ROMA 2007
La presente pubblicazione è stata curata
dall’Ufficio Navale
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COMANDO GENERALE DELLA
GUARDIA DI FINANZA
L’ARCHITETTURA
GUARDIA DI FINANZA
ROMA 2007
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PRESENTAZIONE
La presente pubblicazione è un contributo che la Guardia di Finanza ha voluto
fornire all’evento culturale “VII settimana della lingua italiana nel mondo”,
organizzato dal Ministero degli Affari Esteri, Direzione Generale per la
promozione e la cooperazione culturale, al fine di promuovere la lingua e la
cultura italiana nel mondo.
Lo scritto, elaborato nell’ambito del tema “il linguaggio ed il mare” a cui è
dedicata la “VII Settimana”, tratta l’architettura del naviglio storico della
Guardia di Finanza, ovvero di quelle unità navali che hanno segnato la storia del
Corpo nell’attività di vigilanza doganale marittima e nell’azione di contrasto al
contrabbando. In particolare, gli otto capitoli su cui si articola la pubblicazione
sono dedicati interamente a diverse classi di unità navali – le scorridore, tipiche
imbarcazioni a vela delle Marine di Finanza degli Stati preunitari, per
combattere il contrabbando lungo le coste dello Stato Pontificio, le torpediniere
per la vigilanza lacuale e lagunare, i rimorchiatori dragamine utilizzati durante
il secondo conflitto mondiale, le vedette classe Monti, impiegate per la vigilanza
e repressione del contrabbando nelle acque internazionali, le siluranti Dark, i
guardacoste classe Grasso e Gabriele, i guardacoste classe Meattini e le vedette
veloci classe Drago - che hanno costituito l’ossatura della linea operativa del
Corpo dalle origini sino all’epoca recente del contrasto delle bionde.
Al riguardo, di assoluto interesse sono i piani di costruzione e le specifiche
tecniche delle citate unità navali, recuperate dall’archivio dell’Ufficio Navale del
Comando Generale della Guardia di Finanza e, per quelle più storiche, dagli
archivi dell’Associazione Navimodellisti Bolognesi che si ringrazia per la gentile
concessione e collaborazione.
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L’ARCHITETTURA
DEL NAVIGLIO STORICO DELLA
GUARDIA DI FINANZA
PRESENTAZIONE pag. 4
CAPITOLO I
CAPITOLO II
CAPITOLO III
CAPITOLO IV
CAPITOLO V
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CAPITOLO VI
LE SILURANTI
CAPITOLO VII
CAPITOLO VIII
CAPITOLO IX
CAPITOLO X
10.1 Il dispositivo dalle origini del servizio navale al XXI secolo pag. 94
10.2 I Comandanti della scuola nautica dalle origini ad oggi pag. 98
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CAPITOLO I
1.1 Le Scorridore
Agli inizi del 1800, nel Regno delle Due Sicilie, la tutela degli
interessi finanziari ed economici venne affidata alla Direzione
Generale dei dazi indiretti attraverso la costituzione di un ‘’servizio di
mare” la cui flotta comprendeva imbarcazioni minori tra cui le
Scorridore - tipiche imbarcazioni a vela per combattere il
contrabbando - di derivazione civile che sfruttavano come propulsione
la forza eolica o a remi assicurando, pertanto, una vigilanza molto
modesta, circoscritta perlopiù agli specchi acquei portuali.
Questo tipo di unità navali, unitamente alle paranze, ontri e gozzi, a
cui furono attribuiti compiti di polizia delle coste, costituirono in
sostanza una vera e propria marineria doganale, impegnata nella
repressione del contrabbando e nello svolgimento di un servizio di
avvistamento e segnalazione, contro le incursioni delle unità anglo-
sicule, che tormentarono le coste del regno meridionale durante la sua
breve esistenza.
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1.2 Illustrazioni fotografiche delle Scorridore
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CAPITOLO II
2.1 La Torpediniera
Nella seconda metà del XIX secolo, gli stati maggiori delle marine
europee cominciarono ad interessarsi con fiducia eccessiva alle
siluranti, considerate un mezzo efficace e poco costoso per difendere
le proprie coste in caso di guerra.
Prese piede in quegli anni la concezione di sostituire alle corazzate,
concentrazione massima di potenza offensiva e difensiva, il principio
della divisione del lavoro, dando vita ad una grande quantità di
bastimenti leggeri e veloci, specializzati in una determinata funzione,
quali le cannoniere, le torpediniere e gli incrociatori.
In particolare il secondo modello di unità era destinato alla
costituzione di cordoni difensivi lungo le coste.
Inizialmente le torpediniere si dimostrarono incapaci di tutelare una
fascia di mare di sufficiente profondità; inoltre gli scafi temevano il
tempo cattivo e i siluri colpivano raramente il bersaglio.
Negli anni successivi le torpediniere si trasformarono in unità sempre
più grandi e meglio armate, dislocamenti superiori anche a 100
tonnellate con scafi leggeri dalle forme molto affilate, le cui caldaie
potevano imprimere una velocità anche di 24/25 nodi, il massimo che
fosse allora possibile ottenere. Purtroppo, la ‘’leggera costruzione”, sia
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degli scafi che degli apparati motore, portò ad un precoce
invecchiamento delle unità.
Le sistemazioni per l’equipaggio a bordo erano ridotte al minimo e
non offrivano alcun conforto. Con mare cattivo i colpi di mare
spazzavano continuamente gli scafi, sottoponendo gli uomini a prove
assai dure. Se un gruppo di queste piccole navi doveva affrontare un
lungo trasferimento, come talvolta accadeva, gli equipaggi arrivavano
a destinazione estenuati e incapaci di affrontare altre situazioni di
emergenza se non dopo un periodo di riposo. Molto aleatorio era,
peraltro, altro l’impiego delle Torpediniere, soprattutto quelle di
ridotte dimensioni, con le unità maggiori della squadra. Gli scafi sottili
spesso non potevano stare alla fonda a ridosso delle corazzate e
occorreva ormeggiarli in porto per permettere agli equipaggi di
dormire, al fine di conservarsi efficienti. Nei primi anni del ’900 si
usava distinguere queste navi in ‘’Torpediniere costiere’’ e
‘’Torpediniere d’alto mare’’; le prime, appartenenti per lo più ai
vecchi tipi, avevano dislocamento minore e ridotte capacità di
affrontare mare aperto e tempo cattivo; le seconde, più grandi,
potevano spingersi più al largo e operare assieme alle navi della flotta.
L’entusiasmo per le torpediniere non contagiò in modo eccessivo gli
ambienti della Marina Italiana. Si acquistarono e costruirono
torpediniere per la difesa costiera o per compiti offensivi, ma senza
perdere di vista la costruzione delle navi maggiori.
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In particolare le unità torpediniere classe ‘’Euterpe’’, classificate come
torpediniere costiere di IV classe, vennero acquistate dalla Regia
Marina Italiana dai cantieri Thornycroft di Londra nel 1883, per essere
imbarcate su navi da battaglia; le imbarcazioni si dimostrarono poco
pratiche per l’impiego bellico e alcune di esse furono dislocate nei
laghi di confine e nella laguna veneta per essere adibite alla vigilanza
doganale.
