VALENTINA FORTI
SOMMARIO: 1. Il principio del mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di
azienda. - 2. Diritti previdenziali e trasferimento d’impresa nelle fonti comunitarie-
3. L’ordinamento italiano. Problematiche aperte dal trasferimento d’azienda in ordine al
mantenimento dei diritti derivanti dalla previdenza obbligatoria: posizione dei lavoratori e
degli enti previdenziali. - 4. Riflessi del trasferimento d’azienda sul regime e/o
sull’inquadramento previdenziale, sulla disciplina degli ammortizzatori sociali e delle
agevolazioni contributive. - 5. Trasferimento d’azienda e previdenza complementare
nell’ ordinamento italiano
1
Che costituisce anche norma autonoma, che regola la procedura di informazione e
consultazione sindacale. Per commenti, vedi M. MAGNANI, Disposizioni in tema di
trasferimento di azienda. Commento all’art. 47 della legge 29 dicembre 1990 n. 428,
in Nuove leggi civ. comm., 1992, 652 ss.
2
Tra i numerosi studi in merito, cfr . C. CESTER, Trasferimento di azienda e rapporti
di lavoro: la nuova disciplina, in Lav. giur., 2001, 6, 505 ss e F. SCARPELLI, Nuova
disciplina del trasferimento di azienda, in Dir. prat. lav., 2001, 12 , 779 ss.
3
Ex plurimis, vedi L. DE ANGELIS, La tutela del lavoratore ceduto, in W.P.-
C.S.D.L.E “Massimo D’Antona”, 2004, 50, in www.unict.it/documenti; mi permetto inoltre
di rinviare a V. FORTI , La disciplina del trasferimento di azienda e di ramo di azienda
prima e dopo il d. lgs 276/2003, di attuazione della legge n. 30 del 2003, in Dir. lav .
Marche, 2003, 3 - 4, 379 ss; più di recente cfr. V. SPEZIALE, Le “esternalizzazioni” dei
processi produttivi dopo il D.lgs n. 276 del 2003: proposte di riforma , in Riv. giur. lav.,
2006, 1, 3 ss.
4
Vedi F. VANDAMME, Concentrations d’enterprises et protection des travaillers,
in CDE, 1977, 25 ss.
5
Le novità della direttiva sono state, tra gli altri, esaminate da R. C OSIO, La nuova
direttiva sul trasferimento delle imprese: l’ambito di applicazione, in Foro it., 2000, I, 879.
2
11
A livello comunitario vedi l’art. 3, par. 3, Dir. 2001/23/CE, secondo il quale dopo il
trasferimento d’ impresa il cessionario deve mantenere ai lavoratori ceduti le condizioni di
lavoro convenute mediante contratto collettivo nei termini previsti da quest’ ultimo per il
cedente, fino alla data della risoluzione o della scadenza dello stesso contratto o
dell’ entrata in vigore o dell’ applicazione di un altro contratto collettivo (del cessionario).
Per quanto riguarda la sostituzione del contratto collettivo applicabile in caso di cessione
d’ azienda (da quello del cedente a quello del cessionario), a differenza dell’art. 2112,
comma 3, c.c., la norma CE citata è molto generica e ciò è comprensibile, vista la finalità,
da parte del diritto comunitario, di armonizzazione di ordinamenti molto diversi tra loro e,
per quello che ci interessa, con differenti sistemi di contrattazione collettiva.
12
Per “regimi legali” nella terminologia delle fonti CE si intendono quelli di
previdenza obbligatoria o di base, cui è riferibile il Regolamento 833/2004/CE
(che, una volta approvata la normativa di attuazione, dovrà sostituire il Regolamento
1408/71/CEE), che stabilisce principi volti al coordinamento dei sistemi di sicurezza
sociale dei paesi membri. Per quanto riguarda invece i “regimi di previdenza
complementare”, sono definiti dalla direttiva 98/49/CE (che si occupa specificamente del
mantenimento dei diritti dei lavoratori iscritti a fondi di previdenza complementare in caso
di mobilità all’ interno della UE), come quei “regimi pensionistici di categoria stabiliti in
conformità delle legislazioni e delle prassi nazionali”.
13
Cfr. le sentenze della Corte di giustizia del 4 giugno 2002, c-164/2000, Beckmann
(commentata, tra gli altri, da P. PASSALACQUA, Corte di giustizia, trasferimento di imprese
e previdenza: riflessi nell’ordinamento interno, in questa Rivista, 2002, 2, 533 ss ) e del
6 novembre 2003, C- 4/01, Serene ( in Lav. giur., 2004, 9, 865 ss con nota di L.C. NATALI,
Trasferimento d’azienda: la Corte CE ribadisce il proprio favore verso la garanzia dei
diritti previdenziali dei lavoratore ).
