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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

FACOLTÀ DI INGEGNERIA
DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA STRUTTURALE

Corso di laurea in
INGEGNERIA CIVILE

Tesi di laurea

“L’IMPIEGO DELL’ACCIAIO DUAL PHASE NELLE STRUTTURE IN C.A. IN


ZONA SISMICA”

Relatori:
Prof. Ing. Francesco Cafarella
Prof. Ing. Walter Salvatore
Prof. Ing. Renzo Valentini
Dott. Ing. Giovanni Buratti

Candidato:
Barbara Maffei

ANNO ACCADEMICO 2003/2004

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Ringraziamenti

Desidero innanzitutto ringraziare il Prof. Francesco Cafarella e il Prof.Walter Salva-

tore per la disponibilità e pazienza dimostratami durante tutto il corso della reda-

zione di questa tesi.

Per la sua preziosissima assistenza ringrazio l’Ing. Giovanni Buratti.

Inoltre, i miei ringraziamenti vanno al Prof. Renzo Valentini e ai dottorandi del Di-

partimento di Ingegneria Chimica, Chimica Industriale, Scienza dei Materiali per la

loro essenziale collaborazione.

Un ringraziamento va inoltre a Luigi Lazzerini e ai dottorandi del Dipartimento di

Ingegneria Strutturale dell’Università di Pisa.

Infine, desidero ringraziare tutte le persone che mi sono state vicine nel corso dei

miei studi universitari, in particolare la mia famiglia, Alessandro, Elisabetta e i miei

amici.

Pisa, Aprile 2005

Barbara Maffei

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Indice
1 Introduzione................................................................................................... 6

1.1 Introduzione................................................................................................. 6

2 Lo stato dell’arte dell’acciaio tipo Dual Phase ........................................... 8

2.1 Introduzione................................................................................................. 8

2.2 Composizione chimica............................................................................... 10

2.3 Creazione della microstruttura................................................................... 11

2.4 Caratteristiche meccaniche degli acciai dual phase .................................. 13

2.5 Barre d’armatura in acciaio dual phase ..................................................... 20

Riferimenti bibliografici...................................................................................... 22

3 La duttilità degli elementi in c.a. ................................................................ 24

3.1 Introduzione............................................................................................... 24

3.2 Il materiale ................................................................................................. 26

3.2.1 Le caratteristiche di duttilità dell’acciaio d’armatura............................ 27


3.2.2 Caratteristiche di duttilità dell’acciaio secondo le disposizioni delle
normative moderne: Ceb Model Code 90 (1993), Eurocodice 2 (2004),
Eurocodice 8 (2004)...................................................................................... 30
3.2.3 Il calcestruzzo: influenza del confinamento sulla deformazione ultima32
3.3 La sezione ................................................................................................. 37

3.4 L’elemento strutturale ................................................................................ 45

Riferimenti bibliografici...................................................................................... 61

4 Caratterizzazione sperimentale dell’acciaio Dual Phase ......................... 63

4.1 Programma delle prove ............................................................................. 63

4.2 Attrezzature e modalità di esecuzione ....................................................... 64

4.2.1 Prova monotona di trazione................................................................ 65


4.2.2 Prova di durezza Vickers.................................................................... 67
4.2.3 Esami metallografici ........................................................................... 68

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4.3 Caratteristiche chimico-fisiche dei campioni .............................................. 70

Fase sperimentale 1 .................................................................................. 73

4.4.1 Risultati delle prove di trazione........................................................... 73


4.4.2 Risultati delle prove di durezza Vickers (HV)...................................... 85
Risultati dell’esame metallografico ..................................................... 86
4.4.4 Criterio di scelta delle temperature di tempra intercritica.................... 92
4.5 Fase sperimentale 2 .................................................................................. 95

4.5.1 Risultati delle prove di trazione........................................................... 95


4.5.2 Risultati delle prove metallografiche ................................................. 103
Riferimenti bibliografici.................................................................................... 107

5 Un modello di calcolo per l’analisi della duttilità delle strutture in c.a. 108

5.1 Introduzione............................................................................................. 108

5.2 Modello costitutivo relativo ai materiali .................................................... 108

5.2.1 Il calcestruzzo compresso ................................................................ 108


5.2.2 Il calcestruzzo teso ........................................................................... 111
5.2.3 L’acciaio delle barre d’armatura ....................................................... 113
5.3 Modello analitico per il calcolo della duttilità in curvatura......................... 117

5.3.1 Indagine parametrica sulla duttilità in curvatura ............................... 119


5.4 Modello per la stima della capacità rotazionale di un elemento inflesso.. 128

5.4.1 Modello “a tirante” per l’individuazione di un modulo di elasticità per il


calcestruzzo teso in grado di descrivere l’effetto di “tension stiffening”....... 135
5.4.2 Distanza tra le fessure...................................................................... 143
5.4.3 Calcolo della rotazione plastica di elementi inflessi .......................... 145
5.4.4 Un modello di cerniera plastica ........................................................ 146
5.4.5 Confronti con risultati di algoritmi presenti in letteratura ................... 150
5.4.6 Indagine parametrica sulla duttilità in rotazione di elementi isostatici in
c.a. ...........................................................................................................155
5.4.7 Confronti di modelli di cerniera plastica ............................................ 163
Riferimenti bibliografici.................................................................................. 167

6 Impiego del Dual Phase nell’ambito della tecnologia del c.a. ............... 168

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6.1 Duttilità del materiale ............................................................................... 168

6.2 Duttilità della sezione............................................................................... 175

6.2.1 Descrizione delle sezioni analizzate e dei materiali impiegati .......... 175
6.2.2 Studio parametrico sulla duttilità....................................................... 178
6.3 Duttilità dell’elemento............................................................................... 189

Riferimenti bibliografici.................................................................................... 208

7 Conclusioni e sviluppi futuri .................................................................... 209

Riferimenti bibliografici.................................................................................... 211

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1 Introduzione

1.1 Introduzione

Il progetto di una struttura antisismica deve garantire un’adeguata capacità di dissipare energia
senza una sostanziale riduzione di resistenza complessiva alle azioni orizzontali e verticali.
Pertanto, la duttilità, intesa come possibilità di sviluppare notevoli deformazioni in campo plastico
senza perdita di stabilità e capacità portante, si presenta come l’elemento qualificante della proget-
tazione in zona sismica. L’alternativa, per poter sopportare sismi a lungo periodo di ritorno, consi-
ste nel sovradimensionamento delle resistenze che però, per costruzioni correnti, non risulta in ge-
nere una soluzione economicamente sostenibile.
Come noto, le normative sismiche moderne consentono di ridurre le azioni di progetto in funzione
delle caratteristiche di duttilità complessiva della struttura. Una tale assunzione richiede, ovviamen-
te, una metodologia di progettazione ad essa coerente, tesa ad assicurare che la struttura sia re-
almente in grado di fornire il livello di duttilità globale prescelto, descritto comunemente attraverso il
cosiddetto “fattore di comportamento”.
Il livello richiesto ai singoli elementi strutturali dipende dai meccanismi di collasso che possono de-
terminarsi nella struttura; per questa ragione i metodi di progettazione mirano a garantire la forma-
zione di cinematismi di collasso di tipo globale, e ad evitare rotture anticipate per fragilità locale at-
traverso la procedura della gerarchia delle resistenze, o “capacity design”.
Tuttavia, affinché un buon comportamento dissipativo d’insieme sia effettivamente esibito è neces-
sario che sia assicurata la formazione di cerniere plastiche con sufficienti capacità rotazionali.
In particolare, per una struttura in calcestruzzo armato, la capacità di rotazione in campo plastico
degli elementi inflessi, costituiti dalla combinazione di due materiali con caratteristiche estrema-
mente differenziate, risulta fortemente influenzata da diversi parametri caratteristici, quali le pro-
prietà meccaniche del calcestruzzo, la resistenza, la duttilità e l’aderenza delle armature, l’azione di
confinamento dovuta alla staffe, l’entità dello sforzo normale. Tuttavia, la premessa essenziale per
una buona duttilità strutturale è, come noto, il comportamento duttile dell’acciaio d’armatura.
Il tema della duttilità degli acciai per cemento armato è oggi, in campo internazionale, uno dei più
dibattuti, a causa essenzialmente della difficoltà da parte dei produttori di fornire acciai che abbiano
sia una elevata resistenza sia buone caratteristiche di duttilità.
L’evoluzione dei processi produttivi dell’acciaio d’armatura, quali il metodo Tempcore, ha determi-
nato lo sviluppo di materiali con resistenze meccaniche sempre più elevate.
Questi acciai si differenziano dal tradizionale FeB 44k oltre che per una più alta soglia di snerva-
mento per altre proprietà fondamentali: sono saldabili, hanno un minore rapporto tra le tensioni di
rottura e snervamento (Rm/Re) ed un inferiore allungamento sotto carico massimo (Agt).
In linea di principio, un valore ridotto del rapporto di incrudimento e della deformazione massima
comporta una minore duttilità delle strutture realizzate con tali acciai.

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Sono attualmente in corso nei paesi europei programmi di ricerca, frutto della collaborazione tra
università e industria, sull’ottimizzazione delle proprietà meccaniche degli acciai e sulla individua-
zione dei requisiti di duttilità minima da richiedere alle barre d’armatura.
Il presente lavoro si colloca nell’ambito della collaborazione Dipartimento di Ingegneria Strutturale
dell’Università di Pisa – Gruppo Riva per lo sviluppo e la qualificazione di acciai da cemento arma-
to da utilizzarsi in zona sismica.
In questa tesi è presentato uno studio parametrico sulla duttilità delle strutture in c.a. al variare del-
le caratteristiche meccaniche degli acciai, con particolare riferimento alla valutazione dell’influenza
del rapporto tra tensione ultima e tensione di snervamento sull’effetto di localizzazione delle defor-
mazioni nell’acciaio in corrispondenza delle sezioni fessurate. In particolare viene approfondita
l’analisi relativa all’impiego negli elementi in c.a. di una nuova classe di acciai con elevato rapporto
di incrudimento, non ancora introdotti sul mercato Europeo come armatura di rinforzo, i cosiddetti
Dual Phase.
Questa tipologia di acciai ha ricevuto non poca attenzione a partire dagli anni Settanta per le eccel-
lenti proprietà meccaniche che la caratterizzano, soprattutto nel settore automobilistico. Come ac-
ciaio da C.A., i Dual Phase hanno mostrato di poter coprire un ruolo particolarmente significativo
nella riduzione della corrosione delle barre, ma il loro impiego nelle strutture in calcestruzzo armato
in zona sismica può essere giustificato, in particolare, in riferimento alla capacità deformativa del
materiale accompagnate ad un notevole incrudimento.
In generale, il fenomeno dell’incrudimento nell’acciaio ha un effetto favorevole sul comportamento
delle zone sede di cerniere plastiche. Infatti, esso permette che vengano attinti momenti superiori a
quello corrispondente alla prima plasticizzazione delle sezioni, consentendo così la diffusione del
fronte plastico all’interno dell’elemento e dunque la possibilità di dissipare maggiormente l’energia
in ingresso con il sisma.
La tesi presenta una serie di risultati sperimentali e di elaborazioni numeriche su barre in acciaio
Dual Phase, temprate a partire da differenti valori di temperatura intercritica, confrontandoli con
analoghi risultati ottenuti su barre in acciaio tradizionale da c.a. di attuale produzione. I risultati spe-
rimentali si riferiscono alla prova standard di trazione, alla prova di durezza “Vickers” e agli esami
metallografici; è stato quindi condotto uno studio parametrico sulla duttilità di sezioni ed elementi
inflessi in c.a. con un metodo di calcolo non lineare, che consente la determinazione del legame
costitutivo momento – curvatura delle sezioni e la stima della capacità rotazionale di un elemento
strutturale.

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2 Lo stato dell’arte dell’acciaio tipo Dual Phase

2.1 Introduzione

Gli acciai “Dual Phase” (DP) rappresentano una nuova classe di acciai basso legati ad alto limite di
snervamento “High Strength Low Alloyed” (HSLA) caratterizzati essenzialmente da una microstrut-
tura mista di martensite e ferrite (Fig. 2-1), in proporzioni variabili. Tale microstruttura è ottenuta
generalmente attraverso un trattamento termico in linea nel campo intercritico (α+γ): un riscalda-
mento cui consegue la nucleazione, nella matrice ferritica, di austenite a un più elevato contenuto
di Carbonio di quello medio nominale, seguito da un raffreddamento ad una velocità sufficiente-
mente elevata affinché sia consentita la trasformazione dell'austenite in martensite [1,2].

Fig. 2-1: Struttura metallurgica tipica di un acciaio Dual Phase

Sulla base del contenuto di carbonio si possono individuare due classi: i DP a basso Carbonio
(C<0.15%) a prevalente struttura ferritica ed i DP a medio Carbonio (C=0.4%) a prevalente struttu-
ra martensitica e con un più elevato contenuto di Silicio [3].
Sebbene gli acciai della seconda classe abbiano mostrato una superiore resistenza a parità di al-
lungamento a rottura, la prima classe ha suscitato un maggiore interesse poiché presenta le miglio-
ri caratteristiche di saldabilità unite alle ottime proprietà meccaniche, quali una eccellente combina-
zione tra duttilità e resistenza, un elevato grado di incrudimento per il basso rapporto snervamen-
to/rottura, un indice di qualità Ia (pari al prodotto del carico di rottura per l'allungamento a rottura)
superiore a quello degli altri acciai altoresistenziali basso legati, infine una migliore resistenza alla
corrosione.
Soprattutto il settore automobilistico, interessato alle proprietà manifestate da questi materiali, ha
dato un notevole impulso al loro sviluppo con la finalità di conseguire una riduzione in peso delle
vetture, e quindi dei consumi, un aumento di resistenza all'urto e alla corrosione.
Infatti, la crisi mondiale del petrolio nella prima metà degli anni ‘70 propose l’esigenza di produrre
mezzi di trasporto più leggeri al fine di ridurre i consumi di carburante. L’ottenimento di vetture più

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leggere implicava l’utilizzo di elementi che garantissero un buona resistenza meccanica unita ad un
peso minore. Gli acciai che potessero rendere più snelli gli elementi costruttivi infondendo loro una
buona tenacità non erano, però, facilmente formabili. Possedevano, cioè, una bassa duttilità. Si
trovò un rimedio nell’utilizzo degli acciai Dual Phase che garantivano, grazie alla loro particolare
microstruttura, eccezionali doti di resistenza meccanica con un alto grado di formabilità.
Più recentemente, negli Stati Uniti, questi acciai hanno suscitato un enorme interesse per le miglio-
ri caratteristiche di resistenza alla corrosione rispetto ai tradizionali acciai al Carbonio oggi in com-
mercio.
Il concetto di acciaio Dual Phase, sebbene si sia assistito ad un suo significativo sviluppo solo nel-
l'ultimi due decenni, fa però la sua comparsa già nel 1937 quando Grabe [1,2] ottenne il brevetto
per la produzione di un nuovo materiale caratterizzato da una struttura a due fasi ottenuta, a partire
da un acciaio con contenuto di carbonio pari a 0.25%, mediante raffreddamento nel campo intercri-
tico. Tuttavia è a partire dagli anni sessanta, con i lavori di Williams e Davies [1,2] sullo ''sviluppo di
nastri di acciaio con struttura ferritico-martensitica'' e di Cairns e Charles [1,2], che fu intrapreso
uno studio sistematico mentre, parallelamente, si assistette negli Stati uniti ad un proliferare di bre-
vetti su acciai con struttura ferritico-martensitica. Ma per un più intenso interesse e una più appro-
fondita conoscenza sui Dual Phase occorre attendere le ricerche che furono affrontate a partire dal
1973, in particolare lo studio di Tamura [1,2], che determinò la correlazione tra la resistenza e la
frazione volumetrica di martensite, e quello di Hayami e Furukawa [1,2] dove sono state discusse
le proprietà di acciai in cui la struttura ferritico-martensitica è stata ottenuta mediante un processo
di ricottura continua nel campo intercritico, focalizzando sulla maggior duttilità rispetto a quella di
un normale acciaio HSLA. Nel 1976 Rashid [2] fornì un importante contributo allo sviluppo di questi
materiali con le pubblicazioni sulla produzione di acciai Dual Phase commerciali ottenuti mediante
il trattamento termico in campo intercritico di acciai HSLA al Vanadio. Egli fu il primo a evidenziare i
vantaggi che la microstruttura Dual Phase permetta di ottenere, focalizzando sull’incremento di dut-
tilità che risultava accompagnata da un alto livello di resistenza (550 MPa) rispetto a quella relativa
ad un acciaio di pari resistenza ma non sottoposto al trattamento termico nella regione intercritica.
Seguirono molti tentativi, da parte dei laboratori di ricerca, ai fini della individuazione di composi-
zioni e di processi alternativi sempre più efficienti per la produzione su larga scala di acciai Dual
Phase, incentivati in particolare, a partire dagli anni ottanta, dalle esigenze del settore automobili-
stico.
Recenti studi sono orientati all’ottenimento di strutture Dual Phase, mediante trattamento intercriti-
co, in acciai con elevata resistenza alla corrosione degli agenti atmosferici da utilizzare nella pro-
duzione di convogli ferroviari adatti alle alte velocità [4].

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2.2 Composizione chimica

La composizione chimica rappresenta uno dei fattori che maggiormente condiziona il grado di raf-
freddamento critico per la formazione della martensite, interagendo in maniera complessa con la
microstruttura iniziale, con la temperatura e la durata nel campo intercritico, influenzando, perciò, le
proprietà finali del prodotto.
I principali elementi utilizzati sono il Carbonio e il Manganese ma possono essere incorporati, in
proporzioni variabili, anche altri elementi come il Silicio, il Cromo, il Vanadio, il Molibdeno, il Titanio
ed eventualmente il Boro, al fine di garantire particolari condizioni durante il trattamento termico e
requisiti meccanici nella struttura finale.
Il Carbonio è il più potente agente temprante dal quale dipende anche la durezza e la morfologia
della fase martensitica. Questa ultima è in generale il risultato della trasformazione di fase dell' au-
stenite durante un raffreddamento continuo ad una velocità maggiore di quella critica. All'osserva-
zione metallografica la martensite si presenta costituita di minuti aghetti con gli assi tra loro inclina-
ti. La trasformazione martensitica si caratterizza per l'assenza di un periodo di nucleazione e di ac-
crescimento, diversamente da quella perlitica e bainitica, in quanto avviene attraverso un movi-
mento coordinato di atomi e senza processi di diffusione. Ne consegue che la composizione chimi-
ca della martensite è identica a quella della austenite da cui si forma. Per questa ultima il contenu-
to di Carbonio è controllato non solo dal tenore nominale dell'acciaio di base, ma anche dalla tem-
peratura intercritica, così che la temprabilità varia con la temperatura, come può essere evidenzia-
to sulla base del diagramma ferro-carbonio (Fig. 2-2) e della regola della leva. In corrispondenza di
una temperatura bassa nel campo intercritico, di equilibrio delle fasi alfa e gamma, il contenuto di
Carbonio è alto, viceversa per una temperatura alta, cosicché si avrà un più alto e un più basso li-
vello di temprabilità rispettivamente.

Fig. 2-2: Diagramma ferro-carbonio tipico di un acciaio Dual Phase

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In generale il contenuto di Carbonio iniziale è inferiore allo 0.1% (DP a basso Carbonio), in modo
da garantire che il prodotto possa essere saldato, producendo inoltre una frazione volumetrica di
martensite dell'ordine del 20% in volume. In particolare, Koo e Thomas hanno sottolineato che una
percentuale di carbonio prossima allo 0.1% è ottimale ai fini di una efficace ripartizione tra le fasi
austenitica e ferritica [1]. Questi autori hanno anche evidenziato come un contenuto di Carbonio
nella fase martensitica prossimo allo 0.4% assicuri un adeguato equilibrio tra resistenza e duttilità.
Il Manganese viene aggiunto in quantità dell'ordine del 1.5% per promuovere una sufficiente tem-
prabilità per la formazione della martensite a seguito di un rapido raffreddamento; per il medesimo
scopo, ma in quantità inferiori allo 0.6%, possono essere incorporati Cromo e Molibdeno. Il Silicio,
diversamente, viene aggiunto con lo scopo di incrementare la resistenza della soluzione solida e di
promuovere la duttilità della fase ferritica quale agente grafitizzante, inibendo la precipitazione della
cementite in corrispondenza dell'interfaccia ferrite/martensite nelle fasi di raffreddamento. Aggiun-
te, in dosi limitate, di altri metalli quali Vanadio e Titanio permettono di controllare le dimensioni dei
grani austenitici [1,2]. L'effetto esercitato da un aumento delle dimensioni del grano è simile a quel-
lo ottenuto mediante l'aggiunta di elementi di lega, ossia si ha un ritardo dell'inizio e della fine delle
trasformazioni di fase.

2.3 Creazione della microstruttura

Da un punto di vista metallurgico questi acciai possono essere ottenuti attraverso la laminazione a
caldo seguita da un lento raffreddamento nel campo intercritico α+γ e quindi un brusco raffredda-
mento in acqua, oppure, negli impianti di ricottura continua, raggiungendo temperature di ricottura
sempre nel campo intercritico seguita da un raffreddamento con spray misti gas-acqua o solo gas
con velocità di raffreddamento di 40-100 °C/s [3].
Un metodo più semplice, mediante il quale conseguire una microstruttura DP adatto solo per la
produzione di piccoli lotti industriali e simulazioni di laboratorio, è rappresentato dalla tempra inter-
critica. Si tratta di una metodologia in cui l’acciaio viene portato nel campo intercritico e mantenuto
per il tempo necessario alla ripartizione del Carbonio con concentrazione nelle zone austenitiche, e
successivamente temprato in acqua [3].
La formazione dell’austenite nel campo intercritico può essere distinta in più passi. Inizialmente si
ha la nucleazione quasi istantanea della austenite dalle colonie di perlite o sulla cementite inter-
granulare, con rapida crescita dell’austenite fino alla completa dissoluzione della perlite/cementite.
Segue una crescita più lenta della fase γ all'interno della ferrite ad un grado controllato dalla diffu-
sione del Carbonio nella fase stessa, a temperature elevate (850°C), dalla diffusione del Mangane-
se nella ferrite a quelle più basse (750°C), fino ad ottenere, dopo tempi dell’ordine di 30-60 minuti
per le basse temperature, un equilibrio tra le due fasi, ferritica e austenitica, controllato dalla diffu-
sione del Manganese nella austenite. Sotto l’azione temprante, con elevato grado di raffreddamen-
to dalla temperatura intercritica, si ha la quasi completa trasformazione dell’austenite in martensite,
accompagnata da un incremento di volume cui consegue un aumento della densità delle disloca-
zioni attorno alla fase martensitica. Questa ha la classica substruttura ad elevato contenuto di Car-

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bonio in forma di isole disperse nella matrice ferritica con dimensioni che sono funzione del tratta-
mento termico. Qualora fosse adottato un grado di raffreddamento più lento, per esempio ricorren-
do alla tempra ad olio, si avrebbe la permanenza di austenite trattenuta sotto forma di particelle
molto piccole. Questa è stabile a temperatura ambiente e a temperature inferiori allo zero, ma si
trasforma quando è soggetta a deformazioni plastiche, giocando un ruolo particolarmente significa-
tivo nel comportamento meccanico di questi acciai.
La trasformazione della fase gamma dalla regione intercritica differisce da quella prodotta a partire
da una struttura completamente austenitica sia in termini di contenuto di Carbonio che di temprabi-
lità, essendo questi fattori funzione della temperatura. La solubilità del Carbonio nella ferrite è infe-
riore nella regione intercritica, mentre il contenuto diminuisce al crescere della quantità degli ele-
menti di lega aggiunti ed è funzione del grado di raffreddamento dalla regione intercritica, a causa
della precipitazione della cementite dalla ferrite. Inoltre si può verificare la formazione di ferrite con
crescita epitassiale all’interno della austenite come effetto, nel processo di ricottura, del tempo ri-
dotto durante il quale l’acciaio viene mantenuto alle alte temperature, con un incremento della den-
sità delle dislocazioni. Lo studio di Randa et al. [5] ha poi evidenziato le conseguenze prodotte da
trattamenti termomeccanici sulla microstruttura finale di un Dual Phase. In particolare è emerso
che in un provino, riscaldato e mantenuto, per alcuni minuti, ad una temperatura superiore a quella
critica di completa austenizzazione (A3), successivamente raffreddato all’aria fino alla regione in-
tercritica, laminato infine temprato in acqua con un grado di raffreddamento dell’ordine di 833°K/s,
il tenore di ferrite nel prodotto finito è superiore a quello che si otterrebbe in assenza di deforma-
zioni della fase austenitica. Diversamente, nel caso in cui la microstruttura di partenza, da assog-
gettare a laminazione, sia costituita da ferrite e perlite (a causa del differente trattamento termico
iniziale), le deformazioni imposte incrementano la fase martensitica, determinando diverse proprie-
tà meccaniche dell’ acciaio prodotto rispetto al caso precedente.
Gli effetti dei trattamenti intercritici, ottenuti per via industriale, sulla quantità di martensite in un ac-
ciaio al C-Mn-Si sono stati presi in considerazione anche nel lavoro di Valentini et al.[3]. Gli esami
metallografici, specifici per questi acciai, hanno evidenziato tenori crescenti di martensite al cresce-
re della temperatura di tempra intercritica. E’ stato poi mostrato che la microstruttura iniziale (nor-
malizzata o temprata) condiziona la percentuale di martensite che si ottiene dopo il trattamento in
campo intercritico, la sua morfologia e dispersione all’interno della ferrite, pur a parità di temperatu-
ra e durata di tempra intercritica. La dispersione iniziale del Carbonio della struttura temprata con-
duce ad un tenore inferiore di martensite, rispetto al caso di campioni normalizzati, a causa della
più modesta formazione di austenite durante la tempra intercritica, vista l’assenza iniziale di ce-
mentite e i rapidissimi tempi della tempra ad induzione. Ciò condiziona anche la morfologia della
martensite che nei campioni temprati si presenta in forma di isole piccole e disperse, in quelli nor-
malizzati, invece, di isole con dimensioni maggiori.

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2.4 Caratteristiche meccaniche degli acciai dual phase

Questi acciai sono caratterizzati da una eccellente combinazione di resistenza e duttilità, da uno
snervamento continuo e da un iniziale elevato grado di incrudimento.
Le proprietà meccaniche dei Dual Phase, essendo dotati di una microstruttura eterogenea, sono
dipendenti, in particolare, dalla morfologia delle due fasi presenti, dalle corrispondenti frazioni vo-
lumetriche, dalle relative distribuzioni spaziali e dalle dimensioni medie dei grani. Pertanto, esi-
stendo una forte correlazione tra questi fattori e i trattamenti termici e meccanici cui sono soggetti,
il comportamento meccanico è condizionato dalla temperatura e durata nella regione intercritica,
dalla eventuale laminazione a caldo, dalla procedura di raffreddamento e dagli elementi di lega ag-
giunti. In particolare, per ottenere la microstruttura desiderata, con le volute caratteristiche mecca-
niche, è necessario impiegare un grado di raffreddamento critico che è funzione della composizio-
ne chimica e che deve essere aumentato se è stata ridotta la quantità di elementi metallici che ri-
tardano la formazione di perlite e bainite.
Confrontando un acciaio Dual Phase con un comune HSLA di pari resistenza, si può osservare che
il primo presenta una formabilità superiore e una superficie regolare non rugosa dopo lavorazione
a causa dell’assenza del fenomeno dello snervamento discontinuo e delle conseguenti bande di
Luders, ovvero zone preferenziali di deformazione sulla superficie metallica.
Tali caratteristiche sono essenzialmente attribuite alla trasformazione dell’austenite in martensite
durante il raffreddamento dalla regione intercritica. Infatti questa trasformazione introduce nella
matrice ferritica una fase più dura e rigida che comporta, a causa dell’aumento di volume che ac-
compagna la sua produzione e degli stress termici, elevate tensioni residue e l’incremento della
densità delle dislocazioni mobili in corrispondenza dell’interfaccia ferrite-martensite. L’ordine di
grandezza degli stress interni può essere tale da provocare lo snervamento nella matrice duttile. Lo
snervamento, infatti, è determinato dall’inizio del flusso plastico nella fase duttile, quando la mar-
tensite è ancora in campo elastico ed è fortemente condizionato dalla frazione volumetrica e dalla
forma delle inclusioni della fase dura, oltre che dalle modalità del trattamento termico impiegato.
Dalle prove di trazione si evince la presenza di una curva true stess-true stran continua anche nel
tratto interessato dallo snervamento. Non sono, cioè, presenti fenomeni di instabilità e ciò si può
spiegare in riferimento alla presenza di microcelle martensitiche che permette un maggiore mobilità
interstiziale.
Si è osservato, inoltre, che aumentando il grado di raffreddamento sopra quello critico, durante il
trattamento di tempra intercritica, si verifica un aumento del carico di inizio snervamento [6]. Con-
temporaneamente è emersa anche una dipendenza quasi lineare del carico, convenzionalmente
corrispondente allo 0.2% di deformazione unitaria residua, dalla frazione volumetrica di martensite
[7], esibita nelle prove a trazione. Queste evidenze sperimentali cozzano con la trattazione teorica
tradizionale di un materiale con microstruttura Dual Phase. Infatti, secondo Fischmeister e Kar-
lsson l’inizio delle deformazioni plastiche in una microstruttura composita, caratterizzata da una
matrice duttile con disperse inclusioni più dure, è governato dal carico di snervamento della sola
matrice, se le caratteristiche elastiche dei due costituenti sono le stesse, come nel caso degli acciai

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Dual Phase. Pertanto, le variazioni del carico di inizio snervamento con i fattori suddetti possono
essere attribuite solo ad una alterazione delle proprietà della matrice ferritica causate dalla presen-
za delle inclusioni di martensite. Una simulazione micromeccanica è stata sviluppata da Liedl et al.
[7], a questo proposito, con lo scopo di investigare la trasformazione di fase austenite/martensite
durante la tempra intercritica al fine di spiegare tale inaspettata dipendenza del carico corrispon-
dente allo 0.2% di deformazione unitaria dal Vm (frazione volumetrica di martensite). La modella-
zione tridimensionale agli elementi finiti ha evidenziato che a causa dell’aumento di volume conse-
guente alla trasformazione di fase si origina uno scheletro ferritico il cui comportamento incrudente
è fortemente influenzato dal tenore di martensite.
Nel lavoro di Tavares et al. [8] è stata investigata ad ampio campo la relazione tra le proprietà
meccaniche di questi acciai e la frazione volumetrica di martensite. In particolare sono stati misu-
rati e analizzati i cambiamenti promossi da azioni di rinvenimento a diverse temperature, e ricavata
l’entità delle tensioni residue indotte con la tempra dalla regione intercritica. E’ stato trovato che il
carico di rottura e di inizio snervamento diminuiscono linearmente quando la temperatura di rinve-
nimento viene aumentata nel campo tra 100 °C e 300 °C mentre la tenacità cresce. Contempora-
neamente, attraverso questo trattamento termico, viene scongiurato un comportamento fragile an-
che nei campioni con la percentuale più elevata di martensite, in cui la duttilità e tenacità decre-
scono rapidamente se il tenore di martensite supera il 25% (in volume). Gli stress residui, invece,
non sono sensibilmente influenzati dalle particolare condizioni di rinvenimento. La diminuzione di
duttilità e tenacità nei dual phase ad elevato contenuto di martensite è stata attribuita alla forma-
zione di una fase dura (martensite) a grana grossa [9]. Questa osservazione suggerisce che, per
migliorare le suddette caratteristiche, è necessario ottenere microstrutture a grana molto fine e con
una distribuzione il più possibile uniforme delle due fasi. Da osservazioni metallografiche [10] è ri-
sultato che la laminazione a caldo provoca un appiattimento e allungamento delle particelle di au-
stenite ai quali consegue una fase dura con aspetto fibroso nella direzione di laminazione. Il con-
seguente incremento del fattore di forma delle particelle di martensite è accompagnato
dall’aumento di resistenza dell’acciaio a causa del migliore trasferimento di carico tra la matrice fer-
ritica e la fase dura durante la deformazione plastica, a cui contribuisce anche l’affinamento, dopo
laminazione, del grano ferritico. Da queste osservazioni emerge che l’aggiunta di una fase di lami-
nazione durante il trattamento intercritico è il mezzo più efficace, per conseguire un miglioramento
delle caratteristiche meccaniche, rispetto ulteriori trattamenti termici.
Per quanto riguarda le dislocazioni, queste sono difetti lineari, causando distorsioni del reticolo cri-
stallino concentrate attorno ad una linea. Gli atomi che si trovano lungo e attorno alla linea, dove
ha origine la dislocazione, possiedono una energia maggiore rispetto agli altri, pertanto sono sotto-
posti a sforzi di trazione e compressione oppure di taglio e sono spostati dalle loro posizioni di e-
quilibrio. Ne consegue che tali edifici cristallini sono più deboli, poiché il valore dello sforzo critico di
taglio, responsabile dello scorrimento dei piani del reticolo, si abbassa notevolmente. La deforma-
zione macroscopica è quindi dovuta al movimento cooperativo di un gran numero di dislocazioni.
Negli acciai Dual Phase l’esistenza di una notevole densità di dislocazioni, combinata alle elevate
tensioni residue, è responsabile dello snervamento continuo a seguito del flusso plastico che si ve-

