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Acustica Musicale

Premessa

Il suono è presente in natura questo vuol dire che il suono non appartiene a un popolo o a una civiltà ma che
è presente nella vita di tutti gli uomini di tutti i tempi. Ogni essere umano proprio perché il suono è in natura
è dotato di due organi:
1) l’orecchio per percepire suoni che poi il cervello elabora e decodifica anche in base a fattori culturali .
2)la voce che serve per produrre suoni e quindi comunicare con gli altri uomini attraverso il suono.
Possiamo quindi prendere atto che l’uomo da sempre è immerso in una dimensione sonora e gli eventi
acustici dell’ambiente naturale hanno fornito agli uomini delle origini informazioni indispensabili per la
sopravvivenza: si pensi al rumore dell’acqua o ai versi degli animali.
Lo studio scientifico del suono musicale è di grande interesse perché la musica è per ogni cultura un mezzo
di comunicazione importante è evidente, senza volermi dilungare sull’argomento che gli strumenti musicali
che l’uomo ha creato per produrre musica si sono evoluti nell’arco dei secoli così come si è evoluta l’idea di
suono che ogni cultura ha utilizzato come mezzo di comunicazione.
Così in tanti secoli di civiltà siamo passati dai rudimentali membranofoni con gli antichi aulos greci e le
arpe angolari egiziane fino alla musica elettronica.
Per quanto riguarda la psicoacustica essa è quella branca della psicologia sperimentale che pone in relazione
il suono fisico con le sue caratteristiche percettive.
La psicoacustica stabilisce quali siano le intensità dei suoni appena udibili, quali siano le minime differenze
di intensità percepibili, quale sia il volume di certi suoni e molti altri aspetti complicati della percezione
sonora. Lo studio scientifico del suono musicale è di grande interesse, perché la musica è per la nostra
cultura un’espressione estremamente importante e perché la qualità del suono è fondamentale per la buona
musica. La musica prodotta da popoli diversi e da compositori diversi è stata sempre influenzata dai tipi di
suoni disponibili.
Ad esempio la musica per pianoforte è differente da quella per clavicembalo, non solo per la qualità timbrica
delle singole note prodotte dai due strumenti.
Ed ancora la musica di Listz , Chopin e debussy sfrutta le potenzialità peculiari del pianoforte ed altrettanto
vale per le sonate e i concerti per pianoforte di Beethoven e Mozart.
Ma il pianoforte di Mozart era diverso dallo strumento che conosciamo oggi, aveva una voce meno potente e
una gamma dinamica meno estesa, se eseguissimo su un pianoforte del settecento della musica composta nei
secoli successivi, essa risulterebbe soffocata.
Con questo si intende dire che in epoche diverse con strumenti diversi i compositori di tutte le culture hanno
prodotto musica creando modelli percettivi diversi. Oggi per esempio abbiamo un modello di percezione che
abbina i suoni degli strumenti acustici con i suoni prodotti dalla moderna tecnologia elettronica.
Ed ancora per fare un ultimo esempio sui diversi modelli percettivi nei secoli basti pensare alla continua
variazione di diapason negli strumenti acustici.
Con riferimento a tutto quello detto finora poniamo subito attenzione al suono e alle sue caratteristiche.

1
IL SUONO

Il suono è generato da un corpo elastico che messo in vibrazione produce delle onde meccaniche
longitudinali che si propagano nel mezzo circostante (in genere l’aria ma può anche essere acqua e superfici
solide)
Le onde meccaniche longitudinali si propagano nell’aria attraverso due fasi:
- fase di compressione
- fase di rarefazione
possiamo immaginare queste due fasi attraverso un congegno costituito da molle e pesi. (fig.1)

fig.1

Se diamo un colpo sul primo peso il moto si trasmette ai pesi successivi attraverso le successive
compressioni di ciascuna molla.
Dunque un’onda è longitudinale, se le vibrazioni avvengono nella stessa direzione secondo cui si propaga
l’onda.
Se invece pizzichiamo una corda il moto oscillatorio della corda produce delle onde trasversali.
Dunque un’onda è trasversale, se ogni punto del sistema esegue vibrazioni in direzione perpendicolare a
quella di propagazione. Vediamo un esempio grafico. (fig.2)

2
Fig.2: Onda trasversale. Le particelle della molla compiono vibrazioni in direzione normale a quella di
propagazione dell’onda.

