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QUINTO ORAZIO FLACCO (65-8 a.

C)

La vita di O. è ricostruibile in maniera sufficientemente facile attraverso la Vita del poeta


probabilmente derivata dal De poetis Svetoniano, e l'opera stessa del poeta, che continuamente ha
parlato di sé

Nasce l’8 dicembre del 65 a.C a Venosa, cittadina della Puglia ai confini con la Lucania

Origini umili, ma studi eccellenti. Il padre era un liberto. Questi si trasferì precocemente a Roma
per garantire al figlio una buna istruzione e qui esecitò il mestiere di coactor (esattore delle
pubbliche aste). O. fu portato a studiare proprio dal padre nelle migliori scuole di grammatica e
retorica di Roma (fu allievo, tra gli altri, del severo grammatico Orbilio), andando a perfezionarsi
persino ad Atene versi i vent'anni.

Il fervore repubblicano e la triste esperienza di reduce sconfitto. Lì fu coinvolto dalla guerra dei
"tirannicidi" Bruto e Cassio, ai cui comandi si arruolò come "tribunus militum" (tribuno militare)
combattendo nella storica battaglia di Filippi (42). Si salvò miracolosamente e riuscì a tornare a
Roma durante un armistizio (41), profittando del condono politico di Ottaviano, ma senza
protezioni politiche. Le sostanze lasciategli dal padre erano state inoltre confiscate: così, dopo aver
sperimentato anche la povertà, per vivere s’impiegò come contabile nell’amministrazione statale
("scriba quaestorius").

L'incontro con Virgilio e Mecenate. In seguito, frequentò a Napoli la scuola epicurea di Sirone in
compagnia di Virgilio. Iniziata l’attività poetica con gli "Epodi" e le "Satire", nel 39 fu presentato
proprio da Virgilio a Mecenate che gli donò un podere in Sabinia.

La svolta cesarista: O. intellettuale "allineato". Il nostro poeta, così, tradendo la sua giovanile
fede politica, fini con l'abbracciare, con sempre più convinzione e dedizione, le cause del cesarismo:
Augusto gli offrì addirittura un lusinghiero posto di segretario, ma O. declinò l’invito, con molto
garbo ma con altrettanta fermezza, assecondando tuttavia il programma del princeps sia sul piano
politico sia su quello letterario: fu un intellettuale, dunque, sostanzialmente "allineato", se non
addirittura "poeta vate". Nel 17 fu inoltre incaricato di scrivere il "Carmen saeculare" in onore di
Apollo e Diana, da cantare appunto durante i "ludi saeculares": occasione, questa, particolarmente
solenne, dato che quei ludi in quell'anno sancivano ufficialmente l'inizio della "Pax Augusta". Nel
20, O. iniziò a pubblicare le "Epistole"; nell’8 a.C. scrisse 4 libri di Odi.
La morte. Ma nel sett. dell’8 a.C., Mecenate moriva: O. si sentì perduto, tanto che anche lui di lì a
poco si spense, forse a causa di un'emorragia cerebrale. Già da 5 o 6 anni, tuttavia, non componeva
o pubblicava quasi più nulla, preferendo un completo "otium" di riflessione e di ricerca puramente
speculativa. Fu sepolto proprio accanto alla tomba dell'amico e protettore.

CRONOLOGIA OPERE
1. la I fase (43-30 a.C. ca) appartiene all'età giovanile del poeta: è il tempo degli "Epòdi" e delle
"Satire" più antiche, in cui emerge lo stato di agitazione e di sconforto del poeta, ed irrompe il suo
risentimento verso i nemici politici dopo Filippi.

Primo libro satire pubblicato 35

Secondo libro e gli Epodi nel 30

2. la II fase (30-23 ca) coincide praticamente con la composizione delle "Odi", e più esattamente
dei primi 3 libri: è il momento in cui vengono a ridimensionarsi la dialettica e la lotta politica, e
quasi di conseguenza il poeta, che aveva già cominciato ad usare nelle satire ultime (ossia nella
maggior parte di quelle del II libro) un tono più moderato e bonario, si dedica decisamente alla
lirica. 23 pubblica le Odi

3. la III fase (23-13 ca), infine, è quella della piena maturità del poeta, emulo, come già Virgilio
nell' "Eneide", della composizione di versi paradigmatici per i fasti della sospirata Pace augustea.
Appartengono a questo periodo i 2 libri delle "Epistole", il "Carme secolare" e il IV libro
delle "Odi".

