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Sindrome dello stretto toracico superiore

Il sindrome dello stretto toracico superiore (TOS) indica un ampio spettro di patologie caratterizzate da sintomi
dovuti a compressione estrinseca degli elementi vascoli-nervosi alla radice dell`arto superiore da parte delle
strutture legamentose, muscolari o ossee che delimitano lo stretto toracico superiore. La compressione può essere
intermittente o continua, e dipendere sia de anomalie congenite delle strutture sia di una modifica dei loro rapporti.

Vengono descritte tre diverse forme, a seconda della struttura soggetta a compressione:

 Arterial TOS : arteria succlavia (a-TOS)


 Venous TOS: vena succlavia (v-TOS)
 Neurogenic TOS: radici del plesso brachiale (n-TOS)

Nel 90% si presenta esclusivamente o prevalentemente con sintomi neurologici, le sintomi vascolari non superano il
10%, con rapporto arterioso/venoso 1/4.

Epidemiologia

È una patologia sempre più frequente, anche se spesso in forme subcliniche. L’incidenza si attesta a 0,3-2%. Sono
più frequentemente affetti i soggetti nella 3* - 4* decade della vita e di sesso femminile. Si tratta in genere di donne
longilinee microsplancniche con abito astenico. I soggetti si sesso maschile, al contrario, sono più brachitipi con
muscolatura ben sviluppata. Solo 1/3 dei pazienti hanno una anomalia ossea, come una megapofisi di C7 o una costa
cervicale.

Eziologia e patogenesi

Il tragitto percorso dal fascio vascolo-nervoso dell’arto superiore nel tratto compreso fra colonna vertebrale,
mediastino superiore e regione ascellare è particolarmente tortuoso a causa di elementi muscolo-tendinei,
legamentosi e scheletrici che possono, in determinate condizioni
fisiopatologiche, divenire causa di compressione. I movimenti del
capo e degli arti o gli atti respiratori possono modificare i rapporti,
con la conseguente compressione dei vasi a del plesso.

Limiti dello stretto: anteriore: manubrio sternale, posteriore: colonna


vertebrale. Laterale: prima costa. Di seguito il tragitto è costituito dal
triangolo interscalenico, la cui base è costituita dalla I costa ed i cui
lati sono gli scaleni anteriore e medio. Questo triangolo contiene
l’arteria succlavia anteriormente e il plesso brachiale posteriormente.
All’uscita del triangolo il fascio vascolo-nervoso si impegna nella
pinza costo-clavicolare, compresa tra la faccia inferiore del segmento
mediale della clavicola e la faccia superiore del segmento mediale
della prima costola. Infine il fascio si inserisce tra il processo
caracoideo della scapola ed il muscolo piccolo pettorale su di esso
inserito.

La più frequente anomalia ossea è la presenza della costa cervicale,


con un’incidenza compresa tra lo 0,17 e lo 0,74% della popolazione
generale. Questa anomalia determina una dislocazione craniale del plesso brachiale. La presenza di un muscolo
scaleno medio anomalo può causare un’ulteriore compressione. Una megapofisi della vertebra C7 può causare
compressione sin con meccanismo diretto che indiretto, a causa de fibre fibromuscolari o la presenza di un muscolo
scaleno medio anomalo. L’incidenza di questa è dell’ordine dell’1%.

Lo scaleno anteriore normalmente si inserisce sul tubercolo scalenico della prima costa, anteriormente all’arteria
succlavia. Un’inserzione posteriore dello scaleno anteriore o anteriore o ampia dello scaleno medio possono ridurre
lo spazio interscalenico. Nel 50% della popolazione c’è un muscolo scaleno minimo, che origina dal processo
trasverso di C7 e si inserisce sulla prima costa, e può comprimere le radici nervose C8 e D1 contro la prima costa.