14
Vedi il punto 460 della sentenza Beckmann.
15
Mentre l’art. 3.3 dell’ originaria Dir. 77/187, disponeva solo che i paragrafi 1 e 2
non si applicassero tout court ai diritti dei lavoratori a prestazioni di previdenza
complementare.
4
prevede che gli Stati membri possano disporre anche di questi diritti
(possano cioè stabilire che anche gli stessi vengano conservati dal lavoratore
che con il trasferimento passa automaticamente dal cedente al cessionario),
in virtù del c.d. principio del favor per il lavoratore .
Inoltre la lett. b) dello stesso art. 3, par. 4, della direttiva del 200116
sancisce che gli Stati membri, anche quando non prevedano, a norma della
lett. a), il principio della conservazione dei diritti a prestazioni di previdenza
complementare, hanno comunque l’onere di predisporre i provvedimenti
necessari per tutelare gli interessi dei lavoratori e di coloro che hanno già
lasciato lo stabilimento del cedente al momento del trasferimento, per
quanto riguarda i diritti, maturati o in corso di maturazione, a prestazioni di
vecchiaia o per i superstiti, dei suddetti regimi complementari.
Lo Stato viene quindi incaricato di proteggere i lavoratori, anche non
più dipendenti del cedente quando viene effettuato il trasferimento della
azienda17, che in tale momento hanno maturato o stanno maturando diritti a
prestazioni di previdenza integrativa e che, vista l’esclusione dalla tutela
prevista in via generale dall’ art. 3, par. 1 e 3, della direttiva, potrebbero
subire conseguenze sfavorevoli a causa del trasferimento, con un metodo
non usuale, vale a dire impedendo che questo “carico di pensioni” venga
trasmesso all’acquirente dell’azienda. Tale norma non impone obblighi di
conformazione, ma sembra lasciare agli ordinamenti nazionali piena libertà
di ampliare l’assetto protettivo, già assicurato dalla previdenza di base,
anche alla previdenza complementare.
Per quanto riguarda la sorte dei diritti dei lavoratori trasferiti presso il
cessionario derivanti dalla previdenza obbligatoria o di base, non facendo
la direttiva CE ad essi alcun riferimento, è stata la dottrina a proporre
diverse soluzioni interpretative. Secondo un’autorevole opinione18
se l’operatività del principio di conservazione è in via di principio (salvo
deroghe stabilite da singoli Stati membri) esclusa dalla Dir. 2001/23 in
riferimento a forme di previdenza che, come quelle complementari o
integrative, “risultano da” contratti di lavoro, tanto più tale esclusione è
valida per le forme previdenziali di base, che non hanno come fonte il
contratto, ma direttamente la legge: in sostanza, secondo tale teoria, le fonti
comunitarie scontano il fatto che in materia di previdenza obbligatoria la
tutela dei prestatori di lavoro trovi un’adeguata garanzia nelle relative
discipline nazionali, senza bisogno di interventi ulteriori, come quello del
principio di conservazione.
Anche un altro giuslavorista19 condivide l’opinione suesposta,
sostenendo che l’atteggiamento astensionistico in materia di regimi legali di
sicurezza sociale è probabilmente fondato sulla considerazione da parte
degli organismi comunitari dell’esistenza di una copertura di base in ogni
ordinamento di un paese membro20, che sia capace di assicurare la tutela dei
lavoratori anche al di là delle norme protettive riguardanti la modificazione
16
Già art. 3, par. 3, seconda parte, della direttiva del 1977.
17
Mentre il principio del mantenimento presso il cessionario dei diritti derivanti da
un contratto di lavoro stipulato con il cedente si applica solo a coloro il cui rapporto sia
ancora in corso con lo stesso al momento del trasferimento dell’impresa.
18
M. CINELLI, in Trasferimento o conferimento di attività economica organizzata,
principio del mantenimento dei diritti dei lavoratori e previdenza, in questa Rivista, 2002,
2, 9 ss ( spec. 28-29 ).
19
G. VILLANI, Trasferimento d’azienda. Profili di diritto del lavoro e della
previdenza sociale, Utet, Torino, 2000, spec. 72.
