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E PERCHE' GENTILE NO?

VENEZIA Tra i filosofi delle leve recenti è nato nel 1944 Massimo Cacciari è senza dubbio uno dei
più vivaci. La complessità del suo pensiero racchiude intuizioni fertili, inaspettate. La sua
inquietudine politica è stato deputato del Pci ma ora, pur senza abiurare, accentua la sua
indipendenza da quel partito accresce l' interesse intorno alla sua figura di intellettuale atipico,
intollerante di posizioni precostituite, allergico alla routine delle idee ricevute. Dopo Eugenio Garin
e Giuliano Toraldo di Francia, appartenenti entrambi alle generazioni più direttamente influenzate
dal filosofo abruzzese, ci sembra opportuno saggiare in merito al prossimo ritorno, in edizione
Adelphi, di un consistente numero di opere di Benedetto Croce l' opinione di un post-crociano, qual
è appunto Cacciari. Ed è lo stesso termine ritorno, riferito a Croce, a provocare le sue prime
obiezioni. Ma quale ritorno!, esclama Cacciari. La supposta eclisse di Croce è una pura invenzione.
Si è sempre continuato a studiarlo. Sono usciti di recente, presso Laterza, saggi su di lui. Fino a
metà degli anni Settanta, chiunque volesse condurre una battaglia contro quella cultura comunista
che interpretava il marxismo come storicismo e che si incarnava in Giorgio Amendola, in Mario
Alicata e nei loro seguaci ed eredi, doveva conoscere e discutere Croce. Resta il fatto che da venti e
più anni Croce non veniva ristampato. E con questo? Forse il solo fatto che san Tommaso non
compare fra gli Oscar dimostra che ce lo siamo dimenticato?. D' accordo, Croce nessuno l' ha
dimenticato. Ma ora quale senso tu attribuisci a questa sua ricomparsa editoriale? Voglio prima
cercar di capire se ci troviamo di fronte a una semplice montatura editorial-giornalistica, tipo
Pendolo di Foucault, o se si tratta di qualcos' altro. Nel primo caso non mi preoccuperei. Anzi, ne
sarei felice per gli eredi di Croce e per i titolari della Adelphi, così come sono stato felice per
Umberto Eco. Nella seconda ipotesi se cioè attraverso Croce si intende sponsorizzare un preciso
orientamento culturale vorrei dire la mia, prima che sia troppo tardi. L' operazione mi parrebbe
infatti assai grave. Grave, perché? Perché la filosofia italiana è nota in Europa per la discussione che
essa ha fatto del marxismo: una discussione di straordinaria intelligenza filosofica e politica. Nell'
ambito di questo dibattito quale ruolo gioca Croce? Rappresenta la riduzione di Marx a scienziato,
ad economista, a metodologo della storia, tralasciando del tutto la sua dimensione filosofica.
