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zione ed altri simili.


3) I cibi adulterati con sostanze eterogenee e perniciose.
4) I cibi infetti, come le carni di animali morti di una malattia qua-
lunque.
5) Le bevande adulterate col miscuglio di sostanze nocive di qualun-
que natura, per dar loro un dato sapore o colore.
6) Le bevande guaste, come sono le acque di pubbliche cisterne, che
le lave delle piogge impetuose, o il corso delle fogne, alterano talvolta
col trasporto di materie immonde, putride e fermentabili”
38

.
Le sepolture erano oggetto di norme scrupolose e venivano definiti-
vamente abolite le inumazioni all’interno di chiese, chiostri e cappelle
che, dopo il divieto napoleonico, erano state nuovamente concesse all’in-
domani della Restaurazione. Le disposizioni al riguardo erano tassative:
“Non si potrà procedere alla sepoltura dei cadaveri se non sieno trascorse
ventiquattro ore dalla morte, nei casi ordinari e quarantotto nei casi di
morte improvvisa, eccetto il caso di urgenza, riconosciuto e dichiarato
tale dalla Commissione Municipale di Sanità, per gravi motivi di salute
pubblica. In tale frattempo non sarà lecito abbandonare il cadavere, né
di coprirgli la faccia, né di porlo in condizione qualunque che possa es-
sere di ostacolo alla manifestazione della vita, quando la morte non fosse
che apparente”
39

. Inoltre: “I cadaveri, dalle case mortuarie al cimitero,


dovranno essere trasportati in casse inchiodate e con esse sepolti”
40

. Era
rigorosamente “vietato di dare sepoltura nelle chiese, templi, cappelle
ed altri luoghi destinati al culto”
41

.
Particolare attenzione doveva essere prestata nei confronti di malati
deceduti per epidemie, o per malattie contagiose. “Nel caso di persone
morte in luogo ove, all’epoca della morte, regnava un’epidemia, il Pre-
fetto ed il Ministero non potranno autorizzare il trasporto dei cadaveri
fuori del Comune se non che in seguito del voto favorevole del Consiglio
Superiore di Sanità. Tale permesso non sarà mai conceduto nel caso di
38

Ivi,

Art. 59, p. 1244.

39

Ivi,

Art. 61, p. 1244.

40

Ivi,

Art. 64, p. 1245.

41

Ibidem,

Art. 65.

XX - Il progredire della legislazione sanitaria dall’Unità a Firenze Capitale


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Il volto del potere fra centro e periferia

persone morte di malattia contagiosa”


42

. Le fosse destinate alla inuma-


zione dovevano avere “la profondità di un metro e mezzo a due metri,
la larghezza di ottanta centimetri e la lunghezza di due metri e cinque
centimetri”
43

, mentre la distanza di una fossa dall’altra doveva essere “di


trenta a quaranta centimetri per ogni lato”
44

.
La legge affrontava con decisione la
Tutela della sanità propriamen
-
te detta,
nel Titolo IV. Le malattie epidemiche erano collocate al primo
posto. “I Prefetti ed i Sottoprefetti quando abbiano riconosciuto esservi
Comuni dove alcune speciali malattie si sviluppano in modo costante in
molte parti della popolazione ... vi durano diuturnamente, o cessano e
tornano a periodi regolari, inviteranno i Consigli Provinciali, o Circon-
dariali di Sanità a scegliere uno o due dei loro membri, fra i dottori di
medicina, con l’incarico di recarsi sui luoghi e di esaminare se le malat-
tie di cui si tratta siano veramente prodotte, o per lo meno favorite, da
cause particolari ai luoghi stessi e, nel caso affermativo, quali sieno code-
ste cause, come toglierle, o impedirne, o scemarne gli effetti”
45
. Di fron-
te ad una patologia conclamata non si doveva esitare: “Manifestandosi
in qualche Comune una malattia di natura evidentemente pericolosa e
diffusiva, o da potersi sospettare per tale, gli esercenti l’arte salutare che
avranno avuto occasione di osservarla ne daranno tosto avviso al Sinda-
co, il quale convocherà immediatamente la Commissione Municipale
di Sanità. La Commissione ... dichiarerà se, a parere suo, la malattia de-
nunziata abbia carattere veramente epidemico, o debba dirsi solamente
sospetta, suggerendo, al tempo stesso, i provvedimenti che stimerà ne-
cessari ad arrestarne la propagazione”
46

.
La dichiarazione della Commissione Municipale di Sanità doveva es-
sere subito trasmessa al Prefetto per far agire il Consiglio Provinciale di
Sanità. Quest’ultimo avrebbe inviato sul luogo uno dei suoi membri per
“visitare le persone affette, sospette di malattia epidemica o contagiosa,
42

Ivi,

Art. 68, p. 1246.