SATIRE

Le "Satire", dette dal poeta stesso "Sermones" (ovvero propriamente "conversazioni", e dunque
scritte con stile e lingua studiatamente quotidiani), composte in esametri dattilici, sono divise in 2
libri: il I (35-33 a.C.) ne comprende 10 ed è dedicato a Mecenate, il II (30 a.C.) 8. Difficile ne è la
cronologia interna.

Il fatto che il genere satirico non avesse alcun corrispondente diretto nella letteratura greca, indusse
Orazio ad una riflessione critica di questo genere tipicamente romano. A tale scopo il poeta ha
dedicato tre componimenti (satire 4 e 10 del primo libro e prima satira del secondo).
Presenta Lucilio come iniziatore del genere, ma cerca di nobilitare la satira ricollegandola alla
commedia greca antica:

Sat. 1,4

Eupolis atque Cratinus Aristophanesque poetae

Atque alii, quorum comoedia prisca uirorum est,

Si quis erat dignus describi, quod malus ac fur,

Quod moechus foret aut sicarius aut alioqui


v. 5
Famosus, multa cum libertate2 notabant3.

Hinc omnis4 pendet Lucilius5, hosce secutus,

Mutatis tantum pedibus numerisque6, facetus,

Emunctae naris7, durus conponere uersus8.

Nam fuit hoc uitiosus9: in hora saepe ducentos10,


v. 10
Vt magnum, uersus dictabat11 stans pede in uno:

Cum flueret lutulentus, erat quod tollere uelles12;

Garrulus atque piger scribendi ferre laborem,

Scribendi recte13: nam ut multum, nil moror. [ecce],

[...]
“I poeti Eupoli, Crati e Aristofane e gli altri, di cui è propria la commedia antica, se qualcuno era degno di
essere ripreso [o, letteralmente, descritto], per il fatto di essere malvagio e un furfante, oppure per il fatto di
essere un adultero o un omicida o famigerato per qualsiasi altro motivo, lo bollavano con molta libertà di
parola, senza astenersi dal farne il nome. Da qui dipende tutto Lucilio, che ha seguito questi poeti avendo
mutato soltanto piedi e schemi metrici, spiritoso e dal naso ben pulito, ma tuttavia duro nel comporre i versi.
Infatti fu pieno di vizi in questo: cioè nel fatto che in un’ora spesso dettava duecento versi, come se fosse una
gran cosa, improvvisando [alla lettera “stando su un piede”]: ed essendo fangoso c’era ciò che si sarebbe
voluto eliminare; ciarliero e pigro nel sopportare la fatica di scrivere, ma dello scrivere bene: infatti sul fatto
che scrivesse molto, neanche mi ci soffermo. [...]”
Orazio rileva la differenza tra i due generi, costituita dall’impiego di metri diversi (egli infatti
eredita da Lucilio l’esametro che non rientra tra i metri della commedia), ma punta su un aspetto
comune: la consuetudine di attaccare direttamente e personalmente gli avversari.

Altro tratto distintivo della satira presente anche nella commedia è la capacità di saper affrontare
temi moralmente impegnativi in modo arguto e divertente.

-critica Lucilio sotto l’aspetto formale perché non callimacheo. Egli afferma che Lucilio <scorre
fangoso> e lo biasima per la scarsa cura dello stile
Dopo aver biasimato Lucilio perché oscuro, duro e non callimacheo, Orazio si interroga su ciò che
possa distinguere la poesia dalla prosa, e sulla prossimità della satira alla prosa.

[Excerpam numero:] neque enim concludere1 uersum

Dixeris esse satis neque, siqui scribat uti nos

Sermoni propiora, putes hunc esse poetam.