Anche anomalie del plesso brachiale possono determinare compressioni dello stesso: dislocazione craniale (contatto
con gli scaleni) o caudale (contatto con la prima costa).
Non c`è vasta documentazione su i meccanismi di danno all’arteria ascellare, ma sono implicati il tendine nel piccolo
pettorale e la testo dell’omero. Patologie acquisite che possono dare compressione, come tessuto fibroso
cicatriziale, tumori, esostosi, schwannomi del plesso brachiale, lesione degli scaleni. In molti pazienti con TOS si è
riscontrata un’anamnesi positiva per traumatismi della testa dell’omero, colo o degli arti superiori, con un intervallo
tra il trauma e la sintomatologia che varia tra giorni e anni. Il trauma può provocare compressione per lesione diretta
del plesso o delle strutture ossee, oppure mediante processi infiammatori delle masse muscolari: l’esito cicatriziale
può determinare una contrattura cronica muscolare con conseguente irritazione del plesso. Si distinguono a seconda
del trauma due gruppi: trauma diretto (meccanismo a colpo di frusta, caratterizzato da un esordio improvviso, con
scarsi sintomi motori) e microtraumi indiretti (lavorale da solito, con decorso lento a progressivo, con sintomatologia
sempre più invalidante). La compressione si può osservare anche in determinati atteggiamenti posturali dell’arto
superiore e del capo, perché lo stretto è modificabile in rapporto a condizioni di rilasciamento e contrazione della
muscolatura. La rotazione ipsilaterale del capo in ispirazione forzata riduce lo spazio interscalenico. L’iperabduzione
dell’arto o l’abbassamento della spalla e la sua retropulsione provocano invece la chiusura dello spazio costo-
clavicolare e coraco-pettorale. Ci sono due gruppi muscolari:

 Di chiusura dello stretto: scaleni, succlavio e piccolo pettorale. la loro azione abbassa il cingolo scapolare ed alza la
I costa
 Di apertura dello stretto: situati posteriormente, sono rappresentati del trapezio, dall’elevatore della scapola, dal
romboide e dal gran dorsale. Innalzano il cingolo scapolare allargando lo stretto toracico.

Un azione non equilibrata o un diverso sviluppo delle masse muscolari (ipertrofia dei muscoli di chiusura, ipotrofia di
quelli di apertura, entrambi più frequenti nel sesso maschile) può comprimere il fascio vasculo-nervoso.

La conseguenza di una compressione prolungata dell’arteria succlavia è la stenosi segmentaria. Il traumatismo


meccanico sulla parete esita in processi fibrotici accompagnati da alterazioni infiammatorie avventiziali, che tendono
a ridurre la mobilità del vaso. Oltre a la possibilità di una trombosi in situ, la compressione può anche determinare la
formazione di aneurismi post-stenotici (per turbolenza secondaria, che determina un’alterazione dello shear stress
parietale, con conseguente danno della media). A livello intimale è possibile osservare lesioni causate sia dalla
compressione ab estrinseco sia dallo stress sul punto del’impatto del getto ematico post-stenotico in caso di
aneurisma. Gli aggregati piastrinici che si formano su queste lesioni sono i responsabili delle necrosi digitali (in
genere del I e II dito) e della sintomatologia Reynaud-simile che si verifica nel TOS. Anche la irritazione cronica delle
fibre simpatiche nelle radici inferiori del plesso possono causare questa sintomatologia. Complicanze
tromboemboliche sono descritte anche a livello della vena succlavia, causate da lesioni contusivi della parete. Le
embolie polmonari causate da trombosi succlavia nel TOS rappresentano in alcune casistiche il 17% del totale.

Quadro clinico

I sintomi prevalenti sono neurologici, per irritazione e compressione del plesso brachiale.