Che il suono è dovuto a vibrazioni elastiche di una sorgente, lo si può percepire anche toccandosi la gola con
una mano mentre si parla: si sentono chiaramente le vibrazioni delle corde vocali.
Queste vibrazioni elastiche stimolano l’orecchio e successivamente trasmettono un impulso al cervello,
dando così origine a un processo auditivo. In altri termini l’orecchio è uno strumento rilevatore di onde
elastiche di particolare frequenza.
Il suono, come tutte le onde elastiche, ha bisogno di energia per produrre delle vibrazioni e di un mezzo
elastico che trasporti le vibrazioni fino al nostro orecchio.
Per esempio, si può mettere un campanello elettrico in vibrazione sotto la campana di una macchina
pneumatica; (vedi figura 3) si osserva che, man mano che si estrae l’aria, l’intensità del suono si affievolisce
fino ad annullarsi del tutto se si riesce a produrre il vuoto totale sotto la campana, pur continuando il
martelletto a percuotere il campanello, con il suo moto vibratorio.
Questa semplice esperienza dimostra che, mancando l’aria, il suono non può più giungere a noi.

Fig.3: Il suono emesso dal campanello in vibrazione


Sotto la campana si affievolisce fino a
Estinguersi man mano che si produce il vuoto.

Allora il significato della parola suono è duplice, in quanto può riguardare sia la sensazione che
percepiamo, sia il fenomeno fisico che la produce.
È evidente che il fenomeno fisico è la causa, mentre la sensazione che percepiamo è l'effetto.
3
Fenomeno fisico causa
SUONO
Sensazione effetto

Il suono si produce quando un corpo elastico, ad esempio una corda tesa, viene stimolato e messo in
vibrazione. L'energia ricevuta dal corpo per mezzo dello stimolo viene trasmessa alle particelle del mezzo
circostante (nel caso più comune l'aria) per giungere al nostro orecchio. Alla base del fenomeno vi è dunque
una serie di vibrazioni: con questo termine si intende un movimento periodico di andata e ritorno di un corpo
elastico intorno al suo punto di equilibrio. Queste vibrazioni debbono avvenire in un mezzo di propagazione
(come appunto è l'aria). Poiché il movimento del corpo vibrante è di andata e ritorno, la trasmissione di
energia nel mezzo circostante avviene in due fasi: una fase di compressione, cioè di "addensamento" delle
particelle del mezzo circostante, e una fase di rarefazione delle stesse particelle.(Fig. 4)

(Figura 4)

Si avrà la fase di compressione durante il movimento di andata, e quella di rarefazione durante il


ritorno. L'alternanza delle fasi di compressione e di rarefazione produce le cosiddette onde sonore che
propagandosi dal corpo vibrante, cioè dalla fonte sonora, si esauriscono progressivamente. Sono proprio le
onde sonore che, giungendo al nostro orecchio, producono in noi la sensazione che percepiamo. Le onde
sonore vengono rappresentate graficamente come nella seguente figura 5:

Figura 5

cioè evidenziando le fasi di compressione e di rarefazione delle particelle del mezzo circostante: la distanza
fra due successive fasi di compressione o di rarefazione prende il nome di lunghezza d'onda.
4
Il meccanismo di propagazione del suono nell’aria è schematizzato nella seguente figura, ove abbiamo
supposto per semplicità che la sorgente sonora S sia puntiforme.

Meccanismo di propagazione
Del suono nell’aria: C, C’, sono
onde di compressione, mentre
R,R’, sono onde di rarefazione.

Mentre S vibra, sono prodotte onde sferiche longitudinali di compressione e rarefazione, cioè superfici
sferiche, luogo di punti in cui la pressione ha ugual valore.
Un’onda di compressione richiama molecole di aria dalle regioni attigue, ove si formano onde di rarefazione.
Queste onde non restano naturalmente localizzate, ma si spostano con la velocità v del suono in ogni
direzione uscendo da S e quindi se il mezzo è omogeneo conservano sempre la forma sferica.
La propagazione avviene perciò per onde sferiche.
Ogni particella oscilla avanti e indietro lungo la direzione di propagazione della perturbazione, che invece si
propaga con la velocità del suono.
Insistiamo ancora su questo fatto: ciò che si propaga è il moto vibratorio e non la materia, vincolata invece a
oscillare intorno alla posizione di equilibrio sotto l’azione di forze elastiche.
In genere, parlando delle onde sonore, il mezzo di propagazione a cui istintivamente si pensa è l'aria, dove la
velocità di propagazione delle onde sonore è di circa 340 metri al secondo.
Ma la propagazione delle onde sonore può avvenire anche attraverso i liquidi e attraverso i solidi e
sempre con una velocità superiore rispetto a quella nell'aria.

