1
Gabriella Marucci - Ernesto Di Renzo
FRATELLI IN GROTTA
UN RITUALE MASCHILE DI SOLIDARIETÀ
(1999)
2
Gabriella Marucci (a cura di)
IL VIAGGIO SACRO
CULTI PELLEGRINALI E SANTUARI IN ABRUZZO
(2000)
ABRUZZO RITUALE
collana diretta da
GABRIELLA MARUCCI
3
RITA SALVATORE
SANTE MARIE
DEGLI ALBERI
CULTI MARIANI ARBOREI
IN ABRUZZO
ANDROMEDA EDITRICE
Direttore Editoriale
DOMENICO VERDONE
Coordinamento Editoriale
A. RITA MAGAZZENI
Stampa
GRAFICHE D.V. - ROMA
Foto documentarie di
GIANFRANCO PILATI
ANDROMEDA EDITRICE
64042 COLLEDARA (TE)
TEL. 0861.699014 FAX 0861.699000
e-mail: andromedit@tin.it
www.andromedaeditrice.it
© Copyright 2002
Tutti i diritti riservati ISBN 88-86728-85-9
INDICE
PARTE I
MADONNE E ALBERI TRA LUOGHI E IDENTITÀ CULTURALI
MADONNE ARBOREE. DEFINIZIONE DI UNA TIPOLOGIA ” 19
La ierofania arborea ” 22
Sistemazione spaziale (reale e/o leggendaria) dell’albero sacro ” 23
Pratiche rituali connesse all’elemento arboreo ” 24
Rappresentazione iconografica ” 26
TEMPI E LUOGHI DELLE IEROFANIE ARBOREE ” 29
I boschi sacri abruzzesi ” 39
Cristianizzazione dei culti arborei ” 42
SANTA MARIA DELL’ALBERO COME DEA LOCI.
TERRITORIALIZZAZIONE DEL CULTO MARIANO ” 45
Ierofania come sacralizzazione del territorio ” 47
Ambiente, culto, cultura ” 49
Il mito a fondamento del processo antropico-cultuale ” 52
UNA MARIA, UN “VILLAGGIO”, UN POPOLO ” 55
Marie glocali ” 57
PARTE II
CASI DI STUDIO
LA RICERCA ” 65
MADONNA DELL’ALNO ” 69
Il contesto storico-ambientale ” 69
La leggenda di fondazione ” 71
Il luogo di culto ” 74
I rituali ” 76
Ideografia dell’albero ” 80
Da oltreoceano ” 82
MADONNA DEL CARPINE pag. 85
Il contesto storico-ambientale ” 85
La leggenda di fondazione ” 90
Il luogo di culto ” 92
I rituali ” 94
Ideografia dell’albero ” 98
Il culto ed il suo omologo oltreoceanico ” 100
MADONNA DEL CROGNALE ” 103
Il contesto storico-ambientale ” 103
La leggenda di fondazione ” 105
Il luogo di culto ” 109
I rituali ” 113
Ideografia dell’albero ” 116
MADONNA DELL’ELCINA ” 119
Il contesto storico-ambientale ” 119
La leggenda di fondazione ” 120
Il luogo di culto ” 123
I rituali ” 126
Ideografia dell’albero ” 129
Il culto ed il suo omologo oltreoceanico ” 131
MADONNA DELLA QUERCIA ” 133
Il contesto storico-ambientale ” 133
La leggenda di fondazione ” 134
Il luogo di culto ” 137
I rituali ” 141
Ideografia dell’albero ” 146
Il culto ed il suo omologo oltreoceanico ” 148
MADONNA DELLO SPLENDORE ” 151
Il contesto storico-ambientale ” 151
La leggenda di fondazione ” 154
Il luogo di culto ” 156
I rituali ” 162
Ideografia dell’albero ” 168
APPENDICE ” 171
Repertorio delle madonne arboree abruzzesi ” 173
Elenco di alcune madonne arboree in Italia ” 174
INTRODUZIONE
ninfe silvane connesse alle acque, alle grotte, agli alberi. Per citare
solo un caso, Margherita, santa eremita titolare di un santuario
rupestre situato nei pressi di Pettorano sul Gizio (AQ), appartiene
a questa tipologia. Insieme a molte altre eredi delle divinità fem-
minili pre-romane e romane custodi dei luci, i boschi sacri, e ad una
folla di martiri, di santi e di epiclesi mariane, nel cui nome vengo-
no celebrati rogazioni, culti primiziali, riti idro-litoiatrici, pellegri-
naggi e processioni contrassegnati da arcaici simbolismi.
Frutto di ben più complessi concatenamenti e di ripetute opera-
zioni sincretiche è, per restare in tema, uno dei più famosi santi del
cristianesimo: san Michele arcangelo. Già erede del dio solare vedi-
co-iraniano Mitra, l’angelo guerriero esordì nelle Scritture vetero-
testamentarie. Con l’avvento del cristianesimo, scivolò quasi inav-
vertito nella nuova religione, divenendo destinatario in tutta l’area
medio-orientale di culti incentrati sulle acque e sulle rocce.
Arrivato in Puglia grazie agli intensi rapporti commerciali della
Daunia con l’Impero bizantino, Michele si “impadronì” in brevissi-
mo tempo dei preesistenti culti di origine greca, enfatizzando alcu-
ne sue caratteristiche pastorali e divenendo il titolare dell’ormai
celebre santuario garganico. Penetrato in Abruzzo attraverso i trat-
turi e il favore dei pastori transumanti, il culto si diffuse in tutta
l’Italia e, tramite l’attivo sostegno dei Longobardi, che ne enfatiz-
zarono l’impronta bellica, in tutta l’Europa. In Abruzzo, come in
altre regioni dotate di un’economia a carattere prevalentemente
pastorale, l’angelo si sovrappose totalmente alla più lungamente
cultuata divinità italica, Ercole, assumendone patrocini, atteggia-
menti iconografici, località santuariali.
La figura della Madonna, cui l’arcangelo è spesso associato in
leggende, in culti e in effigi, costituisce un ulteriore, calzante esem-
pio della continuità e della persistenza di idee e credenze di origi-
ne molto remota, continuamente riadattate e rifunzionalizzate, per
essere infine accolte nell’alveo del cristianesimo e trovarvi nuovo
slancio e nuova linfa.
Popolarissima, notissima anche fra i non cattolici, la Madonna
è un Essere poliedrico e polifunzionale, che proprio nella inesauri-
SANTE MARIE DEGLI ALBERI
12
bile molteplicità dei suoi aspetti rivela il lungo percorso che l’ha
preceduta e preparata.
Tutti i motivi e i temi mitici attribuitile anche dogmaticamente
provengono dall’Oriente neolitico e post-neolitico, con la più anti-
ca divinità che si conosca, la Grande Dea o Dea Madre, nelle sue
tante manifestazioni locali, a loro volta eredi di culti molto più anti-
chi, diffusi nell’intero mondo antico, dall’Asia Minore al Nilo, dalla
Grecia alla valle dell’Indo.
In Europa, la Grande Dea preistorica è stata l’incarnazione della
fertilità: pura e immacolata, creava la vita da se stessa, compiendo
incessantemente il miracolo di far nascere fiori, piante, boschi, di
far zampillare sorgenti e fiumi. Uomini e animali si nutrivano di
Lei, così come i defunti venivano custoditi in Lei. Molte Grandi
Madri furono partenogenetiche e tali restarono per tutto il
Paleolitico, il Neolitico e, in tutto il mondo mediterraneo, per gran
parte dell’Età del Bronzo. Poi, sotto l’influsso delle culture indo-
europee e in risposta alle mutate condizioni socio-politiche, si tra-
sformarono in spose e figlie di divinità maschili uraniche.
Ma il culto della Dea sopravvisse tenacemente fino agli inizi del
cristianesimo, con i culti misterici che nel mondo greco-romano si
mantennero incentrati su numerose figure femminili.
Dal 431 d.C., con la proclamazione di Maria Madre di Dio
(Theotokos) e la soppressione in tutto l’Impero romano delle religio-
ni pagane, le Grandi Dee si fusero nella Madonna, unica erede di
tutti i loro nomi e di tutte le loro forme. Per avere un’idea di quan-
to profondo sia questo radicamento dell’una nelle altre, può essere
sufficiente scorrere le litanie o sfogliare gli annuari di una qualsia-
si diocesi cattolica, per “scoprire” le decine di nomi e appellativi
riconosciutile. Tuttora, a Torino, una famosa chiesa dedicata alla
Madonna, è nota col nome di “Chiesa della Gran Madre”, e all’in-
terno della sua mole tondeggiante custodisce le ossa di 5000 solda-
ti della I Guerra Mondiale.
Ma questa straordinaria sintesi divina esprimeva una novità:
Maria era, è, una donna, del tutto comune, sebbene prescelta (non
se ne conoscono i motivi, i Vangeli non vi fanno alcun cenno) per
INTRODUZIONE 13
Gabriella Marucci
PARTE I
MADONNE E ALBERI
TRA LUOGHI E IDENTITÀ CULTURALI
19
MADONNE ARBOREE
DEFINIZIONE DI UNA TIPOLOGIA
1. Per maggiori dettagli al riguardo si rimanda alla lettura delle appendici di fondo.
2. W.A. CHRISTIAN JR., The delimitation of sacred space and the visions of Ezquioga, in S.
BOESCH GAJANO, L. SCARAFFA (a cura di), Luoghi sacri e spazi della santità, Torino,
Rosenberg & Sellier, 1990, p. 85.
