L’identità di una regione geografica è determinata della sua storia, dalla cultura, dalle
sue tradizioni, e dal clima. Mentre il tempo atmosferico varia considerevolmente di
giorno in giorno, Il clima è il ripetersi del primo in un certo momento dell’anno. Il clima
di una località ha dunque dei tratti caratteristici che fanno parte anche della cultura
tradizionale e del senso comune delle popolazioni che abitano un territorio.
Fin da quando è comparso sulla terra, un milione di anni fa, l’uomo ha avuto come
obiettivo primario quello di migliorare le proprie condizioni di vita misurandosi con la
natura e con i fenomeni naturali. L’umanità in tutta la sua evoluzione sembra essere
stata condizionata da fenomeni legati al tempo e al clima: le diverse civiltà, nel corso
dei secoli, si sono confrontate con i fenomeni naturali, hanno adottato strategie di
contenimento e di previsione e hanno elaborato propri schemi interpretativi con i quali
nominare, classificare e quindi dare un significato agli eventi.
Le esigenze di base che hanno avviato e regolato il rapporto uomo/ambiente possono
essere ricondotte a due categorie principali:
Essendo parte integrante della vita quotidiana di tutti i popoli, il clima è, dunque, uno
dei fattori che hanno contribuito a formare le civiltà come oggi le conosciamo; allora
la storia delle attività umane, del mangiare e del vestire, dell’agricoltura e della pesca,
dell’artigianato si muovono in parallelo con quella del clima.
Esplorando il legame che unisce la storia delle civiltà, le caratteristiche geografiche
del territorio, la religione, lo sviluppo delle tecniche e il clima ci accorgeremo di
quanto profonda e culturale sia la conoscenza del clima della propria regione e, al
tempo stesso, di come ciascuna popolazione abbia interpretato in modo “originale” i
fenomeni naturali, integrando tale interpretazione nella religione e nella mitologia.
Le religioni, nel senso ampio del termine, dai miti, alle leggende, alla tradizione
cristiana, alle filosofie orientali hanno la loro origine in un comune denominatore:
l’impossibilità di comprendere i fenomeni naturali, di spiegare l’andamento del tempo e
il comportamento degli astri. L’incapacità di una spiegazione razionale, determinata
dalla mancanza di strumentazione e conoscenze teoriche adeguate, ha dato vita a
credenze, miti e veri e propri culti in cui spesso gli agenti naturali, principalmente il
sole, il vento, il tuono, la luna, la pioggia sono personificati da uno o più dei.
1. METEOROLOGIA E RELIGIONE
Ai tempi dell’antica mesopotamia, degli etruschi, dei greci e delle popolazioni della
mesoamerica, la religione si confondeva profondamente con il sistema di credenze e
teorie che si svilupparono per definire l’origine del mondo e per comprendere il volere
degli dei, allora identificati con le forze della natura. Le divinità venerate dalle prime
civiltà sono prevalentemente personificazioni di fenomeni atmosferici naturali.
L’origine della meteorologia si perde nei tempi antichi, discostandosi notevolmente dal
nostro concetto di scienza, basato sull’osservazione sistematica dei fenomeni, sulla
loro puntuale misurazione e sulla loro stima futura in base a modelli matematici e
tecnologie sofisticate, avvicinandosi, piuttosto, al bisogno dell’uomo di spiegare e in
una certa misura controllare i fenomeni atmosferici. I popoli antichi svilupparono, in
primis, una certa familiarità con i fenomeni celesti: alla radice di quest’interesse per
l’osservazione del cielo vi fu, presso diverse popolazioni nelle diverse epoche, la
consapevolezza o l’intuizione dell’associazione tra fenomeni del cielo e fenomeni della
terra. Le attività agricole alimentarono lo studio dei corpi celesti, una vera e propria
logica istintiva, il senso comune, veniva confermata da una serie di relazioni che si
scoprivano, ad esempio, tra il sole e le messi, che maturano proprio per effetto
dell’astro, o tra la luna e la buona riuscita di un raccolto. Probabilmente, la prima
esigenza che spinse l’uomo all’osservazione sistematica del sole fu la necessità di
determinare, di anno in anno, e con precisione il ritorno del sole nella stessa posizione
per definire l’andamento delle stagioni e il ciclo di vita legato alle principali attività
produttive.
