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LE ASSICURAZIONI

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INDICE – SOMMARIO

Il Contratto di assicurazione in generale:


- caratteri generali
- soggetti
- conclusione del contratto
- forma del contratto
- obblighi delle parti durante le trattative
- contenuto oggettivo del contratto
- tutela del contraente, dell’assicurato e dei terzi: derogabilità delle clausole in senso favorevole
all’assicurato e le clausole vessatorie
- le cause estintive del contratto: recesso, nullità, annullabilità, risoluzione

L’intermediazione assicurativa
- requisiti per l’iscrizione delle persone fisiche
- requisiti per l’iscrizione delle società
- intermediari già iscritti
- regole di comportamento
- la trasparenza delle operazioni e la protezione dell’assicurato
- normativa ISVAP
- le specifiche regole di comportamento degli intermediari assicurativi
- la legge sulla tutela del risparmio e la disciplina dei prodotti finanziari emessi da imprese di
assicurazioni – Normativa Consob
- le specifiche regole di comportamento degli intermediari assicurativi per le assicurazioni sulla vita
qualificabili come polizze linked (ramo III) e per le operazioni di capitalizzazione (ramo V)

L’assicurazione contro i danni in generale


- l’assicurazione obbligatoria per la circolazione di veicoli a motore e natanti
- l’assicurazione privata contro gli infortuni e le malattie

L’assicurazione sulla vita


- i soggetti del contratto di assicurazione sulla vita
- le tipologie di contratti di assicurazione sulla vita- La suddivisione in rami
- le assicurazioni sulla durata della vita umana (ramo I)
- le assicurazioni di cui ai rami I e II, le cui prestazioni principali sono direttamente collegate al valore
di quote di organismi di investimento collettivo del risparmio o di fondi interni ovvero a indici o ad altri
valori di riferimento (ramo III)
- le operazioni di capitalizzazione (ramo V)
- le forme pensionistiche individuali (F.I.P.)
- l’assicurazione malattia e assicurazione contro il rischio di non autosufficienza che siano garantite
mediante contratti di lunga durata, non rescindibili, per il rischio di invalidità grave dovuta a malattia
o a infortunio o a longevità (ramo IV)
- le assicurazioni di nuzialità e di natalità (ramo II)
- le operazioni di gestione di fondi collettivi costituiti per l’erogazione di prestazioni in caso di morte, in
caso di vita o in caso di cessazione o riduzione dell’attività lavorativa (ramo VI)
- la previdenza complementare
- le assicurazioni collettive
- l’assicurazione sulla vita propria e di un terzo
- l’assicurazione a favore di un terzo
- impignorabilità e insequestrabilità
- cessione, pegno e vincolo
- il diritto di ripensamento del contraente nelle assicurazioni sulla vita – la revoca della proposta, il
recesso, i contratti conclusi fuori dai locali commerciali sospensione
- l’inversione dell’onere della prova nei giudizi risarcitori
- la prescrizione

APPROFONDIMENTI DI TECNICA DELLE ASSICURAZIONI


- Il premio
- Determinazione delle tariffe nei rami vita
- Periodicità del pagamento dei premi

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- Le riserve tecniche
- La riserva matematica
- Margine di solvibilità
- Quota di garanzia
- Tasso di rendimento delle polizze vita
- Tasso minimo garantito
- Tasso tecnico

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IL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE IN GENERALE

Premessa
Il diritto delle assicurazioni, oggetto di sostanziale disinteresse sino al 1882 e poi passato senza grandi
scosse dalla disciplina contrattuale del codice di commercio a quella del codice civile del 1942, sembra oggi
conoscere una stagione di rinnovata modernità, indice di una significativa evoluzione degli aspetti di
“finanziarizzazione” delle operazioni assicurative. Basti pensare alle assicurazioni sulla vita che, concepite
dal codice civile essenzialmente come prodotti a base demografica, si sono venute sviluppando (alla luce dei
nuovi principi introdotti dalle Direttive comunitarie) in figure modellate secondo logiche squisitamente
finanziarie, ove il rischio non si collega più all’interesse dell’assicurato di garantire un capitale per sé stesso
o per i propri familiari, ma si trasforma in una modalità di investimento finanziario, e l’interesse dell’assicurato
divine essenzialmente speculativo.
In questo contesto nasce il codice delle assicurazioni private, introdotto con il decreto legislativo 7
settembre 2005 n. 209 (e la successiva, conseguente normativa regolamentare) il quale ha innovato il piano
normativo in materia di assicurazioni nel tentativo di coniugare l’esigenza di semplificazione dell’assetto
normativo (attuata attraverso l’abrogazione integrale di norme ritenute ormai vetuste, quali - a titolo
meramente esemplificativo – i R.D. 23 marzo 1922 n. 387 e R.D. 6 aprile 1923 n. 966, nonché la Legge 24
dicembre 1969 n. 990, la quale ultima ha regolato sino all’entrata in vigore del codice delle assicurazioni
private, la materia della responsabilità civile auto, introducendo nel nostro ordinamento l’assicurazione
obbligatoria per i veicoli a motore) con quella di rafforzamento della posizione del contraente debole, il
consumatore-assicurato.

Caratteri generali
L’assicurazione è definita dall’art. 1882 c.c. come “il contratto col quale l’assicuratore, verso il pagamento di
un premio, si obbliga a rivalere l’assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un
sinistro, ovvero a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana”.
La definizione codicistica del contratto di assicurazione propone la tipologia dei due fondamentali tipi
contrattuali in materia assicurativa: l’assicurazione contro i danni e l’assicurazione sulla vita.
All’interno di detta bipartizione codicistica possono ulteriormente distinguersi: tra le assicurazioni contro i
danni, a seconda dell’interesse assicurato, assicurazioni alle cose (trasporti, incendi, furti, agricole, ecc., al
patrimonio ( credito, responsabilità civile, spese legali, e riassicurazioni), alla persona (infortuni, malattie); tra
le assicurazioni sulla vita, a seconda dell’evento attinente alla via umana, che determina l’effettuarsi o il
cessare delle prestazioni dedotte in contratto, assicurazioni per il caso morte (capitale a vita intera,
temporanea, a termine fisso) e per il caso sopravvivenza (di un capitale o di una rendita differita, di una
rendita immediata, ecc.).
La definizione fornita dall’art. 1882 c.c. consente di inserire il contratto di assicurazione nell’ambito dei
contratti a prestazioni corrispettive, ove la prestazione a carico dell’assicurato consiste nel pagamento del
premio e quella gravante sull’assicuratore nella promessa di pagamento dell’indennità.
La circostanza che la prestazione dell’assicuratore è incerta, almeno quanto al momento in cui sarà dovuta,
e la possibile sproporzione che ne deriva tra essa e l’importo dei premi riscossi dall’assicuratore, rende il
contratto aleatorio (ove per aleatorio deve intendersi quel contratto nel quale il rapporto tra prestazione
eseguita e beneficio atteso non è conoscibile ex ante dal contraente; in tal modo l’elemento del rischio
qualifica la stessa operazione economica a livello di giustificazione causale).
La protrazione della garanzia, cui è tenuto l’assicuratore, nell’arco di tempo stabilito per l’efficacia del
contratto, permette poi di classificare il contratto quale rapporto di durata ad esecuzione continuata.

I soggetti del contratto di assicurazione: assicuratore, assicurato, contraente, beneficiario


L’assicuratore è il soggetto che si obbliga al pagamento dell’indennizzo, subordinatamente al verificarsi di
un dato evento, dietro pagamento di un corrispettivo definito premio.
La rigorosa disciplina pubblicistica del settore, e la stessa normativa codicistica che, oltre all’esplicito
richiamo “all’osservanza delle norme stabilite dalle leggi speciali” (art. 1883 c.c.), basata sul presupposto di
una qualificazione professionale dell’assicuratore, comportano che solo un ente pubblico o una società
aventi determinate caratteristiche (S.p.A., cooperative, mutue assicuratrici), organizzata in forma di impresa,
professionalmente qualificata, e debitamente autorizzata, possa esercitare l’attività assicurativa.
Le condizioni di accesso all’attività assicurativa ed il regime autorizzativo sono attualmente disciplinati
dall’art. 13 e ss. cod. ass. priv.
L’assicurato è normalmente il soggetto titolare dell’interesse esposto al rischio, e, quindi, la persona
<<protetta>> dall’operazione di assicurazione, cioè quella il cui interesse è messo al sicuro, in tutto o in
parte, dal contratto di assicurazione.
L’assicurato non sempre, e non necessariamente, coincide con la persona che ha materialmente stipulato il
contratto (contraente) né con quella destinataria del pagamento dell’indennizzo ( beneficiario).
Pertanto il contraente si identifica in colui che concluso il contratto e si è obbligato alla controprestazione.

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In tutti i casi in cui non coincide con il contraente, l’assicurato non è parte del contratto, e, quindi, non è
obbligato al pagamento del premio, ma non è neppure legittimato ad azionare le pretese nascenti dal
contratto, a meno che non riunisca nella propria persona le qualità sia di assicurato sia di beneficiario.
La dissociazione tra chi stipula il contratto (contraente) e chi ha interesse al contratto di assicurazione
(assicurato) dà luogo alla figura dell’assicurazione per conto altrui ed a quella dell’assicurazione per conto di
chi spetta.
La prima è disciplinata dall’art. 1891 c.c. e si configura quando:
a) la persona del contraente non coincide con quella del titolare dell’interesse assicurato
b) il contraente, al momento della stipula, sa che in caso di sinistro non sarà egli il titolare dell’interesse
all’indennizzo.
La seconda, anch’essa, prevista dell’art. 1891 c.c., presuppone che il contraente, al momento della stipula,
sa che in caso di sinistro il titolare dell’interesse all’indennizzo potrà essere a seconda delle circostanze, lui
stesso oppure un terzo. Si suole affermare che, al momento della stipula, nell’assicurazione per conto altrui il
terzo assicurato è noto, mentre in quella per conto di chi spetta è indeterminato.
Il beneficiario è il destinatario della prestazione dell’assicuratore a cui favore è concluso il contratto.
Nell’ipotesi in cui il beneficiario è soggetto diverso dall’assicurato, si delinea la figura dell’assicurazione a
favore di terzi, la quale prevede che:
a) il titolare dell’interesse assicurato sia il contraente;
b) il beneficiario della prestazione indennitaria dovuta dall’assicuratore sia persona diversa dal
contraente.
L’assicurazione a favore del terzo è dunque un’assicurazione per conto proprio, non per conto altrui, nella
quale il destinatario dell’indennizzo non è titolare dell’interesse assicurato, ma solo del diritto di credito
avente ad oggetto l’indennità. Pertanto, mentre nell’assicurazione per conto altrui l’assicurato coincide col
beneficiario, in quella a favore del terzo, l’assicurato non coincide col beneficiario.
L’assicurazione a favore del terzo trova il proprio terreno d’elezione nell’assicurazione sulla vita ed in quella
contro gli infortuni, ma non è esclusa l’ammissibilità di una stipulazione assicurativa a favore del terzo anche
nel ramo danni

La conclusione del contratto.


Il contratto di assicurazione è disciplinato dal codice civile e da leggi speciali.
Come già rappresentato in premessa, la materia è stata recentemente oggetto di un riordino complessivo
ad opera del d.lgs n. 209/2005 (cod. ass.priv.).
L’art. 165 del codice delle assicurazioni private conferma la vigenza delle norme del codice civile e
stabilisce, in caso di contrasto, la prevalenza delle disposizioni dello stesso quali disposizioni speciali.
Ciò posto, si rileva come il contratto di assicurazione è un contratto consensuale obbligatorio. È consensuale
poiché si perfeziona con l’accordo delle parti (consenso) a seguito del quale derivano gli effetti voluti dalle
parti tutelati dall’ordinamento. È obbligatorio, in quanto dalla sua conclusione sorge per le parti l’obbligo di
eseguire una o più prestazioni.
Le caratteristiche sopra enunciate comportano l’applicazione della regola enunciata nell’art. 1326 c.c.: il
contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell’accettazione dell’altra
parte. Pertanto proposta ed accettazione concretizzano atti prenegoziali, entrambi recettivi, che si fondono
dando vita ad un contratto.
La formazione del contratto inizia con una proposta che normalmente formula l’assicurando nei confronti
dell’assicuratore. In deroga a quanto convenuto in via generale per il contratto dall’art. 1328 c.c., in base al
quale la proposta è revocabile fino alla conclusione del contratto medesimo, l’art. 1887 c.c. prevede che la
proposta scritta diretta all’assicuratore rimane ferma per il termine di 15 giorni o di trenta giorni quando
occorre una visita medica. Il disposto normativo risponde ad una duplice esigenza: quella dell’assicuratore di
conoscere e controllare le dichiarazione dell’assicurando e di valutare le circostanze del rischi; quella
dell’assicurando di rimanere scoperto solo per un breve periodo (15 o 30 giorni).
L’art. 1887 c.c. è derogabile solo in favore dell’assicurando e, pertanto, questi potrebbe concordare
l’abbreviazione o l’esclusione dell’irrevocabilità della proposta, ricadendo in quest’ultimo caso nella disciplina
dei contratti in generale (art. 1328 c.c.).
In deroga all’irrevocabilità della proposta dell’assicurando, nelle assicurazioni vita individuali di durata
superiore a sei mesi, la proposta è revocabile sulla base del principio di cui all’art. 1328 c.c.; del pari nello
stesso tipo di assicurazioni, il contraente può recedere dal contratto entro 30 giorni dal momento in cui ha
avuto comunicazione della conclusione del contratto ( art. 176 e 177 cod. ass. priv.). La norma costituisce
un’ulteriore deroga alla normativa prevista per i contratti in generale, laddove l’art. 1372 c.c. stabilisce che il
contratto ha forza di legge tra le parti e non può essere sciolto che per mutuo consenso. La ratio della norma
è probabilmente da ricercare nella tutela del contraente il quale, a fronte di una disparità economica ed
informativa, assume notevoli oneri, di cui potrebbe non coglierne efficacemente la portata.
Come già rilevato, la conoscenza dell’accettazione da parte del preponente dà luogo alla conclusione del
contratto. Generalmente la conoscenza dell’accettazione avviene con la consegna o l’arrivo al contraente
della polizza sottoscritta dall’assicuratore; ove peraltro vi sia discrasia temporale tra conoscenza

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dell’accettazione e consegna della polizza, la conclusione del contratto avverrà al momento della
conoscenza, essendo normalmente la consegna della polizza un atto meramente esecutivo di un contratto
già concluso (art. 1888 c.c.).
In via generale l’accettazione deve essere conforme alla proposta; l’accettazione difforme equivale a nuova
proposta ed il contratto si conclude in tal caso quando la successiva accettazione dell’assicurando giunga a
conoscenza dell’assicuratore.

La forma del contratto di assicurazione


Per i contratti di assicurazione è prevista la forma scritta “ad probationem”, ossia la forma scritta necessaria
per consentire la prova in giudizio dell’esistenza del contratto (art. 1888 Prova del contratto).
Accanto a tale principio, valevole per i contratti di assicurazione, il legislazione ha previsto un’eccezione per i
contratti di assicurazione sulla vita di ramo III (le polizze c.d. linked) e per le operazioni di cui al ramo V
(capitalizzazione), per le quali è oggi prevista l’applicazione della disciplina sugli strumenti finanziari e, con
essa, l’espressa previsione per la quale il contratto deve essere formato per iscritto a pena di nullità.
Per i c.d. prodotti finanziari assicurativi (polizze linked e operazioni di capitalizzazione) la necessità della
forma scritta è oggi prevista “ad substantiam” ossia necessaria al fine della validità del contratto.

OBBLIGHI DELLE PARTI DURANTE LE TRATTATIVE

Le dichiarazione rese dall’assicurando.


L’esigenza dell’assicuratore di conoscere con esattezza il rischio ed i sui caratteri, sia per valutarne
l’assicurabilità sia per determinare l’ammontare del premio costituisce la ratio della disciplina dettata dagli
artt. 1892, 1893, 1894 c.c. in base alla quale le dichiarazioni inesatte e le reticenze dell’assicurato possono
dar luogo all’annullamento del contratto se effettuate con dolo o colpa grave o al suo scioglimento per
recesso dell’assicuratore se effettuate in assenza dell’elemento psicologico indicato (dolo o colpa), quando
siano tali che l’assicuratore, se avesse conosciuto lo stato delle cose non avrebbe concluso il contratto o lo
avrebbe concluso a condizioni diverse.
Le norme sopra citate impongono dunque all’assicurando l’obbligo di comunicare tutte le circostanze che
possono influire sul rischio. Di qui l’uso invalso di acquisire dette notizie mediante la predisposizione di un
questionario cui l’altra parte deve rispondere.
In buona sostanza gli obblighi di comunicazione imposti all’assicurando costituiscono esplicazione degli
obblighi precontrattuali di correttezza e buona fede sanciti in termini generali dall’art. 1375 c.c.
Sul punto si tornerà più diffusamente infra.

Le informative da parte dell’assicuratore


L’assicuratore è a sua volta destinatario di una serie di obblighi anteriori alla conclusione del contratto.
Al riguardo vengono in rilievo in primo luogo quelli relativi alla redazione del contratto, informati dal criterio di
rendere comprensibili i diritti e gli obblighi dello stipulante; l’art. 166 cod. ass. priv. stabilisce che “il contratto
ed ogni altro documento consegnato dall’impresa al contraente va redatto in modo chiaro ed esauriente” e
che “le clausole che indicano decadenze, nullità o limitazione delle garanzie ovvero oneri a carico del
contraente o dell’assicurato sono riportate mediante caratteri di particolare evidenza”.
Vanno poi considerati gli obblighi di informazione dell’assicurando, posti a carico dell’assicuratore dagli art.
185 e 187 cod. ass. priv.
Si tratta di obblighi di informazione che trovano il loro fondamento nell’esigenza del recupero tra le arti della
simmetria informativa, in virtù della quale l’assicuratore, prima della conclusione del contratto, deve
consegnare una nota contenente informazioni tali che consentano al contraente ed all’assicurato di
pervenire ad fondato giudizio sui diritti e gli obblighi derivanti dal contratto.
Si lascia ad altra parte del testo l’approfondimento del tema, qui solo accennato per motivi sistematici.

Le informative da parte dell’intermediario assicurativo: rinvio.

IL CONTENUTO OGGETTIVO DEL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE

Gli obblighi dell’assicuratore: il pagamento dell’indennizzo


Il primo e principale obbligo a carico dell’assicuratore può essere, a seconda del tipo di assicurazione, quello
di:
1) pagare una somma di denaro al verificarsi di un evento dannoso (assicurazioni danni);
2) pagare un capitale o costituire una rendita al verificarsi di un evento attinente la vita umana
(assicurazione vita)
3) eseguire una prestazione in natura, subordinatamente al verificarsi di un evento dannoso (varie
tipologie assicurative, rientranti comunque nel ramo danni o assistenza).

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La prestazione principale dell’assicuratore può consistere in un dare o in un facere, come avviene ad
esempio nell’assicurazione tutela giudiziaria o assistenza.
Il contenuto della prestazione indennitaria dovuta dall’assicuratore tuttavia varia a seconda della tipologia
assicurativa, così nell’assicurazione vita o contro infortuni la stessa è determinata dalla libera contrattazione
tra le parti, mentre nell’assicurazione contro i danni detta prestazione è commisurata all’entità del danno
subito dall’assicurato. Ciò vuol dire che l’entità dell’obbligazione gravante sull’assicuratore va stimata, salva
diversa pattizia, in base agli ordinari criteri attraverso i quali si procede alla liquidazione del danno. In
estrema sintesi, può quindi affermarsi che l’entità dell’indennizzo è pari alla differenza tra il valore
commerciale del bene assicurato prima del sinistro e quello che il bene ( o il relitto di esso) aveva dopo il
sinistro.
Non sempre tuttavia, l’assicuratore si obbliga a tenere indenne l’assicurato dall’intero danno sofferto. La
prestazione indennitaria, infatti, incontra un ineludibile limite legale, rappresentato dal valore della cosa
assicurata, e può incontrare dei limiti convenzionali, quali:
- la copertura di una parte soltanto del valore della cosa assicurata;
- il massimale;
- la franchigia.
Nella prima ipotesi, in cui l’assicurazione copre solo una parte del valore della cosa assicurata (del c.d.
rischio relativo), l’assicuratore risponde del danno solo nella stessa proporzione in cui la somma assicurata
sta al valore totale della cosa assicurata: l’assicurato quindi resta scoperto per il residuo.
Il massimale invece costituisce il tetto massimo della prestazione indennitaria dell’assicuratore. Se, quindi, il
danno è ad esso inferiore, l’assicurato può ottenere il ristoro integrale del pregiudizio sofferto. Di contro,
quando il danno è superiore al massimale (c.d. sottoassicurazione), il danno viene risarcito fino alla
concorrenza del massimale.
La franchigia costituisce un abbattimento contrattualmente convenuto della prestazione dovuta
dall’assicuratore e può assumere due forme: semplice o assoluta.
Si parla di franchigia semplice quando l’assicuratore si obbliga a risarcire solo i danni che superino un certo
minimo (questo tipo di clausola vale a delimitare il rischio e non ha natura vessatoria).
Si ha franchigia assoluta quando, a prescindere dall’entità del danno, l’assicuratore si obbliga a pagare
soltanto la somma che eccede un certo minimo. In buona sostanza, nell’ipotesi di franchigia assoluta da ogni
indennizzo dovuto dell’assicuratore viene detratta una somma prestabilita(a titolo esemplificativo, se è
pattuita una franchigia assoluta di 20 e il danno è 21, l’assicuratore indennizzerà soltanto 1, ossia la
differenza tra danno e franchigia (questo tipo di clausola vale a limitare la responsabilità dell’assicuratore ed
ha pertanto natura vessatoria).
Accanto all’obbligo primario di pagare l’indennizzo, dal contratto scaturiscono di norma numerosi altri
obblighi, c.d. secondari, nei confronti dell’assicuratore ed il cui contenuto dipende dalla multiforme varietà dei
contratti.
Tra gli obblighi secondari meritano un accenno due obblighi derivanti direttamente dalla legge: (art. 1888
c.c.) l’obbligo rilasciare all’assicurato la polizza e l’obbligo di rilasciare all’assicurato, a sua richiesta, duplicati
o copie della polizza.

Gli obblighi dell’assicurato:


a) il premio assicurativo
Il principale obbligo posto a carico dell’assicurato consiste nel pagamento del premio, il quale costituisce il
corrispettivo della prestazione effettuata dall’assicuratore.
A ben vedere, tuttavia, il premio non è semplicemente un corrispettivo o un compenso, ma rappresenta la
traduzione in termini giuridici di una operazione economica, consistente nella ripartizione su un certo numero
di assicurati di una massa di rischi, ciò al fine di abbattere il costo e di l’indennizzabilità di tutti i sinistri.
In altre parole può dirsi che l’ammontare del premio è determinato dalla sommatoria dei sinistri del tipo
assicurato divisa per il numero degli assicurati; in tal modo il premio è tanto più elevato quanto maggiore è il
rischio, mentre diminuisce con il ridursi del rischio.
Tenuto conto della descritta connotazione del premio, è intuibile che la quantificazione dello stesso deve
rispondere a precise regole tecniche che sono state tradotte dal legislatore in norme giuridiche; tra
quest’ultime assumono particolare rilevanza le regole dell’indivisibilità e del pagamento anticipato del
premio.
Il principio dell’indivisibilità del premio rappresenta il fondamento di una fitta serie di norme le quali, nel
regolamentare lo scioglimento del rapporto per varie cause, prevedono espressamente l’obbligo
dell’assicurato di pagare per intero il premio relativo al periodo assicurativo in corso.
Per comprendere detto principio basti pensare che il premio è ancorato al periodo di tempo rispetto al quale
è stato calcolato; infatti, il fattore temporale costituisce per l’assicuratore l’indice statistico più elementare in
base al quale computare il costo della massa dei rischi.
Pertanto, anche quando il rapporto assicurativo duri meno del periodo per il quale è stato pagato il premio,
l’assicurato è comunque tenuto al pagamento del premio, posto che altrimenti l’assicuratore non sarebbe più
in grado di fare affidamento sui calcoli statistici per ripartire tra gli assicurati il costo della massa dei rischi.

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A sua volta il pagamento anticipato del premio serve a garantire l’esatto adempimento degli obblighi
dell’assicuratore; questi, infatti, per poter pagare gli indennizzi deve avere la disponibilità di mezzi adeguati,
che però gli sono forniti dagli stessi assicurati attraverso il pagamento dei premi.
b) onere di descrizione del rischio
Accanto a quello di pagare il premio, il contratto di assicurazione fa discendere in capo all’assicurato anche
l’obbligo di descrivere esattamente ed analiticamente all’assicuratore le circostanze che possono incidere sul
rischio.
Tale obbligo e le conseguenze derivanti dalla sua violazione sono disciplinati dagli artt. 1892 e 1893 c.c.
Queste norme, in estrema sintesi, prevedono due distinti ipotesi: quella in cui l’assicurato abbia mentito o
abbia taciuto con dolo o colpa grave; e quella in cui il comportamento falso o reticente sia stato posto in
essere con colpa lieve.
Nel primo caso, il contratto è annullabile (purché l’assicuratore abbia, entro tre mesi dal momento in cui ha
conosciuto l’inesattezza o la reticenza, manifestato all’assicurato la volontà di impugnare) nel secondo, il
contratto è valido ed efficace, ma viene riconosciuto all’assicuratore un diritto unilaterale di recesso, da
esercitarsi mediante dichiarazione all’assicurato entro tre mesi dal momento in cui ha conosciuto
l’inesattezza o la reticenza.
Quanto alla condotta oggettiva del contraente rilevante ai sensi dei predetti disposti normativi, essa deve
ritenersi <<reticente>> quando l’assicurando, pur essendo a conoscenza di certa circostanza, omette di
riferirla all’assicuratore. Alla reticenza può essere accostata l’ipotesi del mendacio, che ricorre quando
l’assicurato nega l’esistenza di una circostanza che egli sa esistente, oppure afferma l’esistenza di una
circostanza che egli sa essere inesistente. L’inesattezza, invece, si configura allorché il contraente riferisce
all’assicuratore una circostanza realmente esistente, ma in modo incompleto, ossia omettendo di riferire
circostanze significative circa l’esistenza o l’inesistenza di quella circostanza.
L’oggetto dell’obbligo di descrizione del rischio coincide, secondo la formula adottata dal legislatore, con
tutte le circostanze attinenti “il reale stato delle cose”.
Una formula così generica non consente di trarne criteri generali; tuttavia, tenuto conto dell’esigenza
connessa a tale onere, è pacifico che il reale stato delle cose attiene alla stessa rappresentazione del
rischio, ossia l’informazione su quanto rischioso sia l’evento assicurato.
Accade spesso (soprattutto nell’assicurazione sulla vita ed in quella contro gli infortuni) che l’assicuratore
sottoponga all’assicurando un questionario, la cui predisposizione pone un duplice interrogativo: la risposta
falsa o reticente ad una domanda inserita nel questionario è automaticamente rilevante ai fini della
rappresentazione del rischio? Di contro, una risposta falsa o reticente relativa a circostanza non inserita nel
questionario è necessariamente ed automaticamente irrilevante?
È opportuno esaminare partitamente le due ipotesi.
Con riferimento alla prima ipotesi, la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione ha affermato in
modo pressoché costante che il mero inserimento in un questionario di una domanda relativa ad una
determinata circostanza non vale, di per sé, a rendere quella circostanza necessariamente ed
automaticamente rilevante ai fini della rappresentazione del rischio. In realtà l’inclusione della domanda nel
questionario costituisce un semplice indizio dal quale desumere l’oggettiva incidenza delle circostanza,
oggetto della domanda, sul rischio. Ciò posto, deve però avvertirsi che sono piuttosto rare le decisioni nelle
quali viene riconosciuto il diritto dell’assicurato all’indennizzo, quando questi abbia omesso di rispondere od
abbia risposto falsamente ad una domanda inclusa nel questionario.
In relazione alla seconda ipotesi (ossia inesattezza o reticenza relativa a circostanza non inserita nel
questionario) si registra l’orientamento prevalente della giurisprudenza, in base al quale la mancata
inclusione nel questionario di quesiti su circostanze specifiche deve interpretarsi come sintomo di
indifferenza dell’assicuratore nei confronti di tali circostanze, per cui va esclusa la ricorrenza del dolo o della
colpa grave dell’assicurato per avere taciuto quelle medesime circostanze non richieste dall’assicuratore.
Come già accennato, le inesattezze e le reticenze devono essere accompagnati da un elemento soggettivo:
il dolo o la colpa.
Il dolo deve essere inteso come coscienza e volontà di trarre in inganno l’assicuratore (assume, pertanto, un
comportamento doloso il contraente che conosce il valore determinante, rispetto al consenso della
controparte, delle circostanze taciute o inesattamente rappresentate).
La colpa grave ricorre, invece, quando l’assicurando agisce senza avere la consapevolezza di nuocere
all’assicuratore, ma con l’uso dell’ordinaria diligenza avrebbe dovuto o potuto conseguire quella
consapevolezza.
Si ha, infine, colpa lieve quando l’ignoranza, da parte del contraente, circa il reale stato di cose, sia dovuta
ad errore scusabile.
Le dichiarazioni inesatte e le reticenze dell’assicurato non costituiscono causa di annullamento del contratto,
ai sensi dell’art. 1892 c.c., quando l’assicuratore o il rappresentante dell’assicuratore conosceva il reale stato
di cose ovvero quando quest’ultimo era notorio, per cui l’assicuratore avrebbe dovuto e potuto conoscerlo
con l’uso dell’ordinaria diligenza.

c) obbligo di informare l’assicuratore sulle variazioni del rischio

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L’obbligo dell’assicurato di fornire all’assicuratore un’esatta descrizione sussiste non soltanto nella fase
genetica del rapporto ma anche per tutto il periodo di vigenza contrattuale, cosicché ogni mutazione
(cessazione, diminuzione aumento) che dovesse interessare il rischio impone all’assicurato di darne
immediata notizia all’assicuratore.
La disciplina delle variazioni del rischio è contenuta negli art. 1896/1898 c.c.
Principiando dalla fattispecie di cessazione del rischio, che si verifica quando viene meno l’incertezza
dell’evento futuro temuto (superata dalla certezza del suo impossibile verificarsi), l’art. 1896 c.c. disciplina
due diverse ipotesi a seconda che il contratto abbia o non abbia acquistato efficacia.
Se il rischio cessa prima che il contratto sia divenuto efficace, il rapporto si scioglie, ed all’assicuratore è
dovuto solo il rimborso delle spese eventualmente sostenute.
Se, invece, il rischi cessa quando il contratto sia divenuto già efficace, questo di risolve di diritto, ma
all’assicuratore sono dovuti i premi – nel loro integrale ammontare relativamente al periodo assicurativo in
corso – fino a quando l’assicurato non gli comunichi l’avvenuta cessazione del rischio, ovvero comunque
non acquisisca tale conoscenza. In entrambi i casi, lo scioglimento del contratto si verifica senza alcuna
manifestazione di volontà delle parti.
Si ha invece diminuzione del rischio quando, per il mutamento delle circostanze di fatto e di diritto divine più
remota la verificazione dell’evento temuto.
La disciplina positiva si rinviene nell’art. 1897 c.c., il quale conferisce all’assicuratore la scelta di consentire
una riduzione del premio, purché la diminuzione sia stata rilevante (tale cioè che, se fosse stata conosciuta
al momento della stipula, avrebbe portato alla pattuizione di un premio di minor importo) o di recedere dal
contratto.
La fattispecie tuttavia che dà luogo a maggiori problematiche è quella dell’aumento del rischio, che si
configura quando aumentano le probabilità di accadimento dell’evento dedotto in contratto o aumenta l’entità
delle conseguenze dannose che sarebbero prodotte dal sinistro, se questo si verificasse.
In altri termini nel caso di aggravamento del rischio si ha una variazione quantitativa dello stesso rischio che
ha formato oggetto della previsione contrattuale, laddove una differenza qualitativa tra il nuovo rischio e
quello previsto in contratto dà luogo alla diversa ipotesi di nuovo rischio, in quanto tale non coperto da
garanzia.
Le conseguenze dell’aggravamento del rischio sono delineate nell’art. 1898 c.c. e possono così sintetizzarsi:
recesso dell’assicuratore, perdita dell’indennizzo e riduzione dell’indennizzo.
Analizziamo ora i tre rimedi.
1) Recesso. Entro 30 giorni dall’acquisita conoscenza dell’aggravamento l’assicuratore può entro trenta
giorni recedere dal contratto. Gli effetti del recesso sono immediati nel caso in cui l’aggravamento
possa definirsi decisivo (ossia, quello che avrebbe indotto l’assicuratore a non concludere il contratto
se conosciuto), 15 giorni nel caso di aggravamento rilevante (ossia quello che, se conosciuto,
avrebbe indotto l’assicuratore a pretendere un premio maggiore). La ratio della differente disciplina è
evidente: consentire all’assicurato a fronte di un aggravamento rilevante ma non decisivo di
rinegoziare con l’assicuratore il contratto, ovvero reperire altro assicuratore senza rimanere nel
frattempo privo di copertura.
Resta inteso che se l’assicuratore, pur essendo a conoscenza dell’aggravamento, non si avvale della facoltà
di recesso, il contratto prosegue secondo le pattuizioni originarie.
2) La perdita dell’indennizzo è prevista, se si verifica il sinistro:
- prima che l’assicurato abbia dato notizia all’assicuratore dell’aggravamento
- prima che l’assicuratore abbia avuto conoscenza dell’aggravamento se questo può ritenersi
decisivo nel senso sopra indicato.
3) La riduzione del diritto all’indennizzo è sancita, se si verifica il sinistro:
- prima che l’assicurato abbia dato notizia all’assicuratore dell’aggravamento
- prima che l’assicuratore abbia avuto conoscenza dell’aggravamento
ovvero
- prima che siano decorsi 15 giorni dalla comunicazione di recesso dell’assicuratore, nel caso di
aggravamento rilevante ma non decisivo, l’assicurato ha comunque diritto all’indennizzo, ma questo
è ridotto in misura proporzionale al maggior premio che l’assicuratore avrebbe preteso, se
l’aggravamento fosse esistito al momento della stipula ( così, per esempio, se l’assicuratore avesse
preteso un premio raddoppiato, l’indennizzo va ridotto alla metà).