SANTE MARIE DEGLI ALBERI
20
7. L’importante legame tra gli Acquaviva e gli Aragonesi venne suggellato nel 1478 da
un riconoscimento concesso a Giulio Antonio Acquaviva da parte di Ferdinando di
Aragona, in base al quale la nobile famiglia atriana aggiungeva al proprio cognome
anche quello reale di Aragona (cfr. AA.VV., Gli Acquaviva d’Aragona. Duchi di Atri e Conti
di San Flaviano, Atti del VI Convegno, Teramo, Edigrafital, 1989, Vol. III, p. 9). Per quan-
to riguarda il loro impegno in ambito religioso può essere importante ricordare che la
potente casata, oltre a numerosi cardinali, annoverava tra i suoi discendenti: Giovan
Girolamo I, il quale prese parte alla battaglia navale di Lepanto (1571) contro i Turchi;
il Cardinale Troiano, ministro del Re di Spagna; Ottaviano, cardinale e arcivescovo di
Napoli, direttamente impegnato nella disputa sul dogma della Immacolata Concezione
(M.A. PAVONE, Santa Maria di Propezzano. Un’annunciazione e scene relative alla fondazione
della basilica, in AA.VV., La valle del medio e basso Vomano, Teramo, TERCAS, 1986, p. 426).
Ma il dato più significativo in termini di diffusione del patrimonio cultuale è sicura-
mente costituito dall’alto grado di popolarità che il pellegrinaggio in direzione di
Santiago de Compostela raggiunse durante il predominio aragonese, dato riscontrabile
anche presso la cattedrale di Atri che contiene un veneratissimo dipinto della Vergine
del Pilar (cfr. P.Z. ULISSE, L’Abside degli Acquaviva della Cattedrale di Atri, in, AA.VV., Gli
Acquaviva d’Aragona, cit., p. 57).
8. T. SEPPILLI, cit., pp. 101-117.
9. Per leggende di fondazione si intendono particolari «narrazioni di avvenimenti pro-
digiosi, verificatisi in località più o meno determinate, i quali diedero avvio alla costru-
zione di un edificio sacro e quindi alla instaurazione di un culto» (G. PROFETA, Le leg-
gende di fondazione dei santuari. Avvio ad un’analisi morfologica, in “LARES”, XXXVI, fasc.
III-IV, p. 245).
SANTE MARIE DEGLI ALBERI
22
La ierofania arborea
11. «Microcosm and catalyst of holiness, ritual and architectural centrepiece, the altar reprodu-
ces on a small scale the entire temple and the universe itself. It is the place in which the most
powerful distillation of holiness, since on or near is the place of sacrifice, that is to say of
something which makes holy. For this reason it is raised (altum) above its surroundings» (J.
CHEVALIER, A. GHEERBRANT, A Dictionary of Symbols, London, Penguin, 1996, p. 18).
DEFINIZIONE DI UNA TIPOLOGIA 25
12. «Il “significato operativo” - dice Turner - riguarda non quello che le persone dicono
su di un simbolo, ma come esse agiscono in riferimento a esso» (V. TURNER, E. TURNER,
op. cit., p. 195).
13. Cfr. T. SEPPILLI, cit., p. 107. Per un esempio sulla continuità di tali pratiche, reiterate-
si nel tempo a livello inconscio, si rimanda alla lettura della sezione riservata alla
Madonna del Crognale, nella seconda parte del saggio (pp. 113-115).
SANTE MARIE DEGLI ALBERI
26
Rappresentazione iconografica
14. F. ROMANO, Madonne che piangono. Visioni e miracoli di fine millennio, Roma, Meltemi,
1997, p. 19.
DEFINIZIONE DI UNA TIPOLOGIA 27
15. Il significato esegetico riguarda l’interpretazione del simbolo fornita dai locali, ossia
da coloro che in prima persona partecipano del culto e prendono parte ai rituali. (Cfr.
V. TURNER, E. TURNER, op. cit., p. 299).
16. Ibidem, p. 287.
29
I boschi cananei
Anche la regione del Canaan conobbe, a partire dal II millen-
nio a.C., una divinità femminile legata a contesti arborei. Si
tratta della dea Ashera, il cui culto, menzionato per la prima
volta in un’iscrizione sumerica del 1750 a.C., perdurò nella
parte settentrionale di Israele per altri mille anni. Il suo nome
avrebbe avuto originariamente il significato di “utero”, termi-
ne riconducibile ad una dea della fertilità, strettamente con-
nessa ai cicli riproduttivi.22 Alla luce di questa sua tipizzazio-
ne, risulta chiaro come una ierofania vegetale non potesse che
enfatizzare il suo aspetto di “datrice di vita”. I suoi luoghi di
culto erano perciò rappresentati principalmente da boschi,
sacralizzati attraverso la presenza di un qualche asherim: scul-
ture lignee ritraenti la dea e ricavate dalla lavorazione degli
alberi ierofanici.23 Questa devozione si sarebbe affermata in
modo tale che quasi ogni colle cananeo avrebbe custodito sulla
sua sommità una di quelle icone. E d’altra parte, l’identifica-
zione della divinità con l’ambientazione silvestre non può che
essere stata totale, se anche la Bibbia, riferendosi ad Ashera, la
definisce come «quella del boschetto».
24. R. COOK, L’albero della vita. Le radici del cosmo, Como, Edizioni red., 1987; A.M. DI
NOLA, cit., pp. 129-132.
25. A.M. DI NOLA, cit., p. 130.
26. Secondo la lettura fornita da E.O. James, fu proprio da questa isola che il culto della
Grande Madre penetrò nell’Occidente. Il ritrovamento in territorio iberico di numerose
statue con forme molto vicine a quelle rinvenute presso il Mediterraneo Orientale, sug-
gerirebbe che i primi popoli neolitici stanziatisi nel continente fossero familiari con i
culti orientali di divinità femminili (E.O. JAMES, The Cult of the Mother Goddess, London,
Thames & Hudson, 1959, p. 44).
TEMPI E LUOGHI DELLE IEROFANIE ARBOREE 33
era ritenuta sacra, perché, secondo una leggenda locale, era giunta dal cielo e mandata
agli uomini direttamente dagli dei. La città di Efeso, inoltre, era stata già culla del culto
intitolato alla Grande Dea anatolica Cibele, e nel 431 d.C. (a distanza di circa mille anni
dall’affermarsi del culto ellenico) divenne sede di quell’importante Concilio, nel corso
del quale Maria fu ufficialmente riconosciuta come Madre di Dio.
36. Tra i numerosi boschi intitolati a Diana, il più noto alla letteratura storico-religiosa
è sicuramente quello di Nemi, di frazeriana memoria.
SANTE MARIE DEGLI ALBERI
36
37. Cfr. R. GRAVES, La Dea Bianca. Grammatica storica del mito poetico, Milano, Adelphi,
1992, p. 296.
38. Cfr. T. SEPPILLI, cit., pp. 108-110.
39. La quasi totalità delle fonti sulle popolazioni celtiche è di matrice greca, latina e
medievale e nella maggiorparte dei casi risulta influenzata da letture etnocentriche.
(AA.VV., Dizionario delle religioni, Torino, Einaudi, 1993, p. 136).
40. Cfr. J. BROSSE, op. cit., p. 84.
41. Cfr. AA.VV., Dizionario delle religioni, cit., p. 211.
42. J. BROSSE, op. cit., p. 83. I Celti furono una popolazione di origine indoeuropea che
TEMPI E LUOGHI DELLE IEROFANIE ARBOREE 37
fece la sua prima comparsa nei pressi delle sorgenti del Danubio e del Rodano intorno
al I millennio a.C. Vissero la loro massima espansione tra il V ed il III secolo a. C., quan-
do arrivarono a insediarsi su gran parte del Mediterraneo e dell’Europa. Per quanto
riguarda il panorama italiano, furono presenti su tutta la vallata del Po, in Puglia e in
Sicilia; a Oriente raggiunsero la Grecia e l’Asia Minore; a Occidente la Francia, la
Spagna, il Portogallo; i territori sui quali la loro cultura permase più a lungo furono
l’Irlanda e la Gran Bretagna. Nell’economia di questo saggio, inoltre, potrebbe essere
utile considerare che tracce della presenza celtica sarebbero state rilevate anche in
Abruzzo, soprattutto per quanto riguarda il panorama delle necropoli (Cfr. a proposito
G. SGATTONI, L’Abruzzo antico, Lanciano (CH), Carabba, 1979, pp. 233-236).
43. A. DE GUBERNATIS, Un’antica madre: la quercia, in http://utenti.tripod.it/ studipoli-
teisti/quercia.htm, p. 4.
44. Relativamente a questi suoi tratti distintivi, potrebbe essere importante notare come
SANTE MARIE DEGLI ALBERI
38
l’omologazione tra l’albero e l’idea di potenza ritorni frequentemente anche sul piano
semantico, con connessione ai più diffusi tipi di quercia. Laddove il tipo “rovere” deri-
va direttamente dal latino vis, roboris (forza, vigore), il tipo “cerro” mostrerebbe più
profonde valenze che vedrebbero la quercia omologata alla pietra. Il termine latino cer-
rus, infatti, deriverebbe dalla radice indoeuropea *kar (duro), dalla quale trarrebbe ori-
gine anche carra (pietra). (Cfr. R. CAVALLARO, La pietra, la quercia e i cavalieri. San Biagio
tra folklore e mito, Roma, SEAM, 1996, pp. 76-78). L’unità semantica sembra inoltre con-
fermata in allusioni avanzate da autori come Esiodo e Omero, i quali, con l’espressione
«discorrere della quercia e della roccia», riconoscono tanto alla quercia quanto alla pie-
tra uguale potere antropogonico. (Cfr. J. BROSSE, op. cit., p. 14) Quercia e pietra, dunque,
come sedi omologhe dell’origine dell’uomo e per questo ricettacoli della divinità mater-
na. Non è casuale, infatti, che la Grande Madre riconosca quale sede preferenziale delle
sue epifanie sia il contesto arboreo che quello litico.