43

Ivi,

Art. 75, p. 1247.

44

Ibidem.

45

Ivi,

p. 1249.

46

Ivi,
Art. 82, p. 1250.

421

stabilire la specie della malattia stessa, riconoscere se il metodo di cura


adottato sia quello che meglio convenga ed ordinare quei provvedimen-
ti igienici e sanitari che stimasse necessari ad arrestarne la diffusione”
47

.
Ospedali e case di salute erano oggetto di particolare attenzione e, per
cercare di garantire le migliori terapie per i pazienti, non si esitava ad af-
fermare: “In ogni stabilimento sanitario ... meno casi eccezionali, il servi-
zio medico dovrà essere regolato in modo che un medico non abbia sotto
la sua cura un numero d’infermi maggiore di cinquanta”
48

. Inoltre “gli
infermi di malattia contagiosa verranno curati separatamente dagli altri.
Gli infermieri e gli oggetti destinati al loro servizio non potranno essere
adoperati promiscuamente nel servizio delle infermerie comuni”
49

.
L’esercizio professionale di medici e farmacisti era rigidamente disci-
plinato. Nessuno avrebbe potuto “esercitare la medicina o la chirurgia se
non abbia ottenuto il relativo diploma in una Università del Regno”
50

;
come nessuno avrebbe potuto “condurre una farmacia se non è muni-
to del diploma di idoneità e non siavi autorizzato da speciale permesso
del Ministero dell’Interno”
51
. Inoltre ai farmacisti muniti di diploma,
ma non di autorizzazione, era “permesso esercitare la loro professione in
qualità di assistente o di socio di un esercente autorizzato”
52

. La respon-
sabilità, però, del loro operato sarebbe gravata interamente sul titolare.
Infatti “la vendita e il commercio di sostanze medicinali, a dose e in for-
ma di medicamento”
53

non era permessa che ai farmacisti.


Rigorose prescrizioni erano relative ai veleni, o a farmaci in grado di
agire violentemente sull’organismo, “È vietato ai farmacisti lo spedire
materie velenose, o rimedi atti a produrre subiti e grandi effetti anche
in piccola o piccolissima dose, senza la ricetta del medico, o di un ve-
terinario patentato”
54

. Nel caso in cui farmaci di tal genere fossero stati


47

Ivi,

Art 84, p. 1250.

48

Ivi,

Art. 89, p. 1252.

49

Ibidem,

Art. 90.

50

Ivi,

Art. 94, p. 1253.


51

Ibidem,

Art. 97.

52

Ivi,

Art. 98, p. 1254.

53

Ibidem,

Art. 99.

54

Ibidem,

Art. 100.

XX - Il progredire della legislazione sanitaria dall’Unità a Firenze Capitale

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Il volto del potere fra centro e periferia

rio in Distretti, assegnando ciascuno di essi a differenti visitatori”


64

. Gli
emolumenti dei visitatori erano rigidamente fissati nel testo normativo,
con importi che possiamo definire rispondenti ad ogni necessità. “Ogni
visitatore ha diritto ad un onorario di Lire 20 al giorno, pel tempo che
esso avrà dovuto impiegare nell’adempimento del suo mandato. È com-
presa nell’onorario anche l’indennità di viaggio e qualunque altra spesa,
nessuna eccettuata. La nota degli onorari dei visitatori delle farmacie,
sia per le visite ordinarie, che straordinarie, vien liquidata dal Prefet
-
to, sentito il Consiglio Provinciale di Sanità.”
65