LA TUTELA DEL CONTRAENTE, DELL’ASSICURATO E DEI TERZI

La derogabilità delle clausole favorevoli all’assicurato


L’art. 1932 c.c. stabilisce che non possono essere derogate se non in senso favorevole all’assicurato, le
seguenti disposizioni:
- l’art. 1887 c.c. che limita 15 giorni , o a trenta giorni quando occorre una vista medica, l’impegnativa
della proposta scritta diretta all’assicuratore;

9
- l’art. 1892 c.c. che prevede che, in caso di dichiarazioni inesatte e reticenti con dolo o colpa grave
del contraente l’annullamento del contratto ed il diritto dell’assicuratore di trattenere i premi relativi al
periodo di assicurazione in corso alla domanda di annullamento e, in ogni caso, il premio convenuto
per il primo anno;
- l’art. 1893 c.c., che prevede la facoltà di recesso dell’assicuratore in caso di dichiarazioni inesatte e
reticenze senza dolo o colpa grave del contraente, entro tre mesi dalla conoscenza della reticenza;
- l’art. 1894 c.c., che prevede l’applicazione degli artt. 1892 e 1893 c.c. nelle assicurazioni in nome o
per conto di terzi, se questi hanno conoscenza dell’inesattezza delle dichiarazioni o delle reticenze
relative al rischio;
- l’art. 1897 c.c. che, in caso diminuzione del rischio, attribuisce all’assicurato la facoltà di recedere dal
contratto entro due mesi dalla comunicazione della diminuzione;
- l’art. 1898 c.c. che, in caso di aggravamento del rischio, prevede l’obbligo di avviso dell’assicurato e
la facoltà di recesso dell’assicuratore entro un mese dal giorno in cui ha ricevuto l’avviso o ha avuto
in altro modo conoscenza dell’aggravamento del rischio, nonché il diritto dell’assicuratore di
trattenere i premi in corso al momento in cui è comunicata la dichiarazione di recesso;
- l’art. 1899 c.c., nella parte in cui è previsto che il contratto può essere tacitamente prorogato una o
più volte, ma ciascuna proroga tacita non può avere una durata superiore a due anni;
- l’art. 1901 c.c., che prevede la sospensione della garanzia in caso di mancato pagamento del premio
e la risoluzione di diritto se l’assicuratore nel termine di sei mesi dal giorno in cui il premio o la rata
sono scaduti, non agisce per la riscossione;
- l’art. 1903 c.c., nella parte in cui prevede la rappresentanza giudiziale agli agenti autorizzati alla
conclusione del contratto;
- l’art. 1914 c.c., nella parte in cui pone a carico dell’assicuratore le spese di salvataggio,anche se,
unitamente all’indennizzo, superano la somma assicurata;
- l’at. 1915 c.c. nella parte in cui prevede un limite alla riduzione dell’indennizzo del pregiudizio
sofferto dall’assicuratore, l’inadempimento colposo alla obbligo di salvataggio;
- l’art. 1917 c.c. nella parte in cui, nell’assicurazione di responsabilità civile, ripartiscono le spese di lite
tra assicurato e assicuratore e attribuiscono la facoltà dell’assicurato convenuto in giudizio di
chiamare in causa l’assicuratore;
- l’art. 1926 c.c., che disciplina il rapporto assicurativo nel caso di cambiamento di professione
dell’assicurato.
L’art. 1932 c.c. stabilisce poi che le clausole che derogano in senso meno favorevole all’assicurato sono
sostituite di diritto dalle corrispondenti disposizioni di legge.
La ratio che ha indotto il legislatore del 1942 c.c. ad introdurre tale norma che prevede un regime di
inderogabilità in senso sfavorevole per l’assicurato (con la sostituzione automatica delle clausole contrarie
alla legge) è da ricercarsi nell’esigenza di limitare lo strapotere contrattuale delle compagnie assicurative,
che aveva determinato l’affermarsi di una prassi del tutto sfavorevole nei confronti degli assicurati.
Le regole di cui all’art. 1932 c.c. tuttavia sono da tempo oggetto di una profonda critica, di matrice sia
dottrinale sia giurisprudenziale, che, muovendo dalle ragioni sottese all’emanazione della norma, le
considera inadeguate rispetto alla realtà attuale dell’assicurazione.

LE CAUSE ESTINTIVE DEL CONTRATTO

IL RECESSO

a) Il recesso dell’assicuratore
L’assicuratore può recedere dal contratto di assicurazione nei seguenti casi:
- recesso a fronte delle variazioni del rischio (artt. 1897, 1898, 1926);
- recesso in caso di alienazione della cosa assicurata (previsto dall’art. 1918 c.c. il quale stabilisce
che tale diritto deve essere esercitato entro 10 giorni dalla notizia dell’alienazione della cosa
assicurata e con un preavviso di 15 giorni);
- recesso in caso di dichiarazioni inesatte o reticenti dell’assicurato senza colpa grave (art. 1893 c.c.)
- recesso dal contratto di durata ultradecennale e recesso diretto a impedire la proroga tacita.
Entrambe le ipotesi sono previste dall’art. 1899 c.c., il quale stabilisce che se la durata del contratto
di assicurazione supera i dieci anni le parti, trascorso il decennio e nonostante patto contrario, hanno
facoltà di recedere dal contratto con preavviso di almeno sei mesi. La norma non trova applicazione
nelle assicurazioni vita.

b) Il recesso dell’assicurato
L’assicurato può recedere dal contratto di assicurazione nei seguenti casi:
- recesso dal contratto di durata ultradecennale e recesso diretto a impedire la proroga tacita ai sensi
dell’art. 1899 c.c. La noma è stata oggetto di un recente intervento normativo ad opera del D.L. 31

10
gennaio 2007 n. 7 (convertito in L. n. 40 del 02.04.2007), per effetto del quale è previsto che, in
caso di durata poliennale del contratto, l’assicurato ha facoltà di recedere annualmente dal contratto
senza oneri e con un preavviso di 60 giorni. Tali disposizioni entrano in vigore per i contartti stipulati
alla data di entrata in vigore della legge di conversione. Nei contratti stipulati antecedentemente, la
facoltà di recesso può essere esercitata perché siano rimasti in vita per almeno tre anni.
- recesso dal contratto di assicurazione sulla vita tramite esercizio del diritto di riscatto (art. 1925 c.c.)
- recesso per l’aggravamento del rischio conseguente al cambiamento di professione dell’assicurato
ed al mancato accordo delle parti sulla modifica delle condizioni contrattuali (art. 1926 c.c.)
- recesso dell’acquirente della cosa assicurata che non intende subentrare nel contratto ai sensi
dell’art. 1918 c.c.

c) L’ipotesi di recesso introdotta dal codice delle assicurazioni private


Il codice delle assicurazioni private ha introdotto una speciale ipotesi di recesso dell’assicurato per il caso di
decadenza dall’autorizzazione rilasciata dall’ISVAP all’impresa di assicurazione per l’esercizio dell’attività
assicurativa.
L’art. 240 cod. ass. priv., al 5° comma, stabilisce, infatti, che, in caso di decadenza dall’autorizzazione
rilasciata dell’impresa da tale autorizzazione, il contraente può recedere dai contratti che hanno durata
superiore all’anno mediante comunicazione scritta all’impresa, con effetto dalla scadenza della prima
annualità successiva alla pubblicazione del provvedimento di decadenza nel Bollettino ISVAP.

d) l’ipotesi di recesso introdotta dal Dlgs n. 190/2005


Ulteriori ipotesi di recesso sono state altresì introdotte dal dlgs 19 agosto 2005 n. 190, in materia di
commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori.
Il provvedimento comprende tra i servizi finanziari anche i servizi di assicurazione o di previdenza
individuale, ed opera nei confronti del consumatori di tali servizi, definiti come le persone fisiche che, nei
contratti a distanza, agiscono per fini che non rientrano nel quadro della propria attività imprenditoriale o
professionale.
Il provvedimento assegna al consumatore il termine di 14 giorni (elevato a trenta giorni per i contratti a
distanza aventi ad oggetto le assicurazioni sulla vita ex D.Lgs n. 1741995 e le operazioni aventi ad oggetto
schemi pensionistici) per recedere dal contratto senza penali e senza dovere indicare il motivo.
Detto termine decorre dalla data di conclusione del contratto (salvo per le assicurazioni sulla vita per le quali
il termine decorre dalla data in cui è comunicata la conclusione del contratto),o, in alternativa, dalla data in
cui il consumatore riceve le condizioni contrattuali e le informazioni preliminari (art. 10 del medesimo
decreto) se tale data è successiva.

e) l’ipotesi di recesso nei contratti di assicurazione sulla vita: rinvio nella sezione assicurazioni sulla
vita.

NULLITA’ DEL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE


Il contratto di assicurazione è sottoposto, quanto al regime di nullità, sia alle disposizioni dettate per i
contratti in generale (art. 1321 c.c. e seguenti), sia a quelle specificamente previste, tanto dal codice civile
(artt. 1882 e seguenti) quanto dalle leggi speciali.
Partendo dal regime di invalidità contrattuale previsto dalla disciplina codicistica sui contratti in generale, si
rileva come, ai sensi dell’art 1418 c.c., il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative (salvo che
la legge disponga diversamente); quando mancano i requisiti del contratto o dell’oggetto o sono illeciti la
causa ed i motivi; in tutti gli altri casi previsti dalla legge.
Tale disposto normativo trova completa concretizzazione nella disciplina dettata per il contratto di
assicurazione, posto che l’intera disciplina assicurativa conosce ipotesi di nullità riconducibili a ciascuna
delle cause indicate nell’art. 1418 c.c.
Tra le ipotesi riconducibili al 1° comma dell’art. 1418 c.c. (riguardante le c.d. nullità virtuali, ossia non
espresse) è da annoverare l’art. 1900 c.c., ritenuto norma imperativa posta a tutela di principi morali e di
ordine pubblico e del principio indennitario. La violazione di detto disposto normativo, infatti, comporta la
nullità del contratto che obblighi l’assicuratore a risarcire i danni derivanti da sinistri cagionati da dolo o colpa
grave del contraente, dell’assicurato o del beneficiario.
Rientrano invece nell’ambito dell’art. 1418 c.c. 3° comma (comprendente le c.d. nullità testuali, ossia quelle
espresse) le disposizioni contenute nell’art. 1895 c.c. e nell’art. 1904 c.c.
L’art. 1895 c.c. stabilisce che il contratto è nullo se il rischio non è mai esistito o ha cessato di esistere prima
della conclusione del contratto.
La ragione di tale previsione è di immediata evidenza solo se si consideri che la causa del contratto di
assicurazione è la traslazione del rischio dedotto in contratto dall’assicurato all’assicuratore, il quale
procederà a neutralizzarlo mediante il suo inserimento nella massa di rischi omogenei in precedenza già
assunti dall’impresa assicuratrice; di qui la necessità che il rischio esista e non cessi prima della conclusione
del contratto, pena la nullità dello stesso.

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L’art. 1904 c.c. prevede la nullità del contratto di assicurazione contro i danni se, nel momento in cui
l’assicurazione deve avere inizio, non esiste un interesse dell’assicurato al risarcimento del danno.
Preliminarmente appare opportuno comprendere il significato da attribuire alla locuzione <<interesse>>, il
quale può essere definito come la relazione economica tra un soggetto ed un bene (che potrà essere un
singolo bene, la salute o l’intero patrimonio) esposto al rischio, in rapporto ad un evento, futuro e possibile,
per lui dannoso.
Dalla lettera della norma si evince poi che l’interesse, considerato nel senso sopra specificato, deve
preesistere all’assicurazione; d’altra parte la mancanza di interesse può essere originaria o sopravvenuta,
diversamente atteggiandosi le conseguenze nelle due circostanze: nel primo caso si avrà nullità, nel
secondo caso la risoluzione di diritto dello stesso.

ANNULLABILITA’ DEL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE


L’ipotesi di annullabilità prevista dal codice civile per il contratto di assicurazione è quella contenuta nell’art.
1982 c.c., il quale prevede che l’assicuratore possa esperire l’azione di annullamento a fronte del
comportamento doloso e gravemente colposo del contraente che, attraverso dichiarazioni inesatte o
reticenti, induca l’assicuratore stesso a stipulare il contratto, allorché se, conosciute le reali circostanze, lo
stesso non avrebbe concluso il contratto o l’avrebbe concluso a condizioni diverse.
Come già rappresentato in altra parte del testo, l’azione di annullamento è sottoposta ad un temine di
decadenza: entro tre mesi dal giorno in cui l’assicuratore ha avuto conoscenza delle inesattezze o delle
reticenze lo stesso deve comunicare all’assicurando la propria intenzione di esperire l’azione di
annullamento.

IL REGIME DI INVALIDITA’ INTRODOTTO DAL CODICE DELLE ASSICURAZIONI PRIVATE


Il codice delle assicurazioni private ha introdotto l’ipotesi di nullità sancita dall’art. 167, il quale stabilisce la
nullità del contratto di assicurazione stipulato con un’impresa non autorizzata o con un’impresa alla quale sia
fatto divieto di assumere nuovi affari.
Il dettato normativo chiarisce poi che si tratta di nullità relativa, ossia che può essere fatta valere solo
dall’avete diritto, nel caso di specie il contraente o l’assicurato.
La seconda proposizione dell’art 167 2° comma prevede poi un meccanismo dei debiti restitutori
conseguenti alla dichiarata nullità, in modo tale da salvaguardare la parte contrattuale debole e, quindi, il
contraente, l’assicurato ed il beneficiario, che viene mandata esente da qualsiasi debito di restituzione. È
infatti previsto che la pronuncia di nullità obbliga alla restituzione dei premi pagati e che non sono ripetibili
gli indennizzi e le somme eventualmente corrisposte o dovute dall’impresa agli assicurati ed altri aventi
diritto a prestazioni assicurative.

LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE


L’assetto normativo delineato dal codice civile in materia di risoluzione del contratto distingue la risoluzione
del contratto di assicurazione per inadempimento dell’obbligo di pagamento del premio a seconda che si
tratti di assicurazione contro i danni o di una assicurazioni sulla vita.
Con riferimento alla prima fattispecie l’art. 1901 c.c. prevede che se il contraente non paga il premio o la
prima rata di premio stabilita dal contratto, l'assicurazione resta sospesa fino alle ore ventiquattro del giorno
in cui il contraente paga quanto è da lui dovuto.
In questo caso, se si verifica l’evento previsto nella polizza, l’assicuratore non è tenuto al pagamento
dell’indennizzo, ma l’assicurato è comunque obbligato al pagamento del premio.
Nell’ipotesi di mancato pagamento dei premi successivi, l'assicurazione resta sospesa dalle ore ventiquattro
del quindicesimo giorno dopo quello della scadenza.
In entrambe le fattispecie sopra previste il contratto è risolto di diritto se l'assicuratore, nel termine di sei
mesi dal giorno in cui il premio o la rata sono scaduti, non agisce per la riscossione; l'assicuratore ha diritto
soltanto al pagamento del premio relativo al periodo di assicurazione in corso e al rimborso delle spese.
A questo riguardo i giudici di legittimità hanno avuto modo di chiarire che il termine di sei previsto ai fini della
risoluzione di diritto del contratto inizia a decorrere dal giorno in cui scade il premio e non dopo il periodo di
tolleranza di 15 giorni successivi alla scadenza.
In relazione al contratto di assicurazione sulla vita, l‘art. 1924 c.c. stabilisce che se il contraente non paga il
premio relativo al primo anno, l’assicuratore può agire per l’esecuzione del contratto nel temine di sei mesi
dal giorno in cui il premio è scaduto. Se invece il contraente non paga i premi successivi nel termine di
tolleranza previsto dalla polizza o, in mancanza, nel termine di venti giorni dalla scadenza, il contratto è
risolto di diritto ed i premi pagati restano acquisiti all’assicuratore, salvo che sussistano le condizioni per il
riscatto o per la riduzione della somma assicurata.
Le fattispecie sopra esaminate contemplano dunque la risoluzione del contratto di assicurazione (danni e
vita) per l’inadempimento dell’assicurato. Il rapporto assicurativo tuttavia si può risolvere anche in caso di
inadempimento dell’assicuratore. In questa ipotesi la risoluzione non opera di diritto, ma solo a seguito di
una pronuncia giudiziale richiesta da una delle parti, salvo che nel contratto non fosse prevista una clausola
risolutiva espressa.

12
L’INTERMEDIAZIONE ASSICURATIVA

Il Titolo IX cod. ass. priv. (art. 106-121) è dedicato agli «intermediari» di assicurazione e riassicurazione.
Per la prima volta dopo anni, viene introdotta e disciplinata la figura dell’intermediario assicurativo, ossia di
colui che propone i contratti di assicurazione (nel caso del Gruppo Credem: Credito Emiliano, Banca
Euromobiliare, Anterprima).
L’intermediario assicurativo diviene un soggetto avente diritto di cittadinanza nell’ordinamento giuridico e, in
quanto tale, destinatario di obblighi ben precisi dei quali è tenuto a rispondere personalmente.
ll codice delle assicurazioni private si preoccupa in primo luogo di fornire una definizione
dell’intermediazione assicurativa.
L’intermediazione assicurativa è definita, dall’art. 106, come quell’attività che consiste nel presentare o
proporre prodotti assicurativi e riassicurativi o nel prestare assistenza e consulenza finalizzate a tale attività
e, se previsto dall'incarico intermediativo, nella conclusione dei contratti ovvero nella collaborazione alla
gestione o all’esecuzione, segnatamente in caso di sinistri, dei contratti stipulati.
L’art. 107 stabilisce l’ambito di applicazione delle disposizioni in esame, prevedendo che esse concernono
le condizioni di accesso e di esercizio dell'attività di intermediazione assicurativa e riassicurativa svolta a
titolo oneroso nel territorio della Repubblica e in regime di stabilimento o di libera prestazione di servizi nel
territorio di altri Stati membri da parte di persone fisiche o giuridiche con residenza o sede legale nel
territorio della Repubblica, nonché i servizi di intermediazione assicurativa e riassicurativa connessi con
rischi e impegni situati al di fuori dell'Unione europea, quando sono offerti da intermediari di assicurazione e
riassicurazione registrati in Italia.
Sono escluse dalla disciplina in esame:
a) le attività direttamente esercitate dalle imprese di assicurazione o di riassicurazione e dai loro
dipendenti;
b) le attività di sola informazione fornite a titolo accessorio nel contesto di un'altra attività professionale
sempre che l'obiettivo di tale attività non sia quello di assistenza all'assicurato nella conclusione o nell'e-
secuzione di un contratto di assicurazione;
c) le attività di intermediazione assicurativa quando ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni:
1) il contratto di assicurazione richiede soltanto conoscenze sulla copertura fornita;
2) salvo il caso di cui al numero 4), non si tratta di un contratto di assicurazione sulla vita o contro i
rischi di responsabilità civile;
2)3) l'intermediazione non è svolta professionalmente; Formattati: Elenchi puntati e
3)4) l'assicurazione è accessoria a un prodotto o servizio e ne copre i rischi di perdita o deterioramento numerati
oppure, nel caso di viaggi prenotati, garantisce la perdita o il danneggiamento del bagaglio ovvero copre i
rischi del ramo vita e della responsabilità civile connessi al viaggio stesso;
4)5) l'importo del premio annuale non eccede cinquecento euro e la durata complessiva del contratto di
assicurazione, compresi eventuali rinnovi, non è superiore a cinque anni.
La disciplina prevede i requisiti di accesso all'attività, che si debbono possedere all'atto della iscrizione
all'apposito registro: l'attività è infatti riservata agli iscritti. Dispone l'art. 108 che l'attività di intermediazione
assicurativa e riassicurativa non può essere esercitata da chi non è iscritto nel registro, applicandosi in caso
di violazione gli artt. 305, 2° co., e 308, co., cod. ass. priv.
Tuttavia è consentita l'attività agli intermediari assicurativi e riassicurativi che hanno residenza o sede legale
nel territorio di un altro Stato membro e che operano secondo quanto previsto dall'art. 116, 2° co.
L'esercizio dell'attività di intermediario di assicurazione e riassicurazione è vietato agli enti pubblici, agli enti
o società da essi controllati ed ai pubblici dipendenti con rapporto lavorativo a tempo pieno ovvero a tempo
parziale, quando superi la metà dell'orario lavorativo a tempo pieno.
Il registro degli intermediari assicurativi e riassicurativi, ai sensi dell'art. 109, è tenuto dall'ISVAP.
Nel registro sono iscritti in sezioni distinte:
a) gli agenti di assicurazione, in qualità di intermediari che agiscono in nome o per conto di una o più
imprese di assicurazione o di riassicurazione;
b) i mediatori di assicurazione o di riassicurazione, altresì denominati broker, in qualità di intermediari
che agiscono su incarico del cliente e senza poteri di rappresentanza di imprese di assicurazione o di
riassicurazione;
c) i produttori diretti che, anche in via sussidiaria rispetto all'attività svolta a titolo principale, esercitano
l'intermediazione assicurativa nei rami vita e nei rami infortuni e malattia per conto e sotto la piena
responsabilità di un'impresa di assicurazione e che operano senza obblighi di orario o di risultato
esclusivamente per l'impresa medesima;
d) le banche autorizzate ai sensi dell'art. 14 t.u.b., gli intermediari finanziari inseriti nell'elenco speciale
di cui all'art. 107 t.u.b., le società di intermediazione mobiliare autorizzate ai sensi dell'art. 19 t.u.
dell'intermediazione finanziaria, la società Poste Italiane - Divisione servizi di bancoposta, autorizzata

13
ai sensi dell'art. 2, d.p.r. 14 marzo 2001, n. 144;
e) i soggetti addetti all'intermediazione, quali i dipendenti, i collaboratori, i produttori e gli altri incaricati
degli intermediari iscritti alle sezioni di cui alle lett. a), b) e d) per l'attività di intermediazione svolta al
di fuori dei locali dove l'intermediario opera.
Non è consentita la contemporanea iscrizione dello stesso intermediario in più sezioni del registro.
Nel registro sono altresì indicati gli intermediari persone fisiche, di cui al 2° co., lett. a) e b), abilitati ma
temporaneamente non operanti, per i quali l'adempimento dell'obbligo di copertura assicurativa di cui all'art.
110, 3° co., è sospeso sino all'avvio dell'attività, oggetto di tempestiva comunicazione all'ISVAP a pena di
radiazione dal registro.
L'intermediario di cui al 2° co., lett. a), b) e d), che si avvale di dipendenti, collaboratori, produttori o altri
incaricati addetti all'intermediazione provvede, per conto dei medesimi, all'iscrizione nella sezione del
registro di cui alla lett. e) del medesimo comma.
L'intermediario di cui al 2° co., lett. a), che si avvale di dipendenti, collaboratori, produttori o altri incaricati
addetti all'intermediazione è tenuto a dare all'impresa preponente contestuale notizia della richiesta di
iscrizione dei soggetti che operano per suo conto fermo restando quanto previsto nel contratto di agenzia.

Requisiti per l’iscrizione delle persone fisiche


L'art. 110 detta i per l'iscrizione delle persone fisiche, cioè:
a) godere requisiti dei diritti civili;
b) non aver riportato condanna irrevocabile, o sentenza irrevocabile di applicazione della pena di cui all'art.
444, 2° co., c.p.p., per delitto contro la pubblica amministrazione, contro l'amministrazione della giustizia
contro la fede pubblica, contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio, contro il patrimonio per il
quale la legge commini la pena della reclusione non inferiore nel minimo ad un anno o nel massimo a tre
anni o per altro delitto non colposo per il quale la legge commini la pena della reclusione non inferiore
nel minimo a due anni o nel massimo a cinque anni, oppure condanna irrevocabile comportante
l'applicazione della pena accessoria dell'interdizione da pubblici uffici, perpetua o di durata superiore a
tre anni, salvo che non sia intervenuta la riabilitazione;
c) non essere stata dichiarata fallita, salvo che sia intervenuta la riabilitazione, né essere stato presidente,
amministratore con delega di poteri, direttore generale, sindaco di società od enti che siano stati
assoggettati a procedure di fallimento, concordato preventivo o liquidazione coatta amministrativa,
almeno per i tre esercizi precedenti all'adozione dei relativi provvedimenti, fermo restando che
l'impedimento ha durata fino ai cinque anni successivi all'adozione dei provvedimenti stessi;
d) non versare nelle situazioni di decadenza, divieto o sospensione previste dall'art. 10, 1. 31 maggio 1965,
n. 575, e successive modificazioni;
e) non essere iscritti nel ruolo dei periti assicurativi.
Al di là dei requisiti formali, il codice prevede anche requisiti di capacità professionale; essi sono rimessi
all'accertamento dell'ISVAP. Dispone infatti sempre l'art. 110 che la persona fisica deve possedere adeguate
cognizioni e capacità professionali, che sono accertate dall'ISVAP tramite una prova di idoneità, consistente
in un esame su materie tecniche, giuridiche ed economiche rilevanti nell'esercizio dell'attività.
Opportunamente si prevede che chi esercita l'attività di intermediario ed è iscritto al registro apposito debba
anche assicurarsi per i danni derivanti dalla sua attività. La polizza di assicurazione della responsabilità civile
per l'attività svolta in forza dell'iscrizione al registro deve avere un massimale di almeno un milione di euro
per ciascun sinistro e di un milione e mezzo di euro all’anno globalmente per tutti i sinistri, essere valida in
tutto il territorio dell'Unione europea, riguardare i danni arrecati da negligenze ed errori professionali propri
ovvero da negligenze, errori professionali ed infedeltà dei dipendenti, dei collaboratori o delle persone del cui
operato deve rispondere a norma di legge.

Requisiti per l’iscrizione delle società


I presupposti per l’iscrizione delle società sono enunciati nell’art. 112, il prevede i seguenti requisiti:
a) avere la sede legale in Italia;
b) non essere assoggettate a procedure di fallimento, concordato preventivo, amministrazione straordinaria
o liquidazione coatta amministrativa;
c)non essere sottoposte ai divieti e decadenze previste dall'art. 10, 4° co., della 1. 31 maggio 1965, n. 575,
e successive modificazioni.
La società deve inoltre avere affidato la responsabilità dell'attività di intermediazione ad almeno una persona
fisica iscritta nella sezione del registro al quale la medesima chiede l'iscrizione. Nelle società iscritte nella
sezione del registro di cui all'art. 109, 2° co., lett. b), il rappresentante legale e, ove nominati,
l'amministratore delegato e il direttore generale devono essere iscritti nella medesima sezione del registro.
Ai fini dell'iscrizione, la società deve altresì avere stipulato la polizza di assicurazione della responsabilità
civile professionale di cui all'art. 110, 3° co., per l'attività di intermediazione svolta dalla società, dalle
persone fisiche di cui al 2° co., nonché per i danni arrecati da negligenze, errori professionali ed infedeltà dei
dipendenti, dei collaboratori o delle persone del cui operato deve rispondere a norma di legge.
Qualora eserciti la mediazione riassicurativa, la società deve inoltre disporre di un capitale sociale non

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inferiore all'importo stabilito con regolamento adottato dall'ISVAP. È fatto obbligo alla Società che esercita
contemporaneamente la mediazione assicurativa e riassicurativa di preporre alle due attività persone fisiche
diverse e di dotarsi di una organizzazione adeguata.
Qualora la società richieda l'iscrizione alla sezione del registro di cui all'art. 109, 2° co., lett. e), è altresì
necessaria l'iscrizione delle persone fisiche addette all'attività di intermediazione. È in ogni caso preclusa
l'iscrizione nella sezione del registro di cui all'art. 109, 2° co., lett. e), per la società che operi, direttamente o
indirettamente, attraverso altra società.

Intermediari già iscritti ed operanti


I soggetti che alla data di entrata in vigore del codice delle assicurazioni risultano iscritti all’albo agenti ed
all’albo broker sono iscritti di diritto nelle corrispondenti sezioni del registro previo assolvimento dell’obbligo
di stipulazione della polizza RC entro 12 mesi dalla entrata in vigore del codice fissata al 01.01.2006.
I soggetti iscritti nelle sezioni c), d) ed e), che alla data di entrata in vigore del codice esercitano l’attività di
intermediazione assicurativa, possono iscriversi nella corrispondente sezione del registro entro i successivi
dodici mesi. In pendenza del termine possono continuare ad esercitare l’attività precedentemente svolta.

Regole di comportamento
Particolare rilevanza hanno le regole di comportamento che, costituiscono garanzia di correttezza
dell'operare dei soggetti iscritti, e forma di tutela dei clienti. In tale ambito vi rientrano, dunque, tutte quelle
regole che perseguono la dichiarata finalità di tutela in termini di :
- doveri e responsabilità dell’intermediario verso gli assicurati;
- trasparenza delle relazioni tra intermediario ed assicurato.
Sotto il primo profilo viene in rilevo la disposizione contenuta nell’art. 119, il quale dispone che l’impresa di
assicurazione per conto della quale agiscono i produttori diretti risponde in solido dei danni arrecati
dall'operato dei medesimi, anche se essi siano conseguenti a responsabilità accertata in sede penale.
L'impresa di assicurazione, o un intermediario iscritto alla sezione del registro di cui all'art. 109, 2° co., lett.
a) o b), risponde in solido dei danni arrecati dall'operato dell'intermediario iscritto alla sezione del registro di
cui all'art. 109, 2° co., lett. d), cui abbia dato incarico, compresi quelli provocati dai soggetti iscritti alla
sezione del registro di cui all'art. 109, 2° co., lett. e), anche se tali danni siano conseguenti a responsabilità
accertata in sede penale. Questa disposizione corrisponde alla disciplina delle società di revisione e alla
disciplina delle società che si occupano di intermediazione finanziaria: in altri termini, la volontarietà
dell'azione lesiva non recide il nesso causale tra il comportamento del danneggiante e la responsabilità
dell'intermediario.
Il codice prevede inoltre che l'intermediario iscritto alla sezione del registro di cui all'art. 109, 2° co., lett. a),
b) o d), è responsabile dell'attività di intermediazione assicurativa svolta dai soggetti iscritti nella sezione del
registro di cui all'art. 109, 2° co., lett. e).
Sempre a tutela del cliente la nuova disciplina tende a istituire una simmetria informativa tra le parti
contrattuali, richiedendo alla parte che è professionalmente più competente, di comunicare all'altra, prima
della conclusione del contratto, determinati dati. Si può affermare che la parte relativa all’informativa
costituisce una profonda innovazione rispetto alla normativa precedente, che trova il proprio fondamento
nella ritenuta indispensabilità - per un corretto e trasparente funzionamento del mercato – che il
consumatore sia adeguatamente informato circa l’intermediario ed il prodotto che sta commercializzando.
Il contenuto delle informazioni che gli intermediari assicurativi devono fornire al contraente è contemplato
all’art. 120, il quale dispone che gli intermediari dichiarano al contraente:
a) se forniscono consulenze fondate su una analisi imparziale, dovendo in tal caso le proprie valutazioni
fondarsi su un numero sufficientemente ampio di contratti disponibili sul mercato, al fine di consigliare il
prodotto idoneo a soddisfare le richieste del contraente;
b) se propongono determinati prodotti in virtù di un obbligo contrattuale con una o più imprese di
assicurazione, dovendo in tal caso comunicare la denominazione di tali imprese;
c) se propongono determinati prodotti in assenza di obblighi contrattuali con imprese di assicurazione, nel
qual caso essi comunicano, su richiesta del cliente, la denominazione delle imprese di assicurazione con
le quali hanno o potrebbero avere rapporti d'affari, fermo restando l'obbligo di avvisare il contraente del
diritto di richiedere tali informazioni.
Queste informazioni riguardano la identificazione del soggetto, corrispondono alle informazioni richieste per
gli intermediari e i promotori finanziari.
Allo stesso modo, prima della conclusione del contratto, l'intermediario assicurativo di cui al 1° co., anche in
base alle informazioni fornite al contraente, propone o consiglia un prodotto adeguato alle sue esigenze,
previamente illustrando le caratteristiche essenziali del contratto e le prestazioni alle quali è obbligata
l'impresa di assicurazione.
Il codice poi ha demandato all’ISVAP l’emanazione di un regolamento (il regolamento n. 5 del 16 ottobre
2006), nel quale dettagliare e disciplinare le regole sopra enunciate.