45. Cfr. in proposito A. DE GUBERNATIS, cit., pp. 1-2.
46. J. BROSSE, op. cit., p. 78.
TEMPI E LUOGHI DELLE IEROFANIE ARBOREE 39
47. «La religiosità italica non era stata in origine legata a luoghi di culto, ma alla natu-
ra nei cui ambiti era immanente la divinità, tanto che i primi santuari [...] non dovette-
ro essere altro che semplici altari all’aperto. Questi primi luoghi di culto […] andarono
lentamente consolidandosi nei loro rapporti con le tipiche forme sparse dell’abitato ita-
lico […] Gli stretti legami con Roma avviatisi dalla fine del IV sec. a.C. e poi la pro-
gressiva diffusione di influssi ellenistici nelle aree della media Italia adriatica con il II
sec. a.C. non mancarono di costituire un forte stimolo alla progressiva sistemazione e
poi monumentalizzazione dei luoghi di culto» (A.R. STAFFA - a cura di -, Loreto Aprutino
ed il suo territorio dalla Preistoria al Medioevo, Pescara, Carsa, 1998, p. 42).
48. Tracce del culto intitolato a Feronia sono state rinvenute presso le località di
Poggioragone di Loreto Aprutino (PE), di Amiterno (AQ), di Civita di Bagno (AQ) (cfr.
Ibidem, p. 54). Secondo il Palma, un tempio dedicato a questa dea si sarebbe trovato
anche nella campagna ad Occidente del fosso del Gesso, a due miglia da Teramo. (Cit.
in G. SGATTONI, op. cit., p. 279).
SANTE MARIE DEGLI ALBERI
40
Dio, portata dagli angeli alati attraverso le vie del cielo, era venuta
a svellere il peccato» e a portare conforto a tutti i peccatori. Per que-
sto fu chiamata Santa Maria della Consolazione.
Questo racconto, seppur filtrato attraverso il codice mitico-leg-
gendario, mostra chiaramente come spesso il cristianesimo si sia
andato sostituendo ai culti pre-esistenti, anche in termini spaziali.
Un tema, questo della continuità/discontinuità cultuale, che ci
proietta nel vivo delle argomentazioni trattate nel paragrafo che
segue.
54. Nel 452 il Concilio di Arles legiferò contro il culto degli alberi, delle fontane e delle
pietre; nel 567 e nel 568 i Concili di Tour e di Nantes definirono i rituali svolti in pros-
simità di boschi come veri e propri sacrilegi (J. BROSSE, op. cit., p. 156).
TEMPI E LUOGHI DELLE IEROFANIE ARBOREE 43
58. Prendendo spunto dal fenomeno pellegrinale abruzzese delle Sette Madonne Sorelle,
Giuseppe Profeta riflette sul processo di ipostatizzazione affermando che: «le varie
Madonne create dalla suddetta operazione sono “altre” e sono la “stessa” (aliae et eadem),
sono differenti e sono identiche, perché, tutto sommato, sono un aspetto denominato ed
ipostatizzato dello stesso personaggio sacro, e stanno in bilico, a seconda degli stati di
coscienza, tra unicità e molteplicità» (G. PROFETA, I sistemi di tutela sacrale del territorio e i san-
tuari mariani delle “sette Sorelle”, in “Abruzzo”, Chieti, Vecchio Faggio, XXX, 1992, p. 250).
Questo fenomeno di “atomizzazione” del culto mariano visse un momento di particolare
intensità nei secoli XV-XVII, diffondendosi capillarmente su tutto il territorio europeo.
SANTA MARIA DELL’ ALBERO COME DEA LOCI 47
59. Tali dettagli possono essere chiaramente rintracciati anche nelle leggende di fonda-
zione relative ai culti presi in esame nella seconda parte di questo volume.
60. Cfr. T. SEPPILLI, cit., p. 106.
61. F. DE BOECK, The Rootedness of Trees, in N. LOVELL (a cura di), Locality and Belonging,
London, Routledge, 1998, p. 25: «L’immagine dell’albero, e per estensione quella del
SANTE MARIE DEGLI ALBERI
48
territorio, diventano i mezzi attraverso cui un luogo del paesaggio sociale viene “radi-
cato” in una dimensione storica fisica e materiale» [Trad. dell’A.].
62. Nella città messicana di Tlaxala ocote sarebbe il fitonimo locale usato per indicare un
tipo di pino. A questa specie vegetale sarebbe da ricollegare anche la denominazione
della Nostra Signora di Ocotlàn, divinità tutelare della città, e titolare di uno dei più
noti pellegrinaggi messicani. (E. TURNER, V. TURNER, op. cit., pp. 103-109).
63. Ibidem, p. 110.
64. Come giustamente afferma la Lovell, un paesaggio è trasformato in luogo soltanto
attraverso l’azione culturale dell’uomo: «Landscapes are turned into places by human
action, and specific places are notionally extracted out of undifferentiated space by becoming
imbued with particular meaning by, and for, human sociality ad identity» (N. LOVELL, op.
cit., p. 6).
65. Gli elementi dell’ambiente, in virtù della loro inclusione in un sistema cultuale,
divengono altro da sé, si permeano di valenze che vanno oltre le loro caratteristiche
“naturali”, entrano a far parte dell’universo segnico di una cultura. Come afferma H. D.
Duncan, «as we symbolize nature we make it a scene or stage upon which we enact our drama
of social order. Thus, the environment of man is a symbolic environment. He acts in and throu-
gh symbolization of his physical and biological environment». (Cit. in E.G. ERICKSEN, The
Territorial Experience. Human Ecology as Symbolic Interaction, University of Texas, 1980, p.
23). Perciò nel rapporto con il suo territorio, l’uomo ne seleziona alcune parti significa-
tive, in grado, anche se a livello simbolico, di rispondere a quelle che sono le sue esi-
genze biologico-sociali: «we must accept the premise that human beings act in and through
their physical world much of the time. The person is a selector of stimuli that will supply the
responses needed (or believed to be needed) to achieve order in her or his relations» (Ibidem). Per
SANTA MARIA DELL’ ALBERO COME DEA LOCI 49
collettività, e perciò «caric[a] della sua storia, dei suoi dolori, della
sua volontà di esserci».66
Proprio nel caso delle madonne arboree, quindi, emerge con
maggiore evidenza come la definizione dello spazio sacro sia un
processo intimamente e immanentemente connesso con l’intero
sistema sociale, che, nel suo configurarsi non può fare a meno di
partire proprio da una lettura (in termini sacrali e culturali insieme)
del territorio circostante.67 Il modo attraverso cui questi particolari
culti si impongono localmente è dunque un chiaro esempio di
come il paesaggio possa costituire il tramite attraverso cui alcune
sezioni vengono “sottratte” dalla Natura per entrare a far parte del
dominio della Cultura.
rilevato dalla De Matteis, secondo cui, nella provincia aquilana, bel il 58% del territorio
è costituito da superficie montuosa (A. DE MATTEIS, “Terra di mandre e di emigranti”.
L’economia dell’aquilano nell’Ottocento, Napoli, Giannini, 1993, p. 131).
69. Molti dei culti mariani locali della provincia aquilana rimandano a ierofanie litiche;
per citarne alcuni basta ricordare la Madonna Fore (nella frazione di Collebrincioni),
la Madonna d’Appari (nella frazione di Paganica), la Madonna del Canale (nel comu-
ne di Bagno).
70. A. TURCO, Semiotica del territorio: congetture, esplorazioni, progetti in E. FIORANI, L.
GAFFURI (a cura di), Le rappresentazioni dello spazio, Milano, FrancoAngeli, 2000, p. 12
71. «Il territorio è anzitutto un oggetto di rappresentazioni. Da questo specifico punto di
vista il rapporto tra l’uomo e il suo ambiente è problematizzato come un lungo proces-
so, la territorializzazione, attraverso cui i gruppi umani, le collettività, costruiscono terri-
torio rendendo dialettico il loro rapporto con la natura. Ciò significa che se da un lato
l’ambiente è certamente qualcosa di naturale, dall’altro lato esso è soprattutto una
costruzione sociale» (L. GAFFURI, Territorio: in fondo, tutti noi viviamo qui, in, Ibidem, p. 51)
72. A.M. DI NOLA, cit., pp. 126-127.
SANTA MARIA DELL’ ALBERO COME DEA LOCI 51
73. E.G. ERICKSEN, op.cit., p. 115: «Fino a quando ci saranno individui, ci saranno grup-
pi e fino a quando ci saranno gruppi, ci saranno differenze. Ma molte di queste conti-
nueranno ad essere influenzate dalla loro dimensione territoriale» [Trad. dell’A.].
74. F. ROMANO, op. cit., p. 61.
SANTE MARIE DEGLI ALBERI
52
ritorno nel loro paese - così hanno raccontato gli stessi -75 furono
sorpresi da una presenza femminile nel mezzo della strada provin-
ciale che da Roccacinquemiglia conduce a Castel di Sangro.
Fermata l’automobile, si voltarono verso il luogo dell’apparizione,
ma al posto della Madonna in persona, trovarono la sua immagine,
incisa nella corteccia di un salice situato non lontano dal ciglio stra-
dale. Da quel giorno, l’albero e tutto l’ambiente circostante sono
divenuti dapprima meta di pellegrinaggi individuali, poi col
tempo hanno ricevuto il riconoscimento dell’intera collettività di
Roccacinquemiglia.76 Grazie alla collaborazione volontaria dell’in-
tera popolazione, l’area circostante alla sede ierofanica è stata risa-
nata e rivalutata attraverso ripetuti interventi: nei pressi del salice
(risollevato con un terrapieno dalla piccola scarpata nella quale era
situato) è stata eretta una piccola e rudimentale cappella costruita
con i sassi raccolti sul luogo e tutto intorno è stato disposto un
nuovo manto erboso. Dal 2001, inoltre, il luogo è stato inserito nel
percorso processionale delle feste patronali.
Forse è ancora troppo presto per stabilire se mai in quel luogo
sorgerà un santuario, ma gli elementi narrativi (perfettamente cal-
zanti tutti i racconti eziologici rilevati nel corso della presente ricer-
ca) ne giustificherebbero la previsione.
77. M. GNERRE, Lo spazio del mito, in B. FIORE (a cura di), Antropologia dello spazio, “La
Ricerca Folklorica”, n. 11, Brescia, Grafo, 1985, p. 33.
