419
.
Le sepolture erano oggetto di norme scrupolose e venivano definiti-
vamente abolite le inumazioni all’interno di chiese, chiostri e cappelle
che, dopo il divieto napoleonico, erano state nuovamente concesse all’in-
domani della Restaurazione. Le disposizioni al riguardo erano tassative:
“Non si potrà procedere alla sepoltura dei cadaveri se non sieno trascorse
ventiquattro ore dalla morte, nei casi ordinari e quarantotto nei casi di
morte improvvisa, eccetto il caso di urgenza, riconosciuto e dichiarato
tale dalla Commissione Municipale di Sanità, per gravi motivi di salute
pubblica. In tale frattempo non sarà lecito abbandonare il cadavere, né
di coprirgli la faccia, né di porlo in condizione qualunque che possa es-
sere di ostacolo alla manifestazione della vita, quando la morte non fosse
che apparente”
39
. Era
rigorosamente “vietato di dare sepoltura nelle chiese, templi, cappelle
ed altri luoghi destinati al culto”
41
.
Particolare attenzione doveva essere prestata nei confronti di malati
deceduti per epidemie, o per malattie contagiose. “Nel caso di persone
morte in luogo ove, all’epoca della morte, regnava un’epidemia, il Pre-
fetto ed il Ministero non potranno autorizzare il trasporto dei cadaveri
fuori del Comune se non che in seguito del voto favorevole del Consiglio
Superiore di Sanità. Tale permesso non sarà mai conceduto nel caso di
38
Ivi,
39
Ivi,
40
Ivi,
41
Ibidem,
Art. 65.
.
La legge affrontava con decisione la
Tutela della sanità propriamen
-
te detta,
nel Titolo IV. Le malattie epidemiche erano collocate al primo
posto. “I Prefetti ed i Sottoprefetti quando abbiano riconosciuto esservi
Comuni dove alcune speciali malattie si sviluppano in modo costante in
molte parti della popolazione ... vi durano diuturnamente, o cessano e
tornano a periodi regolari, inviteranno i Consigli Provinciali, o Circon-
dariali di Sanità a scegliere uno o due dei loro membri, fra i dottori di
medicina, con l’incarico di recarsi sui luoghi e di esaminare se le malat-
tie di cui si tratta siano veramente prodotte, o per lo meno favorite, da
cause particolari ai luoghi stessi e, nel caso affermativo, quali sieno code-
ste cause, come toglierle, o impedirne, o scemarne gli effetti”
45
. Di fron-
te ad una patologia conclamata non si doveva esitare: “Manifestandosi
in qualche Comune una malattia di natura evidentemente pericolosa e
diffusiva, o da potersi sospettare per tale, gli esercenti l’arte salutare che
avranno avuto occasione di osservarla ne daranno tosto avviso al Sinda-
co, il quale convocherà immediatamente la Commissione Municipale
di Sanità. La Commissione ... dichiarerà se, a parere suo, la malattia de-
nunziata abbia carattere veramente epidemico, o debba dirsi solamente
sospetta, suggerendo, al tempo stesso, i provvedimenti che stimerà ne-
cessari ad arrestarne la propagazione”
46
.
La dichiarazione della Commissione Municipale di Sanità doveva es-
sere subito trasmessa al Prefetto per far agire il Consiglio Provinciale di
Sanità. Quest’ultimo avrebbe inviato sul luogo uno dei suoi membri per
“visitare le persone affette, sospette di malattia epidemica o contagiosa,
42
Ivi,
43
Ivi,
44
Ibidem.
45
Ivi,
p. 1249.
46
Ivi,
Art. 82, p. 1250.
421
.
Ospedali e case di salute erano oggetto di particolare attenzione e, per
cercare di garantire le migliori terapie per i pazienti, non si esitava ad af-
fermare: “In ogni stabilimento sanitario ... meno casi eccezionali, il servi-
zio medico dovrà essere regolato in modo che un medico non abbia sotto
la sua cura un numero d’infermi maggiore di cinquanta”
48
. Inoltre “gli
infermi di malattia contagiosa verranno curati separatamente dagli altri.