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LA TRASPARENZA DELLE OPERAZIONI E LA PROTEZIONE DELL’ASSICURATO

Il codice delle assicurazioni introduce per la prima volta a livello legislativo regole di informazione e di
comportamento che ricalcano nella sostanza la disciplina dettata dal Testo Unico Bancario e dal Testo Unico
dell’Intermediazione finanziaria, in tema di trasparenza e correttezza delle operazioni di banche ed
intermediari finanziari.
La ratio che ha ispirato la valorizzazione dei principi della trasparenza, della correttezza e della diligenza nel
settore assicurativo, ma anche nei settori disciplinati dal T.U.B. e dal T.U.F., nasce dalla constatazione
dell’esistenza, nei mercati finanziari, di un’asimmetria informativa caratterizzante il rapporto tra utente ed
intermediario-operatore.
La regolazione della trasparenza nell’ambito assicurativo, risponde, dunque, ad una duplice esigenza: quella
di garantire all’assicurato scelte informate, da una parte; quella di facilitare la comparazione dei prodotti,
dall’altra.
L’assetto normativo al quale è affidato il perseguimento delle finalità sopra rappresentate risulta piuttosto
articolato; infatti, lo stesso prende le mosse dal codice delle assicurazioni (artt. 182/187) per essere poi
integrato dalla disciplina contenuta nel TUF, per espressa previsione normativa ad opera della Legge 28
dicembre 2005 n. 262 (recante disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari),
così come modificata dal D.Lgs 29 dicembre 2006 n. 303, e dalla normativa regolamentare di ISVAP e
CONSOB.
Principiando dalle norme del codice delle assicurazioni, l’analisi prende l’avvio dall’art. 182, il quale, in tema
di pubblicità dei contratti assicurativi, introduce l’obbligo alle imprese ed agli intermediari di conformarsi al
contenuto della nota informativa e delle condizioni di contratto ai quali il contratto si riferisce. La norma poi
attribuisce all’autorità di vigilanza poteri sospensivi ed interdettivi.
L’art. 183 contempla l’innovativa previsione di regole di comportamento nell’offerta e nell’esecuzione dei
contratti assicurazione, affidate alle determinazioni dell’ISVAP, tenendo conto delle peculiarità dei rami danni
e del particolare grado di protezione necessario quando il contraente è una persona fisica.
In particolare, è previsto che imprese di assicurazioni ed intermediari devono:
- comportarsi con trasparenza, correttezza e diligenza ne confronti dei contraenti e degli assicurati;
- acquisire dai contraenti le informazioni necessarie a valutare le esigenze assicurative o previdenziali
ed operare in modo che siano sempre adeguatamente informati;
- organizzarsi in modo tale da identificare ed evitare conflitti di interesse;
- realizzare una gestione finanziaria indipendente, sana e prudente e adottare misure idonee a
salvaguardare i diritti dei contraenti e degli assicurati.
L’art. 184 attribuisce all’autorità di vigilanza poteri cautelari ed interdettivi in caso di violazione delle norme in
materia di pubblicità, delle regole di comportamento e di quelle sulla redazione della nota informativa.
L’art. 185 disciplina il contenuto della nota informativa da consegnare al contraente prima della conclusione
del contratto unitamente alle condizioni di assicurazione. Dell’avvenuta consegna deve rimanere traccia
documentale e concretizzarsi in una dichiarazione, con caratteri di stampa idonei per dimensione e struttura
grafica, sottoscritta dallo stesso contraente.
La nota informativa deve contenere le informazioni, diverse da quelle pubblicitarie, che sono necessarie, a
seconda delle caratteristiche dei prodotti e dell’impresa di assicurazione, affinché il contraente e l’assicurato
possano pervenire ad un fondato giudizio sui diritti e sugli obblighi contrattuali e, ove, opportuno sulla
situazione patrimoniale dell’impresa di assicurazione.
Va poi aggiunto che all’ISVAP è stato delegato di indicare il contenuto e lo schema della nota informativa,
nonché le informazioni supplementari da prestare con riguardo a costi e rischi ed alle operazioni in conflitto
di interesse, in caso di polizza avente ad oggetto i rami I, II, III; IV e V dell’art. 2, comma 1 cod. ass. priv.
L’art. 186 introduce la previsione relativa all’interpello dell’autorità di vigilanza sullo schema di nota
informativa, mentre l’art. 187 attribuisce il potere all’autorità di vigilanza di richiedere un’integrazione della
nota, allorché, successivamente alla commercializzazione del contratto, siano necessarie ulteriori
informazioni ai contraenti.
La disciplina di rango primario della trasparenza e della protezione dell’assicurato è poi completata da altre
norme del codice. Vengono così in rilievo le regole sottese alla redazione del contratto (che deve essere
formulato, ai sensi dell’art. 166, in modo chiaro ed esauriente, con la precisazione che le clausole che
indicano decadenze, nullità o limitazione delle garanzie ovvero oneri a carico del contraente o dell’assicurato
sono riportate mediante caratteri di particolare evidenza); quelle fissate in tema di trasparenza dei premi e
delle condizioni di contratto relative ad assicurazioni obbligatorie per i veicoli a motore e natanti (art. 131), ed
infine, le disposizioni, contenute negli artt. 313, 318, 319 e 320, che disegnano l’apparato sanzionatorio
amministrativo apprestato per le violazioni alle citate prescrizioni.

Normativa ISVAP
Gli artt. 183 e 185 cod ass. come più volte evidenziato, hanno espressamente delegato l’ISVAP a dettare, da
una parte “specifiche disposizioni relative alle determinazione delle regole di comportamento da osservare

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nei rapporti con i contraenti, in modo che l’attività si svolga con correttezza e con adeguatezza rispetto alle
singole esigenze dei singoli” (art. 183), dall’altra, a disciplinare il contenuto della nota informativa (art. 185).
La <<delega>> è stata attuata con le disposizioni contenute negli artt. 47/62 di cui al citato Regolamento n 5
del 16 ottobre 2006, di cui vengono tracciati di seguito i tratti ritenuti salienti.
L’art. 47 detta le regole generali di comportamento, imponendo agli intermediari di:
- comportarsi con diligenza, correttezza, trasparenza e professionalità nei confronti dei contraenti e
degli assicurati;
- osservare le disposizioni legislative e regolamentari;
- acquisire le informazioni necessarie a valutare le esigenze assicurative e previdenziali dei contraenti
ed operare in modo che questi ultimi siano sempre adeguatamente informati;
- agire in modo da non recare pregiudizio agli interessi dei contraenti e degli assicurati.
La norma poi indica le modalità con le quali gli intermediari possono ricevere il pagamento dei premi
assicurativi.
Un ruolo di particolare rilevanza risulta poi assegnato alle prescrizioni contenute nell’art. 48 (rubricato
“conflitti di interesse”) che, dopo aver ribadito l’obbligo imposto agli intermediari di evitare di effettuare
operazioni in cui hanno direttamente ed indirettamente un interesse in conflitto e quello - operante laddove il
conflitto non sia evitabile - di operare in modo da non recare pregiudizio agli interessi del contraente, traccia
le linee guida fondamentali a cui gli intermediari devono in ogni caso attenersi e consistenti nel:
a) proporre contratti e suggerire modifiche contrattuali o altre operazioni nell’interesse dei contraenti alle
migliori condizioni con riferimento al momento, alla dimensione e alla natura dei contratti e delle
operazioni stesse;
b) operare al fine di contenere i costi a carico dei contraenti ed ottenere il miglior risultato possibile in
relazione agli obiettivi assicurativi;
c) astenersi dal proporre variazioni contrattuali e dal suggerire operazioni con frequenza non necessaria alla
realizzazione degli obiettivi assicurativi;
d) astenersi da ogni comportamento che possa avvantaggiare alcuni clienti a danno di altri.
Tale disposto normativo deve essere letto in correlazione con l’art. 52, il quale introduce l’innovativa
previsione del principio dell’adeguatezza dei contratti offerti; è previsto, infatti, che gli intermediari (anche
avvalendosi delle istruzioni impartite dalle imprese di assicurazioni) sono tenuti a proporre e consigliare
contratti adeguati in relazione alle esigenze di copertura assicurativa e previdenziale del contraente.
Ai fini dell’assolvimento di detta valutazione di adeguatezza, gli intermediari, prima di far sottoscrivere la
proposta o, qualora non prevista, il contratto di assicurazione, acquisiscono dal contraente ogni informazione
che ritengono utile in funzione delle caratteristiche e delle complessità del contratto offerto, conservandone
traccia documentale ed avvertono il contraente che il rifiuto di fornire una o più informazioni richieste
pregiudica la capacità di individuare il contratto adeguato alle sue esigenze. Il rifiuto di fornire le informazioni
richieste deve risultare da apposita dichiarazione da allegare alla proposta.
La norma conclude prescrivendo agli intermediari, qualora ricevano proposte assicurative e previdenziali non
adeguate, di informare della circostanza il contraente, specificandone i motivi. L’informativa fornita, compresi
i motivi dell’inadeguatezza, viene documentata in una dichiarazione, sottoscritta dal contraente e
dall’intermediario.
L’analisi si completa con le disposizioni in tema di informativa precontrattuale.
Al riguardo l’art. 49 dispone che, in occasione del primo contatto con il contraente, gli intermediari
consegnano a quest’ultimo un documento riepilogativo dei principali obblighi di comportamento cui gli stessi
intermediari sono tenuti in forza del codice delle assicurazioni e del medesimo regolamento.
Del pari, prima di far sottoscrivere la proposta o, qualora non prevista, il contratto di assicurazione, gli
intermediari consegnano una dichiarazione da cui risultino i dati essenziali dell’intermediario, ivi compresi
quelle relative a potenziali situazioni di conflitto di interessi (art. 50), nonché la documentazione contrattuale
e precontrattuale prevista dalle vigenti disposizioni.
La consegna della prescritta documentazione deve risultare da apposita dichiarazione, redatta con caratteri
grafici idonei per dimensione e struttura grafica, da far sottoscrivere al contraente.
Gli intermediari, prima della sottoscrizione della proposta, qualora non prevista, prima della sottoscrizione
del contratto, sono tenuti a fornire qualsivoglia informazione che consenta a contraente di effettuare scelte
consapevoli ed aventi ad oggetto la durata, i costi ed i limiti della copertura, gli eventuali rischi finanziari.
La prescritta informativa deve essere fornita – a mezzo supporto cartaceo o altro supporto durevole ed
accessibile per il contraente - in lingua italiana o altra concordata tra le parti.
Eccezionalmente è consentito di anticipare l’informativa ove lo richieda il contraente o sia necessaria
l’immediata copertura del rischio, ma in tali casi l’intermediario provvede a fornire l’informativa su supporto
cartaceo o altro supporto durevole non oltre i due giorni successi alla conclusione del contratto.

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Le specifiche regole di comportamento degli intermediari assicurativi (Credem, Banca Euromobliare,
Anteprima) per le polizze assicurative

Il Regolamento n. 5 emanato dall’ISVAP il 16 ottobre 2006, disciplina espressamente le regole di


comportamento e le informazioni che l’intermediario assicurativo è tenuto a rispettare nei confronti dei
contraenti.
Nello specifico è previsto che nello svolgimento dell’attività d’intermediazione ed in particolare nell’offerta dei
contratti di assicurazione e nella gestione del rapporto contrattuale, gli intermediari devono (art. 47):
a) comportarsi con diligenza, correttezza, trasparenza e professionalità nei confronti dei contraenti e degli
assicurati;
b) osservare le disposizioni legislative e regolamentari, anche rispettando le procedure e le istruzioni a tal
fine impartite dalle imprese per le quali operano;
c) acquisire le informazioni necessarie a valutare le esigenze assicurative e previdenziali dei contraenti ed
operare in modo che questi ultimi siano sempre adeguatamente informati;
d) agire in modo da non recare pregiudizio agli interessi dei contraenti e degli assicurati.
Al fine della tutela della privacy è stabilito che gli intermediari sono tenuti a garantire la riservatezza delle
informazioni acquisite dai contraenti o di cui comunque dispongano in ragione dell’attività svolta, salvo che
nei confronti del soggetto per il quale operano o di cui distribuiscono i contratti, nei casi di cui all’articolo 189
del decreto ed in ogni altro caso in cui le vigenti disposizioni normative ne impongano o consentano la
rivelazione. E’ comunque vietato l’utilizzo delle suddette informazioni per finalità diverse da quelle
strettamente inerenti lo svolgimento dell’attività di intermediazione, salvo espresso consenso prestato
dall’interessato a seguito di apposita informativa fornita ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 2003, n.
196.
Per quanto attiene ai mezzi di pagamento consentiti, viene espressamente contemplato che gli intermediari
possono ricevere dal contraente, a titolo di pagamento dei premi assicurativi:
a) assegni bancari, postali o circolari, muniti della clausola di non trasferibilità, intestati o girati all’impresa per
conto della quale operano o a quella di cui sono distribuiti i contratti, oppure all’intermediario,
espressamente in tale qualità;
b) ordini di bonifico, altri mezzi di pagamento bancario o postale, sistemi di pagamento elettronico, che
abbiano quale beneficiario uno dei soggetti indicati alla precedente lettera a).
Agli intermediari è fatto divieto di ricevere denaro contante a titolo di pagamento di premi relativi a contratti di
assicurazione sulla vita, di cui all’articolo 2, comma 1 del decreto.
Per i contratti di assicurazione contro i danni, di cui all’articolo 2, comma 3 del decreto, il divieto riguarda i
premi di importo superiore a cinquecento euro annui per ciascun contratto. Il divieto non opera per le
coperture del ramo responsabilità civile auto e per le relative garanzie accessorie, se ed in quanto riferite allo
stesso veicolo assicurato per la responsabilità civile auto.
La disciplina dei mezzi di pagamento consentiti dal nuovo regolamento trova già applicazione negli accordi
distributivi tra le società del gruppo Credem e le Compagnie di Assicurazione Credemvita e
Credemassicurazioni S.p.A, i quali contemplano già da tempo la possibilità di corrispondere i premi solo a
mezzo di assegni non trasferibili ovvero di bonifici bancari.
Anche la fattispecie del conflitto di interessi dell’intermediario assicurativo è oggetto di specifica previsione
da parte del Regolamento 5, il quale, all’art. 48 stabilisce che “nell’offerta e nella gestione dei contratti di
assicurazione gli intermediari evitano, secondo quanto disposto dall’articolo 183 del decreto, di effettuare
operazioni in cui hanno direttamente o indirettamente un interesse in conflitto, anche derivante da rapporti di
gruppo o da rapporti di affari propri o di società del gruppo. Qualora il conflitto non risulti evitabile, gli
intermediari operano comunque in modo da non recare pregiudizio agli interessi dei contraenti.”
In ogni caso, laddove il conflitto di interessi non sia evitabile, è previsto che gli intermediari, in funzione
dell’attività svolta e della tipologia dei contratti offerti:
a) propongono contratti e suggeriscono modifiche contrattuali o altre operazioni nell’interesse dei contraenti
alle migliori condizioni possibili con riferimento al momento, alla dimensione e alla natura dei contratti e
delle operazioni stesse;
b) operano al fine di contenere i costi a carico dei contraenti ed ottenere il miglior risultato possibile in
relazione agli obiettivi assicurativi;
c) si astengono dal proporre variazioni contrattuali e dal suggerire operazioni con frequenza non necessaria
alla realizzazione degli obiettivi assicurativi;
d) si astengono da ogni comportamento che possa avvantaggiare alcuni clienti a danno di altri.
Gli intermediari, al fine di garantire il rispetto dei principi di cui sopra, provvedono, inoltre, all’individuazione
ed alla gestione dei conflitti di interesse secondo modalità appropriate in funzione delle dimensioni e della
complessità della loro attività.
Sempre in tema di conflitto di interessi è previsto che, in sede di trattative precontrattuali, e, quindi, prima
della conclusione del contratto, l’intermediario fornisca al contraente un’apposita dichiarazione (da
predisporre secondo lo schema dell’allegato 7B al Regolamento 5, informativa che le società del Gruppo
Credem stanno già predisponendo e che formerà oggetto di apposita consegna al contraente a far tempo

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dall’1.07.2007, in conformità con le disposizioni di legge), nella quale l’intermediario fornisce al contraente
anche le seguenti informazioni:
a) se è detentore di una partecipazione diretta o indiretta superiore al 10% del capitale sociale o dei diritti di
voto di una impresa di assicurazione, specificandone la denominazione sociale;
b) se un’impresa di assicurazione o l’impresa controllante di una impresa di assicurazione, di cui deve
essere indicata la denominazione sociale, è detentrice di una partecipazione diretta o indiretta superiore
al 10% del capitale sociale o dei diritti di voto della società di intermediazione per la quale opera;
c) con riguardo al contratto proposto:
- se fornisce consulenze basate su un’analisi imparziale. In tale circostanza l’intermediario è tenuto a
fondare le proprie valutazioni su un numero sufficientemente ampio di contratti disponibili sul mercato al
fine di consigliare un prodotto idoneo a soddisfare le richieste del contraente;
- se, in virtù di un obbligo contrattuale, sia tenuto a proporre esclusivamente i contratti di una o più
imprese di assicurazione, dovendo in tal caso specificare la denominazione di tali imprese;
- se propone contratti in assenza di obblighi contrattuali che gli impongono di proporre esclusivamente i
contratti di una o più imprese di assicurazione. In tal caso, su richiesta del contraente, indica la
denominazione delle imprese di assicurazione con le quali ha o potrebbe avere rapporti d’affari, fermo
restando l’obbligo di avvisare il contraente del diritto di richiedere tali informazioni.
- nel caso di contratti di assicurazione della responsabilità civile auto, la misura delle provvigioni o dei
compensi riconosciutagli dall’impresa, o distintamente, dalle imprese in relazione alle polizze offerte.
Tutti i contratti di assicurazione (sia del tipo danni sia del tipo vita) devono risultare adeguati alle esigenze
del contraente.
A tal proposito è previsto che le imprese di assicurazioni impartiscono istruzioni agli intermediari di cui si
avvalgono affinché, in fase precontrattuale, acquisiscano dal contraente ogni informazione utile a valutare
l’adeguatezza del contratto offerto in relazione alle esigenze assicurative e previdenziali di quest’ultimo,
nonché, ove appropriato in relazione alla tipologia del contratto, alla propensione al rischio del contraente
medesimo.
In ogni caso, gli intermediari sono tenuti a proporre o consigliare contratti adeguati in relazione alle esigenze
di copertura assicurativa e previdenziale del contraente.
A tal fine, prima di far sottoscrivere una proposta o, qualora non prevista, un contratto di assicurazione,
acquisiscono dal contraente ogni informazione che ritengono utile in funzione delle caratteristiche e della
complessità del contratto offerto, conservandone traccia documentale.
Con riferimento ai contratti di assicurazione sulla vita, gli intermediari chiedono in particolare notizie sulle
caratteristiche personali del contraente, con specifico riferimento all’età, all’attività lavorativa, al nucleo
familiare, alla situazione finanziaria ed assicurativa, alla sua propensione al rischio e alle sue aspettative in
relazione alla sottoscrizione del contratto, in termini di copertura, durata ed eventuali rischi finanziari
connessi al contratto da concludere.
Il rifiuto di fornire una o più delle informazioni richieste deve risultare da apposita dichiarazione, da allegare
alla proposta, sottoscritta dal contraente, nella quale è inserita specifica avvertenza riguardo la circostanza
che il rifiuto del contraente di fornire una o più delle informazioni pregiudica la capacità di individuare il
contratto adeguato alle sue esigenze.
Gli intermediari che ricevono proposte assicurative e previdenziali non adeguate informano il contraente di
tale circostanza, specificandone i motivi. Dell’informativa fornita, inclusi i motivi dell’inadeguatezza, è data
evidenza in un’apposita dichiarazione, sottoscritta dal contraente e dall’intermediario.
Tali prescrizioni sono già da tempo applicate nell’ambito del Gruppo Credem, in ottemperanza alla disciplina
dettata dall’ISVAP con la circolare n. 551/D dell’1 marzo 2005.
La più rilevante novità introdotta dal codice delle assicurazioni private e dal regolamento n. 5 attiene alla
circostanza che, a far tempo dall’1 luglio 2007, la disciplina riguardante la c.d. adeguatezza dovrà essere
osservata anche per i prodotti dei rami Danni.
Infine, tra le regole di comportamento è espressamente previsto che gli intermediari rilascino al contraente
tutta la documentazione precontrattuale, la copia del contratto (ossia l’intero fascicolo) e di ogni altro atto o
documento da esso sottoscritto.
In caso di contestazione incombe sull’intermediario l’onere di provare di avere consegnato tutta la
documentazione richiesta dalla legge.

LA LEGGE SULLA TUTELA DEL RISPARMIO E LA DISCIPLINA DEI PRODOTTI FINANZIARI EMESSI
DA IMPRESE DI ASSICURAZIONI

Normativa Consob
A seguito della c.d. Riforma del risparmio (L. 262 del 28 dicembre 2005) e del successivo decreto di
coordinamento della disciplina sul risparmio (D. Lgs. 303 del 29 dicembre 2006), il legislatore ha
espressamente disciplinato i cosiddetti prodotti finanziari emessi da imprese di assicurazioni tra i quali
rientrano le polizze linked (ramo III) e le operazioni di capitalizzazione (ramo V).

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Per la disciplina delle polizze c.d. linked e delle operazioni di capitalizzazione si rinvia alla specifica parte
contemplata nella sezione assicurazione sulla vita.
In questa sede, ci si limita ad osservare che, per quanto attiene ai c.d. prodotti finanziari emessi da imprese
di assicurazioni, la disciplina applicabile non è quella contemplata nel Regolamento 5 emanato dall’ISVAP il
16 ottobre 2006, ma la diversa regolamentazione prevista per gli strumenti finanziari dal Testo Unico della
Finanza (D. Lsg. N. 58 /1998) e dai relativi regolamenti attuativi (Regolamento Intermediari n. 11522/1998, e
Regolamento Emittenti n.11971/1999, emanati da Consob).
Conseguentemente, l’Autorità competente alla vigilanza sull’attività assicurativa afferente le operazioni in
questione è la CONSOB e non l’ISVAP.
La legge sul risparmio (così come modificata dal D.Lgs 29 dicembre 2006 n. 303) è intervenuta sulla
disciplina dei prodotti finanziari emessi da imprese di assicurazioni, attraverso l’ampliamento del campo di
applicazione del TUF.
Le innovazioni di maggior rilevo riguardano:
1) introduzione dell’art. 25 bis nel TUF, con il quale si è estesa l’applicazione delle regole di condotta
gravanti sugli intermediari nella prestazioni dei servizi di investimento, di cui all’art. 21 TUF, nonché
dalle norme di cui all’art. 23 TUF, anche alla sottoscrizione e al collocamento di tutti i prodotti
bancari, nonché ai prodotti finanziari emessi dalle imprese di assicurazioni
2) l’eliminazione dell’esenzione dell’obbligo di prospetto per i prodotti finanziari messi da imprese di
assicurazione;
3) l’applicazione ai contratti relativi a tali prodotti delle principali disposizioni sui poteri di vigilanza
regolamentare, informativa, ispettiva e sanzionatori attribuiti a CONSOB sui prodotti finanziari;
4) l’attribuzione del potere regolamentare per i i prodotti assicurativi vita di ramo III e V a CONSOB.
A tal proposito, a far tempo dal 25 gennaio 2007, l’ordinamento giuridico italiano conosce la nuova categoria
dei prodotti finanziari-assicurativi, i quali sono oggi definiti dal comma 1 dell’art. 1 del TUF, alla una nuova
lettera“w-bis prodotti finanziari emessi da imprese di assicurazione” come "le polizze e le operazioni di cui
ai rami vita III e V di cui all’articolo 2,comma 1, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, con
esclusione delle forme pensionistiche individuali di cui all’articolo 13, comma 1, lettera b, del decreto
legislativo 5 dicembre 2005, n. 252”.
I prodotti finanziari che costituiscono oggetto della nuova disciplina entrata in vigore il 25 gennaio 2007 si
caratterizzano per
a) la predisposizione unilaterale delle condizioni generali di contratto;
b) l’idoneità ad essere offerti ad una categoria generalizzata di soggetti non circoscrivibile numericamente;
c) l’esistenza di un impiego di capitale, di un’aspettativa di rendimento correlato a tale investimento e di un
rischio finanziario ad esso connesso.
In generale, il legislatore ha inteso distinguere tra “prodotti assicurativi puri”, per i quali è applicabile, oltre
alle prescrizioni del codice civile, la sola disciplina prevista dal codice delle assicurazioni private e dal
Regolamento 5 emanato dall’ISVAP il 16 ottobre 2006, ed i “prodotti finanziari-assicurativi” per i quali sono
invece applicabili le specifiche disposizioni del TUF e dei Regolamenti attuativi Consob.

I “prodotti assicurativi puri”


Un “prodotto assicurativo puro” realizza il trasferimento di un rischio connesso ad un “evento attinente alla
vita umana” (c.d. rischio demografico) da un soggetto, che a tal fine versa una somma determinata (il
premio), ad un altro, che è tenuto a corrispondere un certo controvalore monetario al verificarsi dell’evento
assicurato.
Ne discende che tale tipologia di prodotti si caratterizza per la connessione sistematica tra le prestazioni
monetarie cui ha diritto il sottoscrittore ed il verificarsi dell’evento attinente alla vita umana che delimita il
rischio trasferito all’impresa di assicurazione.
Il contratto assicurativo è pertanto contraddistinto:
- dal diritto, per il sottoscrittore, ad una prestazione indennitaria (obbligo di pagare una somma definita, sotto
forma di capitale o rendita, a fronte del pagamento di un premio);
- da una funzione specifica (neutralizzazione del rischio demografico).
Le principali attività dell’assicuratore, nell’ambito dello schema sopra tratteggiato, sono in sintesi finalizzate:
- alla fissazione delle tariffe di premio ed all’accantonamento delle riserve tecniche per far fronte alle
prestazioni monetarie cui hanno diritto i sottoscrittori, entrambe calcolate secondo determinazioni
quantitative connesse alla distribuzione delle probabilità della durata della vita umana;
- alla definizione del tasso di rendimento da applicare al capitale versato dal sottoscrittore per garantire a
quest’ultimo la copertura dal rischio demografico.
In questa prospettiva la disciplina comunitaria e nazionale:
- definisce il “ramo di assicurazione” come la “classificazione secondo un insieme omogeneo di rischi ed
operazioni che descrive l’attività che l’impresa può esercitare al rilascio dell’assicurazione”;
- individua criteri di determinazione delle tariffe e del margine di solvibilità;

20
- indica che le riserve tecniche devono essere costituite nella misura pari “all'ammontare complessivo delle
somme che risultino necessarie per far fronte al pagamento dei capitali e delle rendite maturati, dei riscatti
e dei sinistri da pagare”.
Il quadro di riferimento sopra tratteggiato evidenzia una definizione a priori, anche di natura quantitativa, dei
diritti dell’assicurato e delle modalità con cui deve operare l’assicuratore; definizione che:
- determina l’indistinguibilità dei premi versati dagli assicurati nell’ambito della raccolta dell’impresa di
assicurazione;
- esclude la connessione tra il rendimento dell’investimento dei premi raccolti da parte dell’impresa di
assicurazione e quello da corrispondere contrattualmente al beneficiario in caso del verificarsi di “eventi
attinenti alla vita umana” dell’assicurato;
- evidenzia una “trasformazione” e una traslazione dei rischi in capo all’impresa di assicurazione;
- implica che la tutela dei contraenti passi attraverso la solvibilità dell’impresa di assicurazione;
- comporta la mancanza di:
• un obbligo dell’impresa di assicurazione ad informare l’assicurato sulle scelte di investimento
realizzate;
• un diritto dell’assicurato di ricevere in fase pre-contrattuale e di rendicontazione informazioni circa
le politiche di investimento poste in essere dall’impresa di assicurazione.
I “prodotti assicurativi puri” non possono, pertanto, essere annoverati tra i prodotti finanziari essendo privi
degli elementi caratteristici necessari indicati sub lettera c). Infatti, nei primi, tanto l’ammontare versato
quanto la prestazione monetaria cui si ha diritto sono definiti secondo determinazioni quantitative collegate al
rischio demografico, mentre nei secondi, sono connessi al profilo di rischio/rendimento dell’investimento.

I “prodotti finanziari-assicurativi”
Diversamente da quanto accade per i “prodotti assicurativi puri”, nei “prodotti finanziari-assicurativi” si
riscontra l’esistenza di un impiego del capitale raccolto, di un’aspettativa di rendimento correlato a tale
investimento, di un rischio finanziario ad esso connesso.
Infatti, la dinamica economica sottesa a detta tipologia di prodotti prevede la presenza diuna prestazione
contrattuale che trasferisce a carico del sottoscrittore il rischio finanziario dell’investimento dei premi raccolti
operato dall’impresa di assicurazione.
Ne discende che la prestazione contrattuale connessa alla neutralizzazione del rischio demografico assume
al più un carattere residuale, determinando quindi una mutazione della funzione tipica del contratto
assicurativo.
Di seguito si specificano le considerazioni di carattere generale con riferimento ai prodotti finanziari-
assicurativi del ramo vita III e del ramo vita V, per la cui specifica trattazione si rinvia all’apposito paragrafo
nella sezione Assicurazione sulla vita.
I “prodotti finanziari-assicurativi” del ramo vita III (c.d. prodotti linked) prevedono che le prestazioni principali
cui ha diritto il sottoscrittore (i.e. il quantum versato dall’impresa di assicurazione in relazione ai diversi eventi
assicurati ed ai casi in cui viene esercitato il riscatto contrattualmente previsto) siano definite in funzione del
valore da attribuire, al momento dell’erogazione, alle quote del fondo interno assicurativo o dell’organismo di
investimento collettivo (prodotti unit linked) ovvero all’indice o al valore di riferimento (prodotti index linked) –
che, normalmente, assume la forma di un’obbligazione strutturata – nei quali sono investiti i premi.
Ne consegue che:
- tanto la prestazione dell’impresa quanto le tariffe di premio dalla stessa richieste non risultano calcolate
secondo determinazioni quantitative collegate al rischio demografico;
- il rischio finanziario derivante dall’oscillazione del valore delle quote o dell’indice di riferimento risulta a
carico del sottoscrittore.
Nella prassi di mercato, con riguardo alla tipica “costruzione” dei contratti linked, si rileva che soltanto una
percentuale ridotta del premio versato dal contraente è destinata a copertura del rischio demografico; e ciò
ha trovato conferme anche in recenti indagini condotte dai Servizi della Commissione Europea. E tale
rimane anche nel caso in cui siano previste, al verificarsi dell’evento attinente alla vita umana, delle
maggiorazioni al valore delle quote o dell’indice di riferimento al momento della liquidazione della
prestazione per via del contributo ridotto delle stesse.
I “prodotti finanziari-assicurativi” del ramo vita V (c.d. prodotti di capitalizzazione). I c.d. prodotti di
capitalizzazione prevedono una prestazione esclusiva consistente nella corresponsione al sottoscrittore di
un capitale costituito dai premi versati aumentati degli interessi al tasso pattuito nel contratto, decorso un
termine pluriennale non inferiore ai cinque anni.
Per tali prodotti, quindi, il rischio demografico è del tutto assente ed il rischio finanziario connesso alla
gestione dell’investimento del premio versato è totalmente a carico del sottoscrittore.
Si tratta, infatti, come peraltro sottolineato da unanime dottrina, di operazioni meramente finanziarie ove la
prestazione dell’assicuratore non è collegata al verificarsi di eventi attinenti alla vita umana.
A far tempo dal 25 gennaio 2007 è previsto dall’art. 25 bis del TUF (rubricato Prodotti finanziari emessi da
banche e da imprese di assicurazione) che gli articoli 21 e 23 del TUF si applicano alla sottoscrizione e al
collocamento di prodotti finanziari emessi da banche e da imprese di assicurazione.