5
31
Tale conclusione non viene smentita dall’ art. 15, comma 1, del D.P.R. n. 1124 del
1965 che invece, per quanto riguarda il pagamento dei premi per l’INAIL, prevede, in caso
di trasferimento di azienda, la solidarietà tra cedente e cessionario: infatti tale norma può
essere ritenuta di carattere eccezionale, limitata alla specifica assicurazione contro gli
infortuni sul lavoro, e quindi priva di valenza generale. Così sostiene CINELLI, in op. cit.,
15 e la Cassazione nelle sentenze 29 gennaio 1992 n. 906, in Mass. giust. civ., 1992 e 29
marzo 1995 n. 3572, in Rep. Foro it., 1995, voce Infortuni sul lavoro, n. 1138.
32
Oltre ad attività lavorative non poste nel mercato (ad es. quella delle casalinghe o
dei ministri di culto). Più correttamente presupposto del rapporto previdenziale si può
considerare “una funzione che concorra al progresso materiale e spirituale della società, ex
art. 4, 2°comma Costituzione”: così CINELLI, op. ult. cit., 24.
33
Pensiamo infatti che, anche se il contratto di lavoro è invalido, l’ art. 2126 c.c.
riconosce comunque al lavoratore il diritto alla retribuzione, oltre al versamento dei
contributi previdenziali, per la prestazione di lavoro effettuata.
34
Se ad es. datore e lavoratore stipulano una transazione circa la natura del loro
rapporto (autonoma o subordinata), ciò non pregiudica il credito contributivo vantato
dall’ente previdenziale. Inoltre l’autonomia dei due rapporti risulta evidente anche nella
disciplina della retribuzione imponibile per il calcolo dei contributi, che è costituita dalla
retribuzione “dovuta” per legge o contratto collettivo, non rilevando il fatto che il
lavoratore accetti dal datore una retribuzione inferiore.
35
In giurisprudenza, vedi tra le altre Cass., sez. lav., 20 gennaio 1993, n. 677, in
Not. giur. lav., 1993, 595 e 13 aprile 1999, n. 3630, in riv. cit., 1999, 548.
36
A differenza del sistema a capitalizzazione, con cui viene gestita la previdenza
complementare.
37
Così CINELLI, op. cit., 21.
38
O meglio, “una funzione che concorra al progresso materiale e spirituale della
società”.
39
Cfr. CINELLI, 22, oltre a Cass. n. 8179 del 2001, cit.
8
40
Sempre CINELLI, ivi, 23 ss.
41
Sebbene la sua operatività sia contenuta nell’ ambito delle contribuzioni non
prescritte.
42
Vedi le leggi n. 29 del 1979, n. 45 del 1990 e n. 274 del 1991.
43
Vedi l’ art. 71 della legge n. 388/ 2000 e, di recente, il D.lgs 2 febbraio 2006 n.42.
44
La necessità di tenere conto dell’ intero assetto contributivo è ancora più evidente a
seguito della legge 335/1995, che ha sostituito il precedente sistema di calcolo della
pensione retributivo con quello contributivo.
45
Vedi la legge 297/82 per il T.F.R. e il D.lgs 80/92 per gli altri crediti, di lavoro e
previdenziali, anche prescritti.
46
Di cui principale esponente è G. VILLANI , Trasferimento d’azienda. Profili di
diritto del lavoro e della previdenza sociale, cit., alle cui considerazioni aderisce
M. NICOLOSI , op. cit.
47
Così NICOLOSI, op. cit., 75 – 76.
48
Cfr. VILLANI, op. cit., 99 ss.
49
Vedi anche C. GULLI’, Trasferimento d’azienda e rapporto previdenziale. La
responsabilità del datore di lavoro cessionario nell’obbligazione contributiva., in Dir.
prat. lav., 1991, 1519.
9
50
Così sostiene, oltre a VILLANI e NICOLOSI, anche PASSALACQUA, op. cit., 547 ss.
51
Così ritiene P. PASSALAQUA, op. cit., 547, che fa riferimento anche alla sentenza
della Corte di giustizia del 4/6/2002, c-164/00, Beckmann, cit., secondo cui le deroghe
all’applicabilità del principio del mantenimento dei diritti e della solidarietà tra cedente e
cessionario in caso di trasferimento di impresa vanno intese nella ristretta accezione
dell’ art. 3, par. 4, lett. a), Dir. 2001/23. Inoltre lo studioso si rifà anche alla risalente, ma
importante sentenza del 7 febbraio 1985, c-135/83 (Abels ), secondo la quale “L’art. 3 n. 1
della Dir. 77/187 va interpretato nel senso che esso ricomprende le obbligazioni del cedente
derivanti da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro sorte anteriormente alla data
del trasferimento, eccezion fatta per le deroghe contemplate al n. 3 di detto articolo”
(quelle riguardanti di diritti a prestazioni di previdenza complementare).