Mesopotamia
La religione dei popoli mesopotamici adorava le grandi forze della natura, del cielo e
della terra; In particolare i fiumi Tigri e Eufrate erano generati dal Dio Enki mentre
la Dea Tiamat e il Dio Aspu simboleggiavano l’acqua dolce e l’acqua salata.
Nell’antico regno assiro il dio supremo era il sole, Assur, e Adad Dio della pioggia e
della tempesta. Nella lontana Mesopotamia del VII sec a.c. le prime osservazioni sulla
luna, il sole e gli altri astri sono state trascritte sulle famose tavolette in scrittura
cuneiforme: le Enuma- Anu_Enlil in cui sono raccolte le informazioni sulla base delle
quali si effettuano predizioni di tempeste, inondazioni, epidemie e stime di raccolti
futuri. La religione sumerica ha lasciato una forte traccia, come la festa del nuovo
anno in cui il re si univa alla Dea Inanna in un rituale che simboleggiava il cambio di
stagione e il ritorno del periodo propizio per l’agricoltura.
Come per altre culture antiche, la preoccupazione di prevedere il futuro originò in
Mesopotamia pratiche divinatorie legate alla religione come, ad esempio, l’epatoscopia
che analizzava il fegato di animali sacrificati per leggervi presagi e predizioni.
Egitto
I miti cosmogonici e la religione egizia, pur assumendo forme diverse a seconda dei
momenti storici che consideriamo, rivelano un costante sentimento di profonda
riconoscenza di questo popolo verso le divinità celesti che con la stabilità del clima e
le periodiche piene del fiume assicuravano una florida agricoltura e il benessere
collettivo.
Il Faraone AMENOFI IV (1379 a.c.) impose il culto esclusivo di un solo dio, unico e
immortale: Aton il dio del sole. Nella seconda metà del terzo millennio, durante la V
dinastia, il culto del sole divenne religione di stato, l’astro era adorato in quanto
sorgente di vita e origine dei fenomeni atmosferici; il Faraone era il figlio del sole e
divinità egli stesso.
Grecia
I greci appresero dai babilonesi che, oltre al sole e alla luna, anche altri pianeti
compivano le loro traiettorie attraverso lo zodiaco in tempi differenti e tradussero i
nomi di questi astri in quelli delle loro divinità. Nabu’ Dio della scrittura e sapienza
divenne Ermes, Ishtar fu Afrodite, Negal divenne Ares Dio della guerra e degli inferi,
Ninurta il più potente dei pianeti, sostituto notturno del sole, fu chiamato Cronos
Nella mitologia greca gli dei-pianeti correvano nella fascia zodiacale popolata, di
figure animali e umane e per questo motivo chiamata ZODIACO.
Dall’aggettivo greco zodiacos, composto da zodion “animaletto” ma anche “figurina” e
diminutivo di zoon “immagine, figura, vivente, animale”. Zodiacos come aggettivo
sottendeva il sostantivo Kuklos “cerchio o circolo” da cui circolo degli animali. La
cosmogonia dell’antica Grecia influenza e al tempo stesso è influenzata da altre
mitologie, fortissima e poi il legame con Roma. Zeus o anche zeus pateras, rivelatore
del futuro attraverso i fulmini, prende il suo nome dalla versione indiana Dyaus Pitar, a
sua volta correlato all’egiziano Ptah termini da cui deriva la parola padre.
Zeus equivale a Dyaus che divenne poi deos, deus dios, dio, quindi dio padre.
Nelle lotte tra Zeus contro nettuno e i giganti, nella mitologia greca, sono
allegoricamente descritti i grandi sconvolgimenti atmosferici del tempo, tra cui anche
il diluvio.
Athena dea dell’aria, nasce dal cielo sconvolto dal temporale e diventa la dea che
scaccia le tempeste e che con i suoi occhi lucenti riporta il sereno.