21
In relazione ai prodotti finanziari assicurativi e nel perseguimento delle finalità di cui all'articolo 5, comma 3
del TUF, la Consob esercita sui soggetti abilitati e sulle imprese di assicurazione i poteri di vigilanza
regolamentare, informativa e ispettiva
L'Isvap e la Consob si comunicano reciprocamente le ispezioni da ciascuna disposte sulle imprese di
assicurazione. Ciascuna autorità può chiedere all'altra di svolgere accertamenti su aspetti di propria
competenza.
In merito alla disciplina applicabile ai contratti rigurdanti gli strumenti finanziari –assicurativi, l’at. 23 del TUF,
applicabile in virtù dell’espresso richiamo dell’art. 25 bis, stabilisce che:
- i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento e accessori sono redatti per iscritto e un
esemplare è consegnato ai clienti. Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo;
- è nulla ogni pattuizione di rinvio agli usi per la determinazione del corrispettivo dovuto dal cliente e di
ogni altro onere a suo carico. In tali casi nulla è dovuto.
- nell'ambito della prestazione dei servizi di investimento, agli strumenti finanziari derivati nonché a
quelli analoghi individuati ai sensi dell'articolo 18, comma 5, lettera a), non si applica l' articolo 1933
del codice civile.
- nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di investimento e
di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati l'onere della prova di aver agito con la specifica
diligenza richiesta.
L’estensione dei poteri regolamentari sulla trasparenza attribuiti alla Consob dai prodotti finanziari tout court
ai “prodotti finanziari-assicurativi” è connessa all’applicabilità della disciplina del prospetto informativo (per la
quale Consob ha predisposto un documento di consultazione volto all’integrazione del Regolamento
Emittenti con un’apposita sezione destinata alle Compagnie di Assicurazione) e delle previsioni già dettate
dal Regolamento intermediari per gli strumenti finanziari anche all’intermediazione dei prodotti finanziari-
assicurativi (per il quale, in attesa dell’emanazione del nuovo Regolamento intermediari che recepisca la
direttiva n. 2004/39/CE, c.d. MIFID, e le relative misure di esecuzione, direttiva della Commissione UE n.
2006/73/CE, in tema di servizi (e attività) di investimento, Consob ha, nel frattempo, predisposto un
documento di consultazione volto all’integrazione dell’attuale Regolamento intermediari).

Le specifiche regole di comportamento degli intermediari assicurativi (Credem, Banca Euromobliare,


Anteprima) per le assicurazioni sulla vita qualificabili come polizze linked (ramo III) e per le
operazioni di capitalizzazione (ramo V)

Nell’ambito dei servizi di intermediazione riguardanti i prodotti finanziari-assicurativi (polizze linked e


operazioni di capitalizzazione), gli intermediari sono tenuti ad applicare la disciplina attualmente prevista per
gli strumenti finanziari.
Per quanto attiene alle regole di comportamento, l’art. 21 del TUF impone
a) di comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell'interesse dei clienti e per l'integrità dei
mercati;
b) di acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre
adeguatamente informati;
c) di organizzarsi in modo tale da ridurre al minimo il rischio di conflitti di interesse e, in situazioni di conflitto,
agire in modo da assicurare comunque ai clienti trasparenza ed equo trattamento;
d) di disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l'efficiente svolgimento
dei servizi;
e) di svolgere una gestione indipendente, sana e prudente e adottare misure idonee a salvaguardare i diritti
dei clienti sui beni affidati.
Nello svolgimento dei servizi le imprese di investimento, le banche e le società di gestione del risparmio
possono, previo consenso scritto, agire in nome proprio e per conto del cliente.
A sua volta, le prescrizioni generali dell’art. 21 sono state oggetto di specifica disciplina con il Regolamento
Intermediari n. 11522/1998, il quale agli artt. 26 e seguenti richiama le norme di comportamento che, anche
l’attuale documento di consultazione Consob, prescrive per l’attività di intermediazione riguardante gli
strumenti finanziari-assicurativi.
Tra le principale regole di comportamento si ricordano:
L’obbligo degli intermediari di:
a) operare in modo indipendente e coerente con i principi e le regole generali del Testo Unico;
b) rispettare le regole di funzionamento dei mercati in cui operano;
c) di astenersi da ogni comportamento che possa avvantaggiare un investitore a danno di un altro;
d) di eseguire con tempestività le disposizioni loro impartite dagli investitori;
e) di acquisire una conoscenza degli strumenti finanziari, dei servizi nonché dei prodotti diversi dai servizi di
investimento, propri o di terzi, da essi stessi offerti, adeguata al tipo di prestazione da fornire;
f) di operare al fine di contenere i costi a carico degli investitori e di ottenere da ogni servizio d'investimento il
miglior risultato possibile, anche in relazione al livello di rischio prescelto dall'investitore (art. 26).

22
In tema di conflitto di interessi è previsto (art. 27) che gli intermediari autorizzati vigilano per l'individuazione
dei conflitti di interessi.
Gli intermediari autorizzati non possono effettuare operazioni con o per conto della propria clientela se
hanno direttamente o indirettamente un interesse in conflitto, anche derivante da rapporti di gruppo, dalla
prestazione congiunta di più servizi o da altri rapporti di affari propri o di società del gruppo, a meno che non
abbiano preventivamente informato per iscritto l'investitore sulla natura e l'estensione del loro interesse
nell'operazione e l'investitore non abbia acconsentito espressamente per iscritto all'effettuazione
dell'operazione. Ove l'operazione sia conclusa telefonicamente, l'assolvimento dei citati obblighi informativi e
il rilascio della relativa autorizzazione da parte dell'investitore devono risultare da registrazione su nastro
magnetico o su altro supporto equivalente.
Ove gli intermediari autorizzati, al fine dell'assolvimento degli obblighi di cui al precedente comma 2,
utilizzino moduli o formulari prestampati, questi devono recare l'indicazione, graficamente evidenziata, che
l'operazione è in conflitto di interessi.
Circa le informazioni che gli intermediari devono necessariamente acquisire nella fase precontrattuale, l’art.
28 prevede che prima della stipulazione del contratto di gestione e di consulenza in materia di investimenti e
dell'inizio della prestazione dei servizi di investimento e dei servizi accessori a questi collegati, gli
intermediari autorizzati devono chiedere all'investitore notizie circa la sua esperienza in materia di
investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché circa
la sua propensione al rischio. L'eventuale rifiuto di fornire le notizie richieste deve risultare dal contratto di cui
al successivo articolo 30, ovvero da apposita dichiarazione sottoscritta dall'investitore.
Gli intermediari autorizzati non possono effettuare o consigliare operazioni o prestare il servizio di gestione
se non dopo aver fornito all'investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della
specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di
investimento o disinvestimento.
Gli intermediari autorizzati mettono sollecitamente a disposizione dell'investitore che ne faccia richiesta i
documenti e le registrazioni in loro possesso che lo riguardano, contro rimborso delle spese effettivamente
sostenute.
In tema di operazioni non adeguate, l’art. 29 stabilisce che Gli intermediari autorizzati si astengono
dall'effettuare con o per conto degli investitori operazioni non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza o
dimensione.
Al fine del giudizio di adeguatezza, gli intermediari autorizzati devono tenere conto delle informazioni di cui
all'articolo 28 e di ogni altra informazione disponibile in relazione ai servizi prestati.
Gli intermediari autorizzati, quando ricevono da un investitore disposizioni relative ad una operazione non
adeguata, lo informano di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua
esecuzione. Qualora l'investitore intenda comunque dare corso all'operazione, gli intermediari autorizzati
possono eseguire l'operazione stessa solo sulla base di un ordine impartito per iscritto ovvero, nel caso di
ordini telefonici, registrato su nastro magnetico o su altro supporto equivalente, in cui sia fatto esplicito
riferimento alle avvertenze ricevute.

23
L’ASSICURAZIONE CONTRO I DANNI IN GENERALE

Premessa
La nozione dell’assicurazione contro i danni si ricava implicitamente dall’art. 1882 c.c., laddove, definendo il
contratto di assicurazione in genere in contrapposizione alle assicurazioni vita che prevedono il pagamento
di una rendita o di un capitale, sottolinea che l’assicurazione è il contratto con il quale l‘assicuratore, verso il
pagamento di un premio, si obbliga a rivalere l’assicurato, entro i limiti del danno ad esso prodotto da un
sinistro.
Alla disciplina di questo tipo di assicurazione è dedicata una apposita sezione del codice civile (art. 1904 e
ss), mentre la classificazione dei rischi per ramo in esso rientranti è contenuta nel 3° comma dell’art. 2 del
nuovo cod. priv. ass.

L’interesse assicurato
Una caratteristica peculiare dell’assicurazione contro i danni è rappresentata dal già enunciato principio
posto dall’art. 1904 c.c., il quale precisa che “il contratto è nullo, se, nel momento in cui l’assicurazione deve
avere inizio, non esiste un interesse dell’assicurato al risarcimento del danno”.
Si è già detto in ordine al significato da attribuire alla locuzione <<interesse>> (ossia relazione economica tra
un soggetto ed un bene -che potrà essere un singolo bene, la salute o l’intero patrimonio - esposto al rischio,
in rapporto ad un evento, futuro e possibile, per lui dannoso) ed alle conseguenze derivanti dalla mancanza
di tale requisito, nullità o risoluzione di diritto del contratto, a seconda che la mancanza sia originaria o
sopravenuta ; in questa sede ci si limita a rilevare che, richiedendo l’art. 1904 c.c. la titolarità dell’interesse in
capo all’assicurato, è escluso che di detto interesse sia titolare il contraente.
Pertanto tale norma deve essere coordinata con l’art. 1891 cc., che disciplina appunto le ipotesi del contratto
per conto altri o di chi spetta.

La funzione dell’assicurazione contro i danni


Si ritiene unanimemente che la funzione dell’assicurazione contro i danni abbia carattere indennitario, posto
che mira a reintegrare il patrimonio dell’assicurato, entro i limiti del danno subito al verificarsi di un sinistro.
Il principio viene consacrato nell’art. 1905 c.c. che stabilisce la regola fondamentale di questo tipo di
assicurazione, per la quale l’assicuratore è tenuto a risarcire il danno sofferto dall’assicurato in conseguenza
del sinistro, e dal successivo art. 1908 c.c., nel quale sono indicati i criteri per la valutazione delle cose
colpite dal sinistro: è, infatti, previsto che nell’accertamento del danno non si può attribuire alle cose perite o
danneggiate un valore superiore a quello che avevano al momento del sinistro, ma il valore delle cose
assicurate può essere stabilito in sede di conclusione del contratto mediante stima accettata espressamente
tra le parti.
La disposizione si presta ad un duplice lettura: l’una processuale, in base alla quale la stima avrebbe l’effetto
di invertire l’onere della prova, nel senso che, in presenza della stessa, non spetta all’assicurato provare il
valore risarcibile, ma compete all’assicuratore dimostrare il valore effettivo della cosa assicurata; l’altra,
sostanziale, in forza della quale la polizza stimata si inquadrerebbe nell’ambito di una liquidazione preventiva
del danno, precludendo di discutere sul valore della cosa al momento del sinistro in quanto già previamente
concordato tra le parti.
La norma va poi correlata alla prescrizione contenuta nell’art. 1909 c.c., che disciplina l’ipotesi
dell’assicurazione per una somma che eccede il valore reale della cosa, sancendone l’invalidità a fronte di
un comportamento doloso dell’assicurato e la salvezza del diritto dell’assicuratore in buona fede ai premi del
periodo di assicurazione in corso. Se, invece, non vi è stato dolo da parte dell’assicurato, il contratto ha
effetto fino alla concorrenza del valore reale della cosa assicurata, ed il contraente ha diritto di ottenere per
l’avvenire una proporzionale riduzione del premio.
Si ritiene che l’invalidità prevista dall’art. 1909 c.c. debba intendersi nullità del contratto che può essere
invocata solo l’assicuratore nel cui interesse l’invalidità è posta. Il fondamento della nullità è da rinvenirsi
nella necessità di tutelare il principio indennitario e,quindi, di invalidare, ai sensi dell’art. 1418 c.c. 1° comma,
ogni contratto il cui contenuto violi una norma imperativa.

24
L’ASSICURAZIONE OBBLIGATORIA PER LA CIRCOLAZIONE DI VEICOLI A MOTORE E NATANTI

Premessa
Il nuovo codice delle assicurazioni, nel disciplinare, ex novo, l’intera materia assicurativa, ha abrogato la
maggior parte di tutte le previgenti disposizioni legislative, ivi compresa la L. 990/69 che, per prima, aveva
reso obbligatoria, nel nostro ordinamento, l’assicurazione della responsabilità civile dei veicoli e natanti, il cui
referente normativo primario è costituto dall’art. 2054 c.c. che obbliga il conducente di un veicolo (senza
guida di rotaie) a risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo se non prova di
aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.
Il codice ha abrogato altresì le leggi di modifica della disciplina sull’assicurazione obbligatoria della
responsabilità civile, quali la legge n. 39/77, la legge 378/88 e le parti della legga n. 57/01 che disciplina il
risarcimento del danno con postumi fino al 9% c.d. lesioni micropermanenti.
Il quadro normativo in materia è stato poi integrato dal D.P.R. 18 luglio 2006 n. 254, recante la disciplina di
attuazione del risarcimento diretto dei danni derivanti dalla circolazione stradale, nonché con il D.L. 31
gennaio 2007 n. 7 (convertito in L. n. 40 del 02.04.2007), il quale, in particolare, ha previsto l’obbligo per
l’impresa di assicurazione di mantenere al cliente che stipula un contratto nuovo per seconda auto o a
seguito di un’interruzione della copertura assicurativa la classe di merito indicata nell’ultimo attestato di
rischio.

L’obbligo di assicurazione
Con la Legge n. 990/69 era stato imposto l’obbligo di assicurare, con una qualsiasi impresa autorizzata, un
veicolo o un natante prima che venissero posti in circolazione o in navigazione.
I destinatari dell’obbligo erano individuati in entrambe le parti contraenti, ossia coloro che mettono in
circolazione veicoli e natanti e dall’altro le imprese assicurative tenute ad accettare le richieste di copertura
ad esse presentate.
Questo fondamentale principio è oggi ribadito dall’art. 122 cod. ass. priv., il quale al 1° comma prevede che
“veicoli a motore senza guida di rotaie compresi i filoveicoli e i rimorchi non possono essere posti in
circolazione su strade di uso pubblico o su aree a queste equiparate se non sono coperti dall’assicurazione
per la responsabilità civile verso i terzi prevista dall’art. 2054 c.c. e 91 comma 2 del codice della strada”.
Appare, pertanto, evidente come l’assicurazione, anche nel mutato assetto normativo, venga concepita
come una vera e propria condizione di legittimità della circolazione.
Il codice delle assicurazioni (al pari della previgente L 990/69) non fornisce, però, un elenco dei soggetti che
devono stipulare il contratto di assicurazione obbligatoria per la RCA, limitandosi a fare riferimento alla
responsabilità di cui all’art. 2054 c.c. e all’art. 91 codice della strada (che vedono come protagonisti il
proprietario, l’usufruttuario, l’acquirente con patto di riservato dominio, il locatario nel contratto di leasing,
insieme con il conducente).
L’individuazione dei soggetti sottoposti all’obbligo di assicurazione è tuttavia ricavabile da una norma
sanzionatoria, l’art. 193 codice della strada, che sottopone a sanzione amministrativa pecuniaria non chi
pone in circolazione il veicolo, bensì chiunque circoli senza la copertura assicurativa (e sottopone il
proprietario del veicolo alla misura cautelare del sequestro, nonché alla eventuale successiva confisca).
Detta conclusione peraltro è coerente non solo con quella forte connotazione sociale che caratterizza la
responsabilità RCA, ma anche con il carattere aperto della norma, che non menziona il soggetto tenuto ad
assicurare il mezzo, indicando genericamente colui che di fatti circoli, con l’evidente obiettivo di garantire
adeguata tutela risarcitoria a chiunque subisca danni dai veicoli a motore.

I soggetti compresi nella copertura assicurativa


La disamina delle prescrizioni contenute nell’art. 122 cod. ass. consente di affermare che quando si parla di
soggezione di un mezzo all’obbligo assicurativo non si intende sostenere che ad essere <<assicurato>> sia
il veicolo medesimo, quanto piuttosto, il rischio della responsabilità civile dell’assicurato.
Di qui l’interrogativo di quali siano i soggetti beneficiari della garanzia assicurativa.
Al quesito proposto si può agevolmente rispondere a condizione di correlare l’individuazione soggettiva della
copertura assicurativa al rischio assicurato individuato nella responsabilità civile verso i terzi prevista dall’art.
2054 c.c.; infatti, l’effetto conseguente alla descritta operazione di coordinamento è costituto dalla
constatazione che l’assicurazione obbligatoria copra la responsabilità dei soggetti di cui al 3° comma dell’art.
2054 c.c. (proprietario del veicolo, usufruttuario, acquirente con patto di riservato dominio) e non anche i terzi
estranei al rapporto assicurativo.
Tale impostazione non legittima tuttavia la conclusione che non sia coperta anche la responsabilità del
conducente, ma che la garanzia assicurativa tuteli il conducente solo ed in quanto sussista anche una
responsabilità del titolare del diritto dominicale.
Al riguardo è stato infatti osservato che l’estensione in capo al conducente dei benefici del contratto stipulato
dal proprietario (estensione giustificata dallo scopo di garantire il proprietario dalla responsabilità solidale
sullo stesso gravante ai sensi dell’art. 2054 3° comma) non può indurre a ritenere che il primo sia parte del
rapporto obbligatorio.

25
Il rischio assicurato
La mera lettura dell’art. 122 cod. ass. permette altresì di individuare nella responsabilità civile verso i terzi di
cui all’art. 2054 c.c. il rischio assicurato.
La norma codicistica definisce l’oggetto e l’ambito di tutela predisposto dalla normativa speciale (cod. ass.
priv.), costituendo il presupposto della copertura assicurativa.
La responsabilità civile che deve essere coperta è, dunque, per espressa previsione di legge, solo quella
nascente dalla circolazione dei veicoli ed è pertanto, al concetto di danno derivante dalla circolazione dei
veicoli o dei natanti ed alla responsabilità che ne deriva, che occorre far riferimento per delimitare l’ambito di
operatività della normativa sull’assicurazione obbligatoria.
In altre parole solo da questo danno “tipico” che può derivare la responsabilità prevista dal codice delle
assicurazioni.

Il certificato di assicurazione
Il certificato di assicurazione è il documento, rilasciato dall’assicuratore, che attesta l’adempimento
dell’obblighi stabiliti dalla legge (artt. 127 e 128 cod. ass. priv.) e dal quale risulti il periodo di assicurazione
per il quale sono stati pagati il premio o la rata di premio.
Il periodo della validità della copertura riportata nel certificato assicurativo determina l’obbligazione
dell’assicuratore versi i terzi danneggiati, non essendo rilevante che la data di decorrenza di detto periodo
non sia ripetuta nel contrassegno, ossia nell’altro documento che l’assicuratore deve consegnare unitamente
al certificato entro cinque giorni dalla data di pagamento del premio.
Il certificato gode di rilevanza sia interna sia esterna.
Nei rapporti tra assicuratore - assicurato il documento costituisce la prova dell’adempimento degli obblighi
assicurative da parte del proprietario del veicolo, e non prova dell’esistenza del contratto occorrendo nei
rapporti interni l’atto scritto ad probationem” (art. 1888 c.c.).
Nei rapporti con i terzi danneggiati, il certificato vale a significare la permanenza dell’obbligo risarcitorio
dell’assicurazione per il periodo di tempo indicato ivi indicato.
L’erroneo rilascio del certificato assicurativo (ad esempio perché non accompagnato dal pagamento del
premio per il periodo in esso indicato) non ha alcuna rilevanza nei confronti del terzo danneggiato in buona
fede.
Nel caso invece di inesistenza del rapporto assicurativo a fronte dell’apparente evidenza della copertura ( ad
esempio attraverso la rilevazione dei dati assicurativi del contrassegno esposto o dalle indicazioni fornite dal
danneggiante in occasione del sinistro) incombe sull’assicuratore l’onere di provare, anche attraverso
l’esibizione delle scritture contabili, che il danneggiante non era un proprio assicurato e che il contrassegno
era stato contraffatto o era comunque di provenienza illecita1.

Il contrassegno
Il contrassegno è il documento rilasciato dall’assicuratore contenente il nome della impresa di assicurazione,
l’indicazione del numero di targa del veicolo o del numero di telaio del ciclomotore e la data di scadenza del
periodo per il quale è stato pagato il premio. Il contrassegno deve essere esposto sul parabrezza del veicolo
assicurato ed ha lo scopo di agevolare l’accertamento dell’osservanza dell’obbligo di assicurazione da parte
delle autorità competenti, nonché l’identificazione dell’impresa di assicurazione da parte dei terzi
danneggiati.

Funzione del certificato e del contrassegno


Le caratteristiche dei documenti sopra descritte danno contezza del fatto che il contrassegno assolve ad una
funzione – che potremmo definire pubblicitaria in senso lato – in quanto la sua esposizione ( sul parabrezza)
o la sua esibizione (per motocicli e ciclomotori) fanno ritenere che l’assicuratore ivi indicato sia quello che
effettivamente copre il veicolo; mentre il certificato fa piena prova nei confronti dei terzi circa la sussistenza
di un rapporto assicurativo, cosicché il possesso di tale documento (ovviamente autentico) garantisce la
copertura assicurativa del veicolo o natante indicatovi.
Questa differente funzione spiega rilevanti effetti nel caso di trasferimento della proprietà del veicolo o del
natante, disciplinato dall’art. 171 cod. ass. priv., secondo il quale “. 1.Il trasferimento di proprietà del veicolo
o del natante determina, a scelta irrevocabile dell’alienante, uno dei seguenti effetti:
a) la risoluzione del contratto a far data dal perfezionamento del trasferimento di proprietà, con diritto al
rimborso del rateo di premio relativo al residuo periodo di assicurazione al netto dell’imposta pagata e del
contributo obbligatorio di cui all’articolo 334;
b) la cessione del contratto di assicurazione all’acquirente;
c) la sostituzione del contratto per l’assicurazione di altro veicolo o, rispettivamente, di un altro natante di sua
proprietà, previo l'eventuale conguaglio del premio.

1
In questo senso, tra le altre, Cass. 24 aprile 2001 n. 6026; Trib. Roma 22 settembre 1995; Giudice di Pace di Napoli
24 giugno 1999.

26
2. Eseguito il trasferimento di proprietà, l’alienante informa contestualmente l’impresa di assicurazione e
l’acquirente se, insieme al veicolo, viene ceduto il contratto di assicurazione.
3. La garanzia è valida per il nuovo veicolo o natante dalla data del rilascio del nuovo certificato e, ove
occorra, del nuovo contrassegno relativo al veicolo o al natante secondo le modalità previste dal
regolamento adottato, su proposta dell’ISVAP, dal Ministro delle attività produttive”.

Le procedure di risarcimento del danno


Una delle più rilevanti novità introdotte dal legislatore del 2005 in tema di assicurazione obbligatoria per la
R.C. Auto è, indubbiamente, quella relativa alle procedure di risarcimento.
Nel codice delle assicurazioni ne sono previste due: la prima, quella diretta prevista dall’art. 149 cod. ass.;
applicabile nell’ipotesi di sinistro stradale in ci siano rimasti coinvolti solo due veicoli, entrambi identificati ed
assicurati In Italia; la seconda, quella <<ordinaria>> ex art. 148, che trova applicazione in tutti gli altri casi.
A queste due il codice delle assicurazioni ha affiancato un terzo sistema che presenta elementi sia dell’una
sia dell’altra:è l’ipotesi delineata nell’art. 141, applicabile esclusivamente ai terzi trasportati.
Esaminiamo, seppur brevemente, i tre rappresentati sistemi di indennizzo.

La procedura ex art. 148


La procedura di risarcimento di cui all’art. 148 del Codice rappresenta, secondo la lettera della norma, il
percorso tradizionalmente standard e cioè a dire, quello indirizzato nei confronti dell’ “ente assicuratore del
danneggiante secondo lo schema tipico già vigente prima dell’emanazione del nuovo codice”.
Prescrive la norma in esame che in ipotesi di sinistri con soli danni a cose, la richiesta di risarcimento,
presentata secondo le modalità indicate nell'articolo 145, deve essere corredata dalla denuncia secondo il
modulo di cui all'articolo 143 e recare l'indicazione del codice fiscale degli aventi diritto al risarcimento e del
luogo, dei giorni e delle ore in cui le cose danneggiate sono disponibili per l'ispezione diretta ad accertare
l'entità del danno.
Entro sessanta giorni dalla ricezione di tale documentazione, l'impresa di assicurazione è tenuta a formulare
al danneggiato congrua offerta per il risarcimento, ovvero a comunicare specificatamente i motivi per i quali
non ritiene di fare offerta.
Detto termine di sessanta giorni è poi ridotto a trenta quando il modulo di denuncia sia stato sottoscritto dai
conducenti coinvolti nel sinistro.
Tale obbligo in capo alle società assicurative (di proporre al danneggiato congrua offerta per il risarcimento
del danno, ovvero di comunicare i motivi per cui non si ritiene di fare offerta) sussiste anche per i sinistri che
abbiano causato lesioni personali o il decesso.
In questo caso la richiesta di risarcimento deve essere presentata dal danneggiato o dagli aventi diritto
sempre nel rispetto delle modalità innanzi viste (e quindi di quanto prescritto dagli artt. 143 e 145) ed inoltre:
a) deve contenere l'indicazione del codice fiscale degli aventi diritto al risarcimento e la descrizione delle
circostanze nelle quali si è verificato il sinistro;
b) deve essere accompagnata, ai fini dell'accertamento e della valutazione del danno da parte dell'impresa,
dai dati relativi all'età, all'attività del danneggiato, al suo reddito, all'entità delle lesioni subite, da
attestazione medica comprovante l'avvenuta guarigione con o senza postumi permanenti, nonché dalla
dichiarazione attestante che lo stesso danneggiato non ha diritto ad alcuna prestazione da parte di istituti
che gestiscono assicurazioni sociali obbligatorie (ai sensi dell'articolo 142, comma 2) o, in caso di
decesso, dallo stato di famiglia della vittima.
L'impresa di assicurazione è quindi tenuta a provvedere all'adempimento del predetto obbligo di
comunicazione entro novanta giorni dalla ricezione di tale documentazione
Sempre ricorrendo l’ipotesi di incidente con lesioni, il danneggiato, in pendenza dei termini per la
comunicazione delle determinazioni assunte dall’assicurazione (e cioè di procedere, o meno, ad un’offerta) e
fatto salvo il caso di dover integrare la documentazione presentata, non può rifiutare gli accertamenti
strettamente necessari alla valutazione del danno alla persona da parte dell'impresa.
Qualora ciò accada, i termini sopra indicati restano sospesi.
Dispone ancora l’art. 148 in esame che l’impresa di assicurazione ha la facoltà di richiedere ai competenti
organi di polizia le informazioni acquisite relativamente alle modalità dell'incidente, alla residenza e al
domicilio delle parti e alla targa di immatricolazione o altro analogo segno distintivo, pur restando comunque
tenuta al rispetto dei termini innanzi visti anche in caso di sinistro che abbia determinato sia danni a cose
che lesioni personali o il decesso.
Quando la richiesta inoltrata dal privato sia incompleta, allora l'impresa di assicurazione richiede al
danneggiato entro trenta giorni dalla ricezione della stessa le necessarie integrazioni. In tal caso i termini già
visti decorrono nuovamente dalla data di ricezione dei dati o dei documenti integrativi.
A questo punto il danneggiato è di fronte ad un’alternativa, accettare o meno l’offertagli pervenuta
(ovviamente quando ciò avvenga) da parte dell’assicuratore.
Se il danneggiato dichiara di accettare la somma offertagli, l'impresa provvede al pagamento entro quindici
giorni dalla ricezione della comunicazione

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Peraltro, nell’opposta ipotesi che il danneggiato comunichi di non accettare la somma offertagli l'impresa di
assicurazione sarà comunque tenuta a corrisponde, entro il medesimo termine dei quindici giorni, la somma
offerta al danneggiato che sarà imputata nella liquidazione definitiva del danno.
Potrebbe poi verificarsi una ulteriore ipotesi, ovvero che il danneggiato ometta di far pervenire qualsivoglia
risposta, positiva o negativa, all’impresa di assicurazione.
In questo caso, decorsi trenta giorni dalla comunicazione l'impresa stessa corrisponderà al danneggiato la
somma offerta con le stesse modalità, tempi ed effetti esaminati per il caso di rifiuto da parte del
danneggiato.
Infine, la norma precisa che agli effetti dell'applicazione delle disposizioni in esame, l'impresa di
assicurazione non può opporre al danneggiato l'eventuale inadempimento da parte dell'assicurato
dell'obbligo di avviso del sinistro di cui all'articolo 1913 c.c.
Quando all’esito del giudizio si pervenga a sentenza favorevole al danneggiato e la somma offerta (sia in
ipotesi di sinistri con danni alle sole cose, che in ipotesi di sinistri con danni alle cose e alle persone) sia
inferiore alla metà di quella liquidata, al netto di eventuale rivalutazione ed interessi, il giudice è tenuto a
trasmettere, contestualmente al deposito in cancelleria, copia della sentenza all'ISVAP per gli accertamenti
relativi all'osservanza delle disposizioni del Codice in tema di procedure liquidative.
Da ultimo, il comma 11 della disposizione in esame prevede che l'impresa, quando corrisponda compensi
professionali per l'eventuale assistenza prestata da professionisti, sia tenuta a richiedere la documentazione
probatoria relativa alla prestazione stessa e ad indicarne il corrispettivo separatamente rispetto alle voci di
danno nella quietanza di liquidazione. L'impresa, che abbia provveduto direttamente al pagamento dei
compensi dovuti al professionista, è tenuta a darne comunicazione al danneggiato, indicando l'importo
corrisposto.
Così brevemente riportato il dettato della norma in esame è opportuno ora procedere con un’analisi dello
stesso disposto al fine di evidenziarne gli elementi di maggiore problematicità ed anche quelli di novità
Tra gli elementi di novità vanno senz’altro annoverate le conseguenze derivanti dalla richiesta risarcitoria
incompleta. Al riguardo, si è detto che in caso di richiesta incompleta, l'impresa di assicurazione richiede al
danneggiato entro trenta giorni dalla ricezione della stessa le necessarie integrazioni (V comma art. 148 cod.
ass.), è qui da precisare che sul punto l’art. 3 della legge n. 39/1977 prescriveva che “in caso di richiesta
incompleta, l'assicuratore, ove non possa per tale incompletezza formulare congrua offerta di risarcimento,
richiede al danneggiato entro trenta giorni dalla ricezione della stessa le necessarie integrazioni”.
Il venir meno nel Codice del riferimento all’impossibilità di formulare la congrua offerta di risarcimento induce
a ritenere che la richiesta di integrazione in esame rappresenti un dovere cogente il cui adempimento non è
sottoposto ad alcuna discrezionalità da parte dell’assicuratore.
Resta a questo punto da chiarire quali siano gli effetti connessi a tale richiesta di integrazione.
In primo luogo restano sospesi i termini di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 148 relativi alla presentazione
dell’offerta deponendo in tal senso il chiaro dettato del comma V del medesimo articolo.
Resta da chiedersi, invece, se sono sospesi o meno anche i termini per proporre la domanda giudiziaria. La
risposta affermativa al quesito si potrebbe ricavare dall’ espresso rinvio che l’art. 145 cod. ass. priv.- norma
che disciplina la proponibilità dell’azione di risarcimento - opera all’art. 148.
Un’altra novità introdotta dal Codice è stata l’abrogazione dell’obbligo per il danneggiato che abbia ottenuto il
risarcimento dei danni subiti dal veicolo di trasmettere all'assicuratore la fattura, o documento fiscale
equivalente, relativa alla riparazione dei danni risarciti entro tre mesi dal risarcimento.
Si sottolinea in questa sede come tale norma oggi abrogata fosse stata introdotta dall'art. 23 della legge 23
dicembre 2002, n. 273, addirittura prevedendosi che ove il danneggiato non avesse ottemperato a tale
obbligo, l'assicuratore avesse diritto a richiedere la restituzione dell'importo liquidato a titolo di risarcimento
del danno, fatta salva la disposizione di cui all'articolo 642 c.p.
Da ultimo si rappresenta che la previsione per l’assicuratore di domandare <<ai competenti organi di polizia
le informazioni acquisite relativamente alle modalità dell'incidente, alla residenza e al domicilio delle parti e
alla targa di immatricolazione>>, ribadisce una facoltà già consentita dall’art. 11, comma 4, Codice della
strada.