Dopo un periodo sperimentale, con il Regio Decreto dell’8 marzo, nr.
75, le torpediniere furono cedute alla Regia Guardia di Finanza per le
esigenze del Servizio Navale.
Private dei tubi lanciasiluri e dotate di un proiettore di generose
dimensioni, installato su un traliccio metallico, le torpediniere vennero
inizialmente utilizzate quale ‘’cordone di vigilanza doganale’’ a difesa
dei confini marittimi. Nel corso del primo conflitto mondiale furono
impiegate per la difesa foranea di Venezia e nell’ambito della
‘’Flottiglia del Garda’’, alle dipendenze della Regia Marina.
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rappresentato la frontiera tra lo Stato italiano e la Svizzera, che occupa
la parte settentrionale del bacino del Verbano.
La torpediniera T 19 LOCUSTA, facente parte del lotto di unità cedute
dalla Marina militare italiana alle Fiamme Gialle, scafo in acciaio
Bessemer lunghezza 20,12 metri, larghezza 2,44, dislocamento 16
tonnellate, caldaia a vapore da 150 HP in grado di assicurare la
velocità massima di 20 nodi, venne assegnata al Comando di Cannobio
(VB), sede ancora oggi della Squadriglia della Guardia di Finanza che
opera sulle acque del lago Maggiore.
La sera dell’8 gennaio 1896, l’unità navale con un equipaggio misto di
marinai e finanzieri, lasciò gli ormeggi per un servizio di vigilanza e
sorveglianza notturna lungo la linea di confine. (Tempo buono cielo
scuro, fredda brezza proveniente dal nord della vicina Svizzera).
Nel corso della notte un subitaneo cambiamento delle condizioni
ambientali, vide le acque del lago agitarsi in modo tumultuoso per
l’arrivo di una furiosa tempesta; tra i lampi che squarciavano le
nuvole, cariche di pioggia, la T 19 cercò un riparo dalla violenza del
vento e della furia delle acque a ridosso della riva lombarda del
Verbano.
Alle ore 00.15 i finanzieri in servizio lungo la costa notarono lo
spegnimento del faro della torpediniera. Poi più nulla!
I richiami da terra, le ricerche freneticamente condotte sin dai primi
momenti con mezzi rudimentali e del tutto inadeguati non portarono
alcun utile risultato; l’imbarcazione era stata inghiottita dalle acque,
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con il proprio equipaggio di 10 militari, senza lasciare traccia di
superstiti o relitti.
Le inchieste condotte dopo il sinistro portarono alla conclusione che la
‘’LOCUSTA‘’ era presumibilmente affondata a seguito del
capovolgimento dello scafo, sottoposto alla forza del vento, e favorito
dalle elevate dimensioni del traliccio, alla cui sommità era installato il
proiettore di ricerca notturna, che provocava sensibili condizioni di
instabilità per l’unità, soprattutto nelle accostate e/o nella navigazione
con mare al traverso.
Nel 1975, per iniziativa dell’Ufficio Storico del Comando Generale,
un equipe di subacquei romani condusse una campagna di ricerche per
individuare il relitto, con esito negativo.
Nell’autunno del 1994 i tentativi di identificazione della torpediniera
vennero reiterati con l’impiego di un sistema robotizzato di ricerca
subacquea, in dotazione ai Vigili del Fuoco di Genova, che condusse
le ricerche fino a 190 metri di profondità. Ma anche queste ulteriori e
più sofisticate ricerche non dettero il risultato sperato. Probabilmente,
a causa sia dello scafo riempitosi d’acqua che del tempo, l’unità
scivolando lungo il costone del lago ha finito per adagiarsi su di un
fondale di 270/300 metri.
Indipendentemente dall’esito delle ricerche, l’episodio
dell’affondamento della T 19 Locusta è periodicamente celebrato dal
Corpo a ricordo dei caduti del dovere, nell’ambito del servizio, che
ancor oggi vede impegnate le Fiamme Gialle nelle acque del lago
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Maggiore nella diuturna attività di polizia economico-finanziaria ed
assistenza e soccorso in favore degli utilizzatori del bacino del
Verbano, muto testimone di un episodio della storia della marineria
della Guardia di Finanza, al servizio del Paese.
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2.2 I piani di costruzione della Torpediniera
Piano trasversale
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Piano di costruzione (lines)
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CAPITOLO III
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costruita nel 1909 presso il cantiere navale San Rocco di Trieste, per
l’esigenza di vigilanza marittima delle dogane imperiali.
Negli ultimi anni del regno Francesco Giuseppe, il piroscafo venne più
volte utilizzato dall’imperatore per brevi crociere lungo il litorale
istriano e le coste dalmate. La nave, trecento tonnellate di
dislocamento, scafo in ferro, propulsa da una caldaia a vapore in grado
di sviluppare una potenza massimo di oltre 600 HP, era caratterizzata
da un allestimento tipico per un battello di rappresentanza piuttosto
che per un’imbarcazione per il contrasto del contrabbando.
Il ‘’Generale Turba” trovò impiego nell’addestramento dei primi
frequentatori della scuola Nautica della Guardia di Finanza, costituita a
Pola nel 1926, la cui istituzione venne fortemente perseguita dal
Capitano Rossi, che seppe imprimere professione e dinamismo
nell’attività di formazione degli equipaggi del Naviglio del Corpo.
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coste adriatiche, venne radiato dal quadro del naviglio del Corpo e
mestamente avviato alla distruzione.
Quale testimonianza dell’impiego del piroscafo da parte delle Fiamme
Gialle restano i ricordi personali, alcune suppellettili di pregio e la
campana di bordo, attualmente conservata presso la scuola nautica di
Gaeta.
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CAPITOLO IV
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miglia per 2.766 ore di moto e subendo, il 21 agosto 1941, alle ore
06.30, un duro attacco aereo mentre l'unità, in collaborazione col
dragamine ausiliario R.189 (Santa Gilla) si trovava intento ad operare
in una missione di dragaggio a sciabica nelle acque al traverso di
Pozzallo. Nell'azione cadde eroicamente il comandante, Brigadiere
Francesco Mazzei e due membri dell'equipaggio e l'unita, seppur
danneggiata, poté rientrare in porto. Il 4 settembre 1942, passato in
forza alla XL Flottiglia, il dragamine venne trasferito a Tripoli,
prestando servizio in quelle acque sino alla vigilia della caduta della
città, compiendo missioni di dragaggio, vigilanza antisommergibile e
scorte a piccoli convogli.