 Nel coinvolgimento delle fibre superiori la sintomatologia è a livello cervicale, della spalla e del capo (anche come
cefalea emicranica). Il sintomo tipico è il dolore sordo, indotto dallo sforzo, irradiato alla regione sopraclavicolare,
alla spalla e al braccio, raramente irradiato nella parte anteriore del torace o la regione perisca polare. Le
parestesie sono frequenti e con irradiazione metamerica (bordo interno del braccio e dell’avambraccio, margine
cubitale della mano e ultime due dita).
 Se sono interessati le fibre inferiori del plesso ci saranno parestesie all’arto superiore estese fino alla mano, riferite
più frequentemente nel territorio del nervo ulnare (IV e V dito). L’esordio a tipicamente all’improvviso e correlato
a un specifico incidente. Il dolore, relazionato al nervo irritato, è spesso il primo sintomo, accompagnato da
parestesie e intorpidimento distale.
Nella n-TOS la presenza di disturbi vasomotori, associata o addirittura precedente della comparsa dei disturbi
sensitivi, è frequente. Si tratta prevalentemente di crisi di pallore, cianosi ed edema a livello della mano e del 1/3
distale dell’avambraccio, la cui comparsa è spesso indipendente della postura o dallo sforzo.
I sintomi dovuti alla compressione della vena succlavia sono quelli della stasi venosa: il primo è il senso di
pesantezza dell’arto, in genere esacerbato con l’abduzione e l’attività motoria. È comune la tumefazione
localizzata alla mano o all’intero arto, con i reticolo venoso ectasico alla spalla e all’arto, spesso associata a cianosi
a marezzatura cutanea. Questi sintomi compaiono e si aggravano bruscamente, e l’attenuamento è legato allo
sviluppo del circolo collaterale. I sintomi di stasi si accentuano con l’iperabduzione (a differenza delle trombosi
venose di altra origine).
Raramente i sintomi sono una insufficienza arteriosa intermittente, acuta o stabilizzata.
 Intermittente: facile affaticamento nelle attività muscolari effettuate ad arto sollevato.
 Acuta con trombosi dell’arteria: i sintomi sono più gravi, con ipotermia ed alterazione nel trofismo cutaneo alle
dita.

Devono essere esaminate dettagliatamente la postura, la presenza di cicatrici o deformità nel collo, spalla e arto
superiore. Un aspetto caratteristico della n-TOS è la dolorabilità in zona sovraclavecolare, evidenziata palpando
direttamente lo scaleno anteriore o il plesso brachiale, che permette anche individuare una costa cervicale.

È importante evidenziare l’eventuale presenza de differenze tra ampiezza e sincronismo dei polsi radiali e misurare
la pressione in entrambi braccia. Se i reperti a risposo sono normali, vanno ricercate variazioni del polso durante
l’esecuzione di manovre di attivazione che riducono lo stretto toracico, e che in caso di TOS, si possono
accompagnare di una significativa riduzione o scomparsa dell’ampiezza del polso radiale.

 Manovra di Adson: consiste nel controllo della scomparsa del polso radiale nell’iperestensione e rotazione
omolaterale del capo nel corso di un’ispirazione forzata. Induce la
contrazione dei muscoli scaleni con compressione dell’arteria succlavia da
parte del scaleno anteriore. Anche se questo test è patognomonico per la
TOS, è inaffidabile per l’alto numero di falsi negativi (incidenza di responsi
postivi tra il 22 e il 100%, mediana del 31%).

 Manovra di Wright o di iperabduzione: consiste nell’abduzione dell’arto con rotazione contro laterale del capo. Il
movimento e la contrazione del piccolo pettorale riducono lo spazio e
attivano la pinza consto clavicolare. È considerata una prova significativa se
risulta positiva con un’abduzione non superiore a 90° (la scomparsa del polso
si verifica nella maggioranza dei soggetti normali in un’abduzione forzata di
120°.