La procedura ex art. 149


La norma di cui all’art. 149 prescrive che in ipotesi di sinistro tra due veicoli a motore identificati ed assicurati
per la responsabilità civile obbligatoria, dal quale siano derivati danni ai veicoli coinvolti o ai loro conducenti, i
danneggiati debbano rivolgere la propria richiesta di risarcimento all'impresa di assicurazione che ha
stipulato il contratto relativo al veicolo utilizzato.
In altre parole, il danneggiato non deve più rivolgersi al responsabile civile ed all’assicurazione di
quest’ultimo bensì alla propria società assicurativa.
L'impresa che abbia ricevuto la richiesta in esame è tenuta a darne immediata comunicazione all'assicurato
ritenuto responsabile del sinistro e all'impresa di quest’ultimo.
Quanto all’ambito oggettivo di operatività della procedura per indennizzo diretto, si deve fare riferimento al
secondo comma della norma di cui all’art. 149 del Codice a tenore del quale la procedura di risarcimento
diretto riguarda:

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- i danni al veicolo,
- i danni alle cose trasportate di proprietà dell'assicurato o del conducente,
- i danni alla persona subiti dal conducente non responsabile (se risulta contenuto nel limite previsto
dall'articolo 139).
A ciò aggiungasi che detta procedura non si applica ai sinistri che coinvolgono veicoli immatricolati all'estero
ed al risarcimento del danno subito dal terzo trasportato per il quale si applica la norma di cui all’articolo 141.
L'impresa, a seguito della presentazione della richiesta di risarcimento diretto, è obbligata a provvedere alla
liquidazione dei danni per conto dell'impresa di assicurazione del veicolo responsabile, ferma la successiva
regolazione dei rapporti fra le imprese medesime.
Se il danneggiato dichiara di accettare la somma offerta, l'impresa di assicurazione provvede al pagamento
entro quindici giorni dalla ricezione della comunicazione ed il danneggiato, da parte sua, è tenuto a rilasciare
quietanza liberatoria valida anche nei confronti del responsabile del sinistro e della sua impresa di
assicurazione.
Quando invece il danneggiato non intenda accettare, ed in effetti non accetti, la somma offertagli l’impresa di
assicurazione è tenuta comunque a corrispondergli, entro quindici giorni, la medesima somma che va ad
essere imputata all'eventuale liquidazione definitiva del danno.
Infine, in caso di comunicazione dei motivi che impediscono il risarcimento diretto, ovvero nel caso di
mancata comunicazione di offerta, o di diniego di offerta entro i termini previsti dall'articolo 148 o ancora di
mancato accordo, il danneggiato può proporre l'azione diretta di cui all'articolo 145, comma 2, nei soli
confronti della propria impresa di assicurazione.
L'impresa di assicurazione del veicolo del responsabile può chiedere di intervenire nel giudizio e può
estromettere l'altra impresa, riconoscendo la responsabilità del proprio assicurato ferma restando, in ogni
caso, la successiva regolazione dei rapporti tra le imprese medesime regolata secondo quanto previsto
nell'ambito del sistema di risarcimento diretto.
L’art. 150 cod. ass ha poi previsto l’emanazione di un decreto del presidente della Repubblica per la
disciplina di attuazione del risarcimento diretto.
Sulla scorta del dettato di cui all’art. 150 è stato così emanato il DPR 18 luglio 2006, n. 254, Regolamento
attuativo della disciplina del risarcimento dei danni derivanti dalla circolazione stradale.
Tra le disposizioni di maggior interesse del citato provvedimento rientrano l’art. 1, nella parte in cui definisce
il “sinistro”, gli artt. 5 e 6, che disciplinano modalità della richiesta di risarcimento e il contenuto della stessa,
nonché l’allegato A recante i criteri di determinazione del grado di responsabilità.
In particolare, l’art. 1, al 1° comma lettera d) chiarisce che per <<sinistro>> si intende la collisione avvenuta
nel territorio della Repubblica tra due veicoli a motore identificati e assicurati per la responsabilità civile
obbligatoria dalla quale siano derivati danni al veicoli o lesioni di lieve entità ai loro conducenti, senza
coinvolgimento di altri veicoli responsabili. Ne consegue l’impossibilità di applicare la procedura de qua ad
ipotesi di sinistri che vedano coinvolti un numero di veicoli, identificati ed assicurati, superiore a due o
comunque veicoli non a motore (si deve ritenere, quindi, che l’indennizzo diretto non riguardi l’ipotesi di
investimento di pedoni o lo scontro tra un’automobile e una bicicletta o un veicolo diverso da quello entrato
in collisione).
Vanno poi riesaminate le modalità ed il contenuto della richiesta risarcitoria.
Al riguardo è previsto che Il danneggiato che si ritiene non responsabile, in tutto o in parte, del sinistro
rivolge la richiesta di risarcimento all'impresa che ha stipulato il contratto relativo al veicolo utilizzato.
La richiesta è presentata mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento o con consegna a mano
o a mezzo telegramma o telefax o in via telematica, salvo che nel contratto sia esplicitamente esclusa tale
ultima forma di presentazione della richiesta di risarcimento.
L'impresa che ha ricevuto la richiesta ne dà immediata comunicazione all'impresa dell'assicurato ritenuto in
tutto o in parte responsabile del sinistro, fornendo le sole informazioni necessarie per la verifica della
copertura assicurativa e per l'accertamento delle modalità di accadimento del sinistro.
Nell’ipotesi di danni al veicolo e alle cose, la richiesta di risarcimento contiene i seguenti elementi:
a) i nomi degli assicurati;
b) le targhe dei due veicoli coinvolti;
c) la denominazione delle rispettive imprese;
d) la descrizione delle circostanze e delle modalità del sinistro;
e) le generalità di eventuali testimoni;
f) l’indicazione dell’eventuale intervento degli Organi di polizia;
g) il luogo, i giorni e le ore in cui le cose danneggiate sono disponibili per la perizia diretta ad accertare
l’entità del danno.
Nell’ipotesi di lesioni subite dai conducenti, la richiesta indica, inoltre:
a) l’età, l’attività e il reddito del danneggiato;
b) l’entità delle lesioni subite;
c) la dichiarazione di cui all’articolo 142 del codice circa la spettanza o meno di prestazioni da parte di istituti
che gestiscono assicurazioni sociali obbligatorie;
d) l’attestazione medica comprovante l’avvenuta guarigione, con o senza postumi permanenti;

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e) l’eventuale consulenza medico legale di parte, corredata dall’indicazione del compenso spettante al
professionista.
Delineato il quadro normativo di riferimento, si può affermare che la procedura di risarcimento diretto
costituisce un vero e proprio “micro-sistema”, con regole del tutto autonome a quelle previste per la
procedura ordinaria ex art. 148 e nell’ambito del quale si assiste ad una sorta di riduzione dei doveri dei
responsabili dei sinistri: questi ultimi non devono più essere chiamati in giudizio e non sono tenuti a
rispondere, neppure, in solido, con la propria impresa di assicurazione, del danno cagionato.

La procedura ex art. 141


L’art. 141 delinea il sistema di indennizzo previsto per il terzo trasportato, stabilendo che, salva l’ipotesi di
sinistro cagionato da caso fortuito, il danno subito dal terzo trasportato è risarcito dall’impresa di
assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro entro il massimale minimo di legge, a
prescindere dall’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro,fermo il
diritto al risarcimento dell’eventuale maggior danno nei confronti dell’impresa di assicurazione del
responsabile civile, se il veicolo di quest’ultimo è coperto per un massimale superiore a quello minimo.
Per ottenere il risarcimento il terzo trasportato promuove nei confronti dell’impresa di assicurazione del
veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro la procedura di risarcimento c.d. ordinaria prevista
dall’articolo 148.
Delineato il dettato normativo, non può ora sottacersi che la norma è stata oggetto di un’eccezione di
incostituzionalità, che ha trovato accoglimento nell’ordinanza emessa dal Giudice di Pace di Montepulciano
in data 19.12.2006. In sostanza il Giudice di Pace, aderendo all’indirizzo dottrinale che ravvisa nelle norme
del Codice delle Assicurazioni relative a tutti i tipi di risarcimento diretto (quindi, art. 141 per i trasportati, ed
art. 149 per gli altri casi) molteplici profili d’incostituzionalità (si va dall’eccesso di delega, alla violazione della
diritto d’uguaglianza avanti alla legge, al diritto di difesa) ha sottoposto al vaglio della Consulta l’art. 141 cod.
ass. priv., che ad oggi non si è ancora pronunciata.

L’ASSICURAZIONE PRIVATA CONTRO GLI INFORTUNI E LE MALATTIE

L’ASSICURAZIONE PRIVATA CONTRO GLI INFORTUNI

Caratteri generali
Una definizione dell’assicurazione privata contro gli infortuni non è fornita dal vigente codice civile che si
limita a fare un semplice riferimento alle disgrazie accidentali nell’ultimo comma dell’art. 1916 c.c.
Del pari il nuovo codice delle assicurazioni private non fornisce alcuna nozione di infortunio, limitandosi ad
elencare tale ramo al n. 1 del 3° comma dell’art. 2.
Nel DPR 30.06.1965 n. 1124 (Testo Unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli
infortuni sul lavoro e sulle malattie professionali) si precisa all’art. 2 che “l’assicurazione comprende tutti i
casi di infortunio avvenuti per causa violenta in occasione di lavoro, da cui sia derivata la morte o un’inabilità
assoluta o parziale, ovvero un’inabilità assoluta o parziale, ovvero un’inabilità temporanea assoluta”.
Sulla falsariga di quanto previsto dall’assicurazione obbligatoria, nei contratti di assicurazione privata contro
gli infortuni è pressoché costante vedere definito l’infortunio come l’evento dovuto a causa fortuita, violenta
ed esterna, che produca lesioni fisiche obiettivamente accertabili, le quali abbiano per conseguenza la
morte, una invalidità permanente oppure una invalidità temporanea.
Dalla definizione di infortunio così adottata nelle polizze si deve dedurre, nel silenzio della legge, che il
medesimo possa sussistere a condizione che vi sia stato un evento dovuto ad una causa fortuita, violenta e
esterna.
La causa fortuita viene generalmente considerata alla stregua di un fatto accidentale, che si verifica quando,
pur sussistendo la generica possibilità del suo accadimento, intervengano circostanze estranee all’attività
dell’agente.
La causa esterna viene generalmente individuata, sul solco della giurisprudenza formatasi in materia di
infortuni sul lavoro, in un evento che, con forza concentrata e straordinaria agisca dall’interno verso l’esterno
dell’organismo dell’assicurato dando luogo ad alterazioni lesive, non necessariamente di origine traumatiche
(n tale concezione viene fatto rientrare anche lo stress emotivo dipendente da evento eccezionale - es.
infarto del miocardio istantaneo – o lo sforzo fisico che consiste in una erogazione di energia fisica
concentrata nel tempo finalizzata a vincere una resistenza o una forza contraria, alla cui azione possa
riconnettersi dal punto di vista causale una lesione).
Per quanto riguarda la causa esterna è chiaro che si intende far riferimento ad una lesione che non deve
sorgere dall’interno del corpo ma deve provenire dall’esterno dello stesso da altra persona, o animale, o
cosa o fenomeno.
Pertanto chi invoca il contratto di assicurazioni infortuni ha l’onere di provare l’esistenza dell’infortunio e
quindi non solo la lesione o la morte ma anche la causa delle medesime che presenti le tre caratteristiche
(fortuita, violenta ed esterna) sopra rappresentate.

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Nell’ambito dell’infortunio così inteso non può quindi rientravi il suicidio che è caratterizzato dalla coscienza e
volontà dell’agente di produrre l’evento morte, a nulla rilevando gli stati emotivi del suicida ancorché
l’assicurato sia stato indotto al suicidio da una grave perturbazione psichica.
È chiaro peraltro che si avrà infortunio in tutti i casi in cui l’assicurato si uccida per errore, imprudenza ed
imperizia, come ad esempio a seguito di un malaccorto utilizzo di un’arma da fuoco.

Classificazioni
Nella prassi sono numerose le forme, le sottospecie e le combinazioni di assicurazioni infortuni.
Se si prende in considerazione il modo di contrarre con riferimento al numero degli assicurati si possono
avere polizze individuali, con le quali viene assicurato un solo soggetto nominativamente indicato in polizza
e collettive (dette anche cumulative infortuni) nelle quali il contraente stipula il contatto per un certo numero
di altre persone che possono essere espressamente indicate alla stipula del contratto medesimo, oppure
possono venire sostituite o subentrare successivamente (in quest’ultima forma rientrano i contratti stipulati
dai datori di lavoro per conto dei propri dipendenti; quelli stipulati dalle banche per gli infortuni dei propri
clienti o quelli stipati da un istituto scolastico per gli infortuni che possono colpire i propri allievi, ecc.).
Un’ulteriore sottospecie di assicurazione infortuni si può individuare con riferimento all’estensione del rischio
rispetto alle cause dell’infortunio.
Sotto questo aspetto si possono distinguere le assicurazioni infortuni generali o complete, con le quali viene
coperta ogni specie di infortunio e le assicurazioni infortuni speciali che prendono in considerazione solo
l’infortunio che si vernichi in occasione di una determinata attività.
In quest’ultima sottospecie rientrano le assicurazioni infortuni subiti nello svolgimento delle attività
professionali principali e secondarie dichiarate in polizza o quelle degli infortuni subiti nello svolgimento di
ogni altra attività svolta senza carattere di professionalità, oppure che prendono in considerazione gli
infortuni verificatisi in occasione dell’utilizzo di determinati mezzi di trasporto o di determinante attività, come
l’attività sportiva ecc.
La garanzia infortuni può essere concordata in forma autonoma ed anche quale garanzia accessoria o
complementare di altre garanzie ed il contratto può prevedere garanzie sia per il caso morte, sia per
l’invalidità permanente, sia per l’invalidità temporanea, come può prevedere abbinamenti con garanzie per le
spese di cura, per interventi chirurgici o per una diaria in caso di ricovero.
Sono poi frequenti quei contratti che prevedono una pluralità di rischi, magari corrispondenti a rami diversi,
come si può vedere in certe polizze come l’assicurazione famiglia che può comprendere oltre alla garanzia
infortuni anche quella contro il furto, l’incendio, la responsabilità civile e le spese mediche.

Natura giuridica dell’assicurazioni infortuni


In assenza di una organica disciplina normativa sorge, per gli aspetti del rapporto contrattuale non
regolamentati dalle singole convenzioni, l’esigenza di stabilirne il regime giuridico al fine di individuare la
normativa applicabile.
Si è venuto così formando un contrasto tra l’orientamento giurisprudenziale che propende per l’assimilazione
del tipo di assicurazione in esame all’assicurazione sulla vita e quello che tende, invece, ad inquadrarlo
nell’ambito dell’assicurazione danni.
Senza entrare nel merito della prospettata diatriba, sotto il profilo sistematico si può osservare che il nuovo
codice delle assicurazioni comprende il ramo infortuni tra le assicurazione danni, con la precisazione che le
assicurazioni dei danni alla persona praticate in via complementare a quelle sulla durata della vita umana (le
cosiddette complementari infortuni vendute in abbinamento ad un’assicurazione vita) vengono
regolamentate dal 2° comma dell’art. 2 del nuovo cod. ass. priv. che riguarda appunto le assicurazioni
complementari all’assicurazione vita.
Parrebbe quindi che nell’ambito delle garanzie infortuni solo quelle previste come complementari ad
assicurazione vita debbono venir considerate come rientranti nell’ambito di tale tipo di assicurazione,
restando quindi soggette alla relativa regolamentazione, quanto meno sotto il profilo pubblicistico.

La delimitazione del rischio assicurato


Nei contratti di assicurazione privata infortuni, oltre a definire l’infortunio nel senso già delineato, si provvede
ad indicare una serie di eventi compresi in garanzia, come gli avvelenamenti acuti da assorbimento o
ingestione di sostanze, l’annegamento, le lesioni determinate da sforzo, ecc, così evitando le questioni che
possono sorgere nel decidere se i medesimi abbiano o meno le connotazioni tipiche dell’infortunio e si
elencano anche infortuni riconducibili a determinate situazioni che restano invece esclusi, come quelli
occorsi in conseguenza della pratica di determinate attività sportive, di ubriachezza o uso di sostanze
stupefacenti, di delitti dolosi , ecc.
Con riferimento a delle situazioni soggettive dell’assicurato si prevede l’inassicurabilità di determinate
persone, come gli alcolisti, i tossicodipendenti o quelli affetti da determinate malattie mentali e si prevede
anche che l’assicurazione valga solo per soggetti non più anziani di una determinata età.

La prestazione dell’assicuratore

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La prestazione dovuta dall’assicuratore si risolve chiaramente nel pagamento di una indennità al verificarsi di
uno degli eventi previsti dal contratto.

La prescrizione
La prescrizione dei diritti derivanti dall’assicurazione infortuni è regolamentata dall’art. 2952 c.c. ed è quindi
annuale.
Questione può sorgere sull’individuazione del momento dal quale far decorrere il termine prescrizionale nel
senso che ci si può chiedere se tale momento sia quello del verificarsi dell’infortunio o quello in cui si
evidenzino le conseguenze come l’invalidità temporanea, i postumi permanenti o la morte ad essi
riconducibile.
I Giudici della Suprema Corte di Cassazione hanno avuto modo di chiarire che nell’assicurazione infortuni il
termine prescrizionale inizia a decorrere, sia per il caso di invalidità permanente sia per quello di inabilità
temporanea, dal momento in cui si manifesta obiettivamente la situazione coperta dalla garanzia
assicurativa, prescindendo da circostanze estrinseche quali l’invio da parte dell’assicurato di certificati medici
attestanti la necessità di cure (Così Cass. 13.02.1998 n. 1563; Cass. 22.02.2002 n. 2587).

L’ASSICURAZIONE PRIVATA CONTRO LE MALATTIE

Il ramo malattia
Il ramo nel quale viene fatta rientrare l’assicurazione privata contro le malattie è previsto dall’art. 2, 3°
comma cod. ass. priv. e, quindi, collocato, per la sua regolamentazione pubblicistica, nell’ambito delle norme
dettate per le assicurazioni diverse dall’assicurazione vita.

Le prestazioni offerte con il contratto di assicurazione contro le malattie


Le garanzie offerte dagli assicuratori che potremmo definire tipiche possono essenzialmente raggrupparsi in
tre gruppi fondamentali: il rimborso per spese di ricovero, il rimborso per spese di cura e dunque al di fuori
del ricovero o anche per i giorni di convalescenza successivi al medesimo (detta diaria).
La causa del ricovero e delle cure o dei giorni di invalidità per i quali viene chiesto il pagamento della diaria
può essere una malattia od un infortunio, con la precisazione che l’evento infortunio, a differenza della
specifica assicurazione di cui si è detto sopra, non rileva in sé e per sé, ma solo in quanto dia luogo a
ricovero o a intervento chirurgico, di cui si assicura il rimborso delle spese.
A seconda di quanto pattuito tali prestazioni fondamentali possono poi prevedere delimitazioni od estensioni
particolari che influiranno ovviamente anche sul premio, come il rimborso delle spese sostenute per il vitto
ed il pernottamento di un accompagnatore dell’assicurato durante il ricovero, o, in caso di decesso
dell’assicurato all’estero per malattia od infortunio.
Il modo attraverso il quale l’assicuratore esegue le prestazioni cui si impegna contrattualmente è in genere
rappresentato da un rimborso diretto delle spese affrontate dall’assicurato; attualmente, però, si è
manifestata la tendenza ad offrire servizi medici tramite cliniche od istituti con i quali sia stata stipulata
apposita convenzione nel qual caso può dirsi che la prestazione dell’assicuratore da semplice pagamento di
somme diventa prestazione di servizi.
Per il rimborso delle spese possono essere previste delle franchigie o può prevedersi che il pagamento
venga effettuato in sostituzione o ad integrazione del servizio sanitario nazionale.
La delimitazione del rischio assicurato viene operata, oltre che con la descrizione del tipo di spesa provocata
da malattia od infortunio, anche con l’indicazione delle situazioni che comportano esclusione dal rischio e,
dal momento che si rimborsano pure le spese provocate da infortuni, vengono anche richiamate le esclusioni
normalmente previste per la relativa garanzia.
Per le spese di cura derivanti da malattia si prevede, invece l’esclusione del rimborso di quelle che
conseguono a determinate malattie come quelli mentali, nonché delle spese per cure od interventi diretti
all’eliminazione o correzione di un difetto fisico preesistente alla stipula della polizza, o, delle spese per
trattamenti di carattere estetico.

Classificazioni
Nella prassi sono numerose le forme e le sottospecie di assicurazioni malattie.
Si possono così distinguere le seguenti tipologie:
l’assicurazione per invalidità permanente da malattia: copre la perdita o diminuzione definitiva e irrimediabile
della capacità lavorativa derivante da invalidità permanente, conseguente a sua volta a malattia
“manifestatasi” successivamente alla data di effetto del contratto ed entro la data di scadenza dello stesso.
Viene corrisposta una somma di cui è fissato in polizza l’ammontare massimo (capitale assicurato) e il cui
importo, in caso di sinistro, viene concretamente determinato dall’applicazione di una percentuale sul
capitale assicurato (percentuale di indennizzo).Quanto al momento della determinazione del grado di
invalidità, presupposto per la liquidazione dell’indennizzo, esso dovrebbe avvenire a fine malattia, intesa
come stabilizzazione dei postumi. In genere viene previsto un termine minimo prima del quale non è

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possibile detta stabilizzazione (es. sei mesi dalla denuncia) ed un termine massimo (es. 18 mesi dalla
denuncia) entro il quale deve essere comunque effettuato l’accertamento. In altri casi è previsto un termine
unico (es. 12 mesi).
L’assicurazione di indennità giornaliera per ricovero in casa di cura: prevede la corresponsione all’assicurato
di un importo predeterminato per ogni giorno di ricovero in istituto di cura reso necessario da malattia o
infortunio. L’indennità è indipendente dalle spese effettivamente sostenute dall’assicurato e mira ad integrare
il mancato reddito derivante dall’impossibilità di svolgere la propria attività.
L’assicurazione Long Term Care: copre le spese derivanti dall’impossibilità di svolgere autonomamente le
funzioni della vita quotidiana, non necessariamente per malattia o infortunio ma anche per senescenza e
conseguente menomazione dell’autosufficienza.
L’assicurazione contro le malattie gravi copre le necessità derivanti dal verificarsi di una delle gravi malattie
previste in polizza (es. infarto, cancro, cecità, ictus, insufficienza renale) attraverso il pagamento di un
capitale prefissato. La garanzia è spesso fornita in abbinamento ad assicurazioni sulla vita che prevedano
una copertura in caso di morte.
Una forma particolare di assicurazione malattia è quelle denominata assicurazione malattia a lungo termine
non rescindibile, collocata nel ramo IV al 1° comma dell’art. 2 cod. ass. priv. (che denota l’intenzione del
legislatore di sottoporla, per le sue particolari caratteristiche, alle garanzie ed ai controlli previsti per le
assicurazioni sulla vita).
Si tratta di una forma assicurativa che prevede la corresponsione di una rendita (di rata prestabilita nel
contratto) per i periodi in cui, a causa di infortunio o malattia, l’assicurato è totalmente incapace di svolgere
attività di lavoro e quindi non in grado di percepire reddito da lavoro. Assicurabili, pertanto, sono
esclusivamente i soggetti percettori di un reddito.
Il contratto,non rescindibile, ha durata pluriennale a premio annuo costante, durata che, proprio in
considerazione delle caratteristiche del contratto medesimo, non supera l’età del pensionamento; è poi
anche prevista la sospensione del pagamento dei premi nei periodi in cui viene corrisposta la rendita.
Le prestazioni offerte con tale forma di assicurazione consistono principalmente in una diaria, magari
variabile in relazione al grado di autonomia dell’assicurato.

La prescrizione
La prescrizione dei diritti derivanti dall’assicurazione malattie è regolamentata dall’art. 2952 c.c. ed è quindi
annuale.
Per quanto riguarda l’inizio della decorrenza del termine prescrizionale, è bene precisare che nella garanzia
per invalidità permanente, detto termine coincide con il momento in cui può dirsi prodotta l’invalidità
conseguente la malattia (solo in questo momento nasce il diritto all’indennizzo, e quindi anche la possibilità
di prescriversi). Nella garanzia per il rimborso spese mediche, il termine coincide con il momento in cui si è
ricorsi alle prestazioni sanitarie (per ricovero dovuto a malattia o infortunio ovvero per intervento chirurgico,
dei quali si garantisce il rimborso delle spese) e non nel momento in cui si è verificato l’evento attinente la
salute (ne consegue che ove una sola malattia abbia causato più ricoveri e quindi più esborsi, vi saranno
tanti “sinistri” quanti sono i ricoveri).

Le dichiarazioni pre-contrattuali e l’assicurazione malattia


Il contenzioso giudiziario formatasi con riferimento a tale tipologia assicurativa attesta come buona parte
delle vertenze giudiziarie siano conseguenti alla presenza di dichiarazioni inesatte o reticenti rilasciate
dall’assicurato al momento della stipula del contratto e che in forza dei disposti di cui agli artt. 1892, 1893 e
1894 c.c. possono comportare la perdita totale o parziale del diritto all’indennizzo.
Sinteticamente si rileva che spetta all’assicuratore, per esimersi dal pagamento totale o parziale
dell’indennità o per ottenere l’annullamento del contratto o per recedere dal medesimo, dimostrare che
l’assicurato ha reso dichiarazioni inesatte o reticenti con dolo o con colpa e che se fosse stato a conoscenza
della reale situazione non avrebbe stipulato il contratto o l’avrebbe stipulato a condizioni diverse o con altro
premio. L’assicurato, invece, se intende contestare le eccezioni sollevate dall’assicuratore dovrà dimostrare
di avere tenuto in sede pre-contrattuale un comportamento diligente o che le circostanze invocate
dall’assicuratore erano ad esso note all’assicuratore al momento di stipula del contratto.
Per entrambe le ipotesi gli elementi di prova che possono rivestire importanza sono, da un lato, le cartelle
cliniche e la documentazione sanitaria richiesta in visione dall’assicuratore al momento del sinistro e
dall’altro, i moduli o questionari predisposti dall’assicuratore e sottoscritti dall’assicurato alla conclusione del
contratto. La stessa predisposizione di un questionario da parte dell’assicuratore testimonia, in ogni caso, la
sua intenzione di assegnare particolare importanza a determinati requisiti, richiamando l’attenzione del
contraente a fornire risposte complete e veritiere sui quesiti posti.

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L’ASSICURAZIONE SULLA VITA

L’assicurazione sulla vita è il contratto con il quale l’assicuratore, in corrispettivo di un premio unico o
periodico, si obbliga a pagare un determinato capitale o a corrispondere una determinata rendita al
verificarsi di un evento attinente alla vita umana (morte, o sopravvivenza ad una certa età) (art. 1882 c.c.).
Le assicurazioni sulla vita sono definite dall’art. 1 del c.d. Codice delle assicurazioni, come le assicurazioni e
le operazioni indicate all'articolo 2, comma 1.
A sua volta, l’art. 2 suddivide le tipologie del contratto di assicurazione sulla vita in rami e segnatamente:
- assicurazioni sulla durata della vita umana (ramo I);
- assicurazioni di nuzialità e di natalità(ramo II);
- assicurazioni, di cui ai rami I e II, le cui prestazioni principali sono direttamente collegate al valore di quote
di organismi di investimento collettivo del risparmio o di fondi interni ovvero a indici o ad altri valori di
riferimento(ramo III);
- assicurazione malattia e assicurazione contro il rischio di non autosufficienza che siano garantite mediante
contratti di lunga durata, non rescindibili, per il rischio di invalidità grave dovuta a malattia o a infortunio o a
longevità (ramo IV);
- operazioni di capitalizzazione(ramo V);
- operazioni di gestione di fondi collettivi costituiti per l'erogazione di prestazioni in caso di morte, in caso di
vita o in caso di cessazione o riduzione dell'attività lavorativa (ramo VI).

I SOGGETTI DEL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE SULLA VITA

I soggetti che si distinguono nel contratto di assicurazione sulla vita sono il contraente, l’assicurato ed il
beneficiario.
Il contraente è colui che stipula il contratto di assicurazione e ne gestisce tutti gli adempimenti
amministrativi; è tenuto a pagare i premi e ha la facoltà di esercitare tutti i diritti propri del contratto. Per
esempio può esercitare il diritto di riscatto, modificare il beneficiario e chiedere prestiti sulla polizza.
L’assicurato è la persona fisica sulla cui vita è stipulato il contratto. Se è diverso dal contraente, l’assicurato
deve firmare per accettazione il contratto qualora si tratti di garanzia per il caso di morte.
Il beneficiario è la persona designata dal contraente a ricevere le somme assicurate. La designazione del
beneficiario può essere effettuata nel contratto o con successiva dichiarazione scritta all’impresa di
assicurazione o per testamento.
Le figure di contraente, assicurato e beneficiario possono coincidere.