Hermes rappresenta, invece, personificazione del vento
Etruschi
Il rapporto tra gli etruschi e le divinità è centrato sulla sottomissione dell’uomo alla
divinità. Nelle credenze di questo popolo gli dei abitavano il cielo e il sottosuolo. Ai
sacerdoti spettava il compito di interpretare il volere divino avvalendosi di pratiche
divinatorie come l’aurispicina e dare indicazioni sul comportamento da tenersi. Questo
popolo venerava fenomeni celesti tra cui Usil, il sole; Il dio universale era però il
destino che l’uomo aveva la sola possibilità di indovinare. La divinazione comprendeva
diverse pratiche tra cui la mantica augurale, in cui veniva interpretato il volo degli
uccelli e l’aurispicina che prevedeva l’interpretazione delle viscere degli animali
sacrificati; anche l’astrologia aiutava gli uomini ad interpretare i segni delle divinità, la
teoria dei lampi e dei tuoni, e in particolare i libri fulgurales guidavano nella lettura ed
interpretazione di questi fenomeni atmosferici.
Romani
Popoli germanici
Gli Inca
I Maya
Il pantheon Maya rivela un popolo dedito alle attività agricole in cui le divinità si
presentavano ambivalenti nella veste di protettori e demoni. La relazione uomo- divino
era, infatti, regolata da uno stesso principio che poteva essere sia positivo che
negativo. Ad esempio la pioggia poteva far crescere i raccolti ma se in quantità
eccessiva distruggerli. Questa dualità dei fenomeni naturali veniva rappresentata
attraverso divinità duali o nei profili contraddittori di una stessa divinità.
Le divinità Maya possono essere raggruppate in quattro grandi famiglie: dei celesti,
terrestri, del tempo e delle cifre e sotterranee. Tra le divinità celesti il sole (KINICH
AHAU dio solare) e la luna (IXCHEL dea lunare) detenevano un posto preponderante e
tutto un ciclo di leggende vi si ricollega. L’arte della musica, della ceramica e della
caccia erano protette dal dio sole mentre dalla dea luna dipendevano la gravidanza, il
parto, la raccolta e la tessitura. Paradossalmente nei codici la luna è spesso
rappresentata nelle sue manifestazioni più ostili e distruttrici apparendo spesso come
dea delle inondazioni. Kinich Ahau “viso di sole” suo sposo è spesso associato e confuso
con Itzamna, il cielo “colui che sfavilla”. Come molti altri dei, Itzamna si quadruplicava
in quattro personalità diverse, una per ciascun punto cardinale, assimilabili ai Chaci dei
della pioggia, del vento, della fertilità e della vegetazione e pertanto dell’agricoltura.
L’ORIENTE
Cina
Nell’antica Cina le forze naturali e i fenomeni ad essa legati erano rappresentati nelle
vesti di divinità o demoni a seconda della loro benevolenza o ostilità verso gli uomini.
Nell’antica dinastia storica Shang (1550-1050 a.c.) il Tao è il principio che regge
l’universo e Shang-ti dominatore dell’alto cielo che dai quattro punti cardinali regola
gli eventi atmosferici. Un’arte divinatoria esercitata da stregoni era ritenuta capace
di influire sugli eventi meteorologici. Previsioni del tempo si facevano leggendo le ossa
degli oracoli e osservando fusi volanti e aquiloni dipinti e a forma di uccelli.
Del X sec a.c. nella dinastia Chou, è invece la teorie cosmogenica di due principi che
evidenzia la centralità del sole nell’antica Cina. Secondo questa teoria, i fenomeni
naturali, compresi gli eventi meteorologici e le stagioni nascono dai rapporti tra il sole
Yang e la luna Yin.
India
Nella regione dell’India gli elementi caratterizzanti del clima sono i venti e le
tempeste monsoniche. La più antica fonte letteraria della cosmogonia indiana sono i
VEDA, libri sacri in sanscrito del 1000-600 a.c. le divinità più antiche in questi testi
sono proprio gli elementi della natura: il cielo, il sole, la terra, il fuoco e l’aria
rispettivamente conosciute come Vanura, Surya, Prithivi e Agni. Indra (tempesta) fu
una divinità molto popolare che divenne dio nazionale.
