Nel caso ideale in cui io pongo un cilindro di altezza iniziale ho e diametro iniziale do fra due facce
del mio stampo e immagino che il processo di ricalcamento avvenga in maniera ideale, quello che
Per cilindri sufficientemente tozzi, nei quali io posso immaginare che non avvengano fenomeni di
instabilità dovuti a carichi di punta, a causa delle azioni di attrito che si sviluppano all’interfaccia
tra la faccia premente del mio stampo e l’oggetto che io voglio deformare e a causa dei fenomeni
legati al raffreddamento selettivo del mio manufatto ( in quanto le facce a contatto con il mio
stampo per conduzione si raffreddano preferenzialmente offrendo una deformazione che è
crescente) portano a condizioni di deformazione differenti e quindi non avremo un controllo
perfetto del cilindro. In ogni caso possiamo sia nel caso di ricalcamento ideale (per cui il cilindro lo
immaginiamo che si ricalchi perfettamente e non pervengano fenomeni di raffreddamento
differenziato e siano trascurabili i fenomeni di attrito (fenomeni facili da gestire potendo spruzzare
sulla superficie dello stampo delle sospensioni lubrificanti che hanno il duplice scopo di evitare che
il manufatto si attacchi allo stampo e di abbattere l’attrito che si sviluppa all’interfaccia tra il
manufatto che io voglio deformare e gli stampi)) e sia nel caso reale noi possiamo sempre
determinare la riduzione di altezza del manufatto mediante la formula in figura.
In termini di deformazioni abbiamo la deformazione convenzionale data dalla differenza tra ho-h1
fratto il valore inziale dell’altezza del manufatto mentre quella reale è data dal logaritmo del
rapporto tra la quota iniziale e quella finale. [NB: differenza tra deformazione reale e
convenzionale: quella reale si ottiene ipotizzando di ricalcolare istante per istante la deformazione
convenzionale, si fa la sommatoria di queste deformazioni al limite per ∆h che tende a zero si ha
l’integrale e di conseguenza si ottiene il logaritmo (vedi Smith)].
La forza applicata, ovvero quella che applichiamo quando il forgiato assume un’altezza pari ad h1
vale:
F=YA1
Dove A1 è l’area della sezione massima mentre Y è la resistenza del mio materiale alla
deformazione
Se abbiamo incrudimento, quindi se tutto ciò avviene per valori della temperatura per cui il
materiale non ha un comportamento a caldo ma a freddo, cioè se il materiale offre una resistenza
che cresce al crescere della deformazione:
F=YfA1
Dove questa volta Y non è costante ma è pari:
Yf=σs= K 𝜀 𝑛 (legge di flusso plastico)
Per quanto riguarda l’energia per unità di volume (ovvero l’area sottesa dalla curva σ-ε): (vedi
immagine)
È dato dall’integrale della formula del flusso plastico.
Il lavoro di deformazione è dato da quest’energia moltiplicato il volume (formula vedi immagine).
Il raffreddamento selettivo e la presenza di attrito che per quanto noi possiamo combattere non
sarà mai nullo inducono fenomeni di instabilità e/o barreling per cui non è possibile controllare la
geometria finale del nostro manufatto.
Un’altra lavorazione molto importante è la PUNZONATURA che altro non è un processo per il
quale noi spingiamo la deformazione plastica fino a valori tali da sfociare nel raggiungimento
della sigma a rottura. La punzonatura è un’operazione di taglio in cui noi non asportiamo
materiale. Io ho di fatto un ricalcamento profondo con un punzone che affondando il mio
materiale crea una certa cava, il pezzo viene ribaltato e agendo sulla parte opposta porto via la
parte deformata (disegno in alto). Oppure nel disegno in basso dove io realizzo rondelle
mediante il seguente tipo di lavorazione: in questa produzione di rondelle si opera
punzonando prima il foro interno e poi quello esterno in un processo continuo su nastro. Il
vantaggio è dato dall’elevata velocità di lavorazione, mentre il vincolo strettissimo è dato dal
fatto che l’utensile realizza soltanto quel tipo di rondelle.
Questa tecnica ci consente di realizzare una flangia partendo da un cilindro, liberi dallo stampo.
L’unico vincolo da tenere conto in questo tipo di lavorazione è che il volume di partenza sia uguale
al volume finale. Partiamo da un cilindro e cominciamolo a schiacciare fino ad ottenere una forma
simile a quella di un “parmigiano” (ovvero nell’ immagine il disegno numero 1), nel quale o per
punzonatura o per semplice deformazione plastica creiamo un foro (disegno numero 4).