Alle ore 18.00 del 19 gennaio 1943, in sezione con i RR. DD. 31 e 39,
l'unità diresse per il rientro in Sicilia ma a circa 20 miglia a levante di
Zuara, la Squadriglia venne intercettata da due cacciatorpediniere
britannici ed il R.D. 36, posto al comando del Maresciallo Regia
Guardia di Finanza ramo mare Aldo Oltramonti, nell'intento di
permettere alle due unità sezionarie di porsi in salvo sulla vicina costa,
attaccò decisamente i caccia avversari ma, le precise manovre di questi
nonché l'enorme superiorità di fuoco sviluppato colpirono ed
affondarono le tre piccole imbarcazioni. Alcuni superstiti poterono
raggiungere la costa a nuoto mentre altri, recuperati in mare, vennero
sbarcati a Sfax. Lo Stendardo del R.D. 36 ed il Comandante della
Flottiglia (Tenente di Vascello Giuseppe Di Bartolo) vennero decorati
di Medaglia d'Oro al Valor Militare.
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4.2 I piani di costruzione del Rimorchiatore Dragamine
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Piano trasversale alla 2° paratia stagna da poppavia
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Piano trasversale alla 4° paratia stagna da poppavia
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Piano trasversale alla 6° paratia stagna da poppavia
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armamento: 1 cannone 75/60, 2 mitragliatrici Colt,
apparato dragaggio a sciabica e a
divergenti;
motore: caldaia a vapore, potenza 350 HP;
velocità: 13 nodi;
unità: RD 4, RD 18, RD 21, RD 25, RD 36,
RD 37, RD 11, RD 12, RD 28, RD 28,
RD 42, RD 43.
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CAPITOLO V
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polizia, presentasse anche caratteristiche di tenuta di mare, di
autonomia e di vivibilità a bordo, tali da permetterne l’impiego in
missioni di durata relativamente lunga, anche a grande distanza dalla
costa.
Nel contempo si avvertì la necessità di mantenere collegamenti sicuri
con un comando centrale, nonché con i mezzi aerei, rispetto ai quali
era prevedibile una sempre più stretta cooperazione.
La scelta cadde su un progetto presentato dai cantieri Itoyz di
Viareggio, e relativo ad un’unità da 109 tonnellate di dislocamento,
dallo scafo in acciaio lungo 33,5 metri e largo 5,38, un’immersione
media di dislocamento a pieno carico di 2,28 metri e motorizzato con
tre propulsori Fiat-Mercedes tipo MB 820 BB a ciclo diesel - quattro
tempi - ciascuno dei quali era in grado di realizzare una potenza di
tutta forza di 920 HP a 1500 giri, ed in grado di imprimere una
velocità massima di 24 nodi, che permetteva al mezzo di contrastare
agevolmente i similari natanti, impiegati dai sodalizi criminali.
L’allestimento comprendeva una radar SMA3N/10, un apparato VHF
SARAM 2ARC per l’aerocooperazione, un radiotelefono per le
comunicazioni a corto raggio, mentre quelle a lunga distanza erano
assicurate da un apparato in fonia SSB1 e da una stazione
radiotelegrafica BC348.
L’armamento era costituito da una mitragliera Oerlikon da calibro
20/70.
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Il progetto fu realizzato in due esemplari, ai quali, per evidenziare la
distinzione di impiego rispetto alle altre unità in linea, anziché il nome
di caduti in guerra fu imposto quello di due località teatro di fatti
d’arma durante il primo conflitto mondiale, ‘’Monte Cimone” e
‘’Monte Sperone”.
I due “Monti”, come vennero chiamati nel gergo della ‘’Finanza di
mare”, entrarono in servizio nel 1959, costituendo un nucleo navale di
manovra che operava alle dirette dipendenze della Centrale Operativa
istituita l’anno precedente nell’ambito del Comando Generale del
Corpo, con il duplice scopo di coordinare i centri operativi delle
legioni costiere e di condurre direttamente azioni di particolare
importanza, destinate a svilupparsi in acque internazionali.
Il Nucleo di Manovra si affermò subito come reparto di elite, sia per il
livello di addestramento e di motivazione raggiunto dagli equipaggi
che per le ottime prestazioni operative che lo componevano delle
motovedette che lo componevano; i militari dei ‘’Monti” rivestirono, il
ruolo di protagonisti delle più importanti operazioni di contrasto al
contrabbando marittimo, condotte nelle acque italiane, fino all’inizio
degli anni Settanta.
Assegnati al dispositivo di vigilanza navale della Legione di Messina, i
due Guardacoste rimasero in linea fino al 1987, quando entrarono in
linea i due Guardacoste Veloci ‘’G.80 Bigliani” e ‘’G.81 Cavaglià”,
inquadrati nel rinato Primo Nucleo Navale di Manovra, che hanno
rappresentato i prototipi di una fortunata classe di imbarcazioni
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performanti per il contrasto in acque internazionali, e le cui ultime
unità sono in via di completamento presso i Cantieri Intermarine
S.p.A. di Sarzana.
Sezione longitudinale
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Sezione trasversale
Equipaggio 16 militari.
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Apparato Motore:
n.3 motori Diesel FIAT, su licenza Mercedes Benz sovralimentati;
potenza di tutta forza cv 950 a 1500 giri;
velocità alla potenza di tutta forza nodi 24,3;
velocità di crociera nodi 11,4;
autonomia alla velocità di crociera miglia 4150;
eliche in bronzo diametro mm 1056;
passo elica mm1426/1358.
Impianto elettrico:
n.2 gruppi elettrogeni OM Benz HP 35 a 3000 giri.
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CAPITOLO VI
LE SILURANTI
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Raccogliendo le esperienze delle costruzioni diportistiche, vennero
adottate carene plananti e semiplananti a spigolo, con basso e profondo
V, oppure a tondeggiante; tali scafi veloci erano generalmente propulsi
con motori diesel di solito in combinazione con turbine a gas.
Le Dark costruite dai Cantieri Vosper di Southampton, derivano dalle
motosiluranti della precedente classe GAY, ed erano caratterizzate da
un fasciame laterale in legno a triplo strato con strutture interne e
ponte in alluminio; le unità adottarono due motori diesel veloci (Deltic
Napier o Paxman), a due tempi con propulsori opposti; la loro potenza,
pari a 2500 HP per propulsore, assicurava una velocità massima di
circa 47 nodi e l’armamento poteva variare dal cannone da 114,
integrato da mitragliere monocanna o binate da 40 mm o da
armamento leggero, completato da un numero variabile di lanciasiluri
(da 2 a 4).
Dopo un breve periodo di servizio nella Marina Militare britannica
furono messe in riserva in attesa di eventuali clienti esteri.
Nel 1965 una Commissione del Corpo effettuò un sopralluogo tecnico
presso i cantieri inglesi per trattare l’acquisto di unità classe ‘’GAY”
ma le trattative non andarono a buon fine per l’indisponibilità
dell’industria Britannica di effettuare alcuni lavori di trasformazione
dello scafo.
Al contrario l’organo collegiale propose l’acquisizione di n.8 unità
classe ‘’DARK” di proprietà della Società Vessex Power Units di
Southampton, unità caratterizzate da un dislocamento di circa 57
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tonnellate lunghe 21,7 metri e larghe 5,7 metri, dotate di buone qualità
marine, ma suscettibili di alcuni interventi tecnici di trasformazione
dello scafo e di rimotorizzazione prima dell’entrata in linea.
