scarsa trasmissione della memoria storica con la conseguente per-
dita della tradizione religiosa;
– la globalizzazione, ricca di sfide, la quale amplia sì gli orizzonti
spaziali delle nostre vite, creando grandi e sempre nuove oppor-

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


25
tunità, ma in realtà restringe quelli temporali, appiattendoci sul
presente e chiedendoci nel contempo una capacità di risposta e
una velocità di adeguamento ai cambiamenti tutt’altro che facili
da conseguire”(42).
La globalizzazione dell’economia suscita veri equivoci nell’in-
terpretazione della realtà per cui spesso vuol far passare per dono
ciò che è furto, progresso ciò che è distruzione di risorse naturali,
attenzione all’uomo ciò che in realtà è solo sfruttamento delle sue
facoltà.
Quanto sta emergendo nel dibattito sul G8 di Genova, fa
capire quanto sia urgente che tutta l’umanità, soprattutto quella
ricca, si interroghi sulla dolorosa realtà dei popoli poveri e schiavi.
– Appiattimento sul presente dovuto a un crescente individualismo
che chiude gli orizzonti, con conseguente pericolo di un impove-
rimento della testimonianza della fede.
– Presenza di miti che vanno smascherati: la logica del più forte,un
certo fatalismo nei confronti dei poveri; aggiungiamo: il denaro
come chiave di successo, il divertimento portato all’esaspera-
zione fino a mettere in pericolo la stessa vita, ecc.
Aggiungerei:
– moneta europea:si cammina verso una mentalità europea che
favorisce il passaggio da uno stato all’altro non solo di beni mate-
riali ma anche culturali e spirituali.
– il fenomeno dell’immigrazione:
– la costante minaccia della vita:
– il debito internazionale dei paesi poveri
– una società multietnica e multiculturale.
Di fronte a questa realtà si va sviluppando, all’interno del
corpo ecclesiale, una situazione di insicurezza, di insoddisfazione,
che definirei con il nome di disagio pastorale.

1.3 - Il disagio pastorale

Si esprime in più direzioni:


• Si fa fatica a rispondere, in concreto, a una realtà complessa.
Inquietudine, agitazione, poco entusiasmo.
• Difficoltà a riconoscere ai laici un loro ruolo specifico. Questi
sono più presenti nella Chiesa ma non si nota un salto di qualità
• Il fare è sempre preponderante rispetto al pensare. Permane un
attivismo esagerato a scapito di una spiritualità che sia fonte di
ogni attività.
• Rottura fra Vangelo e cultura, fra celebrazione e vita. Fa fatica a
decollare una pastorale di evangelizzazione.
Da questi aspetti negativi della realtà, è chiaro che ne deri-
vano alcune gravi conseguenze:

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


26
– una diminuzione di forze disponibili all’annuncio del Vangelo;
– un secolarismo sempre più accentuato e quindi un mondo sempre
più grande da evangelizzare;
– il nuovo fenomeno dei battezzati da ri-evangelizzare;
– tentazione di scoraggiamento, di inutilità, di incredulità;
– la presenza di nuove forme di povertà e di disagio;
– l’assopirsi di una mentalità di rispetto del diverso, degli ultimi, a
favore di una mentalità leghista che difende i propri diritti senza
mettersi in ascolto dell’altro.
Per vivere un cammino di missione è indispensabile uno
sguardo acuto sulla realtà, docile allo Spirito, ancorato al Vangelo.

2. Icona biblica: le nozze di Cana di Galilea (giudicare)

Per il discernimento sulla realtà alla luce del Vangelo, pro-


pongo il testo di Gv 2,1-11 che mi è caro per tanti aspetti e che trovo
stimolante per portare “lo sguardo fisso su Gesù, l’inviato del
Padre” riassumendo in parte quanto il documento dei vescovi dice
nel primo capitolo (10-31).

2.1 - Gesù è l’inviato dal Padre nel cuore della vita umana (10-15)
Gesù è lì, nel cuore della vita, quando c’è l’amore e la festa,
per sostenere la vita come abbraccio di comunione. Si proclama via,
verità e vita, per ricollocare la vita nel suo giusto posto, nel paradiso
terrestre, nel giardino dell’Eden che è la famiglia.
Però il cammino dell’uomo è stato messo in crisi dal peccato,
dalla mancanza di vino, di amore e questo ha commosso il Padre
della vita che “ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unige-
nito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita
eterna”(Gv 3,16).
Ogni dramma della storia è sempre partito da una assenza di
amore. Se durante le nozze fosse mancato il vino, la festa sarebbe
stata travolta dal sarcasmo degli invitati.
La mancanza di amore si esprime soprattutto nella negazione
dell’altro e di Dio.

2.2 - Gesù, in mezzo a noi, si manifesta con segni visibili (16-20)


Nelle nozze di Cana, secondo l’evangelista Giovanni, Gesù dà
inizio alla sua missione manifestandosi come colui che sta nel
mezzo dell’umanità perché non soffra la mancanza di vino. Tutta la
vita di Gesù consisterà nel riempire di vino l’esistenza assetata.
Nella scelta di far riempire le idrie d’acqua, Gesù annuncia la sua
totale condivisione con l’umanità.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


27
È l’itinerario della missione: condividere per amore. E’ la
ragione di fondo del suo invio, della sua obbedienza fino alla morte.
L’umanità è soprattutto presa dai problemi dell’esistenza. Per
essere coinvolta dalla contemplazione di Dio ha bisogno di Dio
stesso che però ha scelto di operare non per la via della spettacola-
rità ma per quella della kenosis. “L’umiltà è il tratto più caratteri-
stico dell’amore di Dio rivelato dall’Inviato del Padre”(14).
Il Verbo ha così illuminato la condizione umana rivelando il
volto di Dio, la profondità del suo amore, rimanendo fedele alla
consegna di farsi “servo”.
La nuova via verso il Regno che Gesù inaugura in modo
nascosto durante il frastuono di una festa di nozze, “è fatta di
ascolto della volontà del Padre, di pratica della misericordia e della
giustizia, di servizio umile e amoroso per i fratelli; tutto per poter
giungere a condividere con ogni essere umano il banchetto escato-
logico, segno della comunione che è la via stessa di Dio”(21).
I suoi discepoli vedendo la sua gloria cedettero in lui.
Registrarono nel loro cuore come impegno fondamentale della loro
missione il compito di riempire d’acqua le anfore della vita.
Associando i suoi alla sua opera e facendo sue le angosce dell’uma-
nità, Gesù mise definitivamente nella storia la sua presenza e mise
ogni esistenza nella sua. “L’umanità intera è ormai con Cristo in
Dio”(24).

2.3 - La vita come una festa - Irresistibile bisogno di festa (21)

I vescovi negli orientamenti pastorali per il primo decennio


del Duemila, affermano che la vita di Gesù “è stata una vita bella”,
realizzata in assoluta comunione con il Padre e totalmente fedele
alla missione ricevuta, amando sino alla fine, continuando a perdo-
nare anche dalla croce” (21-22).
Definire la vita di Gesù come una vita bella significa ridare
senso alla vita, convocare all’imitazione di Cristo, avere il coraggio
di proporre un modello di esistenza controcorrente, insistere sulla
necessità di vita interiore e di dialogo con Dio.
La missione di chi si fa servo per amore si mette dalla parte
della vita e lotta affinché sia amata con l’amore di Cristo, servita con
il suo coraggio e celebrata come banchetto di nozze.

Due convinzioni sono indispensabili:


– quella di Gesù che pronuncia una parola potente, che fa tremare:
“riempite d’acqua le giare”, “prendi il largo e calate le reti”. Senza
la presenza della Parola umile e vera, non è possibile nessun
cambiamento, nessuna conversione;
– quella dei servi, di Pietro: “le riempirono fino all’orlo”, “sulla tua
parola getterò le reti”. Senza la presenza della Parola divina e

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


28
senza il coraggio dei discepoli, senza la loro risposta umile e
silenziosa, quale evangelizzazione è possibile?
Oggi spesso manca il coraggio di evangelizzare partendo da
anfore vuote, tentativi di pesca falliti, programmi semplici e poveri.
Si parla continuamente della necessità di cambiare ma in realtà
esiste la paura di cambiare, di ritornare alle origini dove solo alcune
dimensioni della pastorale erano fondamentali: l’ascolto della
Parola di Dio, la fractio panis, il servizio delle mense, l’unione fra-
terna e la preghiera (At 2,42-46).

2.4 - La missione si vive centrando lo sguardo su Gesù (24-31)-


(NMI, 29,33)

L’icona biblica ci invita alla contemplazione del volto di Cristo


e dei volti di coloro che stanno con lui alla mensa della vita.
Nella contemplazione del mistero dell’Incarnazione del Verbo,
vediamo in lui il volto del Figlio, dell’uomo dolente e del Risorto,
tesoro e gioia della Chiesa(NMI, 24-28). I volti di coloro che stanno
alla mensa della vita sono volti di uomini e donne che hanno bisogno
di sentirsi dire che la vita vale più del vestito, e che non serve a nulla
guadagnare il mondo intero se poi si perde l’anima.
Diventare icone del volto di Cristo, capaci di mostralo con la
vita. Ecco la prima grande sfida che ci proietta su “Cristo stesso, da
conoscere, amare, imitare, per vivere il lui la vita trinitaria, e tra-
sformare con lui la storia fino al suo compimento nella
Gerusalemme celeste”(NMI, 29). Vivere il misteryum lunae.
Abbiamo il compito stupendo ed esigente di essere il riflesso di
Cristo “luce del mondo”(Gv 8,12). “E’ compito, questo, che ci fa tre-
pidare, se guardiamo alla debolezza che ci rende tanto spesso
opachi e pieni di ombre”(NMI, 54).
Per vivere la missione è fondamentale centrare lo sguardo su
Gesù e vederlo così:
Gesù è l’inviato del Padre (11-15).
Gesù è in mezzo a noi, colui che condivide la vita degli
uomini del suo tempo (16-23); Gesù è il Risorto (24-28); Gesù è
colui che è venuto, viene e verrà per la piena realizzazione del
Regno (29-31).
In questo testo così carico di spiritualità, di incontro orante,
di vera ispirazione contemplativa, i vescovi ci hanno presentato in
modo straordinario l’unica missione di Gesù, dipingendola su
quattro meravigliose icone. Possiamo dire che lo scopo dei vescovi
è anzitutto quello di farci incontrare con Cristo, far ardere di amore
e di passione per lui il nostro cuore, provocandone anzitutto “l’in-
vaghimento” come dice il Papa (NMI, 33).

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


29
3. I compiti della missione. La conversione pastorale (agire)

3.1 - Prendere decisioni di fondo (44)


Come comunicare il Vangelo in un mondo che cambia?
Il documento dei vescovi offre molti spunti.
Anzitutto parla della necessità di prendere “decisioni di fondo
capaci di qualificare il nostro cammino ecclesiale”(44). E’ neces-
sario infuocare la Chiesa con “una chiara connotazione missio-
naria”, un nuovo dinamismo missionario, che miri a comunicare il
mistero del Dio vivente e vero, fonte di gioia e di speranza”(44).
Questo richiede un nuovo stile pastorale, una conversione
pastorale, “un nuovo slancio apostolico che sia vissuto quale
impegno quotidiano delle comunità e dei gruppi cristiani”(NMI,
40). Il Papa invita a prendere il largo, a guardare in avanti, ma
intende questo in una duplice dimensione : missionaria e contem-
plativa. “L’altum verso cui la Chiesa deve andare, non è soltanto un
più forte impegno missionario, ma prima ancora un più intenso
impegno contemplativo” (Omelia della concelebrazione conclusiva
del Concistoro 24.05.01).
Non basta “conservare l’esistente”, come disse il Papa a
Palermo e come è stato ribadito a Bellaria. Occorre una Chiesa che
sappia accogliere i “cristiani della soglia”(59), come sono stati chia-
mati nell’ultima assemblea della CEI, a cui occorre offrire partico-
lare attenzione, nuovi percorsi, cammini per ricominciare.

3.2 - I due livelli della pastorale: comunità eucaristica e comunità dei


battezzati indifferenti (46)
“Per imprimere un dinamismo missionario è necessaria una
conversione pastorale”(46). Così, con l’intento di voler dare concre-
tezza alle decisioni indicate precedentemente nel documento, i
vescovi ci offrono una pagina straordinaria di pastoralità attenta e
lungimirante:

“Vogliamo delineare i due livelli specifici, ai quali ci pare si debba


rivolgere l’attenzione nelle nostre comunità locali. Parleremo anzitutto
di quella che potremmo chiamare comunità eucaristica, cioè coloro
che si riuniscono con assiduità nella eucaristia domenicale...; passe-
remo quindi ad affrontare la vasta realtà di coloro che, pur essendo
battezzati, hanno un rapporto con la comunità ecclesiale che si limita
a qualche incontro più o meno sporadico, in occasioni particolari della
vita, o rischiano di dimenticare il loro battesimo e vivono nell’indiffe-
renza religiosa.
Se questi due livelli saranno assunti seriamente e responsabilmente,
saremo aiutati ad allargare il nostro sguardo a quanti hanno aderito
ad altre religioni e ai non battezzati presenti nelle nostre terre. Anche
la vera e propria missione ad gentes, già indicata come paradigma
della evangelizzazione, (Dopo Palermo 32), riprenderà vigore e il suo

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


30
significato diventerà pienamente intelligibile nelle nostre comunità
ecclesiali... Riaprendo “il libro delle missioni”, le nostre comunità
saranno aiutate a non chiudersi nel “qui e ora” della loro situazione
peculiare...”(46).

Queste parole sono veramente profetiche, illuminanti una


situazione che non si sapeva come definire e abbordare. Sono parole
che nascono dalla contemplazione di Cristo, del suo stile di vita.

Sottolineiamo alcuni aspetti:


a. Si parla di due livelli della comunità e non più di vicini e lontani.
Si riconoscono cammini diversi, una maturazione nella fede che
riflette la situazione di vita, un grande rispetto per chi si muove
con ritmi particolari.
b. La Chiesa vuole assumere con serietà e responsabilità questi due
livelli. Ciò significa che si auspica una pastorale per entrambi.
c. Questo nuovo atteggiamento avrà delle conseguenze positive nei
confronti di chi ha aderito ad altre religioni e di chi non è bat-
tezzato.
d. I cristiani sono invitati ad aprirsi, a condividere e comunicare la
loro esperienza di fede.
e. L’evangelizzazione non è compito di specialisti, quali i missio-
nari, ma di tutta la comunità.
Questo testo mi sembra sufficiente per cogliere l’impegno mis-
sionario della nostra Chiesa e la provocazione che ne deriva per
ogni tipo di pastorale. L’orizzonte della missione deve essere plane-
tario, senza confini. Esige una fede adulta e pensata (50).

3.3 - Nuove frontiere della evangelizzazione (51-62)


Le nuove frontiere, i nuovi areopaghi dell’evangelizzazione
sono in mezzo a noi. Vivono l’attesa dell’annuncio. Alcuni:
* i giovani: in loro c’è “un talento che il Signore ci ha messo nelle
mani perché lo facciamo fruttificare”(51). Nei loro confronti
abbiamo grandi responsabilità. Non solo dobbiamo dare fiducia
ai giovani ma anche grande attenzione e grande amore.
* la famiglia: “è l’ambiente educativo e di trasmissione della fede
per eccellenza”-”l’accompagnamento delle famiglie” deve essere
prioritario come quello della pastorale giovanile -”Le nostre par-
rocchie dovrebbero essere sempre più luoghi di ascolto e di
sostegno delle famiglie in difficoltà”(52).
* l’ecumenismo: “è una sfida fondamentale perché è una verifica
della nostra fedeltà al Vangelo ma è anche una grande scuola di
comunione”(56)
Bisogna “non stancarsi di pensare a forme di dialogo e di
incontro con tutti coloro che non sono partecipi degli ordinari cam-
mini della pastorale”(58)

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


31
A questo punto, possiamo chiederci: se questa è la prospettiva
del futuro, l’orizzonte verso cui camminare, quali aspetti della mis-
sione sono un punto di non ritorno, una vera esperienza e testimo-
nianza della missione di Cristo?

C. 1. La missione è opera dello Spirito (TMA, 44-45)


Punti di non ritorno
“Lo Spirito di fatto, attualizza nella Chiesa di tutti i tempi e di
tutti i luoghi, la unica Rivelazione portata da Gesù agli uomini, ren-
dendola viva ed efficace nel cuore di ogni uno” (TMA, 44). Lo
Spirito attualizza, vivifica e rende efficace il Vangelo di Gesù.
“Lo Spirito è pure l’agente principale della Nuova
Evangelizzazione. Sarà perciò necessario scoprire lo Spirito come
Colui che costruisce il Regno di Dio nel corso della storia e prepara
la sua piena manifestazione in Cristo Gesù”(TMA, 45)
È lo Spirito che ci fa sentire la presenza del Verbo e ci spinge
prima alla sua contemplazione e poi alla sua testimonianza. Il fuoco
della missione è il fuoco dello Spirito che infiamma i cuori e li illu-
mina di amore.

2. La Chiesa locale soggetto di missione

Riscoprire la Chiesa locale come soggetto di missione. E’ il


popolo di Dio in quanto tale, laici-religiosi e preti, che è chiamato a
farsi carico della evangelizzazione. La Chiesa vuole promuovere
“una nuova missionarietà che non potrà essere demandata a una
porzione di specialisti, ma dovrà coinvolgere la responsabilità di
tutti i membri del Popolo di Dio” “Occorre un nuovo slancio apo-
stolico che sia vissuto quale impegno quotidiano delle comunità e
dei gruppi cristiani” (NMI, 40).
Dalla riscoperta della diocesanità segue la comprensione che,
in una Chiesa locale, è necessaria la cultura dello scambio, della
cooperazione tra le Chiese. Dobbiamo chiederci se, in questo dia-
logo sempre più necessario, siamo capaci di mettere insieme le
diversità. Mettere insieme armoniosamente unità e diversità rimane
sempre una grande sfida In questo contesto di comunione vanno
rivisti almeno due aspetti:
– l’uso del denaro per evitare dannose contrapposizioni e dipen-
denze. La Chiesa dei poveri deve essere anche una Chiesa povera
e quindi più libera.
– la relazione dei Centri Missionari Diocesani con i Movimenti
ecclesiali.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


32
3. Spiritualità della comunione

“Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione: ecco


la grande sfida che ci sta davanti..”(NMI, 43). La spiritualità della
comunione è indispensabile per la vita della Chiesa, della missione.
Anche qui alcuni punti:
a.- occorre promuovere la spiritualità della comunione
b- occorre che emerga come principio educativo là dove si
plasma l’uomo e il cristiano
“Se sarà davvero “casa di comunione”, resa salda dal Signore
e dalla Parola della sua grazia, la Chiesa potrà diventare anche
scuola di comunione”(65). Questa esige che la prospettiva in cui
deve porsi tutto il cammino pastorale è quella della santità che si
alimenta con la preghiera. “L’impegno per una pastorale della san-
tità” dovrà essere uno degli obiettivi principali della missione.

4. La missione è annuncio gioioso di un dono

“La missione è annuncio gioioso di un dono che è per tutti, e


che va a tutti proposto con il più grande rispetto della libertà di cia-
scuno: il dono della rivelazione del Dio-Amore che -ha tanto amato
il mondo da dare il suo Figlio unigenito”(Messaggio giornata mis-
sionaria mondiale). È indispensabile il senso della gratuità. E’
annuncio di Cristo e del Vangelo: “E voi chi dite che io sia?”.

5. La missione è scelta preferenziale, anche se non esclusiva, dei


poveri (NMI, 49)

“Nella persona dei poveri c’è una presenza speciale, che


impone alla Chiesa un’opzione preferenziale per loro. Attraverso
tale opzione, si testimonia lo stile dell’amore di Dio, la sua provvi-
denza, la sua misericordia, e in qualche modo si seminano ancora
nella storia quei semi del Regno che Gesù stesso pose nella sua vita
terrena”(NMI, 49).
Lo scenario della povertà si allarga continuamente. E’ giunta
l’ora di una nuova fantasia della carità (NMI, 50). Non possiamo
dimenticare la bella sollecitazione del card. Roger Etchegaray
durante l’ultimo Concistoro: “Occorre passare da una Chiesa per i
poveri a una Chiesa interamente povera: tocchiamo qui forse la que-
stione più provocante, la più urgente per l’evangelizzazione del
nuovo millennio. Solo una Chiesa povera può diventare una Chiesa
missionaria”.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


33
6. La missione è scambio
Anzitutto dell’esperienza del Vangelo. Va superata la tenta-
zione di chiudersi dentro il proprio sistema di vita. E’ necessario
dare alla cooperazione tra Chiese, allo scambio, maggiore incisività,
forza, mettendo in atto iniziative che promuovano l’accoglienza
delle varie esperienze fatte dai missionari in altre Chiese e la pre-
senza nelle nostre comunità di persone che vengono da altre realtà
ecclesiali. Pensare il rientro dei Fidei Donum in questa fase di
scambio.

7. La missione è lasciarsi evangelizzare


La Nuova Evangelizzazione comincia da una conversione per-
sonale, dall’accoglienza della Buona Notizia nei nostri cuori.
“...la comunicazione del Vangelo rende necessario compiere
una paziente e coraggiosa revisione di tutto il tessuto pastorale delle
nostre comunità dal punto di vista missionario”(appendice 4).

8. La missione è dialogo, ascolto, incontro


Il suo sguardo va oltre le apparenze. Riconosce l’altro come il
destinatario del Vangelo. La missione diventa così laboratorio di
fede e laboratorio di Chiesa per aiutare a vedere, capire e vivere.
Soprattutto nel dialogo ecumenico e interreligioso manifesta tutta la
sua forza e tutto il suo coraggio. Non è più possibile fare missione
senza fare ecumenismo, accoglienza di chi è diverso per cultura,
religione, stile di vita. La missione oggi è a 360 gradi, circolare, pre-
sente ovunque. La missione non è più rivolta ad alcuni ma a tutti:
Non più rivolta solo fuori di noi ma anche dentro noi.

D. 1. Il Concilio: la bussola della Chiesa (Appendice; NMI, 57)


Conclusione
“Occorre prevedere, nel prossimo decennio, una ripresa dei
documenti del Concilio Vaticano II(soprattutto delle quattro grandi
Costituzioni), perché siano profondamente meditati nelle nostre
comunità e diventino concretamente la -bussola- che ci orienta in
questo nuovo millennio”(Appendice).
Perché questo richiamo al Concilio? Perché nel Concilio si
esprime tutta la Chiesa e la missione deve riportare nel mondo ciò
che è patrimonio di tutta la Chiesa e niente altro. Inoltre il Concilio
ha definito con chiarezza le caratteristiche della missione.
È necessario trovare nuove vie per la trasmissione della fede
affinché risponda alle attese dell’uomo d’oggi.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


34
2. Tessuto pastorale e mentalità missionaria (Appendice 4)
“In un tempo di secolarizzazione e nel quale la nostra società
diventa multietnica e multiculturale, la comunicazione del Vangelo
rende necessario compiere una paziente e coraggiosa revisione di
tutto il tessuto pastorale delle nostre comunità dal punto di vista
missionario” (Appendice 4).
Il documento finisce sottolineando fondamentalmente due
esigenze della evangelizzazione:
a. la comunicazione
b. la formazione di una mentalità missionaria
Ecco i due binari che esigono veramente una conversione
pastorale. La missione è quindi vista anche come fonte di rinnova-
mento della pastorale.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


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cona della missione:
I 1 Giovanni 1, 1-4. Lectio Biblica
Dott.ssa ROSANNA VIRGILI • Biblista

“Il Cristianesimo è tutto fondato sul corpo che


Cristo ha assunto: è la religione del Logos incar-
nato, della Parola che si fa uomo.
Dunque il Cristianesimo ha, al centro, un corpo
che nasce, cresce, comunica, si riproduce, si
dilata, soffre, si ammala, guarisce, muore; perché
è nel farsi del corpo che vive la Parola”.
(C. M. Martini).

Il contesto La struttura della 1 Gv sviluppa il pensiero di fondo presen-


della Lettera tato dall’Apostolo: conoscere i criteri della vera comunione del-
l’uomo con Dio.

Dopo il prologo che ha lo scopo di introdurre il tema fonda-


mentale della comunione con Dio e con i fratelli, segue la prima
esposizione dei criteri della comunione con Dio (1, 5-2, 28)

I motivi della Lettera: i rischi dello “spirito del tempo” (cer-


care di evitare la corporeità del Cristo).

Un Dio incarnato (l’evolversi della incarnazione)


Incontrato come tale (la storia)
Esige un annuncio incarnato (l’oggi senza riserve)

Un Dio comunione (Padre Figlio Gesù Cristo + noi)


Esigiamo un allargamento della comunione

Lo scopo: la nostra gioia sia perfetta: voi ci mancate!

1. Riprendendo quasi pari pari il Prologo al Vangelo, Giovanni


Nella incarnazione, nel Prologo della sua prima lettera vuole annunciare il mistero della
Incarnazione, il mistero, cioè, del “Verbo della Vita”.
nella visibilità, “È il Verbo si fece carne e pose la sua tenda in mezzo a noi”.
la Parola Quel “Verbum Dei”, quel modo in cui Dio espresse se stesso ‘In
diventa vita. principio”, prima che il mondo fosse, proprio quella “parola” con
(vv. 1-2) cui il Padre diede corpo al mondo, rivelando se stesso, Egli Persona
divina, si fece carne con il mondo, creatura di Dio. Si rese, cioè:

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


36
voce perché l’uomo potesse udirla, volto perché l’uomo potesse
vederlo, bellezza, perché l’uomo potesse goderla, contemplarla,
corpo perché l’uomo potesse toccarlo, sentirne il calore, farsi da lui
abbracciare. Proprio in virtù di questa incarnazione la Parola di Dio
è diventata, per noi, Vita. Proprio in virtù di questa visibilità, la
impalpabile, sottile, sfuggente, sovrastante voce di Dio nella Parola,
è divenuta per noi Storia.

“E pose la sua tenda in mezzo a noi”, continua il Prologo al


Vangelo.
Divenne, cioè, figlio di Maria e si fece compimento delle pro-
messe fatte ad Abramo, nostro padre nella fede. La sua tenda fu
quella di Mosè, poi si allargò e divenne la Chiesa cristiana, la
Chiesa universale. Nel suo attendarsi ci volle la Croce: segno del
caricarsi di tutta l’umanità della creature, compreso il peccato. Ma
la sua croce divenne luminosa, perché da essa si sprigionò un sur-
pluse inaspettato di vita, una Vita piena, liberata, redenta. Da
quella tomba vuota è fiorito un giardino, un nuovo Eden dove tutti
coloro che oggi piangono incontreranno - come Maria Maddalena -
un giardiniere: colui che asciugherà per sempre le loro lacrime.

Non sarebbe bastata la voce. Non può bastare - come credono


alcuni tra i cristiani cui Giovanni si rivolge - sentire una parola inte-
riore di Dio, avere una ispirazione mentale per vivere una comunione
con Lui. Ma soprattutto non è sufficiente percepire una illuminazione
particolare dell’intelletto, per essere vivi. Forse si può accontentare di
un solletico della mente solo chi non vive i propri giorni come un
peso, che non dà respiro, chi non ha mai gettato se stesso al confine
tra la vita e la morte, chi non ha mai sentito i morsi della fame o l’or-
rore della violenza, la lama dell’odio, la notte dell’angoscia.

Quanti rifiutano la messianicità di Cristo negando la sua


natura umana, coloro che svuotano la sua croce negando che sia il
Figlio di Dio, non potranno mai incontrarsi intimamente con Lui, e
rimarranno sempre al di qua di una autentica comunione. Quanti -
anche tra i battezzati - disprezzano e mortificano il corpo, perdono
l’occasione ed il luogo dove conoscere l’amore di Dio. E’ nel corpo,
infatti, che Dio si incontra con l’uomo.

Giovanni chiama questi apparenti cristiani dei mentitori, dei


falsi profeti, addirittura degli anticristi. Essi che disprezzano la
comunione fraterna, sono dei “separati” - in verità - non solo da un
autentico Dio, ma anche dalla propria autentica umanità.

Il dio formale, verbale, aristocratico della gnosi, che offre un


sofisticato percorso intellettuale, è troppo debole per farsi carico

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


37
della pena dei mondo, troppo aleatorio per sopportare il grido del-
l’oppresso. Da lui le creature fatte di terra non potranno mai otte-
nere ragione, libertà, consolazione. Non potranno mai trovare in
esso una corrispondenza.

Leggere sono le parole; la Parola che si fa Vita è una Parola


che pesa, è un semplice Verbo di amore pregnante di carne, una
Parola piena di “gloria”.
(Pensa a Giovanni come il vangelo della Gloria, alla glorifica-
zione del Cristo).

Gli autentici cristiani, dunque, hanno conosciuto un altro


Dio. Essi hanno potuto incontrarlo nel profondo della propria uma-
nità, nel corso dei giorni della propria storia. Nel frammento di
tempo della loro esistenza hanno intercettato il Dio “che era sin dal
principio”. Quale impeto quale volo del cuore in queste parole: noi
abbiamo visto, abbiamo udito abbiamo toccato.... ciò che sembrava
un sogno.

a. “Essi hanno udito”

Hanno ricevuto dagli Apostoli la parola dell’annuncio della


vita redenta, liberata... Hanno udito una Parola di risposta dal cielo.
Il Signore risorto che pronuncia il nome di Maria, rivelandogliene il
mistero. Si sono accorti di non essere più soli. Usciti dall’abban-
dono e dalla malinconia, hanno udito le parole che Israele aveva
atteso per secoli.

“Andate a riferire a Giovanni ciò che voi udite (e vedete): i ciechi recu-
perano la vista, gli storpi camminano., i lebbrosi sono guariti, i sordi
riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la Buona
novella e beato colui che non si scandalizza di me” (Mt 11, 5-6).

Sono parole che riattivano i sensi, che rimettono in moto il


loro corpo. Gesù porta una novella che fa ringiovanire, rinvigorire,
sentire vivi. Non è un vangelo intellettuale, che soddisfa una curio-
sità della mente. Non è neppure prima di tutto un codice etico. E’
un messaggio che ci permette e ci chiede di riappropriarci del corpo.
Ci permette di farlo. “Beato chi non si scandalizza”, come facevano
alcuni tra i cristiani che si reputavano i migliori e credevano di poter
fare a meno della loro volgare corporeità.

I ciechi che vedono, i morti che risuscitano. Coloro che hanno


ricevuto la Buona Novella sono quelli che hanno urlato contro il
cielo. Tanto forte e ribelle era il loro grido, tanto testardo, corag-
gioso, disperato, acuto, che qualcuno vi ha risposto. Più vicini sono

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


38
i poveri alla parola dell’annuncio cristiano perché più forte è il loro
lamento, più stretta la loro lotta contro la morte che il loro orecchio
si modella come una conchiglia per carpire al mare anche un solo
granello di fiato. Chi non ha mai conosciuto il silenzio vuoto di una
impotenza assoluta non può sentire come si apre e si gonfia il cuore
alle parole di qualcuno che dice: “sono con te”.

Chi non si è mai sentito soffocare dalla propria miseria e dal


proprio peccato non riuscirà mai ad udire il miracolo di una parola
di salvezza.

b. “Essi hanno veduto”

Ez 37, 1-13: come nella visione di Ezechiele i cristiani hanno


veduto i corpi risorgere. È una visione concreta e spirituale insieme.
E’ la visione dagli occhi della fede. È la voce dalle orecchie dello spi-
rito. I sensi nuovi sono capaci di forare la pesantezza della corpo-
reità per vivificarle di Spirito.
Sono gli occhi di Maria Maddalena che liberati dalla vista del
Signore, sono capaci di dire: “Ho visto il Signore”. (Gv 20,18),
perché ha incontrato in se stessa la comunione con Lui attraverso il
Suo amore.

Essi hanno veduto dei piedi avvicinarsi ed hanno detto:


“Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunci che
annuncia la pace” (Is 52,7 ).

La Visibilità del Vangelo della pace.


I cristiani hanno veduto Colui che portava la pace. Dio si è
reso visibile, proprio nel dono della pace. Pace come riconciliazione
con se stessi, e con i fratelli, con Dio. Pace come riscatto, per rimar-
ginare le ferite della terra, sul corpo della terra. Dio è medico della
terra e la Chiesa è il luogo che contempla le guarigioni. “Vi lascio la
pace, vi do la mia pace” (Gv 14, 27). I cristiani hanno visto la pace:
si pensi alla comunione di Gv 15 o Atti 4, 42-48

c. “Essi hanno contemplato”

I cristiani hanno “goduto” intimamente della bellezza dei loro


Dio, hanno visto intorno a se il diffondersi della sua grazia. Hanno
visto nei prodigi diffusi sulla terra dalle sue parole e dai suoi segni,
il riflesso della Parola e del Volto del Dio del cielo. Hanno contem-
plato il creatore nella sua creatura. Hanno contemplato nel Signore
risorto , la resurrezione alla vita dalla morte. Hanno visto in se
stessi la bellezza di Dio. Hanno potuto cogliere nella propria fini-
tezza i lampi di una stupenda infinità.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


39
d. “Essi hanno toccato”

Perciò essi hanno toccato il Dio incarnato. E’ interessante


ricordare come nella lingua ebraica la parola “mano” (yad), derivi
da yada (“conoscere”): Io conosco vuol dire: Io amo”. Si tratta di
una conoscenza sperimentale; simile a quella che l’uomo prende
dalla donna, e che lo penetra nella profondità del suo mistero.
Questa conoscenza è matrimonio. Essa è amore. L’ultima lettera del
verbo yada è ayin che vuol dire: “occhio”. Potremmo dire che la
mano è dotata di una visione e l’occhio di una certa qualità del toc-
care. Vedere e toccare conducono alla conoscenza che libera.
L’iconografia cristiana non rappresenta mai la Persona del
Padre perché egli è l’inconoscibile, lo manifesta dunque attraverso
una mano: in quanto l’inconoscibile si fa conoscere. Le mani dei
credenti, allora hanno toccato le mani di Dio. Hanno sentito il
calore della sua mano. E da essa hanno ricavato una conoscenza
che è quella che si ricava dalle mani unite nella preghiera. Egli non
si è vergognato di noi, ha messo il dito sulle nostre piaghe.
Le “nostre mani hanno toccato” perché Dio ci ha toccato, ci
ha abbracciato: la tradizione parla di due mani che agiscono nel
mondo:
– una quella del Verbo che struttura;
– l’altra quella dello Spirito Santo che vivifica.

2. “Quello che abbiamo visto e udito, lo annunciamo a voi, perché siate


in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre, e col Figlio
Esige un annuncio suo Gesù Cristo” (v. 3).
incarnato
(l’oggi senza L’incontro incarnato con il Dio incarnato (Padre e Figlio) è un
riserve) incontro con un Dio che è già in se stesso “comunione”. Tra cielo e
terra, tra spirito e corpo, tra luci ed ombre. Conosciuto in una espe-
rienza concreta, vissuta, visibile, di amore, esso è fatto di consonanze.
Ciò che l’Apostolo crede e annuncia non è un’idea astratta,
ma un evento accaduto che gli ha rivelato il mistero di Dio. Un
mistero di dialogo, di scambio amoroso, di legami vivificanti di voci
che si sintonizzano e si corrispondono. Dio è un bacio ha detto un
profeta del nostro tempo.