Dopodiché questa forma la forgiamo tra due rulli che ruotando in maniera discorde e quindi
costringendo la nostra forma a ruotare all’interno di questa coppia di rulli inducono una riduzione
dello spessore e un suo conseguente allargamento. La lavorazione procede e si arresta fintanto
che la flangia non raggiunge il desiderato diametro e spessore in cui il bilancio di materia controlla
il processo. Il nostro cilindro può anche ruotare intorno a una trave orizzontale e avremo un
punzone schiacciante che induce una riduzione di spessore e permette di raggiungere il diametro
desiderato. Questo è un processo che dimostra come si possano realizzare due oggetti
perfettamente uguali dal punto di vista geometrico ma con due procedimenti estremamente
differenti che porteranno ovviamente ad avere proprietà meccaniche differenti. (la flangia infatti si
Nello stampo chiuso invece abbiamo detto che la geometria del mio manufatto è
fondamentalmente e completamente, al netto degli errori che posso commettere, governata dalla
geometria degli stampi. Come in fonderia, il manufatto che alla fine realizzerò, è caratterizzato da
una geometria che è data da quella cavità. Gli stampi si avvicinano e si accoppiano, il mio
manufatto che è collocato inizialmente su uno dei due stampi viene successivamente schiacciato e
forgiato tra questi due stampi venendo costretto ad assumere la forma dello stampo. Qui è
fondamentale calcolare la giusta quantità di materiale da inserire perché una volta chiuso lo
stampo il manufatto deve correttamente riempire completamente la cavità pure nelle parti più
ostiche determinando la corretta quantità di bava che è fondamentale per il completamento del
processo di deformazione plastica.
La forgiatura delle prime parti del pezzo che vengono a contatto con lo stampo provoca il riflusso
(libero) delle rimanenti verso le zone cave. In figura 2 io ho collocato lo sbozzato all’interno del
mio stampo ancora aperto. Appena si comincia a chiudere il mio stampo una porzione della
superficie del mio materiale che non è ancora a contatto con lo stampo tende liberamente a
rifluire nelle cavità a disposizione con storia termomeccanica differente. Incavi di piccola
profondità si riempiono facilmente mentre quelli di elevata profondità no. Per geometrie più
complesse è necessario l’applicazione di più passaggi con più coppie di stampi differenti. In queste
Lezione 8 – Tecnologie Speciali 9 Umberto Caruso
situazioni, se dovessi spingermi con deformazioni locali del mio materiale verso valori inaccettabili,
il forte scorrimento può provocare inoltre lesioni superficiali sul pezzo. Se da qualche parte del
pezzo vincessi anche localmente la massima capacità di allungamento del pezzo a rottura,
quest’ultimo mi si creperebbe.
Non sempre è prevedibile la risposta del materiale soprattutto in virtù della storia termo-
meccanica, che governa la storia termica la quale a sua volta governa la differente resistenza del
materiale alla deformazione, che governa la bontà del processo di forgiatura. In genere il sistema è
abbastanza complicato e richiede l’uso di programmi agli elementi finiti specializzati che
consentono di governare le differenti storie termo-meccaniche che si hanno tra porzioni differenti
dello stesso manufatto.
Se nel caso invece avessi che la mia cavità fosse disposta geometricamente in maniera non
opportuna, seppure avessi il corretto riflusso di materiale che rifluisce nella cavità stessa questo
riflusso potrebbe intrappolare delle zone che sono le ultime che vanno a riempirsi e che
determinano per motivi del tutto diversi da quelli precedenti( Infatti in questo caso non c’è
superamento della sigma a rottura) delle soluzioni di continuità interne nelle quali può rimanere
intrappolato dell’ossido e può determinare delle cricche che prendono il nome di CRICCHE DA
Lezione 8 – Tecnologie Speciali 11 Umberto Caruso
RICHIUSURA mentre quelle precedenti si chiamavano CRICCHE DA CEDIMENTO. Quindi sono
cricche simili legate a storie termo-meccaniche differenti. Riuscire a risalire al perché quel difetto
si è innescato e riuscire a risalire alla corretta causa mi consente di correggere il processo.
Perché c’è la necessità di operare con una certa quantità di bava?
