MILANO
VIVIAN MELLO
MATRICOLA:3810280
Tutor: Michele Aglieri.
Novembre
2010
INDICE
ABSTRACT ........................................................................................................ 3
INTRODUZIONE...................................................................................................4
2.1. Aspetti interculturale degli interventi con i minori stranieri Messa alla
prova............................................................................................................................16
2.2. Proposta dell’intervento................................................................................ 20
2.3. Metodi e strumenti possibili di lavoro............................................................21
2.3.1. Metodi....................................................................................................22
2.3.2. Strumenti operativi e attività possibilmente utile...............................28
2.3.2.1. Accogliere...............................................................................28
2.3.2.2. Orientare..................................................................................29
2.3.2.3. Rafforzare.................................................................................31
2.4. L’educatore ........................................................................................................32
2.4.1. Aspetti soggettivi e oggettivo dell’atteggiamento
dell’educatore........................................................................................................... 32
2.4.2. Ruolo dell’educatore........................................................................... 35
2.5 Il mediatore linguistico-culturale.........................................................................37
CONCLUSIONE............................................................................................................ 38
BIBLIOGRAFIA.............................................................................................................. 40
ABSTRACT
3
INTRODUZIONE
4
documento. Essa, denominata “ Sull’intervento educativo” si dedica a
proporre, spiegare e orientare il professionista nell’applicazione dell’intervento
proposto, perciò presenta aspetti importante che devono essere considerati
durante il lavoro con i minori stranieri oltre che metodi, strumenti e attività
adeguati alla proposta della Messa alla prova. In questa seconda parte, si ha
dedicato due sezione ad una riflessione sul ruolo dell’educatore e del
mediatore linguistico-culturale dentro dell’intervento proposto.
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PARTE I: CONTESTUALIZZAZIONE DELL’INTERVENTO
La Messa alla prova, come già detto nell’introduzione, si tratta di una misura
giuridica a favore del minore che gli offre l’opportunità di avere cancellato
della giustizio penale il suo processo in cambio di una vera trasformazione di
vita e di comportamento.
Queste due finalità riguardano il proprio sguardo che la legge ha sul minore,
cioè di un essere umano in fase evolutiva la quale identità sta in processo di
costruzione. Basata sul questo sguardo, la “Messa alla prova” propone al
giovane di assoggetarsi ad un percoso rieducativo che regolarizze i suoi
comportamenti e gli fornisca una nuova prospettiva di vita.
Il nuovo percorso di vita che il minore inserito nella “Messa alla prova’ deve
percorrere se constitui in un vero progetto rieducativo con una serie di
passaggi obbligatori che mirano soddisfare i bisogni educativi del giovane,
portarlo ad un cambiamento di vita e garantire che egli:
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La responsabilità sulla modalità di inserimento di questi elementi nel progetto di
vita del minore “Messa alla prova” sta a carico degli operatori dei servizi minorili
che cercano di inserire questi giovani nelle attività più adeguate alle esigenze
di ogni singoli caso, garantendo il recupero e il reinserimento sociale del
minore.
Alla base di quella serie di passaggi obbligatori stanno gli obiettivi di insegnare
ai minori la disponibilità al dialogo, alle discussioni di gruppo, a convivere e a
confrontarsi con gli altri, oltre che orientargli all’educazione al lavoro e allo
studio. Questo ultimo elemento, infatti, è molto incentivato nella “Messa alla
prova” e a tal fine gli operatori cercano di inserire il minore in laboratori,
percorsi lavorativi di vari generi, corsi professionali, oltre che offrirgli la possibilità
di collaborare con artigiani, imprenditore, enti e associazioni.
L’idea generale della “Messa alla prova” è, pertanto, segnalare i confini tra la
legalità e l’illegalità al minore oltre che dargli l’opportunità di conoscere un
altro stilo di vita e una nuova opportunità di riparare il danno che ha causato e
conscientizzarsi della sua scorrettezza.