Dalla comunione con il Dio-comunione nasce la sete della


comunione.
Dal punto di vista della comunione, l’orizzonte del mare e
delle rive al di là di esso. Le luci delle città degli stranieri. Delle
megalopoli cariche di una stupenda e prostrata umanità. La
nostalgia del fratello lontano il desiderio di captarne la voce e di far

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


40
sentire: ci sei e ci sono. Il coraggio e la voglia di partire, l’inconte-
nibilità del viaggio.

Fatelo udire sulle coste lambite dal Mediterraneo, e sulle isole


dell’Egeo, e nell’Africa proconsolare ed a Roma:
“Quello che abbiamo visto e udito lo annunciamo a voi: che un
uomo era morto ed è risorto; era perduto ed è stato ritrovato; era cieco
ed ora vede; era schiavo ed oppresso ed è stato liberato“. Vi annun-
ciamo che chi è morto risorgerà, chi è cieco riacquisterà la vista, chi
è perduto sarà ritrovato; chi è prigioniero sarà liberato.
Ve lo annunciamo perché lo abbiamo udito, lo abbiamo
veduto, lo abbiamo contemplato, lo abbiamo toccato. Perché la Vita
che è in noi ne è testimone. Siamo stati liberati, ci è stato permesso
di cantare e di ballare e non ci sono state caricate addosso, al con-
trario fardelli di precetti e di divieti insopportabili. Perciò non siamo
venuti ad imporvi una religione, a spazzare via la vostra cultura, i
vostri sentimenti, le vostre tradizioni, i vostri desideri: al contrario
siamo venuti ad indurre la vostra gioia, a contagiarci con le vostre
ferite, a toccare la vostra carne, a vedere, ad udire la vostra voce.

Quanto fu annunciato a noi dai testimoni oculari del Dio


incarnato, Gesù Cristo, ora non è più solo parola, ma è diventata la
nostra stessa Vita. Una Vita fatta di risposta, di consolazione, di
compagnia, di compassione, di comunione, di amore. Vi vogliamo
contagiare.

3. La missione dei cristiani non ha la pretesa, né lo scopo di sal-


“Queste cose vare il mondo. Neppure i G 8 sono i veri salvatori del mondo, anche
se lo credono. E’ Dio che salva il mondo. Lo scopo di ogni annuncio
vi scriviamo per i cristiani è la gioia dei cristiani stessi.
perché la
nostra gioia La gioia come sentimento della pienezza della comunione.
sia perfetta” Mentre Sartre dice che: “l’inferno sono gli altri”, per il cristiano
(v. 4) incontrare il cuore di un altro, toccare la sua ferita, sentirne il timbro
di voce, contemplare le trasparenze di una inedita Armonia, vuol dire
assaporare il gusto di quella comunione che già porta in se stesso
con Dio Padre e il Figlio. Riconoscerne le parole, proclamarne. Egli
si libera nella gioia della comunione solo condividendola. E ogni
volta che uno schiavo sarà liberato la sua gioia sarà più piena.

La gioia frutto dello Spirito, primizia dei doni della mattina di


Pasqua, si acquista e si conosce solo donando la Parola dell’an-
nuncio, facendosene missionari. Questa Parola è la nostra vita, è
scritta, perciò, nei nostri orecchi, nei nostri occhi, nelle nostre mani.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


41
Che sono stati riempiti, toccati, baciati dallo spirito. Trasfigurati
dall’Amore ora possono trasfigurare in virtù dell’Amore. Di quell’a-
more che hanno ricevuto, cioè incarnato. E che non si può condivi-
dere se non nella carne, amando il corpo, assolvendo al desiderio
degli orecchi, degli occhi, delle mani, del cuore. Che si nutre non di
pane, ma della verità della libertà, della potenza dell’Amore.

Piste di A. Incarnazione come testimonianza:


riflessione – essere stati liberati, riconciliati, salvati con se stessi.... (il corpo);
– essere innestati nella Chiesa, in una comunione, in una memoria
viva;
– vivere il mistero della trinità.

B. Annuncio
– incarnarsi negli altri (il fuoco e le lingue). La Samaritana;
– portare la pace. Condividere la gioia. Il vino di Cana.

Perché essere missionari? Ritrovare i motivi

Il corpo è il linguaggio dell’Amore di Dio nel cristianesimo.


Esso chiede innanzitutto acqua e pane. Quindi giustizia e pace.
Chiede un’acqua ed un pane guariti dal veleno dell’egoismo e del
falso umanitarismo, dai ricatti commerciali e dai vantaggi economici.
Il corpo stesso chiede di essere guarito dal male dell’assenza ...

“Il dono più prezioso che potete offrire a chi amate, è la vostra felicità”
(Buddha).

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


42
AVOLA ROTONDA
T
Grandangolo sulla missione
nei cinque Continenti

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


43
Africa
1. Sr. MARIA TERESA RATTI • Missionaria comboniana

Sono molto felice di essere qui con voi questa mattina e sic-
come non credo molto alla fortuna ma tanto all’azione profonda
della grazia che muove ogni cosa in noi ed attorno a noi, sono certa
che ci verrà dato di celebrare la sua presenza vivificante e trasfor-
mante per sentirci tutti più entusiasti e rinvigoriti guardando con
fiducia al futuro che Dio sta ponendo in fronte a noi.
Quando, circa una decina di giorni fa, Don Crescenzio mi ha
chiamata al telefono introducendomi al tema di questo convegno, si
premunì di dirmi: “Per quanto riguarda la tua presentazione, devi
essere capace di dire tutto ciò che ritieni valido in venti minuti e il
tutto con tanto entusiasmo!!!”. Mentre non mi preoccupa affatto la
seconda parte di questa sua affermazione, devo confessarvi che ho
dei seri dubbi circa la mia abilità a mantenere la prima: infatti non
sono mai stata molto brava con i cronometri.

Vorrei iniziare questa mia condivisione con una piccola pre-


messa di sapore personale: e cioè che quello che riuscirò a comuni-
carvi non è frutto di studi o di analisi particolari e certamente non
sarà esauriente circa le vastissima realtà nelle quali la Chiesa opera,
ma vuole semplicemente essere un condividere il mio ‘sentire la
Chiesa e sentirmi chiesa’ in Africa per così rendere testimonianza a
ciò che ‘ho visto e toccato con mano della presenza del Regno’ in terre
africane.
Io all’Africa debbo molto perché, molto di ciò che sono oggi,
come persona, donna, credente e suora missionaria è dovuto anche
ai vari incontri e scambi con molta gente africana la quale mi ha
comunicato una definizione più radicale di cos’è la fede e di che
cosa vuol dire credere.
Infatti, a contatto diretto con l’Africa ho innanzitutto capito
che vivere la Missione è percorrere una strada a doppia corsia.
Vivere gomito a gomito con gente di ogni età mi ha contagiata con
la voglia di celebrare il dono della vita nella sua quotidianità non
sempre facile ma certamente entusiasmante ed arricchente, costi
quel che costi. E questo soprattutto con le donne africane -dalle
cucu, le nonne, le anziane, alle mamme, alla numerosissime giovani
donne con le quali ho vissuto esperienze di cammini di fede bellis-
simi - tutte queste donne hanno impresso la mia esperienza di vita
missionaria in Africa con dei segni positivi ed indelebili.

L’Africa è davvero GRANDE attraverso le sue DONNE! E qui


già vi anticipo una mia conclusione circa la presenza ecclesiale in

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


44
Africa: l’Africa avrà un futuro di vita, la Chiesa in Africa avrà un
futuro di vita se le donne africane troveranno quegli spazi di pre-
senza che sentono essere loro per contribuire come protagoniste, e
non da mere esecutrici di ordini, alla vita sociale ed ecclesiale del
continente.

Tre sono i punti fondamentali sui quali vorrei riflettere con voi:

1. I percorsi ecclesiali d’obbligo in Africa oggi


2. I modi particolari di presenza: nei campi
• Politico
• Sociale
• Economico
3. La presenza profetica della donna nella Chiesa in Africa

1. Il Sinodo per l’Africa propose cinque grandi aree d’azione:


I percorsi L’evangelizzazione, l’inculturazione della fede, il dialogo
ecclesiali d’obbligo interreligioso, particolarmente con le religioni tradizionali africane
e l’Islam, la promozione della giustizia e della pace in ogni ambito
in Africa oggi di vita, e la necessità di evangelizzare più efficacemente attraverso
i mezzi di comunicazione sociale.

Ne prendo in considerazione due: l’evangelizzazione e l’in-


culturazione della fede.

L’evangelizzazione
La Chiesa Cattolica in Africa si sta impegnando per condivi-
dere la fede ricevuta annunciandola a coloro che, in altri continenti,
ancora non conoscono Gesù Cristo pienamente. Al numero 128, il
Sinodo invita i cristiani a rifiutare la tentazione dell’isolazionismo e
li sprona a lanciarsi a servizio della missione a livello mondiale. La
risposta di alcune chiese non si è fatta tardare. Infatti all’anima-
zione missionaria delle comunità cristiane viene data molta impor-
tanza, e questo è un grande dono che lo Spirito sta facendo a queste
chiese, giovani, sì, ma anche già adulte nella fede.
A questo riguardo, in Kenya, è operante già da alcuni anni il
Mission Promotion Team, il quale, inizialmente organizzato da
alcuni missionari ‘stranieri’ in comunione col Segretariato Cattolico,
ha ora al suo seguito un buon numero di persone, particolarmente
di laici, impegnati a portare avanti gli impegni che il team si pre-
figge: organizzare incontri di preghiera e di formazione alla missio-
narietà in parrocchie, scuole secondarie, università, gruppi giova-
nili, ecc., su tutto il territorio nazionale; promuovere e mantenere la
comunicazione anche attraverso un significativo scambio di infor-

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


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mazione con i missionari kenyani che lavorano all’estero racco-
gliere fondi con lo scopo di aiutare, annualmente, alcuni di questi
missionari nel loro ministero! È semplicemente stupendo vedere
come la gente si sente coinvolta e responsabile e come contribuisce
fattivamente alle varie iniziative di formazione missionaria.
Certamente, lo spirito africano dell’Harambee, e cioè, del tutti
insieme per una causa specifica, è una categoria culturale sulla
quale gli operatori pastorali devono far più leva per coinvolgere le
comunità cristiane e anche per aiutarle a divenire dei punti di rife-
rimento attraverso i quali è possibile stabilire dialoghi costruttivi
con altre forze sociali.
L’Africa ha già i suoi preti Fidei Donum! Ultimamente, la dio-
cesi di Mombasa, ha inviato alcuni suoi preti nei Caraibi. Questo è
un fatto di grande portata ecclesiale e missionaria, soprattutto se
consideriamo il fatto che questa diocesi si trova inserita in un terri-
torio dove la presenza dell’Islam è veramente capillare.

L’inculturazione della fede


Inculturare la fede in Africa significa, per esempio, poter
essere al 100% africani e al 100% cristiani. Ma cristiani africani in
Africa e particolarmente attraverso un’inculturazione operata da
una chiesa, cattolica si, ma locale, e dove a ogni battezzato/a viene
data la possibilità di esercitare un ministero proprio, diretto al bene
dell’intera comunità. In questo campo la Chiesa Cattolica in Africa
ansima un pò, soprattutto perché non è facile ottenere quei spazi di
azione che una chiesa locale deve avere per poter essere se stessa.
Purtroppo, se fondare chiese locali significa produrre delle
fotocopie della chiesa romana altro non si fa che impoverire l’azione
dello Spirito, la quale vuole/vorrebbe (il femminino in Dio!) rinno-
vare continuamente il dono della Pentecoste e della Cattolicità là
dove è possibile!
Ci auguriamo che durante il terzo millennio dell’era cristiana
si riesca ad invertire la rotta ‘uniformante’ stabilitasi nel secondo e
così riacquistare il vigore necessario affinché le chiese locali pos-
sano sperimentare l’entusiasmo delle prime comunità ecclesiali,
come pure la necessaria libertà e creatività evangeliche nel rispon-
dere alle sfide odierne attraverso una esperienza di fede concretiz-
zata nelle realtà che caratterizzano il terzo millennio.

2. Nel campo politico


Modi particolari Qui, dove è connessa la promozione della giustizia e della
di presenza pace, la Chiesa sta facendo dei notevoli passi. Nello Zambia, per
esempio, la chiesa cattolica ha promosso una serie di azioni politiche

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


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(boicottaggi vari, marce pubbliche, comizi a diversi livelli) le quali
hanno fatto si che il Presidente Chiluba rispettasse la Costituzione
non presentandosi per un terzo mandato presidenziale!
Le chiese cristiane in Kenya si stanno adoperando per la revi-
sione della Costituzione Nazionale. Certo collaborare è molte volte
una grande sfida, ma se non impariamo a collaborare e a divenire
capaci interlocutori dei governi e governanti di turno, rischiamo,
involontariamente o no, di fare il gioco del più forte. E qui non è
necessario spendere una parola sulle conseguenze al vari silenzi ed
eventuali connivenze.
Per questo, le Conferenze Episcopali africane, in comunione
con altre Chiese Cristiane impegnate nel politico, devono assumersi
la responsabilità di promuovere la formazione di leaders politici
integri e competenti attraverso i quali rendersi presenti nei luoghi
dove si fanno le decisioni che toccano la vita e il futuro di tutti.
L’operare per la giustizia e pace e integrità del creato esige una
partecipazione più fattiva dei cristiani nella gestione della cosa pub-
blica, per mettere fine all’imperante corruzione, all’abuso dei diritti
umani più fondamentali e alla violenza di ogni tipo (tribale, religiosa
fondamentalista, ecc.) fomentata a scopi politici e/o di partito.
L’Africa vuole, ed ha estremamente bisogno, di una più stabile
unità politica. L’Organizzazione dell’unità africana, (Oua) il cui 37’
vertice si è tenuto a Lusaka lo scorso luglio, cederà il posto
all’Unione Africana (Ua) che sarà effettiva l’anno prossimo in
Sudafrica.

Un altro segno positivo africano, ancora in campo politico, è


il recente lancio del MAP (il Millennium Partnership for the African
Recovery Programme) un’iniziativa portata avanti da diversi presi-
denti africani impegnati nel preparare un futuro migliore alle loro
popolazioni. Il MAP fonda le sue radici sulla good governance, la
quale viene misurata dall’assenza di corruzione, di conflitti e di
spese improduttive, prime fra tutte quelle militari.
Come Chiesa abbiamo una responsabilità seria nel campo
politico, nell’Africa del 21° secolo, desiderosa di adottare forme di
governo democratiche, seppur con tante fatiche e accerchiata da
molti ostacoli. Come Chiesa dobbiamo operare fattivamente alla rea-
lizzazione di questi nuovi piani politici a favore dell’Africa se non
vogliamo che continui a subire le conseguenze delle varie invasioni
di cui la sua storia è piena, ultima fra queste, la globalizzazione!

Nel campo sociale


Vorrei qui sottolineare la presenza dei media cattolici nel con-
tinente. Faccio volentieri riferimento al Centro Mediale del New
People, in Nairobi, impegnato nella pubblicazione della rivista New

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


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People, attraverso la quale si vuole creare una visione realista ma
positiva dell’Africa odierna. Questo centro inoltre pubblica regolar-
mente articoli a sfondo politico ed economico, e la nostra più
recente pubblicazione è l’African Wòmen Journal, che vuole offrire
un forum di ricerca e scambi a favore della promozione della donna
in Africa. Inoltre, il Centro produce programmi radiofonici distri-
buiti a radio comunitarie sparse su tutto il continente.
Altre pubblicazioni cattoliche qualificate, l’Afriquespoir, stam-
pata a Kínshasa e distribuita nelle zone di lingua francese. A
Lusaka, al Jesuit Centrefor Theological Reflection, fondato dal gesuita
Peter Henriot, un gruppo di operatori pastorali segue da vicino la
questione giustizia e pace e offrono al pubblico una lettura teologica
contestualizzata dentro le situazioni reali che milioni di impoveriti
vivono sulla loro pelle ogni giorno.
Le Paulines Publications presenti in diverse nazioni africane,
sono sempre in prima linea nella produzione, pubblicazione e dif-
fusione della stampa cattolica e di altri tipi di informazione ad ispi-
razione cristiana. Merita particolare menzione l’African Bible, alla
cui stesura hanno collaborato diversi biblisti e teologi africani.

Un altro settore sociale dove la Chiesa è fattivamente ope-


rante è accanto alle vittime dell’HIV/AIDS, la maggioranza delle
quali muore senza aver accesso ad un minimo dì trattamento cli-
nico. L’Africa ha oggi milioni di orfani da HIV/AIDS e intere giovani
generazioni sono fagocitate dal virus, il quale si propaga non solo
attraverso comportamenti sessuali errati, ma viene anche favorito
da situazioni umane di povertà e miseria, particolarmente presenti
nelle immense baraccopoli che fanno da cintura a molte città afri-
cane. È urgente un approccio globale alla epidemia.

Il sociale-economico è senz’altro un binomio molto importante


a cui la Chiesa deve prestare molta più attenzione. Certo, sono molti i
fattori che impoveriscono l’Africa sempre di più, (le politiche ingiuste,
il debito, ecc.) però penso che come chiesa abbiamo il compito di
offrire qualcosa di più e qualcosa di meglio, perché sono convinta che,
quando, come individui e gruppi, ci incontriamo col Vangelo, la nostra
vita deve cambiare in meglio sotto qualsiasi aspetto.
Perché, allora, in Africa, le chiese sono generalmente piene e
le celebrazioni religiose lunghe, ma fuori di chiesa la vita della gente
non migliora? Perché l’esperienza religiosa non è sufficiente a
migliorare la vita? Probabilmente perché, come scrive il George
Kinoti nel suo libro ‘Hope for Africa’ (Speranza per l’Africa), l’espe-
rienza cristiana non è vissuta nelle sue dimensioni costitutive:
quella religiosa e quella sociale. Ma già nel 1971, durante il
Secondo Sinodo dei Vescovi, si affermava che l’impegno per il

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


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sociale è parte costitutiva dell’annuncio del Vangelo. Forse, accanto
al grande impegno per la conversione religiosa deve esserci un
altrettanto impegno per la trasformazione del sociale!
Il Sinodo per l’Africa (107) afferma che il ministero sociale
deve essere parte importante della pastorale ordinaria di ogni par-
rocchia. Ma per poter fare questo occorrono dei Social Ministers
capaci di portarlo avanti con competenza e dedizione. Fu in risposta
a questa esigenza pastorale che nel 1994, al Tangaza College di
Nairobi, un collegio costitutivo della Università Cattolica dell’Africa
Orientale si diede via al corso di Social Ministry. Attraverso una pre-
parazione intensissima di tre anni e mezzo vengono preparati per il
ministero sociale Laici, Fratelli e Suore provenienti da diversi paesi
africani. Parallelo al corso di Ministero Sociale si è creato un Centro
Operativo per l’accompagnamento di progetti di sviluppo e azione
politica. Progetti di micro-credito, occupazione giovanile, e investi-
mento nell’agricoltura sono alcuni esempi dei progetti accompagnati
dal Centro. Come vedete, non c’è tempo per la noia in Africa!

3. Come vi ho anticipato poco fa, io ho avuto, e spero di conti-


La presenza nuare ad avere, una esperienza positiva e vitale con donne africane.
profetica Sin dai primi tempi del mio arrivo in Africa, mi ha sempre colpito la
loro grandissima capacità di celebrare la vita dentro le molto diffi-
della donna cili situazioni in cui venivano e vengono a trovare.
nella Chiesa La loro caparbietà nell’affrontare i disagi economici ed
in Africa ambientali che spesso rendevano difficile provvedere ai bisogni più
immediati delle loro famiglie è stata per me un’introduzione verace
e profonda alle varie sfide che ogni giorno, ancora oggi, milioni di
donne affrontano senza darsi troppa importanza.
Ho visto nelle donne africane immense capacità manageriali
a qualsiasi livello. Se un progetto, di qualsiasi tipo, viene dato in
mano a loro, si può star certi che verrà portato a compimento con
successo.
Donne teologhe, come le congolesi Berriadette Mbuy-Mbeya
e Petronille Kayiba, la ganeana Mercy Amba-Oduyoye, le kenyane
Mary Therese Gachambi, Mary Getui, e Mary Gitau, la zambiana
Pereka Nyerenda, vogliono ‘riappropriarsi’ dell’evento ‘Gesù’ guar-
dando a lui attraverso gli occhi e con la sensibilità femminile.
La donna africana percepisce il Cristo come colui che rende
giustizia alle vedove e agli orfani e che accoglie e accetta tutti come
uguali. Lei si rapporta a Cristo come amico, il quale prende la sua
parte in pubblico per sfidare sistemi tradizionali che la tengono sog-
giogata a gioghi patriarcali e marginalízzata nella sua società.
Ho incontrato donne cataliste di liberazione, di riconcilia-
zione e di solidarietà impressionanti. Donne come Charity Ngilu, la

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


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quale, nel campo politico, non si arrende ad una mentalità tradizio-
nale che vede solo nell’uomo la possibilità di guidare la nazione.
Oppure come Warigari Maathai che non ha paura di opporsi al
Presidente Moi per la sua politica di distruzione dell’ambiente.
Donne come Speciose Mukaghaima che, rimasta vedova nel
genocidio in Rwanda, si sta operando per organizzare le donne nella
sua stessa condizione senza distinzione etnica. Donne come
Monica Atieno che, già madre di nove figli, accoglie i sei di sua
sorella lasciati orfani di AIDS. E donne come Jane Weru che si batte
contro ogni impiccio giuridico per salvaguardare il diritto alla terra
per gli abitanti delle baraccopoli.
L’Africa deve molto alle sue donne. E la Chiesa che è in Africa
deve molto alle donne, perché una vera evangelizzazione e incultu-
razione profonda della fede passano inevitabilmente attraverso l’e-
sperienza religiosa e sociale femminile. Dove questo non succede,
sono guai perché allora cercano in altri luoghi religiosi le risposte e
lo spazio che cercano.

Concludo

Spero di avervi comunicato un pò della vitalità che ho gustato


in Africa. Un continente di grande speranza perché la sua gente sa
credere e ridere e celebrare la vita nonostante tutto. E queste sono
carte sulle quali la Chiesa può giocare la sua partita ancora oggi
guardando con fiducia al futuro.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


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America Latina
2. Premessa
don MARTINO ZAGONEL
Incaricato del CUM per l’America Latina

Mi è stato chiesto di offrire una lettura della situazione


dell’Evangelizzazione oggi in America Latina. Accettato l’invito, non
potevo che mettermi nella prospettiva di dare voce alla parola delle
chiese sorelle che operano dal di dentro di quel kairos, in quel pre-
ciso luogo e tempo di salvezza. Offro quindi una sintesi della lettura
sul tempo di oggi fatto dal Celam (Consiglio Episcopale Latino-ame-
ricano). Il Celam nel 1998 aveva predisposto un testo provvisorio
dal titolo Il terzo millennio, come sfida pastorale. Volle poi arric-
chirlo, alla luce dell’esortazione post-sinodale Ecelesia in America,
offrendo un documento definitivo, consistente di ben 123 pagine,
dal titolo: Incontro con Gesù Cristo Vivo nell’orizzonte del 3° mil-
lennio. Piano globale del CELAM 1999-2003. Mi ispiro a questo
documento. Ed espongo due punti: a) la situazione e le sue sfide; b)
La risposta pastorale. Alcuni criteri guida.

1. Ciò che è proprio dell’America Latina sul proscenio mondiale


La situazione oggi è l’esasperazione di alcuni aspetti negativi della globalizza-
zione presente in ogni parte del mondo.
e le sue sfide La globalizzazione nel suo aspetto culturale è alla base di
una nuova civilizzazione, di una nascente figura di uomo che
sembra avere, tra le altre, queste caratteristiche:
– un uomo più pratico che contemplativo, più portato a fare la sua
opera che a contemplare la natura.
– un uomo attratto e sollecitato verso conoscenze sempre nuove e
più numerose, meno portato alla sintesi, alla ricerca del senso,
alla sapienza.
– un uomo ‘zapping’, che valorizza il cambiamento per il cambia-
mento, il godimento del presente, il dominio sulle cose.

Questa globalizzazione culturale, nell’impatto col mondo


latino-americano, appare anche come nuova forma di colonizza-
zione, poiché impone stili di vita che non rispettano il proprio di
alcune culture locali, o lo sfruttano soltanto come elemento coreo-
grafico e di possibile utilità commerciale (esempio: rapporto con le
culture indigene ed afro). Lo scempio è grande e può essere irrime-
diabile.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


51
Nel suo aspetto più strettamente economico, la globalizza-
zione porta ad approfondire la già secolare condizione di ingiustizia
sociale, aumentando drammaticamente la massa di poveri (oggi la
statistica della povertà è dei 43%, che vuol dire circa 225 milioni di
persone costrette a sopravvivere con meno di due dollari al giorno),
e creandone nuove categorie. Un tempo si parlava dei povero e del
ricco in relazione alla quantità (aver più o aver meno), oggi il
sistema dominante produce emarginati ed esclusi dal sistema (per-
sone che non hanno accesso ai servizi perché sono stati privatizzati)
e indebitati dentro il sistema (Ampio uso della carta di credito e dei
prestiti).

La povertà ha la sua più drammatica immagine nello spetta-


colo delle grandi metropoli, che richiamano il problema del rapporto
tra ambiente e povertà. Più dei 70% della popolazione in AL vive in
zona urbana e nelle cinture di povertà delle grandi metropoli,
sospinta dal fallimento della riforma agraria e dalla concentrazione
delle industrie nelle grandi città. La mancanza di un progetto di
urbanizzazione provoca molti problemi; in alcuni casi, esistono
nelle città interi settori che sono come isole dove crescono la vio-
lenza e la delinquenza giovanile e dove è dominante un clima di
disperazione. Nelle periferie cresce la privatizzazione nella vita
delle persone. La vita accelerata, le distanze da percorrere per
recarsi da un posto all’altro, la mancanza di sicurezza a causa della
delinquenza, gli incidenti, i sequestri di persona e gli attentati, l’a-
nonimato urbano dove nessuno conosce nessuno e le relazioni sono
soprattutto di lavoro e di commercio, e la mancanza di credibilità
nei soggetti pubblici, portano gli individui a rinchiudersi in se stessi
e a rifugiarsi nei piccoli gruppi (famiglia, clubs, movimenti ... ).

Questo aspetto culturale ed economico della globalizzazione


incide anche nel modo di concepire, vivere ed esprimere la religio-
sità. Essa è un fenomeno in aumento e risponde alla necessità di
sentirsi accolti, come piccolo gruppo, in mezzo ad un ambiente
urbano anonimo. La dimensione religiosa è sempre più relegata al
privato e al personale e si configura facilmente come religione tera-
peutica mentre tende ad escludere ogni forma di impegno sociale.

Sono dei flash: segnalano una tendenza, interpellano una


prassi, provocano la ricerca di alcuni nuovi criteri guida per la
pastorale.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


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2. La Chiesa cattolica nel continente Latino-americano è l’istitu-
La risposta zione di maggior credibilità.
pastorale Questa constatazione, da una parte, dice il valore dell’im-
pegno generoso di tanti laici, religiose, religiosi, diaconi, sacerdoti e
a questa situazione vescovi, dall’altra comporta una maggior responsabilità di fronte la
società e al tempo che viviamo.
Il piano globale del Celam 1999-2003 delinea alcuni criteri-
guida per la pastorale. Mi sembra prezioso ascoltarli nello spirito
dello scambio tra chiese, e dell’accoglienza dei doni che lo Spirito
suscita in altre Chiese.

Alcuni criteri-guida per la pastorale

1. Accoglienza positiva dei nuovo.


Una attenta analisi degli avvenimenti contemporanei ci porta ad
affermare che stiamo vivendo un cambiamento epocale che inter-
roga enormemente il modo di vivere dei nostri popoli. Non si
tratta soltanto dell’accelerazione della vita o di nuove scoperte
tecnologiche che penetrano nel mistero della vita e nell’ampio
campo della comunicazione. Esiste un cambiamento di para-
digmi e di valori. Sorge cioè una nuova civilizzazione che pro-
pone sfide e punti di riferimento anche nuovi all’azione pastorale
della Chiesa.
Ebbene, noi vogliamo accogliere questo nostro tempo come un
kairos; vogliamo riconciliarci con i tempi attuali, per poter evan-
gelizzare a partire da essi stessi, assumendo i nuovi processi con
fedeltà alla tradizione, e con apertura alla presenza attuale dello
Spirito nella storia e con una visione che guarda in avanti.

2. Il fondamento.
Il fondamento di tutti i criteri è che “Gesù Cristo è la buona
notizia della salvezza comunicata agli uomini di ieri, oggi e
sempre e, insieme, è il primo e supremo evangelizzatore. La
Chiesa in AL deve parlare sempre più di Gesù Cristo.

3. Una pastorale che interpella.


Nella attività ministeriale di Gesù, è interessante notare che è ‘il
Verbo fatto carne’ - in cui risiede la sorgente del senso della vita
- che prende l’iniziativa di interrogare, di risvegliare il cuore,
invece di insegnare come i maestri che parlano senza ascoltare.
Per questo, pensiamo che nella situazione attuale, dove esistono
due mondi tanto differenti (la società e il Vangelo) e dove esi-
stono settori più secolarizzati e altri che conservano vive tradi-
zioni di pietà, una importante dimensione della pastorale sia

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


53
quella di interrogare la risposta della società; chiede, ad
esempio: “Sarà vero che il possesso, in se stesso, è la fonte del-
l’auto-realizzazione della persona e del gruppo umano?”. In tal
modo, l’annuncio della persona di Gesù Cristo sarà più una
domanda che una risposta alla società attuale, poiché è in grado
di invertire il suo ordine di valori.

4. Una pastorale propositiva.


Il Vangelo aiuta a scoprire la domanda corretta, ma offre pure un
orizzonte entro il quale trovare delle risposte. Esiste un riferi-
mento dottrinale che fu esplicitato lungo la storia attraverso la
presenza dello Spirito nella Tradizione, che fu trasmesso di gene-
razione in generazione nelle comunità e fu confermato dal
Magistero della Chiesa Cattolica. Dio continua a parlare nel quo-
tidiano. E’ necessario scoprire il suo invito nei capitoli della
storia che si stanno scrivendo nei nostri giorni. Per questa l’a-
zione pastorale considera positivo tutto ciò che incontra nella
civilizzazione emergente per costruirci sopra e proporre alterna-
tive di fronte a tutto quello che non contribuisce alla realizza-
zione dell’essere umano, come individuo e comunità, in quanto
immagine e somiglianza di Dio.
L’azione pastorale, rispondendo alle necessità concrete della
società, assume anche la sua provvisorietà ed esige una verifica
periodica. Questa azione deve essere ispirata, creativa, gioiosa e
entusiasta, fatto nello stile semplice di Gesù.

5. La valorizzazione dei gesti.


Nella cultura dell’immagine si preferisce il gesto alla parola. La ver-
balizzazione occidentale ha annegato il gesto e, di conseguenza,
anche la parola ha perso di credibilità. I gesti annunciano solo
quando sono culturalmente significativi, diversamente essi diven-
tano un vuoto rituale. La pura ripetizione dei gesti di un tempo, se
non sono capiti, non è più portatrice della Buona Notizia. Ciò vale
anche per la necessario rinnovamento sacramentale.
Il gesto nella azione pastorale sarà significativo nella misura in
cui risponde alle necessità, offre alternative e accompagna la
confessione di Colui che motiva e dà pieno senso al gesto.
L’azione come risposta di fronte alla necessità concreta e testi-
monianza del vero Protagonista, si trova meravigliosamente pro-
nunciata dalle parole di Pietro: “Non ho né oro né argento, però
quello che ho te lo do: nel nome di Gesù, il Messia e Nazareno,
cammina. E presolo per la mano destra, lo sollevò” (At. 3,6-7).

6. Una pastorale che interpella il cuore.


L’azione pastorale deve essere diretta alla persona, nella sua
totalità. Forse nella pratica, troppo spessa essa è diretta solo alla

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


54
testa e alla volontà e non arriva al cuore dell’individuo e della
società. L’uomo e la donna latino americani sono essenzialmente
persone e società affettive. Guardano il mondo e gli avvenimenti
con gli occhi del cuore. li cuore intuisce ciò che, posteriormente,
è presentato a parole; però è il cuore ciò assimila la profondità
dell’impatto. Se l’azione pastorale non arriva al cuore - nel senso
biblico della parola - risulta una evangelizzazione decorativa,
come una vernice superficiale che non penetra nel più profondo.

7. Un messaggio inculturato.
Una comunità che assume il meraviglioso mistero
dell’Incarnazione del Signore e, per opera dello Spirito Santo, tra-
smette un messaggio inculturato, comprensibile e rilevante. Una
comunità disposta a entrare in dialogo con ogni cultura, ricono-
scendo i semi di bellezza e di bontà, scoprendo le chiavi della
cultura perché, a partire da esse, annunci con la vita e l’esempio
un messaggio dì fede gioiosa ed entusiasta. Così, diventerà più
credibile quando sarà necessario denunciare il negativo, perché
la critica non sarà confusa con un atteggiamento reticente di
fronte al nuovo.

8. Flessibilità e creatività.
L’individualismo e il soggettivismo corrodono internamente il
comportamento religioso dei cattolici, anche praticanti. Esso
sgretola non solo le culture tradizionali ma anche i rapporti
comunitari in genere, togliendo le basi a molte di quelle che sono
state, negli anni 70 e 80 una delle più promettenti esperienze
pastorali dell’AL, dei comunità di base. Oggi si chiede flessibilità
alle istituzioni sociali. E la Chiesa ne sarà capace? In un nuovo
contesto di popolazione maggioritariamente urbana, saremo
capaci di realizzare una evangelizzazione urbana metodica e
capillare, con la stessa sapienza con cui la chiesa seppe evange-
lizzare la cultura rurale durante tanti secoli?

9. A difesa degli esclusi.


Giustamente, un servizio a tutti i membri della società, per
essere universale, è obbligato ad occuparsi, in primo posto, degli
esclusi. Mentre Caino rinnega il fratello, Gesù si identifica e soli-
darizza con i emarginati. Nella vocazione cristiana, questa scelta
di base non risponde a calcoli politici e, nemmeno, a conclusioni
scientifiche. E’ una semplice conseguenza obbligatoria della fede
che professiamo.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


55
Asia
3. padre ANGELO LAZZAROTTO • Missionario del PIME

1. Un faticoso cammino delle Chiese che vivono in Asia è iniziato


nei passati decenni, un po’ dopo il Concilio. Esso è in qualche
modo segnato dalle periodiche assemblee plenarie dei Pastori,
riuniti nella Federazione delle Conferenze nazionali dei Vescovi
dell’Asia (la FABC), e dagli incontri di tipo più esperienziale e
formativo delle numerose articolazioni che toccano i settori di
maggiore interesse. Si tratta della progressiva presa di coscienza
di una realtà fondamentale e che si potrebbe considerare ovvia,
ma non sempre è tradotta in realtà e vissuta nella pratica, del
fatto cioè che la Chiesa è comunione.