3. ASTRONOMIA E CLIMATOLOGIA
Clima è una parola di origine greca e significa inclinazione. Gli antichi si erano resi
conto, osservando l’ombra di un bastone per terra, che l’inclinazione dei raggi solari
varia nel corso dell’anno e che questo aveva come conseguenza il diminuire o
l’aumentare della temperatura dell’aria e la variazione delle precipitazioni. Il ciclo
climatico annuale è, infatti, in primo luogo determinato dal percorso che compie il sole
tra il Tropico del Cancro e quello del Capricorno. La dipendenza del clima dal percorso
del sole spiega come nelle prime fasi della civiltà, astronomia e climatologia fossero
entrambe patrimonio degli stessi sapienti, generalmente sacerdoti. In molte religioni il
sole era considerato una divinità proprio perché nel ciclo dell’anno portava
quell’energia che era fonte di vita attraverso i cicli naturali delle piante, degli animali,
delle semine e dei raccolti. L’anno agricolo ruotava intorno a calendari, solari o lunari,
che al tempo stesso ricordavano i momenti cruciali per l’agricoltura e le celebrazioni
religiose, spesso coincidenti. In tempi antichi, dunque, astronomia, climatologia e
religione si confondono l’una con l’altra e sono esercitate da sacerdoti o dignitari.
La climatologia è nata come studio dell’ambiente in cui l’uomo vive e dove cerca di
coltivare e allevare (Bernacca, 1991). È possibile risalire alle origini della climatologia
analizzando le interpretazioni che i primi uomini hanno dato del manifestarsi di certi
agenti, come hanno analizzato ed interpretato il comportamento dei corpi celesti e in
che modo è stato disegnato il passaggio dal mito alla scienza intesa in senso moderno.
La meteorologia e la climatologia sono le due interferenze naturalistiche che più
influiscono sulla letteratura popolare e sul folklore, sui miti; la comprensione profonda
di questi riti e di queste tradizioni che fanno parte della nostra cultura è legata alla
comprensione di fenomeni naturali come quelli del clima. Le varie culture e civiltà,
delle quali le religioni del mondo sono espressione, hanno in comune il profondo legame
esistente tra i fenomeni naturali, la loro osservazione, la regolazione delle attività, la
religione, le tradizioni e le superstizioni. In quest’ottica la storia del clima diviene
storia dei popoli e della loro cultura.
5) IL CALENDARIO ED IL SOLE
I calendari più antichi sono stati realizzati basandosi sul percorso del sole così come
viene osservato dalla terra. I sacerdoti osservavano il corso del sole e ne calcolavano i
tempi di ricorrenza con metodi molto semplici; ad esempio misurando giorno dopo
giorno la lunghezza massima dell’ombra del bastone.
Naturalmente lo schema descrittivo relativo al ciclo annuo del sole è soltanto una
parte dei complessi fenomeni che danno luogo alla distribuzione dei differenti climi sul
nostro pianeta. In effetti, la macchina del clima è come un insieme di scatole cinesi
che a partire dal fenomeno fondamentale del ciclo del sole mette in moto una serie di
fenomeni più complessi a scala globale e locale. Il calendario è uno strumento
fondamentale per una civiltà poiché consente di regolare le attività agricole e di
sancire le festività religiose, molte civiltà dunque si ingegnarono per costruirne uno
basandosi sul sole o sulla luna.
