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Laboratorio di Fisica 3 mod.

2 Chizzini, Delvecchio, Sanfelici

Risonanza Paramagnetica Elettronica


1 Scopo dell’esperimento
L’esperienza consiste nello studiare e verificare tre diversi fenomeni legati a materiali paramag-
netici:

• Studiare l’andamento dell’ampiezza dello spettro di assorbimento al variare della modu-


lazione in ingresso, usando un campione di DPPH;

• Studiare il fattore di Landé g anisotropo, stimando il tensore di un campione di CuSO4 .

• Risolvere la struttura iperfine (attraverso gli spettri di assorbimento di campioni con di-
verse concentrazioni di MnCl2 ), al fine di stimare la costante di accoppiamento iperfine
e osservare l’andamento della larghezza delle righe dello spettro al variare della concen-
trazione.

2 Strumentazione
• Generatore Triple output (EB2025T)

• Sorgente microonde

• Accoppiatore direzionale (T-Hybrid)

• Diodo rivelatore

• Oscilloscopio (Tektronix 2235)

• Amplificatore Lock-in (EG&G model 5209)

• Oscillatore audiofrequenza

• Cavità risonante

• Sonda di Hall

• Elettromagnete

• Bobine per modulazione

• Generatore di microonde analogico (Mi Sanders type 6058b)

• Software per il controllo della strumentazione e acquisizione dati

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3 Descrizione del circuito
La strumentazione e il circuito utilizzati sono stati gli stessi per tutte le tre fasi. È importante
capire come funzionano per ottimizzare il setup della strumentazione. La prima componente di
cui necessitiamo è una sorgente che genera microonde tra 9-10 GHz che servirà per eccitare i
campioni studiati. Il segnale generato viene trasmesso con cavi coassiali (impedenza caratteris-
tica: (50 ± 1)Ω ) all’accoppiatore direzionale "T-Hybrid" che divide il segnale in due parti: la
prima parte viene mandata a uno scambiatore di fase, l’altra immessa nella cavità risonante.
Si fissa poi la frequenza delle microonde in modo che il segnale risuoni all’interno della cavità.
Dal punto di vista pratico questa operazione corrisponde ad utilizzare un oscillatore manuale e
osservare il riflesso del segnale con un oscilloscopio. La frequenza di minima riflessione risulta
essere (9.54 ± 0.01)GHz. La cavità risonante, che ha un foro per inserire le provette contenenti
i campioni, è soggetta a tre campi magnetici: uno statico che spazia in un tempo di 1-5 min, un
secondo campo longitudinale modulante nel range delle audiofrequenze generato da un oscilla-
tore, e il campo trasversale nel range delle microonde che è stato descritto prima.
L’iride da cui entra il segnale nella cavità si può regolare in modo da modificare la quantità di
segnale riflesso. La riflessione non può essere troppo bassa poiché la lettura del segnale risul-
terebbe disturbata eccessivamente dal rumore. Si può quindi regolare l’apertura dell’iride agendo
su una vite.
Per avere un controllo sul campo statico è stata inserita all’interno del sistema una sonda di Hall
in modo obliquo perchè troppo sensibile, quindi, collegata al computer, registrava l’intensità del
campo.
I due segnali divisi dal T-Hybrid vengono riflessi e tornando al T-Hybrid sono rilevati da un
diodo amplificatore e mandati al Lock-In.
Il compito principale di questo strumento è di ripulire il segnale di acquisizione dati dal rumore.
Per far ciò esso necessita di due segnali in entrata: uno di riferimento (privo di rumore) e quello
di acquisizione della misura effettuata.
Con il software utilizzato è stato possibile controllare tutta la strumentazione.: in particolar
modo la costante di tempo di integrazione del Lock-In, durante l’acquisizione dati,deve essere
poco superiore al Dwell time dello sweep del campo. Questo per permettere al Lock-in di in-
tegrare su valori di campo costante almeno per un paio di cicli, prima che il valore del campo
venga modificato dallo sweep. In altre parole un’acquisizione dati troppo rapida avrebbe por-
tato a errori di lettura da parte della strumentazione, con una conseguente visualizzazione non
veritiera della curva di risposta.

