Il cubano José Maria Heredia è, tra i poeti ispano americani attivi nella prima metà dell'800,
quello che presenta la maggiore affinità con la letteratura romantica che si svilupperà nei
decenni successivi. Tanto che, come avevo già detto, deve essere considerato, insieme a
Echeverria, come l’iniziatore di questa nuova corrente estetica nell'America di lingua
spagnola. Questa sua affinità è avvertibile, prima ancora che nella sua opera, in alcuni
elementi della sua biografia: Heredia ha una vita piuttosto breve (nasce nel 1803 e muore
nel 1839), si dedica con passione alla causa della libertà della sua patria e per questa ragione
è costretto a un esilio che lo porterà prima in Messico e in Venezuela e poi negli Stati Uniti,
dove condurrà un'esistenza inquieta segnata dalla nostalgia per la sua terra.
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A prescindere da queste possibili influenze, le due silve di Heredia si caratterizzano per la
comparsa di alcuni elementi di novità nel panorama letterario del tempo. Anzitutto si
manifesta la presenza di un io lirico che introietta e soggettivizza il paesaggio e si
autorappresenta mente descrive uno scenario maestoso la cui bellezza sfida le sue capacità
espressive sollecitandolo a meditare sui misteri della storia, dello spirito umano, del cosmo.
In “En el Teocalli de Cholula” compaiono inoltre tematiche e motivi innegabilmente legati
all'estetica romantica come la fascinazione per la notte, il senso del sublime di fronte alla
natura grandiosa, e un certo gusto morboso per i paesaggi solitari in cui la presenza delle
rovine di civiltà ormai estinte chiamano in causa il destino di precarietà dell'esistenza
umana. Notevole è anche la capacità da parte del io lirico di stabilire attraverso l'uso di un
registro intimo, quasi confessionale, un rapporto di complicità con il lettore trasmettendogli
quei sentimenti di esaltazione, di armonia ma anche di angoscia che la presenza di
un'atmosfera di mistero evoca. In particolare, di fronte al calare della notte che avvolge le
rovine della piramide di Cholula, il poeta proietta la sua inquietudine esistenziale e un
profondo senso di perdita e di smarrimento tipico appunto della sensibilità romantica. “En el
Teocalli de Cholula” è una poesia che ha avuto un lungo processo di gestazione; la prima
redazione è del 1820 e la sua forma definitiva risale al 1832, quando Heredia aggiunge la
sezione finale di una cinquantina di versi in cui esprime una condanna della barbarie dei
sacrifici aztechi giustificata dalla sua fede cristiana. Questa parte conclusiva è tuttavia la
meno convincente del poema e tende ad apparire come una sorta di corpo estraneo.
La silva “Niàgara” fu scritta invece nel 1824 in occasione della visita del poeta alle cascate
omonime. In questa composizione dominano essenzialmente il senso del sublime di fronte
alla forza della natura e, per contrasto, una profonda nostalgia per il paesaggio tropicale di
Cuba da cui l'esilio aveva allontanato per sempre l'autore.