In ambito valutario le cose sono andate un po' diversamente: le “solite” valute rifugio si sono di nuovo
apprezzate contro EUR e contro USD, di circa 1.8% sia per il CHF che lo JPY contro USD, qualcosa meno
contro EUR. Proprio qui sta la novità, generalmente in situazioni a rischio conflitto, il dollaro tende a
recuperare... questa volta invece EURUSD è andato a favore dell'EUR, non di molto, ma comunque nella
direzione opposta a quello che ci si poteva aspettare.
Una parte della spiegazione del movimento del dollaro potrebbe venire dalle materie prime che in alcuni casi
sono veramente decollate, per motivi diversi: la parte energia ha messo a segno un +6.86% sulla settimana
ovviamente a causa dei problemi sull'offerta. Preoccupazioni che l'Arabia Saudita non è riuscita ad attenuare
più di quel tanto promettendo un aumento di produzione. I metalli preziosi sono invece saliti per la reazione
al “risk off” dei mercati.
È ancora più difficile del solito cercare di capire cosa potrebbe succedere nelle prossime settimane. Dopo lo
scotto iniziale il mercato potrebbe entrare in una modalità “buy the dips” e far ripartire il rally, oppure
potrebbe pensare di restare alla finestra, aspettando l'evolvere della situazione, rendendo tutto più
complicato.
Matteo Nobile 20110226
Negli ultimi giorni, si è creata una forte discrepanza tra gli articoli che si potevano trovare sui giornali e i
bollettini sui mercati di bloomberg o reuters.
Se sui quotidiani si dava risalto a feriti, morti e all'evolvere della crisi in Libia, i bollettini erano tutti un
susseguirsi di ipotesi e valutazioni su quanto potrebbe succedere al PIL statunitense o europeo a causa
della situazione libica.
Probabilmente una cosa naturale, ma allo stesso tempo con un sapore piuttosto cinico.
Il problema è dovuto alla partita che le banche centrali stanno giocano: i problemi strutturali che hanno
portato alla crisi del 2008 non sono, in fondo stati risolti. Uno di questi problemi, l'enorme differenza di
competitività tra le economie sviluppate e quelle emergenti è stato affrontato aumentando a dismisura il
debito pubblico, in particolare negli USA.
L'aumento del bilancio dovrebbe portare ad una svalutazione della propria valuta, rendendo
automaticamente più competitivo il proprio paese.
La contropartita a queste operazioni è il rischio inflazione. Per certi versi, in una nazione indebitata, far
perdere valore al denaro, quindi al debito, sembrerebbe un doppio vantaggio. La massa di debito resta
nominalmente costante, ma i beni reali (PIL) salgono grazie all'aumento della competitività, quindi la
copertura del debito stesso risulta migliore e in teoria più facile da rimborsare.
Il problema è che questo è vero se l'inflazione che si ottiene è quella “benigna” dovuta ad un aumento della
produttività, una riduzione della disoccupazione e un aumento del valore dei beni reali (sia dato dalla
svalutazione stessa, sia da un aumento di domanda).
Se invece l'inflazione la si importa, le cose risultano un po' diverse.
Tanto per avere qualche numero, il prezzo delle case statunitensi, nel 2009 toccò il minimo secondo
l'indicatore CaseShiller20 portando l'indice a 139 (da 206 nel 2006). Al rilevamento di fine dicembre 2010, lo
stesso indicatore riportava a 143, circa 2% sopra il minimo.
Nel frattempo, il prezzo dell'oro in dollari è passato da circa 900 a oltre 1400 con un rialzo di oltre il 50%.
Anche stornando l'aumento del prezzo dell'oro dovuto ad altri fattori, ad esempio togliendo l'aumento del
prezzo dell'oro in CHF, salito da 1000 a 1300, del 30%, si ha comunque una differenza del 20%.
In altri termini, se consideriamo il prezzo delle case come “approssimazione” dei beni reali USA e il prezzo
dell'oro come bene reale mondiale, notiamo come all'aumento del 20% del prezzo dei beni internazionali non
ha corrisposto un aumento dei beni reali nazionali.
Molto positivo per spingere i consumatori a preferire i beni prodotti localmente, devastante se si deve
comunque dipendere dal greggio e dalle materie prime in generale prodotte in giro per il resto del mondo.
La difficile partita giocata dalle banche centrali è quindi quella di provare a continuare a immettere liquidità
per migliorare la competitività e allo stesso tempo evitare di importare uno tsunami di inflazione tramite
materie prime e beni importati in generale.
La paura dei problemi libici ed eventualmente in medio oriente, riguarda quindi il rischio che il prezzo del
greggio, al quale l'economia USA è particolarmente sensibile (20 usd sul greggio = 1% di Pil) possano salire
in modo incontrollato per uno choc di offerta, oltre che all'aumento della domanda data dai paesi emergenti,
in particolare quelli asiatici.
Matteo Nobile 20110226
Funds
ISIN Name Price 1 week 1 month 3 month YTD Vola30 Vola90
BE0943877671 PETERCAM B FUND-BONDS EUR-B 60.95 -0.07 -0.43 -1.39 -0.13 3.60 3.84
LU0128490280 PICTET-EUR BONDS-P 398.45 -0.27 0.14 -1.19 -0.05 2.72 2.94
LU0106258311 SCHRODER INTL GL CORP BD-AAC 8.62 0.47 0.23 0.47 1.06 2.47 3.24
LU0189893018 SCHRODER INTL GLB HI YD-A$ 31.77 0.10 1.44 4.89 3.65 2.10 4.01
LU0170994346 PICTET-GLOBAL EMERG DEBT-HP€ 185.54 -0.19 -1.35 -2.99 -1.14 5.36
LU0340553949 PICTET-EMERG LOCAL CCY-HP€ 116.87 -0.26 -0.19 -1.38 -1.49 10.73
Sul credito, le curve non si sono mosse abbastanza e tanto il petercam che il pictet non sono riusciti a
completare una settimana positiva, con il pictet bond che porta un risultato tanto negativo da tornare sotto la
pari da inizio anno. Va meglio al mondo del credito che può contare sul “carry”.
Va male per gli emergenti, sia emessi in valuta forte sia emessi in valuta locale. In teoria, l'indebolimento del
dollaro dovrebbe favorire entrambi, in pratica il “risk off” di questa settimana è stato tale da dare maggior
risalto alla fuga.
Non fanno meglio nemmeno gli absolute return. Presi nel caos di tassi, valute, rischi inflazione e rapide
inversioni di mercato.
E non fanno bene, ovviamente, nemmeno i prodotti azionari che lasciano sul terreno dal 2.61% per i mercati
europei fino a quasi il 5% per i mercati mondiali (carmignac ha una buona esposizione tanto agli emergenti
quanto ai dollari). Se la cava un po' meglio il fondo sulle commodities che però, evidentemente, è più
esposto all'agri e i metalli industriali che non all'oro e l'energia.