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Università degli studi di Firenze

facoltà di ingegneria
Dipartimento di Elettronica e
Telecomunicazioni
curriculum progettazione elettronica

Tesi triennale

Analisi delle prestazioni


di un sistema di localizzazione indoor
e verifiche sperimentali

Candidato:

Marco Passafiume .....................

Relatori:

Ing. Stefano Maddio .....................

Prof. Alessandro Cidronali .....................

Prof. Gianfranco Manes .........................

14/04/2010
Introduzione

Negli ultimi anni è notevolmente cresciuto, anche da un punto di vista


“commerciale”, l’interesse verso i sistemi di comunicazione senza fili: la
possibilità di garantire una connettività veloce e di semplice gestione per
l’utente, che adesso può prescindere l’aspetto topologico della rete di dis-
positivi, ha sempre più motivato le aziende di settore verso il panorama
wireless.
Gli scenari di utilizzo delle tecnologie wireless spaziano da quelli più
“classici” (e più interessanti per il segmento degli utenti generici) della
creazione di reti LAN, con più terminali tra loro collegati per agevolare
lo scambio di informazioni, a scenari più specifici, quale ad esempio
l’implementazione di reti di sensori per il monitoraggio di determinati
parametri anche su aree estese. In particolare, le implementazioni di
reti di sensori possono portare vantaggi notevoli nella gestione di pro-
cessi produttivi complessi (con conseguenti ricadute positive sul lato eco-
nomico): i punti di monitoraggio possono essere scelti singolarmente,
progettando quindi attentamente la topologia della rete, oppure possono
verificarsi scenari in cui la disposizione dei sensori avviene aleatoria-
mente, con il solo vincolo della densità di punti trasmettitori su una data
area.
In entrambi gli scenari il problema della localizzazione assume quindi
una importanza non indifferente, partendo dalla ottimizzazione delle
trasmissioni (dove la conoscenza della posizione del ricevitore potrebbe
consentire di indirizzare una maggiore quantità di potenza verso la giusta
direzione) per passare alla necessità effettiva di completare informazioni
di monitoraggio con l’indicazione del punto di provenienza dei dati (e
poter quindi rendere funzionali reti di sensori con distribuzione aleato-

3
4

ria).
La localizzazione può avvenire nel momento in cui è possibile associare
ad ogni direzione di arrivo (Direction Of Arrival, DOA) di segnale un
set di parametri univoco (o, almeno, il meno ripetibile possibile). Ideal-
mente, quindi, per la localizzazione potrebbe essere sufficiente una unica
antenna con caratteristiche radiative univoche per ciascuna direzione di
arrivo possibile: essendo però estremamente complicato garantire tale
precisione progettuale fisica, si cerca di aumentare la cardinalità dello
spazio dei dati mettendo “a sistema” più elementi fisici simili. Per questo
generalmente è richiesto l’utilizzo di più antenne riceventi, in maniera
tale da poter associare, ad ogni DOA, un unico set di parametri con una
quantità maggiore di gradi di libertà e, di conseguenza, ridurre la possi-
bilità di equivocazioni.
Se, comunque, tutto questo appare immediato da un punto di vista con-
cettuale, va tenuto presente che la localizzazione avviene per “associ-
azione”, ipotizzando la DOA effettiva scegliendo quella che dovrebbe resti-
tuire un set di dati il più simile possibile a quello rilevato: nel momento in
cui si parla di rilevazione, il procedimento “ideale” si scontra con le limi-
tazioni fisiche di varia natura dovute alla realtà dei dispositivi in uso (par-
tendo dai più semplici problemi di “misura” per arrivare alla presenza di
ovvi segnali di disturbo o ad altre cause generanti rumore, nell’insieme
da trattare come cause aleatorie e, quindi, non prevedibili). Fondamental-
mente, è solo per queste ultime cause che si sono avvicendati, nel tempo,
vari algoritmi di elaborazione dei dati rilevati, con l’obiettivo di garantire
una risoluzione maggiore in termini spaziali (quindi, errori minori nelle
localizzazioni).

Nella trattazione verrà analizzato attentamente l’algoritmo MUSIC (MUl-


tiple SIgnal Classification algorithm), presentato ufficialmente nel 1986
dal professor Ralph O. Schmidt: nella prima parte si provvederà a descri-
vere l’algoritmo, per avere una idea completa del suo funzionamento, e
nella seconda parte si illustreranno varie possibilità di implementazione,
evidenziando per ciascuna le condizioni di funzionamento per ottenere
rilevamenti con una certa precisione.
Nella terza ed ultima parte, verrà illustrata una implementazione effet-
tiva, avente come infrastruttura hardware un array di 6 antenne poste
in un sistema dodecagonale, realizzata all’interno della Università degli
5

Studi di Firenze . Per essa verranno evidenziati alcuni dei vantaggi ap-
portati nel passare dall’utilizzo dell’algoritmo MUSIC solamente su dati
rilevati di potenza media ricevuta dalle singole antenne ad un utilizzo
combinato di dati di potenza e di ritardo relativo di segnale tra i differ-
enti ricevitori.
Ringraziamenti

Per timore di dimenticare qualcuno, mi manterrò sul generico...


In quanto questa tesi è vicina al punto finale di un percorso che mi ha
dato tanto, desidero ringraziare tutti coloro che vi hanno partecipato fi-
nora e che spero parteciperanno in futuro: grazie a chi mi ha permesso di
affrontare il cammino universitario (sia suffragandomi economicamente
che sopportandomi moralmente), a chi mi ha aiutato a superare i periodi
peggiori (sopportandomi e basta), a chi ha condiviso con me i momenti
migliori, a chi mi ha fatto passare tante notti insonni, a chi mi ha fatto
ridere, a chi ho fatto arrabbiare, a chi non sopporto (perchè tentare di
capirne il motivo insegna a mettersi in discussione), a chi mi ha chiesto
consiglio, a chi mi ha stupito...
In buona sostanza, se vale l’effetto farfalla, ed ogni minimo evento con-
diziona il tutto, è davvero merito di tutti voi se sono qui adesso, e dedico
a chiunque pensi di meritare una dedica questa dedica. E’ un pò generica,
lo so, e qualcuno di voi può pensare che abbia fatto il furbo per evitare
“responsabilità”: beh, forse ha ragione, forse no, comunque ciò che provo
è sincero, e sono uno di quelli che pensa che quando hai un merito e
riconosci di averlo, non serve sentirsi acclamato a tutti i costi. Inoltre, il
vantaggio dell’elenco è che con una categoria ho coperto più persone, e i
motivi dei ringraziamenti sono interscambiabili: questo è segno di gran
praticità, cosa che un buon ingegnere deve avere...

I ringraziamenti inerenti alla tesi in se devono essere più diretti, se non


altro per lo stress che ho comportato a chi mi ha aiutato a terminare il
lavoro.
Ringrazio quindi il professor Alessandro Cidronali per avermi offerto

7
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l’opportunità di prendere parte ad un progetto che stava gestendo, e


ringrazio l’ingegner Stefano Maddio per il suo fondamentale aiuto critico
e, soprattutto, per avermi riportato sulla “strada giusta” quando ho co-
minciato a divagare un pò troppo.
Ringrazio inoltre gli altri componenti del team del Laboratorio di Mi-
croelettronica dell’Università degli Studi di Firenze, e che mi hanno fatto
“respirare” l’aria di laboratorio facendomi subito sentire a mio agio.
Infine, voglio ringraziare il mio collega di studi Stefano Carlesi, che si è
fatto trattenere al di fuori dell’orario dei corsi per ascoltare con pazienza
alcune mie cervellotiche elucubrazioni, e con cui scambio frequentemente
molti pareri di “lavoro”, come se fossimo Ingegneri già stipendiati...
Contents

1 L’algoritmo MUSIC 1
1.1 Analisi concettuale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1
1.2 Introduzione alla natura matematica . . . . . . . . . . . . . . 6
1.2.1 Cenni alla tecnica SVD . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16

2 Implementazione MUSIC con campionamento 19


2.1 Implementazione a singolo campionatore . . . . . . . . . . . 20
2.1.1 Effetti di errori nella sincronizzazione dei campi-
onamenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
2.1.2 Metodo migliore di raccolta campioni con
“switching” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
2.1.3 Limitazioni dei metodi a “switching” con più seg-
nali in ingresso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
2.2 Comportamento con più segnali in ingresso . . . . . . . . . 37
2.2.1 Analisi matematica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37
2.2.2 Cosa accade con segnali correlati? . . . . . . . . . . . 40
2.2.3 Una nota sul multipath . . . . . . . . . . . . . . . . . 45
2.2.4 Estensione ad una generica quantità di segnali in
arrivo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48
2.3 Utilizzo delle informazioni di fase . . . . . . . . . . . . . . . 49
2.3.1 Come aggiungere le informazioni di fase . . . . . . . 50
2.3.2 Vantaggi per l’introduzione della analisi di fase . . . 55

3 Implementazione MUSIC a valore efficace 59


3.1 Integrato che rileva il valore efficace . . . . . . . . . . . . . . 60

i
ii CONTENTS

3.2 Comportamento con un singolo segnale . . . . . . . . . . . . 61


3.3 Comportamento con più segnali in ingresso . . . . . . . . . 70
3.3.1 Una nota sul multipath . . . . . . . . . . . . . . . . . 75
3.4 Sintesi delle condizioni di funzionamento . . . . . . . . . . . 82

4 Utilizzo delle informazioni di fase 85


4.1 Definizione di ”informazione di fase” . . . . . . . . . . . . . 86
4.1.1 Problema di equivocazione . . . . . . . . . . . . . . . 94
4.2 Integrazione delle informazioni di fase nei dati in modulo . 97
4.3 Precalcolo degli steering vectors in fase . . . . . . . . . . . . 100
4.3.1 Precalcolo in sistemi a simmetria sferica . . . . . . . 101
4.4 Effetto degli errori di fase . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 106
4.4.1 Effetto di errori nella rilevazione di fase . . . . . . . . 107
4.4.2 Effetto di errori nella misura dei centri di fase . . . . 114
4.5 Utilizzo del phase-detector . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 122
4.5.1 Esempio di utilizzo di un integrato AD8302 . . . . . 123
4.5.2 Eliminazione della ambiguità . . . . . . . . . . . . . . 127
4.6 Quantificare il miglioramento di prestazioni . . . . . . . . . 131

5 Esempio di implementazione reale 135


5.1 Precalcolo degli steering vectors in fase . . . . . . . . . . . . 139
5.2 Taratura del precalcolo in fase . . . . . . . . . . . . . . . . . . 141
5.2.1 Correzione della direzione a massimo anticipo . . . . 142
5.2.2 Ricezione posteriore delle antenne . . . . . . . . . . . 147
5.3 Definizione del settore d’uso . . . . . . . . . . . . . . . . . . 149
5.4 Quantificazione teorica del miglioramento . . . . . . . . . . 153
5.4.1 Analisi senza errore di fase . . . . . . . . . . . . . . . 154
5.4.2 Analisi con errore di fase . . . . . . . . . . . . . . . . 155
5.5 Quantificazione statistica in un caso pessimo . . . . . . . . . 157
Chapter 1
L’algoritmo MUSIC

L’algoritmo MUSIC (acronimo di MUltiple SIgnal Classification algo-


rithm) promette una migliore reiezione di rumore rispetto agli algoritmi
di localizzazione basati su confronti diretti dei parametri RSSI (Received
Signal Strenght Indicator) rilevati da ciascuna antenna di un array.
In linea di massima, la logica (apparentemente “vincente”) alla base con-
siste nel costruire una struttura dati, a partire dai rilevamenti su ciascuna
antenna (che, come sarà osservato, possono consistere in campioni tem-
porali di segnale oppure in quantità di potenza rilevata), che consenta di
separare gli apporti di segnale dagli apporti non voluti: gli apporti di seg-
nale forniti da ciascuna antenna, considerando noti i parametri radiativi
dell’array complessivo, presenteranno alcune interrelazioni che saranno
associabili alla DOA di arrivo.

1.1 Analisi concettuale


Dato un numero L di antenne, posto un certo segnale in arrivo da
una certa DOA l’insieme dei parametri rilevati dalle singole antenne,
corrisponderà ad un vettore di dimensione L: lo spazio vettoriale di la-
voro risulta quindi quello dei vettori a dimensione L, ovvero R L (oppure
C L nel caso si lavori anche con le fasi, e da ciascuna antenna si ricavi una
coppia di parametri valore/fase).
All’interno dello spazio vettoriale complessivo, la presenza delle interre-
lazioni precedentemente citate permetterà di costituire determinati sot-

1
2 CHAPTER 1. L’ALGORITMO MUSIC

tospazi comprendenti tutti i possibili set di parametri rilevati per una


certa DOA: segnali provenienti da DOA diverse costituiranno sottospazi
differenti, sempre però con caratteristiche note legate alle caratteristiche
dell’array di utilizzo.
I fenomeni aleatori non prevedibili (saranno accomunati come “rumore”,
purchè essi siano approssimabili a fenomeni di natura lineare e addi-
tiva) falseranno i rilevamenti con degli addendi di “errore”. Idealmente,
questi ultimi, non dipendendo dal segnale e in prima approssimazione
neppure dalle antenne, non seguiranno alcuno schema di interrelazione
riconducibile ad una DOA particolare: nella struttura dati complessiva,
quindi, i vari “errori” comporteranno la nascita di un sottospazio vettori-
ale complementare al sottospazio proprio dei segnali attesi.
Stabilite queste ipotesi, la rilevazione della DOA appare relativamente
semplice: avendo il sottospazio di “rumore” complementare al sottospazio
dei segnali attesi, se tra tutti i set di parametri possibili (che, per brevità,
saranno chiamati steering vectors, ovvero “vettori di direzione”) associati
alle DOA, se ne trova uno che non si proietta sul sottospazio di “rumore”,
sicuramente esso avrà la sua proiezione nei sottospazi di segnale, e quindi
si potrà affermare che la DOA ad esso associata sarà la DOA di uno dei
segnali in arrivo.
Il concetto di “trovare uno steering vector tale che”, si applica costru-
endo e conservando (lato software) apposite tabelle contenenti gli steering
vectors attesi per ciascuna DOA possibile: al momento dell’esecuzione
dell’algoritmo, formata la struttura dati ed eseguita la suddivisione in
sottospazi (sarà visto successivamente come), verrà calcolata la proiezione
di ciascuno degli steering vectors precalcolati sul sottospazio di rumore
estratto.
Stabilita la simmetria del problema di localizzazione, e ponendo il rifer-
imento generico come in figura 4.5, ciascuna DOA sarà identificata da
una coppia univoca di angoli θ e φ : l’insieme delle proiezioni calcolate
formerà una funzione di tipo R2 → R , dipendente dai due angoli, che
assocerà a ciascuna DOA possibile il valore della proiezione del rispet-
tivo steering vector sul sottospazio di rumore (o meglio, sul sottospazio dei
segnali nulli, in quanto comprendente gli steering vectors delle DOA in
cui NON è presente alcun segnale). La funzione di associazione per le
1.1. ANALISI CONCETTUALE 3

proiezioni risulta, per le regole di proiezione dell’algebra lineare:

H
pm (θ, φ) = ||U N · a(θ, φ)|| (1.1)

con U NH pari alla matrice hermitiana (ovvero trasposta e coniugata) della

matrice U N . La matrice U N consisterà in una matrice apposita avente


per colonne i generatori della base del sottospazio dei segnali nulli prima
citato: a cosa corrisponda esattamente e come avviene la sua individu-
azione sarà indicato nel prossimo paragrafo.
Il vettore a(θ, φ) altri non è che il determinato steering vector associato
alla DOA θ, φ . La mesh di esempio in figura 1.1 è stata formata cal-
colando il valore in ciascuna DOA di cui fosse disponibile lo steering
vector.

Figure 1.1: Rappresentazione della funzione di proiezione diretta degli


steering vectors sul sottospazio complementare

Una DOA effettiva comporterà un nullo nella proiezione del relativo


steering vector sul sottospazio di rumore: quindi i minimi della funzione
indicata risulteranno in prossimità delle DOA da rilevare.
Nell’esempio in figura, la DOA effettiva era posta a θ = 80◦ eφ = 50◦ , ed
effettivamente in prossimità si osserva una zona di minimo. La certezza
della localizzazione si avrebbe se il minimo identificato risultasse essere
il minimo assoluto della funzione, ma dalla mesh è possibile osservare
come, per θ → 180◦ , tutta la funzione tenda ad assumere valori più bassi
4 CHAPTER 1. L’ALGORITMO MUSIC

(a rigor di algoritmo, quindi, la DOA potrebbe anche essere in un punto


qualsiasi di questa zona). La presenza di questa zona depressa è dovuta
sostanzialmente alla natura fisica dell’array, che associa per quel sottoin-
sieme di DOA un basso guadagno da parte di tutte le antenne costitutive
e le proiezioni nella zona si abbasseranno di conseguenza (essendo al
massimo pari alla norma degli steering vectors).
Questo comportamento è assolutamente indesiderato (anche solo perchè
rende le prestazioni dell’algoritmo troppo dipendenti dalle caratteristiche
radiative delle antenne): per ovviare al problema, è sufficiente normaliz-
zare tutte le proiezioni rispetto alla norma dello steering vector corrispon-
dente. Il dato proveniente dalla funzione deve solamente evidenziare
“quanto” del singolo steering vector è proiettato sul sottospazio comple-
mentare al sottospazio di segnale, quindi l’operazione risulta accettabile
e, anzi, necessaria.
Applicando la normalizzazione, la funzione diventa:
H · a( θ, φ )||
||U N
pm (θ, φ) = (1.2)
||a(θ, φ)||

e, tracciata, nel caso di studio assume l’aspetto in figura 1.2, dove è pos-
sibile notare l’assenza della zona di depressione precedente.

Figure 1.2: Rappresentazione della funzione di proiezione, questa volta


normalizzata rispetto agli steering vectors

Va sempre ricordato che si applicano concetti ideali di suddivisione tra


1.1. ANALISI CONCETTUALE 5

sottospazi vettoriali a dati numerici provenienti da rilevazioni fisiche: non


sarà mai ottenuto, nel mondo reale, un nullo effettivo in corrispondenza
alla DOA reale, quanto più un valore che dovrebbe risultare più basso
rispetto agli altri. I valori massimi della funzione, comunque non risulter-
anno eccessivamente elevati (dopotutto, la proiezione massima possibile
corrisponderà alla norma di uno steering vector associato: ponendo un
rilevamento senza fasi, lo steering vector comprenderà i guadagni attesi
dalle singole antenne, che saranno per ovvi motivi “contenuti”).
Per una migliore precisione, quindi, anzichè analizzare la funzione che
associa ad ogni DOA la proiezione del suo steering vector sul sottospazio
di rumore (vista in 1.1), viene chiamata simil-spettro MUSIC la funzione
che associa ad ogni DOA il reciproco di quest’ultima:

1 ||a(θ, φ)||
Pm (θ, φ) = H ·a( θ,φ )||
= H · a( θ, φ )||
(1.3)
||U N ||U N
||a(θ,φ)||

il pregio del passaggio consisterà nel massimizzare le differenze osser-


vate tra i punti a proiezione massima (con valori pari ai reciproci delle
norme degli steering vectors, sufficientemente maggiori di 0) e i punti
a proiezione minima (che tenderanno ad assumere valori molto elevati,
dell’ordine di 1x con x → 0 ).

Figure 1.3: La funzione “simil-spettro” MUSIC finale

Definendo il simil-spettro MUSIC nel modo indicato (vedi figura 1.3),


6 CHAPTER 1. L’ALGORITMO MUSIC

è possibile associare (e questo torna utile, in particolar modo in presenza


di segnali correlati indesiderati, caso del multipath) l’altezza del picco ril-
evato dal “simil-spettro” alla maggiore “importanza” degli effetti di un
certo segnale sulla struttura dati complessiva (e ciò potrebbe essere letto
anche come una maggiore “probabilità” di avere una certa DOA rispetto
ad un’altra in presenza di picchi diversi, di altezza diversa).

1.2 Introduzione alla natura matematica


L’algoritmo MUSIC viene presentato applicato generalmente a sequenze
di campioni prelevati dalle diverse antenne dell’array ricevente: questa
modalità di applicazione, tra l’altro quella più a “basso livello” applica-
bile (perchè ovviamente, essendo in presenza di un algortimo matem-
atico, l’elaborazione dovrà essere effettuata su dati digitalizzati), verrà
accuratamente illustrata nel capitolo successivo, assieme ad una analisi
approfondita dei casi di fallimento e dei vari problemi di applicazione.
Qui vengono illustrati i passaggi della applicazione ideale, su un set di
L funzioni (con L pari alla quantità di antenne riceventi): l’effetto di
guadagno delle singole antenne si manifesta con l’aggiunta di un coeffi-
ciente, condizionato dalla DOA (Direction Of Arrival) del segnale rispetto
alla singola antenna (ovvero il valore del guadagno della antenna per la
DOA specificata).
Per ogni antenna è definita una funzione di guadagno direzionale dis-
tinta, avente sistema di riferimento coerente con l’antenna stessa: per
poter accorpare tutti i coefficienti di guadagno in un unico vettore dipen-
dente dalla DOA, sarà quindi necessario riportare ciascuna di queste fun-
zioni ad un riferimento comune rispetto cui verrà esplicitata la direzione.
Il vettore contenente tutti i guadagni ottenuti dalle singole antenne per
una certa DOA, è l’oggetto che prende il nome di steering vector.
In pratica, ponendo s1 (t) . . . s M (t) i segnali incidenti sull’array da distinte
DOA e x1 (t) . . . x L (t) le risposte provenienti da ciascuna antenna risulta:


 x1 (t) = a1 (θ1 , φ1 ) · s1 (t) + . . . + a1 (θ M , φ M ) · s M (t) + n1 (t)
 x2 ( t ) = a2 ( θ , φ ) · s ( t ) + . . . + a2 ( θ M , φ M ) · s M ( t ) + n2 ( t )

1 1 1
. (1.4)

 ..

x L (t) = a L (θ1 , φ1 ) · s1 (t) + . . . + a L (θ M , φ M ) · s M (t) + n L (t)

1.2. INTRODUZIONE ALLA NATURA MATEMATICA 7

dove con ai (θm , φm ) si identifica il guadagno della antenna i-esima lungo


una direzione definita dagli angoli θm e φm (definibili, ad esempio, come
in (FIGURA)) univoci per ogni segnale. Da notare che gli argomenti delle
funzioni di guadagno delle diverse antenne risultano gli stessi per un
dato segnale, dal momento che ciascuna funzione di guadagno sarà stata
riportata al riferimento comune come prima accennato.
Le risposte provenienti da ciascuna antenna comprendono un termine
ni (t) che modella un generico effetto di rumore, di tipo AWGN (Addi-
tive White Gaussian Noise): il modello AWGN permette di raggruppare
l’insieme di effetti di errore di misura e incertezze sugli effetti fisici in una
unica entità “gestibile”.
Nello schema 1.5 vengono ricordate alcune proprietà del rumore AWGN,
che verrà frequentemente richiamato nel corso della trattazione.

Caratteristiche riassuntive modello AWGN (1.5)

1. valor medio nullo;

2. scarto quadratico medio pari alla potenza di rumore equivalente;

3. funzione di autocorrelazione ideale pari alla funzione delta di Dirac:

R(τ ) = E{n(t + τ ) · n∗ (t)} per definizione di autocorrelazione



0 con τ 6= 0
=
N con τ = 0
RT
Avendo Rs (0) = T1 0 |s(t)|2 ∂t per un qualsiasi segnale s, Rs (0) risulta
essere la potenza equivalente associata al segnale di rumore.
Tenere presente che due segnali AWGN si considerano in “fase” solamente
se ricevuti nelle stesse esatte condizioni fisiche: la correlazione tra rumori
provenienti da antenne diverse risulterà nulla (in termini ideali), altrimenti
trascurabile.

4. sicuramente incorrelato a qualsiasi tipo di segnale deterministico.


8 CHAPTER 1. L’ALGORITMO MUSIC

Proseguendo, dalla 1.4 è possibile passare ad una notazione più compatta,


raggruppando in vettori le funzioni indicizzate:

x(t) = a(θ1 , φ1 ) ·s1 (t) + . . . + a(θ M , φ M ) ·s M (t) + n(t) (1.6)


| {z } | {z }
a z

nella scrittura, i vettori a . . . z non sono altro che gli steering vectors es-
plicitati nel precedente paragrafo.
La scrittura 1.6 è fondamentalmente utile solo per chiarire il concetto di
steering vector: per i passaggi della elaborazione si rifarà riferimento alla
forma illustrata in 1.4.
Per la formazione degli spazi vettoriali, è consigliabile scegliere una ma-
trice di base per la elaborazione che permetta di arrivare con il minimo
numero di operazioni ad estrarre il set di parametri di segnale (ovvero,
lo steering vector associato a quest’ultimo): una possibile scelta consiste
nella matrice delle crosscorrelazioni R .

E{ x1 (t) x1∗ (t)} E{ x1 (t) x2∗ (t)} . . . E{ x1 (t) x ∗L (t)}


 
 E{ x2 (t) x ∗ (t)} E{ x2 (t) x ∗ (t)} . . . E{ x2 (t) x ∗ (t)} 
1 2 L
R= (1.7)
 
.. 
 . 
E{ x L (t) x1∗ (t)} E{ x L (t) x2∗ (t)} . . . E{ x L (t) x ∗L (t)}
 
x1 ( t )
 x2 ( t ) 
= E{ .  · x1∗ (t) x2∗ (t) . . . x ∗L (t) } = E{x(t) · x0 (t)}
  
 .. 
x L (t)

A scopo illustrativo poniamo un caso base ideale: la presenza di un solo


segnale, proveniente da una DOA con steering vector a , in assenza di
rumore. In questa configurazione si avrà:

xi ( t ) = ai · s ( t ) (1.8)
con ai = ai (θ, φ) guadagno antenna i-esima per DOA θ, φ rispetto all’array
1.2. INTRODUZIONE ALLA NATURA MATEMATICA 9

e la matrice R elaborata avrà la struttura

E{ a1 s(t) · a1∗ s∗ (t)} E{ a1 s(t) · a2∗ s∗ (t)} . . . E{ a1 s(t) · a∗L s∗ (t)}


 
 E{ a2 s(t) · a∗ s∗ (t)} E{ a2 s(t) · a∗ s∗ (t)} . . . E{ a2 s(t) · a∗ s∗ (t)} 
1 2 L
R=
 
.
. 
 . 
E{ a L s(t) · a1∗ s∗ (t)} E{ a L s(t) · a2∗ s∗ (t)} . . . E{ a L s(t) · a∗L s∗ (t)}
(1.9)
Si suppone che la raccolta del set di dati avvenga in un tempo tale da non
veder variare la DOA di segnale: i termini ai risultano quindi costanti
nel tempo e possono essere estratti dall’argomento della funzione valore
medio. Raggruppando, si ottiene:

a1 a1∗ a1 a2∗ . . . a1 a∗L


 
 a2 a ∗ a2 a ∗ . . . a2 a ∗ 
1 2 L 
R = E{s(t) · s∗ (t)} ·  (1.10)

.. 
| {z }  . 
P ∗ ∗ ∗
a L a1 a L a2 . . . a L a L

La funzione valor medio nella forma sopra, corrisponde alla autocorre-


lazione del segnale con argomento 0, e come visto in 1.5 essa corrisponde
alla potenza media associabile al segnale: si può sostituire il termine
quindi con la costante P, pari alla potenza equivalente di segnale.
Focalizzando l’attenzione sulla matrice, è veloce verificare che il suo rango
è unitario, e quindi essa definirà uno sottospazio vettoriale (dello spazio
vettoriale R L ) avente un unico generatore. Una base possibile di un sot-
tospazio vettoriale corrisponde all’insieme dei suoi autovettori, e effet-
tuando l’analisi agli autovalori della matrice in gioco, risulta immediato
verificare che l’autovalore associato avrà valore ||a||2 , mentre l’autovettore
risulterà essere proprio il vettore a .

Potenzialmente, l’informazione circa la DOA di arrivo del segnale sarebbe


già disponibile: va scelto come debba avvenire la sua estrazione.
Data una matrice che definisce un sottospazio vettoriale (come la matrice
R sotto analisi), la proiezione di un vettore dello spazio vettoriale gener-
ico all’interno del sottospazio avviene semplicemente moltiplicando (con
prodotto riga-colonna) la matrice per il vettore stesso: dato quindi un
vettore v , il vettore corrispondente alla proiezione di v sul sottospazio
10 CHAPTER 1. L’ALGORITMO MUSIC

risulterà essere

a1 a1∗ a1 a2∗ . . . a1 a∗L


   
v1
 a2 a ∗ a2 a ∗ . . . a2 a ∗   v2 
∗ 1 2 L  
p(v) = R · v = E{s(t) · s (t)} ·  ·
 
.
. .. 
| {z }  .   . 
P ∗ ∗ ∗
a L a1 a L a2 . . . a L a L v4
(1.11)
e, valendo la relazione

R · a = λ a · a = P · ||a||2 · a
per definizione di autovettore, considerando il coefficiente P della matrice

la norma della proiezione corrispondente allo steering vector cercato risul-


terà pari a q √
||p(a)|| = P · ||a||2 · ||a||2 = P · ||a||2 (1.12)
Meccanicamente, sarebbe quindi possibile compiere la rilevazione calcolando le
proiezioni sulla matrice R di ciascuno degli steering vectors precalcolati: quello
che genererà il vettore proiezione con direzione più simile e norma pari a quella
indicata corrisponderà alla DOA propria del segnale.
Allontanandosi dal modello ideale, è possibile supporre in aggiunta al
segnale un rumore generico AWGN: ponendo quindi

xi ( t ) = ai s ( t ) + ni ( t ) (1.13)

l’elemento singolo della matrice R risulta essere


∗
Rij = E{ xi (t) x j (t)∗ } = E{( ai s(t) + ni (t)) a j s(t) + n j (t) } = (1.14)
E{ ai s(t) · a∗j s∗ (t)} + ( n∗j((t)} + ( · a(∗j s(∗ (
(t)} + E{ni (t) · n∗j (t)}
(
E{(a( t)(·( E{(n(
(( (
= i s (( i ((
t)(
| {z } | {z } | {z } | {z }
(1) (2) (3) (4)

dove il termine (1) corrisponde al termine fondamentale del caso prece-


dente e i termini (2) e (3) possono essere cancellati in virtù della propri-
età di incorrelabilità rumore-segnale (vista in 1.5). Il termine (4) genera
una matrice diagonale (per la caratteristica autocorrelazione del rumore
1.2. INTRODUZIONE ALLA NATURA MATEMATICA 11

AWGN), facendo sì che la matrice R risultante divenga:

a1 a1∗ a1 a2∗ . . . a1 a∗L


   
1 0 ... 0
 a2 a ∗ a2 a ∗ . . . a2 a ∗   0 1 ... 0 
1 2 L 
R = P· +N · (1.15)
  
.
. .
. 
 .   . 
∗ ∗ ∗
a L a1 a L a2 . . . a L a L 0 0 ... 1
| {z } | {z }
RS RN

= RS + R N

Il vettore a corrisponde all’autovettore per la sottomatrice RS : è vero però


che la matrice R N , corrispondendo alla matrice identità, nel prodotto con
a restituirà lo stesso vettore moltiplicato per N. Quindi:

p = R · a = RS · a + R N · a = (1.16)
 
= P · ||a||2 · a + N · a = P · ||a||2 + N ·a
| {z }
λ

Sostanzialmente, quindi, in presenza di rumore AWGN varia solo l’autovalore


associato all’autovettore steering vector della R : l’analisi a “tentativi” in
cerca dello steering vector con il vettore proiezione “più parallelo” e a
norma stabilita risulta ancora corretta. Il problema computazionale si
sposta quindi su come affermare quanto un vettore proiezione risulterà
parallelo allo steering vector di partenza.

Utilizzo del prodotto scalare

E’ necessario per ogni steering vector calcolare la proiezione vettoriale


e verificare quanto i due vettori risultino a direzione prossima: concettual-
mente, lo steering vector corretto dovrebbe risultare quello per cui la sua
proiezione su R risulti ad esso stesso proporzionale, con costante pari
all’autovalore atteso della matrice. Quindi, se a risulta lo steering vector
corretto (associato alla DOA effettiva di segnale), dovrebbe risultare:
 
2
p = R · a = P · ||a|| ·a (1.17)
| {z }
λ
12 CHAPTER 1. L’ALGORITMO MUSIC

Il prodotto scalare (anche per spazi vettoriali R L e C L ) si definisce come

L
a·b = ∑ (ai · bi∗ ) (1.18)
i =1

Nel caso il vettore a risulti lo steering vector effettivo per la configu-


razione in analisi (con un segnale proveniente da una DOA specifica),
il prodotto scalare tra esso e la proiezione su R risulterà:

a · p = a · λa∗ = λ · ||a||2 (1.19)

Teoricamente, conoscendo il valore atteso del prodotto scalare, sarebbe


possibile calcolare il prodotto con la proiezione per ogni steering vector
precalcolato e affermare l’identificazione della DOA nel caso si ottenga il
valore atteso.
Purtroppo, dovendo ragionare in termini puramente numerici, l’algoritmo
così implementato risulta fallimentare, per due motivi principali.
Innanzitutto va tenuto presente che, in presenza di dati numerici prove-
nienti da misure reali, non è mai possibile affermare una uguaglianza
precisa: andrebbe quindi stabilito entro quale intorno il valore riscon-
trato possa essere considerato “valido”. Certamente, questo risulta un
problema relativo, in quanto potrebbe essere compiuta una “taratura” in
base ad alcune prove.
Il problema più grave consiste nel non poter garantire, nell’operazione di
prodotto scalare, l’univocità del risultato per coppie differenti di vettori
in ingresso. Per chiarire il concetto, basti pensare ad un caso semplice:
ponendo

b1 bL
     
a1 a1 a1
b2 b L −1
a2
     
  a2  a2

a= b= .  c= (1.20)
 
.. 
..

 .. 

. .
    
 
aL bL b1
aL aL
1.2. INTRODUZIONE ALLA NATURA MATEMATICA 13

è facile verificare che risulta a · b = a · c nonostante si abbia b 6= c e non


paralleli (non risulta c = k · b ).

b1
#
bL
a · b = a1 · a1 + . . . + aL · aL = b1 + . . . + bL
bL b1 ⇒ a·b = a·c
a · c = a1 · a1 + . . . + aL · aL = bL + . . . + b1

Utilizzo della scomposizione in sottospazi

Il prodotto scalare risultava uno strumento fondamentale per l’analisi


secondo la implementazione “base”: provata la sua inaffidabilità, è nec-
essario cambiare completamente approccio. Se verificare il parallelismo
tra un vettore proiezione e uno steering vector risulta infattibile, è possi-
bile fare affidamento unicamente al criterio di appartenenza per un certo
vettore in un dato sottospazio: un vettore si potrà considerare non ap-
partenente al sottospazio, quanto più la sua proiezione risulterà di mod-
ulo nullo.
Ora, in presenza di rumore, la matrice R risulta la composizione delle
matrici proprie legate ai segnali e della matrice generata dal rumore gaus-
siano: in presenza di M segnali (tra loro incorrelati), si ha

R = RS1 + . . . + RSM + R N = (1.21)


a1 a1∗ . . . a1 a∗L z1 z1∗ . . . z1 z∗L
   

= P1 ·  .. ..
 + . . . + PM ·   + RN
   
. .
a L a1∗ . . . a L a∗L z L z1∗ . . . z L z∗L

con a . . . z gli M steering vectors associati alle DOA degli M segnali.


La matrice R N , essendo di tipo diagonale, garantisce rango massimo
(pari a L): non è possibile che nella composizione delle matrici essa si
annulli con alcuna delle altre componenti, in quanto su ognuna delle di-
agonali delle matrici RSi si trovano termini maggiori di 0 (per ai sia reali
che complessi, in tal caso si hanno sulle diagonali i moduli delle singole
componenti complesse). La matrice R risulterà quindi di rango massimo,
e definirà uno spazio vettoriale “pieno” (di tipo R L o C L ) con una base
di L generatori distinti.
Gli L generatori possono essere suddivisi in due gruppi, uno di dimen-
sione M, e il restante di dimensione (M-L), formanti due distinti sot-
tospazi vettoriali: uno associabile al gruppo degli steering vectors propri
14 CHAPTER 1. L’ALGORITMO MUSIC

delle DOA di arrivo (chiamato in seguito sottospazio dei segnali) e uno che
copre ciò che è rimasto “escluso” dal primo gruppo.
Una definizione così è decisamente poco rigorosa, ma coglie a pieno il
significato: matematicamente, considerando che la matrice R definisce
uno spazio vettoriale completo di dimensione L pari alla dimensione dei
singoli steering vectors, si è sicuri che tutti gli steering vectors possibili
per l’array apparterranno allo spazio.
Dato che il sottospazio caratterizzato dagli M generatori contiene solo
combinazioni lineari degli steering vectors corrispondenti alle M DOA in
ingresso, supponendo di non costruire un array tale da presentare DOA
terze con steering vectors pari a combinazioni lineari di altri steering
vectors (ipotesi fattibile, considerando l’estrema variabilità nella proget-
tazione dei dispositivi), nel sottospazio complementare saranno obbliga-
toriamente contenuti tutti gli steering vectors precalcolati NON corrispondenti
alle DOA di segnale o meglio corrispondenti alle DOA su cui si hanno segnali
nulli: per questo motivo, al secondo sottospazio viene assegnato il nome
di sottospazio dei segnali nulli.

Dalla analisi lineare si ricorda che un qualsiasi spazio vettoriale può es-
sere definito attraverso una base contenente tutti i suoi autovettori : è
necessario quindi individuare gli autovettori caratterizzanti e riuscire a
suddividerli tra i due sottospazi fondamentali.
In un caso ideale supponiamo che steering vectors per DOA differenti
risultino tra loro ortogonali, e sapendo che i vettori a . . . z sono autovet-
tori della R andiamo a cercare gli autovalori ad essi associati. Ad es-
empio, cerchiamo l’autovalore associato all’autovettore a (steering vector
DOA segnale 1):

2
R · a = RS1 · a + 
RS2 · a + . . . + 
  RSM · a + R N · a = ( P1 · ||a|| + N ) · a (1.22)


le cancellazioni possono essere effettuate per la condizione di ortogonalità


(ciascuna matrice RSi genera un sottospazio di dimensione 1 contenente
solo i vettori paralleli all’autovettore costitutivo - lo steering vector asso-
ciato alla DOA del segnale i-esimo).
Proseguendo, per un qualsiasi segnale i-esimo tra i presenti l’autovalore
1.2. INTRODUZIONE ALLA NATURA MATEMATICA 15

associato risulta essere:

λi = ( Pi · ||vi ||2 + N ) (1.23)

con vi steering vector per DOA del segnale i-esimo.


Analogamente, cerchiamo l’autovalore corrispondente ad uno steering
vector non compreso nell’insieme v1 . . . v M :

R·v =
RS1 · v + 
 R
S2 · v + . . . + 
 RSM · v + R N · v = N · v
 (1.24)

dove tutti i termini barrati sono stati eliminati grazie alla condizione so-
pracitata di ortogonalità tra steering vectors. Riepilogando, gli autovalori
risultano essere:

Pi · ||vi ||2 + N
 
con i ∈ [1 . . . M ]
λi = (1.25)
N con i ∈ [ M + 1 . . . L]

I valori di λi non sono determinabili a priori, in quanto non si ha conoscenza


al ricevitore dei parametri Pi caratterizzanti i singoli segnali e del parametro
N (potenza di rumore equivalente ricevuta). E’ però possibile fare una ri-
flessione: essendo tutti i termini indicati positivi, si osserva facilmente
come gli autovalori associati agli autovettori di segnale (del sottospazio
dei segnali) risultino maggiori degli autovettori associabili al sottospazio
dei segnali nulli.
Nel sottospazio dei segnali è possibile associare ciascun autovalore ad un
autovettore separato: data la matrice R sarà quindi possibile attraverso
il rilevamento degli autovalori e autovettori la suddivisione nei due sot-
tospazi, associando al sottospazio dei segnali gli autovettori corrispondenti
agli M autovalori maggiori.
Il sottospazio dei segnali nulli è complementare: esso sarà quindi caratter-
izzato dagli autovettori corrispondenti agli autovalori rimanenti (gli L-M
autovalori minori): per questo motivo, dato un array di L antenne sarà
possibile il rilevamento di un massimo di L-1 segnali.
Computazionalmente, ci si affida alla tecnica della SVD (Singolar Value
Decomposition - Scomposizione ai valori singolari) per identificare rapi-
damente la totalità delle coppie autovalori-autovettori.
16 CHAPTER 1. L’ALGORITMO MUSIC

1.2.1 Cenni alla tecnica SVD

La tecnica SVD permette rapidamente la costruzione di una struttura


dati contenente tutte le informazioni circa gli autospazi propri di una
certa matrice quadrata. Fornita una matrice A quadrata di ordine L, la
tecnica SVD vi associa due matrici, qui chiamate U e Λ , tali da avere:

A = U · Λ · UH (1.26)

precisamente, le matrici Λ e U risultano essere


 
λ1 0 0 0
 0 λ2 0 0 
Λ= U = hU1 |U2 | . . . |U L i (1.27)
 
.. 
 . 
0 0 0 λL

con λi autovalore i-esimo, in ordine di grandezza, della matrice A , e


Ui autovettore associato all’autovalore i-esimo. La matrice U H altro non
è che la matrice hermitiana (trasposta e coniugata) della matrice U .
I programmi di calcolo numerico (ad esempio MathWorks MATLAB) of-
frono solitamente una funzione di calcolo della SVD, che fornisce i due
oggetti U e V separatamente. Conoscendo la quantità di segnali da ril-
evare (oppure “indovinandola” scegliendo di prelevare gli M autovalori
maggiori) è possibile estrarre le ultime (L-M) colonne dalla matrice U, ed
utilizzarle per formare la matrice U N citata nel paragrafo precedente.