Nel dicembre del 1966 la Guardia di Finanza affidò alla società
Britannica l’incarico di fornire al Servizio Navale le motosiluranti
Dark alle quali vennero assegnati i nominativi di alcuni finanzieri
imbarcati sui Dragamine ‘’R.D.36” e ‘’R.D.37”, unità interamente
armate ed equipaggiate con personale della Regia Guardia di Finanza
ed affondate nel corso di operazioni belliche nel Mediterraneo
Centrale il 20 gennaio 1943.
Al termine degli accertamenti di collaudo, svoltosi in Gran Bretagna,
nel maggio 1967 le unità vennero accettate dall’Amministrazione
Finanziaria ed il 1° lotto di 4 imbarcazioni raggiunse l’Italia per i
previsti lavori allo scafo e agli apparati motori.
Al contrario il trasferimento del 2° lotto di 4 unità dall’Inghilterra fu
contrassegnato da numerose difficoltà. Infatti, a seguito di un fortunale
nelle acque dell’Atlantico, due unità si rifugiarono nel porto spagnolo
di Caraminas presso Vigo mentre le altre due imbarcazioni
raggiunsero Lisbona.
Durante la sosta nel porto iberico, avvenuta in un momento di forte
attrito diplomatico tra i governi di Londra e Madrid per la questione di
Gibilterra, i marinai inglesi, spacciandosi da prima per mercenari
assoldati per liberare l’ex primo ministro congolese Ciombè, detenuto
dal governo algerino, e, successivamente per appartenenti alla Guardia
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di Finanza, furono arrestati dalla polizia spagnola dopo una furibonda
rissa.
Superate le difficoltà burocratiche e dopo aver proceduto ad una
radicale sostituzione dell’equipaggio, le due unità ripresero la
navigazione alla volta di Gibilterra ma, incappate in un ulteriore
tempesta una delle imbarcazioni si arenò sui bassi fondali di Aveiro in
Portogallo; terminate le operazioni di recupero ed i lavori raddobbo,
l’unità raggiunse le altre imbarcazioni a Gibilterra, da dove mosse il
convoglio di quattro Dark per Genova e Livorno, dove le imbarcazioni
furono sottoposte a radicali lavori di trasformazione.
Gli interventi tecnici realizzati presso i cantieri navali liguri e toscani
riguardarono: l’eliminazione di uno strato di fasciame dai fianchi; la
costruzione di una tuga di dimensioni maggiori dalla originaria
struttura metallica, per consentire la conduzione della navigazione
dalla coperta; l’installazione delle strumentazioni di navigazione e
scoperta; lo sbarco dei propulsori originali PAXMAN e DELTIC
NAPIER a benzina e la sostituzione con i motori CRM 18 D/S diesel,
in grado di assicurare alla potenza di 1350 CV una velocità massima di
circa 27 nodi.
A conclusione dei lavori terminati tra il settembre del 1968 ed il
febbraio 1970, i guardacoste entrarono in linea e furono assegnati ai
Nuclei Navali di Manovra, la cui attività a mare largo integrava la
sorveglianza ed il controllo condotti dai Reparti dislocati sul territorio.
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Le buone qualità marine dello scafo che assicuravano la navigazione in
piena sicurezza pur in presenza di condizioni meteomarine sfavorevoli,
furono immediatamente apprezzate dagli equipaggi.
La razionale disposizione dei locali interni comportava una
separazione fra i locali di vita posti sotto coperta, e gli spazi operativi
della plancia e controplancia, ubicati sul ponte dell’unità.
La motorizzazione con propulsori dalle prestazioni più contenute in
termini di potenza e velocità, rese i guardacoste classe Dark
particolarmente idonei al contrasto delle imbarcazioni dei trafficanti,
che cercavano protezione mescolandosi al naviglio da pesca ed al
traffico mercantile.
Severamente impegnate negli scenari operativi dell’Adriatico e delle
acque meridionali della penisola, le Dark fornirono un valido supporto
alle attività di contrasto dinamico, assicurando una costante presenza
nel settore operazionale e fornendo valido ausilio all’attività di
soccorso in mare.
Nella prima metà degli anni ottanta le Dark furono interessate ad un
ciclo di grandi lavori allo scafo per garantire la piena efficacia dei
mezzi e la massima sicurezza al personale imbarcato, e,
nell’occasione, per fini sperimentali sul G.74 Laganà furono installati
una coppia di motori Isotta Fraschini (ID36SS12V) in grado di erogare
una potenza massima di 1450 CV a 1800 giri assicurando una velocità
di circa 26 nodi, in sostituzione dei precedenti CRM, mentre il
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sottosistema telecomunicazioni venne opportunamente integrato con
apparati per le comunicazione sulla banda HF.
L’entrata in servizio, a partire dal 1987, dei guardacoste veloci G.80
BIGLIANI e G.81 CAVAGLIA’ e delle successive classi Corrubia e
Bigliani II e III serie, comportò l’assegnazione della classe Dark a
compiti di vigilanza costiera, sino al termine della vita operativa degli
scafi, progressivamente radiati a decorrere dal 1989.
L’ultima unità ad essere dismessa dal servizio dopo trenta anni di
intenso impiego operativo fu il G.77 VITALI, che nel settembre del
1968 era stato il primo guardacoste classe Dark a far parte della flotta
delle Fiamme Gialle.
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6.2 I piani di costruzione della classe Dark
Vista esterna
Piano longitudinale
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Sezione A guardando prora
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Sezione C guardando prora
Dimensioni principali:
Apparati motore:
Impianto elettrico:
gruppo elettrogeno arona con motore tipo LA25 HP24 a giri 1500;
alternatore Le Roy tipo MA180 M3 Kw 12H 2.50 - coss.08;
motorino di avviamento tipo Bosch n.2;
batteria cumulatori al piombo n. 10 da volts 12;
proiettore tipo marina militare a 24 volts con lampada da watt 2000 e
persianetta per segnalazione;
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CAPITOLO VII
Le unità navali di medie dimensioni, che dalla metà degli anni '50,
furono destinate alla vigilanza del confine marittimo, furono
denominate Guardacoste Litoranei.
Precedentemente con la medesima classificazione vennero identificate
alcune unità navali, già appartenenti al servizio di vigilanza doganale
jugoslavo, entrate in linea nella flotta del Corpo nel 1941, a seguito
dello smembramento dello stato balcanico, sconfitto dalle forze
dell’Asse, e restituite al governo di Belgrado al termine delle ostilità.
In particolare furono incorporate nel naviglio della Regia Guardia di
Finanza; si trattava di otto motovedette già appartenute
all'amministrazione doganale jugoslava.
Le unità, di costruzione relativamente recente (erano state costruite ad
Amburgo nel 1922), avevano un dislocamento di 40 tonnellate ed
erano in buone condizioni di efficienza.
Furono trasferite quasi subito a Brindisi dopo essere state ribattezzate
con nomi di caduti del Corpo nella seconda guerra mondiale:
"Accordi" (già "Milos Obelic") - "Attanasi" (già "Vuk Maadusic") -
"Fais" (già "Jug Bogdan") - "Feroldi" (già "Kralijevic Marko") -
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"Meattini" (già "Junac Nezzani") - "Salerno" (Senjamin Ivo") -
"Mazzei" (già "Velebit") - "Cappelletti" (già "Moros").