Proprio il problema filosofico di Marx, che per Croce è ghirigoro metafisico, puro strascico, si trova
invece al centro dell' interpretazione che di Marx dà Giovanni Gentile, e che secondo me è valida
ancora oggi. Il saggio di Croce, Materialismo storico ed economia marxistica, e quello di Gentile,
La filosofia di Marx, inaugurano il nuovo secolo. Vengono letti in tutta Europa. Lenin stima il
saggio di Gentile. Sorel è più vicino all' interpretazione di Croce, forse perché non capisce nulla di
filosofia.... Ma che c' entra tutto questo con il Croce adelphiano? C' entra, nel senso che io non vedo
alcuna attualità nel discorso di Croce. I conti ancora aperti sono con l' opera di Gentile. Ancora
attuale è discutere Marx in quanto grande filosofo classico, come ha fatto Gentile, individuando il
pensiero marxiano in una filosofia della pura immanenza. Gentile ha mostrato come per Marx la
verità del pensiero consista nel suo verificarsi, come ci sia assoluta identità fra teoria e prassi, come
il vero filosofo sia il politico. Ecco perché Marx assume una posizione centrale nella cultura del
Novecento.... Marx, e con lui mi sembra di capire Gentile... Gentile anticipava perfino Martin
Heidegger che, paradossalmente, lo ignorava. Nella sua opera, infatti, Heidegger non ha mai citato
Gentile e all' attualismo ha dedicato soltanto una battuta che dimostra la sua sostanziale
incomprensione della filosofia gentiliana. E questa incomprensione, a che cosa la attribuisci? Cosa
vuoi, esiste un provincialismo alla rovescia di cui è vittima la nostra cultura. Uno che è nato a
Castelvetrano ha zero probabilità di essere letto a Heidelberg. L' ultimo cretino di Heidelberg ha
molte probabilità di essere letto a Castelvetrano. Che cosa pensi del giudizio che Croce diede di
Heidegger quando definì indecente e servile il Discorso del Rettorato con il quale il filosofo tedesco
si allineò al nazismo? Indecente e servile quel discorso lo era. Ma occorre vedere che cosa c' era
dietro il giudizio di Croce. Quel giudizio poteva darlo chiunque. Potevano darlo mia nonna o la sua
domestica, purché nutrissero sentimenti democratici. Croce, insomma, non sapeva niente di
Heidegger. La sua filosofia gli era cromosomicamente estranea. Più in generale, nelle sue
diramazioni sia liberali che comuniste, la cultura crociana ha svolto una formidabile azione di freno
a una giusta sprovincializzazione del nostro paese. Croce presenta evidenti aspetti dogmatici.
Dogmatica è la strategia stessa del suo pensare. Secondo te, ciò riguarda soltanto la sua attività
filosofica, o anche quella di critico letterario? Riguarda tutto. Prendiamo un caso esemplare: la
poesia contemporanea. Il giudizio negativo di Croce viene spesso banalmente attribuito a una
caduta di gusto. Balle! Croce era semplicemente un nemico della poesia contemporanea. Tutte le
sue letture anche di Dante, anche di Ariosto si fondano su pregiudizi ideologici. Tutti i suoi testi
sono pretesti. Altro che cadute di gusto!. Ma qual era, secondo te, il suo pregiudizio? Consentimi
una premessa. Come per Gentile, la base filosofica dell' estetica di Croce presuppone sulle orme di
De Sanctis l' identità tra forma e contenuto. Ma mentre questa identità può essere mantenuta nella
filosofia di Gentile, che è appunto una filosofia dell' identità, in quella di Croce, basata sui distinti'
' , essa diventa un dover essere' ' . Cerchiamo di dirlo in maniera più semplice. In ogni scrittore
Croce cerca l' identità fra arte e morale. E questa visione carducciana lo porta alla demonizzazione
del cosiddetto irrazionalismo, che per Croce coincide con il male del secolo, che la sua filosofia
vuol curare. Anche per questo Croce ha bloccato a lungo la cultura italiana nel suo recinto
provinciale. E' qui uno degli elementi che inducono ad escludere che si possa riproporlo come un
grande filosofo. E per Gentile ciò sarebbe possibile? Ti rispondo con un esempio: i saggi filosofici
di Gentile sul Rinascimento. Essi stanno alla pari, secondo me più in alto, della grande storia
tedesca coeva, alla Wilhelm Dilthey, e sono alla base delle ricerche di un grande storico del