Ingenium2 cui sit, cui mens diuinior atque os

Magna sonaturum, des nominis huius honorem.


v. 45
Idcirco quidam comoedia necne poema

Esset, quaesiuere, quod acer spiritus ac uis

Nec uerbis nec rebus inest, nisi quod pede certo

Differt sermoni, sermo merus. ["at pater ardens]

“E potresti dire che non sia sufficiente comporre un verso e neanche se qualcuno scrivesse come noi
argomenti vicini al discorso prosastico tu penseresti che costui è un poeta. A colui al quale appartenga
ingegno, a cui appartenga un animo ispirato dalla divinità e una bocca [ovvero facoltà espressiva] tesa a far
risuonare grandi argomenti, a questo daresti a buon diritto questo nome.
L’accostamento della satira al sermo (conversazione) è coerente con le posizioni di Lucilio che
aveva chiamato i suoi componimenti sermones. La satira rinuncia ai modi della letteratura sublime e
sceglie un livello linguistico non elevato, vicino alla lingua parlata.

Nelle epistole O. (Epist. 2, 2, 60) definisce le satire «sermones Bionei»: riconduce così l’aspetto
discorsivo delle sue satire (Sermones) al filosofo stoico-cinico Bione. Eratostene in modo polemico
diceva di Bione che “aveva rivestito la filosofia con gli abiti variopinti delle Etère”, come a dire che
l’aveva abbassata ad un livello popolare, fruibile alla massa. Se Orazio si rifà a Bione in riferimento
ai propri Sermones, vuol dunque anche lui distanziarsi dai sapientes per farsi, come Bione,
ammaestratore del popolo per condurlo sulla strada della giusta formazione etica.

Orazio dice che vuole comportarsi come il proprio padre che per educarlo gli prospettava una serie di
esempi di comportamento viziosi da cui doveva tenersi alla larga.
Tornano ancora gli insegnamenti del padre attraverso la loro citazione esatta: si introduce la distinzione del
poeta satirico dal filosofo:
v. 115
Aiebat. "sapiens, uitatu quidque petitu

Sit melius, causas reddet tibi; mi satis1 est, si

Traditum ab antiquis morem seruare tuamque,


Dum custodis eges, uitam famamque tueri

Incolumem possum; simul ac durauerit aetas


v. 120
Membra animumque tuum, nabis sine cortice2." sic me

Formabat puerum dictis [et, siue iubebat]


“Diceva: ‘il filosofo ti spiegherà le ragioni profonde di cosa sia meglio evitare e di cosa sia meglio ricercare;
a me è sufficiente se riesco a preservare il costume consegnatoci dagli antichi e di osservare e di poter vedere
che è mantenuta incolume la tua vita e la tua reputazione finché hai bisogno di un custode; non appena l’età
avrà irrobustito le membra e il tuo spirito, allora potrai navigare senza corteccia’. E così mi plasmava,
bambino, con queste parole”.
Benché Orazio non sia un filosofo, la modalità che qui sceglie nel riportare le parole del padre (supini in -u,
come vitatu e petitu) è spia della matrice filosofica di questo insegnamento: si tratta dell’epistola a Meneceo
che appartiene al corpus degli scritti di Epicuro1. Questa epistola relativa all’etica, che insieme a quella ad
Erodoto sulla fisica e quella a Pitocle sulla metafisica, compone la triade delle principali epistole di Epicuro,
ha un’impostazione bipartita: da una parte quod vitandum est e dall’altra quod petendum est. Orazio in questa
sede, attraverso queste specifiche parole sta presentando il proprio padre come filosofo, ma anche se stesso
perché si identifica con lui e con i suoi comportamenti morali da sapiens quando fa il poeta satirico; con il
richiamo all’epistola sull’etica di Epicuro vuole inoltre dire che la sua satira è una forma volgarizzata di
poetica epicurea.

sat. 1, 10

Ha ugualmente valore programmatico e quindi è utile alla descrizione dei caratteri del genere anche la satira
1, 10
In questa satira Orazio non smentisce le critiche che ha mosso a Lucilio sul piano formale, ma riconosce i
pregi di Lucilio e indica ciò che di Lucilio avrà maggiore continuità non tanto attraverso di lui, ma in Persio.

[...]1

Nempe incomposito dixi pede currere uersus

Lucili2. quis tam Lucili fautor inepte est,

Vt non hoc fateatur? at idem, quod sale multo

Vrbem defricuit3, charta laudatur eadem.

Nec tamen hoc tribuens dederim quoque cetera; nam sic

Et Laberi mimos4 ut pulchra poemata mirer.

Ergo non satis est risu diducere5 rictum

Auditoris; et est quaedam6 tamen hic quoque uirtus.