Ad eccezione della "Meattini", affondata il 12 settembre 1943
all'imboccatura del porto di Brindisi a seguito della collisione con il
sommergibile polacco "Sokol", e della "Cappelletti" e della "Mazzei",
che continuarono ad operare nel Tirreno anche dopo il termine del
conflitto, le motovedette furono concentrate nel novembre 1943 ad
Augusta e successivamente trasferite a Malta per essere riconsegnate
agli juogoslavi.
Entrarono a far parte del naviglio del Corpo, oltre ad unità minori,
anche due navi doganali già austro-ungariche, l'"Openac", da 238
tonnellate, ed il "Cer", da 180, varate a Trieste il primo nel 1898 e il
secondo nel 1894. Ribattezzati, rispettivamente, "Galiano" e "Smalto",
i due piroscafi furono anch'essi trasferiti in Italia; lo "Smalto",
dislocato a Crotone, fu distrutto da una mareggiata nel febbraio del
1943, dopo essersi incagliato nei pressi di Capo Colonne nel tentativo
di sottrarsi ad un attacco aereo.
Il "Galiano", dopo aver operato da porti pugliesi fino all'armistizio, fu
trasferito nel novembre 1943 ad Augusta, dove rimase fino alla
restituzione alla Juogoslavia, nel 1945.
I Guardacoste Litoranei entrati in linea nella flotta del Corpo negli
anni ’50 erano tutti dotati di stazione radio, sin dalla loro costruzione,
mentre gli apparati radar furono imbarcati appena si resero disponibili
idonei apparati di scoperta.
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I Guardacoste Litoranei, definiti correntemente ‘’G.L.” nel linguaggio
delle Fiamme Gialle di mare, erano unità marine ed affidabili, con
buona autonomia e tenuta al mare, e connotate da velocità largamente
superiore ai similari battelli commerciali; le imbarcazioni furono
impiegate con successo nelle attività di vigilanza delle acque
territoriali e degli spazi acquei delle isole minori che circondano la
penisola.
Tipo "Naves":
caratteristiche:
50
motori: nr. 2 diesel Carraro n. 12/0
12 cilindri a V da 300 HP;
a 1500 giri;
velocità: nodi 16,5;
autonomia: miglia 680;
equipaggio: 2 sott/li + 4 finanzieri.
Classe GL 205
caratteristiche:
51
armamento: n. 1 mitragliera Breda
mod. 37 cal. 8;
motori: n. 2 diesel AIFO mod
cb12 da 350 HP, 12
cilindri V;
velocità: nodi 32;
autonomia: 580 mg a 29 nodi;
equipaggio: 2 sott/li + 4 finanzieri;
unità: GL. 201 - GL. 202 - GL.
204 - GL. 206;
Progettate e costruite dai cantieri C.R.D.A. S. Marco di Trieste,
entrarono in servizio a partire dal 1956.
Destinate alla vigilanza costiera, con capacità di operare anche ai limiti
del mare territoriale furono dotate da subito di una completa
apparecchiatura radio comprendente un apparato in banda HF. Furono
unità versatili ed efficaci, marine, con una autonomia di 580 miglia a
29 nodi. Vennero radiate alla fine degli anni 70.
GL Classe "300"
53
armamento: 1 mitragliera Breda cal. 8;
motori: n. 2 bpm V12/570 4 tempi
da 380 CV, 12 cilindri V;
velocità: nodi 28;
autonomia: 390 mg alla velocità di 26
nodi;
equipaggio: 2 sott/li + 4 finanzieri;
unita': da GL 303 a GL 331.
54
7.2 I piani di costruzione della classe G.L.
56
Ordinata n. 4 guardando prora
57
CAPITOLO VIII
Fino alla metà degli anni sessanta, la componente navale della Guardia
di Finanza era rappresentata da imbarcazioni che avevano partecipato
alle operazioni belliche del secondo conflitto mondiale e che erano
state successivamente acquisite dal Corpo e dalle altre unità dalle
modeste qualità tecnico-nautiche. Si trattava di imbarcazioni realizzate
in Italia nel secondo dopoguerra.
La scelta del Comando Generale della Guardia di Finanza si orientò
verso un’ unità navale idonea a costituire la struttura portante del
naviglio del Corpo nelle acque territoriali mentre alle unità classe
MONTI (costruite presso i cantieri ITOYZ di Viareggio) e classe
CORRUBIA (realizzate presso i cantieri CRDA di Monfalcone ed
inquadrate nei Nuclei Navali di Manovra) veniva affidata la vigilanza
anticontrabbando alturiera.
Nel novembre del 1965 venne indetto un appalto-concorso, aperto alla
cantieristica da diporto nazionale, per la fornitura di un Guardacoste,
prototipo di una classe di unità, destinate ad assicurare un valido
dispositivo di contrasto ai traffici illeciti che si stavano
progressivamente sviluppando lungo il litorale della penisola.
Nella stessa occasione il Comando Generale esaminò la proposta di
acquisto di un aliscafo, avanzata dai Cantieri Rodriquez di Messina,
58
che non incontrò il favore del Corpo in quanto l’imbarcazione venne
ritenuta non idonea ad effettuare gli abbordaggi e le manovre in acque
ristrette a velocità ridotta.
Nel dicembre dello stesso anno l’Amministrazione Finanziaria
aggiudicò la costruzione del Guardacoste al Cantiere Navale Picchiotti
di Viareggio, dinamico soggetto economico del polo diportistico
toscano, che nel febbraio del 1967 consegnò l’unità, denominata G.70
Gabriele in onore di un militare del contingente di mare, caduto nel
tentativo di evitare un esplosione, a seguito di un incendio sviluppatosi
sulla motovedetta Mazzei ormeggiata nel porto di Palermo.
Nell’autunno dello stesso anno il cantiere toscano consegnò alla
Guardia di Finanza la seconda unità della serie, denominata G.71
Grasso.
I due guardacoste, che nella metà degli anni ’80 erano stati sottoposti
ad un ciclo di grandi lavori, presentavano lo scafo in mogano e
compensato marino a struttura longitudinale e trasversale, in
particolare il fasciame della carena era a triplo strato mentre per le
fiancate era stato adottato un doppio strato di fasciame.
Tali scelte costruttive derivavano dall’esperienza acquisita nel tempo
dal cantiere nella costruzione di imbarcazioni da diporto, che
adottavano il legno quale materiale per le costruzioni dei motoscafi
dell’epoca.
59
Le imbarcazioni, lunghe 23,20 metri e con una larghezza massima in
media di 6,60 metri, hanno un dislocamento a pieno carico di 54
tonnellate.
Nell’ampia sala macchine trovavano un agevole sistemazione tre
propulsori CRM 18D/S-3 da 1250 HP in grado di imprimere allo scafo
una velocità massima di oltre 34 nodi; le eliche, realizzate in Mibral,
presentavano un diametro di 850 mm. ed un passo di 1061/951 mm.