78. N. LOVELL, op. cit., p. 10.
79. G. FERRARO, Il linguaggio del mito. Valori simbolici e realtà sociale nelle mitologie primiti-
ve, Milano, Feltrinelli, 1979, p. 16.
SANTE MARIE DEGLI ALBERI
54
80. Cfr. a tal proposito la definizione di “mito” proposta in AA.VV., Dizionario delle
Religioni, cit., pp. 492-494.
81. F. REMOTTI, Introduzione, in F. REMOTTI, P. SCARDUELLI, U. FABIETTI, op. cit., p. 37.
55
82. H. MORPHY, Landscape and the Reproduction of the Ancestral Past, in E. HIRSCH, M.
O’HANLON, The Anthropology of Landscape. Perspective on Place and Space, Oxford,
Clarendon Press, 1995, pp. 204-205.
SANTE MARIE DEGLI ALBERI
56
83. Il carattere dinamico insito nei processi di trasmissione della tradizione era già evi-
dente nella definizione di “tradizione popolare” fornita dal Toschi nel 1959 (cfr. P.
TOSCHI, Tradizioni popolari italiane, Torino, ERI, 1967, pp. 5 e segg.).
84. A.M. DI NOLA, Le serpi invise alla chiesa, in “Il Centro” del 4 maggio 1995, cit. in L.
GIANCRISTOFARO, Cultura Popolare abruzzese. Storia, letteratura, metodologia della ricerca,
Regione Abruzzo, Lanciano (CH), 1999, p. 123.
85. C. GEERTZ, Mondo globale, mondi locali. Cultura e politica alla fine del ventesimo secolo,
Bologna, Il Mulino, 1999. La situazione culturale contemporanea influenza soprattutto
i processi di costruzione delle identità; è noto, infatti, come queste ultime inizino a rive-
stire un’importanza assoluta soprattutto in momenti in cui si sentano particolarmente
messe in discussione. Ebbene, la globalizzazione va evidentemente configurandosi
come una di quelle congiunture, dal momento che, minacciando di sradicare le impor-
UNA MARIA , UN VILLAGGIO , UN POPOLO 57
Marie glocali
riferimento non solo alle attività di «recupero nativista» rivolte dalle collettività verso
le proprie tradizioni locali dimenticate, ma anche alle manifestazioni di “vitalità” e di
attuale persistenza delle stesse (cfr. V. LANTERNARI, Folklore e dinamica culturale, Napoli,
Liguori, 1976, pp. 32 e segg.).
88. Con ciò non si intende assolutamente affermare che in passato le società siano state
“fredde” o “immobili”, ovvero che la loro “mobilità” attiene soltanto alla contempora-
neità. Al contrario, è possibile trovare evidenza nel fatto che cambiamenti drastici
abbiano contraddistinto anche le realtà storiche a noi più lontane, e che tra i popoli ci
sia sempre stata una regolare ed estensiva comunicazione. Basti pensare che il
Medioevo ha conosciuto importanti città cosmopolite come Bisanzio e Timbuctu. Allo
stesso tempo, però, va ricordato che, durante le ultime decadi, il flusso di persone, di
idee, di merci, di immagini e quant’altro è stato soggetto ad un’evidente intensificazio-
ne, frutto di un’accelerazione tecnologica che ha portato ad innovazioni particolarmen-
te agevolanti l’incontro tra culture: dal jet alla televisione satellitare, ai GSM, a Internet.
(T.H. ERIKSEN, op. cit., pp. 294 e segg.).
89. Ibidem, p. 307.
90. Ibidem, p. 308.
UNA MARIA , UN VILLAGGIO , UN POPOLO 59
Ecco allora che tanto in terra straniera quanto nelle località d’origi-
ne, è proprio attorno al patrimonio tradizionale di una collettività
94. N. LOVELL, Introduction, in N. LOVELL (a cura di), op. cit., p. 5. «L’identità può perciò
apparire come deterritorializzata, situata tra luoghi diversi, piuttosto che circoscritta
ad una particolare località d’origine. L’esperienza dell’emigrazione può sradicare il
processo di localizzazione, ma non è una condizione di per sé liminare, poiché trae
significato in situ proprio dal fatto di essere dislocata. Va inoltre aggiunto che le memo-
rie del villaggio e quelle riguardanti la particolare appartenenza ad uno spazio profon-
damente localizzato, possono agire in modo tale da controbilanciare la dislocazione e
la perdita di luogo avvertite in particolari congiunture storiche. È in questo senso che
il concetto di località può divenire multivocale, e l’appartenenza stessa può essere vista
come un processo poliedrico, multistratificato in grado di rendere mobile la fedeltà a
diverse comunità in modo simultaneo» [Trad. dell’A.].
95. E. FIORANI, Nuove territorialità tra il locale ed il globale, in E. FIORANI, L. GAFFURI (a cura
di), op. cit., p. 27.
96. F. FERLAINO, La Madonna di Porto. Itinerari d’uomini e teorie di miti, in L.M. LOMBARDI
SATRIANI (a cura di), Madonne, pellegrini e santi. Itinerari antropologico-religiosi nella
Calabria di fine millennio, Roma, Meltemi, 2000, p. 149.
SANTE MARIE DEGLI ALBERI
62
CASI DI STUDIO
65
LA RICERCA
1. I risultati di tale progetto di ricerca sono contenuti nel secondo volume di questa
stessa collana: G. MARUCCI (a cura di), Il viaggio sacro. Culti pellegrinali e santuari in
Abruzzo, Colledara (TE), Andromeda, 2000.
2. R. SALVATORE, “Forte e gentile”. Polivalenza dei culti mariani, in, Ibidem, pp. 105-136.
SANTE MARIE DEGLI ALBERI
66
MADONNA DELL’ALNO
Il contesto storico-ambientale
La leggenda di fondazione
4. La trascrizione più autorevole, alla quale poi tutte le successive fanno riferimento, è
quella del Palma e risale al 1832. Cfr. N. PALMA, op. cit., vol. 2, pp. 389-394. Per le suc-
cessive, cfr. B. DE MARTINIS, Memoria storica e novena di Maria SS. dell’Alno, venerata in
Canzano di teramo, Teramo, “La Fiorita”, 1923; T. CIMINI, Sacre preghiere e novene di Maria
SS. dell’Alno e S. Biagio, Teramo, Edigrafital, 1997.
SANTE MARIE DEGLI ALBERI
72
5. Per quanto riguarda il nome del protagonista, il Palma, con approccio storico, ne for-
nisce anche il cognome: Di Giovanni (cfr. N. PALMA, op. cit., p. 389). In merito all’ora del-
l’apparizione, invece, le “ore diciotto” testimoniate dal suddetto storico, vengono inter-
pretate come mezzodì dal Di Nicola: «Ricordiamo che fino al principio del secolo scor-
so era in vigore l’orario Italiano, che cominciava il conto delle ore dal suono dell’Ave
Maria serotina, o meglio da circa le ore sei pomeridiane (in qualche parrocchia forse
ancora si suona ventunora alle ore tre del pomeriggio) È così che la Madonna apparve
alle ore diciotto, e cioè sul mezzogiorno» (G. DI NICOLA, op. cit., p. 168, nota 13).
6. Il particolare della luce è una variante narrativa ignorata dal racconto del Palma.
7. «Il popolo canzanese - racconta A.D.M. - era molto aristocratico, quindi composto
soltanto da ricchi signori e per la vita di lusso che vi si conduceva, il paese era stato
ribattezzato “la Piccola Parigi”. I contadini vivevano al di fuori del centro abitato, nelle
campagne e spesso venivano beffeggiati da questi ricchi proprietari».
MADONNA DELL’ALNO 73
Il luogo di culto
10. Questa statua viene utilizzata a scopi processionali in momenti di particolare diffi-
coltà o crisi. In tali circostanze, infatti, diviene protagonista di lunghe peregrinationes
che coinvolgono l’intero abitato. L’ultima è stata compiuta nel mese di settembre 2001,
subito dopo gli attentati di New York, per invocare la pace.
SANTE MARIE DEGLI ALBERI
76
I rituali
11. Riguardo l’origine di questo secondo luogo di culto G. DI NICOLA afferma: «Non
sappiamo quando venne eretto la prima volta, si pensa all’anno 1617 dato che la
costruzione portava segnato questo anno, nell’interno, al di sopra dell’altare; ma nulla
di certo. Sappiamo che venne ricostruita nel 1788 […] ma il terreno su cui sorgevano le
chiesette ripetutamente rifatte era troppo soggetto a frane, per cui nel 1935 la fabbrica
era di nuovo in gravissimo pericolo, e di fatti ben presto rovinò ancora nello smotta-
mento causato da una frana. Fu ricostruita con più solide fondamenta negli anni 1959-
1961, quantunque più piccola di dimensioni» (op. cit., p. 87).
MADONNA DELL’ALNO 77
Ideografia dell’albero
na, lascia pensare che gli artisti si siano ispirati al pioppo bianco.
- In ultimo, la distribuzione regionale dell’alnus non sembrereb-
be interessare il territorio canzanese e risulterebbe di «dubbio
indigenato» anche nelle altre aree abruzzesi dove se ne rileva la
presenza.13
Al di là dell’esattezza scientifica, queste problematiche, pur non
essendo motivo di particolare interessamento da parte della collet-
tività, sono indice della curiosa sintesi che si opera in alcuni casi.
Alla richiesta di informazioni circa la particolarità della specie
arborea, è stato risposto: «questo albero qua è un pioppo bianco,
cioè un ontano. È una specie che sta scomparendo, ma dalle nostre
parti ce ne sono ancora tanti».14
Classificazioni a parte, l’albero mariano canzanese rappresenta
un simbolo quasi interamente privato del suo «carattere operazio-
nale»,15 non costituendo ele-
mento attivo nell’economia cul-
tuale. Persiste, però, il suo
risvolto mitico, ancora oggi
riscontrabile nell’iconografia;
tutte le immagini relative al
culto, come statue, dipinti, san-
tini ed ex-voto, anche recenti,
continuano a rappresentare una
Madonna mai disgiunta dall’e-
vento epifanico-arboreo.