La scomposizione SVD risulta comoda anche per stabilire relazioni di


“confronto” tra matrici distinte. Svolgiamo un attimo la scrittura 1.26
(tenendo presente che con la scrittura Uij si indica la componente j-esima
dell’autovettore i-esimo):

U1∗
   
λ1 0 00
 0 λ2 00   U2∗ 
A = hU1 |U2 | . . . |U L i ·  · = (1.28)
   
.. ..
 .   . 
0 0 0 λL U∗L
1.2. INTRODUZIONE ALLA NATURA MATEMATICA 17

∗ ∗ ∗
     
U11 U21 . . . UL1 λ1 0 0 0 U11 U12 . . . U1L
 U   U∗ U∗ . . . U∗
 12 U22 . . . UL2
  0 λ2 0 0 
  21 22 2L
= · ·
  
.. .. .. 
 .   .   . 
U1L U2L . . . ULL 0 0 0 λL U ∗ UL2∗ ∗
. . . ULL
| {z } | {z L1 }
(1) (2)

Svolgiamo il termine (2) seguendo la consueta regola del prodotto riga-


colonna tra matrici:
∗ ∗ ∗
 
λ1 · U11 λ1 · U12 . . . λ1 · U1L
 λ2 · U ∗ λ2 · U ∗ . . . λ2 · U ∗ 
21 22 2L 
(2) =  (1.29)

.. 
 . 

λ L · UL1 ∗
λ L · UL2 ∗
. . . λ L · ULL

Proseguendo, si effettua il prodotto riga-colonna tra (1) e (2) e, omettendo


i conti, si arriva alla forma
 L L
∑i=1 λi · Ui1 · Ui1 ∗
∑ ∗ . . . ∑iL=1 λi · Ui1 · UiL

   
i = 1 λi · Ui1 · Ui2
 ∑L λ · U · U∗  ∑L λ · U · U∗  . . . ∑L λ · U · U∗  
 i =1 i i2 i1 i =1 i i2 i2 i =1 i i2 iL
A=

 .
.. 

∑iL=1 λi · UiL · Ui1 ∗
∑iL=1 λi · UiL · Ui2 ∗ . . . ∑iL=1 λi · UiL · UiL

  

∗ ∗ ∗
    
λi · Ui1 · Ui1 λi · Ui1 · Ui2 . . . λi · Ui1 · UiL
L  λ · U · U∗ ∗ ∗
   
 i i2 λ i · U i2 · U . . . λ i · Ui2 · U
= ∑ i1
.
i2 iL 
=
..
i =1
 
∗ ∗ ∗
  
λi · UiL · Ui1 λi · UiL · Ui2 . . . λi · UiL · UiL
| {z }
λi ·(Ui ·UiH )
L  
= ∑ λ i · Ui · Ui H
con Ui autovettore i-esimo della matrice
i =1

Non è detto che la base di autovettori sia normalizzata: genericamente, il


singolo autovettore può essere scritto come

Ui UH
Ui = ||Ui || · ⇒ UiH = ||Ui || · i (1.30)
||Ui || ||Ui ||
18 CHAPTER 1. L’ALGORITMO MUSIC

e la sommatoria costitutiva per la matrice può quindi essere posta come

L
2 Ui UiH
A= ∑ | i {zi } ||Ui || ||Ui || =
λ || U || (1.31)
i =1
Ci | {z } | {z }
ui uiH
   
= C1 u1 · u1H + . . . + CL u L · u LH

considerando ui l’autovettore i-esimo normalizzato. Nella sommatoria, ai


termini evidenziati come Ci si associa il nome di coefficienti costitutivi della
scomposizione SVD per la matrice.
Approfittando della scomposizione, e analizzando i coefficienti costitu-
tivi, diventa ammissibile porre relazioni di “importanza” tra le matrici
componenti lineari di una matrice: per fare un esempio semplice, po-
nendo di avere una matrice M composta linearmente da tre matrici di
rango unitario A, B, C , è possibile scrivere

M = A+B+C =
     
2 H 2 H 2 H
= λ A ||U A || u A · u A + λ B ||UB || uB · uB + λC ||U A || uC · uC
(1.32)

Dalla 1.32 è facile intuire come, ad esempio, per rendere trascurabili le


matrici B e C nel calcolo di una determinata proiezione p = M · v sia suffi-
ciente imporre che il coefficiente costitutivo associato alla matrice A (pari
a λ A ||U A ||2 ) risulti prevalente sui corrispondenti coefficienti per le altre
due matrici.
In caso si abbiano matrici componenti di rango non unitario (quindi con
più autovalori non nulli) la sostanza del problema non cambia: per coeffi-
ciente costitutivo principale (e termine di confronto) per la matrice andrà
preso il maggiore tra i coefficienti della SVD.

Questa applicazione risulterà fondamentale nel corso di tutta la trat-


tazione, per riuscire a “controllare” il comportamento dell’algoritmo in
presenza di effetti di disturbo (che saranno ricondotti a determinate ma-
trici componenti aggiuntive della matrice R ).
Chapter 2
Implementazione MUSIC con
campionamento

Analizzato teoricamente l’algoritmo MUSIC e compresa la sua log-


ica di funzionamento, è possibile passare ad osservare come l’algoritmo
vada implementato. Nella trattazione si discuterà solamente dell’utilizzo
di segnali informativi monocromatici per una questione di semplicità:
i concetti sono però agevolmente estendibili all’uso di qualsiasi segnale
informativo con evoluzione temporale, per il quale sia definibile una fun-
zione di autocorrelazione.
Finora si è parlato di un’applicazione “ideale”, in cui si è in grado
di fornire come set di dati in ingresso un campionamento ideale del
segnale osservato dalle singole antenne (oppure del suo inviluppo): il
set numerico di ingresso corrisponde quindi ad un insieme di L vettori
(con L numero di antenne in RX) contenenti NC valori (con NC numero di
campioni osservati in un periodo, tale da rispettare il limite di Shannon
TC < 2· f1max e non distorcere il segnale osservato).
Il panorama “ideale” mostrato ben si discosta da una situazione facil-
mente implementabile: il campionamento ideale richiesto dovrebbe es-
sere compiuto a velocità elevatissime se si decidesse di lavorare con un
segnale monocromatico in trasmissione (per rispettare gli standard IEEE
802.11b/g, la frequenza base si attesta sui 2.4 GHz). In questo caso per-
ciò si preferisce lavorare sull’inviluppo di segnale, rendendo però neces-
saria l’aggiunta di tutta una parte elettronica legata alla modulazione sul
trasmettitore e demodulazione sull’impianto ricevente.

19
20CHAPTER 2. IMPLEMENTAZIONE MUSIC CON CAMPIONAMENTO

La implementazione con l’utilizzo di campioni risulta essere quella preferi-


bile nel caso sia richiesta la localizzazione di più sorgenti (M>1), ma oltre
al problema di realizzazione pratica per la presenza di modulatori, essa
richiede anche la contemporaneità nel prelievo di campioni dalle sin-
gole antenne. Apparentemente, quindi, sembra necessaria la presenza di
un’elettronica di campionamento separata per ogni antenna dell’array, in
aggiunta all’elettronica di demodulazione: l’implementazione però rag-
giunge così un grado di complessità molto elevato.
Nella seconda parte del capitolo, sarà trattato il comportamento della im-
plementazione a campioni in presenza di più segnali, correlati e non, e
sarà introdotto un modello matematico in grado di descrivere il compor-
tamento dell’algoritmo nelle varie eventualità di misura.
In tutte le analisi si considera per semplicità un array con numero di an-
tenne L=3: i concetti esposti sono però validi per qualsiasi L, a patto di
rispettare la condizione di validità del MUSIC che il numero di segnali
sia strettamente minore del numero di antenne nell’array.

2.1 Implementazione a singolo campionatore


Nel caso siano richiesti dispositivi più “semplici” e più economici,
anzichè utilizzare un blocco demodulatore+campionatore per ogni an-
tenna, è possibile utilizzare un blocco unico, che le antenne utilizzeranno
a intervalli. In buona sostanza, come andremo ad osservare, le prestazioni
dell’algoritmo saranno notevolmente condizionate dallo “scarto tempo-
rale” presente nel campionamento tra due antenne distinte.

2.1.1 Effetti di errori nella sincronizzazione dei campiona-


menti
Nel caso si possa garantire un campionamento contemporaneo su ogni
antenna, gli errori per mancata sincronizzazione non sussistono. La trat-
tazione di questi è necessaria solo sia obbligatorio implementare il cam-
pionamento alternando le antenne.
Analizziamo per adesso un caso base: la presenza di un unico segnale in
arrivo, su un array di 3 antenne, con DOA appartenenti al piano trasverso
a queste ultime. Come è stato chiarito nel capitolo precedente (vedi para-
2.1. IMPLEMENTAZIONE A SINGOLO CAMPIONATORE 21

grafo 1.2.1), l’algoritmo si ritroverà a dover elaborare la scomposizione


spettrale della matrice delle covarianze R (composta come segue, se vale
l’ipotesi di segnale e rumore incorrelati tra loro - vedere paragrafo 1.2).

R = US · ΛS · USH + U N · Λ N · U N
H
(2.1)
| {z } | {z }
RS RN

Senza ripetere le considerazioni fatte nel capitolo precedente 1.2, sapendo


che i sottospazi di segnale e rumore sono tra loro ortogonali, si può affer-
mare che il “picco” dello spettro MUSIC evidenzierà la DOA corrispon-
dente allo steering vector autovettore della matrice RS : per questa DOA
il modulo della proiezione dello steering vector sul sottospazio di rumore
sarà nullo (o trascurabile, in situazione non ideale).

Analisi del sottospazio di segnale

Eliminando i termini di crosscorrelazione con rumore (nulli) e di ru-


more puro (sottospazio rumore), la matrice di interesse per la analisi del
sottospazio di segnale sarà formulata da:

RS = E{xs · xsH } xs (nTC ) = a (θ ) · s (nTC ) (2.2)

RSij = E{ xsi · xsj } = E{ ai s (nTC ) · a∗j s∗ (nTC )} = (2.3)


= ai · a∗j · E{s (nTC ) · s∗ (nTC )}

Con ai = ai (θ ) guadagno della antenna i-esima dalla direzione θ

Ogni elemento della matrice RS risulta essere quindi la crosscorre-


lazione tra le sequenze di campioni estratte dalla antenna i-esima e dalla
antenna j-esima: a causa delle dimensioni ridotte dell’array rispetto le
lunghezze d’onda in gioco (sia si lavori sul segnale a 2.4 GHz o che si la-
vori sull inviluppo a frequenza bassa) è possibile approssimare i segnali
a tutte le antenne come “in fase”.

Si consideri un campionamento ideale istantaneo da ogni antenna (ovvero,


ad un certo istante nTC prelevo un valore numerico da tutte le antenne
dell’array). Avendo ipotizzato che i segnali si possano considerare in
fase, per ogni coppia di antenne la correlazione tra le sequenze avrà il
22CHAPTER 2. IMPLEMENTAZIONE MUSIC CON CAMPIONAMENTO

suo valore massimo, pari allo scarto quadratico di segnale (o, più sem-
plicemente, alla sua potenza): tutti gli elementi di RS corrisponderanno
quindi a P · ai · a∗j , con il risultato che segue.

RSij = ai · a∗j · E{s (nTC ) · s∗ (nTC )} = ai · a∗j · P (2.4)

a1 · a1∗ a1 · a2∗ a1 · a3∗


 

RS = P ·  a2 · a1∗ a2 · a2∗ a2 · a3∗  (2.5)


a3 · a1∗ a3 · a2∗ a3 · a3∗
La matrice RS così ottenuta ha rango unitario (le colonne sono tra loro lin-
earmente dipendenti): avrà quindi una sola componente spettrale, ovvero
un solo autovalore non nullo, con autovettore corrispondente parallelo
allo steering vector della DOA da rilevare.
Svolgendo il problema agli autovalori:

det (RS − λI) = 0 ⇒ λ1 = P · ( a1 a1∗ + a2 a2∗ + a3 a3∗ ) (2.6)

gli altri due autovalori risultano nulli. L’autovettore corrispondente sarà


v tale da risolvere il sistema lineare:

a1 · a1∗ a1 · a2∗ a1 · a3∗


    
v1 v1
P  a2 · a1∗ a2 · a2∗ a2 · a3∗   v2  = P · ( a1 a1∗ + a2 a2∗ + a3 a3∗ ) ·  v2 
a3 · a1∗ a3 · a2∗ a3 · a3∗ v3 v3
(2.7)
con soluzione:
a1 a2∗ ·v2 + a1 a3∗ ·v3



 v 1 = a2 a2∗ + a3 a3∗

a1 ( θ )

∗ ∗

a a ·v + a a ·v
v2 = 2 a11 a∗1 +a32 a3∗ 3 ⇒ v = cost ·  a2 (θ )  (2.8)
1 3
∗ ∗
 v = a3 a1 ·v∗1 +a3 a2∗ ·v2


 a3 ( θ )
3 a1 a1 + a2 a2

Si evince quindi come la DOA rilevata risulterà essere quella corretta,


essendo quella corrispondente allo steering vector con proiezione minore
sul sottospazio di rumore (essendo generatore di RS , questo steering vec-
tor sarà escluso da R N , e ciò comporterà ad annullare la proiezione di
esso sullo spazio di rumore).
L’analisi presentata risulta corretta solo in condizioni di campionamento
“perfette”, come accennato all’inizio del capitolo: ciò vale a dire campi-
2.1. IMPLEMENTAZIONE A SINGOLO CAMPIONATORE 23

onamento compiuto con frequenza f c > 2 · f max e, soprattutto, contem-


poraneo tra tutte le antenne. Un campionamento contemporaneo risulta
possibile (comunque con discreti problemi di controllo) solo ponendo
un gruppo di (eventuale) demodulazione e campionamento per ogni an-
tenna, ed essendo il requisito piuttosto “scomodo”, è meglio analizzare
metodi di trattamento alternativi.

Cosa succede se il campionamento dalle antenne non è contemporaneo?

Con il ciclo di campioni contemporaneo, tra le sequenze di campioni


provenienti da antenne distinte si mantengono le relazioni di fase caratter-
istiche dei segnali di provenienza. Se le antenne sono vicine rispetto alla
lunghezza d’onda, si ottiene che il termine E{s (nTC ) · s∗ (nTC )} risulta
quasi costante prossimo a P per ogni coppia di antenne considerata: ciò
permette il raggruppamento del termine P dalla matrice, e realizza la
RS con autovettore “corretto” desiderato. Quando il ciclo di campioni
non è più istantaneo, si recuperano n campioni con periodo TC da una
antenna, per poi passare alla successiva (generando così una attesa tra la
fine di un campionamento su una antenna e l’inizio del successivo pari
a ( L − 1) · nTC : questo porterà ad avere sequenze di campioni da ogni
antenna sfasate tra loro, a fronte di segnali in fase.
Come mostrato in figura 2.1, partendo dalla prima antenna campionata,
i campioni delle altre verranno prelevati con un ritardo γi ad ogni istante
di campionamento: in pratica, dalle antenne successive verrà osservato
sui campioni non il segnale in fase (o con la fase di “progetto” stabilita)
ma il segnale dopo un ritardo γi (matematicamente, all’argomento della
funzione del segnale trasmesso nel tempo si somma la costante γi : al
campione atteso a t = nTC si ottiene quello per t = nTC + γi ).
Matematicamente:

xsi (nTC ) = ai (θ ) · s (nTC + γi ) (2.9)

Il problema si materializza poi nel calcolo della crosscorrelazione tra


le sequenze: il termine di crosscorrelazione che prima era costante tra
tutti gli elementi della RS , diviene:


} = ai · a∗j · E{s (nTC + γi ) · s∗ nTC + γ j }

E{ xsi · xsj (2.10)
| {z }
6= P
24CHAPTER 2. IMPLEMENTAZIONE MUSIC CON CAMPIONAMENTO

Figure 2.1: Esempio di campionamento generico non contemporaneo:


notare la variazione di fase osservabile sulle sequenze di campioni

Il termine diventa quindi dipendente dai due ritardi γi e γ j , o meglio



risulterà essere una funzione della variabile γ = γ j − γi , pari alla
fase presente tra i due segnali. Analiticamente, la presenza del termine
γ condiziona il termine di crosscorrelazione in maniera seguente (nel caso
si lavori con segnali monocromatici):


E{ xsi · xsj } = ai · a∗j · E{s (nTC ) · s∗ (nTC + γ)} (2.11)
con s(t) = A · sin (2π f · t) = A · sin (ωt)

L’integrale andrebbe svolto in forma discreta, essendo la funzione s ri-


costruita con un campionamento (dominio discreto). Comunque, dovendo
analizzare l’effetto del ritardo, si riporta la funzione al dominio continuo
2.1. IMPLEMENTAZIONE A SINGOLO CAMPIONATORE 25

e si esegue il calcolo integrale nel continuo.

E{s (nTC ) · s∗ (nTC + γ)} = A2 · E{sin (ωt) · sin (ω (t + γ))} (2.12)


| {z }
(∗)

1
Z T0
(∗) = · sin (ωt) · sin (ω (t + γ)) = (2.13)
T0 0
Z T0
1
= · sin (ωt) · [sin (ωt) · cos (ωγ) + cos (ωt) · sin (ωγ)] ∂t =
T0 0
1 2π
= . . . = · cos( · γ) Autocorrelazione di una sinusoide
2 T0

Figure 2.2: Autocorrelazione di una sinusoide

Nella figura 2.2 è mostrata la funzione di autocorrelazione di una si-


2
nusoide, normalizzata a P= A2 : sulle ascisse è posto il termine Tγ0 (com
γ il tempo di distanza tra gli inizi dei campionamenti, indicato nel grafo
2.3, e T0 il periodo della funzione).

Gli elementi della matrice RS risulteranno quindi dipendenti dal ter-


mine γij = (γ j − γi ) :

A2 2π
RSij = ai a∗j cos( · γij ) = ai a∗j · P · Kij (2.14)
2
|{z} T0
P
26CHAPTER 2. IMPLEMENTAZIONE MUSIC CON CAMPIONAMENTO

Figure 2.3: Grandezze fondamentali

Da osservare che esistono determinati γij capaci addirittura di annullare


la funzione, rendendo l’elemento corrispondente di RS nullo: dal punto
di vista dell’algoritmo, questa situazione equivale ad avere una antenna
che non riceve segnale (o ne riceve poco), e ciò condizionerà la DOA
rilevata. Per rilevamenti ideali, invece, i termini γij introdotti dal campi-
onamento saranno nulli, e i coefficienti Kij risulteranno unitari.

In generale, la presenza dei coefficienti può portare a due conseguenze:


1. variano il rango di RS : portano ad avere più di un generatore ap-
partenente al sottospazio dei segnali;

2. non variano il rango di RS : resta un solo generatore nel sottospazio


dei segnali.
Come illustrato nel capitolo precedente 1.1, nel caso un generatore del
sottospazio di segnale risulti parallelo ad uno steering vector ammissi-
bile dall’array di antenne, nello spettro MUSIC si osserverà un picco in
prossimità della DOA ad esso associata.
Non è detto quindi che ogni generatore di RS provochi un picco nello
spettro MUSIC, ma in casi particolarmente sfortunati può accadere che
con la variazione di rango della matrice, più di un generatore possa
risultare parallelo ad uno degli steering vectors e possa comportare un
picco nello spettro MUSIC (arrivando così ad identificare più DOA, tutte
errate).

Giusto per dare un’idea, si consideri il caso in cui RS resti di rango unico.
2.1. IMPLEMENTAZIONE A SINGOLO CAMPIONATORE 27

Come varia la DOA rilevata?


Tenendo presente le variazioni ai termini della matrice, si ripete il pro-
cedimento visto a partire dalla 2.6:

det (RS − λI) = 0 ⇒ λ1 = P · (K11 · a1 a1∗ + K22 · a2 a2∗ + K33 · a3 a3∗ ) (2.15)

gli altri due autovalori risultano anche qui nulli (la matrice ha conservato
il rango). L’autovettore corrispondente sarà v tale da risolvere il sistema
lineare:

K11 · a1 a1∗ K12 · a1 a2∗ K13 · a1 a3∗


  
v1
P  K21 · a2 a1∗ K22 · a2 a2∗ K23 · a2 a3∗   v2  = (2.16)
K31 · a3 a1∗ K32 · a3 a2∗ K33 · a3 a3∗ v3
 
v1
= P(K11 · a1 a1∗ + K22 · a2 a2∗ + K33 · a3 a3∗ )  v2 
v3

 
c1 a1
Cerchiamo soluzioni nella forma v =  c2 a2  .
c3 a3
Sostituendo e risolvendo il sistema lineare, si ottengono le successive 3
equazioni (con ai = ai (θ ) ):

" #
K13 | a3 |2 (K11 | a1 |2 + K33 | a3 |2 ) + K23 K12 | a3 |2 | a2 |2
c1 = 2 | a |2 | a |2
(K11 | a1 |2 + K33 | a3 |2 )(K12 | a2 |2 + K33 | a3 |2 ) − K12 1 2
" #
(K12 | a2 |2 + K33 | a3 |2 )K23 | a3 |2 + K12 K13 | a1 |2 | a3 |2
c2 = 2 | a |2 | a |2
(K11 | a1 |2 + K33 | a3 |2 )(K12 | a2 |2 + K33 | a3 |2 ) − K12 1 2

c3 = 1 (2.17)

I coefficienti ci dipendono dai termini ai : quindi i coefficienti della


soluzione dipenderanno dall’angolo fisico di arrivo del segnale. La soluzione
finale al sistema lineare sarà:
28CHAPTER 2. IMPLEMENTAZIONE MUSIC CON CAMPIONAMENTO

c1 ( θ ) · a1 ( θ )
 

v =  c2 ( θ ) · a2 ( θ )  (2.18)
c3 ( θ ) · a3 ( θ )
Nel caso esista uno steering vector a (θ N ) proporzionale al vettore
v l’algoritmo MUSIC identificherà θ N come DOA: in caso contrario la
DOA rilevata sarà imprevedibile e dipendente dal rumore in ingresso e
dalla struttura del sottospazio di rumore (che condizionerà le proiezioni).

2.1.2 Metodo migliore di raccolta campioni con


“switching”
Preso atto dei problemi causati da una raccolta di campioni non “ra-
gionata”, brevemente sarà illustrato il miglior metodo di raccolta dei cam-
pioni dalle singole antenne per eliminare questo errore di equivocazione
della DOA.
Introduttivamente, il prelievo di campioni va effettuato da ogni antenna
dell’array: quindi sarà necessario, nel caso non sia possibile garantire
il prelievo contemporaneo da tutte le antenne (realizzazione complessa),
optare per un campionamento a “switching”, in cui ognuna delle antenne
fornirà a turno segnale ad un unico circuito campionatore presente.
Lo switching può essere implementato in due modi:

1. ogni sequenza di campioni è prelevata da una antenna in flusso


unico: al termine si passa alla antenna successiva;

2. lo switch agisce circa ogni TC (periodo di campionamento), si prel-


eva da ogni antenna un campione alla volta e si passa alla antenna
dopo.

Metodo a flusso unico

Dalla figura 2.2 è possibile osservare che i termini Kij evidenziati prima
restano prossimi all’unità se si mantiene lo scarto temporale tra le due se-
quenze (ovvero il termine γ ) entro un raggio di 0.05T0 intorno a multipli
del periodo (valore approssimato, tale da mantenere le crosscorrelazioni
entro il 95% del loro massimo).
Considerando la natura periodica della forma d’onda, eventuali ritardi
2.1. IMPLEMENTAZIONE A SINGOLO CAMPIONATORE 29

pari ad un numero intero di periodi nei campionamenti dalle varie an-


tenne saranno equivalenti a ritardi nulli: detto questo sarà quindi suffi-
ciente che i termini γij rispettino la condizione 2.19.

( j − i )(kT0 ) − 0.05T0 ≤ |γij | ≤ ( j − i )(kT0 ) + 0.05T0 ∀i, j (2.19)

Nella 2.19 il coefficiente (j-i) è necessario, in quanto per campionare il


segnale tra due antenne consecutive in regioni “compatibili” per la cross-
correlazione sarà necessario lasciar passare un multiplo di periodi kT0 con
k ≥ 1 tra una antenna e l’altra (confronta con 2.19): all’interno di questa
finestra temporale verrà svolta l’operazione di campionamento (quindi il
valore k va scelto in base ai parametri NC e TC ).

La condizione 2.19 va mantenuta valida per ogni coppia di antenne


considerata: diviene quindi necessario temporizzare attentamente l’inizio
dei campionamenti.
A ragionare in termini ideali, la soluzione migliore sarebbe quella di
garantire l’inizio del campionamento dalla antenna successiva a distanza
T0 rispetto l’inizio dell’ultimo campionamento effettuato: questo si tradur-
rebbe nella presenza di un tempo di ritardo TR scelto apposta tale che
valga

( NC − 1) · TC + TR = kT0 con k≥ 1 (2.20)

con NC numero di campioni prelevati a sequenza, si considera il primo


campione “istantaneo” con l’inizio del campionamento, TC periodo di
campionamento. Rispettare questa condizione porta a non aggiungere
una differenza di fase nel segnale osservato tra due sequenze di campioni
prelevati da due antenne consecutive e, di conseguenza, tra le sequenze
di una coppia qualsiasi di antenne.
Anche fissando TR in fase di progetto, però, garantire effettivamente il
tempo di ritardo può non essere cosa facile da implementare. Una soluzione
migliore consiste quindi nel fornire un “range” al valore TR considerando
che i termini di crosscorrelazione rimangono sostanzialmente invariati
per sfasamenti temporali fino a 0.05T0 (vedere grafo 2.2).
In questa direzione, va tenuto presente che lo sfasamento temporale va
garantito nel range indicato anche nella coppia di antenne più lontana
nella sequenza dei campionamenti. Considerando che i ritardi sono i
30CHAPTER 2. IMPLEMENTAZIONE MUSIC CON CAMPIONAMENTO

tempi intercorrenti tra gli inizi dei campionamenti sulle antenne, è pos-
sibile affermare che il ritardo nella coppia di antenne più lontana (ad
esempio, l’ultima e la prima) corrisponderà alla somma dei ritardi tra le
coppie di antenne vicine, come evidenziato nella 2.21.

γij = γi(i+1) + γ(i+1)(i+2) + γ(i+2)(i+3) + . . . + γ( j−1) j (2.21)


| {z }
( j−i ) addendi

Se tra antenne consecutive il ritardo è costante, caso in cui tutte le an-


tenne siano campionate alla stessa maniera e il tempo di campionamento
sia uguale per tutte, il ritardo risultante tra l’inizio del campionamento
sulla prima antenna e l’inizio del campionamento sull’ultima si può scri-
vere:

γ1L = ( L − 1) · [( NC − 1) TC + TR ] (2.22)

in cui TR è il tempo di pausa che stiamo cercando.


Recuperiamo la condizione 2.19 e poniamola valida per la coppia di an-
tenne più lontane in sequenza:

( L − 1)(kT0 ) − 0.05T0 ≤ γ1L ≤ ( L − 1)(kT0 ) + 0.05T0 (2.23)

Dalla 2.22 si conosce il valore di γ1L : lo si può quindi sostituire nella


relazione sopra e ricavare il range del valore TR ammissibile.

( L − 1)(kT0 ) − 0.05T0 ≤ ( L − 1) [( NC − 1) TC + TR ] ≤ ( L − 1)(kT0 ) + 0.05T0


...
0.05 0.05
[kT0 − ( NC − 1) TC ] − T ≤ TR ≤ [kT0 − ( NC − 1) TC ] + T
| {z } L−1 0 | {z } L−1 0
(∗) (∗)
(2.24)
con k ≥ 1 per ospitare la finestra di campionamento

E’ utile osservare che con k=0 il range di TR è accettabile solo per un


numero di campioni limitato. Come spiegato prima, l’attesa di singoli
periodi è necessaria per poter ospitare l’operazione di campionamento:
inoltre, se un periodo viene iniziato campionando, il ritorno al segnale in
fase avverrà solamente al suo termine (e questo spiega la dipendenza del
2.1. IMPLEMENTAZIONE A SINGOLO CAMPIONATORE 31

range dal termine (∗) ).


Nel complesso, la condizione 2.24 è una condizione piuttosto “scomoda”
ma necessaria per essere certi che la “porzione” di segnale campionata
da ogni antenna rispecchi nelle sequenze campionate le differenze di fasi
“effettive” presenti alle varie antenne. Va detto che qui è stato considerato
per semplicità il caso in cui alle antenne il segnale arrivi contemporanea-
mente, ma la relazione è applicabile anche se gli arrivi non sono in fase
(in questo caso la presenza del tempo di pausa TR garantisce il rispec-
chiamento delle differenze di fasi “fisiche”, dal momento che osservare
il segnale a distanza di periodi equivale a osservarlo sull’origine tempo-
rale).
Al momento di programmare il tempo di pausa, tenere presente che il
tempo di pausa TR indicato comprende anche il tempo necessario allo
switching e un periodo di campionamento (l’inizio della sequenza suc-
cessiva si pone quando ottengo il suo primo campione): quindi, se

TR = TS + TRp + TC la pausa aggiunta sarà TRp

il tempo di pausa da programmare sarà

TRp = TR − TS − TC (2.25)

Nel grafo 2.4 è mostrato il metodo “in azione”: da notare che le sequenze
elaborate nella crosscorrelazione (zona destra) risultano molto diverse dal
segnale effettivo, ma tra loro correlabili. Grazie alla applicazione del cri-
terio risultano anche quasi “in fase”, partendo da segnali sulle antenne
contemporanei (quindi, gli sfasamenti fisici vengono conservati).

Una nota aggiuntiva va fatta sulla applicazione della 2.13: utilizzando


questo metodo avrò le sequenze provenienti da ogni antenna contenenti
campionamenti di porzioni separate (figura 2.4) e non contigue del seg-
nale in ingresso. Non può quindi valere “direttamente” la 2.13 (come
invece sarebbe se i campioni fossero tutti “equidistanti”): comunque,
l’algoritmo MUSIC è condizionato dai rapporti reciproci tra i termini
della matrice, e in effetti le condizioni poste permettono di preservare
le relazioni tra i valori delle crosscorrelazioni che, alla peggio, saranno
diversi dalle crosscorrelazioni effettive a meno di una costante.
32CHAPTER 2. IMPLEMENTAZIONE MUSIC CON CAMPIONAMENTO

Figure 2.4: Metodo a flusso unico

Metodo a “scala”

In presenza di segnali ad alta variabilità, in cui magari non è possibile


rispettare un tempo di pausa, anzichè prelevare in un flusso unico una
sequenza di campioni da una antenna è meglio optare per una organiz-
zazione a “scala”.
E’ possibile osservare brevemente che con questo metodo non è neces-
saria la programmazione di tempi di pausa, ma l’attenzione si sposta sul
periodo di campionamento del campionatore posto in uscita all’antenna
(quindi, da un lato si ha una realizzazione più semplice, in quanto non è
richiesto un contatore per le attese, ma dall’altro si è obbligati a program-
mare con precisione il campionatore).
L’approccio al problema della “sincronizzazione” tra le sequenze cambia
completamente: nel metodo precedente si corregge la sincronizzazione
(sicuramente assente) scegliendo un tempo di pausa apposito tra la fine
di un campionamento e l’inizio del successivo.
Qui, invece, si cerca semplicemente di switchare tra le antenne il più
2.1. IMPLEMENTAZIONE A SINGOLO CAMPIONATORE 33

velocemente possibile, tale da minimizzare il ritardo tra gli inizi delle se-
quenze di campionamento, incastrate tra loro a “pettine”: il tempo tra un
campione e l’altro sulla stessa antenna equivarrà al tempo necessario ad
un ciclo completo.
Tra un campione e il campione della antenna successiva corre il tempo

TSe f f = TC + TS (2.26)

quindi le sequenze di campioni dell’antenna j e dell’antenna i (j successiva


ad i) saranno sfasate di

γij = ( j − i ) · TSe f f = ( j − i ) · ( TC + TS ) (2.27)

con TC tempo per ottenere un campione e TS tempo necessario per switch-


are (vedere figura 2.5 per chiarimenti).

Per il ciclo completo dovrò compiere l’operazione L volte (L numero

Figure 2.5: Metodo a “scala”


34CHAPTER 2. IMPLEMENTAZIONE MUSIC CON CAMPIONAMENTO

antenne): in seguito al campione da una antenna devo attendere L cam-


pionamenti con switch per ottenere il suo campione successivo. Il periodo
di campionamento effettivo sul segnale sarà quindi:

TCe f f = L · TSe f f = L · ( TC + TS ) (2.28)

Le due sequenze a massima distanza temporale, avranno tra loro uno


sfasamento temporale pari a

γmax = ( L − 1) · ( TSe f f ) = ( L − 1) · ( TC + TS ) (2.29)

Per poter valutare quale sia il massimo ritardo ammissibile per mantenere
le crosscorrelazioni “corrette” (se segnali in fase, al minimo devono valere
0.95), va considerato che nel grafo 2.2 sull’ascissa è specificato il rapporto
tra ritardo di inizio dei campionamenti e periodo di segnale.
Sicuramente, se si mantiene il valore γmax sotto il valore di 0.05T0 (osservare
il grafo 2.2), le sequenze tra antenne più distanti si potranno considerare
prese “in fase” e, a maggior ragione, anche le sequenze prese tra antenne
più vicine in ordine di switching.
Il parametro variabile di progetto sarà solamente il tempo di campiona-
mento TC : dimensionabile come si vede in 2.30 tenendo presente che,
stavolta, non sarà necessario considerare la periodicità della funzione di
crosscorrelazione (prima di attraversare un periodo, preleverei sequenze
fuori dallo sfasamento massimo permesso).

γmax ≤ 0.05T0
γmax = ( L − 1) · ( TC + TS )

( L − 1) · ( TC + TS ) ≤ 0.05T0
...
0.05T0
TC ≤ − TS (2.30)
L−1
Può essere una buona idea anche cercare di rispettare il limite di Shannon
per il campionamento (2.31), quindi si aggiunge una seconda condizione
da porre a sistema:
T0
TCe f f ≤ (2.31)
2
2.1. IMPLEMENTAZIONE A SINGOLO CAMPIONATORE 35

T0
L( TC + TS ) ≤
2
...
T0
TC ≤ − TS (2.32)
2L

Confrontando le condizioni, però, si giunge alla conclusione che con


più di una antenna (ovvero in tutti i casi), la 2.30 è più restrittiva della
2.32: tutte le valutazioni quindi possono essere fatte anche solo sulla 2.30.

2.1.3 Limitazioni dei metodi a “switching” con più segnali


in ingresso

I metodi a “switching” illustrati sono validi solo se in presenza di seg-


nali periodici (gli unici in cui è possibile dopo un certo periodo riosser-
vare il segnale come all’inizio del rilevamento): nel caso sia necessario
garantire il funzionamento dell’algoritmo con più segnali in ingresso (in-
correlati, quindi a frequenze diverse se monocromatici), è necessario assi-
curarsi che su tutte le combinazioni lineari (desiderate) possibili sia pos-
sibile definire un periodo.
La somma di segnali periodici restituisce sicuramente un segnale period-
ico con periodo pari al periodo maggiore solo se tutte le frequenze sono
tra loro multiple di uno stesso valore: di seguito viene determinato il
periodo di una somma di sinusoidi.

f (t) = sin (w1 · (t − α1 )) + sin (w2 · (t − α2 )) =


= sin (w1 t) · sin (w1 · α1 ) − cos (w1 t) · sin (w1 · α1 ) +
+ sin (w2 t) · cos (w2 · α2 ) − cos (w2 t) · sin (w2 · α2 ) (2.33)

Facciamo alcune sostituzioni per semplificare:




 A = cos (w1 · α1 )

B = sin (w1 · α1 )

(2.34)
 C = cos (w2 · α2 )


 D = sin (w · α )
2 2
36CHAPTER 2. IMPLEMENTAZIONE MUSIC CON CAMPIONAMENTO

Quindi possiamo riscrivere la 2.33 come:

f (t) = A sin (w1 t) − B cos (w1 t) + C sin (w2 t) − D cos (w2 t) (2.35)

Il periodo di una funzione corrisponde al valore T0 tale che sia f (t + T0 ) =


f (t) . Ponendo la condizione si ottiene:

A sin (w1 (t + T0 )) − B cos (w1 (t + T0 )) + C sin (w2 (t + T0 )) − D cos (w2 (t + T0 )) =


= A sin (w1 t) − B cos (w1 t) + C sin (w2 t) − D cos (w2 t) (2.36)

Adesso riapplichiamo le formule di addizione e sottrazione dei seni (già


applicate nella 2.33) e, per garantire l’uguaglianza dei due termini, ci si
troverà al cospetto del seguente sistema:


 A = A · cos (w1 T0 ) + B · sin (w1 T0 )

B = B · cos (w1 T0 ) − A · sin (w1 T0 )

(2.37)

 C = C · cos (w2 T0 ) + D · sin (w2 T0 )

 D = D · cos (w T ) − C · sin (w T )
2 0 2 0

Il sistema sarà risolvibile se


2k1 π

  T0 = 2π f1

cos (w1 T0 ) = 1; sin (w1 T0 ) = 0
⇒ T0 = 2k 2π
2π f 2
(2.38)
cos (w2 T0 ) = 1; sin (w2 T0 ) = 0 
con k1 e k2 interi

e ciò obbliga a dire che i termini kf 1 e kf22 siano uguali, quindi k1 · f 2 = k2 ·


1
f 1 con k1 e k2 interi. Il caso più generico valido per una quantità arbitraria
di segnali sarà
f i = k · f 0 con k intero (2.39)
Da notare che i termini di fase α1 e α2 non intervengono nella soluzione
del problema: ciò significa che la proprietà sarà valida indipendente-
mente dalla fase presente tra i due segnali all’arrivo sulla antenna.
Nel caso sia da implementare un meccanismo a campionamento con
“switching” per rilevare più di un segnale, tenere presente quindi che i
segnali ammissibili dovranno essere a frequenze multiple di una costante
(perciò è consigliabile lavorare con gli inviluppi): inoltre, il parametro
T0 da considerare nella progettazione dovrà obbligatoriamente essere quello
2.2. COMPORTAMENTO CON PIÙ SEGNALI IN INGRESSO 37

più alto tra i segnali in uso, per garantire la validità dei campionamenti
in presenza di qualsiasi frequenza tra quelle possibili. Nella scelta del
periodo di campionamento da rispettare (limite di Shannon) andrà con-
siderato invece il segnale a frequenza massima (T0 minimo).
Come ultimo accorgimento, va ricordato che il valore Tγ0 limite posto nelle
condizioni 2.24 e 2.30 a 0.05T0 andrà sostituito con il valore limite entro
cui la autocorrelazione della “peggiore” sequenza in ricezione (la somma
di tutte le sinusoidi ammesse) resti sopra la soglia del 95%. Sopra la
soglia, le crosscorrelazioni tra sequenze campionate con campionamenti
indipendenti e continui e le crosscorrelazioni tra sequenze ottenute me-
diante “switching” saranno diverse a meno di un 5%.

2.2 Comportamento con più segnali in ingresso


Nella sezione precedente è stata illustrata l’equivalenza, dietro oppor-
tune condizioni, tra i risultati ottenuti con il campionamento a “switch-
ing” e il campionamento indipendente da ogni antenna. D’ora in avanti,
sarà trattato il comportamento dell’algoritmo MUSIC a seguito di un cam-
pionamento “generico” ideale: si considerano quindi in ingresso alla elab-
orazione i segnali informativi stabiliti.
Come “segnale informativo” si opta per un segnale a bassa frequenza
(quindi si lavora con gli inviluppi), con lunghezza d’onda molto superi-
ore alla massima distanza presente tra le antenne dell’array, in maniera
tale da poter considerare l’arrivo dei segnali sulle antenne in “fase” a
tutte le antenne dell’array (altrimenti non sarebbe possibile considerare
la crosscorrelazione tra segnali come termine in comune a tutti gli ele-
menti della matrice R ).