Per spiegare questo punto, si propone la presente sezione che precisarà alcuni
punti sulla relazione tra devianza minorile ed identità culturale Saranno, perciò,
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presentate sinteticamente informazione sul fenomeno della devianza minorile
tra i minori stranieri in Italia e sulle problematiche sociale e culturale che gli
influenziano, oltre che chiarire il concetto di identità culturale e conflitto
identitaria in quanto quello che riguarda essi pubblico.
Questo rapporto afferma che nel 2006 i minore denunciati in Italia erano 72%
dall’Europa, 20 % dall’Africa, 3% dall’Asia, 5% dall’America e 0% dell’Oceania,
e che dal periodo dal 2001 al 2006 i principali paesi di provenienza di questi
minori erano Servia, Marocco, Albania, Romania, Croazia, Algeria, Bosnia e
Germania.
La predominanza dei minori proveniente dell’Europa dell’Est, principalmente
Romania, è constante e si dà in raggione del grande flusso immigratorio della
popolazione rumena verso l’Italia negli ultimi anni.
Secondo ancora questo rapporto, nell’anno di 2006, 50% dei reati dei
minorenni erano contro il patrimonio, e 29% contro la persona.
Le informazioni dell’anno di 2006 dimostrano che tra gli stranieri i reati più
frequenti sono quelli legati al patrimonio ( 64% dei casi), invece i reati contra la
persona comprendono solo 16%, situazione inversa alla degli italiani, che
presentano 45% di reati contro il patrimonio e 34% contro la persona. I crimini
contro il patrimonio più frequenti sono le rapine e i furti, che causano forte
allarme sociale. Già i crimini contro la persona più frequenti sono le lesioni
volontarie e la violenza privata ( minaccia).
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1.2.2. Le problematiche della devianza minorile straniera in Italia
Infatti questa dimensione ha un peso molto grande per i minori stranieri, tanto
quelli nati in Italia da genitori immigrati quanto quelli ricongiunti. Essi devono
crescere tra due culture di riferimento, revedere le proprie relazione con i
genitore, con i pari e con la società, oltre che sapere gestire i diversi flussi
culturale, spesso contraditori, che ricevo dalla famiglia e della società. Questo
gli può portare un disagio psicologico, principalmente a partire dalla prima
adolescenza, quando cominciano a confrontarsi con la sfida della costruzione
della propria identità.
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Infatti, l’assenza di una figura di riferimento adulta e positiva che afferme
positivamente l’identità del minore, lo porterà a cercare altre maniere di farlo,
e le alternative sono:
1. Avere l’intelligenza;
2. avere un alto rendimento scolastico;
3. avere la bellezza;
4. stare in possesso di denaro o di oggetti status symbol;
5. essere disponibile ad assumere rischi.
Come si può notare, le due ultime alternative sono quelle che portarebbero più
facilmente ai atti devianti, come furti, rapine, violenza tra gruppi.
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1.3. La costruzione dell’identità e lo straniero.
L’identità culturale, allo stesso modo che quella sociale, sta in constante
mutazione ed evoluzione, principalmente negli ambiente multiculturale, dove
riceve stimoli dall’esterno che influenziano la sua costruzione che avviene
all’interno di ogni soggetto. Questo dimonstra che la formazione dell’identità
di un soggetto dipendente in gran parte del contatto sociale che questo
stabilisce nella società a cui appartienete como cittadino.
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1.3.1. La questione identitaria in contesti multiculturale e i minori stranieri.
Per far esso, lo straniero mette in atto strategie di negoziazione delle proprie e
altrui differenze, cercando di trovare una forma di autocollocazione della sua
identità culturale tra i modelli culturale presentati nella realtà in cui vive.
Nei casi dei bambini e adolescenti, questo processo di gestione è ancora più
complesso, perchè normalmente essi non hanno ancora degli strumenti
psicologici e personale che gli aiutino ad equilibrare e organizzare tutti gli
stimoli dell’ambiente, oltre che stare in una fase evolutiva già abbastanza
confusa in ragione di cambiamente fisiologici.