- 14 -
rifica facilmente anche in corrispondenza di bassi livelli deformativi. Infatti, quando il sistema com-
posito è soggetto ad un carico esterno, le inclusioni martensitiche e la matrice ferritica si trovano in
uno stato tensionale non nullo ma autoequilibrato, con la ferrite che è solitamente deformata plasti-
camente dopo la tempra intercritica e la trasformazione di fase conseguente. Ne risulta un compor-
tamento non lineare
Bouaziz et al.[11] hanno proposto un modello per il comportamento meccanico di questi acciai in
cui si assume una proporzionalità tra lo stato tensionale e la radice quadrata della densità totale
delle dislocazioni. A questo proposito Ashby ha introdotto il concetto di densità di dislocazioni ge-
ometricamente necessarie ad accogliere, all’interno della matrice ferritica, l’espansione volumetrica
e la deformazione a taglio che accompagna la trasformazione di fase austenite-martensite. Tale
densità è messa in relazione con alcuni fattori caratteristici, quali la frazione volumetrica di marten-
site, il gradiente di deformazione medio tra le due fasi, e il diametro medio delle inclusioni di mar-
tensite, crescendo all’aumentare dei primi due, diminuendo invece con il diametro delle isole di
martensite in modo lineare. Un modello teorico per indagare l’elevata densità di dislocazioni in cor-
rispondenza delle zone di espansione volumetrica è stato sviluppato da Owen et al. [12].
Ci sono stati molti studi tesi a valutare il comportamento incrudente degli acciai dual phase in rela-
zione alla loro microstruttura. A.Bhattacharyya et al. [13] hanno proposto una teoria, basata su una
analisi micromeccanica, in cui si tiene conto della influenza delle incompatibilità termiche delle due
fasi, delle deformazioni conseguenti la trasformazione austenite-martensite, della forma delle inclu-
sioni e della loro frazione volumetrica sulla estensione dell’iniziale snervamento della matrice dutti-
le e sulla conseguente deformazione del sistema composito ai fini di ricavare la completa relazione
tra tensione e deformazione.
La frazione volumetrica di martensite, la durezza relativa delle fasi ferritica e martensitica, dovuta
alla sezione dei grani (che controlla la dinamica delle dislocazioni) e al contenuto di Carbonio, ri-
spettivamente, e la diffusione e forma (sferica o a disco) delle isole di martensite nella matrice ferri-
tica sono, pertanto, responsabili del comportamento deformativo di un dual phase [6].
Koo e Thomas hanno proposto la seguente descrizione fenomenologica dei vari stadi di deforma-
zione in un Dual Phase. In una prima fase (0.1-0.5% di deformazione unitaria) si evidenziano de-
formazioni plastiche localizzate entro i grani di ferrite a seguito della abbondanza di dislocazioni
mobili (nel proprio piano di scorrimento) all’interfaccia ferrite-martensite, comportando questo uno
snervamento continuo. Contemporaneamente si può osservare un iniziale rapido incrudimento a
causa della eterogenea distribuzione delle dislocazioni dentro la ferrite [12] e dell’aumento delle
tensioni interne causato dalla presenza di particelle di carburi non disciolte che impediscono lo
scorrimento delle dislocazioni stesse. In un secondo stadio (0.5-4% di deformazione unitaria) si ve-
rifica la trasformazione della austenite residua con l’attenuazione del grado di incrudimento a cau-
sa delle deformazioni forzate della ferrite provocate dalla presenza della fase più dura. Infine, lo
stadio finale (per deformazioni dell’ordine di 4-18%) è caratterizzato da una ulteriore diminuzione
del grado di incrudimento a causa del fenomeno degli scorrimenti deviati delle dislocazioni nella
ferrite, responsabili della successiva deformazione insieme con un eventualmente snervamento

- 15 -
della martensite, fino alla formazione di fratture nella martensite stessa, in corrispondenza delle
zone più caricate.
Nell’elaborazione sperimentale delle curve s-e gli studi di Samuel [14] hanno confermato sulla
base dell’analisi di Jaoul-Crussard (J-C), fondata sulla relazione di Ludwik, che i Dual Phase si de-
formano secondo i suddetti tre definiti stadi di incrudimento, indifferentemente dal procedimento
impiegato per l’ottenimento della microstruttura dual phase. Diversamente, ricorrendo alla analisi
modificata J-C, basata sulla relazione di Swift

ε = ε o + kσ m (2.1)

dove ε e σ sono le deformazioni e tensioni reali, rispettivamente, ε o e k sono costanti e m è il coef-


ficiente di incrudimento, Jang et al. [15] hanno dimostrato l’esistenza di due stadi di incrudimento
individuati dall’intervallo di deformazione entro cui la martensite passa da uno stato elastico ad uno
plastico, il primo associato con la deformazione della matrice ferritica, il secondo invece con una
deformazione uniforme di entrambe le fasi. Tuttavia, è errato, poichè eccessivamente semplicisti-
co, trattare la fase dura come se fosse interamente elastica nel primo stadio e snervata in quello
successivo. Infatti, a causa della distribuzione disomogenea della martensite e delle eterogenee
deformazioni della ferrite nel composito, le inclusioni di martensite non si deformano plasticamente
allo stesso tempo. Per questa ragione, Jang et al. [15] hanno individuato tre espressioni matemati-
che in grado di descrivere tre diversi stadi di incrudimento nel composito, il primo corrispondente
allo snervamento della ferrite e alla deformazione elastica della martensite, il secondo relativo
all’inizio della plasticizzazione della fase dura, a partire da quelle particelle orientate opportuna-
mente e localizzate in regioni maggiormente caricate, infine il terzo correlato allo snervamento di
entrambe le fasi. Dato che lo stato deformativo della martensite dipende primariamente dalla diffe-
renza di resistenza tra le fasi, nel caso di acciai temprati con Vm inferiore al 50% l’iniziale differenza
è grande, pertanto può essere assunto che tutta la fase dura si deforma elasticamente nel primo
stadio, ovvero che il comportamento deformativo di questi acciai può essere descritto da due soli
stadi di incrudimento. Per Dual Phase temprati con Vm superiore al 50% o temprati e rinvenuti con
Vm oltre il 33% invece l’iniziale diversità tra le due fasi in termini di resistenza è ridotta, perciò il
primo stadio di incrudimento, in cui solo la matrice ferritica deforma plasticamente, si esaurisce in
un breve intervallo di deformazione, quindi si può assumere per essi un modello teorico che con-
templi tre stadi di incrudimento. Le considerazioni suddette sono supportate dal comportamento di
altri metalli con microstruttura dual phase.
E’ stata, inoltre, investigata l’influenza della dimensione dei grani ferritici, a differenti livelli di defor-
mazione, sul grado di incrudimento: è emerso che questo aumenta con l’affinamento dei grani in
corrispondenza di bassi livelli deformativi, mentre per livelli superiori diviene quasi indipendente
dalla sezione. Per limitate deformazioni il grado di incrudimento è più elevato se è maggiore la fra-
zione volumetrica di martensite; ad alte deformazioni, invece, è minore per campioni con un Vm su-
periore.
Abbasi et al. [16] hanno sviluppato un modello micromeccanico al fine di indagare gli effetti causati
dalle differenze dimensionali delle particelle sul comportamento meccanico di un Dual Phase. Da

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questa modellazione è emerso che l’influenza diviene significativa quando il rapporto tra le due di-
mensioni estreme diviene pari ad un mezzo. Inoltre per bassi tenori di martensite, gli effetti di una
distribuzione di diametri è trascurabile, ma a un medio-alto contenuto di martensite l’interazione
dovuta a differenze di sezione diviene abbastanza importante.
Per quanto riguarda la variazione delle proprietà meccaniche (yield e tensile strenght), l’aumento
del loro valore è strettamente legato alla percentuale di martensite presente nella struttura moleco-
lare dell’acciaio. Per acciai mediamente legati si può ottenere un aumento del valore della tensio-
ne di snervamento del 500% passando da acciai con contenuto nullo di martensite ad acciai com-
pletamente martensitici. Un aumento notevolmente più marcato si riflette sulla tensione di rottura.
Nel caso dei Dual Phase, tuttavia, l’andamento della tensione di snervamento non possiede la ca-
ratteristica crescita monotona che caratterizza invece i valori della tensione di rottura, bensì tende
a decrescere con l’aumentare del tenore di martensite per poi crescere nuovamente.
Per ciò che concerne la resistenza ultima a trazione, questa aumenta all’aumentare del tenore di
martensite e del suo contenuto di Carbonio, ed è condizionata anche dalla resistenza della fase
ferritica, in analogia a quanto si verifica in un comune materiale composito. Come già anticipato, la
resistenza della martensite dipende principalmente dal suo contenuto di Carbonio che è determina-
to dalle condizioni realizzate nel trattamento intercritico e dal tenore originale dell’elemento
nell’acciaio di partenza. Bayram et al.[17] a questo proposito hanno ricavato una relazione empirica
tra il carico di rottura di un Dual Phase e il contenuto di Carbonio dell’acciaio e la temperatura nella
regione intercritica (a+g), ottenendo una stima della resistenza che si discosta al più di un 10%
dai risultati sperimentali. La resistenza della fase ferritica, invece, dipende dalla sezione dei grani e
dalle caratteristiche della soluzione solida ottenuta con l’aggiunta dei metalli di lega.
Dai risultati sperimentali si evince un incremento del carico di rottura con la percentuale di marten-
site in maniera quasi lineare, ma questo fintanto che il tenore della fase dura si mantiene inferiore
allo 0.5% [9].
Sulla base di ciò in letteratura sono stati proposti molti modelli ai fini di interpretare il comportamen-
to meccanico di tali acciai ricorrendo alla teoria dei compositi e impiegando la regola della miscela
tra la fase dura (martensite) e quella duttile (ferrite):

σ = Vmσ m + (1 − Vm )σ f (2.2)

dove Vm è la frazione volumetrica di martensite mentre s, sm e sf sono le tensioni nel composi-


to, nella martensite e nella ferrite, rispettivamente, assunte invarianti rispetto alla quantità, natura,
morfologia delle rispettive fasi. Essa predice una variazione lineare della tensione, funzione della
frazione volumetrica della fase dura. Tuttavia tale semplice regola non è applicabile poiché pre-
scinde dal considerare che al variare della temperatura di tempra intercritica varia sia il tenore di
martensite che, ovviamente, il tenore di Carbonio nella fase stessa [3], inoltre non è in accordo con
i risultati sperimentali quando la percentuale di martensite è superiore allo 0.5%. Infatti, oltre que-
sto livello il carico di rottura diminuisce con l’aumento del tenore di martensite mentre il modello
predice un incremento di resistenza [9].

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La relazione tra resistenza e microstruttura nei dual phase è stata spesso investigata ricorrendo a
modelli teorici del continuo [1]: due principali assunzioni sono state fatte, una ipotizza il materiale
come una miscela di due fasi duttili che si deformano con lo stesso rapporto, sviluppata nei cosid-
detti modelli di isodeformazione, l’altra, invece, sull’ipotesi di isostress. Si tratta di approcci opposti,
fondati sulla regola della miscela, tuttavia entrambi convalidati da risultati sperimentali (per con-
venzionali dual phase con bassi tenori di martensite) anche se, come sottolinea Korzekwa, per un
caso fortuito. Infatti osservazioni con il microscopio elettronico [18] hanno evidenziato che la distri-
buzione della deformazione tra ferrite e martensite, così come tra i diversi grani di ciascuna fase,
risulta eterogenea. Si è osservato che la ferrite si deforma immediatamente e ad un grado più rapi-
do rispetto alla martensite. Con il microscopio elettronico è stato anche mostrato che a bassi tenori
Vm di martensite si deforma solo la matrice duttile, mentre al crescere di Vm, e a parità di contenuto
di Carbonio, le differenze nel comportamento delle due fasi si attenuano, e ad alti Vm la deforma-
zione si estende all’interno delle inclusioni di martensite, dopo che la matrice è stata deformata for-
temente a causa del carico trasferito alle inclusioni attraverso l’interfaccia ferrite-martensite. Ciò è
in contrasto con altri HSLA in cui la fase più dura non esibisce significative deformazioni. A questo
proposito, diversi modelli sono stati proposti sulla base di una modifica della legge della miscela
che considera il trasferimento tensionale e la ripartizione di deformazione tra le due fasi; tra questi
lo studio di Tamura, quello di Fischmeister e Karlsson [19]. Speich, per esempio, ha proposto una
partizione eterogenea tra le due fasi in termini di deformazione cui consegue una caratterizzazione
del comportamento meccanico con il seguente modello:

⎛1 ⎞
σ y = σ y . f + ⎜ ⋅ σ y. m − σ y . f ⎟ ⋅Vm (2.3)
⎝3 ⎠

σ t = σ t . f + (σ y .m − σ t . f ) ⋅Vm (2.4)

dove sy, sy.m,sy.f sono i carichi di inizio snervamento nel composito, nella martensite, nella ferrite

rispettivamente,e st,st.f i corrispondenti carichi di rottura del composito e della ferrite, con però
l’ipotesi che il rapporto di deformazione si mantenga costante durante l’intero processo di carico.
Nel lavoro di Valentini et al [1] sono riportate delle formule di interpolazione relative alle caratteristi-
che meccaniche di questi acciai che sono risultate di grande affidabilità.
Per il carico di snervamento

σ y = k1⋅ d −1/ 2 + k 2 ⋅ (1 − ν f ) ⋅ d −1/ 2 (2.5)

Per il carico di rottura

σ r = ν f (( k 3 + k 4 ⋅ d −1/ 2 ) + (1 − ν f )( k 5 + k 6 ⋅ Cm −1/ 2 )) (2.6)

Cm = (Ca − C fν f ) /(1 − ν f ) (2.7)

dove d è la dimensione del grano ferritico in mm, ν f è la percentuale di fase ferritica, Cm è la per-

centuale di carbonio disciolta nella fase martensitica, Ca il carbonio iniziale e Cf è la solubilità mas-

- 18 -
sima del Carbonio nella ferrite presa pari a 0.02%, mentre le costanti ki sono coefficienti di interpo-
lazione.
Recentemente, è stato elaborato un modello teorico che indaga la relazione tra lo stato tensionale
e variabili microstrutturali, quali il diametro medio delle particelle delle due fasi e la frazione volu-
metrica di martensite Vm, basato sulla teoria di Ashby che ipotizza una disomogenea distribuzione
di stress nella matrice ferritica in termini di densità di dislocazioni [18]. Da questa teoria si può de-
durre che la tensione in un Dual Phase può essere generalmente espressa nella forma seguente:

σ = σA +σB (2.8)

in cui sA rappresenta la tensione media nella fase duttile, con il contributo delle dislocazioni pre-

senti all’interfaccia ferrite-martensite e ferrite-ferrite, mentre sB rappresenta lo stato tensionale


conseguente alle incompatibilità dovute alle differenti deformazioni tra le due fasi e alla disomoge-
nea distribuzione delle dislocazioni nella matrice ferritica, funzione della frazione volumetrica della
fase più dura. Ostrom in uno studio su modelli analitici per materiali con microstruttura dual phase
ha concluso che senza la conoscenza di come effettivamente lo stato tensionale e deformativo si
sviluppino all’interno del materiale non sia possibile ottenere risultati attendibili, pertanto, secondo
questo parere i modelli basati sulla regola della miscela non sono affatto affidabili.
E’ comunque da sottolineare che l’applicabilità di analisi basate su semplici modelli e meccanismi
del continuo risulta forzata, ai fini di predire il carico di rottura come una funzione di Vm, in particola-
re in acciai ottenuti con trattamenti ai quali consegue una microstruttura caratterizzata da una non
uniforme distribuzione delle fasi (per esempio è il caso di campioni ottenuti con la tempra interme-
dia IQ [2]). Dalle precedenti osservazioni si può quindi giungere alla conclusione che la resistenza
della ferrite e della martensite non sono funzione unicamente del tenore della fase dura, ma anche
della composizione chimica, della forma e continuità delle fasi, delle tensioni residue. Sviluppare un
modello teorico che incorpori tutte queste variabili è un compito molto difficile; una importante
semplificazione è stata fatta assumendo che il fattore più influente sulla resistenza di questi acciai
sia il percorso medio libero l nelle due fasi [9] funzione dello spazio interparticellare del composi-
to. Al diminuire di questo, per esempio conseguentemente al crescere del tenore di martensite o
durante uno stato tensionale di trazione, la resistenza del composito aumenta.
Per quanto riguarda la duttilità, invece, questa è principalmente condizionata dalle proprietà della
matrice ferritica. L’accresciuto livello rispetto a quello di un tradizionale acciaio altoresistenziale
basso legato è da attribuire a diverse cause, in particolare all’inferiore contenuto di carbonio della
ferrite, alla possibile plasticizzazione della fase più dura, al tenore di ferrite epitassiale e alla quanti-
tà di austenite trattenuta. Tra questi fattori, tuttavia, la quantità di austenite presente a temperatura
ambiente e il modo in cui si trasforma sotto deformazioni plastiche hanno ottenuto maggiore con-
senso in termini di giustificazione per il superiore comportamento duttile. Infatti, nei casi in cui la
quantità di austenite residua è stata incrementata attraverso un opportuno controllo del trattamento
termico, la duttilità ha mostrato di raggiungere un valore massimo [2]. Molti studi sulla duttilità di
questi acciai hanno anche evidenziato una diminuzione dell’allungamento ultimo con la frazione
volumetrica di martensite e sono giunti alla conclusione che un acciaio con una microstruttura più

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fine (dimensioni ridotte dei grani) esibisce una duttilità superiore. Pertanto è importante controllare
la modalità di produzione della microstruttura Dual Phase tenendo in considerazione che le dimen-
sioni delle particelle delle due fasi diminuiscono con il diminuire della temperatura nella regione in-
tercritica e con l’aumentare della durata dell’eventuale pretrattamento di normalizzazione.
Studi sulla duttilità di funi in acciaio dual phase hanno messo in luce l’influenza esercitata su que-
sta proprietà dalla morfologia e dalla distribuzione della fase martensitica [20]. Durante la lavora-
zione a freddo, le prime fratture si verificano soprattutto come conseguenza della sconnessione
all’interfaccia delle due fasi, piuttosto che come effetto degli scorrimenti a taglio all’interno della fa-
se dura. Per questo motivo, è importante che la martensite prodotta con il trattamento termico sia il
più possibile deformabile affinché rimanga connessa alla matrice ferritica durante le sollecitazioni
provocate dalla lavorazione. Da risultati sperimentali di prove a trazione è emerso che il compor-
tamento deformativo della martensite è significativamente influenzato dalla geometria delle parti-
celle, dalle loro dimensioni e dallo stato tensionale conseguente allo loro orientamento rispetto alla
direzione di trazione, ovvero che le caratteristiche meccaniche sono intimamente condizionate dal-
la evoluzione microstrutturale dell’acciaio durante la lavorazione a freddo.

2.5 Barre d’armatura in acciaio dual phase

Nell’ultimo decennio presso l’Università di Berkeley è stata sviluppata un’intensa ricerca


sull’applicazione degli acciai Dual Phase nelle armature per calcestruzzo armato [21]. L’interesse
per questo tipo di acciaio è stato originato, principalmente, dall’esigenza di limitare il degrado per
corrosione delle armature. Una soluzione per incrementare la qualità e la resistenza all’attacco
chimico delle barre è rappresentata dall’utilizzo di armature in acciaio la cui microstruttura è stata
progettata a tal fine. A questo proposito, gli acciai ferritico-martensitici Dual Phase si sono mostrati
in grado di coprire un ruolo significativo nel ridurre il degrado per corrosione [22]. In particolare,
hanno evidenziato non pochi vantaggi rispetto agli acciai tradizionali impiegati per la produzione di
barre d’armatura. La microstruttura di quelli convenzionali, infatti, spesso non consente di associa-
re una adeguata duttilità ad un buon livello di resistenza, diversamente i Dual Phase sono in grado
di garantire entrambe le caratteristiche. Soprattutto, gli acciai tradizionali (contenuto di Carbonio
inferiore allo 0.4% in peso), presentando una struttura metallurgica mista con la presenza della fa-
se perlitica come, per esempio, quelli ottenuti con il metodo di produzione Tempcore, possono es-
sere facilmente soggetti all’attacco chimico in ambienti corrosivi a causa della presenza di carburi.
La vulnerabilità si può spiegare in riferimento al fatto che i carburi della perlite sono catodici nei
confronti della matrice di ferrite circostante, quindi in questi ambienti quando l’ossido protettivo e
l’ambiente passivante vengono alterati si possono sviluppare macrocelle galvaniche molto attive tra
le lamelle di perlite e la matrice anodica che possono portare ad una maggiore velocità di corrosio-
ne, a partire dalla ferrite. Diversamente, i Dual Phase hanno una struttura ferritico-martensitica,
quindi, non presentano carburi eutettoidi o colonie di perlite, pertanto la loro resistenza nei confron-
ti della formazione di celle galvaniche è migliore rispetto a convenzionali acciai da cemento armato.

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Questo è stato confermato dai risultati sperimentali ottenuti con prove su acciai in campioni di cal-
cestruzzo immersi in ambienti fortemente corrosivi [22].
E’ edito nel 2005 uno studio [23] condotto presso l’Università di Kyoto sulle prestazioni sismiche di
collegamenti fra colonne prefabbricate e fondazioni in C.A. realizzati con barre post-tese in acciao
Dual Phase temprato alla temperatura di 850°C nel campo intercritico.

Fig. 2-3: Elemento prefabbricato post-teso in C.A. armato con acciaio Dual Phase [23]

Il trattamento termico eseguito ha prodotto una microstruttura dual phase con martensite ad eleva-
ta resistenza ottenendo un acciaio con un carico ultimo e di snervamento di 966 MPa e di 716 Mpa
rispettivamente.
Dai risultati ricavati su test ciclici è emerso, tuttavia, che l’impiego di quel tipo di Dual Phase non
consente di incrementare in maniera efficace l’area sottesa dai cicli isteretici e quindi l’energia dis-
sipata durante le azioni sismiche.

- 21 -
Riferimenti bibliografici

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- 23 -
3 La duttilità degli elementi in c.a.

3.1 Introduzione

La duttilità di una struttura, intesa come la capacità di sostenere ampie deformazioni in campo pla-
stico senza esibire significative riduzioni di resistenza, costituisce un aspetto fondamentale dei di-
versi approcci progettuali, rivestendo, in particolare, un ruolo significativo nello studio del compor-
tamento della costruzione sotto azioni sismiche, in cui si manifesta come capacità di assorbire e
dissipare l’energia sismica attraverso cicli isteretici stabili.
Prima del 1960 il concetto di duttilità era impiegato solo per caratterizzare il comportamento del
materiale. Dopo gli studi di Housner e Baker [1] sui problemi sismici e sul ‘’plastic design’’, questa
nozione è stata estesa a livello di struttura, identificandosi come parametro fondamentale nella de-
finizione della capacità ultima.
Fin dal primo stadio di sviluppo del materiale, nel caso di elementi in calcestruzzo armato è emersa
la necessità di garantire tale requisito al fine di soddisfare tutta una serie di esigenze, delle quali le
più significative possono essere sintetizzate nei seguenti punti [2]:
• Evitare modalità di collasso fragili in modo che la struttura, sia staticamente determinata
che iperstatica, possa esibire grandi deformazioni quando è soggetta a processi di carico
spinti fino al raggiungimento della sua capacita portante, avvisando così del conseguimen-
to dello stato limite ultimo.
• Garantire l’abilità a resistere ad impatti locali inattesi mediante localizzazione del danno,
senza il verificarsi del collasso globale (robustness).
• Assicurare una adattabilità plastica sufficiente per resistere alle deformazioni imposte (per
esempio per effetto delle variazioni termiche, del ritiro e dei fenomeni viscosi del calce-
struzzo) evitando stati tensionali inaccettabili, solitamente trascurati in sede di progetto.
• Consentire la ridistribuzione delle sollecitazioni in modo da poter impiegare nel calcolo una
analisi lineare elastica basata su tale ipotesi. Evidentemente la possibilità di ridistribuzione
delle sollecitazioni richiede una capacità rotazionale in corrispondenza delle regioni plasti-
cizzate che sia sufficiente a permettere il grado di ridistribuzione assunto. Inoltre,
nell’ambito di una analisi elasto-plastica la duttilità si presenta come un requisito chiave per
l’assunzione di plasticità indefinita delle sezioni. Tuttavia, anche in un’analisi lineare elasti-
ca (basata sulla assunzione di sezioni non fessurate) è necessaria una certa capacità di
rotazione delle aree potenzialmente sede di plasticizzazione (regioni critiche) poiché
l’effettiva distribuzione dei momenti differisce da quella assunta per un comportamento e-
lastico, a causa della fessurazione nel calcestruzzo fin da bassi livelli di carico, con il con-
seguente cambiamento nelle distribuzione delle rigidezze lungo l’elemento strutturale.
• Permettere la dissipazione di energia sotto carichi ciclici come quelli sismici
La suddetta esposizione di situazioni in cui la duttilità degli elementi in c.a. si presenta come es-
senziale attesta l’importanza di questo concetto.

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E’ ben noto che la duttilità di membrature in c.a., costituite dalla compartecipazione di due materiali
con caratteristiche estremamente differenziate, risulti fortemente influenzata da diversi parametri
caratteristici. Per questa ragione, il comportamento può propendere verso un comportamento fragi-
le o duttile a seconda della combinazione di questi fattori, dei quali i più significativi, in letteratura,
sono ravvisati nei seguenti:
• Proprietà meccaniche e di resistenza del calcestruzzo
• Resistenza, duttilità e aderenza delle armature
• Geometria della sezione
• Percentuale di armatura longitudinale e trasversale
• Dettagli costruttivi
• Snellezza dell’elemento e condizioni di vincolo
• Modalità di applicazione dei carichi
• Entità dello sforzo normale
A causa della suddetta molteplicità di parametri interagenti, in letteratura sono riportati risultati spe-
rimentali tradizionalmente dispersi e di difficile confronto.
In particolare, per una struttura la possibilità di resistere ad azioni dinamiche severe, quali quelle
sismiche, è legata al comportamento ciclico flessionale delle zone più sollecitate degli elementi
strutturali, cioè alla capacità delle sezioni critiche di superare il limite elastico in modo da dissipare
sufficiente energia in campo plastico. Il progetto di una struttura secondo criteri antisismici deve,
pertanto, garantire tale capacità senza una sostanziale diminuzione di resistenza complessiva alle
azioni orizzontali e verticali.
Le Normative antisismiche moderne consentono di ridurre le azioni di progetto in funzione delle ca-
ratteristiche di duttilità complessive della struttura. Un tale approccio richiede, ovviamente, una me-
todologia di progettazione ad essa coerente, tesa ad assicurare che la costruzione sia effettiva-
mente in grado di fornire il livello di duttilità globale prescelto, prescritto comunemente attraverso il
cosiddetto ‘’fattore di comportamento (q-factor) ’’.
Poiché i meccanismi di collasso che possono instaurarsi determinano il livello di duttilità richiesto ai
singoli elementi strutturali, gli attuali criteri di progettazione antisismica mirano a garantire la forma-
zione di meccanismi di tipo globale, e ad evitare rotture anticipate per fragilità locale, favorendo,
per esempio, crisi di tipo flessionale piuttosto che a taglio. Affinché tale comportamento sia effetti-
vamente esibito dalla struttura è necessario che sia garantita la formazione di cerniere plastiche
con sufficienti capacità rotazionali.
La capacità di rotazione plastica, definita come la frazione in campo plastico della rotazione che
può essere sostenuta in corrispondenza del raggiungimento dello stato limite ultimo dell’elemento,
diviene, così, il principale parametro atto a descrivere il comportamento non lineare degli elementi
strutturali.
Realizzare una struttura con un comportamento duttile significa stabilire la capacità di spostamento
che il sistema deve possedere al fine di resistere ad una azione sismica di data intensità con defini-
to livello di danno, e verificare che in corrispondenza di tale spostamento la duttilità richiesta µd

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alla struttura, funzione dell’azione sismica, risulti inferiore a quella disponibile µc , funzione essen-
zialmente delle caratteristiche di duttilità del materiale e delle sezioni.
Quanto esposto viene parzialmente tradotto in termini operativi attraverso l’obiettivo di produrre
una gerarchia nelle modalità di danno e collasso, in cui i modi duttili precedono quelli fragili, secon-
do una filosofia di progettazione che dall’Eurocodice è definita come ‘’capacity design’’. Con questo
metodo la struttura diviene meno sensibile alle caratteristiche del sisma, potendo rispondere solo
con un predefinito modo duttile. Pertanto, individuato il meccanismo anelastico di collasso, che
preveda cioè la formazione di cerniere plastiche in numero tale da rendere labile il sistema, e che
risulti cinematicamente ammissibile, ossia che rispetti la compatibilità del sistema, occorre verifica-
re che sia rispettata la condizione voluta di disuguaglianza tra duttilità richiesta md e duttilità dispo-

nibile mc.
Nell’ottica della procedura di progettazione secondo la gerarchia delle resistenze, la capacità di de-
formazione degli elementi strutturali si presenta, pertanto, come l’elemento qualificante la progetta-
zione stessa.
In effetti, la capacità di spostamento è probabilmente la quantità più conveniente per definire
l’attitudine di una struttura di rispondere all’azione del sisma in campo anelastico.
Si definisce quindi fattore di duttilità in termini di spostamento µδ della struttura il rapporto tra lo

spostamento δ u ultimo, relativo al collasso dello costruzione, e lo spostamento δ y allo snervamen-

to di un punto significativo della stessa. Occorre verificare che la duttilità di spostamento richiesta
alla struttura non superi la capacità di spostamento corrispondente allo stato limite considerato.
Evidentemente tanto maggiore è il fattore di duttilità di un elemento strutturale, tanto più elevato è il
margine di sicurezza dell’elemento nei riguardi dell’evento sismico.
La capacità di spostamento µδ , pur riferendosi al comportamento globale del sistema, è ovviamen-
te influenzata dalla duttilità locale, a livello di singolo elemento, di sezione e di materiale.

3.2 Il materiale

Premessa essenziale per una buona duttilità strutturale è la duttilità propria dei materiali costitutivi,
definita come capacità di sopportare deformazioni anelastiche senza eccessivo decremento dello
sforzo. In questo caso si può parlare di duttilità di deformazione, definita come il rapporto tra la de-
formazione corrente e e la deformazione allo snervamento del materiale ey. Graficamente questo
parametro può essere individuato tramite la curva caratteristica sforzo - deformazione del materiale
Sotto questo aspetto, nelle strutture in c.a. il comportamento duttile dipende essenzialmente dalla
classe di calcestruzzo, dal grado di confinamento e dal tipo di acciaio impiegato, ovvero dalla dutti-
lità da questo esibita.

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3.2.1 Le caratteristiche di duttilità dell’acciaio d’armatura.

Studi recenti, sia teorici che sperimentali, hanno puntualizzato la decisiva influenza esercitata dalle
caratteristiche dell’acciaio sulle capacità dissipative dell’elemento strutturale in calcestruzzo armato
[2].
In particolare, è necessario focalizzare l’attenzione su due parametri caratteristici che sono ricavati
attraverso prove monotone a trazione: la deformazione unitaria uniforme (Agt), che rappresenta la
deformazione totale che si ha per il carico massimo e il rapporto ft/fy tra la resistenza a trazione e la
tensione di snervamento. Essi rappresentano, infatti, una misura della duttilità dell’acciaio, com’è
stato riconosciuto dalle normative moderne, che li hanno progressivamente sostituiti ai tradizionali
parametri, quali l’allungamento a rottura su base di 5 ( ε s ,5φ ) e 10 diametri ( ε s ,10φ ).

