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Il libro di Elisabetta Ambrosi sottotitolato ³Malefatte degli


psicoanalisti´. Un sincero appello ai dottori e ai pazienti della
psicanalisi moderna. L¶autrice ci introduce con pudore nella sua vita
privata, a volte lasciando intuire, a volte raccontandosi senza
riserve.

Il narcisismo non è più una malattia. La notizia arriva dagli Stati


Uniti, dove gli esperti che stanno lavorando alla nuova edizione del
Dsm, il manuale per diagnosticare i disturbi mentali ad uso degli
psichiatri, stanno discutendo se declassarlo. Il motivo? Troppo
diffuso per essere considerato patologico, ³a-normale´, appunto.
Più che un disturbo di personalità, è un disturbo della società, come
aveva capito nel lontano 1979 il pessimista Christopher Lasch, nel
suo La cultura del narcisismo.
Tutti colpevoli, nessun colpevole. Può forse rallegrarsene il
premier, i cui comportamenti, dopo il caso Ruby, sono stati descritti
sotto il segno della psicopatologia. Un narcisista esibizionista o,
meglio, un ³narcinista´, narciso e cinico, come lo ha definito
Massimo Recalcati sul «Fatto». Tanto che qualcuno ha fatto notare
che, oltre al medico e al confessore, avrebbe urgente bisogno di
uno psicoanalista. A stendersi sul lettino però non dovrebbe essere
solo Berlusconi. Perché, a ben guardare, il premier incarna nevrosi
molto moderne. La ³sregolazione pulsionale´, l¶incapacità di tenere
insieme legge e desiderio, la sostituzione del desiderio con il
godimento sono patologie di oggi, che affondano le loro radici nella
rivoluzione del soggetto di matrice sessantottina. Magari mal
interpretata. Ma che comunque ha condotto a una società di uomini
e donne, dotati sì di fallo, ma ³senza inconscio´, secondo la
suggestiva immagine che ne ha dato Recalcati. Uomini che, nella
loro adesione all¶imperativo del godimento, sessuale o consumi-sta,
finiscono dritti dritti nella braccia delle pulsioni di morte.
E DUNQUE , come ha ammesso perfino Giuseppe De Rita, direttore
del Censis, le categorie della sociologia non bastano più per
spiegare sia la società che la politica. Bisogna tornare a quelle della
psicoanalisi. Già, ma di quale psicoanalisi? Perché se è legittimo
l¶allarme sui fragili elettori-consumatori, lo è pure quello sugli
psicoanalisti. Quale terapia potrà davvero curare la perversione
ipermoderna del godimento, l¶unica vera odierna legge ad
personam? E soprattutto: la psicoanalisi funziona ancora nell¶epoca
della morte del Padre, e della Legge? In Francia, il dibattito è
acceso, come testimonia la mole di pubblicazioni ± la più discussa
quella di Michel Onfray contro Freud (Crépuscule d¶une idole). Da
noi invece, di psicoanalisi non si parla più. È come se gli specialisti
si fossero ritirati sull¶Aventino della psiche, lasciando la discussione
su malattie e terapie al salotto televisivo dei vari Crepet.
Rispetto della privacy e divieto di fare diagnosi in pubblico, si
difendono. Ma non sarà anche che i nostri strizzacervelli, di fronte
alle nuove patologie striscianti, quelle sotto il segno dell¶ambiguità,
come le ha definite la psicoanalista Simona Argentieri, non sono
stati capaci di aggiornarsi? D¶altro canto, non solo l¶efficacia delle
teorie, ma anche le competenze dei singoli analisti sono sottoposte
a ben pochi controlli. Una volta entrati sotto il cappello di una
scuola accreditata del ministero, raramente devono preoccuparsi di
qualcosa, perché quando l¶analisi fallisce, ammesso che il paziente
se ne accorga, il danno è indimostrabile e non risarcibile . Così,
tornando all¶ipotetico paziente narciso, è meglio avvisarlo del fatto
che, qualora decidesse di entrare in analisi, rischierebbe di
incappare in due analisti opposti. Se in cura da un freudiano doc,
potrebbe trovarsi di fronte una terapia troppo simile al vecchio, e
gratuito, catechismo. Un setting obbligatorio di molte sedute a
settimana, in studi bui dove analiste severe (e un po¶ frigide)
invitano il paziente ad un duro lavoro in vista della guarigione
morale. Nella quale il sesso ha perso il suo peso originario,
sostituito com¶è dall¶analisi del transfert con l¶analista-madre, che
farà di tutto per renderlo dipendente da lei.
IL RISULTATO ? Una conversione poco autentica, che finita l¶analisi
mostrerà le corde. Oppure l¶adozione di una doppia verità, ligio a
Freud dentro, vanesio pansessualista fuori. Un esito peggiore, però,
si avrebbe nel caso di un incontro tra un narciso e un lacaniano. Il
linguaggio oscuro, esoterico, in cui si spiega che il desiderio è
sempre ³altro´, non ³possesso´, ma ³vuoto´, rischia di avere un
effetto paradossale: convincere il fragile sé alla ricerca del
godimento della giustezza del suo passare da un fiore all¶altro,
senza una definitiva scelta mortifera, proprio come insegnava il
Maestro. Che malignamente Corinne Maier, nel pamphlet
Buongiorno lettino, descrive come ³un dandy collezionista, amante
delle belle macchine e delle donne. Seduttore (nonostante le sue
orecchie smisurate), incapace di rispettare l¶autorità, intrattabile e
arrogante; apolitico, ma con tendenze conservatrici´.
Due modelli, il disincarnato freudiano assertivo e regolatore, e il
lacaniano dissipato, molto simili persino alla nostra politica. L¶uno al
centrosinistra che, come ha scritto Ida Dominijanni, ³occupa il
campo della Legge svuotandolo della sua forza simbolica´; l¶altro al
centrodestra, ³che occupa il campo del desiderio svuotandolo della
sua forza creati-va´.
Se esistono analisti capaci di curare il nostro nar-cinismo, allora,
battano un colpo, intervengano nel dibattito. Raccontando cos¶è la
psicoanalisi e perché serve ancora, quali sono i suoi strumenti e le
sue idee forti, in un¶epoca di passioni deboli e organi sessuali
troppo sviluppati. In questo caso siamo disposti a stenderci sul
lettino, assieme al Caimano. Purché, per favore, ci aiutino a trovare
il desiderio. Nel pubblico e nel privato.




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