Per questo, è molto comune che bambini arrivati molti piccoli in Italia o nati in
territorio Italiano da genitori immigrati si identifichino di più con i coetanei
italiani e presentino meno conflittualità culturale, principalmente se i propri
genitore hanno un rapporto positivo già stabilito con questo paese di
accoglienza.
Già nel caso dei minori raggiunti nella fase adolescenziale, il processo di
identificazione è più complesso e può succedere in tre maniere:
1. rifiuto della cultura di origine, che avviene di una valutazione negativa
fatta attraverso gli criteri culturali dalla cultura dominante;
2. processo di distinzione, dove l’immigrato cerca di rimanere con l’identità
culturale che possiedeva ma ancora cerca l’approvazione sociale dalla
cultura dominante, ossia, cerca di essere diverso ma accetto
socialmente;
3. e l’identità per difesa che si riferisce al processo dove lo straniero si
rifugia nel gruppo di appartenenza per sfuggire alla discriminazione,
seguendo un processo che consiste nel riaffermare e accentuare i propri
modelli culturali.
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dell’adolescenza, sono aggravati dallo scontro culturale tra genitori e figli e da
una condizione socio-economica spesso difficile.
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modo, i giovani si avvicinano dai coetanei e diventano più suscettibile ad
assumere comportamenti devianti.
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PARTE II: SULL’INTERVENTO EDUCATIVO
Nelle altre due sezione presente (2.4 e 2.5) si trovano una breve riflessione sulla
figura dell’educatore e del mediatore linguistico-culturale. Nella sezione
dedicata all’educatore sono fornite direttive generali per quanto riguardo il
comportamento e i ruoli di questo professionale dentro dell’intervento
proposto. Già nella sezione del mediatore linguistico-culturale si ha sviluppato
una breve riflessione sull’importanza della partecipazione di questa figura negli
interventi educativi con i minori stranieri “Messa alla prova”, la quale presenza,
secondo la bibliografia consultata e le interviste raccolte, porta una maggiore
probabilità di successo agli interventi .
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2.1. Aspetti interculturale degli interventi con i minori stranieri Messa alla prova.
In questa sezione sono fornite informazione sui principali aspetti del lavoro
interculturali con i minori stranieri “Messa alla prova”.
Pertanto, è necessario che il professionista stia attento per non confundere una
semplice crisi identitaria adolescenziale con una crise identitaria culturale,( già
spiegata nell’ultima sezione della Parte I). È necessario deculturalizzare
l’intervento, togliere le maschere culturali, perchè molti minori stranieri
condividono gli stessi problemi e la stessa realtà che i minori italiani e perciò
non vivono la dimensione “ culturale” del loro problema.
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da sentimenti depressivi, di eccessiva timidezza, chiusura verso l’esterno,
e tendenza all’isolamento.
È anche importante considerare che molte minori sono originati di culture dove
all’infanzia è stata seguita dall’entrata nel mondo adulto e perciò questi non
hanno fatto il passaggio dell’adolescenza, fattore questo che può influenzare
molto nel loro rapporto con gli adulti.
L’altro aspetto che si deve considerare è il fatto che, conforme mostrato nella
Parte I nel presente lavoro, la devianza minorile sta diretamente legata
all’esclusione sociale e ad una situazione economica svantaggiata. Il fattore
culturale, come già visto, appare solo come un rafforzattivo nel contesto della
devianza minorile.
Pertanto, per progettare un intervento con i minori stranieri “Messa alla prova”
è importante valutare il rilievo che il fattore culturale occupa nella
problematica del minore.
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rapporti con le persone, la gestualità, la concezione nella cura di sé, la
differenza nel manifestare i sentimenti, e i modelli educativi a cui hanno
riferimento.
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confidenza in sé stessi e nell’educatore e portano avanti di maniera molto
autonoma i loro percorsi dentro dell’organizzazione.