Fig. 3-1: Curva caratteristica sforzo-deformazione dell’acciaio in trazione [21]

Pertanto, il tema della duttilità degli acciai è oggi, in campo internazionale, uno dei più dibattuti, an-
che in riferimento al processo di unificazione del materiale per la realizzazione delle barre
d’armatura che è attualmente in corso nei paesi europei .
Il problema si presenta sotto due aspetti differenti: da un lato vi sono i produttori d'acciaio, che pur
essendo in grado di fornire un materiale con resistenze elevate, trovano difficoltà a garantire acciai
che esibiscano anche caratteristiche di duttilità, per via dei problemi di controllo di questa proprietà
meccanica; dall’altro, invece, vi è l’esigenza d'armature che siano dotate di una buona duttilità di
deformazione in modo da consentire elevate capacità di duttilità a livello di sezione, elemento e
struttura. Il problema è stato sollevato alcuni anni fa in Germania [3] quando sono stati trovati in
commercio degli acciai, in particolare reti elettrosaldate, con caratteristiche di duttilità limitate.
Recentemente, inoltre, la produzione europea dell’acciaio d’armatura ha subito sostanziali trasfor-
mazioni, dovute allo sviluppo tecnologico dei processi produttivi. Le armature in acciaio al Carbo-
nio, oggi commercialmente disponibili, possono essere distinte sulla base del loro processo produt-
tivo in due categorie: acciai laminati a caldo e acciai trafilati a freddo [4].
L’acciaio d’armatura è il risultato di un processo costituito da più fasi. La prima di esse si svolge in
acciaieria, dove vengono preparate le colate per la formazione delle billette. Durante questa fase è
effettuato il controllo del massimo tenore degli elementi chimici attraverso il contenuto di ‘’carbonio
equivalente’’ Ceq che deve risultare inferiore a 0.5% (acciaio con basso carbonio, EN10080).

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Come è noto in metallurgia, la riduzione del contenuto di carbonio causa una parallela diminuzione
della tensione di snervamento e del rapporto di duttilità. Per questo motivo, negli ultimi venti anni le
acciaierie, con lo scopo di incrementare i valori delle proprietà meccaniche al di sopra dei livelli mi-
nimi richiesti dalle normative, hanno sviluppato diversi trattamenti meccanici o termo-meccanici dei
prodotti laminati a caldo intermedi, che intervengono nello stadio finale del processo, successiva-
mente alla laminazione delle billette.
In particolare, l’acciaio introdotto oggi sul mercato Europeo, e che ha in pratica sostituito il tradizio-
nale tipo Feb44k, è realizzato con un processo termico superficiale detto Tempcore, brevettato e
sviluppato nei primi anni settanta dal CRM (Centre de Recherche Métallurgiques, Belgio), che con-
siste nel sottoporre l’acciaio laminato a un trattamento termico in linea cui consegue una struttura
metallurgica finale caratterizzata da uno strato corticale indurito formato da martensite rinvenuta e
da un cuore duttile di ferrite-perlite.
Tali acciai presentano, rispetto ai precedenti, un valore maggiore della tensione di snervamento ma
rapporti tra tensione ultima e di snervamento inferiori. L’utilizzo di questo materiale può comportare
un miglioramento locale delle caratteristiche di resistenza, ma al contrario tende a ridurre le pro-
prietà di duttilità, locali e globali della struttura [5].
Parallelamente, si è registrato un interesse crescente, da parte della Comunità Tecnica e Scientifi-
ca, nei riguardi di nuovi tipi di acciaio da impiegare come barre d’armatura in alternativa al Tem-
pcore, e delle nuove soluzioni da essi offerte in ambito strutturale.
Per questi motivi, risulta importante valutare gli eventuali effetti indotti dalla variazione delle carat-
teristiche meccaniche dell’acciaio delle barre d’armatura sulle prestazioni inelastiche degli elementi
in c.a.
La valutazione analitica delle deformazioni plastiche in elementi debolmente armati è fortemente
condizionata dall’accuratezza con cui viene modellato il comportamento dell’acciaio teso, pertanto,
è di fondamentale importanza la corretta valutazione delle deformazioni ultime che possono svilup-
parsi nella barra. Nonostante la definizione di deformazione possa essere fornita in più modi, come
lo stesso approccio normativo evidenzia, in ogni caso l’ente fisico effettivamente misurato è la va-
riazione di distanza fra due punti della barra inizialmente posti ad una distanza nota pari alla base
di misura. La misura della deformazione in condizioni ultime è profondamente influenzata dalla
presenza o meno in tale zona della strizione [6], che comporta la macroscopica riduzione della se-
zione trasversale con la conseguente progressiva diminuzione del carico portato dalla barra e
quindi, in riferimento alla sezione indeformata, con riduzione della tensione. Per questo motivo, da
un lato si definiscono le deformazioni su base 5 e 10 diametri a cavallo della strizione, e dall’altro si
definisce la deformazione uniforme su base generalmente 5 diametri, fuori dalla zona di strizione e
sufficientemente fuori dalla zona di morsettatura della barra. A differenza dell’allungamento a rottu-
ra ε s ,5φ , l’allungamento uniforme comprende la deformazione elastica del materiale e non è influen-

zato dalla strizione, pertanto, per quest’ultimo motivo è logico attendersi dei valori di Agt minori di
ε s ,5φ , inoltre, all’aumentare della base di misura l’effetto della strizione si distribuisce sempre di più.
In sostanza dovrà quindi risultare:
ε s ,5φ > ε s ,10φ > ε s ,u

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Una modellazione cautelativa del diagramma tensione deformazione dell’acciaio teso può essere
effettuata considerando la sola parte ascendente del diagramma sperimentale, arrestando la curva
al valore di deformazione Agt. Ciò è quanto consigliato da CEB ed Eurocodice 2 ed è in vantaggio
di sicurezza in quanto trascura l’incremento di deformazione a rottura connesso con la strizione.
Naturalmente un modello che prescinde dal considerare il fenomeno della strizione fornisce,
nell’analisi teorica di travi inflesse debolmente armate, una previsione della rotazione plastica in
condizioni di collasso ampiamente cautelativa. Vi è peraltro da rilevare che, purtroppo, la deforma-
zione Agt appare, sulla base della sperimentazione condotta da Cosenza et al. [6], una quantità ca-
ratterizzata da un coefficiente di variazione (rapporto fra scarto e media) non trascurabile e co-
munque non inferiore a quello relativo alle classiche grandezze ε s ,5φ e ε s ,10φ . Ciò evidenzia che è

maggiormente governato da fenomeni casuali la deformazione a rottura fuori della zona di strizione
che non la strizione stessa. Tale osservazione, però, implica che quando la rottura negli elementi
inflessi di cemento armato avviene per crisi dell’acciaio, da un lato la strizione si sviluppa per intero
nella zona di rottura e dall’altro la casualità del fenomeno è piuttosto modesta; per queste ragioni,
la notevole quantità di allungamento a rottura che si manifesta rappresenta una riserva di defor-
mazione plastica su cui fare affidamento.
Com’è stato rilevato in letteratura, la deformazione ultima dell’acciaio unitamente al rapporto di in-
crudimento hanno una notevole influenza sulla risposta strutturale. Intuitivamente si può cogliere
ciò pensando di confrontare il comportamento di due elementi inflessi in cui siano stati impiegati
acciai caratterizzati dalle medesime tensioni di rottura e di snervamento ma da due differenti Agt.
Appare evidente che l’allungamento medio del corrente teso, nel campo plastico, sarà maggiore
nel caso dell’acciaio con deformazione uniforme superiore: ciò comporta maggiori curvature ed un
rapporto superiore tra la freccia a carico massimo e quella che si ha per il carico che produce lo
snervamento delle armature. Nel caso di due elementi inflessi realizzati impiegando acciai aventi lo
stesso allungamento uniforme e il medesimo carico di rottura ma con rapporto di incrudimento dif-
ferente, si osserverà, per il carico massimo, una zona plasticizzata tanto meno estesa e una freccia
tanto più ridotta quanto più piccolo è il rapporto f t / f y .

La duttilità dell’acciaio delle armature è pertanto un requisito primario a consentire un’adeguata ca-
pacità rotazionale in campo plastico delle regioni critiche. Tale proprietà è ancora più significativa,
quando la rottura della sezione è governata dal raggiungimento della crisi nell’acciaio.
Le attuali Normative per strutture in c.a. enfatizzano l’importanza di impiegare acciai che esibisco-
no un livello minimo di duttilità. Questa, come in precedenza detto, è espressa in termini di defor-
ft
mazione uniforme Agt e rapporto di incrudimento mediante la definizione di classi di duttilità.
fy

E’ comunque opportuno considerare che i risultati di una prova monotona a trazione non sono rap-
presentativi dell’effettivo comportamento dell’acciaio nella struttura. Per questo motivo, la definizio-
ne della duttilità dell’acciaio come materiale non corrisponde in maniera univoca alla duttilità della
struttura in quanto l’armatura, interagendo con il calcestruzzo attraverso l’aderenza, fa parte di
complessi meccanismi resistenti del c.a.

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Pertanto, emerge che la loro influenza non può essere giudicata separatamente, ossia in termini
assoluti, ma occorre che sia indagata alla luce del comportamento meccanico richiesto alle mem-
brature [2].
Gli studi più recenti hanno dimostrato la necessità di caratterizzare le proprietà delle barre
d’armatura in relazione alla loro influenza sul comportamento degli elementi in calcestruzzo arma-
to, in particolare in termini di capacità deformativa a livello di sezione e di elemento [Greco].
Tuttavia questo non è accolto dai vigenti codici che con le attuali classificazioni portano ad esclu-
dere un acciaio da una certa classe di duttilità se uno dei due parametri non soddisfa il valore mi-
nimo richiesto, nonostante il materiale sia sufficientemente duttile da garantire la duttilità strutturale
della classe considerata, compensando la mancanza di questa proprietà di uno dei due parametri
con quella dell’altro.

3.2.2 Caratteristiche di duttilità dell’acciaio secondo le disposizioni delle normative mo-


derne: Ceb Model Code 90 (1993), Eurocodice 2 (2004), Eurocodice 8 (2004).

MC 90 (ft/fy)k Agt
Classe A 1,05 2,5
Classe B 1,08 5
Classe S 1,15 6
Fig. 3-2: Caratteristiche di duttilità dell’acciaio, MC 90 (1993)

EC2 (ft/fy)k Agt


Classe A 1,05 2,5
Classe B 1,08 5
Classe C 1,15-1,35 7,5
Fig. 3-3: Caratteristiche di duttilità dell’acciaio, EC2 (2004)

Negli standard la duttilità delle barre di armatura è caratterizzata attraverso due parametri ( Fig.
3-2,Fig. 3-3), Agt deformazione unitaria in corrispondenza del carico massimo e (ft/fy)k rapporto di
incrudimento. Nell’Eurocodice 2 le proprietà richieste devono essere verificate mediante una pro-
cedura sperimentale in accordo con l’EN 10080.
L’Eurocodice 8 richiede requisiti differenti ai materiali impiegati, distinguendo fra edifici progettati
per bassa duttilità e bassa capacità dissipativa (da progettare secondo l’Eurocodice 2), edifici pro-
gettati per media duttilità e media capacità dissipativa, infine edifici progettati per alta duttilità e alta
capacità dissipativa, gli ultimi due da progettare in accordo con i criteri di progettazione antisismica
dell’Eurocodice 8 stesso.

- 30 -
In particolare, in classe di duttilità bassa, secondo l’EC 8 (punto 5.3.2.), negli elementi strutturali
chiamati a rispondere all’azione sismica, debbono essere utilizzati acciai di classe B o C in accordo
con EN 1992-1-1:2004.
Nelle restanti classi di duttilità è richiesto che siano soddisfatti determinati requisiti da parte dei ma-
teriali impiegati secondo il punto 5.2.3.4 dell’EC8 relativo a condizioni di duttilità locale: infatti affin-
ché sia garantito un comportamento duttile del sistema è necessario che le regioni potenzialmente
sede di cerniere plastiche siano in grado di sviluppare una elevata capacità di rotazione plastica.
Per garantire ciò, è necessario che queste siano dotate di un sufficiente fattore di duttilità in curva-
tura, che siano scongiurati fenomeni di instabilità delle barre compresse, e che i materiali, acciaio e
calcestruzzo, abbiano qualità atte a garantire condizioni di duttilità locale. Per ciò che concerne
l’acciaio delle armature, è richiesto che nelle regioni critiche degli elementi sismici primari, esso
soddisfi i requisiti esposti ai punti 5.3.2(1), 5.4.1.1(3), 5.5.1.1(3) dell’EC8 in termini di elongazione
plastica uniforme e in termini di rapporto tra la tensione di rottura e la tensione di snervamento. In
particolare per le strutture in classe di duttilità alta è richiesto ulteriormente che il valore caratteristi-
co superiore corrispondente al frattile del 95% del reale carico di snervamento non superi il valore
nominale più del 25%. I punti suddetti rimandano alla tabella C.1 dell’ EN 1992-1-1: 2004. Per le
due classi di dissipazione inferiori è possibile impiegare acciaio sia di classe C che di classe B, per
quella di alta duttilità è possibile utilizzare solo acciaio di classe C in accordo sempre con l’EN
1992-1-1:2004.
A questo proposito, per le costruzioni realizzate in zone 1 ,2 ,3, secondo la classificazione del terri-
torio nazionale, l’Ordinanza 3274 prescrive che l’acciaio impiegato possegga i seguenti requisiti:
- Allungamento uniforme al carico massimo esu,k >8%
- Rapporto tra resistenza e tensione di snervamento 1.15<ft/fy<1.35
- Rapporto medio tra valore effettivo e valore nominale della resistenza a snervamento
fy,eff/fy,nom<1.25
Acciai di prestazioni inferiori si possono utilizzare unicamente per l’armatura di elementi in cui è
impedita la plasticizzazione mediante il rispetto del criterio di gerarchia delle resistenze e per strut-
ture poco dissipative.
Lo scopo di queste limitazioni è, in entrambe le disposizioni, essenzialmente quello di garantire una
adeguata diffusione delle cerniere plastiche, attraverso la garanzia di un valore minimo per il rap-
porto di incrudimento ft/fy , tale da consentire la penetrazione dello snervamento nelle zone di cal-
cestruzzo al di là della fessura, e quindi la diffusione della plasticizzazione, e una elevata duttilità
locale, mediante la specificazione di un valore minimo per la deformazione a carico massimo. Inol-
tre, il requisito che impone un valore massimo per il rapporto fy,eff/fy,nom e per quello ft/fy risponde
all’esigenza di un controllo della gerarchia delle resistenze, stabilita mediante la procedura del ‘’ca-
pacity design’’. In particolare, la limitazione imposta al valore massimo del reale carico di snerva-
mento dell’acciaio ha come scopo quello di prevenire la sovraresistenza dell’elemento strutturale
rispetto a quella prevista nella progettazione, che comporterebbe una forza tagliante superiore a
quella stimata e dunque un effetto sfavorevole nei riguardi del comportamento sismico, con una
riduzione significativa della duttilità. A ciò occorre aggiungere la nascita di sollecitazioni flettenti su-

- 31 -
periori in corrispondenza delle colonne adiacenti la trave in cui si considera si sia verificata la so-
vraresistenza, con il conseguente rischio di formazione di cerniere plastiche nei pilastri stessi.
Per aumentare la duttilità del calcestruzzo è necessario inoltre introdurre armatura trasversale allo
scopo di contenere le deformazioni trasversali, implementando un effetto di cerchiatura del con-
glomerato.
Dal punto di vista della produzione industriale dell’acciaio in barre da cemento armato, i requisiti
più difficili da soddisfare appaiono quelli che riguardano il valore massimo imposto al rapporto
fy,eff/fy,nom e a quello ft/fy in combinazione con la limitazione inferiore. Tuttavia, l’Eurocodice 8 per-
mette di considerare il fenomeno dell’incrudimento dell’acciaio e del confinamento del calcestruzzo
in zona compressa mediante il fattore di sovraresistenza che può essere opportunamente incre-
mentato, nel caso in cui i requisiti non possano essere soddisfatti, in proporzione alle differenze e-
sistenti tra valori richiesti e quelli effettivi.

3.2.3 Il calcestruzzo: influenza del confinamento sulla deformazione ultima

Nel caso del calcestruzzo il principale parametro che influenza il comportamento sismico è il confi-
namento laterale [11], in grado di migliorare le sue caratteristiche meccaniche nei riguardi delle a-
zioni cicliche, esercitando un effetto favorevole in termini di resistenza, ma soprattutto di duttilità,
rappresentata dalla pendenza del ramo discendente della curva caratteristica tensione-
deformazione e dalla deformazione ultima del materiale.

Fig. 3-4: Confronto fra le curve caratteristiche del calcestruzzo in compressione con diverso confinamento
[20]

Confinare significa disporre nella sezione e nell’elemento una adeguata quantità di armatura longi-
tudinale e trasversale che modifichi le proprietà meccaniche del calcestruzzo, a partire dal suo le-
game costitutivo. Infatti, il calcestruzzo muta il comportamento nel caso di uno stato tensionale
triassiale di compressione. La presenza di una pressione laterale determina un sostanziale miglio-
ramento del comportamento nella direzione longitudinale di applicazione del carico con incremento
della capacità deformativa ultima. Questo aspetto è significativo nelle strutture in c.a. dove la pres-
sione laterale viene esercitata dalle staffe con un’azione che aumenta al crescere della dilatazione
trasversale del calcestruzzo compresso. Nel caso, invece, di uno stato di sollecitazione di com-
pressione monoassiale, la microfessurazione diffusa, ascrivibile alla scarsa resistenza a trazione

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dell’interfaccia matrice-inerte di questo materiale composito, determina un legame sperimentale
tensione deformazione che si presenta non lineare per valori di carico anche molto più bassi di
quello di rottura. In particolare, nel caso di resistenze ordinarie (fino a 50 MPa), le prove monoas-
siali di compressione evidenziano un andamento pressoché lineare fino a circa il 30-40% del carico
massimo; successivamente, la microfessurazione interna si diffonde con un progressivo abbatti-
mento della rigidezza. Quando si raggiunge la resistenza massima fc si manifesta una localizzazio-
ne di fessure macroscopiche e il legame costitutivo comincia a percorrere un ramo discendente:
ciò da un lato rende incerto il significato delle e sul tratto calante e dall’altro il comportamento del
provino è sempre più influenzato dalla sua geometria e dai vincoli. Di ciò occorrerebbe tener pre-
sente nelle procedure analitiche in cui si impiega il legame del calcestruzzo se non fosse che
l’interazione di questo con l’armatura attenua notevolmente il comportamento fragile; pertanto, una
modellazione non eccessivamente precisa del comportamento post-critico del materiale non pre-
giudica l’attendibilità dei risultati relativi alle sezioni [12]. Per calcestruzzi di resistenze superiori si
osserva un fenomeno analogo, ma con una progressiva variazione della forma del legame costitu-
tivo (Fig. 3-5): all’aumentare della resistenza l’andamento iniziale si presenta lineare fino ad una
percentuale della resistenza sempre più elevata, la deformazione corrispondente al punto di picco
aumenta, il ramo discendente diventa sempre più ripido.

Fig. 3-5: Tipiche curve tensione-deformazione in compressione al variare di fc [11]

Quest’ultimo aspetto è la logica conseguenza di un meccanismo sempre più fragile al crescere del-
la resistenza della matrice, che non consentendo un danneggiamento graduale e diffuso riduce la
capacità di dissipare energia di deformazione, ovvero la duttilità del materiale [22].
Risulta, pertanto, fondamentale disporre staffe che, oltre a garantire la necessaria resistenza a ta-
glio e la stabilità delle armature longitudinali, assicurino un’efficace azione di confinamento median-
te un meccanismo di scambio passivo di pressioni con il calcestruzzo, attivo dal momento in cui è
raggiunto lo snervamento dell’acciaio, con il verificarsi di condizioni triassiali simili a quelle che si
verificano in una cella di prova, che consentono alle staffe di opporsi alle deformazioni trasversali

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del calcestruzzo. Il comportamento delle sezioni, degli elementi e quindi delle strutture, in presenza
di azioni di confinamento passivo del conglomerato, viene così a dipendere da numerosi parametri,
sia meccanici che geometrici, quali forma, diametro, ed interasse delle staffe e dell’armatura longi-
tudinale, forma della sezione, e in particolare legame costitutivo dell’acciaio, come sottolineato da
recenti studi [13, 14]. Anche per questo aspetto le numerose indagini sperimentali effettuate hanno
mostrato che la modifica del legame costitutivo del calcestruzzo per tener conto del fenomeno del
confinamento può risultare essenziale per una corretta valutazione della sicurezza strutturale e del-
la duttilità degli elementi in c.a.
Lo studio di Braga et al [13] presenta un’analisi parametrica finalizzata alla scelta dei materiali e
delle disposizioni di armatura che forniscono un maggiore confinamento e un comportamento dutti-
le delle sezioni. Il metodo di analisi proposto tende ad una progettazione dei dettagli costruttivi ba-
sata non solo su dati empirici, ma anche su un approccio analitico. E’ stato definito un modello in
grado di descrivere analiticamente l’interazione tra il calcestruzzo e l’armatura di confinamento,
mettendo in conto anche l’eventuale incrudimento dell’acciaio. La pressione di confinamento, dopo
lo snervamento, cresce con andamento lineare, con pendenza che dipende dall’entità
dell’incrudimento: si può osservare che l’effetto dell’incrudimento dell’acciaio delle staffe si traduce
in un più efficace meccanismo di confinamento (Fig. 3-6), potenziandone i due principali vantaggi,
incremento della resistenza del calcestruzzo, con compensazione della possibile perdita causata
dall’espulsione del copriferro in corrispondenza di una deformazione superiore al 0.4% e riduzione
della pendenza del ramo calante del legame costitutivo e, in particolare, aumento della deforma-
zione ultima di compressione oltre il valore convenzionale, assunto in sede di progetto dello 0.35%.

Fig. 3-6: Effetto dell’incrudimento dell’acciaio delle staffe sulla curva tensioni-deformazioni del calcestruzzo
confinato [13]

E’ pertanto evidente che l’azione di confinamento si traduce in un incremento di duttilità del calce-
struzzo: questo è il più importante effetto della cerchiatura e rappresenta la chiave per soddisfare i
requisiti di duttilità locale dei moderni codici.

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Emerge, dunque, l’opportunità di impiegare acciai incrudenti per le staffe, differenziando l’acciaio
per esse utilizzato da quello delle armature longitudinali, diversamente da quanto prefigurato dalle
normative, che ignorano l’incremento di tensione nell’acciaio oltre lo snervamento [13]. Si tratta di
una osservazione importante in considerazione di un potenziale impiego dell’acciaio Dual Phase in
questo campo, essendo tale acciaio un materiale caratterizzato da elevate resistenze e rapporti di
incrudimento.
Come è noto, nei casi i cui la rottura è governata dallo schiacciamento del calcestruzzo, e quindi
per elevati carichi assiali e rapporti geometrici di armatura, il ruolo rivestito dalle proprietà del con-
glomerato cementizio diviene maggiormente significativo nel modificare le caratteristiche di defor-
mabilità di un elemento in c.a. In queste condizioni, infatti, il comportamento è fortemente condizio-
nata dal limite assunto per la deformazione massima ε cu nel materiale.

In sede di progetto si adotta tradizionalmente un valore limite per la ε cu dello 0.35%. Tuttavia, du-
rante un sisma severo il fattore di duttilità in curvatura richiesto alle sezioni critiche degli elementi
può essere notevolmente superiore a quello teoricamente disponibile sulla base dei modelli costitu-
tivi assunti per i materiali nella procedura analitica di determinazione della relazione momento cur-
vatura. Ciò significa ammettere, in particolare, che la deformazione in corrispondenza del lembo
compresso della sezione sia maggiore al valore convenzionale di 0.0035. Nella realtà questo non
si traduce nel collasso della struttura dal momento che la presenza della staffatura nelle regioni cri-
tiche degli elementi, esercitando un’azione di confinamento del nucleo di calcestruzzo compresso,
permette più elevate curvature ultime che possono essere raggiunte senza significativa riduzione
della capacità portante [15]. Studi recenti fanno, infatti, risalire il collasso dell’elemento non alla cri-
si del calcestruzzo, bensì al collasso delle staffe più cimentate [ 12].
Si presenta, pertanto, il problema di valutare la deformazione ultima del calcestruzzo compresso
senza trascurare l’azione di confinamento, ovvero l’influenza esercitata dalle caratteristiche delle
staffe e, in particolare, del legame costitutivo dell’acciaio. In letteratura esistono diverse espressio-
ni, delle quali quelle di maggiore affidabilità sono tradizionalmente ravvisate nelle relazioni semi-
empiriche ricavate da Scott et al. (1982) e Mander et al. (1988), nei cui lavori viene ipotizzato, sulla
base di verifiche sperimentali, che la deformazione ultima di compressione si attinga quando si ha
la rottura della prima staffa.
L’espressione proposta da Scott, Park e Priestley per la valutazione della deformazione ultima di
compressione delle colonne, a livello del nucleo confinato, è

f yh
ε u = 0.004 + 0.9 ρ s (2.1)
300
con il termine costante (0.004) pari alla deformazione longitudinale per cui il copriferro si stacca,
ρ s pari al rapporto in volume tra acciaio trasversale e nucleo di calcestruzzo confinato, f yh tensione
di snervamento della staffa. Per una trave, in una tipica regione sede di una cerniera plastica, la
deformazione massima può superare lo 0.01 [15]
E’ evidente che un aumento del fattore ρ s comporti un incremento sia di resistenza che di duttilità
del nucleo confinato; è altrettanto chiaro che tanto più elevata è la resistenza delle staffe tanto

- 35 -
maggiore è la pressione che esse sono in grado di esercitare. Tale relazione, però, non mette in
conto il fenomeno di incrudimento dell’acciaio. E’, tuttavia, da osservare che l’indagine sperimenta-
le di Scott et al. è stata eseguita su staffe realizzate con acciai dolci e quindi non può essere con-
siderata esaustiva nel rappresentare la capacità deformative ulitme di calcestruzzi confinati con
armature di superiori caratteristiche meccaniche.
Mander propone, invece, la soluzione del bilancio energetico in cui, note le tensioni nel calcestruz-
zo f c e nell’acciaio f sl delle armature longitudinali in funzione della deformazione longitudinale, for-
nisce tale deformazione per via numerica:

ε cu ε cu
110 ρ s = ∫
0
f c d ε c + ρ cc ∫ f sl d ε c − 0.017 f co
0
(2.2)

con f co resistenza a compressione del calcestruzzo non confinato in MPa, f c tensione di compres-

sione longitudinale del calcestruzzo, f sl tensione nell’acciaio longitudinale, 110 energia media di
deformazione, per unità di volume del nucleo di calcestruzzo, in MJ/m^3 dell’acciaio trasversale di
confinamento, pari all’ energia di deformazione per unità di volume assorbita dal calcestruzzo non
confinato.
Questo bilancio energetico, tenuto presente che l’area sottesa dal legame costitutivo fino alla ε cu

rappresenta l’energia per unità di volume necessaria a rompere il calcestruzzo, esprime che
l’incremento di energia dovuto al confinamento (pari alla differenza tra le aree sottese dai legami
tensioni-deformazioni per il calcestruzzo confinato e non confinato, tratteggiata in Fig. 3-7), dipen-
de esclusivamente dall’assorbimento di energia da parte dell’armatura trasversale. Anche in questo
caso la variabilità dell’incrudimento non è portata in conto dal modello.

Fig. 3-7: Legame costitutivo del calcestruzzo confinato di Mander et al [22]

Diversamente, nel lavoro di Braga et al. [14] è stato analizzato il comportamento a rottura di colon-
ne in c.a. confinate da staffe attraverso una procedura analitica che valuta la deformazione ultima
del calcestruzzo sulla base di un legame costitutivo innovativo, mantenendo però l’ipotesi per cui la
capacità deformativa del calcestruzzo si raggiunge in corrispondenza della crisi della prima staffa.
Da tale indagine è emerso che il comportamento a rottura delle armature trasversali si svolge se-
condo modalità che mutano al variare del legame costitutivo dell’acciaio, inoltre è stato possibile
cogliere anche l’effetto esercitato da un aumento del rapporto di incrudimento: si osserva un in-

- 36 -
cremento significativo della deformazione ultima del calcestruzzo compresso, e quindi della duttilità
del materiale.
Tra le previsioni normative, il CEB Model Code fornisce la seguente espressione per la deforma-
zione ultima del calcestruzzo compresso:

ε cu = ε cc ,85 = ε c ,85 + 0.1α nα sω w (2.3)

relativa all’85% della resistenza di picco sul ramo discendente della curva tensione deformazione
del calcestruzzo, in cui i coefficienti α n e α s tengono conto della riduzione del confinamento a di-

stanza dai vertici delle staffe, mentre ww è il rapporto volumetrico meccanico di armatura trasversa-

f yh
le pari a ρ s ; infine ε c ,85 è la deformazione ultima del calcestruzzo non confinato assunta pari a
fc

0.0035. E’ chiaro il fatto che anche in questo caso non venga tenuta presente l’efficacia
dell’incrudimento dell’acciaio nonostante le evidenze sperimentali.

3.3 La sezione

Il comportamento della sezione è caratterizzato dalla curva caratteristica momento-curvatura, da


cui può essere individuata la duttilità flessionale, comunemente indicata come la capacità di sop-
portare elevate domande di curvatura in campo anelastico senza eccessivo decremento del mo-
mento resistente.

Fig. 3-8: Curva momento-curvatura di una sezione in c.a.[21]

E’ noto che la curvatura di una sezione di una trave, secondo la teoria classica, è la rotazione per
unità di lunghezza dell’elemento strutturale cui la sezione appartiene, ovvero risulta pari al rapporto
tra la deformazione unitaria in corrispondenza di una fibra della sezione e la corrispondente distan-
za della fibra dall’asse neutro (2.4):

1 ε ε + εs
=φ = c = c (2.4)
r kd d

- 37 -
in cui ec e es rappresentano le deformazioni a livello del lembo compresso e dell’acciaio teso, ri-
spettivamente, mentre d e kd sono l’altezza utile e l’asse neutro.
Riportando in un diagramma M − φ le coppie corrispondenti curvatura-momento resistente si de-

termina la curva caratteristica rappresentativa del comportamento deformativo di una sezione (Fig.
3-8).
In riferimento al comportamento della sezione in cui si avrà la localizzazione della fessura, una vol-
ta superato il momento di fessurazione Mcr, armata solo a trazione, si possono ottenere due anda-
menti differenti a seconda che lo stato limite ultimo coincida con la rottura lato acciaio o con quella
lato calcestruzzo (Fig. 3-9, Fig. 3-10)

Fig. 3-9: Relazione Momento-Curvatura di una se- Fig. 3-10: Relazione Momento-Curvatura di una se-
zione per crisi lato acciaio [Fig. 3-9] zione per crisi lato calcestruzzo [Fig. 3-9]

Il comportamento della sezione nella fase successiva alla fessurazione è funzione principalmente
della percentuale di armatura, come è evidente nelle Fig. 3-9 e Fig. 3-10. Nella fase iniziale, en-
trambe le curve esibiscono un andamento lineare e la relazione tra il momento e la curvatura è for-
nita dalla classica equazione dell’elasticità:

M
EJ = (2.5)
φ
in cui EJ rappresenta la rigidezza flessionale della sezione. All’incrementarsi del momento, la fes-
surazione del calcestruzzo riduce la rigidezza della sezione, in maniera più evidente per la sezione
ad armatura debole. In questo caso, si verifica un andamento prossimo a quello lineare fino allo
snervamento dell’acciaio, cui segue un aumento della curvatura a momento quasi costante. Diver-
samente, nel caso in cui la percentuale di acciaio è tale da determinare la crisi lato calcestruzzo, lo
stato limite ultimo della sezione può essere raggiunto in maniera improvvisa, con una modalità di
rottura fragile nel caso in cui il conglomerato non sia confinato efficacemente (Fig. 3-10).
Per garantire un comportamento duttile, appare così evidente che condizione necessaria è che il
contenuto di acciaio sia inferiore a quello corrispondente alla rottura bilanciata della sezione.