Aria
340 m/s

Liquidi Solidi
Acqua dolce Acqua di mare Benzina Ferro Marmo Piombo

5
1437 m/s 1440 m/s 1166 m/s 5000 m/s 3810 m/s 1227 m/s

IL MOTO ARMONICO SEMPLICE

Esiste un sistema vibrante particolare a tutti noto: il pendolo, che ci permette di vedere il moto
vibrante di un corpo in modo lento (come se fosse visto a rallentatore).
Il pendolo, può essere costituito da un filo inestensibile sospeso ad un punto fisso, portante al suo
estremo libero un peso o massa pendolare da un lato, e quindi lasciandola libera, essa oscilla avanti e
indietro con un determinato andamento del moto (moto pendolare o moto armonico) il movimento completo
avanti indietro si definisce oscillazione completa o ciclo; il numero dei cicli effettuati dal pendolo nell'unità
di tempo si definisce frequenza dell'oscillazione o semplicemente frequenza.
Vediamo ora con l'ausilio della figura 1 il comportamento del pendolo durante l'oscillazione: la
massa pendolare (peso del pendente in rapporto all'accelerazione di gravità "g"), è rappresentata
graficamente dalla forza Fp; tale massa è vincolata all'estremo libero del filo di lunghezza "l".

(Figura 6)

Spostando la massa pendolare in A (e quindi con apporto di energia), si può osservare che la forza Fp
è scomponibile, col parallelogramma delle forze, nelle forze F1 e F2; la forza F2, che giace sull'ideale
prolungamento del filo, resta annullata per l'inestensibilità del filo stesso, mentre la forza F1, sulla tangente
6
dell'arco di circonferenza che sarà percorso dal pendolo, trascina la massa pendolare, dall'istante in cui
viene lasciata libera, verso la posizione di origine, facendola accelerare, istante per istante, in modo
dipendente dall'intensità della forza F1. Vi è subito da rilevare che la forza F1, via via che il pendolo scende
verso la posizione originaria, diminuisce di intensità fino ad annullarsi nel momento in cui il filo si troverà
sulla verticale, mentre la massa pendolare avrà accumulato energia cinetica per effetto della quale prosegue
oltre.
È evidente dalla figura 1 che la forza F1, una volta che il pendolo avrà superato la verticale, assume
direzione opposta al moto, aumentando di intensità fino a quando il pendolo si ferma in A1. Da tale istante il
pendolo inizia a ritornare tendendo a riportarsi in A.
Le ampiezze A e A1 rispetto alla verticale del pendolo dovrebbero permanere uguali e invariate se
non vi fossero resistenze passive (attriti) nell'ambito del sistema. In realtà le ampiezze A e A1 vanno
progressivamente diminuendo più o meno sensibilmente in modo dipendente dalle resistenze passive stesse.
Come abbiamo visto, l'andamento del moto del pendolo dipende dalla forza F1 la quale varia di
intensità e di direzione come evidenziato nella figura 6; ne consegue che il moto del pendolo, nell'ambito di
una oscillazione completa, varia secondo una determinata legge specifica: nulla di meglio, quindi per una
migliore comprensione, che far disegnare al pendolo stesso l'andamento caratteristico del suo movimento.
Nella figura 2 è schematizzato un pendolo (che per comodità consideriamo privo di resistenze
passive) munito di una flessibile punta scrivente sotto alla quale, trascinato da un congegno motore, scorre a
velocità costante un nastro di carta posto perpendicolare alla direzione di oscillazione del pendolo stesso.

(Figura 7)
La curva disegnata dalla punta scrivente è definita in geometria col nome di "sinusoide" e individua
in fisica quel particolare moto periodico del pendolo altrimenti definito come "moto armonico semplice".
Nella vita quotidiana si incontrano spesso dei moti armonici. Lo sono per esempio, i movimenti di
una molla, di un pendolo, di una corda della chitarra, purché le loro oscillazioni siano piccole.
Se l’oggetto che vibra si allontana molto dalla posizione di equilibrio, il moto diventa di solito più
7
complesso e perde il carattere di armonicità
La legge fondamentale del pendolo, valida per piccole oscillazioni, era già stata stabilita da Galilei
(1564 -1642).
La sinusoide è il grafico spazio- tempo del moto armonico compiuto dall’estremità del pendolo.
Infatti sull’asse delle x mettiamo il tempo e sull’asse delle y lo spazio percorso, allora il grafico sarà il
seguente (fig.8):