Le dimensioni, la solidità dello scafo e la rilevante potenza installata,
permettevano ad una imbarcazione di chiara derivazione diportistica di
operare anche a notevole distanza dalla costa ed in condizioni meteo-
marine particolarmente avverse.
Il Cantiere Navale Picchiotti aveva sapientemente coniugato
l’esperienza acquisita nella costruzione di imbarcazioni da diporto, che
vedevano nel centro della Versilia uno dei maggiori poli industriali
dello specifico settore, con le esigenze tipiche di una forza di polizia
chiamata ad operare in mare in presenza di mare agitato. Ne erano
riprova le buone doti marine dell’imbarcazione, che rappresentavano
una valida piattaforma per operare in presenza di condizioni
meteomarine del tutto impegnative.
L’ampio locale motori presentava una disposizione del tutto razionale
e moderna non solo dei propulsori ma anche degli apparati ausiliari,
nel contempo, la sapiente ripartizione dei locali interni, destinati sia
all’uso comune che al riposo del personale e le soluzioni adottate in
termini d’ arredi e di disposizione delle singole componenti,
60
riscuotevano l’ampio consenso del personale imbarcato chiamato ad
operare a bordo di una nave i cui standard si rivolgevano più verso il
diporto che verso la costruzione militare.
La disposizione della tuga centrale, l’ampia controplancia e la
sistemazione del ponte, a tergo di tali strutture, consentivano al
personale di operare in sicurezza in ragione di una pulizia del progetto
di massima, che consentiva di riservare ampi spazi in coperta per il
personale chiamato ad affiancare un imbarcazione per finalità di
controllo.
Nel 1970 il Comando Generale ritenne opportuno procedere
all’appalto-concorso, che potesse costituire la base della linea
operativa per un congruo periodo di tempo. Al termine della gara, alla
quale avevano partecipato cinque ditte, anche per ragione di carattere
squisitamente economico, la scelta cadde sul progetto, presentato dal
Cantiere Navale Baglietto di Varazze per la costruzione di un
Guardacoste da 41 tonnellate di dislocamento, capoclasse, primo
esemplare della futura classe Meattini.
L’alimentazione elettrica era fornita da un gruppo elettrogeno Arona
da 24 HP, pienamente sufficiente per la necessità dell’unità navale, la
cui razionale suddivisione interna dei locali, derivante da una
progettazione di taglio diportistico, offriva un elevato livello di confort
per il personale imbarcato.
61
Gli apparati di navigazione e scoperta comprendevano un radar
SC1210, fornito dalla GEM ELETTRONICA di San Benedetto del
Tronto, ed un ecoscandaglio EAGLE 9000.
Il sottosistema TLC prevedeva l’adozione di un apparato TELETTRA
per le comunicazioni sulla banda HF, due apparati OTE per le
trasmissioni VHF ed una apparato ELMAR per i collegamenti con gli
aeromobili del Corpo ad ala fissa ed ala rotante che solitamente erano
chiamati a cooperare con la componente navale della Guardia di
Finanza.
L’armamento era costituito da una mitragliatrice BROWNING cal
12,7 Nato, arma recentemente imbarcata su unità classe guardacoste in
sostituzione della mitragliera OERLIKON 20/70.
L’equipaggio posto alle dipendenze di un Ispettore, abilitato al
comando delle unità navali, era costituito da 11 militari.
Dopo una proficua ed intensa attività operativa, il ‘’G.70 GABRIELE”
è stato radiato nel mese di maggio del 2007 mentre per il ‘’G.71
GRASSO” si sta completando il previsto iter per la dismissione.
L’Ufficio Navale, per mantenere vivo il ricordo del naviglio storico
del Corpo, dopo un’accurata fase di restauro, destinerà la predetta
unità navale, unitamente ad un esemplare della classe vedetta veloce
V.4000 Drago - la V.4001 in forza attualmente alla Stazione Navale di
Civitavecchia - e il G.L. 314 della Scuola Nautica per l’esposizione
nell’ istituendo museo del mare.
62
8.2 I piani di costruzione della classe Gabriele
Vista esterna
Piano Trasversale
64
Sezione ordinata n. 14 e 18 guardando prora
65
8.3 La specifica tecnica della classe Gabriele
Scafo:
in legno a struttura longitudinale e trasversale. Fasciame
del fondo a triplo strato. Fiancate a doppio strato;
dislocamento a pieno carico tonn. 54;
lunghezza f.t. m. 23,20;
larghezza massima m. 6,60;
immersione media e dislocamento a pieno carico m. 2,00;
dotazione combustibile tonn. 9;
dotazione acqua lavanda e potabile tonn. 1, 3;
Apparato Motore:
n.3 motori CRM 18 D/2;
potenza di tutta forza CV 1050 a 1900 giri;
velocità alla potenza di tutta forza nodi 34,2;
velocità di crociera nodi 19,7;
autonomia alla velocità di crociera miglia 730;
eliche in MIBRAL diametro mm 850 passo mm. 1061/951;
Impianto elettrico:
n.1 gruppo elettrogeno ARONA con motore tipo LA25 da HP 24 a
1500 giri.
66
CAPITOLO IX
68
Nel quadro degli accordi di assistenza al governo di Tirana, 4 Vedette
Classe Drago sono state cedute alla Polizia di Confine Marittimo
Albanese nel corso del 1999.
69
9.2 I piani di costruzione della classe Meattini
70
Piano trasversale ordinata n. 10 - vista da poppa e prua
71
Piano trasversale ordinata n. 06 vista prua e n. 4 vista prua
72
Vista lato sinistro esterno
Piano longitudinale
73
9.3 I piani di costruzione della vedetta classe Drago
Piano longitudinale
74
Piano orizzontale sottocoperta
75
Piano trasversale dell’ordinata n. 6 vista da poppa
77
Piano trasversale dell’ordinata n.4 vista da prua
78
Piano trasversale - vista di poppa
80
Particolare di costruzione della chiglia
81
Stratificazione dei legni
82
- costole dei fianchi in olmo, noce, frassino mm. 95x35 rastremate
a 70x35;
- la pazze alla chiglia, doppie in compensato di mogano da mm.
18, altezza minima mm. 120, incollate alla resorcina;
- squadre agli spigoli, doppie, in compensato di mogano da mm.
12, lati mm. 300, incollate alla resorcina;
- madieri intermedi, uno in ogni spazio fra i precedenti, uguali ai
precedenti;
- bagli, uno su ogni ossatura trasversale completa, e in
corrispondenza di ogni madiere intermedio, in mogano, mm.
70x30, e dov’è possibile collegati alle costole con angolari di
lega leggera da mm. 40x40x4.
Paratie in compensato marino di mogano da mm. 20, con contorno in
mogano, dimensionato come i madieri, le costole dei fianchi, i bagli,
incollato alla resorcina.
Spigoli in mogano, mm. 95x45.
Dormienti in mogano mm. 170x40, collegati fra loro e al dritto di
prora mediante gola in mogano mm. 40.
Correnti del fondo, tre per parte, interni ai madieri, pino dell’Oregon
mm. 120x80 rastremati a 120x60, nella zona sotto i motori il corrente
intermedio sostituito da raddoppiamento del fasciame in compensato
di mogano da mm. 35 larghezza mm. 700 esterno ai madieri, intagliato
in esse.
