Per una comprensione adeguata del rapporto tra creazione e mondo, è necessario procedere ad una
chiarificazione del significato dei termini fondamentali all’interno dello Zarathustra. L’opera del
1885 si presenta come l’apice all’interno del percorso del filosofo tedesco definito da quella che
molti studiosi definiscono la fase romantica e poi illuministico-positivista (Karl Löwith pg 1 di pdf
liberazione; E.Fink pg pdf vedere indice). Prima dello Zarathustra Nietzsche si era essenzialmente
concentrato nell’opera di distruzione della cultura a cui faceva riferimento, ovvero la cultura
moderna. Per quanto concerne quest’ultima i mutamenti storici avevano scosso già da tempo il suo
vigore e l’ex filologo di Basilea risulta essere uno di quelli che percepisce tale affievolimento e
comincia una lenta opera di disgregazione di questa cultura. Numerosi sono i passi, nelle diverse
opere, nei quali il riferimento all’atto dello scavare, auscultare, rimuginare, sondare, mostrano la
possibilità del dubbio e profilano all’orizzonte la nascita di quella che si potrebbe definire una
progenie nuova, una nuova stirpe. (Successivamente Nietzsche avrebbe descritto più volte la storia
dell’Europa come storia del nichilismo, ovvero come storia del mondo avente già in sé i germi della
propria distruzione); rendere ciò una nota a piè di pagina) (inserire nota di Vattimo da il soggetto e
eugenetiche, che pure in quegli anni, a causa della temperie culturale si formavano, ciò che veniva
inteso da Nietzsche faceva riferimento ad una prospettiva nuova dovuta ad un cambiamento etico.
Gli spiriti liberi costituiscono la progenie di cui Nietzsche prevede l’avvento, spiriti nati per l’aria
fredda, per le altezze, i non vincolati. Ecco che si palesa essenzialmente il presupposto primo e
necessita distruzione per la liberazione dai vincoli della tradizione, e necessariamente dalla
distruzione della cultura moderna in questo caso, che il percorso degli spiriti liberi può avere inizio.
Allo stesso tempo non si deve dimenticare che le macerie da cui comincia il processo di creazione
anche come antitesi, è sempre presente , e in nessuna visione di nuove creazioni si può prescindere
dal vecchio, perché proprio rispetto a questo che la novità trova il suo significato. Rispetto a tale
aspetto Karl Löwith nell’opera “Nietzsches Philosophie der ewigen Wiederkehr des Gleichen”
addirittura riferisce la visione dell’eterno ritorno presente nel III libro dello Zarathustra come una
ripresa della cultura greca, qualcosa di non applicabile e che non sembra tenere conto del percorso
della modernità. Alla distruzione però, ed è questo il merito di Nietzsche più grande, dal momento
che caratterizza anche la sua etichetta di nichilista, non segue necessariamente la creazione. Ciò
viene rappresentato dalla figura del leone all’interno de “Delle tre metamorfosi” all’interno dello
Zarathustra il quale oppone al “tu devi” del drago millenario “l’io voglio”, ma questo ancora non
costituisce il punto di arrivo finale. (Inserire nota E.Fink pg 72 pdf). La distruzione si qualifica
come liberazione da, rispetto alla morale, alla religione, allo stato, ai valori, al mondo ultraterreno, a
Dio, ma non è la fase conclusiva. È cosi che dalla liberazione si passa al nichilismo, che il filosofo
non fatica a definire come la malattia dell’Europa. Il nichilismo si caratterizza come la fase cruciale
del cammino dell’umanità, è il momento in cui il funambolo è sospeso sull’abisso che è teso tra
l’ultimo uomo e il superuomo. Come fase ed evento della storia dell’Europa il nichilismo assume
un’importanza capitale non solo per l’uomo ma per il mondo stesso. È solo da ciò che si profila
dopo il nichilismo che il mondo può essere completamente cambiato. La storia del mondo giunge
con il nichilismo ad un punto di non ritorno dopo il quale nulla avrà più lo stesso significato. È qui
che il nichilismo deve essere superato affinché la distruzione non si qualifichi solo come liberazione
da, ma anche liberazione per. Ed è proprio questa la volontà del profeta iraniano. Dopo aver vissuto
ciò che comporta avere un mondo dietro il mondo, ovvero aver creato illusioni del mondo, malattie
per lo spirito, dopo aver abituato a pensare secondo i termini virtù, punizione, giustizia, ricompensa
con il suo dualismo, dopo aver riportato le ceneri sul monte, che Zarathustra, poiché amante
dell’uomo e traboccante di vita, scende dalla montagna dove si era isolato. Da questo punto di vista
la scelta del personaggio da parte di Nietzsche non è causale; è proprio il dualista, il sommo
moralista che più di tutti può conoscere e affrontare il problema del valore e del nichilismo. Il
fuoco ardente, il calice traboccante del suo spirito, la sua figura che si identifica con l’aurora alla
fine del prologo, non simboleggiano altro che la volontà del profeta di farsi salvatore dell’umanità
aiutando a superare il nichilismo, profetizzando quello che è la storia del mondo, la storia del