- 38 -
La duttilità della sezione è infatti individuata dal rapporto tra la curvatura corrispondente allo stato
limite ultimo e quella in corrispondenza del primo snervamento della sezione, generalmente coinci-
φu
dente con la plasticizzazione dell’acciaio, cioè dal rapporto µφ = , avendo indicato con il pedice u
φy

il valore ultimo e con y quello allo snervamento dell’acciaio.


Penelis et al [11] hanno fornito una espressione in forma chiusa (2.6) del fattore di duttilità in curva-
tura per una sezione fessurata semplicemente inflessa e doppiamente armata nelle ipotesi classi-
che di
• Conservazione delle sezioni piane
• Resistenza a trazione del calcestruzzo nulla
• Aderenza perfetta acciaio calcestruzzo
• Calcestruzzo non confinato
e di armatura debole:

0.68 f cε cu Es
µφ = (1 − ξ y ) (2.6)
f y 2 ( ρ1 − ρ 2 )

in cui ξ y è la profondità dell’asse neutro in corrispondenza dello snervamento, mentre r1e r2 rap-

presentano le percentuali geometriche di armatura in zona tesa e compressa, rispettivamente.


Appare evidente da questa equazione che la duttilità esibita dalla sezione
• cresce linearmente con la deformazione ultima del calcestruzzo
• aumenta al crescere del contenuto di armatura compressa
• diminuisce all’incrementare della profondità dell’asse neutro
• si riduce con l’aumentare della percentuale di armatura in zona tesa.
In realtà, la curvatura varia sulla lunghezza dell’elemento strutturale a causa delle fluttuazioni della
profondità dell’asse neutro e delle deformazioni nella zona compresa tra le fessure come eviden-
ziato in Fig. 3-11.

Fig. 3-11: Deformazione di un concio soggetto a flessione [18]

- 39 -
Pertanto, in riferimento alla definizione fornita sia dal Model Code 1990 che dall’Eurocodice 2, si
può individuare una curvatura media, sulla base della deformazione del corrente teso ε sm e del cor-

rente compresso ε cm , con la relazione:

1 (ε sm − ε cm )
= (2.7)
rm d

relativa al concio di trave fessurato soggetta al momento M. Infatti, in un elemento inflesso, quando
si supera il valore del momento di prima fessurazione si formano, a partire dal lembo teso, le lesio-
ni tipiche della flessione (Fig. 3-12).
La rotazione plastica, definita come l’aliquota plastica della rotazione ultima, cioè la differenza tra il
valore corrente,in campo plastico, e quello allo snervamento, si ottiene mediante integrazione lun-
go la zona plasticizzata Lp della differenza tra la curvatura media generica 1/rm e la curvatura me-
dia che si ha per la tensione di snervamento 1/rmy, ovvero

1 1
θp = ∫ ( − )dz (2.8)
Lp
rm rmy

Se si esamina il tratto fessurato, si rileva che le lesioni si aprono ad una certa distanza le une dalle
altre. Per questo motivo, lungo l’asse dell’elemento strutturale coesisteranno sezioni fessurate, nel
cosiddetto Stadio 2 (sezioni parzializzate), in cui tutto lo sforzo è portato dall’armatura e a cui com-
pete una curvatura

1 M
= (2.9)
r2 EJ 2

e sezioni, le più lontane dalle fessure, il cui comportamento è prossimo a quello di sezione intera-
mente reagente, che è individuato come Stadio 1.

Fig. 3-12: Schema di una trave fessurata [22]

Lungo il tratto fessurato, quindi, l’asse neutro varia fra una profondità minima, tipica dello Stadio 2,
e propria delle sezioni in cui si aprono le fessure, fino ad una massima che si ha nelle sezioni da
esse più distanti [22]. Questa variazione nella rigidezza flessionale tra porzioni di trave comprese
fra le lesioni rende la determinazione della deformazione dell’elemento a partire dalla relazione
momento-curvatura difficile nel range elastico, e questo essenzialmente per il fatto che tradizio-
nalmente tale relazione è ricavata per sezioni fessurate, alle quali si applica il principio della con-
servazione delle sezioni piane.
Mediando, pertanto, i valori della curvatura nel tratto compreso fra due lesioni si ottiene il dia-
gramma momento-curvatura media (Fig. 3-13), essenziale per il calcolo della capacita deformativa.

- 40 -
Fig. 3-13: Diagramma schematico momento-curvatura media [22]

Il diagramma tipico momento curvatura media mostra che per valori del momento inferiori a quello
di prima fessurazione Mcr si ha l’andamento lineare dello Stadio 1, per valori del momento superiori
a Mcr l’andamento della curva si colloca in una situazione intermedia tra lo Stadio 1 e lo Stadio 2.
La distanza di questa curva, in corrispondenza di un determinato valore del momento M, dalla retta
dello Stadio 2, rappresenta l’effetto del tension stiffening, ossia di irrigidimento dovuto al calce-
struzzo teso compreso tra due fessure consecutive; tale effetto determina una riduzione della de-
formazione media relativa alla barra di acciaio per effetto dell’azione dell’aderenza che trasferisce
parte dello sforzo dall’armatura al calcestruzzo circostante.
In particolare, fino al raggiungimento del momento di snervamento My, la curvatura media può es-
sere calcolata secondo la proposta del Model Code 1990 o dell’EC2 che tengono conto dell’effetto
di tension-stiffening, fornendo valori di questo che, in accordo con i numerosi risultati sperimentali
esistenti [22] diminuiscono asintoticamente per M>>Mcr. In queste formulazioni si assume che la
curvatura sia una combinazione di quella dello Stadio 1 e di quella dello Stadio 2. Secondo tale
funzione risulta:
1 1 1
= γ + (1 − γ )
rm r1 r2

in cui il coefficiente g ha l’espressione

M cr 2
γ = β1β 2 ( ) (2.10)
M
nella quale i coefficienti β1 e β 2 dipendono dalla qualità dell’aderenza acciaio-calcestruzzo.
Ritenendo valida l’ipotesi di conservazione media delle sezioni piane si ha:

1 M
=
rm Ec J m

da cui sostituendo si ottiene la seguente relazione:

1 1 M J
= [1 − β1β 2 ( cr )2 (1 − 2 )] (2.11)
E c J m Ec J m M J1

che evidenzia una variabilità della deformabilità flessionale media di tipo parabolico con M/Mcr.

- 41 -
Nel campo tra My e il momento ultimo Mu il metodo del CEB sottostima eccessivamente la capacità
di deformazione delle regioni plasticizzate, come è stato evidenziato da indagini sperimentali [16],
pertanto è opportuno fare riferimento a formulazioni differenti.
Gli effetti esercitati dalle caratteristiche del legame tensione-deformazione dell’acciaio d’armatura
sulla duttilità delle sezioni in c.a. sono stati studiati mediante indagini analitiche e sperimentali con-
dotte su travi debolmente armate [2]. I risultati hanno evidenziato i seguenti andamenti:
• Facendo variare la tensione di snervamento e lasciando inalterati i parametri ε u e f t
dell’acciaio, in maniera da modificare il rapporto di incrudimento, il valore massimo della
ft
curvatura e il momento ultimo della sezione sono in pratica indipendenti dal .
fy

• Mantenendo costanti le caratteristiche di resistenza dell’acciaio e modificando la deforma-


zione ultima, la curvatura ultima aumenta al crescere di ε u .

Tuttavia, l’effetto esercitato dalle proprietà dell’acciaio è principalmente condizionato, nel caso di
elementi inflessi e calcestruzzi non confinati, dal rapporto di armatura, da cui dipende la posizione
dell’asse neutro a rottura.
Numerose indagini sperimentali supportano le seguenti considerazioni:
• per rapporti di armatura contenuti, tali da determinare la crisi della sezione per rottura
dell’armatura tesa, entrambi i parametri di duttilità dell’acciaio rivestono un ruolo importan-
te;
• in presenza di armatura forte, quando la crisi è dominata dal raggiungimento della defor-
mazione ultima del calcestruzzo, si osserva una ridotta influenza della qualità dell’acciaio
mentre si registra un incremento della resistenza flessionale della sezione, accompagnata
da una riduzione della curvatura ultima. Quest’ultimo parametro è, infatti, quasi indipen-
dente dalla deformazione ultima dell’acciaio.
Com’è noto, le proprietà dell’acciaio rivestono un ruolo significativo anche nell’azione di confina-
mento esercitata dall’armatura trasversale sul calcestruzzo, soprattutto in termini di tensione, di
snervamento e di rapporto di incrudimento. Mediante analisi numeriche, condotte da Manfredi e
Pecce [8] sulla base di un modello a plasticità distribuita, è stata anche indagata l’influenza delle
proprietà dell’acciaio sulla duttilità delle sezioni delle colonne.
I pilastri, infatti, per l’elevato carico assiale, sono gli elementi maggiormente vulnerabili in termini di
capacità deformativa, fornendo una duttilità in curvatura ridotta rispetto a quella delle travi. In que-
sto caso, la curvatura ultima e la capacità di dissipare energia durante i cicli di carico e di scarico
tipici dell’azione sismica, sono sensibilmente influenzate dalla presenza dell’armatura trasversale,
essendo la rottura al crescere del livello di sforzo assiale governata sempre più dalle caratteristiche
del calcestruzzo. Per questa ragione, l’efficacia del confinamento del calcestruzzo compresso è si-
gnificativa anche in termini di rotazione di cerniera plastica, per la riduzione della profondità
dell’asse neutro a rottura al crescere del grado di cerchiatura.
Le normative più avanzate, per questo motivo, fanno dipendere le prescrizioni sull’armatura tra-
sversale direttamente dalla duttilità in curvatura dell’elemento strutturale con l’intento di assicurare
a questo un certo livello di capacità duttile. Tali normative, infatti, fissati gli obiettivi di progetto,

- 42 -
consentono di valutare il fattore di duttilità globale e, di conseguenza, il livello dell’azione di proget-
to; la duttilità globale prefissata è quindi assicurata imponendo prescrizioni sugli elementi struttura-
li.
In particolare, le disposizioni della normativa neozelandese si basano su una serie di prove speri-
mentali ed analisi del comportamento di pilastri in c.a. soggetti ad azioni sismiche [13]. Queste ri-
cerche, condotte in Nuova Zelanda nel 1982, consentirono di correlare il fattore di duttilità in curva-
tura disponibile all’entità delle tensioni di confinamento applicate da spirali o staffe trasversali
Come è ovvio, il quantitativo di armatura trasversale richiesto si riduce al crescere della tensione di
snervamento dell’acciaio mentre cresce all’aumentare della resistenza cilindrica; infatti, per uno
stesso livello dello sforzo assiale, l’espansione laterale per effetto Poisson è inferiore nel caso di
elementi in calcestruzzo ad alta resistenza, risultando il coefficiente di Poisson fornito dalla relazio-
neν = 7 * f c −0.77 [ MPa ] [12], quindi, in questo caso, a parità di ogni altro fattore, il confinamento passi-
vo sarà ritardato e le staffe risulteranno meno impegnate, con l’azione di confinamento che si pre-
senterà meno efficiente. I diagrammi di progetto sono stati, invece, ricavati da studi teorici sul com-
portamento momento-curvatura ciclico delle sezioni, avvalendosi delle relazioni tensioni-
deformazioni cicliche per il calcestruzzo confinato e non confinato, dovute a Mander et al., in grado
di includere gli effetti dei vari quantitativi e disposizioni dell’armatura trasversale di confinamento.
Le osservazioni sperimentali evidenziano che la pressione laterale di confinamento dipende dal
passo, dall’area e dalla tensione di snervamento delle barre trasversali [13, 14].
Per quanto riguarda l’EC8, le prescrizioni sui quantitativi di armatura trasversale nei pilastri dipen-
dono, i maniera analoga a quanto prescritto dalla normativa neozelandese, dal fattore di duttilità in
curvatura convenzionale. Tale parametro è definito dal rapporto tra la curvatura ultima e quella di
prima plasticizzazione, assumendo come condizione ultima quella che si verifica per prima tra rot-
tura del calcestruzzo (per raggiungimento della deformazione ultima fissata in corrispondenza
dell’85% della tensione di picco nel ramo softening) e crisi lato acciaio (in corrispondenza del valo-
re caratteristico di allungamento corrispondente alla tensione massima). Si può quindi osservare
che la curvatura ultima è calcolata convenzionalmente basandosi su legami costitutivi dei materiali,
e non direttamente sui legami momento-curvatura sperimentali, senza specificare inoltre i criteri
attraverso cui esso giunge alle prescrizioni sull’armatura necessaria.
Emerge, pertanto, l’esigenza di indagare l’effetto esercitato dai parametri caratteristici dell’acciaio
delle staffe sui meccanismi di confinamento, in modo da incrementare la deformazione ultima del
calcestruzzo confinato, e quindi la duttilità locale.
Nel lavoro di Manfredi et al [8] il comportamento della sezione di colonne è stato individuato me-
diante la relazione momento-curvatura, caratterizzata in funzione dei materiali, della geometria e
dell’entità dello sforzo normale (individuato parametricamente come percentuale dello sforzo nor-
male ultimo della sezione N u = Ac f c ).
I risultati hanno evidenziato che:
N
• Per uno sforzo normale contenuto , la crisi coincide con quella dell’armatura tesa e,
Nu

quindi, è di tipo duttile; in particolare, si osserva che il valore della curvatura massima che

- 43 -
la sezione esibisce dipende unicamente dalla deformazione ultima dell’acciaio, mentre il
rapporto di incrudimento modifica solo la forma del diagramma (Fig. 3-14).

Fig. 3-14: Diagramma Momento-curvatura per sforzo assiale contenuto [8]

• Quando il livello di sforzo normale è maggiore la crisi della sezione è dovuta al calcestruz-
zo, di conseguenza le curve sono pressoché indipendenti dalla ε u dell’acciaio, le curvature
ultime sono più contenute e corrispondono al raggiungimento della deformazione ultima
nel conglomerato. Tuttavia, anche in questo caso è stata confermata l’influenza delle pro-
prietà dell’acciaio sul comportamento duttile della sezione: infatti, se l’acciaio presenta un
incrudimento modesto il legame momento-curvatura è caratterizzato da un ramo discen-
dente che rispecchia il softening del legame costitutivo del calcestruzzo; viceversa, quando
l’incrudimento è elevato può compensare il degrado della resistenza del calcestruzzo e
globalmente la relazione momento-curvatura non presenta rami decrescenti (Fig. 3-15).

Fig. 3-15: Diagramma Momento-curvatura per elevato sforzo assiale [8]

- 44 -
3.4 L’elemento strutturale

La duttilità dell’elemento strutturale è generalmente indicata come la capacità della membratura di


sopportare rotazioni in campo anelastico senza eccessivo decremento del momento resistente.
Una tale caratteristica non può essere ricavata direttamente dalla duttilità di curvatura della sezione
critica poiché dipende anche da quanto si estendono, a partire dalla sezione critica, le zone in cui
si ha un comportamento non lineare, ossia dalla lunghezza delle cerniere plastiche [21].
La rotazione e lo spostamento di un elemento possono essere calcolati attraverso l’integrazione
delle curvature lungo l’asse:

z
θ ( z ) = ∫ χ dt (2.12)
0

∆( z ) = ∫ χ tdt (2.13)
0

Pertanto, si definisce duttilità in rotazione dell’elemento il rapporto tra lo rotazione corrente e quella
in corrispondenza dello snervamento

θ
µθ = (2.14)
θy

e, analogamente, duttilità in spostamento il rapporto tra lo spostamento corrente e quello in corri-


spondenza dello snervamento


µ∆ = (2.15)
∆y

Fig. 3-16: Relazione Carico-Inflessione per un elemento strutturale [18]

Al fine di indagare l’influenza delle caratteristiche degli acciai sul comportamento strutturale, con
particolare riferimento alla duttilità, è necessario impostare un’analisi non lineare basata

- 45 -
sull’impiego di un modello che consenta la valutazione di un legame momento-curvatura media e
quindi una stima della capacità rotazionale, tenendo conto della fessurazione, dei legami costitutivi
dei materiali e della distribuzione delle deformazioni.
Nella letteratura tecnica per descrivere il comportamento non lineare di elementi in calcestruzzo
armato sono disponibili diversi modelli di calcolo [2,17], ognuno dei quali, a fronte di un sempre
maggior onere computazionale, offre risultati più dettagliati.
La formulazione del problema si traduce in un sistema di equazioni differenziali non lineari la cui
risoluzione richiede l’utilizzo di tecniche numeriche
La scelta dell’approccio più adatto deve comunque considerare il giusto bilancio tra affidabilità dei
risultati e complessità della modellazione, in quanto dipende strettamente dalla finalità delle analisi
e dalle caratteristiche della struttura. In particolare, la necessità di studiare il comportamento in a-
vanzato campo plastico di strutture caratterizzate da meccanismi di collasso di tipo fragile richiede
l’utilizzo di modelli ad alta discretizzazione, mentre strutture che presentano meccanismi di collas-
so regolari e puramente flessionali consentono l’uso di modelli più semplici. Gli approcci per il cal-
colo non lineare, pertanto, possono essere classificati in riferimento al livello di discretizzazione in:
• Modelli di tipo ‘’point by point’’ in cui elementi e nodi sono discretizzati mediante elementi
finiti, con l’introduzione di legami costitutivi uniassiali o pluriassiali
• Modelli di tipo ‘’a fibre’’ che, nell’ipotesi di elemento monodimensionale, partono
dall’introduzione di legami costitutivi per l’acciaio e il calcestruzzo
• Modelli di tipo ‘’member by member’’ in cui il comportamento non lineare è importato a li-
vello di elemento mediante l’introduzione di cerniere plastiche (a plasticità concentrata),
oppure valutato in sezioni di monitoraggio e successivamente integrato lungo l’elemento (a
plasticità diffusa)
• Modelli di tipo ‘’globale’’ in cui l’intera struttura è riprodotta adoperando un unico modello a
pochi gradi di libertà, oppure come assemblaggio di macromodelli che rappresentano parti
del complesso strutturale
La suddetta caratterizzazione può essere effettuata anche con riferimento alla trattazione della fes-
surazione e della plasticizzazione secondo la seguente classificazione [22]:
• A fessurazione e plasticità concentrate
• A fessurazione diffusa e plasticità concentrata
• A fessurazione distribuita e plasticità diffusa
I modelli a fessurazione e plasticizzazione diffuse (Fig. 3-17) consentono di definire l’andamento
puntuale delle curvature lungo gli elementi che costituiscono la struttura partendo da opportuni le-
gami costitutivi dei materiali, con cui sono valutate le caratteristiche meccaniche della sezione tra-
sversale e anche particolari fenomeni, quali l’instabilità delle barre o l’effetto del confinamento. O-
gni elemento è suddiviso in un numero finito di conci o subelementi definiti da due successive fes-
sure. Il comportamento di ciascuno di questi conci contribuisce alle caratteristiche deformative
dell’intero elemento ed è definito impiegando un opportuno legame di aderenza acciaio-
calcestruzzo stress-slip. Questa caratteristica permette una esatta valutazione dell’effetto di ten-
sion-stiffening sia in campo elastico che in campo plastico, ovvero consente di poter considerare il

- 46 -
trasferimento degli sforzi di trazione dalla barra d’acciaio all’area di calcestruzzo circostante, e di
mettere in conto gli effettivi scorrimenti che si verificano all’interfaccia tra i due materiali.

Fig. 3-17: Elemento a fessurazione e plasticità diffusa [22]

Pertanto, tale approccio implica la rimozione di due ipotesi alla base della teoria classica del ce-
mento armato:
• Perfetta aderenza tra barra di acciaio e calcestruzzo circostante
• Assenza di resistenza a trazione del calcestruzzo
La teoria classica delle sezioni in cemento armato è basata sull’ipotesi di perfetta aderenza ac-
ciaio-calcestruzzo, tuttavia l’evidenza sperimentale mostra come per stati tensionali severi
l’uguaglianza delle deformazioni sia inficiata, con il conseguente venir meno di tale assunzione
[22].
In particolare, per bassi valori della sollecitazione esiste perfetta aderenza, al crescere degli sforzi
segue una fase I in cui si manifestano scorrimenti dell’ordine di pochi micron, con un legame ac-

ciaio-calcestruzzo di natura fisica (interlocking fisico), fino ad un valore limite dell’aderenza, tbo
compreso tra 0.4 e 1 MPa, come rappresentato in Fig. 3-18.

Fig. 3-18: Andamento del legame di aderenza [22]

- 47 -
All’aumentare della sollecitazione di trazione, il meccanismo di adesione viene sostituito dall’attrito
tra superficie dell’armatura e matrice di conglomerato, e nel caso di barre ad aderenza migliorata,
dall’ingranamento degli inerti (interlocking meccanico), con scorrimenti ancora contenuti.
Quando si attinge il valore tba della tensione di aderenza, funzione della resistenza a trazione del
conglomerato, dello spessore del copriferro e del grado di confinamento, si origina all’interfaccia
acciaio-calcestruzzo una diffusa microfessurazione, con progressiva diminuzione della rigidezza
del calcestruzzo e, conseguentemente, incrementi sempre maggiori dello scorrimento.
Dopo l’innesco della microfessurazione, le lesioni si propagano rapidamente e si viene così ad in-
staurare un meccanismo resistente costituito da bielle di calcestruzzo inclinate rispetto all’asse del-
la barra, come riassunto in Fig. 3-19.

Fig. 3-19: Meccanismo resistente per barre ad aderenza migliorata [23]

L’attivazione del meccanismo di aderenza comporta lo sviluppo di tensioni in direzione parallela


all’asse della barra e in direzione perpendicolare [23].
La componente radiale dello sforzo sollecita a trazione gli anelli di calcestruzzo concentrici alla bar-
ra. Incrementando le sollecitazioni, si attinge la t°bu pari alla resistenza ultima per barre lisce, al-

trimenti è possibile attingere valori superiori fino a quello ultimo tbu. La crisi di aderenza può avve-
nire o per collasso di questi anelli tesi, con formazione di fessure longitudinali (crisi per splitting)
oppure per collasso delle bielle resistenti (crisi per pull-out).
Inoltre, il trasferimento, all’interno del concio, degli sforzi di trazione dalla barra di acciaio al con-
glomerato cementizio che l’avvolge, comporta necessariamente che il calcestruzzo abbia resisten-
za a trazione, anche se limitatamente ad una certa area efficace, determinando il cosiddetto effetto
di tension stiffening che implica così una riduzione della deformazione media relativa alla barra di
acciaio.
La soluzione dell’equilibrio della barra e della sua congruenza con il calcestruzzo circostante per-
mette la caratterizzazione della flessibilità media del concio, la cui integrazione lungo lo sviluppo
dell’elemento permette di valutare la matrice di flessibilità, e per successiva inversione, la matrice
di rigidezza dell’elemento. Questo approccio evita, inoltre, le approssimazioni legate
all’introduzione del concetto di lunghezza di cerniera plastica.

- 48 -
Nei modelli a fessurazione diffusa e plasticità concentrata l’effetto della plasticizzazione, invece, si
concentra in un vincolo rotazionale fittizio all’estremità dell’elemento stesso, cui si attribuisce un
opportuno legame momento-rotazione in grado di tradurre la deformabilità in campo plastico
dell’elemento, pertanto, è richiesta la conoscenza a priori delle zone critiche in cui si verificheranno
le plasticizzazioni. Si tiene conto, invece, dell’effetto distribuito della fessurazione sulla deformabili-
tà dell’elemento modificando fittiziamente il legame costitutivo dell’acciaio con introduzione del
concetto di curvatura media del concio fra due fessure, da valutare, per esempio, mediante formu-
lazioni messe a punto sulla base di prove sperimentali e proposte anche da diversi codici normati-
vi.
Infine, con i modelli a fessurazione e plasticità concentrate (Fig. 3-20) si opera una discretizzazione
della struttura in elementi a comportamento elastico lineare concentrando la non linearità nei vinco-
li di estremità cui si assegna un adeguato legame momento-rotazione.

Fig. 3-20: Modello a plasticità concentrata [22]

Tale legame deve essere in grado di interpretare sia la plasticizzazione che la fessurazione, anche
se la concentrazione del fenomeno, in quest ultimo caso, non è rigorosamente corretta poiché la
fessurazione interessa diffusamente zone degli elementi strutturali.
Nell’opinione del CEB, inoltre, la capacità rotazionale dovrebbe essere interpretata come differenza
tra la rotazione totale delle cerniere a livello del momento massimo e quella in corrispondenza dello
snervamento delle barre. Questo significa che il ramo discendente del diagramma momento-
rotazione è trascurato, e questo essenzialmente per il fatto che esso è fortemente dipendente dalle
caratteristiche del diagramma tensione-deformazione dell’acciaio oltre il picco, dal comportamento
del calcestruzzo nel ramo discendente e dal possibile creep del conglomerato nella zona compres-
sa. Pertanto, la capacità di rotazione nel tratto successivo al picco è considerata solo come un ulte-
riore margine di sicurezza.
I modelli di calcolo basati sulla valutazione della rotazione plastica disponibile mediante il prodotto
della curvatura plastica, valutata nella usuale ipotesi di conservazione delle sezioni piane, per una
lunghezza Lp, cosiddetta di cerniera plastica, valutata su base teorico sperimentale

θ p = ( χ u − χ y ) Lp (2.16)

rappresentano uno strumento di semplice applicazione, in alternativa a modellazioni più sofisticate


e dettagliate. Questa relazione è ricavata sulla base della idealizzazione della distribuzione effetti-

- 49 -
va delle curvature lungo l’asse di un elemento allo stato limite ultimo: si distinguono due regioni,
una elastica e una in elastica (Fig. 3-21).
Il contributo elastico alla rotazione e allo spostamento può essere ottenuto dalle (2.12) e (2.13) u-
M
sando χ = in cui la rigidezza flessionale EJ può essere fornita da una opportuna idealizzazione:
EJ
se si assume che la fessurazione sia estesa a tutto l’elemento, EJ è data da My/cy e può essere

ancora approssimata con Mu/cy con conseguente sovrastima della rotazione elastica. Un più accu-
rato risultato potrebbe essere ottenuto impiegando per la rigidezza flessionale l’espressione (2.11).
L’area sottesa dal diagramma delle curvature in corrispondenza del tratto plasticizzato rappresenta
la rotazione plastica a meno del contributo elastico: l’apporto inelastico allo stadio ultimo può esse-
re considerato rappresentato da un’area equivalente a quella relativa all’effettiva distribuzione di
curvature plastiche pari ad un rettangolo di altezza χ u − χ y e base Lp. La base Lp è la lunghezza

equivalente di cerniera plastica su cui la curvatura plastica è considerata costante.

Fig. 3-21: Distribuzione delle curvature lungo l’asse di una mensola [18]

Pertanto la rotazione della cerniera plastica di un lato della sezione critica può essere fornita dalla
(2.16). In condizioni ultime, la rotazione tra gli estremi dell’elemento, essendo pari all’area totale
del diagramma delle curvature, risulta:

L
M ( z)
θ = θ el + θ p = ∫ χ y dz + ( χ u − χ y ) Lp (2.17)
0
Mu

Nel caso di una mensola caricata all’estremità non vincolata con una forza concentrata (Fig. 3-22),
sulla base delle ipotesi suddette, la rotazione totale tra gli estremi è pari a:

L
θ = χy + ( χ u − χ y ) Lp (2.18)
2

- 50 -
Fig. 3-22: Esempio di una mensola [18]

Lo spostamento verticale dell’estremo libero, che è evidentemente pari al momento del diagramma
delle curvature rispetto a tale punto, è fornito da:

χ y L 2L Lp
∆=( ) + ( χ u − χ y ) Lp (1 − ) (2.19)
2 3 2
Tuttavia, la definizione della lunghezza di cerniera plastica non si presenta affatto immediata, atte-
sa la dipendenza del problema dai parametri più volte ricordati in precedenza, quali le caratteristi-
che dell’acciaio, e in misura più contenuta, del calcestruzzo, il tipo di carico da cui deriva la localiz-
zazione della sezione critica in cui il momento è massimo, la geometria della sezione, il contributo
del taglio che può incrementare sostanzialmente la lunghezza della regioni inelastica [14]. In lette-
ratura sono proposte diverse formulazioni [18], tra le quali quella di Baker, per elementi con calce-
struzzo non confinato:

z
Lp = k1k2 k3 ( )1/ 4 d (2.20)
d
in cui k1 tiene conto del tipo di acciaio, assumendo valore 0.9 per acciai dolci e 0.7 per acciai cold-
Pu
worked, k 2 = 1 + 0.5 dove Pu è lo sforzo assiale di compressione e Po la resistenza a sforzo nor-
Po

male, k3 tiene invece conto della resistenza del calcestruzzo crescendo al diminuire di questa, z è
la distanza della sezione critica dal punto di controflesso, infine d è l’altezza utile dell’elemento. Ta-
le espressione deve essere impiegata in combinazione con un valore della deformazione ultima del
calcestruzzo di 0.0035.
Un lavoro di Baker più recente propone un’espressione per la rotazione plastica ottenuta con la
seguente formulazione di Lp:

- 51 -
z
Lp = 0.8k1k3 ( )c (2.21)
d
dove c è la profondità dell’asse neutro a rottura; tale espressione deve essere usata in combina-
zione con un valore della curvatura plastica ottenuto con una deformazione ultima del calcestruzzo
pari a:

d
ε cu = 0.0015(1 + 150 ρ s + (0.7 − 10 ρ s ) ) ≤ 0.01 (2.22)
c
Dai risultati di tests su travi semplicemente appoggiate, Corley ha proposto la seguente espressio-
ne:

z
Lp = 0.5d + 0.2 d ( ) (2.23)
d
mentre come limite inferiore della deformazione massima nel conglomerato ha fornito:

b ρs f y
ε c = 0.003 + 0.02 + ( ) (2.24)
z 20
in cui b è la larghezza della sezione, d è l’altezza utile dell’elemento in inches (1 in= 25.4mm), fy è
la resistenza di snervamento dell’armatura trasversale in kip su in^2 (1kip/in^2=6.89 N/mm).
La formulazione di Priesley, basata su risultati ricavati da tests su colonne in c.a. caricate ciclica-
mente fornisce:

Lp = 0.08 Lp + 0.022 f y d b (2.25)

mentre quella di Park

Lp = 0.08 Lp + 6d b (2.26)

in cui L è la lunghezza dell’elemento e d b il diametro delle barre, che interviene sul meccanismo di
trasmissione degli sforzi mediante l’aderenza. E’, inoltre, da osservare che le ultime due equazioni
sono valide nei casi in cui il fattore di duttilità in rotazione, definito come il rapporto tra la rotazione
ultima e quella corrispondente al primo snervamento dell’elemento, è maggiore di 4; per livelli di
duttilità inferiori i risultati sperimentali si allontanano dai valori ottenuti con quelle relazioni ed è dif-
ficile suggerire una formula che sia applicabile in generale per questo range. In prima approssima-
zione, Kappos (1991) [11] ha individuato la relazione:
µθ − 1 1/ 2
Lp = ( ) Lpo
3
in cui Lpo è la lunghezza di cerniera plastica per valori di µθ maggiore di 4 e fornita dalla espressio-
ne di Priesley.
Appare evidente come le suddette espressioni non tengono esplicitamente conto dei due parametri
caratteristici della duttilità degli acciai, ε u e f t / f y , che pure sono molto rilevanti nel determinare la

capacità rotazionale di un elemento in c.a. Inoltre, l’estensione di queste regioni è generalmente


superiore a quella valutata sulla base dell’andamento del diagramma della sollecitazione flettente a
causa della presenza della deformazione da taglio: se le armature trasversali sono tali da non ave-
re rotture per taglio, le prove sperimentali evidenziano che le fessure inclinate aumentano la rota-

- 52 -
zione plastica di una trave in c.a.; l’incremento è dovuto principalmente al fatto che il tratto di trave
dove la deformazione dell’acciaio è plastica è più ampio rispetto al caso in cui sono presenti solo
fessure verticali. A questo proposito in Coccia et al. è proposto un modello teorico per il calcolo del-
la rotazione plastica disponibile quando all’interno della zona di formazione della cerniera plastica
sono presenti fessure diagonali da taglio [19].
Negli anni settanta è stata sviluppata una procedura, utilizzata in numerosi codici modello come il
M.C.CEB 78, e ripresa nei più recenti M.C. CEB 90 ed Eurocodice 2, che suggerisce la valutazione
diretta delle rotazioni plastiche attraverso curve basate sull’analisi statistica di numerose prove
sperimentali [9]. Le normative citate si limitano a fornire un valore della rotazione plastica in funzio-
ne del tipo di acciaio e della profondità dell’asse neutro a rottura (Fig. 3-23).