52
Pari alla pensione o quota di pensione dell’assicurazione obbligatoria che
spetterebbe al lavoratore in relazione ai contributi omessi: vedi l’ art. 13 della legge n. 1338
del 1962.
53
Tale azione è esperibile dal lavoratore entro 10 anni dalla data del provvedimento di
rifiuto della prestazione da parte dell’ente previdenziale.
54
Tali problematiche sono state affrontate sinteticamente da P. PASSALACQUA,
op. cit., 546-547, ma, soprattutto, da M. CINELLI, nello scritto più volte menzionato, 29 ss.
10
55
Oltre al caso del trasferimento di azienda, si può far riferimento anche alle ipotesi di
trasformazione di una società o di dismissione di un ente pubblico, con trasferimento
dell’attività ad un soggetto privato (vedi in merito CINELLI, op. ult. cit., 31 ss, che si occupa
in particolare dei riflessi previdenziali per i lavoratori a seguito della privatizzazione dei
servizi pubblici locali ).
56
Facendo un esempio, se l’ alienante, del settore industriale o commerciale, cede, tra
gli altri dipendenti, un dirigente, iscritto all’Inps, ad un acquirente che esercita invece
attività agricola, il rapporto assicurativo del suddetto dirigente dovrà proseguire
(a condizioni diverse) con l’Enpaia.
57
In dottrina vedi G. FERRARO, La classificazione delle imprese ai sensi dell’art. 49
nella legge n. 88 del 1989, in Riv. it. dir. lav., 1990, I, 157 ss e C. SILVESTRO, Contributo
allo studio dell’ inquadramento previdenziale, ESI, Napoli, 1996.
58
Ad es. quest’ ultima era un’impresa commerciale, il cessionario invece è inquadrato
nel settore industriale.
59
Ad es. non esercitando più in prevalenza attività industriale, ma concentrandosi
nell’attività commerciale.
60
Effettuando una diversa attività un’azienda potrebbe ad es. non essere più obbligata
a versare i premi all’ INAIL, in quanto non si tratta di attività assicurabile ex artt. 1 e 4 del
D.P.R. n. 1124 del 1965.
61
Infatti, in genere, le aliquote contributive per i dipendenti di imprese inquadrate nel
settore industriale sono più elevate di quelle applicate sulle retribuzioni dei lavoratori di
aziende commerciali e artigianali; inoltre possono aversi variazioni circa il quantum
contributivo anche a seconda dell’ ubicazione geografica dell’ impresa.
62
Anche se sappiamo che una quota, se pur minore (in genere un terzo), della
contribuzione è a carico del lavoratore, pur essendo obbligato ex lege al versamento della
contribuzione all’ istituto previdenziale il solo datore di lavoro.
11
63
Il c.d. requisito occupazionale: i requisiti sono diversi a seconda che si tratti di
Cassa integrazione ordinaria e straordinaria; per quest’ultima sono stabiliti criteri diversi a
seconda del settore dell’impresa; per quanto riguarda l’indennità di mobilità, questa può
essere usufruita solo da lavoratori che dipendono da un’impresa che rientra nel campo di
applicazione della CIGS.
64
Il c.d. requisito soggettivo: in particolare, un lavoratore sarà ammesso a godere
della CIGS se abbia conseguito presso l’ impresa almeno 90 giorni di anzianità lavorativa
dalla data di richiesta dell’ intervento (v. art. 8 legge n. 160 del 1988); potrà usufruire
invece dell’ indennità di mobilità solo se “possa far valere un’ anzianità aziendale di
almeno dodici mesi, di cui almeno sei di lavoro effettivamente prestato..”, e comunque
deve aver svolto un rapporto di lavoro a carattere continuativo, non a termine (cfr. art. 16,
1° comma , della legge n. 223 del 1991).
65
Che all’art. 16, comma 4, ha abrogato il precedente trattamento di disoccupazione
66
Così VILLANI, Trasferimento di azienda, più volte menzionato, 92.
12
70
Con riferimento ai lavoratori collocati in mobilità nei sei mesi precedenti.
71
Agevolazioni agli imprenditori che assumono lavoratori posti in mobilità sono
previste, oltre che dall’art. 8, comma 2, citato, anche dal 2°comma della stessa norma, e dal
successivo art. 25, comma 3.