I Maya
Come per tutte le civiltà di tipo agricolo la determinazione del ritmo delle stagioni
era indispensabile per assicurare il successo dei raccolti, era, infatti, necessario
lavorare i campi, seminare effettuare il raccolto nei momenti propizi e favorevoli. Il
calendario aveva appunto il compito specifico di determinare quei momenti. Il
calendario Maya era profondamente originale e, unico nel suo genere, rivela una
precisione sbalorditiva soprattutto se consideriamo che i preti astronomi credevano
che la terra fosse piatta come un disco e non pensavano che girasse intorno al sole. I
Maya seppero predire con esattezza le eclissi e scrissero su delle tavole gli
spostamenti di Venere con una precisione tale che ancora stupisce gli studiosi. I Maya
avevano due calendari; il calendario sacro Tzolkin, riservato alla divinazione, e il l’Haab
un calendario solare e agricolo composto da 365 giorni.
Il Calendario Azteco o Pietra del Sole è un grande calendario di pietra nel quale è
descritta con geroglifici e immagini la storia del mondo secondo la concezione azteca.
Il calendario, un tempo, era posto su una piattaforma a metà della grande piramide
della capitale Tenochtitlán, la città costruita sulle isole del Lago Texcoco. I geroglifici
su questo monolito (un tempo dipinto a colori vivaci) illustrano il complesso mondo della
cosmogonia azteca, e da esso si potevano trarre informazioni per la previsione delle
eclissi solari. Al centro si trova la maschera grottesca del dio solare, Tonatiuh, con la
lingua penzoloni per indicare la gran sete di cui soffre, che lo spinge a chiedere
sempre nuovo sangue di sacrifici umani, che gli veniva regolarmente offerto per
placare l'arsura e aiutarlo a svolgere la sua opera. I sacerdoti consultavano questa
pietra per leggere il destino di ogni neonato al momento della nascita.
I Romani
Nei primi tempi i Romani usavano un calendario di 354 giorni, diviso in dodici mesi;
ogni mese durava quanto un ciclo di fasi lunari, alternando il conto dei giorni del mese
stesso in 29 e 30 giorni. Il calendario prevedeva delle feste e cerimonie per
sottolineare i momenti più importanti dell’anno; le Fasi della vita delle piante, degli
animali, il raccolto d’estate e d’autunno, e il riposo d’inverno. La tradizione cristiana
riprenderà in gran parte queste festività che hanno una base insieme astronomica,
climatica e rurale adattandole alla religione cristiana
Calendario Giuliano
Con il passare dei secoli gli “astronomi” riscontrarono un disaccordo di circa tre mesi,
tra le stagioni e la data relativa sul calendario. Ai tempi di Giulio Cesare si pose
rimedio a questo problema, adottando la riforma proposta dall'egiziano Sosigene.
Fissando, solo per quell'anno, una durata anomala di 445 giorni divisi in 15 mesi, per
poter recuperare i 3 mesi di scarto rilevati. Per gli anni successivi si decise di
suddividere l’anno in 365 giorni diviso in dodici mesi, aggiungendo un giorno ogni 4 anni.
Fu fissata anche la durata in giorni dei singoli mesi così come la si usa ancora oggi: il
Calendario Giuliano rimase in vigore, nei paesi cristiani, fino al 1582.
Calendario Gregoriano
Questo Calendario fu introdotto dal papa astronomo Gregorio Xlll nel 1582, per
correggere il precedente Calendario Giuliano voluto da Giulio Cesare. In quell’anno ci
si accorse, infatti, che l'equinozio di primavera cadeva l'11 marzo; nel 1582 si era così
accumulato un ritardo di 10 giorni, per cui Gregorio Xlll stabilì che il giorno successivo
al venerdì 4 ottobre 1582, divenisse sabato 15 ottobre, riportando così la data
dell'equinozio di primavera al 21-3. Questo sistema di calendario venne
immediatamente adottato dai paesi di religione cattolica, ed in seguito anche dalle
altre nazioni: nel 1700 in Norvegia e Danimarca, nel 1752 in Inghilterra, nel 1918 in
Russia e nel 1932 in Grecia.