Nonostante la reiterazione di
questo topos, del pioppo origina-
rio, ricettacolo mitico della divi-
nità, oggi non rimane alcuna
traccia tangibile. Perdura, pe-
13. Cfr. G. PIRONE, Alberi, arbusti e liane d’Abruzzo, Penne (PE), COGECSTRE, 1995, pp.
108-109.
14. Testimonianza rilasciata da B.M.
15. Cfr. a tal proposito la prima parte di questo volume (p. 25).
SANTE MARIE DEGLI ALBERI
82
Da oltreoceano.
Il contesto storico-ambientale
sede di un culto italico prima, ellenistico poi. Con l’avvento del cristianesimo si tra-
sformò in piccola chiesa intitolata all’Arcangelo Michele (Ecclesia Sancti Angeli ad
Criptas), e passò sotto la giurisdizione di San Salvatore a Maiella come Sancta Maria de
Criptis. (Cfr. L. TULIPANI, Note di archeologia medievale, in AA.VV., Terra di confine tra
Marrucini e Carricini, Torrevecchia Teatina (CH), Creative, 2001, pp. 95-96).
4. Cfr. G. PIRRO, La storia e le istituzioni dal IV secolo a.C. all’età imperiale, in U. DE LUCA
(a cura di), op. cit., vol. I, pp. 168-169.
MADONNA DEL CARPINE 87
La leggenda di fondazione
Il luogo di culto
12. Questa data sarebbe stata attestata da un’iscrizione che un tempo giaceva all’inter-
no del santuario e che ora sembra essere scomparsa (Cfr F. VERLENGIA, Tradizioni e leg-
gende sacre abruzzesi, Pescara, “Attraverso l’Abruzzo”, 1958, p. 102).
MADONNA DEL CARPINE 93
I rituali
Il culto della Vergine del Carpine si articola attraverso rituali che
hanno il loro fulcro nelle celebrazioni dell’otto maggio (rievocazio-
ne del miracolo della pioggia) e, nello specifico, in un singolare cor-
teo sacro, più noto al lettore abruzzese come la “processione delle
verginelle”. È questo il contesto rituale che accompagna la statua
processionale dalla chiesa parrocchiale di San Lorenzo al santuario
periurbano della Madonna di Carpineto, è questo il percorso che i
rapinesi, dal centro del loro paese, devono compiere per re-immer-
gersi nella dimensione di sacralità che solo quel “luogo di natura”
circoscritto da querce è in grado di restituire.
Festa dell’otto maggio, quindi, come rinnovamento del contatto
con l’ambiente, come inno alla vita che ritorna; idee comunicate al
pieno della loro forza simbolica proprio attraverso la figura delle
giovanissime verginelle.
Protagoniste di questo rituale processionale sono delle bambine
MADONNA DEL CARPINE 95
Ideografia dell’albero
18. J. CLIFFORD, I frutti puri impazziscono. Etnografia, letteratura e arte nel secolo XX,
Torino, Boringhieri, 1993.
SANTE MARIE DEGLI ALBERI
102
Il contesto storico-ambientale
1. Molte sono state le ipotesi avanzate circa la ricostruzione etimologica di questa fra-
zione: secondo il De Giovanni, Propezzano sarebbe da ricondurre al filone prediale,
risultando come derivazione del nome proprio romano Pontius (M. DE GIOVANNI, op.
cit., p. 170). Secondo il Vescovo Nanni, invece, l’attuale toponimo sarebbe trasforma-
zione di un originario Praetutianum, adducibile alla sua collocazione su territorio pre-
tuziano (cit. in M. MARTELLA, Morro d’Oro. Memorie - Luoghi - Persone, Morro d’Oro
(TE), 1988, p. 105). Altri ancora fanno derivare Propetianum da Prope Juanum, cioè
luogo sito in prossimità di un tempio dedicato a Giano (Ibidem, p. 106, nota n. 5).
Accanto a queste ricostruzioni esistono considerazioni vagliate dalla tradizione devo-
zionale, secondo cui Propezzano andrebbe invece associato direttamente alla divinità,
in qualità di Madonna “Propiziatrice”.
SANTE MARIE DEGLI ALBERI
104
2. A tal proposito così afferma il Martella: «detto convento amministrava vasti posse-
dimenti di terreni e costituiva […] da tempi antichissimi, notevole centro di raccolta e
di scambi per i paesi circonvicini» (Ibidem, p. 220).
3. Ibidem, p. 29.
4. Questa coltura si diffuse su tutto il territorio circostante il fiume Vomano, ma nei
primi decenni dell’Ottocento un’ordinanza proibì la semina del riso in seguito al sor-
gere di gravi problemi igienico-sanitari. (Cfr. Ibidem, pp. 56-57).
MADONNA DEL CROGNALE 105
La leggenda di fondazione
5. Ibidem, p. 38.
6. Ibidem, pp. 65-66.
SANTE MARIE DEGLI ALBERI
106
Il luogo di culto
11. F. BOLOGNA, Santa Maria di Propezzano. La Madonna del “Crognale”, in AA.VV., La Valle
del medio e basso Vomano, cit., p. 404.
12. Cfr. M. WARNER, Sola fra le donne. Mito e culto di Maria Vergine, Palermo, Sellerio,
1980, pp. 338-340.
SANTE MARIE DEGLI ALBERI
110
Pertanto, gli unici dati in possesso degli studiosi del settore per
determinarne la datazione, sono quelli forniti dall’analisi dell’orga-
nismo architettonico. Le ipotesi formulate sono state molte e diver-
sificate, anche se tutte sembrerebbero concordare sulla “reale” esi-
stenza di un edificio sacro nel territorio di Propezzano durante l’VIII
secolo. Se già il Palma giudicava la chiesa più antica del 715, il Bindi
da parte sua non escludeva la possibilità che essa fosse sorta come
rifunzionalizzazione di un antico tempio pre-cristiano.13 Anche le
rilevazioni sul campo condotte dallo studioso Francesco Aceto nei
primi anni Ottanta hanno ritenuta come pertinente la datazione
alto-medievale; ne sarebbe testimonianza la presenza di alcuni
frammenti scultorei reimpiegati come materiale da costruzione nel
prospetto dell’edificio attuale.14
L’affermazione della chiesa come importante luogo di culto,
inserito lungo le grandi vie di comunicazione del litorale adriatico,
è da attribuire all’opera evangelica dei benedettini, che nel secolo XI
I rituali
20. Per maggiori dettagli sulla diffusione di questa pratica in Abruzzo si rimanda a G.
MARUCCI, Le pietre taumaturgiche, in “Storia, antropologia e scienze del linguaggio”, XV,
1-2, 2000, pp. 64-65.
MADONNA DEL CROGNALE 115
Ideografia dell’albero
24. A causa della sua posizione così centrale nell’impianto architettonico, l’affresco si
potrebbe configurare come “titulus” del luogo di culto. Ciò lascia supporre che gli ele-
menti iconografici siano da ricollegare al tema centrale del mito. «Dunque l’attributo
specifico della “Madonna del Crognale” è l’emblema, per così dire, in epigrafe di tutta
la leggenda». (Cfr. F. BOLOGNA, Santa Maria di Propezzano. La Madonna del “Crognale”, in
AA.VV., La Valle del medio e basso Vomano, cit., pp. 401 e segg.).
25. Ibidem.
26. Cfr. F. ACETO, cit., p. 370.
27. Cfr. S. DE MARTINIS, Tre gemme mariane della Diocesi Aprutina, Teramo, Casa Editrice
Tipografica, 1945, p. 25.
SANTE MARIE DEGLI ALBERI
118
MADONNA DELL’ELCINA
Il contesto storico-ambientale
1. Per le notizie storiche cfr. L. MARTELLI, Abbateggio, Pescara, Multimedia, 1997, pp. 49-
56; G. DI NICOLA, Uomini, fatti e paesi d’Abruzzo, in “Il Mezzogiorno”, 1 agosto 1973, p. 3.
2. Ibidem.
3. L. MARTELLI, op. cit., p. 50.
SANTE MARIE DEGLI ALBERI
120
La leggenda di fondazione
4. Cfr. a tal proposito F. VERLENGIA, op. cit., Pescara, “Attraverso l’Abruzzo”, 1958,
Volume I, pp. 115-116; Pro-loco di Abbateggio (a cura di), 70° Anniversario. Ricostruzione
santuario Madonna dell’Elcina di Abbateggio, Abbateggio (PE), 1996.
MADONNA DELL’ELCINA 121
7. Altre varianti raccontano che la cappella sul colle dell’Elcina fu costruita soltanto in
seguito ad un altro evento prodigioso: gli abitanti di Abbateggio, infatti, tentarono per
ben tre volte di trasportare presso la chiesa parrocchiale di San Lorenzo l’immagine,
ma questa, per intervento divino, tornò puntualmente ai piedi dell’albero.
MADONNA DELL’ELCINA 123
8. Questa data fa riferimento ad uno dei documenti notarili del Notaio Berardino Sirico
di Musellaro. La notizia, come le altre in nostro possesso, è il frutto di una lunga ed
approfondita ricerca storica svolta dall’Ing. Gabriele Di Pierdomenico, residente ad
Abbateggio.
MADONNA DELL’ELCINA 125
I rituali
La vigilia
Tutte le fasi rituali gravitano attorno ad una tela processionale di
recente esecuzione, copia di quella settecentesca derubata negli
anni Ottanta e, al pari di questa, sostituta dell’immagine prodigio-
sa inamovibile.