2. Un momento importante in questo lento cammino è stato il


Sinodo dei Vescovi per l’Asia, celebrato a Roma tre anni fa
(aprile- maggio 1998) in preparazione del Grande Giubileo. Quel
Sinodo ha segnato anche il superamento della tradizionale geo-
grafia ecclesiale dell’Asia, con l’inclusione sia della variegata
realtà delle antiche Chiese del Medio Oriente sia delle minuscole
comunità emergenti tra le popolazioni dell’Asia Centrale, nell’ex
Unione Sovietica.

3. Certo anche il Sinodo, e la successiva Esortazione Apostolica


Ecclesia in Asia, non hanno sciolto i numerosi nodi che vi fre-
nano lo sviluppo del cristianesimo. Si sa che la Chiesa, benché
presente e attiva da secoli tra i popoli asiatici, vi rimane ancora
oggi un’esigua minoranza, spesso perseguitata, con problemi
infiniti. Della popolazione del continente - di oltre tre miliardi e
mezzo di persone - i cattolici battezzati rappresentano appena il
2,95%. Ma l’Esortazione Ecclesia in Asia guarda al continente
con grande fiducia.

4. Oltre che sul fronte delle culture e su quello delle sue antiche
religioni, la Chiesa è chiamata a dialogare con i problemi sociali
che travagliano i popoli dell’Asia. Si tratta di realtà macrosco-
piche (si pensi al genocidio della Cambogia, alle violenze dei fon-
damentalisti e dei Talebani). L’Asia presenta un ventaglio di
miserie economiche e di oppressioni politiche e religiose, per cui
“milioni di persone vi soffrono discriminazione, sfruttamento,
povertà ed emarginazione”. La difesa dei diritti umani e la pro-
mozione della giustizia e della pace sono una sfida “irrinuncia-
bile e inevitabile” per tutto il Popolo di Dio in Asia (n.33).

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


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5. Ma il Papa vede nell’Asia risorse umane, religiose e cristiane
capaci di affrontare questi problemi, per cui è convinto che l’Asia
sarà il paese di questo nuovo millennio. Questa sua convinzione
sulla crescente importanza dell’Asia è condivisa da non pochi
politologi e grandi esperti dell’economia mondiale. Ma il Papa
punta sull’Asia anche per la missione della Chiesa, osservando
che, come il primo millennio ha visto l’evangelizzazione
dell’Europa e il secondo quella dell’America e dell’Africa, il terzo
millennio prepara una nuova primavera in Asia. Egli parla di una
“messe di anime, ormai pronta e abbondante”, e aggiunge: ‘Tedo
schiudersi un nuovo e promettente orizzonte in Asia, dove Gesù
nacque e dove ebbe inizio il cristianesimo”. (n.9). Ma è realistico
puntare sull’Asia per il futuro della Chiesa? Non si tratterà di una
pia illusione?

6. Come era da aspettarsi, l’ottimismo di Giovanni Paolo Il non ha


trovato consensi unanimi. Durante il Sinodo, vari padri si erano
interrogati sull’efficacia dei metodi usati finora. E’ palese la spro-
porzione tra il grande sforzo missionario compiuto in Asia e i
risultati da esso prodotti. Il dibattito su questo tema è partico-
larmente acceso nel contesto multireligioso dell’India. Il porta-
voce della Conferenza episcopale indiana ne sottolineava il
dramma lo scorso dicembre, alla vigilia del viaggio del Papa:
“Sebbene san Tommaso sia approdato sulle sponde dell’India nel
52 d.C., e nonostante due millenni di lavoro missionario, in vari
gradi di intensità, la popolazione cristiana in India resta una
minoranza del 2,34%, con 24 milioni di unità, di cui 16 milioni
cattolici, su circa un miliardo di persone”. Mentre resta senza
risposta la domanda: perché il Cristianesimo non è riuscito a
mettere radici in India?, c’è chi si chiede: Si deve ancora lavorare
per questo? Qual è oggi il significato della missione? Di fronte ad
una crescente campagna dei fondamentalisti indù contro i cri-
stiani accusati di proselitismo, che significa evangelizzare?

7. Anche l’impostazione dell’Esortazione Ecclesia in Asia ha


suscitato qualche critica. Il p. Michael Amaladoss, per es.,
gesuita indiano, docente del Vidyajyoti College of Theology di
New Delhi, ha lamentato che non si tratterebbe di “un docu-
mento asiatico, anche se è un documento per l’Asia”. Ma in
genere i commenti sono stati molto positivi. Mons. Murphy
Pakiam, vescovo ausiliare di Kuala Lumpur, ha detto:
‘L’Esortazione chiarisce che la Chiesa in Asia deve evangelizzare
in un modo nuovo, asiatico”. E mons. Teodoro Bacani, vescovo
ausiliare di Manila: “Se l’Ecclesia in Asia sarà tradotta in pratica,
la Chiesa cattolica in Asia non avrà più il volto dei colonizzatori
e del l’Occidente”.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


57
8. L’Esortazione Ecclesia in Asia ribadisce “il primato” della pro-
clamazione in ogni attività evangelizzatrice, pur di fronte alle
riconosciute “difficoltà nel proclamare Gesù quale unico
Salvatore” nel contesto asiatico (n. 19, 20). Afferma in pratica
che non si tratta di scegliere tra annuncio e dialogo, o fra
annuncio e testimonianza di vita, ma del giusto modo di coniu-
garli assieme. Circa il primo annuncio, raccomanda una spe-
ciale pedagogia che sappia presentare Gesù Cristo “come com-
pimento dell’anelito espresso nelle mitologie e nel folklore dei
popoli dell’Asia”. Viene sottolineato il fatto che
“L’inculturazione della fede coinvolge una riscoperta del volto
asiatico di Gesù”; vi si ricordano i nuovi titoli di Gesù, sugge-
riti dai Padri sinodali, titoli significativi per la mentalità asiatica
e in linea con la tradizione biblica: Gesù come Maestro di
Sapienza, il Guaritore, il Liberatore, la Guida Spirituale,
l’Illuminato, l’Amico compassionevole dei poveri...”. Vi si
afferma che “occorre emulare ai nostri giorni la penetrante com-
prensione dei popoli e delle culture, di cui sono esempio uomini
come Giovanni da Montecorvino, Matteo Ricci e Roberto de
Nobili’ (n.20).

9. Accanto al dialogo interreligioso, l’Esortazione ribadisce quindi


la grande importanza dell’inculturazione che, specialmente in
quel continente, fa parte della proclamazione del Vangelo e a
cui vengono dedicati 3 paragrafi (21-23). Ma una sottolineatura
altrettanto forte è per la spiritualità. Ecclesia in Asia non esita
ad affermare che “la missione è azione contemplativa” ed è
insieme “attiva contemplazione” (n.23). Riprendendo poi una
delle Propositiones presentate dai padri sinodali, sottolinea che
l’evangelizzazione “ha bisogno di uomini e donne santi, che
faranno conoscere e amare il Salvatore attraverso la loro vita”
(ib.). E la venerazione con cui anche le masse di non cristiani
hanno circondato in vita e in morte Madre Teresa di Calcutta, è
una conferma di questa intuizione. Nel suo amore smisurato
verso gli ultimi, sublimato da una gioiosa contemplazione del-
l’amore infinito di Dio, hanno imparato a riconoscere il volto di
Gesù compassionevole e misericordioso.

10. Una delle realtà che caratterizzano il continente asiatico è il


regime totalitario degli ultimi paesi retti dal marxismo reale, in
Cina, Vietnam, Laos, Korea del Nord, dove ogni fede religiosa è
tuttora pesantemente penalizzata. Ecclesia in Asia, nel pren-
derne atto, afferma: “La Chiesa sa che la silenziosa testimo-
nianza di vita a tutt’oggi rimane l’unico modo di proclamare il
Regno di Dio in molti luoghi in Asia, dove la proclamazione
esplicita è proibita e la libertà religiosa negata o sistematica-

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


58
mente ridotta”. Invero, ha del miracoloso il progresso che il
messaggio evangelico registra, nonostante tutto, nella Cina
comunista e in Vietnam. Miracolo che si può spiegare solo con
questa testimonianza silenziosa ma autentica.

11. Un’ulteriore conferma dell’impatto che una forte carica di spiri-


tualità può avere anche sulle antiche tradizioni religiose
dell’Asia ci viene dall’esperienza di Chiara Lubich. E’ sintoma-
tica infatti l’accoglienza che incontra questa donna eccezionale
in ambienti altamente qualificati sia dell’Ebraismo che
dell’Islam, e addirittura del Buddismo e dell’Induismo. Tre anni
fa fu invitata a parlare in una università buddista e in grandi
monasteri buddisti della Thailandia, suscitando un notevole
entusiasmo. Lo scorso gennaio era in India. Insignita nello stato
del Tamil Nadu, al sud del Paese, del prestigioso premio
gandhiano di “Difensore della pace”, vi è stata invitata a rac-
contare il proprio itinerario spirituale davanti ad un attento udi-
torio nello Shanti Ashram e ad incontrare alcuni alti sacerdoti
indù. La sua profonda testimonianza, segnata dalla riscoperta
del Vangelo e dell’amore di Dio, fu molto apprezzata anche nel
grosso campus universitario K. J. Somaiya, a Mumbai qualche
giorno dopo. E non si tratta qui soltanto di un discorso cultu-
rale o di semplice dialogo interreligioso, perché Chiara non
manca mai di annunciare la sua fede in Gesù Salvatore. Eppure
suscita dovunque richieste di collaborazione, che includono
spesso approfondimenti spirituali, oltre ad iniziative pratiche.

12. Sei mesi fa, si svolgeva a Bangkok il 2’ incontro pan-asiatico dei


laici (19-24 marzo 2001) sul tema: “Il laicato, forza di amore e
di servizio in una Chiesa rinnovata”. Fu un’occasione per met-
tere in evidenza la potenzialità delle Comunità Ecclesiali di
Base o Piccole Comunità Cristiane, per coinvolgere il laicato a
tradurre la propria fede nella vita di ogni giorno; vi si faceva
esplicito riferimento alle indicazioni dell’esortazione Ecclesia in
Asia (n. 25), che le raccomanda come un mezzo per “aiutare i
loro membri a vivere il Vangelo in uno spirito di amore fratemo
e di servizio, facendone un solido punto di partenza per la
costruzione di una nuova società, espressione di una civiltà del-
l’amore”.

13. A proposito di laici, anche i 120 vescovi della Conferenza


Episcopale di rito latino dell’India, convocati a Calcutta per la
loro assemblea plenaria lo scorso gennaio, avevano scelto come
tema: 1 laici per una Chiesa-comunione”. E invitarono Chiara
Lubich, che era andata a visitare le Suore di Madre Teresa, a
condividere la sua esperienza. Chiara mise in evidenza come

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


59
uno stile di vita, conosciuto come l’Ideale dell’Unità e fondato
su una “robusta spiritualità di comunione” (O.R. 1712195.- il
Papa ai Vescovi amici del Mov. dei Foc.), si rivela anche un effi-
cace strumento per l’annuncio del Vangelo in termini moderni.
È una valida forma di “nuova evangelizzazione”. E il messaggio
di questa laica, che proponeva la visione di una Chiesa viva ma
non clericale, riscosse consensi quasi unanimi tra i vescovi.

14. Perché questa spiritualità di comunione diventi una realtà vis-


suta, occorre che si punti ad una vera conversione. E questa
non si improvvisa. Ma è la linea su cui le Chiese dell’Asia si
stanno incamminando, con più o meno successo, specie dopo il
Sinodo. La 7’ Assemblea plenaria della FABC, svoltasi in
Thailandia in gennaio dello scorso anno, aveva come tema:
“Una Chiesa rinnovata in Asia: una Missione di amore e di ser-
vizio”. 1200 delegati di tutte le Chiese locali del vasto conti-
nente si sono trovati d’accordo sulla necessità di ridare il pri-
mitivo “volto asiatico” alla Chiesa. E la loro conclusione fu che:
9 popoli dell’Asia riconosceranno il Vangelo che annunciamo se
vedranno il messaggio di Gesù chiaramente riflesso nella nostra
vita, e se la scopriranno come una vita ispirata dalla contem-
plazione di Dio”.

15. In questo quadro ricco di ombre e di luci, il “pusillus grex” delle


Chiese presenti in Asia sta faticosamente percorrendo un cam-
mino di rinnovamento, che pare in sintonia con la Lettera apo-
stolica Novo Millennio Ineunte. Mira infatti a ricostruirsi come
Chiesa-comunione, chiamata a contemplare il volto misericor-
dioso del Cristo asiatico. Il mistero di Lui crocifisso e abbando-
nato sulla Croce deve ridiventare il segreto della vita e della
nuova missione. Specialmente in Asia.

Venendo al nostro convegno, ci possiamo chiedere: Che


spazio c’è, in questo contesto, per un qualche contributo delle
nostre Chiese di cosiddetta antica cristianità? E se sì, a che cosa si
dovrebbe mirare? Che atteggiamenti di fondo si richiedono e che
preparazione occorrerà? Sono interrogativi non facili, a cui forse si
potrà tentare di rispondere assieme, nel tempo che resta per questo
dibattito.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


60
Oceania
4. dr. STEFANO VECCHIA • Giornalista di “Popoli”

Contrariamente alla densità delle genti e culture che appar-


tengono al continente asiatico, un elemento che caratterizza
l’Oceania è l’uomo, lo spazio, la vastità. Il continente supera gli
8.500.000 km2, è diviso praticamente in Micronesia, Polinesia,
Melanesia, e due grandi masse quali la Nuova Zelanda e l’Australia.
Questo vastissimo spazio, circondato dal mare, è abitato da circa 30
milioni di persone: di questi, 8 milioni sono cattolici. Per dare un
esempio davvero significativo, la diocesi di Papeete, che copre la
Polinesia, o buona parte di essa (109 isole abitate), è vasta come
l’Europa centrale ed ha poche migliaia di cattolici. Questo fa capire
come la Chiesa dell’Oceania sia stata edificata come una Chiesa più
che in movimento anzi in costante navigazione, un tempo marittima
e oggi aerea. L’Oceania è l’ultima parte del mondo ad essere stata
colonizzata ed è l’ultima ad essere stata decolonizzata. Quindi le
vicende della Chiesa si intersecano nel corso della storia necessa-
riamente con quelle della colonizzazione occidentale. All’inizio l’u-
nica presenza missionaria era quella dei cappellani che sulle navi
accompagnavano gli equipaggi nelle rotte oceaniche, in particolare
del Messico verso le Filippine. La presenza stabile dei missionari è
quella registrata nel 1668, nelle Marianne, col Padre gesuita Beato
Louis De Sanvitores, seguita da quella degli agostiniani. Le
Marianne furono sempre una roccaforte per la presenza cattolica,
finché la guerra tra Spagna e Stati Uniti del 1898 mise fine alla pre-
senza spagnola nel Pacifico. Ci fu la cessione dei suoi possedimenti
all’Impero germanico l’anno successivo.
C’è da dire che l’Oceania è un continente da una parte cri-
stiano, dall’altra cattolico: la presenza cristiana è forte e i cattolici
sono in minoranza; si è detto che i protestanti europei arrivarono
nell’Oceania alla fine del ‘700: a Tahiti e a Tonga, alla fine del 1797,
con la Società missionaria di Londra.
Le missioni anglosassoni ebbero una diffusione abbastanza
rapida, per la partecipazione immediata di missionari laici.
La Francia, che allora era l’unica potenza in grado di contra-
stare quella britannica nella zona e di dare uno slancio di missio-
narietà cattolica, in effetti non favorì la penetrazione missionaria
cattolica. Anche per quanto riguarda la Chiesa cattolica, fin dall’i-
nizio, fu sempre caratterizzata dalla presenza dei laici ed è interes-
sante venire a conoscenza di una serie di aneddoti su come furono
gli stessi laici, in certe situazioni, a chiamare, a stimolare l’arrivo di
missionari europei.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


61
La prima Chiesa fu ristretta a quel piccolo gruppo di laici cat-
tolici, sbarcato nel 1788 a Botang Bay, in Australia: erano ‘forzati’,
deportati e soldati. Un discendente di questi ‘forzati’, nel 1816,
Michael Hayes chiese al fratello francescano che venissero inviati
dei sacerdoti in Australia per quelli che ormai erano ben 6.000 cat-
tolici della colonia. In quel periodo la comunità cattolica era arri-
vata a 6.000 unità e non c’era un solo sacerdote cattolico.
Un altro laico residente e un capitano di nave irlandese chiese
alla Congregazione “De Propaganda Fide” (oggi Congregazione per
l’Evangelizzazione dei Popoli) l’invio di missionari francesi e irlan-
desi nelle Hawaii.
Un mercante di legname neo-zelandese mandò un’accorata
richiesta a Roma, dopo che i figli dovettero viaggiare per 1.000
miglia dalla Nuova Zelanda all’Australia per poter essere battezzati.
Venne esaudito (non so se fu leggenda o realtà), comunque sia, è un
dato di fatto che il primo Vescovo, il benedettino Polding, arrivò a
Sidney nel 1835, appoggiò la richiesta della comunità cattolica
locale di avere dei sacerdoti e l’anno dopo Papa Gregorio VII creò
il Vicariato d’Oceania occidentale affidandolo alla Società di Maria,
i maristi francesi.
La Nuova Zelanda ebbe il suo primo Vescovo, sempre marista
francese: un certo Pampallier, nel 1838, e fu un marista il primo
martire dell’Oceania, Pietro Chanel, ucciso sull’isola di Wallis, nel
1848: è santo ed è il patrono dell’Oceania.

L’arrivo dei primi missionari italiani è registrato nel 1841: si


trattava di passionisti invitati appunto dal Vescovo Polding, per
evangelizzare zone periferiche, in particolare l’isola di Strandbroke.
Successivamente arrivarono gli spagnoli, 1867, e poi molti altri: i
missionari del Sacro Cuore, i Verbiti, i Lazaristi, i Cappuccini, i
padri del PIME e fin dall’inizio ci fu anche una forte presenza di
religiose.
È un fatto che, all’inizio, l’arrivo dei missionari fu dirottato su
piccole isole, in quelle zone che in qualche modo erano lasciate
libere, disponibili dalla presenza delle missioni protestanti, oppure
dove la necessità richiedeva una presenza missionaria cattolica, e
non necessariamente era sulle isole delle aree più densamente
popolate. Col tempo queste missioni cattoliche tesero a concentrarsi
in Australia, in Nuova Zelanda (dove nel 1840 i Maori erano in
maggioranza cattolici), mentre oggi soltanto il 20% degli aborigeni,
delle popolazioni autoctone, sono cattolici, il 70% cristiani.
Oggi l’unica zona con maggioranza cattolica dell’Oceania è
l’arcipelago delle Marianne, con l’89% di popolazione cattolica,
perché è una zona vicina alle Filippine, quindi c’è una forte immi-
grazione filippina, e comunque asiatica, cattolica. E la Nuova
Caledonia, col 35%, segue a ruota.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


62
Accennavo prima alla necessità, comunque, di tener conto
della presenza delle potenze occidentali che fecero a gara per spar-
tirsi questo vasto continente.
Quindi la Chiesa delle missioni ebbe varie difficoltà: agì per
esempio dove il potere delle potenze coloniali lo permetteva a
seconda dei momenti, delle situazioni; dovette confrontarsi con le
missioni protestanti molto attive, molto aggressive; nel momento in
cui si affermò in certe zone, c’era anche la rivalità fra le comunità
etniche in Australia per esempio. E quindi la Chiesa dovette tener
conto delle rivalità tra la comunità irlandese, quella italiana e quella
inglese ed infine la Chiesa, recentemente, ha dovuto tener conto del-
l’emergere dei nazionalismi etnici, in parte collegati alla decoloniz-
zazione, in parte successivi, oltre che del dilagare delle sette.

Da questi pochi cenni storici, a cui però va sempre aggiunto


l’elemento fondamentale della dispersione territoriale (per esempio
questa vastità già in sé implica una serie di enormi problemi), si può
comprendere come la Chiesa oceanica non può essere che una
comunione tra Chiese locali, ciascuna con una propria, specifica
identità.
Questo aspetto è stato ribadito nel Sinodo speciale per i
Vescovi dell’Oceania, che si è tenuto dal 22 novembre al 12
dicembre del 1998.
L’organizzazione della Chiesa consta di 4 Conferenze episco-
pali: c’è quella dell’Australia, quella della Nuova Zelanda, quella
della Papua-Nuova Guinea-Isole di Salomone e una Conferenza
episcopale per ‘l’Oceania’, cioè per tutti quegli arcipelaghi che non
appartengono alle altre tre. Dal 1992, c’è una Federazione per il
dialogo tra le Conferenze. Il ruolo della Chiesa è importante, come
spesso capita, più di quanto la presenza numerica non implichi, ma,
tanto per dare un esempio, nel campo sanitario la Chiesa gestisce
140 ospedali, 167 dispensari, 2 lebbrosari, 265 ospizi per anziani
ed invalidi, 239 orfanotrofi. Dal punto di vista educativo, le scuole
cattoliche ospitano 900.000 studenti, quindi un numero molto,
molto alto.
La Chiesa oceanica è, comunque, una Chiesa molto viva: ci
sono più di 800 seminaristi. Se, anche qui, come in altre aree, la
missione è stata considerata avanguardia o supporto del colonia-
lismo occidentale, nel continente australe la Chiesa è vista oggi
come un elemento che ha saputo salvaguardare e valorizzare le spe-
cificità culturali ed etniche. E questo è riconosciuto da tutti.
Un altro esempio è che nella sola Papua-Nuova Guinea, ci
sono tre lingue maggiori e ben 700 dialetti: quindi possiamo imma-
ginare lo sforzo di inculturazione della Chiesa che insieme com-
prensione e salvaguardia delle varie identità.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


63
Personale della Chiesa in Oceania

119 Vescovi
5.049 Sacerdoti (2813 diocesani, 2236 religiosi)
2.300 Religiosi non sacerdoti
258 Diaconi
11.872 Religiose
231 Missionari laici
12.658 Catechisti

Scuole cattoliche

79 Asili Nido (32.000 bambini)


575 Scuole elementari (539.000 alunni)
2.523 Scuole secondarie (317.000 alunni)
660 Istituti superiori (8.000 alunni)

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


64
EUROPA
5. Dal prima
l.
don QUINTO FABBRI • Segretario della Commissione Presbiterale
Regionale dell’Emilia Romagna

La consapevolezza da cui, parto per questo intervento è


senz’altro quella della “caduta” dell’immagine di Chiesa-fortezza, di
Chiesa costruzione monolitica che resta nel tempo mentre passano
al dopo Concilio
i “venti” di questo mondo.
Dice un autore, di cui farò poi il nome: “Tino agli anni 60 si
viveva soprattutto di certezze. Nella Chiesa le strutture ben coerenti, i
precetti, i comandamenti parlavano un linguaggio preciso. A tal
punto che uno poteva sentirsi dispensato perfino dal pensare.- c’era
chi pensava per noi” (A. L.)
Con l’evento Concilio (1963-1965) in seno alla Chiesa è stato
aperto un nuovo cantiere che, a quarant’anni dalla chiusura delle
sue sedute assembleari in S. Pietro, e ancora molto attivo all’in-
segna di un progetto che ha un nome ben preciso ed una serie di
sotto indicazioni in continuo rifacimento. Il progetto si chiama
“aggiornamento”, le indicazioni attive sono le encicliche e le lettere
apostoliche di Giovanni Paolo 11, i programmi delle Conferenze
Episcopali Nazionali, i Sinodi dei Vescovi, le Conferenze Episcopali
Regionali ed alcuni documenti di grande rilevanza pastorale.
È un dato significativo che in Roma dal 30 settembre al 27
ottobre prossimo, si tenga la decima Assemblea Generale Ordinaria
del Sinodo dei Vescovi sulla “revisione”’ dei servizio, e quindi della
figura dei Vescovo in quanto “servitore dei Vangelo di Cristo per la
speranza del mondo”.
Senza voler debordare dal tempo concesso a questa comuni-
cazione sarebbe bello fare riferimento anche all’Assemblea speciale
per l’Europa del Sinodo dei vescovi del 1999, come forse sarebbe
opportuno un richiamo anche al Sinodo sull’Europa del ‘91 quando
era scottante il tema del post-comunismo che richiedeva un
approfondito esame della nuova situazione e delle prospettive
aperte per la vita interna alle Chiese e dei loro rapporti ad extra
sulla spinta travolgente del Papato di Karot Wojtyla.
Forse il. concilio fu una prima grande esperienza di “globaliz-
zazione” perché l’aula vaticana conteneva l’intero mondo già
ridotto, rispetto al Vaticano primo, un “piccolo villaggio “‘ con una
interdipendenza sempre più forte e non solo a livello di scambio di
forza-lavoro e di sviluppo tecnico-scientifico, ma anche come rela-
zioni culturali e religiose.
Penso che i Padri conciliari sentissero forte la crescita in loro
della coscienza planetaria e quindi che le singole nazioni, e gli stessi

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


65
continenti, si stessero già influenzando reciprocamente fino a far
prevedere la possibilità di una nuova convivenza, quella che sarà
poi chiamata per l’Europa, la “casa comune”.
Le culture dei quattro angoli della terra geograficamente lon-
tanissime erano di fatto riavvicinate quasi in predisposizione ad
un’accoglienza di un messaggio che le accomunava nella ricerca di
una modalità di essere Chiesa che, rinnovata al suo interno, potesse
interloquire in modo più consono alla missione con tutto il mondo
esterno.
Il termine “inculturazione della fede” arriverà col terzo Papa
postconciliare e l’adattamento - questa era la parola chiave - del-
l’annuncio del Vangelo in modo congruo rispetto alle tradizioni e
alle culture diverse, era già una fontana cui si attingeva acqua fresca
ed abbondante. E i portatori d’acqua erano De Lubac, Congar,
Chenu, Garonne... e tanti altri che a fianco dei vescovi, o vescovi
loro stessi, sentivano la preziosità di quell’evento in quanto voluto
dallo Spirito Santo perché nessuna prudenza o saggezza umana
avrebbe potuto portare il vecchio papa Giovanni ad uno degli atti
ecclesialmente più coraggiosi registrabili nella storia della Chiesa
del ventesimo secolo.
La Chiesa Popolo di Dio cominciò anche ad essere la Chiesa
dei popoli” e quindi anche la Chiesa Europea cominciò ad essere la
“Chiesa dei popoli europei” senza con ciò voler ricostruire un peri-
metro di sicurezza rispetto agli altri continenti.
Alcune esperienze postconciliari possono anche far pensare
che il Concilio abbia rischiato di aprirsi ad un grande balzo nel
vuoto. Certamente col Concilio si iniziò ad avere un diverso atteg-
giamento rispetto alle grandi religioni dei cinque continenti. Tant’è
che quando si cominciò ad accorgersi che al Concilio mancava una
pista d’atterraggio che facesse planare tutto l’apparato dei docu-
menti redatti, nacque lo schema 13 che poi divenne l’attuale
Gaudium et Spes, che non solo recuperava il decreto `Nostra aetate”
sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane, ma met-
teva le basi a quel dialogo che ancor oggi va considerato come la
nota qualificante della missione della Chiesa nel mondo.

2. Certamente non sfugge all’occhio dell’attento osservatore


Da sintomi di crisi della fenomenologia religiosa che anche in Europa oggi il dialogo
ad una nuova interreligioso, pur qualificando in modo inequivocabile la missione
della Chiesa, presenti sintomi evidenti di crisi.
metodologia
Si parla, non a sproposito, di sfide, di nuove frontiere, di oriz-
zonti planetari in cui la collocazione dell’azione missionaria della
Chiesa deve fare i conti non solo col male perenne del peccato, ma

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


66
con la cultura del postmoderno. Nelle forme non dell’opposizione
diretta quanto nel prendere distanza dalla Verità, sulla base del
principio “vivere etsi Deus non daretur” tanta “intellighentia”
europea sta assumendo sempre di più come propria norma di vita e
di civiltà il soggettivismo e il relativismo.
Forse la sfida più forte per la Chiesa d’inizio millennio è il
poter concretamente dimostrare che l’evangelizzazione non nasce
tanto, o soltanto, dalla certezza di avere le risposte giuste per
l’uomo contemporaneo, ma anche la pretesa di saper porre
all’uomo d’oggi le “domande migliori”.

L’Europa sta cercando - forse a suo dispetto! - vie nuove d’ap-


proccio al senso dei vivere, al destino della morte ineludibile, ma
sembra rifiutare di volersi confrontare in modo esplicito e convinto
col messaggio cristiano-cattolico.

La grande autostrada della laicità sembra dare corsia libera a


tante espressioni di religiosità, non tutte ugualmente serie e giusti-
ficabili razionalmente nella loro fantasmagoria di forme, di riti, di
gesti, ma se si esce da questa superstrada per imboccare strade più
modeste o addirittura sentieri di montagna, dobbiamo segnalare
una forte ricerca di autenticità, di approfondimento esistenziale. La
cima verso cui, tutto sommato, fanno convergere i propri passi molti
“cercatori” di Dio, resta Cristo Gesù e il. suo messaggio radicato
nella Croce.

Forse, noi europei, ci troviamo in posizione privilegiata


rispetto alla situazione in cui i padri conciliari si trovavano perché
più sprovveduti davanti all’influenza della grandi religioni asiatiche
sul resto del mondo.

Alla domanda se, oggi, ci sia un pregiudizio globale in


Europa rispetto alla Chiesa - più che al fenomeno religioso in se
stesso - la risposta, non semplice perché realmente complessa è la
situazione, fa propendere per il “si”, ma questo non esclude la pre-
senza di espressioni di un forte spessore religioso radicato nell’in-
timo dell’uomo.

Alla religione in genere, e alla Chiesa cristiano-cattolica in


specie, viene dato il grande compito di suscitare inquietanti pro-
blemi nella coscienza dell’uomo che sfiorando sempre nuove con-
quiste e nutrendosi di sempre nuove mete scientifiche non trova
adeguato riscontro alla sua mai paga esigenza di interiorità, di pre-
ghiera, di ascesi. Prova ne sia la rianimazione di diversi monasteri
che si stanno riempiendo di nuovi candidati.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


67
La missione della Chiesa, in Europa sta caratterizzandosi
sempre di più come dialogo, come confronto, nel grande alveo del-
l’inquietudine dell’uomo postmoderno che respinge ma esige un suo
incontro col divino. Da ciò derivano pericoli che il Papa ha richia-
mato con la ‘Splendor Veritatis”.

Per usare un’immagine dall’edilizia, nella costruzione di una


nuova chiesa oggi è più importante l’altare e l’ambone che la fac-
ciata artistica e il campanile imponente.

3. Certamente posizioni di sfida dell’Europa alla missione della


Incontro alle sfide: Chiesa non sono di difficile individuazione, ma andando oltre l’im-
magine di copertina e puntando più sul reale interiore che sull’ap-
ecumenismo
parente esteriore, lo spazio della missione, dell’evangelizzazione ha
e dialogo ancora ampio spazio con ambiti notevoli di credibilità e vasti oriz-
interreligioso zonti di fattibilità.
Valida testimonianza deriva anche dallo sviluppo dell’ecume-
nismo e del dialogo interreligioso.

L’ecumenismo sta diventando, dice il card. Walter Kasper,


una cosa “ obiettivamente importante”. Nel suo intervento a
Camaldoli nell’ambito del Convegno su “Ispirazione Cristiana,
causa dell’Europa” (30 Giugno - 1.2 settembre del 2000) a propo-
sito del contributo delle Chiese all’Europa diceva: “Essendo presenti
in vario modo fra tutti i popoli dell’Europa, le Chiese possono costi-
tuire ponti di reciproca comprensione e costruire cosi legami e vincoli.
Esse possono conferire l’anima all’unità dell’Europa. ma occorre
costruire ponti fra le Chiese. Nel corso degli ultimi decenni sono avve-
nute molte cose. ma molto resta ancora da fare per poter convenire
insieme alla tavola del Signore“

Sempre il Card. Kasper sul dialogo interreligioso afferma:


“dell’unità della Chiesa come futuro compito per l’Europa fa parte
oggi il dialogo interreligioso, il dialogo con le religioni non cristiane,
soprattutto con gli ebrei e i musulmani. Senza pace fra le religioni non
è possibile la pace nel mondo e in Europa. Uno sguardo all’Irlanda del
Nord e ai Balcani lo dimostra eloquentemente. Non si tratta di can-
cellare le differenze e di rinunciare alla propria identità ... quanto,
piuttosto ... di prestare attenzione a tutto ciò che vi è di buono, vero e
santo nelle altre religioni e di cooperare fraternamente con tutti gli
uomini di buona volontà”.(ib.)

In questo quadro di ampio respiro per l’impegno della mis-


sione due sono le piste che l’Europa sta già percorrendo come “pre-
ferenziali”:

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


68
– per quanto riguarda I `Ecclesia docens”, cioè il magistero, è la
collegialità
– per quanto riguarda I`Ecclesia discens”, cioè il popolo di Dio, l’a-
more e lo studio della Bibbia. Entrambi queste vie confluiscono,
poi, nell’unica corsia della ecclesiologia di comunione quindi
nella coraggiosa ricerca di nuove forme di collegialità e corre-
sponsabilità.

I Sinodi dei Vescovi esplicitamente voluti dal Papa e che,


dopo il Concilio e l’anno santo, come già accennato, sono dagli spe-
cialisti annoverati fra gli eventi ecclesiali più importanti del secolo
appena concluso per l’essere e l’operare della Chiesa, oggi sono un
riferimento ineludibile per l’aggiornamento e l’approfondimento
della pastorale missionaria della Chiesa per il terzo millennio.

In Europa - eclatante l’esempio dell’Olanda - dopo l’entu-


siasmo scomposto dell’immediato postconcilio che ha partorito tanti
“gattini ciechi” (comunità di base, contestazioni celibatarie, compro-
missioni politiche e partitiche, liturgie in tuta e maniche di camicia
... ) perché la gattina-contestazione è stata frettolosa, a distanza di
alcuni decenni si è consolidato un forte interesse biblico e cateche-
tico. Questo passaggio di millennio pur con cenni di affievolimento
rispetto alla quantità dei partecipanti diretti, si sta comunque quali-
ficando per una consolante tenuta su base popolare.

L’amore alla Parola sopravvive e forse anche cresce in circoli


delimitati, in piccoli gruppi, in una élite che non unisce sempre la
capacità alla competenza, l’obiettività dei testo con l’interpretazione
esatta, ma non. resta più la delimitazione “off limits” per la gente
semplice della parrocchia - Esiste già una pratica consistente, non
solo su terra francese, di celebrazioni della Parola da parte di laici
quando non c’è il parroco residente che caratterizza in modo nuovo
questo ambito della missione della Chiesa.