72
Tutte le circolari e i provvedimenti dell’INPS sono disponibili in www.inps.it/
documenti. Per una panoramica sulle varie disposizioni, legislative e amministrative,
regolanti le agevolazioni contributive in caso di trasferimento d’azienda, vedi M. MAGRI,
Mobilità e agevolazioni contributive nel trasferimento d’ azienda, in Guida lav, 2003, 27,
46 e F. BALBI - R. LIVATINO, Le agevolazioni contributive nel trasferimento di azienda,
ibidem, 45, 36.
73
Tra gli altri vedi M. MISCIONE, Gli incentivi della mobilità anche per i trasferimenti
d’ azienda, in Dir. prat. lav., 1995, 27, 1761 ss. e CINELLI, Trasferimento…, cit., 51 (v.
nota 78), secondo cui in tale circolare sono stati stabiliti criteri comuni per la concessione
degli sgravi in caso di trasferimento di azienda e collegamenti societari, mentre in realtà le
interpretazioni andrebbero distinte nei due casi .
74
Di fronte al Comitato amministratore del Fdpl.
75
Le cui disposizioni sono consultabili in www.lavoro.gov.it.
76
Vedi la direttiva prot. n. 102845 del 28 aprile 1999 e la successiva dell’ 11 maggio
1999, prot. n. 103146.
77
Cfr. Cass., sez. lav., 12 dicembre 2001, n. 15652, in cd Juris data; 28 ottobre 2002,
n. 15207; 3 novembre 2003 n. 16444 e 22 gennaio 2004 n. 1112, tutte in Dir. prat. lav.,
2005, 31, XIX.
14
di cui alla legge n. 223 del 1991 solo nel caso in cui la situazione di esubero
del personale messo in mobilità sia reale, con effettiva cessazione della
attività dell’impresa originaria, e le nuove assunzioni dei dipendenti di
quest’ultima costituiscano una libera scelta dell’impresa e non siano invece
dettate dalla legge, come, in caso di trasferimento d’azienda, dall’art. 2112.
Conformandosi all’orientamento giurisprudenziale citato, l’Inps78 da
diverso tempo non riconosce i benefici menzionati nel caso in cui
l’assunzione dei lavoratori in mobilità sia stata necessitata da un
trasferimento d’ azienda.
Tale atteggiamento dell’ente, pur apprezzabile nei suoi intenti
antielusivi, è tuttavia criticabile, in quanto in contrasto con la finalità cui
sono volte le agevolazioni di cui alla legge 223/91, che è quella di facilitare
il reinserimento produttivo dei prestatori di lavoro collocati in mobilità, in
più tale comportamento ostativo rischia di scoraggiare iniziative e
investimenti imprenditoriali 79.
Inoltre l’Inps e la giurisprudenza della Cassazione non sembrano tenere
conto del complesso delle disposizioni contenute nell’ art. 2112 c.c 80: infatti
se tale norma sancisce in via generale che in caso di trasferimento
d’impresa il lavoratore ha diritto a conservare tutti i diritti e il posto di
lavoro, non potendo la suddetta cessione costituire “di per sé” motivo di
licenziamento, ciò non pregiudica tuttavia che il recesso, sia da parte del
cedente, che del cessionario, possa invece essere effettuato per motivi
economici, tecnici e organizzativi che comportino variazioni sul piano della
occupazione dell’azienda .
Ciò significa che dovranno essere ritenuti legittimi licenziamenti
giustificati da motivi diversi e autonomi dallo stesso trasferimento
d’azienda, in quanto l’art. 2112, 4°comma, c.c. vuole solo evitare che
quest’ultimo costituisca il pretesto per disfarsi di personale scomodo in
modo indiscriminato, senza reali giustificazioni economico - organizzative.
Nel caso in cui quindi viene presentata all’ente previdenziale domanda
per ottenere le agevolazioni contributive di cui alla legge 223 del 1991 da
una nuova impresa, che assume i lavoratori già licenziati e posti in mobilità
a seguito di trasferimento di azienda, non è legittimo un rifiuto
indiscriminato dell’istanza, ma caso per caso l’istituto dovrebbe valutare se
il licenziamento collettivo effettuato sia giustificato o meno e se le finalità
della nuova impresa che assume non sono fraudolente.
78
Vedi anche la circolare 24 giugno 2003 n. 109, commentata da M. M AGRI, op. cit.,
47 e da BALBI- LIVATINO, op. cit., 45 ss.