Fig.8
Ogni volta che la curva attraversa l’asse dei tempi, l’estremità del pendolo passa per la posizione di
equilibrio (il centro dell’oscillazione).
Indichiamo il periodo con T, ovvero il tempo impiegato dal pendolo a compiere un’oscillazione
completa, avremo che:

l
T = 2
g

Questa legge dice che il periodo T è indipendente dalla massa pendolare e dall’angolo descritto dal periodo
stesso, mentre dipende fondamentalmente dalla lunghezza del filo in estensibile “l” che regge la massa
pendolare.
Mentre il simbolo “g “ indica l’accelerazione di gravità, ai fini delle nostre considerazioni può essere
considerata come una costante (9,81m/sec2 )
Il pendolo è pertanto "isocrono", ovvero, impiega tempi uguali a compiere oscillazioni più o meno ampie.
Se vogliamo sapere qual è il periodo, ossia il tempo che impiega a compiere un’oscillazione completa, un
pendolo avente una lunghezza di un metro, dobbiamo fare questo calcolo.
 = 3,14
1m
T = 2 x 3,14
9,81m / sec 2
8
1
T = 6,28 sec  2 sec
9,81
Compie un’oscillazione completa in due secondi.
Se vogliamo avere la frequenza, ossia la velocità alla quale si ripete un evento regolare sarà data da:
1
f=
T
il numero di oscillazioni di un’onda in ogni secondo si misura in Hertz (Hz) in onore al fisico Heinrich Hertz
(1857 – 1894)
infatti per esempio diciamo che il la del diapason è 440 Hz.
Se invece prendiamo in considerazione un sistema costituito da una molla di costante k con attaccata una
massa m (fig. 9).

Fig.9

Allora il periodo di oscillazione T sarà :


m
T = 2
k

IL MOTO ARMONICO
Abbiamo visto il moto del pendolo e sappiamo che per piccole oscillazioni esso descrive un moto armonico.
Il moto armonico si definisce a partire dal moto circolare uniforme. Mentre il punto P si muove a velocità
costante sulla circonferenza, la sua ombra Q, proiettata perpendicolarmente sul diametro AB, oscilla avanti e
indietro di moto armonico. (vedi figura 10)

9
Fig.10

Il punto P, muovendosi di moto circolare uniforme, percorre archi eguali in intervalli di tempo eguali. Anche
la proiezione Q si muove di moto uniforme, cioè percorre segmenti uguali in intervalli di tempo eguali?
Esaminiamo in dettaglio il moto di Q (fig.11)

Fig.11: Nonostante il punto P si muova di moto


Uniforme, la sua ombra Q non percorre
Distanze uguali in uguali intervalli di
Tempo. Nel t, durante il quale P va da
P1 a P2, Q si sposta da Q1 a Q2.
Nello stesso t, in cui P da P2 arriva in P3,
Q percorre il segmento Q2Q3 che è più
lungo di Q1Q2. Passando da Q1 a Q3la sua
velocità deve quindi aumentare.

Mentre il punto P passa nelle posizioni P1, P2, P3,…, la sua proiezione Q si trova successivamente in Q1, Q2,
Q3, ecc. Gli archi P0P1, P1P2, P2P3,…, che sono stati disegnati tutti della stessa lunghezza, sono percorsi da P
in eguali intervalli di tempo (per esempio ciascuno in 1 s). Ma i segmenti P0Q1, Q1Q2, Q2Q3,…, su cui si
muove la proiezione Q, sono diversi l’uno dall’altro. Questo significa che il punto Q in uguali intervalli di
tempo non percorre distanze uguali; di conseguenza non si muove di moto rettilineo uniforme.
In particolare, andando verso il centro della circonferenza ( da P0 a Q3 nell’andata e da P6 a Q3 nel ritorno),
Q percorre in uguali intervalli di tempo segmenti sempre più brevi. Pertanto il moto è accelerato (la velocità
aumenta) quando Q va dagli estremi al centro e decelerato (la velocità diminuisce) quando Q va dal centro
agli estremi.
Un moto armonico come quello che compie il punto Q, è un particolare moto oscillatorio. Ma non tutti gli
oggetti che oscillano si muovono di moto armonico. Per riprodurre questo movimento, devono spostarsi
come l’ombra, proiettata perpendicolarmente su una retta, di un punto che percorre a velocità costante una
10
circonferenza.
Nella vita quotidiana si incontrano spesso dei moti armonici. Lo sono, per esempio, i movimenti di una
molla, di un pendolo, di una corda della chitarra, purché le loro oscillazioni siano piccole. Se l’oggetto che
vibra si allontana molto dalla posizione di equilibrio, il moto diventa di solito più complesso e perde il
carattere di armonicità.