LE TIPOLOGIE DI CONTRATTI DI ASSICURAZIONE SULLA VITA


LA SUDDIVISIONE IN RAMI

LE ASSICURAZIONI SULLA DURATA DELLA VITA UMANA


(RAMO I)

Rientrano nell’ambito delle assicurazioni sulla durata della vita umana le seguenti tipologie di contratti.
1) le assicurazioni per il caso di morte: dove è la morte dell’assicurato a determinare la prestazione
dell’assicuratore. In tal caso si suole dire che il debito dell’assicuratore sorge al momento del decesso
dell’assicurato.
Diverse sono le tipologie di assicurazione per il caso di morte conosciute dalla prassi.
1.1 Assicurazioni caso morte a vita intera. Trattasi di contratti che assicurano un capitale a
vita intera. In tal caso è previsto l’obbligo dell’assicuratore di pagare una somma in caso di
morte dell’assicurato in qualsiasi momento essa si verifichi, dietro il corrispettivo del pagamento
di un premio annuo per tutta la durata della vita o temporaneo, vale a dire per un numero
definito di anni.
1.2 Assicurazioni temporanee per il caso di morte. Sono contratti nei quali l’obbligo
dell’assicuratore di garantire un capitale al beneficiario sussiste solo se la morte
dell’assicuratore si verifica entro una certa data che costituisce il termine del periodo di durata
del contratto. Sono le cosiddette assicurazioni “a tempo determinato” o “temporanee” nelle
quali la durata del contratto può essere determinata anche con riferimento ad un evento
chiaramente individuato (ad esempio un viaggio aereo) ed è quindi subordinato al verificarsi
dell’evento dedotto in contratto, vale a dire il rischio morte, entro il termine contrattualmente
prestabilito. Tale formula è spesso utilizzata anche per garantire il credito contro l’eventualità
che una prematura morte del debitore impedisca il pagamento del debito.
1.3 Assicurazioni c.d. di sopravvivenza. Con le assicurazioni di c.d. sopravvivenza
l’assicuratore si obbliga al pagamento della somma convenuta (o della rendita stabilita) solo nel

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caso di sopravvivenza di una persona ad un’altra. Ovviamente si tratta di un’assicurazione che
può essere stipulata solo a tempo determinato e può essere a capitale o rendita differita o a
rendita immediata. Nel primo caso (capitale o rendita differita), oggetto della prestazione
dell’assicuratore è il pagamento di una somma di denaro (il capitale) o di una rendita periodica,
erogabile per tutta la vita dell’assicurato oppure per un periodo prefissato. Nel secondo caso
(rendita immediata), a fronte del pagamento di un premio anticipato, l’assicuratore corrisponde
immediatamente una rendita;
1.4 Assicurazione a termine fisso. Trattasi di contratti nei quali la prestazione dell’impresa di
assicurazione è dovuta, sempre ed in ogni caso, sia o no in vita l’assicurato, in un giorno
determinato, ma se l’assicurato decede prima di detto termine, fermo restando l’obbligo di
pagamento dell’assicuratore alla data pattuita, viene meno dal momento del decesso l’obbligo
del pagamento del premio. In tal caso, pertanto, all’evento della durata della vita umana non è
collegata la prestazione dell’assicuratore come avviene normalmente (perché la prestazione
dell’assicuratore è comunque sempre dovuta), ma la controprestazione del contraente (il
pagamento del premio). In tali contratto si caratterizza per l’aleatorietà la prestazione del
contraente, anziché, come normalmente accada, quella dell’assicuratore.
Le assicurazioni contrattistinte dai n. 1.1 a 1.4 si caratterizzano con riferimento alla durata del
contratto.
1.5 Assicurazione “su più teste”. Si tratta di un’ ulteriore tipologia di assicurazione per il caso
morte legata, non all’elemento temporale, ma ai soggetti sui quali in vario modo incide il
contratto.
È il contratto di assicurazione sulla vita di due persone le quali sono assicurate solo
alternativamente e in un caso di verificazione dell’evento morte la somma pattuita viene
corrisposta a quello dei due soggetti assicurati che sopravvive all’altro (es due coniugi).
1.6 Prestiti vitalizi. Sono contratti attraverso i quali l’assicuratore anticipa una somma che
viene rimborsata sotto forma di premi annuali che cessano con la morte dell’assicurato.
Nelle assicurazioni per il caso di morte l’evento dalla cui verificazione discende l’obbligo dell’assicuratore è
costituito dalla morte dell’assicurato.
Nelle polizze stipulate con la formula “a vita intera”, l’assicuratore, essendo tenuto ad effettuare il pagamento
in qualsiasi momento si verifichi la morte dell’assicurato, assume su di sé il rischio di un evento che si
definisce certus an incertus quando, restando, pertanto, incerto solo il momento in cui l’assicuratore dovrà
effettuare la prestazione cui si è obbligato.
Nelle assicurazioni temporanee, permane, invece, l’incertezza circa il verificarsi dell’evento in rischio nel
periodo di efficacia contrattuale dell’assicurazione, con la conseguenza che l’assicuratore potrebbe anche
non risultare tenuto ad alcuna prestazione.
Usualmente le clausole contrattuali relative alle assicurazioni per il caso morte si limitano a considerare
puramente e semplicemente l’evento morte, senza cioè attribuire rilevanza alla causa dell’evento medesimo
(fermo restando che le polizze possono, comunque, contemplare ipotesi di esclusione della garanzia
derivanti ad esempio dal dolo del contraente o del beneficiario; ad esempio il suicidio del contraente, ovvero
l’omicidio dell’assicurato da parte del beneficiario). Ne deriva che la morte dell’assicurato può essere
ugualmente conseguenza di malattia come di infortunio.

2) le assicurazioni per il caso di vita o sopravvivenza: vale a dire di sopravvivenza dell’assicurato oltre il
termine contrattuale: dove l’assicuratore dovrà pagare il capitale o la rendita se ed in quanto, nel giorno
stabilito, l’assicurato sarà ancora in vita.
In tale forma di assicurazione il rischio assicurato è la sopravvivenza dell’assicurato alla data prevista nella
polizza.
La finalità principalmente perseguita dal contraente è quella del risparmio, con conseguente maggior
importanza dell’elemento finanziario rispetto a quello demografico.
Infatti, mentre nelle assicurazioni sulla vita per il caso morte l’esigenza che induce il contraente alla
stipulazione del contratto è essenzialmente quella di consentire la predisposizione di una somma che attenui
la situazione di disagio in cui potrebbe venirsi a trovare il beneficiario in conseguenza della morte
dell’assicurato (con conseguente maggiore importanza dell’elemento demografico); nelle assicurazioni per il
caso vita l’esigenza preminente di chi si assicura è, invece, quella di predisporre un capitale o una rendita
per un certo momento.
Nelle assicurazioni per il caso di sopravvivenza si possono distinguere due modelli contrattuali differenziati in
base alla natura della prestazione dell’assicuratore:
- contratti di assicurazione di capitale differito (o di rendita differita), laddove la prestazione dell’assicuratore
(capitale o rendita) è subordinata alla sopravvivenza dell’assicurato alla data prevista nel contratto,
tecnicamente denominata “termine di differimento”, mentre i premi vengono pagati sino alla morte
dell’assicurato. In taluni caso, può, altresì, essere pattuita per il caso della premorienza, la restituzione, in
tutto o in parte, dei premi pagati.

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- contratti di rendita immediata, laddove, a seguito del pagamento di una premio unico da parte
dell’assicurato, l’assicuratore si obbliga a pagare una rendita che può essere temporanea o vitalizia,
corrisposta immediatamente, vale a dire fin dalla conclusione del contratto.

3) le assicurazioni miste, dette anche vita-morte: dove l’assicuratore si obbliga ad eseguire la sua
prestazione alla data prestabilita, se l’assicurato sarà ancora in vita, od alla sua morte, se questa interverrà
prima.
Sono le assicurazioni maggiormente stipulate in quanto sono in grado di coniugare le esigenze di previdenza
legate all’evento morte e tipiche delle assicurazioni per il caso di morte, con quelle “finanziarie” presenti nei
contratti per il caso di sopravvivenza.
Le assicurazioni miste contemplano l’obbligo dell’assicuratore di effettuare la sua prestazione (il pagamento
di un capitale o di una rendita) se l’assicurato è in vita alla scadenza del termine di differimento (ossia alla
data predeterminata in contratto), o, in caso di premorienza dell’assicurato al pagamento di un capitale che
può essere pari alla somma pattuita alla scadenza del contratto (come avviene nelle polizze miste ordinarie),
ovvero alla diversa somma prefissata (come avviene nelle polizze miste combinate).
Le assicurazioni c.d. ordinarie sono quelle nelle quali l’impresa assume l’obbligo di pagare la somma pattuita
a scadenza, se l’assicurato è in vita ovvero in casi di sua premorienza.
Le assicurazioni c.d. combinate, sono quelle nelle quali l’assicuratore si obbliga a pagare, nel caso di
premorienza, una somma, pure predeterminata, ma differente da quella che costituisce oggetto delle
prestazione contemplata per l’ipotesi di scadenza del contratto.
In tali tipologie contrattuale, la prestazione del contraente cessa con la morte dell’assicurato.
Secondo un primo orientamento, le assicurazioni miste configurerebbero un contratto misto di assicurazione
per il caso di morte (visto l’obbligo dell’assicuratore di effettuare la prestazione alla morte dell’assicurato, se
questa avviene prima della scadenza del termine stabilito) e di capitalizzazione (stante l’obbligo
dell’assicuratore di corrispondere la somma stessa ad una data prestabilita, qualora l’assicurato sia ancora
in vita)2.
Per altri, invece, si tratterebbe di un contratto unico, con la copertura contemporanea ed alternativa di due
rischi diversi ed opposti, dei quali, uno la sopravvivenza, incertus an e l’altro, la morte, incertus quando.

4) l’assicurazione sulla vita con controassicurazione: il contratto soddisfa l’esigenza di evitare che siano
integralmente vanificati gli sforzi economici del contraente volti a raggiungere, mediante la stipulazione di un
contratto di assicurazione sulla vita, un risultato previdenziale. Mediante la controassicurazione si intende
evitare che il verificarsi dell’evento della vita umana dedotto in contratto faccia venir meno ogni obbligo di
pagamento dell’assicuratore. In tali casi, infatti, la natura del rischio a cui è collegata la prestazione
dell’assicuratore, è tale da far sì che, in talune formule contrattuali, il verificarsi dell’evento dedotto in rischio,
comporti il venir meno dell’obbligo dell’assicuratore di effettuare la sua prestazione. Ciò accade, ad esempio,
nell’assicurazione per il caso morte a vita intera differita (nella quale viene garantito il pagamento di una
capitale alla morte dell’assicurato a condizione che questa si verifichi dopo una certa data), in tal caso, la
verificazione dell’evento morte del termine di differimento comporta il venir meno dell’esecuzione della
prestazione da parte dell’assicuratore, anche, eventualmente in presenza di un notevole esborso a titolo di
pagamento di premi da parte del contraente. Con la controassicurazione si intende proprio evitare siffatta
evenienza.
Il risultato della controassicurazione viene raggiunto dalla prassi contrattuale attraverso una integrazione
della garanzia assicurativa, detta, appunto, clausola di controassicurazione, con la quale in caso di decesso
durante il periodo di differimento contrattuale, i premo pagati al netto delle imposte e delle tasse vengono
restituiti agli eredi o ad eventuale diverso beneficiario indicato dall’assicurato.
Secondo le fonti ISVAP la quasi totalità delle assicurazioni3 di cui al ramo I, vale a dire assicurazioni sulla
durata della vita umana, è rappresentata da polizze rivalutabili.
Nelle polizze rivalutabili il rischio investimento è trasferito sull’assicurato solo per quanto attiene
all’incertezza sulla redditività della gestione separata, rischio che, però, non intacca il capitale garantito in
polizza, con la conseguenza che non si è presenta di alcuno scostamento significativo della tradizionale
assicurazione sulla vita.
Il meccanismo funzionale dei contratti di cui al ramo I, incluso quello delle polizze rivalutabili, è quindi tale da
confermarne la chiara finalità previdenziale nel senso di risparmio finalizzato alla previdenza4.
2
In tal senso anche Cass. S.U. 10 aprile 2002, n. 5119, RCP, 2002, 677). Con la conseguente diversificazione della
disciplina del contratto che deve ritenersi soggetto: “ ad una disciplina di tipo misto: da ricavare prevalentemente dalla
disciplina dettata per l’assicurazione contro i danni, nel caso in cui il particolare aspetto del rapporto del quale deve
essere individuata la disciplina si ricolleghi alla deduzione di un infortunio che avvia determinato inabilità o invalidità,
ovvero prevalentemente dalla disciplina dettata per l’assicurazione sulla vita, nel caso in cui venga in considerazione un
infortunio mortale”.
3
L’87,4% del portafoglio assicurativo al 31 dicembre 2000.
4
Ed è proprio la finalità previdenziale a connotare, secondo la giurisprudenza (Cass. 26 giugno 2000, n. 8676m Ass.
200, 5799, il contratto di assicurazione.

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Per le polizze di cui al ramo I la disciplina applicabile è costituita:
- dalle disposizioni del codice civile (artt. 1919-1927 c.c.);
- dalle le disposizioni del c.d. codice delle assicurazioni D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209;
- dal regolamento n. 5 ISVAP del 16 ottobre 2006

Le assicurazioni rivalutabili e le assicurazioni collegate

Le assicurazioni sulla vita sono attualmente essenzialmente riconducibili a due modelli:


- le polizze “rivalutabili” (ramo I, definite dalla Circolare ISVAP 551/D dell’1 marzo 2005, come contratti di
assicurazione sulla vita in cui le prestazioni si incrementano in base al rendimento di una gestione interna
separata);
- le polizze collegate (“linked”-ramo III) dette anche “variabili”.
In entrambe i casi la determinazione della somma assicurata è collegata ai risultati di gestione di valori
mobiliari.
Le principali differenze attengono all’oggetto e alle modalità della partecipazione dell’assicurato alla gestione
dei predetti valori mobiliari.

Polizze rivalutabili
Le assicurazioni rivalutabili prevedono una maggiorazione annuale del capitale o della rendita assicurati
attraverso il riconoscimento di una parte degli utili finanziari realizzati da specifiche gestioni speciali costituite
all’interno dell’impresa (gestioni separate) nelle cui attività vengono investiti i premi versati al netto dei costi.
Per questi prodotti possono essere pagati premi unici, ricorrenti o annui.
Nelle polizze rivalutabili si ha una gestione separata amministrata direttamente dall’impresa . Il capitale
assicurato ed i premo futuri vengono rivalutati ai anno in anno in base al rendimento della riserva
matematica costituita in gestione separata, e l’integrazione della riserva già accantonata viene effettuata con
il rendimento dei relativi investimento: in questo modo l’assicurato partecipa al reddito conseguito
dall’assicuratore con l’investimento dei premi già versati, vale a dire, appunto , con il rendimento della riserva
già accantonata.
In proposito si parla di partecipazione dell’assicurato agli utili della gestione separata della riserva e, proprio
per tale motivo, le polizze rivalutabili sono altresì definite come contratti di partecipazione agli utili, ossia
quelli che la circolare 551/D dell’1 marzo 2005 definisce come quelli caratterizzati da meccanismi di
accrescimento delle prestazione, quali ad esempio, la partecipazione al rendimento di una gestione interna
separata o agli utili di un conto di gestione.
In questa tipologia di polizze il rischio dell’investimento è a carico dell’impresa e l’assicurato ha diritto ad un
capitale minimo, eventualmente rivalutato ad un tasso garantito.
Nelle polizze rivalutabili si realizza una traslazione del rischio di investimento dall’assicuratore all’assicurato
limitato al solo rischio di rendimento della riserva, con la conseguenza che la somma assicurata potrà,
eventualmente, crescere ma mai diminuire nel corso del rapporto.
Solitamente sono le condizioni speciali di polizza a precisare che il rendimento di volta in volta raggiunti
divengono certi in quanto le maggiorazioni annuali restano definitivamente acquisite, consolidandosi anno
dopo anno.
I premi annui possono essere costanti o rivalutabili. Nel caso di premi rivalutabili il capitale o la rendita
assicurati crescono di anno in anno anche in funzione della rivalutazione del premio; nel caso di pagamento
di premi costanti il capitale o la rendita crescono soltanto in funzione dei rendimenti conseguiti dalla gestione
separata e riconosciuti al contraente in base alle condizioni contrattuali.
Le condizioni di polizza dei contratti a premi rivalutabili possono prevedere la stabilizzazione dei premi, ossia
la possibilità di mantenere il premio costante a partire dalla data di richiesta della stabilizzazione fino alla
scadenza del contratto, oppure il rifiuto o la limitazione, in un determinato anno, dell’incremento del premio.
In tali casi il capitale o la rendita assicurati terranno conto della minore crescita dei premi e pertanto si
rivaluteranno in misura inferiore.
Gli elementi che contraddistinguono un contratto rivalutabile sono:
• Il tasso tecnico, di norma indicato nella clausola di rivalutazione contenuta nelle condizioni di polizza, è il
tasso di interesse fisso riconosciuto dall’impresa in via preliminare per ottenere il capitale o la rendita
inizialmente assicurati. Questo tasso costituisce un interesse calcolato in via anticipata dall’impresa; in altri
termini è una sorta di rendimento anticipato riconosciuto al contraente al momento del pagamento del
premio.
• Il tasso d’interesse garantito rappresenta il rendimento minimo complessivamente previsto nel contratto, la
cui misura tiene già conto di quanto riconosciuto al contraente in termini di tasso tecnico. L’eccedenza
rispetto alla misura del tasso tecnico rappresenta un’ulteriore garanzia di rendimento.
Si tratta di un tasso di interesse su cui il contraente può contare indipendentemente dall’andamento della
gestione separata.

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• L’aliquota di retrocessione è la percentuale, riconosciuta al contraente, del rendimento realizzato dalla
gestione separata in cui sono investiti i premi.
Le rivalutazioni del capitale o della rendita riconosciute annualmente sono determinate sulla base della
misura annua di rivalutazione secondo le modalità previste dalle condizioni di polizza. Dalla percentuale di
rivalutazione assegnata al contratto viene detratto il tasso d’interesse garantito già riconosciuto. Di
conseguenza il capitale usufruirà di detta rivalutazione soltanto se la misura della stessa risulti superiore al
tasso d’interesse garantito.
• (ove previsto) il consolidamento delle prestazioni, in base al quale gli interessi conseguiti annualmente
dalla gestione speciale del fondo (gestione separata) e retrocessi all’assicurato, rimangono acquisiti
definitivamente dall’assicurato stesso, indipendentemente dall’andamento degli investimenti negli anni
successivi.
Il tasso di rendimento della gestione separata e l’aliquota di retrocessione devono essere resi noti
annualmente dalle imprese attraverso la pubblicazione su almeno due quotidiani a diffusione nazionale.
L’ammontare rivalutato del capitale o della rendita devono essere comunicati agli assicurati annualmente
(cfr. le circolari ISVAP n. 71 del 26 marzo 1987 e n. 551 del 1° marzo 2005).
Esempio di calcolo del capitale assicurato rivalutato dopo un anno per un prodotto a premi rivalutabili:
Capitale iniziale: 100
Tasso di rendimento della gestione separata: 5%
Aliquota di retrocessione: 80%
Tasso tecnico: 2%
Tasso di rendimento garantito: 2,5%
Misura annua di rivalutazione garantita: (0,025 - 0,02) / 1,02 = 0,0049
Misura annua di rivalutazione spettante: (0,05* 0,80 - 0,02) / 1,02 = 0,0196
Capitale rivalutato: 100* (1 + 0,0196) = 101,96.
Le polizze rivalutabili sono pacificamente assicurazioni sulla vita di ramo I, nelle quali, pur verificandosi una
parziale traslazione del rischio sull’assicurato e pur essendo caratterizzato il contratto dalla partecipazione
agli utili della gestione separata della riserva, non viene in alcun modo messa in dubbio la componente
assicurativa, la quale continua nettamente a prevalere su quella finanziaria. Ed è proprio tale circostanza
che giustifica la ricomprensione delle polizze rivalutabili all’interno del ramo I.

Diametralmente opposta è, invece, la situazione delle polizze di ramo III, le c.d. polizze collegate,
denominate appunto linked (le unit linked e le index linked), le quali sono contraddistinte da una spiccata
componente finanziaria, laddove la causa del contratto pare concentrata nell’esigenza di sfruttare il mercato
finanziario per conseguire un lucro.

Polizze collegate, le c.d. polizze linked


Nelle polizze collegate si ha la presenza di un vero e proprio fondo comune di investimento o di un
organismo di investimento collettivo in valori mobiliari, talora appartenente alla compagnia, altre volte,
invece, esterno alla compagnia. In tali contratti le prestazioni dell’assicuratore variano in funzione delle
fluttuazioni del valore delle quote o dell’indice. Ne deriva che dette polizze non consentono di consolidare, di
anno in anno, i risultati raggiunti, ma al contrario, riconoscendo all’assicurato tendenzialmente il 100% della
performance sia in valore positivo sia in valore negativo, lo espongono, almeno in linea astratta, al rischio
dell’integrale insuccesso dell’investimento, sollevando correlativamente da tale rischio l’assicuratore.
Il rischio in questione viene talvolta temprato prevedendosi particolari garanzie da parte dell’assicuratore, il
quale può assumersi la garanzia di un risultato minimo (la garanzia dell’intero capitale e, talvolta, di un
rendimento minimo).

LE ASSICURAZIONI, DI CUI AI RAMI I E II, LE CUI PRESTAZIONI PRINCIPALI SONO DIRETTAMENTE


COLLEGATE AL VALORE DI QUOTE DI ORGANISMI DI INVESTIMENTO COLLETTIVO DEL
RISPARMIO O DI FONDI INTERNI OVVERO A INDICI O AD ALTRI VALORI DI RIFERIMENTO
(RAMO III)
(Le polizze collegate - continua)

Le unit linked e le index linked


Nei contratti di assicurazione di ramo III rientrano le assicurazioni di cui ai rami I e II (ossia le tradizionali
assicurazioni sulla durata della vita umana e di nuzialità e natalità) in cui le prestazioni principali sono
direttamente collegate al valore di quote di organismi di investimento collettivo del risparmio o di fondi interni
ovvero a indici o ad altri valori di riferimento.
Si tratta di assicurazioni sulla vita nelle quali le prestazioni dell’assicuratore non sono determinate nel
quantum alla conclusione del contratto, ma dipendono da un “valore di riferimento”, suscettibile, per sua
natura, di variazioni tra il momento della stipula del contratto e quello della prestazione da parte
dell’assicuratore di pagare la somma assicurata.

38
A seconda del “valore di riferimento” al quale risulta collegata la prestazione assicurativa si distinguono:
1) le polizze c.d. unit linked, definite quali contratti di assicurazione sulla vita le cui prestazioni principali
sono direttamente collegate al valore di quote di organismi di investimento collettivo del risparmio o di
fondi interni.
Le assicurazioni unit linked sono contratti in cui l’entità del capitale assicurato dipende dall’andamento del
valore delle quote di fondi di investimento interni (appositamente costituiti dall’impresa di assicurazione) o
da fondi esterni (OICR, Organismi di investimento collettivo del risparmio) in cui vengono investiti i premi
versati, dedotti i caricamenti, il costo per la copertura caso morte, le eventuali coperture accessorie e le
commissioni di gestione.
Nelle polizze unit linked è prevista una suddivisione dei fondi interni in sei classi in funzione del rischio di
investimento (basso, medio basso, medio, medio alto, alto, molto alto).
La prestazione dell’assicuratore è agganciata al rendimento di uno o più panieri di fondi di diversa
composizione (azionaria, obbligazionaria, mista).
Di norma è consentito al contraente scegliere la tipologia del fondo di investimento al quale agganciare il
capitale, con conseguente opzione circa il grado di rischio, tenendo conto del profilo di rischio che meglio
risponde alle proprie esigenze di investimento e, successivamente, trasferire le somme accumulate da un
fondo all’altro (switch) pagando eventualmente una commissione. Anche questi prodotti possono offrire
garanzie di capitale e/o rendimento minimo.
In assenza di garanzia di capitale e/o rendimento minimo offerte dalle compagnie, bisogna prestare
attenzione ai rischi finanziari che gravano sul contratto e, quindi, sul contraente. L’assunzione di tali rischi
può comportare prestazioni inferiori ai premi versati.
2) le polizze c.d. index linked, definite quali contratti di assicurazione sulla vita le cui prestazioni principali
sono direttamente collegate a indici o ad altri valori di riferimento.
Le assicurazioni index linked sono contratti in cui l’entità del capitale assicurato dipende dall’andamento
nel tempo del valore di un indice azionario di borsa o di quelle di un paniere di indici. Pertanto il capitale
ottenibile da questo contratto è soggetto alle oscillazioni dell’indice o del titolo di riferimento che,
soprattutto nei contratti di breve durata, può risentire di cicli economici negativi.
Questi prodotti possono offrire delle garanzie (per esempio la restituzione almeno dell’importo dei premi
investiti oppure un capitale minimo a scadenza, ovvero la corresponsione di “cedole” in corso di contratto)
sia in caso di vita sia in caso di morte dell’assicurato.
A differenza delle polizze c.d. tradizionali, le assicurazioni sulla vita collegate (polizze linked) prescindono
dalla sussistenza di un rischio c.d. demografico (come avviene nelle assicurazioni caso morte a vita interna,
allorché il rischio è incerto nel quando si verificherà) presentando caratteri e funzione spiccatamente
finanziari.
L’effetto e lo scopo delle polizze linked è quello di fare transitare il rischio di investimento (vale a dire il
rischio del risultato dell’investimento, c.d. rischio di performance) effettuato dall’impresa, dall’assicuratore
all’assicurato.
Anche nelle polizze linked è normalmente presente la previsione secondo cui, in caso di morte, viene
assegnato ai beneficiari, oltre al controvalore delle quote, anche una maggiorazione percentuale che varia in
modo decrescente in funzione dell’età dell’assicurato al momento del decesso e che rappresenta,
comunque, un indice di mantenimento della funzione previdenziale tipica dell’assicurazione sulla vita.
Tuttavia, la circostanza che la percentuale in questione sia normalmente talmente esigua (basti pensare che
nei contratti di Credemvita viene contemplata la corresponsione di una somma aggiuntiva per il caso di
morte dell’assicurato che si aggira sui 500 €) rende evidente che il fine principale del contratto non era
certamente quello di ottenere un capitale in caso di morte, bensì quello di effettuare un investimento
vantaggioso.
Proprio le peculiari caratteristiche delle polizze linked e la loro connotazione spiccatamente finanziaria hanno
indotto il legislatore ad intervenire sulla disciplina normativa applicabile dapprima con la cd. Riforma del
risparmio (L. 262 del 28 dicembre 2005) e successivamente con il recente decreto di coordinamento della
disciplina sul risparmio (D. Lgs. 303 del 29 dicembre 2006).
Attualmente le polizze linked sono disciplinate, alla stessa stregua degli strumenti finanziari, dal Testo Unico
della Finanza (D. Lsg. N. 58 /1998 artt. 25 bis, art. 21 e 23) e dai relativi regolamenti attuativi emanati da
Consob.
L’autorità competente alla vigilanza sull’attività assicurativa afferente le polizze in questione è la CONSOB.

LE OPERAZIONI DI CAPITALIZZAZIONE
(ramo V)

Con il termine capitalizzazione si intende il processo economico di trasformazione dell’interesse prodotto in


capitale impiegato.
Proprio in tal senso la capitalizzazione è l’elemento caratterizzante l’omonima operazione contrattuale
prevista per il ramo V.

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Il contratto di capitalizzazione consiste nell’accordo mediante il quale un’impresa, detta capitalizzatrice, a
fronte del versamento di una somma di denaro in unica soluzione o in più rate successive da parte del
contraente (il c.d. capitalizzante), si impegna a corrispondere, alla scadenza di un termine pluriennale, un
capitale il cui ammontare rappresenterà il risultato dell’incremento operato in base al saggio di interesse
pattuito (il c.d. “tasso tecnico”).
La caratteristica peculiare delle operazioni di capitalizzazione è che, nel corso dell’esecuzione del rapporto,
non si verifica la liquidazione di interessi: l’operazione finanziaria di capitalizzazione esprimibile in termini di
produzione periodica di interessi che si accumulano e si consolidano al capitale di partenza, con la
conseguente determinazione di un nuovo capitale a sua volta produttivo di interessi.
La somma di denaro che l’impresa si impegna ad erogare a scadenza si configura, pertanto, come il
montante finanziario, al tasso di interesse concordato, del capitale complessivamente.
Oggi l’art. 179 del codice delle assicurazioni private definisce il contratto di capitalizzazione come “il
contratto mediante il quale l'impresa di assicurazione si impegna, senza convenzione relativa alla durata
della vita umana, a pagare somme determinate al decorso di un termine prestabilito in corrispettivo di premi,
unici o periodici, che sono effettuati in denaro o mediante altre attività”.
La differenza più rilevante del contratto di capitalizzazione rispetto al contratto di assicurazione sulla vita si
sostanza nella circostanza che nel contratto di capitalizzazione è necessariamente assente ogni riferimento
alla vita umana.
Il carattere delle operazioni di capitalizzazione è sempre stato spiccatamente finanziario, nel senso che il
contenuto essenziale dell’operazione di capitalizzazione è sempre stato rinvenuto nell’impegno a realizzare
l’incremento, in misura predeterminata, di un capitale conferito.
Nonostante tale carattere, che lo differenziava, in linea generale, dal contratto assicurativo, vista l’assenza di
un rischio demografico e l’assunzione da parte dell’impresa del rischio dell’investimento, il contratto di
capitalizzazione è sempre stato attratto, fin dai suoi inizi, nell’orbita della legislazione speciale assicurativa,
in base alla considerazione che la capitalizzazione, al pari delle operazioni assicurative, era caratterizzata da
una finalità previdenziale.
Con la riforma del risparmio (L. 262 del 28 dicembre 2005) ed il successivo decreto di coordinamento della
disciplina sul risparmio (D. Lgs. 303 del 29 dicembre 2006), anche le operazioni di capitalizzazione, al pari
delle polizze linked, sono disciplinate alla stessa stregua degli strumenti finanziari dal Testo Unico della
Finanza (D. Lsg. N. 58 /1998) e l’autorità competente alla vigilanza sull’attività assicurativa afferente le
operazioni in questione è la CONSOB.
Nelle operazioni di capitalizzazione è del tutto assente il carattere aleatorio che caratterizza i contratti
assicurativi.
La disciplina del contratto di capitalizzazione è contenuto all’art. 179 del Codice delle assicurazioni private.
La norma in questione stabilisce, quanto alla durata, che il contratto deve essere stipulato per un periodo di
almeno 5 anni, con ciò confermando la chiara finalità previdenziale delle operazioni di capitalizzazione.
I versamenti periodici possono essere determinati tra le parti del contratto sia in misura costante sia in
misura varabile. In tal modo, si è consentito che il contratto di capitalizzazione possa essere utilizzato, pur
sempre mantenendo la finalità previdenziale, anche per soddisfare necessità di accantonamento di
disponibilità finanziarie suscettibili di mutamenti nel tempo e tali, comunque, da evitare che un troppo rigido
meccanismo di incremento delle somme risenta negativamente degli effetti inflattivi.
La possibilità di interventi incrementativi dei versamenti effettuati evidenzia l’affinità del contratto con i
meccanismi previsti dalla polizze vita indicizzare, tesi a neutralizzare gli effetti negativi dell’inflazione e a
salvaguardare il valere reale della prestazione dell’impresa assicuratrice mediante la rivalutazione periodica
sia dei premi sia del capitale assicurato.
Il contraente ha la facoltà di ottenere il riscatto del contratto dall’inizio del secondo anno a far data dalla
stipulazione. Tale disposizione si sostanzia in una sorta di recesso con la quale il legislatore ha esteso
anche ai contratti di capitalizzazione quanto previsto dall’art. 1925 c.c. per l’assicurazione sulla vita.
La previsione per la quale il riscatto non può essere esercitato prima del secondo anno è volta ad evitare
che l’operazione di capitalizzazione si trasformi in una forma analoga a quella del risparmio bancario.
L’altra condizione richiesta per il riscatto è che sia stato interamente corrisposto il pagamento della prima
annualità del premio. La finalità perseguita dal legislatore è stata quella di garantire all’impresa di
assicurazione di ottenere le spese di acquisizione del contratto e quelle relative agli altri adempimento
collegati alla gestione tecnica dell’operazione.
Il secondo comma dell’art. 179 legittima la c.d. “clausola di estrazione” un tempo vietata.
La norma stabilisce che “quando i contratti prevedono il periodico sorteggio ai fini dell'anticipato pagamento
del capitale convenuto, nei successivi sorteggi deve essere estratto un numero uguale o crescente di
contratti, non superiore, nell'anno, a cinque per ogni cento contratti emessi. I sorteggi devono essere
effettuati ad intervalli non inferiori al semestre.”.
In base ad essa l’impresa si impegna a pagare il capitale convenuto in anticipo rispetto alla scadenza
pattuita a coloro i cui contratti vengono estratti tra quelli ammissibili al sorteggio medesimo. La clausola in
questione, che configura una promossa unilaterale dell’impresa di assicurazione, senza previsione di

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controprestazione, ha una finalità chiaramente promozionale che, tuttavia non ne ha favorito lo sviluppo nella
prassi italiana.
Anche con riferimento alle operazioni di capitalizzazione, il legislatore ha espressamente previsto la
possibilità del recesso ai sensi dell’art. 177 del codice delle assicurazioni private.
A far tempo dal 25 gennaio 2007 alle operazioni di capitalizzazione si applica la disciplina prevista per gli
strumenti finanziari dal Testo Unico della Finanza (D. Lsg. N. 58 /1998, artt. 25 bis, 21 e 23) e dai relativi
Regolamenti attuativi emanati da Consob. L’autorità competente alla vigilanza sull’attività assicurativa
afferente le operazioni in questione è la CONSOB.

FORME PENSIONISTICHE INDIVIDUALI (F.I.P.)

Le forme pensionistiche complementari di tipo individuale possono essere attuate, oltre che attraverso
l’adesione a fondi pensione aperti (ramo VI), anche mediante polizze di assicurazione sulla vita (F.I.P.). Per
la realizzazione dei piani pensionistici individuali è possibile sottoscrivere un contratto di assicurazione sulla
vita con prestazioni rivalutabili collegate a gestioni interne e/o con contratti di assicurazione di tipo unit
linked.
La normativa prevede per tali contratti particolari agevolazioni fiscali e stabilisce i requisiti per conseguire le
prestazioni contrattuali e la tipologia delle stesse.