Fig. 3-23: CEB MC 90, rotazione plastica in relazione alla profondità della zona compressa [2]

Appare evidente da indagini sperimentali come la curva fornita dall’EC2, in particolare, sia forte-
mente conservativa, soprattutto nel caso di elevati rapporti di armatura trasversale, dal momento
che essa ignora l’effetto favorevole del confinamento nell’incrementare la capacità rotazionale
dell’elemento.
Le differenze fra le varie espressioni, analitiche empiriche e sperimentali, enfatizzano, pertanto, la
necessità di implementare un modello di calcolo sufficientemente affidabile che consenta di valuta-
re gli effetti indotti dalle caratteristiche meccaniche dell’acciaio d’armatura sulle prestazioni inelasti-
che di elementi in c.a., in termini di duttilità a livello locale, di sezione ed elemento, e globale, sulla
base della risposta in spostamento della struttura, alla luce dell’esigenza, dimostrata dagli studi più
recenti, di uno strumento analitico di caratterizzazione delle proprietà degli acciai in relazione al
comportamento degli elementi in calcestruzzo armato.
Tale modello, affinché possa fornire formulazioni affidabili al variare delle caratteristiche
dell’acciaio, deve essere in grado di cogliere i principali fenomeni che influenzano il comportamen-
to strutturale di elementi e telai in c.a., pertanto deve essere sviluppato alla luce delle procedure
analitiche fornite da altri autori e, soprattutto, con riferimento ai fattori, riportati in letteratura, che
maggiormente condizionano la capacità deformativa delle membrature in c.a
Può essere utile a questo proposito fare riferimento ad uno studio recente [20] in cui è valutata
l’influenza sulla determinazione del comportamento non lineare degli elementi in c.a. esercitata dal

- 53 -
modello di calcolo adottato. I risultati delle analisi numeriche sono stati caratterizzati attraverso tre
grandezze, ciascuna indicativa del comportamento inelastico dell’elemento strutturale: la rotazione
ultima, la duttilità espressa in termini di curvatura e quella espressa in termini di rotazione.
Si può osservare a livello di caratterizzazione dell’acciaio che, mentre la variazione delle Agt induce
effetti significativi su ciascuna delle grandezze di output considerate, la variazione del rapporto di
incrudimento produce effetti rilevanti soltanto sui risultati riferiti al comportamento globale
dell’elemento, lasciando sostanzialmente inalterata la duttilità espressa in termini di curvatura. Per
quanto riguarda la variabilità della tensione di snervamento, invece, essa non produce effetti so-
stanziali sulla capacità deformativa elastoplastica dell’elemento mentre risulta maggiormente signi-
ficativa sulla sua duttilità. Il modello costitutivo adottato per rappresentare il comportamento mec-
canico dell’acciaio incide quindi in modo sostanziale sui risultati ottenuti, con un peso ancora più
decisivo quando si assume la presenza del fenomeno del tension stiffening. Infatti, l’ipotesi di pre-
senza di tension stiffening induce una riduzione notevole della capacità rotazionale e quindi della
duttilità dell’elemento considerato, tuttavia l’entità di questa riduzione risulta fortemente correlata
sia alla rappresentazione assunta per l’acciaio d’armatura che al valore attribuito al rapporto di in-
crudimento. Emerge, pertanto, l’importanza di adottare un legame costitutivo più raffinato quando
le assunzioni relative alla risposta dell’intero elemento si caratterizzano per l’abbandono delle ipo-
tesi classiche di conservazione delle sezioni piane, incapacità del calcestruzzo di resistere a sforzi
di trazione e assenza di effetti legati allo scorrimento tra acciaio e calcestruzzo.
Per giudicare gli effetti dell’acciaio sulla capacità deformativa delle membrature sembra opportuno,
in riferimento alle proposte presenti in letteratura [2], impiegare un unico parametro di duttilità, in
grado di combinare opportunamente i sopra menzionati fattori caratteristici, e mirare così verso un
metodo alternativo di classificazione della duttilità degli acciai. Sulla base di questo approccio è
stato introdotto il concetto di ‘’acciaio equivalente’’ definito come quel acciaio che possiede le stes-
se performance strutturali di uno di quelli definiti dal codice ma con un parametro di duttilità inferio-
re .
Nel lavoro di Cosenza et al.[7] sono considerati equivalenti quegli acciai caratterizzati da coppie di
ft
εu e in grado di fornire la medesima capacità rotazionale. La rotazione plastica è assunta come
fy

il parametro principale al fine di indagare le prestazioni di duttilità dell’acciaio e supposta dipendere


unicamente dalle proprietà del materiale, senza mettere in conto altri fattori che governano il pro-
blema. Una simile assunzione, adottata con frequenza in letteratura, non si presenta come rigoro-
samente corretta, tuttavia l’indagine parametrica condotta dagli autori ha dimostrato che, nel caso
in cui il raggiungimento della deformazione ultima dell’acciaio governi la rottura, una simile ipotesi
può essere giudicata sufficientemente attendibile, tenuto conto dello scopo dell’indagine. Solo la
profondità dell’asse neutro a rottura può influenzare l’attendibilità dell’espressione ricavata per la
rotazione plastica, questo per il fatto che al crescere della distanza dell’asse neutro dal lembo
compresso la rottura è meno influenzata dalle proprietà dell’acciaio.
E’ suggerito, pertanto, di classificare gli acciai in funzione del parametro p a cui risulta proporziona-
le la capacità rotazionale della struttura in campo plastico:

- 54 -
ft
p = ε s ,uα ( − 1) β (2.27)
fy

ft
Acciai caratterizzati da coppie di ( ε u , ) che forniscono lo stesso valore di p sono definiti come
fy

equivalenti. Il parametro p, dipendendo esclusivamente dalle caratteristiche di duttilità dell’acciaio,


è così un indice della qualità globale del materiale.
Per un acciaio cold-worked:
ft
p=( − 1)0.9 [(ε su − ε sh ) + 4(ε sh − ε y )]0.75 (2.28)
fy

Fig. 3-24: Risultato tipico di un’analisi parametrica di una trave in c.a. armata con acciaio tipo cold-worked [7]

Nel caso di acciai del tipo heat-treated risulta:

ft
p = ε su 0.73 ( − 1)0.92 (2.29)
fy

L’espressione analitica completa che descrive i risultati sperimentali è fornita dalla seguente rela-
zione:

ft
ϑpl = γ (ε s ,u − ε s , y )α ( − 1) β (2.30)
fy

- 55 -
Fig. 3-25: Risultato tipico di un’analisi parametrica di una trave in c.a. armata con acciaio tipo heat-treated [7]

E’ opportuno osservare che la suddetta espressione è caratterizzata dalle seguenti proprietà:

f t = f y ⇒ ϑpl = 0 (2.31)

ε s ,u = ε s , y ⇒ ϑpl = 0 (2.32)

Nel caso limite in cui l’acciaio non sia dotato di una deformazione in campo postelastico, la rotazio-
ne plastica non può verificarsi; analogamente, nel caso di acciaio con legame costitutivo elastico-
perfettamente plastico la capacità rotazionale è nulla. Quest’ultima proprietà non è però immedia-
tamente intuitiva: essa deriva dall’interazione con il calcestruzzo circostante. Un acciaio, sebbene
sia dotato di elevate deformazioni post-elastiche, può non essere in grado di consentire lo sviluppo
di significative rotazioni plastiche, a causa essenzialmente del fenomeno del ‘’tension stiffening’’:
non appena l’acciaio inizia a snervare in corrispondenza di una fessura, si verifica una piccola ridu-
zione della tensione per il trasferimento degli sforzi dall’acciaio al calcestruzzo teso compreso fra
due lesioni consecutive. Eccetto che per l’acciaio a livello delle fessure, la barra rimane perciò in
campo elastico, con trascurabili rotazioni plastiche. In effetti, poiché il legame costitutivo
dell’aderenza in prossimità della fessura è caratterizzato da un forte degrado, il fronte plastico della
barra può migrare oltre la stessa per una certa estensione, consentendo teoricamente una rotazio-
ne plastica, che, però, analisi numeriche hanno indicato di valore ridotto e ingegneristicamente tra-
scurabile.
Gli effetti esercitati dalle caratteristiche del legame tensione-deformazione dell’acciaio d’armatura
sulla capacità rotazionale delle cerniere plastiche sono stati studiati mediante indagini analitiche e
sperimentali condotte su travi debolmente armate [2].
I risultati hanno evidenziato che:
• modificando il rapporto di incrudimento, facendo variare la tensione di snervamento e la-
sciando inalterati i parametri ε u e f t dell’acciaio, la lunghezza della zona plasticizzata, de-

finita come la parte dell’elemento in cui si estende il fronte plastico, dipende direttamente
ft
dal rapporto di incrudimento e diminuisce al ridursi di (Fig. 3-26), diversamente dal va-
fy

lore massimo della curvatura e dal momento ultimo della sezione che sono in pratica indi-

- 56 -
pendenti da questo parametro. In particolare, nel range postelastico anche il rapporto tra la
deformazione media dell’acciaio e quella in corrispondenza della prima fessurazione de-
ft
cresce al diminuire del rapporto , a causa della ridotta penetrazione, nelle vicinanze del-
fy

la fessura, dello snervamento lungo la barra aderente al calcestruzzo. Questi due effetti
contribuiscono alla riduzione della rotazione delle cerniere plastiche se il rapporto di incru-
dimento decresce.

Fig. 3-26: Curve momento-rotazione: deformazione ultima variabile e rapporto di incrudimento costante [2]

• Nel caso in cui si mantengono invariate le caratteristiche di resistenza dell’acciaio, ma si


modifica la deformazione ultima, emerge che la lunghezza della zona plasticizzata è quasi
costante, indipendentemente da ε u . Tuttavia, al crescere di ε u la curvatura ultima aumen-

ta e questo comporta un incremento della capacità rotazionale (Fig. 3-27).

Fig. 3-27: Curve momento-rotazione funzione dei parametri di duttilità dell’acciaio: deformazione ultima co-
stante e rapporto di incrudimento variabile [2]

- 57 -
Appare evidente da queste indagini che il comportamento globale dell’elemento pressoinflesso è
controllato essenzialmente dalla distribuzione delle curvature lungo l’asse.
Tale distribuzione è condizionata, tra fessura e fessura, dal trasferimento di sforzi tra armatura e
calcestruzzo teso che determina un effetto irrigidente, riducendo la deformazione dell’acciaio e di
conseguenza la deformazione dell’elemento. Tale fenomeno dipende soprattutto dal legame di a-
derenza tra acciaio e calcestruzzo, tuttavia nelle regioni sede delle cerniere plastiche risulta co-
munque trascurabile.
Se l’impiego di acciaio con maggiore allungamento ultimo ε u consente, infatti, di attingere una cur-

vatura ultima più elevata, all’aumentare del rapporto di incrudimento si ha una maggiore diffusione
della plasticizzazione lungo l’elemento, ossia una maggiore estensione della lunghezza dei cernie-
ra plastica e di conseguenza una maggiore deformazione plastica.
Nelle sezioni in cui la crisi è governata dall’acciaio [8] si osserva inoltre che:
• la rotazione ultima è fortemente influenzata da entrambi i parametri di duttilità dell’acciaio,
diversamente dalla curvatura ultima che dipende solo dalla ε u (Fig. 3-28).

Fig. 3-28: Diagramma Momento-rotazione per basso sforzo assiale [8]

• La capacità rotazionale è più contenuta di quella della sezione ed è anche condizionata dal
processo di produzione dell’acciaio [8]: a parità di ε u , acciai tipo heat treated determinano

un comportamento più duttile rispetto agli acciai tipo cold formed (Fig. 3-29), che general-
mente portano ad una concentrazione della zona plasticizzata con conseguente riduzione
della lunghezza di cerniera plastica. A questo proposito, è stato dimostrato che per questi
acciai vi è una chiara dipendenza fra tensione di snervamento e rapporto di incrudimento,
così come fra tensione di snervamento e deformazione ultima, diminuendo i parametri di
duttilità dell’acciaio al crescere del carico di snervamento, con conseguente riduzione della
capacità rotazionale dell’elemento [2].

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Fig. 3-29: Lunghezza di cerniera plastica Lp [8]

Se lo sforzo normale N/Nu è elevato [8], e quindi la crisi non è dovuta all’armatura tesa:
• la duttilità sia della sezione che dell’elemento è fortemente influenzata dalla deformazione
ultima del calcestruzzo e pertanto dal confinamento.
• l’andamento delle rotazioni è pressoché indipendente dalla deformazione ultima
dell’acciaio delle barre longitudinali, tuttavia è fortemente influenzato dall’incrudimento e-
sibito dal materiale; nel caso di un basso valore di questo rapporto si verifica, quindi, un
comportamento estremamente fragile (Fig. 3-30).

Fig. 3-30: Diagramma Momento-rotazione per elevato sforzo assiale [8]

Il risultato conferma l’influenza rilevante delle proprietà degli acciai sulla capacità rotazionale
dell’elemento, anche per elevati valori dello sforzo normale e, quindi, anche nei casi in cui la rottura
è essenzialmente governata dalle capacità deformative del conglomerato cementizio.

- 59 -
Anche nel caso di elevati rapporti di armatura la capacità rotazionale può essere influenzata dal
rapporto di incrudimento [2, 9], crescendo con questo. A tale proposito, tuttavia, è stato riscontrato
un comportamento differente a seconda del tipo di acciaio:
• per un acciaio fragile nel passare da sezioni debolmente armate a quelle fortemente arma-
te si ottengono rotazioni plastiche pressoché costanti
• per acciai duttili, invece, la capacità rotazionale diminuisce all’aumentare della profondità
dell’asse neutro a rottura e quindi al crescere della percentuale di armatura tesa come evi-
denziato in Fig. 3-31.

Fig. 3-31: Influenza della % di armatura sulla capacità rotazionale [2]

Dai risultati delle analisi sperimentali e numeriche sul comportamento di elementi in c.a. in regime
di carico monotono e ciclico, sviluppate negli ultimi anni da diversi autori [9, 5] si evidenzia inoltre
che raggiunta la condizione di fessurazione della sezione e di snervamento dell’acciaio, al crescere
delle sollecitazioni si manifestano incrementi di deformazioni localizzati nella sezione tanto maggio-
ri quanto minore è il rapporto di incrudimento. In prossimità delle sezioni lesionate si generano,
pertanto, delle concentrazioni o localizzazioni di deformazioni nell’acciaio, che possono comportare
un rapido raggiungimento della condizione di massimo allungamento e rottura della barra per tra-
zione. L’interesse rivolto a tale tema è testimoniato dalla abbondanza di studi che negli ultimi anni
sono stati dedicati all’argomento, miranti essenzialmente a definire i requisiti di duttilità minima da
richiedere alle barre d’armatura [10]. Come più volte sottolineato, la mancata diffusione di defor-
mazioni plastiche nell’armatura in corrispondenza delle lesioni, che si verifica per bassi rapporti di
incrudimento, può essere causa di una ridotta capacità di deformazione plastica dell’intero ele-
mento e di una tendenza ad un comportamento fragile globale, potendo condurre a rotture locali
premature. Il fenomeno risulta più evidente e complesso nel caso di azioni cicliche, in quanto
l’alternanza di azioni di compressione e di trazione può produrre effetti di instabilità e degrado
dell’aderenza per espulsione del copriferro.
Sulla base di queste osservazioni teoriche e sperimentali emerge, pertanto, che l’aumento di duttili-
tà dell’acciaio corrisponde ad un aumento della vita dell’armatura, ma anche a un comportamento
globale più duttile delle strutture in c.a..

- 60 -
Riferimenti bibliografici

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[13] F.Braga, R.Gigliotti, M.Laterza. “Progetto-verifica delle armature di confinamento negli elemen-
ti strutturali in c.a.”, Atti Convegno Nazionale ANIDIS “L’Ingegneria Sismica in Italia”, Torino, 1999

[14] F.Braga, G.F.Corrado, M.Laterza. “Valutazione della deformazione ultima del calcestruzzo in
funzione delle caratteristiche geometriche e meccaniche delle armature di confinamento”, Atti Con-
vegno Nazionale ANIDIS “L’Ingegneria Sismica in Italia”, Torino, 1999

- 61 -
[15] R.Park, D.Ruitong. “Ductility of doubly reicforced concrete beam sections”, ACI Structural
Journal, Marzo-Aprile 1988

[16] P.G.Debernardi,M.Taliano. “Confronto teorico-sperimentale sulla duttilità di elementi inflessi di


calcestruzzo armato”, Atti Convegno Nazionale ANIDIS “L’Ingegneria Sismica in Italia”, Torino,
1999

[17] E.Cosenza, G.Manfredi, G.M.Verderame. “Un modello a fibre per l’analisi non lineare di telai in
cemento armato”, Atti 10° Convegno Nazionale ANIDIS “L’Ingegneria Sismica in Italia”, Potenza-
Matera, Settembre 2001

[18] R.Park, T.Paulay. Reinforced Concrete Structures, John Wiley & Sons, 1975

[19] S.Coccia, M.Como, U.Ianniruberto. “Analisi della capacità di rotazione plastica delle travi in
c.a. in presenza di taglio”, XI Congresso Nazionale “L’ingegneria Sismica in Italia”, Genova, Gen-
naio 2004

[20] R.Nudo, S. Viti, “L’influenza delle caratteristiche meccaniche dell’acciaio d’armatura sulla ca-
pacità rotazionale di elementi in c.a.” Atti Convegno Nazionale ANIDIS “L’Ingegneria Sismica in Ita-
lia”, Torino, 1999

[21] L.Petrini, R.Pinho, G.M.Calvi, Criteri di progettazione antisismica degli edifici, IUSS PRESS,
Torino, 2004

[22] G.Greco, G.Manfredi, M.Pecce, “Le strutture in cemento armato”, da E.Giangreco Ingegneria
delle strutture, Progettazione strutturale, Vol. 3, UTET, Torino, 2002

[23] V.Ciampi, R.Eligehausen, E.P.Popov, V.V. Bertero, Analytical model for concrete anchorage of
reinforcing bars under generalised excitations, UCB/EERC, University of California, Berkeley, 1992

- 62 -
4 Caratterizzazione sperimentale dell’acciaio Dual Phase

4.1 Programma delle prove

Il presente lavoro si riferisce ai risultati relativi al programma sperimentale, sviluppato presso il la-
boratorio del Dipartimento di Ingegneria Strutturale con la collaborazione del Dipartimento di Inge-
gneria Chimica, Chimica Industriale e Scienza dei Materiali della facoltà di Ingegneria, finalizzato
ad una caratterizzazione meccanica ad hoc di questa classe di acciai.
La ricerca in oggetto prevede due fasi che riguardano, in entrambe le situazioni, campioni di barre
in acciaio Dual Phase la cui microstruttura ferritico-martensitica è stata ottenuta mediante lamina-
zione a caldo seguita da tempra intercritica in acqua, soggette a prove a carattere monotono di tra-
zione, prove di durezza Vickers e ad analisi metallografiche.

• Fase 1: consiste nella caratterizzazione meccanica e microstrutturale dei campioni ottenuti


a partire da diverse temperature di tempra intercritica, mediante sperimentazione su due
barre per ogni trattamento effettuato. Infatti le caratteristiche meccaniche di questa classe
di acciai sono condizionate oltre che dalla composizione chimica, dalle modalità del tratta-
mento termico, in particolare dalla temperatura a partire dalla quale si esegue la tempra.
Questa influenza la frazione volumetrica di martensite, il suo contenuto di Carbonio e la
dimensione del grano ferritico.
I risultati delle prove condotte sono stati diagrammati in funzione della temperatura di tem-
pra intercritica e del tenore di martensite al fine di visualizzare l’andamento dei principali
parametri che condizionano il comportamento meccanico di questi acciai al variare delle
modalità del trattamento termico.

• Fase 2: è relativa all’esecuzione di prove di trazione, all’elaborazione statistica dei dati ri-
cavati e alla caratterizzazione microstrutturale dei campioni in acciaio Dual Phase corri-
spondenti a 2 differenti temperature di tempra intercritica (30 barre per ogni trattamento).
La definizione delle due condizioni di temperatura del trattamento termico, da cui ricavare i
campioni da analizzare in questa fase sperimentale, è avvenuta attraverso un’indagine pa-
rametrica condotta sui risultati ottenuti dalle prove eseguite nella fase 1.
Attraverso una formulazione semiempirica presente in letteratura [1], è stata fatta una pre-
visione sulla capacità rotazionale di elementi in c.a. armati con acciai aventi le stesse ca-
ratteristiche meccaniche di quelli testati. I risultati numerici ottenuti hanno consentito di in-
dividuare le temperature relative ai valori estremi delle rotazioni plastiche ottenute al varia-
re delle modalità del trattamento termico. I campioni testati nella seconda fase sperimenta-
le sono stati riferiti a queste due temperature.

- 63 -
4.2 Attrezzature e modalità di esecuzione

4.2.1 Prova monotona di trazione

Le prove monotone di trazione (tensile tests) sono state eseguite utilizzando una macchina in con-
trollo di forza “Amsler” da 500 kN, rappresentata in Fig. 4-1, con cella di carico dotata di trasduttore
di pressione.

Fig. 4-1: macchina di trazione Amsler Fig. 4-2: Trasduttori di spostamento LVDT

La strumentazione per il rilievo delle deformazioni nelle barre e quindi per la determinazione del
valore di Agt (allungamento totale percentuale sotto carico massimo) è consistita in 2 trasduttori di
spostamento induttivi LVDT (Linear Variable Differential Transformer) con corsa da 20mm e base
di lettura pari a 100mm (Fig. 4-2).
Gli induttivi e il trasduttore di pressione della macchina di prova sono collegati ad una centralina di
acquisizione dati, che esegue letture in analogico con trasferimento in digitale ad un computer do-
tato di programma opportuno che consente la memorizzazione dei dati raccolti.
Si adotta una legge crescente della forza imposta con velocità di incremento costante pari a 6
N/(mm2sec) fino alla condizione di rottura del provino.
Le modalità di prova impostate in questa indagine corrispondono al valore minimo richiesto dalle
Normative di riferimento UNI EN ISO 15630:2004 e ISO 6892:1998.

Fig. 4-3: Schema del provino per la prova di trazione [2]

- 64 -
Sulla base dei valori letti di allungamento ∆L = L − L0 , avendo indicato con L la lunghezza istan-

tanea del tratto utile e con Lo quella iniziale dello stesso, assunta pari a 100 mm (Fig. 4-3), e dei
corrispondenti valori di carico F, è possibile ricavare il diagramma tensione-deformazione dei cam-
pioni testati, in cui lo sforzo s (engineering stress) è fornito dall’equazione (2.33):

F
σ= (2.33)
So

mentre la deformazione e (engineering strain) dalla

L − Lo
ε= (2.34)
Lo

Per tener conto della strizione del provino durante la prova, sono state considerate anche le gran-
dezze sforzo vero e deformazione vera così definite:

ε t = ln(ε + 1) (2.35)

e, nell’ipotesi di conservazione del volume del provino nel tempo, corretta fintanto che il campione
non subisce strizione

σ t = σ (ε + 1) (2.36)

Lo sforzo “vero” risulterà sempre crescente all’aumentare della deformazione “vera”, come riassun-
to in Fig. 4-4

True stress - stain


Tensione

Curva - ingegneristica

Rm, carico massimo


Re, carico di snervamento

u ,deformazione a rottura

Deformazione
Agt, deformazione uniforme
Fig. 4-4: Esempio di differenza fra le curve s-e ingegneristica e reale per una stessa prova di trazione

- 65 -
Grandezze fondamentali ricavate dalle prove di trazione

Le caratteristiche di resistenza a sollecitazioni monoassiali che sono state individuate nelle prove,
in riferimento alla normativa ISO 6892:1998, sono
• Carico di snervamento Rp0.2: è rappresentato dal carico cui consegue allo scarico una de-
formazione permanente dello 0.2% nelle curve tensione-deformazione senza snervamento
definito (Fig. 4-5) ovvero dalla tensione di scostamento dalla proporzionalità allo 0.2%.

Tensione

Deformazione
0,002

Fig. 4-5: Individuazione del carico di snervamento [1]

• Carico di rottura Rm: è definito come il rapporto fra il massimo carico Fm applicato e l’area
nominale So della sezione del provino
E’ stato così possibile ricavare, per ogni saggio di prova, il rapporto di incrudimento k definito
dall’equazione (2.37) come rapporto tra la resistenza a trazione e la tensione di snervamento:

Rm
K= (2.37)
R p 0.2
Dalle prove di trazione è stato possibile ottenere anche le caratteristiche di duttilità del materiale,
ovvero la sua capacità di deformarsi prima di arrivare a rottura. Come indice di duttilità, le normati-
ve moderne fanno riferimento all’allungamento uniforme Agt (allungamento percentuale sotto carico
massimo) che rappresenta la deformazione totale che si ha per il carico massimo (Fig. 4-6)
Le misure dell’allungamento uniforme sono state effettuate in due modi diversi:
• Mediante 2 trasduttori di spostamento induttivi LVDT con corsa da 20 mm e base di lettura
pari a 100 mm (Fig. 4-2) collocati nella zona mediana del provino ed in grado di seguire la
sua deformazione fino a rottura. I segnali elettrici del carico e della deformazione sono stati
acquisiti automaticamente , con frequenza di circa 2 letture al secondo. Questo procedi-
mento garantisce la necessaria precisione, non raggiungibile con osservazione diretta su
grafico, nella valutazione dell’Agt in una zona in cui l’andamento del diagramma è presso-
ché costante.

- 66 -
• Mediante la misura manuale dell’allungamento residuo, dopo rottura del provino, in una
zona lontana dalla strizione e dagli afferraggi, secondo la procedura indicata dalla EN ISO
15630. A tale scopo il saggio è stato preventivamente marcato mediante una tacchettatrice
meccanica ad intervalli di 10 mm. La misura è stata effettuata su una base di 100 mm me-
diante calibro a lettura digitale.
Sono state prese in considerazione anche gli allungamenti a rottura su base 5 e 10 diametri, A5d e
A10d misurate manualmente secondo la procedura indicata dalla EN ISO 15630.

Rm
Tensione

Ru

Deformazione
Ag
Agt

A5d
Fig. 4-6: Parametri di deformazione

4.2.2 Prova di durezza Vickers

Le prove statiche di durezza sono state eseguite al fine di verificare la resistenza che la superficie
di un acciaio tipo Dual Phase oppone alla sua penetrazione. Questa proprietà influenza, infatti, la
resistenza all’usura, all’incisione, al taglio e anche alla corrosione.
Il metodo impiegato per la valutazione della durezza è quello statico di Vickers: è stato adoperato
come penetratore una piramide di diamante a base quadrata, sotto un carico fisso F di 10 kg man-
tenuto al valore massimo per 10 sec, e sono state misurate le diagonali dell’impronta lasciata.
La durezza è fornita dalla relazione:

F F
HV = = 1.854 2 (2.38)
A d

in cui F è il carico [kg] e d la media delle diagonali [mm].

La macchina impiegata è rappresentata in Fig. 4-7

- 67 -
Fig. 4-7: Macchina di durezza Vickers

4.2.3 Esami metallografici


Gli esami metallografici sono stati effettuati presso il Dipartimento di Ingegneria Chimica, Chimica
Industriale e Scienze dei Materiali. L’analisi metallografica ha comportato le seguenti operazioni
preparatorie:

• Da ogni barra, di diametro 16 mm, è stato ricavato mediante taglio un campione di 2 cm di


altezza.
• Fase di inglobatura: ciascun campione è stato posizionato all’interno di un inglobatore
(rappresentato in Fig. 4-8) ossia una macchina che consente di avvolgere il provino con
una resina termoindurente, la lucite.
La resina, che si presenta come polvere medio fine, è inserita attraverso un imbuto in un
incavo dell’inglobatore in cui è predisposto il provino. Si impostano, infine, i valori opportuni
di pressione e temperatura al fine di consentire la polimerizzazione della lucite intorno al
campione. Lo scopo di questa operazione è essenzialmente quello di rendere maggior-
mente maneggiabile il provino, che in uscita dalla macchina si presenta nella forma rap-
presentata in Fig. 4-10.
• Lucidatura superficiale: la prima fase dell’operazione si effettua con l’ausilio della macchina
rappresentata in Fig. 4-9. Il provino inglobato è inserito all’interno di un apposito vano cilin-
drico ricavato all’interno di una piastra in acciaio, in rotazione su un disco ricoperto di carta
abrasiva: in una prima fase si utilizza una carta al carburo di silicio a grana grossa “220”,
successivamente si inseriscono carte a grana più fine, nell’ordine a grana “500” e “800”. Il
disco è messo in rotazione intorno ad un asse eccentrico rispetto a quello della piastra e in
senso opposto. Durante l’operazione una piccolo tubo asperge acqua, lubrificante neces-
sario per la lucidatura. Segue una seconda fase in cui la lucidatura è eseguita su una mac-
china analoga a quella rappresentata in Fig. 4-9, dotata di un panno con pasta diamantata
a granulomentria di 1 mm, e con l’impiego di Alcool al 95% etilico come lubrificante.

- 68 -
Fig. 4-8: Inglobatore Fig. 4-9: Macchina lucidatrice

Fig. 4-10: Campione inglobato

• Attacco chimico: permette di rivelare le fasi presenti nella microstruttura del campione di
acciaio. Sono stati impiegati due differenti trattamenti: l’attacco LePera, specifico per gli
acciai Dual Phase, e l’attacco con Nital. Nel primo procedimento, l’attacco avviene per im-
mersione dei campioni per 30 secondi circa nelle corrispondenti soluzioni, cui segue il la-
vaggio in acqua, successivamente in Alcool al 95% etilico, infine l’asciugatura con aria cal-
da. Il trattamento LePera consiste nell’impiegare due soluzioni in pari quantità: una solu-
zione al 4% di Acido Picrico in Alcool al 95% etilico e una al 1% di Metabisolfito di Sodio in
Acqua. Questo trattamento consente di distinguere al microscopio ottico la fase ferritica, di
colorazione variabile dal grigio al marrone chiaro, da quella martensitica, di colore bianco,
e l’eventuale presenza di fasi secondarie come quella bainitica e perlitica che assumono
una colorazione marrone scuro. Segue un secondo attacco con una soluzione al Nital al
4%. (Acido Nitrico in Alcool etilico al 95%). Questo trattamento, effettuato mediante strofi-
namento di ovatta imbevuta della soluzione fintanto che la superficie del campione non di-
viene opaca, consente di distinguere in maniera più netta le differenze di luminosità tra le
varie fasi (quella ferritica appare chiara, le altre fasi presenti scure), permettendo, durante
l’analisi con programma Image Pro-Plus®, di distinguere con una risoluzione elevata i bordi
di grano della ferrite.

Le percentuali di martensite e le dimensioni dei grani ferritici sono state misurate mediante
analizzatore di immagine Image Pro-Plus®.

- 69 -
4.3 Caratteristiche chimico-fisiche dei campioni

E’ stato impiegato un acciaio al C-Mn-Si con composizione chimica visibile in Tabella 4-1 e dia-
gramma di stato riportato in Fig. 4-11 (ottenuto mediante programma ThermoCalc®)

C Si Mn

0,07 0,83 1,42

Tabella 4-1: Composizione chimica dell’acciaio studiato

Il contenuto di Carbonio iniziale è inferiore allo 0.1% (DP a basso Carbonio), in modo da garantire
che il prodotto possa presentare caratteristiche di saldabilità, e che sia in grado di produrre una
frazione volumetrica di martensite dell'ordine del 20% in volume, tenore ottimale ai fini di una effi-
cace ripartizione tra le fasi austenitica e ferritica, in grado di assicurare un adeguato equilibrio tra
resistenza e duttilità, secondo le informazioni presenti in letteratura [3].