LA LEGGE DEL MOTO ARMONICO

Se scegliamo un sistema di riferimento in cui l’origine s = 0 è posta (come nella figura 8) nel punto d’inizio
del moto, la posizione s occupata da un punto che si muove di moto armonico può essere descritta dalla
seguente relazione (legge del moto armonico):
s = r cost,

dove  è la velocità angolare del moto circolare ( = 2/T ed essendo f = 1/T allora  = 2f ), che spesso
viene detta anche pulsazione del moto armonico.
Questa scelta corrisponde al caso della figura 11

se si immagina che all’istante t = 0 il punto P si trovi all’estremo P0 del diametro e quindi il punto Q sia a
distanza r dal centro della circonferenza.
La formula precedente descrive il grafico della figura iniziale. Per convincercene, studiamo alcuni casi:
11
all’istante t = 0 il corpo si trova nella posizione s = r cos0 = r  1 =r, cioè nel punto di massimo spostamento
positivo.
Nell’istante t = T/4 si trova s = r cos(/2) = 0: il corpo passa per il punto centrale dell’oscillazione. A t = T/2
(dopo metà del periodo) si ha s = rcos = r(– 1) = – r: il corpo è giunto al punto di massima oscillazione
negativa.
Come si diceva, la formula precedente è valida se si sceglie come istante
t = 0 quello in cui il corpo, che si muove di moto armonico, si trova nel punto di massimo allontanamento
positivo. Ma esistono moltissime altre scelte e a ognuna di esse corrisponde una diversa equazione. In
particolare, se scegliamo come origine dei tempi (t = 0) l’istante in cui il corpo passa per il punto centrale
dell’oscillazione, la formula che descrive il moto è, invece,
s = r sen t

CARATTERISTICHE DEL SUONO E SUONO PURO


Le caratteristiche del suono sono altezza intensità e timbro.
Possiamo utilizzare la curva sinusoidale per capire le caratteristiche del suono.
L’unico tipo di suono che ha questo tipo di grafico è il suono puro, è raro sentire i suoni puri, tranne in
laboratorio, o quando ascoltiamo un diapason.
I suoni puri vengono percepiti come suoni poco interessanti; nel registro grave, suonano come un brusio di
una radio rotta. I suoni puri di altezza maggiore sono stabili, ma sono strani e innaturali. In una camera dove
il fenomeno di riverberazione è particolarmente evidente non si riesce ad avvertire la direzione da cui
provengono.
Alcune persone sentono l’altezza di un suono puro in modo differente nell’orecchio destro e in quello
sinistro; questo difetto è chiamato diplacusia binaurale.
I suoni puri si incontrano principalmente nei libri di musica e psicologia e nei laboratori di acustica, e alcune
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volte come effetti non desiderati di sintetizzatori usati male o di scarsa qualità.

ALTEZZA

L'altezza è il parametro sonoro che indica se un suono è grave o acuto. Per comprendere il significato
acustico di questo parametro, dobbiamo richiamare il concetto di vibrazione e introdurre quello di frequenza.
Ogni vibrazione, cioè ogni movimento di andata e ritorno che la fonte vibrante compie, è detta periodo.
Graficamente lo si può rappresentare come segue (figura 12)

Per frequenza intendiamo il numero di periodi che il corpo vibrante compie in un secondo. L'unità di
misura della frequenza è l'hertz (Hz). In onore al fisico Heinrich Hertz (1857-1894).
La diversa acutezza o gravità del suono è determinata dal numero delle vibrazioni: quanto più è alta
la frequenza, tanto più il suono percepito risulta acuto e viceversa. Vediamo nella figura 13a come ad un
suono più grave corrisponde graficamente una frequenza più bassa; mentre nella figura 13b ad un suono più
acuto corrisponde graficamente una frequenza più alta.