Nella serata di vigilia, l’inizio dei festeggiamenti avviene con
una processione che trasferisce l’icona dalla chiesa della Madonna
dell’Elcina a quella parrocchiale di San Lorenzo. Questo itinerario
è stato contraddistinto fino all’anno 2000 da un particolare rituale
che, prendendo nome dai bracci lignei del baldacchino utilizzato
per trasportare il quadro, era conosciuto come la Stanga. Durante il
MADONNA DELL’ELCINA 127
percorso avveniva una vera e propria asta [vedi box p. seg.] tra i
devoti, i quali in cambio di un’offerta in denaro, tentavano di
aggiudicarsi una delle stanghe per «rientrare la Madonna» nella
parrocchia.
Il momento topico del rituale si raggiungeva nella piazza anti-
stante la chiesa di San Lorenzo, a conclusione del tragitto proces-
sionale. Qui un banditore dava il via alla fase conclusiva dell’asta ed
attribuiva pubblicamente le quattro stanghe ai “migliori offerenti”.
Tutti i devoti interessati si affrettavano a toccare uno dei quattro
bracci, dichiarando e versando comunque la propria offerta in un
canestro, anche se il privilegio di trasportare il quadro dalla piazza
fino all’altare maggiore ricadeva soltanto su quei fedeli che aveva-
no rilasciato le oblazioni più cospicue. Tutte le somme esibite veni-
vano raccolte e utilizzate come contributo per le spese festive.
Sullo svolgimento di questo momento celebrativo, sicuramente
molto rilevante da una prospettiva socio-antropologica, lo scorso
anno è stato rinnovato un divieto vescovile, motivato - tutto som-
mato comprensibilmente - dal ritenerlo una «forma di devozione
pagana ormai superata».
Oggi il buon senso comune, nonché un livello di solidarietà con-
sono ai tempi extra-ordinari della festa hanno sostituito l’antica
querelle ritualizzata, con un continuo alternarsi casuale e pacifico
dei devoti durante l’intero percorso. La sosta sulla piazza è stata
abolita e il privilegio di “rientrare la Madonna” è invece ricaduto
su quattro rappresentanti del comitato-feste, come stabilito da un
comune accordo intercorso tra il parroco e la popolazione locale.
Ideografia dell’albero
di ricostruire un esatto
ricordo di questa pianta
al suo stato “naturale” e
nella sua collocazione
all’esterno del santuario.
La circonferenza, inoltre,
non sembrerebbe ampia
al punto tale da poter far
pensare che si tratti di un
esemplare secolare.
Oppure: se si trattasse
veramente di un leccio
cinque-seicentesco, quel-
lo posto alla base dell’al-
tare forse potrebbe essere
un semplice ramo e non il
tronco.
In ogni modo, tutte
queste riflessioni dal sapo-
re pseudo-investigativo
lasciano il tempo che tro-
vano e non hanno alcuna
rilevanza nell’economia
cultuale. Sono state enun-
ciate soltanto allo scopo di
enfatizzare il valore mitico
attualmente rivestito da quella sezione lignea. Ricostruire con perizia
storica l’esistenza di un elemento ontologicamente mitico risulterebbe
un’operazione inutile; la mitopoiesi è per definizione acritica e non si
interessa di queste disquisizioni. Il «si dice che» trascende la storia e,
pertanto, non richiede di essere suffragato.
«Come sia questa elcina io neanche lo so. Non so di che pianta si
tratta perché io questo albero non l’ho mai visto!» afferma qualcu-
no ad Abbateggio. Non è importante sapere da dove quel tronco sia
stato prelevato per credere che esso sia quello dell’apparizione.
MADONNA DELL’ELCINA 131
Tutti i devoti hanno potuto riscontrare il fatto che esso sia, se non
del tutto miracoloso, senz’altro sospeso dal rispetto delle leggi bio-
logico-naturali; ne sarebbero testimonianza la sua perfetta integrità
e la sua mancata decomposizione, nonostante i lunghi anni tra-
scorsi dalla sua recisione.
Qualcuno ricorda di aver visto pezzi delle sue radici, accurata-
mente conservate dalle persone anziane tra le “cose care”, ma allo
stato attuale nessuno sembra possederne.
L’elcina non ha una parte “attiva” nell’ambito del culto e forse
non l’ha mai avuta. Non viene coinvolta nei rituali, non è oggetto
di venerazione; nonostante ciò, riveste una profonda valenza miti-
co-simbolica e non a caso è stata collocata in quella precisa ubica-
zione. Tra le pietre del santuario e alla base dell’altare, quel tronco,
in quanto elemento essenziale al racconto leggendario, rappresen-
ta oggi in termini tanto simbolici quanto iconografici le fondamen-
ta del culto stesso, nonché la sede della potenza numinosa.
11. Anche la città canadese di Amherstburg è sede di un’altra riproduzione del culto
abbateggiano. Qui le celebrazioni gravitano attorno ad una foto della statua seicente-
sca e vedono la partecipazione di diversi emigranti, originari anche delle altre località
dell’entroterra pescarese, come Lettomanoppello e Roccamorice.
133
Il contesto storico-ambientale
1. Cfr. U. DE LUCA (a cura di), op. cit., vol. II, pp. 45-47.
SANTE MARIE DEGLI ALBERI
134
La leggenda di fondazione2
2. Per quanto riguarda le informazioni inerenti il culto in oggetto, le fonti sono soprat-
tutto orali. Esistono inoltre alcune pubblicazioni locali curate dal parroco e dalle asso-
ciazioni pro-loco, ci si riferisce in particolare a: P. VENANZIO DA CASACANDITELLA, Alla
vergine Assunta venerata in Casacanditella nel IX centenario della Sua gloriosa Apparizione,
Pescara, Stamperia d’Arte Nicola D’Arcangelo, 1958; P. VENANZIO DA CASACANDITELLA,
Solenne incoronazione del santo Simulacro dell’Assunta venerato in Casacanditella, L’Aquila,
Tipolito Bastide, 1973. Tutte le citazioni in questo paragrafo sono tratte dalla pubblica-
zione del 1958.
MADONNA DELLA QUERCIA 135
3. Il toponimo potrebbe essere una ulteriore conferma a quanto già affermato nella
prima parte del volume, relativamente al rapporto che intercorre tra quercia e simbo-
logia litica. Pietragrande = quercia grande? (Cfr. pp. 37-38, nota 44).
SANTE MARIE DEGLI ALBERI
136
4. Per quanto concerne la simbologia della luce associata alla figura mariana cfr. più
avanti le pagine dedicate alla Madonna dello Splendore.
MADONNA DELLA QUERCIA 137
Il luogo di culto
5. Il racconto è tratto da una ricerca inedita, accuratamente svolta dagli alunni della
Scuola Elementare “G. D’Annunzio” di Casacanditella nell’anno scolastico 1997/1998.
SANTE MARIE DEGLI ALBERI
140
I rituali
Viva Maria!
Questo grido, inneggiante la
Fase preparatoria Madre di Dio, ha conosciuto gran-
Le celebrazioni del 15 de centralità nei fatti storici che
agosto sono precedute da caratterizzarono il triennio giacobi-
no in Italia. Fu in quei tempi che
una intensa fase preparatoria dalle aree rurali di alcune regioni
che dura nove giorni (dal 5 al centrosettentrionali italiane gruppi
di sanfedisti reazionari, conosciuti
13 agosto) ma che esula dalle appunto come "I Viva Maria",
consuete novene precedenti spesso capeggiati dai parroci e
molte altre festività abruzze- guidati dai labari delle loro sante
Marie, tentarono di reagire all'im-
si. I rituali caratterizzanti posizione di governi filo-giacobini
questo periodo pre-festivo sui loro territori. Le «madonne di
sono indicati come “le Viva campagna» vivevano così una
sorta di riscatto dal secolare allon-
Marie” e vedono la parteci- tanamento imposto dal clero cen-
pazione di gran parte della trale che fino ad allora aveva inte-
popolazione, in predominan- so relegare nelle aree rurali tutte
le «forme sospette della vita reli-
za donne. giosa» (A. PROSPERI, Madonne di
Al sopraggiungere delle città e Madonne di campagna. in S.
prime ore serali, di solito BOESCH GAJANO, L. SEBASTIANI, Culto
dei santi, istituzioni e classi sociali
verso le 21.00, un gruppo di in età preindustriale, L'Aquila,
persone, dopo essersi raccolto Iapadre, 1984, p. 617). Allora,
presso la chiesa madre di San come ancora adesso, esse si
mostravano nel loro aspetto di
Gregorio Magno, inizia un "regine di popoli", "madri tutelari",
lento percorso a piedi che e, non in ultimo, referenti numino-
tende a circoscrivere l’intero si delle identità locali.
E così, seppur lontani storicamen-
tessuto urbano e che, se- te e geograficamente dal contesto
guendo un itinerario fissato appena raffigurato, è tuttavia
ancora pertinente leggere i rituali
dalla tradizione, giunge fino casacanditellesi delle "Viva Marie"
al santuario dell’Assunta. come sistema per la sacralizzazio-
Ciò che caratterizza que- ne e la tutela del territorio. L'intero
percorso - segnato da una "diver-
sto corteo è l’alternarsi di sificazione caratterizzante" che
alcune giaculatorie, inneg- investe i canti (ad ogni luogo cor-
gianti “Viva Maria”. L’iter risponde un canto diverso), le
numerose tappe in punti specifici
rituale prevede diverse tap- del perimetro urbano, la formazio-
pe in diversi punti del peri- ne di gruppi di persone (afferenti
SANTE MARIE DEGLI ALBERI
142
La vigilia
L’inizio dei festeggiamenti è sancito dalla esposizione della
sacra effigie. Verso le ore 19.00, i fedeli giunti presso il santuario
MADONNA DELLA QUERCIA 143
15 agosto.
L’apoteosi festiva si raggiunge nella giornata della ricorrenza e
vede le celebrazioni gravitare attorno ad una sontuosa e comples-
sa processione ricca di riferimenti simbolici.7
Il corteo, aperto da carri addobbati, si ordina davanti la chiesa
parrocchiale di San Gregorio, all’interno della quale viene celebra-
ta una messa, denominata, appunto, “Messa dei Carri”; da qui sfila
per le vie dell’abitato in direzione del santuario, dove i devoti assi-
stono ad un’altra celebrazione solenne. Conclusa la funzione, la
processione ripercorre lo stesso tragitto in senso contrario, per scio-
gliersi laddove si era composta.