2.2.1 Analisi matematica


Sostituiamoci all’algoritmo di tracciamento dello spettro MUSIC (os-
servato nel Capitolo 1) e proviamo a svolgere analiticamente alcuni pas-
saggi di risoluzione, per comprendere dove si trovino i “punti deboli” che
portano l’algoritmo a sbagliare.
Si consideri, per una analisi di base, la presenza di due segnali di ingresso
provenienti da DOA distinte, su un array di L=3 antenne. A due antenne
38CHAPTER 2. IMPLEMENTAZIONE MUSIC CON CAMPIONAMENTO

generiche i e j saranno rilevabili i due segnali seguenti:

x i ( t ) = a i ( θ1 ) · s1 ( t ) + a i ( θ2 ) · s2 ( t ) + n i ( t )
x j ( t ) = a j ( θ1 ) · s1 ( t ) + a j ( θ2 ) · s2 ( t ) + n j ( t )

Per comodità sarà posto

a i = a i ( θ1 ) bi = a i ( θ 2 ) (2.40)

e la fase relativa aggiunta dalle singole antenne nella ricezione del segnale
verrà accorpata al guadagno della antenna stessa.
Adesso calcoliamo la matrice R delle crosscorrelazioni (come in 1.2) si
ottiene:

E{ x1 (t) x1∗ (t)} E{ x1 (t) x2∗ (t)} E{ x1 (t) x3∗ (t)}


 

R =  E{ x2 (t) x1∗ (t)} E{ x2 (t) x2∗ (t)} E{ x2 (t) x3∗ (t)}  (2.41)
∗ ∗ ∗
E{ x3 (t) x1 (t)} E{ x3 (t) x2 (t)} E{ x3 (t) x3 (t)}

Rij = E{ xi (t) x ∗j (t)} =


 ∗
= E{[ ai · s1 (t) + bi · s2 (t) + ni (t)] a j · s1 (t) + b j · s2 (t) + n j (t) } = . . .

Nel calcolo, considerare che il rumore è incorrelato sia col segnale


sia con se stesso se non in fase: i vari termini E{s(t) · n(t)} e E{ni (t) ·
n j (t)} risulteranno quindi nulli, o comunque trascurabili (la loro trascur-
abilità è condizione necessaria per poter considerare i sottospazi di seg-
nale e rumore ortogonali 1.2).

... =
= ai a∗j · E{s1 (t) · s1 (t)} + ai b∗j · E{s1 (t) · s2 (t)}+
+ bi a∗j · E{s2 (t) · s1 (t)} + bi b∗j · E{s2 (t) · s2 (t)} =
= ai a∗j · E{s21 (t)} + bi b∗j · E{s22 (t)} + ( ai b∗j + bi a∗j ) · E{s1 (t) · s2 (t)}
| {z } | {z } | {z }
(1) (2) (C )
(2.42)
2.2. COMPORTAMENTO CON PIÙ SEGNALI IN INGRESSO 39

Essendo i singoli termini della R composti come visto nella 2.42, è


possibile riscrivere la matrice come somma di più matrici:

R = R1 + R2 + R C (2.43)

Ciascuna di esse contiene i termini ij contrassegnati dall’indice relativo


nella 2.42. Analizziamo un attimo la composizione della R , ponendo le
autocorrelazioni dei segnali uguali alle rispettive potenze trasmesse P1 e
P2 , e ricordandosi della 2.40.

Matrici R1 e R2 :

a1 a1∗ a1 a2∗ a1 a3∗ b1 b1∗ b1 b2∗ b1 b3∗


   

R1 = P1 ·  a2 a1∗ a2 a2∗ a2 a3∗  R2 = P2 ·  b2 b1∗ b2 b2∗ b2 b3∗  (2.44)


a3 a1∗ a3 a2∗ a3 a3∗ b3 b1∗ b3 b2∗ b3 b3∗

Salta immediatamente all’occhio la somiglianza delle matrici con la


2.5: la struttura è identica. Ognuna delle due matrici potrebbe descrivere
da sola un sottospazio di segnale con un generatore, pari al segnale 1 o 2
in arrivo dalla rispettiva DOA.
Se si applicasse l’algoritmo MUSIC con una matrice R pari a una delle
2.44 si otterrebbe senza problemi la giusta localizzazione di segnale: nel
caso fossero presenti (ovvero R = R1 + R2 ) ponendo il parametro nu-
mero di segnali M=2 (vedere il paragrafo 1.2) si arriverebbe senza prob-
lemi ad uno spettro MUSIC con i massimi nelle DOA corrette.
La correttezza della localizzazione con R = R1 + R2 sarà tanto più pre-
cisa quanto più saranno ortogonali tra loro i sottospazi composti da un
unico steering vector: tanto per avere una idea, è sufficiente ricordare
che i picchi dello spettro MUSIC corrisponderanno alle DOA con steer-
ing vectors più “prossimi” ai generatori della R (o ai suoi autovettori). In
questo caso, abbiamo:

a1 a1∗ a1 a2∗ a1 a3∗ b1 b1∗ b1 b2∗ b1 b3∗


   

R = P1 ·  a2 a1∗ a2 a2∗ a2 a3∗  + P2 ·  b2 b1∗ b2 b2∗ b2 b3∗  (2.45)


a3 a1∗ a3 a2∗ a3 a3∗ b3 b1∗ b3 b2∗ b3 b3∗

Ricordandosi la 2.40, si osserva che l’autovettore della matrice R1 sarà


proporzionale allo steering vector per la direzione θ1 mentre quello della
40CHAPTER 2. IMPLEMENTAZIONE MUSIC CON CAMPIONAMENTO

R2 sarà proporzionale a quello per la θ2 .


Per identificare una delle DOA, il relativo steering vector dovrà essere
parallelo ad un autovettore di tutta la matrice R : dal momento che per
definizione l’autovettore v è tale se R · v = λ · v si pone

R · v = R1 · v + R2 · v = λ · v (2.46)

e, su questa, si fanno alcune considerazioni sui termini.


Dal momento che si desidera avere come autovettori della R sia il vettore
v1 (autovettore di R1 , parallelo allo steering vector per la DOA 1) che il
vettore v2 (autovettore di R2 , parallelo allo steering vector per la DOA 2),
sarà necessario far sì che nelle relazioni

R · v1 = R1 · v1 + R2 · v1 = λ · v1 ↔ per avere su R l’autovettore v1


| {z }
(∗)

R · v2 = R1 · v2 +R2 · v2 = λ · v2 ↔ per avere su R l’autovettore v2


| {z }
(∗)

i termini (∗) siano resi trascurabili, attraverso una progettazione attenta


delle singole antenne nell’array.

Supponendo una corretta progettazione delle antenne (che porta quindi


ad una corretta localizzazione di entrambe le DOA), si può passare ad
osservare il termine RC della 2.42.

2.2.2 Cosa accade con segnali correlati?


Quando la crosscorrelazione tra s1 e s2 non è trascurabile, nella com-
posizione della R assume importanza la matrice “impura” RC (“impura”
perchè con elementi combinati non linearmente degli steering vectors
delle diverse DOA in gioco).
La matrice RC ha la seguente struttura:

a1 b1∗ + b1 a1∗ a1 b2∗ + b1 a2∗ a1 b3∗ + b1 a3∗


 

RC = E{s1 (t)s2 (t)} ·  a2 b1∗ + b2 a1∗ a2 b2∗ + b2 a2∗ a2 b3∗ + b2 a3∗  (2.47)
a3 b1∗ + b3 a1∗ a3 b2∗ + b3 a2∗ a3 b3∗ + b3 a3∗
2.2. COMPORTAMENTO CON PIÙ SEGNALI IN INGRESSO 41

In essa, è possibile trovare termini dipendenti da entrambe le DOA: ciò


rende questo sottospazio non ortogonale rispetto ai due steering vector
in gioco. Ripetendo la analisi agli autovettori si pone:

R · v1 = R1 · v1 + 
R2·1 + R C · v1 =
v
| {z }
(∗)
= (R1 + RC ) · v1 = λ · v1 ↔ per avere su R l’autovettore v1

R · v2 = 
R1·2 + R2 · v2 + RC · v2 =
v
| {z }
(∗)
= (R2 + RC ) · v2 = λ · v2 ↔ per avere su R l’autovettore v2

La presenza dei termini (∗) modifica gli autovettori della R e li rende non
paralleli agli autovettori delle R1 e R2 (a loro volta paralleli agli steering
vectors delle due DOA di interesse). Per assicurarsi che le DOA corrette
vengano identificate 1.2, sarebbe necessario poter rendere trascurabili i
termini (∗) : purtroppo, essendo combinazioni non lineari di ai e bi , non
è semplice gestire la ortogonalità tra questo sottospazio e il sottospazio
degli steering vectors possibili (lo spettro MUSIC viene prodotto proi-
ettando ogni steering vector possibile sul sottospazio complementare al
sottospazio di segnale 1.1).
Visto che è eccessivamente complicato porre la condizione di ortogonalità,
dal momento che sicuramente le DOA rilevate saranno corrette quando il
coefficiente proprio della matrice RC tenderà a 0, si assicura la correttezza
dell’algoritmo in presenza di segnali tra loro poco correlati (con crosscor-
relazione sufficientemente piccola da rendere il termine RC trascurabile
nella somma).
A voler quantificare quanto sia una soglia massima per la crosscorre-
lazione, è possibile affidarsi per un attimo alla tecnica della scompo-
sizione spettrale vista nel paragrafo 1.2.1. Applicando la SVD, è possibile
42CHAPTER 2. IMPLEMENTAZIONE MUSIC CON CAMPIONAMENTO

scrivere:
rank( R1 )
R1 = P1 · U1 Λ1 U1H = P1 ∑ H
λ1i · U1i U1i
i =1
rank( R2 )
R2 = P2 · U2 Λ2 U2H = P2 ∑ H
λ2i · U2i U2i
i =1
rank( RC )
RC = PC · UC ΛC UCH = PC ∑ H
λCi · UCi UCi
i =1

con Ui autovettore i-esimo della matrice


λi autovalore i-esimo della matrice (autovalori ordinati per valore)
PC = E{s1 (t)s2 (t)}

La matrice R (i cui autovettori saranno sicuramente esclusi dal sottospazio


di rumore, e quindi evidenziati da un picco nello spettro MUSIC) potrà
svolta come:

R = R1 + R2 + R C = (2.48)
rank( R1 ) rank( R2 ) rank( RC )
= P1 ∑ H
λ1i · U1i U1i + P2 ∑ H
λ2i · U2i U2i + PC ∑ H
λCi · UCi UCi
i =1 i =1 i =1

Nella 2.48, essendo in presenza di un addizione tra termini, sarà suffi-


ciente garantire che il termine indesiderato sia sicuramente trascurabile
rispetto quelli richiesti.
Data una scomposizione spettrale:

rank( R1 )
R1 = P1 ∑ H
λ1i · U1i · U1i =
i=1 
H H
= P1 · λ11 · U11 · U11 + . . . + λ1N · U1N · U1N
con N = rank( R1 )

nel confronto dei termini va tenuto presente che la base di autovettori non
è detto sia normalizzata. Il “peso” dei termini singoli è quindi dettato
anche dai moduli degli autovettori, perciò conviene esprimere i singoli
2.2. COMPORTAMENTO CON PIÙ SEGNALI IN INGRESSO 43

addendi come:
H
H U1i H U1i
λ1i · U1i · U1i = λ1i · ||U1i || · · ||U1i || · H
= ...
||U1i || ||U1i ||
H
sapendo che ||U1i || = ||U1i || si ottiene
H
. . . = λ1i · ||U1i ||2 · u1i · u1i (2.49)

Nella 2.49 il termine matriciale è pesato dal coefficiente λi ||Ui ||2 : in una
somma tra più matrici, ai fini del calcolo degli autospazi basterà porre
tutti i coefficienti della SVD di una certa matrice “trascurabili” rispetto
ad altri per minimizzare l’effetto di quest’ultima. Quindi, applichiamo
questa conclusione per rendere “trascurabile” la matrice RC :

Condizioni di trascurabilità RC : (2.50)



1. RC trascurabile rispetto R1
PC · max |λCi | · ||UCi ||2 << P1 · min |λ1i | · ||U1i ||2 = P1 · ||a||4
  



2. RC trascurabile rispetto R2


PC · max |λCi | · ||UCi ||2 << P2 · min |λ2i | · ||U2i ||2 = P2 · ||b||4
  





 ponendo entrambi i segnali sulla DOA con modulo di steering vector
massimo: due segnali correlati ricevuti con la stessa intensità


(ovvero, il caso peggiore con segnali correlati della stessa importanza)




ricordando che con a >> b si intende a ≥ 20b

Quando non sono prevedibili le DOA (che condizionano gli steering vec-
tor, e quindi i coefficienti posti a confronto), è possibile stabilire un certo
settore d’uso entro cui porre le condizioni: per settore d’uso si intende un
particolare range di DOA entro cui una determinata condizione ha val-
ore.
Nell’esempio sopra, si vuole garantire che le relazioni di maggioranza
siano valide per qualsiasi DOA: questo equivale ad affermare che esse
siano valide per la DOA per cui i termini a destra delle relazioni avranno
il valore minore.
Su tutto l’array, le DOA spazieranno in tutto l’intorno, comprendendo an-
44CHAPTER 2. IMPLEMENTAZIONE MUSIC CON CAMPIONAMENTO

che direzioni in cui l’array è “cieco”: se le direzioni “cieche” fossero con-


siderate, i termini a destra avrebbero come valore minimo un valore basso
che limiterebbe parecchio il massimo PC ammesso. Di conseguenza, si es-
cludono alcune DOA da cui si suppone non si attenda segnale in arrivo,
per poter rendere meno stringenti le condizioni (le quali, però, saranno
valide solo con segnali in arrivo all’interno del suddetto settore d’uso).
Nelle condizioni sulla potenza, tenere presente che il termine P indi-
cato specifica la quantità di potenza incidente sull’array di antenne, e
non la quantità effettivamente irradiata dal trasmettitore: considerando
il trasmettitore e il ricevitore due elementi puntiformi (supponendo una
distanza superiore alle dimensioni fisiche dei dispositivi), si può approssi-
mare la quantità di potenza ricevuta dall’array, in funzione della distanza
tra i dispositivi d, come:

PT 1 2
 PT  r 2
P = PR = · 4πr = · (2.51)
4πd2 2 2 d
con PT = quantità di potenza disponibile dal trasmettitore
d = distanza media tra i dispositivi
r = raggio medio del dispositivo ricevente

Con maggiore precisione, ipotizzando una antenna ricevente non isotropa


si utilizza la formula di Friis:

λ 2
 
PR (d, θ R , φR ) = PT · GT (θ T , φT ) · · GR ( θ R , φR ) (2.52)
4πd
| {z }
PDISP

con PT potenza trasmessa


d distanza media tra i dispositivi
λ lunghezza d’onda del segnale
GR (θ R , φR ) guadagno in RX dalla direzione θ R , φR rispetto alla antenna
GT (θ T , φT ) guadagno in TX sulla direzione θ T , φT rispetto al trasmettitore

La potenza effettivamente ricevuta dalle singole antenne dipenderà dai


singoli guadagni GR , corrispondenti ai coefficienti ai per ogni antenna:
con il termine P d’ora in poi si evidenzierà il solo termine PDISP , indi-
cante la potenza “disponibile” complessiva cui l’array ha accesso.
2.2. COMPORTAMENTO CON PIÙ SEGNALI IN INGRESSO 45

Il guadagno in trasmissione solitamente viene posto indipendente dalla


direzione di trasmissione (pari a una costante), in quanto nel problema di
localizzazione si ipotizza di utilizzare trasmettitori il più possibile isotropi
(in quanto essi devono poter essere distribuiti a “caso”).

2.2.3 Una nota sul multipath


Il fenomeno del multipath (vale a dire echo provenienti da direzioni
aleatorie) è un caso di presenza di segnali correlati. Attraverso l’uso della
2.50 è possibile stabilire il massimo valore del coefficiente di riflessione
Γ nell’ambiente d’utilizzo per non avere equivocazioni della DOA.
L’effetto di multipath complessivo consisterà in una quantità non preved-
ibile di echo in arrivo al ricevitore: queste echo potranno essere divise
in echo di prima riflessione (ovvero segnali che raggiungono il ricevitore
dalla sorgente dopo una sola riflessione) e echo di più riflessioni. Suppo-
nendo di utilizzare il sistema in un ambiente “buono”, quindi con pareti
che garantiscano coefficienti di riflessione a basso modulo (|Γ| << 1) , un
segnale risultato di n riflessioni successive corrisponderanno in modulo a
prodotti del tipo:

sn (t) = |Γ|n · s(t − γ)


con γ = ritardo tra l’echo e il segnale osservato alla antenna
Γ = coefficiente di riflessione delle pareti

Il coefficiente di riflessione Γ sarebbe in realtà una quantità complessa,


dotata di modulo (rapporto tra l’ampiezza dell’onda riflessa dall’interfaccia
e l’ampiezza dell’onda incidente) e fase (lo sfasamento dell’onda riflessa
rispetto alla incidente). Esso viene espresso solo in modulo in quanto
il ritardo effettivo accumulato alla ricezione (rispetto al segnale informa-
tivo) sarà dipendente sia dal ritardo di riflessione (esplicitato in ∠Γ ), che
dal ritardo dovuto al cammino di ritorno.
Dal momento, però, che le distanze dell’array ricevente dalle pareti non
sono note, il ritardo totale osservato all’arrivo è in sostanza indipendente
dal ritardo di riflessione: per esprimere l’imprevedibilità degli sfasamenti
è quindi meglio accorpare il ritardo di riflessione e il ritardo di percorso
in un unico ritardo generico γ aleatorio.
46CHAPTER 2. IMPLEMENTAZIONE MUSIC CON CAMPIONAMENTO

Con |Γ| << 1 già il segnale di seconda riflessione può essere consider-
ato trascurabile.
Una echo di prima riflessione avrà forma:

s E (t) = |Γ| · s(t − γ) (2.53)

Se si lavora con segnali a frequenze tali da rendere trascurabili le dif-


ferenze di fasi di arrivo tra le varie antenne (quindi con lunghezze d’onda
maggiori rispetto alle distanze tra due antenne), la potenza di crosscorre-
lazione PC equivarrà a:

PC = E{s(t) · |Γ|s(t − γ)} = |Γ| · E{s(t)s(t − γ)}


con γ = sfasamento tra l’echo e il segnale osservato sulla antenna (2.54)

Osservando la 2.54 si può notare che la PC potrebbe essere annullata rius-


cendo a vincolare valori di γ specifici, ma essendo questo impossibile
(sarebbe necessario imporre esattamente la geometria dell’ambiente cir-
costante, dato che l’echo può provenire da qualsiasi DOA) si analizza il
caso peggiore con γ = 0 (segnale di echo in fase con il segnale infor-
mativo) e DOA dell’echo con steering vector a modulo massimo (echo
proveniente da una direzione “forte”).
Con γ = 0 si ha
PC = |Γ| · P
e la matrice a termini “incrociati” risulta essere (come in 2.47):

a1 b1∗ + b1 a1∗ a1 b2∗ + b1 a2∗ a1 b3∗ + b1 a3∗


 

RC = |Γ| P ·  a2 b1∗ + b2 a1∗ a2 b2∗ + b2 a2∗ a2 b3∗ + b2 a3∗  (2.55)


a3 b1∗ + b3 a1∗ a3 b2∗ + b3 a2∗ a3 b3∗ + b3 a3∗
|{z}
PC

con a = steering vector DOA segnale


b = steering vector DOA echo

Sostituendo nella 2.54 si ottiene, nel caso di un unico segnale atteso

min |λ1i | · ||U1i ||2



||a||4
|Γ| << = (2.56)
max (|λCi | · ||UCi ||2 ) max (|λCi | · ||UCi ||2 )
2.2. COMPORTAMENTO CON PIÙ SEGNALI IN INGRESSO 47

tenendo presente che la matrice R1 è la matrice “pura” 2.44.

La condizione andrà valutata nel caso peggiore, quella in cui il rapporto abbia
il valore minimo. E’ necessario, quindi, cercare tra tutti gli steering vectors la
coppia a e b (con a cercato solo tra le DOA nel settore d’uso, e b cercato invece
tra tutte le DOA precalcolate).

Detto questo, tenere presente che in presenza di più segnali informativi,


andranno poste a sistema le condizioni per ogni segnale.
Si utilizzano quindi le relazioni 2.50 sostituendo a PC il termine in Γ e va-
lutando il |Γ| massimale per cui si avranno errori di identificazione “con-
tenuti” (minori o al più prossimi all’errore di identificazione ottenuto con
i segnali sulle DOA più sfortunate).
La presenza del segnale di echo genera anche una matrice “pura” (sem-
pre come in 2.44), che potrebbe portare a rilevare un secondo segnale in
arrivo (l’echo identificata) con potenza (|Γ|2 P) :

b1 b1∗ b1 b2∗ b1 b3∗


 

R E = (|Γ|2 P) ·  b2 b1∗ b2 b2∗ b2 b3∗  (2.57)


b3 b1∗ b3 b2∗ b3 b3∗
con b = steering vector DOA echo

Facendo valere le condizioni precedenti essa sarà automaticamente trascur-


abile (eventualmente, è possibile porre la condizione di trascurabilità an-
che per quest’ultima matrice, stavolta considerando la echo in arrivo dalla
DOA più “forte” (per massimizzare il coefficiente associato alla matrice),
e porre a sistema le due condizioni).
Il Γ identificato dalle relazioni corrisponderà “fisicamente” al rapporto
osservato dall’antenna tra il segnale di echo e il segnale informativo: una
buona idea per rendere meno stringente la condizione può essere quindi
quella di adottare nella trasmissione delle polarizzazioni asimmetriche e
utilizzare delle antenne polarizzate.
In questa maniera, il segnale di prima riflessione avrà una polarizzazione
invertita rispetto la polarizzazione attesa dalla antenna, e ciò contribuirà
a rendere l’antenna “cieca” al segnale di ritorno, diminuendo notevol-
mente il parametro Γ osservato.
48CHAPTER 2. IMPLEMENTAZIONE MUSIC CON CAMPIONAMENTO

Resta il problema di quantificare il numero di echo di prima riflessione:


non è semplice dare una risposta precisa, e comunque essa sarebbe dipen-
dente dalla geometria dell’ambiente e dalla posizione mutua di trasmet-
titore e ricevitore.
Per fortuna, il dato non risulta rilevante: le condizioni indicate rendono
la correlazione del segnale informativo con il segnale di echo peggiore,
quindi quello ricevuto in fase e in arrivo dalla direzione più “forte” (con
modulo di steering vector massimale), trascurabile rispetto al segnale in-
formativo. Altre echo di prima riflessione, quindi, saranno a maggior
ragione trascurabili, in quanto a loro volta trascurabili rispetto alla echo
peggiore, dal momento che arriveranno da DOA diverse meno “forti”.

2.2.4 Estensione ad una generica quantità di segnali in ar-


rivo

Con una quantità generica M di segnali in arrivo (con M<numero


antenne, per poter estrarre almeno un autovettore estraneo allo spazio
dei segnali 1.2) , si illustra che il ragionamento è comunque valido:

x i ( t ) = a i · s 1 ( t ) + bi · s 2 ( t ) + . . . + z i · s z ( t ) + n i ( t )
x j ( t ) = a j · s1 ( t ) + b j · s2 ( t ) + . . . + z j · s z ( t ) + n j ( t )

a i = a i ( θ1 ) bi = a i ( θ 2 ) ... zi = ai ( θ z ) (2.58)
Il singolo termine della matrice R sarà (annullando le crosscorrelazioni
segnale-rumore e rumore-rumore da antenne distinte):

Rij = E{ xi (t) x ∗j (t)} =


= E{[ ai · s a (t) + bi · sb (t) + . . . + zi · sz (t) + ni (t)] ·
 ∗
· a j · s a (t) + b j · sb (t) + . . . + z j · sz (t) + n j (t) } = . . .
(2.59)
2.3. UTILIZZO DELLE INFORMAZIONI DI FASE 49

. . . = ai a∗j · E{s a (t)s a (t)} + ai b∗j · E{s a (t)sb (t)} + . . . + ai z∗j · E{s a (t)sz (t)}+
+ bi a∗j · E{sb (t)s a (t)} + bi b∗j · E{sb (t)sb (t)} + . . . + bi z∗j · E{sb (t)sz (t)}+
...
+ zi a∗j · E{sz (t)s a (t)} + zi b∗j · E{sz (t)sb (t)} + . . . + zi z∗j · E{sz (t)sz (t)}

Raggruppando i termini, si ricava:

= ai a∗j · Pa + bi b∗j · Pb + . . . + zi z∗j · Pz +


| {z }
(1)
+ ( ai b∗j + bi a∗j ) · E{s a (t)sb (t)} + . . . + ( ai z∗j + zi a∗j ) · E{s a (t)sz (t)}+
+ altri termini incrociati: in tutto risulteranno essere M(M-1)

I termini (1) compongono le M matrici “pure” simili alle precedenti R1 e


R2 , mentre i termini successivi compongono tutte le matrici a termini
“incrociati”, in numero pari a M( M − 1) , che generano l’effetto negativo
della RC .
Il rilevamento delle DOA sarà corretto solo se gli M autovettori propri
delle matrici “pure” saranno ereditati anche dalla matrice R : saranno
quindi da garantire le stesse condizioni descritte nel precedente para-
grafo. Ciascuna delle matricie “pure” in (1), andrà resa dominante sulle
altre a termini “incrociati” indesiderate.

2.3 Utilizzo delle informazioni di fase


Finora sono stati ipotizzati segnali informativi con lunghezza d’onda
di centrobanda tale da poter essere considerati in “fase” tra tutte le an-
tenne (quindi, con lunghezza d’onda molto maggiore rispetto alla mas-
sima distanza tra le antenne dell’array). Con questa considerazione, le
crosscorrelazioni dei segnali si possono considerare pressochè costanti
per ogni coppia di antenne (così non sarebbe se il segnale subisse dras-
tiche variazioni di fase tra due antenne differenti).
Sicuramente, nel momento in cui i segnali informativi salgono in fre-
quenza (e le lunghezze d’onda diminuiscono, fino ad essere confrontabili
con le dimensioni fisiche dell’array) diventa obbligatorio aggiungere le
informazioni di fase.
50CHAPTER 2. IMPLEMENTAZIONE MUSIC CON CAMPIONAMENTO

Tenere comunque presente che le lunghezze d’onda non dovranno mai


scendere al di sotto della massima distanza tra due antenne, in quanto,
nel caso tra due antenne esistesse uno scarto superiore alla lunghezza
d’onda del segnale, non sarebbe più possibile in base agli sfasamenti
rispetto ad un riferimento determinare gli sfasamenti reciproci (due an-
tenne appaiono in fase, se presentano segnali sfasati di multipli del peri-
odo nel tempo, o della lunghezza d’onda nello spazio).
I concetti qui espressi saranno poi ripresi e approfonditi nel capitolo
4, dedicato unicamente alla analisi delle implementazioni in fase: qui
si vuole dare una sintetica introduzione concettuale, senza però appro-
fondire.

2.3.1 Come aggiungere le informazioni di fase

Adesso che i ritardi di arrivo alle diverse antenne non sono più trascur-
abili, è necessario aggiornare alcune delle relazioni di base precedente-
mente osservate. E’ possibile tornare al modello con un unico segnale
in arrivo: tutte le conclusioni varranno anche per più segnali (a patto di
riuscire a identificare correttamente gli sfasamenti per ognuno dei segnali
in arrivo). In presenza di un segnale, a due generiche antenne dell’array
osserverò le seguenti funzioni:

xi ( t ) = ai · s ( t − αi ) + ni ( t )
x j (t) = a j · s(t − α j ) + n j (t)

Un generico termine della matrice R avrà la forma:

Rij = E{ xi (t) x ∗j (t)} = ai a∗j E{s(t − αi )s(t − α j )} (2.60)


| {z }
(∗)

Dove il termine (∗) sarà dipendente dalla fase relativa tra i segnali ril-
evati, pari a αij = α j − αi . L’andamento della funzione, per segnali
monocromatici, sarà quello della autocorrelazione generica già visto nel
grafo 2.2.
E’ possibile riscrivere il termine (∗) in una forma più “comoda”, sepa-
rando il termine di crosscorrelazione massima dal termine dipendente
2.3. UTILIZZO DELLE INFORMAZIONI DI FASE 51

dallo scarto α :

E{s(t)s(t − αij )} = E{s2 (t)} · K (αij ) (2.61)

e se la funzione s è sinusoidale, è possibile porre


 

K (αij ) = cos · αij vedere la 2.13 (2.62)
T0

Il termine in αij è un termine variabile tra le diverse coppie: la matrice


R va quindi riscritta in maniera leggermente diversa, come si può osser-
vare dalla 2.63.

P · a1 a1∗ + N P · K (α12 ) · a1 a2∗ P · K (α13 ) · a1 a3∗


 

R =  P · K (α21 ) · a2 a1∗ P · a2 a2∗ + N P · K (α23 ) · a2 a3∗  = (2.63)


P · K (α31 ) · a3 a1∗ P · K (α32 ) · a3 a2∗ P · a3 a3∗ + N
a1 a1∗ K (α12 ) · a1 a2∗ K (α13 ) · a1 a3∗
 

= P ·  K (α21 ) · a2 a1∗ a2 a2∗ K (α23 ) · a2 a3∗  +


K (α31 ) · a3 a1∗ K (α32 ) · a3 a2∗ a3 a3∗
| {z }
RS
 
1 0 0
+N· 0 1 0 

0 0 1
| {z }
RN

Scritta come sopra, la matrice RS non ha più il rango unitario atteso (es-
sendo generata dalla presenza di un unico segnale) e si perde l’associazione
tra i suoi autovettori e lo steering vector corrispondente alla DOA del seg-
nale in arrivo. La perdita della associazione è dovuta ad un piccolo errore
concettuale nello svolgimento: con la scrittura precedente non si esplicita
la relazione presente tra i termini K (αij) e gli steering vectors, relazione
in realtà presente dal momento che lo sfasamento di segnale tra le varie
antenne sarà univocamente legato alla DOA di arrivo.
Cerchiamo di cambiare quindi scrittura. Sappiamo che:
 

K (αij ) = cos · αij (2.64)
T0
52CHAPTER 2. IMPLEMENTAZIONE MUSIC CON CAMPIONAMENTO

Esprimiamo lo sfasamento tra due antenne in termini di sfasamento rispetto


ad un segnale generato internamente di “riferimento”, indicato come an-
tenna 0. Si avrà che

αij = α0j − α0i = (α j − α0 ) − (αi − α0 ) (2.65)

Tenendo presente che l’esponenziale complesso può essere scritto come:

e jα = cos (α) + j · sin (α) → cos (α) = <{e jα } (2.66)

i termini K (αij ) seguiranno la relazione seguente.

K (αij ) = K ((α j − α0 ) − (αi − α0 )) = (2.67)


h i h i
2π 2π
j T0 ( α j − α0 ) −j T0 ( αi − α0 )
= . . . = <{e ·e }

Riscriviamo nei nuovi termini il generico elemento della matrice RS :

RSij = P · K (αij ) · ai a∗j =


h i h i
2π 2π
j T0 ( α j − α0 ) −j T0 ( αi − α0 )
= P · <{e ·e } · ai a∗j = . . . (2.68)

Nella 2.68 si osserva che i termini ai = ai (θ ) e a j = a j (θ ) finora avevano


natura reale, in quanto rappresentavano il guadagno dell’antenna dipen-
dente da θ : essi possono essere accorpati, come il termine P, all’interno
dell’argomento della funzione <{} .
h i h i
2π 2π
j T0 ( α j − α0 ) −j T0 ( αi − α0 )
RSij = <{ P · e ·e · ai a j }

E riordinando i termini si osserva:


h i h i
2π 2π
j T0 ( α j − α0 ) −j T0 ( αi − α0 )
RSij = <{ P · | a j |e · | ai | e }= (2.69)
| {z } | {z }
a∗j ai

= <{ P · ai a∗j } (2.70)


2.3. UTILIZZO DELLE INFORMAZIONI DI FASE 53

Tutta la matrice RS diventa esprimibile come

a1 · a1∗ a1 · a2∗ a1 · a3∗


 

RS = <{ P ·  a2 · a1∗ a2 · a2∗ a2 · a3∗ } (2.71)


a3 · a1∗ a3 · a2∗ a3 · a3∗
| {z }
RI

dove R I torna ad avere le caratteristiche della RS in presenza di segnali


in “fase”: quindi rango unitario, e autovettore  per autovalore
h
non nullo
i 
2pi
j ( α 1 − α 0 )
 | a1 (θ )|e h 2pi
  T0
a1 ( θ ) i 
parallelo ad un vettore a(θ ) =  a2 ( θ )   j
=  | a2 (θ )|e T0 ( α 2 − α 0 ) .

a3 ( θ )
 h
2pi
i 
j (α −α )
| a3 (θ )|e T0 3 0
Si intende, però, che lo steering vector per θ adesso ha natura diversa da
prima e, inoltre, il calcolo degli autovettori della matrice RS non porterà
ad avere vettori appartenenti allo spazio degli steering vectors.
Per applicare l’algoritmo MUSIC sarà quindi necessario andare a ricostru-
ire la matrice R I partendo dalla matrice R (e non RS ) ricavata dai ril-
evamenti a campione. Questa operazione può essere fatta implemen-
tando parallelamente all’elettronica di campionamento un circuito phase-
detector, che per ogni antenna identificherà il termine α0i = (αi − α0 ) .
Sapendo che gli elementi della matrice R sono nella forma:
(
i 6= j ⇒ Rij = P · K (αij ) · ai a∗j
(2.72)
i = j ⇒ Rij = P · K (0) · ai a∗j + N

Conoscendo i termini α0i e α0j sarà possibile giungere a αij = α0j − α0i (vedi
2.65): a questo punto, l’elemento R Iij sarà semplice da calcolare.

Rij
h i
2pi
j T0 · αij
R Iij = ·e (2.73)
K (αij )

Da notare che l’espressione è corretta per ogni elemento della R : non


vengono falsati i termini N aggiunti quando divisi, in quanto essi sono
presenti solo in elementi da dividere per K (0) = 1 .
Data la nuova matrice R I , di rango unitario, la scomposizione spettrale
porterà ad un autovettore proporzionale ad uno steering vector comp-
lesso: la mappatura degli steering vectors sul sottospazio di rumore dovrà
54CHAPTER 2. IMPLEMENTAZIONE MUSIC CON CAMPIONAMENTO

quindi essere effettuata partendo da un insieme di steering vectors precal-


colati (vedi 1.1 capitolo precedente) cui sia stata aggiunta l’informazione
di fase rispetto al riferimento interno osservata alla singola antenna da
una certa DOA (finora gli steering vectors precalcolati erano a termini
reali, contenenti solo informazioni sul guadagno delle singole antenne).
Per poter precalcolare l’informazione di fase all’interno dei nuovi steering
vectors complessi, sarà necessario porre una fase di riferimento rispetto
alla quale saranno calcolati gli sfasamenti attesi alle singole antenne: tor-
nando sulla 2.69, è possibile notare che il termine di riferimento delle fasi
α0 si elide nel calcolo.
Se il termine si elide, il suo valore risulterà ininfluente nella struttura
della R I , e quindi nel calcolo degli autovettori: nel precalcolo degli steer-
ing vectors la scelta della fase di riferimento potrà quindi essere fatta
arbitrariamente con la sicurezza che qualsiasi scelta venga effettuata, i
risultati delle elaborazioni (ovvero le norme delle proiezioni degli steer-
ing vectors sul sottospazio di rumore) saranno le stesse, e le DOA rilevate
non subiranno variazioni.
A riprova di questo, è sufficiente osservare che un termine di fase costante
comune a tutte le antenne (quindi a tutte le componenti di un singolo
steering vector) può essere riportato
h i
come coefficiente complesso unico

j α
di tutto il vettore (nella forma e T0 0 ): nelle proiezioni, il termine non
provoca variazioni, avendo modulo unitario.

Aggiunta delle informazioni di fase agli steering vectors precalcolati

Stabilito che il riferimento per gli sfasamenti nel calcolo degli steer-
ing vectors non condiziona il comportamento dell’algoritmo MUSIC, po-
nendo come “riferimento” l’antenna perpendicolare al maggior numero
di assi di simmetria dell’array (per semplificare lo studio della sua geome-
tria complessiva), si cerca una funzione in grado di descrivere, al variare
delle DOA, le fasi di segnale presenti alle singole antenne.
La funzione permetterebbe di poter “precalcolare” gli steering vectors in
maniera veloce e automatica, e la sua generazione non necessita di una
calibrazione con segnali effettivi, in quanto gli sfasamenti rilevati risul-
tano indipendenti dalle caratteristiche di radiazione delle singole antenne
(non prevedibili, che rendono necessaria la calibrazione per ottenere un
insieme di steering vectors precalcolati corretti) ma dipendono solo dalla
2.3. UTILIZZO DELLE INFORMAZIONI DI FASE 55

natura geometrica dell’array.

2.3.2 Vantaggi per l’introduzione della analisi di fase


Aggiungere la analisi di fase all’interno di una implementazione a
campioni non è di veloce implementazione (come invece risulterà nella
implementazione con analisi del valore efficace, analizzata più avanti):
per questo all’interno di una implementazione a campioni, se ci si ritrova
ad avere un sistema già funzionante, può non convenire implementare
l’analisi di fase.
Un primo confronto “indicativo” si può compiere ripensando alla con-
dizione di ortogonalità tra il sottospazio descritto dalla matrice R I e gli
steering vectors non corrispondenti alla DOA effettiva. Se abbiamo la
matrice R I :
a1 · a1∗ a1 · a2∗ a1 · a3∗
 

R I = P ·  a2 · a1∗ a2 · a2∗ a2 · a3∗  (2.74)


∗ ∗
a3 · a1 a3 · a2 a3 · a3 ∗

La proiezione di uno steering vector proprio di un’altra DOA sul sot-


tospazio sarà:

a1 a1∗ · b1 + a1 a2∗ · b2 + a1 a3∗ · b3


   
b1
p = R I ·  b2  =  a2 a1∗ · b1 + a2 a2∗ · b2 + a2 a3∗ · b3  (2.75)
b3 a3 a1∗ · b1 + a3 a2∗ · b2 + a3 a3∗ · b3
con b = a(θ1 ) e θ1 6= θ

Per migliorare le prestazioni dell’algoritmo, e ridurre il rischio di equiv-


ocazione delle DOA si cerca di ridurre il più possibile la norma di questa
proiezione.
Il modulo del vettore p corrisponderà a:

||p||2 = | p1 |2 + | p2 |2 + | p3 |2 =
= | a1 a1∗ · b1 + a1 a2∗ · b2 + a1 a3∗ · b3 |2 +
+ | a2 a1∗ · b1 + a2 a2∗ · b2 + a2 a3∗ · b3 |2 +
+ | a3 a1∗ · b1 + a3 a2∗ · b2 + a3 a3∗ · b3 |2 (2.76)
56CHAPTER 2. IMPLEMENTAZIONE MUSIC CON CAMPIONAMENTO

Ricordiamo dal programma di analisi matematica, la “diseguaglianza tri-


angolare” secondo cui:

con x, y ∈ R+ → | x + y| = | x | + |y|

| x + y| ≤ | x | + |y| ⇒ (2.77)
con x, y ∈ C → | x + y| < | x | + |y|

Analizzando i termini della 2.76 è immediato constatare che, in funzione


di vettori a e b a termini reali positivi, l’espressione assumerà il valore
massimo. Al contrario, in presenza di termini complessi, l’espressione
avrà valore minore.
In questo svolgimento va ricordato che lo spettro MUSIC viene generato
proiettando i diversi steering vectors sul sottospazio complementare al
sottospazio di segnale: se uno steering vector avrà proiezione massima
sul sottospazio di segnale, quindi avrà proiezione minima sul sottospazio
di rumore (e corrisponderà ad un massimo nello spettro MUSIC).
Si dimostra che, con o senza utilizzo delle fasi, la proiezione a massima
norma corrisponderà solamente allo steering vector corrispondente alla
DOA del segnale.
Raggruppiamo un attimo i termini della 2.76:

||p||2 = | p1 |2 + | p2 |2 + | p3 |2 =
= | a1 · ( a1∗ · b1 + a2∗ · b2 + a3∗ · b3 )|2 +
+ | a2 · ( a1∗ · b1 + a2∗ · b2 + a3∗ · b3 )|2 +
+ | a3 · ( a1∗ · b1 + a2∗ · b2 + a3∗ · b3 )|2 (2.78)

Nei tre addendi compare un modulo di un prodotto tra variabili: date due
variabili complesse generiche x e y, sui moduli vale la relazione | x · y| =
| x | · |y| . E’ possibile quindi riscrivere la equazione precedente in forma
più compatta:

||p||2 = (| a1 |2 + | a2 |2 + | a3 |2 ) · | a1∗ · b1 + a2∗ · b2 + a3∗ · b3 |2 = (2.79)


= ||a|| 2
· | a1∗ · b1 + a2∗ · b2 + a3∗ · b3 | 2
| {z }
(∗)

Il valore massimo della espressione precedente sarà ottenuto solo se gli


addendi del termine (∗) saranno tutti reali: l’unico caso in cui ciò si veri-
fica corrisponde a b = a , quindi la proiezione massima sarà generata solo
2.3. UTILIZZO DELLE INFORMAZIONI DI FASE 57

dallo steering vector proprio della DOA effettiva del segnale.


