Cittadinanza digitale
Saremo tutti
cittadini digitali?
Ne parliamo con Gianluigi Cogo, innovatore autentico
nel mondo della rete, autore del libro “La cittadinanza
digitale. Nuove opportunità tra diritti e doveri”
e membro del comitato scientifico di E-Gov
L’uomo (grazie alla rete) è tornato ancora una Pensiamo ora invece al futuro della P.A. Ci
volta al centro della società della conoscenza interessa immaginare come saranno i servizi
e ha abbandonato (forse per sempre) il ruolo del futuro. A E-Gov piacciono molto due con-
passivo a cui lo aveva relegato la società dell’in- cetti di cui parli: l’open government e la cre-
formazione. E grazie a questa consapevolezza, azione di servizi con una logica SaaS. Cosa
hanno ripreso vigore anche la partecipazione, lo manca in Italia perché si realizzino queste
scambio e la condivisione, elementi fondamen- idee? Dove sono i nodi da sciogliere?
tali per lo sviluppo e la circolazione delle idee.
Ora sarò un po’ polemico, è giusto premetterlo.
Nel mio libro parlo spesso di co-progettazione
Proviamo a fare i futurologhi. Ci puoi traccia- che, volendo banalizzare il concetto, consiste-
re un affresco di come sarà la società italiana rebbe più semplicemente in “analisi dei fabbi-
tra il 2010 e il 2030 dal punto di vista dell’uso sogni” o “ascolto”. È una prassi quasi del tutto
e della consapevolezza di queste nuove tec- assente nella P.A. Purtroppo gli attori coinvolti
nologie? Secondo te che differenze ci saran- nella gestione della P.A. (amministratori, mana-
no tra i cittadini italiani e quelli USA e cinesi? ger, operatori, ecc.) vivono inconsapevolmente
Sei davvero convinto come scrivi che si stia in uno stato di boria e prepotenza che li induce
aprendo una stagione di maggiore dialogo a pensare, costruire ed erogare servizi senza
tra cittadini e P.A.? minimamente mettersi in ascolto dell’utenza a
cui questi stessi servizi sono dedicati.
L’entusiasmo mi porterebbe ad immaginare In questo specifico caso, il web sociale può
una stagione esaltante dove l’economia imma- fare poco perché è basato su altri paradigmi.
teriale (basta sui paradigmi del digitale e del In primis la partecipazione condivisa a tutti i
web) riuscirà a trasformare in meglio le persone processi (ante, durante e post) che incidono
e le organizzazioni, nonché i luoghi dove vivere sullo sviluppo di un servizio di e-gov. Il web
(in primis le città). Il pragmatismo e lo studio sociale prevede l’adesione incondizionata alle
delle attitudini mi porta, però, ad essere più filosofie di usabilità, accessibilità, user expe-
prudente. Infatti, quando si eleva la partecipa- rience, consumerization, services on the cloud,
zione a supporto fondamentale per lo svilup- perpetual beta, ecc. Come è possibile attuare
po della democrazia, e in primis quella digitale questo disegno fin tanto che le leve sono in
(e-democracy), mi accorgo che le differenze ci mano a decisori che non hanno la più pallida
sono. Quello che per i nordici o per gli anglo- idea di cosa rappresentino queste filosofie e
sassoni è “senso civico”, per noi è “delazione”. che si affidano costantemente a produttori in-
Quello che per i nostri cugini europei è “traspa- dustriali che del cloud computing e della beta
renza”, per noi è “privacy” e potrei continuare a perpetua non vogliono (per convenienza) nem-
descrivere ulteriori prospettive diverse su temi meno sentir parlare? Il miglior servizio di e-gov
analoghi. Questo è un freno perché, ammettia- è quello vestito sull’utente, non sull’ammini-
molo, siamo una società vivace, fantasiosa e strazione. Qui sta la sfida. Per fortuna l’utente
spesso creativa, ma non aperta. Spiace dirlo “empowered” è sempre più attento e rumoro-
ma noi italiani non siamo “open minded”. Sarà so e il suo giudizio, per ora non parificabile al
colpa della storia, del fatto che abbiamo trop- consenso in sede di suffragio, diventerà sem-
po spesso delegato in passato e non ci sia- pre più importante.
mo quasi mai assunti responsabilità collettive. Prevedo dunque una lenta ma scontata parifi-
Dunque il cittadino digitale italiano sarà sempre cazione ai modelli di open government che, in
più pronto a rivendicare diritti, ma poco pro- ogni angolo del mondo, stanno letteralmente
penso a prendersi responsabilità nell’interesse travolgendo i modelli di servizio a cui eravamo
di una “cosa pubblica” che sente poco sua. abituati.
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