Il vagheggiare della necessità di. un nuovo Concilio non va


ancora considerato come ipotesi realistica, ma che una nuova pri-
mavera sia ipotizzabile per la Chiesa Europea - in un contesto ben
diverso da quello degli anni dei “profeti di sventura” di Papa
Giovanni - è un auspicio che trova accredito in un sempre più folto
numero di studiosi dei fenomeni religiosi. Il Card. Martini stesso ha
più volte affrontato il tema del necessario nuovo rapporto tra Chiesa
e mondo, tra cristianesimo e bioetica, tra chiesa cattolica e grandi
religioni in quanto assolutamente necessario.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


69
4. Se si vuole presentare un personaggio emblematico della spi-
Una figura ritualità contemplativa e delle domande esistenziali nell’Europa di
emblematica questo inizio di millennio, sceglierei un monaco trappista che è
stato abate di, Pont-des-Cats (in Francia): Padre Andrè Louf.
Adduco a giustificazione della scelta, ancor prima della sua ormai
notissima trilogia, pubblicata dalle Edizioni Qiqajon, della comu-
nità di Bose, “Sotto la guida dello Spirito“; “Generati dallo Spirito:
l’accompagnamento spirituale oggi” e “1o Spirito prega in noi“ dal
suo testo “Signore insegnaci a pregare” (edito dalla Marietti nel
1976 e riedito nel 1984).

È sintomatico che P. Andrè - fiammingo di Lovanio - unisca il


ricorso alle scienze umane con l’eredità dei Padri e con la ricchezza
della scuola orientale, perché il cammino della ricerca religiosa in
quanto percorso dell’anima - dice - “non può restare in superficie per
tutta la vita e quindi va nutrito da un’assidua frequentazione della
Parola di Dio”. Oggi Padre Andrè Louf parla di “parola che illumina“
senza paura che “l’illuminazione” orientale ne stravolga la sua ori-
ginalità cristiana. In Europa - come negli strati sotterranei cui
attinge l’eruzione di un vulcano - esiste un vero labirinto di auten-
tici cammini spirituali che non sempre affiorano in superficie, ma
che esistono e condizionano la “crosta” della superficie del globo,
quindi la zona abitabile.

Non so se Kart Rahner oggi sarebbe contento di vedere in


modo assai sbrigativo accantonato la sua definizione di “cristiani
anonimi”, mentre proprio anche in Europa lo Spirito lavora nell’in-
timo del cuore di tante persone che praticano religioni che non sono
solo la cattolica, l’evangelica o l’anglicana.

Forse la missionarietà. della Chiesa oggi deve orientarsi ed


esprimersi maggiormente nell’anticipare l’aspirazione dell’uomo
postmoderno, non limitandosi, quindi, ad inseguirlo dopo che ha
peccato perché si converta e riceva il perdono, ma perché venga
anticipatamente interpretato nella sua esigenza di Dio.

È opera giusta e santa fornire il pane all’affamato, ma è anche


saggio e doveroso che si prevenga la denutrizione insegnando ed
aiutando la coltivazione della terra.

5. La missione della Chiesa in Europa oggi penso debba essere


Dalla direzione più di accompagnamento che di direzione impiegando, quindi,
all’accompagnamento molto più tempo per l’ascolto che per il pronunciamento.

Che non sia proprio questa la sfida meno appariscente, ma


più costruttiva, per la pastorale missionaria della comunità cristiana

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


70
oggi in Europa? Ripeto: è proprio una semplice utopia ritenere che
la sfida più forte che viene alla missione della Chiesa oggi debba
essere quella dell’ascolto prima che dell’annuncio?
Non credo errato il ricorso allo “Schemà Israel” dell’Antico
Testamento rivolto alla Chiese d’Europa del terzo millennio se si
vuole dar vita ad una evangelizzazione che coinvolga interiormente
l’uomo d’oggi bombardato da una tempesta senza precedenti di con-
dizionamenti di immagini, di suoni, di imput subliminali e di mode
accattivanti che lo rendono quasi inconsciamente vittima della sua
stessa narcisistica immagine.

6. In questo ambito di ascolto un’altra sfida, che forse stiamo


La valorizzazione rincorrendo pur senza darle tutto il peso che il Papa le concede:
perché la Chiesa pur con tutta la sua attrezzata teologia sul laicato
ecclesiale
e sulla ministerialità laicale è ancora così titubante nella valorizza-
della donna zione ecclesiale della donna?
Non entro, qui, nel complesso lavoro delle “Tre lettere dal
gregge” scritte da “Noi siamo Chiesa` e soprattutto dell’ultima - di area
prettamente austriaca intitolata “Le donne donano vita alla Chiesa” né
nel documento “Ammissione delle donne ai ministeri ordinati. Linee di
fondo nell’attuale discussione” (Regno Doc. 912000 pp. 318-328),
documenti dai quali personalmente prendo precise distanze bibliche e
teologiche, ma l’ansia missionaria ed uno stile ecclesiale adatto ai
tempi non può tenere chiusi questi bollenti ambiti di ricerca e di sti-
molo purificatore ( cfr. le 7 richieste di perdono det Papa!) per una
valorizzazione che non sia di solo utilizzo delle capacità e della dispo-
nibilità della donna, ma anche di ascolto e di corresponsabilità a par-
tire dalla vita più umile e normale delle nostre comunità.
Oggi siamo tutti fieri che il Papa abbia portato sull’altare
Edith Stein e che l’influsso culturale di Simone Weil sia sempre più
apprezzato ed approfondito, ma tutto ciò resta una eccezione, prov-
videnziale, ma sempre tale, rispetto alla modalità feriale, quotidiana
della presenza femminile nella missione della Chiesa.

7. Forse una forte connotazione della missione in Europa dipen-


Un reciproco derà “dalla disponibilità ad affidarsi gli uni agli altri, a prendersi
affidamento reciprocamente sul serio e lavorare insieme e pregare insieme anche
oltre le diversità di contenuti e la Chiesa potrà continuare a svilup-
con ricerca parsi positivamente” (Regno Doc. 9/2001, pag. 328).
di santità
Nell’auspicio che l’Europa riscopra la propria anima religiosa
e specialmente la propria anima cristiana, dice il card. Kasper, nel
citato intervento a Camaldoli:

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


71
“Dobbiamo sconfiggere l’hybrís del delirio di assolutezza, la
pretesa di essere degli dei e i signori del mondo, che vogliono configu-
rare tutto a propria immagine e somiglianza in base ai propri piani e
per il proprio profitto, e tornare a essere rispettosi e spirituali.
Dobbiamo riscoprire la dimensione di ciò che è santo.
Soprattutto oggi abbiamo nuovamente bisogno di persone sante.
Santi come Martino, Benedetto, Bonifacio, Adalberto, Bernardo,
Francesco e molto altri che hanno modellato la storia dell’Europa;
questi uomini santi e queste donne sante saranno anche il futuro
dell’Europa” (ibd.).

8. Tutti conoscono il quadro di Rembrandt che riproduce l’ab-


L’icona del Padre braccio del padre buono verso il figlio che gli cade ai piedi mentre
ne invoca il perdono. Non c’è rimprovero, non c’è ricerca di giusti-
ficazioni né tanto meno c’è ombra di ricatto ma c’è amore redentivo,
amore e pazienza, amore e tenerezza, amore e gioia di far festa,
amore e perdono. Quale l’immagine più vera della missione della
Chiesa espressa in quelle due mani - una maschile e una femminile
- che coprono le spalle dell’avventuriero fallito?.
Forse è ingeneroso definire l’uomo postmoderno come il
secondogenito di Luca un “avventuriero fallito” ma certamente
nutriamo una intima, forse mal celata, voglia di allinearci fra le file
dei “figli maggiori” che incapaci di gioire per il ritorno del fratello
preferiscono vantare diritti apparentemente misconosciuti da Dio e
dalla sua Chiesa!
Senza voler troppo sottilizzare chiediamoci: perché così fre-
quenti i drammi interiori che sfociano poi in tragedie di individui, di
famiglie e di popoli se non ci fosse un previo “fallimento” del cuore,
del senso della propria vita pur nella dovizia affogante del benessere?

9. La Chiesa veramente si trova davanti a nuove e lucide sfide


Conclusione che vengono mosse, in ambito Europeo, alla sua capacità missio-
naria, ma la speranza - che nello Spirito santo si fa certezza - del-
l’efficacia della sua missione resta integra.
Non si tratterà certo di accogliere semplicemente un “figliol
prodigo”, ma di accompagnare un uomo che si scopre nostalgico
della casa del Padre e di quella “familiarità” da lui proditoriamente
infranta. Forse, in ultima analisi, l’inconfessato grido dell’uomo
europeo alla missionarietà della Chiesa è un appello rivolto alla sua
capacità di aiutarlo ad alzare lo sguardo verso il cielo per incontrare
il volto misericordioso del Padre che lo attende.

Di questo, in definitiva, ha bisogno. E non di altro.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


72
ABORATORI
L
L’evangelizzazione dei popoli
nella pastorale ordinaria
del prossimo decennio
Sintesi dei lavori

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


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Missione e Catechesi
1. Coordinatore: Don WALTER RUSPI
Segretario: Don MASSIMILIANO SCALICI

Premessa
Nel quadro del Concilio Vaticano II, la catechesi si pone come
strumento di crescita della coscienza missionaria di ogni battezzato.
Lo stesso documento dei vescovi circa gli Orientamenti pastorali
della Chiesa italiana per il decennio 2001-2010, apre alla catechesi
il vasto orizzonte missionario per una evangelizzazione “ad intra”,
cui diamo il nome di nuova evangelizzazione, ed una “ad extra”,
che conserva la denominazione conciliare di primo annuncio del
Vangelo “ad gentes”. Il numero 44 del documento ha tracciato il
binario degli interventi del laboratorio in questione:
– la dimensione missionaria come essenza e anima della vita quo-
tidiana della Chiesa;
– la qualità formativa degli operatori pastorali, quali soggetti della
missione evangelizzatrice del mondo.
Filo conduttore dei contributi e delle proposte del laboratorio
è stata la seguente questione:
“Che cosa la missione chiede alla catechesi e cosa attende la
catechesi dalla missione?”

Sintesi degli interventi


Le proposte concrete emerse dal laboratorio sono essenzial-
mente due:
1. La prima riguarda la formazione dei soggetti della missione e
della catechesi. Si richiede una spiritualità che trovi la sua fonte,
come suggerisce il Santo Padre nella Novo Millennio ineunte,
nella contemplazione di Cristo. La missione è conseguenza del-
l’invaghimento di Lui.
Oltre alla spiritualità, al catechista-missionario di chiede una
adeguata formazione culturale che, oltre alle parrocchie, veda
rivalorizzate le scuole di teologia, soprattutto gli Istituti dioce-
sani di scienze religiose.
Per quanto concerne i contenuti e i metodi dell’evangelizzazione
è necessario superare lo stile scolastico della catechesi per ren-
dere quest’ultima luogo di fede, di ricerca e di dialogo.
La catechesi deve poi assumere una fisionomia esperienziale,
perché la teologia si traduca in preghiera, in ascolto-meditazione
del Vangelo, in missione attraverso esperienze di servizio e di
volontariato verso gli ultimi.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


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2. La seconda proposta emersa ha bisogno di una precisazione teo-
logica. Nell’ambito del nostro convegno si è abbastanza ribadito
come la missione non può essere relegata ad un ambito eccle-
siale, come un ufficio tra i tanti. La missione è l’anima della
Chiesa, la sua identità, il suo scopo. Una Chiesa che non evan-
gelizza non è se stessa. Tuttavia anche la catechesi riveste gli
stessi caratteri della missione. Innanzi tutto l’ufficio catechistico
è un mandato missionario. Esso inoltre, percorre tutte le tappe
del credente: dalla catechesi del primo annuncio cristiano si
passa a quello sacramentale dell’iniziazione cristiana dalla
quella mistagogica a quella post-sacramentale di crescita, alla
catechesi specifica relativa allo stato di vita del battezzato, ad
esempio quello familiare o vocazionale.

Detta premessa ha fatto emerge dal laboratorio la proposta o


meglio l’esigenza di unire o meglio ancora fondere i due uffici,
quello catechistico e quello missionario, in uno che potremmo defi-
nire ufficio pastorale dell’evangelizzazione.
Attualmente è apprezzabile che i due uffici suddetti collabo-
rino, ma è auspicabile che si unifichino affinché le energie della
Chiesa non di disperdano ma convergano nell’unica azione eccle-
siale missionaria “ad intra” e “ad extra”.
Quest’ultima proposta esige un atto di coraggio dall’altro,
perché tutta la Chiesa, impegnata nell’evangelizzazione “ad gentes”
e nella nuova evangelizzazione dei battezzati, ne tragga beneficio

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


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Missione e Carità
2. Coordinatore: MARCO IAZZOLINO
Segretario: GIUSEPPE COLLURA

Nodi problematici:
1. Manca un lavoro di insieme tra le due pastorali
2. Nelle comunità è poco presente la dimensione missionaria e
della solidarietà, sono assenti i percorsi formativi.
3. Manca la visione globale della missionarietà che spesso si riduce
a piccoli progetti sostenuti dagli enti missionari locali.

Proposte di soluzione:
1. Avviare un lavoro di stretta collaborazione tra le due pastorali
avendo come obiettivi primari la semplificazione dei percorsi
progettuali ricercando dei tempi unitari ( a partire dai documenti
di orientamento dei formatori). Privilegiare anche dei momenti
aggreganti per la condivisione umana e fraterna.
2. Educare alla solidarietà e formazione dei formatori e animatori.
3. Dare un respiro più ampio alle singole iniziative progettuali degli
enti missionari locali collaborando con il livello nazionale e
mirando a progetti a forte impatto sociale. Favorire l’informa-
zione e la formazione locale garantendo la cura della gestione dei
fondi.

Esperienze positive
1. La campagna per la riduzione del debito estero dei Paesi più
poveri ha visto in campo la collaborazione tra i diversi uffici
pastorali.
2. La logica del microcredito come metodo di aiuto educativo.
Adozioni di villaggi e non di singoli individui.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


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Missione e Liturgia
3. Coordinatore: don GIUSEPPE BUSANI
Segretaria: ANGELA BAUDINO

Comunicare il Vangelo è il compito fondamentale della Chiesa


e per il mondo odierno che cambia l’evangelizzazione si realizza
con lo sguardo rivolto al mondo intero. Dio continua a chiamare
intorno a se un popolo da un confine all’altro. La missione è il punto
conclusivo dell’impegno pastorale, ma ci chiede di essere disposti
ad operare cambiamenti e assumere nuove iniziative.
Quali cambiamenti?
L’attenzione è rivolta alla centralità della domenica “giorno
fatto dal Signore” che è pure la centralità della parrocchia per poter
rileggere e recuperare la sua funzione storica concreta.
Nonostante i benefici apportati dalla riforma del Concilio
Vaticano II, spesso uno dei problemi più difficili è proprio la tra-
smissione del vero senso della liturgia cristiana. Si constata una
certa stanchezza e anche la tentazione a ritornare a vecchi forma-
lismi o di avventurarsi alla ricerca ingenua dello spettacolare.
Urge una liturgia semplice, bella e rivelatrice.
Si punta su tre momenti importanti:
* l’accoglienza
* l’omelia
* la preghiera.
Attraverso la preghiera la scrittura diventa evento, tocca i senti-
menti e l’atteggiamento dei presenti, suscita il desiderio dell’incontro.
Ma la liturgia è un’esperienza di un tempo di grazia dedicato:
* al dono e custodisce le differenze evangeliche
* anima il Vangelo
* custodisce la trasmissione del Vangelo
* con essa si attesta l’umanità di Dio
* ci aiuta a predicare Gesù.
La liturgia va intesa più come fonte, che come culmine, poiché
è principio di novità.
Fonte del raduno dei dispersi.
Fonte della nostra fede.
(La vita riceve il suo senso se ci sono spazi per ricevere, met-
tendo il dono al suo posto d’inizio).
La liturgia è fonte e anche centro non frutto.
È azione non una rappresentazione con libertà del soggetto di
ascoltare la parola di Dio.
Se nel passato era adattamento ai riti ora è inculturalità in
quanto adattamento alle molte culture compresenti.
Non volgono più i vecchi culti, ma quali le forme nuove?

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


77
Missione e Famiglia
4. Coordinatore: Mons. RENZO BONETTI
Segretario: MARIO SBERNA

Il gruppo non ha analizzato il ruolo della famiglia in missione


ma piuttosto il ruolo che ha la missione nella famiglia:
non si dà, infatti, identità cristiana senza missione,
missionario è chiunque sia battezzato, ovunque si trovi, sempre.

Il primo ed unico evangelizzatore è Cristo Gesù (cfr. Lc 4,18:


“Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con
l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto mes-
saggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista;
per rimettere in libert_ gli oppressi...”). La Chiesa nasce dall’opera
evangelizzatrice di Gesù, è da Lui inviata, come suo Corpo, a prose-
guire questa opera di evangelizzazione. Ogni membro del Corpo, nel
modo proprio, è soggetto di missione, chiamato a realizzarla secondo
la sua vocazione: laicale, di vita consacrata, sacerdotale.

Nel tempo la nostra cultura ha stabilito l’impianto della


delega: è in missione solo chi parte, e solitamente parte un consa-
crato o un sacerdote.

La coppia - famiglia per il Sacramento del Matrimonio riceve


una consacrazione (cfr. Evangelizzazione e Sacramento del
Matrimonio, 104: “in forza del Sacramento gli sposi sono consacrati
per essere ministri di santificazione della famiglia e di edificazione
della Chiesa”; cfr. anche LG 44) cioè un dono dello Spirito Santo che
specifica la missione profetica del battezzato - cresimato: il
Matrimonio dona un modo nuovo di vivere la vocazione battesimale.

I due sposi hanno, come il sacerdote, un Sacramento istituito


per il servizio altrui, per essere dono alla Chiesa e alla società: il
Matrimonio è un Sacramento per sua natura missionario e profe-
tico. Secondo san Tommaso per l’edificazione della Chiesa vi sono
due sacramenti assolutamente imprescindibili uno dall’altro,
l’Ordine ed il Matrimonio (cfr. Evangelizzazione e Sacramento del
Matrimonio, 32: “Ordine e Matrimonio specificano la comune e fon-
damentale vocazione battesimale ed hanno, l’uno e l’altro, una
diretta finalità alla costituzione e dilatazione del Popolo di Dio”).
Eppure i laboratori hanno per tema “Missione & Famiglia -
Missione & Giovani - Missione & Liturgia...” mescolando
Sacramento e prassi pastorale; se si facessero laboratori su
“Adolescenti & Preti - Mass Media & Sacerdozio...” diremmo che

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


78
l’uno è un oggetto di studio, l’altro è un Sacramento. Ma anche il
Matrimonio è Sacramento, purtroppo non valorizzato. Per il gruppo
di lavoro il problema è nel “verticismo” della Chiesa: il prete emana
direttive, i laici sono oggetto di studio e prassi pastorale da dividere
in fasce: pastorale per bambini, adolescenti, giovani, famiglie,
anziani... ed il Sacramento del Matrimonio diviene una fase della
vita, non un Sacramento della & per la vita.

Viceversa nel Sacramento del Matrimonio (come si afferma in


Evangelizzazione e Sacramento del Matrimonio, 108) “la Chiesa è
cosciente di generare le coppie cristiane come cellule vive e vitali
del Corpo di Cristo [...] sue componenti organiche, dotate di carismi
e ministeri propri per una specifica missione nell’annuncio del
Vangelo che salva”

C’è una fatica “culturale” da parte della gerarchia ha ridare


valore sacramentale (quindi evangelizzante) alla famiglia. Lo si nota
anche dagli ultimi documenti; ad esempio si afferma, in Comunicare
il Vangelo in un mondo che cambia, 51: “ci sembra opportuno chie-
dere per gli anni a venire un’attenzione particolare ai giovani e alla
famiglia”; lo stesso documento, al n. 52, prosegue: “per quanto
riguarda la famiglia [... ] è il luogo dell’obbedienza e sottomissione
reciproca”; solo sul finire di questo stesso numero si afferma che “è
la famiglia l’ambiente educativo e di trasmissione della fede per
eccellenza”.

Ci sembra più chiaro il magistero papale che afferma, nella


Familiaris Consortio, 50: “La famiglia cristiana è chiamata a pren-
dere parte viva e responsabile alla missione della Chiesa, in modo
proprio e originale”; e poco dopo, al n. 54: “il Sacramento del
Matrimonio costituisce i coniugi e i genitori cristiani testimoni di
Cristo fino agli estremi confini della terra, veri e propri missionari
dell’amore e della vita”.

La famiglia, e non la parrocchia, è il luogo del “In principio”


della creazione (cfr. Gen 1,27: “Dio creò l’uomo a sua immagine; a
immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò”). Non pos-
siamo far prevalere la pastorale familiare perché la famiglia è
malata o in difficoltà ma perché Dio ha iniziato con la famiglia non
con la parrocchia; la prima è di istituzione divina, la seconda di isti-
tuzione umana. Ci sembra di notare che il testo della CEI dia alla
parrocchia il ruolo di medico per le famiglie in difficoltà mentre pos-
sono essere le famiglie il medico delle parrocchie in difficoltà. Ci
sembra evidente la carenza di riflessione teologica sul Sacramento
del Matrimonio (a fronte della smisurata produzione per il
Sacramento dell’Ordine), su tutti gli aspetti: la dimensione ministe-

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


79
riale, missionaria, evangelizzatrice del Matrimonio non viene sup-
portata da una adeguata teologia.

La famiglia è chiamata a svolgere un ministero a servizio della


comunione (che significa servizio dell’accoglienza, della riconcilia-
zione, della pazienza, dell’incarnazione...). Tale servizio alla comu-
nione viene prima del servizio alla vita (la coppia non esiste “per
fare figli”. È evidente che tale dono si riceve solo dopo aver posto
un gesto di comunione feconda...) perché ha origine, e continua-
mente rimanda, alla comunione trinitaria: la “piccola Chiesa” è
comunione generata dallo Spirito ricevuto nel Sacramento, dono
che li rende partecipi dell’unità stessa che è in Dio. La nostra strut-
tura parrocchiale, invece, è più di tipo “comunione clericale”; non
c’è un tessuto organico, connettivo, costituito e costruito dalle fami-
glie; l’obiettivo, la speranza, è quella di avere una parrocchia come
“la famiglia di famiglie”.

Riscoprire che il bello di Dio è detto primariamente nella &


dalla coppia di sposi, dal loro amore prima che dalla creazione;
ammiriamo la cornice (la creazione) dimenticando la bellezza unica
(“a sua immagine lo creò”) del quadro (l’uomo, maschio & fem-
mina). Di questo “bello di Dio” che si esprime nella coppia non
sono coscienti nemmeno gli sposi; pochi sanno dire del Sacramento
che li unisce, gli stessi preti poco lo sanno spiegare; i testi per la for-
mazione al Matrimonio non dicono tutta la verità teologica sul
Matrimonio.

La famiglia è chiamata a svolgere un ministero a servizio della


vita, dalla sua nascita al suo morire, servizio che consiste nel dare,
far crescere, comunicare il senso della vita, primariamente ai propri
figli (cfr. Familiaris Consortio, 36: “il diritto - dovere educativo dei
genitori si qualifica come essenziale, originale e primario, insosti-
tuibile e inalienabile”) e, in virtù della grazia sacramentale, ai
propri fratelli nella comunità di vita.

l cammino di riscoperta del Sacramento del Matrimonio deve


passare attraverso le famiglie stesse, non soltanto dando poco a tutti
(6 mesi di corso prematrimoniale a fronte di 6 anni di seminario...)
ma anche dando tutto a qualcuno, a famiglie che si fanno dono com-
pletamente ad altre famiglie in ricerca, trasmettendo la gioia di
essere una cosa sola: “una caro”. Esiste un Master post laurea (750
ore) alla PUL ma poche diocesi investono sugli sposi (inviare una
coppia, pagare la frequenza al corso, i libri, la permanenza a
Roma...), preferendo inviarvi un sacerdote (“costa meno & dura di
più”, dato che è uno solo e non ha le “pause pastorali” per nascita
dei figli, malattia del compagno/a...).

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


80
La partecipazione alla missionarietà della Chiesa non è un
optional ma è proprio della natura sacramentale della famiglia;
inoltre la missione nella Chiesa non è completa senza il Sacramento
del Matrimonio, poiché non è completo il volto di Cristo che serve
l’uomo. Il Sacramento non è una benedizione di un fatto naturale
ma dona la capacità di essere soggetto in missione. Il suo “pro-
prium” consiste nell’essere sponsale, non singola: nel “fare” qual-
cosa a servizio della Chiesa (anche se fatta solo da uno dei due) io
porto la ricchezza e la bellezza dell’unità, dell’essere, sacramental-
mente, una sola carne.

La famiglia è anzitutto Parola - carne, leggibile, visibile;


Parola - testimonianza, non maestra ma esempio; due coniugi che
parlano di famiglia sono credibili perché la vivono; una famiglia che
vive il proprio essere Sacramento diviene missionaria e lo diviene
evangelizzando con gioia, con uno stile di vita incentrato sulla soli-
darietà, sulla condivisione, sull’alternativa al ben-avere fondata
sulla scelta di diminuzione delle cose e crescita nel ben-essere. Ci
sembra importante la beatificazione della coppia di sposi Luigi &
Maria Beltrame Quattroccchi, e significativo che questo avvenga
proprio nella Giornata Mondiale delle Missioni.

La famiglia, gli sposi, sono chiamati ad annunciare perenne-


mente Dio sposo dell’umanità, il Dio Amore, il Dio dell’Alleanza, il
Dio dell’Incarnazione, il Dio della Pasqua (cfr. Familiaris Consortio:
“pertanto gli sposi cristiani sono per la Chiesa e per il mondo il
richiamo permanente di ciò che è accaduto sulla Croce”) e ad
annunciarlo secondo la loro modalità propria, quella dell’osmosi,
della testimonianza vissuta (non parlata) di ciò che si è, prenden-
dosi cura, purificando, rinnovando, elevando ogni realtà umana (cfr.
Evangelizzazione e Sacramento del Matrimonio, 44). Occorre risco-
prire la dimensione naturale della missione, in virtù del
Sacramento, nella vita familiare. Occorre un cammino di forma-
zione ma anche di concretizzazione, coppie che mostrino concreta-
mente come è, qual è, come si vive questa dimensione missionaria
del matrimonio e della famiglia.

Occorre aprire il libro della missione anche alla famiglia: la


sensibilità di coloro che lavorano o hanno lavorato nel Sud del
mondo deve essere valorizzata nelle comunità cristiane nelle quali
rientrano; invitare queste coppie (come per i missionari) nelle par-
rocchie, negli incontri, nei convegni, dare loro spazio e parola
perché la loro gioia possa essere accolta, trasmessa, condivisa...

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


81
Missione e Giovani
5. Coordinatore: Mons. DOMENICO SIGALINI
Segretario: FRANCESCO PUORTO

L’obiettivo che si è posti è stato la “educazione alla missione


ad gentes dei giovani”.

I punti nodali che sono emersi dalla discussione sono di


seguito elencati:
Si evidenzia la necessità di esperienze di missione brevi nei
paesi di missione ben preparati e calibrati, e una valorizzazione
delle esperienze fatte collegandoli e decantandoli.

Esiste una accentrata missionarietà dei giovani negli


ambienti, quali ad esempio la scuola, i luoghi pubblici dove i gio-
vani si ritrovano che però è slegata dalla missione ad gentes; per
questo è importante che il progetto educativo missionario dei gio-
vani negli ambienti sia elaborato non solo con i nostri criteri, ma
tenga conto del progetto educativo e delle pastorali giovanili delle
terre di missione.

L’Ufficio Missionario deve poter proporre all’Ufficio della


Pastorale Giovanile alcuni elementi fondamentali alla formazione
della missionarietà che non devono mancare nei cammini formativi
parrocchiali.

L’Ufficio Missionario deve porre l’attenzione nello stabilire


una rete con tutti i gruppi, ecclesiali e non, impegnati e sensibili ai
temi della globalizzazione.
Altro campo di azione è la scuola in cui si deve intervenire
con progetti culturali e di mondialità.

L’Ufficio Missionario deve poter offrire diversi itinerari for-


mativi per i giovani in collaborazione con l’Ufficio della Pastorale
Giovanile con ad esempio il Movimento Giovanile Missionario che
già offre esperienze e sussidi.

L’educazione alle missioni deve essere rigorosa sia nella for-


mazione (con l’orientamento specifico regolato da un “decalogo”),
sia nell’azione e dedizione.
Nei prossimi anni una attenzione particolare deve essere
posta all’evoluzione del servizio civile sia maschile che femminile.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


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Missione e Organismi
6. di comunione pastorale
Coordinatore: don GIANNI CESENA
Segretaria: Sr GIUSY SOZZA

1. Gli orizzonti:

Ancorati al Vangelo per trasmettere la fede


L’evangelizzazione dei popoli nella pastorale ordinaria del
prossimo decennio

2. Il valore: la comunione

NMI 43 (la spiritualità della comunione):


– Spiritualità della comunione significa innanzitutto sguardo del
cuore portato sul mistero della Trinità che abita in noi, e la cui
luce va colta anche sul volto dei fratelli che ci stanno accanto.
– Spiritualità della comunione significa inoltre capacità di sentire il
fratello di fede nell’unità profonda del Corpo mistico, dunque,
come “uno che mi appartiene”, per saper condividere le sue gioie
e le sue sofferenze, per intuire i suoi desideri e prendersi cura dei
suoi bisogni, per offrirgli una vera e profonda amicizia.
– Spiritualità della comunione è pure capacità di vedere innanzi-
tutto ciò che di positivo c’è nell’altro, per accoglierlo e valoriz-
zarlo come dono di Dio: un “dono per me”, oltre che per il fratello
che lo ha direttamente ricevuto.
– Spiritualità della comunione è infine saper “fare spazio” al fra-
tello, portando “i pesi gli uni degli altri” (Gal 6,2) e respingendo
le tentazioni egoistiche che continuamente ci insidiano e gene-
rano competizione, carrierismo, diffidenza, gelosie. Non ci fac-
ciamo illusioni: senza questo cammino spirituale, a ben poco ser-
virebbero gli strumenti esteriori della comunione. Diventerebbero
apparati senz’anima, maschere di comuione più che sue vie di
espressione e di crescita.

NMI 44-45:
– La ministerialità
– La collegialità
– Gli strumenti di comunione

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


83
3. Gli organismi di comunione pastorale

a - Il rapporto con il territorio:


– Dimensione interna: aggregazioni parrocchiali e infraparrocchiali
(CCP, CNP...)
– Dimensione intermedia: zone/decanati/vicariati
– Dimensione diocesana: CMD, UDPM, ECC.
– Dimensione regionale/nazionale

b - I valori:
– I rapporti istituzionali (vescovo, consiglio presbiterale/pastorale)
– Progettualità/programmazione
– Relazione con le diverse istanze missionarie (istituti religiosi/mis-
sionari, ONG, gruppi spontanei e di sostegno)
– Figure ministeriali

c - Suggerimenti
– Le “strutture di ascolto” (cf. L’amore di Cristo ... 4)
– La “via povera”

4. Per il dibattito

– Il riconoscimento del valore: quale dedizione alla comunione?


– Strumenti: narrazione e valutazione
– Immagine in diocesi della pastorale missionaria
– Progettualità (“lavorare insieme”)
– Convertire al vangelo o alle strutture?

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


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ABORATORI
L
Rinnovamento della
pastorale missionaria
Sintesi dei lavori

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


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Animazione:
1. Mezzi di Comunicazione
Coordinatore: don CRESCENZIO MORETTI
Segretaria: MIELA D’ATTILIA

Quattro le domande sottoposte alla discussione dei partecipanti:

1. Come valorizzano i Centri Missionari Diocesani e le parrocchie


le riviste e gli altri mezzi di comunicazione e animazione mis-
sionaria?
2. Quali i pregi e i limiti di tali strumenti di comunicazione?
3. Che cosa suggerire a riviste, a Misna e ad altri mezzi per essere
più incisivi e graditi?
4. Come diffondere, aiutare e utilizzare i media missionari?

Circa l’utilizzo delle riviste missionarie è emersa la difficoltà


generale di essere presenti nel mercato della carta stampata, dato
l’aumento delle fonti di informazione e l’eccesso di messaggi e
richiami che da ogni parte raggiungono le famiglie e le singole per-
sone. Il livello della stampa missionaria in generale appare miglio-
rato, anche grazie a studi di mercato che nel caso di alcune testate
hanno confermato la popolarità del target dei lettori. In alcune radio
locali le riviste vengono utilizzate come fonte di informazioni.
Importante l’utilizzo del lavoro informativo di Misna, che si è dimo-
strato molto valido per dare eco sulle testate giornalistiche a diffu-
sione nazionale e regionale all’attualità della missione e alle notizie
dai Paesi poveri altrimenti esclusi dal circuito dell’informazione
pubblica.
Per sostenere la diffusione delle riviste è necessario l’impegno
dei Centri Missionari Diocesani e delle parrocchie, nucleo vitale di
incontro della comunità cristiana e quindi naturale luogo di crescita
della coscienza missionaria dei battezzati.
Le videocassette sono strumento di animazione utilizzato in
maniera valida anche nelle scuole dagli insegnanti, soprattutto
quando si tratta di prodotti video realizzati in maniera professionale
e propongono argomenti di attualità (viaggi, esperienze, lettura di
fenomeni e situazioni dei rapporti Nord -Sud del mondo).

Tale materiale rimane il fulcro centrale della formazione della


coscienza missionaria del singolo e della vitalità della cultura mis-
sionaria, prospettando maggiori collegamenti tra l’informazione
scritta, radiofonica, televisiva, via Internet. Le varie esperienze già

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


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realizzate hanno dimostrato una migliore diffusione delle notizie e
delle esperienze missionarie sul campo. Il lavoro di rinnovamento
dei linguaggi e l’aggiornamento delle riviste appare indispensabile
per evitare il calo di interesse dei lettori.

La ricerca di spazi più ampi per la cultura missionaria porta


alla prospettiva di riuscire ad essere presenti nella programmazione
televisiva nazionale (Rai, Mediaset, Sat 2000), regionale e locale. Il
successo e l’interesse ottenuto da trasmissioni con tematiche mis-
sionarie (C’era una volta, Reporter) dimostrano la possibilità di
creare collegamenti non episodici col mondo televisivo. Per questo
si ritiene necessario che gli organismi ecclesiali preposti al settore
delle comunicazioni sociali aprano nuovi contatti per dare all’infor-
mazione missionaria considerata nel complesso della sua multime-
dialità, maggiori spazi di diffusione già a partire dal prossimo mese
dell’ottobre missionario.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


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Animazione: Strumenti
2. Coordinatore e Segretario: Mons. MARIO BANDERA

1. Requisiti indispensabili
a) Un direttore nominato dal vescovo
b) Una sede propria
c) Autonomia finanziaria (7% + 1%).

2. Superare l’aspetto nominalistico: Ufficio/Centro/Animazione


Missionaria/ ecc. Da arcipelago a “Rete” (necessità di un “logo”
comune)

3. Curare la scelta dei collaboratori


– Centro - Gruppo - Consiglio - Giunta - ecc.
– Rapporti personali (porta a porta) con parroci e Organismi laici
– Coordinamento con gli uffici pastorali
– Rappresentatività all’interno del Consiglio Pastorale e del
Consiglio Presbiterale.

4. “Strumentazione” a tutto campo


– Pianificare con gli Istituti missionari l’animazione.
– Rapporti con le scuole.

5. “Glasnost” - Trasparenza economica. Rendere pubblico il bilancio.