Per minimizzare l’insorgenza dei difetti si deve operare con la corretta quantità di materiale da
fucinare: questa deve essere tale da riempire completamente la cavità fra gli stampi ed eccederla
leggermente per favorire la formazione di una bava periferica. Questa bava risulterà fondamentale
perché ci aiuta a riempire la forma. Io devo essere bravo a modellare, simulare, prevedere il
comportamento del mio processo per cui vado a determinare la corretta forma finale con la
corretta quantità di bava. Se sbagliassi in eccesso avrei che la troppa bava impedisce ai due stampi
di portarsi in condizioni finali di faccia a faccia e quindi il mio manufatto sarebbe la figura ottenuta
da due stampi che non si stoccano e quindi sarebbe più spessa del dovuto. Se avessi meno bava
potrei avere un non completo riempimento del mio stampo. Per cui non soltanto devo essere
bravo a prevedere la corretta quantità di materiale che riempie effettivamente lo stampo ma devo
prevedere anche la quantità di bava che mi consente di far chiudere gli stampi e non mi fa
insorgere i difetti che vedevo prima.Per gestire la corretta quantità di bava e per gestire
correttamente il riempimento della mia forma,cioè per
consentire al mio materiale di rifluire correttamente nelle cavità via via più snelle (che sono
collocate in direzione parallela al verso di avvicinamento degli stampi), io posso ricorrere al canale
di bava. Sono quelle cavità che determinano la geometria della mia bava che però non
appartengono al pezzo P che io voglio realizzare. Nel momento in cui devo ricopiare le parti più
distanti del mio stampo io devo costringere il mio materiale a rifluire verso quelle cavità. Per fare
ciò creo dei canali di bava che sono caratterizzati da una certa lunghezza. In prossimità della
chiusura definitiva dei due stampi quando la bava è molta, la forza è altissima e il pezzo è già
Lezione 8 – Tecnologie Speciali 12 Umberto Caruso
relativamente freddo e quindi quando le forze arrivano a valori altissimi questo canale di bava
dovrà avere una geometria con un modulo bassissimo (canale snello e sottile) per cui il materiale si
raffredda più facilmente. Questo vuol dire che questa parte raffreddandosi più facilmente mostra
una resistenza allo snervamento che è molto più elevata. Quindi questa bava nel momento in cui si
forma in realtà indurisce (si oppone alla deformazione) perché incrudisce e incrudendosi fa’ da
tappo impedendo così ad altra bava di formarsi. Quindi è possibile dire che l’eccesso di metallo
fluisce nella cavità C restando collegato al pezzo mediante la sottile fascia B, che rappresenta la
bava e viene rimossa dopo fucinatura. Deve essere sottile per:
- Favorire la successiva lavorazione di asportazione, cioè una facile operazione di rimozione
mediante fresatura per esempio;
- Offrire una grande resistenza al flusso di materiale per costringere il rimanente nella forma
a riempirlo tutto ed efficacemente;
Se si pretende di riempire spigoli vivi perfettamente squadrati le forze in gioco arrivano a livelli
inimmaginabili. Si deve poter prevedere geometrie sufficientemente dolci perché riempire al 99%
questa forma è facile mentre man mano che tendiamo a valori maggiori risulta sempre più
difficile. Infatti risulta impossibile riempire al 100% una forma con spigoli vivi.
È possibile provare a realizzare il flashless forging (forgiati senza bava) se però siamo capaci di
operare con stampi di geometria particolare giocando sulle temperature e le corrette quantità di
materiale. Mentre nel caso del forgiato classico in stampo chiuso con presenza di bava abbiamo
È opportuno una corretta allocazione dei due stampi sulla pressa per realizzare un corretto
processo. Infatti seppure faccio tutto perfettamente e poi li monto storti sulla pressa ho fatto
quello che si chiama sdetto in fonderia. Questo determina un’usura elevata sulle facce disallineate
e porta a sollecitazioni in gioco enormemente maggiori. D’altro canto poiché è impossibile
ottenere una precisione assoluta nell’allineamento degli stampi si preferisce, anche in presenza di
piccoli disallineamenti, una piccola usura iniziale (che funge da aggiustaggio) piuttosto che la
rimozione o riallocazione di questi che produrrebbero ulteriore usura delle parti. Questo però ha
un impatto sulla durata, la quale può ridursi anche di un ordine di grandezza. Solitamente gli
stampi sono costruiti in acciaio al cromo, nichel ovvero materiali alto prestanti con elevate
proprietà meccaniche (soprattutto durezza e quindi resistenza all’usura); mentre raramente viene
realizzato con acciaio comune. Le superfici interne è bene che siano molto ben levigate per ridurre
al massimo gli attriti. Più liscio è il mio stampo minore sono gli attriti e quindi minore saranno le
forze e le usure. Avere l’accortezza di spruzzare lubrificanti abbatte tutto questo e aumenta la vita
utile dello stampo stesso. Quando lo stampo è “vergine” si eseguono talvolta controlli colando
piombo fuso per verificare forma e dimensioni del pezzo finito e per avere un’idea della massa di
metallo che occorre riducendola però del rapporto fra la densità dei due diversi metalli. Si stampa
di solito a caldo così da tenere conto del ritiro del raffreddamento del pezzo prodotto.