Telaio dello specchio in mogano costituito da:
83
- madieri lamellari mm. 115x45;
- costole ai fianchi mm. 90x45;
- 7 montanti mm. 75x50;
- baglio superiore mm. 90x40;
- baglio inferiore mm. 100x30;
- squadre agli spigoli ed agli orli in compensato da mm. 20 lati
mm. 200.
Serrette dei fianchi, compensato di mogano mm. 60x20, esterne alle
costole, intagliate in esse. A due di esse situate circa ai terzi
dell’altezza della murata, sono applicate controserrette interne alle
costole in pino dell’Oregon da mm. 60x30, con intercostale da 20
mm., il tutto incollato alla resorcina.
Fasciame dei fianchi a corsi longitudinali in compensato marino di
mogano da mm. 20 con foglio esterno da mm. 3,2 con comenti sulle
serrette di cui sopra. Battute guarnite di elastomeri.
Fasciame del fondo in mogano, strato interno in compensato da mm. 9,
strato esterno in longitudinale da mm.15. Interposizione fra i due strati
di due mani di plastigel. Battute guarnite di elastomero e giunto del
compensato guarnito di tela di vetro imbevuta di elastomero.
Fascette agli spigoli in mogano mm. 80x35 applicate su elastomero
protetto da angolare di ottone mm. 25x25.
Bottacci all’orlo in teak mm. 53x35, applicati su elastomero.
84
Coperta con strato interno in compensato di mogano da mm. 7 e strato
esterno in teak longitudinale da mm. 13. Giunte del compensato
incollate. Longitudinale applicato su elastomero.
Falchette in compensato di teak da mm. 25 applicate su elastomero.
Anguille di base della tuga in mogano spessore mm. 30, altezza a
pareggiare il piano di centro bolzone, applicate su elastomero.
Paratie trasversali, fianchi e fronte della tuga in compensato di mogano
da mm. 15.
Dormienti della tuga in compensato di mogano mm. 15x100. Bagli
della tuga spaziati mm. 220 circa in media, in mogano mm. 70x30
rastremati a 55x30. Tetto della tuga, fianchi e fronte della
controplancia in compensato di mogano da mm. 12 ricoperto con tela
di vetro incollata alla resorcina.
Dimensioni principali:
lunghezza massima m. 20,10;
lunghezza in coperta m. 19,50;
lunghezza in chiglia m. 15,95;
larghezza massima m. 5,20;
larghezza fuori fasciame m. 5,00;
larghezza massima allo spigolo m. 4,22;
larghezza dello spigolo allo specchio m. 3,80;
altezza da e sottochiglia ad orlo al mezzo m. 2,63;
ribasso del ponte di coperta alla sovrastruttura m. 0,20;
85
pendenza trasversale del fondo a metà lunghezza chiglia 12° 30’;
lunghezza delle sovrastrutture m. 8,00;
larghezza massima delle sovrastrutture alla base m. 3,40;
altezza della sovrastruttura da centro bolzone a
centro bolzone m. 2,00;
lunghezza della controplancia m. 4,85;
larghezza della controplancia alla base m. 3,10;
altezza della controplancia m. 0,85.
Esponente di carico:
nave completamente allestita senza liquidi tonn. 28,70;
liquidi in circolo tonn. 1,00;
dotazioni tonn. 1,00;
armi e munizioni tonn. 1,00;
nave a vuoto di equipaggio e suoi effetti tonn. 31,70;
equipaggi ed effetti tonn. 1,30;
nave a vuoto di materiali di consumo tonn. 33,00;
viveri e dotazioni di consumo tonn. 0,40;
combustibile tonn. 5,00;
olio di riserva tonn. 0,30;
acqua dolce tonn. 0,80;
dislocamento a pieno carico tonn. 39,50;
dislocamento a mezzo carico materiali di consumo tonn. 36,25.
86
Condizioni di galleggiamento al dislocamento di pieno carico:
lunghezza al galleggiamento m. 17,26;
larghezza al galleggiamento m. 4,44;
immersione media sotto la chiglia al mezzo m. 0,93;
immersione massima sotto le appendici m. 1,67;
raggio metacentrico trasversale m. 2,35.
Prestazioni:
velocità continuativa a pieno carico nodi 30;
velocità di crociera a medio carico nodi 20;
autonomia a velocità di crociera a medio carico h. 25.
87
G. 59 Cicalè, G. 60 Fidone, G. 61 Sguazzin, G. 62 Tavormina, G. 63
Colombina, G. 64 Darida, G. 65 Pizzichella, G. 66 Sciuto.
88
2 dormienti longitudinali costituiti ognuno da due masselli in mogano
25x100 mm., incollati tra loro e collegati al fasciame con colla
resorcinica e viti in ottone.
Strutture principali trasversali, sono costituite da:
- 4 paratie stagne realizzate in compensato marino di mogano dello
spessore di 10 mm. Incollato ad ossature complete in masselli di
mogano da 80x25 mm. Dette paratie sono collegate al fasciame con
viti in ottone e completamente nastrate sui due lati da fibre di vetro e
con resina epossidica;
- 2 paratie strutturali in compensato marino di mogano da 10 mm. di
spessore, incollate come sopra a due ossature complete da 80x25 mm.;
- 2 ossature trasversali in corrispondenza dell’apparato motore, in
massello di mogano da 80x25 mm.
Coperta: la coperta è in compensato di mogano di 0,010 m. collegata al
fasciame di cinta con nastratura in Poly S2 da 0,28 Kg/mq e Poly S10
da 0,640 Kg/mq con resina epossidica. Vi sono due steps rovesciati
posti longitudinalmente di 63 cmq di sezione incollati ed avvitati
longitudinalmente sopra il cielo della stessa. Tutto il trincarino è
guarnito con bastetto in legno a sezione piramidale da circa mm.
30x30.
Sovrastruttura: realizzata in compensato di mogano marino da 10 mm.
di spessore e rinforzata con 3 correnti longitudinali in spruce e nr. 9
bagli anch’essi in spruce. Le linee della tuga hanno un’adeguata
convergenza delle murate verso l’alto e una maggiore inclinazione del
89
parabrezza anteriore onde consentire un più agevole camminamento
laterale del personale, maggiore coefficiente di penetrazione e migliore
visibilità.