6. Utilizzo dei media


a) Stampa diocesana
b) Tv, radio locali (collegare con i missionari).

7. Adozioni a distanza
– Rischi e pericoli di un’iniziativa seria.
– Privilegiare il rapporto con l’Opera più che con i bambini
– Mettere in circolo le famiglie.

8. Non lasciare cadere l’impegno della remissione del debito.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


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Animazione: Strutture
3. diocesane, regionali, nazionali
Coordinatore: don ALESSANDRO GRECO
Segretario: p. LUIGI MORELL

Si è sentita l’esigenza di spiegare il funzionamento delle strut-


ture diocesane e regionali per puntualizzare i passi fatti e rilevare le
debolezze. Per alcuni direttori è sentita come un’esigenza per intro-
dursi nel servizio.

L’Ufficio diocesano per la pastorale missionaria è un ufficio di


curia, mentre nel Centro missionario (CMD) convergono tutte le
forze missionarie che operano in diocesi. E’ un forum di scambio e
di idee.

Attraverso gli incontri regolari si prega e riflette su come ani-


mare la Chiesa locale alla dimensione missionaria.
In queste due istituzioni confluiscono le POM e l’Ufficio CEI.
Il Vescovo incarica una persona: il direttore che diventa
membro del consiglio regionale e normalmente del Consiglio
Pastorale diocesano.
I seminaristi che hanno partecipato ai convegni missionari
sono un aiuto al CMD.
L’apporto degli Istituti missionari è valido per la loro espe-
rienza e specializzazione. Dell’animazione missionaria della chiesa
locale ne è responsabile la diocesi con la quale collaborano gli “spe-
cialisti” della missione. E’ importante far conoscere le iniziative che
si producono e le persone che partono, se si vuole che la diocesi li
senta come proprie.

Difficoltà che si incontrano

– Gli Istituti sono visti come riserva di ministero pastorale.


– Gruppi giovanile legati a Istituti non partecipano alla vita dioce-
sana e alle sue iniziative (es. Veglia, ecc.)
– I Movimenti hanno un cammino proprio e collaborare spesso
vuol dire adattarsi a quello che vogliono.
– Il CMD dovrebbe allargare il suo campo d’azione anche a realtà
della società civile e non solo ecclesiale.

A livello regionale si sente l’esigenza di scambiare la cono-


scenza di iniziative così che si possa lavorare di comune accordo.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


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Cooperazione:
4. Invio e accoglienza
di personale
Coordinatore: don MARTINO ZAGONEL
Segretario: ATTILIO ASCANI

Forse la capacità di fraternità, nell’accezione di accogliere


l’altro nei suoi valori più belli, per quanto diversi dai nostri, è la
dimensione più necessaria per un Consacrato/a o laico che parte.
Ha senso allora inviare delle persone che non hanno esperienza di
fraternità?

Occorre che l’invio di personale corrisponda ad una proget-


tualità , anche quando questa è preceduta da uno slancio generoso
ed individuale. La progettualità è indispensabile per assicurare la
continuità della cooperazione fra le Chiese, per garantire il rispetto
della peculiarità culturale e pastorale della Chiesa che ospita, per
preparare la sostenibilità e il passaggio di consegne al clero e/o agli
operatori locali. Questa progettualità, dovrebbe vedere la diocesi di
accoglienza in primo piano (purtroppo spesso questo non avviene e
si finisce per trapiantare lì dei modelli parrocchiali italiani), attiva-
mente coinvolta a predisporre l’inserimento e la formazione della
lingua e della cultura sociale e pastorale/religiosa del contesto in cui
è venuto ad operare.

Il ruolo dei laici è oggi sempre più importante, ma in un con-


testo tipico della sua dimensione laicale, la cui testimonianza cri-
stiana avviene operando per orientare le cose del mondo secondo il
disegno di Dio, rispettando e valorizzando il laicato locale, senza
mai riscoprire situazioni e ruoli che potrebbero/dovrebbero meglio
essere coperti da laici locali.

Anche il rientro delle persone inviate va preparato: chi parte


deve mantenere il filo che lo lega alla comunità d’invio e quando poi
si accinge a rientrare, dovrebbe essere preparato a questo passo,
accompagnato, aiutato a non scoraggiarsi ed isolarsi di fronte alle
inevitabili resistenze del nostre contesto per le innovazioni di cui
lui/lei saranno certamente portatori.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


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Formazione:
5. Nuovi stili di vita
Coordinatrice: Sr AZIA CIAIRANO
Segretario: MAURO FERRANTE

Premessa

La fedeltà al Vangelo e la sequela di Gesù si vivono nel quo-


tidiano con comportamenti adeguati e stili di vita impostati alla soli-
darietà con i più poveri. Ciò costituisce, di conseguenza, condizione
indispendsabile per l’evangelizzazione e la missione.
In particolare, il gruppo ha ritenuto importante sottolineare i
seguenti aspetti:
– Nel momento in cui diverse realtà ecclesiali stanno affrontando
detta problematica occorre prestare attenzione a che gli stili di
vita non diventino una “strategia”, un episodio tra gli altri, un
momento della pastorale. Occorre che, al contrario, tutta la vita
di chi fa l’annuncio sia visibilmente coinvolta nella ricerca di
“Stili di vita” congruenti con il contenuto dell’annuncio stesso.
Vengono quindi chiamati in causa tutti gli aspetti della vita per-
sonale e comunitaria. Tra di essi, comunque, si è ritenuto parti-
colarmente importante individuare i seguenti: uso del denaro, uso
delle strutture, rispetto dell’ambiente e del territorio.
– Promuovere iniziative per favorire una presa di coscienza e
un’informazione adeguata in riferimento alla necessità assoluta,
per l’umanità tutta, di assicurarsi un futuro vivibile modificando
i propri comportamenti di consumo e di “sviluppo”. Ciò porterà
sicuramente alla coscienza della ineluttabilità dei cambiamenti
radicali impostici e alla convinzione che, tra breve, saremo
costretti a fare ciò che ora possiamo permetterci di trascurare.
– Nel prendere atto con rammarico dell’impossibilità pratica di
coinvolgere tutta la comunità eucaristica in tale cammino, si invi-
tano i pastori a sostenere tutti i tentativi e le iniziative in tal
senso presenti sul territorio. Sarà fondamentale fare quanto
possibile per metterle in collegamento tra di loro ed ascoltarle,
certi che in questo percorso emergeranno occasioni per un
annuncio credibile ed incarnato.
– Sarà fondamentale, quindi, vivere e celebrare la gioia e la libe-
razione che si rende presente in percorsi verso stili di vita coe-
renti con il Vangelo.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


91
– Da ultimo, ma non meno importante, occorre ricordare che, nel-
l’impossibilità di un cambiamento radicale, è indispensabile ini-
ziare dal possibile, da quello che la realtà, il confronto e la rifles-
sione ci dicono realizzabile, per inserirsi in un processo virtuoso
di “coscientizzazione” che, passo-passo, ci inviterà a scelte
sempre più coerenti e positive. A tal fine, tra l’altro, è emerso l’in-
vito a partire, ove possibile ed opportuno, dall’accoglienza degli
immigrati in Italia.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


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Formazione:
6. Operatori pastorali missionari
Coordinatore: p. CARLO UCCELLI
Segretario: don FRANCO SERRAU

Da subito è emersa una difficoltà.

– Prima di parlare di operatore pastorale missionario, necessario


intendersi su cosa voglia dire essere un operatore pastorale, e su
quale deve essere il suo ruolo all’interno della Chiesa locale.
– Compito dell’operatore pastorale è quello di stimolare la comu-
nità scuotendola dal suo torpore. L’operatore pastorale deve far
superare alla comunità la concezione del proprio essere cristiano
come un qualcosa di puramente individualistico, per vivere
invece la dimensione della comunitarietà.
– Altro compito dell’operatore pastorale missionario è far superare
la visione della missione come una semplice azione umanitaria,
ma concepirla prima di tutto come annuncio di Gesù Cristo e del
suo Vangelo e poi che anche gli aiuti necessitano di un cambia-
mento della propria vita. L’altro non è uno da aiutare se ha
bisogno, ma è uno con il quale bisogna imparare a camminare.
L’altro non ha bisogno di sentire le mie parole ma di vedere come
io vivo e restare interpellato da quello. Perché vive in quel modo?

Proposta

Il cristiano è colui che vive della vita trinitaria che è comu-


nione, che è amore, e lavorando in comunione con gli altri operatori
pastorali rende più visibile che Dio è comunione, che Dio è amore,
che Dio è Padre e che gli altri sono fratelli.
E’ emersa anche questa domanda: Gli operatori missionari e
i loro formatori, dovrebbero essere formati per lo meno da équipe di
laici, sacerdoti e religiosi e non esclusivamente da sacerdoti.
Perché i sacerdoti fanno tanta fatica ad accettare le iniziative
e le proposte pastorali quando vengono dai laici?
Perché non si educano i giovani nei seminari con delle équipe
miste di sacerdoti, laici e laiche, religiosi e religiose, così da essere
formato al confronto naturale e paritario con tutti?

Per la formazione degli operatori pastorali missionari si è


detto inoltre che bisogna:

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


93
– avere chiara l’idea di Chiesa che si vuole realizzare;
– Sapere quale è lo specifico della pastorale missionaria rispetto
alle altre pastorali;
– Partire dalla Parola di Dio;
– Passare per l’esperienza breve di missione;
– Arrivare al costante impegno nella comunità in cui vive.

Proposta

– Impegnarsi nella nostra Chiesa locale nella formazione di anima-


tori pastorali assieme agli altri uffici insistendo sui requisiti
essenziali di chiesa comunione e missione (Trinità - missione del
Figlio - Regno).
– Proporre poi una formazione specifica per gli animatori missio-
nari utilizzando l’esperienza delle diocesi che già hanno fatto per-
corsi interessanti (es. Padova, Trento, Brescia ...). Chiediamo che
l’Ufficio Nazionale possa far conoscere queste esperienze.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


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Formazione:
7. Pastorale di primo annuncio
Coordinatore: p. CIRO STANZIONE
Segretario: don SALVATORE TUMINO

Il gruppo composto da una quindicina di persone, ha ascol-


tato con interesse e ha condiviso le sollecitazioni durante la pre-
sentazione di P. Ciro Stanzione.

I punti salienti su cui il gruppo si è soffermato sono stati:


– Il momento di cristi dell’identità cristiana e il processo della scri-
stianizzazione in atto;
– In questo contesto non basta più la semplice pastorale ordinaria,
ma è necessaria una pastorale di prima evangelizzazione, con al
centro Gesù Cristo e la sua parola;
– L’annuncio ha la parte preminente in questa pastorale di evange-
lizzazoone: solo esso genera la fede.

Da queste convinzioni comuni sono stati evidenziati alcuni


punti fermi:
– la catechesi, la parenesi, la sacramentalizzazione, la pastorale
della carità sono fondamentali per crescere nella fede, ma sono
distinti dal kerigma, perché solo esso genera la fede.
– L’annuncio chiaro e inequivocabile di Gesù morto, risorto, unico
salvatore del mondo deve avere la priorità permanente nella mis-
sione (cf. RM, 44).
– Senza il primo annuncio ogni percorso pastorale rimarrà senza
frutto.

Se il primo annuncio è necessario per rievangelizzare e per


creare le condizioni di apertura alla missione ad gentes, ci doman-
diamo perché se ne parla ormai ovunque (documenti vari, convegni,
assemblee, incontri) e in realtà ancora si è ben lontano da un reale
suo adempimento? Quali sono le cause che ne frenano l’avvio?

Le cause che ostacolano la pastorale di primo annuncio


potrebbero essere:
– forse molti operatori pastorali non hanno ben chiara la distinzione
tra kerigma e catechesi, continuando a catechizzare persone che
non hanno ancora accolto Gesù come Signore della loro vita.
– Molta pastorale ordinaria di conservazione, basata sulla sacra-
mentalizzazione trascura l’avvicinamento dei lontani.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


95
– Pur condividendo la dottrina ormai espressa chiaramente dal
magistero la difficoltà è di tradurla iin prassi pastorale, ciò
diventa ulteriormente difficile perché spesso di fatto non si indi-
viduano modelli o prototipi di prima evangelizzazione.

Il gruppo ha espresso alcune indicazioni per avviare una


pastorale di primo annuncio e sono le seguenti:
1. Recupero del primato reale della Parola di Dio.
2. Necessità del prima del kerigma sulla catechesi e parenesi.
3. Iniziare a fare anche tramite esperienze di prima evangelizza-
zione confrontandosi con coloro che già le hanno sperimentate.
Inoltre ricercare e raccogliere quegli itinerari di primo annuncio
e adattarli alla situazione locale.
4. Formare équipe diocesane o regionali con sacerdoti, religiosi,
religiose, laici sensibili al primo annuncio che si mettano al ser-
vizio della comunità ecclesiale in questo compito che è nel cuore
della missione e della vita della Chiesa, come cardine di tutta l’e-
vangelizzazione (cf. RM 44).
5. Della pastorale di primo annuncio dovrebbero farsi carico
soprattutto coloro che operano nell’ambito della missione ad
gentes.

In conclusione

Il gruppo ha espresso la convinzione che una pastorale


di primo annuncio creerà le condizioni per favorire l’ansia della
missione ad gentes e per una autentica animazione di evangeliz-
zazione.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


96
OMUNICAZIONI
C
Tanti soggetti
per un’unica missione

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


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Presbiteri italiani
1. Premesse
e sacerdoti Fidei Donum
Relatore: padre GIAMPIERO BRUNET
Segretario della Commissione Presbiterale Italiana

Mi è stato chiesto da Mons. Giuseppe Andreozzi di presentare in


questa sede una breve riflessione su cosa hanno rappresentato, rap-
presentano e possono costituire per la Chiesa italiana e per il
Presbiterio nazionale i preti Fidei Donum, una consuetudine molto
forte in stagioni precedenti, e forse in questo momento un po’ in diffi-
coltà per diversi ordini di motivi, in cui evidentemente non mi addentro.
Preciso subito che - pur conoscendo la sua richiesta il desi-
derio di avere una valutazione “esterna” rispetto a chi vi è normal-
mente coinvolto (Centri missionari, CUM, ecc.) - non sono in grado
di offrire una posizione rappresentativa di riflessioni della
Commissione Presbiterale Italiana, sia per il fatto della dispersione
estiva, sia perché una trattazione organica, almeno nel periodo in
cui sono presente in tale organismo (dal 1998), non è avvenuta
esplicitamente, anche se vi sono stati vari riferimenti, soprattutto
quando si parlava di rapporti preti-vescovi, di apertura alla mis-
sione e al futuro delle nostre comunità, di formazione permanente o
di attenzione ai giovani e alle vocazioni, in vista del ministero e
della missionarietà.
I limiti di queste annotazioni sono circoscritti fin dall’inizio,
in modo da non suscitare attese eccessive: in ogni caso - particolar-
mente in questo tempo che ci vede tutti impegnati nel Comunicare
il Vangelo in un tempo che cambia - sicuramente ci sarà qualche
nuova occasione per riflettervi più compiutamente.
Precisati questi limiti, raccolgo alcune annotazioni personali,
o impressioni, così come si possono ricavare dal vissuto pastorale
delle diocesi italiane e nella media dei preti in genere e che,
comunque, vanno prese con beneficio di inventario. Non, dunque,
una riflessione della Commissione, che qui non è possibile, anche
se va detto per completezza che la Commissione presbiterale regio-
nale dell’Emilia Romagna ha dedicato una sua sessione di fine 2000
al tema dei Fidei Donum, introdotta da una relazione di Mons.
Sergio Bertozzi, direttore del CUM.

I Fidei Donum: Dall’entusiasmo delle origini a un certo calo di tensione. Il


dono alla Chiesa grande convegno missionario di Padova a fine anni ‘50, il prof.
Maurilio Guasco, lo ricorda spesso come uno dei punti di avvio di

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


98
una nuova sensibilità missionaria) e il Seminario per l’America
Latina di Verona, hanno segnato certamente il lancio di questo
“ponte” di “cooperazione missionaria tra le Chiese”, dando vita
all’invio di tanti Fidei Donum, a visite di vescovi italiani ad altret-
tante diocesi in cui sono impegnati questi sacerdoti, a un sostegno
di iniziative pastorali, a un certo avvio di coinvolgimento e collega-
menti anche con laici e preti delle diocesi di partenza.
Probabilmente i positivi rapporti di cooperazione si instaurano a
livello locale, ma l’impressione è che non siano ancora giunti a coin-
volgere realtà più ampie e l’insieme della Chiesa italiana.
Tra i Fidei Donum vanno ricordati molti testimoni che hanno
pagato con la vita il loro impegno di “evangelizzazione e promo-
zione umana” e anche il grande apprezzamento nelle chiese di
arrivo: alcuni Fidei Donum italiani sono stati nominati vescovi in
diocesi dove operavano o, ancor oggi, offrono un grande contributo
a livello formativo o di coordinamento pastorale. Un’esperienza,
quindi, numericamente consistente soprattutto agli inizi (ora i
sacerdoti diocesani che lavorano all’estero come missionari Fidei
Donum sono circa 700) e qualitativamente preziosa.
L’impressione è che oggi i “rientrati” in Italia - o per una nor-
male rotazione, che non sempre ha sostituzioni, o dopo aver con-
cluso il periodo di presenza nei “territori di missione” - complessi-
vamente faticano a trovare una collocazione che arricchisca la
nuova pastorale delle nostre chiese. I motivi possono essere molto
diversi tra loro, dipendenti in parte dalle persone, ma probabil-
mente in parte maggiore, dalle resistenze che un’impostazione di
pastore “tradizionale” presenta in rapporto a opzioni e scelte
diverse.
E allora si profila una domanda su cui un po’ tutti dovremmo
riflettere.

I Fidei Donum: I principali temi aperti appaiono così, da un lato la contra-


un dono zione dell’ultimo periodo e dall’altro effettiva capacità di far diven-
tare anche un “dono di ritorno” quello che sicuramente è un posi-
alla Chiesa italiana?
tivo “dono” fatto alle “giovani chiese”.
Tema collaterale su cui meriterebbe riflettere è un dato com-
plementare, su cui ha riflettuto un convegno del CUM (16-17 feb-
braio 2001): “Oggi in Italia sono oltre 2.200 i sacerdoti provenienti
da Europa, Africa, America e Asia stabilmente presenti e piena-
mente inseriti nelle nostre diocesi. Circa 1.200 si essi godono anche
dell’assistenza dell’Istituto di sostentamento del clero come i sacer-
doti italiani” (cf. Settimana, n. 7/2001). Se a questo si aggiunge la
recente presa di posizione della Congregazione per
l’Evangelizzazione dei Popoli che mette un chiaro “stop” a quello
che potrebbe essere definito “import di personale religioso dalle

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


99
giovani chiese”, il quadro si completa nelle sue proporzioni e/o
sproporzioni.
Un interrogativo su cui meriterebbe discutere è fino a che
punto il circuito della missione - con riferimento ai presbiteri delle
diocesi italiane, anche senza comprendere i numerosissimi reli-
giosi/e italiani presenti in missione - sia indice di vera “coopera-
zione ecclesiale”, all’insegna dei gratuito e del dono, e in quale
misura non sia anche dettato - al di là delle buone intenzioni - da
una notevole preoccupazione per il restringersi quantitativo del
numero di presbiteri in forze al servizio sia delle parrocchie, si di
altre dimensioni pastorali (educative, ecc.).

Guardando In molte chiese d’Italia si sta riflettendo e si vanno sperimen-


al futuro ... tando vie che possono rispondere da una parte alla minore dispo-
nibilità di ministri ordinati al servizio di parrocchie e dall’altro alle
sfide nuove che vive la pastorale; forse ci si interroga anche sul
come non privare di Fidei Donum le chiese di missione (di questi
tempi, infatti, può essere anche molto forte la tentazione di usare
all’interno le diminuite “risorse presbiterali” disponibili).
Tra le ipotesi e i tentativi prevalenti nel guardare al futuro
della pastorale della missione ecclesiale vi è sicuramente il ripen-
sare con un occhio al futuro - in modo che sia anche da noi mag-
giormente “missionario” - tutto quel patrimonio di idee ed espe-
rienze che va sotto il capitolo “unità pastorali”.
I preti che hanno maturato da Fidei Donum esperienze di ser-
vizio pastorale e missionario nel contesto spesso estremamente dif-
ficile delle giovani chiese, non potrebbero trovare un posto di sti-
molo e di traino anche nel proseguire qui in Italia quel non facile
trapasso da parrocchie “indipendenti” a “interdipendenti” quali
potrebbero gradualmente ma con decisione diventare anche le nor-
mali parrocchie?
Abituati spesso a interagire con “équipes pastorali” diversifi-
cate (prete, laico, animatore, catechista, religiosi/e, ecc.), i Fidei
Donum rientrati potrebbero aiutante anche le nostre diocesi a per-
cepire (e valorizzare) maggiormente il valore di una ministerialità
diffusa e diversificata che opera, progettualmente e praticamente,
con i ministri ordinati, i quali anche in Italia saranno in misura
minore che nel recente passato o lontano passato?
Se le impressioni che si possono ricavare dalle sproporzioni
di personale religioso in uscita e in entrata nelle chiese d’Italia (cui
si riferivano i dati riportati all’inizio), non sarebbe più opportuno
renderci conto tutti che “siamo in un contesto oggettivamente mis-
sionario” (l’hanno detto i vescovi italiani) e iniziare a riflettere sul
dono che le antiche chiese d’Europa possono ancora dare alle gio-
vani chiese dei territori classicamente missionari, come pure a tutti

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


100
quegli elementi che queste ultime - da sempre sotto organico quanto
a personale pastorale - hanno in questi anni maturato?
Dalle chiusure impaurite e po’ di difesa dell’esistente nasce
ben poco di nuovo; ma dal recepire che siamo parte di una chiesa
corpo vivo e universale forse possiamo riprendere a muoverci nel-
l’ottica di una cooperazione missionaria come dono e scambio, per
“ringiovanire” anche le nostre chiese un po’ in ansia. Purché riu-
sciamo ad evitare facili scorciatoie che potrebbero anche impoverire
la “cooperazione missionaria tra le chiese”: come ad esempio
inviare meno preti perché “servono qui da noi”, o trattenere altri di
provenienza dal sud del mondo o dall’est perché tamponano
qualche situazione di emergenza ...
Il dato di partenza per scoprire e vivere un sentire missionario
è il Vangelo, di cui siamo debitori alle nostre comunità e al mondo
intero, e le indicazioni forti del Vaticano II e della Postquam
Apostoli che non abbiamo incarnato appieno.
A questa s’aggiunge ora l’indicazione del Papa di “prendere il
largo” e degli Orientamenti CEI per gli anni 2000 (Comunicare il
Vangelo ...), piste vincolanti per tutti. Su questo sfondo anche il
tema dei Fidei Donum in rapporto all’insieme dei presbiteri che
operano nella chiesa italiana, può avere una rilettura nuova e forse
anche un rilancio significativo dal punto di vista dell’urgenza della
missione.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


101
Presenza e azione degli istituti
2. religiosi e missionari
A. ISTITUTI RELIGIOSI
Relatore: Padre CIRO STANZIONE
Responsabile dell’area evangelizzazione della CISM

Memore della raccomandazione fatta ai consacrati da


Giovanni Paolo II: “Voi non avete solo una gloriosa storia da rac-
contare, ma una grande storia da costruire! Guardate al futuro, nel
quale lo Spirito vi proietta per fare con voi ancora cose grandi” (VC
110), non richiamerò le intraprendenti glorie missionarie di tanti
santi fondatori di Ordini religiosi, i quali dall’inizio del millennio
scorso diedero ai loro seguaci quell’appassionato slancio evangelico
universale che li rese capaci realmente di raggiungere gli estremi
confini della terra. Ormai tante pagine di storia documentano gli
inizi dell’evangelizzazione nei cinque Continenti ad opera di insigni
figure di missionari religiosi, di intrepidi martiri della fede, e il con-
tributo da essi dato all’evangelizzazione dei popoli.
Vorrei invece tentare una breve lettura della situazione
attuale circa le condizioni di missionarietà dei religiosi oggi e della
loro presenza ed azione a favore dell’evangelizzazione.
La dottrina del Concilio Vaticano II e i documenti magisteriali
successivi hanno fortemente contribuito a stimolare i religiosi, in
questo tempo delicato e difficile, ad interrogarsi, in ragione della
peculiarità profetica della loro presenza, sulla necessità improroga-
bile a riconvertire la vita di consacrazione a favore dell’evangeliz-
zazione e della missione e ad intraprendere responsabilmente nuovi
percorsi apostolici e, quindi, a compiere, con sorprendete impulso,
rilevanti sforzi innovativi per adeguare la loro missione nella Chiesa
alle sfide del mondo contemporaneo.

Crisi Tutti siamo consapevoli della fase di transizione che attra-


della vita versa la vita consacrata in Italia e nel mondo, di cui non è possibile
consacrata prevedere il futuro.
Le analisi socio-religiose della crisi della vita consacrata
mostrano che questa crisi è strettamente connessa con la crisi di
identità della comunità cristiana del nostro tempo, influenzata, a
sua volta, dal pensiero e dai modelli di comportamento che stanno
scardinando i valori e i modelli cristiani: come se si fosse innescato

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


102
una specie di processo di assuefazione alla situazione di secolariz-
zazione, di scristianizzazione, di indifferenza.
Il Vaticano II e il successivo Magistero del Papa e dei vescovi,
nell’invocare una nuova primavera di vita cristiana, e con essa una
rigenerazione pentecostale nello slancio evangelizzatore, hanno
dichiarato l’intimo coinvolgimento della Chiesa nell’intreccio dei
mali della civiltà contemporanea, dentro ciascuna delle culture che
la esprimono, sia di quelle cariche di antica tradizione cristiana e
sia di quelle di più recente emancipazione.
In tale contesto Giovanni Paolo II nella Tertio Millennio
Adveniente sollecita “un severo esame di coscienza ... per la Chiesa
del presente. Alle soglie del nuovo millennio i cristiani devono porsi
umilmente davanti al Signore per interrogarsi sulle responsabilità che
anch’essi hanno nei confronti dei mali del nostro tempo” (TMA 36).
Di fronte alla dilagante irreligiosità, anche i religiosi, all’in-
terno della Chiesa, hanno dovuto riconoscere la loro parte di
responsabilità per non aver coerentemente manifestato il genuino
volto di Dio e per il colpevole disimpegno a non spendersi con assi-
duità e costanza al servizio del Vangelo.
Sembra che il disagio dei religiosi si accentui quando si
affrontano le problematiche proprie dell’evangelizzazione. La com-
plessità del contesto pastorale in ordine alla comunicazione della
fede descrive una situazione particolare che vede intrecciarsi spinte
di rinnovamento e forze di conservazione, cosicché chi porta la
responsabilità del governo della vita religiosa, e di riflesso i religiosi
tutti, si trovano divisi fra esigenze di rinnovamento, da una parte,
ed esigenze di conservazione dall’altra.
Nell’impossibilità di soddisfare davvero sia le une che le altre,
si adottano sovente soluzioni di compromesso, che non hanno la
forza di “rifondare” la vita religiosa e neppure di liberare la creati-
vità dei carismi fondazionali, ma alimentano prospettive di rinno-
vamento o di adattamento alle realtà del nostro tempo se non illu-
sorie, certo insufficienti ed ambigue.
La crisi della vita consacrata sembra rispecchiare il dilemma
in cui si dibattono i responsabili della Chiesa, in particolare i nostri
vescovi, i nostri parroci, i nostri operatori pastorali, i quali, impe-
gnati come sono in prima linea nella cura d’anime, si trovano
anch’essi divisi fra la necessità, da una parte, di maturare e pro-
muovere la cosiddetta pastorale ordinaria, dall’altra, di avviare una
vera pastorale di evangelizzazione.
L’esortazione apostolica post-sinodale “Vita Consecrata” ha
offerto indicazioni precise ed illuminanti, ma è ancora breve il
tempo per conoscere quale evoluzione e quali sviluppi produrrà
questo prezioso documento.
Comunque, gli accorati appelli rivolti ai religiosi nel docu-
mento post-sinodale a proposito dell’urgenza della missione e del

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


103
bisogno dell’evangelizzazione hanno scosso gli ambienti della vita
consacrata: “restando dinamicamente fedeli al loro carisma, esse (le
persone consacrate), in virtù della più intima consacrazione a Dio,
non possono non sentirsi coinvolte in una speciale collaborazione
con l’attività missionaria della Chiesa” (VC 77); “l’annuncio del
Vangelo attende da loro (dai consacrati) il massimo contributo pos-
sibile” (VC 78).
I religiosi per ricominciare ad essere segno di contraddizione
e insieme di speranza non possono non esigere per se stessi una
conversione a tutto tondo. La crisi della vita consacrata non sta a
decretare la sua fine, ma a prendere atto che è tramontato un certo
modello di vita religiosa.
Se la Chiesa esiste per evangelizzare, anche le persone consa-
crate nella Chiesa esistono per evangelizzare. In riferimento a questo
principio sacrosanto, i consacrati hanno cominciato ad interrogarsi:
noi religiosi, dentro la Chiesa e assieme alla Chiesa, nella condizione
in cui l’uomo vive all’inizio di questo millennio, attraverso la nostra
vita personale e comunitaria, secondo il carisma originario dei nostri
fondatori, siamo ancora e possiamo essere, con determinazione e spe-
ranza, fermento evangelico ed evangelizzatore?
In qualche modo, con questa domanda la stessa vita consa-
crata ha inteso considerarsi terra di evangelizzazione ed ha cercato
di instaurare nei suoi membri uno stile di missione permanente.

Segni Si può affermare, allora, che come la riscoperta della missione


di speranza evangelizzatrice ha concorso ad avviare in maniera decisiva la
riflessione sulla esigenza di rinnovare la vita della Chiesa intera,
così, l’evangelizzazione e la missione hanno iniziato a rappresen-
tare il centro di maggiore interesse per i religiosi ed hanno provo-
cato stimoli per una rivisitazione della loro identità e una conver-
sione della loro vita spirituale e del loro impegno apostolico. Perché
la vita religiosa non potrà rigenerarsi evangelicamente senza l’ispi-
razione e la prospettiva dell’evangelizzazione. Evangelizzazione da
ritenersi quale unica via per infondere nuova vita alla comunità
ecclesiale, alla vita consacrata, alla nostra teologia, alle nostre spi-
ritualità, ai nostri progetti e alle nostre relazioni.
Per questa ragione sembra che, almeno per più di qualche
Ordine o Congregazione o Istituto religioso, l’evangelizzazione
abbia costituito il modo primo, primo per valore, di convertirsi al
Vangelo e di proclamarlo.
Si deve tener conto che il cammino fatto dai religiosi per ria-
nimare la propria vocazione evangelizzatrice è, di fatto, coinciso
con il cammino pastorale della Chiesa italiana, esplicitamente ed
insistentemente orientato a ricondurre la vita ecclesiale all’evange-
lizzazione. Il cammino fatto dai religiosi ha avuto una ricaduta per-

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


104
fino sulla dimensione contemplativa e sulla formazione. Alimentare
la propria coscienza ad essere evangelizzati dalla Parola, in vista di
una evangelizzazione proclamata e testimoniata, ha spontanea-
mente comportato una nuova sensibilità.
L’ascolto della Parola che passa attraverso l’orazione, la con-
templazione, la liturgia, l’approfondimento della Sacra Scrittura e la
preoccupazione per l’uomo e per tutto il creato, ha ingenerato nei
religiosi il bisogno di adeguare i propri strumenti di conoscenza al
tempo nel quale si è chiamati sia a percepire i “semina verbi” nelle
cose degli uomini, dei popoli, delle religioni, delle culture, sia a ope-
rare il discernimento dei segni dei tempi, l’una e l’altra determinanti
nell’azione evangelizzatrice inculturata.
Questi, in grandi linee, gli aspetti positivi che muovono i reli-
giosi ad avviare una vera rivoluzione nella vasta e complessa realtà
della missione evangelizzatrice.
Grazie all’opera dello Spirito Santo ed ai tanti sforzi profusi
anche da religiosi e religiose impegnati nell’animazione missio-
naria, la pastorale si avvia lentamente ad essere più missionaria.
Nel mondo dei consacrati il processo di evoluzione connesso
all’attuazione della pastorale di missione permanente fa registrare i
seguenti traguardi:
– nelle nostre comunità locali molti religiosi sono divenuti più con-
sapevoli della loro identità missionaria e del mandato missio-
nario; così tanti incontri, tante iniziative tante vivaci manifesta-
zioni sono nate a favore della missione
– la presenza in Italia di tante persone provenienti da altri Paesi e
di religione diversa, ha intensificato il dialogo ecumenico e inter-
religioso ed ha fatto prendere atto che i confini tra nuova evan-
gelizzazione e attività missionaria specifica non sono stretta-
mente definibili;
– il valore profetico della universalità e della cattolicità non può
essere soffocato dalle divisioni, dai particolarismi, da interessi
peculiari, anzi, poiché la missione non è opera di navigatori soli-
tari e nessuno ha l’esclusiva dell’attività missionaria è ormai
maturata la convinzione di operare e di programmare insieme;
– si è attenti ad evitare sia l’improvvisazione che le iniziative epi-
sodiche e cresce la domanda di formazione per impegnarsi nel-
l’animazione missionaria;
– l’interdipendenza tra le varie attività pastorali è reale e crescente;
si avverte sempre più l’esigenza di una evangelizzazione incultu-
rata: il Vangelo si deve incarnare lì dove la gente vive;
– è nel comune sentire che la missione e la promozione umana non
si contrappongono, ma si integrano attraverso l’annuncio e la
testimonianza;
– si è più aperti all’accoglienza e alla valorizzazione dei diversi
carismi e ministeri presenti sul territorio, perché tutti manife-
stano la presenza dello Spirito che li ha fatti nascere;

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


105
– si comincia a riconoscere ai laici un loro specifico ruolo nella mis-
sione della Chiesa e si è interessati ad un loro diretto coinvolgimento.
L’attenzione è diretta soprattutto ai giovani, il futuro della Chiesa.