Con b = a la proiezione risulterà essere:

||p||2 = ||a||2 · ||a||4 → ||p|| = ||a||3 (2.80)

Per seguire la logica dell’algoritmo MUSIC è possibile effettuare lo stesso


ragionamento considerando la proiezione dello steering vector sull’unico
autovettore della R I , e verificare ulteriormente la validità delle conclu-
sioni: considerando l’autovettore singolo della R I
 
a1
a =  a2  (2.81)
a3

il modulo della proiezione dello steering vector sull’autospazio sarà

|a∗ · b| = | a1∗ · b1 + a2∗ · b2 + a3∗ · b3 | (2.82)

e risulta evidente che il valore massimo, pari a |a|2 , si otterrà solo in pre-
senza della condizione già nota b = a .

Nel caso in cui intervengano segnali distinti (o volutamente, o per ef-


fetto di multipath), è da tenere presente che la fase può essere rilevata
per un unico segnale informativo alla volta (rispetto ad un segnale della
stessa natura preso come riferimento). In presenza di un phase-detector,
le informazioni di fase risultanti corrisponderanno al solo segnale più
“forte” incidente alla antenna, sempre che rispetti i requisiti minimi di
rilevabilità del dispositivo.
L’aggiunta di informazioni di fase corrispondenti al solo segnale di inter-
esse, comporterà una migliore resa dell’algoritmo MUSIC.
Con più segnali si osserva la composizione mista della matrice R (vedi
paragrafo 2.2): variando i singoli elementi come visto nel paragrafo 2.3.1,
per linearità si potrà considerare la stessa operazione compiuta su cias-
cuna delle sottomatrici in cui può essere suddivisa la matrice principale.
Ciascuna delle sottomatrici varierà quindi i suoi autovettori, e l’unica sot-
tomatrice che avrà autovettori compatibili con gli steering vectors precal-
colati con fase sarà la matrice pura corrispondente al segnale informativo.
58CHAPTER 2. IMPLEMENTAZIONE MUSIC CON CAMPIONAMENTO

Per effettuare un confronto più “quantitativo” sul miglioramento di pre-


stazioni in presenza di multipath, è possibile recuperare le relazioni viste
nella 2.50 e, attraverso l’uso di programmi di calcolo, verificare se le con-
dizioni sul termine PC e sul termine Γ diventano meno stringenti.
Se così risultasse (un confronto approfondito qualtitativo e quantitativo
verrà effettuato per la implementazione a valore efficace), a parità di con-
dizioni di impiego il sistema avrà una maggiore robustezza.
Chapter 3
Implementazione MUSIC a valore
efficace

L’implementazione di un’elettronica di elaborazione, che comprenda


i moduli necessari (quindi almeno un campionatore, un demodulatore e
un phase-detector) e che offra anche le interfacce per comunicare con il
lato “software” dell’algoritmo, non è sicuramente la soluzione più veloce
ed economica che si possa realizzare.
Tutti gli apparati in gioco dovrebbero garantire tempi di risposta vera-
mente ridotti, quindi frequenze di funzionamento elevate: la via “ideale”
per garantire queste caratteristiche sarebbe la realizzazione di pochi inte-
grati comprendenti tutta l’elettronica di elaborazione con le caratteristiche
richieste, e questo apre un’altra strada di sviluppo meritevole di una trat-
tazione approfondita completamente separata.
Una alternativa a “basso costo” di sviluppo, che permette di porre atten-
zione su altri aspetti ingegneristici dell’impianto di localizzazione, con-
siste nel compiere le elaborazioni MUSIC partendo da dati forniti da un
integrato capace di restituire, dato un segnale in ingresso, informazioni
“riassuntive” sulle sue caratteristiche fondamentali.
In quest’ottica si possono utilizzare componenti generici, tipo transceiver
o rilevatori di ampiezza e fase, che integrano già al loro interno l’elettronica
necessaria a compiere alcuni iniziali controlli di errore sui segnali e, cosa
più importante, offrono interfacce già pronte e funzionanti per la connes-
sione con un elaboratore.

59
60 CHAPTER 3. IMPLEMENTAZIONE MUSIC A VALORE EFFICACE

3.1 Integrato che rileva il valore efficace


Supponiamo di utilizzare un integrato capace di rilevare il “valore ef-
ficace” del segnale analogico posto al suo ingresso.
Il modello dell’integrato a “valore efficace” è applicabile anche nei casi
in cui sia rilevato l’RSSI (Received Signal Strength Indicator) del segnale
ricevuto, in quanto esso è definito in dB come rapporto tra la potenza
di segnale ricevuta e una certa potenza base di riferimento: ovviamente,
i dati da passare all’algoritmo dovranno essere riconvertiti in forma lin-
eare.
La presenza di un coefficiente tra il valore lineare ricavato e il VRMS effettivo
equivalente poco importa, in quanto esso sarà comune a tutte le rile-
vazioni, che quindi risulteranno tra loro direttamente confrontabili.
Tornando al generico rilevatore di valore efficace, esso elaborerà il segnale
fisico proveniente dalla antenna i-esima, ovvero:

xsi (t) = ai (θ1 ) · s1 (t) + ai (θ2 ) · s2 (t) + . . . + ai (θ N ) · s N (t) + ni (t) =


= a i · s 1 ( t ) + bi · s 2 ( t ) + . . . + z i · s N ( t ) + n i ( t ) (3.1)

Su di esso viene calcolato il valore efficace, secondo la formula standard


s
1 t
q Z

xs RMS (t) = E{ xsi (t) · xsi (t)} = | x (t)|2 ∂t (3.2)
TI t−TI si

intesa in un dominio continuo per generalizzare (si suppone che l’integrato


sia realizzato in maniera tale da restituire un valore RMS che rispetti la
definizione). Nella definizione teorica il valore RMS dovrebbe caratter-
izzare un segnale nel suo complesso, ma talvolta negli integrati il cal-
colo viene implementato solo su una finestra temporale, di larghezza
TI (indicata nei datasheets), immediatamente precedente all’istante del
prelievo del dato.

Criteri di scelta dell’integrato con segnali informativi monocromatici

La larghezza TI condiziona il valore RMS rilevato, quindi è necessario


selezionare l’integrato in base al periodo del segnale utilizzato. Di se-
guito, viene illustrata questa dipendenza nel caso di un segnale monocro-
matico.
3.2. COMPORTAMENTO CON UN SINGOLO SEGNALE 61

Poniamo in ingresso alla elaborazione un segnale s(t) = A sin(w0 t) con


periodo T0 (w0 = 2π
T0 ) : l’integrato restituirà all’istante t un valore RMS
pari a
v
u Z t
u1 2
u TI t−TI | A sin(w0 t)| ∂t
xs RMS (t) = u con TI = kT0 + ∆, k intero
t| {z }
(∗)
(3.3)
Svolgendo analiticamente il termine (∗) , si ricava

A2 A2 T0 ∆
     
4π 2π∆
(∗) = − cos t− · sin (3.4)
2 4πTI T0 2 T0
| {z }
(1)

Osservando la 3.4 si nota nel termine (1) la dipendenza dal termine t:


questo significa che i valori RMS rilevati varieranno a seconda dell’istante
di prelievo della informazione. Se si scelgono integrati con finestra di
analisi multipla del periodo di segnale (∆ = 0) si otterrà il valore RMS
2
corretto ((1) = 0; (∗) = A2 ) indipendentemente dall’istante di misura:
nel caso non fosse possibile garantire il TI desiderato, sarà invece suf-
ficiente far sì che valga la condizione TI >> T0 per poter considerare
trascurabile il termine (1).

3.2 Comportamento con un singolo segnale


Analizziamo il comportamento dell’algoritmo MUSIC in presenza di
un unico segnale informativo. Posto alla antenna i-esima dell’array il
segnale
xsi (t) = ai · s(t) + ni (t) (3.5)
il dato in uscita dall’integrato risulterà, a qualsiasi istante venga recuper-
ato (purchè all’interno della finestra temporale in cui il segnale informa-
tivo e il canale di trasmissione possono essere considerati invarianti)
q
xsi RMS = E{( ai · s(t) + ni (t)) · ( ai · s(t) + ni (t))∗ } = (3.6)
q
= E{| ai s(t)|2 + ai∗ s∗ (t)ni (t) + ai s(t)ni∗ (t) + |ni (t)|2 }
62 CHAPTER 3. IMPLEMENTAZIONE MUSIC A VALORE EFFICACE

Per la linearità della funzione “valore medio”, considerando i segnali


s(t) e ni (t) reali, è possibile riscrivere l’equazione come
v

2 2 {s(t)ni (t)} + E{n2i (t)}
u
t E{| ai | s (t)} + (|ai + ai ) E{z
... = u
}
(3.7)
(∗)

all’interno della quale il termine (∗) può essere eliminato, considerando


che il segnale risulterà incorrelato al rumore. Proseguendo si ottiene
s
xsi RMS = | ai |2 · E{s2 (t)} + E{n2i (t)} (3.8)
| {z } | {z }
P N

dove con P e N si indicano le potenze equivalenti di segnale trasmesso e


rumore entrante alla antenna, secondo la definizione 3.9.
Z T0 +γ
∗ 1
PS = s2RMS = E{s(t)s (t)} = |s(t)|2 ∂t (3.9)
T0 γ
con S potenza media equivalente (su una impedenza di 1Ω )
invariante rispetto γ

Da ogni antenna si ricava quindi il termine xsi RMS che, se l’integrato scelto
per l’analisi del segnale è “corretto” (vedi paragrafo 3.1), risulterà invari-
ante nel tempo (a meno di errori dovuti alla elaborazione dei dati). Dato
il termine della singola antenna
q
xsi RMS = | a i |2 · P + N (3.10)

si osserva immediatamente la dipendenza non lineare rispetto alla potenza


di segnale P e, soprattutto, rispetto al guadagno dell’antenna ai .
L’algoritmo MUSIC è applicabile solo in presenza di relazioni lineari tra
i dati di elaborazione e i parametri di direzione e di segnale: è necessario
quindi cercare una relazione alternativa di tipo lineare. Riscriviamo la
3.2. COMPORTAMENTO CON UN SINGOLO SEGNALE 63

3.10 in una forma equivalente:


s  
N
q
xsi RMS = |2
| ai · P + N = | ai |2 ·P 1+ =
| a i |2 · P
s
√ N
= | ai | P · 1+ (3.11)
| a i |2 · P
| {z }
(∗)

Nella 3.11 merita attenzione il termine (∗) . Ponendo


s r
N 1 N
γ= 2
=
| ai | · P | ai | P

il termine (∗) risulta essere


q
(∗) = f (γ) = 1 + γ2 con γ → 1 supponendo N ≈ | ai |2 · P

Se la variabile γ si può considerare tendente a 1, è possibile approssi-


mare la funzione ad una funzione di primo grado in γ , utilizzando
l’approssimazione di Taylor. Nella fattispecie:

∂f
q
1 + γ2 ≈ f (1) + (1) · ( γ − 1) + o ( γ2 ) ≈ (3.12)
∂γ
q  " #
γ
≈ 1 + γ2 + p · ( γ − 1) + o ( γ2 )
2
1 + γ γ =1
γ =1
√ √
√ 1 2 2
≈ 2 + √ · ( γ − 1) = γ+
2 2 2

Ponendo a sistema la 3.11 con la 3.12 si ottiene


√ √ !

r
2 1 N 2
[ xsi RMS ]γ→1 = | ai | P · + = (3.13)
2 | ai | P 2
√ √
2 √ 2√
= · | ai | P + N
2 2
√ √
La 3.13 è una equazione lineare in P e N e, cosa più importante, pre-
senta come coefficiente lineare il modulo del guadagno della antenna
64 CHAPTER 3. IMPLEMENTAZIONE MUSIC A VALORE EFFICACE

sotto analisi.
I dati rilevati da ciascuna antenna andranno modellati a seconda del com-
portamento della stessa: la forma precedente è da ritenersi valida solo con
N ≈ | ai |2 · P (ovvero γ → 1 ), ed essa e modella il caso limite entro cui
una antenna dell’array si può considerare ricettiva.

La presenza del coefficiente 22 merita un piccolo accorgimento a parte: la ap-
prossimazione nel caso “parzialmente” ricettivo porta ad ottenere dei valori che
potremmo definire “scalati diversamente” rispetto agli altri. La costante di ap-
prossimazione porta a variare i rapporti reciproci tra gli elementi della matrice
R , e talvolta può provocare l’aumento di dimensione del sottospazio dei segnali
nulli. Un buon metodo di ovviare√all’inconveniente corrisponde nel “correggere”
(moltiplicandoli per il reciproco 2 ), lato software, i valori per cui si suppone
la presenza del coefficiente (i quali rientreranno solo in una certa fascia, con lim-
ite inferiore prossimo al valore rilevato in assenza di segnale e limite superiore
prossimo al valore rilevato ponendo una potenza di segnale prossima alla potenza
di rumore).
Va comunque detto che, considerando un array di piccole dimensioni rispetto il
fenomeno di propagazione d’onda, la quantità di potenza ricevuta tra due an-
tenne distinte non varierà eccessivamente, escludendo il caso in cui la DOA sia
su una direzione “cieca” per l’elemento. I valori presi da tutto l’array dovrebbero
risultare direttamente confrontabili senza correzione.

Quando il segnale ricevuto da una antenna è forte, quindi (P >> |aN|2 , γ →


i
0 ), il termine (∗) risulta tranquillamente approssimabile all’unità, ren-
dendo la presenza del rumore trascurabile: riprendendo la nozione di
settore d’uso (vedi 2.50), è possibile stabilire una relazione di massima per
garantire l’immunità dei dati rilevati da una qualsiasi delle antenne da
un rumore di tipo additivo. Brevemente, basterà porre per ogni antenna:
 
N
P >> (3.14)
| a i |2 min (| ai |)

con min (| ai |) pari al minimo guadagno direzionale dell’elemento nel set-


tore d’uso scelto per tutto l’array.
Al contrario, sulle antenne dove risulta essere | ai |2 P << N il termine
(∗) sarà prossimo a γ , e svolgendo, risulterà trascurabile la presenza del
3.2. COMPORTAMENTO CON UN SINGOLO SEGNALE 65

segnale informativo: l’antenna dell’array non apporterà informazioni di


segnale.

Per avere una idea della elaborazione con dati in VRMS , di seguito viene
mostrato lo svolgimento di una elaborazione con L = 3 .
Nella 3.15 si ricorda la struttura della matrice R (descritta in 1.2):

x1 · x1∗ x1 · x2∗ x1 · x3∗


 

R = E{ x2 · x1∗ x2 · x2∗ x2 · x3∗ } (3.15)


x3 · x1∗ x3 · x2∗ x3 · x3∗

Dati ricavati dall’integrato:


 √ √
 x1 = | a1 | √ P + √ N + n1 ( t )

x2 = | a2 | P + N + n2 ( t ) con ni (t) rumore aggiunto dall’integrato
 x = | a |√ P + √ N + n (t)

3 3 3
(3.16)
le antenne si considerano tutte parzialmente ricettive (caso formalmente
più generico, presenta √tutti i termini su ogni antenna, e si può ignorare
il coefficiente comune 22 ): nello sviluppo della matrice considerare che
le rilevazioni in valore assoluto, in presenza di un integrato “corretto”
(vedi 3.4), dovrebbero restare costanti (o quasi) a parità di condizioni di
funzionamento. Elemento della matrice R :

Rij = E{ xi (t) x j (t)∗ } =


√ √ √ √
= E{(| ai | P + N + ni (t))(| a j | P + N + n j (t))∗ } = . . .
√ √
. . . = | ai || a j | P + (| ai | + | a j |) P N + N + E{ni (t)n j (t)∗ }

considerando il rumore aggiunto dall’integrato a media nulla, con au-


tocorrelazione impulsiva (quindi E{ni (t)n j (t)∗ } = NI solo con j=i, altri-
menti 0).
66 CHAPTER 3. IMPLEMENTAZIONE MUSIC A VALORE EFFICACE

Sviluppo finale:

| a1 || a1 | | a1 || a2 | | a1 || a3 |
 

R = P ·  | a2 || a1 | | a2 || a2 | | a2 || a3 |  +
| a3 || a1 | | a3 || a2 | | a3 || a3 |
| {z }
R A1

| a1 | + | a1 | | a1 | + | a2 | | a1 | + | a3 |
 
√ √
+ P N · | a2 | + | a1 |
 | a2 | + | a2 | | a2 | + | a3 |  +
| a3 | + | a1 | | a3 | + | a2 | | a3 | + | a3 |
| {z }
R A2
 
 
1 1 1 1 0 0
+ N ·  1 1 1  + NI ·  0 1 0  (3.17)
1 1 1 0 0 1
| {z } | {z }
R A3 R A4

Tra tutte le componenti, la R A1 è la matrice di interesse effettivo per il


rintracciamento della DOA (il suo autovalore risulta parallelo allo steer-
ing vector della DOA di ricezione): può essere fatto un ragionamento
analogo a quello visto nel paragrafo 2.2 per “selezionare” la matrice da
cui ricavare le informazioni effettive. Qui siamo in presenza di un unico
segnale, e nonostante tutto è presente una notevole quantità di matrici di
disturbo: nel calcolo degli autovettori della R si ottiene

R · v1 = R A1 · v1 + R A2 · v1 + R A3 · v1 + R A4 · v1 = λ1 · v1 (3.18)

Immediatamente è possibile dimostrare che la matrice R A4 non comporta


variazioni di direzione sugli autovettori della R :

dato che R A4 · v1 = NI · v1
R A1 · v1 + R A2 · v1 + R A3 · v1 = (λ1 − NI ) · v1

e risostituendo nella precedente

R · v1 = (λ1 − NI ) · v1 + NI · v1 = λ1 · v1 (3.19)

il vettore v1 risulta quindi autovettore della R indipendentemente dal val-


ore di NI .
3.2. COMPORTAMENTO CON UN SINGOLO SEGNALE 67

Senza necessità di compiere i passaggi sopracitati, bastava considerare che NI ha


lo stesso ruolo che, nella implementazione a campioni, è svolto dalla potenza N
di rumore AWGN: per struttura dell’algoritmo il rumore additivo a media nulla
viene ignorato.

Per la riduzione degli effetti delle matrici R A2 e R A3 invece possono es-


sere compiuti gli stessi passaggi effettuati nel paragrafo 2.2.2:

R = R A1 + R A2 + R A3 = (3.20)
rank( R A1 ) √ √ rank( R A2 ) rank( R A3 )
=P ∑ H
λ1i · U1i U1i + P N ∑ λ2i · U2i U2i + N ∑ λCi · UCi UCi
H H
i =1 i =1 i =1

considerando le matrici in gioco (di cui si conoscono alcune caratteris-


tiche) è possibile ridurre a

√ √ rank( R A2 )
R = Pλ1 · U1 U1H + P N ∑ λ2i · U2i U2i
H
+ NλC · UC UCH (3.21)
i =1

Applicando la normalizzazione degli autovettori (vista sempre in 2.2.2),


è possibile verificare le condizioni di trascurabilità tra matrici attraverso
confronti tra i coefficienti delle scomposizioni.
I coefficienti delle scomposizioni per le singole matrici risultano essere:

1. matrice R A1

Autovalore λ A = ||a||2 Autovettore v A = a (3.22)

Coefficiente con autovettori normalizzati: ||a||2 · ||a|| · ||a|| = ||a||4 con


a steering vector corrispondente alla DOA di arrivo.

2. matrice R A2 Si suggerisce l’utilizzo di un programma di calcolo numerico.

3. matrice R A3

1
Autovalore λC = 3 Autovettore vC =  1  (3.23)
1

Coefficiente con autovettori normalizzati: 3 · ||vC || · ||vC || = 9 .


68 CHAPTER 3. IMPLEMENTAZIONE MUSIC A VALORE EFFICACE

Stabiliti i coefficienti, è possibile estrarre le condizioni sulla potenza di


segnale minima per non avere problemi di computazione sempre seguendo
lo schema già suggerito nel paragrafo 2.2.2:

Condizioni minime sulla potenza di segnale (3.24)



1. R A3 trascurabile rispetto R A1
 9 · N << P · ||a||4 ⇒ P >> 9N
 ||a||4



 2. R A2 trascurabile rispetto R A1
 √ √

max (|λ A2i |·||U A2i ||2 )
q
2 << P · ||a||4 ⇒ P


 P N · max | λ A2i | · || U A2i || N >> ||a||4


 con a pari allo steering vector tale da massimizzare i termini



ricordando che con a >> b si intende a ≥ 20b

Dove al termine P va ovviamente sostituita non la potenza trasmessa in


prossimità della sorgente, ma la potenza incidente sull’array di antenne,
calcolata in base alle formule presentata in 2.51 e 2.52.

Effetti delle antenne che non ricevono segnale

Nella formazione delle matrici R , comunque, i valori ottenuti dalle


antenne “cieche” non provocheranno problemi: dal momento che sulle
antenne ricettive i valori rilevati saranno molto superiori (su esse | ai |2 P ≥
N con | ai | < 1 ), il prodotto tra un rilevamento di rumore e uno di seg-
nale risulterà notevolmente inferiore ad un prodotto tra due rilevamenti
di segnale e la struttura della matrice R non si discosterà eccessivamente
da quella equivalente con una impostazione ideale (con antenna “cieca”
che restituisce valori nulli).
Per chiarire il concetto, effettuiamo un confronto indicativo tra un rileva-
mento a valore efficace reale (con presenza di rumore N) e uno ideale (con
N=0): in entrambi si suppone un integrato che non introduce rumore.
Sviluppo della matrice R nel caso ideale ( N = 0) (la terza antenna è
3.2. COMPORTAMENTO CON UN SINGOLO SEGNALE 69

“cieca”):
 √
 x1 = | a1 | √ P | a1 |2 P | a1 || a2 | P 0
 

x2 = | a2 | P (| a2 | < | a1 |) ⇒ R =  | a1 || a2 | P | a2 |2 P 0 

 x =0
3 0 0 0

per illustrare i rapporti reciproci tra i termini isoliamo il termine | a1 |2 P e


otteniamo:  
| a2 |
1 | a1 |
0
R = | a1 |2 P ·  | a2 | | a2 |2
 
 | a1 | | a1 |2 0 
 (3.25)
0 0 0
Sviluppo della matrice R in un caso reale (la prima osserva segnale “forte”,
la terza antenna osserva solo rumore):
 √
 x1 ≈ | a1 | √ P √

x2 ≈ | a2 | P + N ⇒
 x ≈ √N

3


2P
√ √ √ √ √ 
√ | a |
1√ √ | a 1 | P (| a |
√2 √ 2 P + N ) | a |
√ 1 √ 3 √ P | a | N
R =  (| a2 | P + N )| a1 | P (| a | P + N ) N (| a | P + N )
 
√ √ √ 2 √ √ 2 
N (| a1 | P) N (| a2 | P + N ) N
Applicando lo stesso raggruppamento:
 q q 
| a2 |
1 | a1 |
+ |a1 | NP | a3 | |a1 | NP
 q 1q 1 q 
| a2 |
2 + 1 N
( ||aa2 || + |a1 | NP )2 ( ||aa2 || + 1) |a1 | NP
 
R = | a1 | P ·  | a1 | | a1 | P 1 1 1 1

 q q  q 2 
( ||aa2 || + 1) |a1 |
 
N N N
| a3 | |a1 | P P
1
| a1 | P
1 1 1

q
Si può notare la presenza frequente del termine |a1 | NP : per le condizioni
1
ammesse sulla potenza in ingresso questo termine è trascurabile, quindi
la matrice finale può essere scritta come:
 
| a2 |
1 | a1 |
0
R ≈ | a1 |2 P ·  | a2 |2
 
| a2 | (3.26)
 | a1 | | a1 |2
0 

0 0 0
70 CHAPTER 3. IMPLEMENTAZIONE MUSIC A VALORE EFFICACE

La 3.26 appare identica alla 3.25: i rapporti tra gli elementi delle matrici
sono praticamente gli stessi, quindi le matrici avranno le stesse proprietà
geometriche. La presenza di antenne rilevanti solo rumore non comporta
problemi nella applicazione dell’algoritmo MUSIC.

3.3 Comportamento con più segnali in ingresso

Passiamo adesso ad osservare cosa accade durante l’elaborazione MU-


SIC in presenza di più segnali trasmessi all’array: qui saranno considerati
solo segnali tra loro incorrelati (quindi, se segnali monocromatici, solo
segnali a frequenze diverse non multiple). L’analisi del comportamento
del MUSIC in presenza di multipath (segnali correlati) si rimanda al para-
grafo successivo.
Si suppone sempre la validità dell’integrato scelto per il rilevamento del
valore efficace (quindi, integrato che rispetti le specifiche indicate in 3.1),
per uno qualsiasi dei segnali ricevuti dall’array: i parametri per la 3.4
vanno quindi scelti rispetto al segnale a frequenza minore tra i presenti.
Poniamo due segnali in ingresso alla generica antenna dell’array (le con-
clusioni risulteranno valide per una qualsiasi quantità di segnali tra loro
incorrelati):

xsi (t) = ai · s1 (t) + bi · s2 (t) + ni (t) (3.27)


con ai = guadagno direzionale per DOA segnale 1
con bi = guadagno direzionale per DOA segnale 2

il dato in uscita dall’integrato risulterà, a qualsiasi istante venga recu-


perato (purchè all’interno della finestra temporale in cui le condizioni di
trasmissione possano essere considerate invarianti)
s
xsi RMS = E{( ai s1 (t) + bi s2 (t) + ni (t)) · ( ai s1 (t) + bi s2 (t) + ni (t))∗ }
| {z }
(∗)
(3.28)
3.3. COMPORTAMENTO CON PIÙ SEGNALI IN INGRESSO 71

Sviluppo del termine (∗) :

(∗) = E{| ai |2 s21 (t) + |bi |2 s22 (t) + ( ai bi∗ + bi ai∗ )s1 (t)s2 (t)+
+ ai s1 (t)n∗ (t) + bi s2 (t)n∗ (t) + ai∗ s1 (t)n(t) + bi∗ s2 (t)n(t)+
+ n(t)n∗ (t)} = . . .

e applicando le proprietà lineari della funzione valore medio:

. . . =| ai |2 E{s21 (t)} + |bi |2 E{s22 (t)} + <{ ai bi∗ } E{s1 (t)s2 (t)} +
| {z }
(1)
+ E{ ai s1 (t)n∗ (t)} + E{bi s2 (t)n∗ (t)} + E{ ai∗ s1 (t)n(t)} + E{bi∗ s2 (t)n(t)} +
| {z }
(2)

+ E{n(t)n (t)}

Il termine (2) si annulla per la condizione di incorrelabilità tra segnale


inviato e rumore, mentre il termine (1) presuppone l’incorrelabilità tra i
due segnali inviati. Ovviamente, quest’ultima condizione non può essere
posta per analizzare il fenomeno del comportamento a fronte di multi-
path: questo caso verrà analizzato nel successivo paragrafo.
Con le dovute semplificazioni, e tenendo presente la definizione 3.9, il
termine finale restituito dall’integrato di analisi risulterà essere:
q
xsi RMS = | ai |2 P1 + |bi |2 P2 + N (3.29)

e in presenza di M segnali tra loro incorrelati (con correlazione trascur-


abile) è possibile generalizzare:
v
u M
= t ∑ | aim |2 Pm + N
u
xsi RMS (3.30)
m =1

Come nella precedente analisi a singolo segnale, il dato in ingresso al


MUSIC corrisponde ad una elaborazione non lineare del segnale, e su esso
non è possibile isolare come coefficiente lineare il modulo del guadagno
direzionale della antenna. E’ però sempre possibile tentare di linearizzare
72 CHAPTER 3. IMPLEMENTAZIONE MUSIC A VALORE EFFICACE

il problema: effettuiamo un primo passaggio per isolare il rumore.


v s
u M
N
= t ∑ | aim |2 Pm 1 +
u
xsi RMS M
(3.31)
m =1 ∑m 2
=1 | aim | Pm
| {z }
(∗)

M 2
Il termine (∗) è approssimabile a 1 se vale la condizione N << ∑m =1 | aim | Pm :
per adesso accontentiamoci di questo caso e proseguiamo la analisi. Ap-
prossimando, risulta:
v
u M
≈ t ∑ | aim |2 Pm = . . .
u
xsi RMS (3.32)
m =1

Definiamo [ x ] l’approssimazione del valore reale x a intero per difetto, e


svolgiamo i passaggi seguenti.
v
uM M
u 1
. . . = t ∑ | aim |2 Pm + ∑ | aim |2 Pm = . . .
m =1 m= M1 +1
 
M
con M1 =
2

Su questa forma si ripropone il raggruppamento visto precedentemente:


v v
M 2
u1 + ∑m= M1 +1 | aim | Pm = . . .
uM u
u 1
∑ im m u
u
... = t | a | 2 P (3.33)
M
m =1 ∑ 1 | aim |2 Pm
| m=1 {z
u
t }
γ2

Ipotizzando che tutti i prodotti | ai |2 Pi siano tra loro confrontabili (se il



prodotto k-esimo prevalesse, si otterrebbe xsi RMS ≈ | ak | Pk ), dal mo-
mento che la quantità di addendi al numeratore e al denominatore di
γ2 sono comunque uguali o prossime, è possibile affermare che γ2 → 1 e
γ → 1 . Dietro questa ipotesi, il passaggio successivo diventa, utilizzando
3.3. COMPORTAMENTO CON PIÙ SEGNALI IN INGRESSO 73

la approssimazione vista in 3.13:


 
√ 
v v 
uM u M
1
2 t
 
 ∑ | aim |2 Pm + t ∑ | aim |2 Pm 
u u
... = (3.34)

2  m =1 m= M1 +1

| {z } | 
{z }
( A) ( B)

Ovviamente, se l’ipotesi di termini confrontabili valeva in precedenza,


continua ad essere valida. E’ possibile quindi riproporre il passaggio sui
termini (A) e (B) e così via. Ad ogni passaggio una sommatoria viene
“divisa” in due parti. Tralasciando i conti precisi, si arriva ad ottenere
una forma del tipo:
p p p
xsi RMS ≈ | ai1 | · k1P1 + | ai2 | · k2 P2 + . . . + | aiM | · k M PM (3.35)

2
con k j = potenze di con esponenti dell’ordine di M
2
I coefficienti k j purtroppo risultano tra loro differenti, e per di più vari-
abili tra le diverse antenne (quindi non è possibile accorparli al termine
potenza di segnale costante, ma vanno accorpati ai guadagni, provocando
una distorsione degli steering vectors risultanti). Immaginiamo di poter
trascurare il problema (che, comunque, evidenzia già la notevole fragilità
del procedimento), e di poter arrivare ad affermare che
p p p
xsi RMS ≈ | ai1 | P1 + | ai2 | P2 + . . . + | aiM | PM + ni (t) (3.36)

Con riferimento alla 3.15 si calcola la matrice R .


Rij = E{ xsi xsj }=
= | ai1 || a j1 | E{ P1 P1∗ } + . . . + | aiM || a jM | E{ PM PM

}+
p p ∗ p p ∗
+ | ai1 || a j2 | E{ P1 P2 } + . . . + | a jM || a j( M−1) | E{ PM PM−1 }+
+ (| ai1 | P1 + . . . + | aiM | PM ) E{n∗j (t)}+
p p
p p
+ (| a j1 | P1 + . . . + | a jM | PM ) E{ni (t)}+
+ E{ni (t)n∗j (t)}
74 CHAPTER 3. IMPLEMENTAZIONE MUSIC A VALORE EFFICACE

Applicando le considerazioni sul rumore AWGN aggiunto dall’integrato,


separando direttamente la matrice diagonale associata al rumore (vedi
3.17), si ricava la forma:


R Aij = E{ xsi xsj }=
= | ai1 || a j1 | E{ P1 P1∗ } + . . . + | aiM || a jM | E{ PM PM

}+
p p ∗ p p ∗
+ | ai1 || a j2 | E{ P1 P2 } + . . . + | a jM || a j( M−1) | E{ PM PM−1 }
| {z }
(∗)

Senza necessità di ulteriori scomposizioni, è possibile intuire quale sia


il vero grave problema derivante dall’applicazione del MUSIC su dati
così organizzati: i termini (∗) corrispondono ai termini incrociati visti nel
paragrafo 2.2.4.
Nel caso a campioni, se i segnali sono tra loro incorrelati gli addendi
spariscono e non provocano problemi: qui avviene che, anche se in partenza
i segnali risultano tra loro incorrelati, la analisi delle correlazioni avviene
a partire da dati in cui tutti i segnali presenti sono rappresentati come seg-
nali costanti. In pratica, la elaborazione VRMS a più segnali corrisponde
alla elaborazione a campioni standard, ponendo una quantità generica di
segnali costanti (e quindi correlati) in arrivo.
L’inserimento di condizioni tali da rendere trascurabili i termini (∗) rispetto
ai termini principali (in maniera tale da poter associare gli autovettori
della R A agli autovettori della Ri associata a ciascun segnale) non risulta
una soluzione applicabile, in quanto ciascuno dei segnali dovrebbe prevalere
(considerando come sua DOA la peggiore DOA del settore d’uso) sugli
altri in arrivo dalle DOA migliori: le condizioni entrerebbero quindi in
conflitto tra loro.

Il fatto che un inserimento di più segnali “puri” con elaborazione VRMS non
sia fattibile, non deve far trascurare l’implementazione a valore efficace:
effettivamente essa risulta la soluzione con minor rapporto costo - pre-
stazioni. Il trattamento di più segnali può comunque essere ottenuto,
spostando il problema di gestione ad un livello inferiore rispetto a quello
computazionale (ad esempio, se analizzando segnali in bande distinte,
selezionando a tempo la sorgente da analizzare utilizzando appositi filtri
a valle dell’antenna ma precedenti l’integrato, oppure prevedendo l’uso
3.3. COMPORTAMENTO CON PIÙ SEGNALI IN INGRESSO 75

di transceiver capaci di riconoscere i diversi segnali ricevuti e in grado di


separarne le informazioni relative).

3.3.1 Una nota sul multipath


Parallelamente al caso a campioni (vedi paragrafo 2.2.3), anche nella
implementazione a valore efficace si vuole dare un’idea del comporta-
mento esibito in presenza di multipath. Anche in questo caso si ipotizza
la presenza di un ambiente “buono” (con pareti con |Γ| << 1 ): è quindi
possibile, anche qui, “semplificare” il modello di multipath generico uti-
lizzando un solo segnale di echo “massimale”?
Il modello standard presume la presenza di un numero sconosciuto di
echo di prima riflessione. La riduzione ad una echo sola è permessa se in
ingresso all’algoritmo si pongono dati dipendenti linearmente dai singoli
segnali (per le motivazioni indicate al termine del paragrafo 2.2.3): in tal
caso, la struttura della matrice RS torna ad essere simile a quella vista in
2.2.2.
Dal momento che è presente la elaborazione VRMS , è necessario essere
certi che in presenza di segnali correlati il rilevamento fornito dall’integrato
rispetti sempre una legge di tipo lineare rispetto ai parametri dei singoli
segnali, in maniera da poter applicare il MUSIC correttamente.
Si considerino s1 il segnale informativo, e i segnali s2 . . . s M le diverse echo
di prima riflessione in arrivo all’array. Ciascun segnale di echo avrà forma
(confronta con 2.2.3):
s e ( t ) = | Γ | · s 1 ( t − γe ) (3.37)
Quindi, l’integrato VRMS fornirà un valore:
v ! !∗
u
M M
u E{ ai1 s1 (t) + ∑ aie se (t) + ni (t) · ai1 s1 (t) + ∑ aie se (t) + ni (t) } =
u
xsi RMS =u
u
t | e =2 e =2
{z }
(∗)
(3.38)

ma, differentemente dal caso illustrato nel paragrafo precedente, qui tutti
i segnali risultano correlati. Si prosegue sviluppando il termine (∗) ,
senza però considerare come “caso peggiore” il caso in cui tutte le echo
siano perfettamente in fase e in arrivo dalla stessa DOA “ottimale” (nonos-
76 CHAPTER 3. IMPLEMENTAZIONE MUSIC A VALORE EFFICACE

tante ciò potrebbe semplificare notevolmente l’espressione) e la ragione è


semplice: non è realistico il caso in cui ciò avvenga, e analizzarlo costringe
ad effettuare ipotesi matematiche semplificative, ma restrittive.
Detto questo, si sviluppa il termine (∗) , eliminando anticipatamente le
correlazioni tra segnale e rumore (nulle):

∗ ∗
(∗) = | ai1 |2 s1 2 (t) + ai1 ai2 s1 (t)s2 (t) + . . . + ai1 aiM s M (t)+ (3.39)
∗ ∗
+ ai2 ai1 s2 (t)s1 (t) + | ai2 |2 s2 2 (t) + . . . + ai2 aiM s2 (t)s M (t)+
+...+
∗ ∗
+ aiM ai1 s M (t)s1 (t) + aiM ai2 s M (t)s2 (t) + . . . + | aiM |2 s M 2 (t)+
+N

raggruppando i termini non incrociati

M
(∗) = | ai1 |2 s1 2 (t) + ∑ |aie |2 se 2 (t) + N + (3.40)
e =2
+ termini incrociati in quantità M( M − 1)
| {z }
(1)

Valore medio di (∗) , ricordando la 3.9, e tenendo presente che il RMS di


un segnale echo vale (|Γ|2 P1 ) :

M
E{(∗)} = | ai1 |2 P1 + |Γ|2 P1 ∑ |aie |2 + N + (3.41)
e =2
!
M M
+ ∑ ∑ ∗
( aik aih ∗
+ aik aih ) · E{sk (t)sh (t)}
k =1 h=1,h6=k
| {z }
(1)

Il valore restituito è la radice della espressione precedente: effettuiamo


una prima semplificazione (simile a quella vista in 3.31).
v v
M
u
(1)
u
∑ ie
u
xsi RMS = t| ai1 |2 P1 + |Γ|2 P1 | a | 2 + Nu
u1 +
| a |2 P + |Γ|2 P1 ∑eM=2 | aie |2 + N
e =2
| i1 1
u
t {z }
(2)
(3.42)
3.3. COMPORTAMENTO CON PIÙ SEGNALI IN INGRESSO 77

Il termine (1) non risulterà mai più elevato del suo denominatore, soprat-
tutto per l’impossibilità di avere tutte le echo in fase con il segnale ed in
fase tra loro. E’ possibile considerare come caso “peggiore” il caso in cui
(2) → 1 .

Se (2) → 0 la 3.42 si approssima bene a


v
M
u
∑ |aie |2 + N
u
xsi RMS ≈ t| ai1 |2 P1 + |Γ|2 P1 (3.43)
e =2

quindi la configurazione si presta ad essere analizzata come ricezione di


M segnali tra loro incorrelati, con il primo segnale confrontabile con la
somma di tutti gli altri, e applicando alcuni passaggi dal procedimento
osservato nel paragrafo precedente si osserva:

√ √ u
v
M
2 2u
|Γ| P1 ∑ | aie |2 + N =
p
xsi RMS ≈ | a | P1 + t 2
2 i1 2 e =2

2 √
| ai1 | P1 + k2 | ai2 ||Γ| P1 + . . . + k M | aiM ||Γ| P1 + k N N
p p p
=
2 | √
{z }
2
k e = potenze di 2 con esponenti di ordine M (quindi trascurabili)
(3.44)

Con (2) → 1 :

√ u √ q
v
M
2u 2
1 ∑ | aie | + N +
xsi RMS ≈ t | a |2 P + | Γ |2 P 2 (1) (3.45)
i1 1
2 e =2 2
| {z }
3.44

Per gli effetti della approssimazione (vedi 3.35), la scomposizione tende


ad attenuare i singoli termini all’aumentare della quantità di segnali in
arrivo M (per il riproporsi della stessa approssimazione più volte). Già
nella 3.44 si poteva osservare che, riducendo la quantità di echo di prima
riflessione (ponendo M=2) il coefficiente principale per i termini di mul-
 √ 2
tipath risultava 22 = 14 e aumentando M esso diminuiva.
La radice di (1) segue la stessa regola, e quindi si arriva paradossalmente
78 CHAPTER 3. IMPLEMENTAZIONE MUSIC A VALORE EFFICACE

ad affermare che più echo saranno presenti, e meglio xsi RMS riguarderà il
solo segnale informativo.
Ciò è, ovviamente, un assurdo logico, ma la dimostrazione non è errata:
semplicemente, non si è tenuto conto che con una quantità di segnali di
echo tale da annullare completamente i termini nella approssimazione,
non si rientra nel caso (2) → 1 ma si ottiene (2) >> 1 , con il risultato di
annullare la presenza del segnale informativo.