6. La veglia notturna presso il santuario non può non ricordarci l’antichissima pratica
dell’incubatio, presente, fino a qualche decennio fa, anche in molti luoghi di culto abruz-
zesi. Questo argomento è già stato trattato nelle pagine precedenti (cfr. pp. 113-114).
7. Della processione dei carri rimane una descrizione datata 1899 e pubblicata da
“l’Illustrazione Italiana”, anno XXVI, 2 aprile 1899 n. 14, p. 231, riprodotta in P.
VENANZIO DA CASACANDITELLA (1973), op. cit., pp. 20-21.
SANTE MARIE DEGLI ALBERI
144
Ideografia dell’albero
de concordanze mitico-leggendarie esistenti tra i due culti, lasciano supporre che ci sia
stato un fenomeno di diffusione. Per spiegazioni riguardo alla loro funzione simboli-
co-rituale si rimanda alla lettura della sezione dedicata alla Madonna del Carpine.
9. Questo argomento è già stato trattato nella prima parte del volume (pp. 37-38).
MADONNA DELLA QUERCIA 147
Il contesto storico-ambientale
1. Castrum Novum, attraversata marginalmente dalla via Salaria, era il luogo iniziale
della via romana litoranea che giungeva fino ad Aternum (l’attuale Pescara) per poi
riallacciarsi alla via Frentana. (Cfr. W. DEL VILLANO, Z. DI TILLIO, Abruzzo nel tempo,
Pescara, Didattica Costantini, 1979, p. 45).
SANTE MARIE DEGLI ALBERI
152
Castel San Flaviano, situato sulla riva sinistra del Tordino, era
un possedimento che gli Acquaviva iniziarono a gestire nel 1382,
per volere di Carlo III d’Angiò. Nell’anno 1461 l’insediamento, già
segnato dal peso di una grave epidemia malarica, venne distrutto
nel corso di una violenta battaglia. Fu allora che Giulio Antonio
d’Acquaviva decise di edificare una città ex-novo, ma in un luogo
più elevato, lontano dalle zone palustri e in una posizione miglio-
re sotto il profilo sanitario e della difensiva.2 Dallo stesso nome di
battesimo del fondatore nasceva quindi Giulia Nova, che ripropo-
neva nella sua struttura urbanistica l’impianto tipico degli altri
possedimenti acquaviviani. Al pari di Mosciano, Atri, Montefino,
Canzano e Ripattoni anche la nuova città si configurava infatti
come «borgo murato e turrito»; il palazzo ducale ne rimaneva
all’interno ed includeva, nella sua facciata rivolta verso il mare,
anche una delle otto torri murarie.3 L’area centrale dell’agglomera-
to veniva invece riservata all’edificazione del monumento-simbolo
del rapporto con le “radici passate”: il duomo intitolato a San
Flaviano, all’interno del quale, in evidente rispetto con la tradizio-
ne cultuale, venivano trasferite anche le sacre reliquie del patrono
e gli altri oggetti di culto che avevano adornato i templi distrutti.
I due secoli successivi alla sua fondazione, seppure gravati da
La leggenda di fondazione
6. Per quanto riguarda il racconto documentato dal cronista aquilano Padre Pietro
Capullo, in questa sede si fa riferimento alla versione riprodotta dal Palma (cfr. N.
PALMA, op. cit., vol. III, pp. 77-81).
MADONNA DELLO SPLENDORE 155
porta della primitiva chiesa […] Rivolgeva ai fedeli l’invito a entrare, per venerare la
Madre di Dio […] dopo aver scosso la polvere dai piedi a scopo di purificazione.
“Anno a mundi liberate 1557” [e] non richiamava alcun fatto memorabile» (R. CERULLI,
La data del miracolo. Particolarità della festa, in S. GALANTINI - a cura di - , Il cerchio incon-
chiuso. Momenti di storia giuliese attraverso le pagine della rivista “La Madonna dello
Splendore” (1982-1995), Teramo, Demian, 1995, pp. 22-24).
9. L’accrescere o il diminuire in intensità di una devozione è un processo alquanto
comune, spesso connesso al contesto storico e alla struttura socio-economica di una
collettività. Soprattutto tra il XV ed il XVII secolo, periodo contraddistinto in Abruzzo
da ripetute pestilenze, il culto per Maria, assurta al ruolo di depulsor pestilentiae, tese
sovente a derubricare quelli preesistenti, intitolati ai patrones. Anche la tradizione giu-
liese condivide questo contesto e attribuisce all’intervento della Vergine il mancato
contagio della sua popolazione in più di una circostanza.
SANTE MARIE DEGLI ALBERI
158
10. R. CERULLI, I celesti patroni di Giulia, in S. GALANTINI (a cura di), op. cit., p. 45.
11. Cfr. a tal proposito quanto affermato nella prima parte di questo saggio (pp. 22-23).
12. Secondo l’approccio storico di Padre Candido Donatelli, è del tutto probabile che
l’antica statua, precedentemente appartenuta ad una chiesa di San Flaviano (forse quel-
la di Santa Maria in Platea) fosse stata trasferita nella Chiesa Madre di Giulia Nova, con-
giuntamente alle altre reliquie, al momento della sua fondazione. (Cfr. P.C. DONATELLI,
La festa dello Splendore a Giulianova, in S. GALANTINI - a cura di -, op. cit., p. 13).
MADONNA DELLO SPLENDORE 159
13. Il termine grangia era usato nel Medioevo per indicare un complesso di edifici e di
terreni tenuti dai Cistercensi. Cfr. ASSOCIAZIONE CULTURALE “MARIA SANTISSIMA DELLO
SPLENDORE” (a cura di), Giulianova e il santuario Maria Santissima dello Splendore dalle ori-
gini ai nostri giorni, Giulianova (TE), 1988, p. 19.
14. Cfr. FF.MM. CAPPUCCINI (a cura di), Madonna dello Splendore, Giulianova (TE), 2001,
p. 58; N. PALMA, op. cit., Vol. III, p. 79.
15. RR. PP. CAPPUCCINI (a cura di), Brevi notizie del culto che si presta in Giulianova a Maria
SS. dello Splendore, Sulmona (AQ), Tipografia Antonio Damiani, 1907, p. 12.
SANTE MARIE DEGLI ALBERI
160
16. All’inizio del ventesimo secolo, il santuario della Madonna dello Splendore venne
annoverato tra i santuari più frequentati d’Italia. (Cfr. P.C. DONATELLI, La festa della
Madonna dello Splendore a Giulianova, in S. GALANTINI - a cura di -, op. cit., p. 9).
MADONNA DELLO SPLENDORE 161
17. Questa asserzione è riportata da una delle più antiche preghiere del novenario. (Cfr.
P.C. DONATELLI, Il simulacro miracoloso della Madonna dello Splendore a Giulianova, in S.
GALANTINI - a cura di -, op. cit., p. 19).
18. RR.PP. CAPPUCCINI (a cura di), op. cit., pp. 11-12.
SANTE MARIE DEGLI ALBERI
162
artisti di Ortisei negli anni Sessanta, sulla base del modello antico,
che in quella circostanza fu arricchito da elementi decorativi e
descrittivi miranti a ricostruire la scenografia leggendaria. Sono
frutto di questo intervento: il tronco alla cui base sgorga la sorgen-
te taumaturgica; la sontuosa raggiera dorata che contorna la
Vergine; la piccola statua di Bertolino collocata ai suoi piedi.
I rituali
19. Per quanto concerne l’itinerario coinvolto dalla processione e le trasformazioni che
lo stesso ha subito nel corso del tempo si rimanda all’articolo di R. CERULLI, La proces-
sione, in S. GALANTINI (a cura di), op. cit., pp. 35-38.
SANTE MARIE DEGLI ALBERI
164
è tradizionalmente aperta da
una croce astile con ai lati due
accoliti. Seguono: la statua pro-
cessionale della Vergine [vedi
foto], la collettività giuliese e i
gruppi di pellegrini.20 Tra la
folla sono facilmente distingui-
bili alcuni partecipanti: indossa-
no un camice bianco adornato
da una mozzetta azzurra e rap-
presentano simbolicamente il
legame con il passato. Sono ciò
che rimane della ormai disciolta
Confraternita di SS. Maria dello
Splendore, l’istituzione laicale
che nel XIX secolo colmò il
vuoto gestionale causato dalla
soppressione degli ordini.
Il compito di scortare la
Madonna è invece affidato ai
membri di un comitato, autogestito e rinnovabile annualmente, che
sovrintende all’organizzazione delle celebrazioni.
Anch’essi si richiamano a degli antenati storici: rappresentano
infatti le antiche figure, descritte anche dal cronista seicentesco
Capullo, del “Capitano” (di nomina feudale, sorteggiato tra i per-
sonaggi più autorevoli e incaricato di organizzare, oltre ai rituali,
anche gare ludiche e banchetti) dell’”Alfiere” (delegato a seguire
la processione in un luogo diverso dal Capitano) e del “Maestro di
Fiera” (addetto a ricevere i pellegrini e a provveder loro acco-
glienza).
Nel corso della processione il tempo è fastosamente scandito da
20. La media dei pellegrini che presenzia agli eventi celebrativi è di qualche centinaia
di migliaia. Essi provengono, oltre che dalle località limitrofe a Giulianova, anche dalle
regioni di Marche, Molise e Puglia.
MADONNA DELLO SPLENDORE 165
due bande musicali che, situate su diversi punti del lungo corteo, si
alternano con continuità nelle esecuzioni. Dopo la celebrazione di
una messa sul belvedere giuliese, tradizionalmente officiata dal
vescovo della diocesi teramana, la processione fa rientro nel duomo.