Fig. 4-11: Diagramma di stato dell’acciaio studiato

Il Manganese è aggiunto in quantità dell'ordine del 1.4% per promuovere una sufficiente temprabili-
tà, necessaria per la formazione della martensite durante il rapido raffreddamento.
Il Silicio, diversamente, viene aggiunto con lo scopo di incrementare la resistenza della soluzione
solida e di promuovere la duttilità della fase ferritica quale agente grafitizzante, inibendo la precipi-
tazione della cementite in corrispondenza dell'interfaccia ferrite-martensite durante le fasi di raf-
freddamento in acqua.
L’acciaio di partenza è stato laminato a caldo in forma di barre da 16 mm di diametro ed è stato
successivamente sottoposto in laboratorio a trattamenti termici di tempra intercritica: è stato ese-
guito un riscaldamento dei campioni di 50 cm di lunghezza nel campo di equilibrio delle fasi auste-
nitica g e ferritica a, in corrispondenza di un range di temperature compreso fra i 740 e i 920°C
con salto termico di 20°C al fine di ottenere differenti percentuali di martensite, e successivamente
un raffreddamento in acqua secondo lo schema di Fig. 4-12:

- 70 -
Temperatura °C

Temperatura °C
Permanenza nel campo +

Raffredd
o
e nt
amd

amento
cal
Fe C

Ris
3

Percentuale in peso di Carbonio Tempo t

Fig. 4-12: Schema dei trattamenti termici eseguiti

I campioni, di lunghezza 50 cm, sono stati denominati con il valore della temperatura di tempra in-
tercritica in °C e dalla lettera a o b per distinguere fra loro le barre che sono state caratterizzate per
ciascun trattamento termico.
Sulla base del diagramma di stato, utilizzando la regola della leva si è ricavato, per ogni campione,
il tenore della fase g presente nel campo intercritico e mediante la formula (2.39) il relativo conte-
nuto di Carbonio, come evidenziato nella Tabella 4-2.

Csbase = Cγ γ % + Cαα % (2.39)

in cui Csbase rappresenta il tenore di Carbonio nell’acciaio di base, Cg e Ca la percentuale in peso di

Carbonio nella fase g e a, rispettivamente, mentre g% e a% il contenuto dell’austenite e della fer-

rite nel campo intercritico. Poichè la Ca si assume pari ad un valore standard di 0.0075, e le per-
centuali delle varie fasi sono note dal diagramma Ferro-Carbonio, è possibile ricavare il tenore di
Carbonio Cg nell’austenite che si forma a seguito del riscaldamento nel campo intercritico e da cui
dipende la temprabilità della fase nel successivo raffreddamento durante la tempra.

Carbonio nella
sigla provino Tempra °C Austenite %
fase g

T740 740 16 0,4


T760 760 20 0,32
T780 780 26 0,25
T800 800 34 0,19
T820 820 47 0,14
T840 840 65 0,1
T860 860 90 0,08
T880 880 100 0,07

- 71 -
T900 900 100 0,07
T920 920 100 0,07

Tabella 4-2: Percentuale della fase g nel campo intercritico e suo tenore di C

Il Carbonio, infatti, è il più potente agente temprante dal quale dipende anche la durezza e la mor-
fologia della fase martensitica. Per la particolarità della trasformazione di fase dell’austenite in mar-
tensite, che avviene senza processi di diffusione, la composizione chimica della martensite è iden-
tica a quella della austenite da cui si forma. Per quest’ultima il contenuto di Carbonio è controllato
non solo dal tenore nominale dell'acciaio di base, che è il medesimo per tutti i campioni, ma anche
dalla temperatura intercritica, perciò la temprabilità varia con la temperatura. La Fig. 4-13, in cui
sono diagrammati i risultati, evidenzia, infatti, l’andamento decrescente del tenore di Carbonio in
funzione della temperatura intercritica.

0,5
0,45
0,4
0,35
Carbonio [%]

0,3
0,25
0,2
0,15
0,1
0,05
0
740 760 780 800 820 840 860 880 900 920
Temperatura di tempra intercritica [°C]

Fig. 4-13: Diagramma Tenore di C nella fase g – Temp. tempra intercritica

In corrispondenza di una temperatura bassa nel campo intercritico il livello di temprabilità della au-
stenite è maggiore, viceversa per una temperatura più elevata. Questo spiega il motivo per cui nei
campioni raffreddati a partire da temperature superiori agli 800°C l’esame metallografico abbia evi-
denziato la presenza significativa di strutture secondarie aciculari a bassa velocità di raffreddamen-
to, differenti dalla fase martensitica. Per queste ragioni, si prendono in considerazione solo i risulta-
ti delle analisi relative ai campioni temprati nel campo di temperature compreso fra i 740 e gli 820
°C, ai quali corrispondono, dopo trattamento termico, microstrutture ferritico-martensitiche tipiche
degli acciai Dual Phase.

- 72 -
4.4 Fase sperimentale 1

4.4.1 Risultati delle prove di trazione

In Tabella 4-3 sono evidenziate le caratteristiche geometriche dei campioni analizzati: è indicato il
diametro nominale d, la lunghezza L del provino, il relativo peso P. E’ stato così possibile individua-
re la sezione effettiva So dei campioni, essendo noto il peso specifico dell’acciaio.

sigla provino Tempra °C d [mm] L [mm] P [daN] So [mm2]

T740a 740 16 497 0,800 204,79


T740b 740 16 500 0,803 204,33
T760a 760 16 497 0,800 204,79
T760b 760 16 499 0,802 204,48
T780a 780 16 498 0,801 204,64
T780b 780 16 499 0,801 204,23
T800a 800 16 498 0,801 204,64
T800b 800 16 499 0,789 201,17
T820b 820 16 498 0,786 200,80
Tabella 4-3: Caratteristiche geometriche dei campioni analizzati

I risultati delle prove di trazione sono riassunti in Tabella 4-4:

sigla provino Tempra °C Rm [N/mm^2] Rp0.2 [N/mm^2] K = Rm/Rp0.2 Agt %


T740a 740 712 392 1,82 10,56
T740b 740 654 344 1,90 7,2
T760a 760 730 425 1,72 11,61
T760b 760 705 371 1,90 14,4
T780a 780 759 427 1,78 10,71
T780b 780 728 418 1,74 11,63
T800a 800 735 420 1,75 9,54
T800b 800 757 386 1,96 11,52
T820b 820 712 360 1,98 14,84

Tabella 4-4: Caratteristiche meccaniche dei campioni

L’andamento dei valori medi (per ciascun trattamento) delle caratteristiche meccaniche in funzione
della temperatura di tempra intercritica sono visualizzati nei diagrammi rappresentati nelle figure
successive (Fig. 4-14, Fig. 4-15, Fig. 4-16 e Fig. 4-17).

- 73 -
800
780
760
740
R m [N/mm ]
2

720
700
680
660
640
620
600
740 760 780 800 820
Temperatura di tempra intercritica [°C]
Fig. 4-14: Diagramma Carico Massimo Rm - Temp. tempra intercritica

Si osserva un comportamento tendenzialmente crescente del carico massimo Rm con la tempera-


tura di inizio tempra, in accordo con i dati disponibili in letteratura.
Tuttavia, le variazioni corrispondenti a salti termici di 20°C sono mediamente dell’ordine di 30-40
MPa, pertanto, l’effetto esercitato dalle modalità del trattamento intercritico sulla resistenza a tra-
zione dell’acciaio risulta modesto.
E’ importante aggiungere che nel caso del saggio temprato dalla temperatura di 820°C si registra
un valore della resistenza che si discostano dal trend esibito in corrispondenza dei campioni tem-
prati a partire da temperature più basse nel campo intercritico. Questo comportamento è da attri-
buire alla presenza nella struttura metallurgica finale del campione T820 di fasi secondarie aciculari
distinte da quella ferritica e martensitica.
Il carico di snervamento Rp0.2 dell’acciaio studiato manifesta una dipendenza dalla temperatura di
inizio tempra differente, esibendo un comportamento prima crescente e poi decrescente
all’aumentare della temperatura, e questo in accordo con la comune tendenza descritta in letteratu-
ra.

450
430
410
390
Rp0.2 [N/mm ]
2

370
350
330
310
290
270
250
740 760 780 800 820
Temperatura di tempra intercritica [°C]
Fig. 4-15: Diagramma Carico di Snervamento Rp0.2 - Temp. tempra intercritica

- 74 -
Il rapporto di incrudimento (Rm/Rp0.2) risulta sensibilmente elevato, dell’ordine in media di 1.85, ri-
spetto ai valori esibiti dagli acciai tradizionali al Carbonio FeB 44k, e mostra un andamento al cre-
scere della temperatura di tempra che riflette evidentemente quello del carico di snervamento. Si
tratta di un parametro di duttilità dell’acciaio che riveste un ruolo di grande influenza sulla capacità
rotazionale delle cerniere plastiche negli elementi in c.a., consentendo il diffondersi dello snerva-
mento lungo la barra.

2,20

2,10

2,00
k=Rm/R p0.2

1,90

1,80

1,70

1,60

1,50
740 760 780 800 820
Temperatura di tempra intercritica [°C]
Fig. 4-16: Diagramma Rapporto di incrudimento – Temp. tempra intercritica

20
18
16
14
12
Agt [%]

10
8
6
4
2
0
740 760 780 800 820
Temperatura di tempra intercritica [°C]

Fig. 4-17: Diagramma Agt - Temp. tempra intercritica

Per quanto riguarda la percentuale di allungamento sotto carico massimo Agt, l’effetto della tempe-
ratura di tempra intercritica appare contenuto in quanto le oscillazioni dell’Agt sono di qualche unità
percentuale. E’ utile osservare che la duttilità degli acciai Dual Phase, in termini di capacità defor-
mative del materiale, è principalmente governata dalle proprietà della matrice ferritica e quindi me-
no condizionata dalle modalità del trattamento termico adottato. Tuttavia, questa classe di acciai

- 75 -
consente di raggiungere allungamenti sotto il carico massimo dell’ordine del 10%-12%, prossimi a
quelli esibiti dagli acciai Tempcore, ma con resistenze ed incrudimenti maggiori.
Nelle figure successive, Fig. 4-18, Fig. 4-19, Fig. 4-20, Fig. 4-21, Fig. 4-22, Fig. 4-23, Fig. 4-24,
Fig. 4-25 e Fig. 4-26, sono rappresentati i grafici tensione-deformazione relativi ai campioni testati,
al variare della temperatura di tempra nel campo di interesse.

800
Tensione s [N/mm ]
2

700

600

500

400
2
R m = 712 N/mm
300
A gt = 10,55%
2
200 R p0,2 = 392 N/mm

100

0
0% 2% 4% 6% 8% 10% 12% 14% 16% 18% 20% 22%
Deformazione e [%]
Fig. 4-18: Diagramma s-e per il provino T740a
Tensione s [N/mm ]
2

800

700

600

500

400
R m = 654 N/mm2
300
A gt = 10,07 %
200 R p0,2 =365 N/mm2

100

0
0% 2% 4% 6% 8% 10% 12% 14% 16% 18% 20% 22%
Deformazione e [%]
Fig. 4-19: Diagramma s-e per il provino T740b

- 76 -
800
Tensione s [N/mm ]
2
700

600

500

400
2
Rm = 730 N/mm
300
Agt = 11,06 %
2
200 Rp0,2 = 424 N/mm

100

0
0% 2% 4% 6% 8% 10% 12% 14% 16% 18% 20% 22%
Deformazione e [%]

Fig. 4-20: Diagramma s-e per il provino T760a


Tensione s [N/mm ]

800
2

700

600

500

400
Rm = 705 N/mm2
300
Agt = 14,40 %
200 Rp0,2 = 371N/mm2

100

0
0% 2% 4% 6% 8% 10% 12% 14% 16% 18% 20% 22%
Deformazione e [%]

Fig. 4-21: Diagramma s-e per il provino T760b

- 77 -
Tensione s [N/mm ]
800
2
700

600

500

400
2
R m = 759 N/mm
300
A gt = 10,71 %
200 R p0,2 = 427 N/mm 2

100

0
0% 2% 4% 6% 8% 10% 12% 14% 16% 18% 20% 22%
Deformazione e [%]

Fig. 4-22: Diagramma s-e per il provino T780a

800
Tensione s [N/mm ]
2

700

600

500

400
2
Rm = 728 N/mm
300
Agt = 11,63 %
2
200 Rp0,2 = 417 N/mm

100

0
0% 2% 4% 6% 8% 10% 12% 14% 16% 18% 20% 22% 24%
Deformazione e [%]

Fig. 4-23: Diagramma s-e per il provino T780b

- 78 -
800

Tensione s [N/mm ]
2
700

600

500

400
2
Rm = 735 N/mm
300
Agt = 11,08 %
2
200 Rp0,2 = 420 N/mm

100

0
0% 2% 4% 6% 8% 10% 12% 14% 16% 18% 20% 22%
Deformazione e [%]
Fig. 4-24: Diagramma s-e per il provino T800a

800
Tensione s [N/mm ]
2

700

600

500

400
Rm = 757 N/mm2
300
Agt = 11,51 %
2
200 Rp0,2 = 386 N/mm

100

0
0% 2% 4% 6% 8% 10% 12% 14% 16% 18% 20% 22%
Deformazione e [%]

Fig. 4-25: Diagramma s-e per il provino T800b

- 79 -
800

Tensione s [N/mm ]
2
700

600

500

400
2
Rm = 712 N/mm
300
Agt = 13,59 %
2
200 Rp0,2 = 360 N/mm

100

0
0% 2% 4% 6% 8% 10% 12% 14% 16% 18% 20% 22% 24%
Deformazione e [%]

Fig. 4-26: Diagramma s-e per il provino T820b

Le proprietà meccaniche di tale classe di acciai sono attribuibili alla trasformazione della austenite
in martensite durante il raffreddamento dal campo intercritico. La trasformazione martensitica intro-
duce una fase dura, resistente alle deformazioni, nella microstruttura dell’acciaio di base e produce
dislocazioni mobili nella circostante matrice ferritica, a causa della espansione volumetrica che ac-
compagna il cambiamento di fase dell’acciaio g. Queste dislocazioni sono responsabili, in partico-
lare, di due aspetti tipici esibiti da questi acciai, quali lo snervamento continuo e l’iniziale elevato
grado di incrudimento, come si può osservare dai diagrammi rappresentati nelle figure precedenti.
La Fig. 4-27 illustra un confronto tra le curve s-e degli acciai testati al variare della temperatura di
tempra (una per ciascun trattamento) e il diagramma tensione – deformazione relativo ad un cam-
pione di uguale diametro (F16) in acciaio prodotto secondo la procedura Tempcore, rappresentati-
vo delle colate analizzate presso il laboratorio del Dipartimento di Ingegneria Strutturale,
nell’ambito della caratterizzazione meccanica di questo tipo di acciai [4]. Le curve rappresentate
nella suddetta figura evidenziano come gli acciai Dual Phase si caratterizzino per una superiore
combinazione di resistenza e duttilità rispetto ad un acciaio da cemento armato di produzione cor-
rente.

- 80 -
800
Tensione s [N/mm ]
2

700

600

500
T740
400
T760

300 T780
T800
200
T820

100 Tempcore

0
0% 2% 4% 6% 8% 10% 12% 14% 16% 18% 20% 22% 24%
Deformazione e [%]

Fig. 4-27: Confronto fra i diagrammi s-e dei campioni testati

I valori di deformazione e di tensione sono stati diagrammati, per ciascun provino, anche nel piano
logaritmico lns-lne in termini di “true strain” e “true stress”.
Come previsto nei lavori riportati in letteratura tecnica, questi acciai esibiscono due stadi di incru-
dimento, il primo associato alla deformazione della matrice duttile, il secondo a quello di entrambe
le fasi, evidenziati nel piano logaritmico dalla variazione di pendenza delle rette interpolanti i dati
sperimentali.
Per l’analisi sperimentali delle curve tensione-deformazione di questa classe di acciai si fa riferi-
mento, pertanto, alla legge empirica basata sulla relazione di Hollomon:

σ t = kε t n (2.40)

in cui st ed et sono, rispettivamente, la tensione e la deformazione realmente agenti sul provino,


mentre K è detto coefficiente di resistenza e n coefficiente di incrudimento.
L’espressione logaritmica della (2.40) è l’equazione di una retta nel piano lns-lne.

Pertanto, riportando sul piano lnst-lnet i dati sperimentali, si ottiene un andamento spezzato che
può essere interpolato da due rette con diversa pendenza (n), come rappresentato nei diagrammi
successivi di Fig. 4-28, Fig. 4-29, Fig. 4-30 e Fig. 4-31. E’ possibile osservare l’ottima approssima-
zione dei risultati sperimentali da parte delle rette rappresentative del secondo stadio di incrudi-
mento.

- 81 -
7,0

ln σt [N/mm ]
2
6,5

6,0 y = 0,2166x + 7,1785

5,5
y = 0,6813x + 9,8425
5,0

4,5

4,0

3,5
-10 -9 -8 -7 -6 -5 -4 -3 -2 -1 0
ln ε t
Fig. 4-28: Diagramma logaritmico lnst-lnet per il provino T740a

7,0
ln σt [N/mm ]
2

6,5

y = 0,1925x + 7,1508
6,0

5,5

5,0
y = 0,6903x + 9,9581

4,5

4,0

3,5
-10 -9 -8 -7 -6 -5 -4 -3 -2 -1
ln ε t

Fig. 4-29: Diagramma logaritmico lnst-lnet per il provino T760a

- 82 -
7,0
ln σt [N/mm ]
2
6,5

y = 0,2033x + 7,2283
6,0

5,5

y = 0,7271x + 10,292
5,0

4,5

4,0

3,5
-10 -9 -8 -7 -6 -5 -4 -3 -2 -1
ln ε t
Fig. 4-30: Diagramma logaritmico lnst-lnet per il provino T780a

7,0
ln σt [N/mm ]
2

6,0 y = 0,1999x + 7,1711

5,0
y = 0,8844x + 11,251
4,0

3,0

2,0

1,0

0,0
-11 -10 -9 -8 -7 -6 -5 -4 -3 -2 -1
ln ε t

Fig. 4-31: Diagramma logaritmico lnst-lnet per il provino T800a

La variazione di pendenza delle rette nel piano logaritmico lns-lne si verifica in corrispondenza di
un valore della deformazione prossimo, in ciascun campione, a quello relativo al carico di snerva-
mento allo 0.2% (Rp0.2). Da questo consegue che il ramo post - elastico del legame costitutivo di
questi acciai può essere definito dai parametri n e k della retta interpolante i corrispondenti punti
sperimentali.
Nella Tabella 4-5 si riassume la variazione del coefficiente di incrudimento n e del coefficiente di
resistenza k nel campo plastico in funzione della temperatura intercritica.

sigla provino Tempra °C n2 K2 [N/mm2]

T740a 740 0,216 1310

- 83 -
T740b 740 0,206 1154
T760a 760 0,192 1275
T760b 760 0,221 1262
T780a 780 0,203 1377
T780b 780 0,210 1302
T800a 800 0,199 1301
T800b 800 0,231 1468
T820b 820 0,219 1304
Tabella 4-5: Coefficiente di incrudimento n e di resistenza k

Nella Fig. 4-32 è riportato l’andamento della variazione di n nel secondo stadio di incrudimento con
la temperatura di tempra intercritica.
Si può osservare che l’effetto esercitato dalle modalità di trattamento termico sull’entità
dell’incrudimento in campo plastico sono trascurabili.

0,24
Coeff. di incrudimento in fase

0,23

0,22
plastica n2

0,21

0,20

0,19

0,18
740 760 780 800 820
Temperatura di tempra intercritica [°C]
Fig. 4-32: Diagramma Coefficiente di incrudimento-Temp. tempra intercritica

- 84 -
4.4.2 Risultati delle prove di durezza Vickers (HV)
I risultati della prova Vickers sono riassunti in Tabella 4-6

sigla provino Tempra °C Durezza [HV]


T740a 740 228,5
T740b 740 297
T760a 760 297
T760b 760 313
T780a 780 322
T780b 780 322
T800a 800 313
T800b 800 309
T820b 820 317

Tabella 4-6: Durezza Vickers dei campioni analizzati

L’andamento dei valori medi della durezza [HV] in funzione della temperatura di tempra intercritica
è riportato in Fig. 4-33. Emerge in media un aumento della durezza, essenzialmente attribuibile alla
fase martensitica e al tenore di Carbonio, al crescere della temperatura nel campo intercritico .

350

325
Durezza [HV]

300

275

250

225

200
740 760 780 800 820
Temperatura di tempra intercritica [°C]

Fig. 4-33: Diagramma Durezza [HV] -Temp. tempra intercritica

- 85 -
4.4.3 Risultati dell’esame metallografico
I risultati hanno evidenziato la presenza di strutture ferritico-martensitiche con frazioni volumetriche
crescenti di martensite all’aumentare della temperatura di tempra intercritica, come riportato in
Tabella 4-7 e in Fig. 4-34.

sigla provino Tempra °C Martensite %

T740a 740 16,77


T740b 740 16,52
T760a 760 17,03
T760b 760 21,31
T780a 780 18,22
T780b 780 25,7
T800a 800 20,92
T800b 800 24,22
T820b 820 24,76

Tabella 4-7: Percentuali in peso di Martensite

30
28
26
24
Martensite %

22
20
18
16
14
12
10
740 760 780 800 820
Temperatura di tempra intercritica [°C]

Fig. 4-34: Diagramma martensite [%] -Temp. tempra intercritica


Si evidenzia inoltre dall’analisi dei risultati riportati in Tabella 4-8 una diminuzione della dimensione
dei grani ferritici al crescere della temperatura intercritica.

Dimensione grano
sigla provino Tempra °C
ferritico [mm]
T740a 740 12,43
T740b 740 13,81
T760a 760 10,66
T760b 760 10,87

- 86 -
T780a 780 9,79
T780b 780 9,9
T800a 800 9,4
T800b 800 8,72
T820b 820 8,1

Tabella 4-8: Dimensioni del grano ferritico

16
Dimensione grano ferritico [m m]

15
14
13
12
11
10
9
8
7
6
740 760 780 800 820
Temperatura di tempra intercritica [°C]
Fig. 4-35: Diagramma dim. grano ferritico [mm] -Temp. tempra intercritica

L’aspetto tipico dei campioni è visibile nelle figure successive, in cui si riportano le immagini relati-
ve ai campioni b (analoghe a quelle relative ai campioni a), ricavate attraverso microscopio ottico
metallografico con obiettivo x 40 e conseguente ingrandimento di circa 400 volte.

Fig. 4-36: Campione b temprato da 740°C e attacca- Fig. 4-37: Campione b temprato da 740°C e trattato
to con acido Nital con attacco LePera

- 87 -
Fig. 4-38: Campione b temprato da 760°C e attacca- Fig. 4-39: Campione b temprato da 760°C e trattato
to con acido Nital con attacco LePera

Fig. 4-40: Campione b temprato da 780°C e attacca- Fig. 4-41: Campione b temprato da 780°C e trattato
to con acido Nital con attacco LePera

Fig. 4-42: Campione b temprato da 800°C e attacca- Fig. 4-43: Campione b temprato da 800°C e trattato
to con acido Nital con attacco LePera

- 88 -
Fig. 4-44: Campione b temprato da 820°C e attacca- Fig. 4-45: Campione b temprato da 820°C e trattato
to con acido Nital con attacco LePera

I campioni in acciaio Dual Phase esibiscono, all’analisi con microscopio ottico, una microstruttura
composita che consiste in isole di martensite circondate da una matrice ferritica. Nelle fotografie
dei provini trattati con attacco LePera, la fase ferritica si distingue da quella martensitica per il colo-
re marrone, mentre la fase dura martensitica è bianca. Nell’attacco Nital, invece, la ferrite è la ma-
trice più luminosa, mentre la martensite è la fase scura.
E’ possibile notare, inoltre, una crescita del tenore di martensite passando da una temperatura di
740°C a quella di 820°C nel campo intercritico. Questo comportamento può essere spiegato in rife-
rimento al fatto che al crescere della temperatura di inizio tempra, a causa della forma del dia-
gramma di stato dell’acciaio, aumenta il tenore di austenite, come è stato mostrato in Fig. 4-46,
pertanto anche quello della martensite, essendo questa il risultato della trasformazione di fase
dell’austenite durante il raffreddamento in acqua.

100

80
Austenite [%]

60

40

20

0
740 760 780 800 820 840 860 880 900 920
Temperatura di tempra intercritica [°C]

Fig. 4-46: diagramma Austenite [%] -Temp. tempra intercritica

- 89 -
Analisi dei risultati

Si è diagrammato nelle Fig. 4-47, Fig. 4-48, Fig. 4-49 e Fig. 4-50 l’andamento delle caratteristiche
meccaniche ottenute dalle prove di trazione sugli acciai considerati, in funzione del tenore di mar-
tensite.

800
780
760
740
Rm [N/mm ]
2

720
700
680
660
640
620
600
16,6 19,2 22,0 22,6 24,8
Martensite [%]

Fig. 4-47: Diagramma Carico Massimo Rm – Martensite [%]

L’andamento del carico massimo Rm in funzione della frazione volumetrica di martensite mostrano
un aumento della resistenza con il crescere del tenore della fase dura, con una diminuzione in cor-
rispondenza del saggio temprato alla temperatura di 820°C. Questo può essere spiegato con il fat-
to che l’aumento della frazione volumetrica di martensite non compensa la diminuzione del tenore
di Carbonio che si verifica al crescere della temperatura di tempra nel campo intercritico, con con-
seguente calo del carico massimo e della tensione di snervamento, come illustrato nel grafico di
Fig. 4-48.

450
430
410
390
Rp0.2 [N/mm ]
2

370
350
330
310
290
270
250
16,6 19,2 22,0 22,6 24,8
Martensite [%]
Fig. 4-48: Diagramma Carico Snervamento Rp0.2 – Martensite [%]

- 90 -
2,20

2,10

2,00
k=Rm/Rp0.2

1,90

1,80

1,70

1,60

1,50
16,6 19,2 22,0 22,6 24,8
Martensite [%]
Fig. 4-49: Diagramma Rapporto di incrudimento K – Martensite [%]

20
18
16
14
12
Agt [%]

10
8
6
4
2
0
16,6 19,2 22,0 22,6 24,8
Martensite [%]

Fig. 4-50: Diagramma Agt – Martensite [%]

Si può comunque notare come la tendenza esibita dalle singole caratteristiche meccaniche al va-
riare della percentuale di frazione volumetrica di martensite sia analoga a quella manifestata in cor-
rispondenza della variazione della temperatura di tempra intercritica. Un simile comportamento si
spiega in riferimento alla Fig. 4-34 che evidenzia una crescita lineare del tenore di martensite
all’aumentare della temperatura di tempra.
E’ possibile affermare, inoltre, che i valori ottenuti dalle prove statiche sono in buon accordo con
l’andamento caratteristico di tale tipologia di acciai.
Il comportamento in termini di durezza è condizionato dal contenuto di martensite come evidenzia-
to in Fig. 4-51. In particolare, la macrodurezza ha un comportamento tendenzialmente crescente
all’aumentare del tenore della fase dura martensitica. Tuttavia, è possibile osservare un allontana-
mento dal trend generale per i saggi temprati alle temperature di 800 e 820 °C che può essere
spiegato in maniera analoga a quanto fatto per l’andamento delle caratteristiche meccaniche, ovve-
ro in riferimento alla diminuzione del tenore di Carbonio con la temperatura di tempra intercritica.

- 91 -
350

Durezza [HV] 325

300

275

250

225

200
16,6 19,2 22,0 22,6 24,8
Martensite [%]
Fig. 4-51: Diagramma Durezza [HV] – Martensite [%]

4.4.4 Criterio di scelta delle temperature di tempra intercritica

Dall’analisi delle correlazioni tra i risultati delle prove di trazione e gli esiti degli esami metallografi-
ci, condotti sulle barre di Dual Phase temprate a diverse temperature nel campo intercritico, si è
osservata una variabilità modesta delle caratteristiche di resistenza e di duttilità del materiale con
la temperatura di tempra nel campo di variazione della frazione volumetrica di martensite preso in
considerazione.
Tuttavia, in questa fase di caratterizzazione dell’acciaio non è possibile avanzare un giudizio suffi-
cientemente attendibile sulle prestazioni di duttilità e resistenza nelle strutture in c.a. conseguenti
all’impiego dei Dual Phase temprati alle differenti temperature in quanto, come studi recenti hanno
dimostrato, la definizione di duttilità dell’acciaio come materiale non corrisponde univocamente alla
duttilità della struttura. A tale proposito, è evidente, pertanto, la necessità di caratterizzare le pro-
prietà delle barre analizzate in relazione alla loro influenza sul comportamento degli elementi in c.a.
Alla luce di tali constatazioni, si è fatto riferimento allo studio di Cosenza et al. [2] che ha condotto
alla individuazione di un parametro “p”, definito di “acciaio equivalente”, che risulta legato alla ca-
pacità rotazionale della struttura in campo plastico secondo la relazione (2.41):

θ pl = α p (2.41)

in cui, nel caso della modellazione analitica del legame costitutivo di Ramberg ed Osgood [2], la cui
formulazione appare in grado di simulare in maniera sufficientemente attendibile il diagramma s-e
sperimentale delle barre di Dual Phase, si ottiene

ft
θ pl = 1.3ε s ,u 0.75 ( − 1)0.92 (2.42)
fy

L’espressione analitica della legge costitutiva adottata da Cosenza et al. è la seguente:

σs ⎛σ ⎞
n

εs = +⎜ s ⎟ (2.43)
Es ⎝ B ⎠

- 92 -
In cui

Rm
Agt −
Es
ln
n= 0.002 (2.44)
R
ln m
R0.2

R0.2
B= (2.45)
0.0021/ n

Sulla base dei valori di rotazione plastica ricavati con la(2.42), impiegando i dati sperimentali rica-
vati dalle prove di trazione, quali la deformazione percentuale sotto carico massimo e il rapporto di
incrudimento, è possibile avanzare una previsione sulle prestazioni strutturali di questi acciai negli
elementi in c.a, e pertanto, individuare quella temperatura di tempra che consente di ricavare una
microstruttura cui consegua un comportamento meccanico delle barre d’armatura idoneo ad un lo-
ro impiego in zona sismica.
I risultati ottenuti sono riassunti nella tabella Tabella 4-9:

sigla provino Tempra °C qpl [rad]

T740 740 0,184


T760 760 0,182
T780 780 0,232
T800 800 0,233
T820 820 0,246

Tabella 4-9: Capacità rotazionale di elementi in c.a. armati con acciai DP

e diagrammati in Fig. 4-52:

0,300
rotazione plastica [rad]

0,250

0,200

0,150
740 760 780 800 820
Temperatura di tempra intercritica [°C]

Fig. 4-52: Diagramma rotazione plastica-Temp. tempra intercritica

- 93 -
Si evidenzia in media una crescita della capacità rotazionale dell’elemento all’aumentare della
temperatura di inizio tempra nel campo intercritico (a+g).
A fronte di questo comportamento, si è deciso di condurre una seconda fase sperimentale di carat-
terizzazione meccanica di barre ottenute dall’acciaio studiato per raffreddamento dalla temperatura
di 740°C e 800°C nel campo intercritico. A tali valori corrispondono capacità rotazionali estreme al
campo di variazione ottenuto secondo il modello e i dati impiegati.
La temperatura di tempra intercritica di 820°C non è stata scelta, sebbene ad essa consegua la
capacità rotazionale maggiore, poiché in questo caso, come l’analisi metallografica ha evidenziato,
si è al limite della microstruttura Dual Phase a causa della comparsa non più trascurabile di fasi
secondarie aciculari differenti da quella martensitica.

- 94 -
4.5 Fase sperimentale 2

In questa fase sperimentale sono stati considerati campioni ottenuti attraverso trattamento intercri-
tico a partire dalla temperatura di 740 °C e 800 °C dell’acciaio di base avente le caratteristiche in-
dicate nella Tabella 4-1.
Ciascuna tempra è stata condotta in laboratorio su 30 barre di 16 mm di diametro e di lunghezza
50 cm. I provini sono stati sottoposti a prove monotone di trazione secondo le modalità indicate nei
paragrafi precedenti; i risultati ottenuti sono stati elaborati statisticamente sulla base della procedu-
ra indicata nell’annesso “D” dell’Eurocodice 0 [5].
Su tre campioni per ciascun trattamento termico, scelti in modo che le corrispondenti caratteristiche
meccaniche siano rappresentative dei valori minimi, medi e massimi, rispettivamente, della serie
analizzata, sono state eseguite prove di durezza “Vickers” ed esami metallografici ai fini di una ca-
ratterizzazione microstrutturale delle due serie di acciai.