Fig13:A frequenza più bassa corrisponde


Suono più grave (a)
A frequenza più alta corrisponde
Suono più acuto (b)

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Il numero delle possibili frequenze sonore è praticamente illimitato; al contrario la possibilità di
percezione del nostro orecchio sono piuttosto ridotte. Infatti i suoni percepibili dall'orecchio umano sono
compresi fra 16 e 20.000 hertz.
Bisogna poi tenere presente che non tutte le frequenze vengono percepite allo stesso modo: l'orecchio
umano, ad esempio, percepisce e discrimina con facilità le frequenze medie (dove si colloca la voce), mentre
quelle molto basse o molto alte risultano percepibili solo se abbastanza intense.
Al di sotto e al di sopra dei limiti di 16 e 20.000 hertz, le vibrazioni producono rispettivamente
infrasuoni e ultrasuoni: si tratta di suoni che l'orecchio umano non può udire, ma che invece risultano
percepibili da alcuni animali (figura 9)

Parlando, la frequenza di una voce maschile varia normalmente tra 100 e 125 Hz, quella di una voce
femminile tra 200 e 250 Hz. Nel canto la voce di basso si estende da 65 a 290 Hz, mentre quella di soprano
varia da 260 a poco più di 1000 Hz.

La sirena di De la Tour
La sirena ci offre un bel esempio di periodicità in rapporto all’altezza musicale, più velocemente si gira la
manovella più il suono prodotto dalla sirena cresce d’altezza.

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La sirena di De la Tour

Esaminiamo il meccanismo della sirena, inventato da Charles Cagniard de la Tour nel 1819.
Ridotta alle sue componenti essenziali, una sirena è formata da un disco rotante con una serie di fori, disposti
lungo la circonferenza ad intervalli regolari, e da un ugello che dirige un getto d’aria attraverso i fori mentre
questi gli passano davanti, come è mostrato in figura.

Una sirena. L’aria compressa che fuoriesce


Dall’ugello passa attraverso i fori disposti a
distanze uguali su un cerchio rotante. Gli
sbuffi d’aria che fuoriescono dai fori producono
delle vibrazioni periodiche dell’aria. Il numero
di sbuffi per secondo è uguale al numero di giri
al secondo moltiplicato il numero di fori del
cerchio. Questo disco ha 11 fori. Se gira 40 volte
al secondo produrrà 440 impulsi al secondo, una
frequenza che corrisponde al La sopra il Do centrale.
Una sirena di questo genere emette uno sbuffo d’aria ogni volta che un foro passa davanti all’ugello.
Il seguente grafico rappresenta la successione degli sbuffi d’aria della sirena.

Al passare del tempo (guardando la curva da sinistra verso destra) ci sono intervalli durante i quali non passa
aria attraverso i fori (la parte piatta e bassa della curva) e intervalli più brevi durante i quali uno sbuffo d’aria
attraversa un foro (indicato dal picco della curva). La successione degli sbuffi d’aria prodotta dalla sirena è
periodica, ovvero gli sbuffi sono prodotti a intervalli uguali, T secondi uno dopo l’altro. Il tempo T che
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intercorre tra due sbuffi successivi è detto periodo. Il numero degli sbuffi nell’unità di tempo (generalmente
un secondo) è la frequenza.
Gli impulsi periodici di aria emessi dalla sirena formano una perturbazione periodica chiamata onda sonora,
che si propaga nell’aria e che, quando raggiunge i nostri orecchi, viene percepita come un suono di altezza
musicale ben definita. Quando la sirena produce 440 impulsi al secondo, sentiamo il La da corista. Se gli
impulsi sono 220 al secondo, il suono è inferiore di un’ottava; se sono 880, è l’ottava superiore. La figura
mostra la frequenza delle note della tastiera di un pianoforte, insieme con la gamma di altezze (l’estensione)
di vari altri strumenti musicali.
Il pianoforte è uno strumento veramente notevole, non solo per la sua estensione, ma anche per la sua
dinamica e la relativa facilità con cui un esecutore può produrre dei suoni, se confrontata con la difficoltà
che incontrano i violinisti nella diteggiatura e nell’intonazione, o i trombettisti nell’impostazione delle labbra
e l’emissione del fiato.

L’altezza dei suoni musicali è determinata dalla loro frequenza, cioè dal numero dei periodi per secondo.