Resistenze Non possiamo fare a meno però di accennare anche agli


alla comunione aspetti negativi che descrivono resistenze teologiche e pastorali dei
religiosi in relazione ai cambiamenti richiesti per la missione.
Primo tra gli altri è da segnalare l’atteggiamento che antepone
la preoccupazione per le situazioni interne – sia dei singoli Istituti,
sia di relazione con le altre entità ecclesiali – a quella prioritaria del-
l’evangelizzazione. Ad esempio, il calo numerico dei religiosi
mentre evidenzia la difficoltà di mantenere tutte le iniziative attual-
mente animate da essi, avvia la inevitabile operazione del ridimen-
sionamento: case ed opere vengono chiuse o “riconvertite”, ma il
criterio della destinazione o distribuzione dei religiosi avviene
spesso in ordine alle prevalenti esigenze interne della gestione della
casa, della struttura e delle opere, invece che in ordine al servizio di
evangelizzazione del territorio circostanze.
Allo stato dei fatti mi sembra di poter affermare che nell’intera
compagine ecclesiale, e in quella dei consacrati, come vi è una
sostanziale accoglienza dell’ecclesiologia di comunione e di mis-
sione, poste a fondamento del mandato missionario, ed una note-
vole convergenza sulle analisi che sollecitano a realizzarla in vista
dell’azione evangelizzatrice, vi è altrettanta divergenza sulle meto-
dologie da adottare.
Vi è inoltre una considerevole conflittualità circa le situazioni
di disagio relazionale non solo del rapporto Chiesa-mondo, ma
anche di quello all’interno dei diversi Istituti o entità religiose, e
soprattutto, dentro la Chiesa, del rapporto tra clero, religiosi, laici.
Un modo nuovo di pensare, insieme, l’interazione ecclesiale
è ancora in fase di elaborazione. Una nuova cultura relazionale, che
parte dal fondamento ecclesiologico della comunione e della mis-
sione e che richiede collaborazione, interdipendenza, sussidiarietà,
solidarietà, condivisione, complementarità, scambio, è tuttora un
grande cantiere aperto.
Se l’ecclesiologia di comunione e missione ha prodotto nella
Chiesa il riconoscimento di uguale dignità di ogni credente in Cristo,
chierico, religioso o laico che sia e, allo stesso tempo, ha restituito
a ciascun membro del corpo di Cristo la corresponsabilità nell’ese-
guire il mandato della proclamazione del Vangelo nel mondo, il pro-
blema delle relazioni, delle interrelazioni e delle interazioni eccle-
siali, dovrebbe risolversi proprio a partire dall’evangelizzazione,
perché si fonda sulla comune coscienza battesimale, nella quale è
iscritto il mandato dell’annuncio e della testimonianza del Vangelo.
Insomma, anche per affrontare il problema delle relazioni è neces-

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


106
sario adottare come orizzonte strategico, ermeneutico e pastorale,
l’orizzonte dell’evangelizzazione.
Tuttavia, in concreto, al riguardo dell’evangelizzazione, tra i
religiosi sono emerse differenziate visioni. Il più della volte ci si è
fermati a giustificare lo stato di fatto, ossia la situazione di preca-
rietà nella quali versano le singole comunità religiose: a molti è
sembrato sufficiente di rivedere superficialmente il valore dei ter-
mini, mantenendo lo status quo. Quindi, quello che pur si riteneva
vero a livello teorico, ha fatto riscontrare un certo senso di impo-
tenza ad operare significativi cambiamenti, nonostante i propositi e
i programmi maturati a livello locale e nazionale.
Attualmente, il cambiamento e la conversione pastorale,
nonostante i buoni propostiti, il discernimento dei segni dei tempi,
la percezione delle necessità e dell’urgenza della missione, creano
una certa inquietudine o, quantomeno, un reale disorientamento.
Lo stile prevalente è di delegare alcuni religiosi in alcuni ambiti e
attività pastorali portanti per farsi carico del profetismo che il
discernimento comporta. Naturalmente le nuove problematiche in
ordine all’identità della vita consacrata e al modo di tradurla in
azione evangelizzatrice sono state vissute così come è stato possi-
bile: un ruolo determinante giocano carenze oggettive, quali il calo
numerico delle vocazioni, l’invecchiamento, le defezioni, i condi-
zionamenti culturali, l’individualismo, il protagonismo, una insod-
disfacente preparazione intellettuale, forse spirituale, e pastorale.
Alcune volte a fatica si fa fronte alla tradizionale vita e atti-
vità dei religiosi e ad essere sacrificati sono proprio gli impulsi di
rinnovamento che mirano a qualificare evangelicamente il servizio
alla Chiesa e all’uomo di oggi. Non rimettendo al centro Gesù e la
sua Parola viene meno lo spazio da dedicare all’ascolto della
Parola, alla contemplazione, alla preghiera, alla formazione iniziale
e permanente; viene compromesso il lavoro comunitario per quali-
ficare evangelicamente il servizio alla comunità ecclesiale e alla
società civile; viene scoraggiato un vero e proprio rapporto vitale di
solidarietà con la gente comune e con gli ultimi.
Tutto ciò, evidentemente, costituisce la maggior sfida alla pur
riconosciuta necessità di essere missionari ed evangelizzatori.
In verità, a discolpa dei religiosi, va detto che tutto il contesto
ecclesiale non è stato terreno fertile per tradurre i principi e la dot-
trina del Magistero in orientamenti e proposte nella prassi pasto-
rale. Fino ad oggi non si sono create le condizioni per porre la missio
ad gentes a paradigma di ogni forma di evangelizzazione e l’anima-
zione missionaria a fondamento della pastorale ordinaria.
È sembrato, così, che il servizio apostolico e missionario,
stanco e opaco, manifestasse i sintomi non solo della rassegnazione
e dell’impotenza a rispondere alle sfide dell’uomo di oggi, ma anche
della paura e dell’incapacità a gestire il cambiamento.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


107
Perciò i vescovi negli Orientamenti pastorali per il prossimo
decennio ribadiscono: “la missione ad gentes non è soltanto il punto
conclusivo dell’impegno pastorale, ma il suo costante orizzonte e il
suo paradigma per eccellenza. Proprio la dedizione a questo com-
pito ci chiede di essere disposti anche ad operare cambiamenti,
qualora siano necessari, nella pastorale e nelle forme di evangeliz-
zazione, ad assumere nuove iniziative, fiduciosi nella parola di
Cristo: duc in altum” (Comunicare il Vangelo in un mondo che
cambia, 32).
In realtà la globalizzazione dei fenomeni, l’interdipendenza
delle situazioni, la tendenza alla omogeneità dei modelli culturali e
il cosmopolitismo della comunicazione, di certo più visibile in questi
ultimi anni, hanno contribuito a far sentire comuni alcuni problemi
e hanno, in qualche modo, fatto uscire i religiosi dal chiuso del loro
piccolo mondo. Esito di questo processo è il generale orientamento a
ritenere necessario il coordinamento tra le varie espressioni di
azione apostolica, attraverso una pianificazione di strutture, di pro-
grammi e di attività. Coordinamento e pianificazione in grado di per-
meare oltre che la dignità anche le attività dei religiosi attraverso
strutture adeguate e programmi contenutistici mirati.

Scelte Anche la CISM (Conferenza Italiana Superiori Maggiori) ha


della CISM seguito questo iter di coordinamento e di pianificazione per favorire
nelle varie aree ed ambiti pastorali, soprattutto in quelli più diretta-
mente interessati all’evangelizzazione, la coscienza del carisma e
della missione in ordine alle grandi sfide del mondo contempo-
raneo, alle mutate condizioni e ai rapidi cambiamenti che si sono
verificati in ragione delle esigenze della missione evangelizzatrice.
Certamente la CISM sa bene che la pianificazione, il coordi-
namento e la revisione delle strutture non bastano e cerca di far
tesoro della straordinaria raccomandazione del Papa: “Non basta
rinnovare i metodi pastorali, ne organizzare e coordinare meglio le
forze ecclesiali ... ma occorre creare un nuovo ardore di santità”
(RM 90).
La santità effettivamente sarebbe la radicale soluzione a tutti
i problemi riguardanti la missione. Una vita santa libera da quegli
impedimenti che ritardano la conversione per una evangelizzazione
a tutto campo; relativizza schemi sorpassati, strutture decadenti,
false ragioni che sostengono pseudo-sicurezze. La missione unita
alla santità, con incisività e speditezza, attuerebbe una delle sue
prerogative: essere causa ed effetto del rinnovamento della Chiesa.
Evidentemente le sfide alla fede nel Dio rivelato da Gesù
Cristo, al suo valore insostituibile, unico, per la salvezza di tutti
popoli della terra, vanno affrontate, come suggerito dalla Gaudium
et Spes, a partire da Gesù Cristo, dal suo vangelo, nel quale, ad un

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


108
tempo, viene rivelato il mistero di Dio e del suo amore e il mistero
dell’uomo e della sua vocazione.
Convinta di ciò la CISM, per contribuire in modo significativo
al decollo di una vera pastorale di evangelizzazione, e quindi al rin-
novamento della pastorale in Italia, ha fatto la scelta di ricominciare
a riproporre i criteri propri della pastorale di missione e di prima
evangelizzazione, di cui il punto di forza è il primo annuncio.
La CISM ravvisa nella pastorale di evangelizzazione in senso
proprio, e in funzione di questa, lo sforzo di concentrare nel servizio
per il primo annuncio, il contributo principale, specifico che la vita
consacrata, conforme al suo carisma di profezia, è chiamata ad
offrire oggi alla Chiesa italiana.
Questa scelta parte da lontano. Tutti diciamo, forse senza
troppa convinzione,, che anche l’Italia, come ormai tutti i Paesi di
antica cristianità, è terra di missione e che nelle attuali condizioni
non basta più l’ordinaria forma di evangelizzazione e l’ordinaria cura
pastorale, ma è necessario, anzi urgente, una conversione pastorale
dell’evangelizzazione. Evangelizzazione come servizio profetico alla
Parola, in grado di comunicare agli uomini la fede di tipo evangelico.
In effetti i vescovi italiani sollecitavano la conversione pasto-
rale e, in funzione del rinnovamento, riconfermavano la centralità
della Parola, già negli Orientamenti pastorali per gli anni ’90:
“appare anzitutto urgente promuovere una pastorale di prima evan-
gelizzazione, che abbia al suo centro l’annuncio di Gesù Cristo
morto e risorto, salvezza di Dio per ogni uomo, rivolto agli indiffe-
renti o non credenti. Si tratta di un campo in buona parte nuovo per
le nostre comunità, la cui pastorale continua spesso a percorre vie
che non danno al primo annuncio lo spazio e l’importanza oggi indi-
spensabile, se si vuole condurre o ricondurre molti uomini e donne
all’incontro e all’adesione convinta e personale a Cristo, e alla con-
seguente vita di fede della Chiesa” (Evangelizzazione e Testimonian-
za della carità, 31).
La realtà è che fino ad oggi tutto è rimasto come prima; tutto
è ancora indirizzato all’aggiornamento e al rinnovamento della
pastorale ordinaria, e cioè alla difesa e alla conservazione dell’esi-
stente. Così lo scollamento tra pastorale ordinaria e missione si
accentua e la missione rimane un dovere-compito affidato a soli
specialisti o delegato agli addetti ai lavori.
La sfida è di convincersi che la pastorale di missione perma-
nente non è più un’opzione, ma l’unica via percorribile. La sfida è
di far diventare ordinaria la missione.
Per la CISM la sfida resterà tale se si continuerà ad impegnare
una nozione generica, e perciò impropria, di evangelizzazione. In
realtà, fra pastorale ordinaria e pastorale di evangelizzazione auten-
tica c’è una discriminante e precisamente il ruolo del primo
annuncio, del kerigma. Kerigma che fonda, che genera alla fede.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


109
Per i religiosi italiani ora è più chiaro che l’intera pastorale è
chiamata a diventare pastorale di evangelizzazione in senso pro-
prio; che questa evangelizzazione richiede la prima evangelizza-
zione; che la prima evangelizzazione richiede il primo annuncio.
Dunque il primo annuncio è il fondamento di qualsiasi iniziativa o
progetto di evangelizzazione. Il suo compito infatti non è quello di
istruire o esortare alla fede, bensì quello di generarla.
Evidentemente alcune precomprensioni o pregiudizi, da parte
di alcuni religiosi assieme ad altri teologi ed operatori pastorali,
circa una evangelizzazione in senso proprio, sono causa di resi-
stenze teologico-pastorali, che, a loro volta portano ad utilizzare la
stessa pastorale in un modo improprio, senza cioè servirsi delle
coordinate giuste. È fuori discussione che oggi parlare di missione
ad gentes significa parlare di una evangelizzazione che deve porre
al centro Gesù Cristo e la sua Parola. “Comunicare il Vangelo è il
compito fondamentale della Chiesa, perché il Vangelo è il più
grande dono di cui dispongono i cristiani” (Comunicare il Vangelo in
un mondo che cambia, 32).
Nel paragrafo intitolato “A tutti i popoli nonostante le diffi-
coltà”, la Redemptoris Missio al numero 35 avverte che “il compito
di annunciare Gesù Cristo presso tutti i popoli appare immenso e
sproporzionate rispetto alle forze umane della Chiesa. Le difficoltà
sembrano insormontabili e potrebbero scoraggiare, se si trattasse di
un’opera soltanto umana”. Infatti, tanto impegno per la missione e
i moltissimi nostri limiti potrebbero realmente condurci alla para-
lisi. Ma mai le condizioni negative potranno divenire alibi del
disimpegno per la missione, perché siamo rassicurati che “la mis-
sione non si fonda sulle capacità umane, ma sulla potenza del
Risorto” (RM, 23). Sarebbe veramente poco edificante per un reli-
gioso manifestare incapacità, incertezza, scoraggiamento nell’im-
pegno di edificazione del Regno di Dio. Dunque, i religiosi devono,
più che gli altri, testimoniare che “le difficoltà interne ed esterne
non debbono rendere pessimisti o inattivi. Ciò che conta ... è la
fiducia che viene dalla fede, cioè dalla certezza che non siamo noi i
protagonisti della missione, ma Gesù Cristo e il suo Spirito. Noi
siamo soltanto collaboratori” (RM, 36).
Proprio perché “è ormai tramontata anche nei Paesi di antica
evangelizzazione la situazione di società cristiana”, il Papa, invi-
tando ad “affrontare con coraggio una situazione che si fa sempre
più varia ed impegnativa” ripete nella Tertio Millennio Ineunte, con
tono incisivo: “ho tante volte ripetuto in questi anni l’appello alla
nuova evangelizzazione. Lo ribadisco ora, soprattutto per indicare
che occorre riaccendere in noi lo slancio delle origini, lasciandoci
pervadere dall’ardore della predicazione apostolica seguita alla
Pentecoste. Dobbiamo rivivere in noi il sentimento infuocato di
Paolo, il quale esclamava “Guai a me se non predicassi il Vangelo!”.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


110
Questa passione non mancherà di suscitare nella Chiesa una nuova
missionarietà, che non potrà essere demandata ad una porzione di
specialisti, ma dovrà coinvolgere la responsabilità di tutti i membri
del popolo di Dio. Chi ha incontrato veramente Cristo, non può
trattenerlo per sé, ma deve annunciarlo” (NMI, 40).
L’appello del Papa invita ad una seria riflessione. È sotto gli
occhi di tutti che siamo diventati una minoranza, che le nostre
chiese continuano a svuotarsi, che la scristianizzazione avanza e
che il relativismo etico e l’indifferentismo religioso dilagano. In
queste condizioni a chi potremo rivolgere l’invito della missione ad
gentes? A chi potremo indirizzare l’animazione missionaria? Solo a
quella minoranza, solo a coloro, cioè, che vivono la loro vita di fede
dentro la comunità ecclesiale?
La preoccupazione in questo tempo è concentrata verso i cosid-
detti non praticanti. I vescovi italiani negli Orientamenti pastorali per
il prossimo decennio, per costoro, cioè per “questa area umana, cre-
sciuta in modo rilevante negli ultimi decenni” (57) ... “dove si incon-
trano battezzati da risvegliare alla fede, ma anche sempre più nume-
rosi uomini e donne, giovani e fanciulli non battezzati, eredi di situa-
zioni di ateismo o agnosticismo, seguaci di altre religiosi” (58); per
costoro è necessario “un impegno di primo annuncio” per la rivitaliz-
zazione della fede su cui innescare un vero e proprio “itinerario di ini-
ziazione o di ripresa della loro vita cristiana” (57).
“La comunità cristiana, aggiungono i vescovi, deve essere
sempre pronta ad offrire itinerari di iniziazione e di catecumenato
vero e proprio. Nuovi percorsi sono richiesti infatti dalla presenza
non più rara di adulti che chiedono il battesimo, di ‘cristiani della
soglia’ a cui occorre offrire particolare attenzione, di perone che
hanno bisogno di cammini per ricominciare”. Per costoro, dicono
ancora i vescovi, occorrerà impegnare le nostre migliori energie.
I religiosi italiani sembrano convinti che per incarnare questo
nuovo slancio apostolico e missionario nell’impegno quotidiano
delle comunità, la priorità dovrà essere quella di “nutrirci della
Parola, per essere servi della Parola nell’impegno di evangelizza-
zione” NMI, 40).

1° Annuncio Per chiarire ulteriormente il cammino compiuto dall’area


evangelizzazione della CISM mi sembra utile riportare una pagina
del contributo offerto dalla CISM all’Assemblea generale della CEI in
vista della elaborazione del piano pastorale per il prossimo
decennio. Si tratta, si potrebbe dire, del punto sulla situazione socio-
pastorale che la Chiesa, all’inizio del terzo millennio, sta vivendo.
“A nostro avviso, l’analisi della fase di rapida transizione che
la Chiesa italiana in questo momento attraversa, alla luce del per-
corso finora effettuato, attesta che:

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


111
– la progressiva, la graduale sovrapposizione, anche nel contesto
italiano, fra l’orizzonte della pastorale ordinaria e quello della
missio ad gentes, è la riprova che la stessa pastorale ordinaria,
nonostante tutti i suoi generosi sforzi ed i suoi ripetuti aggiorna-
menti, non riesce a plantare ecclesiam;
– la crisi della pastorale ordinaria è anche la crisi della catechesi: il
rinnovamento della catechesi si dimostra insufficiente a rispon-
dere alle esigenze della plantatio ecclesiae (vedi gli abbandoni
prima e dopo la Confermazione);
– tale crisi evidenzia – e l’esperienza pastorale e la riflessione
biblico-teologica lo confermano – che il servizio della Parola che
genera alla fede non è quello di tipo né didattico, né parenetico,
bensì quello di tipo kerigmatico;
– la crisi, dunque, della pastorale ordinaria e della catechesi non
dipendono tanto dal fatto che il loro rinnovamento non è stato o
non è ancora adeguato, quanto dal fatto che non è pastoralmente
corretto attendersi dai servizi dell’una e dell’altra risultati che ad
esse non competono;
– ne segue che parlare di crisi sia dell’una, sia dell’altra è in buona
parte impropria;
– non basta, infatti, battezzare come pastorale di evangelizzazione
la pastorale ordinaria, perché un’azione di vera evangelizzazione
si avvii: se tutto è evangelizzazione, c’è il rischio che niente lo sia.
Grande, infatti, è l’equivoco di palingenesi solo verbale, in cui
molti operatori pastorali in questi anni sono caduti;
– dal decollo di una vera e propria pastorale di evangelizzazione
dipende il futuro non solo di tutta la pastorale, ma dell’intera
comunità cristiana;
– una vera e propria pastorale di evangelizzazione, in funzione
della plantatio Ecclesiae, suppone, come suo punto di partenza, la
prima evangelizzazione;
– il punto di forza della prima evangelizzazione è il primo
annuncio;
– pare evidente il servizio del primo annuncio, nella Chiesa italiana
del nostro tempo è debole e che quanto più si accentua la crisi
della pastorale ordinaria e l’urgenza dell’evangelizzazione si
manifesta, tanto più noi prendiamo coscienza di tale debolezza.
Da queste premesse scaturisce in modo quasi ovvio la con-
clusione che oggi, più che mai, alle soglie del terzo millennio, nel
kairòs della storia della salvezza che sta attraversando, la Chiesa
italiana è chiamata a promuovere con tutte le sue forze una pasto-
rale di evangelizzazione vera e propria, e in funzione di questa a
concentrare i suoi sforzi nel servizio del primo annuncio.
In tale prospettiva, infatti, si può dire che l’accorato impegno
assunto nell’ottobre del 1997, a nome di tutta la Chiesa, dai vescovi
partecipanti alla quarta Assemblea Generale del Sinodo sui temi

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


112
della catechesi e dell’evangelizzazione, questo impegno oggi vada
appunto rivolto al servizio del primo annuncio: la priorità nell’a-
zione pastorale, allora riconosciuta dai vescovi alla catechesi, va
oggi riconosciuta a quel servizio della Parola tipico, che è il primo
annuncio.
Riteniamo, dunque, che – per il programma pastorale del
prossimo decennio – la traccia di lavoro più adeguata alle attuali
esigenze della Chiesa italiana sia questa: la messa a punto di con-
tenuti e metodo di prima evangelizzazione, ossia di primo
annuncio, in funzione di una pastorale di evangelizzazione organica
capace di realizzare una pastorale di missione permanente”.
Si capisce meglio, dunque, l’appello pressante con il quale
Giovanni Paolo II e i vescovi invitano la Chiesa a rimettere al centro
Gesù Cristo e la sua Parola, per porsi sotto la guida dello Spirito, al
servizio della missione (cfr. Comunicare il Vangelo in mondo che
cambi, 5 e 6).
Il Papa il 6 gennaio con la lettera Novo Millennio Ineunte
additando al popolo di Dio le priorità pastorali che il Giubileo ha
fatto emergere, afferma che nella Chiesa “il primato della santità e
della preghiera non è concepibile che a partire da un rinnovato
ascolto della Parola di Dio” (n. 39), che di questa Parola dobbiamo
“nutrirci, per essere servi della Parola nell’impegno di evangelizza-
zione” (n. 40) e che il pellegrinaggio giubilare “ha come sgranchito
le nostre gambe per il cammino che ci attende”, in modo che “Gesù
risorto, che si accompagna a noi sulle nostre strade, lasciandosi
riconoscere, come dai discepoli di Emmaus, nello spezzare il pane,
ci trovi vigili e pronti per riconoscere il suo volto e correre dai nostri
fratelli a portare il grande annuncio: abbiamo visto il Signore!” (59);
a fine giugno la CEI, consegnando alla Chiesa italiana gli
Orientamenti pastorali per il prossimo decennio, ci ha ricordato: “la
fede nasce dall’ascolto della Parola di Dio ... la radice della fede
biblica sta nell’ascolto ... la storia del peccato, infatti, è sempre radi-
cata nella storia del non ascolto” (Comunicare il Vangelo in un
mondo che cambia, 3 e 13).
È consolante per la CISM constatare che la strada intrapresa
e promossa nel corso di questi ultimi anni, è pienamente in linea
con le esigenze più attuali del servizio della Chiesa. Di ciò ci ralle-
griamo nel Signore. Per noi CISM è ormai chiaro che il cuore di
qualsiasi pastorale di evangelizzazione è il primo annuncio; che
questo annuncio concerne la persona di Gesù, ma soprattutto il
significato (uguale Buona Notizia) della sua morte e della sua risur-
rezione; che nell’approfondimento di questo significato e dalla sua
esplicitazione in termini intelligibili per l’uomo d’oggi, chiunque ha
a cuore l’evangelizzazione dovrebbe dedicare le sue migliore
energie; infine, che nello sviluppo del primo annuncio sta il futuro
dell’evangelizzazione e della stessa pastorale ordinaria.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


113
Le cifre La Conferenza Italiana Superiori Maggiori pubblica ogni tre
della speranza anni un “Annuario statistico” che consente, tra l’altro, di misurare
missionaria la consistenza numerica delle persone e delle attività dei religiosi
italiani. In realtà è ben più di un “Annuario statistico”, perché offre
molte altre informazioni sulle singole Province religiose di tutti gli
Istituti che operano in Italia. Il volume si apre solitamente con una
valutazione sintetica sull’odierna presenza della vita religiosa in
Italia, che permette di cogliere la consistenza e le tendenze delle
variazioni che si verificano da un anno all’altro. Alla fine del
volume, poi, ci sono alcune statistiche riassuntive, che sono
appunto quelle che ci interessano. Facciamo ora riferimento ai dati
dell’Annuario statistico 2000.
Totale generale dei religiosi appartenenti alle Province ita-
liane: 24.730, di cui 21.778 in Italia e 2.952 all’estero. A questi
ultimi sono da aggiungere altri 2.487 religiosi italiani incardinati
nelle entità missionarie che nei vari Continenti, in questi ultimi
tempi, per l’accresciuta consistenza numerica, sono divenute esse
stesse Province religiose. Perciò i religiosi italiani al servizio dell’e-
vangelizzazione e della missione fuori dall’Italia sono 5.439.
Presenze dei religiosi delle Province italiane nei Continenti:
– Africa: 195 comunità, 731 professi perpetui, 211 professi tempo-
ranei, 133 novizi;
– America Centrale: 19 comunità, 66 professi perpetui, 5 professi
temporanei, 9 novizi;
– America Latina: 238 comunità, 701 professi perpetui, 193 pro-
fessi temporanei, 94 novizi;
– Asia: 144 comunità, 264 professi perpetui, 215 professi tempo-
ranei, 152 novizi;
– Australia: 3 professi perpetui;
– Est Europa: 84 comunità, 318 professi perpetui, 19 professi tem-
poranei, 28 novizi;
– Medio Oriente: 17 comunità, 79 professi perpetui, 3 professi tem-
poranei, nessun novizio.
Questi sono i religiosi che fanno parte della Conferenza
Italiana Superiori Maggiori. Se a questi dovessimo assommare tutti
i religiosi appartenenti alle Curie generali che operano per la mis-
sione ad gentes, il numero lieviterebbe di molto.
Ma è anche importante riportare il numero che descrive la
straordinaria presenza delle religiose missionarie, così come ci è
stata consegnata dall’USMI (Unione Superiore Maggiori Italiane).
“7333 sono le religiose italiane a servizio della missione nei
cinque Continenti. Diversi i servizi che offrono nei campi dell’evan-
gelizzazione, della pastorale diocesana e parrocchiale, della promo-
zione umana, dell’assistenza ad anziani e ammalati, della scuola,
del lavoro, delle carceri, in attento ascolto delle realtà ed urgenze
delle Chiese locali.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


114
Numerose sono poi le religiose impegnate nell’animazione mis-
sionaria in Italia: alcune sono direttrici o collaboratrici negli Uffici
Missionari Diocesani, altre sono animatrici missionarie a livello di
Istituto, altre ancora portano dinamismo missionario nella catechesi,
nella liturgia, nella carità e nelle diverse attività che svolgono.
A queste sorelle e a tutte coloro che lo desiderano, l’USMI,
insieme alla Pontificia Unione Missionaria per le religiose, attra-
verso l’apposito ufficio, offre alcuni strumenti di formazione missio-
naria. In particolare: corsi organizzati a livello nazionale, regionale
e diocesano, informazione attraverso riviste e il bollettino USMI,
incontri a diversi livelli, sussidi di spiritualità.
Infine, come conclude Madre Teresa Simionato, nell’Annuario
USMI 2001, ‘un dato volgiamo ricordare e gratitudine: in questi tre
anni (1998-2001), nei vari Continenti sono morte, uccise in modo
cruento, una trentina di religiose appartenenti ad Istituti diversi,
anche non italiani, o senza la presenza di loro comunità nel nostro
Paese. La gloria della vita religiosa sta anche nella capacità di
morire per il Vangelo, che è servizio a Dio e alle sorelle e ai fratelli
con cui e per cui si vive e ci si sacrifica’”.

Prima di concludere, molto schematicamente vorrei esprimere


alcuni propositi:
– ogni Provincia dei religiosi italiani si impegna in una generosa
animazione missionaria ad intra e ad extra, cioè per i suoi
membri e per gli altri suoi “interlocutori”, ossia per i propri colla-
boratori e per i destinatari della propria attività apostolica;
– in comunione con l’intera Chiesa italiana e con le singole Chiese
diocesane e con tutte le forze missionarie, i religiosi italiani, attra-
verso i rispettivi organismi, si prodigheranno perché l’animazione
ad gentes, sia elemento cardine della pastorale ordinaria;
– la CISM auspica che attraverso una maggiore intesa e collabora-
zione tra le realtà ecclesiali nazionali e locali, si giunga alla defi-
nizione di programmi comuni e mirati per l’azione evangelizza-
trice che abbia a fondamento la Parola di Dio;
– i religiosi italiani, per contribuire a suscitare una nuova missio-
narietà, intendono promuovere una pastorale di prima evangeliz-
zazione che abbia al suo centro l’annuncio di Gesù Cristo morto
e risorto per la salvezza della umanità;
– i religiosi italiani porranno maggiore impegno e attenzione per il
coinvolgimento dei laici nella formazione e nell’animazione mis-
sionaria. Inoltre li sosterranno in esperienze missionarie dirette;
– per sostenere progetti di animazione missionaria, di promozione
umana e di solidarietà, di fondazione di Chiese, i religiosi si
impegnano a tenere nelle loro Chiese una seconda giornata mis-
sionaria assicurando che la raccolta della Giornata Missionaria
Mondiale, rispetti le finalità della sua istituzione.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


115
Voglio comunicare inoltre che la CISM da due anni organizza
Seminari di primo annuncio. Gli approfondimenti teologici e pasto-
rali contribuiscono ad instaurare uno stile di missione permanente
e una accresciuta sensibilizzazione missionaria ad gentes.
I religiosi italiani stanno facendo anche il tentativo di creare
momenti privilegiati di ascolto della Parola e timidamente alcune case
o conventi si avviano a diventare scuole di comunione e di missione.

Concludo dicendo con i vescovi che “a partire dal Concilio,


alcune scelte significative sono state compiute ... ma non possiamo
ritenerci soddisfatti” (Comunicare il Vangelo in un mondo che
cambia, 44). Chi non lo sa, tanta, ma ancora tanta strada resta da
percorrere. Importante è evitare che gli ostacoli e le divergenze favo-
riscano la deresponsabilizzazione e che le difficoltà interne ed
esterne divengano un disservizio alla missione.

B. ISTITUTI SPECIFICATAMENTE MISSIONARI


Relatore: Padre LUIGI MORELL
Membro della CIMI

1. Il carisma missionario si manifesta e si attualizza spesso in


Precisazioni istituzioni ecclesiali. Si nota la sua enorme varietà.
su un dato Qui vogliamo riflettere sulla missione ad gentes, non conside-
rando l’aspetto di missione come le missioni popolari o le missioni
di fatto presso gli immigrati, ecc.
Ordini religiosi e istituti religiosi hanno una dimensione mis-
sionaria fin dalle loro origini oppure l’hanno assunta negli ultimi
decenni. Per molti di loro, la missione ad gentes si articola come una
delle dimensioni della vita religiosa e dell’impegno della persona.
L’ordine o l’istituto spesso ha una serie di risorse e di animazione
attraverso le opere che svolge nelle chiese di antica tradizione: par-
rocchie, scuole, ecc.

Gli istituti esclusivamente missionari sono composti da reli-


giosi e da società di vita apostolica. Alcuni hanno i due rami, il
maschile e il femminile, che lavorano. in stretta collaborazione. Per
altri la collaborazione è a largo raggio. Alcuni hanno solo un ramo,
quello maschile o solo quello femminile. Ci sono anche istituzioni
di laici e laiche con scopi prettamente missionari.

Il termine esclusivamente qui viene usato nel senso di orga-


nizzazioni che hanno lo scopo della missione ad gentes. Le opere e
la presenza nelle chiese di origine sono orientate a preparare il per-
sonale per andare in altri paesi, per la formazione, la gestione di

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


116
fondi, e la cura del personale una volta rientrato. Diversi membri di
questi istituti ricevono l’ordinazione presbiterale. Tuttavia non tutti
sono ordinati.

Mi sembra utile fare queste precisazioni perché la presenza di


ciascuno di questi istituti sul territorio nazionale sarà condizionata
dalla maniera con cui vive il carisma missionario.

Per esempio: il ministero presbiterale richiesto per dare un


aiutare nelle parrocchie. È fatto con gioia, naturalmente, ma spesso
abbiamo l’impressione che siamo valutati per quello che possiamo
dare più che per quello che siamo, cioè ci si chiede facilmente di dire
una Messa e di confessare, ma per fare un intervento di natura mis-
sionaria presso i giovani o i cresimandi, oppure una giornata mis-
sionaria, bisogna, chiedere con insistenza e i rifiuti non mancano.
Per noi rimane il dilemma se inserirci in alcune parrocchie, o
magari prendere delle parrocchie se siamo presbiteri. Questo
darebbe una profondità e continuità di intervento in alcune realtà,
ma il raggio d’azione sarebbe molto limitato.

Per gli istituti di religiose o laicali l’inserimento locale rimane


ancora più limitato, dato che l’accesso che hanno ad una comunità
non sarà attraverso la celebrazione dell’eucaristia o la predicazione
testimonianza, ma attraverso dei gruppi parrocchiali.

2. L’evoluzione del concetto di missione ha differenziato il tipo


Il dato teologico di presenza: la fine del tempo della plantatio ecclesiae in diverse
parti d’Africa, la fine dello jus commissionis e la formazione di con-
ferenze episcopali hanno apportato delle variazioni notevoli alla
concezione della missione.
Scambio, evangelizzazione, dialogo: sono termini che si avvi-
cendano.

Da studenti di teologia discutevamo animatamente se la mis-


sione era prima evangelizzazione o sviluppo, su termini quali evan-
gelizzazione e pre-evangelizzazione. 1 confratelli nei territori quasi
totalmente musulmani del Maghreb reagivano fortemente ad essere
considerati dei pre-evangelizzatori!!
Ora mi dà fastidio quando sento frasi come:
“Andare giù in Africa”; “Mandare giù e venire su”; “C’è tanto da
fare qui “; “La missione è dovunque“.
Per me denotano o una scarsa evoluzione teologica che si
attesta sul paternalismo ecclesiale, oppure vogliono giustificare il
non fare niente di più di quello che si è fatto finora.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


117
Come istituti stiamo evolvendo per vivere le conseguenze
dello scambio. Evidentemente, il nostro personale, eccetto lo stretto
necessario per sostenere le opere di formazione e animazione, sarà
inviato in missione, fuori dal proprio territorio. Non perché non ce
n’è bisogno qui, ma perché è la dinamica della missione.
D’altra parte, lo scambio tra chiese implica che le attività di
animazione si fanno sia qui in Italia che in Africa, per esempio.
Questo è assodato.
Ma ancora non vediamo come fare con che lo scambio di per-
sonale avvenga dall’Italia all’Africa e viceversa, soprattutto a causa
della presenza di africani sul nostro territorio. I cristiani che si trovano
tra gli immigrati riescono ad integrarsi nelle nostre comunità ecclesiali?
La nostra internazionalità, la provvisorietà della nostra per-
manenza e, attualmente. la forte crisi vocazionale nei paesi occi-
dentali sono elementi a sfavore dei nostri istituti nell’assumere lo
scambio con la chiesa locale.
Il nostro vantaggio però è quello di apportare la conoscenza
di situazioni e metodi diversi, di allargare gli orizzonti, di mettere a
servizio della comunità ecclesiale la specializzazione in alcuni set-
tori riguardanti la mondialità e le culture.