Rinascimento, come Eugenio Garin. Non è poco. Eppure, se c' è un filosofo veramente rimosso
dalle Accademie, dalla stampa, dai clamori, questo è Gentile. Non certo Croce. E anche qui, magari,
la colpa sarebbe di Croce... Magari sì. Basta pensare che nel saggio del ' 37, Come nacque e come
morì il marxismo teorico in Italia, Croce non nomina neppure Gentile. Sempre per influsso del
crocianesimo, Gentile verrà poi cancellato dalla cultura militante, sia di destra che di sinistra. Quest'
ultima dimenticherà che la filosofia di Gramsci, e il suo stesso marxismo, sono di pura marca
gentiliana. C' è un' accusa che viene rivolta all' idealismo italiano: aver negato validità culturale alla
scienza. Ciò vale per Croce, non per Gentile. Ugo Spirito, uno degli allievi più proverbiali di
Gentile, ancora negli anni Trenta mostrava in una serie di saggi un' attenzione viva per il corrente
dibattito sulla filosofia della scienza. Concederai almeno che Croce era più eclettico di Gentile. Più
pluralista, se vogliamo usare un aggettivo poco filosofico, ma assai di moda. Quanto a pluralismo,
nessuno dei due aveva da insegnare all' altro. Furono complici, ad esempio, nell' eliminare dal
panorama filosofico italiano personalità che avrebbero potuto essere di tutto rilievo europeo, come
Giuseppe Rensi o Adriano Tilgher. Penso tuttavia che se Croce fosse stato al posto di Gentile, l'
Enciclopedia Treccani non sarebbe riuscita un' operazione di così alto valore culturale e di così
evidente pluralismo. Collaborarono a quell' opera decine di antifascisti, fra i quali firmatari dello
stesso manifesto di Croce. Croce a tuo parere non vale più in quanto filosofo. E come storico?
Come politico? Esaminiamo la triade Croce-Gentile-Gramsci. Non c' è italiano che non sia stato
rovinato da uno dei tre, o più spesso da un cocktail con quei tre sapori. Fra Gentile e Croce esiste
una base comune: l' avversione all' illuminismo. Nel 1917 Croce esprime la sua gratitudine a Marx
per avergli insegnato a diffidare delle ciarle illuministiche rendendolo insensibile alle alcinesche
seduzioni della Dea Giustizia e della Dea Umanità. Il loro liberalismo, insomma, prescinde dall'
Ottantanove. Del tutto. E' piuttosto legato al Risorgimento. Ma qui i due divergono sempre più. Per
Gentile, le midolla del Risorgimento sono mazziniane e non c' è contraddizione insanabile fra
Mazzini e Cavour. Croce invece si ritrae da questa idealizzazione delle radici risorgimentali e
finisce col privilegiare la linea Depretis-Giolitti, cioè la sinistra di governo, che compone nella
pratica ogni conflitto. I distinti, insomma, contrapposti allo Stato etico. E Gramsci? Combina un
pasticcio. Da un lato forza la tradizione mazziniana collegandola al giacobinismo nell'
interpretazione di Lenin. Dall' altra, elimina Cavour e Casa Savoia. Egli rifiuta, tra l' altro, la
preferenza di Croce per Giolitti, cioè per la fase borghese, riformistica, dello Stato unitario. Da ciò
derivano molte delle contraddizioni della cultura comunista del dopoguerra, che Togliatti avvertì in
maniera drammatica. Croce non va bene. Gramsci neppure. Ti piace allora lo Stato etico gentiliano?
Sono se posso ardire tanto in totale disaccordo con Gentile. Ma credo si debba rivendicare la sua
coerenza usque ad mortem. La grande sfida gentiliana è ancora aperta. Croce, per concludere,
avrebbe fatto il suo tempo? Un' attualità può ancora trovarla, suo malgrado. Si tende a fare del suo
pensiero una variante del cosiddetto neo-contrattualismo che domina nella filosofia anglosassone. Si
vuol vedere in Croce il teorico di una perenne mediazione fra i distinti. Un Croce banalizzato,
diventato un elemento delle società deboli dell' Occidente. Croce poligrafo, autore di bei testi
critico-letterari.... Tutto qui? Sì, questa mi pare la tendenza. Si scopre che Croce scriveva bene.
Com' è bello leggere qualche sua pagina, magari la sera prima di prendere sonno! Se è così, evviva
l' ascolto che si prestava a Croce quando il suo pensiero circolava in poche copie, nelle introvabili
edizioni Laterza.

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