Ma, se gli itinerari hanno subito nel tempo continue rivisitazioni,
dettate da rinnovate esigenze territoriali che implicano una diversa
ri-distribuzione del potere sacrale, nello svolgimento dei rituali va
comunque annotata una costante: la partecipazione degli abitanti di
Cologna. Un gemellaggio questo, fondato socialmente su scambi
economici, sancito dal mito e reiterato attraverso il pellegrinaggio
annuale.21 Ancora oggi, come in passato, la fase centrale dei festeg-
giamenti è innescata dal loro arrivo presso il duomo, e senza la loro
presenza non è concesso dare
avvio al corteo processionale.
Tra i giuliesi permane vivo il
ricordo dei cerimoniali di saluti
con i quali venivano accolte le
compagnie dopo un duro cam-
mino affrontato spesso a piedi
nudi.
Per tutta la durata del perio-
do festivo, il santuario, e so-
prattutto i bagni [vedi foto],
diventano meta di nutriti grup-
pi di devoti, spesso malati,
spinti dalla speranza di ottene-
re grazie e di guarigioni. La
Madonna dello Splendore,
infatti, conta una fenomenolo-
22. Già il Capullo, nella sua cronaca, annovera numerosi miracoli, alcuni dei quali coin-
volgenti anche esponenti acquaviviani. (Cfr. N. PALMA, op. cit., vol. III, pp. 79-81). La
fenomenologia miracolistica è riportata in modo dettagliato in RR. PP. CAPPUCCINI (a
cura di), op. cit., pp. 16-27.
MADONNA DELLO SPLENDORE 167
23. Una imponente statua bronzea di san Michele in atto di schiacciare il demonio,
recante l’iscrizione: «All’arcangelo Michele, terrore dei demoni col sublime aiuto della
Vergine», sembrerebbe confermare questo aspetto cultuale.
24. Non appare del tutto chiaro se la denominazione “barbari” sia da attribuire alla par-
ticolare razza equina dei cavalli che potevano partecipare al torneo o alla presunta pro-
venienza dei cavalieri. In quest’ultimo caso, alcuni giuliesi associano l’aggettivo al fatto
che gli uomini impegnati nella corsa fossero nudi, sovrapponendo, però, due diversi
eventi. Per ulteriori interpretazioni in merito si rimanda a R. CERULLI, La corsa dei caval-
li, in S. GALANTINI (a cura di), op. cit., pp. 29-31.
SANTE MARIE DEGLI ALBERI
168
Ideografia dell’albero
BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO
Tree of Life. Image for the Cosmos, London, Thames & Hudson, 1974)
COSTANTINI M., C. FELICE (a cura di), Abruzzo. Economia e territorio in una prospettiva
storica, Vasto (CH), Cannarsa, 1998
DE GUBERNATIS A., Un’antica madre: la quercia, in http://utenti.tripod.it/ studipoli-
teisti/quercia.htm
DE LUCA U. (a cura di), Chieti e la sua provincia, Chieti, Amministrazione Provinciale,
1990, Voll. I-II
DE MARTINIS B., Memoria storica e novena di Maria SS. dell’Alno, venerata in Canzano di
Teramo, Teramo, “La Fiorita”, 1923
DE MARTINIS S., Tre gemme mariane della Diocesi Aprutina, Teramo, Casa Editrice
Tipografica, 1945
DE MATTEIS A., “Terra di mandre e di emigranti”. L’economia dell’aquilano nell’Ottocento,
Napoli, Giannini, 1993
DEL VILLANO W., DI TILLIO Z., Abruzzo nel tempo, Pescara, Didattica Costantini, 1979
D’ANNIBALE A., La terra cotta e fiorita, in “Pagine d’Abruzzo”, XIV, n. 53, 2001, pp. 24-
26
D’ERAMO M., CESARONE V. (a cura di), I luoghi del sacro. Gli spazi della spiritualità in
area Casauriense, Bucchianico (CH), Tinari, 1998
DI CRISTOFARO LONGO G., Identità e cultura. Per un’antropologia della reciprocità, Roma,
Edizioni Studium, 1993
DI NICOLA G., Canzano. Storia, Folclore, Turismo, S. Gabriele (TE), Edizioni Eco, 1979
DI NICOLA G., Uomini, fatti e paesi d’Abruzzo, in “Il Mezzogiorno”, 1 agosto 1973
DI NOLA A.M., Albero, erbe e piante, in Enciclopedia delle Religioni, Firenze, Vallecchi,
1970, Vol. 1, pp.108-135
ELIADE M., Il mito dell’eterno ritorno, Milano, Rusconi, 1975 (ed. or. Le Mythe de l’Éter-
nel Retour. Archétipes et répétition, Paris, Édition Gallimard, 1949)
ELIADE M., Trattato di storia delle religioni, Torino, Boringhieri, 1976 (ed. or. Traité d’hi-
stoire des religions, Paris, Payot, 1948)
ELIADE M., Immagini e simboli, Milano, Jaca book, 1980 (ed. or. Images et symboles.
Essais sur le symbolisme magico-religieux, Paris, Gallimard, 1952)
ERICKSEN E.G., The Territorial Experience. Human Ecology as Symbolic Interaction,
University of Texas Press, 1980
ERIKSEN H.T., Small Places, Large Issues. An Introduction to Social and Cultural
Anthropology, London, Pluto Press, 2001 (I ed. 1995)
FELICE C., Il Sud tra mercati e contesto. Abruzzo e Molise dal Medioevo all’Unità, Milano,
FrancoAngeli, 1996
FERRARO G., Il linguaggio del mito. Valori simbolici e realtà sociale nelle mitologie primiti-
ve, Milano, Feltrinelli, 1979
FIORANI E., L. GAFFURI (a cura di), Le rappresentazioni dello spazio, Milano,
FrancoAngeli, 2000
FIORE B. (a cura di), Antropologia dello spazio, “La Ricerca Folklorica”, n. 11, Brescia,
Grafo, 1985
FF.MM. CAPPUCCINI (a cura di), Madonna dello Splendore, Giulianova (TE), 2001
GALANTINI S. (a cura di), Il cerchio inconchiuso, Teramo, Demian, 1995
RITA SALVATORE 181
GEERTZ C., Mondo globale, mondi locali. Cultura e politica alla fine del ventesimo secolo,
Bologna, Il Mulino, 1999 (ed. or. 1995)
GERMANO I., Il villaggio glocale. Le politiche della differenza comunicativa, Roma, SEAM,
1999
GIALLOMBARDO F., Festa, orgia e società, Palermo, Flaccovio, 1990
GIANCRISTOFARO L., Cultura popolare abruzzese. Storia letteratura metodologia della ricer-
ca, Lanciano, Regione Abruzzo - Assessorato alla Promozione Culturale, 1999
GIANI GALLINO T. (a cura di), Le Grandi Madri, Milano, Feltrinelli, 1989
GIOVANNELLI V., I galletti con il fischio delle botteghe di Rapino, Rapino, 1994
GRAEF H., Mary. A History of Doctrine and Devotion, New York, Sheed and Ward, 1963
GRAVES R., La Dea Bianca. Grammatica storica del mito poetico, Milano, Adelphi, 1992
(ed. or. The white Goddess. A historical grammar of poetical myth)
GRISOLIA F., Viva Maria! Le insorgenze antigiacobine in Liguria, in http://utenti.tri-
pod.it/centrostudilaruna/grisolia.htm
GROSSI G., Luco dei Marsi. Storia, ambiente, archeologia, Luco dei Marsi (AQ), Aleph,
1999
HIRSCH E., O’ HANLON (a cura di), Anthropology of Landscape. Perspective on Place and
Space, Oxford, Clarendon, 1995
HUSAIN S., La Dea, Torino, E.D.T., 1999 (ed. or. The Goddess, USA, Little Brown &
Company, 1997)
JAMES E. O., The Cult of the Mother Goddess, London, Thames & Hudson, 1959
LALLI G., Itinerario turistico, Pescara, Livio Stracca, 1954
LANTERNARI V., Folklore e dinamica culturale, Napoli, Liguori, 1976
LOMBARDI SATRIANI L.M. (a cura di), Madonne, pellegrini e santi. Itinerari antropologico-
religiosi nella Calabria di fine millennio, Roma, Meltemi, 2000
LOVELL N.(a cura di), Locality and Belonging, Londra, Routledge, 1998
MARTELLA M., Morro d’Oro. Memorie - Luoghi - Persone, Morro d’Oro (TE), 1988
MARTELLI L., Abbateggio, Pescara, Multimedia, 1997
MARUCCI G., DI RENZO E., Fratelli in grotta. Un rituale maschile di solidarietà, Colledara
(TE), Andromeda, 1999
MARUCCI G., Le pietre taumaturgiche, in “Storia, antropologia e scienze del linguag-
gio”, XV, 1-2, 2000, pp. 57-74
MARUCCI G. (a cura di), Il viaggio sacro. Culti pellegrinali e santuari in Abruzzo,
Colledara (TE), Andromeda, 2000
MATTERER J. L., Mythical Plants of the Middle Ages. The Tree of Life, in
http://www.godecookery.com/mythical/mythic04.htm
MAZZOLENI G., Verso il diverso, Roma, SEAM, 2000
MOTZ L., The Faces of the Goddess, Oxford, Oxford University Press, 1997
NEUMANN E., La Grande Madre. Fenomenologia delle configurazioni femminili dell’incon-
scio, Roma, Astrolabio, 1981 (ed. or. Die Grosse Mutter, Zurich, Rhein-Verlag, 1956)
PADRE VENANZIO DA CASACANDITELLA (a cura di), Alla vergine Assunta venerata in
Casacanditella nel IX centenario della Sua gloriosa Apparizione, Pescara, Stamperia
d’Arte Nicola D’Arcangelo, 1958
PADRE VENANZIO DA CASACANDITELLA (a cura di), Solenne incoronazione del santo
SANTE MARIE DEGLI ALBERI
182