4 Variazione dell’ampiezza in funzione della modulazione


Per studiare la relazione che intercorre fra l’ampiezza dei picchi e la modulazione prima di tutto
bisogna impostare la potenza del segnale in modo che non saturi in uscita se troppo elevata, e in
modo che non sia troppo debole in quanto potrebbe non essere rilevato dalla strumentazione. È
possibile modificare l’ampiezza della modulazione: se l’ampiezza è abbastanza piccola, la curva
di risposta sarà un segnale alternato con ampiezza proporzionale alla derivata prima. Si procede
con l’acquisizione dati partendo da un valore di modulazione, e si ripete l’acquisizione con un
valore diverso. Per comodità si è partiti dal valore più basso di modulazione aumentando di
volta in volta. In generale abbiamo tre casi che si possono verificare:

1. aumenta l’ampiezza della prima armonica finché l’ampiezza della scansione è circa due
volte la larghezza della riga;

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2. un ulteriore aumento porta ad una riduzione dell’ampiezza del picco con un allargamento
dello stesso. Questo avviene quando l’ampiezza di modulazione è circa uguale alla larghezza
del picco;

3. il caso limite porta ad avere due segnali, uno positivo e l’altro negativo, che sono separati
dall’ampiezza picco-picco della modulazione della scansione.

Per studiare questo fenomeno si è utilizzato un campione di DPPH (2,2-diphenyl-1-picryl-


hydrazyl) perché è un composto chimico con un fattore giromagnetico molto simile a quello
dell’elettrone (gDP P H = 2.0036, ge = 2.0023) poiché ha un elettrone spaiato delocalizzato che
dà in risposta una riga strettissima.
Riportiamo in grafico le acquisizioni al variare della modulazione:

Figure 1: Nel grafico sono riassunte le varie curve di risposta in funzione della modulazione utilizzata, per facilitarne un
confronto visivo fra di esse

Dall’acquisizione dati è possibile notare che a diverse modulazioni si ha una risposta diversa
del sistema. La migliore modulazione è la “Modulazione 7”, che mostra il picco più grande a
(6.7 ± 0.1) mV, dove il segnale non risulta distorto.
Se si studia come cresce l’ampiezza dei picchi con la modulazione si nota che almeno per i
primi valori essa cresce in modo esponenziale come 2n .

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Figure 2: Ampiezza del picco di risposta in funzione della modulazione. Si identificano i dati sperimentali con la curva blu,
mentre in rosso l’andamento di 2n

Facendo un’analisi più approfondita possiamo stimare i coefficienti di modulazione interi che
abbiamo utilizzato. Per diverse configurazioni della modulazione creiamo un segnale sinusoidale
e vediamo l’ampiezza di ritorno se applicato al punto di massima derivata di una lorentziana.
Facendo la trasformata di Fourier del set di dati troviamo l’ampiezza della prima armonica che
rappresenta il segnale in uscita. A questo punto sono stati trovati i coefficienti per i quali i
risultati sperimentali si sovrappongono a quelli teorici.

Figure 3: Ampiezza del segnale di risposta in funzione della modulazione. I dati riportati sono stati normalizzati con due
coefficienti: 0.009 per le ascisse e 19.5 per le ordinate

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Di seguito è riportata una tabella riassuntiva:

Figure 4: Tabella riassuntiva della modulazione

5 Anisotropia del fattore di Landé


Il secondo materiale analizzato è stato un campione di CuSO4 che presenta un fattore di Landé
g anisotropo, ovvero la risonanza dipende dall’orientazione del cristallo, con simmetria cilindrica
(gxx = gyy 6= gzz ). Per calcolare questi valori abbiamo acquisito lo spettro di assorbimento del
CuSO4 a diversi angoli su due piani perpendicolari. In questo modo abbiamo ottenuto i seguenti
grafici:

(a) (b)

(c) (d)

Figure 5

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Dai grafici (a) e (c) è possibile vedere i differenti spettri al variare dell’orientazione del
campione, inoltre è possibile notare un picco nella stessa posizione (circa 3350 Gauss) dovuto
alla presenza di tracce di DPPH nella cavità risonante. Dai grafici (b) e (d) si registra una
periodicità nel valore del campo risonante, e dai minimi è stato possibile ricavare due componenti
del fattore di Landé. Poiché la frequenza di risonanza è sempre rimasta costante il prodotto di g
per il campo magnetico risonante risulta costante e uguale a quella del caso precedente, quindi
conoscendo il campo risonante e il fattore g del DPPH abbiamo trovato:

gxx = gyy = 2.235 ± 0.008 (1)

Infine da considerazioni geometriche è stato possibile calcolare anche l’altra componente. Chia-
mando g 0 il fattore di Landé calcolato rispetto al massimo del grafico (b), e g 00 quello del grafico
(d) troviamo le seguenti equazioni:

g 0 = gxx
p
2 sen2 (θ) + g 2 cos2 (θ) (2)
zz

g 0 = gzz
p
2 sen2 (θ) + g 2 cos2 (θ) (3)
xx

dove θ rappresenta l’angolo tra la direzione del campo magnetico e la direzione della componente
gzz .
gzz = 2.1 ± 0.1 (4)