Gli infermieri e gli oggetti destinati al loro servizio non potranno essere
adoperati promiscuamente nel servizio delle infermerie comuni”
49
.
L’esercizio professionale di medici e farmacisti era rigidamente disci-
plinato. Nessuno avrebbe potuto “esercitare la medicina o la chirurgia se
non abbia ottenuto il relativo diploma in una Università del Regno”
50
;
come nessuno avrebbe potuto “condurre una farmacia se non è muni-
to del diploma di idoneità e non siavi autorizzato da speciale permesso
del Ministero dell’Interno”
51
. Inoltre ai farmacisti muniti di diploma,
ma non di autorizzazione, era “permesso esercitare la loro professione in
qualità di assistente o di socio di un esercente autorizzato”
52
. La respon-
sabilità, però, del loro operato sarebbe gravata interamente sul titolare.
Infatti “la vendita e il commercio di sostanze medicinali, a dose e in for-
ma di medicamento”
53
Ivi,
48
Ivi,
49
Ibidem,
Art. 90.
50
Ivi,
Ibidem,
Art. 97.
52
Ivi,
53
Ibidem,
Art. 99.
54
Ibidem,
Art. 100.
424
. Gli
emolumenti dei visitatori erano rigidamente fissati nel testo normativo,
con importi che possiamo definire rispondenti ad ogni necessità. “Ogni
visitatore ha diritto ad un onorario di Lire 20 al giorno, pel tempo che
esso avrà dovuto impiegare nell’adempimento del suo mandato. È com-
presa nell’onorario anche l’indennità di viaggio e qualunque altra spesa,
nessuna eccettuata. La nota degli onorari dei visitatori delle farmacie,
sia per le visite ordinarie, che straordinarie, vien liquidata dal Prefet
-
to, sentito il Consiglio Provinciale di Sanità.”
65
.
Anche la delicata questione dell’apertura di nuove farmacie veniva
affrontata. “Per lo stabilimento di nuove farmacie si procederà a nor-
ma delle Leggi e dei Regolamenti Sanitari attualmente in vigore nel-
le diverse Provincie del Regno, i quali, conformemente all’art. 30 del-
la Legge, in ciò che concerne l’esercizio del commercio e dell’industria
delle farmacie, non sono abrogati. L’istanza per lo stabilimento di una
nuova farmacia dovrà essere diretta al Prefetto, il quale, sentito il pare-
re del Consiglio Provinciale di Sanità, ne fa proposta al Governo”
67
. La
nomina del titolare della “nuova farmacia, o di farmacia rimasta vacan-
te, non potrà avere effetto se pria non sia stata approvata dal Ministro
dell’Interno, al quale unicamente spetta il rilasciare l’atto di autorizza-
zione, di cui è parola nell’Art. 97 del presente
Regolamento
. L’autorizza-
zione all’esercizio della farmacia non potrà darsi in verun caso se non a
titolo personale e vitalizio. La chiusura di una farmacia non potrà esse-
re ordinata che dal Ministro dell’Interno, udito l’avviso del Consiglio
64
Ibidem
Art. 108.
65
Ibidem,
Art. 109.
66
Ivi,
67
Ivi,
425
Superiore di Sanità”
68
.
Nel
Regolamento
venivano contemplate tutte le figure connesse all’eser-
cizio della Medicina e della Farmacia. Non mancavano i Flebotomi, che
avevano il compito di praticare salassi. Per poter operare pubblicamente
era necessario ottenere una “Patente di Idoneità in una delle Università
dello Stato”
69
.