Prestazione pensionistica e requisiti per ottenerla


La prestazione pensionistica è una rendita o, nei casi e con i limiti previsti dalla legge, un capitale, al
raggiungimento dei requisiti previsti per l’accesso alla pensione di anzianità o vecchiaia. L’assicurato matura
il diritto ad ottenere la prestazione pensionistica individuale:
• al compimento dell’età pensionabile prevista dal sistema previdenziale di appartenenza e decorsi almeno 5
anni dalla sottoscrizione del contratto di assicurazione (prestazione di vecchiaia),oppure a condizione che
siano decorsi almeno 15 anni dalla sottoscrizione di una forma pensionistica individuale e che l’età
dell’assicurato non sia inferiore di oltre dieci anni a quella necessaria per il pensionamento di vecchiaia
previsto nel regime obbligatorio di appartenenza.
Prestazione in caso di morte
In caso di morte dell’assicurato prima del raggiungimento dei requisiti per la prestazione pensionistica, sarà
corrisposto agli eredi un capitale determinato secondo quanto previsto nelle condizioni di polizza ed indicato
nella nota informativa.
Prestazione in caso di riscatto
Il riscatto, anche parziale, della posizione individuale maturata è consentito solo nelle ipotesi previste dalla
legge (spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche,
acquisto della prima casa per sé o per i figli, ecc;) dopo che siano trascorsi almeno otto anni di
partecipazione a una forma pensionistica complementare oppure in caso di cessione della attività lavorativa.
Trasferimento della posizione individuale
Il contraente/assicurato può trasferire il capitale maturato presso una forma individuale di previdenza ad
un’altra forma di previdenza complementare (portabilità), purché siano passati almeno tre anni dalla
conclusione del contratto.

L’ASSICURAZIONE MALATTIA E ASSICURAZIONE CONTRO IL RISCHIO DI NON AUTOSUFFICIENZA


CHE SIANO GARANTITE MEDIANTE CONTRATTI DI LUNGA DURATA, NON RESCINDIBILI, PER IL
RISCHIO DI INVALIDITA' GRAVE DOVUTA A MALATTIA O A INFORTUNIO O A LONGEVITÀ
(RAMO IV)

Tra i rischi della vita assumono rilievo dal punto di vita assicurativo anche il rischio di malattia, di invalidità,
quello di vivere a lungo e la non autosufficienza.
Le polizze che hanno per oggetto l'evento "malattia" si articolano fondamentalmente su tre tipologie
contrattuali che non comportano, di norma, alcun tipo di rimborso in caso di degenza domiciliare:
1) Corresponsione di una diaria per ogni giorno di degenza in struttura ospedaliera pubblica o privata,
indipendentemente dagli esborsi sostenuti dall'assicurato.
2) Rimborso all'assicurato di quanto effettivamente speso per degenza, interventi, esami pre e post ricovero
e ciò entro un limite di massimale (per persona, per evento, per anno assicurativo, per nucleo familiare),
al netto di quanto eventualmente a carico del Servizio Sanitario Nazionale;
3) Per il caso di invalidità permanente da malattia, intendendosi per tale, la perdita, oppure diminuzione della
capacità allo svolgimento di una qualsiasi attività lavorativa, indipendentemente dalla professione
esercitata. Essa viene normalmente liquidata escludendo dal risarcimento gli eventi che abbiano
residuato postumi, come minimo, al di sotto del 25%, ma parificando il danno al 100% (danno totale),
qualora i postumi superino il 65%.

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Una assicurazione malattia copre il rischio di spese elevate originate da una malattie, infortuni e interventi
chirurgici in quanto la compagnia si impegna a risarcire all'assicurato, dietro pagamento di un premio, i costi
sostenuti per un ricovero in una struttura pubblica o privata per una malattia, un infortunio o un intervento
chirurgico. La garanzia offerta da questo tipo di polizze è valida in tutto il mondo. Affinché la garanzia diventi
operativa è necessario che si manifesti uno stato patologico per il quale si renda necessario il ricovero o
l’intervento chirurgico; il sottoporsi infatti ad accertamenti fisici preventivi non rientra generalmente nella
copertura assicurativa salute venendo a mancare il requisito di imprevedibilità dell’evento che è alla base del
contratto assicurativo. La polizza malattia contempla il rimborso delle spese sostenute dall’assicurato nei
casi di: ricovero in strutture sanitarie pubbliche o private; intervento chirurgico effettuato in strutture sanitarie
pubbliche o private, oppure in ambulatorio. Normalmente nelle assicurazioni salute sono inclusi anche il
rimborso delle spese mediche (compresi i medicinali) affrontate nei novanta giorni precedenti e successivi al
ricovero. La garanzia può prevedere una copertura completa oppure limitata ai soli cosiddetti "grandi
interventi" e può essere estesa al pagamento di una indennità giornaliera da ricovero. L’assicurazione salute
può anche essere concessa anche o solamente per il caso di invalidità permanente da malattia.
Tra i nuovi prodotti del mercato assicurativo ci sono le assicurazioni di non autosufficienza che garantiscono
una pensione aggiuntiva che permetterà all’assicurato di pagare una persona addetta alle sue cure (una
badante, una infermiera, etc.).
Si parla di una assicurazione di rendita vitalizia, convertibile in capitale per la parte necessaria a coprire le
esigenze che si manifestano al momento della insorgenza della non autosufficienza.
È un’assicurazione che prevede la verifica preliminare dello stato di salute in quanto l’assicurazione copre un
rischio incerto che potrà manifestarsi nel futuro. Altro aspetto da analizzare è la rivalutazione della rendita.
Ci sono due tipi di assicurazioni di non autosufficienza (o LTC, come viene chiamata all’estero): quella
“temporanea” e quella “a vita intera”.
L’ assicurazione “temporanea”, per esempio, è quella che si può applicare in presenza di un contratto di
lavoro: se il dipendente muore o diventa invalido la sua famiglia percepirà un capitale quale indennizzo per
la perdita del reddito.
Se invece il dipendente diventa non autosufficiente allora gli verrà erogata una determinata prestazione.
Dal momento della pensione, però, questa assicurazione “temporanea” non copre più la persona, quindi a
quel momento la si potrebbe sostituire con quella “per tutta la vita”, pagata dalla persona stessa.
L’altra ipotesi detta “a vita intera” permette di avere un’assicurazione per tutta la vita; praticamente nel caso
di non autosufficienza, in qualunque epoca dovesse insorgere, sia nel periodo lavorativo che dopo, la polizza
pagherà una rendita per tutta la vita.
L’ assicurazione “temporanea” prevede, solo nel caso in cui il lavoratore diventi non autosufficiente durante il
lavoro, il pagamento per tutta la vita, chiaramente collegato alla LTC (Long Term Care).
Si tratta di un’assicurazione monoannuale, e quindi se in quell’anno si diventa non autosufficiente si prende
una pensione per tutta la vita, che si aggiunge a quella INPS. Queste assicurazioni coprono l’assicurato in
caso di perdita di almeno tre delle funzioni primarie. Ogni funzione ha un “peso”, la somma di questi “pesi”,
se supera 50, permette di avere tutta la rendita assicurata.
La forma assicurativa “a vita intera” è a premi unici ricorrenti e se si diviene non autosufficienti la Compagnia
verserà alla persona assicurata o alla propria famiglia la rendita stabilita. Se una persona diventa invalida
dieci anni dopo aver stipulato questa assicurazione la rendita che riceverà sarà quella derivante dall’insieme
dei premi unici versati nel periodo.

LE ASSICURAZIONI DI NUZIALITA' E DI NATALITA'


(RAMO II)

Trattasi di contratti di assicurazione volti alla creazione di un capitale per la costituzione della dote nuziale
(assicurazioni di nuzialità) e volte a garantire ad un neonato una somma di denaro esigibile al
raggiungimento della maggiore età (assicurazioni di natalità).
Tali forme assicurative non hanno trovato larga diffusione nel nostro paese.

LE OPERAZIONI DI GESTIONE DI FONDI COLLETTIVI COSTITUITI PER L'EROGAZIONE DI


PRESTAZIONI IN CASO DI MORTE, IN CASO DI VITA O IN CASO DI CESSAZIONE O RIDUZIONE
DELL'ATTIVITA' LAVORATIVA
(RAMO VI)

PREMESSA

La finalità di un sistema previdenziale è quello di tutelare i lavoratori, per far fronte ad eventi derivanti da
vecchiaia, invalidità, malattia ed infortunio.

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Il sistema pensionistico di base è in continua evoluzione: si vive sempre più a lungo, l'età media della
popolazione aumenta e il numero dei pensionati è in crescita rispetto a quello delle persone che lavorano.
La conseguenza più importante dell'aumento della longevità e della riduzione delle nascite è una profonda
modifica della struttura della popolazione per classi di età, che determina un forte peggioramento del
rapporto fra anziani e lavoratori attivi.
La necessità di mantenere un adeguato livello di protezione sociale, sopperire al deficit previdenziale e
garantire la solidità del sistema pensionistico ha comportato l'introduzione nel sistema pensionistico di forme
complementari da associare al sistema assicurativo di base per garantire livelli più elevati di copertura
previdenziale ai lavoratori.
La riforma previdenziale rappresenta un’importante evoluzione nella storia della previdenza italiana: si basa
su due principi: il primo è rappresentato dalla previdenza obbligatoria pubblica (garantita da Inps, Casse
previdenziali, Inpdap, Casse professionali) e assicura la pensione di base; il secondo, è rappresentato dalla
previdenza complementare costituita da Fondi pensione aziendali o di categoria, Fondi Aperti ad adesione
collettiva o individuale e Forma Individuale di Previdenza (FIP) e sono finalizzati ad assicurare più elevati
livelli di copertura previdenziale.

IL SISTEMA PREVIDENZIALE ITALIANO (cenni)

Il “sistema dei tre pilastri” si fonda sull’esigenza di costituire forme previdenziali private da affiancare a quella
pubblica.
Il primo pilastro è costituito dal sistema pensionistico pubblico ed è basato sul principio della ripartizione
secondo cui le prestazioni erogate da coloro che sono in pensione sono finanziate dai contributi versati da
chi è ancora in attività.
La previdenza obbligatoria prevede l’erogazione di una pensione minima indifferenziata che viene gestita
con metodo distributivo.
Il secondo pilastro è costituito dai fondi pensione collettivi che possono essere sostitutivi o complementari
alla previdenza obbligatoria.
Il terzo pilastro è costituito dalla previdenza individuale integrativa e prevede l’adesione individuale a fondi
pensione, piani individuali di previdenza o polizze finanziarie.

LA PREVIDENZA COMPLEMENTARE
Con il d.lgs n. 124 del 28 aprile 1993, modificato dalla legge 335 del 1995, sono stati regolamentati i fondi
pensione .
I fondi pensione si affiancano alla previdenza pubblica nella precostituzione di “capitali previdenziali”
Le forme pensionistiche complementari sono forme di previdenza finalizzate a erogare una pensione
aggiuntiva a quella erogata dagli Istituti di previdenza obbligatoria.
Tali forme sono autorizzate e sottoposte alla vigilanza di una Autorità pubblica, la Commissione di vigilanza
sui fondi pensione (COVIP).
Sono forme pensionistiche complementari: i fondi pensione negoziali, i fondi pensione aperti, i piani
individuali pensionistici e i fondi pensione preesistenti, istituiti anteriormente al novembre 1992.
Le forme pensionistiche complementari si distinguono anche in collettive e individuali, in base alle modalità
istitutive.
Nelle forme collettive le regole per l’adesione vengono stabilite a livello collettivo e riguardano un gruppo di
lavoratori individuati in base all’appartenenza ad una determinata azienda, gruppo di aziende, comparto o
settore produttivo; nelle forme individuali invece l’adesione avviene su base rigorosamente individuale a
prescindere dal tipo di attività prestata e dall’esercizio o meno di attività lavorativa.
Le forme collettive sono attuate mediante:
• I fondi pensione di natura negoziale istituiti per effetto di un contratto o accordo collettivo di lavoro
anche aziendale
• I fondi istituiti o promossi dalle regioni
• I fondi aperti che ricevono adesioni collettive
• I fondi istituiti dalle casse professionali privatizzate
• I fondi preesistenti
Le forme individuali sono attuate mediante adesione individuale a fondi pensione aperti o mediante piani
pensionistici individuali (FIP- v. sopra).

Cosa sono i fondi pensione.


I fondi pensione sono forme di risparmio gestito finalizzate alla costituzione di una rendita complementare
a quella pubblica.

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I fondi pensione funzionano con il sistema della capitalizzazione individuale secondo cui ogni lavoratore è
titolare di una propria posizione contributiva sulla quale affluiscono le contribuzioni a suo carico del
lavoratore e quelle del datore di lavoro se il soggetto è lavoratore dipendente.
I patrimoni di questi fondi vengono gestiti con finalità previdenziali al fine di garantire ai beneficiari, al termine
della vita lavorativa, l’erogazione di una rendita vitalizia con la possibilità di ottenere una prestazione in conto
capitale che in ogni caso non può essere superiore al 50% del montante maturato.

LE NUOVE REGOLE DELLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE


Premessa
Al fine di consentire la formazione di una pensione complementare di importo più significativo, il decreto
legislativo 5 dicembre 2005 n. 252 prevede che i lavoratori dipendenti possano scegliere di destinare alle
forme pensionistiche complementari il proprio TFR. La finanziaria 2007 ha anticipato al 1° gennaio 2007
l’entrata in vigore del citato decreto legislativo 252/2005 (inizialmente fissata al 1° gennaio 2008).Con il
decreto legge 13 novembre 2006, n. 279 è stato peraltro previsto che il versamento dei flussi di TFR e altri
contributi, relativi al periodo compreso tra il 1° gennaio 2007 e il 30 giugno 2007, sia differito al 1° luglio
2007.
Per la scelta da compiere in ordine alla destinazione del TFR, va tenuto presente che
non aderendo si rinuncerà ad una serie di vantaggi: alla contribuzione del datore di lavoro (laddove
prevista), alla deducibilità fiscale dei contributi versati, ad un regime fiscale dei rendimenti e delle
prestazioni di particolare favore.
Inoltre, con la scelta di conferire il TFR ad una forma pensionistica complementare non solo non si perde la
possibilità di ottenere anticipazioni per far fronte alle proprie esigenze personali e familiari ma l’importo
anticipabile riguarderà, oltre al TFR, anche il proprio contributo, quello del datore di lavoro e i rendimenti
conseguiti.
Va poi tenuto presente che anche questa riforma mantiene la possibilità di percepire, dal momento del
pensionamento, la prestazione in capitale fino a un massimo del 50% del montante accumulato.

Chi è interessato dalla Riforma


Sono interessati alla riforma della previdenza complementare tutti i lavoratori dipendenti del settore privato e
i lavoratori autonomi.
Naturalmente, le nuove regole sul conferimento del Trattamento di fine rapporto (TFR) alle forme
pensionistiche complementari, riguarda soltanto i lavoratori dipendenti.
Sono, al momento, esclusi dal campo di applicazione della riforma i dipendenti pubblici per i quali valgono le
regole previgenti.

Le forme pensionistiche complementari


Sono confermate le seguenti forme pensionistiche complementari:
• i fondi pensione negoziali

• i fondi pensione aperti

• i contratti di assicurazione sulla vita con finalità previdenziali

• i fondi pensione preesistenti (istituiti anteriormente al novembre 1992).

La scelta di aderire o meno ad una forma pensionistica complementare è sempre volontaria e personale.

Il lavoratore può decidere di avvalersi:

• di una forma pensionistica collettiva, istituita in base di contratti o accordi collettivi anche aziendali
stipulati tra le rappresentanze dei lavoratori e dei datori di lavoro o, in determinati casi, prevista da
regolamenti di enti o aziende, che individuano specifiche categorie di destinatari (es.: lavoratori di un
determinato comparto, di una determinata azienda o gruppo di aziende);

oppure

• di una forma pensionistica individuale, in base esclusivamente alla scelta individuale del lavoratore,
anche se destinatario di una forma pensionistica prevista da contratti o accordi collettivi.

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Forme pensionistiche collettive Forme pensionistiche individuali

• Fondi pensione negoziali (o chiusi)


• Fondi pensione aperti ad adesione individuale
• Fondi pensione aperti ad adesione collettiva
• Contratti di assicurazione sulla vita
• Fondi pensione preesistenti

La scelta sulla destinazione del Tfr


In base a quanto previsto dal disegno di legge finanziaria, dal 1° gennaio 2007 ciascun lavoratore
dipendente può scegliere di destinare il proprio Trattamento di Fine Rapporto (TFR) maturando (futuro) alle
forme pensionistiche complementari o mantenere il TFR presso il datore di lavoro.
In relazione all’anzianità contributiva maturata presso gli enti di previdenza obbligatoria si aprono diverse
possibilità di scelta per i lavoratori.

Lavoratori dipendenti iscritti ad un ente di previdenza obbligatoria dal 29 aprile 1993


La scelta del lavoratore sulla destinazione del TFR riguarda l’intero TFR maturando e può essere
manifestata in modo esplicito (dichiarazione espressa) o tacito (silenzio-assenso all’adesione).
Modalità Esplicite
Entro il 30 giugno 2007 per i lavoratori in servizio al 1° gennaio 2007, o entro 6 mesi dalla data di
assunzione, se avvenuta successivamente al 1° gennaio 2007, il lavoratore dipendente può scegliere di:
• destinare il TFR futuro ad una forma pensionistica complementare;

• mantenere il TFR futuro presso il datore di lavoro. In tal caso, per i lavoratori di aziende con più di 50
dipendenti, l’intero TFR è trasferito dal datore di lavoro al Fondo per l’erogazione del TFR ai
dipendenti del settore privato, gestito, per conto dello Stato, dall’INPS.

La scelta di destinazione del TFR futuro ad una forma pensionistica complementare deve essere espressa
dal lavoratore attraverso una dichiarazione scritta (apposito modello ministeriale) indirizzata al proprio
datore di lavoro con l’indicazione della forma di previdenza complementare prescelta.
La dichiarazione scritta è necessaria anche nel caso in cui si scelga di mantenere il TFR futuro presso il
proprio datore di lavoro.
Modalità Tacite (Silenzio - Assenso)
Se entro il 30 giugno 2007 per chi è in servizio al 1° gennaio 2007, o entro 6 mesi dall’assunzione, se
avvenuta successivamente al 1° gennaio 2007, il lavoratore non esprime alcuna indicazione relativa alla
destinazione del TFR, il datore di lavoro trasferisce il TFR futuro alla forma pensionistica collettiva prevista
dagli accordi o contratti collettivi, anche territoriali, o ad altra forma collettiva individuata con un diverso
accordo aziendale, se previsto. Tale diverso accordo deve essere notificato dal datore di lavoro al lavoratore
in modo diretto e personale.
In presenza di più forme pensionistiche collettive, il datore di lavoro trasferisce il TFR futuro:

1. alla forma individuata con accordo aziendale;

2. in assenza di specifico accordo, alla forma alla quale abbia aderito il maggior numero di lavoratori
dell’azienda.

In assenza di una forma pensionistica collettiva individuabile sulla base di questi criteri, il datore di lavoro
trasferisce il TFR futuro ad un’apposita forma pensionistica complementare istituita presso l’INPS, alla quale
si applicano le stesse regole di funzionamento delle altre forme di previdenza complementare.

Trenta giorni prima della scadenza dei 6 mesi utili per effettuare la scelta, il datore di lavoro deve comunicare
al lavoratore che ancora non abbia presentato alcuna dichiarazione le necessarie informazioni sulla forma
pensionistica collettiva alla quale sarà trasferito il TFR futuro in caso di silenzio del lavoratore.

La destinazione del TFR futuro ad una forma pensionistica complementare, sia con modalità esplicite che
tacite:

• riguarda esclusivamente il TFR futuro. Il TFR maturato fino alla data di esercizio dell’opzione resta
accantonato presso il datore di lavoro e sarà liquidato alla fine del rapporto di lavoro con le
rivalutazioni di legge;

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• determina l’automatica iscrizione del lavoratore alla forma prescelta. Il lavoratore iscritto godrà quindi
dei diritti di informazione e partecipazione alla forma di previdenza complementare cui ha aderito;

• non può essere revocata, mentre la scelta di mantenere il TFR futuro presso il datore di lavoro può
in ogni momento essere revocata per aderire ad una forma pensionistica complementare.

Lavoratori dipendenti iscritti ad un Istituto di previdenza obbligatoria in data antecedente al 29 aprile


1993.
Anche tali lavoratori sono chiamati ad effettuare la scelta sulla destinazione del TFR maturando, negli stessi
termini e con le stesse modalità, esplicite o tacite, già illustrate per i lavoratori entrati nel mondo del lavoro
dal 28 aprile 1993. Tuttavia per tali lavoratori, in ragione della maggiore anzianità lavorativa, è prevista la
possibilità di destinare alle forme di previdenza complementare anche soltanto una parte del TFR
maturando.

In particolare, tali lavoratori possono:

• se già iscritti ad una forma pensionistica complementare al 1° gennaio 2007, scegliere, compilando
l’apposito modello ministeriale indirizzato al datore di lavoro (modalità esplicita), di contribuire al
fondo con la stessa quota versata in precedenza mantenendo presso il datore di lavoro la quota
residua di TFR. In tal caso, per i lavoratori di aziende con più di 50 dipendenti, il residuo TFR è
trasferito dal datore di lavoro al Fondo per l’erogazione del TFR ai dipendenti del settore privato,
gestito, per conto dello Stato, dall’INPS;

• se non iscritti ad una forma pensionistica complementare al 1° gennaio 2007, scegliere sempre
tramite modello ministeriale indirizzato al datore di lavoro (modalità esplicita) di trasferire il TFR
futuro a una forma pensionistica complementare, nella misura fissata dagli accordi collettivi o, in
assenza di accordi in merito, in misura non inferiore al 50%.

In entrambi i casi resta ferma la possibilità di incrementare la quota di TFR maturando da versare alla forma
pensionistica complementare.

Se i lavoratori iscritti alla previdenza obbligatoria prima del 29 aprile 1993 non esprimono alcuna scelta sul
TFR, si verifica il silenzio-assenso all’adesione e il datore di lavoro trasferisce integralmente il TFR futuro alla
forma pensionistica complementare individuata, secondo quanto illustrato in ‘Modalità Tacite’ .

Il finanziamento delle Forme Pensionistiche Complementari


Alle forme pensionistiche complementari si può contribuire mediante:
• il TFR futuro;
• contributi a carico del lavoratore;
• contributi a carico del datore di lavoro.

Dal 1° gennaio 2007, si può aderire alle forme pensionistiche complementari anche mediante il solo
conferimento del TFR futuro. Tale adesione non comporta l’obbligo di versamento di altri contributi, né da
parte del lavoratore né del datore di lavoro.
L’aderente può tuttavia decidere di versare ulteriori contributi, determinandone liberamente l’importo; in tal
caso, se gli accordi o contratti collettivi lo prevedono, ha diritto al versamento dei contributi a carico del
datore di lavoro. Il datore di lavoro può comunque decidere, pur in assenza di accordi collettivi, di versare un
contributo a proprio carico alla forma pensionistica complementare alla quale il lavoratore abbia aderito.
Nelle forme pensionistiche collettive, gli accordi e i contratti possono stabilire la misura minima della
contribuzione dei lavoratori e dei datori di lavoro.
Nelle forme pensionistiche individuali, il lavoratore, nel caso in cui versi contributi a proprio carico, ha diritto
anche alla contribuzione a carico del datore di lavoro, in base a quanto previsto dagli accordi collettivi.

La Pensione Complementare
La funzione della previdenza complementare è quella di permettere al lavoratore di integrare con le
prestazioni pensionistiche la pensione di base corrisposta dagli Enti di previdenza obbligatoria.
Dal 1° gennaio 2007, si ha diritto alla pensione complementare dopo aver maturato i requisiti di acceso alla
pensione obbligatoria, con almeno cinque anni di iscrizione alla previdenza complementare.
L’iscritto può scegliere di percepire la prestazione pensionistica:
• interamente in rendita, mediante l’erogazione della pensione complementare
• parte in capitale (fino ad un massimo del 50% della posizione maturata) e parte in rendita.

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Nel caso in cui, convertendo in rendita almeno il 70% della posizione individuale maturata, l’importo della
pensione complementare sia inferiore alla metà dell’assegno sociale INPS (attualmente pari a Euro 381,72
mensili), l’iscritto può scegliere di ricevere l’intera prestazione in capitale.
Ai fini della determinazione dell’anzianità di iscrizione necessaria per ottenere le prestazioni, sono
considerati utili tutti i periodi di partecipazione alle forme pensionistiche complementari maturati dall’aderente
senza che lo stesso abbia esercitato il riscatto.

Anticipazioni
In determinati casi la legge consente, in modo analogo a quanto avviene per il TFR lasciato presso il datore
di lavoro, di usufruire di anticipazioni. La somma da anticipare è calcolata sulla posizione individuale
maturata, formata dai versamenti effettuati e dai rendimenti realizzati fino a quel momento.
Dal 1° gennaio 2007, l’iscritto può ottenere l’anticipazione della posizione individuale:

• in qualsiasi momento della partecipazione alla forma pensionistica:


o fino al 75 per cento della posizione individuale maturata per sostenere spese sanitarie
conseguenti a gravissime condizioni relative a sé, al coniuge e ai figli (terapie e interventi
straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche).

• dopo 8 anni di iscrizione al fondo:


o fino al 75 per cento della posizione maturata per l’acquisto e per la ristrutturazione della
prima casa di abitazione per sé e per i figli;

o fino al 30 per cento della posizione individuale, per ulteriori esigenze dell’iscritto.
Per la maturazione degli otto anni di iscrizione, sono tenuti in considerazione tutti i periodi di partecipazione
alle forme pensionistiche complementari per i quali non si sia esercitato il riscatto (v. oltre ‘riscatto della
posizione individuale’)

Trasferimento della Posizione Individuale


Dal 1° gennaio 2007, l’iscritto può trasferire la posizione individuale ad altra forma pensionistica
complementare nei seguenti casi:
o perdita dei requisiti di partecipazione (ad esempio per cambiamento di attività lavorativa): L’iscritto
che prima del pensionamento perde i requisiti di partecipazione alla forma pensionistica
complementare può, in alternativa al riscatto, trasferire la posizione individuale maturata alla forma
pensionistica complementare alla quale può accedere in base alla nuova attività lavorativa;

o volontariamente: Decorsi due anni di iscrizione ad una forma pensionistica complementare,


l’aderente può trasferire l’intera posizione individuale presso un’altra forma pensionistica
complementare sia collettiva che individuale.
In caso di trasferimento, il lavoratore ha diritto alla prosecuzione dei versamenti alla forma pensionistica
prescelta sia del TFR sia dell’eventuale contribuzione a carico del datore di lavoro, nei limiti e secondo le
modalità stabiliti da contratti o accordi collettivi.

Riscatto della posizione individuale


Dal 1° gennaio 2007, l’aderente che prima del pensionamento, perde i requisiti di partecipazione alla forma
pensionistica complementare, in alternativa al trasferimento della posizione ad un’altra forma pensionistica
complementare, può:
o chiedere il riscatto della posizione, vale a dire la restituzione della posizione individuale accumulata;
o mantenere la posizione individuale accantonata presso il fondo, anche in assenza di contribuzione

Il riscatto può essere chiesto nei seguenti casi e misure:


o nel caso in cui il periodo di disoccupazione conseguente alla cessazione dell’attività lavorativa sia
compreso tra 12 e 48 mesi o in caso di ricorso da parte del datore di lavoro a procedure di mobilità,
cassa integrazione guadagni ordinaria o straordinaria, è possibile riscattare fino al 50 per cento
della posizione individuale maturata.

o è possibile riscattare l’intera posizione nei seguenti casi:

o adesione collettiva a una forma pensionistica complementare


o nel caso in cui il periodo di disoccupazione conseguente alla cessazione dell’attività
lavorativa sia superiore a 48 mesi
o nel caso di invalidità permanente che comporti la riduzione della capacità di lavoro a meno
di un terzo,.

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In caso di perdita dei requisiti di partecipazione, le forme pensionistiche complementare possono inoltre
prevedere la possibilità di riscattare la posizione maturata al di fuori dei casi sopra previsti, anche sulla base
delle previsioni della contrattazione collettiva.
Nell’ipotesi di decesso dell’aderente prima della maturazione del diritto alla prestazione pensionistica, l’intera
posizione maturata è versata agli eredi o alle altre persone indicate dall’iscritto (beneficiari).

Regime fiscale dei contributi


I contributi versati alle forme di previdenza complementare, escluso il TFR, saranno interamente deducibili
dal reddito Irpef fino ad un massimo di Euro 5.164,67. Ne deriverà per l’aderente un risparmio fiscale che
varia in funzione del livello del reddito.

Ai fini dell’applicazione del limite massimo di deducibilità, vengono conteggiati anche gli eventuali contributi a
carico del datore di lavoro.

Regime fiscale dei rendimenti


I rendimenti, vale a dire gli incrementi positivi conseguiti a seguito della gestione finanziaria delle risorse,
saranno sottoposti all’imposta sostitutiva dell’11%, aliquota più bassa rispetto a quella applicata sui
rendimenti realizzati attraverso forme/strumenti di investimento del risparmio di natura puramente finanziaria.

Regime fiscale di prestazioni, anticipazioni e riscatti


Le prestazioni pensionistiche erogate in forma di capitale e rendita costituiranno reddito imponibile solo per
la parte che non è già stata assoggettata a tassazione durante la fase di accumulo (sono esclusi dunque i
contribuiti non dedotti e i rendimenti già tassati).

La parte imponibile delle prestazioni pensionistiche sia erogate sotto forma di capitale sia sotto forma di
rendita, sarà tassata in via definitiva nella misura del 15%, che si ridurrà di una quota pari allo 0,30% per
ogni anno di partecipazione successivo al quindicesimo, fino ad un massimo del 6%.
L’aliquota applicata potrà pertanto scendere sino al 9% dopo trentacinque anni di partecipazione.

Tali aliquote sono particolarmente favorevoli se confrontate a quelle previste per il TFR lasciato in azienda. Il
TFR infatti è tassato, in linea generale, con l’applicazione dell’aliquota media di tassazione del lavoratore (la
cosiddetta tassazione separata).

Anche le somme percepite a titolo di anticipazione e riscatto saranno tassate unicamente per la parte già
dedotta dal reddito o non tassata.

Le anticipazioni percepite per sostenere spese sanitarie e le somme percepite a titolo di riscatto, saranno
tassate, come le prestazioni, nella misura del 15% con una riduzione dello 0,30% per ogni anno di
partecipazione a forme di previdenza complementare successivi al quindicesimo, fino ad un massimo di
riduzione del 6%.

Le anticipazioni percepite per altri motivi (acquisto e ristrutturazione della prima casa e per altre esigenze del
lavoratore) saranno invece tassate nella misura fissa del 23%.

LE ASSICURAZIONI COLLETTIVE
Le assicurazioni sulla vita possono essere individuali e collettive.
Si parla di polizze collettive allorché i contratti di assicurazione risultano caratterizzati dall’esistenza di un
unico vincolo contrattuale, o contratto base, stipulato da un singolo o da un ente collettivo o ai quali
l’assicuratore garantisce il pagamento di somme determinate, secondo gli eventi della vita umana di un certo
numero di persone, in base a condizioni speciali che formano oggetto di una convenzione (esempio polizze
Avvera - assicurazione collettiva per i clienti della banca che abbiano sottoscritto il prestito personale c.d.
“Avvera”).
Presupposto ordinario è l’esistenza di un rapporto particolare fra il “contraente” e le diverse persone
assicurate (rapporto di lavoro, associazione ecc).
In tal caso, a seconda del contratto effettivamente stipulato, si può essere in presenza di un unico contratto
dal quale sorgono tanti rapporti quanti sono i soggetti assicurati (è il caso dell’assicurazione stipulata dal
datore di lavoro, il quale si obbliga a pagare i premi, a favore dei propri lavoratori dipendenti) ovvero di un

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“contratto normativo” ossia di un accordo destinato a regolamentare, in conformità della convenzione
medesima i contratti stipulati dai singoli assicurati, i quali assumono su di sé l’obbligo del pagamento del
premio (è il caso dei contratti di assicurazione stipulati da un ente, ovvero da una associazione, ma anche
delle polizze CPI Carta Ego).