Est breuitate7 opus8, ut currat sententia9 neu se

Inpediat uerbis lassas onerantibus auris,

1
Cf. ARRIGHETTI G., Epicuro: Opere. Introduzione, testo critico, traduzione e note, Einaudi, Torino, 2960.
Et sermone opus est modo tristi10, saepe iocoso,

Defendente uicem modo rhetoris atque poetae11,

Interdum urbani12, parcentis uiribus atque

Extenuantis eas consulto13. ridiculum acri

Fortius et melius magnas plerumque secat res.


“Sì, è proprio vero che ho detto che il verso di Lucilio corre con un ritmo inelegante [non sorvegliato]. Chi è
a tal punto estimatore di Lucilio, a tal punto stolto, da non ammetterlo? Ma egli medesimo, per il fatto che ha
fatto frizioni di abbondante sale alla città, viene lodato nella medesima pagina. Né tuttavia riconoscendo
questo, io potrei concedere anche il resto; infatti così potrei ammirare come bei poemi anche i mimi di
Laberio. Pertanto non è sufficiente deformare il volto dell’ascoltatore con il riso; e c’è anche qui tuttavia una
certa virtù. C’è bisogno di brevità, affinché la sentenza possa essere fluido, e non inciampi su sé stesso con
parole che vanno ad appesantire le orecchie ormai stanche, e c’è bisogno del discorso dialogato, ora
spiacevole, ma spesso scherzoso, capace di prendere le parti ora del retore, ora del poeta, talvolta di un uomo
galante capace di risparmiare le forze ma anche di allentare le briglie di proposito, ragionandoci sopra, con
avvedutezza. Il ridicolo in modo più forte [efficace] e meglio che non un’affermazione aspra riesce ad
assestare il suo fendente in relazione a questioni importanti”.
3. Sale multum urbe defricuit: Orazio loda Lucilio con una terminologia che a Lucilio sarebbe stata molto
gradita, e che poi ritroviamo in Persio. Defricuit appartiene al lessico medico, e riguarda in particolare la
parte preventiva della medicina (l’igiene) che è una pratica quotidiana alle terme; ma queste “frizioni” che di
solito si facevano con qualcosa di emolliente sulla pelle, venivano fatte invece da Lucilio con molto sale
sull’animo di chi si comporta male. E lo ha fatto, per di più, nei confronti della città intera, cittadino per
cittadino (il satirico deve dare l’assalto alla città)

- Accostamento alla commedia greca


- Iniziatore Lucilio
- Commedia e satira differiscono per il metro ma sono accomunate dall’attacco
personale e dal moralismo
- L’impostazione soggettiva differenzia la satira dalla commedia. L’impostazione soggettiva
consente all’autore di esprimere direttamente, parlando in prima persona, le proprie
opinioni. Anche per tale carattere soggettivo e autobiografico il precendte è individuato in
Lucilio il quale affidava <ai libri i propri segreti, come fossero amici fedeli> (II, 1).
- Pubblico ristretto: egli afferma che la sua produzione è riservata a pochi intimi. È una
poesia riservata ad un pubblico ristretto (Menecante, Virglio, Asinio Pollione, Messalla
Corvino)

TEMI

- Orazio parte dall’io per trattare temi generali


- Grande varietà di contenuti

prime tre satire del primo libro:

1) Narra dell’incontentabilità umana


2) Spunti di etica sessuale e consiglia misura e discrezione. Per la propria tranquillità
consiglia avventure con donne sposate di alto lignaggio
3) L’ineluttabile imperfezione umana

I 4 sul padre adorato e sulla formazione da lui rievuta;

I 5 sull'avventuroso viaggio compiuto da Roma a Brindisi (di qui il titolo di Iter Brundisinum) nel
37 a.C compiuto in compagnia di alcuni amici tra cui Virgilio e Mecenate

I 6 il componimento più scopertamente soggettivo del primo libro, narra dell’amicizia con
Mecenate. Questo fatto introduce il tema del contrasto tra la vita affannosa e vuota della città e la
modesta serenità della campagna, che si afferma come il luogo ideale di una saggezza imperniata
sull’autosufficienza interiore.

I due capisaldi su cui si sviluppa la riflessione della satira oraziana sono la metriótes e autárkeia.

La metriótes sanciva che la virtù consiste nel giusto mezzo e si esprime nel detto est modus in
rebus, c’è misura in ogni cosa (I, 1).