4.5.1 Risultati delle prove di trazione

Nella Tabella 4-10 e nella Tabella 4-11 sono riassunte le caratteristiche fisiche dei provini analizzati
per i due tipi di acciai, temprati alla temperatura di 740 °C e 800 °C rispettivamente, nelle quali con
d è stato indicato il diametro nominale, con L la lunghezza del saggio, con P il relativo peso. E’ sta-
ta poi individuata la sezione effettiva So dei campioni, essendo noto il peso specifico dell’acciaio.
La sigla del campione è stata indicata dal valore della temperatura di tempra seguita dal numero
del provino.

Sigla provino d [mm] L [mm] P [g] So [mm2]

1 16 498 790 202,1


2 16 498 790 202,1
3 16 497 800 205,1
4 16 498 802 205,2
5 16 498 802 205,2
6 16 498 789 201,8
7 16 498 788 201,6
8 16 498 788 201,6
9 16 498 803 205,4
10 16 499 800 204,2
11 16 498 789 201,8
12 16 498 786 201,1
13 16 498 789 201,8
14 16 497 788 202,0
15 16 499 789 201,4

- 95 -
16 16 498 802 205,2
17 16 498 800 204,6
18 16 499 802 204,7
19 16 498 790 202,1
20 16 498 802 205,2
21 16 498 788 201,6
22 16 499 788 201,2
23 16 498 800 204,6
24 16 498 789 201,8
25 16 499 789 201,4
26 16 499 800 204,2
27 16 497 788 202,0
28 16 498 789 201,8
29 16 498 789 201,8
30 16 497 800 205,1
Tabella 4-10: Caratteristiche fisiche dei campioni in acciaio Dual Phase T740

sigla provino d [mm] L [mm] P [g] So[mm2]

1 16 498 800 204,6


2 16 498 800 204,6
3 16 498 800 204,6
4 16 498 802 205,2
5 16 497 797 204,3
6 16 497 784 201,0
7 16 499 789 201,4
8 16 498 800 204,6
9 16 499 799 204,0
10 16 499 801 204,5
11 16 500 805 205,1
12 16 499 800 204,2
13 16 498 799 204,4
14 16 498 798 204,1
15 16 498 788 201,6
16 16 499 799 204,0
17 16 498 798 204,1
18 16 498 800 204,6
19 16 498 800 204,6
20 16 498 800 204,6
21 16 499 798 203,7
22 16 498 799 204,4
23 16 501 790 201,1
24 16 498 800 204,6

- 96 -
25 16 498 794 203,1
26 16 499 801 204,5
27 16 498 798 204,1
28 16 498 798 204,1
29 16 500 788 200,8
30 16 498 798 204,1
Tabella 4-11: Caratteristiche fisiche dei campioni in acciaio Dual Phase T800

I risultati ottenuti sottoponendo a prova di trazione in condizioni monotone i 30 saggi per l’acciaio
Dual Phase T740 (temprato alla temperatura di 740 °C) e i 30 campioni del Dual Phase T800
(temprato alla temperatura di 800 °C) sono riportati nella Tabella 4-12 e nella Tabella 4-13, rispetti-
vamente, in cui con Rp0.2 e Rm si sono indicati il carico allo 0,2% di deformazione residua e il carico
massimo, mentre con A5d, A10d e Agt le deformazioni a rottura su base 5 diametri, su base 10 dia-
metri e la deformazione sotto carico massimo, rispettivamente, misurate secondo le procedure in-
dicate nelle Normative di riferimento UNI EN ISO 15630:2004 e ISO 6892:1998. Con k si è inteso il
rapporto di incrudimento degli acciai.

Rp0,2 [MPa] Rm [MPa] A5d [%] A10d [%] Agt [%] k=Rm/Rp0.2

347 673 22,8 17,3 8,4 1,94


*** 666 24,5 18,1 8,9 ***
395 675 26,1 18,8 7,9 1,71
*** 689 25,0 18,8 10,3 ***
388 732 25,4 18,3 10,8 1,89
353 665 23,8 17,8 7,9 1,89
349 679 23,8 17,4 8,8 1,95
347 683 23,0 17,7 10,9 1,97
343 665 24,8 17,2 8,3 1,94
403 677 22,8 16,8 7,6 1,68
331 675 25,5 19,4 9,5 2,04
342 681 24,6 17,8 9,5 1,99
358 691 22,6 17,6 11,3 1,93
382 713 25,5 17,9 9,3 1,87
336 681 24,4 18,8 8,4 2,03
340 694 23,5 17,4 10,8 2,04
342 654 23,5 15,9 7,0 1,92
348 677 23,0 17,8 7,7 1,94
347 687 22,0 16,9 10,9 1,98
356 676 24,2 17,8 8,6 1,90
363 689 *** *** *** 1,90
376 669 *** *** *** 1,78
345 693 25,6 19,3 11,6 2,01

- 97 -
*** 687 *** *** *** ***
360 686 23,0 17,1 10,5 1,91
356 692 26,3 18,9 10,5 1,94
360 666 23,0 16,7 8,2 1,85
350 666 *** *** *** 1,91
382 680 20,5 16,1 10,3 1,78
371 682 22,3 15,8 7,4 1,84
Tabella 4-12: Caratteristiche meccaniche dei campioni in acciaio Dual Phase T740

Rp0,2 [MPa] Rm [MPa] A5d [%] A10d [%] Agt [%] k=Rm/Rp0.2

471,9 738,8 24,4 17,9 10,3 1,566


461,9 785,7 23,9 17,9 11,2 1,701
*** 751,3 23,4 17,8 11,9 ***
458,3 739,2 19,3 14,6 9,4 1,613
452,8 738,8 19,2 13,9 9,5 1,632
413,3 742,6 20,8 15,8 9,6 1,797
411,0 733,3 20,1 14,3 9,4 1,784
433,7 742,0 23,1 18,0 11,4 1,711
*** 756,1 23,0 18,2 12,6 ***
*** 742,3 23,1 17,7 12,8 ***
411,7 714,9 24,3 15,4 7,4 1,737
440,5 748,5 21,0 16,1 10,4 1,699
445,3 754,1 23,5 18,3 13,9 1,693
430,9 755,5 20,9 15,7 9,4 1,753
*** 722,7 22,9 16,9 11,0 ***
440,7 744,8 23,6 17,6 11,2 1,690
440,9 744,8 24,6 19,7 11,4 1,689
391,0 745,0 21,8 16,9 12,7 1,905
430,5 756,6 24,0 18,1 10,4 1,757
379,6 728,5 23,8 20,4 14,9 1,919
440,6 741,9 22,8 19,1 13,4 1,684
440,1 741,9 20,8 15,9 10,4 1,686
*** 729,4 22,4 16,6 9,2 ***
417,0 755,0 24,3 17,9 10,4 1,811
417,0 753,8 25,5 18,9 12,2 1,808
431,3 772,3 23,9 17,2 13,3 1,791
*** 748,3 23,7 18,2 12,4 ***
*** 754,3 22,1 17,1 10,3 ***
408,1 726,8 20,6 14,4 10,0 1,781
432,3 778,9 23,0 17,6 11,3 1,802
Tabella 4-13: Caratteristiche meccaniche dei campioni in acciaio Dual Phase T800

- 98 -
I valori caratteristici delle singole grandezze, con frattile del 5%, sono stati ottenuti assumendo un
coefficiente di variazione Vx pari a 1.73 per entrambe le serie di provini, così come ricavato
dall’Eurocodice 0 [5] sulla base del numero di saggi per ciascuna tipologia di acciaio.
La Tabella 4-14 e la Tabella 4-15 illustrano i valori minimi, massimi, medi e caratteristici per le sin-
gole grandezze misurate relative agli acciaio Dual Phase T740 e T800, rispettivamente.

Elaborazione
Rp0,2 [MPa] Rm [MPa] A5d [%] A10d [%] Agt [%] k=Rm/Rp0.2
statistica

valore
331 654 20,5 15,8 7,0 1,681
minimo
valore medio 358 681 23,9 17,7 9,3 1,907
valore mas-
403 732 26,3 19,4 11,6 2,040
simo
scarto 19 15 1,41 0,97 1,36 0,091
Valore carat-
325,4 655,3 21,5 16,0 6,944 1,755
teristico
Tabella 4-14: Elaborazione statistica delle grandezze misurate per gli acciai Dual Phase T740

Elaborazione
Rp0,2 [MPa] Rm [MPa] A5d [%] A10d [%] Agt [%] k=Rm/Rp0.2
statistica

valore
380 714,94 19,2 13,9 7,4 1,566
minimo
valore medio 430 746 22,7 17,1 11,1 1,739
valore mas-
472 786 25,5 20,4 14,9 1,919
simo
scarto 22,1 15,3 1,6 1,6 1,6 0,085
Valore carat-
391,5 719,8 19,8 14,4 8,3 1,598
teristico
Tabella 4-15: Elaborazione statistica delle grandezze misurate per gli acciai Dual Phase T800

E’ da osservare che le deformazioni rilevate per il carico massimo mediante la lettura estensimetri-
ca sono fortemente influenzate dalla posizione ove successivamente si verifica la rottura. Se essa
avviene all’interno della base di misura, le deformazioni risultano mediamente più elevate rispetto
ai casi per i quali la rottura si verifica all’esterno. E’ però necessario aggiungere che per la maggio-
ranza dei saggi la rottura non si è verificata all’interno della base estensimetrica. Per questo moti-
vo, i valori dell’Agt riportati in tabella sono quelli relativi alla lettura manuale.
Nelle figure Fig. 4-53, Fig. 4-54, e Fig. 4-55 sono rappresentati i grafici tensione-deformazione rela-
tivi a tre campioni, rappresentativi della serie analizzata, in acciaio Dual Phase T740 individuati dal-
le sigle T740-13, T740-16, T740-19:

- 99 -
Tensione s [N/mm ]
2
800

700

600

500

400

300
R m = 690 N/mm 2
200 A gt = 11,25 %
R p0,2 = 357 N/mm 2
100

0
0% 2% 4% 6% 8% 10% 12% 14% 16% 18% 20%
Deformazione e [%]

Fig. 4-53: Diagramma s-e per il provino T740-13


Tensione s [N/mm ]
2

800

700

600

500

400

300
R m = 694 N/mm 2
200 A gt = 10,84 %
R p0,2 = 340 N/mm 2
100

0
0% 2% 4% 6% 8% 10% 12% 14% 16% 18% 20%
Deformazione e [%]

Fig. 4-54: Diagramma s-e per il provino T740-16

- 100 -
Tensione s [N/mm ]
2
800

700

600

500

400

300
R m = 687 N/mm 2
200 A gt = 10,89 %
100 R p0,2 = 347 N/mm 2

0
0% 2% 4% 6% 8% 10% 12% 14% 16% 18% 20%
Deformazione e [%]

Fig. 4-55: Diagramma s-e per il provino T740-19

Le Fig. 4-56, Fig. 4-57 e la Fig. 4-58 illustrano invece i diagrammi sperimentali ottenuti per i saggi
T800-1, T800-14, T800-18, rispettivamente, temprati a partire dalla temperatura di 800 °C.
Tensione s [N/mm ]
2

800

700

600

500

400

300 R m = 739 N/mm 2


A gt = 10,27%
200
R p0,2 = 472 N/mm 2
100

0
0% 2% 4% 6% 8% 10% 12% 14% 16% 18% 20%
Deformazione e [%]

Fig. 4-56: Diagramma s-e per il provino T800-1

- 101 -
Tensione s [N/mm ]
2
800

700

600

500

400

300 R m = 755 N/mm 2


A gt = 9,38%
200 R p0,2 = 431 N/mm 2
100

0
0% 2% 4% 6% 8% 10% 12% 14% 16% 18% 20%
Deformazione e [%]
Fig. 4-57: Diagramma s-e per il provino T800-14
Tensione s [N/mm ]
2

800

700

600

500

400

300 R m = 745 N/mm 2


A gt = 12,67%
200 R p0,2 = 391 N/mm 2

100

0
0% 2% 4% 6% 8% 10% 12% 14% 16% 18% 20%
Deformazione e [%]

Fig. 4-58: Diagramma s-e per il provino T800-18

- 102 -
4.5.2 Risultati delle prove metallografiche

L’indagine metallografica è stata eseguita mediante gli attacchi LePera e Nital sui saggi individuati
dalle sigle T740-12, T740-17, T740-23, relative agli acciai temprati alla temperatura di 740°C, e sui
campioni T800-16, T800-20, T800-23 corrispondenti alla tempra intercritica di 800°C. I provini ana-
lizzati sono stati scelti all’interno di ciascuna serie in quanto vicini ai valori minimo, medio e massi-
mo della deformazione sotto carico massimo Agt della popolazione esaminata.

I risultati in termini di percentuale in peso di martensite sono riassunti in Tabella 4-16 e illustrati nel-
le Fig. 4-59 e Fig. 4-60 in cui sono rappresentati l’andamento del Carico massimo Rm e dell’Agt al
variare della frazione volumetrica di martensite.

sigla provino Tempra °C Rm [N/mm2] R0.2 [N/mm2] Agt % martensite %


T740-12 740 681 342 9,5 18,23
T740-17 740 654 342 7 17,41
T760-23 740 693 345 11,6 21,2
T800-16 800 744 440 11,2 22,17
T800-20 800 728 380 14,9 21,42
T800-23 800 729 / 9,2 23,58
Tabella 4-16: Percentuale di martensite e caratteristiche meccaniche dei saggi esaminati

760

740

T800
720
Rm [N/mm ]
2

700
T740

680

660

640
15 17 19 21 23 25
Martensite [%]

Fig. 4-59: Andamento del Carico massimo Rm in funzione della percentuale di martensite

- 103 -
16

14

12 T740
Agt [%]

10
T800

6
15 17 19 21 23 25
Martensite [%]

Fig. 4-60: Andamento dell’Agt in funzione della percentuale di martensite

I tenori di martensite ricavati sono coerenti con i trattamenti termici subiti dai campioni analizzati,
pertanto dall’esame sui tre saggi rappresentativi per serie si può presumere che le tempre siano
state eseguite in maniera sufficientemente corretta, sebbene si conserva il beneficio del dubbio
conseguente al limitato numero di controlli metallografici effettuati.
La maggiore resistenza della serie T800 è da imputarsi al superiore contenuto della fase dura mar-
tensitica, che si accompagna anche a più elevati valori della deformazione uniforme. In particolare,
la Fig. 4-60 illustra un andamento caratteristico del comportamento dei Dual Phase in funzione del
tenore di martensite, ovvero l’incremento di duttilità per contenute percentuali di fase dura e la di-
minuzione per più elevati tenori martensitici.Nelle successive figure sono rappresentate le immagini
delle microstrutture ferritico-martensitiche dei campioni considerati, restituite dal microscopio ottico
con obiettivo x 63 e ingrandimento di 700 volte, riferite alle diverse percentuali volumetriche VM di
martensite.
Nelle immagini relative all’attacco LePera, come è noto, la fase ferritica si distingue da quella mar-
tensitica per la colorazione marrone chiaro, mentre la fase dura appare quasi bianca; nell’attacco
con soluzione al Nital, invece, la ferrite assume una luminosità più chiara di quella esibita dalla
martensite.
E’ apprezzabile l’incremento del tenore di martensite al crescere della temperatura di tempra inter-
critca

- 104 -
Fig. 4-61: Attacco LePera sul campione T740-12 (VM Fig. 4-62: Attacco Nital sul campione T740-12 (VM =18)
=18)

Fig. 4-63: Attacco LePera sul campione T740-17(VM Fig. 4-64: Attacco Nital sul campione T740-17(VM =17)
=17)

Fig. 4-65: Attacco LePera sul campione T740-23 Fig. 4-66: Attacco Nital sul campione T740-23 (VM=21)
(VM=21)

- 105 -
Fig. 4-67: Attacco LePera sul campione T800-16 Fig. 4-68: Attacco Nital sul campione T800-16 (VM=22)
(VM=22)

Fig. 4-69: Attacco LePera sul campione T800-20 Fig. 4-70: Attacco Nital sul campione T800-20 (VM=21)
(VM=21)

Fig. 4-71: Attacco LePera sul campione T800-23 Fig. 4-72: Attacco Nital sul campione T800-23(VM=23)
(VM=23)

- 106 -
Riferimenti bibliografici

[1] E.Cosenza, C.Greco, G.Manfredi. “The concept of equivalent steel”, CEB Bulletin d’Information,
N°218, 1993

[2] R.Valentini, “Prove meccaniche sugli acciai”, Dipartimento di Ingegneria Chimica, Chimica Indu-
striale e Scienze dei Materiali, Facoltà di Ingegneria, Università di Pisa

[3] D.T.Llewellyn, D.J.Hillis. “Dual phase steels”, Ironmaking and Steelmaking, Vol. 23, N°6, 1996

[4] F.Fabi. “L’influenza delle caratteristiche meccaniche degli acciai d’armatura sulla duttilità delle
strutture composte acciaio – calcestruzzo”, Tesi di laurea, Dipartimento di Ingegneria Strutturale,
Facoltà di Ingegneria, Università di Pisa, Aprile 2005

[5] Eurocode N°0: Basic of structural design. ENV 1991-1-1, Luglio 2001.

- 107 -
5 Un modello di calcolo per l’analisi della duttilità delle strutture
in c.a.

5.1 Introduzione

La necessità di sviluppare un’indagine finalizzata, essenzialmente, all’analisi dell’influenza delle


proprietà di duttilità dell’acciaio d’armatura sulle prestazioni inelastiche degli elementi in c.a. si tra-
duce nella elaborazione di una procedura analitica costituita dall’assemblaggio di tre modelli di cal-
colo descriventi, rispettivamente, il comportamento dei materiali (calcestruzzo e acciaio), della se-
zione e dell’intero elemento. Un’indagine così strutturata consente, fissati i dati geometrici e mec-
canici del problema, di individuare la distribuzione delle curvature lungo l’asse dell’elemento e di
determinare la capacità rotazionale dell’elemento considerato.

5.2 Modello costitutivo relativo ai materiali

L’analisi della duttilità esibita da una sezione o da un elemento in c.a. richiede lo sviluppo di un al-
goritmo che preveda l’impiego di legami costitutivi in grado di rappresentare l’effettivo comporta-
mento dei materiali considerati.

5.2.1 Il calcestruzzo compresso


Per quanto riguarda il calcestruzzo, sulla base dei risultati presenti in letteratura, si ritiene essen-
ziale mettere in conto il fenomeno del confinamento esercitato dall’armatura trasversale, che con-
sente di attingere deformazioni ultime nel calcestruzzo superiori a quella tradizionalmente adottata
in sede di progetto dello 0.35%.
Il legame costitutivo impiegato è quello di Mander et al [23], rappresentativo del comportamento
sperimentale del calcestruzzo confinato sia con staffe rettangolari che con spirali e soggetto a cari-
chi monotoni, a bassa velocità di deformazione, nell’ipotesi che il limite deformativo ecu sia quello
corrispondente al collasso della prima staffa. Il diagramma tensione-deformazione è rappresentato
nella Fig. 5-1.

Fig. 5-1: Confronto fra il legame costitutivo proposto da Mander et al. per il calcestruzzo confinato e non con-
finato [23]

- 108 -
La compressione longitudinale nel calcestruzzo è fornita dalla (5.1)
f 'cc xr
σc = (5.1)
r − 1 + xr
in cui
εc
x= (5.2)
ε cc
dove ε c è la deformazione longitudinale nel calcestruzzo compresso mentre ε cc è fornita dalla
(5.3)
f 'cc
ε cc = ε co (1 + 5( − 1)) (5.3)
f 'co

f 'co e ε co sono la resistenza e la deformazione corrispondente al picco nel calcestruzzo in assenza

di confinamento (si assume ε co pari a 0.002) e

Ec
r= (5.4)
Ec − Esec

in cui il modulo di elasticità tangente del calcestruzzo è fornito dalla (5.5)

Ec = 5 f 'co [ MPa ] (5.5)

mentre quello secante dalla (5.6)


f 'cc
Esec = (5.6)
ε cc

f 'cc è la resistenza nel calcestruzzo confinato, assunta funzione dell’effettiva pressione di confina-
mento
Questa può essere espressa dall’equazione (5.7)
f 'l = f l ke (5.7)

in cui fl è la pressione laterale esercitata dall’armatura trasversale e che si assume sia distribuita
uniformemente sulla superficie del nucleo di calcestruzzo, mentre ke è fornito dalla (5.8)
Ae
ke = (5.8)
Acc

dove:
Ae è l’area effettiva del nucleo di calcestruzzo confinato

Acc è l’area del nucleo di sezione interno al perimetro delle staffe fornita dalla (5.9)

Acc = Ac (1 − ρCC ) (5.9)

con ρcc pari al rapporto tra l’area delle barre longitudinali e l’area del nucleo della sezione
Nel caso di sezione rettangolare confinata con staffe rettangolari (Fig. 5-2) indicando con n il nu-
mero delle barre longitudinali e con w la distanza tra due barre adiacenti, a livello del piano della
staffa l’area di calcestruzzo che risulta non efficacemente confinato è pari a quanto indicato nella
(5.10)

- 109 -
n
w' i 2
Ai = ∑ (5.10)
1 6
Incorporando anche l’effetto in elevazione, si ricava l’area del nucleo effettivamente confinato con
la (5.11)
s' s'
Ae = (bc d c − Ai )(1 − )(1 − ) (5.11)
2bc 2d c

Da cui la (5.8) diventa


n
wi 2 s' s'
(1 − ∑ )(1 − )(1 − )
6bc d c 2bc 2d c
ke = 1
(5.12)
1 − ρ cc

Fig. 5-2: Nucleo di calcestruzzo effettivamente confinato da staffe rettangolari [23]

La resistenza a compressione del calcestruzzo confinato può essere pertanto assunta pari a (5.13)

7.94 f l ' fl '


f 'cc = f 'co (−1.254 + 2.254 1 + − 2 ) (5.13)
f 'co f 'co

Deformazione ultima del calcestruzzo compresso confinato

Ai fini del calcolo della curvatura ultima e della capacità rotazionale in corrispondenza di una cer-
niera plastica di un elemento in c.a., è necessario individuare il valore della deformazione ultima
ecu nel calcestruzzo compresso.
Esistono in letteratura differenti formulazioni a questo proposito.
Scott et al [2] suggeriscono come limite inferiore della ecu l’espressione (5.14)

- 110 -
f yh
ε cu = 0.004 + 0.9 ρ s ( ) (5.14)
300
in cui fyh e rs sono, rispettivamente, la tensione di snervamento in MPa e il rapporto volumetrico
dell’acciaio dell’armatura trasversale, che tiene conto del grado di confinamento nelle due direzioni
x e y (Fig. 5-2).
In questa relazione, si assume che la deformazione ultima per l’acciaio non confinato sia pari a
0.004, limite inferiore della deformazione in corrispondenza della quale il copriferro viene espulso,
come evidenziato dai risultati ricavati dai diversi test condotti.

5.2.2 Il calcestruzzo teso

Al fine della modellazione matematica del legame costitutivo per il calcestruzzo soggetto a trazio-
ne, si fa riferimento alla formulazione proposta dal CEB MC90 (1993) [6] e rappresentata in

Fig. 5-3

Fig. 5-3: Legame costitutivo per il calcestruzzo teso [6]

Tale modellazione analitica parte dall’osservazione sperimentale: è stato osservato, infatti, che il
comportamento è lineare fino al 70% della resistenza di picco fct, ma uno scostamento sostanziale
si osserva solo per tensioni superiori a 0.9fct. Una volta raggiunta la resistenza massima fct, si ha
un ramo decrescente con un comportamento ancora lineare.
Pertanto, occorre distinguere fra la situazione in cui il conglomerato teso non è macroscopicamen-
te fessurato, prima del picco, da quello in cui è fessurato. Per valori della tensione di trazione infe-

- 111 -
riori a quello massimo, infatti, è valido il modello di materiale continuo, e con esso il concetto di de-
formazione. Dopo il picco, la zona fessurata si localizza in un volume molto ristretto del provino:
l’allungamento della zona in cui è concentrato il danneggiamento contribuisce all’allungamento to-
tale del provino in misura molto superiore di quello elastico della restante parte. Per la descrizione
del ramo cadente si deve, pertanto, adottare la relazione σ = σ ( w) tra la tensione media e
l’ampiezza w della zona fessurata localizzata.
Per quanto riguarda i parametri che intervengono nei modelli matematici dei due rami, il CEB pro-
pone:
• Ramo ascendente, legge σ = σ (ε ) : diagramma bilineare

Per σ ≤ 0.9 f ctm

σ ct = Ecε ct (5.15)

Per 0.9 f ctm < σ < f ctm

0.1 f ctm
σ ct = f ctm − (0.00015 − ε ct ) (5.16)
f ctm
0.00015 − (0.9 )
Ec

In cui
sct ed ect sono, rispettivamente, la tensione e la deformazione di trazione in MPa
Ec rappresenta il modulo elastico tangente in MPa
1
Ec = 104 ( f ck + 8) 3 (5.17)
Con fck resistenza caratteristica a compressione e fctm resistenza di picco a trazione in MPa fornita
dalla (5.18)
2
f ctm = 0.3 f ck 3 (5.18)

• Ramo discendente, legge σ = σ ( w) :

Per 0.15 f ctm ≤ σ ≤ f ctm

w
σ ct = f ctm (1 − 0.85 ) (5.19)
w1

Per 0 < σ < 0.15 f ctm

0.15 f ctm
σ ct = ( wc − w1 ) (5.20)
wc − w1

con
GF − 22wc (GF / α F )0.95
w1 = (5.21)
150(GF / α F )0.95

In cui GF rappresenta l’energia di frattura in Nm/m2 pari all’area sottesa dal diagramma σ = σ ( w) ,
determinata sperimentalmente mediante una prova di flessione su tre punti eseguita su un provino
intagliato. Tale parametro aumenta con l’aumento della resistenza a compressione fck e della di-
mensione massima degli inerti dmax, come risulta dalla tabella fornita da [6]

- 112 -
Fig. 5-4: Energia di frattura GF, funzione della resistenza a compressione fck e del diametro massimo degli i-
nerti dmax

af è un coefficiente sperimentale fornito da [6]


wc è l’ampiezza massima della zona fratturata, corrispondente all’esaurimento di ogni capacità re-
sidua di trasmettere tensioni e fornito dal CEB Model Code in funzione della dimensione massima
degli inerti dmax.

5.2.3 L’acciaio delle barre d’armatura

Sono stati considerati differenti tipi di acciai, caratterizzati da diversi livelli di duttilità. Per ciascuno
di essi si è fatto riferimento al legame costitutivo sperimentale fornito in letteratura. In particolare, è
stata condotta un’indagine comparativa di due tipi di barre:
• Barre in acciaio Tempcore di attuale produzione
• Barre in acciaio tipo Dual Phase

Acciaio Tempcore

La sperimentazione sul tale tipo di acciaio, che appartiene alla classe degli acciai “heat treated”
(trafilati e trattati a caldo), individua in generale un comportamento elastico lineare fino allo sner-
vamento, seguito da un plateau plastico e da un successivo incrudimento fino alla rottura (Fig. 5-5).
Il comportamento del materiale può essere considerato uguale in trazione e in compressione, tut-
tavia in questo ultimo caso il comportamento meccanico è fortemente influenzato dal fenomeno
dell’instabilità delle barre.

- 113 -
700
Tensione [N/mm ]
2

600

500

400

300

200

100

0
0% 2% 4% 6% 8% 10% 12% 14% 16% 18% 20% 22%
Deformazione %
Fig. 5-5: Diagramma Tensioni-Deformazioni tipico di un acciaio heat treated [4]

La relazione tensione-deformazione può essere descritta dalla espressione analitica (5.25) ricavata
statisticamente da dati sperimentali [3,4] :

per 0 < ε < ε y

σ = E sε (5.22)

per ε y < ε < ε sh

σ= f y
(5.23)

per ε ≥ ε sh

σ = f y + ( f u − f y )(1 − ε (ε sh −ε ) k
) (5.24)

in cui
ε sh − ε su
k = 0.028 (5.25)
ε sh − 0.16

ed esh è la deformazione alla fine del plateau plastico che precede l’incrudimento, mentre ey è la
deformazione allo snervamento.

Acciaio Dual Phase

Per le analisi sperimentali delle curve tensione-deformazione di questa classe di acciai, molte leggi
empiriche, come quelle basate sulle relazioni di Hollomon, di Ludwik e Swift [5], sono state applica-
te in diversi lavori. In particolare, con l’analisi di Crussard-Jaoult (C-J) modificata, basata sulla rela-
zione di Swift, è stato dimostrato che gli acciai Dual Phase si deformano esibendo due stadi di in-

- 114 -
crudimento, il primo rappresentativo del comportamento della matrice duttile di ferrite, e il secondo
associato alle deformazioni uniformi di entrambe le fasi.
Le curve tensione-deformazione sperimentali, ricavate mediante prove monotone di trazione con-
dotte su acciai Dual Phase, si caratterizzano inoltre per la presenza di uno snervamento continuo,
come rappresentato in Fig. 5-6.

800
Tensione [N/mm ]
2

700

600

500

400

300

200

100

0
0% 2% 4% 6% 8% 10% 12% 14% 16% 18% 20% 22% 24%
Deformazione [%]
Fig. 5-6: Diagramma Tensioni-Deformazioni tipico di un acciaio Dual Phase

Come evidenziato dagli esami metallografici, i campioni di acciaio Dual Phase si caratterizzano per
una microstruttura composita costituita da una matrice duttile e da una fase dura. Tale classe di
acciai rientra, perciò, tra i materiali con microstruttura a due fasi, e sulla base dei risultati presenti
in letteratura, manifesta un comportamento deformativo che si verifica secondo i seguenti stadi:
• Stadio 1: entrambe le fasi si deformano elasticamente
• Stadio 2: solo la matrice duttile si deforma plasticamente, mentre la fase dura rimane ela-
stica
• Stadio 3: entrambe le fasi si deformano plasticamente
• Stadio 4: frattura per decoesione dell’interfaccia o rottura della fase dura
Lo stato deformativo della martensite dipende principalmente dalle differenze di resistenza tra le
due fasi. Nel caso particolare, di acciai temprati con frazione volumetrica di martensite inferiore al
50%, l’iniziale differenza di resistenza è significativa; perciò può essere assunto che tutta la mar-
tensite sia elastica durante il primo stadio. Al crescere delle deformazioni, si origina un fenomeno
di incrudimento nella fase ferritica e la differenza di resistenza tra le due fasi si riduce fino al valore
di transizione ek in corrispondenza del quale si assume che tutta la martensite si deformi plastica-
mente.
Nel presente lavoro, la legge modificata C-J è applicata al fine di simulare le curve tensione-
deformazione degli acciai Dual Phase.
Tale legge è basata sulla equazione di Swift

- 115 -
ε = ε o + kσ m (5.26)
ma, al fine di facilitare il confronto con i dati sperimentali e lo sviluppo di algoritmi facilmente im-
plementabili, si fa riferimento ad una espressione equivalente, del tutto analoga alla relazione di
Hollomon (5.27)
σ = kε n (5.27)
In cui s è la tensione realmente agente sulla provetta ed esprimibile, nell’ipotesi di conservazione
del volume del provino, come
σ = σ n (ε n + 1) (5.28)

Mentre e è l’allungamento unitario realmente prodotto da s ed fornito dalla relazione (5.29)

ε = ln(ε n + 1) (5.29)

Dove sn e en sono, rispettivamente, le tensioni e deformazioni nominali.