3. Data la diversificazione della realtà missionaria nella chiesa


Mezzi italiana la comunione è indispensabile per lavorare nella vigna
di comunione dello stesso Signore.
– I CMD sono degli agenti di comunione nelle chiese locali.
Vorremmo fare in modo che in nome della comunione ci sia una
stretta collaborazione. Tuttavia sentiamo anche noi la specificità
dei nostri istituti che vuole essere riconosciuta, Le giornate mis-
sionarie particolari sono anche una necessità per molti istituti
che non hanno altra fonte di sostentamento. Che non siano viste
come un sottrarre fondi e mezzi alla chiesa locale.
– Con le PP.OO.MM. risuona lo stesso ritornello. Troviamo posi-
tivo il coordinamento per l’animazione missionaria dei seminari
diocesani.
– Gli istituti esclusivamente missionari presenti in Italia si ritrovano
nella CIMI. Comprende i superiori e le superiore provinciali o
regionali degli istituti che hanno come finalità l’evangelizzazione
ad gentes, con impegno per tutta la vita, fuori del proprio territorio
di origine: Comboniani e Missionarie Comboniane, Saveriani e
Missionarie di Maria, Consolata e Missionarie della Consolata,
PIME e Missionarie dell’Immacolata, Missionari d’Africa, Verbiti,
SMA, Suore di Nostra Signora degli Apostoli, Francescane di
Maria e Suore Mariste. Quattro sono di origine italiana; alcuni
sono religiosi, altri società di vita apostolica.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


118
Lo scopo della CIMI è di promuovere il confronto su argo-
menti di interesse comune riguardanti la missione ad gentes e l’ani-
mazione missionaria e vocazionale in Italia, l’approfondimento
della teologia e della spiritualità della missione: l’evangelizzazione,
il dialogo interreligioso, la giustizia e pace e l’integrità del creato, le
dimensioni missionarie della liturgia, della pastorale e delle scienze
teologiche.
A questo scopo è stata fatta nascere la rivista Ad Gentes. Si
vorrebbe suscitare nei missionari una riflessione teologica sulla
missione e invitare i teologi italiani a considerare la missione come
componente basilare, punto di partenza dei loro studi.
– Dalla CIMI è sorta ed è sostenuta, la cooperativa SERMIS.
Comprende l’Editrice Missionaria Italiana (EMI) e il settore
Emivideo per gli audiovisivi a carattere missionario e multicul-
turale.
– Da CIMI e SERMIS è stata avviata l’agenzia MISNA, che ora ha
assunto fisionomia propria come S.r.l. A motivo dei collegamenti
con missionari di ogni specie e della consistente implicazione di
persone e mezzi finanziari, è passata ora sotto la tutela maggiori-
taria delle Direzioni Generali dei quattro istituti di origine ita-
liana. Attualmente è ancora in fase di assestamento societario.
– Collegato in modo privilegiato alla CIMI è il SUAM, Segretariato
unitario di animazione missionaria. Quest’ultimo comprende
anche associazioni laicali e altri istituti con finalità ad gentes
anche se non esclusiva. Il SUAM ha una componente più vasta.
Il suo scopo è il collegamento e la collaborazione tra gli anima-
tori e la ricerca di forme aggiornate di animazione.

4. In contatto con istituti missionari troviamo una varietà di


Conclusione carismi, di modi di fare, di impostazioni pratiche. Si nota anche una
varietà di modi di comunione tra le chiese locali e gli istituti.
Le differenze siano ragione di azione di grazie al padrone della
messe, la comunione segno di una presenza con la quale diamo
ragione della speranza che è in noi [cfr. 1 Pt 3,15].

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


119
L’impegno missionario
3.
Premessa
dei laici
Relatore: dr AGOSTINO MANTOVANI
Presidente della FOCSIV

Per sviluppare l’argomento ho cercato di tenere ferma la


sequenza dei termini che caratterizzano il logo della FOCSIV e cioè
Federazione Organismi Cristiani Servizio Internazionale volontario.
Ho cercato cioè di Federare l’ansia, i sentimenti”, le figure
Protagoniste delle ONG FOCSIV, inquadrandole nel Servizio, che è
missione aperta al mondo con l’Internazionale e dove i termini
Cristiano e Volontario non sono due aggettivi messi lì per caso, ma
invece sono la sostanza del tutto che continuamente si miscela intanto
che si esprime. I discorsi che seguono mantengono questo approccio e
anche le figure considerate, in particolare quella del missionario e del
volontario di ONG, volutamente, vengono tra loro intersecate perché
ciò che vale per l’una vale anche per l’altra.
Di fatto si identificano, in particolare, per quanto riguarda un
aspetto di fondo: quello della carica ideale.
Per parlare dell’impegno missionario dei laici è necessario
stabilire quale modello di impegno esaminare e perciò ho dovuto
fare una scelta perché le componenti qualificanti di questo modello
sono diverse.
Dico subito che nel proseguo del discorso userò spesso la
parola “missionario” non come termine comunemente inteso, cioè
quello usato per il religioso che va in terra di missione, ma nel senso
più etimologico e cioè quello usato per chi ha ricevuto un mandato
da svolgere, una missione, prescindendo dal fatto che questo man-
dato gli venga affidato dalla nostra Chiesa per l’opera di apostolato
o, ad esempio, dall’associazione di cooperazione allo sviluppo per
la realizzazione di un progetto.
Ho scelto di insistere sulla componente ideale, che resta, a
mio avviso, quella fondamentale, quella che si dà per scontata,
quella forse più trascurata: la missione come santificazione del
tempo, delle realtà sociali; la santificazione dell’impegno politico, la
testimonianza dell’impegno politico e un modo di vivere che ha
dello straordinario.
Il solco tra la base “laicale” e la Chiesa “militante” appare
oggi più largo rispetto ad alcuni decenni fa per molte ragioni. Ci
sono atteggiamenti di forze che emergono in crescendo nella realtà
sociale conditi, di volta in volta, da cattiverie o da blandizie e che
appaiono non facilmente diagnosticabili. Sarà la globalizzazione? A

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


120
volte, più che a una sana competizione, indice sempre di fresca vita-
lità, c’è il fenomeno della missione che diventa sempre più istitu-
zione e sembra di assistere a una rassegnata o calcolata assegna-
zione degli spazi. C’è da chiedersi: ma quale tipo di spazio (leggi
potere) può derivare da logiche che rifiutano il confronto aperto e
scoperto sui valori e sull’etica dei comportamento? Che interesse ne
viene da questi atteggiamenti?

Più ancora occorre rispondere alle domande, come dovrà


essere sui valori e sull’etica dei comportamenti la missione laicale
in futuro? Che ruoli essa dovrà svolgere? Tutto ciò per definire un
assetto sia ideale che organizzativo capace di legare meglio tra loro
i vertici del triangolo composto dal magistero della Chiesa, dal lai-
cato impegnato nella missione e dalle esigenze del mondo in cui
viviamo.
Sentiamo intorno a noi e dentro di noi il richiamo a compor-
tamenti limpidi, ma sentiamo, nuovamente aggiornato, l’appello per
le idealità del domani e per la crescita di quella grande orditura di
movimenti ed associazioni rappresentate nella società di oggi.
Sentiamo prepotente la necessità di diagnosticare il nostro
comportamento quotidiano, per attivarlo sempre più ad impegno di
servizio, inteso come servizio all’uomo in senso lato e ad ogni uomo
sia nel corpo che nello spirito.
La nostra missione, soprattutto per le questioni più impegna-
tive e fondamentali, non può essere il regno della chiusura punti-
gliosa, ma deve essere il luogo dei confronto delle idee, dove il pos-
sibile ed il reale si coniugano nella pratica quotidiana di scelte ope-
rative. Compito di una missione moderna è la capacità di fornire
risposte, senza attardarsi sul fronte della denuncia o dell’analisi
superficiale della fenomenologia, o peggio, del primato storico-tra-
dizionale. Si sente l’esigenza di una missione dialogante con il cam-
biamento in atto, con gli uomini.
L’essenza della missione, sia della Chiesa che del laicato,
deve sempre più farsi proposta e aprirsi nella sua dimensione più
intima. Al di là di atteggiamenti o posizioni fuorvianti, essa si
esprime soprattutto in termini di tensione, di esasperazione
(costruttiva), di sofferenza o di insofferenza - se si preferisce - di
tutto e per tutto.
Trattasi di affermazioni per un approccio dell’argomento, rese
non per il gusto di estremizzare, quanto perché è all’estremo lo sforzo
richiesto per affrontare seriamente i problemi che nella missione si
devono vivere ogni giorno; e può essere solo così, dato che l’espres-
sione massima della missione stessa da chiunque sia vissuta tende ad
estremizzare tutto: gli atteggiamenti, i sentimenti e le azioni.
Questa posizione è talmente scomoda e talmente lanciata da
poter essere vissuta sempre e solo nell’ansia di fare di più, in fretta,

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


121
soprattutto oggi che nella nostra vita sono entrati prepotenti mezzi
di comunicazione e quindi di persuasione, dando per sconta-
to, ovviamente, di non aver mai pensato, amato e realizzato ab-
bastanza.
Non è superfluo sottolineare che la missionarietà laicale per
svolgere meglio il suo ruolo, si deve rivolgere a tutti, battezzati e
non, tutto comprendendo, per aspetti religiosi, politici, economici,
sociali e anche generazionali.
Soprattutto deve vedere protagonisti i giovani, ai quali viene
richiesta l’opportunità, l’entusiasmo, la peculiarità dell’approccio.
Questi giovani, non va mai dimenticato che ciascuno di noi lo
è stato e che quelli di oggi sono i nostri figli o nipoti, andrebbero
considerati e trattati diversamente da come avviene oggi.
Andrebbero responsabilizzati più alla svelta, spinti al rischio
dei confronto interiore ed aiutati, mi raccomando, aiutati in questo,
proprio per misurarne le capacità e forgiarne il temperamento.
Lo dico, non tanto per il superficiale gesto di procacciarmi le
loro simpatie, quanto e semmai per coinvolgerli di più in quella
dimensione di protagonismo che è necessaria per sviluppare prima
il dibattito e poi la consapevolezza di una scelta e quindi l’azione in
campo missionario.
Guai se i giovani si fermano a meditare troppo sui pensieri già
formulati, sulle ansie già vissute, sulle conquiste e sui risultati già
ottenuti, sui metodi per ottenerli che, proprio in quanto tali, appar-
tengono al passato, o sono frutto di lavoro e di esperienze altrui. Si
tratta, infatti, di un patrimonio non loro, che istintivamente può non
riguardarli e che, al limite, possono far fatica a capire.
Una missione, giustamente, doverosamente organizzata, tutto
ciò che assomiglia a questa scelta, abbisogna di strumenti, di idee e
anche di un modo di concepire l’ideale “giovane” che deve essere
comunque e sempre preciso e chiaro, oltre che ovviamente buono.
Provo ad esporre una proposta a titolo esemplificativo: tutti
sappiamo quanto sia difficile, per non dire impossibile, realizzare
l’opera di apostolato, intesa anche come proselitismo, nei paesi isla-
mici. Il missionario che vive sul posto non può farlo, gli è impedito.
Si potrebbe allora attivare qualche migliaio di giovani, forse anche
qualche centinaio di migliaia, che con i mezzi telematici odierni
mandano messaggi di tipo missionario, ai loro coetanei degli stessi
paesi islamici.
E’ un approccio oggi realizzabile e in futuro lo sarà sempre di
più, senza grande fatica, via internet. L’operazione va innanzitutto
pianificata, deve rientrare in un progetto complessivo le cui compo-
nenti sono il missionario in terra di missione, gli obiettivi da perse-
guire e quindi la strategia L’attività fiancheggiatrice di un gran
numero di giovani volontari che da qui trasmettono in terra di mis-
sione un forte numero di messaggi certo non casuali né affidati allo

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


122
spontaneismo del volontario, deve essere il frutto di una formazione
programmata con le tecniche che normalmente si usano quando c’è
un obiettivo da raggiungere. Nella fattispecie questo obiettivo è per-
lomeno triplice: non espone il missionario ad un atteggiamento che
gli è vietato dalle regole locali, aggira questo ostacolo facendo arri-
vare i messaggi in maniera non ufficiale, clandestina (tipo radio
Londra durante l’ultima guerra) e comunque, volendo, in grande
quantità e attiva prima l’ansia e poi l’impegno missionario che poco
o tanto può esserci in molti giovani, soprattutto quando questi pos-
sono svolgere l’operazione con il loro personal computer a casa
loro, soprattutto quando possono sentirsi liberi di operare e con-
temporaneamente essere organizzati, soprattutto quando questi gio-
vani si possono sentire partecipi di un progetto importante, quando
avvertono di ricoprire un ruolo, missionario nella fattispecie. E’ uto-
pistico pensare che un giovane possa passare la sua serata impe-
gnato così piuttosto che andare in discoteca, ma perché non offrirgli
questa possibilità?
Penso ai tanti giovani che ancora frequentano gli oratori,
penso a quelli che fanno volontariato, penso ai giovani seminaristi
che, al di là della loro scelta futura potrebbero in questo modo spe-
rimentare la missione. Se poi, oltre a tutto questo, si completasse il
progetto con trasmissioni radio televisive via satellite con un piano
sempre mirato sulla distanza, in lingua locale, sarebbe un passo
avanti, un passo alla volta.
Bisogna che diciamo, magari più ad alta voce, dove, quando,
perché deve crescere la spinta dell’ideale missionario sia nel campo
ecclesiale che sociale, nella convinzione che la spinta ideale rimane
l’unica vera forza per dare sapore, vivacità e costruttività all’im-
pegno missionario dei religioso come del laico, l’unico distinguo fra
il nostro ed altri impegni economici, politici, filosofici ed altro
ancora che, magari sul piano tecnico, anche si assomigliano.
Il rischio di trascurare questa costante dimensione ideale è
quello di cadere nel retorico, nelle frasi fatte, nella logica del quoti-
diano che ognuno di noi, bene o male, ha imparato a sue spese se
ha il coraggio di riconoscere le sue cadute.
Nell’essenza, oltre che nella storia del Cristianesimo ci sono i
motivi e gli ideali a cui fare riferimento, ci mancherebbe che non
fosse così, ma come minimo questi vanno interpretati in maniera
aggiornata e vanno divulgati nei modi giusti, perché servano per
costruire il presente e le linee per il futuro. Ancora, i bisogni che si
sentono sono altri. Il passato, come minimo, va interpretato e va
divulgato perché serva per essere un riferimento su cui costruire il
presente e le linee per il futuro.

Già parlavo di “ideale” quale presupposto assolutamente


indispensabile per essere missionari e per evangelizzare.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


123
Rincaro la dose affermando che bisogna perseguire una
dimensione che veda coinvolto in assoluto il singolo individuo e
questa volta restringo il campo di indicazione alla figura del volon-
tario se opera presso una ONG o del laico missionario se opera
presso una missione religiosa. Di fatto sono la stessa figura nella
multiformità delle funzioni svolte. Ma bisogna credere di più nella
missione, nel ruolo dinamico e costruttivo della missione in quanto
tale, in quanto gesto, scelta, anche strumento sapientemente inteso
e quindi, per intenderci meglio, d’ora in poi userò il termine di
“fede” nella missione, da non confondersi e quindi con una angola-
tura se si vuole diversa da quella comunemente usata quando si
parla di fede religiosa, nei dogmi, ecc.
La missione è assimilabile a una virtù da seminare e da far
crescere perché possa diventare più grande, per essere ogni giorno,
sempre, fonte di energie nuove (quanto ne abbiamo bisogno), per
contagiare, per rafforzare altri che camminano, magari faticosa-
mente, sulla stessa strada. In questo modo e con questo obiettivo,
molti problemi enormi ed attuali della nostra società e anche della
nostra Chiesa non ci sarebbero più, si scioglierebbero come neve al
sole, per il seguente motivo e non sembri solo una similitudine
scontata: una fede esprime sempre una Chiesa, la quale non esiste
mai in solitudine, ma per sua natura, oltre ad essere luogo deposi-
tario delle verità di fede, è partecipazione, ed esprime sempre una
gerarchia; la gerarchia presuppone l’ubbidienza e in questa logica
l’ubbidienza è una virtù. Essa è sinonimo di disciplina perché disci-
plina è lo status del discepolo che segue e assiste il suo Maestro.
Trattasi di una reazione a catena e ogni momento è consequenziale
a quello precedente, senza bisogno di forzature.
Credo che non sia il caso di insistere, ma quanti problemi si
risolverebbero automaticamente senza neppure ipotizzare inter-
venti straordinari o innovatori.
Il discorso non è utopistico. Religione a parte, se vogliamo
metterla anche solo sul piano laico, “movimenti”, consideriamo
pure i partiti, le associazioni, i sindacati, se aneliamo a vedere bene,
si reggono sostanzialmente solo quando sono composti da individui
che vi partecipano in termini di fede, non d’interesse.
Poi, magari, solo qualcuno di questi individui, fideista o capo
carismatico, ci metterà la faccia pubblicamente e forse raccoglierà i
“risultati”, ma solo se è alta la carica di adesione ideale degli ade-
renti, o meglio degli operatori protagonisti, dato che con la fede le
due figure si identificano, si evidenzieranno i risultati stessi.
Nel caso contrario, e per un momento resto ancora nella sola
dimensione laica, può esserci tutto: idee buone, soggetti preparati,
apparato efficiente, ma con questo soltanto ci sarà sempre un barac-
cone senza anima e senza avvenire. Non sarà neanche, come può
sembrare nella migliore delle ipotesi, una buona azienda di servizi

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


124
dell’anima o dei corpo, perché la fede realizza sempre qualcosa di
più di un’azienda, sia essa di servizi che di altro genere.
Infatti, se è vero che nell’evoluzione delle esigenze quotidiane
l’adozione di criteri aziendali, anche nella Chiesa, si rende in
qualche modo necessaria e affinare certi criteri è opportuno, il
distinguo resta fondamentale, soprattutto se il termine azienda va
considerato nel significato corrente.
È anche questo un argomento di attualità, non c’è dubbio, sia
per il missionario religioso che per il laico missionario volontario di
ONG, le cui figure, già si è detto, sono tra loro assimilabili e com-
penetrate.
Solo così il termine di “Chiesa” e quello di azienda in que-
st’ultima dimensione, riconducono allo stesso risultato: la fede.
Quel tipo di fede che, secondo un’opinione diffusa, resta “capace di
muovere le montagne”.
La riprova è che in nome della fede si realizzano atti impen-
sabili, enormi, a volte drammaticamente tragici. Pensiamo alle
guerre o all’applicazione di norme della cosiddetta giustizia. Per
fede gli uomini arrivano ad uccidere e ad essere uccisi e quante
volte ci siamo chiesti se ciò che è un delitto di codice e di coscienza,
per tramite della fede, può non esserlo più. Credo sia il massimo.
Per tali motivi le iniziative, i mezzi, gli strumenti che oggi la
Chiesa missionaria così come le ONG di ispirazione cristiana hanno
potenziato, sono validi e vanno ulteriormente incentivati “solo e se”
servono ad esaltare il presupposto sopra indicato: la fede.
Viene da chiedersi se e fino a che punto è possibile spingere.
Per restare con i piedi per terra, la prima sensazione che si
prova è che finora la nostra missione, ovviamente onnicomprensiva
e cioè comunità di religiosi e di laici, non abbia aggiornato idee e
strumenti per raggiungere lo scopo definito primario o, se l’ha rag-
giunto, non pare più capace di coinvolgere se non emotivamente.
Anzi per molte ragioni, addirittura ovvie, l’effetto missione in
qualche caso ha giocato un ruolo negativo nei confronti della carica
ideale.
Si è creduto, infatti, che bastasse preparare al meglio i volon-
tari (mi riferisco a loro perché mi è più congeniale) che sentono la
vocazione di partire attrezzando i servizi, cercando risorse econo-
miche e via di questo passo, e così ci si è, almeno parzialmente,
scordati dell’ideale della missione da realizzare.
Era più facile, peraltro, procedere così, vuoi perché in questa
nuova dimensione eravamo e siamo (non c’è contraddizione tra i
due termini) tutti neofiti (non ci si improvvisa professionisti dell’i-
deale, ammesso anche che questa dizione possa essere usata) e
vuoi perché nessuno ha voluto, saputo o potuto (l’effetto non
cambia) considerare il problema contestualmente sotto l’aspetto tec-

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


125
nico e sotto quello della valorizzazione dell’ideale stesso. Spesso si
è badato al risultato più “grasso”, più materiale, a quello di più
immediato effetto e non a quello più intimo di pensiero, di cultura,
di crescita spirituale dei singoli individui protagonisti dei progetto,
non importa se religioso, economico o sociale, aspetti pressoché
sempre tra loro miscelati.
È successo come a quell’uomo che si ritrova con la pancia
piena, ma che non ha potuto contestualmente occuparsi della testa
e dello spirito, in termini di sensazioni, di pensieri e, ancora una
volta, di ideali.
Che conta sempre è la qualità e il numero dei volontari che
partono (può valere anche per missionari religiosi?) rispetto al
numero potenzialmente esprimibile.
Non dimentichiamo che il progresso stesso, prescindendo
dal nostro sforzo, laico o religioso che sia, incrementa ogni sorta di
missione.
Per approfondire ancora un po’ il discorso della missione va
detto che di solito la si identifica con gli interventi nei paesi dei sud
del mondo. Ma sarà opportuno valutare i problemi che ci sono in casa
nostra per avere più chiara la problematica di chi parte per andare in
missione e di chi rientra, quando rientra, se rientra e di come viene di
nuovo inserito qui nel tessuto della società odierna. Succede che
quando si approfondiscono questi discorsi si provoca un generalizzato
fastidio perché la conclusione inevitabile è che per aiutare davvero i
poveri del sud dei mondo, per cambiare là il loro sottosviluppo, dob-
biamo prima di tutto cambiare noi, qui, il nostro sistema di sviluppo.
E questa è già una scelta più difficile in quanto il nostro
attuale modo di vivere è il risultato di una cultura aggressiva e colo-
nialista che va avanti da secoli.
Di fatto oggi un miliardo circa di persone “ricche” consuma
l’80% di tutte le risorse del pianeta (alimentari, estrattive, ambien-
tali) e cinque miliardi di persone si devono accontentare del rima-
nente 20%. La situazione si aggrava progressivamente perché da un
lato i cinque miliardi di persone povere sono in costante aumento
numerico e dall’altro i consumi del miliardo ricco sono anch’essi in
costante aumento, infatti il sistema occidentale è basato sulla logica
del consumare per produrre e del produrre per consumare. Così
l’80% consumato diventa progressivamente 82-85% e la percentuale
residua per i poveri proporzionalmente o quasi, diminuisce.
Senza voler fare i catastrofisti, di questo passo si arriva ine-
vitabilmente a un punto di rottura. Per evitare la catastrofe dob-
biamo cambiare noi.
Da ciò deriva che la missione più importante per aiutare tutti, sia
i più poveri che i più ricchi, è qui da noi. La missione prioritaria deve
essere quella di cambiare radicalmente il nostro sistema di sviluppo.
Per avere qualche probabilità di riuscita questa missione ha

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


126
bisogno dell’impegno congiunto di missionari religiosi e di volon-
tari, perché senza un recupero di spiritualità e di amore cristiano
non sarà possibile cambiare e per la carica di valori e di impegno
che, come per la missionarietà, il volontariato sa esprimere.
Prima parlavo dei giovani: è chiaro che la missione così ipo-
tizzata è a loro che soprattutto andrà rivolta. Non basta certo, anche
se è stato bello, aver coinvolto tutti i giovani, oltre due milioni, a
Roma per il Giubileo. Occorre rivolgere l’opera missionaria religiosa
e laica ai giovani che hanno festeggiato la vittoria della Roma (oltre
un milione), ai giovani che frequentano le discoteche, a quelli dei
Genoa Social Forum per dare un’anima alla loro protesta e agli altri
giovani, quelli delle forze dell’ordine, per dare un’anima al loro
dovere di contenere la protesta stessa. Se ne sente il bisogno.
Mediamente il numero dei religiosi in questi ultimi decenni è
diminuito ed è diminuito il numero dei religiosi missionari. Il
numero dei volontari nello stesso periodo è aumentato e sono
aumentate le ONG. La qualità stessa è andata in opposte direzioni.
È un fatto: è vero che il numero dei sacerdoti è diminuito ed è dimi-
nuito, proporzionalmente, il numero dei fedeli praticanti.
Accontentarsi di dare più “servizi” è più un’operazione azien-
dale con riflessi contabili che non un’operazione religioso-spirituale.
La soluzione del problema non sta nella condanna dei “ser-
vizio” in quanto tale e mi riferisco sempre ai laici volontari perché
mi è più facile, anzi il servizio va valorizzato, ma a patto che, prima
di tutto, esso serva all’ideale della missione da realizzare, a patto
che il servizio sia immerso nella spiritualità ideale della missione,
al punto da esserne totalmente permeato e quindi capace di operare
a sua volta come elemento esaltante di quello stesso ideale, in una
spirale che innalza la dimensione globale della missione e non che
la appiattisce. Oggi il servizio alla missione è definito anche in ter-
mini di cooperazione tra comunità e tra Chiese, di dialogo tra con-
fessioni e religioni, di scambio di persone nel comune servizio alla
missione stessa, alla Chiesa, allo sviluppo del bene comune.
Questa operazione presuppone un assoluto coinvolgimento
degli individui addetti e cioè teoricamente di tutti i cristiani nel suo
insieme ed è operazione tutt’altro che facile. Ma niente è facile se si
è tesi ad operare in termini di “rigore missionario”. Per evidenziare
meglio il problema formulo alcune domande:

1 - Fino a che punto ognuno di noi, nel suo giro di responsabilità,


è disponibile a dare spazio a chi ne ha di meno, dato che trat-
tasi di una scelta “difficile” che nella fase iniziale può addirit-
tura produrre tensioni, ma che per certi aspetti potrebbe essere
reso più fragile proprio dalla cospicua immissione di nuovi ele-
menti (penso alle nuove Chiese, ai riti nuovi, ai nuovi costumi,
tradizioni, usanze, ecc.)?

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


127
2 - È possibile, oppure è troppo tecnico e restrittivo, ricercare, col-
laudare e poi divulgare formule, manuali, mansionari in
appoggio alla carica ideale per chi intende procedere sulla
strada della missione indicata, per ottenere il massimo effetto
con il minimo rischio?

3 - Sempre sull’argomento e più in particolare, sono proponibili


interventi, tra sedi diverse, tra istituzioni diverse, persone
diverse (missionari, religiosi, laici, volontari di ONG) non solo
come supporto provvisorio o di salvataggio in extremis, ma di
più aiuto reciproco preventivato e pianificato?

4 - È il caso di uscire dal giro un po’ chiuso che vede le soluzioni


dei problemi solo dall’interno della sede istituzionale, Chiesa
da una parte, ONG dall’altra per ricercare, in una dimensione
più vasta, anche esterna, motivi di ispirazione, di spinta, di
esaltazione per le soluzioni stesse? E per questo, che ruolo può
giocare il rapporto, anche individuale, un rapporto mediamente
diverso da quello del passato, con altre realtà che hanno una
missione, tipo partiti politici, sindacati, amministrazioni pub-
bliche, organizzazioni parallele?

5 - Infine, tutto ciò è davvero un problema, anzi, una serie di pro-


blemi? È solo teorica elucubrazione oppure è una possibilità da
valutare?

Sono domande, ovviamente, che vorrebbero dare fiato al


dibattito.

Non intendo, a scanso di essere mal capito, puntare il dito


contro qualcosa o qualcuno, né intendo sottrarmi alla domanda:
“ma tu dov’eri?”.
Cosciente delle esperienze (e del numero di anni accumulato
al di là dell’esperienza) rispondo che “io c’ero”, ma ritengo sia
autentica libertà, primizia di ogni occasione, scelta o linguaggio,
l’essere critici, possibilmente impietosi, con ciò che è stato, meglio
se c’è stata diretta partecipazione, per essere più precisi nell’analisi,
posto che c’è stato il tentativo di mettere a frutto un impegno.
Spesso corre il richiamo alle “finanze” degli interventi sia dei
missionari religiosi che dei progetti e delle ONG. Esse servono
ovviamente e più sono meglio è, per essere impiegate, per rendere
più efficiente la presenza, per dare, in sintesi, più tono, magari più
immagine e quindi forza alla missione stessa.
Ma la strada non è quella di avere a priori più risorse finan-
ziarie, non è quella di avere sempre più finanziamenti soprattutto se
questi vengono dai pubblici poteri.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


128
L’ideale è quello di avere sì, possibilmente, una solida posi-
zione economica, ma è soprattutto quello di essere vicino alla gente
e di occuparsi realmente dei suoi problemi, senza i condizionamenti
che certe forme di finanziamento possono dare.
Ci penserà la gente a dare alla missione ciò che serve e lo darà
se, insieme alla presenza, sapremo distribuire loro, in maniera
copiosa, la “Parola” che è partecipazione e conoscenza, che è vita.
Dobbiamo aiutare la missione (è singolare come il discorso si
ponga in termini simili per l’azienda genericamente intesa) a recu-
perare competitività anche attraverso l’adozione di tecniche evolu-
tive o con processi imitativi.
Per essere o diventare competitivi, bisogna innovare, se pos-
sibile, in modo quietamente aggressivo. Bisogna generare una rete
di competenze che permettono, grazie alle diversità, di sostenersi
nell’ideale dell’azione missionaria.
Il riferimento è al mercato, questo mostro ineluttabile dei
tempi moderni, che evolve e, nel nostro caso, il mercato è costituito
dalle esigenze dei corpi e delle anime delle persone. Nella logica che
entrambe le esigenze il più delle volte sono perlomeno contestuali
se si vuole avere la possibilità di riuscire.
C’è correlazione tra i risultati e la capacità di innovazione.
Bisognerebbe finanziare l’innovazione organizzativa a cui pos-
sano accedere tutti, soprattutto le realtà più fragili impegnate nella
missione.
Va ricercato il perché dei confini della crescita. Occorre un
utilizzo forse più razionale delle risorse. Bisogna dedicare più
tempo, più spazio, più energie alla formazione degli uomini.
Occorre un cambio di mentalità? Forse è giunto il momento di
cominciare a rivedere i criteri con cui si giudicano i sottosviluppati,
perché ciò vuoi dire che noi siamo gli sviluppati, ma sarà vero?
L’interlocutore valuterà non solo la validità delle tesi e quindi
del “servizio”, ma la rapidità e la trasparenza dell’operazione.
L’immagine futura della missione è quella di un progetto forte
come impatto ideologico e ricco di innovazione spirituale, un pro-
getto sostenuto da un forte nocciolo di carica ideale, in una circola-
rità dell’insieme.
Occorre essere missione d’assalto per esprimere capacità di
conoscere e di coinvolgere gli uomini, i problemi e il modo di pro-
cedere, per svilupparsi nella competitività e nello scatto di effi-
cienza.
Certo, per essere così occorre anche il coraggio di portare allo
scoperto gli spazi di inefficienza e di chiusura che, insieme a tanti
gesti e sentimenti validi e belli, ci sono nel nostro attuale agire e ciò
non per il gusto amaro dell’autocritica quanto per acquisire più
dimensione e più responsabilità, più professionalità, più impegno e
più efficienza.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


129
Le sfide – Occorre realizzare carità politica capace di testimoniare che Dio
“abbassa i potenti ed innalza gli umili” e che la risorsa del
povero è il luogo dei futuro.

– Occorre essere convinti e convincere che la redenzione è la forma


lunga della solidarietà e che la cattolicità è la dimensione uni-
versale dell’educazione all’altro. Essa si esprime ringraziando
l’altro per la differenza e per il rapporto reciproco.