L’autárkeia “autosufficienza” consiste nella limitazione dei desideri per evitare condizionamenti
esterni, che impediscono di raggiungere la piena libertà interiore. Nelle Satire questa concezione si
traduce nell’invito ad accontentarsi del proprio stato

STILE
EPODI

Gli Epòdi sono una raccolta di diciassette poesie. Furono scritti dopo il 42-41 a.C. e pubblicati
intorno al 30. Sono perciò compresi cronologicamente fra la guerra civile (battaglia di Filippi) e la
definitiva affermazione di Augusto con la battaglia di Azio.

Il titolo
Il libro degli Epòdi, dedicato a Mecenate, doveva probabilmente intitolarsi Iambi, con un termine
che oltre al significato metrico, indicava un genere caratterizzato da toni aspri, realistici, a volte
violentemente polemici che ha origine nei poeti classici greci Archiloco ed Ipponatte.
Mentre la ricerca formale, il cosiddetto "labor limae" che caratterizzano gli Epodi, è da ricondurre
al poeta classico greco Callimaco.
USA METRI GIAMBICI E L’EPODO, MAI USATO PRIMA NELLA POESIA LATINA. Per la
presenza di tali metri, la raccolta fu indicata dai grammatici antichi con il titolo Epodi a causa
dell'uso di una categoria peculiare di strofe, basate su coppie di versi in cui il primo è più lungo del
secondo, l’epòdo appunto.

Contenuto
la varietà di argomenti e di toni:
Nella raccolta si possono distinguere alcuni filoni, come ad esempio: magia, poesia civile, invettiva,
amore ed un elogio della campagna.
Il filone dell'invettiva si esprime negli epodi 4,6 e 10. Soltanto il decimo é diretto contro una
persona, Mevio, cui viene augurato di morire in un naufragio; in realtà, si pensa che Orazio, utilizzi
l'identità fittizia del poetastro Mevio, in modo da attaccare diversi tipi umani (in questo caso i poeti
di basso livello) e non persone ben precise. Ai modi dell'invettiva si possono ricondurre anche gli
epodi 8 e 12, rivolti contro una vecchia che sollecita da lui prestazioni sessuali. In questo caso
rivela una tendenza espressionistica: attenzione al brutto e al deforme con attenzione ai particolari
più osceni.
L'espressionismo infatti è uno dei tanti aspetti più rivelanti degli epodi (designa una
rappresentazione o uno stile che tende a una deformazione dei dati del reale per aumentarne
l'impatto componimenti dedicati alla magia (epodi 5 e 17) il orientato verso l'eccessivo tema viene
trattato con un accentuato realismo, , l'orrendo emotivo).
Il filone della magia: un atteggiamento affine il quale caratterizza i e il repellente.
Filone della poesia civile: epodi 6 e 7 rinviano allo scompiglio successivo alla battaglia di Filippi;
epodo 16 invita i Romani ad una fuga utopistica alle Isole Fortunate dove permane la situazione
dell’età dell’oro.
Filone erotico--epodo 14- riprende Anacreaonte--motivo dell’amore che dominando
completamente l’uomo gli impedisce di comporre versi. Altri epodi amorosi 11, 15. Nei carmi
amorosi domina un pathos leggero e sentimentale agli antipodi dell’aggressività espressionistica
rilevata negli epodi contro la vecchia libidinosa
Epodo 2: elogio vita dei campi, pronunciato da un usuraio incapace di abbandonare la vita cittadina

Stile
Considerati dallo stesso Orazio come "composizioni giovanili", Gli Epòdi sono inoltre strettamente
collegati alla dura situazione economica che il poeta dovette sopportare dopo la sconfitta di Filippi;
a questa condizione di vita si lega il linguaggio aspro ed i toni duri e polemici, tipici dell'opera. Gli
epodi sono diciassette componimenti, definiti come composizioni giovanili. Orazio allude ad
Archìloco e ad Ipponatte come ai propri modelli. Aspetto essenziale è il metro. Orazio fu il primo a
Roma ad impiegare l'epodo, un sistema metrico in cui ad un primo verso più lungo se ne aggiunge
uno più breve.