Distribuzione locali:
- gavone di prora: si estende dalla estrema prora alla paratia di
collisione posta in corrispondenza della ordinata n. 10. Nel suo
interno trova idonea sistemazione e bloccaggio l’ancora e il
relativo catenario;
- 1° locale equipaggio: si estende dalla paratia di collisione alla
ordinata n. 8 ed è allestito con due cuccette basse, una per lato,
dotate di vani con portelli di chiusura. Trova sistemazione inoltre
un serbatoio di 100 lt., in resina alimentare, per acqua;
- locale igienico: sistemato tra il 1° e 2° locale equipaggio allestito
con lavabo, stiletto con specchio e W.C., in acciaio inox, di tipo
manuale;
- locale cucina: anch’esso ricavato tra il 1° e il 2° locale equipaggio
dotato di lavello, cucina elettrica, armadietto portastoviglie e frigo;
- 2° locale equipaggio: si estende dalla ordinata n. 7 alla paratia
stagna in corrispondenza dell’ordinata 5 ed è allestito con due
cuccette basse, una per lato, dotate di vani con portelli di chiusura;
- locale apparato motore: si estende dalla paratia stagna all’ordinata
n. 3, alla paratia di collisione poppiera. In detto locale, oltre ai
motori principali e relativi accessori, trovano posto: serbatoio
combustibile in Peraluman 35 da 415 litri; tubolatura del
90
combustibile; pompa acqua mare per servizio antincendio; una
pompa automatica per servizio sentine; 1 estintore automatico; 4
batterie per avviamento motori e servizio nave;
- gavone di poppa: si estende dalla paratia del pressatrecce
all’estrema poppa. Trovano posto l’agghiaccio timone, gli attuatori
dei flaps e la motopompa barellabile antincendio;
- timoneria: coperta da tettuccio rigido, è protetta anteriormente da
parabrezza panoramico con vetri di sicurezza. Lateralmente ha
finestrini panoramici dotati di idonei scorrevoli in acrilico. Tale
locale è dotato di idonea chiusura posteriore realizzata in
compensato marino di mogano dello spessore di 10 mm. con
passaggio centrale provvisto di apposita porta, mentre l’accesso
dalla timoneria ai locali di prora avviene attraverso una porta
stagna situata sulla paratia stagna all’ordinata n. 5. Sotto il piano di
calpestio del locale timoneria, al centro nave, trova sistemazione il
2° serbatoio per il combustibile anch’esso da 415 litri.
Dimensioni:
lunghezza massima fuori tutto m. 13,10;
larghezza massima m. 3,00;
larghezza sullo spigolo m. 2,30;
lunghezza proiettata sullo spigolo m. 11,50;
angolo di rialzo all’ordinata 5 24°;
angolo di rialzo sullo specchio di poppa 24°.
91
Condizioni riferite al dislocamento statico a pieno carico:
dislocamento statico di pieno carico kg. 6920;
lunghezza al galleggiamento statico m. 11,07;
larghezza al galleggiamento statico m. 2,40;
immersione isocarenica m. 0,62;
immersione massima m. 0,74;
raggio metacentrico trasversale m. 1,20.
Condizioni riferite al dislocamento statico a ¾ di carico:
dislocamento statico a ¾ di carico kg. 6710;
lunghezza al galleggiamento statico m. 11,07;
larghezza al galleggiamento statico m. 2,40;
immersione isocarenica m. 0,61;
immersione massima m. 0,73;
raggio metacentrico trasversale m. 1,21.
Condizioni riferite al dislocamento statico a nave scarica ed asciutta:
dislocamento statico a nave scarica ed asciutta kg. 5310;
immersione isocarenica a nave scarica ed asciutta m. 0,54.
Prestazioni:
velocità alla potenza di T.F. a pieno carico nodi 45;
velocità alla potenza continuativa a pieno carico nodi 40;
autonomia a 40 nodi a ¾ di carico mg. 274;
consumo per miglio alla potenza di T.F. 2,72 kg/miglio;
consumo per miglio a 40 nodi e ¾ di carico 2,45 kg/mg;
consumo a velocità di pattugliamento 10 kts 1,15 kg/mg;
92
autonomia alla velocità di 10 nodi mg. 584;
consumo per miglio alla velocità di 25 kts con
mare forza 3 3,992 kg/mg.
Apparato motore - propulsore:
tipo di motore Breda Isotta Fraschini ID32 SS 6LM;
extra potenza kw 292,7;
giri/s 49,9;
consumo orario gasolio kg/h 67,65;
consumo orario olio kg/h 0,34;
tutta forza kw 266,3;
giri/s 48,33;
consumo orario gasolio kg/h 61,16;
consumo orario olio kg/h 0,304;
potenza continuativa kw 231,7;
giri/s 46,17;
consumo orario gasolio kg/h 52,88;
consumo orario olio kg/h 0,2646.
93
CAPITOLO X
10 TORPEDINIERE
3 BARCHE TORPEDINIERE
ANNI 1940-1948
31 UNITA' DA 38 UNITA' 87 UNITA' PORTUALI ,
ANNO
CROCIERA COSTIERE LACUALI, LAGUNARI
3 BARCHE
2 NAVI 29 MOTOBARCHE
TORPEDINIERE
3 PIROVEDETTE 6 PIROBARCHE 4 PIROBARCHE
1940 14 MOTOVEDETTE 3 RIMORCHIATORI 60 MOTOLANCE
12 DRAGAMINE 14 MOTOSCAFI
6 MOTOTOPI
94
16 UNITA' DA 18 UNITA' 61 UNITA' PORTUALI ,
ANNO
CROCIERA COSTIERE LACUALI, LAGUNARI
ANNI 1963/1984
Unità Minori
Pattugliatori
Guardacoste
Guardacoste
Navi Scuola
Litoranei
(V.A.I.- M.S.E -
Vedette B.S. e Totale
Anno M.S.F - M.L. -
Log. Generale
M.T. - B.S.O. -
B.V.)
1963 (*) 39 52 359 450
(a)
1968 (**) 32 44 374 9 459
(b)
1975 53 36 70 210 92 461
1976 60 33 68 199 97 457
1977 1 74 32 68 195 113 483
1978 1 77 30 67 187 116 478
1979 1 76 26 77 164 117 461
1980 1 75 22 90 176 110 474
1981 1 75 21 150 161 107 515
1982 1 74 20 145 124 115 479
1983 1 71 17 147 111 115 462
1984 2 69 17 148 103 107 446
NOTE:
a dati non disponibili
(*) al 18 aprile;
(**) al 5 agosto;
95
ANNI 1985/2006
VEDETTE
VELOCISSIME VEDETTE UNITA'
GUARDACOSTE e COSTIERE LOGISTICHE
VELOCI
M.S.F.
V.600
B.S.O.
V.2000
V.6000 V.6100 (ex V.A.I.400
V.5900 V.A.I
ANNO
V.700 V.5000 B.M. V.A.I.500
V.5800 . 200
P. VELOCI
V.5100 V.4000 SA) M.S.E.
B.S.
V.5500 V.A.I
G. LITORANEI
DARK)
V.3000 V.3100 (ex M.T.
NUMERO MEZZI
PATTUGLIATORI
V.5300 . 300
BIGLIANI
MEATTINI
GABRIELE (ex
(ex
GENNA ARTEMA
V.2900)
NOTA
N.S. PAOLINI radiata nel
1996;
N.S. GENNA (in servizio dal 1993)
riclassificata in G.72 GENNA nel 1998;
N.S. MAZZEI e VACCARO (in servizio dal 1998) riclassificate in G1
MAZZEI e G.2 VACCARO nel 2002.
97
10.2 I Comandanti della scuola nautica dalle origini ad oggi
POLA
GAETA
LIDO DI OSTIA
PORTOFERRAIO
99