L’ASSICURAZIONE SULLA VITA PROPRIA E DI UN TERZO


La legge contempla espressamente la possibilità che l’assicurazione sulla vita possa essere stipulata sulla
vita propria o su quella di un terzo (art. 1919 c.c.).
Nel caso di assicurazione stipulata sulla vita di un terzo la legge prevede il consenso del terzo quale
requisito di validità del contratto di assicurazione. La finalità perseguita dal legislatore è, in tal caso, quella di
evitare che l’assicurazione sulla vita si traduca in un incentivo all’omicidio del terzo, quale soggetto portatore
del rischio, e, quindi, di tutelarne la vita nei confronti di coloro che, in dipendenza dell’assicurazione,
potrebbero acquisire un interesse alla sua morte.

L’ASSICURAZIONE A FAVORE DI UN TERZO


La designazione di un beneficiario della prestazione assicurativa fa assumere al contratto la qualificazione di
assicurazione a favore di un terzo (beneficiario) espressamente disciplinata all’art. 1920 c.c.
Lo scopo dell’assicurazione è quello di consentire che, alla morte dell’assicurato, sia corrisposta una somma
o una rendita alla persona da lui designata.
In tal caso, il promettente (l’assicuratore) dovrà corrispondere la prestazione dovuta direttamente al
beneficiario considerato che “per effetto della designazione, il terzo acquista un diritto proprio ai vantaggi
dell’assicurazione” (art. 1920, ultimo comma c.c.).

IMPIGNORABILITÀ E INSEQUESTRABILITÀ
Ai sensi dell'art. 1923 del Cod. Civ., le somme dovute dall'assicuratore a titolo di prestazione assicurata in
caso di morte dell’Assicurato o in caso che l’Assicurato sia in vita alla scadenza contrattuale non sono
pignorabili né sequestrabili.

CESSIONE, PEGNO E VINCOLO


Il contraente può cedere a terzi il contratto, così come può darlo in pegno o comunque vincolare le somme
assicurate. Tali atti divengono efficaci solo quando l’impresa, a seguito di comunicazione scritta del
contraente, ne abbia fatto annotazione sull’originale di polizza o su appendice.
Nel caso di pegno o vincolo le operazioni di riscatto e di prestito richiedono l’assenso scritto del creditore o
vincolatario.
Nel caso di beneficiario irrevocabile il pegno e il vincolo possono effettuarsi con il consenso del beneficiario.

IL DIRITTO DI RIPENSAMENTO DEL CONTRAENTE NELLE ASSICURAZIONI SULLA VITA

La revoca proposta
I principi generali in tema di contratto prevedono che il contratto si conclude nel momento nel quale chi ha
fatto la proposta ha conoscenza dell’accettazione della controparte e sino al momento della conoscenza
dell’accettazione, la parte che ha fatto la proposta è sempre libera di revocarla a mano che non ne sia stata
espressamente convenuta la irrevocabilità della proposta.
Nell’ambito dei contratti di assicurazione sulla vita, il legislatore del codice delle assicurazioni private ha da
un lato confermato il principio generale della revocabilità della proposta e, dall’altro, escluso la possibilità che
la proposta possa essere configurata in termini di irrevocabilità.
Nello specifico l’art. 176 del codice delle assicurazioni private prevede oggi espressamente che “La proposta
relativa ad un contratto individuale di assicurazione sulla vita di cui ai rami I, II, III e V dell'articolo 2, comma
1, e' revocabile.
Le somme eventualmente pagate dal contraente devono essere restituite dall'impresa di assicurazione entro
trenta giorni dal momento in cui ha ricevuto comunicazione della revoca.
Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai contratti di durata pari od inferiore a sei mesi.”.
La norma è applicabile anche ai prodotti finanziari emessi da imprese di assicurazioni (le polizze linked ed
alle operazioni di capitalizzazione (rami III e V).
Nel caso di revoca della proposta prima dell’accettazione, il contratto si considera come mai concluso e,
pertanto, nulla sarà dovuto all’impresa di assicurazioni.
In ottemperanza all’art. 176, la documentazione contrattuale di Credemvita prevede espressamente che:

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“La proposta contrattuale è revocabile ai sensi del D.Lgs. 7 dicembre 2005, n. 209.
La proposta può essere revocata finché il contratto non sia concluso.
Poiché, la conclusione del contratto coincide con la data di sottoscrizione da parte di Credemvita
dell’accettazione della proposta di assicurazione formulata dal Contraente, a far tempo dalla data di
sottoscrizione della accettazione della proposta contrattuale da parte di Credemvita e, per essa,
dall’incaricato per la verifica firma e poteri, la proposta di assicurazione non è più revocabile.”

Recesso
Il recesso dal contratto di assicurazione è il ripensamento consentito al contraente dopo la conclusione del
contratto.
In tal caso, trattandosi di una determinazione che interviene allorché il contratto è già concluso l’impresa di
assicurazione ha diritto a ritenere le spese sostenute per il contratto.
Il recesso dal contratto di assicurazione sulla vita è espressamente disciplinato all’art. 177 del codice delle
assicurazioni private, il quale prevede che: “Il contraente può recedere da un contratto individuale di
assicurazione sulla vita entro trenta giorni dal momento in cui ha ricevuto comunicazione che il contratto e'
concluso.
L'impresa di assicurazione deve informare il contraente del diritto di recesso di cui al comma 1. I termini e le
modalità per l'esercizio dello stesso devono essere espressamente evidenziati nella proposta e nel contratto
di assicurazione.
L'impresa di assicurazione, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione relativa al recesso,
rimborsa al contraente il premio eventualmente corrisposto, al netto della parte relativa al periodo per il quale
il contratto ha avuto effetto. L'impresa di assicurazione ha diritto al rimborso delle spese effettivamente
sostenute per l'emissione del contratto, a condizione che siano individuate e quantificate nella proposta e nel
contratto.
Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano ai contratti di durata pari od inferiore a sei mesi.”.
La norma è applicabile anche ai prodotti finanziari emessi da imprese di assicurazioni (le polizze linked ed
alle operazioni di capitalizzazione (rami III e V).
In ottemperanza all’art. 177, la documentazione contrattuale di Credemvita prevede espressamente che:
“Il Contraente ha la facoltà di esercitare il diritto di recesso ai sensi del D.Lgs. 7 dicembre 2005, n.
209 entro 30 giorni dal momento in cui è informato dell’avvenuta conclusione del contratto che
coincide con la data di sottoscrizione da parte di Credemvita dell’accettazione della proposta di
assicurazione formulata dal Contraente.
Per esercitare tale diritto il Contraente deve inviare, entro tale termine di 30 giorni, lettera
raccomandata con ricevuta di ritorno alla sede di Credemvita (Via Mirabello, 2 - 42100 Reggio Emilia
– Italia); a tale fine farà fede la data di spedizione della raccomandata con ricevuta di ritorno.
La comunicazione del recesso libera le parti da qualunque obbligazione derivante dal contratto, con
decorrenza dalle ore 24 del giorno in cui Credemvita ha ricevuto la lettera raccomandata (data di
comunicazione del recesso).
L’importo che verrà restituito al Contraente entro 30 giorni dalla data di comunicazione del recesso,
sarà uguale ai premi lordi già versati corretti della differenza, positiva o negativa, tra il controvalore
delle quote attribuite al contratto alla data di comunicazione del recesso ed i premi destinati
all’investimento.
Il controvalore di tali quote è ottenuto moltiplicando le stesse per il rispettivo valore unitario riferito
al giorno di determinazione, così come definito al precedente art. 6 della presente Nota informativa,
della settimana successiva a quella di ricevimento della comunicazione di recesso.
Oltre a tale importo verranno restituite al Contraente eventuali utilità già accreditate alla polizza in
base a quanto previsto nella documentazione contrattuale.
Nel caso in cui la comunicazione del recesso giunga prima della determinazione della data di
decorrenza, verrà restituito l’ammontare dei premi lordi già versati.
Per l’esercizio del diritto di recesso non verrà addebitato alcun costo a carico del Contraente e
resterà dunque a esclusivo carico dello stesso solo il “rischio finanziario” tra la data di decorrenza e
quella di effetto della comunicazione di recesso.”

Contratti conclusi fuori dai locali commerciali 30 TUF – la sospensione del contratto
Per le polizze linked (ramo III) e per le operazioni di capitalizzazione (ramo V), per le quali, a far tempo dal
25 gennaio 2007 si applica la disciplina degli strumenti finanziari prevista dal TUF, a far tempo dall’1 luglio
2007 entrerà in vigore anche la sospensione per 7 giorni dei contratti conclusi fuori dai locali commerciali.
La norma di riferimento è l’art. 30 del TUF, il quale, con riferimento all’offerta fuori sede prevede
espressamente che “L'efficacia dei contratti di collocamento di strumenti finanziari o di gestione di portafogli
individuali conclusi fuori sede ovvero collocati a distanza ai sensi dell'articolo 32 è sospesa per la durata di
sette giorni decorrenti dalla data di sottoscrizione da parte dell'investitore. Entro detto termine l'investitore
può comunicare il proprio recesso senza spese né corrispettivo al promotore finanziario o al soggetto

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abilitato; tale facoltà è indicata nei moduli o formulari consegnati all'investitore. La medesima disciplina si
applica alle proposte contrattuali effettuate fuori sede ovvero a distanza ai sensi dell'articolo 32.
L'omessa indicazione della facoltà di recesso nei moduli o formulari comporta la nullità dei relativi contratti,
che può essere fatta valere solo dal cliente”.
In ottemperanza alla prescrizione normativa, le proposte di assicurazione, nella modulistica predisposta da
Credemvita, recheranno espressamente la previsione per la quale:
“Nell’ipotesi di contratti conclusi “fuori sede”, l’efficacia degli stessi è sospesa, ai sensi dell’art. 30,
comma 6, D.Lgs. 58/1998 in quanto applicabile, per i 7 giorni decorrenti dalla data di sottoscrizione
della proposta da parte del Contraente o, comunque, dalla data conclusione del “Contratto”, e
specificamente dalla data riportata nel presente modulo contrattuale. Entro detto termine il
Contraente può comunicare alla Compagnia o al promotore finanziario o al diverso addetto abilitato il
proprio recesso senza spese né corrispettivo a mezzo di lettera raccomandata con ricevuta di
ritorno. Tale sospensione non riguarda il versamento degli eventuali premi successivi.”.
In tal caso, trattandosi di una fattispecie di sospensione che non consente il perfezionamento del contratto,
nulla sarà dovuto all’impresa di assicurazione per l’ipotesi nella quale il contraente decida di avvalersi di tale
diritto di ripensamento nei 7 giorni successivi alla sottoscrizione della polizza.

INVERSIONE DELL'ONERE DELLA PROVA NEI GIUDIZI RISARCITORI


Anche per le assicurazioni sulla vita è oggi espressamente contemplata l’inversione dell’onere della prova
nei giudizi risarcitori già da tempo applicabile per gli strumenti finanziari.
Nello specifico, per le polizze linked (ramo III) e per le operazioni di capitalizzazione (ramo V), a seguito
dell’attrazione di tali contratti nella disciplina normativa e regolamentare applicabile per gli strumenti
finanziari, trova oggi applicazione la previsione dell’art. 23, comma 6 del TUF, per il quale “ Nei giudizi di
risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di investimento e di quelli accessori,
spetta ai soggetti abilitati l'onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta.”.
Per le tradizionali forme di assicurazione sulla vita, per le quali non è applicabile la disciplina dettata in tema
di strumenti finanziari (ossia per le polizze di ramo I, II, IV e VI), il legislatore del codice delle assicurazioni
private ha previsto una norma analoga all’art. 178, laddove è previsto che: “Nei giudizi di risarcimento dei
danni cagionati al contraente di un contratto di assicurazione sulla vita di cui ai rami III e V dell'articolo 2,
comma 1, spetta all'impresa l'onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta.”.
In caso di contestazioni da parte del contraente/assicurato che sfocino in un giudizio risarcitorio innanzi
all’autorità finanziaria, spetterà, pertanto, all’intermediario assicurativo (Credem, Banca Euormobiliare,
Anterprima) dimostrare di avere agito con la specifica diligenza richiesta per l’attività in questione e,
segnatamente dimostrare:
- di avere fornito al contraente tutte le informazioni previste dalla legge;
- di avere consegnato e spiegato tutta la documentazione contrattuale prevista dalla legge;
- di avere fatto sottoscrivere tutta la documentazione prevista dalla legge;
- di avere agito nell’interesse precipuo del contraente.
Mentre, laddove sia contestato, spetterà all’impresa di assicurazione dimostrare di avere predisposto la
documentazione contrattuale nel rispetto di quanto previsto dalla legge.

LA PRESCRIZIONE
La prescrizione dei diritti riguardanti le assicurazioni sulla vita (rami I, II, III, IV e VI) è regolamentata dall’art.
2952 c.c. ed è quindi di un anno, dal giorno in cui si verifica il fatto su cui si fonda il diritto.
Pertanto, nelle assicurazioni sulla vita, il termine di prescrizione, che può sempre essere fatto valere
dall’impresa di assicurazione, è di 1 anno dalla morte del soggetto assicurato.
Il termine di prescrizione decorre dal giorno della morte dell’assicurato e può essere fatto valere dalla
compagnia di assicurazioni anche nel caso nel quale il beneficiario o i beneficiari non fossero a conoscenza
dell’esistenza del contratto di assicurazione sulla vita ovvero della morte dell’assicurato.
In tal caso, la compagnia di assicurazioni che rilevi dal certificato della morte dell’assicurato che l’evento
morte si è verificato da più di un anno, può sempre fare valere l’eccezione di prescrizione e, quindi, ritenere
tutte le somme per sé e non corrispondere nulla ai beneficiari.

APPROFONDIMENTI DI TECNICA DELLE ASSICURAZIONI


IL PREMIO
A fronte delle prestazioni dell’assicuratore, l’assicurato è tenuto al pagamento di un premio che si determina
in base all'età e al sesso dell'assicurato, alla durata del piano dei versamenti e alle prestazioni garantite. Il
premio di tariffa o premio netto è dato dalla somma di più componenti: il premio equo, i caricamenti di
sicurezza i caricamenti per spese e le eventuali imposte.

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Alla determinazione del premio equo concorre la componente demografica (determinata da tavole edite
dall’Istat basate sui censimenti relative alla probabilità di morte o di sopravvivenza) e la componente
finanziaria (tasso di interesse che la compagnia corrisponde per il versamento anticipato).
Il premio equo è composto dal premio di rischio e il premio di risparmio. I premi di rischio nel loro complesso
servono all’Assicuratore per pagare i sinistri che avvengono nell’anno, i premi di risparmio, invece, servono a
fronteggiare gli impegni futuri per cui devono essere accantonati e capitalizzati. I premi di risparmio
capitalizzati costituiscono la RISERVA MATEMATICA.
I caricamenti di sicurezza nascono dall’esigenza dell’impresa di assicurazione di non realizzare una perdita
patrimoniale. Dal momento che il premio equo rappresenta l’equita’ fra le prestazioni dell’assicuratore e
dell’assicurato se l’impresa di assicurazione lavorasse solo sui premi equi rischierebbe anche a fronte di
piccole variazioni rispetto alle aspettative di realizzare perdite patrimoniali, quindi si rende necessaria
l’applicazione di caricamenti di sicurezza. I caricamenti di sicurezza che hanno una dimensione piccola
rispetto al premio equo possono essere calcolati e riportati esplicitamente (es: 5% del premio equo) o
determinati in modo implicito applicando alle tavole demografiche valutazioni.
I caricamenti per spese sono le commissioni versate all’assicuratore a copertura di spese di acquisizione,
incasso e gestione.

DETERMINAZIONE DELLE TARIFFE NEI RAMI VITA


I premi relativi alle assicurazioni del ramo vita, sono calcolati, per ciascuna nuova tariffa, sulla base di
adeguate ipotesi attuariali che consentano all'impresa, mediante il ricorso ai premi ed ai relativi proventi, di
far fronte ai costi e alle obbligazioni assunte nei confronti degli assicurati e, in particolare, di costituire per i
singoli contratti le riserve tecniche necessarie. A tal fine puo' essere presa in considerazione la situazione
patrimoniale e finanziaria dell'impresa, ma non possono essere impiegate in modo sistematico e permanente
risorse che non derivano dai premi pagati.
Le ipotesi attuariali sono determinate nel rispetto dei limiti di tasso di interesse massimo, che non puo'
superare il sessanta per cento del tasso medio dei prestiti obbligazionari dello Stato, nonche' delle regole
applicative dei principi attuariali riconosciute dall'ISVAP con regolamento.
La valutazione delle ipotesi poste a base del calcolo dei premi spetta all'attuario e forma oggetto di una
relazione tecnica da conservare presso l'impresa. Il bilancio dell'impresa che esercita i rami vita e' trasmesso
all'ISVAP insieme ad una relazione tecnica nella quale l'attuario incaricato descrive analiticamente i
procedimenti seguiti e le valutazioni operate, con riferimento alle basi tecniche adottate, per il calcolo delle
riserve tecniche, con specifica evidenza delle eventuali valutazioni implicite e delle relative motivazioni,
attesta la correttezza dei procedimenti seguiti, riferisce sui controlli operati in ordine alle procedure impiegate
per il calcolo delle riserve e per la corretta rilevazione del portafoglio ed esprime un giudizio sulla sufficienza
di tutte le riserve tecniche, ivi comprese le eventuali riserve aggiuntive, appostate in bilancio.

PERIODICITA’ DEL PAGAMENTO DEI PREMI


Il contratto può prevedere il pagamento di un premio unico o di premi periodici.
Il premio unico è pagato in unica soluzione all'inizio del contratto.
I premi periodici possono essere di ammontare costante o crescente in base ad una regola descritta nelle
condizioni contrattuali (premio annuo) oppure di ammontare variabile a discrezione del contraente entro i
limiti indicati nel contratto (premio ricorrente). Il pagamento del premio annuo può essere frazionato nel
corso dell'anno. In caso di frazionamento il premio è generalmente maggiorato di costi aggiuntivi che
debbono essere indicati nella nota informativa da consegnare al cliente (lettera d della circolare ISVAP n.249
del 19 giugno 1995).

LE RISERVE TECNICHE
Riserve tecniche dei rami vita
L'impresa che esercita i rami vita ha l'obbligo di costituire, per i contratti del portafoglio italiano, riserve
tecniche, ivi comprese le riserve matematiche, sufficienti a garantire le obbligazioni assunte e le spese
future. Le riserve sono costituite, al lordo delle cessioni in riassicurazione, nel rispetto dei principi attuariali e
delle regole applicative individuate dall'ISVAP con regolamento.
La valutazione sulla sufficienza delle riserve tecniche spetta all'attuario incaricato, che esercita la funzione di
controllo in via permanente, per consentire all'impresa di effettuare, con tempestivita', gli interventi necessari.
A tal fine l'attuario incaricato ha l'obbligo di informare prontamente l'organo con funzioni di amministrazione e
l'organo che svolge funzioni di controllo dell'impresa qualora rilevi l'esistenza di possibili condizioni che gli
impedirebbero, a quel momento, di formulare un giudizio di piena sufficienza delle riserve tecniche in base ai
principi da rispettare per la redazione della relazione tecnica. L'impresa, se non e' in grado di rimuovere le
cause del rilievo o se non condivide il rilievo stesso, ne da' pronta comunicazione all'ISVAP.
L'impresa che esercita i rami vita costituisce alla fine di ogni esercizio un'apposita riserva tecnica pari
all'ammontare complessivo delle somme che risultino necessarie per far fronte al pagamento dei capitali e
delle rendite maturati, dei riscatti e dei sinistri da pagare.

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La riserva per la partecipazione agli utili e ai ristorni comprende gli importi da attribuire agli assicurati o ai
beneficiari dei contratti a titolo di partecipazione agli utili tecnici e di ristorni, purche' tali importi non siano
stati attribuiti agli assicurati o non siano gia' stati considerati nelle riserve
matematiche.
Per la costituzione delle riserve tecniche delle assicurazioni complementari, sono osservate le disposizioni
relative alle riserve tecniche dei rami danni.
Le riserve a carico dei riassicuratori comprendono gli importi di loro competenza e sono determinate
conformemente agli accordi contrattuali di riassicurazione, in base agli importi lordi delle riserve tecniche.
L'impresa che esercita i rami vita presenta all'ISVAP il confronto tra le basi tecniche, diverse dal tasso di
interesse, impiegate nel calcolo delle riserve tecniche ed i risultati dell'esperienza diretta

Riserve tecniche nei rami danni


L'impresa che esercita i rami danni ha l'obbligo di costituire, per i contratti del portafoglio italiano, riserve
tecniche che siano sempre sufficienti a far fronte, per quanto ragionevolmente prevedibile, agli impegni
derivanti dai contratti di assicurazione.
Le riserve sono costituite, al lordo delle cessioni in riassicurazione, nel rispetto delle disposizioni e dei
metodi di valutazione stabiliti dall'ISVAP con regolamento.

Copertura delle riserve tecniche e localizzazione delle attivita'


Le riserve tecniche dei rami vita e dei rami danni sono coperte con attivi di proprieta' dell'impresa. Nella
scelta degli attivi l'impresa tiene conto del tipo di rischi e delle obbligazioni assunte e dell'esigenza che sia
garantita la sicurezza, la redditivita' e la liquidita' degli investimenti, provvedendo ad un'adeguata
diversificazione e dispersione degli attivi medesimi.
L'impresa puo' coprire le riserve tecniche esclusivamente con le categorie di attivi, compresi gli strumenti
finanziari derivati, che sono ammessi nel regolamento adottato dall'ISVAP.
Gli attivi posti a copertura delle riserve tecniche sono valutati al netto dei debiti contratti per la loro
acquisizione e delle eventuali poste rettificative.
La valutazione degli attivi posti a copertura delle riserve tecniche e' effettuata in modo prudente, tenendo
conto del rischio di mancato realizzo.

LA RISERVA MATEMATICA
La necessita’ della riserva matematica nasce dal fatto che l’impresa di assicurazione a differenza delle altre
imprese prima realizza i ricavi e poi sopporta i costi. La garanzia a fronte delle future uscite avviene
attraverso la costituzione della riserva matematica.
Si puo’ dire che la riserva matematica costituisce la contropartita del credito (esigibile solo al verificarsi di
taluni presupposti) che l’assicurato vanta nei confronti dell’impresa assicuratrice. Come gia’ detto, i premi di
risparmio capitalizzati costituiscono la riserva matematica.
L’Assicuratore è obbligato a vincolare a favore degli assicurati attività patrimoniali necessarie per coprire le
garanzie delle riserve matematiche.
Le attività patrimoniali previste sono costituite da:
1.Titoli emessi o garantiti dallo Stato;
2.Depositi in numerario c/o la Banca d’Italia;
3.Obbligazioni in lire o in valuta emesse da BEI-BIRS etc.;
4.Beni immobili situati su territorio italiano e liberi da ipoteche;
5.Mutui garantiti da ipoteca di primo grado su beni immobili per una somma che non ecceda la metà del
valore degli stessi;
6.Quote della Banca d’Italia;
7.Le azioni o quote di capitale di società delle quali la Compagnia detenga più della metà del capitale sociale
valutato a 8/10 del valore di borsa e non oltre il 15% del totale;
8.Quote di Fondi Comuni d’investimento.

Nelle Gestioni Separate dedicate ai prodotti di ramo I e V le attività patrimoniali sono prevalentemente di
natura obbligazionaria e con rating minimo elevato (A-)
I titoli che supportano le polizze vita sono iscritti in bilancio da parte delle compagnie al costo storico nel
caso delle polizze rivalutabili, al valore corrente nel caso delle index/unit

La RISERVA MATEMATICA in quattro casi particolari:


- Caso morte – Vita Intera a premio costante: la riserva matematica aumenta progressivamente
avvicinandosi al capitale assicurato;
- Caso Vita – premorienza: la riserva matematica serve a finanziare la formazione delle altre riserve
di portafoglio;

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- Caso Vita – Premio Unico: la riserva matematica serve a finanziare la formazione delle altre riserve
di portafoglio;
- Caso Vita – Ripristino Contratto: la riserva matematica è l’importo che l’assicuratore chiederebbe
all’assicurato per il ripristino del contratto dal tempo T alla fine dello stesso, se nulla fosse avvenuto
sino al tempo T.

MARGINE DI SOLVIBILITA’
L'impresa dispone costantemente di un margine di solvibilita' sufficiente per la complessiva attivita' esercitata
nel territorio della Repubblica ed all'estero. L'ISVAP disciplina, con regolamento, le regole tecniche per la
determinazione e il calcolo del margine di solvibilita' richiesto, secondo i rami esercitati, nel rispetto delle
disposizioni del presente capo e di quelle previste dalla normativa in materia di vigilanza supplementare
delle imprese appartenenti ad un conglomerato finanziario.
Il margine di solvibilita' disponibile e' rappresentato dal patrimonio netto dell'impresa al netto degli elementi
immateriali, libero da qualsiasi impegno prevedibile, e comprende:
a) il capitale sociale versato o, se si tratta di societa' di mutua assicurazione, il fondo di garanzia versato;
b) le riserve legali e le riserve statutarie e facoltative, non destinate a copertura di specifici impegni o a
rettifica di voci dell'attivo;
c) gli utili dell'esercizio e degli esercizi precedenti portati a nuovo, al netto dei dividendi da pagare;
d) le perdite dell'esercizio e degli esercizi precedenti portate a nuovo.
Possono inoltre essere compresi nel margine di solvibilita' disponibile:
a) le azioni preferenziali cumulative e i prestiti subordinati sino a concorrenza del cinquanta per cento del
margine di solvibilita' disponibile o, se inferiore, del margine di solvibilita' richiesto.

QUOTA DI GARANZIA
Un terzo del margine di solvibilita' richiesto rappresenta la quota di garanzia.
La quota di garanzia dell'impresa che esercita i rami vita, fermi restando i limiti stabiliti per la misura del
capitale sociale o del fondo di garanzia, non puo' in nessun caso essere inferiore a tre milioni di euro.

TASSO DI RENDIMENTO DELLE POLIZZE VITA


TASSO DI INTERESSE GARANTIBILE NEI CONTRATTI RELATIVI AI RAMI VITA
L'ISVAP determina, con regolamento, per tutti i contratti da stipulare che prevedono una garanzia di tasso di
interesse un tasso di interesse massimo, che non puo' superare il sessanta per cento del tasso medio dei
prestiti obbligazionari dello Stato.
L'ISVAP puo' altresi' determinare nel regolamento piu' tassi massimi di interesse, diversificati secondo la
moneta in cui e' espresso il contratto, purche' ciascuno di essi non superi il sessanta per cento del tasso
medio dei prestiti obbligazionari dello Stato nella cui moneta e' espresso il contratto. In tale caso l'ISVAP
consulta preventivamente l'autorita' di vigilanza dello Stato membro interessato.
L'impresa, nel definire il tasso di interesse, entro i limiti, si attiene sempre a criteri prudenziali.
Il tasso di rendimento della gestione separata e l’aliquota di retrocessione devono essere resi noti
annualmente dalle imprese attraverso la pubblicazione su almeno due quotidiani a diffusione nazionale.
L’ammontare rivalutato del capitale o della rendita devono essere comunicati annualmente agli assicurati (
Circ. ISVAP 71 DEL 26.03.87)

TASSO MINIMO GARANTITO


Rappresenta il valore minimo del prodotto tra il tasso di rendimento della gestione separata e
l’aliquota di retrocessione (EX POST). Il tasso minimo garantito non può superare i limiti previsti
dall’ISVAP che attualmente e fissato nella misura massima del 2,5%. ISVAP fissa i parametri per
i tassi da usare nei “preventivi” . nel caso in cui il fondo abbia un risltato inferiore al minimo
garantito, va comunque applicata la rivalutazione minima.

TASSO TECNICO
È il tasso di interesse fisso riconosciuto dall’impresa in via preliminare, per ottenere il capitale o la rendita
inizialmente assicurati (si parla di tasso precontato). La rivalutazione avviene sempre al netto del tasso
tecnico. Esempio: se la rivalutazione riconosciuta per effetto del rendimento del fondo e dell’aliquota di
retrocessione e’ del 3% e il tasso tecnico e’ del 4% non si ha rivalutazione. Qualora invece il tasso tecnico
sia inferiore (2%) la rivalutazione sara’, nel nostro esempio, dell’1%.

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Allegati:

1) GLOSSARIO CREDEMVITA ASSICURAZIONI SULLA VITA RAMO I

2) GLOSSARIO CREDEMVITA ASSICURAZIONI SULLA VITA RAMO III;

3) DECRETO LEGISLATIVO 7 SETTEMBRE 2005, N. 209 CODICE DELLE ASSICURAZIONI


PRIVATE.

4) REGOLAMENTO N. 5 ADOTTATO DALL’ISVAP IL 16 OTTOBRE 2006 “REGOLAMENTO


CONCERNENTE LA DISCIPLINA DELL’ATTIVITA’ DI INTERMEDIAZIONE ASSICURATIVA E
RIASSICURATIVA DI CUI AL TITOLO IX (INTERMEDIARI DI ASSICURAZIONE E DI
RIASSICURAZIONE) E DI CUI ALL’ARTICOLO 183 (REGOLE DI COMPORTAMENTO) DEL
DECRETO LEGISLATIVO 7 SETTEMBRE 2005, N. 209 – CODICE DELLE ASSICURAZIONI
PRIVATE.”.

5) DECRETO LEGISLATIVO 24 FEBBRAIO 1998, N. 58: "TESTO UNICO DELLE DISPOSIZIONI IN


MATERIA DI INTERMEDIAZIONE FINANZIARIA, AI SENSI DEGLI ARTICOLI 8 E 21 DELLA
LEGGE 6 FEBBRAIO 1996, N. 52"

6) REGOLAMENTO DI ATTUAZIONE DEL DECRETO LEGISLATIVO 24 FEBBRAIO 1998, N. 58,


CONCERNENTE LA DISCIPLINA DEGLI INTERMEDIARI (ADOTTATO DALLA CONSOB CON
DELIBERA N. 11522 DEL 1° LUGLIO 1998 E SUCCESSIVAMENTE MODIFICATO CON
DELIBERE N. 11745 DEL 9 DICEMBRE 1998, N. 12409 DEL 1° MARZO 2000, N. 12498 DEL 20
APRILE 2000, N. 13082 DEL 18 APRILE 2001 E N. 13710 DEL 6 AGOSTO 2002)

7) REGOLAMENTO INTERMEDIARI DISPOSIZIONI ATTUATIVE DELL’ART. 25-BIS DEL TUF


INTRODOTTO DALLA LEGGE N. 262/2005 IN MATERIA DI DISTRIBUZIONE DI PRODOTTI
FINANZIARI EMESSI DA BANCHE E DA IMPRESE DI ASSICURAZIONI DOCUMENTO DI
CONSULTAZIONE 23 FEBBRAIO 2007

8) REGOLAMENTO DI ATTUAZIONE DEL DECRETO LEGISLATIVO 24 FEBBRAIO 1998, N. 58,


CONCERNENTE LA DISCIPLINA DEGLI EMITTENTI (ADOTTATO DALLA CONSOB CON
DELIBERA N. 11971 DEL 14 MAGGIO 1999 E SUCCESSIVAMENTE MODIFICATO CON
DELIBERE N. 12475 DEL 6 APRILE 2000, N. 13086 DEL 18 APRILE 2001, N. 13106 DEL 3
MAGGIO 2001, N. 13130 DEL 22 MAGGIO 2001, N. 13605 DEL 5 GIUGNO 2002, N. 13616 DEL 12
GIUGNO 2002, N. 13924 DEL 4 FEBBRAIO 2003, N. 14002 DEL 27 MARZO 2003, N. 14372 DEL
23 DICEMBRE 2003, N. 14692 DELL’11 AGOSTO 2004, N. 14743 DEL 13 OTTOBRE 2004, N.
14990 DEL 14 APRILE 2005, N. 15232 DEL 29 NOVEMBRE 2005,N. 15510 DEL 20 LUGLIO
2006, N. 15520 DEL 27 LUGLIO 2006 E N. 15586 DEL 12 OTTOBRE 2006)

9) REGOLAMENTO EMITTENTI DISPOSIZIONI REGOLAMENTARI IN MATERIA DI


SOLLECITAZIONE ALL’INVESTIMENTO DI PRODOTTI FINANZIARI EMESSI DA IMPRESE DI
ASSICURAZIONE DOCUMENTO DI CONSULTAZIONE 23 FEBBRAIO 2007.

10) DECRETO LEGISLATIVO 5 DICEMBRE 2005, N. 252 DISCIPLINA DELLE FORME


PENSIONISTICHE COMPLEMENTARI

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