Infine non bisogna negare la crisi in atto nella solidarietà e


forse anche nella missionarietà. Importante sarà vedere nell’attuale
crisi i germi del futuro.
Importante sarà non continuare a dirci tra noi che è tutto
giusto, perché è comodo farlo.
Ho sentito il dovere di dire qualcosa di complementare o di
diverso rispetto a quello che, a più riprese, anche di recente, sul-
l’argomento mi è stato dato di ascoltare.
Ovviamente per quei valori ideali e di fede a cui ho inteso
riferirmi, il significato di questo mio gesto presuppone aprioristica-
mente il rispetto e la considerazione di quanti operano in missione
e dei quali, per quanto riguarda la missione della cooperazione
internazionale, ho precise responsabilità di rappresentanza.
Rappresentare non significa criticare, ma significa dare forza
e speranza alla vita, alla natura di chi si rappresenta, con la capa-
cità di gioire per le loro azioni e con la capacità anche di amare il
dolore che ne può derivare.
In questa dimensione “la comodità è caduca e canta una
breve canzone”.
Dicono che per ognuno di noi c’è sempre un posto dove la
terra tocca il cielo. Per quanto mi riguarda quel posto può essere
senz’altro là dove la vita mi ha provvisoriamente collocato a rap-
presentare, a difendere, ad amare i volontari della cooperazione
internazionale e tutti coloro che si impegnano per dare aiuto e
conforto ai tanti poveri che ci sono nel mondo.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


130
Le Pontificie Opere Missionarie
4. Relatore: Dr TOMMASO GALIZIA
Segretario della Pontificia Opera di S. Pietro Apostolo

In questi stessi giorni, due anni fa, si celebrava a Chianciano


Terme l’Assemblea Nazionale delle Pontificie Opere Missionarie le cui
conclusioni divennero prima “Progetto triennale”, approvato dal
nostro Consiglio Nazionale, e poi programmazione delle attività da
parte della Direzione Nazionale, tuttora in via di realizzazione. Già
in quella sede si riconobbe alle Pontificie Opere Missionarie un’ori-
ginalità da riscoprire e rendere continuamente attuale: la capacità
cioè di promuovere ad ogni livello, nell’ambito delle nostre Chiese
particolari, la sensibilità e la cooperazione missionaria a vantaggio
della Chiesa universale. E’ questa l’essenza del loro carisma origi-
nario, è ciò che ne caratterizza la loro specifica identità, è il compito
che si chiede a chi aderisce a questo organismo o a chi, per servizio,
ne assume la responsabilità sia a livello parrocchiale che diocesano,
regionale o nazionale.
Sorte per ispirazione dello Spirito Santo e fatte proprie dalla
Chiesa, che ne ha così riconosciuto autorevolmente il carattere uni-
versale, le Opere “non sono state concepite per un tempo determinato
o per una categoria di persone o per un certo spazio geografico. Esse
sono nate tenacemente ancorate all’universalità e cattolicità della
Chiesa. Tale caratteristica rimane il motivo principale perché restino
qualificate di Pontificie, oltreché dipendenti dai Vescovi locali”
(Mons.Andreozzi al Consiglio nazionale POM, 22 maggio 2001).
Come non riconoscere nella identità di ciascuna di esse e nel
compito che ognuna richiede i connotati di un servizio di cui c’è
oggi ancor più bisogno di ieri, sia nelle singole diocesi come a livello
nazionale e internazionale?
La Pontificia Opera della Propagazione della Fede innanzi-
tutto, per suscitare e mantenere viva in tutti i settori del Popolo di
Dio, in particolare nel vasto mondo del laicato e nelle famiglie, l’at-
tenzione per l’evangelizzazione universale e per promuovere tra le
Chiese locali l’aiuto sia spirituale che materiale e lo scambio di per-
sonale apostolico. Fondamentale in questa prospettiva è il servizio
con il quale nelle nostre diocesi la delegata laica o il delegato laico
affianca il lavoro del Direttore Diocesano delle Pontificie Opere
Missionarie. È un servizio prezioso, non sempre adeguatamente
compreso e conseguentemente promosso. È necessario riscoprirne
le potenzialità nascoste anche alla luce dei principi espressi nel
nuovo Regolamento della Direzione Nazionale delle POM entrato in
vigore, ad experimentum triennale, il 1 gennaio 2000. Ogni anno,
per realizzare i suoi obiettivi l’Opera organizza in Italia una speci-

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


131
fica “Campagna adesioni” che nel corso dei primi otto mesi di que-
st’anno ha fornito 945 nuovi aderenti e 1.028 rinnovi. Nell’ambito
della nostra Chiesa italiana l’Opera promuove il Movimento
Giovanile Missionario, un servizio specifico per la formazione dei
giovani alla missionarietà da vivere sia nel contesto della propria
Chiesa particolare che in altri Paesi e l’Opera Apostolica, che ha lo
scopo principale di promuovere rapporti di amicizia e solidarietà tra
le nostre comunità e quelle di missione attraverso il dono di arredi
sacri per i luoghi di culto, di strumenti vari per le attività pastorali,
per le scuole, per i dispensari. Dal 1 gennaio l’Opera Apostolica ha
avuto contatti con quasi 300 missionari di passaggio a Roma.
La Pontificia Opera dell’Infanzia missionaria quindi, per aiu-
tare genitori ed educatori a risvegliare nei bambini la coscienza mis-
sionaria e per promuovere tra i ragazzi il desiderio di condividere la
propria fede ed i necessari mezzi materiali con i loro coetanei delle
regioni e delle Chiese più bisognose e anche per suscitare vocazioni
missionarie fin dalla giovane età. Il Ponte D’oro, la rivista inviata a
tutti gli aderenti all’Opera viene diffusa in 12.617 copie.
La Pontificia Opera di San Pietro Apostolo, per sensibiliz-
zare i cristiani all’importanza del clero locale nelle regioni di mis-
sione e per invitarlo a collaborare spiritualmente e materialmente
alla formazione dei candidati al sacerdozio e alla vita consacrata.
L’Opera conta in Italia poco meno di 30.000 aderenti, titolari di
adozioni di seminaristi. Sul piano mondiale l’Opera nel corso del
2000 ha sussidiato 81.383 seminaristi in 904 seminari nei vari con-
tinenti, oltre a 3.159 novizi e 6.534 novizie di istituti religiosi locali.
A chiusura dell’esercizio 2000/01 i fedeli italiani hanno messo a
disposizione del Consiglio Internazionale dell’Opera una somma di
poco inferiore agli otto miliardi di lire che li ha collocati al primo
posto nel mondo.
La Pontificia Unione Missionaria dei sacerdoti, religiosi e reli-
giose infine, che conta attualmente circa 6.000 iscritti e alla cui fon-
dazione dedicò gran parte della sua attività il Padre Paolo Manna
che verrà beatificato il prossimo 4 novembre, per la formazione e la
sensibilizzazione missionaria dei presbiteri, dei seminaristi, dei
membri degli istituti maschili e femminili di vita consacrata e delle
società di vita apostolica e dei loro candidati, come pure dei mis-
sionari laici direttamente impegnati nella missione universale.
Come il nostro Direttore Nazionale ci ricordava a conclusione
dell’Assemblea di Chianciano “Se è vero che i rapporti missionari
più diretti tra le Chiese di diversi continenti hanno fatto crescere nel
popolo di Dio la cooperazione missionaria, è altrettanto vero che
queste provvidenziali esperienze non sempre hanno raggiunto la
loro dimensione più autentica come espressione di universalità. In
più di un caso, dopo tanti anni, si continua ancora a vivere solo e
sempre la “propria” missione, a sostenere i “propri” missionari e a

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


132
finanziare i “propri” progetti. C’è bisogno, dunque, delle Pontificie
Opere Missionarie, concludeva Mons.Andreozzi. Ne ha bisogno
tutta la Chiesa come anche una Nazione, una Diocesi, un Centro
missionario, una Parrocchia, un Gruppo”.
Ne abbiamo bisogno perché grazie al loro carattere popolare,
alla diffusione capillare, alla semplicità dei loro metodi, alla centra-
lità della formazione nel loro progetto educativo, possiamo davvero
pensare ad una pastorale missionaria sempre più compresa nel
contesto proprio di una pastorale ecclesiale d’insieme.
Ne abbiamo bisogno per far progredire quella conversione
pastorale di cui la “missio ad gentes” aspira a divenire “il suo para-
digma più stimolante e illuminante” come auspica il nostro
Episcopato nella lettera “L’amore di Cristo ci sospinge” (n.5) e negli
stessi Orientamenti pastorali per il primo decennio del 2000 (n.46).
Ne abbiamo bisogno perché ogni soggetto ecclesiale e ogni
Chiesa particolare maturino pienamente la coscienza del comune
sforzo missionario di tutta la Chiesa; ne abbiamo bisogno per risco-
prire, alla luce della fede ed in linea con la natura della Chiesa e del
cristiano, la dimensione spirituale di una cooperazione missionaria
che, pur attenta ai drammi umani e sociali di intere popolazioni che
abitano i Paesi della missione, si occupi soprattutto del sostegno
all’annuncio del vangelo e delle opere ad esso collegate: fondazione
e sviluppo di Chiese locali, sostegno alle vocazioni sacerdotali, reli-
giose e missionarie locali, ai catechisti e agli altri operatori pasto-
rali, costruzione di chiese e luoghi di culto nei villaggi, manteni-
mento dei presbiteri locali, sostegno alla catechesi dei ragazzi e dei
giovani, alla formazione apostolica dei laici.
Sono questi del resto i principi che animano le Pontificie
Opere Missionarie nella gestione del Fondo Mondiale di Solidarietà
per la missione, costituito dalle risorse economiche messe a disposi-
zione dalla cristianità di oltre cento Paesi nel mondo, tra i quali
l’Italia che figura ai primissimi posti. Un anno fa erano 1.049 le cir-
coscrizioni ecclesiastiche (i cosiddetti territori di missione) che
dipendevano dalla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli
e verso le quali sono indirizzati prioritariamente gli interventi finan-
ziati dalle Pontificie Opere Missionarie. Corrispondevano al 37 % di
tutte le circoscrizioni ecclesiastiche del mondo e più precisamente
alla quasi totalità di quelle in Africa, al 90% di quelle in Asia, al
58% dell’Oceania, all’8% dell’America e all’1% di quelle
dell’Europa. A maggio di quest’anno la Congregazione di
Propaganda Fide ne aveva già tenute a battesimo altre 11 portando
il loro numero 1.060. Da qualche anno, in risposta alla ripetuta
richiesta della base, viene spedito ad ogni direttore diocesano, e dal
2000 anche ad ogni singolo vescovo, un volume curato dal
Consiglio Superiore delle Opere riguardante i sussidi distribuiti
dalle stesse a tutte le missioni, oltre all’opuscolo della Direzione

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


133
Nazionale contenente il quadro generale delle offerte ad essa per-
venute dalle varie diocesi d’Italia.
La Direzione Nazionale delle Pontificie Opere Missionarie ha
già raccolto e messo in atto alcuni tra i suggerimenti più significa-
tivi che lungo questi anni sono stati offerti per il rinnovamento della
loro proposta di formazione e di cooperazione.
In primo luogo l’impegno “a ripensare, con opportuni itinerari
che accompagnino tutto l’anno pastorale, diverse iniziative già esi-
stenti, a cominciare dalla Giornata Missionaria Mondiale e da altri
eventi, perché non restino relegati a circostanze straordinarie, e
purtroppo, secondo la prassi più comune, prevalentemente orien-
tate alla raccolta di fondi piuttosto che alla sensibilizzazione e dif-
fusione di una cultura missionaria” (L’Amore di Cristo ci sospinge,
n. 4,e). Per il terzo anno consecutivo l’Opera della Propagazione
della Fede, l’Opera dell’Infanzia missionaria, la Pontificia Unione
Missionaria ed il Movimento Giovanile Missionario propongono ai
centri missionari diocesani, ai gruppi missionari, a ragazzi, preado-
lescenti e giovani, a presbiteri e consacrati, adeguati itinerari for-
mativi differenziati che accompagnano la vita pastorale ordinaria
delle comunità ecclesiali d’Italia lungo l’arco di un intero anno
sociale. Ad essi si aggiungono sussidi audiovisivi realizzati dall’ap-
posito servizio della nostra Direzione Nazionale.
In secondo luogo un più organico rapporto tra la Direzione
Nazionale e le Direzioni Diocesane. Sono tuttora in corso le visite
alle diocesi avviate subito dopo l’Assemblea di Chianciano con lo
scopo di ricuperare e valorizzare quel contatto personale che tanta
importanza ha avuto e continua ad avere nella lunga tradizione
delle POM.
In terzo luogo l’impegno nella formazione, sia a livello di
quadri che di base. Ricordiamo, per quanto riguarda le iniziative
organizzate dalla nostra Direzione, la tre giorni di aggiornamento,
negli ultimi due anni, per i Direttori Diocesani di recente nomina; il
convegno nazionale annuale per i delegati e le delegate diocesane
laiche; il convegno annuale per le religiose; il convegno nazionale
dei seminaristi al quale si affianca ormai da anni l’esperienza estiva
dei viaggi missionari a cura della PUM con la collaborazione sia di
missionari che di qualche nostro Direttore Diocesano; il convegno
annuale del Movimento Giovanile Missionario al quale quest’anno
si sono aggiunte altre tre iniziative: un stage “missionario” in
Inghilterra con annesso studio dell’Inglese, un soggiorno missio-
nario in Tanzania e gli esercizi spirituali per giovani a Loreto alla
fine di questo mese. Ricordiamo inoltre il nostro mensile “Popoli e
Missione”, strumento privilegiato per l’informazione e la forma-
zione dei nostri aderenti sulle problematiche culturali, sociali, eco-
nomico-politiche, geografiche e religiose della missione evangeliz-
zatrice della Chiesa del nostro tempo e l’inserto, curato dalla PUM,

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


134
all’interno della rivista “Mondo e Missione” per la formazione mis-
sionaria permanente dei sacerdoti e dei consacrati. “Popoli e
Missione” viene diffuso in 23.700 copie, delle quali 11.000 ad
abbonati individuali. A tutto ciò vanno ovviamente aggiunte tante
altre iniziative, sia diocesane che interdiocesane, regionali (quasi
ovunque) e anche interregionali, come il convegno annuale dei
centri missionari diocesani delle regioni del nord, per le quali la
direzione nazionale esprime tutto il suo apprezzamento.
Al termine di questa comunicazione, a nome di Mons.
Andreozzi e di tutta la direzione nazionale delle Pontificie Opere
Missionarie, esprimo la più viva gratitudine a voi direttori dioce-
sani, ai vostri collaboratori e alle vostre comunità per il servizio reso
al Vangelo e alla Chiesa nella gratuità, nel sacrificio e, qualche
volta, sicuramente anche nella incomprensione. Grazie a tutti e
buon lavoro.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


135
PASSI CONCRETI
DELLA PASTORALE MISSIONARIA
NEL DECENNIO 2001-2010
Indicazioni finali emerse
nel 3o Convegno nazionale dei Direttori diocesani
della pastorale missionaria1

San Giovanni Rotondo, 4 - 7 settembre 2001

1
Dove non diversamente indicato, le citazioni in parentesi sono da riferire ai para-
grafi degli Orientamenti pastorali C.E.I., Comunicare il Vangelo in un mondo che
cambia.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


136
Premesse:

1. Il decennio 2001-2010 tanto più darà un’impronta missio-


naria alle comunità ecclesiali italiane quanto maggiormente
riuscirà a collegare iniziative che altrimenti resterebbero
straordinarie al lavoro pastorale ordinario, attraverso pro-
poste di animazione, formazione e cooperazione missionaria.

2. Nella pastorale missionaria degli ultimi anni alcune scelte


sono state riconosciute come “non ritorno”: la comunione tra
i soggetti missionari, la costituzione dei Centri Missionari
Diocesani, il ruolo cardine delle Pontificie Opere Missionarie,
il carattere anche “trasversale” della pastorale missionaria, la
missione come scambio e cooperazione tra le Chiese, l’uni-
versalità della responsabilità evangelizzatrice della Chiesa
particolare, …

3. Anche da un punto di vista “strategico” sono state verificate


“urgenze”: necessità e identità della spiritualità missionaria,
istanze missionarie del fenomeno delle migrazioni, ruolo e
servizio missionario dei cristiani laici, necessità e ricchezza
ecclesiale della consacrazione per la missione, dialogo ed
annuncio in contesto multireligioso, …

4. La consapevolezza diffusa che il “modello” dell’evangelizza-


zione dei popoli può contribuire alla “conversione pastorale”
necessaria ad imprimere maggior dinamismo missionario alle
comunità ecclesiali italiane, responsabilizza gli operatori
della pastorale missionaria ad operare nella pastorale d’in-
sieme, contribuendo alla trasformazione della mentalità e
delle abitudini pastorali più consolidate.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


137
Cammino formativo
della comunità ecclesiale
(sfida della formazione)

A. Obiettivi generali
– Per rispondere al disagio pastorale più
volte lamentato nelle comunità ecclesiali
italiane è necessario “dare a tutta la vita
quotidiana della Chiesa, anche attraverso
mutamenti nella pastorale, una chiara con-
notazione missionaria” (n. 44).
– L’obiettivo generale della pastorale missio-
naria resta quello di contribuire alla “con-
versione pastorale” dando nuovo significato
e vigore alla missione ad gentes (nn. 46.59;
Appendice, 4).
– La situazione pastorale attuale chiede
anche alla pastorale missionaria una vigo-
rosa scelta formativa rivolta a tutta la
comunità (n. 3) e in particolare ai giovani
(n. 51) e alle famiglie (n. 42), attraverso iti-
nerari specifici che, a partire dall’annuncio
e dell’accoglienza della Parola di Dio (nn.
3.10.27.47.64), colleghino alle proposte
culturali (n. 50; Appendice, 3b) un rinno-
vato cammino spirituale di santità (n. 45).
– Il cammino della comunità ecclesiale con-
tinua a richiedere la formazione di opera-
tori pastorali adeguati (n. 44), dentro una
sempre più ampia visione di pastorale d’in-
sieme (Appendice, 4c), in dialogoe rela-
zione fattiva con tutte le realtà pastorali.
– Poiché “compito assolutamente primario per
la Chiesa, in un mondo che cambia e che
cerca ragioni per gioire e sperare, sia e resti
sempre la comunicazione della fede” (n. 4)
sarà importante l’attenzione costante al
binomio missione-comunicazione, soprat-
tutto facendo attenzione al modo di comu-
nicare la missione attraverso linguaggi, tec-
niche e atteggiamenti psicologici nuovi (n.
39).

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


138
Nuovo stile di vita Scambio e cooperazione
(le sfide odierne NMI 51) missionaria
(sfida dei poveri) tra le Chiese
(sfida dell’ascolto e della carità fraterna)

A. Obiettivi generali A. Obiettivi generali

– “L’anno giubilare ha messo in primo piano – “Attingere risorse di speranza e intuizione


l’evento dell’Incarnazione, che testimonia la apostoliche nuove guardando a realtà spesso
partecipazione piena di Dio alla vita del- più povere materialmente, ma nient’affatto
l’uomo e apre per l’uomo un sentiero di vita tali a livello spirituale e pastorale” (n. 46).
eterna” (Appendice, 1). – Invitare le comunità ecclesiali italiane a
– “Seguendo l’itinerario della missione rievangelizzarsi nel confronto missionario
dell’Inviato - dal seno del Padre fino alla glo- con Chiese più giovani e/o di antica tradi-
rificazione alla destra di Dio, passando per zione.
l’abbassamento e l’umiliazione del Messia -, – Accogliere e scambiare operatori pastorali
sarà possibile per la Chiesa assumere uno con le Chiese della missione, anche come
stile missionario conforme a quello del Servo, verifica dell’attività missionaria.
di cui essa stessa è serva” (n. 10): solo così – Confronto con le Chiese d’origine degli
sarà possibile l’evangelizzazione (n. 33). immigrati in Italia.
– La vita secondo lo Spirito rende possibile – Valorizzare l’esperienza nazionale e dioce-
seguire l’itinerario di abbassamento del sana dei diversi rapporti di scambio mis-
Verbo, amando il mondo come è amato da sionario.
Dio, valorizzandone le potenzialità e rico-
noscendone rischi e problemi, testimo-
niando la differenza cristiana con fiducia e
speranza e attraverso nuovi stili di vita.
– Poiché “il Vangelo è il più grande dono di cui
dispongano i cristiani” (n. 32) ed è annun-
ciato come buona notizia per i poveri, i pri-
gionieri, gli oppressi (cf. Lc 4,14-21), l’e-
vangelizzazione comporta lasciarsi toccare
dalle ferite dell’umanità e proporre segni di
contributo reale alla soluzione di problemi
economici e sociali gravi (n. 42).

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


139
B. Mete concrete

anno di preludio
1.
– Approfondimento in chiave missionaria
della Lettera Apostolica Novo Millennio
Ineunte (n. 9) e degli Orientamenti decen-
nali dei Vescovi Italiani Comunicare il
Vangelo in un mondo che cambia
(Appendice, anno pastorale 2001-2002).
– Nella ripresa del cammino ordinario, il
nostro sguardo deve essere fisso su Gesù
(n. 8; Cap. I); (cfr. NMI 16).
– Icona biblica 1Gv 1,1-4: dalla comunione
con Cristo, l’incontenibilità della missione
“perché la nostra gioia sia piena” (n. 3;
Cap. II).
– Santità e/è missione: “Abbiamo bisogno di
cristiani con una fede adulta, costantemente
impegnati nella conversione, infiammati
dalla chiamata alla santità, capaci di testi-
moniare con assoluta dedizione, con piena
adesione e con grande umiltà e mitezza il
Vangelo” (n. 45).

Strumenti:
• Schede di approfondimento della NMI e
CVMC per la comunità cristiana e per gli
operatori missionari.
(In ogni scheda: Parola di Dio, Magistero
della Chiesa, lettura della situazione,
domande di approfondimento personale e
comunitario, indicazioni di conversione
pastorale a partire dall’ad gentes).

• Settimana missiologica nazionale di for-


mazione e spiritualità per preti e laici a fine
agosto 2002 (anche come punto d’arrivo del
lavoro formativo proposto dalle schede di
approfondimento).

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


140
B. Mete concrete B. Mete concrete

anno di preludio anno di preludio


1. 1.
– Sviluppare i temi legati alla “Campagna – ASIA:
ecclesiale per la riduzione del debito estero Visita alle Chiese di Filippine e Tailandia,
dei Paesi poveri” e legati alla proposta di per verificare possibilità di collegamento.
nuovi stili di vita.
– Dare attenzione alle problematiche con- – AMERICA:
nesse al fenomeno della globalizzazione. – Brasile: Settimana di confronto su “40
– Conoscere, richiamare e sostenere le anni di presenza dei Fidei Donum italiani
“Campagne” di sensibilizzazione sui temi in Brasile”.
di mondialità promosse da vari Enti. Gennaio 2002
– Collaborare con le Associazioni cattoliche – Canada: esperienze missio-narie giova-
firmatarie del “Manifesto” presentato in nili in occasione della prossima Giornata
occasione del G8 di Genova. Mondiale della Gioventù.
Luglio 2002

– AFRICA:
Promuovere incontri regionali di missionari
italiani, insieme a responsabili delle rispet-
tive Chiese locali.

– MEDITERRANEO:
– Visita alle Chiese di Siria e Libano.
Strumenti: Dicembre 2001
• Mantenere contatti con Organismi che – Sviluppo del Seminario te-nutosi nel
sono impegnati su queste problematiche. giugno 2001.
• Mantenere l’aggiornamento sugli sviluppi
della Campagna ecclesiale per la riduzione – EUROPA:
del debito dei Paesi più poveri. – Albania:
• Dare spazio alle proposte sugli ‘stili di vita’ • Formazione dei partenti per un servizio
nei sussidi formativi e con iniziative speci- missionario.
fiche. Maggio-Giugno 2002
• Promuovere il coordinamento dei diversi • Visita ai missionari italiani e alla
gruppi che operano su questi temi. Chiesa albanese.
• Seminario di studio nazionale sull’im- Luglio 2002
pegno della comunità ecclesiale per la giu-
stizia, la solidarietà e la pace.
• Forum con il Servizio nazionale del
Progetto culturale su società italiana e
mondialità.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


141
la parrocchia
2.

– Procurare risorse di speranza e intuizioni


apostoliche nuove (n. 46) alla parrocchia,
luogo a cui tutta la comunità fa costante
riferimento (n. 47), impegnandola per l’e-
vangelizzazione del mondo e favorendole
l’apertura del «libro delle missioni» (n. 46).
– Promuovere e sostenere il ruolo formativo
della comunità parrocchiale con attenzione
alla qualità formativa a partire dalla conno-
tazione missionaria (n. 44) e dall’impegno
essenziale di comunicare il Vangelo (n. 48).
– Contribuire al rinnovo delle strutture pasto-
rali parrocchiali (n. 10) a partire da ciò che è
più essenziale (nn. 16.40), attraverso un’ef-
fettiva fraternità (nn. 21.56.65-68) e aiu-
tando a pensare in grande (Appendice, 3c).
– Una comunità parrocchiale che assume lo
“stile missionario conforme a quello del
Servo” (n. 10): condivide la condizione
umana (n. 14), annuncia il Vangelo (n. 20)
ed è sospinta dalla carità di Cristo al ser-
vizio dei poveri (nn. 43.62).

Strumenti:
• Individuazione di alcune esperienze di
parrocchie pilota che in alcune diocesi ita-
liane impostino il lavoro pastorale sulla
dimensione e lo stile missionario.
• Convegno missionario nazionale, centrato
sulla parrocchia aperta al mondo capace di
nuova evangelizzazione.
• “Aprire il libro delle missioni” e raccontare
esperienze/testimonianze di comunione eccle-
siale e vita pastorale.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


142
la parrocchia la parrocchia
2. 2.

– Proseguire l’attenzione ai temi legati alla – ASIA:


“Campagna ecclesiale per la riduzione del Filippine: Settimana di confronto sulla pre-
debito estero dei Paesi poveri” e sviluppare senza dei missionari italiani.
la proposta di nuovi stili di vita. Settembre 2002
– Tra le diverse “Campagne” dare risalto e
attenzione a quelle dedicate alla qualità e – AMERICA LATINA:
dignità della vita, di ogni essere umano, dal Incontro dei missionari italiani della
concepimento al naturale tramonto. regione del Mercosur, insieme a responsa-
– Continuare la collaborazione con le bili delle rispettive Chiese locali.
Associazioni cattoliche firmatarie del
“Manifesto” presentato in occasione del G8 – AFRICA:
di Genova. Continua la proposta di incontri regionali
per missionari italiani, insieme a responsa-
bili delle rispettive Chiese locali.
– MEDITERRANEO:
– Visita alle Chiese di Egitto, Libia,
Tunisia, Algeria, Marocco.
Dicembre 2002
– EUROPA:
– Albania: continua la proposta di incontri
formativi per partenti e la visita ai mis-
sionari italiani e alla Chiesa locale.

Strumenti:
• Far conoscere i risultati della Campagna
ecclesiale per la riduzione del debito dei
Paesi più poveri.
• Studiare con altre Associazioni l’opportu-
nità e le modalità di una Campagna eccle-
siale centrata sui temi della vita ( diritti
umani, abolizione della pena di morte, ...)

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


143
liturgia e famiglia
3.

– C’è urgenza di “esplicitare la rilevanza della


liturgia quale luogo educativo e rivelativo,
facendone emergere la dignità e l’orienta-
mento verso l’edificazione del Regno” (n. 49).
– “La celebrazione eucaristica ... dovrà essere
condotta a far crescere i fedeli, mediante l’a-
scolto della Parola e la comunione al corpo di
Cristo così che possano poi uscire dalle mura
della Chiesa con un animo apostolico ...in tal
modo la celebrazione eucaristica risulterà
luogo veramente significativo dell’educazione
missionaria della comunità cristiana” (n. 48).
– Due mense per la missione:
- Mensa della Parola: “La Parola di Dio,
che è capace di farci apostoli, ci chiede
anzitutto di essere discepoli” (n. 47):
evangelizzati per evangelizzare.
- Mensa del Corpo e Sangue del Signore:
facendo memoria di Lui si riconosce “il
destino cui siamo orientati insieme a tutti
i fratelli e le sorelle a fianco dei quali
viviamo” (n. 48).
– “La famiglia è l’ambiente educativo e di tra-
smissione della fede per eccellenza ... sono
esse le prime scuola di preghiera, gli ambienti
in cui insegnare quanto sia importante stare
con Gesù ascoltando i Vangeli” (n. 52).
– “I coniugi sono i primi responsabili di quella
introduzione all’esperienza del cristiane-
simo” (n. 52).

Strumenti:
• Collaborazione con l’Ufficio catechistico
nazionale e l’Apostolato biblico per la pro-
posta di strumenti formativi per l’ascolto
della Parola e proposta di Lectio divina in
chiave missionaria.
• “Aprire il libro delle missioni” per il con-
fronto e lo scambio di modalità di ascolto
della Parola con le Chiese della missione,
particolarmente con quelle che vivono situa-
zioni difficili o scelte particolari.
• Attenzione ai momenti della celebrazione
che confinano col vissuto (accoglienza, atto
penitenziale, omelia, preghiera dei fedeli,
offertorio, riti di conclusione, ...).
• Preparazione e partecipazione missionaria
al Congresso Eucaristico Nazionale.
• Convegno su “Famiglia cristiana, famiglia
missionaria”.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


144
liturgia e famigia liturgia e famiglia
3. 3.

– A servizio della pace. – AFRICA:


– Riconciliazione e perdono fra i popoli. Continua la proposta di incontri regionali
– Denuncia del commercio delle armi e degli per missionari italiani (Paesi francofoni),
investimenti finanziari a sostegno dell’in- insieme a responsabili delle rispettive
dustria bellica. Chiese locali.

– MEDITERRANEO:
– Visita alle Chiese di Terra Santa

– EUROPA:
– Albania: continua la proposta di incontri
formativi per partenti e la visita ai mis-
sionari italiani e alla Chiesa locale.

Strumenti:
• Coordinamento delle iniziative di organismi
ecclesiali sui temi della pace
• Campagna ecclesiale contro il commercio e
la vendita delle armi belliche.
• Far conoscere esperienze/testimonianze di
riconciliazione e pace di singoli e gruppi.
• Visita a Chiese impegnate su questi obiet-
tivi.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


145
mandato missionario
4.
– “Il Vangelo è il più grande dono di cui
dispongano i cristiani” n. 32): “Vi ho costi-
tuiti perché andiate” (Gv 15,16) ... “Andate
in tutto il mondo e predicate il Vangelo” (Mt
10,15) ... “Chi crederà e sarà battezzato
sarà salvo” (Mc 16,16).
– Il mandato missionario, l’invio, è il gesto
con cui Gesù, l’Inviato, ci affida la sua mis-
sione e il gesto con cui la comunità cre-
dente l’accoglie.
– L’invio è il paradigma di ogni evangelizza-
zione (n. 46).
– L’evangelizzazione è andare ad gentes, è
portare il Vangelo a chi non lo conosce, in
una missione senza confini e che oggi
chiede una forte capacità di dialogo.
Strumenti:
• Istituire e valorizzare in ogni diocesi la
“Festa del Mandato”.
• Riscoprire il valore missionario di tanti gesti
liturgici.
• Sostenere e diffondere l’annuale celebra-
zione dei martiri missionari.
• Meeting nazionale missionario per giovani.
• “Aprire il libro delle missioni” e raccontare
esperienze/testimonianze di ecumenismo
nelle giovani Chiese.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


146
mandato missionario mandato missionario
4. 4.
– “Poi il Signore Dio piantò un giardino in – OCEANIA:
Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che Visita alle Chiese della Papuasia.
aveva plasmato” (Gn 2,8): la difesa del
creato, a difesa della vita, per la giustizia e – AMERICA LATINA:
la pace. Incontro dei missionari italiani della
– Lo sfruttamento delle risorse, l’inquina- regione del Centro America, insieme a
mento, la desertificazione. responsabili delle rispettive Chiese locali.
– La testimonianza della Chiesa tra sette che
annunciano la fine del mondo e gruppi – MEDITERRANEO:
d’impegno sociale esclusivamente attento Visita alle Chiese di Egitto, Libia, Tunisia,
alla terra. Algeria, Marocco.

– EUROPA ORIENTALE:
Visita e incontro con le Chiese della
Georgia e dell’Armenia.

Strumenti:
• Coordinamento delle iniziative di organismi
ecclesiali sui temi dell’ambiente.
• Campagna ecclesiale contro la desertifica-
zione e per il diritto all’acqua potabile.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


147
migrazioni e missione
5.

– La missio ad gentes nelle nostre terre: com-


pito missionario appena riscoperto agli
inizi del nuovo millennio: testimoniare il
Vangelo a chi è condotto tra noi dalle
migrazioni in atto “e, se piace al Signore ed
essi lo desiderano, annunciare loro la parola
di Dio” (n.58).
– Esigenza di esperienze vere e proprio di
primo annuncio: “incoraggiare l’opera di
associazioni e movimenti che si spendono sul
versante dell’evangelizzazione” (n. 58).

Strumenti:
• Collaborazione con Migrantes, Caritas,
ufficio catechistico nazionale (Servizio
nazionale per il Catecumenato) e Ufficio
liturgico nazionale per itinerari di inizia-
zione, catecumenato e cammini di fede anche
per i ‘cristiani della soglia’, ivi compresi
parecchi immigrati.

• Collaborazione con Istituti missionari, per


contenuti e metodo di evangelizzazione in
contesti di società multietnica e multireli-
giosa.

• Collaborazione con Migrantes per avviare


contatti con le Chiese di origine degli immi-
grati.

• Incontro nazionale (o regionale) delle


comunità cristiane non italiane.

• “Aprire il libro delle missioni” e raccontare


esperienze/testimonianze di convertiti.

• Seminario di studio con Migrantes e CUM


sui sacerdoti stranieri provenienti dai Paesi
di missione a servizio in Italia.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


148
migrazioni e missione migrazioni e missione
5. 5.

– L’accoglienza degli stranieri nella nostra – AMERICA LATINA:


società e nella comunità cristiana. Visita e confronto con le Chiese di Cuba e
– Razzismo e pregiudizi, tolleranza e comu- Haiti.
nione.
– Integrazione dei popoli e principi fonda- – MEDITERRANEO:
mentali di convivenza. Convegno delle Chiese del Mediterraneo.
– Problemi di legislazione e di politica migra-
toria. – EUROPA:
– L’immigrazione irregolare e clandestina. Visita e confronto con le Chiese di Francia
e Germania.

Strumenti:
• Coordinamento delle iniziative di organismi
ecclesiali sui temi dell’immigrazione.
• Collaborazione con Migrantes e Caritas
su problematiche specifiche.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


149
servizi missionari
diocesani
6.

– Formazione permanente dei presbiteri alla


dimensione missionaria e formazione mis-
sionaria nei seminari (n.53).
– Il ruolo e lo specifico dei Fidei Donum nel-
l’attuale contesto missionario.
– Senso e significato dello scambio missio-
nario e dei servizi missionari delle Chiese
particolari.
– La chiesa locale e la partecipazione alla
missione universale.

Strumenti:
• Celebrazione dei 50 anni dell’enciclica Fidei
Donum.
• Convegno nazionale (o regionale) dei Fidei
Donum rientrati.
• “Aprire il libro delle missioni” e raccontare
esperienze/testimonianze di giovani Chiese
che, pur nel bisogno, non rinunciano ad
inviare.

consacrati
per la missione
7.

– La donazione totale a Cristo per la mis-


sione.
– I consacrati per la missione: “segno di spe-
ranza” (n. 62) per il mondo.
– Il ruolo della consacrazione missionaria ad
vitam nella Chiesa locale e per la Chiesa
universale.

Strumenti:
• Convegno nazionale (o regionale) sulla
consacrazione missionaria.
• Proposta ai giovani per dare la vita a
Cristo per i poveri.
• “Aprire il libro delle missioni” e raccontare
esperienze/testimonianze di consacrazione
missionaria.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


150
servizi missionari servizi missionari
diocesani diocesani
6. 6.

– I beni a servizio dell’uomo. – AFRICA:


– Anche il capitale deve sottostare alla legge Incontro e verifica con le Chiese dei Paesi
morale, per una economia di comunione. di lingua anglofona.
– Banca etica e commercio equo e solidale.
– EUROPA:
Incontro e verifica con le Chiese di
Ucraina, Romania, Bulgaria.

Strumenti:
• Coordinamento delle iniziative di organismi
ecclesiali sul tema della finanza etica.
• Informazione sulle iniziative di finanza a ser-
vizio dell’uomo e nuovi modelli di sviluppo.

consacrati consacrati
per la missione per la missione
7. 7.

– Non si può restare insensibili di fronte al – ASIA:


vilipendio dei diritti fondamentali del- Incontro e verifica con le Chiese di
l’uomo. Giappone e Cina.
– Lo sfruttamento dei bambini.
– L’infanzia violata. – AMERICA:
Incontro e verifica con la Chiesa degli Stati
Uniti.

Strumenti:
• Coordinamento delle iniziative di organismi
ecclesiali sul tema dei diritti umani e dei
diritti dei bambini.
• Convegno nazionale sul sostegno a
distanza dei bambini.
• Campagna ecclesiale contro l’infanzia vio-
lata.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


151
servizi missionari
dei laici
8.

– Il servizio missionario dei laici e i ministeri


laicali di tipo missionario.
– Necessità e tipicità dei laici nella missione
ad gentes e nella evangelizzazione.

Strumenti:
• Sperimentazione di ministeri laicali missio-
nari nelle comunità ecclesiali italiane.
• Convegno sul volontariato internazionale.
• “Aprire il libro delle missioni” e raccontare
esperienze/testimonianze di ministerialità
laicale nelle giovani Chiese.

comunicazione
9.

– Comunicazione è missione: nuove forme di


comunicazione della missione.
– I mezzi di comunicazione (riviste, stampa,
tv, ...) e la missione.

Strumenti:

• Formazione di specifici operatori pastorali


della comunicazione missionaria.

• Confronto e cooperazione tra i responsabili


delle riviste missionarie.
• “Aprire il libro delle missioni” e raccontare
esperienze/testimonianze di comunicazione
del Vangelo: annunciare, ma come?

• Sinergia con gli Uffici di comunicazione


sociale, a livello nazionale e diocesano
(Ottobre missionario, Giornata Missionaria
Mondiale, Giornata martiri missionari, ...).

• Seminario di studio sulla visibilità e comu-


nicabilità della pastorale missionaria attra-
verso i mezzi di comunicazione sociale.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


152
servizi missionari servizi missionari
dei laici dei laici
8. 8.

– Gratis è bello. – ASIA:


– La necessità del volontariato internazio- Incontro e verifica con le Chiese di Turchia
nale.
– Laici per la missione. – EUROPA:
Incontro e verifica con le Chiese della
Strumenti: Scandinavia.
• Convegno nazionale (o regionale) sul
volontariato internazionale a servizio dello
sviluppo.

comunicazione comunicazione
9. 9.

– Le nuove tecnologie e le scoperte scienti- – AFRICA:


fiche a servizio dell’uomo. Incontro e verifica con la Chiesa di Sierra
Leone.

– EUROPA:
Strumenti: Incontro e verifica con le Chiesa di Polonia.
• Coordinamento delle iniziative di organismi
sul tema delle nuove tecnologie e i diritti
umani.

UNA MISSIONE SENZA CONFINI


153

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