Va evidenziato che la presenza di una considerevole quantità di echo in


controfase, porta ad avere (2) → −1 , e porta ad approssimare a 0 il val-
ore RMS rilevato. Il caso in cui ciò avvenga viene escluso, considerando
che questa è una eventualità rara tanto quanto quella di tutti i segnali
di echo in fase, con la differenza che quest’ultima può rappresentare un
“caso peggiore” nella classe delle configurazioni che possono portare a
dei risultati, mentre la prima porta ad annullare il rilevamento.

Comunque, è stato raggiunto l’obiettivo prefissato: dimostrare che è pos-


sibile ricondurre il caso di multipath con quantità di echo generica al caso
multipath con una unica echo forte (il caso peggiore accettabile). Detto
questo, si analizza con attenzione questo scenario.
Si consideri un unico segnale informativo in arrivo, con una unica compo-
nente di multipath espressa come in 3.37, in fase (con γe = 0 ). Il segnale
in arrivo è:

xsi = ai s(t) + bi se (t) + ni (t) =


= a i s ( t ) + | Γ | · bi s ( t − γ e ) + n i ( t ) =
| {z }
γe = 0

= ( a i + | Γ | bi ) · s ( t ) + n i ( t )

con ai = guadagno antenna su DOA segnale informativo


bi = guadagno antenna su DOA del segnale di echo dominante
3.3. COMPORTAMENTO CON PIÙ SEGNALI IN INGRESSO 79

Di conseguenza, il rilevamento xsi RMS risulta (sempre dietro ipotesi di


ni (t) rumore AWGN):
q
xsi RMS = ∗} = ...
E{ xsi xsi (3.46)
q
= | a i + | Γ | · bi | 2 · P + N

Nel caso peggiore, la somma tra segnale ed echo risulta confrontabile con
il rumore, quindi:
√ √
2 √ 2√
xsi RMS ≈ | a i + | Γ | · bi | P + N (3.47)
2 2
Il segnale di echo e il segnale informativo vengono posti in fase, per
ipotesi. Di conseguenza, il guadagno complesso della singola antenna
(ovvero la fase di segnale rilevata rispetto al centro di fase), avrà fase
comune per le due direzioni di arrivo: è quindi possibile affermare che

| ai + |Γ| · bi | = || ai |e− jφ + |Γ| · |bi |e− jφ | = (3.48)


= |(| ai | + |Γ||bi |)e− jφ | = | ai | + |Γ| · |bi |

Dalla 3.48, segue che:


√ √ √
2 √ 2 √ 2√
xsi RMS ≈ | ai | P + |Γ||bi | P + N + ni ( t ) (3.49)
2 2 2
con ni (t) rumore aggiunto dall’integrato

Elaborando i dati RMS provenienti dalle antenne, viene formata la ma-


trice R con gli elementi:


Rij = E{ xsi xsj }= (3.50)
1  √ √ √ 
= | ai | P + |Γ||bi | P + N + ni (t) ·
2 
√ √ √ ∗
· | a j | P + |Γ||b j | P + N + n j (t) =
80 CHAPTER 3. IMPLEMENTAZIONE MUSIC A VALORE EFFICACE

1
= (| ai || a j | P + |bi ||b j |(|Γ|2 P)+
2
+ (| ai ||b j | + | a j ||bi |)(|Γ| P)+
√ √ √ √
+ |Γ|(|bi | + |b j |) N P + (| ai | + | a j |) N P+

NI con i = j
+N+ )
0 con i 6= j

Quindi, è possibile riportare R alla combinazione lineare di matrici seguente


(sempre con L=3):

| a1 || a1 | | a1 || a2 | | a1 || a3 | |b1 ||b1 | |b1 ||b2 | |b1 ||b3 |


   

R = P ·  | a2 || a1 | | a2 || a2 | | a2 || a3 |  + (|Γ|2 P) ·  |b2 ||b1 | |b2 ||b2 | |b2 ||b3 |  +


| a3 || a1 | | a3 || a2 | | a3 || a3 | |b3 ||b1 | |b3 ||b2 | |b3 ||b3 |
| {z } | {z }
R A1 RB

2| a1 ||b1 | | a1 ||b2 | + | a2 ||b1 | | a1 ||b3 | + | a3 ||b1 |


 

+ (|Γ| P) ·  | a2 ||b1 | + | a1 ||b2 | 2| a2 ||b2 | | a2 ||b3 | + | a3 ||b2 |  +


| a3 ||b1 | + | a1 ||b3 | | a3 ||b2 | + | a2 ||b3 | 2| a3 ||b3 |
| {z }
RC

2|b1 | |b1 | + |b2 | |b1 | + |b3 |


 
√ √
+ (|Γ| P) N ·  |b2 | + |b1 | 2|b2 | |b2 | + |b3 |  +
|b3 | + |b1 | |b3 | + |b2 | 2|b3 |
| {z }
RD

2| a1 | | a1 | + | a2 | | a1 | + | a3 |
 
√ √
+ P N ·  | a2 | + | a1 | 2| a2 | | a2 | + | a3 |  +
| a3 | + | a1 | | a3 | + | a2 | 2| a3 |
| {z }
R A2
  
1 1 1 1 0 0
+ N ·  1 1 1  + NI ·  0 1 0  (3.51)
1 1 1 0 0 1
| {z } | {z }
R A3 R A4

Le sottomatrici R A1 . . . R A4 corrispondono alle matrici per la elaborazione


RMS con singolo segnale, già viste nel paragrafo 3.2 (vedi 3.17): le con-
dizioni di trascruabilità delle R A2 . . . R A4 sono quindi già state poste nel
paragrafo indicato.
3.3. COMPORTAMENTO CON PIÙ SEGNALI IN INGRESSO 81

L’effetto di multipath aggiunge le matrici R B , RC e R D : la matrice R B è


una matrice “pura” (vedi 2.2.2), e la sua presenza può essere trattata come
la presenza di un secondo segnale generico. Le matrici RC e R D sono in-
vece quelle che contribuiscono a “danneggiare” la definizione degli au-
tovettori e a distorcerli, portando a errori nella rilevazione della DOA.
Definito il settore d’uso, considerando il segnale informativo in arrivo
dalla peggiore DOA ad esso interna, il segnale di echo in arrivo dalla
DOA preferenziale su tutto l’array, nascono nuove condizioni per garan-
tire la trascurabilità delle matrici R B , RC e R D .
In aggiunta alle condizioni viste in 3.24, si pongono quindi le condizioni
seguenti (utilizzando i coefficienti con autovettori normalizzati, illustrati
nel paragrafo 3.2):

Condizioni sul coefficiente di riflessione (3.52)



3. RC trascurabile rispetto R A1
||a||4
 (|Γ| P) · max |λCi | · ||UCi ||2 << P · ||a||4 ⇒ |Γ| <<
 
 max (|λCi |·||UCi ||2 )


 4. R D trascurabile rispetto R A1

 |Γ|√ P√ N · max |λ | · ||U ||2  << P · ||a||4 ⇒ |Γ| <<
q 
||a||4
 
P
 Di Di N max (|λ Di |·||UDi ||2 )
 √ √ max (|λ Di |·||UDi ||2 )
 oppure P >> |Γ| · N ·

 ||a||4


 con a, b gli steering vectors per le DOA della peggior configurazione



b
ricordando che con a << b si intende a ≤ 20

Anche qui tenere presente le considerazioni fatte nel paragrafo 2.2.3 per quanto
riguarda la scelta della peggiore configurazione possibile. Le matrici più in-
desiderate risultano essere la RC e la R D : la prima è a termini incrociati, quindi
la “configurazione peggiore” corrisponderà a due DOA distinte tali da massimiz-
zare gli effetti della matrice.
Per prima cosa, quindi, è da cercare lo steering vector b associato alla matrice
R D che massimizzi i suoi coefficienti associati: stabilito uno steering vector b ,
si prosegue cercando lo steering vector a che contribuisca a massimizzare la RC .
Non è detto che, singolarmente, i due steering vectors abbiano qualche proprietà
di rilievo (come la massima o minima norma).
82 CHAPTER 3. IMPLEMENTAZIONE MUSIC A VALORE EFFICACE

Fondamentalmente l’approccio equivale a scegliere quella coppia di DOA per cui


le condizioni risultano più restrittive in assoluto, e la ricerca equivarrà a cercare
lo steering vector che massimizzi i termini in funzione max (. . .) .

Tutte le condizioni intervengono sul valore massimale per |Γ| : natural-


mente andranno poste a sistema, ma in genere, in ambienti dove vale la
condizione di trascurabilità delle matrici di rumore, è sufficiente utiliz-
zare la condizione 3.
Le condizioni 3 e 4 andranno eventualmente poste a sistema con una
quinta condizione (vedere di seguito), per essere certi che, parallelamente,
a fronte di un segnale in arrivo lungo la DOA con steering vector a mod-
ulo minimo (che quindi comporterà un coefficiente associato minimo per
la R A ) sia garantita la localizzazione con una echo in arrivo lungo la
DOA con steering vector a modulo massimo (coefficiente associato della
R B massimo): caso in cui il segnale di echo verrebbe ritenuto più “impor-
tante” del segnale informativo.

5. R B trascurabile rispetto R A1 r
 (|Γ|2 P) · 3||b||4 << P · ||a||4 ⇒ |Γ| << ||a||4


 ||b||4


 con a steering vector a minima norma all’interno del settore d’uso


 b steering vector a massima norma in tutto lo spazio

La condizione 5 (trascurabilità della R B ) è necessaria solo nel caso in


cui il pattern radiativo dell’array non sia tale da garantire una buona
“ortogonalità” tra steering vectors per DOA differenti (vedere il paragrafo
2.2, dove viene discusso il trattamento generico di matrici per più segnali
incorrelati).

3.4 Sintesi delle condizioni di funzionamento

Riassumendo i vari concetti esposti, sono di seguito illustrate in forma


compatta le 5 condizioni precedentemente illustrate per rendere funzio-
3.4. SINTESI DELLE CONDIZIONI DI FUNZIONAMENTO 83

nante la localizzazione VRMS .

Condizioni di funzionamento MUSIC su VRMS (3.53)


P 9
 

 N ≥ D· ||a||4
||a|| 2
 
  
 
 |Γ| ≤ 1
D ||b||
 
 
 
 con a a norma minima in settore d’uso
 
 b a norma massima su tutto lo spazio

 
4
|Γ| ≤ D1 max (|λ||a|·||
||

 
  Ci UCi ||2 )
 
 q
max (|λ Di |·||UDi ||2 )

max (|λ Di |·||UDi ||2 )

 
N ≥ D · ( D | Γ |)
 P
  ||a||4
= D max (|λ |·||U ||2 )
 Ci Ci
2
( | |·|| || )
q
max U
  λ
P A2i A2i
N ≥ D·
 
 
 ||a||4
 

con a, b steering vectors per le DOA della peggior configurazione

In quest’ultima scrittura, gli operatori “molto maggiore” e “molto mi-


nore” sono stati sostituiti con la presenza di un coefficiente D adattabile:
esso si adatta in base all’errore massimo che si vuole garantire nel la-
voro di localizzazione. In pratica, si calcolano le condizioni e si pone
D ≥ 1 : successivamente viene simulata la localizzazione con i parametri
P e |Γ| minimali e si verifica l’errore ottenuto; se si vuole abbassare la
soglia di errore, si incrementa D fino ad ottenere un risultato soddis-
facente. A questo punto, per il sistema in esame, il coefficente D potrà
essere considerato fisso.

Ricerca del “caso peggiore”

Le equazioni mostrate in 3.53 comprendono autovalori ed autovet-


tori di matrici a struttura complessa: una ricerca mirata del “caso peg-
giore” risulta quindi paricolarmente ostica. In tal caso, la scelta del “caso
peggiore” può essere effettuata (e probabilmente è la soluzione migliore)
affidandosi ad algoritmi iterativi, che applicheranno la logica consueta,
scegliendo come caso di interesse quello in cui si verifica il maggiore svan-
taggio della matrice pura di segnale in confronto alle altre: lo “svantag-
gio” viene quantificato confrontando il coefficiente principale della ma-
trice di segnale e la somma dei coefficienti costitutivi principali (vedere
84 CHAPTER 3. IMPLEMENTAZIONE MUSIC A VALORE EFFICACE

1.31) delle matrici di disturbo.


L’identificazione del “caso peggiore” avviene calcolando, per ogni cop-
pia di steering vectors ammessa (quindi con uno steering vector scelto tra
tutte le DOA di segnale - per l’echo, e uno scelto solamente tra le DOA
interne al settore d’uso - per il segnale) i coefficienti costitutivi massimali:
quando il rapporto tra il coefficiente della matrice di segnale e la somma
dei coefficienti massimali delle matrici di disturbo risulta minimo, sarà
stato identificato il “caso peggiore”.

E’ comunque possibile tenere presente che, generalmente, le matrici con


coefficienti massimali maggiori risultano essere la RC e la R D : le con-
dizioni di funzionamento dovrebbero quindi assumere forma pressochè
identica a quella mostrata in 3.53.
Chapter 4
Utilizzo delle informazioni di fase

Già nel paragrafo erano stati accennati sommariamente alcuni van-


taggi derivanti dalla aggiunta delle informazioni di fase nella elaborazione
MUSIC.
Per la implementazione a campioni, era però anche stato accennato che
nel sistema complessivo, l’aggiunta della elaborazione in fase comporta
una ridondanza non sempre così vantaggiosa in termini di rapporto miglio-
ramento di prestazioni - “costo” di implementazione: in particolare, tenendo
presente che attraverso un campionamento corretto (senza errori di sin-
cronizzazione tra campionamenti - vedere paragrafo 2.1.1) gli andamenti
dei segnali vengono preservati (e si può lavorare in condizione di segnali
“quasi continui”), nella costruzione della matrice delle covarianze R un
eventuale rumore AWGN arriva a comporre una sottomatrice R N diagonale
che non comporta variazioni negli autovettori costitutivi (vedere para-
grafo 1.2). Casomai, l’implementazione del controllo di fase potrebbe
portare lievi miglioramenti nel contrastare gli effetti di multipath (vedere
paragrafo 2.2.3), ma in condizioni di utilizzo “normali” il sistema ap-
pare comunque dotato di sufficiente robustezza, considerando la rarità
dell’eventualità di ricevere un segnale di echo perfettamente in fase con
il segnale informativo.

Nella implementazione VRMS , invece, la situazione cambia drasticamente:


l’elaborazione VRMS dei segnali ricevuti dalle singole antenne, porta ad
avere campioni non corrispondenti ad andamenti di segnale nel tempo,
ma corrispondenti ad andamenti di valore efficace.

85
86 CHAPTER 4. UTILIZZO DELLE INFORMAZIONI DI FASE

Come osservato nel paragrafo 3.2, da una elaborazione di valore efficace


di un segnale fisico soggetto ad AWGN (ed eventualmente con presenza
di echo), si arriva ad ottenere un valore costante nel tempo condizionato
in egual maniera sia dal segnale effettivo, che dalle entità indesiderate
presenti. In buona sostanza, segnale informativo, eventuale echo e ru-
more fisico originario, che prima poteva essere considerato incorrelato
al segnale, vengono ridotti ad una serie di segnali costanti (in quanto
i rilevamenti RMS sostanzialmente non variano nel tempo, a parità di
condizioni di funzionamento) e, dal punto di vista del MUSIC vengono
osservati come segnali costanti, quindi tra loro totalmente correlati.
La matrice delle covarianze R assume la forma già osservata nel para-
grafo 3.2, che in presenza di multipath si complica ulteriormente fino ad
arrivare alla forma vista nel paragrafo 3.3.1.
Se nella implementazione a campioni, la presenza di elementi di disturbo
era maggiormente gestibile (e l’associazione autovalore - steering vector
della DOA di segnale era più diretta), nella implementazione a valore
efficace è necessaria una analisi notevolmente più complessa che porta,
oltre che a porre vincoli sul massimo coefficiente di riflessione ambientale
possibile, a imporre condizioni molto più restrittive anche sul rapporto
segnale-rumore da dover garantire per ottenere una certa accuratezza di
rilevazione.

4.1 Definizione di ”informazione di fase”


Per introdurre al concetto di “informazione di fase” (non illustrato nei due
paragrafi “sommari” del capitolo 2), saranno richiamati alcuni concetti basilari
della teoria delle onde elettromagnetiche: il sottoparagrafo seguente non pretende
però di coprire interamente l’argomento di analisi della propagazione d’onda,
quanto piuttosto intende richiamare alla memoria i concetti fondamentali stret-
tamente necessari a comprendere i passaggi della trattazione.

La trasmissione di un segnale informativo tra un trasmettitore e un rice-


vitore si può considerare corretta quando, arrivato a destinazione, esso
mantiene le sue caratteristiche principali.
4.1. DEFINIZIONE DI ”INFORMAZIONE DI FASE” 87

Come espresso dal teorema di Fourier , un qualsiasi segnale informativo


può essere ricondotto ad una determinata combinazione di segnali monocro-
matici sinusoidali caratterizzati da specifici ritardi relativi: nel corso della
trattazione per “segnale informativo” ci si è sempre riferiti a un segnale
base ad una unica frequenza, con la sicurezza di poter estendere i con-
cetti anche su segnali più complessi, a patto però di garantire lo stesso
comportamento di propagazione su tutta la banda di segnale.
Il segnale base di interesse corrisponderà ad una onda elettromagnetica
che, a grande distanza, dalla sorgente, potrà essere approssimata ad una
onda piana in arrivo all’array lungo la sua DOA. Ipotizzando un segnale
trasmesso verso un ricevitore, al ricevitore il segnale sarà ricevuto con un
ritardo proporzionale alla mutua distanza tra trasmettitore e ricevitore
stesso.
Ponendo il cammino di segnale lungo un generico asse z, e fissando D
come distanza tra i due dispositivi, è possibile definire ad ogni distanza
dal trasmettitore il segnale osservabile a parità di riferimento temporale.
Graficamente, è possibile immaginare l’evento come la traslazione di una
funzione d’onda definita su un asse spaziale (vedere la figura 4.1).

Figure 4.1: Rappresentazione esemplificativa del fenomeno di


propagazione d’onda

Analizzando nel tempo la funzione d’onda (associabile ad un campo elet-


trico variabile - componente del campo elettromagnetico totale associato)
ad una sezione stabilita lungo l’asse si potrebbe quindi teoricamente os-
servare un andamento che seguirà la legge temporale caratteristica del
segnale originario: allontanandosi progressivamente dalla sorgente e con-
frontando gli andamenti, il “ritardo” del fenomeno di propagazione si
manifesterà come un ritardo nell’andamento osservato rispetto ad un an-
88 CHAPTER 4. UTILIZZO DELLE INFORMAZIONI DI FASE

damento osservabile ad una sezione a minore distanza dalla sorgente.


In pratica, osservando la situazione dalla posizione del trasmettitore, par-
tendo dal segnale osservato al trasmettitore

s(t, z = 0) = A · cos (2π f · t) (4.1)

al cospetto del ricevitore sarà osservato un segnale

s R (t) = s(t, z = D ) = A · cos (2π f · t − k · D ) (4.2)

che risulterà una copia identica e ritardata del segnale originario rilevabile
a z=0 (per un certo istante t, l’argomento della funzione s R (t) risulterà in-
feriore all’argomento della funzione s(t) ): ciò ha ovvia validità fisica, in
quanto rispetta il principio di causalità.

Adesso, osserviamo il problema dal punto di vista del ricevitore: esso


osserva un segnale in “arrivo”, di conseguenza al suo cospetto sarà os-
servabile un segnale che risulterà ritardato rispetto quello rilevabile a
distanza maggiore (e in maggiore prossimità del trasmettitore). Da un
punto di vista matematico, è possibile affermare quindi che se si pone un
riferimento temporale tale da veder “iniziare” il segnale al cospetto del
ricevitore potrà essere posto

s R (t) = s(t, z = 0) = A · cos (2π f · t) (4.3)

e, dal momento che a maggiore distanza il segnale risulterà anticipato


rispetto s R (t) , chiamando d la distanza lungo l’asse di propagazione del
punto di osservazione dal ricevitore, sarà valido affermare che

s(t, z = d) = A · cos(2π f · t + k · d})


| {z (4.4)
(1)

E’ fondamentale osservare il cambio di segno del termine (1): quando


esso risulta maggiore di 0, fisicamente sarà osservabile un segnale antici-
pato nel tempo, al contrario si osserverà un segnale ritardato.
Il termine (1) assume quindi importanza fondamentale, modellando il
fenomeno di propagazione dell’onda inteso come traslazione “spaziale”
di un segnale temporale: per questo assume il nome di termine di propagazione.
4.1. DEFINIZIONE DI ”INFORMAZIONE DI FASE” 89

Il coefficiente k è stato inserito per indicare come il ritardo di arrivo del


segnale fosse “proporzionale” alla distanza da percorrere: esso prende
il nome di numero d’onda, e dai concetti basilari della analisi delle onde
elettromagnetiche si ricorda che corrisponde a

2π f 2π
k= = (4.5)
vf λ

dove con v f si identifica la velocità di propagazione di fase dell’onda elet-


tromagnetica monocromatica, pari alla velocità con cui avviene lo sposta-
mento di un fronte d’onda generico. E’ anche vero che tra due fronti
d’onda intercorre una distanza pari alla lunghezza d’onda di segnale (λ ):
vale quindi anche la relazione v f = λ · f , ovvero velocità di fase pari alla
quantità di lunghezze d’onda passanti in una sezione, in un secondo.
In presenza di mezzi di trasmissione “standard” (come può essere con-
siderato lo spazio generico in cui devono viaggiare i segnali informativi
del sistema in esame), la velocità di fase risulta approssimabile alla veloc-
ità della luce (pari a c = 2990 7920 458 m/s).

Ancora non si è posta attenzione al significato associabile alla “infor-


mazione di fase”: ricordiamo che un generico segnale sinusoidale può
essere associato ad una quantità esponenziale complessa, secondo la re-
lazione

A · cos ( x ) = <{ A · e( j· x) } = <{ A · [cos ( x ) + j · sin ( x )]} (4.6)

che permette di associare la fase della quantità esponenziale complessa


all’argomento stesso della funzione sinusoidale.
Dal momento che si è in presenza di funzioni sinusoidali semplici, il ril-
evamento di fase consiste quindi semplicemente nell’identificare in quale
istante della sua evoluzione il segnale è stato intercettato. Ora, così de-
scritta l’informazione non pare avere significato utile: l’utilità risulterà
immediatamente chiara a seguito di un esempio illustrativo.
Si immagini di utilizzare, per la localizzazione, un’array di antenne di
tipo circolare, strutturato come in figura 4.2.

Se vale l’ipotesi che il segnale si propaghi come un’onda piana (po-


nendo ricevitore e trasmettitore a grande distanza), è possibile immag-
90 CHAPTER 4. UTILIZZO DELLE INFORMAZIONI DI FASE

Figure 4.2: Schema di array circolare: in rosso e verde sono evidenziati


i percorsi di arrivo di due generici segnali

inare l’array investito da un’onda elettromagnetica direzionata alla stessa


maniera per tutta la sua estensione: in figura, le rette parallele di colore
rosso e blu rappresentano quindi tutti i percorsi di arrivo associati alle
due DOA distinte (caratterizzate dai diversi colori).
Ciascun percorso di arrivo ha le caratteristiche di una retta: considerando
l’onda di “larghezza infinita” (onda direzionata alla stessa maniera per
tutta l’estensione dell’array), ciascuna antenna potrà essere proiettata lungo
un percorso lineare per cui varranno le considerazioni di propagazione
effettuate in precedenza, come in figura 4.3.

Applicando questa semplificazione geometrica diventa possibile associare


ciascuna antenna ad una diversa distanza dal trasmettitore: ponendo
come riferimento un punto qualsiasi oltre l’array lungo il percorso del
segnale, la fase di segnale rilevata su ciascuna antenna risulterà essere

ϕi (t) = (2π f · t) + k · di (4.7)


con di distanza della i-esima antenna dal punto O lungo la DOA

E’ immediato constatare come i di associati alle antenne, siano univoca-


mente legati alla DOA di arrivo. L’informazione completa di fase consiste
però anche di un termine temporale non calcolabile aprioristicamente per
inserirlo in un insieme di dati preparati ad-hoc (l’insieme di dati precal-
colati necessari per la mappatura delle DOA nei sottospazi): il modo
4.1. DEFINIZIONE DI ”INFORMAZIONE DI FASE” 91

Figure 4.3: Ordine di arrivo alle antenne per la DOA rossa

migliore di eliminare il termine non prevedibile consiste quindi nel rile-


vare la fase della antenna rispetto un segnale conosciuto, a frequenza pari
al segnale informativo.

Tale segnale viene posto come riferimento nel rilevamento delle fasi, e
l’integrato phase-detector restituirà in realtà la differenza di fase presente
tra il segnale osservato alla antenna e il segnale di riferimento generato
internamente all’elettronica di controllo dell’array. Il segnale interno avrà
forma

s0 (t) = A · cos (2π f · t + k0 ) (4.8)


con k0 termine di fase generico

in cui il termine k0 ricorda come la fase stessa del segnale di riferimento


non possa essere posta nota.
Supponendo quindi che il phase-detector sia in grado di rilevare la fase
di segnale (e non si “confonda” rilevando la fase di altri segnali spuri),
92 CHAPTER 4. UTILIZZO DELLE INFORMAZIONI DI FASE

per ogni antenna sarà disponibile un dato

ϕi0 = ϕi (t) − ϕ0 (t) = (4.9)


= (2π f · t + k · di ) − (2π f · t + k0 ) = k · di − k0

pari allo sfasamento rilevato tra segnale alla antenna e segnale di riferi-
mento.
La presenza di un termine k0 non deve preoccupare: va tenuto presente
che un accorpamento dell’informazione di fase all’interno degli steer-
ing vectors corrisponderà a trasformare ciascuno steering vector aggiun-
gendo ad ogni guadagno reale un esponenziale complesso rappresentante
la fase da attendere alla antenna per una determinata DOA.
Come illustrato nel paragrafo 2.3.1, gli steering vectors varieranno come
in 4.10.

| a1 |e j· ϕ10
   
| a1 |
 | a2 |   | a2 |e j· ϕ20 
a= . ⇒a= (4.10)
   
 .  . .
. 
 . 
|aL | | a L |e j· ϕ L0
con ai = ai (θ, φ) guadagno dell’antenna per la DOA θ, φ
ϕi0 = ϕi − ϕ0 sfasamento rilevato tra l’antenna i-esima e il riferimento

Nella matrice di segnale RS , il singolo elemento corrisponde, come illus-


trato nel paragrafo 1.2), a

RSij = ai · a∗j = | ai |e j·∠ai · | a j |e− j·∠a j = | ai || a j | · e j·(∠ai −∠a j ) (4.11)


= | ai || a j | · e j·(k·di −k0 −k·d j +k0 )

e nella scrittura è posto in evidenza il fatto che il termine k0 venga elim-


inato, dal momento che la matrice risulta caratterizzata solamente dalle
differenze di fase rilevate tra le antenne. Osservare che lo scarto di fase tra
antenne può anche risultare negativo: quando questo accade, semplice-
mente la i-esima antenna verrà raggiunta dal segnale lungo il percorso
dopo (dal momento che osserva una fase minore) l’antenna j-esima.
Se nella costruzione della matrice RS l’elemento k0 non appare, esso non
condizionerà la formazione dei sottospazi vettoriali di segnale: di con-
seguenza, esso potrà essere scelto, nel precalcolo, in maniera arbitraria,
4.1. DEFINIZIONE DI ”INFORMAZIONE DI FASE” 93

purchè resti costante per tutte le componenti di uno stesso steering vector.

Questo permette di fare due principali considerazioni: la più importante


probabilmente riguarda la libertà totale con cui possa essere scelto il rifer-
imento di misura. La distanza della i-esima antenna da un origine O
lungo l’asse di propagazione, può genericamente essere rappresentata
come la differenza tra la posizione della antenna stessa lungo il riferi-
mento arbitrario e la posizione del punto scelto di origine lungo lo stesso
riferimento: questo porta a fissare

ϕi0 = k · (di − d0 ) − k0 = k · di − (k · d0 + k0 ) (4.12)


| {z }
kC

ma è immediato osservare che il termine k C risulta comunque costante


per ogni antenna, e i suoi effetti scompaiono all’interno della RS .
La considerazione secondaria riguarda l’attenzione da porre a rendere il
più possibile invariante il termine di fase aggiunto dal segnale di riferi-
mento tra i rilevamenti effettuati dalle varie antenne (in quanto il termine
k0 si annulla solo se costante tra rilevamenti distinti). L’accorgimento
da dover seguire sarà quello di far rilevare la differenza di fase mante-
nendo nella sessione di misura il riferimento con fase aggiuntiva pari a
k0 : un buon metodo per assicurarsi che questo accada, potrebbe consis-
tere nell’effettuare le rilevazioni di fase mantenendo tra esse una distanza
temporale pari ad un multiplo del periodo di segnale (in modo che il
segnale di riferimento si riallinei ad una fase aggiunta k0 ). Alternativa-
mente, è possibile optare per un phase-detector che per ogni rilevamento
faccia ripartire il segnale di riferimento con fase k0 costante.
Il non perfetto riallineamento del riferimento, comporterà la presenza di
uno scarto aggiuntivo di errore nel calcolo degli sfasamenti tra antenne,
che in seguito verrà trattato come generico rumore di fase.

Un problema ben più grave su cui è necessaria una importante osser-


vazione, riguarda il fatto che il segnale informativo trattato sia di tipo
periodico. In particolare, la funzione coseno ha periodo 2π : essendo
periodica, vale affermare che

cos (2π f · t + C · 2π ) = cos (2π f · t) ⇐⇒ e j·(2π f ·t+C·2π ) = e j·(2π f ·t) (4.13)


94 CHAPTER 4. UTILIZZO DELLE INFORMAZIONI DI FASE

col risultato che risulta impossibile distinguere fasi diverse solo per la
costante C indicata.
E’ stato osservato come nella matrice RS l’informazione determinante
risulti la differenza di fase rilevata tra le coppie di antenne dell’array:
il dato sensibile risulta quindi

ϕi0 − ϕ j0 = (k · di − k0 ) − (k · d j − k0 ) = k · (di − d j ) (4.14)

con (di − d j ) distanza relativa tra le antenne i e j lungo il percorso di


segnale. Questa risulterà essere la fase del termine RSij all’interno della
matrice caratterizzante il sottospazio di segnale: lo steering vector precal-
colato corrispondente alla DOA dovrà quindi avere componente i-esima

con fase (k · di − k0 ) e componente j-esima con fase k · d j − k0 .

4.1.1 Problema di equivocazione

Prendiamo in considerazione il termine RSij generico:


 
j k · ( di − d j )
| {z }
RSij = P · | ai || a j | · e ϕ
(4.15)

Una equivocazione avviene nel momento in cui ad una coppia di valori


di e d j caratteristici per una determinata DOA viene associato un termine
RSij agli effetti dipendente da due valori differenti.
Nella fattispecie, poniamoci nel caso in cui il termine ϕ superi il valore
del periodo 2π . Questo equivale a poter scrivere il termine come

ϕ = k · (di − d j ) = k · (d a − db ) + C · 2π (4.16)

dove d a e db non corrispondono alle distanze originali attese. In una situ-


azione del genere, per effetto della periodicità varranno le seguenti re-
lazioni:

RSij = P · | ai || a j |e j[k·(di −d j )] = (4.17)


= P · | ai || a j |e j[k·(da −db )+C·2π ] =
= P · | ai || a j |e j[k·(da −db )]
4.1. DEFINIZIONE DI ”INFORMAZIONE DI FASE” 95

e, come è possibile constatare, il valore “osservabile” (e, di conseguenza,


quello che condizionerà gli autovettori associati alla matrice di segnale)
risulterà dipendente da un termine (d a − db ) non relazionabile al termine
originario (in quanto non risulta possibile tornare a ricavare il valore
della costante C). L’elaborazione MUSIC assocerà alla DOA di segnale
uno steering vector con componente i-esima a fase (k · d a − k0 ) e j-esima
a fase (k · db − k0 ) : il problema è che tale steering vector potrebbe esistere
ma associato ad una DOA completamente differente (per cui si rileva uno
sfasamento inter-antenna effettivamente inferiore al periodo). Matemati-
camente, si ricorda che la proiezione sul sottospazio di segnale avviene
eseguendo

||p|| = |u1H · v| (4.18)


con u1 autovettore associato alla matrice di segnale
v steering vector di prova per DOA generica

In presenza di equivocazione, si verifica che partendo da una DOA per


cui valgono le distanze di e d j , si estrae l’autovettore con fasi distinte

..
 
.
| ai | · e j·[k·da ]
 
 
u1 = 
 ..

 (4.19)
 . 
| a j | · e j·[k·db ]

e si presenta il rischio che la proiezione massima sia associata alla DOA


con steering vector v , con fasi pari alle fasi errate, associato in realtà ad
una DOA distinta. Questo perchè tale steering vector, dal momento che
il calcolo delle proiezioni in campo complesso avviene moltiplicando le
componenti di un vettore per le componenti coniugate dell’altro, farà sì
che si annullino gli esponenti di alcuni esponenziali.
96 CHAPTER 4. UTILIZZO DELLE INFORMAZIONI DI FASE

In pratica, calcolando il modulo della proiezione potrebbe risultare che

..
 
.
  |vi | · e j·[k·da ]
 
. . .∗ | · e− j·[k·da ] . . .∗ | · e− j·[k·db ]
 
| | ai |aj ·
 ..
 | = (4.20)

 . 
|v j | · e j·[k·db ]
((( (((
e−(
j·[(
k·d( (j·[k·d a ]
e−(
j·[(
k·d(
a ]+ (j·[k·db ]
b ]+
= | . . . + | ai ||vi | · ( + | a j ||v j | · ( +...|

e, per effetto delle cancellazioni, il suo valore potrebbe essere massimo


per lo steering vector errato, in quanto nella funzione modulo si ha val-
ore massimo quando tutti i valori complessi assumono la stessa fase.
Se effettivamente fosse trovato, nel gruppo degli steering vectors pre-
calcolati, un oggetto con queste caratteristiche, il rischio che esso risulti
a minima proiezione sul sottospazio dei segnali nulli risulterebbe notevol-
mente elevato, per le caratteristiche di complementarietà e ortogonalità
tra i due sottospazi distinti (in sintesi, se la proiezione di un vettore risulta
nulla in uno dei due sottospazi risulterà massima nel sottospazio comple-
mentare).
L’unico modo di evitare il problema, consiste nel limitare la massima dis-
tanza inter-antenne osservabile da una determinata DOA. In particolare,
deve risultare
|k · (di − d j )| < 2π ∀i, j ∈ [1 . . . L] (4.21)
Tenendo presente la 4.5, k = 2π λ con λ pari alla lunghezza d’onda del
segnale: sostituendo si ottiene la relazione fondamentale

| di − d j | < λ ∀i, j ∈ [1 . . . L] (4.22)

che esplicita la condizione di non equivocabilità per gli sfasamenti, espressa


in funzione della distanza reciproca tra antenne lungo la direzione del
segnale in arrivo.
Questa condizione dovrà essere rispettata per qualsiasi DOA possibile
il sistema localizzatore debba identificare: la definizione del settore d’uso
dovrà quindi contemplare anche la verifica delle condizioni per le dis-
tanze inter-antenna.
Fondamentalmente, quindi, le DOA ammissibili per la localizzazione risul-
teranno solo quelle per cui la massima distanza tra due antenne qualsiasi
4.2. INTEGRAZIONE DELLE INFORMAZIONI DI FASE NEI DATI IN MODULO97

dell’array sia inferiore ad una lunghezza d’onda.

4.2 Integrazione delle informazioni di fase nei


dati in modulo
Per garantire la corretta “mappatura” degli steering vectors precal-
colati sul sottospazio dei segnali (e, conseguentemente, anche sul sot-
tospazio complementare dei segnali nulli - vedere paragrafo 1.2), è nec-
essario garantire che il sottospazio vettoriale caratterizzato dalla matrice
R sia compatibile.
Con l’attributo “compatibile”, si vuole specificare come il sottospazio dei
segnali debba essere caratterizzato da un insieme di autovettori (uno per
ogni segnale) che possano risultare paralleli a determinati steering vector
interni al gruppo degli steering vectors precalcolati (vedere 1.2): per as-
sicurarsi che la matrice R formi sottospazi compatibili, dovrà rispettare
determinate regole strutturali.
Per illustrare il concetto, si mostra un esempio generico (su un array di
3 antenne, in presenza di un unico segnale): in una implementazione
MUSIC solo moduli, non si hanno informazioni circa la fase di segnale
rilevata dalle singole antenne rispetto un generico riferimento. In tal caso,
il segnale rilevato dalla i-esima antenna risulterà
 
| a1 |
 | a2 | 
xi ( t ) = | ai | s ( t ) + ni ( t ) ⇒ a =  (4.23)
 
.. 
 . 
|aL |
con | ai | = | ai |(θ, φ) pari al modulo del guadagno della i-esima antenna

Senza illustrare i passaggi (già mostrati nel paragrafo 1.2), si otterrà una
matrice delle covarianze R strutturata come

| a1 || a1 | | a1 || a2 | | a1 || a3 |
   
1 0 0
R = P1 ·  | a2 || a1 | | a2 || a2 | | a2 || a3 | + N · 0
  1 0  (4.24)
| a3 || a1 | | a3 || a2 | | a3 || a3 | 0 0 1
| {z }
RS
98 CHAPTER 4. UTILIZZO DELLE INFORMAZIONI DI FASE

La definizione del sottospazio dei segnali avviene tramite la matrice RS :


una generica matrice R potrà essere quindi considerata “compatibile” con
il gruppo degli steering vectors precalcolati reali (contenenti solo i mod-
uli dei guadagni alle antenne), solo nel caso rispetti la struttura illustrata.
Se così risulta, l’autovettore caratteristico della matrice corrisponderà allo
steering vector corrispondente alla DOA, che risulterà quindi ortogonale
al sottospazio complementare dei segnali nulli: calcolando la proiezione
di ogni steering vector precalcolato sul sottospazio complementare, in
corrispondenza alla DOA corretta si verificherà un minimo assoluto (che,
nel semi-spettro MUSIC corrisponderà ad un punto di massimo - vedere
pargrafo 1.1).

Adesso, sulla stessa configurazione verrà implementato l’algoritmo MU-


SIC con aggiunta delle informazioni di fase.
Gli steering vectors si completano della informazione di fase
 
| a1 | | a 1 | · e j [ k · d1 ]
 

a =  | a 2 |  ⇒ a =  | a 2 | · e j [ k · d2 ]  (4.25)
 
| a3 | | a3 | · e j [ k · d L ]

il modo migliore per scoprire quale sia la struttura compatibile per la


matrice RS , consiste nel ricostruire una generica matrice partendo da
uno steering vector generico nella nuova forma. Applicando sempre i
passaggi del paragrafo 1.2, rapidamente risulta
 
| a1 || a1 | | a1 || a2 | · e j[k·(d1 −d2 )] | a1 || a3 | · e j[k·(d1 −d3 )]
RS = P1 ·  | a2 || a1 | · e j[k·(d2 −d1 )] | a2 || a2 | | a2 || a3 | · e j[k·(d2 −d3 )] 
 
| a3 || a1 | · e j[k·(d3 −d1 )] | a3 || a2 | · e j[k·(d3 −d2 )] | a3 || a3 |
(4.26)
Nella forma 4.26, si osserva quindi la struttura che la matrice RS dovrà
avere per garantire autovettori appartenenti all’insieme degli steering vec-
tors completi modulo/fase.