Tenendo conto di queste dimensioni e di tutto quello che già si conosce del
minore è importante definire la specifica interculturale più presenti nella
situazione. Le domande sul fattore culture del caso, già descritte all’inizio di
questa sezione, possono aiutare il professionista in questa definizione. Nel caso,
per esempio, di un minori seconda generazione che presente un conflitto con i
genitori perchè molte volte lui non attende alle prescrizioni religiose da essi
emesse forse merite un lavoro sull’identità e sui codici comunicativi. Già
un’altro che sembra non avere crisi identitarie culturale ma che ha un
problema di comportamento inadeguato merita un lavoro di
contestualizzazione/comprensione e empatia, per imparare ad comportarsi
d’accordo con gli ambiente che frequenta considerando che i suoi
atteggiamenti possono disturbare le altre persone ( in questo punto entra
l’elemento empatia).
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più persone della rete personale del minore sono coinvolte nell’attività questo
esegue nell’organizzazione maggiore saranno le sue possibilità di successo e di
riprendere un nuovo percorso di vita. Questo perchè la sua nuova identità
socio-cultura sarà conosciuta e affermata positivamente per la sua rete
personale, in ragione dei risultalti raggiunti nell’attività sociale, rispondendo al
bisogno di riconoscimento che questi minori presentano.
Per ultimo è importante ricordare che tutti gli interventi educativi hanno dei
rischi. Lavorare con la devianza minorile significa affrontare il pericolo della
regressione e della possibilità di provocare una grande illusione per il minore, in
ragione dalla mancanza di condizione nel contesto sociale e dalle limitazioni
giuridiche che lo impediscono di portare avanti il suo progetto di vita.
Tenendo conto che il rischio di regressione, conforme spiegato nel fine della
sezione anteriore, è molto comune e frequente, si ritiene che il suo
superamento deva essere il primo e più generale obiettivo della proposta di
intervento che un professionista venga a progettare per i minori stranieri “Messa
alla prova”, pertanto, la tipologia dell’intervento assume un carattere socio-
educativo e riguarda più strettamente la prevenzione di atti devianti ( anche
chiamato microcriminalità).
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Oltre quegli elementi specifici l’intervento deve cercare di fornire ai minori un
spazio di accoglienza che trasmetta affetivitá e che gli coinvolga all’interno
della vita associativa, dandogli una dimensione di appartenenza, che inizia
nell’ambito associativo e si amplia alla appartenenza al quartiere, alla città e
poi al paese dove essi residono.
Alla fine, importante che l’intervento possieda sempre una figura adulta di
riferimento molto chiara e legittimata dentro dell’organizzazione. Questo
professionista, normalmente un educatore, sarà come un tutor e deve
rispondere per il giovane, aiutandolo davanti le situazioni difficile che possono
avvenire.
Come detto nella sezione anteriore, la scelta del tipo di intervento per i minori
“Messa alla prova” deve dipendere di una valutazione delle risorse e dei punti
di forza dell’organizzazione e, principalmente, di una valutazione dei bisogni e
delle rirsose del minore.
É dentro dei micro-obiettivi che il fattore culturale appare più chiaro, perciò è
focalizzando l’attenzione in questi elementi che si deve partire alla scelta dei
metodi, degli strumenti e della tipologia delle attività che saranno utilizzate
nell’intervento.
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In questo processo di scelta sono state definite le possibili ipotesi per i micro-
obiettivi concernenti al fattore culturale presente nella problematica della
devianza minorile straniera.
2.3.1.Metodi
I metodi sottodescritti sono stati scelti perchè oltre la loro adeguatezza alla
proposta dell’intervento e alle sue particolarità ( il pubblico target e il
contesto), sono adattabile all’uso della Pedagogia Interculturale, intesa come
un metodo di lavoro educativo che obiettiva la creazione di canale di
conferma dell’identità culturale di ognuno senza riduzionismi, affermando e
valorizzando le differenze culturali.
