Se il soggetto rilassato apre gli occhi questo ritmo di Berger, o ritmo alfa, viene immediatamente
sostituito dal ritmo beta, con frequenza doppia (13-30Hz) e ampiezza dimezzata (20 µV):
Il fenomeno di passaggio tra questi due ritmi venne definito desincronizzazione. Questo evento non
è legato alla sola apertura degli occhi, ma in generale all’attività corticale: si può evidenziare anche
chiedendo di ricordare qualcosa. Se il soggetto si addormenta appare un nuovo tipo di profilo, il ritmo
delta, con una frequenza molto bassa (0,5-2Hz) e ampiezza elevata:
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I punti di repere sfruttati sono il nasion, cioè l’attaccatura superiore del naso, e l’inion (perchè pro-
tuberanza occipitale esterna non faceva abbastanza harry potter); il punto di mezzo tra questi due è il
vertice del cranio e viene sfruttato per dividere in quattro regioni il cranio grazie alla linea che passa
per i due meati acustici esterni. Le quattro regioni vengono poi ulteriormente suddivise a seconda di
quanti elettrodi saranno usati, solitamente da sedici a 128.
Un secondo problema notevole dell’EEG è la sua ambiguità. Nel caso della registrazione bipolare non
è possibile riconoscere una iperpolarizzazione da una depolarizzazione: in effetti i potenziali registrati
non sono potenziali d’azione ma potenziali postsinaptici. Quando si registra da un lato si avrà una
corrente in ingresso nel neurone ma da qualche parte questa deve uscire, quindi i fenomeni sono
sempre accoppiati e questo impedisce di capire da un tracciato se una regione si sta depolarizzando in
superficie o in profondità.
Pur presentando i suoi problemi, l’EEG mostra chiaramente delle onde cerebrali, qual è la loro orig-
ine? La spiegazione parte dal talamo, funzionalmente suddiviso in talamo a proiezione specifica
(corpi genicolati e nucleo ventrale laterale posteriore) e talamo a proiezione diffusa (nuclei intralam-
inari, nucleo centromediano). Negli anni ’50 si vide che stimolando il talamo specifico si ottiene una
prima risposta corticale, e aumentando questi stimoli si ottengono potenziali in aumento perchè sale
il numero di neuroni attivati. La stimolazione del talamo aspecifico è diversa, innanzitutto perchè
produce effetti bilaterali, ma anche e soprattutto perchè una volta cessata la corteccia continua a
rispondere per tre o quattro volte senza altri impulsi, con la stessa frequenza che si otteneva durante
la fase attiva dell’esperimento. Queste evidenze dimostrarono l’esistenza di circuiti riverberanti au-
toalimentanti tra talamo e corteccia: questi circuiti sono sintonizzati grossomodo sul ritmo alfa. Se il
cervello non è dunque coinvolto in operazioni complesse viene guidato dal talamo e appare il ritmo alfa:
appena vengono richieste delle attività mentali elaborate questa guida scompare e si ha la desincroniz-
zazione verso il ritmo beta. L’instaurarsi del ritmo beta è legato al fatto che i neuroni non fanno più
tutti la stessa cosa contemporaneamente, ma ognuno segue i suoi compiti specifici, quindi la sincronia
è totalmente persa.
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Verso la fine degli anni ’50 le cose si complicarono ulteriormente quando ci si accorse che gli EEG di un
gatto addormentato mostravano, dopo una fase ad onde lente, una desincronizzazione uguale a quella
della veglia. Quando il gatto si trovava in questa fase del sonno lo stimolo richiesto per risvegliarlo era
molto più intenso: questa fase venne all’epoca chiamata sonno paradosso. L’avanzare delle conoscenze
ha portato a dividere il sonno in quattro fasi:
1. Veglia
2. Ritmo teta
3. Ritmo delta
4. Sonno REM
Durante il sonno REM parecchi parametri vegetativi vengono alterati ed è possibile osservare movi-
menti oculari rapidi assenti nelle altre fasi. Le alterazioni più evidenti sono nella frequenza cardiaca,
respiratoria e nella pressione arteriosa. In questa fase del sonno compaiono anche oscillazioni dette
onde ponto-genicolo-occipitali che sono correlate ai movimenti oculari. Una caratteristica fondamen-
tale della fase REM è la completa atonia muscolare: se così non fosse ci si muoverebbe di continuo
seguendo le tempeste elettriche che avvolgono il cervello; in questa fase infatti la desincronizzazione
corticale è evidente e la soglia al risveglio molto alta. In fase REM la termoregolazione viene persa,
la temperatura corporea scende e le risposte alle condizioni climatiche vengono perse: ad esempio
vengono aboliti i brividi.
Il sonno REM è presente in animali di basso livello evolutivo, e la sua privazione porta a turbe della
personalità e a perdita della termoregolazione fino alla morte. Esistono due ipotesi che giustificano
la totale dipendenza dal sonno: la prima sostiene che il sonno serve a fissare i ricordi nel cervello,
la seconda che sia fondamentale per mantenere la termoregolazione facendo un reset del termostato
interno. Il fatto di possedere un periodo con assenza di termoregolazione potrebbe essere un indizio a
favore della seconda teoria. Il sonno non-REM ha invece ruolo ristoratore, ed è quella fase del sonno
che se interrotta non causa particolari sbalzi di umore: se viene interrotto il sonno REM il soggetto sarà
di pessimo umore. Le due fasi del sonno sono intervallate in modo regolare: nelle prime fasi del sonno
si dorme ad onde lente, nella seconda soprattutto a sonno REM.
Il ciclo sonno-veglia fa parte di quella serie di cicli biologici che regolano la nostra vita, tra i quali
il principale è il ritmo circadiano, cioè quello delle ventiquattro ore. Questo ritmo è determinato da
una sorta di orologio interno che sfrutta come informazione principale il passaggio dalla luce al buio:
ogni volta che avviene questo passaggio il meccanismo però tenderebbe ad allungarsi e ha bisogno di
un reset. Il reset è fornito dal nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo che viene attivato in modo
diverso di giorno e di notte: durante la fase notturna infatti questo nucleo è molto meno attivo. Un
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soggetto privato di informazioni sull’ambiente esterno tende ad allungare il periodo delle 24 ore e quindi
pensa di aver vissuto meno giorni in questa condizione.
Il pattern di distribuzione sonno-veglia è diverso nelle varie fasi della vita e lo è anche la distribuzione
delle varie fasi all’interno del sonno. Un neonato dorme circa sedici ore al giorno ma in modo fram-
mentato e di queste ore circa la metà è di tipo REM. Il sonno REM diminuisce in proporzione con la
crescita: calano sia le ore di sonno che le ore di sonno REM, ma queste ultime in proporzione molto di
più e raggiungono un minimo verso i quarant’anni.