79
Sul punto ritengo di aderire alla tesi di M. CINELLI, op.. cit., 50 ss.
80
E delle norme e orientamenti giurisprudenziali comunitari.
81
Vedi l’art. 3, par. 1 e 3.
15
82
Cfr. art. 3, par. 4, della direttiva del 2001, come modificato rispetto alla versione
originaria dalla Dir. 98/50.
83
Novellato rispetto alla stesura originaria da varie leggi, tra cui la 335/1995 e la
388/2000. In dottrina tra gli altri vedi A. TURSI, La previdenza complementare nel sistema
italiano di sicurezza sociale, Giuffrè, Milano, 2001, più di recente cfr. G. ZAMPINI,
La previdenza complementare Fondamento costituzionale e modelli organizzativi, Cedam,
Padova, 2004 e M. BESSONE - F. CARINCI (a cura di), La previdenza complementare, in
Diritto del lavoro, Commentario diretto da F. Carinci , Utet, Torino, 2004.
84
Tra i commenti cfr. M. CINELLI - P. SANDULLI, Prime note sulla riforma
pensionistica 2004, in questa Rivista, 2004, 2, 587 ss. Per quanto riguarda la previdenza
integrativa, vedi A. SGROI, La previdenza privata dopo la legge delega del 23 agosto 2004
n. 243, in Inf. prev., 2005, 1, 12 ss. In estrema sintesi, i punti più qualificanti della riforma
in materia di previdenza complementare sono: la parificazione tra fondi negoziali, fondi
aperti e forme pensionistiche individuali e la possibilità, da parte del lavoratore, di destinare
la quota del suo TFR maturando ad un fondo pensione.
85
In particolare dell’art. 1, comma 2, lettere e), h), i), l) e v).
86
In G.U. 13/12/2005 n. 289, S.O n. 2000 ed errata corrige in G.U. 30/1/2006 n. 24.
Per commenti in merito vedi R. PESSI, La riforma del sistema pensionistico obbligatorio e
complementare: principi ispiratori, novità, prospettive, in Mass. giur. lav., 2006, 5, 364 ss
e S. BUONANNO, Il nuovo sistema di previdenza complementare. Decreto legislativo 5
dicembre 2005 n. 252, in Lav. prev. oggi, 2006, 2, 188 ss. Uno studio sull’attuale quadro
del sistema della previdenza complementare alla luce delle pronunce giudiziali in merito è
stato effettuato da G. ZAMPINI, in La previdenza complementare nella giurisprudenza. Una
rassegna critica tra vecchie e nuove riforme, pubblicato in Arg. dir. lav., 2006, 1, 313 ss.
87
In G.U. n. 265 del 14/11/2006 e in www. lavoro.gov.it.
88
Fra le disposizioni approvate, troviamo l’anticipo della riforma del trattamento di
fine rapporto; ci sono inoltre misure procedurali riguardanti l’adeguamento dei fondi
pensione ai meccanismi di trasferimento del TFR. In particolare, il decreto ha stabilito che
entro il 31 dicembre 2006, tutti i fondi pensione debbano aggiornare i propri statuti e
regolamenti, mentre le forme pensionistiche attuate mediante contratti di assicurazione
sulla vita dovranno prevedere la costituzione del patrimonio autonomo e separato entro il
31 marzo 2007.
16
105
Nazionali, territoriali ed aziendali.
106
Così sostiene ZAMPINI, op. cit., 140 - 142, alla cui opinione mi sento di aderire.
107
TURSI, La previdenza complementare nel sistema italiano di sicurezza sociale,
cit., spec. 471.
108
Perché è cambiata la categoria d’inquadramento per la quale il contratto collettivo
del cedente costituiva il fondo pensione o perché si trattava di un fondo istituito da
contratto collettivo aziendale, sostituito dal contratto collettivo, dello stesso livello,
applicabile presso il cessionario.
109
Come invece sostengono, come abbiamo visto in precedenza, C INELLI e
PASSALACQUA, negli scritti sopra citati.
110
Che nella vicenda circolatoria diventa la forma pensionistica a qua.
111
Tra i requisiti di partecipazione al fondo gli statuti includono invariabilmente il
fatto che i destinatari della norma pensionistica siano dipendenti cui si applicano
determinati contratti collettivi, cui spesso fa riferimento la stessa norma statutaria.
112
Un’interessante rassegna delle norme statutarie sul punto è effettuata da
R. VIANELLO, in op. cit. , spec. 621-623 (in particolare cfr. nota 253).
19