LE ODI

Le Odi (Carmina) di Orazio sono suddivise in quattro libri. I primi tre libri furono pubblicati 23
a.C., il quarto nel 13 a.C. Il modello dell'opera è la grande poesia greca di età arcaica,
soprattutto Alceo, Anacreonte, Saffo, Pindaro e i poeti dell'isola di Lesbo, con la ripresa di diversi
tipi di componimento e di metri vari.
Nel componimento che apre la raccolta , Orazio, rivolgendosi a Mecenate (cui è dedicata l’opera,
afferma di essere lyricus vates e pone la sua decisione sotto gli auspici della musa Polimna che non
si stanca di toccare la “lira di Lesbo”.
Con queste parole indica la sua intenzione di coltivare la poesia lirica e di prendere come
riferimento la produzione dell’Isola di Lesbo

Nella poetica delle Odi sono evidenti due concezioni divergenti della poesia: da una parte il
concetto di poesia come frutto di una tecnica perfetta, di un lavoro puntiglioso, ovvero il labor
limae, un’ accanita opera di rifinitura, che era stata proclamata dagli alessandrini e fatta propria dai
neoteroi; dall’altra l’idea della poesia come frutto di ispirazione divina, tantoché Orazio si definisce
più volte poeta vate, ossia ispirato e protetto dalla divinità

PERSISTE L’ALESSANDRINIMO, che aveva segnato in maniera profonda la poetica delle satire
Dalla strategia di autosvalutazione adottata nelle Satire passa nelle Odi alla solenne affermazione
della grandezza e dell’eternità della sua opera.

I modelli principali sono Saffo e Alceo anche per la metrica: strofe alcaiche e saffiche.
Il recupero dei modelli arcaici rappresenta per Orazio una via di rinnovamento superando lo
sperimentalismo dei neoteroi.
Adottando le tecniche dell’arte allusiva, il poeta inserisce nei suoi carmi spunti tratti da Alceo,
Saffo, Pindaro e da altri autori lirici greci rielaborandoli in modo autonomo.
I suoi componimenti sono rivolti a un destinatario reale o fittizio---impianto discorsivo.

VARIETÀ DI CONTENUTI dovuta anche al gran numero di componimenti (104 in tutto).


Possiamo distinguere alcuni filoni principali:
1) filone religioso che ben si adatta alla tipologia del poeta vates. Sono presenti nella raccolta
preghiere e inni che in qualche caso sono riferiti anche ad oggetti insoliti come alla propria lira o
addirittura ad un’anfora di vino.
Caso particolare è costituito dal Carmen Saeculare inno agli dei protettori di Roma. Le
invocazioni ad Apollo, a Diana e ad altre divinità si mescolano alla celebrazione della glora
immortale di Roma e all’esaltazione di Augusto
2) filone erotico: a differenza della poesia elegiaca contemporanea i carmi non tendono a collegasi
in un’unica vicenda d’amore, ma sono episodi in sé conclusi. Ricordiamo il facino di Pirra (I,5) o i
primi approcci con la timida Cloe (I, 23).
La passione amorosa non è partecipata ma contemplata: Orazio evita il conivolgimento emotivo
3) filone conviviale: incentrato sulla convezione del simposio. Sono descritte varie occasioni legate
al banchetto (invito, preparazione, svolgimento) e i suoi accessori (vino, ghirlande, musica)
associati di frequente a elementi gnomici e moraleggianti.
3) filone gnomico ruota attorno a un nucleo tematico fondamentale: la coscienza dell’incertezza del
futuro e la brevità della vita. Lo sviluppo in positivo di questo tema porta all’invito a sopportare
virilmente le avversità. Lo sviluppo in negativo conduce alla constatazione dell’ineluttabilità della
morte e alla necessità di usufruire del breve tempo della vita: è il motivo del carpe diem (I, 11):
consiglio di cercare la felicità nel presente
4) filone poesia civile: modello è Alceo. Mentre Alceo partecipava direttamente alla vita politica
della sua patria, Orazio vi assiste come semplice spettatore. Assumendo il ruolo di vates può
esortare e ammonire gravemente i suoi concittadini. Questo tipo di poesia era incoraggiato da
Mecenate e da Augusto che in esso vedevano un supporto per la loro azione politica. La tematica
civile vene svolta particolarmente in un ciclo di 6 carmi all’inizio del 3 libro, le cosiddette odi
romane in cui la condanna dei vizi contemporanei si intreccia con la glorificazione di Roma e di
Augusto. In questo settore è più sensibile l’influenza pindarica: l’altezza degli argomenti spinge il
poeta a ricercare uno stile sublime