In generale, si è osservato come la matrice R possa essere scomposta


in somma di più sottomatrici caratteristiche: la RS altro non è che una
delle componenti. Fossimo in presenza della sola RS , l’inserimento delle
fasi risulterebbe una operazione immediata: semplicemente, sarebbe suf-
4.2. INTEGRAZIONE DELLE INFORMAZIONI DI FASE NEI DATI IN MODULO99

ficiente moltiplicare “puntualmente” (termine a termine) la matrice origi-


naria con una matrice comprendente i termini complessi. Sinteticamente:

= RSij senza fasi · e j·[k·di −k·d j ]


   
RSij con fasi
(4.27)

dove

e j·[k·di ] = e j· ϕi0 (4.28)


e j·[k·d j ] = e j· ϕ j0

I termini ϕi0 e ϕ j0 altri non sono che le fasi rilevate (rispetto un gener-
ico riferimento comune) dall’integrato phase-detector, per il segnale inci-
dente sulla antenna i e sulla antenna j.
In presenza di una elaborazione VRMS , la matrice RS risulta esser una
componente non estraibile della matrice R , assieme a tutte le altre ma-
trici di disturbo descritte nella equazione 3.51. Per completare la RS sarà
quindi necessario variare i termini della R complessiva:

= Rij senza fasi · e j·[k·di −k·d j ] =


   
Rij con fasi
(4.29)

= RSij senza fasi · e j·[k·di −k·d j ] + [R N ]senza fasi · e j·[k·di −k·d j ]


 

L’operazione comunque non danneggerà il set di dati: anzi, va tenuto pre-


sente che mentre la matrice RS verrà completata da informazioni in fase
associate correttamente alle componenti di modulo presenti (e, quindi,
nel complesso essa conserverà lo steering vector completo associabile alla
DOA di segnale), le matrici di disturbo (qui rappresentate complessiva-
mente con una unica R N ) avranno componenti in modulo associati a fasi
incompatibili.
Come effetto, esse assumeranno autovettori ancor meno compatibili con
lo spazio degli steering vectors completi di modulo e fase: teoricamente,
quindi, dovrebbe ridursi la probabilità che una delle matrici di disturbo
fornisca un autovettore compatibile con uno steering vector associato ad
una DOA diversa da quella di segnale.
100 CHAPTER 4. UTILIZZO DELLE INFORMAZIONI DI FASE

4.3 Precalcolo degli steering vectors in fase


Avendo trasformato la struttura degli steering vectors, diventa neces-
sario aggiornare alla nuova tipologia tutto l’insieme degli steering vectors
precalcolati utilizzato per effettuare la mappatura a “tentativi” (vedere
paragrafo 1.1).
Prima è stata accennata la variazione sostanziale applicata: un generico
steering vector precalcolato associato ad una determinata DOA viene in-
tegrato della informazione in fase.
 
| a1 | | a 1 | · e j [ k · d1 ]
 

a =  | a 2 |  ⇒ a =  | a 2 | · e j [ k · d2 ]  (4.30)
 
| a3 | j
| a3 | · e L [ k · d ]

Il problema che si pone adesso è come calcolare prevedere i valori delle


fasi per ciascuna DOA precalcolata.
Per la generazione degli steering vectors precalcolati in modulo, si rivela
necessario “tarare” con prove progressive un generico diagramma di ra-
diazione “ipotizzato” sulla base della struttura degli elementi radiativi:
un lavoro decisamente complesso, per di più soggetto a errori introdotti
dal fattore umano presente.
La necessità della taratura è dovuta alla impossibilità attuale di prevedere
con sufficiente sicurezza il comportamento fisico degli elementi radiativi,
in quanto molto suscettibile per qualsiasi minima variazione strutturale
apportata durante il processo di realizzazione, rispetto al modello “ide-
ale” progettato.
La fase del segnale rilevato alla singola antenna, però, risulta molto meno
soggetta al comportamento fisico radiativo per il singolo elemento ricevi-
tore: la “fase” è quasi totalmente associabile al fenomeno di propagazione
del segnale, per sua natura indipendente dalla struttura del ricevitore. In
sintesi, è possibile ipotizzare che, se su una antenna l’SNR posto è tale da
rendere il rilevamento in fase associabile al segnale informativo (quindi
SNR superiore a quanto stabilito per il dispositivo phase-detector in uso),
la fase rilevata risulterà condizionata in buona sostanza solamente dalla
posizione spaziale del ricevitore, indipendente quindi da caratteristiche
strutturali interne (e non prevedibili completamente).
Essendo quindi in presenza di una associazione diretta tra fase e po-
sizione, risulta quindi possibile associare per mezzo di apposite relazioni
4.3. PRECALCOLO DEGLI STEERING VECTORS IN FASE 101

spaziali un gruppo determinato di fasi a specifiche DOA: idealmente,


sarebbe pure garantibile una risoluzione di precalcolo infinita, in quanto
in presenza di relazioni matematiche conosciute dipendenti dalle DOA,
risulterebbe sufficiente porre qualsiasi DOA desiderata per ottenere in-
formazioni di fase precise.
Naturalmente, anche qui si parla di “idealità”: se è vero che la posizione
di una antenna e determinabile, è anche vero che essa può essere soggetta
ad errore di misura; è poi da considerare che le singole antenne potreb-
bero osservare fasi di segnale distinte a seconda del loro orientamento
rispetto alla DOA (ad esempio, in presenza di polarizzazioni circolari
certe antenne ricevono un segnale “diverso” in fase se raggiunte frontal-
mente e dal lato posteriore). Il trattamento degli errori è però semplifi-
cato dalla presenza di un modello matematico semplice e trattabile, in cui
risulta possibile intervenire con appositi fattori di correzione in maniera
semplificata rispetto a ciò che avviene con la taratura di un diagramma
radiativo.
Nel paragrafo verrà illustrato un generico metodo di precalcolo applica-
bile ad array dotati di simmetria sferica, completato da alcune consider-
azioni circa il controllo dell’errore.

4.3.1 Precalcolo in sistemi a simmetria sferica


Ai fini della localizzazione spaziale, una scelta intelligente per la ge-
ometria dell’array di antenne ricevente dovrebbe ricadere su una soluzione
capace di “osservare” tutto lo spazio intorno al sistema. Geometrica-
mente, la soluzione ideale ricadrebbe quindi su una struttura sferica,
in quanto l’unica capace di offrire una faccia perpendicolare a qualsi-
asi DOA possibile in uno spazio a 3 dimensioni.
Questo risulta possibile perchè teoricamente ciascuna faccia della sfera as-
sume dimensioni infinitesime (anzi, in realtà avendo la sfera un numero
infinito di facce, ciascuna tenderebbe ad avere superficie nulla): risulta
per adesso impossibile realizzare antenne puntiformi, quindi l’alternativa
migliore consiste nell’approssimare l’andamento di una sfera con facce di
superficie non trascurabile.
In tal caso, la soluzione ideale ricade sui cosiddetti solidi platonici (illus-
trati in figura 4.4 ): la caratteristica vincente di queste strutture è dovuta
alla loro natura fondamentalmente “sferica”, in quanto tutti possono es-
102 CHAPTER 4. UTILIZZO DELLE INFORMAZIONI DI FASE

sere considerati come “approssimazioni” di una sfera perfetta, con un


numero di facce non infinito.

Figure 4.4: Solidi platonici a minima quantità di facce

In presenza di una struttura sferica, è preferibile utilizzare un sistema


di riferimento in coordinate polari: la scelta permette, tra l’altro, di po-
sizionare agevolmente le diverse DOA all’interno dello spazio per avere
un’idea del problema geometrico.

Figure 4.5: Sistema di riferimento in coordinate polari


4.3. PRECALCOLO DEGLI STEERING VECTORS IN FASE 103

Come si può vedere dalla figura 4.5, gli angoli θ e φ designano univoca-
mente una DOA: attraverso l’immagine è possibile anche avere una idea
del settore d’uso.
Nello specifico, se si impone una simmetria conica, il settore d’uso sarà
definito da un angolo di apertura massimo θ MAX che identificherà il set-
tore spaziale dove viene ammessa la localizzazione (nella illustrazione,
corrispondente all’area superiore).

Nel paragrafo precedente (vedere figura 4.3) si è affermato che, essendo


a grande distanza dalla sorgente, l’intero array viene in ogni punto in-
vestito da un’onda avente la stessa direzione: questo ha permesso di af-
fermare che, per analizzare i ritardi relativi nella ricezione, tutte le an-
tenne potessero essere posizionate lungo un unico percorso di segnale in
un ordine caratteristico associato alla DOA.
Il concetto continua ad essere valido, con l’unica aggravante che adesso
una DOA è caratterizzata da due angoli distinti.
La distanza dall’origine (che, data la velocità di propagazione, permetterà
di ipotizzare l’anticipo di fase rispetto all’origine stessa - come descritto
nel paragrafo precedente) corrisponderà in questo caso alla distanza an-
tenna i-esima/origine lungo la retta caratterizzata dai due angoli: una volta
calcolata questa nuova distanza, varranno tutte le considerazioni prece-
denti.
Geometricamente, il problema si riconduce a dover calcolare la proiezione
del vettore posizione associato ad ogni antenna (vettore che, rispetto
all’origine, identificherà in 3 dimensioni la posizione dell’elemento) lungo
la direzione di arrivo: quest’ultima sarà definita tramite un versore di di-
rezione caratterizzante.

Si ricorda che uno spazio tridimensionale può essere ricondotto ad uno spazio
vettoriale di dimensione 3: un generico punto può essere definito per mezzo di
un vettore che identificherà la sua posizione nello spazio.
 
xP
P( x P , y P , z P ) ⇒ p =  y P  (4.31)
zP
104 CHAPTER 4. UTILIZZO DELLE INFORMAZIONI DI FASE

Una retta è associabile ad un sottospazio vettoriale di dimensione unitaria, in


quanto il sottoinsieme dei punti che ne fanno parte è caratterizzabile da un qual-
siasi vettore ad essa parallelo, moltiplicato per un coefficiente reale variabile (as-
sociabile alla distanza lungo la retta tra punto e origine) la cui variabilità corris-
ponde all’unico grado di libertà del sottosistema.

Figure 4.6: Caratterizzazione di una retta

Supponendo il punto P a distanza r dall’origine (quindi, |OP| = r ), con-


siderando gli angoli in figura 4.6 e applicando le nozioni di trigonometria risulta
immediato affermare:

 x p = r · cos (φ) sin (θ )


  
cos (φ) sin (θ )
y = r · sin (φ) sin (θ ) ⇒ p = r ·  sin (φ) sin (θ )  (4.32)
 p
z p = r · cos (θ ) cos (θ )

dove il vettore p identifica la posizione del punto P nello spazio. Al variare della
costante r, si identificheranno i vettori posizione per qualsiasi punto della retta,
definito su essa per mezzo del valore r stesso (quindi, in uno spazio ad una unica
dimensione). Ponendo r = 1 , si ricava il versore associato alla DOA del segnale.

Ogni direzione è associabile ad un versore distinto e la proiezione del


vettore posizione associato alle singole antenne sulla direzione di arrivo
del segnale corrisponde matematicamente al prodotto scalare tra vet-
tore e versore. Complessivamente, quindi, quello che era il termine di
4.3. PRECALCOLO DEGLI STEERING VECTORS IN FASE 105

propagazione diventa:

k · di − k0 = k · (pi · r̂) −k0 (4.33)


| {z }
(1)
con pi vettore posizione per l’antenna i-esima
r̂ versore associato alla direzione di arrivo

Il termine (1) svolto risulta

pi · r̂ = xi · cos (φ) sin (θ ) + yi · sin (φ) sin (θ ) + zi · cos (θ ) (4.34)

con xi , yi , zi le coordinate da associare all’elemento ricevente.


Da notare che l’antenna i-esima non è un elemento puntiforme: cosa va
inteso quindi come punto caratteristico?
Il punto caratteristico sarà quello per cui, ponendo l’antenna con tale
punto ad una distanza nota dalla sorgente, si riuscirà ad ottenere il ri-
tardo di fase atteso con la massima precisione: tale punto prende il nome
di centro di fase dell’elemento ricevente, e può essere fisicamente associato
al punto spaziale in cui si verifica la conversione di segnale dalla forma
irradiata alla propagazione standard.
Per antenne riceventi di dimensioni ridotte rispetto alla lunghezza d’onda
di segnale, generalmente il centro di fase può essere piazzato al centro ge-
ometrico della antenna stessa.

Stabilita la posizione dei centri di fase per tutte le antenne dell’array


ricevente, sarà possibile calcolare in funzione della DOA (in funzione
degli angoli θ, φ ) la previsione di fase per ogni elemento.
Potendo ignorare la natura del termine k0 (come osservato nel paragrafo
precedente), sarà sufficiente calcolare la funzione

ϕi (θ, φ) = k · ( xi · cos (φ) sin (θ ) + yi · sin (φ) sin (θ ) + zi · cos (θ )) (4.35)

al variare di tutte le DOA per ciascuna delle antenne (variando di volta


in volta le coordinate associate), per completare gli steering vectors pre-
calcolati di una informazione di fase valida.
106 CHAPTER 4. UTILIZZO DELLE INFORMAZIONI DI FASE

4.4 Effetto degli errori di fase

Come sempre, è da tenere presente che non si è in presenza di sis-


temi ideali: la presenza di una informazione spaziale fisica comporta
l’inserimento nel precalcolo di un errore di misura non eliminabile, che
condizionerà le prestazioni complessive del sistema.
Utilizzando steering vectors modulo e fase, è stato detto nel paragrafo
2.3.2, che la proiezione tra uno steering vector di prova e l’autovettore
della matrice RS (ovvero lo steering vector associato alla DOA di seg-
nale) risulterà massima nel caso entrambi abbiano le stesse fasi: la pre-
senza di un errore di misura comporta una variazione nelle fasi dei com-
ponenti dello steering vector precalcolato, così come la presenza di un
errore nel rilevamento di fase comporterebbe una variazione nelle fasi
dell’autovettore della RS . Le variazioni nelle fasi potrebbero diminuire
drasticamente il modulo del prodotto scalare tra l’autovettore e lo steer-
ing vector precalcolato giusto (con il risultato di equivocare la DOA).
Analizziamo matematicamente il fenomeno: con v si indica l’autovettore
della matrice RS , mentre a corrisponde allo steering vector precalcolato
per la DOA corretta. Il modulo del prodotto scalare (proiezione di a su
v ) risulta
L
|v H · a | = | ∑ | v i | e − j∠v i · | a i | e j∠ a i | (4.36)
i =1

e, in assenza di errori di misura o di rilevamento di fase, si ottiene piena


corrispondenza tra i vettori v e a . Di conseguenza, ∠vi = ∠ai e quindi:

L L
|v H · a| = | ∑ |vi |
e−
j∠ a i
e j∠ai | = | ∑ |vi || ai ||
· | ai |

(4.37)
 
i =1 i =1

il valore del modulo risulterà massimo.


Aggiungiamo adesso alle fasi dei componenti dell’autovettore v e del vet-
tore precalcolato a dei termini generici di errore:

∠vi = [∠vi ]e f f ettivo + evi ∠ai = [∠ai ]ideale + eai


con [∠vi ]e f f ettivo = [∠ai ]ideale per la corrispondenza ideale tra v e a (4.38)

dove i termini di errore evi saranno da associare ad errori nella rilevazione


di fase (in quanto errori presenti sull’autovettore associato alla matrice
4.4. EFFETTO DEGLI ERRORI DI FASE 107

RS ricavata dai dati rilevati), mentre i termini eai saranno dovuti agli er-
rori di misura per i centri di fase (in quanto associati allo steering vector
precalcolato).
Genericamente, il modulo della proiezione risulta

j·( e ai −e )
L L | {z vi}
|v H · a| = | ∑ |vi || ai |e− j( ideale + evi )+ j (
vi ]
[∠ ideale + e ai ) |
ai ]
[∠
= | ∑ |vi || ai |e
  ei
|
i =1 i =1
(4.39)
Dalla 4.39, una prima considerazione può derivare dalle caratteristiche
della funzione valore assoluto.
Prendiamo il valore assoluto di una somma generica di termini:

v = || x1 | · e jα1 + | x2 | · e jα2 + . . . + | xn | · e jαn | (4.40)

e poniamo tutte le fasi ad uno stesso valore α .

v = || x1 | · e jα + | x2 | · e jα + . . . + | xn | · e jα | = | (| x1 | + | x2 | + . . . + | xn |) · e jα | =

= | (| x1 | + | x2 | + . . . + | xn |) | · 
|e 
| = | (| x1 | + | x2 | + . . . + | xn |) | (4.41)

Il valore assoluto di una generica sommatoria di termini risulta quindi


massimo se risultano tutti con la stessa fase: questo porta ad eliminare
come causa di errore peggiore gli errori di tipo sistematico (comuni a tutte
le prove/rilevazioni). Un errore comune a tutte le rilevazioni e su tutte
le antenne, non provoca effetti di alcun tipo: tutta l’attenzione va quindi
posta sugli errori di tipo aleatorio.

4.4.1 Effetto di errori nella rilevazione di fase


L’integrato phase-detector, rilevando parametri provenienti da un seg-
nale fisico ed essendo esso stesso un componente non ideale, fornirà in
uscita una fase soggetta al consueto rumore AWGN.
Si suppone che l’integrato fornisca una informazione di fase valida solo
in determinati istanti di tempo, a intervalli regolari, essendo richiesti de-
terminati tempi di elaborazione per ottenere in uscita un dato valido:
il rilevamento di fase, quindi, va osservato come un campionamento di
tipo sample-hold delle fasi di segnale nel tempo. Il prelievo della infor-
mazione di fase corrisponderà quindi al prelievo di un campione della in-
108 CHAPTER 4. UTILIZZO DELLE INFORMAZIONI DI FASE

formazione di sfasamento. Per effetto del rumore, un campione n-esimo


della informazione di fase risulterà essere:

ϕi0 (n · TC ) = [ ϕi0 (n · TC )]e f f ettiva + ni (n · TC ) (4.42)


1
con TC = (k · L )
f0
[ ϕi0 (n · TC )]e f f ettiva = ϕi0
n pari all’indice del rilevamento effettuato

dove TC corrisponderà al tempo di attesa tra due rilevamenti distinti (che,


come suggerito alla fine del paragrafo 4.1, dovrebbe essere scelto multiplo
del periodo del segnale di riferimento di fase).
L’effetto di rumore è modellato dalla presenza del termine ni (n · TC ) :
esso presenta tutte le caratteristiche tipiche del rumore AWGN.
Nel caso il rumore sia a media non nulla, risulta:

nitot = n M + ni (4.43)

con ni campione di rumore AWGN a media nulla, e n M media d’errore


comune a tutti i rilevamenti, dovuta ad eventuali offset di rilevazione
dell’integrato phase-detector.
Analizziamo adesso gli effetti della componente di rumore: considerando
assenti gli errori di misura (trattati nel prossimo paragrafo), in maniera
da poter eliminare i termini di errore associati allo steering vector precal-
colato a .
La proiezione dello steering vector giusto (quindi con ∠vi = ∠ai ), in
presenza di termini nitot , risulta:

L
|v H · a| = | ∑ |vi || ai |e− j(
∠vi +nitot )+ j(ai )
∠
|=

i =1
!
L L
= | ∑ |vi || ai |e− j·(n M +ni ) | = |e− j·n M ∑ |vi ||ai |e− j·ni |=
i =1 i =1
!
L
|e−
= ·n M
j |·| ∑ |vi ||ai |e− j·ni | (4.44)


i =1
4.4. EFFETTO DEGLI ERRORI DI FASE 109

da cui è possibile osservare l’assenza degli effetti dovuti a n M (giustamente,


essendo quest’ultimo un errore di tipo sistematico, come evidenziato
precedentemente). La riduzione delle proiezioni deriva quindi dalla vari-
abilità tra i valori ni per le diverse antenne.

Statisticamente, la variabilità tra valori viene identificata con il parametro


di varianza, pari al quadrato dello scarto quadratico medio, associato al
rumore stesso: una alta variabilità equivale ad affermare che le differenze
nei valori dei campioni di rumore di fase ni provenienti da diverse an-
tenne risultano sufficientemente elevate da non rendere prevedibile il
comportamento delle proiezioni.
Una soluzione di controllo consiste nell’avvicinare i valori nitot per ogni
antenna ai valori medi relativi, comuni a tutti gli elementi (visto che
n M risulta dovuto all’errore sistematico introdotto dal phase-detector).
Idealmente, infatti, considerando il rilevamento dalla antenna i-esima
condizionato dal rumore:

∠vi = [∠vi ]e f f ettivo + (n M + ni ) (4.45)

In presenza di un numero infinito di rilevamenti, il valore medio per


l’insieme dei campioni risulterà essere pari al valore medio per un ru-
more AWGN ideale. Quindi:

E{∠vi } = E{[∠vi ]e f f ettivo } + E{(n M + ni )} =


= [∠vi ]e f f ettivo + n M + E{ni } (4.46)
| {z }
0

con la conseguente eliminazione del termine variabile tra i rilevamenti.


Realisticamente, la raccolta di un numero di campioni infinito non è es-
eguibile: è però vero che aumentando la quantità di campioni in analisi
e considerando come dato di rilevamento la media di più rilevamenti, la
variabilità dei valori nitot diminuirà sensibilmente.

Dalla analisi statistica, è possibile affermare che, considerando ogni ril-


evamento come la media di n campioni (rilevamenti effettivi), lo scarto
110 CHAPTER 4. UTILIZZO DELLE INFORMAZIONI DI FASE

quadratico medio complessivo osservabile tra i rilevamenti risulterà


σ
σosservato = √
n
con σ scarto quadratico medio associato al fenomeno (4.47)

Il dispositivo phase-detector caratterizza la sua non idealità in termini di


massimo errore di fase e il massimo errore di fase può anche essere in-
terpretato come il massimo scarto tra un rilevamento e il valore effettivo:
lo scarto quadratico medio associato al fenomeno AWGN corrisponde
quindi al massimo errore di fase indicato (posto in unità lineari, quindi
non in gradi ma in radianti).
Come massimo errore di fase va considerato il massimo errore casuale non
comune a tutti i rilevamenti: in presenza di un errore di offset costante,
quindi, il massimo errore aleatorio andrà interpretato come lo scarto tra
il massimo errore indicato e l’errore di offset sistematico.

Aumentando la quantità di campioni, lo scarto quadratico osservato ten-


derà a diminuire. Interpretando questo parametro come l’ampiezza dell
intervallo di valori che i rilevamenti distinti potranno assumere (per come
è strutturata la distribuzione normale, rilevamenti con valori esterni all
intervallo indicato risultano a bassa probabilità di apparizione), la sua
diminuzione indicherà una maggiore somiglianza tra i valori nitot associabili
a ciascuna antenna: una maggiore somiglianza (e, con n → ∞ , l’identicità
tra tutti i termini) porterà ad aumentare il valore di proiezione tra autovet-
tore e steering vector corretto.

Nel grafico 4.7, viene illustrato l’andamento dello scarto quadratico os-
servato, per diversi scarti quadratici di misura (ovvero, diversi errori
“massimi” indicati per il phase-detector), dipendentemente dal numero
di campioni per rilevazione singola.

Per verificare l’andamento delle proiezioni dipendentemente dallo scarto


quadratico osservato, si calcola il valore della proiezione tra autovettore
di RS e steering vector associato alla DOA in presenza di sole infor-
4.4. EFFETTO DEGLI ERRORI DI FASE 111

Figure 4.7: Scarti quadratici osservati dipendentemente dalla quantità


di campioni considerata

mazioni di fase:

e j·∠v1 e j·∠a1
   

v =  ...  a =  ...  (4.48)


   

e j·∠v L e j·∠a L

In assenza di errori di fase (quindi ∠vi = ∠ai per ogni i), il valore del
prodotto scalare risulta massimo pari a

e−(
j·∠ 1 · e j ·∠ a1 + . . . + e −(
j·∠v L
· e j·∠a L | = | L|
( (
|v H · a| = |( (v( ((( (((
( (( (4.49)

La accuratezza MUSIC risulterà tanto maggiore quanto verrà massimiz-


zato il valore del prodotto scalare tra autovettore e steering vector cor-
retto: generalmente, una ottima accuratezza (entro 5◦ di errore sui due
angoli di rilevamento) può essere raggiunta imponendo alla proiezione
in presenza di errori un valore entro il 99.5% del valore massimo corretto
(a seconda delle esigenze, però, il livello percentuale di soglia può anche
essere aumentato).
Per avere una idea della funzione proiezione al variare dello scarto qua-
dratico osservato, si pone per ogni componente di v :

∠v i = ∠ a i + n i

Tenendo presente che lo scarto osservato corrisponderà al raggio dell’intorno


di 0 contenente il valore ni (ignorando la presenza di un errore medio), si
112 CHAPTER 4. UTILIZZO DELLE INFORMAZIONI DI FASE

sceglie come situazione di test quella in cui

σoss − (−σoss )
 
2
ni = · i − σoss = σoss · i−1 con i = 1 . . . L
( L − 1) ( L − 1)
(4.50)
per essere sicuri di ottenere la massima variabilità tra i valori ni .

Visto che il concetto sarà riutilizzato in seguito, apriamo qui un piccolo appro-
fondimento.
Siamo nella situazione di dover verificare il comportamento di una funzione
dipendente da un numero L di parametri, provenienti dalla stessa variabile aleato-
ria. La distribuzione statistica della variabile sarebbe di tipo normale con scarto
quadratico medio pari σ e media pari a µ , ma si suppone che la probabilità di
osservare un parametro esterno all’intervallo [−σ + µ, σ + µ] sia trascurabile.
Si è osservato come il modulo di una somma di numeri complessi sia massimo
quando tutti gli addendi risultino in fase: inversamente, il valore diminuirà
quanto più le fasi saranno distinte. Dal momento che i parametri L aleatori sono
parametri di fase, una buona approssimazione del caso peggiore corrisponderà alla
situazione in cui tutte le fasi saranno tra loro distinte (visto che con fasi iden-
tiche il modulo tende ad aumentare): lavorando su intervalli piuttosto ristretti,
un allontanamento eccessivo nella scelta tra due valori di fase comporterebbe un
avvicinamento eccessivo di altri due valori, quindi l’idea migliore per distinguere
tutti i valori consiste nel prelevarli uniformemente da tutto l’intervallo. Per avere
una idea della situazione:

Figure 4.8: Problemi di distribuzione dei valori (a) e soluzione (b)

Il campionamento uniforme dell’intervallo garantisce la massima distanza tra


tutti i valori prelevati (e, quindi, nel modulo di una somma di complessi è una
4.4. EFFETTO DEGLI ERRORI DI FASE 113

buona approssimazione del caso peggiore). Come già osservato, il campionamento


corrisponde generalmente a:

Emax − Emin
ni = · i + Emin con i ∈ 1 . . . L (4.51)
( L − 1)

e nel caso in analisi si pone Emin = −σoss e Emax = σoss .

Sono riportati in figura 4.9 gli andamenti delle proiezioni per due generici
array di 6 e 10 antenne, corrispondenti agli andamenti della funzione

L L h 
2
i
− j· σoss · ( L− i −1
p(σoss , L) = | ∑ e − j · ni
|=|∑e 1) | (4.52)
i =1 i =1

al variare del parametro L, con variabile indipendente σoss .

Figure 4.9: Andamento delle proiezioni per steering vector corretto (a)
con 3 antenne, (b) con 6 antenne

Dalla analisi dei grafi in figura 4.9, si osserva come il valore σoss massimale
per garantire una proiezione entro il 99.5% della massima sia poco dipen-
dente dal numero di antenne dell’array: posto il valore σoss , sarà possi-
bile, conoscendo il massimo errore aleatorio di fase introdotto dal phase-
detector (corrispondente allo scarto quadratico σ ), valutare la funzione
σoss (σ ) e stabilire su quanti campioni di fase effettuare la media per ot-
tenere una accuratezza soddisfacente.

A scopo illustrativo, effettuiamo la analisi in presenza di un array con


114 CHAPTER 4. UTILIZZO DELLE INFORMAZIONI DI FASE

L=6 e phase-detector con errore di offset pari a 2◦ , e massimo errore di


fase pari a 23◦ (dati provenienti da data-sheet).
Lo scarto aleatorio di misura, corrisponde a

σ = Massimo errore di fase − Errore di offset = 23◦ − 2◦ = 21◦

e il valore dello scarto quadratico osservato al variare di n risulta (ri-


cordando che in termini matematici si fa sempre riferimento ai valori in
radianti)
σ · 180
π

σoss = √ (4.53)
n
L’accuratezza massima viene garantita con la proiezione associata allo
steering vector corretto entro il 99.5% della proiezione massima: dai grafici
4.9, risulta quindi che il valore σoss deve mantenersi entro 0.14. Quindi:

σ · 180
π

σoss ≤ 0.14 ⇒ √ ≤ 0.14 (4.54)
n

e, risolvendo rispetto a n, si ricaverà

√ 21 · 180
π
n≥ ⇒ n ≥ 6.85 → n ≥ 7 (4.55)
0.14

4.4.2 Effetto di errori nella misura dei centri di fase


Analizziamo adesso l’effetto degli errori complementari a quelli di ril-
evazione: mentre nel paragrafo precedente si è partiti dall’ipotesi che gli
steering vectors precalcolati fossero perfetti, e l’unico errore fosse dovuto
al rilevamento di fase, ora verrà posta attenzione all’errore di precalcolo
purtroppo inevitabile dipendendo da misure fisiche.
Non è necessaria una analisi combinata dei due effetti di errore, perchè
supponendo di cercare sempre la condizione di funzionamento migliore,
ognuno dei due effetti potrà essere considerato come l’unico presente: se
infatti si suppone di effettuare un errore di rilevamento di fase trascur-
abile (perchè si rispettano le condizioni per limitarlo), tutto l’errore di
localizzazione causato dalle fasi sarà dovuto al solo effetto degli errori di
precalcolo.
Supponendo quindi perfetto il rilevamento di fase, le uniche fasi soggette
ad errore risulteranno quelle dello steering vector precalcolato. Per anal-
4.4. EFFETTO DEGLI ERRORI DI FASE 115

izzare il comportamento delle proiezioni dovuto agli errori di fase, per


semplicità si continua a lavorare su un ipotetico rilevamento in fase pura.
Si ha quindi:

e j·∠v1 e j·∠a1
   

v =  ...  a =  ... 
   

e j·∠v L e j·∠a L
∠vi = [∠vi ]e f f ettivo ∠ai = [∠ai ]ideale + eai (4.56)

Ripartiamo dalla analisi del modulo della proiezione dello steering vector
corrispondente alla DOA corretta sull’autovettore v della RS . Come nella
4.49, risulta che in assenza di errori la proiezione perfetta dovrebbe avere
modulo pari a L, e la accuratezza massima nella localizzazione si ottiene
se il modulo resta entro il 99.5% del valore massimo.
Il modulo della proiezione, sapendo che [∠vi ]e f f ettivo = [∠ai ]ideale è carat-
terizzato dalla funzione
L L
|v H · a| = | ∑ e− j[∠vi ]e f f ettivo · e j([∠ai ]ideale +eai ) | = | ∑ e j·eai | (4.57)
i =1 i =1

in cui è necessario definire i termini eai .

Dal paragrafo 4.3.1, è stata dimostrata la relazione tra la fase rilevata


alla antenna i-esima e la posizione del suo centro di fase: nello specifico,
è stato illustrato che la fase del componente i-esimo dello steering vector
precalcolato corrisponde a


 k x = k · cos (φ) sin (θ )
 k y = k · sin (φ) sin (θ )

∠ ai = k x · xi + k y · yi + k z · zi con k z = k · cos (θ ) (4.58)

 k = 2π f numero d’onda


v f

con xi , yi , zi le coordinate spaziali del centro di fase.


Genericamente, la presenza di un errore di misura può essere rappresen-
tata come la presenza, per ogni dimensione, di un termine additivo di
scarto.
116 CHAPTER 4. UTILIZZO DELLE INFORMAZIONI DI FASE

Matematicamente, è possibile scrivere:

∠ai = k x · ( xi + ∆xi ) + k y · (yi + ∆yi ) + k z · (zi + ∆zi )


= k x · xi + k y · yi + k z · zi + k x · ∆xi + k y · ∆yi + k z · ∆zi
 
(4.59)
| {z } | {z }
[∠ai ]ideale eai

dove si osserva chiaramente a cosa corrisponda il termine eai .


Il termine eai risulta una combinazione lineare di tre termini associabili
ad errori di misura indipendenti tra loro: il singolo errore di misura può
essere modellato ancora come una variabile aleatoria con distribuzione
normale, a media nulla e scarto quadratico pari allo scarto quadratico as-
sociabile alla operazione di misura.

Il fatto che l’errore di misura possa essere modellato come variabile aleatoria
normale a media nulla, deriva dal poter modellare la misura complessiva come
variabile aleatoria con media pari (per infinite prove) al suo valore vero. In prat-
ica, se mk corrisponde alla k-esima misura lineare di una dimensione, varrà per
infinite prove
E{mk } = M con M pari al valore vero (4.60)
Con l’errore di misura, la singola prova k-esima consisterà in

mk = M + ∆mk (4.61)

in cui M non sarà termine variabile tra le prove. Dal momento che il valore
medio complessivo risulta pari a M, se ne deduce che il valore medio della vari-
abile aleatoria ∆mk risulta pari a 0.
Associando alla variabile aleatoria ∆mk il solo effetto di errore di misura, essa
dovrà avere valore medio nullo e scarto quadratico medio pari allo scarto quadra-
tico medio di misura.

Essendo eai combinazione lineare di tre termini associabili ad errori di


misura indipendenti, anch’esso potrà essere modellato statisticamente
come una variabile aleatoria normale: per linearità, il suo valore medio
risulta

E{eai } = k x · E{∆xi } + k y · E{∆yi } + k z · E{∆zi } = 0 (4.62)


4.4. EFFETTO DEGLI ERRORI DI FASE 117

Lo scarto quadratico associato a eai indica il raggio dell’intorno del val-


ore medio (quindi 0) in cui il valore può ricadere: essendo eai funzione di
tre variabili aleatorie indipendenti (in quanto gli eventi di misura non si
condizionano reciprocamente), deve essere applicata la legge per la com-
posizione delle incertezze. Sinteticamente (per ulteriori approfondimenti
si consiglia la lettura di un testo di statistica descrittiva), risulta:
v
u   !2   !2   !2
u ∂e ai ∂eai ∂eai
∆eai = t · ∆xi + · ∆yi + · ∆zi
∂∆xi ∆xi ∂∆yi ∆yi ∂∆zi ∆zi
(4.63)
essendo le variabili indipendenti ∆xi , ∆yi , ∆zi .
Svolgendo, risulta:
q
2
∆eai = (k x )2 · ∆xi + k y · ∆yi + (k z )2 · ∆zi (4.64)

con ∆xi , ∆yi , ∆zi , si identifica lo scarto quadratico associato alle misure
dei centri di fase lungo gli assi coordinati. Supponendo lo stesso stru-
mento di misura, è possibile porre ∆xi = ∆yi = ∆zi = ∆l , e la equazione
precedente si semplifica ulteriormente in
r 
∆eai = k2x + k2y + k2z · ∆l (4.65)

dove con ∆eai si esprime lo scarto quadratico associato alla variabile aleato-
ria eai (corrispondente al raggio dell’intorno di 0 entro cui il valore eai potrà
cadere, dal momento che a valori esterni all’intorno la distribuzione sta-
tistica associa probabilità di apparizione bassa).

Per il formalismo adottato finora, ∆eai è lo scarto quadratico medio as-


sociato all’insieme dei campioni di misura per la sola antenna i-esima.
Avendo però scorporato i “valori veri” di misura precedentemente (al
momento della separazione del termine eai in 4.59), lo stesso scarto qua-
dratico potrà essere associato all’insieme dei campioni di misura per tutte
le antenne distinte: in pratica, ogni fase precalcolata i-esima comprenderà
un termine eai aleatorio, con distribuzione normale a media nulla e scarto
quadratico ∆eai .
Il modulo della proiezione risulta dipendente dai termini ea1 . . . eaL , e
118 CHAPTER 4. UTILIZZO DELLE INFORMAZIONI DI FASE

ciascuno di essi corrisponderà ad un campione casuale della variabile


aleatoria eai con le caratteristiche appena descritte. Da notare che, in
questo contesto, la diminuzione dello scarto di misura sarà comunque ot-
tenuta aumentando il numero di campioni su cui mediare le misure: con
l’aumento della dimensione campionaria, i valori ∆xi , ∆yi , ∆zi diminuiranno
di conseguenza e ridurranno lo scarto quadratico per la eai .

Stabilite queste premesse, si osserva come l’analisi degli effetti di errore si


avvicini alla analisi degli effetti per gli errori di rilevazione generici. Nuo-
vamente, si suppone che l’insieme peggiore di valori eai sia quello com-
prendente tutti i valori equidistanti tra loro (campionamento uniforme
dell’intervallo).
Sapendo che la probabilità di osservare valori eai esterni all’intervallo
definito dallo scarto quadratico è bassa, è possibile porre
" r r #
  
eai ∈ [−∆eai , ∆eai ] = − k2x + k2y + k2z · ∆l, + k2x + k2y + k2z · ∆l

Quindi si ottengono L campioni distribuiti uniformemente lungo l’intervallo


ponendo (come osservato nella 4.51)

∆eai − (−∆eai )
 
2
eai = · i − ∆eai = ∆eai · i−1 (4.66)
( L − 1) ( L − 1)

Si traccia quindi la funzione

L L h  i
2
j· ∆eai · ( L− i − 1
p(∆eai , L) = | ∑ e j·eai
|=|∑e 1) | con i = 1 . . . L (4.67)
i =1 i =1

e si cerca il valore ∆eai massimale entro cui la proiezione resta entro il


99.5% del valore massimo pari a L. Gli andamenti sono identici a quelli
visti in 4.4.1, riproposti di seguito.

Stabilito il valore massimale per ∆eai , si può passare a valutare lo scarto


quadratico massimo ammesso nelle singole misure (posto come ∆l unico):
r 
∆eai ≤ [∆eai ]max ⇒ k2x + k2y + k2z · ∆l ≤ [∆eai ]max (4.68)
4.4. EFFETTO DEGLI ERRORI DI FASE 119

Figure 4.10: Andamento delle proiezioni per steering vector corretto (a)
con 3 antenne, (b) con 6 antenne

da cui si ricava (tralasciando i valori negativi privi di significato)

([∆eai ]max )2
∆l ≤   (4.69)
k2x + k2y + k2z
| {z }
[∆l ]max

In base al valore di ∆l richiesto, si può così stabilire la quantità di cam-


pioni da rilevare nella misura, seguendo la relazione già osservata e qui
riproposta
σ
∆l = √
n
con σ pari allo scarto quadratico di misura (associabile alla accuratezza dello strumento usato)
n la quantità di campioni prelevati (4.70)

Da notare che il valore [∆l ]max risulta dipendente dalla DOA di arrivo:
per andare sul sicuro, si sceglie il minimo valore possibile ponendo
 
k2x + k2y + k2z = k2 + k2 + k2 = 3 · k2

con k numero d’onda: in realtà, questo valore risulta inferiore al min-


imo possibile, in quanto non esiste coppia di angoli θ, φ tale da ottenere
k x = ky = kz .
120 CHAPTER 4. UTILIZZO DELLE INFORMAZIONI DI FASE

Alternativamente, è possibile utilizzare la limitazione sul parametro ∆l in


altro modo: ponendo il valore [∆l ]max come massimo valore ammesso sul
parametro ∆eai , può essere fissata la relazione

∆eai ≤ [∆eai ]max (4.71)

e adesso non imponiamo l’uguaglianza tra gli scarti delle misure sui di-
versi assi. Scriviamo allora:

k x · ∆xi + k y · ∆yi + k z · ∆zi ≤ [∆eai ]max (4.72)

con naturalmente ∆xi , ∆yi , ∆zi quantità positive. Ponendo k x = k y = k z =


k , con k numero d’onda (vedere 4.58) risulta

[∆eai ]max
∆xi + ∆yi + ∆zi ≤ (4.73)
k
e l’equazione si presta ad una interpretazione interessante: conoscendo
il massimo errore possibile su uno qualsiasi dei tre assi, magari perchè
per struttura dell’array la misura corrispondente risulta più difficoltosa,
risulta possibile determinare l’insieme delle coppie di errori massimi ot-
tenibili sui due assi rimanenti.

Per fare un esempio, poniamo di dover analizzare un array di 6 an-


tenne, e di aver stabilito l’incertezza di misura lungo l’asse x (ad esempio,
∆xi = 0.001m ) in un sistema funzionante a frequenza 2.45GHz.
In presenza di 6 antenne, si ha [∆eai ]max = 0.14 (estratto dal confronto tra
la funzione 4.67 e il livello di soglia 99.5% · 6 ).
Il numero d’onda risulta

2π f 2π · 2.45 · 109
k= = ≈ 51.31 (4.74)
vf 3 · 108

quindi si arriva ad una equazione finale del tipo

0.14
∆yi + ∆zi ≤ − 0.001 (4.75)
51.31
L’insieme dei valori ∆yi , ∆zi (con ∆yi , ∆zi > 0 ) per cui la disequazione
risulta verificata, identifica l’insieme di scarti massimi ammessi per le
4.4. EFFETTO DEGLI ERRORI DI FASE 121

misure lungo i due assi y e z. Per avere un’idea della soluzione, guardare
il grafico 4.11.