 Manovra di Eden o Gowan Welinsky: consiste nell’abbassamento con retropulsione della spala, che provoca una
riduzione della spazio sotto-clavicolare.
 Test di Ross (o EAST: Elevated Arms Stress Test): il paziente apre e chiude il pugno per 2
minuti, con le braccia completamente abdotte. Simile è l’abduction and external rotation
test (AER), in cui si ripete il gesto di apertura e chiusura del pugno, che in tal caso è rivolto
all’esterno, dopo aver posto le braccia a 90° in abduzione e
rotazione esterna con le spalle portate all’indietro. Entrambi
i test valutano i distretti innervati da C8 a T1. Si considerano
positivi quando provocano la comparsa della sintomatologia
(dolore o parestesie) entro 3 minuti, con conseguente
impossibilità di proseguire l’esercizio. Nel 94% del pazienti
con n-TOS tale manovre comportano la comparsa dei
sintomi, mentre solo nel 24% si ha una riduzione del polso radiale. Tale test è positivo nell’80% dei pazienti con la
sindrome del tunnel carpale. Talvolta, in corso dell’AER test è possibile auscultare un soffio nella parte laterale
della clavicola per compressione parziale della succlavia.
 Upper Limb Tension Test of Elvey (ULTT): composta da tre manovre in successione. Prima: il paziente mantiene le
braccia abdotte a 90 °. Seconda: vengono dorsi flessi i polsi. Terza: si abbassa lateralmente la testa.
 Interphalangeal Card Test: permette valutare il compromesso del muscoli interossei (innervate dal nervo ulnare),
nei casi più gravi di TOS. Si fa stringere fra due dita contigue un foglio di carta.
Utile è anche eseguire i test per la sindrome del tunnel carpale o l’entrapment del nervo ulnare (test di Tinel e
Phalen).

Diagnosi strumentale e di laboratorio

In tutti i pazienti con sospetto TOS deve essere eseguita una Rx della colonna cervicale e del torace in due proiezioni,
per evidenziare anomalie scheletriche della clavicola, la prima costa, megapofisi di C7 e coste cervicali. Con le
proiezioni oblique si può ottenere informazione sui forami neurali. È considerato reperto significativo il numero d
vertebra conteggiabili in proiezione laterale a partire del piano tangente alla clavicola (indice della tendenza della
caduta del cingolo scapolare): normalmente otto, dieci in caso di TOS.

L’esame Doppler delle arterie dell’arto superiore permette documentare la compressione intermittente sulle varie
posizioni, oppure stenosi ed occlusione. La sensibilità è del 96-100% e la specificità del 93-96%.

Attualmente la migliore valutazione muscolo-scheletrici e della compressione vascolo-nervosa si ottiene con angio-
TC o angio-RM, quest’ultima è utile nel sospetto di compressione da parte di tessuti molli. Entrambi test si fano in
riposo e durante i test provocativi.

L’angiografia è indicata in caso di deficit arterioso acuto o stabilizzato, che faccia supporre una complicanza trombo
embolica meritevole di trattamento endovascolare. Si fa con l’art in posizione neutra ed abduzione a 90°.

La flebografia è indicata unicamente nei pazienti destinati a trattamento litico o nei casi di dubbi.

I test neuro-diagnostici sono utili nella diagnosi differenziale di patologie che possano mimare la sintomatologia della
TOS.

L’elettromiografia aiuta nell’individuazione delle radici interessate dalla compressione, ma è negativa nel 50% dei
pazienti con TOS. Risulta utile nella diagnosi differenziale con la sindrome del tunnel carpale e l’entrapment del
nervo ulnare.

Lo studio della velocità di conduzione permette mettere in evidenza un blocco nella conduzione a livello dello stretto
toracico e di differenziare dalla TOS la sindrome del tunnel carpale.

Ulteriori test sono la registrazione dell’onda F (valuta la conduzione delle fibre di moto in sede prossimale) e la
valutazione delle potenziali evocati somato-sensoriali (-SSEPs- che studia la conduzione nelle grosse fibre sensitive).

Terapia

In assenza di complicanze vascolari, il trattamento è conservativo. In caso di complicanze vascolari, il trattamento è


sempre chirurgico.