L’uso della Pedagogia Interculturale viene anche applicato nella visione delle
culture e nel modo con cui il professionista deve gestire in contatto con i
lminore straniero. Questa pedagogia richiede una prospettiva fluida e
interattiva del fattore culturale in cui le culture sono intese come qualcosa in
continua trasformazione, riformulate negli scambi tra le persone. In questo
caso, il professionista deve considerare che ogni contesto trova dati culturali e
sociale mescolati e riletti da ogni persona d’accordo con le sue scelte
personali, dinamiche familiari e sociali. Avere questo sguardo interculturale sul
fattore culturale impedisce di ridurre le persone a stereotipi culturali e induce
ad una curiosità sull’altro, che sarà sempre un’incognita nel repertorio delle
certeza di un professionista.
22
Santerini (2007) elenca tre livelli di comprensione del percorso dello straniero
che, leggermente adattati, servono al professionista come direttive per l’uso
dei metodi e strumenti dentro del percorso con i minori stranieri a favore della
ricostruzione della loro autostima. Tale livelli già adattati a questa proposta
sarebbero:
Alcuni metodi che si ritiene adeguati alla proposta dell’intervento con i minori
“Messa alla prova” e all’utilizzo con l’educazione interculturale sono elencati
in seguito. Sono metodi che si ritiene siano complementare e che devono
essere usati d’accordo con i micro-obiettivi dell’intervento, a sapere:
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riflessione oltre che permettere all’educatore prendere le decisioni più
corrette per il percorso, principalmente in momenti critici, perchè aiuta
ad avvicinare i modelli educativi applicati con italiani e stranieri,
deculturalizzando l’intervento e rafforzando agli immigrati il senso di
appartenenza e ugualianza insieme al rispetto della diversità.
È un metodo che rafforza l’identità del minore oltre che il suo senso di
responsabilità, perchè gli chiede di gestirsi da solo in modo a portare dei
risultati positivo tanto per sé stesso come per l’attività sociale che
realizza.
24
livelli di tensioni frequentemente presente in questi contesti. Questa
tensione non favorisce ne la convivenza ne il coinvolgimento del minore
nell’attività sociale e contribuisce per un scivolamento nell’indifferenza
quanto al processo della Messa alla prova.
25
7. Metodo decostruttivo: Questo metodo inteso come la promozione della
della capacità di mettersi in questione, di ri-visitare e ri-vedere le proprie
idee, può essere utilizzato insieme al metodo narrativo, basta
l’educatore intervenga nei momenti dello scambio diracconti e porte a
un processo di riflessione più direzionata dei contenuti che emergono
nel dialogo.
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interno di ogni persona, perciò si può affermare che sta basata sulle
azioni dei soggetti. Questo metodo dell’azione parte di questa stessa
preoccupazione e cerca di incentivare e valorizzare le azioni e i
comportamenti che promuovono il dialogo interculturale.
Oltre questi metodi si ritiene che sia importante utilizzare l’educazione tra pari,
cioè, integrare il minore con altre giovani che frequentino l’organizzazione.
Questo metodo deve essere applicato con molta cura, perchè l’educatore
deve essere un strumento di avvicinamento tra i minori “messa alla prova” e il
nuovo gruppi di pari. Importante è anche scegliere quelli gruppi che possono
portare prospettive positive e arrichire il minore di nuova conoscenze e punti di
vista.
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2.3.2. Strumenti operativi e attività possibilmente utile
Gli strumenti e attività proposti in questa sezione sono stati divisi nei tre compiti
principali dell’intervento con i minori stranieri “Messa alla prova già descritti
anteriormente, ossia, accogliere, orientare e rafforzare.
2.3.2.1. Accogliere.
Cercare di accoglierlo significa non solo riceverlo dentro dello spazio fisico
dell’organizzazione ma provare di coinvolgerlo nella mission nell’organizzazione
e nel progetto dove possibilmente sarà inserito.
1. la concezione di famiglia;
2. la concezione egualitaria o inegualitaria del rapporto uomo/donna;
3. la concezione dell’educazione, dei diritti dell’infanzia o della proprietà
( autoritarismo/permissivismo);
4. la libertà religiosa e la laicità ( il religioso e il magico soo al centro della
vita);
5. la concezione del corpo, della malattia e della salute;
6. la sessualità;
7. la concezione del tempo;
8. la concezione del sacro e del profano.