Figure 4.11: Soluzione grafica al problema

La superficie inclinata semitrasparente corrisponde alla funzione

f (∆yi , ∆zi ) = ∆yi + ∆zi

mentre la superficie orizziontale rossa rappresenta il limite massimo

[∆eai ]max
zmax = − ∆xi
k
La sezione contornata nella vista in pianta, evidenzia la regione del piano
(∆yi , ∆zi ) per cui la disequazione è valida: una qualsiasi coppia di scarti
inclusa in essa, comporterà un errore nelle proiezioni minore dell’errore
massimo consentito.
[∆eai ]max
Da notare che, nel caso fosse stato ∆xi > k ⇒ zmax < 0 , il sistema
non avrebbe avuto soluzioni: in tal caso, con il ∆xi posto, non sarebbe
mai possibile avere la proiezione massima sopra la soglia (ed in tal caso
è necessario diminuire il parametro, o accontentarsi di una minore accu-
ratezza).
122 CHAPTER 4. UTILIZZO DELLE INFORMAZIONI DI FASE

4.5 Utilizzo del phase-detector


Finora non è stata posta attenzione al procedimento effettivo di rile-
vamento di fase: si è supposto di avere già a disposizione il parametro
di sfasamento rilevato segnale-riferimento per ogni antenna, modellando
gli effetti di errore come rumore AWGN sovrapposto alla informazione
di fase. Il modello AWGN viene caratterizzato in base alle deviazioni rile-
vate sulla risposta finale di fase: esso quindi può essere trattato indipenden-
temente dal processo di estrazione del parametro finale partendo dalla
risposta del phase-detector.
Il phase-detector associa ad ogni sfasamento rilevato tra due segnali un
particolare livello di tensione: esistono implentazioni differenti (facenti
uso di mixer o reti digitali), ma tutte sono soggette ad una pericolosa am-
biguità di risposta non eliminabile.
Consideriamo il caso di due segnali monocromatici: in figura 4.12, viene
evidenziato in rosso un ipotetico segnale di riferimento da confrontare
con un segnale informativo alla stessa frequenza (traccia nera-blu).

Figure 4.12: Segnale informativo in confronto di fase

L’ambiguità deriva dalla impossibilità di stabilire quale dei due segnali


avesse una fase di partenza maggiore: nel caso in figura, un periodo di
riferimento può essere confrontato sia con un periodo anticipato in fase
(quindi con fase maggiore, tracciato in blu), sia con un periodo postici-
pato (tracciato in nero, con fase minore). Le differenze di fase rispetto al
4.5. UTILIZZO DEL PHASE-DETECTOR 123

riferimento nei due casi variano sensibilmente:

Periodo anticipato (blu) → ϕ − ϕ0 = 590◦ − 360◦ = +230◦


Periodo posticipato (nero) → ϕ − ϕ0 = 230◦ − 360◦ = −130◦

Da un punto di vista fisico, le due differenze di fase andrebbero asso-


ciate a configurazioni di ricezione differenti: ponendo due antenne a con-
fronto, l’antenna con sfasamento positivo risulterebbe anticipata rispetto
quella con sfasamento negativo, ma non avendo mezzi per stabilire nel
rilevamento quale risultato scegliere, l’informazione assume valore com-
pletamente casuale (con il rischio di peggiorare le informazioni di rileva-
mento).
Lo scarto tra i due valori può essere considerato come un’indice quali-
tativo dell’integrato phase-detector in uso: il caso base preso in esempio
presenta una indecisione costante (pari a 230◦ − (−130◦ ) = 360◦ ). Per-
fezionando l’implementazione (ad esempio, non utilizzando gli attraver-
samenti dello zero come riferimento - per approfondire si rimanda ad un
testo di elettronica analogica), il tasso di indecisione può essere ristretto,
ma il problema di ambiguità rimane.

4.5.1 Esempio di utilizzo di un integrato AD8302


Prendiamo come esempio di implementazione commerciale, l’integrato
AD8302 della Analog Microdevices, dotato di una unità phase-detector
in grado di associare un livello di tensione in uscita ad uno sfasamento
rilevato tra gli ingressi, imposti come segnali monocromatici. La figura
(estratta dal datasheet relativo, disponibile al sito della Analog Microde-
vices) illustra la funzione di trasferimento tra differenza di fase rilevata e
l’uscita in tensione fornita.

Osservare che, ad un livello di tensione rilevato, vengono associati due


diversi sfasamenti. Via via che il segnale si avvicina in fase al segnale
di riferimento, è possibile notare la diminuzione della ampiezza di in-
decisione (in quanto ad una tensione possono essere applicati valori di
sfasamento più prossimi).
Nella catena di rilevamento, elaborando il valore di tensione proveniente
dal phase-detector non si hanno indicazioni sull’anticipo/ritardo della i-
124 CHAPTER 4. UTILIZZO DELLE INFORMAZIONI DI FASE

Figure 4.13: Tensioni di uscita in funzione degli sfasamenti rilevati: com-


portamento con alimentazione a 5V, per diverse frequenze

esima antenna rispetto al riferimento, quindi non si è in grado di scegliere


quale tra i due possibili valori di sfasamento sia corretto: per il tratta-
mento della ambiguità si segue il procedimento descritto al paragrafo
successivo.
In modulo, il valore dello sfasamento può essere rilevato agevolmente
grazie alla simmetria pari della funzione: in particolare, lavorando sulla
porzione a fase positiva, è possibile a partire dai dati osservabili dal grafo
ricostruire matematicamente le relazioni fase-tensione suddividendo la
funzione in 3 tratti fondamentali (1 e 3 parabolici, 2 lineare).

A scopo illustrativo vengono mostrati i passaggi matematici per la iden-


tificazione della funzione di trasferimento, la cui inversa permetterà di
calcolare il modulo dello sfasamento partendo dal livello di tensione.
Considerando i termini Vi , V1 , V2 , Vf , A1 , A2 come in figura 4.14 è possi-
bile utilizzando le nozioni di analisi matematica elaborare un best fit per
la funzione in esame: tenere presente che l’AD8302 presenta funzioni
di trasferimento dipendenti dalla frequenza del segnale in esame. Le
costanti inserite nei sistemi dovranno quindi essere sostituite con i valori
di volta in volta validi per la frequenza scelta.
4.5. UTILIZZO DEL PHASE-DETECTOR 125

Figure 4.14: Interpolazione sui tratti della funzione

Identificazione del tratto lineare (2): (4.76)

V ( ϕ) = m · ϕ + q
∆V V − V1
m= = 2
∆ϕ A2 − A1
V2 − V1 V1 A2
V ( A2 ) = m · A2 + q = V2 ⇒ q = V2 − · A2 =
A2 − A1 A2 − A1

V2 − V1 V1 A2
V ( ϕ) = ·ϕ+ con ϕ ∈ [ A1 , A2 ]
A2 − A1 A2 − A1

La funzione appare continua nei punti di giunzione con gli andamenti


parabolici (1) e (3). Per garantire la continuità, le parabole devono pre-
sentare la stessa derivata prima del tratto lineare nei punti di giunzione:
inoltre, esse devono passare per i punti estremi stabiliti.
126 CHAPTER 4. UTILIZZO DELLE INFORMAZIONI DI FASE

Identificazione del tratto parabolico (1): (4.77)

V ( ϕ ) = a · ϕ2 + b · ϕ + c con ϕ ∈ [0◦ , A1 ]
V 0 ( ϕ) = 2a · ϕ + b


0 V2 −V1
 V ( A1 ) = m = A2 − A1 = 2a · A1 + b

V (0) = Vi = c
 V ( A ) = V = a · A2 + b · A + c

1 1 1 1

Risolvendo il sistema si ricava:



A2 (Vi −V1 )+ A1 (V2 −Vi )
 a=

 A21 ( A2 − A1 )
2A2 (Vi −V1 )+ A1 (V1 +V2 −2Vi )
 b=
 A1 ( A2 − A1 )
c = Vi

Identificazione del tratto parabolico (3): (4.78)

V ( ϕ ) = a · ϕ2 + b · ϕ + c con ϕ ∈ [ A2 , 180◦ ]
V 0 ( ϕ) = 2a · ϕ + b

V2 −V1

0
 V ( A2 ) = m = A2 − A1 = 2a · A2 + b

V ( A2 ) = V2 = a · A22 + b · A2 + c
 V (180) = V = a · 1802 + b · 180 + c

f

Risolvendo il sistema si ricava:


A2 (V1 −Vf )+ A1 (Vf −V2 )+C (V2 −V1 )

 a = A3 − 2 2
2 A2 ( A1 +2C )+ A2 C (2A1 +C )− A1 C


 2 (V +V −2V )+ A (2V A −2V A )+C2 (V −V )
A

 b= 2 1 2
 f 2 f 1 2 1 2 1
(C − A2 )(CA2 −CA1 − A22 + A1 A2 )
 A32 Vf − A22 (CV2 +CV1 + A1 Vf )+CA2 (2V2 A1 +CV1 )−C2 A1 V2



 c = (C − A2 )(CA2 −CA1 − A22 + A1 A2 )


C = 180

4.5. UTILIZZO DEL PHASE-DETECTOR 127

I termini a, b, c vanno approssimati numericamente sulla base della


caratteristica di risposta. Invertendo le funzioni, posto un valore di ten-
sione prelevato dall’integrato si ricaverà il rispettivo valore di sfasamento
in modulo.

4.5.2 Eliminazione della ambiguità


Si è detto che le informazioni di fase ricavate dal phase-detector sono
soggette ad una ambiguità piuttosto grave: è necessario quindi trovare il
modo di selezionare l’informazione “giusta’, per evitare che la aggiunta
delle fasi nella elaborazione MUSIC comporti un peggioramento drastico
delle prestazioni.
Fondamentalmente l’indecisione sulla informazione di fase si traduce nel
non poter stabilire se l’elemento i-esimo rilevi un segnale in anticipo o
in ritardo rispetto al riferimento: conseguentemente, ponendo le fasi a
confronto, si perdono le relazioni di anticipo/ritardo tra le varie antenne
dell’array.
Andrebbe trovato il modo di stabilire, esternamente alla rilevazione di
fase, informazioni sull’ordine di ricezione lungo il percorso di propagazione
del segnale, per poter generare il modello semplificato visto in 4.3. Ap-
parentemente, quindi, andrebbero conosciute a priori le distanze tra an-
tenne proiettate lungo la direzione di segnale: il rilevamento di fase si
è introdotto sostanzialmente con il fine di ottenere questa informazione,
quindi una simile condizione renderebbe inutile tutto il sistema mostrato
finora.
E’ possibile però semplificare il problema: l’informazione di fase per la
singola antenna è stata definita come lo sfasamento rilevato tra il segnale
e il riferimento interno.
Si è posta la fase della componente i-esima di uno steering vector come

∠ai = ϕi0 = k · di − k0 (4.79)

dove la presenza di un termine costante (non dipendente da di ) si è detto


non mostri effetti.

Qualsiasi antenna presenta la stessa relazione: scelta una antenna come


antenna di riferimento, è quindi possibile esplicitare tutte le fasi rilevate in
128 CHAPTER 4. UTILIZZO DELLE INFORMAZIONI DI FASE

relazione alla sua fase. Ponendo l’antenna di riferimento i=R, si ha:

∠a R = ϕ R0 = k · d R − k0 ⇒ k0 = k · d R − ϕ R0 (4.80)

e risostituendo nella forma generica si ottiene

∠ai = k · (di − d R ) + ϕ R0 = ϕiR + ϕ R0 = ϕi0 (4.81)


| {z }
ϕiR

dove è possibile notare la nascita del termine ϕiR , corrispondente allo


sfasamento rilevato tra la i-esima antenna e la antenna di riferimento.
Il vantaggio ottenuto da questa variazione formale diventa notevole: adesso
tutte le fasi possono essere espresse in termini di confronto tra le i-esime
antenne e l’antenna di riferimento.
Scegliendo come antenna di riferimento quella sicuramente raggiuna in
anticipo rispetto a tutte le altre (quindi la prima sul cammino di segnale),
si ottiene la certezza che tutte le altre antenne saranno raggiunte in ritardo.
Ciò equivale ad affermare che, obbligatoriamente

ϕiR ≤ 0 con i = 1 . . . L, i 6= R (4.82)

in quanto le altre antenne risultano in ritardo al riferimento. Di con-


seguenza, tenendo presente la 4.81, si potrà affermare

ϕiR = ϕi0 − ϕ R0 ⇒ ϕi0 − ϕ R0 ≤ 0


ϕi0 ≤ ϕ R0 con i = 1 . . . L, i 6= R (4.83)

Il risultato è notevole. Finora eravamo nell’impossibilità di scegliere tra


il valore positivo o negativo per i valori di sfasamenti: adesso potremo
scegliere con cognizione di causa i valori da associare gli sfasamenti per
le altre antenne.

Associando alla antenna di riferimento uno sfasamento positivo, per i


dati rilevati dall’elemento i-esimo potranno verificarsi due casi, associati
idealmente, ai responsi da due antenne generiche 1 e 2 rispetto una an-
tenna di riferimento posta:
4.5. UTILIZZO DEL PHASE-DETECTOR 129

Figure 4.15: Esempio di risposte date dal phase-detector AD8302

1. il valore di sfasamento positivo rilevato risulta maggiore dello sfasa-


mento rilevato per l’antenna di riferimento: in tal caso, è possibile
scegliere con tranquillità il valore negativo (figura 4.15a);

2. entrambi i valori di sfasamento (positivo e negativo) risultano infe-


riori allo sfasamento rilevato per la antenna di riferimento (figura
4.15b).

Analizziamo un attimo il responso per la seconda antenna, in cui en-


trambi i valori di fase sembrano validi (in quanto inferiori allo sfasamento
rilevato rispetto alla antenna di riferimento).
In presenza di due valori di sfasamento apparentemente validi, è possi-
bile scegliere quello corretto tenendo presente le dimensioni fisiche dell’array.
Sappiamo che il cammino tra due antenne qualsiasi deve risultare, per
costruzione, inferiore alla lunghezza d’onda di segnale (come illustrato
in 4.22). Se |di − d R | ≤ λ , obbligatoriamente si dovrà avere (tenendo
presente la 4.5):

| [ ϕiR ]radianti | = k · |di − d R | ≤ k · λ = 2π ⇒


| [ ϕiR ]radianti | ≤ 2π
(4.84)
ponendo ϕ+ , ϕ− i due valori di sfasamento tra segnale e riferimento (pos-
itivo e negativo) rilevati per la antenna i-esima, il valore errato sarà quello
130 CHAPTER 4. UTILIZZO DELLE INFORMAZIONI DI FASE

per cui non si verificherà la disequazione

| [ ϕi0 ]radianti − [ ϕ R0 ]radianti | = [ ϕ R0 ]radianti − [ ϕi0 ]radianti ≤ 2π (4.85)


| {z }
ϕ+ ;ϕ−

Purtroppo, questa disequazione risulta verificata per praticamente tutte


le coppie ϕ+ ; ϕ− possibili: va quindi resa più restrittiva.
Si pone come distanza massima, allora, un valore inferiore alla lunghezza
d’onda
λ
| di − d R | ≤ con h > 1 (4.86)
h
Ripetendo i passaggi precedenti, si arriva a porre


[ ϕ R0 ]radianti − [ ϕi0 ]radianti ≤ (4.87)
| {z } h
ϕ+ ;ϕ−

con la presenza del termine h variabile. Aumentando h, diminuendo le


dimensioni fisiche dell’array (o aumentando la lunghezza d’onda utiliz-
zata), la condizione diverrà sempre più restrittiva e permetterà di dis-
cernere con maggior sicurezza i valori di fase.
La variazione delle dimensioni fisiche associate all’array non è sempre
applicabile. In tal caso, la scelta si effettua secondo un criterio abbastanza
“casuale”: semplicemente, supponendo che l’array abbia forma “rego-
lare” (quindi con distanze osservate tra le antenne prossime per ogni
DOA), si pone il valore dello sfasamento nella zona con minori valori ril-
evati.
Per l’ipotesi di regolarità, il percorso di attraversamento dell’array si sup-
pone campionato con regolarità da tutte le antenne, quindi risulterà più
probabile che i valori di fase siano distribuiti uniformemente lungo tutto
il range possibile (ovvero, l’intervallo di sfasamenti inferiori allo sfasa-
mento rilevato sul riferimento).
Nell’esempio, quindi, in presenza di molte antenne “certe” con fasi neg-
ative, le antenne incerte andranno poste con fasi positive (comunque in-
feriori alle fasi di riferimento).

L’ultimo interrogativo resta circa come scegliere la antenna di riferimento,


e qui potrebbero essere ipotizzate strategie diverse: la più semplice con-
siste nell’ipotizzare che la antenna di riferimento, essendo la prima sul
4.6. QUANTIFICARE IL MIGLIORAMENTO DI PRESTAZIONI 131

percorso di segnale, dovrebbe anche essere quella raggiunta più “frontal-


mente”: di conseguenza, in presenza di antenne aventi il massimo di
radiazione lungo la perpendicolare, il fatto di essere raggiunte “frontal-
mente” è associabile a ricevere il segnale con massimo guadagno.
In presenza di una implementazione VRMS , supponendo la potenza di
segnale superiore alla potenza di rumore, la antenna a massimo guadagno
restituirà un valore VRMS massimo: dal lato software, quindi, la scelta
della antenna di riferimento potrà ricadere sulla antenna per cui si rileverà
il massimo valore efficace di segnale.
Una volta effettuata la scelta, potrà essere compiuto il calcolo dei valori di
sfasamento partendo dalle funzioni di trasferimento inverse tensione-fase
(è presente un esempio nel paragrafo precedente), e scegliendo tra le due
altenative per il valore quella inferiore al valore negativo associato alla
antenna a massimo valore VRMS .

4.6 Quantificare il miglioramento di prestazioni


Descritto il metodo di implementazione delle fasi nell’algoritmo di
localizzazione, resta da quantificare il miglioramento di prestazioni (in
termini di accuratezza) del sistema completo. Prima di implementare le
variazioni su un sistema esistente, sarebbe meglio ottenere alcune infor-
mazioni previsionali sui vantaggi ottenuti con il passaggio al trattamento
di fase.
Un primo termine di analisi può derivare dal confronto delle condizioni
di funzionamento minime per le due differenti implementazioni in valore
efficace in modulo e modulo e fase.
Nel capitolo 3 erano state esplicitate le relazioni che permettevano di sta-
bilire le condizioni di funzionamento minimali (in termini di SNR minimo
da garantire e massimo coefficiente di riflessione equivalente accettabile)
dipendentemente dalla massima area di incertezza ammissibile (dove per
“area di incertezza” si intende l’angolo solido pari al prodotto tra l’errore
di misura rilevato sull’angolo θ e quello rilevato sull’angolo φ ).
Stabilita una massima area di incertezza accettabile, attraverso la identi-
ficazione del caso peggiore di utilizzo (associabile, in una determinata con-
dizione di funzionamento, a una particolare DOA di arrivo del segnale
associata ad una determinata DOA di echo per cui si attende l’errore di
132 CHAPTER 4. UTILIZZO DELLE INFORMAZIONI DI FASE

localizzazione massimo), si procede ad eseguire una serie di autoprove


variando il coefficiente costante D.

La autoprova consiste in una elaborazione MUSIC su dati provenienti da


una simulazione di rilevamento a valore efficace. Il modello di integrato
VRMS altro non è che una funzione matematica in grado di realizzare
la matrice delle covarianze R così come descritta nel modello di elabo-
razione visto ad esempio in 3.51: la funzione dipende fondamentalmente
dai due steering vectors distinti per le DOA associate a segnale ed echo,
che definiscono il “caso peggiore” di utilizzo.
Le differenti matrici di disturbo vengono “pesate” dalla potenza di ru-
more e dal coefficiente di prima riflessione: fissando il parametro D viene
imposta una certa condizione di funzionamento (intesa come SNR e co-
efficiente di riflessione equivalente fissati), e i “pesi” delle matrici di dis-
turbo vengono variati di conseguenza (essendo fissata la potenza associ-
ata al segnale).
Per ogni valore di D, viene quindi svolta la elaborazione MUSIC partendo
dalla matrice delle covarianze R, e in base al responso di localizzazione,
conoscendo la DOA reale (imposta), si determinano i parametri di in-
certezza del sistema per una determinata condizione di funzionamento.

La natura prettamente “teorica” del test è dovuta sia alla presenza di


un modello comunque semplificato per l’integrato VRMS ma, più che al-
tro, per il fatto che si suppone il dispositivo fisico (l’array di antenne)
funzionante esattamente come descritto dagli steering vectors precalcolati.
Il termine “autoprova” indica, infatti, che la rilevazione MUSIC viene
fondamentalmente effettuata su dati provenienti dallo spazio degli steer-
ing vectors precalcolati (quindi, provenienti da un elemento stesso della
catena di elaborazione): la prova assume quindi un valore indicativo,
ulteriormente ridotto dal fatto che il modello di propagazione stesso
impiegato presenta forti elementi di semplificazione (come, ad esempio,
l’imposizione di un unico segnale di echo che, seppur giustificata - nel
paragrafo 3.3.1 - ha pur sempre natura “teorica”).
Se è vero che in termini assoluti la prova ha valore ridotto, in termini rel-
ativi essa diventa di importanza sostanziale: confrontando le condizioni
di funzionamento richieste a parità di accuratezza per i due sistemi (rms
con modulo e con modulo e fase), si potrà già avere un forte indizio teorico
4.6. QUANTIFICARE IL MIGLIORAMENTO DI PRESTAZIONI 133

circa la variazione di prestazioni introdotta.

Il confronto “teorico” viene quindi effettuato imponendo una certa area di


incertezza massima ammessa, ed effettuando diverse autoprove facendo
aumentare il termine D, separatamente sul sistema senza fasi e con fasi
(con completamento della matrice R e steering vectors precalcolati come
osservato).
Appena l’area di incertezza risulta minore o uguale a quella desider-
ata, partendo dal termine D si ricavano l’SNR e il coefficiente di rifles-
sione della prova in esame, e quelli risulteranno i parametri di limite
per ottenere un errore massimo contenuto entro il limite desiderato: rac-
cogliendo gli stessi dati per i due sistemi, e confrontandoli, si avrà una
idea sintetica del miglioramento ottenuto (se ad esempio sul secondo sis-
tema si riesce ad ottenere la stessa accuratezza garantendo un SNR mi-
nore e accettando coefficienti di riflessione maggiori, il secondo sistema
risulterà notevolmente più affidabile del primo anche in condizioni di
funzionamento peggiori delle ottimali).
Si riepilogano di seguito le condizioni di funzionamento (che poi saranno
utilizzate nel capitolo successivo) per i sistemi RMS in modulo e modulo
e fase.
Condizioni di funzionamento MUSIC su VRMS (4.88)
  P 9

 N ≥ D · ||a||4
  |Γ| ≤ 1 ||a|| 2
    
 D ||b||
 
 con a a norma minima in settore d’uso
 
 
 
 b a norma massima su tutto lo spazio

 
||a||4
Γ 1

 
   | | ≤ D max (|λCi |·||UCi ||2 )
   
max (|λ Di |·||UDi ||2 ) max (|λ Di |·||UDi ||2 )
 q
N ≥ D · ( D | Γ |)
 P
 
 ||a||4
= D max (|λ |·||U ||2 )
 Ci Ci
  q 2
max (|λ A2i |·||U A2i || )
P
N ≥ D·
 
  

 ||a||4
 
 con a, b steering vectors per le DOA della peggior configurazione

Da notare che le condizioni risultano valide per entrambe le implemen-


tazioni, in quanto per i termini inerenti alle matrici più complesse non
vengono effettuate semplificazioni. I termini in modulo semplice (||a||, ||b|| )
134 CHAPTER 4. UTILIZZO DELLE INFORMAZIONI DI FASE

non devono preoccupare: provengono dalla analisi SVD di matrici strut-


turate in maniera tale da non risentire di variazioni sui coefficienti con la
aggiunta dei termini di fase.
Per fare un esempio, analizziamo la matrice di disturbo R B (per riferi-
menti vedere 3.51, il coefficiente esterno è stato trascurato per semplicità):

|b1 ||b1 | |b1 ||b2 | |b1 ||b3 |


 

R B =  |b2 ||b1 | |b2 ||b2 | |b2 ||b3 |  (4.89)


|b3 ||b1 | |b3 ||b2 | |b3 ||b3 |

Con il completamento di fasi diventa (vedere paragrafo 4.2):


 
|b1 ||b1 | |b1 ||b2 | · e j·(∠a1 −∠a2 ) |b1 ||b3 | · e j·(∠a1 −∠a3 )
R B =  |b2 ||b1 | · e j·(∠a2 −∠a1 ) |b2 ||b2 | |b2 ||b3 | · e j·(∠a2 −∠a3 ) 
 
|b3 ||b1 | · e j·(∠a3 −∠a1 ) |b3 ||b2 | · e j·(∠a3 −∠a2 ) |b3 ||b3 |
(4.90)
Rapidamente, è dimostrabile che autovalore e autovettore associato alla
matrice risultano essere

|b1 | · e j·∠a1
 

λ B = |b1 |2 + |b2 |2 + |b3 |2 v =  |b2 | · e j·∠a2  (4.91)


j
|b3 | · e 3 ·∠ a

dove si può osservare che l’autovettore v ha una struttura “errata” come


desiderato (con fasi non compatibili con i dati in modulo). Il modulo del
vettore è indipendente dalle fasi delle sue componenti, ed il coefficiente
massimale della SVD risulta
 
C = |λ B | · ||v|| = |b1 | + |b2 | + |b3 | · ||b||2 = ||b||4
2 2 2 2
(4.92)

pari a quello già considerato.


Le variazioni nei coefficienti si osservano nelle matrici a rango non uni-
tario, con elementi con combinazioni lineari di componenti di steering
vectors distinti: in tal caso, gli effetti sui risultati sono imprevedibili
(per questo, nel sistema riassuntivo sono stati lasciati i termini in forma
“generica”).
Chapter 5
Esempio di implementazione reale

La Università degli Studi di Firenze, ha realizzato e sta perfezionando


un sistema di localizzazione basato sull’utilizzo di un array dodecaedrico
avente 6 antenne, strutturato in linea di massima come in figura 5.1 e 5.2.

Figure 5.1: Struttura dell’array dodecaedrico

135
136 CHAPTER 5. ESEMPIO DI IMPLEMENTAZIONE REALE

Figure 5.2: Ipotesi realizzativa per il sistema completo

La singola faccia della antenna, strutturalmente appare come in 5.3: le


caratteristiche dimensionali sono illustrate, e sostanzialmente l’elemento
consiste di una antenna a disco di rame (spessa 17µm ) con una fenditura
ellittica posta al centro (necessaria per ottenere caratteristiche radiative
con buona direttività, e alto guadagno su polarizzazioni circolari orien-
tate), su un piano di massa pentagonale in substrato FR4, spesso 1.6mm.

La scelta di utilizzare segnali polarizzati circolarmente non è casuale. La polar-


izzazione circolare può essere di tipo destrorsa (figura 5.4a) e di tipo sinistrorsa
(figura 5.4b): una antenna progettata per ricevere una polarizzazione di un tipo
risulterà cieca (o quasi) per la polarizzazione opposta.
Il multipath di prima riflessione è caratterizzato da una inversione di polariz-
zazione (dovuta all’effetto di riflessione): se la antenna è polarizzata presenterà
quindi un basso guadagno verso il segnale di echo. L’espediente consente così di
attenuare la ricezione di echo di prima riflessione.
137

Figure 5.3: Struttura del singolo elemento radiante (dimensioni in mm)

Un segnale di seconda riflessione tornerà polarizzato coerentemente con la an-


tenna (in quanto riflessione di una riflessione), ma considerando che in ambienti
standard si ha |Γ| << 1 , gli apporti di riflessioni successive saranno trascur-
abili.

Figure 5.4: Propagazione di segnale polarizzato circolarmente: (a) po-


larizzazione sinistrorsa (b) sinistrorsa e destrorsa

Il concetto di “buona direttività” parrebbe scontrarsi con la necessità di


implementare un sistema di localizzazione (in grado quindi di rilevare
alla pari qualsiasi segnale). In realtà, esso è proprio una delle caratter-
138 CHAPTER 5. ESEMPIO DI IMPLEMENTAZIONE REALE

istiche vincenti del progetto: garantendo infatti che ogni antenna offra
guadagni sensibilmente differenti per piccole variazioni di DOA, dal mo-
mento che le antenne sono disposte sulle facce del solido platonico, avrò
nel complesso un guadagno uniforme (idealmente) per tutto l’array, com-
pletato però da una grande differenza di comportamento tra i singoli
elementi; proprio tale differenza permetterà di distinguere le DOA di ar-
rivo grazie alla variazione dei parametri rilevati dai singoli elementi.

Finora il dispositivo è stato utilizzato in concomitanza con un algoritmo


di localizzazione basato sul confronto diretto tra l’insieme dei parametri
RSS (Received Signal Strength) rilevati da ogni antenna e i set di parametri
predeterminati per tutte le diverse DOA possibili .
Ultimamente è stata presa in esame l’opportunità di convertire il sistema
all’utilizzo dell’algoritmo MUSIC, in grado teoricamente di fornire pre-
stazioni superiori (in particolare per la reiezione di rumore) e, in parti-
colare, di richiedere un’opera di caratterizzazione del dispositivo meno
gravosa a parità di accuratezza richiesta.
Allo stato attuale, l’implementazione dell’algoritmo MUSIC è a valore
efficace (prelevando come dati di ingresso sempre dei parametri RSS -
caratterizzati dal transceiver CC2420 montato a monte delle antenne -
convertiti in unità lineari per far le veci di rilevamenti VRMS ) in solo
modulo: uno sviluppo interessante potrebbe quindi consistere nella inte-
grazione dell’utilizzo delle fasi, utilizzando gli accorgimenti visti lungo il
corso della trattazione.
L’idea di sviluppo si scontra subito con un problema di implementazione
in quanto il transceiver implementato nel progetto allo stato attuale non
offre funzionalità di rilevatore di fase: l’implementazione delle fasi com-
porterebbe quindi un discreto lavoro di riprogettazione dell’elettronica.
Prima di andare a intervenire su un sistema funzionante, quindi, è neces-
sario avere una qualche informazione previsionale sull’eventuale migliora-
mento di prestazioni introdotto, per stabilire innanzitutto se vale la pena
affrontare il costo di sviluppo.
Nel corso del capitolo, verrà data misura quantitativa (poichè qualitativa-
mente si è già a conoscenza del fatto che le prestazioni dovrebbe migliorare
- come illustrato nei capitoli 2 e 4) del miglioramento di prestazioni in-
trodotto dalla integrazione della analisi di fase nel sistema.
Fondamentalmente, saranno valutati due aspetti differenti. Per prima
5.1. PRECALCOLO DEGLI STEERING VECTORS IN FASE 139

cosa, verrà effettuata una quantificazione prettamente teorica del miglio-


ramento introdotto, utilizzando il procedimento delle autoprove illustrato
nel paragrafo 4.6: verrà quindi illustrato il confronto tra condizioni lim-
ite di utilizzo (in termini di SNR minimo e massimo coefficiente di riflessione
equivalente da garantire) in assenza e con l’utilizzo delle fasi.
In conclusione alla trattazione, poi, verrà fatto un confronto a parità di
condizioni di utilizzo volutamente pessime partendo da dati provenienti
da esperimenti reali: sarà quindi valutato il rendimento in termini di er-
rore medio di localizzazione e dispersione dei risultati, e i due parametri
saranno nuovamente confrontati.

5.1 Precalcolo degli steering vectors in fase

Prima di effettuare i test, è necessario implementare nella elaborazione


MUSIC il controllo di fase. Il dodecaedro alla base della struttura dell’array
fa parte dell’insieme dei solidi platonici: per il precalcolo degli steering
vectors in fase è possibile quindi seguire il procedimento illustrato nel
paragrafo 4.3.1.
E’ necessaria la conoscenza della posizione dei centri di fase, ma anzichè
effettuare delle misurazioni (che espongono ad errore di misura), con-
siderando che il solido ha una geometria facilmente descrivibile si preferisce
affidarsi al calcolo parametrico dei punti di interesse.
Strutturalmente, il dodecaedro può essere definito anche per mezzo della
sola dimensione del suo spigolo: schematicamente Nel disegno 5.5, i
numeri sovrapposti indicano l’indice della antenna associata alla faccia
dell’elemento.
Partendo dalla dimensione del lato AB , applicando le regole di trigonome-
tria si arriva al sistema seguente per identificare i centri geometrici delle
singole facce: per comodità, si pone il sistema di riferimento come mostrato
in figura.
Rispetto questo riferimento, quindi, i centri di fase per le i antenne risul-
140 CHAPTER 5. ESEMPIO DI IMPLEMENTAZIONE REALE

Figure 5.5: Schema del dodecaedro

tano essere:

 xi = (1 + cos (α)) · |OM | · cos ϕi − 2 
  π
 x1 = 0
y =0 y = (1 + cos (α)) · |OM | · sin ϕi − π2 per i = 2 . . . 6
 1  i
z1 = 0 zi = −|OM| · sin (α)


 |OM | = | AB|
con 2·tan( γ2 ) (5.1)
 ϕ = − 2 π  ( i − 3)
i 5

Supponendo le formule perfette, perchè caratterizzate sulla natura matematica


del solido, è possibile trasformare il concetto di “deviazione sulla misura mas-
sima” accettabile in “massima tolleranza di costruzione ammessa”: applicando
sempre la legge di composizione per le incertezze di grandezze indipendenti (vista
in 4.63), è possibile determinare lo scarto medio di misura ottenuto per eventuali
errori di realizzazione nel solido, espressi in termini di errore sulla lunghezza del
lato e sulla ampiezza degli angoli α, γ .

Sfruttando le equazioni in 5.1, e ipotizzando una misura reale del lato


praticamente pari alla misura progettuale (che risulta pari a 35mm - come
5.2. TARATURA DEL PRECALCOLO IN FASE 141

in figura 5.3), si arriva ai seguenti valori di posizione per i centri di fase:

 x2 ≈ +33.152mm
  
 x1 = 0mm  x3 = 0mm
y = 0mm y ≈ −10.772mm y ≈ −34.859mm
 1  2  3
z1 = 0mm z2 ≈ −21.544mm z3 ≈ −21.544mm
 x4 ≈ −33.152mm  x5 ≈ −20.489mm  x6 ≈ +20.489mm
  

y ≈ −10.772mm y ≈ +28.201mm y ≈ +28.201mm


 4  5  6
z4 ≈ −21.544mm z5 ≈ −21.544mm z6 ≈ −21.544mm

Tutti i valori vengono approssimati numericamente di 0.0001 mm, ma


dal momento che la lunghezza d’onda di segnale alla frequenza d’uso di
3·108
2.45GHz è di circa 10 cm (λ ≈ 2.45 ·109
≈ 12.24cm ), si suppone che l’errore
introdotto sia assolutamente trascurabile.
Come illustrato nel paragrafo 4.3, si affida al calcolatore il compito di
elaborare tutte le fasi attese alle antenne per ogni DOA con steering vector
precalcolato: per ognuna, si esegue la funzione vista in 4.35

ϕi (θ, φ) = k · ( xi · cos (φ) sin (θ ) + yi · sin (φ) sin (θ ) + zi · cos (θ )) (5.2)

e per ogni componente di ogni steering vector si effettua il calcolo

ai (θ, φ) = [ ai (θ, φ)]modulo · e j· ϕi (θ,φ) (5.3)

Il set di steering vectors così ottenuto mostra un comportamento in fase


“ideale”: può essere necessaria anche qui un’opera di “taratura” a partire
da dati conosciuti, che verrà svolta durante la prova su dati reali.

5.2 Taratura del precalcolo in fase

In teoria, è stato affermato che il precalcolo in fase poteva essere af-


fidato al procedimento “puro” descritto in 4.3: in realtà, si rende neces-
saria anche qui una piccola opera di taratura dei parametri di calcolo, a
causa di alcune non idealità rilevate nel comportamento in fase delle sin-
gole antenne.
Fondamentalmente, i parametri di calcolo non saranno altro che determi-
nate costanti da sommare agli angoli di direzione θ, φ nella elaborazione
142 CHAPTER 5. ESEMPIO DI IMPLEMENTAZIONE REALE

della funzione fase (vista in 4.35)



ϕiC (θ, φ) = k · ( xi · cos φ + Cφ sin (θ + Cθ ) +

+ yi · sin φ + Cφ sin (θ + Cθ ) + zi · cos (θ + Cθ )) (5.4)

Per l’opera di taratura sono stati prelevati dati reali sul comportamento
delle antenne in modulo e fase (senza aver variato l’elettronica del dispos-
itivo, quindi per mezzo di dispositivi esterni) in risposta ad alcuni seg-
nali con DOA conosciuta ed è stato svolto sui dati in modulo il MUSIC
nella implementazione solo moduli: successivamente, è stato effettuato
un precalcolo di fase senza taratura, ed è stata eseguita l’implementazione
MUSIC modulo e fase confrontando tra i due test il parametro di scarto
quadratico tra DOA rilevata e DOA reale, secondo
q
σ= (θreale − θrilevata )2 + (φreale − φrilevata )2 (5.5)

Appurato che con il modello in fasi non tarato (quindi matematico “puro”)
lo scarto quadratico per il rilevamento in modulo e fase era molto più el-
evato rispetto quello solo modulo (mostrando quindi un apparente peg-
gioramento delle prestazioni), si è provveduto ad aggiustare i parametri
C nel tentativo di raggiungere un valore minore.
In seguito a prove successive, sono stati ipotizzati due principali parametri
di taratura e a posteriori sono state elaborate anche alcune ipotesi sulla
loro giustificazione fisica. Va tenuto però presente che le ipotesi non sono
state effettivamente dimostrate, quindi vanno prese con il beneficio del
dubbio: è certo che l’introduzione dei parametri nel precalcolo porta il
sistema modulo e fasi ad essere più accurato del sistema solo modulo,
ma non è escluso che possano esistere altre scelte parametriche in grado
di portare il sistema a fornire prestazioni complessive ancora migliori.

5.2.1 Correzione della direzione a massimo anticipo


Di seguito viene mostrata una approssimazione del diagramma di ra-
diazione complessivo per l’array, ricostruito a partire dai dati di guadagno
contenuti nell’insieme degli steering vectors precalcolati in fase.

In figura 5.6 è illustrato il diagramma di radiazione per ogni antenna


5.2. TARATURA DEL PRECALCOLO IN FASE 143

Figure 5.6: Diagrammi di radiazione per le singole antenne

dell’array, considerando l’orientamento del sistema di riferimento pari a


quello in figura 5.5: l’origine di ciascuno dei diagrammi corrisponde al
centro di fase della antenna considerata.
Osserviamo con attenzione il diagramma relativo ad una delle antenne
della corona laterale (ad esempio, la antenna 3).

In figura 5.7, è illustrato il diagramma di radiazione posizionato in re-


lazione all’orientamento della antenna all’interno dell’array. Immagini-
amo di porre un segnale in arrivo su una DOA generica appartenente al
piano contenente i centri di fase della antenna 1 e 3 (corrispondente a
φ = −90◦ per il riferimento scelto - vedere figura 5.5): in figura 5.7b è
rappresentata la sezione corrispondente.
L’unico grado di libertà per le DOA è quindi rappresentato dall’angolo
θ (inteso tra la DOA di arrivo e l’asse z): in particolare, si ha che con
θ = 0◦ il segnale arriva perpendicolarmente alla antenna 1, mentre con
θ = 90◦ arriva lungo il piano di appoggio verso la antenna 3.
La funzione che descrive la fase di segnale (vista in 5.2) al variare dell’angolo
144 CHAPTER 5. ESEMPIO DI IMPLEMENTAZIONE REALE

Figure 5.7: Diagramma di radiazione della antenna 3 (a) vista superiore


(b) vista laterale (riferita alla antenna 3)

θ in radianti risulta quindi la seguente, con grafico in figura 5.8a.

ϕ(θ ) = ϕ3 (θ, −90◦ ) = (−y3 · sin (θ ) + z3 · cos (θ )) (5.6)

Figure 5.8: Funzione di descrizione di fase (a) originale (b) variata

Concettualmente, la funzione ideale (figura 5.8a) dovrebbe essere valida:


il problema è che essa non tiene conto dell’orientamento effettivo della
antenna.
Considerando l’antenna puntiforme, si ipotizza che il segnale arrivi istan-
taneamente ad ogni punto del piano conduttore e, quindi, che ogni punto
5.2. TARATURA DEL PRECALCOLO IN FASE 145

del piano osservi il segnale con la stessa fase: finchè l’antenna ha dimen-
sioni notevolmente inferiori alla lunghezza d’onda del segnale, effettiva-
mente questa semplificazione è valida per qualunque orientamento.
Quando l’antenna cresce in dimensioni, può accadere però che variando
l’orientamento punti distinti del piano osservino l’incidenza di una fun-
zione di campo ritardata: per fare un esempio osservare la figura 5.9.