Gli obiettivi del trattamento fisioterapico sono l’aumento del tono dei muscoli sospensori dell’articolazione acromio-
clavicolare, aumentando lo spazio omonimo ed il ripristino di una postura normale correggendo la tendenza alla
caduta della spalla. Si sono ottenuti con questo approccio risultati soddisfacenti nel 76-100% dei casi a breve termine
(un mese) e del 59-88% a un anno. L’obesità e la sindrome di compressione multiple (Double Crush Syndrome) sono
fattori prognostici negativi nei pazienti sottoposti a trattamento fisioterapico, assai come una presenza prolungata
della sintomatologia, la severità della stessa e pregressi traumi.

In caso di importante sintomatologia algina possono essere prescritti FANs. L’iniezione di botulino a livello dello
scaleno anteriore e medio riduce la sintomatologia dolorosa, ma può comportare disfagia nel 20% dei pazienti. La
decompressione chirurgica è indicata se le misure conservative falliscono o provocano un peggioramento della
sintomatologia.

Nel TOS causato dalla presenza di una costa cervicale, l’approccio sovraclaveare permette una buona esposizione.
L’altra opzione chirurgica è la resezione costale per via trans-ascellare (intervento di Roos), essendo questa più
efficace nel sollievo del dolore. Altre vi meno utilizzate sono l’accesso parascapolare e l’infraclavicolare.

Le complicanze chirurgiche comprendono lesioni nervose (soprattutto per eccessiva trazione del plesso brachiale,
con lesioni irreversibili nell’1-19%, più frequente nell’accesso trans-ascellare, o lesioni del nervo frenico –
sollevamento dell’emidiaframma- o il nervo toracico lungo –scapola alata- nell’accesso sovraclaveare) , ai vasi (i
danni arteriosi sono rari, 0,12%) o ai linfatici (legatura del dotto toracico durante l’accesso sovraclaveare sinistro).
Frequenti sono le lesioni pleuriche in corso di resezione della prima costa (sino al 50%)

In caso di TOS vascolare, il intervento di decompressione deve essere combinato con il trattamento della lesione
vascolare. In caso di embolizzazione periferica è indicata la tromboembolectomia o la trombolisi loco-regionale. Se ci
sono necessari interventi di rivascolarizzazione destale mediante by-pass, la vena grande safena è il condotto di
prima scelta, e la succlavia o la carotide comune sono sede dell’anastomosi prossimale. Indicazione al trattamento
endovascolare può essere la presenza si aneurismi succlavi brevi trattati mediante stent graft.

In caso de venous TOS o Paget Shroetter Syndrome, oltre alla rimozione della causa della compressione, è indicata la
fibrinolisi loco-regionale mediante urochinasi, streptochinasi o tPA, in forma contemporanea o successiva
all’intervento.

Il 15-20% dei pazienti sottoposti ad intervento chirurgico presentano una recidiva della sintomatologia. Sebbene
l’eziologia non sia chiara, il tessuto cicatriziale post-chirurgico e monconi costali eccessivamente lunghi sono stati
studiati. In caso di persistenza della sintomatologia nonostante trattamento fisioterapico, è indicata una nuova
chirurgia con un accesso differente al primitivo.

Sindrome dello stretto toracico in età giovanile

In età giovanile la TOS vascolare interessa fino al 56% dei casi. Negli adolescenti, le forme di più comune è la venous
TOS, la forma arteriosa, come negli adulti, è meno frequente.

Una possibile spiegazione risiede nell’importanza dei traumi, soprattutto automobilistici e lavorativi nelle forme
neurogene. Inoltre, alcune posture degli atleti sono strettamente correlati con forme di TOS vascolari, quale
l’iperabduzione del braccio ripetuta.

Negli adolescenti la popolazione femminile e la maschile sono ugualmente colpite.

La clinica può essere caratterizzata da un esordio acuto come dalla comparsa graduale di edema. Si devono cercare
malformazione ossee o muscolari, stati di ipercoagulabilità. Per lo studio si utilizzano la radiografia standard e la
risonanza magnetica del torace. Il trattamento e fisioterapico e decompressivo, utilizzando de preferenza l’accesso
trans-ascellare.

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