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Un altro strumento che può facilitare il lavoro di accoglienza è l’elaborazione di
un accordo, scritto e firmato, tra le parti denominato “ Contratto di pace”
dove l’organizzazione individua le regole di convivenza che il minore deve
rispettare durante la sua attività nell’spazio organizzativo e il giovane delimita
alcune delle sue regole personale affinchè possa sentirsi rispettato. Questo
contratto è per guarantire l’intendimento tra le parte coinvolta nell’intervento,
e dare un senso di rispetto alle richieste del minore. In questo senso il
“contratto di pace” è un modo simbolico e informale di definire regole comuni,
per facilitare la comprensione reciproca e disponibilizzare l’altro all’ascolto.
Un altro strumento possibile di uso in questo primo momento del contatto coi
minori è il coinvolgimento di altre persone della sua rete sociale nel momento
dell’accoglienza. Questo perchè molte volte questi minori non sono abituati
ad avere la parola, ad essere ascoltati e non riescono ad esprimere bene i suoi
bisogni. La presenza di un’altra persona, di preferenza un adulto, che
partecipe di questo primo momento è importante per mediare l’inizio di questo
rapporto fra il minore, l’organizzazione e l’educatore.
2.3.2.2. Orientare
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interculturale e con lo stimolo al constante confronto, è anche un’opportuntà
di esercitare il decentramento e incentivare la curiosità per il diverso.
Nel lavoro educativo con minori stranieri “Messa alla prova” è fondamentale
la ricostruzione del percorso di vita, i significati delle esperienze vissute, il
racconto degli incontri importanti, l’individuazione degli episodi autobiografici
critici, perchè questi sono elementi che contribuiscono per la formazione di una
personalità e di un’identità.
I momenti di racconti, come già detto nella sezione anteriore, sono anche
un’opportunità di esercitare l’empatia.
Il lavoro sulla dimensione del gruppo, nel caso degli adolescenti è molto
importante, perchè loro si specchiano uno negli altri e una delle prime misure
necessari per cambiare il comportamento devianti di un minore è coinvolgerlo
in altri gruppi di pari dove il fattore di devianza non sia presenti, perchè in
questo modo, egli cercherà di adeguarsi alla nuova situazione, prendendo di
riferimento il nuovo gruppo di coetanei.
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2.3.2.3. Rafforzare
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Alla fine del percoso si ritiene che il rafforzamento possa venire come un
riconoscimento delle competenze e delle capacità del minore che può essere
fatto tramite l’applicazione del bilancio di competenze.
Il bilancio di competenza può servire come un prodotto finale del percorso del
minore, aiutandolo non solo a conoscere le competenze e le capacità che
possiede al fine del percorso, ma anche fornendo delle informazioni che gli
permetteranno di dare prosseguimento al suo progetto di vita. Attraverso
questo strumento il minore potrà conoscere anche quale sono le sue debolezze
e i punti che deve continuare a rafforzare, come per esempio, imparare meglio
la lingua, lavorare le competenze interpersonale e così via.
2.4 L’educatore
Gli aspetti cognitivi e affettivi si trattano delle idee che le persona hanno del
mondo, il quadro di riferimento di ognuno, e il sentimento che nutriscono
quanto a questo quadro.
Per definire gli aspetti soggettivi, cioè che riguardano il mondo interno
dell’educatore, si parte dalla premessa che la pratica educativa richiede al
professionista un lavoro su sé stesso. In ambito interculturale questa richiesta ha
importanza rafforzata, perchè in questi contesti l’autoconoscenza è il primo
elemento che permette il riconoscimento del proprio quadro di riferimento sulle
culture altrui, perciò un è elemento essenziale per impedire la creazione di
ostacolli alla comprensione dello straniero con cui si interagi.