La pluralità di temi si intreccia alla pluralità di registri: dalla leggerezza della poesia erotica si
passa alla sublimità pindarica della lirica civile.
Le parole di uso comune vengono incastonate con maestria in modo da valorizzarsi reciprocamente.
Particolarmente ingegnose sono le iucncture, associazioni di vocaboli talvolta al imite
dell’ossimoro.
STILE caratterizzato da sobrietà e misura
LE EPISTOLE
1 libro--pubblicato dieci anni dopo il primo libro delle satire, nel 23, venti componimenti
2 libro-- datazione controversa-- 2 componimenti
+l’Epistola ai Pisoni o Ars poetica
Le Epistole sono scritte in esametri in continuità con la precedente produzione satirica
Adotta la forma innovativa del’epistola in versi.
I contenuti sono specifici e legati all’occasione e al destinatario
Ricompaiono due aspetti delle saire: 1) la vena moralistica 2) la tematica letteraria sviluppata con
maggiore organicità
La convenzione della lettera determina la prevalenza dell’impostazione monoloica sul dialogo ed
accentua la tendenza ad uno stile medio e colloquiale.
CONTENUTI
-Componimenti d’occasione: come lettere di convenienza, inviti a cena
- frequenti sono i componimenti che svolgono temi morali
Primo libro: il poeta prende coscienza dell’insoddisfazione per la propria condizione morale e
aspira alla sapientia.
Ricorre a precetti filosofici di scuole diverse purché appropriati per affrontare i problemi della vita.
Sceglie un eclettismo filosofico, ma è evidente l’epicureismo di fondo. Definisce se stesso “maiale
del branco di Epicuro” (I, 4) con riferimento all’interpretazione popolare della filosofia epicurea in
senso volgarmente edonistico e presente è il precetto epicureo del láthe biósas “vivi nascosto”.
Nucleo della riflessione orazione continuano ad essere autárkeia e metriótes cui si aggiunge il tema
più tipico delle odi del carpe diem
Gli stati d’animo sono mutevoli: talvolta O. si presenta florido, grasso e allegro, il vero prototipo
+dell’epicureo; altre volte non esita a riconoscere di non vivere né rettamente né piacevolmente

---mobilità psicologica è il sintomo di una tensione che investe l’intera morale delle Epistole

Secondo libro. Prevale la tematica letteraria

Prima epistola rivolgendosi ad Augusto, O tratta la questione della superiorità dei poeti antichi sui
moderni. Orazio proclama l’eccellenza della poesia contemporanea migliore di quella arcaica per
l’influenza della poesia greca, in particolare dell’estetica callimachea.

-esprime riserve sulla rinascita del teatro romano auspicato da Augusto.

Seconda epistola è dedicata all’amico Floro ed è incentrata sulla figura dell’autore che si scusa per
la scarsa fecondità della sua vena poetica adducendo la pigrizia e il preponderante interesse per la
filosofia. Sezione centrale-- idee dell’autore sulla scelta dei vocaboli.

EPISTOLA AI PISONI nota fin dai tempi di Quintilino come Ars poetica:

trattato in versi

esercitò un grande influsso nelle epoche successive, dall’Umanesimo al Settecento, fornendo i


principi delle poetiche classicistiche.

Rivolgendosi a Calpurio Pisone e ai suoi figli espone precetti di poetica.

Seguendo una fonte peripatetica (scuola dei successori di Aristotele ) tratta prima della poesia
(distinguendo tra contenuti ed elaborazione formale) e poi del perfetto poeta.

-centralità data alla tragedia deriva dalla tradizione aristotelica: l’arte è essenzialmente mímesis
(imitazione) e quindi i generi teatrali che imitano la realtà sono il settore più importante della
poesia. Tale concezione si allineava all’interesse che il Principe nutriva per il teatro e che qui
Orazio asseconda da un punto di vista teorico

---si aggiunge ai principi peripatetici l’esigenza di perfezione formale secondo l’estetica


callimachea

Enuncia due principi: -poesia è frutto al tempo stesso di ingenium e ars

-il poeta deve saper mīscere utile dulci, unire l’utilità al piacere

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