. È bene ricordare che la


moneta da 20 Lire, di Vittorio Emanuele II, era una moneta d’oro del
peso di 6,45 grammi, il celebre Marengo e che possedeva un notevole
potere d’acquisto. Le spese per le visite ordinarie alle farmacie erano “a
carico del Governo, quelle per le visite straordinarie, ne’ soli casi in cui
l’esercente si troverà in contravvenzione alla Legge, o al presente Rego-
lamento, saranno a carico dell’esercente stesso”
66

.
Anche la delicata questione dell’apertura di nuove farmacie veniva
affrontata. “Per lo stabilimento di nuove farmacie si procederà a nor-
ma delle Leggi e dei Regolamenti Sanitari attualmente in vigore nel-
le diverse Provincie del Regno, i quali, conformemente all’art. 30 del-
la Legge, in ciò che concerne l’esercizio del commercio e dell’industria
delle farmacie, non sono abrogati. L’istanza per lo stabilimento di una
nuova farmacia dovrà essere diretta al Prefetto, il quale, sentito il pare-
re del Consiglio Provinciale di Sanità, ne fa proposta al Governo”
67

. La
nomina del titolare della “nuova farmacia, o di farmacia rimasta vacan-
te, non potrà avere effetto se pria non sia stata approvata dal Ministro
dell’Interno, al quale unicamente spetta il rilasciare l’atto di autorizza-
zione, di cui è parola nell’Art. 97 del presente
Regolamento
. L’autorizza-
zione all’esercizio della farmacia non potrà darsi in verun caso se non a
titolo personale e vitalizio. La chiusura di una farmacia non potrà esse-
re ordinata che dal Ministro dell’Interno, udito l’avviso del Consiglio
64

Ibidem

Art. 108.

65

Ibidem,

Art. 109.

66

Ivi,

Art. 110, pp. 1256-1257.

67

Ivi,

Art. 111, p. 1257.

425

Superiore di Sanità”
68

.
Nel
Regolamento
venivano contemplate tutte le figure connesse all’eser-
cizio della Medicina e della Farmacia. Non mancavano i Flebotomi, che
avevano il compito di praticare salassi. Per poter operare pubblicamente
era necessario ottenere una “Patente di Idoneità in una delle Università
dello Stato”
69

, o esibire la Patente in loro possesso. Pure le levatrici do-


vevano conseguire una Patente di Idoneità in una Università del Gran-
ducato, o esibire quella in loro possesso. Sia i flebotomi che le levatrici
erano poi obbligati a “registrare la loro Patente d’Idoneità nell’ufficio di
segreteria del Comune dove fossero domiciliati”
70

. Norme rigorose di-


sciplinavano l’attività dei dentisti. Nessuno poteva, infatti, “esercitare
l’arte di dentista” se non avesse prima ottenuto “il Diploma di Chirur-
gia in una Università dello Stato”
71

, o non possedesse già una “regolare


Patente d’Idoneità”
72

.
Delicatissimo era il ruolo dei veterinari a cui non solo spettava la cu-
ra del patrimonio zootecnico italiano, ma la costante vigilanza contro le
epizoozie. Il testo normativo era estremamente chiaro al riguardo: “I ve-
terinari curanti ed i proprietari o ritentori, sotto qualsiasi titolo, di uno
e più animali affetti da malattia d’indole epizootica, o sospetti di esserlo,
debbono tosto darne avviso al Sindaco del Comune, il quale, preso at-
to della fatta dichiarazione, incaricherà sul luogo uno dei membri della
Commissione Municipale di Sanità, un veterinario o il medico condot-
to, di verificare la natura ed il carattere della malattia dichiarata epizo-
otica, o per lo meno sospetta di esserlo. Se i delegati avranno giudicato
la malattia essere epizootica, o per lo meno sospetta, ordineranno sul
luogo quei provvedimenti che stimeranno necessari e di urgenza, onde
poterne arrestare la diffusione. Gli ordini de’ delegati saranno senz’altro
esecutivi ed i renitenti saranno sottoposti alle multe che saranno fissate
68

Ibidem,

Art. 112.

69
Ibidem,

Art. 113.

70

Ivi,

Art. 116, p. 1258.

71

Ibidem,

Art. 117.

72

Ibidem,

Art. 118.