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Questo diagramma mette in relazione le note della scala musicale, le relative posizioni sulla tastiera di un
pianoforte e le estensioni di vari strumenti musicali. Che cosa possiamo dire dei suoni periodici di frequenza
molto superiore o inferiore rispetto all’estensione del pianoforte? Per tali suoni i cambiamenti di frequenza
non corrispondono a intervalli musicali chiaramente riconoscibili, anche se percepiamo una variazione di
altezza in funzione delle variazioni di frequenza. Questi suoni non possiedono un’altezza ben definita e
musicalmente fruibile.

Si può pensare che la relazione tra frequenza e altezza musicale sia stata scoperta grazie alla sirena. Il
numero di impulsi (gli sbuffi d’aria) che la sirena produce in un secondo è pari al numero di fori sul disco
moltiplicato per il numero di rotazioni compiute in un secondo. Possiamo far ruotare il disco ad alta velocità,
girando una manovella collegata ad una serie di ingranaggi; se misuriamo il numero di giri di manovella al
secondo e conoscendo il rapporto di riduzione degli ingranaggi, possiamo calcolare quante rotazioni compie
il disco in un secondo e quindi la frequenza degli impulsi per ogni altezza prodotta dalla sirena.
In realtà, la relazione tra frequenza e altezza è stata scoperta in modo molto meno diretto, parecchio tempo
prima dell’invenzione della sirena.
Nei suoi Dialoghi intorno a due nuove scienze, pubblicati nel 1638, Galileo spiega chiaramente la relazione
tra l’altezza e la frequenza di vibrazione di una corda, ma parla solo dei rapporti fra il numero di vibrazioni
al secondo che corrispondono a vari intervalli musicali.
Nella sua Harmonie Universelle (del 1636-1637) Marin Mersenne, abate, filosofo, e matematico, mette in
relazione l’altezza con l’effettivo numero di vibrazioni al secondo. Come Galileo, di cui conosceva le opere,
Mersenne sapeva come la frequenza di vibrazioni varia con la lunghezza della corda tesa (la frequenza è
infatti proporzionale al reciproco della lunghezza), con la tensione (è proporzionale alla radice quadrata della
tensione) e con la massa per unità di lunghezza (è proporzionale al reciproco della radice quadrata della
massa per unità di lunghezza). Esprimendo tutto ciò in termini matematici, si ottiene:

ma qual è il fattore k per cui dobbiamo moltiplicare questo prodotto di grandezze per ottenere il numero
effettivo di vibrazioni al secondo? Mersenne identificò il fattore giusto contando il numero di vibrazioni al
secondo di lunghe corde, tra cui una corda di canapa lunga circa 27 metri e del diametro di 2 millimetri e un
filo di ottone lungo più di quaranta metri e con un diametro di mezzo millimetro.

INTENSITA’
L’intensità è il parametro sonoro che indica la forza con cui un suono è stato prodotto. Anche in questo caso
l’effetto di maggiore o minore intensità dipende da una causa fisica: l’ampiezza delle vibrazioni.

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Quanto maggiore è l’energia trasmessa al corpo vibrante, tanto maggiore risulta l’intensità del suono
percepito e viceversa.
Due suoni dunque possono avere stessa frequenza ma intensità diversa vediamo un esempio.

L’intensità è il carattere che distingue i suoni forti da quelli deboli.


Più precisamente, l’intensità è definita come il flusso medio di energia che, nell’unità di tempo, attraversa
una superficie di area unitaria disposta perpendicolarmente alla direzione di propagazione.
Etot W
I 
S  t 4   r 2
W
Nel Sistema Internazionale l’intensità del suono si misura in watt al metro quadro (simbolo: ).
m2
A parità di intensità sonora, tuttavia, la sensazione uditiva prodotta varia con le caratteristiche del suono e
cambia in buona misura anche da persona a persona. In ogni caso, la sensazione sonora cresce piuttosto
lentamente all’aumentare dell’intensità del suono: in termini grossolani possiamo dire che la sensazione
raddoppia quando l’intensità cresce di dieci volte. Per questa ragione per misurare il livello di intensità
sonora Ls si usa comunemente un’unità a variazione logaritmica, detta decibel (simbolo dB) e definita come:
 I 
Ls  10 log10  
 I0 

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Dove I 0 è un’intensità di riferimento (usualmente si assume per I 0 la più bassa intensità udibile, cioè
10 12 W / m 2

ONDE SONORE E TIMBRO


Il timbro è il parametro del suono che ci permette di
riconoscere la fonte sonora. Per comprendere l'origine
acustica del timbro, dobbiamo introdurre il concetto di
armonica. I suoni che ci circondano (con l'eccezione di
quelli generati elettricamente o elettronicamente, nonché
della nota LA prodotta dal diapason, piccolo strumento di
acciaio a forma di forcella) sono formati da più onde sonore
concomitanti. In generale possiamo dire che i suoni vengono
originati a partire da una frequenza fondamentale di intensità
prevalente alla quale si sovrappongono suoni di frequenza
via via doppia, tripla, ecc. (dunque più acuti), di intensità
molto inferiore e difficilmente percepibili. (figura 12).
Ognuna di queste frequenze prende il nome di armonica.