Come più volte abbiamo ricordato, la vita quotidiana e il benessere di una popolazione è
da sempre legato all’agricoltura e dunque al clima di una data regione. In molte culture
antiche il 25 dicembre è ricordato e celebrato come un giorno di festa. Nell'anno
liturgico cristiano il Natale ricorda la nascita di Gesù Cristo, che nella Cristianità
occidentale cade il 25 dicembre, in realtà, questa festa era già presente nelle culture
europee precedenti al Cristianesimo, come "tempo di attesa del nuovo sole solstiziale",
legata alle feste periodiche di rinnovamento, celebrate in tutte le civiltà e
caratterizzate da rituali che simbolicamente sono legati alla chiusura di un ciclo
stagionale e all'apertura di quello nuovo. I nostri antenati avevano notato che il sole
sembra abbassarsi verso sud sino alle date del 21-22 dicembre, il solstizio di inverno,
per poi riprendere nuovamente il suo movimento ascendente. Essi credevano che
durante questo periodo il sole morisse per tre giorni per poi resuscitare il 25
dicembre. I popoli antichi che credevano di poter influenzare il volere degli dei con
offerte e celebrazioni festeggiavano la rinascita del dio sole proprio il 25 dicembre.
Nell'antica Roma dal 17 al 24 dicembre si festeggiavano i Saturnali in onore di
Saturno, dio dell'agricoltura ed era un periodo dove si viveva in pace, si scambiavano i
doni, si festeggiava l'uguaglianza ritrovata e si facevano sontuosi banchetti.
I Saturnali erano due: Natale e Carnevale. Con il Natale non si festeggiava la nascita
di Gesù ma la rinascita del Dio Sole dopo tre giorni dal solstizio, cioè quando le
giornate mostravano la tendenza ad allungarsi e la luce portava la speranza nella
nascita della vita. Il Carnevale veniva festeggiato più o meno nello stesso periodo. I
festeggiamenti non duravano un solo giorno, e il Carnevale era prolungamento della
festa “natalizia” come dire che era conseguenza del Natale. I romani, infatti,
abolivano, in seguito ai festeggiamenti per il solstizio, una serie di leggi e regole
sociali per permettere allo spirito primitivo dei festeggiamenti di emergere. Il
Carnevale, come lo festeggiamo ora, rappresenta proprio l’uscita dalle norme concessa
in quel lungo periodo di baldoria. Ai Saturnali seguivano le Calende, dedicate
all'avvento del nuovo anno. In occasione di queste feste, che duravano tre giorni, le
case venivano addobbate con sempreverdi e lumi, e si festeggiava con canti, danze e
scambi di doni.
Con il culto della divinità della luce Mitra, il 25 dicembre venne dedicato alla rinascita
del Sole, dopo il Solstizio d'inverno (giorno più breve dell'anno dopo il quale le
giornate iniziano lentamente ad allungarsi).
Nel 274 d.C. l'imperatore Aureliano decise che il 25 dicembre si festeggiasse il Sole.
La scelta del periodo solstiziale per celebrare la Natività di Cristo (Gesù non risulta
essere nato il 25 Dicembre in nessun Vangelo), venne introdotta nel quarto secolo nei
territori dell'Impero Romano, più tardi nei paesi orientali. La Chiesa, fece coincidere
il Natale con una festa romana già esistente in modo che la nuova religione fosse più
facilmente accettata.
Il natale posto il 25 dicembre, in coincidenza del solstizio di inverno è insieme il
ricordo delle antiche feste pagane per il ritorno del sole e la nascita di Cristo. Con il
passare degli anni ogni popolo, ogni villaggio, ogni paese ha contribuito a creare
abitudini e credenze, da cui sono sorti simboli, ma il nucleo fondante di questa
celebrazione è rimasto invariato. Le feste sono dunque realtà antichissime,
riconvertite o rinomate, che ci portiamo con noi da millenni e, a quanto pare, servono a
celebrare una sola cosa, la più importante: la rinascita della vita.
BIBLIOGRAFIA
x Affronti F. Atmosfera e meteorologia. Dai miti del passato alle prospettive del
futuro. Ed. S. T. E. M. Mucchi, Modena, 1977.
x Aveni, A. Imperi del tempo. Calendari, orologi e culture. Bari, Dedalo, 1993.
x Palmieri S. (a cura di), Il mistero del tempo e del clima, CUEN, Napoli, 2000.