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Il volto del potere fra centro e periferia

dai Regolamenti Comunali di Igiene”


73

.
Compiti specifici erano assegnati ai Sindaci ed ai Prefetti: “Qualora
risultasse, dalla prima ispezione, essersi sviluppata una malattia epizoo-
tica, il Sindaco ne darà immediatamente avviso al Prefetto ed aspetterà
da lui ulteriori disposizioni. Il Prefetto, inteso il Consiglio Provinciale
di Sanità, inviterà il consigliere veterinario a recarsi sul luogo, onde pro-
cedere alla ispezione del bestiame malato ed ordinare tutti quei prov
-
vedimenti che stimerà convenienti”
74

. In tutto il corso della epidemia


“nessun proprietario, o ritentore di animali domestici potrà opporsi al-
le visite che l’autorità credesse fare eseguire da veterinari, all’oggetto
di riconoscere lo stato sanitario dei medesimi e le condizioni igieniche
dei locali in cui fossero tenuti”
75

. Norme rigorose disciplinavano anche


l’attività dei veterinari; l’esercizio della professione era infatti “vietato a
chiunque non abbia ottenuto la Patente d’Idoneità in una delle Scuole
Veterinarie dello Stato”
76

.
Nel Giugno 1865 si procedette comunque per gradi e, per non impe
-
dire a chi fosse privo della Patente in questione l’attività consueta, fu sta-
bilito che: “Gli esercenti la professione di veterinario che, alla data della
pubblicazione del presente Regolamento, mancassero di Patente d’Ido-
neità ma che avessero a loro favore un esercizio pratico di dieci anni al-
meno, presenteranno i relativi documenti al Prefetto della Provincia dove
essi sono stabiliti e, qualora il Consiglio Provinciale di Sanità, all’esame
del quale verranno sottoposti i documenti stessi, li abbia trovati tali da
constatare realmente l’esistenza della condizione espressa di sopra e da
attestare la sufficiente capacità degli esercenti, il Prefetto li autorizzerà,
con atto speciale, alla continuazione della loro professione”
77

.
Non mancavano provvedimenti disciplinari, in caso di gravi inadem-
pienze, a carico di quanti svolgessero attività sotto il diretto controllo
dei Consigli di Sanità. La Legge era estremamente chiara al riguardo e
73
Ivi,

Art. 119, p. 1259.

74

Ibidem,

Art. 120.

75

Ivi,

Art. 122, p. 1260.

76

Ibidem,

Art. 124.

77

Ibidem,

Art. 125.

427

tali provvedimenti erano i seguenti:


“L’ammonizione di I grado.
L’ammonizione di II grado.
La sospensione dall’esercizio da cinque giorni a tre mesi”
78

.
Venivano applicati “sentito l’imputato nelle sue difese”
79

e, in parti-
colare, l’ammonizione di I grado veniva effettuata “in privato” dal Pre-
sidente del Consiglio Provinciale della città. L’ammonizione di II grado
comportava la pubblicazione nell’albo pretorio del Comune dei moti-
vi che l’avevano originata, mentre la sospensione consisteva “nel vietare
all’imputato l’esercizio della sua professione entro i limiti del Comune
dove ha stabilito la sua residenza”
80

.
In ogni centro abitato di rilievo si doveva poi provvedere, fra il 1865
e il 1866, ad una inchiesta generale:
“1) Sulle abitazioni e sui luoghi insalubri.
2) Sugli stabilimenti insalubri.
3) Sullo stato sanitario delle popolazioni addette alle manifatture ed
all’industria agricola.
4) Sulle acque potabili.
5) Sull’alimentazione delle classi povere e meno agiate.
6) Sugli stabilimenti sanitari, tanto pubblici che privati.
7) Sugli stabilimenti termali.
8) Sulle risaie.
9) Sulle maremme e terreni paludosi, sotto il rapporto della sanità
pubblica”
81

.
Lo Stato unitario mostrava coerenza e coesione ed anche i problemi sa-
nitari, pur emergendo in tutto il loro variegato spessore, venivano affron-
tati con determinazione, ben consci dei loro riflessi politici e sociali.
78

Ivi,

Art. 128, p. 1261.

79

Ibidem.

80

Ivi,
Art. 130, p. 1262.

81

Ivi,

Art. 138, pp. 1263-1264.

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Il volto del potere fra centro e periferia

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