Delicatissimo era il ruolo dei veterinari a cui non solo spettava la cu-
ra del patrimonio zootecnico italiano, ma la costante vigilanza contro le
epizoozie. Il testo normativo era estremamente chiaro al riguardo: “I ve-
terinari curanti ed i proprietari o ritentori, sotto qualsiasi titolo, di uno
e più animali affetti da malattia d’indole epizootica, o sospetti di esserlo,
debbono tosto darne avviso al Sindaco del Comune, il quale, preso at-
to della fatta dichiarazione, incaricherà sul luogo uno dei membri della
Commissione Municipale di Sanità, un veterinario o il medico condot-
to, di verificare la natura ed il carattere della malattia dichiarata epizo-
otica, o per lo meno sospetta di esserlo. Se i delegati avranno giudicato
la malattia essere epizootica, o per lo meno sospetta, ordineranno sul
luogo quei provvedimenti che stimeranno necessari e di urgenza, onde
poterne arrestare la diffusione. Gli ordini de’ delegati saranno senz’altro
esecutivi ed i renitenti saranno sottoposti alle multe che saranno fissate
68
Ibidem,
Art. 112.
69
Ibidem,
Art. 113.
70
Ivi,
71
Ibidem,
Art. 117.
72
Ibidem,
Art. 118.
426
.
Compiti specifici erano assegnati ai Sindaci ed ai Prefetti: “Qualora
risultasse, dalla prima ispezione, essersi sviluppata una malattia epizoo-
tica, il Sindaco ne darà immediatamente avviso al Prefetto ed aspetterà
da lui ulteriori disposizioni. Il Prefetto, inteso il Consiglio Provinciale
di Sanità, inviterà il consigliere veterinario a recarsi sul luogo, onde pro-
cedere alla ispezione del bestiame malato ed ordinare tutti quei prov
-
vedimenti che stimerà convenienti”
74
.
Nel Giugno 1865 si procedette comunque per gradi e, per non impe
-
dire a chi fosse privo della Patente in questione l’attività consueta, fu sta-
bilito che: “Gli esercenti la professione di veterinario che, alla data della
pubblicazione del presente Regolamento, mancassero di Patente d’Ido-
neità ma che avessero a loro favore un esercizio pratico di dieci anni al-
meno, presenteranno i relativi documenti al Prefetto della Provincia dove
essi sono stabiliti e, qualora il Consiglio Provinciale di Sanità, all’esame
del quale verranno sottoposti i documenti stessi, li abbia trovati tali da
constatare realmente l’esistenza della condizione espressa di sopra e da
attestare la sufficiente capacità degli esercenti, il Prefetto li autorizzerà,
con atto speciale, alla continuazione della loro professione”
77
.
Non mancavano provvedimenti disciplinari, in caso di gravi inadem-
pienze, a carico di quanti svolgessero attività sotto il diretto controllo
dei Consigli di Sanità. La Legge era estremamente chiara al riguardo e
73
Ivi,
74
Ibidem,
Art. 120.
75
Ivi,
76
Ibidem,
Art. 124.
77
Ibidem,
Art. 125.
427
.
Venivano applicati “sentito l’imputato nelle sue difese”
79
e, in parti-
colare, l’ammonizione di I grado veniva effettuata “in privato” dal Pre-
sidente del Consiglio Provinciale della città. L’ammonizione di II grado
comportava la pubblicazione nell’albo pretorio del Comune dei moti-
vi che l’avevano originata, mentre la sospensione consisteva “nel vietare
all’imputato l’esercizio della sua professione entro i limiti del Comune
dove ha stabilito la sua residenza”
80
.
In ogni centro abitato di rilievo si doveva poi provvedere, fra il 1865
e il 1866, ad una inchiesta generale:
“1) Sulle abitazioni e sui luoghi insalubri.
2) Sugli stabilimenti insalubri.
3) Sullo stato sanitario delle popolazioni addette alle manifatture ed
all’industria agricola.
4) Sulle acque potabili.
5) Sull’alimentazione delle classi povere e meno agiate.
6) Sugli stabilimenti sanitari, tanto pubblici che privati.
7) Sugli stabilimenti termali.
8) Sulle risaie.
9) Sulle maremme e terreni paludosi, sotto il rapporto della sanità
pubblica”
81
.
Lo Stato unitario mostrava coerenza e coesione ed anche i problemi sa-
nitari, pur emergendo in tutto il loro variegato spessore, venivano affron-
tati con determinazione, ben consci dei loro riflessi politici e sociali.
78
Ivi,
79
Ibidem.
80
Ivi,
Art. 130, p. 1262.
81
Ivi,
428