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Conforme proposto per Cohen(2007), l’educatore deve prima di tutto
conoscere la propria cultura, i modi e gradi secondo i quali essa è stata
assorbita e interiorizzata, capendo gli adattamenti di essa che sono stati fatti in
funzione della sua traiettoria di vita, poichè la comprensione dell’altro e della
sua identità richiede ad ogni persona la scoperta della sua propria identità
sociale, culturale e professionale.
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Gli educatori non ricevono dagli operatori dell’Ufficio Minore molte
informazioni sulle particolarità dei casi nel momento dell’inserimento dei minori
“Messa alla prova” nelle organizzazioni, perciò una comunicazione efficace,
diventa l’unico strumento di conoscenza sul minore, principalmente nei primi
contatti.
Dopo che questi elementi del processo comunicativo hanno messo i radici di
un rapporto fiducioso è necessario che l’educatore inizi a gestire le relazioni col
minore.
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dell’educatore come figura adulta di riferimento ( ruolo che sarà meglio
spiegato nella sezione seguinte).
L’attività quotidiana con i minori stranieri deve essere portata avanti con il
constante rivedere di questo atteggiamento da parte dell’educatore che
deve facilitare l’esperienza ai ragazzi, ma anche renderla costruttiva e
promozionale, accrescendogli di fiducia in sé e nel mondo che gli circonda,
contribuindo per rendergli attivi rispetto ai propri progetti e più consapevole
dei loro diritti e dei loro doveri come cittadini socialmente inseriti.
Il ruolo di figura di riferimento è più svolto quando i minori non hanno in altre
circoli sociale altre figure adulte in cui possano rispecchiarsi e confrontarsi,
come genitori o altri parenti, in questo ambito diventano figure adulte di
riferimento gli affidatari, gli educatori e gli assistente sociali.
Oltre questo davanti i bisogni educativi legati alla adolescenza descritti nella
sezione 2.1 è importante che l’educatore supporte questi giovane nel loro
processo di costruzione dell’identità e nelle sue spinte progettuali restituindo ai
minori un’immagine fedele della nuova identità in costruzione, ossia il
professionsita deve stabilire una relazione sincera e aperta dove valute insieme
ai minori i suoi comportamenti e gli aiuti ad identificare l’identità che stanno
costruendo. Questo comprende, pertanto, mobilizare le loro risorse per
rispondere ai suoi propri bisogni. Fargli conoscere le proprie capacità e
potenzialità attraverso l’attività che svolgeranno.
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interesse e sempre con la sua consulta. Essere una figura di riferimento è anche
consultare e consigliare il minore, stando attenti però affinchè non trasmetta la
responsabilità per tutte le sue scelte al professionista.
L’educatore deve essere per natura un mediatore già che fa il legami tra i
minori e gli ambienti e gruppi che li circondono. In questo tipo di mediazione
l’educatore aiuta nel riconoscimento della fluidità delle culture e delle relazioni,
e permette al minore una ridefinizione di sé, favorendo gli aggiustamenti
identitari. Oltre questo, l’educatore svolge un ruolo di interprete dei codici di
appartenenza e esercita un tipo di mediazione identificato per in cui l’atto di
mediare diventa un processo di trasformazione e di creazione di norme che
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guidino le relazione fra le parti sulla base dall’interdependenza e dalla
collaborazione(Cohen, 2007).
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CONCLUSIONE
Lavorare con gli adolescenti, siano italiani che stranieri, non è un compito
facile, poichè questa è un’età evolutiva piena di trasformazione fisiche,
psicologiche e sociale. Il corpo cambia, la mente cambia, le relazionI
cambiano.
In questo senso, lavorare con i minori stranieri devianti “Messa alla prova” è un
compito complesso, perchè coinvolge tanto i fattori presente nel fenomeno
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della devianza minorile in generale, come i fattori culturali, ma in verità si
semplifica quando si capisce, che al di là della cultura, questi giovani cercano
soltanto di trovare un modo di essere riconosciuto e valorizzato nel mondo. Un
modo che gli piacia e che gli permetta di sentirsi soddisfatti con sé stessi e con
la propria identità.
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