(Figura 13)

Ogni strumento musicale è caratterizzato dal fatto che,


nei suoni che produce, prevalgono alcune armoniche rispetto
ad altre. Ecco perché si dice che il diverso "peso" sonoro delle
armoniche determina il timbro degli strumenti.

Figura 12

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Analisi e sintesi armonica

Un violino on un clarinetto che eseguono la medesima nota si possono riconoscere facilmente, anche senza
essere musicisti esperti. Poiché la nota è la stessa, le onde emesse dai due strumenti hanno lo stesso periodo
e l’ascoltatore le percepisce come suoni della stessa altezza, egualmente gravi o acuti. Ma il timbro diverso
permette di individuare lo strumento che li ha generati. Per esempio, la figura mostra la forma d’onda di due
diversi strumenti musicali, a confronto con il suono sinusoidale prodotto da un diapason.

La stessa nota Sol,


emessa da una tastiera
elettronica nei registri
vibrafono e trombone,
è confrontata con il
suono puro di un
diapason. Si noti la
diversità della forma
delle varie oscillazioni,
che corrisponde al
diverso timbro degli
strumenti. Le tre onde
hanno tutte lo stesso
periodo di 2,6ms.

Alla base del meccanismo di riconoscimento del timbro di una nota vi è la capacità del nostro sistema
uditivo di rilevare le singole frequenze armoniche che compongono un suono complesso. Infatti ogni
oscillazione periodica può essere rappresentata con approssimazione arbitraria per mezzo di una somma di
funzioni armoniche (seni o coseni). L’esperienza, inoltre, ci dice che un suono musicale può essere
ricostruito abbastanza fedelmente sommando anche soltanto una decina di componenti armoniche.(figura)

Una nota del registro di trombone (in


rosso, nella prima e nell’ultima
immagine in basso a destra), ricostruita
attraverso al sovrapposizione delle
parziali successive, dall’armonica
fondamentale f0 all’ottava armonica f7.
in ciascuna delle immagini è mostrata
in nero la somma delle armoniche e in
azzurro l’ultima armonica aggiunta.
Nell’ultima immagine si vede come la
somma delle otto parziali (in nero) dia
la curva praticamente coincidente con
il suono iniziale (in rosso)

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La possibilità di analizzare un suono in termini di componenti armoniche e di ricostruirlo sommando moti
armonici semplici di opportuna fase, ampiezza e frequenza, è stabilita da un importante teorema, dovuto al
matematico francese Jean Baptiste Joseph Fourier (1768-1830). Secondo questo teorema, se f(t) è una
qualunque funzione periodica, di periodo T, essa può essere scritta come:

 t   2t   3t 
f (t )  A0  A1 cos 2  1   A2 cos 2   2   A3 cos 2   3   ......
 T   T   T 
I coefficienti Ai divengono progressivamente più piccoli al crescere di i (i= 0,1,…), cosicché i termini
corrispondenti possono essere praticamente trascurati da un certo punto in avanti (quindi, per ottenere un
risultato utilizzabile, non è necessario <<sommare fino all’infinito>>). Ciascuno degli addendi al secondo
membro della formula rappresenta una delle armoniche del suono; il termine di indice 1 è l’armonica
fondamentale. Le frequenze delle altre armoniche sono multipli interi della frequenza fondamentale.
La possibilità di studiare oscillazioni complesse in termini delle oscillazioni sinusoidali componenti
giustifica il rilievo che abbiamo dato alla trattazione del moto armonico semplice. Quando si scompone un
moto complesso, individuando i moti armonici componenti, si dice che si compie un’analisi armonica.
Viceversa si parla di sintesi armonica, quando si crea un segnale complesso mediante la sovrapposizione di
oscillazioni sinusoidali semplici. È in questo ultimo modo che funzionano gli strumenti musicali elettronici.

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