6 Struttura Iperfine
In approssimazione perturbativa al primo ordine l’Hamiltoniana di interazione tra nucleo ed
elettrone è composta da tre termini: Zeeman elettronico, Zeeman nucleare e l’interazione iperfine.
h
H = −µb (gxx Bx Sx + gyy By Sy + gzz Bz Sz ) − γn BI + I ÂS (5)

Se l’accoppiamento è isotropo, come per M n2+ , g e  sono scalari e considerando che il termine
Zeeman nucleare è più piccolo di un ordine di grandezza, riscriviamo l’ Hamiltoniana come:

H = −µb gBS + AIz Sz (6)

Nell’esperienza non vengono eccitate le transizioni nucleari quindi l’operatore Iz si conserva.


Troviamo il campo efficace agente sullo spin elettronico nella forma compatta:
A
Bef f = B − mI (7)
µb g
Sapendo che lo spin del M n2+ è 5/2 ci aspettiamo di trovare sei righe dovute allo shift dell’accop-
piamento iperfine. La distanza tra i picchi è intesa come costante di accoppiamento.
L’interazione iperfine può essere mascherata o distorta dall’interazione tra i diversi spin che
allarga le righe in modo disomogeneo. Questo tipo d’interazione è proporzionale all’inverso del
cubo della distanza e quindi diluendo il campione in acqua si assottigliano le righe rendendole
distinguibili. Nell’esperienza avevamo a disposizione sette campioni contenenti MnCl2 a differenti
concentrazioni,quindi abbiamo potuto esaminare i diversi casi e studiare come varia la larghezza
dei picchi in funzione della concentrazione. Per analizzare i dati abbiamo fatto un fit utilizzando
le applicazioni di matlab. La funzione che abbiamo utilizzato è composta da sei lorentziane
uguali per ampiezza e peso ma centrate in punti differenti equidistanti tra loro. Inoltre dalla
soluzione più diluita, in cui i picchi si distinguono meglio, abbiamo ricavato sia l’ampiezza delle
lorentziane che li approssimano, sia i centri.

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Figure 6

Troviamo i centri dei picchi come:

X0 = bar + mI del (8)

dove bar = (3.35 ± 0.05) × 103 G è il baricentro dei picchi, del = (92 ± 5)G è la distanza tra di
essi che coincide con la costante di accoppiamento iperfine, e mI è il valore dello spin che va da
-5/2 a +5/2. Dato che la posizione dei picchi non deve variare abbiamo utilizzato i centri trovati
per tutti gli altri casi. Facendo per tutte le concentrazioni dei fit simili al precedente ricaviamo
come varia la larghezza dei picchi in funzione della concentrazione.

Figure 7

Dal grafico (in cui abbiamo escluso il caso di MnCl2 puro) notiamo che l’ampiezza cresce in

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modo lineare con la concentrazione. I parametri risultano essere:

m = 2.7 ± 0.2 G (9)

q = 3.5 ± 2 G (10)
Nella funzione di fit oltre alla serie di lorentziane abbiamo aggiunto una retta per correggere
un errore sistematico nella raccolta dati che alzava la coda della curva. Inoltre per dare meno peso
alle code, in cui si concentrano un numero maggiore di dati, abbiamo limitato il fit all’intorno
più vicino ai picchi. In tutti i casi abbiamo considerato che le lorentziane avessero tutte la stessa
ampiezza: questo ci ha permesso di trovare un valore medio dell’ampiezza, ma allo stesso tempo
è una approssimazione perché in generale i picchi non si allargano (nei casi più concentrati) in
modo omogeneo.

7 Conclusioni
In tutte e tre le sezioni abbiamo raggiunto gli obbiettivi previsti:
Nella prima parte i dati acquisiti approssimano bene la simulazione fatta con una sinusoide
centrata nel punto di massima derivata di una lorentziana.
Nella seconda parte abbiamo verificato la proprietà di anisotropia del fattore di Landé del CuSO4 ,
il quale presenta una simmetria cilindrica. Da queste considerazioni siamo riusciti a calcolare i
coefficienti del tensore g.
Nell’ultima parte grazie all’analisi numerica abbiamo ricavato la costante di accoppiamento
iperfine per una soluzione con bassa concentrazione di MnCl2 . Non sono stati riportati tutti
i grafici acquisiti ma solo quello a concentrazione minore perché avendo picchi stretti e ben
riconoscibili è più significativo.

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