nichilismo che si autosmaschera e che deve essere affrontato e superato. Il percorso è iniziatico, i
discepoli sono pochi, e l’elevazione dell’uomo deve procedere a piccoli passi. Infatti il prologo
dello Zarathustra (l’esperienza del popolo e il ristoro col cadavere presso l’eremita) è fondamentale
dal momento che, rispetto alla maturità necessaria degli uomini, si assume già una prescrizione del
pubblico. È infatti dal primo libro che Zarathustra si rivolge a tutti quei tipi che non ancora
paragonabili al Superuomo si fanno “ponte” per il Superuomo (citare E.Fink da 72 in poi): più tardi
la progettualità tesa verso il Superuomo di questi tipi sarebbe stata indicata con il termine
“allevamento” (>Crepuscolo degli idoli). Questa maturità necessaria come discrimen si collega al
discorso della volontà di potenza ed ad una sua considerazione come rapporto tra quantità e qualità
di forze. E anche rispetto a questa qualità e quantità che i valori non vengono mai distrutti, ma
ridefiniti, riformulati (Eugen Fink pg 74 pdf). Zarathustra stesso non può non riformulare e
ridefinire i valori; lui stesso ha portato la cenere sul monte, più di tutti lui comprende la dinamica di
distruzione e creazione che gira intorno al valore. l’aspetto essenziale che però guida Zarathustra è
il senso che viene riferito al valore. Questo è il progetto che il profeta vuole per l’uomo: che venga
dato di nuovo senso alla terra. Da questa prospettiva è chiaro sia che viene data una risposta alla
delicata fase nichilistica, e quindi una tensione verso il superuomo, ma sopratutto viene dato un
nuovo senso all’idea di mondo. Da ciò emerge che l’idea di mondo si ritrova ad essere fortemente
dipendente dal senso che l’uomo conferisce ad esso, che però per superare il nichilismo, inteso
come volontà del nulla, deve essere riferito alla vita e alla terra; non si è più davanti a visioni
oggettivanti del mondo, come noumeno o come fenomeno, come ideale e immanente. Tutte queste
categorie vengono abolite e viene restituito il senso al mondo nella sua temporalità e immanenza. È
qui che il mondo viene redento nella dimensione della temporalità (Eugen Fink da pg 80).
Esemplare all’interno di questa prospettiva è la ricostruzione storica del mondo descritta ne “Il
Crepuscolo degli idoli” ne “Come il mondo vero diventò favola”. Ogni visione dicotomica del
mondo che voglia tacciarlo di essere imperfetto o peccaminoso viene bandita cosicché l’uomo e il
mondo possano riappropriarsi della propria innocenza. La perdita del mondo vero e apparente
definisce il mondo stesso come qualcosa di diverso. Come ciò che è ermeneuticamente definito
costantemente dalla potenza. Di qui la domanda deve fare riferimento all’abbondanza di forze che si
impegnano ermeneuticamente, che solo possono comprendere i vari gradi della saggezza di
Zarathustra. Da questo punto di vista come si è detto la sapienza di Zarathustra si presenta come
iniziatica e la sua accessibilità richiede al proselita di dover affrontare un peso sempre maggiore.
Esemplare è il fatto che lo stesso profeta all’interno del suo iter si ritrovi a dover cedere egli stesso
al suo abisso nell’ultima parte del secondo libro “l’ora più cheta” dal momento che comprende
l’impasse che la liberazione dai vincoli comporta e già presagisce all’orizzonte il pensiero abissale,
la dottrina più pesante da sopportare, ovvero l’eterno ritorno dell’identico.A questo punto non è
risolute rispetto a tale domanda possono essere dedotte dalla diverse opere sia antecedenti che
potenza, che ne “Al di là del Bene e del Male” (in nota l’aforisma) viene definita come l’essenza del
mondo e della vita. Essenzialmente ciò che va a costituire il concetto di volontà di potenza mette in
primo piano come causa una volontà agente che opera su altre volontà secondo una determinata
forza e qualità, ed è proprio che in riferimento alla qualità e alla quantità che, come abbiamo detto si
gioca, sia il senso riferito dall’uomo fedele o alla terra o al cielo, sia la dinamica delle forze.
Esplicativo a tal proposito è l’aforisma 13 de “Die fröliche Wissenschaft” nel quale si descrive la
dinamica delle forze seppur non ancora indicato come “Wille zur Macht”. Nonostante l’assenza di
una denominazione precisa all’interno della produzione precedente “Also sprach Zarathustra”, la
Volontà di potenza costituisce il tema dell’intero secondo libro (citare Fink) ed è fortemente legato
alla morte di Dio e al Superuomo perché è la volontà stessa che nella morte di Dio si redime e
scioglie le sue catene per poter volere liberamente. “Volere libera” (Le Isole Beate). Al tempo stesso
però la volontà di potenza non costituisce in pieno ancora la liberazione per, ed è proprio il nesso
che intercorre tra questa e l’eterno ritorno attraverso la decisione a costituire l’aspetto critico e
originalissimo del percorso di Zarathustra, e al tempo stesso l’aspetto più dibattuto dai critici.