Figure 5.9: Percorsi osservati verso antenna non perpendicolare alla


DOA

In figura 5.9b è possibile notare come, a causa dell’orientamento, punti


della antenna diversi dal centro di fase osservino diverse fasi (a causa
della differente distanza dalla sorgente): al crescere delle dimensioni,
quando gli scarti tra le distanze diventano confrontabili con la lunghezza
d’onda, le fasi d’onda rilevate nei differenti punti differiscono maggior-
mente e questa variabilità di fase provoca effetti imprevisti sulla fase del
segnale trasdotto. La approssimazione della antenna al suo centro di fase
presuppone che questo effetto di variabilità non sia considerato: fonda-
mentalmente, il modello diventa quello di una antenna perpendicolare
rispetto a qualunque DOA di segnale.
Date queste premesse, diventa necessario correggere la funzione di de-
scrizione della fase: per semplicità si suppone che l’andamento della fun-
zione corretta resti somigliante a quello della funzione previsionale (in
quanto le fasi dovrebbero variare con continuità al variare della DOA).
Lasciando invariata la natura della funzione, l’unico grado di libertà con-
siste quindi nel poter imporre il passaggio per un punto: una soluzione
diventa quindi quella di fissare il valore della funzione, per la DOA ef-
fettivamente perpendicolare alla antenna, pari al massimo valore di fase
146 CHAPTER 5. ESEMPIO DI IMPLEMENTAZIONE REALE

della funzione precalcolata ideale (che poneva la antenna in analisi gius-


tamente anteposta a tutte le altre, ma orientata erroneamente in maniera
perpendicolare alla DOA).
Per come era strutturata, considerando le antenne ogni volta perpendico-
lari alla DOA, il massimo valore della funzione (corrispondente alla mas-
sima fase osservabile rispetto ad un generico riferimento) per la antenna
corrispondeva in precedenza all’angolo θ = 90◦ : la funzione corretta
deve quindi associare il valore in θ = 90◦ all’angolo a direzione perpen-
dicolare θ = θ D = 63◦ mostrato in figura 5.7 (corrispondente al massimo
guadagno per la antenna).
Matematicamente, questo equivale a porre, tenendo presente gli angoli
indicati in figura 5.7:

ϕC (θ D , −90◦ ) = ϕ(θ MAX , −90◦ ) (5.7)

dove la funzione ϕC altro non è che la versione tarata della ϕ , vista in 5.4,
ipotizzando per semplicità di poter mantenere la forma della funzione
(ipotesi non completamente corretta).
Sostituendo i termini noti, e ponendo l’uguaglianza si ha:

(−y3 · sin (θ D + Cθ ) + z3 · cos (θ D + Cθ )) =


= (−y3 · sin (θ MAX ) + z3 · cos (θ MAX )) (5.8)

da cui si ricava

θ D + Cθ = θ MAX ⇒ Cθ = θ MAX − θ D = 90◦ − 63◦ = 27◦ (5.9)

Attenzione che le antenne soggette a questo errore risultano solo quelle


laterali, in quanto per il riferimento considerato la direzione a massimo
guadagno della antenna 1 (θ = 0◦ ) è già correttamente associata alla
direzione a massimo anticipo: è quindi necessario distinguere il termine
di correzione tra le antenne. Ad essere precisi, quindi, va posto

Cθ = 0◦ per il precalcolo sulla antenna 1 (i = 1)




Cθ = 27◦ per il precalcolo sulle antenne laterali (i = 2 . . . 6)


(5.10)
5.2. TARATURA DEL PRECALCOLO IN FASE 147

Il set di funzioni corretto per il precalcolo risulta quindi:

ϕ1 (θ, φ) = k · ( x1 · cos (φ) sin (θ ) +


+ y1 · sin (φ) sin (θ ) + z1 · cos (θ ))
con i = 1

ϕi (θ, φ) = k · ( xi · cos (φ) sin (θ + 27◦ ) +


+ yi · sin (φ) sin (θ + 27◦ ) + zi · cos (θ + 27◦ ))
con i ∈ [2 . . . 6] (5.11)

dove la funzione corretta è illustrata in 5.8.

5.2.2 Ricezione posteriore delle antenne


Il parametro di taratura precedente risulta abbastanza giustificato: le
prove successive hanno costretto però alla scelta di un secondo parametro,
concettualmente posto a descrivere il ritardo aggiuntivo nella trasduzione di
segnale osservabile sulle antenne che ricevono il segnale posteriormente.
Fondamentalmente, il termine si presenta come un generico ϕneg negativo
da aggiungere ai termini di fase rilevati per le antenne che ricevono, per
una certa DOA, il segnale dal lato posteriore (interno all’array).
Nel precalcolo, solo per le antenne per cui si suppone una ricezione dal
lato posteriore per la DOA in esame, va quindi posto

ϕi (θ, φ) = [ ϕi (θ, φ)]ideale + ϕneg (5.12)

dove il valore ottimale per il termine ϕneg risulta ϕneg = 90◦ : la presenza
del termine è da associare al fatto di ricevere un segnale a polarizzazione
invertita rispetto alla polarizzazione attesa (in quanto una polarizzazione
destrorsa posteriormente appare come polarizzazione sinistrorsa frontal-
mente, e genera gli effetti di quest’ultima).

Il problema da risolvere è come capire, per ogni DOA, quali antenne rice-
vano il segnale posteriormente: un approccio preciso dovrebbe passare per
una analisi geometrica ripetuta su ogni antenna atta a stabilire gli inter-
valli di θ, φ per cui il segnale arrivi dall’interno dell’array (dove si affaccia
il lato posteriore di ogni elemento ricevente).
148 CHAPTER 5. ESEMPIO DI IMPLEMENTAZIONE REALE

E’ possibile però adottare un approccio più veloce, passando per alcune


semplificazioni concettuali.
Sappiamo di essere in presenza di un array dodecaedrico: per la natura
geometrica, è possibile affermare che se tre facce osserveranno un segnale
in arrivo frontalmente, lungo il cammino di segnale esse “copriranno”
necessariamente le 3 antenne rimanenti dell’array. Essendo tutte le an-
tenne orientate alla stessa maniera (con la faccia “anteriore” posta verso
l’esterno del solido), con un certo grado di approssimazione le antenne
coperte potranno essere considerate raggiunte posteriormente (in quanto
lungo il percorso oltre il centro di simmetria dell’array): generalmente
potrebbero quindi essere considerate, per una certa DOA, a ricezione pos-
teriore le 3 antenne che presenteranno valori precalcolati di fase minori.
Il criterio appena mostrato è generalmente valido, ma va tenuto presente
che per DOA prossime a θ = 0◦ , il segnale è ricevuto “frontalmente”
da tutte le antenne dell’array: è necessario stabilire quindi entro quale
θ massimo la ricezione è frontale per tutti gli elementi, per applicare la
correzione solo con θ > θ MAX .
Per cercare il valore θ MAX , si analizza in quale caso una delle antenne lat-
erali passa da ricezione anteriore a ricezione posteriore: per costuzione,
essa passerà a ricezione posteriore assieme alle due antenne laterali adi-
acenti. Valendo le stesse conclusioni per qualsiasi altra antenna laterale,
esse risultano quindi valide per ogni valore di φ .

Figure 5.10: Angolo massimale con tutte le antenne a ricezione anteriore

In figura 5.10 è riportata una vista laterale dell’array: si cerca il valore


limite θ MAX entro cui la antenna 3 riceve il segnale anteriormente.
5.3. DEFINIZIONE DEL SETTORE D’USO 149

Dalla costruzione geometrica (è considerando l’onda in arrivo lungo infi-


nite rette parallele alla DOA), risulta che l’antenna osserverà un segnale
frontale con

0◦ ≤ θ ≤ θ MAX con θ MAX = 90◦ − α ≈ 27◦ (5.13)

con α pari all’angolo caratteristico del dodecaedro, indicato in 5.5.


In conclusione, tenendo presente il sistema di riferimento adottato, la cor-
rezione andrà applicata solamente sulle DOA aventi 27◦ ≤ θ ≤ 180◦ .

Da un punto di vista computazionale, è di veloce implementazione un


algoritmo che effettui il precalcolo di fasi tenendo presente tutti gli as-
petti di taratura.

5.3 Definizione del settore d’uso


Ultimo aspetto teorico da chiarire sul sistema in esame, resta la definizione
del settore d’uso: con la implementazione del sistema in fasi poi, l’argomento
assume ancora più importanza, dal momento che solo all’interno del set-
tore d’uso le informazioni di fase rilevate avranno valore (come spiegato
accuratamente nel paragrafo 4.1.1).
Nel paragrafo 4.1.1 è stata espressa la condizione basilare per la validità
delle informazioni di fase, qui riproposta:

|di (θ, φ) − d j (θ, φ)| ≤ λ ∀i, j ∈ [1 . . . L]


con di (θ, φ) = ( xi − x R ) · sin (θ ) cos (φ) +
+ (yi − y R ) · sin (θ ) sin (φ) +
+ (zi − z R ) · cos (θ ) (5.14)

Fondamentalmente, la ricerca potrebbe essere svolta in automatico at-


traverso algoritmi iterativi semplici, che verifichino i valori per ogni cop-
pia i,j per ogni DOA (eventualmente proveniente da un insieme di dati
precalcolati già tarato), e isolino le DOA per cui non si soddisfino le con-
dizioni.
Un metodo alternativo preferibile si basa sui concetti di analisi geomet-
rica dell’array: in presenza di array regolari, potranno essere effettuate
150 CHAPTER 5. ESEMPIO DI IMPLEMENTAZIONE REALE

alcune ipotesi geometriche che semplificheranno il problema.


Nel procedimento qui illustrato si ipotizza il modello standard di propagazione,
con antenne approssimate nello spazio come “punti” recettivi. Questo
può esporre ad errori, dovuti alle stesse cause che hanno costretto la
taratura del precalcolo delle fasi: il risultato ottenuto quindi va preso
più come valore indicativo, da testare per mezzo di prove successive.
Dal momento che si lavora sul modello semplificato, conviene rappre-
sentare il set di antenne semplicemente per mezzo dei centri di fase, come
in figura 5.11.

Figure 5.11: Schema array centri di fase

Il settore d’uso per praticità è stato definito a struttura conica, quindi carat-
terizzabile dalla sola apertura θ (come mostrato in figura 4.5): seguendo
la definizione, allora, è necessario far rispettare la condizione di applica-
bilità del sistema per qualsiasi angolo φ possibile.
Per poter affermare che qualsiasi DOA interna al settore d’uso sia valida,
si segue il solito approccio della ricerca del “caso peggiore” di funziona-
mento. Nel problema in esame, il caso di non funzionamento è provocato
dal superamento della distanza massima tra due antenne: in quest’ottica
il concetto di “caso peggiore” va associato alla determinata DOA per cui
si otterrà massima distanza tra due elementi generici dell’array (e ci si
avvicinerà alla condizione di limite).

Grazie alla simmetria conica del settore d’uso, la scelta del caso peggiore
si riconduce alla sola scelta di un parametro θmax entro cui far rientrare la
DOA di segnale.
5.3. DEFINIZIONE DEL SETTORE D’USO 151

Dal momento che la condizione di massima distanza, posto un determi-


nato angolo θ , andrà realizzata per ogni φ , si cerca di vincolare la ricerca
lungo un solo angolo φ su cui si presume di poter osservare, con deter-
minati angoli θ , una massima distanza tra antenne.

Figure 5.12: Analisi del caso peggiore (a) scelta di phi (b) scelta di theta

Dalla figura 5.12b, si possono osservare i due casi limite di sfasamento


in relazione a θ : l’angolo θ = 0◦ (1) comporta la distanza massima tra
la antenna 1 e tutte le antenne laterali (in quanto l’array riceve il seg-
nale “frontalmente”) mentre le antenne laterali appaiono in fase; con
θ = 90◦ (3) invece si osserva la massima distanza lungo una coppia di
antenne laterali.
La massima distanza tra la coppia di antenne laterali agli estremi risulta
maggiore (per come è dimensionato il dispositivo) rispetto alla massima
distanza tra antenna 1 e antenne laterali: per θ = 90◦ quindi può verifi-
carsi l’eventualità che, con determinati φ , si osservi la massima distanza
interantenne.
Alla luce di questo, si fissa θ = 90◦ e si procede a scegliere l’angolo
φ “peggiore”: in figura 5.12a è possibile osservare l’andamento delle dis-
tanze in funzione dell’angolo. Da una sommaria analisi grafica, risulta
che le distanze maggiori si osservano con DOA tali da allineare due cen-
tri di fase opposti simmetricamente rispetto al centro della antenna 1.
Con il riferimento scelto, ad esempio per l’angolo φ = 0◦ si osserva la
massima distanza su θ = 90◦ .
152 CHAPTER 5. ESEMPIO DI IMPLEMENTAZIONE REALE

Essendo θ = 90◦ il caso peggiore (visto che diminuendo e aumentando


l’angolo le distanze proiettate diminuiscono comunque), la scelta di φ =
0◦ comporta la scelta peggiore all’interno del caso peggiore: possiamo
quindi azzardare che anche per altri angoli θ l’orientamento con φ =
0◦ sarà quello a proiezioni maggiori, quindi a maggior rischio di uscire
fuori dalle specifiche.

Stabilito l’angolo φ = 0◦ vincolato, si procede a cercare il θ massimale:


avendo però stabilito parzialmente la direzione di arrivo, non è necessario
procedere alla valutazione delle funzioni distanza per tutte le coppie di
antenne.
Tornando alla figura 5.12a, per qualsiasi θ è possibile osservare come
l’ultima antenna incontrata sul cammino risulti essere sempre la antenna
4: mantenendo φ = 0◦ e diminuendo θ da 90◦ a 0◦ , il cammino mas-
simo diminuirà (altri aumenteranno, ma restando sempre sotto il cam-
mino massimo).

Figure 5.13: Variazione delle proiezioni diminuendo theta

A questo punto, essendo a conoscenza del cammino da controllare e


conoscendo quale antenna è in anticipo, è possibile porre una unica equazione
di controllo:

|d4 (θ MAX , 0◦ ) − d2 (θ MAX , 0◦ )| = d2 (θ MAX , 0◦ ) − d4 (θ MAX , 0◦ ) ≤ λ (5.15)

Quest’ultima presenta l’incognita come argomento di funzioni trigono-


metriche combinate linearmente: si suggerisce a questo punto l’utilizzo
di un programma di calcolo per approssimare il risultato.
5.4. QUANTIFICAZIONE TEORICA DEL MIGLIORAMENTO 153

5.4 Quantificazione teorica del miglioramento

Adesso, in presenza di un set di steering vector precalcolati (d’ora in


poi chiamato pattern) valido e verificato, è possibile presentare il primo
termine di confronto effettivo tra le implentazioni MUSIC a valore efficace
solo modulo e modulo e fasi.
Come accennato in 4.6, sostanzialmente il test verifica il comportamento
matematico dell’algoritmo in presenza di termini di disturbo indesiderati:
come termine di confronto, è stato scelto di utilizzare lo scarto combinato
delle incertezze, calcolato come
q
eR = (∆θ )2 + (∆φ)2
con ∆θ = |θe f f ettiva − θrilevata |
∆φ = |φe f f ettiva − φrilevata |

Per ogni autoprova vengono forniti in ingresso al modello di simulazione


per un integrato VRMS (corrispondente al set di matrici visto in 3.51), la
coppia di steering vectors associati alla peggiore condizione operativa.
Come parametri di simulazione, vengono posti l’SNR e il coefficiente
di riflessione limite restituiti dalle condizioni viste in 3.53 inizialmente
con un valore D pari a 1, progressivamente incrementato; come indice
d’errore viene invece utilizzato lo scarto combinato d’errore, corrispon-
dente alla distanza euclidea su un piano ipotetico θ, φ tra il punto associ-
ato alla DOA effettiva (ovvero, quella imposta in ingresso all’algoritmo)
e la DOA rilevata. Matematicamente:
q
∆ = (θe f f ettiva − θrilevamento )2 + (φe f f ettiva − φrilevamento )2 (5.16)

Le DOA corrispondenti alla peggiore condizione operativa risultano:

DOA segnale θe f f ettivo = 4◦ φe f f ettivo = 220◦


DOA echo θe f f ettivo = 88◦ φe f f ettivo = 210◦
154 CHAPTER 5. ESEMPIO DI IMPLEMENTAZIONE REALE

Si ricorda che in relazione a D i parametri SNR e |Γ| si pongono per ogni


autoprova:

SNR( D ) = D · SNR0
| Γ |0
|Γ|( D ) = (5.17)
D
con SNR0 , |Γ|0 pari ai parametri limite calcolati dalla 3.53 ponendo D=1.

5.4.1 Analisi senza errore di fase


Di seguito sono mostrati i risultati dei test di confronto ipotizzando il
rumore di fase assente.

Figure 5.14: Scarti cumulativi sulla localizzazione al variare di D (in


assenza di rumore di fase)

I parametri per D=1 risultano SNR0 ≈ 4.256 ; |Γ|0 ≈ 0.336 : in realtà,


i parametri equivalenti per l’implementazione modulo e fasi sono risul-
tati migliori (SNR minore e |Γ| maggiore - come atteso): per semplicità,
si pongono pari a quelli della implementazione in modulo a termini di
confronto.
Poniamo, a scopo esemplificativo, uno scarto massimo accettabile pari a
10◦ : dalla analisi grafica, si nota la differenza tra i termini D tali da avere
5.4. QUANTIFICAZIONE TEORICA DEL MIGLIORAMENTO 155

scarto minore al massimo accettabile per le implementazioni in modulo e


modulo e fase.

Solo moduli Moduli e fasi


Dmin = 27 Dmin = 10

In termini operativi, tenendo presente la 5.17 e considerando che in questo


caso i termini per D=1 restano uguali:

| Γ |0
Solo moduli SNRmin = Dmin · SNR0 ≈ 114.91 |Γ|max = Dmin ≈ 0.012
| Γ |0
Moduli e fasi SNRmin = Dmin · SNR0 ≈ 42.56 |Γ|max = Dmin ≈ 0.034

Tanto per dare una idea, si confrontano gli SNR minimi richiesti:

SNRm 114.91
≈ ≈ 2.69 = 269%!!!!! (5.18)
SNRm f 42.56

Per ottenere la stessa accuratezza, con la implementazione solo moduli è


necessario fornire un SNR minimo pari quasi a 3 volte l’SNR minimo da
fornire per la implementazione modulo e fasi: il dato non ha bisogno di
commenti.

5.4.2 Analisi con errore di fase


Per avvicinare un pò il test alle autoprove ad una situazione reale,
viene effettuata una ulteriore prova aggiungendo alle fasi “rilevate” per-
fette un termine di rumore ni , proveniente da una variabile aleatoria con
distribuzione normale.
Vengono fatte prove per due diversi scarti di fase, ciascuna ponendo un
numero di campioni crescente: la singola elaborazione MUSIC viene ef-
fettuata ponendo come dati di fase la media dei campioni di fase “rile-
vati”.

Scarto di fase basso

Si pone il parametro σ = 0.9◦ indicato per il phase-detector AD8302


(da datasheet): secondo il criterio mostrato in 4.54, la quantità corretta di
156 CHAPTER 5. ESEMPIO DI IMPLEMENTAZIONE REALE

campioni dovrebbe risultare

σ · 180
π

√ ≤ 0.14 ⇒ n ≥ 0.012 ⇒ n = 1 (5.19)
n

Per un campione solo si ottiene già il comportamento desiderato, quindi


non è necessario tracciare grafici comparativi.

Scarti di fase alti

Il phase-detector AD8302 è un dispositivo ad alta precisione: in imple-


mentazioni più economiche del sistema potrebbero essere utilizzati dis-
positivi con maggiore deviazione, quindi verifichiamo il comportamento
del sistema con deviazioni “alte”.

Caso 1: σ ≈ 23◦ n≥9

Figure 5.15: Scarti cumulativi al variare di D, con errore di fase con


scarto di 0.4 radianti = 23◦ . Numero minimo di campioni = 9
5.5. QUANTIFICAZIONE STATISTICA IN UN CASO PESSIMO 157

Caso 2: σ ≈ 46◦ n ≥ 33

Figure 5.16: Scarti cumulativi al variare di D, con errore di fase con


scarto di 0.8 radianti = 46◦ . Numero minimo di campioni = 33

In entrambi i casi è possibile riscontrare come l’aumento di campioni


migliori la accuratezza del sistema complessivo: per gestire l’accuratezza
in presenza di rumore di fase quindi è utile variare il numero di campioni
utilizzati.

5.5 Quantificazione statistica in un caso pessimo


Il test teorico ha dato risultati piuttosto soddisfacenti, ma adesso è
necessario un riscontro con la realtà.
Nella prova precedente sono state effettuate prove partendo da condizioni
pessime (D bassi) per arrivare progressivamente a condizioni migliori
(D alte). Adesso verranno effettuate prove fisiche su condizioni pessime
di funzionamento: se si riscontra un miglioramento di prestazioni suf-
ficiente non è necessario ripetere gli esperimenti per condizioni via via
migliori fino alle ottimali, in quanto i dati basteranno ad avvalorare i
risultati della prova teorica.

La fase di sperimentazione prevede l’utilizzo del sistema localizzatore-


trasmettitore all’interno di un ambiente isolato (camera anecoica) con
158 CHAPTER 5. ESEMPIO DI IMPLEMENTAZIONE REALE

pareti a basso assorbimento: per realizzare le condizioni “peggiori”, si


fa affidamento a due gruppi di pannelli conduttori (chiamati steerers) dis-
posti su supporti verticali in prossimità delle antenne (vedere la foto 5.17).

Figure 5.17: Camera anecoica usata negli esperimenti: è possibile os-


servare in alto al centro l’array ricevente, al lato sinistro un gruppo di
pannelli componenti uno steerer e in basso al centro un trasmettitore di
prova

I pannelli hanno coefficiente di riflessione alto (sono di materiale metal-


lico, con |Γ| ≈ 1 ), quindi sono in grado di generare dei segnali di disturbo
sufficientemente forti, atti a riprodurre il fenomeno del multipath. Da no-
tare che il multipath è per sua natura composto da un numero finito di
segnali provenienti da direzioni variabili nel tempo e non prevedibili: per
modellare accuratamente il multipath quindi i pannelli possono essere
ruotati sul loro asse di 72◦ , 144◦ , 216◦ , 288◦ rispetto alla posizione iniziale
per riprodurre la variabilità dell’ambiente di funzionamento.
5.5. QUANTIFICAZIONE STATISTICA IN UN CASO PESSIMO 159

All’interno della camera anecoica vengono posizionati una quantità de-


terminata di coni assorbitori per tentare di migliorare leggermente le con-
dizioni di funzionamento tra le varie prove e avere un’idea della reazione
del sistema: aumentando il numero di coni teoricamente dovrebbe essere
rilevato un miglioramento di prestazioni.

Vengono effettuate diverse prove con il trasmettitore posto in 3 punti di-


versi: a ciascuna prova corrisponde una raccolta di dati di funzionamento
dell’array per ciascuna delle posizioni reciproche degli steerers (es: 0◦ e
0◦ ; 0◦ e 144◦ ; . . . ; 72◦ , 0◦ ; 72◦ , 144◦ ; . . . ; 288◦ e 288◦ ).
Il singolo dato consiste in un parametro S21 (ovvero, un guadagno d’onda
in modulo e fase, risultato del rapporto tra funzione d’onda rilevata a
valle della antenna e funzione d’onda inviata): in tutto, viene prelevato
un guadagno d’onda per frequenze distinte nell’intervallo da 2 a 3 GHz
a passi di 625KHz.

In presenza di condizioni di funzionamento pessime come quelle im-


poste, è insensato confrontare il responso di una unica elaborazione MU-
SIC con il dato reale: considerando che si applica una elaborazione su un
fenomeno praticamente aleatorio (segnale+multipath aleatorio=fenomeno
complessivamente aleatorio), è concepibile che il responso MUSIC debba
seguire la stessa sorte “casuale”.
Fissata una posizione e una quantità di assorbitori, si eseguono quindi
elaborazioni MUSIC distinte su ciascun set di dati corrispondente ad un
orientamento degli steerers distinto. Di tutti i simil-spettri MUSIC calco-
lati si calcola un inviluppo per avere una idea grafica della dispersione
dei massimi: da un punto di vista quantitativo, si pongono a confronto i
massimi delle singole elaborazioni.
Nel paragrafo 1.1 si è accennato ad una possibile relazione tra il valore
dei massimi sui simil-spettri e la “certezza” del rilevamento: interpre-
tando un picco più alto come una maggiore certezza associabile a quel
rilevamento rispetto agli altri (tenendo ben presente che i picchi, in as-
senza di una legge specifica, possono solo essere messi in relazione tra
simil-spettri corrispondenti ad una stessa implementazione in una stessa
configurazione di segnale) è una buona idea calcolare i valori statistici di
responso come medie e scarti quadratici pesati.
160 CHAPTER 5. ESEMPIO DI IMPLEMENTAZIONE REALE

Il confronto effettivo di prestazioni deve tenere conto della esistenza delle


due famiglie di errori principali: gli errori sistematici e gli errori aleatori.

Effetti di errori sistematici

Gli errori sistematici generalmente sono da associare ad una errata


“taratura” del modello in fase, o comunque ad un qualche errore com-
piuto nello sviluppo della catena di implementazione: essi comportano
una tendenza a centrare come “responso vero”, su infiniti esperimenti,
un responso discostato rispetto al reale.
Da un certo punto di vista, una implementazione che presenta un mag-
giore errore sistematico e un minore errore aleatorio potrebbe essere sos-
tanzialmente considerata, se non migliore, più migliorabile rispetto ad
una centrata ma con un grande tasso di indecisione: questo in quanto
l’errore sistematico può comunque risultare gestibile attraverso la vari-
azione di alcuni parametri.
Su N prove, il parametro che pone l’attenzione su “dove” idealmente
l’algoritmo andrebbe a parare su infinite prove può essere considerato
la media statistica pesata: la scelta è fattibile in quanto, in presenza di un
sistema comunque soggetto ad una interferenza fisica, la aleatorietà dei
responsi può essere associata ad una distribuzione di tipo normale.
La media statistica pesata si calcola (separatmente per i singoli angoli)
come
∑N n · θ ∑ N 1 ni · φi
θ = i=N1 i i φ = i=N (5.20)
∑ i =1 n i ∑ i =1 n i
dove con ni si indica il valore di picco (normalizzato rispetto al valore di
picco massimo tra i rilevamenti) e mi il valore di angolo rilevato (θ per
il calcolo dei parametri su θ o φ per il calcolo dei parametri φ ) per il
simil-spettro i-esimo tra le N rilevazioni fatte (una per combinazione di
orientamento di steerers).
Supponendo la media statistica corrispondente al responso che il sistema
fornirebbe non fosse soggetto ad errori di elaborazione casuali (nel pre-
lievo dei dati, nelle approssimazioni numeriche, nelle interazioni fisiche
indesiderate tra segnali, eccetera), il confronto del parametro rispetto al
valore reale risulta un ottimo indice di errore. Si valutano quindi gli scarti
5.5. QUANTIFICAZIONE STATISTICA IN UN CASO PESSIMO 161

lineari tra il responso e il valore “vero”:

Scarto lineare: ∆θ = θ − θreale ∆φ = φ − φreale


q
Distanza da rilevamento reale: ∆ = (∆θ )2 + (∆φ)2 (5.21)

Effetti di errori aleatori

Gli errori aleatori sono decisamente più insidiosi: essi possono essere
dovuti ad un errato funzionamento del sistema (o, comunque, alla pre-
senza di effetti imprevisti completamente indesiderati). Statisticamente,
essi possono indicare il grado di “convinzione” del sistema nel fornire un
determinato risultato: una bassa “convinzione” (e, quindi, una alta inci-
denza di errori aleatori) rende il sistema più sensibile alle minime vari-
azioni di scenario, lasciando quindi l’utente nell’impossibilità di capire
quando fidarsi dei responsi.
Nel confronto tra sistemi, quindi, porre innanzitutto attenzione ai parametri
statistici associati all’errore aleatorio: quasi a priori è possibile associare
il concetto di affidabilità ad una incidenza di errore aleatorio minore.
Quand’anche, tra le due implementazioni, l’implementazione in fase dovesse
presentare un maggiore errore sistematico, va sempre considerato che in
presenza di un errore aleatorio minore il responso comunque risulterebbe
più affidabile (nonchè più facilmente gestibile/correggibile).
Parametri associati agli effetti aleatori sono:
s
∑iN=1 (mi − m)2
scarto quadratico medio: σm =
N
q
scarto quadratico combinato: σ = σθ2 + σϕ2 (5.22)

I termini di scarto aleatorio descrivono la dispersione dei valori di picco


intorno alle medie: una dispersione maggiore è indice di una minore
“certezza” di associazione e, quindi, di una minore affidabilità.
Un responso dell’algoritmo viene associato in corrispondenza di un mas-
simo del simil-spettro (indipendentemente dalla altezza che esso pre-
senta): il tasso di indecisione per i responsi va calcolato considerando
importanti “alla pari” tutti i responsi ottenuti, quindi questa volta viene
effettuata una media non pesata.
162 CHAPTER 5. ESEMPIO DI IMPLEMENTAZIONE REALE

Va annotato che non è stato possibile effettuare una verifica del miglio-
ramento di prestazioni con l’aumento di campioni di fase mediati: sono
state fatte alcune prove (con 1 campione, 3 campioni, 5 campioni e 7
campioni, ovvero valori di S21 corrispondenti a frequenze diverse), e il
risultato ottenuto è stato un miglioramento utilizzando fino a 6/7 campi-
oni: salendo oltre, si comincia a registrare un peggioramento progressivo.
La causa del comportamento anomalo (rispetto alle previsioni) è da ricer-
carsi nell’errore di utilizzare e mediare assieme valori di fase associati a
lunghezze d’onda distinte: finchè la variazione di frequenza si contiene
entro 2MHz dalla frequenza programmata (2.45GHz) le medie restitu-
iscono valori ancora coerenti con il pattern precalcolato in fase, mentre
salendo i valori variano troppo sensibilmente.

Detto questo, è possibile passare alla valutazione effettiva: le illustrazioni


seguenti mostrano gli inviluppi degli N simil-spettri MUSIC elaborati.
Le prove sono raggruppate per posizione e per ciascuna vengono aumen-
tati gli assorbitori progressivamente. Sui grafici sono individuabili due
punti (uno verde e uno blu) corrispondenti alla posizione reale e alla
posizione supposta dall’algoritmo (ovvero, per il criterio scelto, la me-
dia pesata tra “tutti i responsi” per tutte le prove): i restanti punti rossi
evidenziano i massimi di ogni singolo simil-spettro, con dimensione pro-
porzionale al valore.
Assieme allo scarto complessivo tra i rilevamenti (ovvero, la distanza sul
piano θ, φ ), per dare meglio una idea dell’errore si fornisce l’equivalente
scarto in metri. Considerando il trasmettitore a distanza D dal ricevitore,
la distanza metrica tra tra il trasmettitore “rilevato” e la sua posizione ef-
fettiva, viene valutata come un percorso sulla superficie sferica di raggio
D centrata nel ricevitore:
π
∆lineare = [∆]radianti · D = [∆] gradi · D (5.23)
180◦
con l’angolo di errore composto indicato in radianti (per esplicitare la re-
lazione diretta tra angolo e percorso lineare).

Generalmente, l’errore sistematico pare diminuito mentre la dispersione


dei valori talvolta aumenta. Si attendeva una dispersione sensibilmente
minore nell’utilizzo del sistema modulo e fasi: è però possibile verifi-
5.5. QUANTIFICAZIONE STATISTICA IN UN CASO PESSIMO 163

care che, con l’aumento del numero di campioni (fino alla quantità limite
con frequenze ammissibili), il parametro diminuisca in misura maggiore
rispetto all’equivalente dei rilevamenti in modulo puro.
Il comportamento si giustifica ipotizzando la presenza di un rumore di
fase elevato (purtroppo non caratterizzato nei dati iniziali): in presenza
di un numero di campioni adeguato (tutti corrispondenti a trasmissioni
alla stessa frequenza), sarebbe quindi possibile apprezzare una sensibile
diminuzione dei parametri di dispersione.
In questo contesto, quindi, vanno valutati parallelamente gli indici di er-
rore aleatorio e sistematico: in presenza di una maggiore accuratezza
(ovvero una minore distanza tra responso e posizione reale), è necessario
accettare per il metodo modulo e fasi scarti quadratici anche maggiori (in
misura contenuta) rispetto a quelli per la implementazione solo moduli,
a causa della presenza dell’errore di fase.

Si è giunti così alla fine della trattazione: nel complesso dovrebbe essere stata
fornita una panoramica sufficientemente approfondita sul funzionamento e la
gestione di sistemi di localizzazione basati su algoritmo MUSIC.
Naturalmente, nello svolgimento sono state effettuate alcune ipotesi semplifica-
tive soprattutto riguardo la natura fisica dei fenomeni di propagazione: in casi
reali comunque (come dimostrato anche dai risultati ottenuti sulle misure dagli
esperimenti) il comportamento effettivo del sistema di localizzazione ha seguito
abbastanza fedelmente il comportamento ipotizzato. Nonostante ciò, diversi as-
petti potrebbero comunque essere approfonditi ulteriormente: in tal caso spero
che questa tesi possa essere utile come base per futuri lavori più approfonditi.

Grazie dell’attenzione!
164 CHAPTER 5. ESEMPIO DI IMPLEMENTAZIONE REALE

Posizione 1 θreale = 72◦ φreale = 0◦ D ≈ 1163.87mm

14 assorbitori

Medie pesate: θ ≈ 38.66◦ φ ≈ 40.06◦


Scarto lineare: ∆θ ≈ −33.34◦ ∆φ ≈ 40.07◦
Distanza dalla vera DOA: ∆ ≈ 52.12◦ Lin. ≈ 1058.77mm

Scarti quadratici: σθ ≈ 35.12◦ σφ ≈ 57.50◦


Scarto composto: σ ≈ 67.55◦
5.5. QUANTIFICAZIONE STATISTICA IN UN CASO PESSIMO 165

Posizione 1 θreale = 72◦ φreale = 0◦ D ≈ 1163.87mm

14 assorbitori

Medie pesate: θ ≈ 46.30◦ φ ≈ 35.58◦


Scarto lineare: ∆θ ≈ −25.70◦ ∆φ ≈ 35.58◦
Distanza dalla vera DOA: ∆ ≈ 43.89◦ Lin. ≈ 891.59mm

Scarti quadratici: σθ ≈ 65.53◦ σφ ≈ 96.39◦


Scarto composto: σ ≈ 116.56◦
166 CHAPTER 5. ESEMPIO DI IMPLEMENTAZIONE REALE

Posizione 1 θreale = 72◦ φreale = 0◦ D ≈ 1163.87mm

17 assorbitori

Medie pesate: θ ≈ 84.81◦ φ ≈ 42.33◦


Scarto lineare: ∆θ ≈ 12.81◦ ∆φ ≈ 42.33◦
Distanza dalla vera DOA: ∆ ≈ 44.22◦ Lin. ≈ 898.29mm

Scarti quadratici: σθ ≈ 53.50◦ σφ ≈ 23.16◦


Scarto composto: σ ≈ 58.30◦
5.5. QUANTIFICAZIONE STATISTICA IN UN CASO PESSIMO 167

Posizione 1 θreale = 72◦ φreale = 0◦ D ≈ 1163.87mm

17 assorbitori

Medie pesate: θ ≈ 92.39◦ φ ≈ 30.33◦


Scarto lineare: ∆θ ≈ 20.39◦ ∆φ ≈ 30.33◦
Distanza dalla vera DOA: ∆ ≈ 36.55◦ Lin. ≈ 742.48mm

Scarti quadratici: σθ ≈ 51.62◦ σφ ≈ 18.65◦


Scarto composto: σ ≈ 54.89◦
168 CHAPTER 5. ESEMPIO DI IMPLEMENTAZIONE REALE

Posizione 2 θreale = 30◦ φreale = 0◦ D ≈ 2195.45mm

10 assorbitori

Medie pesate: θ ≈ 37.60◦ φ ≈ 39.17◦


Scarto lineare: ∆θ ≈ 7.60◦ ∆φ ≈ 39.17◦
Distanza dalla vera DOA: ∆ ≈ 39.90◦ Lin. ≈ 1532.44mm

Scarti quadratici: σθ ≈ 43.80◦ σφ ≈ 95.67◦


Scarto composto: σ ≈ 105.22◦
5.5. QUANTIFICAZIONE STATISTICA IN UN CASO PESSIMO 169

Posizione 2 θreale = 30◦ φreale = 0◦ D ≈ 2195.45mm

10 assorbitori

Medie pesate: θ ≈ 44.72◦ φ ≈ 19.26◦


Scarto lineare: ∆θ ≈ 14.72◦ ∆φ ≈ 19.26◦
Distanza dalla vera DOA: ∆ ≈ 24.24◦ Lin. ≈ 930.98mm

Scarti quadratici: σθ ≈ 27.09◦ σφ ≈ 111.63◦


Scarto composto: σ ≈ 114.87◦
170 CHAPTER 5. ESEMPIO DI IMPLEMENTAZIONE REALE

Posizione 2 θreale = 30◦ φreale = 0◦ D ≈ 2195.45mm

17 assorbitori

Medie pesate: θ ≈ 32.76◦ φ ≈ 13.35◦


Scarto lineare: ∆θ ≈ 2.76◦ ∆φ ≈ 13.35◦
Distanza dalla vera DOA: ∆ ≈ 13.63◦ Lin. ≈ 523.48mm

Scarti quadratici: σθ ≈ 28.05◦ σφ ≈ 129.27◦


Scarto composto: σ ≈ 132.28◦
5.5. QUANTIFICAZIONE STATISTICA IN UN CASO PESSIMO 171

Posizione 2 θreale = 30◦ φreale = 0◦ D ≈ 2195.45mm

17 assorbitori

Medie pesate: θ ≈ 44.89◦ φ ≈ −2.24◦


Scarto lineare: ∆θ ≈ 14.89◦ ∆φ ≈ −2.24◦
Distanza dalla vera DOA: ∆ ≈ 15.06◦ Lin. ≈ 578.41mm

Scarti quadratici: σθ ≈ 50.52◦ σφ ≈ 137.63◦


Scarto composto: σ ≈ 146.61◦
172 CHAPTER 5. ESEMPIO DI IMPLEMENTAZIONE REALE

Posizione 3 θreale = 45◦ φreale = 28◦ D ≈ 1755.13mm

5 assorbitori

Medie pesate: θ ≈ 56.09◦ φ ≈ −13.43◦


Scarto lineare: ∆θ ≈ 11.08◦ ∆φ ≈ −41.43◦
Distanza dalla vera DOA: ∆ ≈ 42.89◦ Lin. ≈ 1313.89mm

Scarti quadratici: σθ ≈ 48.95◦ σφ ≈ 38.11◦


Scarto composto: σ ≈ 62.04◦
5.5. QUANTIFICAZIONE STATISTICA IN UN CASO PESSIMO 173

Posizione 3 θreale = 45◦ φreale = 28◦ D ≈ 1755.13mm

5 assorbitori

Medie pesate: θ ≈ 58.05◦ φ ≈ 7.87◦


Scarto lineare: ∆θ ≈ 13.05◦ ∆φ ≈ −20.12◦
Distanza dalla vera DOA: ∆ ≈ 23.98◦ Lin. ≈ 734.60mm

Scarti quadratici: σθ ≈ 40.03◦ σφ ≈ 46.41◦


Scarto composto: σ ≈ 61.29◦
174 CHAPTER 5. ESEMPIO DI IMPLEMENTAZIONE REALE

Posizione 3 θreale = 45◦ φreale = 28◦ D ≈ 1755.13mm

10 assorbitori

Medie pesate: θ ≈ 58.70◦ φ ≈ −15.19◦


Scarto lineare: ∆θ ≈ 13.70◦ ∆φ ≈ −43.19◦
Distanza dalla vera DOA: ∆ ≈ 45.31◦ Lin. ≈ 1388.02mm

Scarti quadratici: σθ ≈ 50.36◦ σφ ≈ 76.10◦


Scarto composto: σ ≈ 91.26◦
5.5. QUANTIFICAZIONE STATISTICA IN UN CASO PESSIMO 175

Posizione 3 θreale = 45◦ φreale = 28◦ D ≈ 1755.13mm

10 assorbitori

Medie pesate: θ ≈ 62.14◦ φ ≈ −3.50◦


Scarto lineare: ∆θ ≈ 17.14◦ ∆φ ≈ −31.50◦
Distanza dalla vera DOA: ∆ ≈ 35.86◦ Lin. ≈ 1098.53mm

Scarti quadratici: σθ ≈ 45.78◦ σφ ≈ 69.70◦


Scarto composto: σ ≈ 83.39◦
176 CHAPTER 5. ESEMPIO DI IMPLEMENTAZIONE REALE

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