K è detto coefficiente di resistenza, n è definito coefficiente di incrudimento
Nel piano logaritmico la (5.27) diventa:
ln σ = ln k + n ln ε (5.30)
L’espressione logaritmica (5.30) è l’equazione di una retta nel piano lns-lne.
L’importanza della legge di Swift risiede nel fatto che per gli acciai a microstruttura ferritico - mar-
tensitica la relazione (5.30) assume un andamento spezzato, evidenziando un brusco cambiamen-
to della legge costitutiva.
In riferimento alle tensioni e deformazioni nominali, la (5.27) assume l’espressione riportata nella
(5.31)
k (ln(ε n + 1))n
σn = (5.31)
(ε n + 1)

Nell’ipotesi di due stadi di incrudimento, il legame costitutivo si caratterizza per le seguenti relazio-
ni:
per 0 < ε ≤ ε k

k1 (ln(ε n + 1))n1
σn = (5.32)
(ε n + 1)

per ε > ε k

k 2 (ln(ε n + 1))n2
σn = σk + (5.33)
(ε n + 1)

in cui
k1 (ln(ε k + 1))n1
σk = (5.34)
(ε k + 1)

La (5.34) rappresenta la tensione corrispondente alla deformazione ek in corrispondenza della qua-


le si assume che si verifichi, nel piano logaritmico, la variazione di pendenza del legame espresso
dalla (5.30).

- 116 -
5.3 Modello analitico per il calcolo della duttilità in curvatura

Il modello analitico sviluppato per il calcolo della duttilità in curvatura, convenzionalmente definita
dal rapporto tra la curvatura ultima della sezione e quella corrispondente allo snervamento
dell’acciaio teso, è basato sulle ipotesi di:
• Conservazione delle sezioni piane
• Resistenza a trazione del calcestruzzo nulla per valori della tensione, al lembo teso, supe-
riori a quello limite a trazione fctk
• Perfetta aderenza tra la barra di acciaio e il calcestruzzo circostante
• Legame costitutivo di Mander [23] per il calcestruzzo compresso confinato
• Il legame costitutivo proposto dal CEB MC90 [6] per il calcestruzzo teso, limitato al solo
ramo ascendente, ossia al tratto in cui la tensione longitudinale è minore o uguale alla re-
sistenza a trazione fctk del calcestruzzo
• Legami costitutivi sperimentali per gli acciai analizzati
• Sollecitazione di Flessione pura retta
Con tale indagine si vuole caratterizzare il comportamento delle sezioni fessurate, che è infatti indi-
viduato dalla relazione momento curvatura, funzione dei materiali, della geometria e, più in genera-
le dall’entità dello sforzo normale, coerentemente a quanto fatto nella letteratura tecnica; una tale
analisi comporta che si trascurino il fenomeno del “tension stiffening”, gli scorrimenti tra i due mate-
riali e la variazione di deformazione nell’acciaio delle barre che si verifica fra due successive fessu-
re. Questi effetti saranno tenuti in considerazione, invece, nell’indagine della duttilità a livello di e-
lemento strutturale.
La prima ipotesi adottata comporta che l’andamento delle deformazioni unitarie longitudinali sulla
sezione sia lineare, quindi che le deformazioni nell’acciaio e nel calcestruzzo siano direttamente
proporzionali alla distanza dall’asse neutro.
Le ipotesi successive di assenza di scorrimenti tra i due materiali e di resistenza a trazione trascu-
rabile sono tradizionalmente assunte nella teoria classica del cemento armato e adottate in lettera-
tura anche ai fini dell’elaborazione della curva Momento-curvatura per la definizione della duttilità
locale.
La sezione trasversale è rappresentata utilizzando l’approccio “a fibre”, che consente di caratteriz-
zare ciascuna striscia, in cui è suddivisa, con il legame costitutivo del materiale corrispondente.
La curvatura della sezione, nelle ipotesi fatte è individuata dalla pendenza del diagramma delle de-
formazioni.
Pertanto, la deformazione in corrispondenza del baricentro della generica striscia, a distanza y dal
lembo superiore compresso, può essere espressa in funzione di quella in corrispondenza del lem-
bo compresso ε co con la relazione (5.35)

ε (ε co , χ , y ) = ε co + χ y (5.35)

avendo considerato positive le deformazioni e le tensioni se di trazione, e l’origine del sistema di


riferimento delle y in corrispondenza del lembo superiore, come riassunto in Fig. 5-7

- 117 -
Le incognite sono rappresentate, quindi, dalla deformazione ε co e dalla curvatura χ . Al generico
passo si incrementa questa ultima e, sulla base dell’equazione di equilibrio alla traslazione, si rica-
va la corrispondente ε co . Nota così la distribuzione delle deformazioni sulla sezione, si ottiene il va-

lore delle risultanti nell’acciaio e nel calcestruzzo.


Imponendo l’equilibrio alla rotazione intorno ad un generico punto, per l’assenza di sforzo normale,
si ricava il valore del momento resistente che la sezione esibisce in corrispondenza di quel valore
di curvatura.
Riportando in un grafico, sulle ascissa le curvature e sulle ordinate i corrispondenti valori di Mo-
mento flettente, si ottiene la curva rappresentativa del comportamento flessionale della sezione
(Fig. 5-8).

Sezione Diagramma Diagramma


delle delle tensioni
deformazioni
B
co
co
sc f sc
Asc
Yn M
H Asse neutro

Ast st
f st
y
Fig. 5-7: Rappresentazione della sezione fessurata

La duttilità disponibile di un elemento inflesso può essere stimata convenzionalmente in riferimento


al diagramma Momento - curvatura di una sua sezione critica.
Momento M

Curvatura c

Fig. 5-8: Esempio di curva caratteristica Momento-curvatura

- 118 -
Un indice significativo per esprimere quantitativamente la capacità deformativa di una trave a livello
di sezione è, come già detto, il fattore di duttilità in curvatura rappresentato dal rapporto (5.36):

χ max
µχ = (5.36)
χy
in cui cmax è la curvatura massima della sezione critica e cy la curvatura corrispondente, conven-
zionalmente, allo snervamento dell’armatura tesa.
Facendo coincidere lo stato limite ultimo della sezione con la crisi a livello del materiale, la curvatu-
ra ultima esibita dall’elemento è fornita dal minimo tra i due valori che risultano dalle relazioni
(5.37) e (5.38):

ε cu
χu = (5.37)
ynu

ε su
χu = (5.38)
h − ynu
In cui ecu e esu sono le deformazioni ultime nel calcestruzzo e nell’acciaio, mentre ynu è la profondi-
tà dell’asse neutro a rottura.

5.3.1 Indagine parametrica sulla duttilità in curvatura

Sulla base del modello di calcolo proposto, è stato possibile sviluppare un’analisi di tipo parametri-
co su sezioni rettangolari inflesse in c.a. ai fini di indagare l’influenza esercitata sulla duttilità locale
da fattori geometrici e meccanici, quali le percentuali di armatura longitudinale in zona tesa e com-
pressa, la resistenza del calcestruzzo, la quantità di staffatura, infine, le proprietà dell’acciaio delle
barre.

In particolare, il modello descritto è impiegato, nella fase relativa allo studio degli acciai Dual Pha-
se, per sviluppare un’indagine parametrica sulla duttilità delle sezioni in c.a. sia nel caso in cui
l’armatura sia in acciaio Dual Phase, che per quello con acciaio B500C Tempcore di attuale produ-
zione, infine, per la situazione tipica di progettazione con acciaio FeB 44k di normativa. Obiettivo
dell’indagine è valutare l’effetto che le caratteristiche meccaniche degli acciai Dual Phase hanno
sul fattore di duttilità in curvatura delle sezioni, alla luce, soprattutto, dei risultati relativi al confronto
con le prestazioni di duttilità locale che conseguono all’impiego degli acciai tradizionali da cemento
armato.

Descrizione delle caratteristiche geometriche e meccaniche delle sezioni analizzate

In questa fase, l’indagine è stata condotta in riferimento ad una sezione rettangolare in c.a., rap-
presentata in Fig. 5-9, caratterizzata da un rapporto d’/d pari a 0.1 e da diversi valori della percen-
tuale geometrica di armatura r in zona tesa e compressa e armata con differenti tipologie di ac-

- 119 -
ciaio, come successivamente chiarito. Sono stati considerati, inoltre, diversi gradi di confinamento
per la variabilità del passo di staffatura.

d'
A sc

h
H

A st

B
Fig. 5-9: Esempio di una sezione in c.a. analizzata

Al fine di valutare l’influenza esercitata dalle caratteristiche meccaniche del calcestruzzo sulla dutti-
lità delle sezioni, si è assunto di variare la resistenza cilindrica del conglomerato fra un valore mi-
nimo di 25 MPa, tipica delle costruzioni ordinarie, a un valore massimo di 40 MPa, lasciando inalte-
rate le altre variabili.
Nello studio parametrico è stato ipotizzato, inoltre, che ad un aumento della resistenza dell’acciaio
corrisponda una diminuzione lineare della deformazione a rottura Agt, che è stata fatta variare da
un massimo pari al 14%, ad un minimo pari al 6%. Analogamente, si è assunta una diminuzione
del rapporto Rm/Re tra la resistenza a rottura e quella allo snervamento al crescere di fy, con un va-
lore massimo pari a 1.43 e un valore minimo pari a 1.09. Le caratteristiche dell’acciaio utilizzate per
questo studio parametrico sono illustrate in Fig. 5-10 in cui il comportamento costitutivo è stato ap-
prossimato a elasto-plastico incrudente con diagramma s-e bilineare.

fy
712
677
650 607
600 571
500
500
450

350

6 7.3 9.9 11.21 13.81


s

Fig. 5-10: Caratteristiche dell’acciaio d’armatura

- 120 -
L’andamento del ramo hardening è considerato, quindi, come lineare sebbene per gli acciai reali la
legge costitutiva sia in questa fase fortemente non lineare.
E’ importante osservare che l’andamento ipotizzato per l’acciaio, al crescere della soglia di sner-
vamento, è una semplificazione di quanto avviene nella realtà. Infatti, se in termini generici si può
affermare che le caratteristiche di duttilità, quali l’Agt e il rapporto Rm/Re decrescono con il carico di
snervamento fy, l’attuale tecnologia consente di ottenere valori sufficientemente stabili dei parame-
tri considerati per un ampio spettro di variazione di fy; per quanto riguarda gli acciai Dual Phase, la
sperimentazione, nel campo considerato di variazione della percentuale di martensite, ha eviden-
ziato un comportamento tendenzialmente meno duttile all’aumentare del carico di snervamento,
con una diminuzione dell’Agt e del rapporto di incrudimento, al crescere di fy, in media prossima a
quella lineare.
Pertanto, ai fini dell’analisi parametrica, l’andamento ipotizzato può essere considerato sufficiente-
mente attendibile e rappresentativo delle differenti tipologie di acciaio prese in considerazione.

Influenza del rapporto geometrico d’armatura e del grado di confinamento sulla duttilità in
curvatura

Come è noto, la duttilità di una trave in c.a. è fortemente correlata alla percentuale di armatura tesa
e al quantitativo di staffatura: un più elevato rapporto geometrico di armatura comporta una dimi-
nuzione della duttilità della sezione, così come un decremento del grado di confinamento del con-
glomerato.
In particolare, al fine di evitare una rottura di tipo fragile, l’Eurocodice 8 [12] limita il rapporto geo-
metrico di armatura in zona tesa, per strutture in media ed alta duttilità, al valore massimo espres-
so dalla (5.39) in funzione del fattore di duttilità in curvatura di progetto mf:

0.0018 f cd
ρ t max = ρ ' + (5.39)
µφ ε sy ,d f yd
in cui fcd è pari alla resistenza a compressione di progetto; fyd è il carico di snervamento di progetto
mentre esy,d la deformazione di inizio plasticizzazione dell’acciaio.
Inoltre, l’EC 8 [12] dispone un valore massimo per il passo delle staffe all’interno delle regioni criti-
che delle travi, potenzialmente sede di cerniere plastiche, funzione dell’altezza della sezione e del
diametro delle barre di armatura longitudinale e trasversale.
Nelle seguenti analisi numeriche si è indagata l’influenza esercitata da questi parametri con riferi-
mento ad una sezione rettangolare di 300 mm di larghezza (B) e 600 mm di altezza (H), mante-
nendo costanti le altre variabili in gioco.
Le caratteristiche dei materiali impiegati sono:
• Resistenza cilindrica caratteristica del calcestruzzo pari a 30 MPa
• Per le barre d’armatura si è considerato un acciaio con Carico massimo Rm e carico di
snervamento Re pari a 430 MPa e 560 MPa, rispettivamente, e deformazione ultima del
12%.

- 121 -
Per quanto concerne l’armatura trasversale, sono state considerate due differenti percentuali vo-
lumetriche di staffatura rs pari allo 1,3% e 0.4% relative a staffe di 8 mm di diametro e passi, rispet-
tivamente, di 50 e 150 mm, quest’ultimo pari all’estremo superiore ammissibile all’interno delle re-
gioni critiche dall’Eurocodice 8 [12] per la sezione studiata.
L’armatura longitudinale è stata immaginata costituita da barre, in numero e diametro variabili, sia
superiormente che inferiormente, in modo da poter considerare l’effetto esercitato da diversi valori
del rapporto geometrico di armatura tesa e da differenti percentuali di acciaio compresso sulle per-
formance di duttilità di una sezione in c.a.
Nella Fig. 5-11 è stato diagrammato l’andamento del fattore di duttilità in curvatura con la percen-
tuale di armatura tesa, relativo a due differenti gradi di confinamento, avendo assunto uguale a 0.5
il rapporto tra armatura compressa e tesa.
E’ visibile la tendenza verso un comportamento più fragile della sezione al crescere dell’armatura
in zona tesa.
Le due curve, rappresentate in Fig. 5-11, si distinguono per i differenti passi di staffatura cui corri-
spondono valori di duttilità ben distanziati e questo conferma il ruolo significativo rivestito dal grado
di confinamento del conglomerato nei confronti del comportamento duttile delle sezioni in c.a., an-
che nei casi in cui si è in presenza di modesti rapporti di armatura longitudinale, quando, cioè, le
condizioni ultime sono maggiormente condizionate dalle caratteristiche dell’acciaio.
In particolare, il tratto suborizzontale, relativo a modeste percentuali di armatura longitudinale e
presente nel caso di elevato confinamento (rs=1.3%), è connesso al cedimento della sezione per
rottura dell’acciaio teso mentre il ramo discendente alla crisi lato calcestruzzo. Per la sezione con
staffe maggiormente distanziate, lo stato limite ultimo corrisponde, anche per modesti rapporti di
armatura tesa, al raggiungimento della deformazione ultima nel conglomerato e di conseguenza ad
una modalità di rottura più fragile.

60

50
Fattore di duttilità in curvatura mc

rs=1,3

40

30

rs=0,4
20

10
0,40% 0,60% 0,80% 1,00% 1,20% 1,40% 1,60% 1,80%
Percentuale armatura tesa r=Ast/Bh [%]

Fig. 5-11: Andamento della duttilità della sezione mc in funzione del rapporto geometrico di armatura tesa r,
al variare della percentuale volumetrica di staffatura

- 122 -
Dalla formula (5.39) dell’Eurocodice 8 si può ricavare, in funzione del rapporto di armatura impiega-
to e per il caso considerato, il valore del fattore di duttilità disponibile:

0.0018 f cd
µφ max = (5.40)
( ρ t − ρ )ε sy ,d f yd
'

Si può osservare come tale espressione sia una formula approssimata in cui compaiono alcuni dei
fattori che rivestono un ruolo significativo sul comportamento duttile delle sezioni in c.a.. In essa si
prescinde tuttavia dall’influenza del confinamento, che, invece, come evidenziato sopra e come
provato dai risultati numerici e sperimentali presenti nella letteratura tecnica, è di primaria impor-
tanza anche nel caso delle travi inflesse.
La (5.40) evidenzia, inoltre, l’effetto benefico esercitato in termini di duttilità da un incremento della
percentuale di armatura in zona compressa. Nella Fig. 5-12 sono rappresentati i risultati ottenuti
dall’analisi numerica condotta sulla sezione considerata, in funzione del rapporto geometrico di ar-
matura compressa, relativamente a due differenti valori della percentuale di armatura tesa rt, pari
a 0.005 e 0.0125, per un determinato grado di confinamento corrispondente ad un passo delle staf-
fe di 50 mm.
Come si può osservare dalla Fig. 5-12, l’acciaio in zona compressa incrementa la duttilità della se-
zione inflessa, in misura maggiore quando la crisi avviene per il raggiungimento della deformazione
ultima nel calcestruzzo. Questo si spiega in riferimento al fatto che la profondità dell’asse neutro a
rottura diminuisce con l’aumentare della percentuale di armatura compressa poiché la forza interna
di compressione è ripartita fra il conglomerato e le barre d’armatura. Pertanto, la curvatura ultima è
superiore come si può ricavare dalla (5.37).
L’Eurocodice 8, a questo proposito, dispone che all’interno delle regioni critiche il rapporto geome-
trico di armatura compressa non sia inferiore alla metà di quello in zona tesa. Tuttavia, sezioni
doppiamente simmetriche, sebbene manifestino a livello di sezione un comportamento maggior-
mente duttile, comportano lo svantaggio di un incremento della forza di taglio, e quindi della possi-
bilità di una modalità di rottura dell’elemento di tipo fragile.

- 123 -
60

rt=0,005
Fattore di duttilità in curvatura mc
50

40

rt=0,0125
30

20

10
0,10% 0,20% 0,30% 0,40% 0,50% 0,60%
Percentuale armatura compressa r=Asc/Bh [%]

Fig. 5-12: Andamento della duttilità della sezione mc in funzione del rapporto geometrico di armatura com-
pressa r, al variare della percentuale di armatura tesa rt

Influenza della resistenza del calcestruzzo confinato sulla duttilità in curvatura di sezioni in-
flesse

Per valutare l’effetto esercitato da una variazione della resistenza del calcestruzzo sulle prestazioni
inelastiche, in termini di degrado di resistenza e di capacità deformative, di sezioni in c.a. sempli-
cemente inflesse, si è svolta un’analisi numerica in cui si è fatto riferimento ad una sezione quadra-
ta di lato 400 mm armata simmetricamente. I parametri presi in considerazione sono il valore mas-
simo del momento sopportabile e la duttilità in termini di curvatura; i fattori fatti variare, invece, so-
no la resistenza del conglomerato e la percentuale meccanica di armatura. L’indagine è stata svol-
ta nell’ipotesi di sforzo normale nullo.
Come disposto dall’Eurocodice 8, le sezioni analizzate sono dotate di un valore del rapporto geo-
metrico di armatura r superiore a quello minimo, fornito dalla (5.41) per impedire il caso di debo-
lissima armatura ovvero di crisi improvvisa della sezione dovuta alla prima fessurazione.

f ctm
ρ min = 0.5 (5.41)
f yk
In cui fctm rappresenta la resistenza a trazione media del calcestruzzo e fyk il carico di snervamento
caratteristico dell’acciaio
La variazione della duttilità della sezione è riportata nella Fig. 5-13 al variare della resistenza del
calcestruzzo per due differenti valori della percentuale di armatura in zona tesa. Nei casi esaminati,
in assenza di sforzo normale, la crisi della sezione avviene per causa dell’acciaio, pertanto
l’influenza esercitata dalle proprietà meccaniche del conglomerato sulla comportamento deformati-
vo è contenuta, come confermato dai risultati numerici; tuttavia, si può osservare un modesto in-

- 124 -
cremento della duttilità della sezione nel campo di variazione delle resistenze preso in considera-
zione.

56

54
Fattore di duttilità in curvatura mc

52
rt=0,006
50

48
rt=0,011
46

44

42

40
20 25 30 35 40 45
Resistenza cilindrica caratteristica del calcestruzzo fck

Fig. 5-13: Andamento della duttilità in funzione della resistenza del calcestruzzo, al variare della percentuale
geometrica di armatura longitudinale

Analogamente, il corrispondente aumento di resistenza a flessione con la fck è percentualmente


contenuto, come riassunto in Fig. 5-14.
Si può osservare infine che, come ben noto, la maggior duttilità compete alle sezioni con percen-
tuale di armatura inferiore e resistenza del calcestruzzo superiore, mentre una maggior resistenza
a flessione è esibita da quelle con superiore rapporto geometrico di armatura e con valori della re-
sistenza del conglomerato più elevati.

rt=0,011
6
Resistenza flessionale Mu/(b*h2)

4
rt=0,006

2
20 25 30 35 40 45
Resistenza cilindrica caratteristica del calcestruzzo fck

Fig. 5-14: Andamento del Momento ultimo della sezione in funzione della resistenza del calcestruzzo, al varia-
re della percentuale geometrica di armatura longitudinale

- 125 -
Influenza delle caratteristiche meccaniche dell’acciaio d’armatura sulla duttilità in curvatura
di sezioni inflesse

Il modello per la determinazione della relazione momento – curvatura consente di indagare


l’influenza delle caratteristiche meccaniche dell’acciaio sulla duttilità delle sezioni delle travi attra-
verso la valutazione della variazione del coefficiente di duttilità al variare dei due parametri che ca-
ratterizzano l’acciaio teso, la deformazione sotto il carico massimo Agt e il rapporto di incrudimento
k=Rm/Re .
Ciò ha una notevole rilevanza nella pratica progettuale, poiché le caratteristiche dell’acciaio posso-
no modificarsi sensibilmente al variare del processo produttivo.
Lo studio parametrico è stato condotto in riferimento ad una sezione rettangolare rappresentata di
altezza H pari a 450 mm, base B pari a 300 mm e rapporto d’/h pari a 0.1; la scelta di un rapporto
H/B pari a 1.5 è dovuto alla considerazione che tale valore può essere rappresentativo sia di una
trave fuori spessore che di un pilastro.
L’armatura della sezione è stata dimensionata in modo da garantire una elevata duttilità, pertanto
facendo riferimento all’Eurocodice 2 [11] si è ipotizzata una situazione di progetto in cui la rottura
avviene a causa del raggiungimento della deformazione ultima ammissibile del 10% nell’acciaio
snervato; la percentuale volumetrica di staffe è stata assunta pari allo 0.1%.
La Fig. 5-15 illustra, per la sezione considerata, l’andamento del coefficiente di duttilità al variare
della resistenza allo snervamento dell’acciaio.
70

60
Fattore di duttilità in curvatura mc

50

40

30

20

10
300 350 400 450 500 550 600 650 700
Carico di snervamento Re [%]

Fig. 5-15: Andamento del fattore di duttilità in curvatura in funzione del carico di snervamento

Si osserva un decadimento pronunciato delle prestazioni di duttilità della sezione all’aumentare del
carico di snervamento; tuttavia il coefficiente di duttilità rimane sufficientemente elevato da non
compromettere il grado di sicurezza delle strutture, e questo per il fatto che la sezione è stata pro-
gettata con una bassa percentuale meccanica di armatura, ma per sezioni differenti, caratterizzate

- 126 -
da una minor duttilità di progetto, l’impiego di acciai dotati di elevati carichi di snervamento potreb-
be portare ad un potenziale comportamento poco duttile delle strutture, con una conseguente dimi-
nuzione dell’effettivo grado di sicurezza.
Al fine di osservare come le caratteristiche degli acciai intervengono nella relazione momento –
curvatura, si considera, inoltre, il caso ideale di 4 tipi di acciai con carico di rottura di 640 MPa e
con due valori di incrudimento, pari a 1.05 ed 1.25, e di deformazione ultima, del 4% e del 10%,
che sono valori tipici degli acciai cold formed, con riferimento alla sezione analizzata in preceden-
za.
300,000

250,000
Momento M [kNm]

200,000

k=1.05 Agt=10%
150,000

k=1.25 Agt=10%

100,000
K=1.25 Agt=4%

50,000 k=1.05 Agt=4%

0,000
0 0,05 0,1 0,15 0,2 0,25 0,3 0,35

Curvatura c [1/mm*10-3]

Fig. 5-16: Diagrammi Momento-curvatura al variare dei parametri di duttilità degli acciai

In assenza di sforzo normale, la crisi della sezione coincide con quella dell’armatura tesa; pertanto,
dalla Fig. 5-16 si può osservare che il valore della curvatura ultima dipende solo dalla deformazio-
ne ultima dell’acciaio, il rapporto di incrudimento, invece, modifica un poco la forma del diagramma
momento - curvatura. L’andamento della curva caratteristica momento-curvatura, nel caso di rap-
porti geometrici di armatura contenuti, è infatti analogo a quello del legame costitutivo adottato per
l’acciaio.

- 127 -
5.4 Modello per la stima della capacità rotazionale di un elemento inflesso

L’analisi non lineare di elementi inflessi, con particolare riferimento alla valutazione di un legame
costitutivo Momento-curvatura media e alla stima della capacità rotazionale che le travi in cemento
armato possono esibire in condizioni ultime, è stata sviluppata mediante l’elaborazione di un mo-
dello flessionale dell’elemento a plasticità e a fessurazione distribuita, che può essere ricondotto
alla famiglia dei modelli a fibre.
Il modello proposto ha consentito di ricavare per via analitica una serie di semplici approssimazioni
in grado di descrivere l’andamento delle deformazioni e delle tensioni all’interno di un concio fessu-
rato in regime post-elastico, mediante la formulazione di un modulo fittizio del calcestruzzo teso in
grado di rappresentare i fenomeni dello scorrimento tra i due materiali, acciaio e calcestruzzo, e
dello sviluppo dell’aderenza.
L’elemento è considerato monodimensionale, con l’unica variabile indipendente pari alla coordinata
rettilinea x, soggetto a flessione costante e suddiviso in un numero finito di conci, o subelementi,
definiti da due successive fessure, come riassunto in Fig. 5-17.

M M+ M

Fig. 5-17: Elemento inflesso e scomposizione in sub-elementi fessurati

La formazione delle lesioni è subordinata al raggiungimento della resistenza a trazione del calce-
struzzo; la distanza tra due fessure consecutive è un punto cruciale nel calcolo della rotazione pla-
stica per la sua influenza sulla curvatura media ed è in genere stimata usando formulazioni se-
miempiriche. Nel seguito si adotta come lunghezza dei conci di trave (Fig. 5-18) la distanza minima
tra le fessure in condizioni di fessurazione stabilizzata, pari all’espressione valutata in (5.84).

M M

Lconcio
min

Fig. 5-18: Esempio di concio analizzato

- 128 -
Il modello assume, pertanto, che la posizione delle lesioni è conosciuta a priori, mentre l’apertura
avviene solo quando il momento esterno è maggiore del momento di fessurazione Mcr.
Le caratteristiche meccaniche della sezione trasversale sono valutate a partire dalle proprietà dei
materiali, acciaio e calcestruzzo, utilizzando l’approccio a fibre e introducendo gli opportuni legami
costitutivi:
• Il legame di Mander [23] per il calcestruzzo compresso
• Nella fase precedente la fessurazione del concio, per il calcestruzzo teso si assume il le-
game costitutivo proposto dal CEB MC90 [6], limitato al solo ramo ascendente, ossia al
tratto in cui la tensione longitudinale è minore o uguale alla resistenza a trazione fctk del
calcestruzzo
• I legami costitutivi sperimentali per gli acciai studiati.
Infatti, la scelta di adeguate leggi costitutive consente di valutare anche particolari fenomeni quali
l’effetto del confinamento del calcestruzzo e dell’incrudimento dell’acciaio.
Per la corretta indagine della deformabilità delle strutture in c.a. occorre determinare, inoltre, la va-
riazione di deformazione dell’acciaio che si verifica, fra due successive fessure, a causa
dell’aderenza acciaio calcestruzzo. Si rende, perciò, necessario mettere in conto, in zona tesa, gli
scorrimenti fra il conglomerato e l’acciaio d’armatura.
Diversamente da quanto fatto nella maggior parte dei lavori riportati in letteratura, il presente mo-
dello, pur considerando gli effetti conseguenti al fenomeno dello scorrimento, non rimuove una del-
le ipotesi alla base dei calcoli strutturali convenzionali, quella di perfetta aderenza, ma la mantiene
attraverso l’introduzione di un opportuno legame costitutivo per il calcestruzzo teso, nelle sezioni
comprese fra due successive lesioni, che consente di tener conto dell’effetto di “tension-stiffening”,
ovvero del trasferimento della trazione dalle barre di acciaio all’area del calcestruzzo teso circo-
stante, sia in campo elastico che in campo plastico, mediante la variabilità del modulo del calce-
struzzo teso.
Pertanto, imponendo l’uguaglianza delle deformazioni nell’acciaio e nel calcestruzzo a livello delle
barre d’armatura, sia in zona tesa che compressa, è stato possibile estendere la classica ipotesi di
conservazione delle sezioni piane, nella fase successiva alla fessurazione del concio, non solo alla
sezione fessurata, ove si suppone sia nulla la resistenza a trazione del calcestruzzo e per la quale
tale comportamento è confermato da indagini sperimentali e numeriche [7], ma anche alle restanti
sezioni del concio fino alle condizioni ultime.
Questa assunzione comporta, inoltre, che l’andamento delle deformazioni unitarie longitudinali sul-
la sezione sia lineare, quindi che le deformazioni nei materiali siano direttamente proporzionali alla
distanza dall’asse neutro.
La determinazione delle distribuzioni di tensione e di deformazione nei materiali è stata perseguita
analizzando le successive fasi di comportamento, imponendo al concio, soggetto a flessione sem-
plice, una curvatura crescente fino a rottura.
La condizione di crisi è individuata nel raggiungimento della deformazione limite in uno dei due ma-
teriali.

- 129 -
La fase pre-fessurativa è determinata nelle ipotesi di comportamento elastico-lineare, con le as-
sunzioni classiche della teoria del cemento armato (Fig. 5-1):
• Conservazione delle sezioni piane
• Resistenza a trazione del calcestruzzo non nulla per valori della tensione, al lembo teso,
inferiori a quello limite a trazione fctk
• Perfetta aderenza tra la barra di acciaio e il calcestruzzo circostante

Sezione Diagramma Diagramma


delle delle tensioni
deformazioni
B
co
co
sc f sc
Asc
Yn M
H Asse neutro

Ast st
ct
f st
ct
y
Fig. 5-19: Andamento delle deformazioni e tensioni sulla sezione in fase elastica pre-fessurativa

Allo stadio iniziale elastico, caratterizzato da perfetta aderenza acciaio-calcestruzzo, segue la fase
di fessurazione dovuta al raggiungimento della tensione limite nel calcestruzzo teso, con la conse-
guente formazione e diffusione di un sistema di lesioni equidistanti. In corrispondenza della fessu-
razione, si origina una discontinuità nella curva caratteristica Momento – curvatura dovuta al fatto
che istantaneamente nel modello viene meno il contributo del calcestruzzo teso, come illustrato in
Fig. 5-20 dove con ccr e Mcr sono stati indicati rispettivamente la curvatura e il momento all’atto del-
la fessurazione.
Momento M

M cr

cr C u r v a tu r a

Fig. 5-20: Rappresentazione della curva Momento – curvatura di calcolo

- 130 -
Pertanto, ai fini dell’impiego del diagramma nella valutazione della capacità rotazionale, si introdu-
ce l’ipotesi, assunta anche in altri lavori, che all’atto della fessurazione si verifichi un incremento di
deformazione a carico costante così da ottenere una curva momento – curvatura, nel tratto elasti-
co, monotona crescente.
In tale stadio si verifica, nella realtà, uno scorrimento in zona tesa tra i due materiali con ridistribu-
zione di tensioni e deformazioni, come descritto in Fig. 5-21. Poiché queste non risultano più co-
stanti all’interno del concio, appare opportuna un’analisi in termini di relazione tra sollecitazione e
curvatura media dell’elemento.

asse neutro
M M+ M

Fessure

b Andamento della
tensione tangenziale di
aderenza

Distribuzione della
ct tensione nel calcestruzzo
teso

s Distribuzione della
tensione nell'acciaio teso
Fig. 5-21: Effetto della fessurazione in un elemento in c.a. inflesso

Nel presente modello, si tiene conto di questo fenomeno, come detto, adottando un modulo del
calcestruzzo teso variabile lungo il concio con andamento crescente dalla sezione fessurata a
quella di estremità secondo le leggi espresse dalle (5.70), (5.71) e (5.72). Pertanto, pur avendo as-
sunto la planarità delle sezione, la risposta in termini di tensione evidenzia il contributo irrigidente
crescente del calcestruzzo teso all’aumentare della distanza dalla fessura, con conseguente dimi-
nuzione della deformazione dell’acciaio lungo la barra e aumento della profondità dell’asse neutro.
La procedura per la determinazione delle caratteristiche di tensione e deformazione all’interno del
concio, nella fase fessurata, ha inizio dall’analisi della sezione centrale in cui si localizza la lesione
dove, per le ipotesi fatte, risulta immediato valutare, da condizioni di equilibrio della sezione tra-
sversale, per un assegnato valore della curvatura applicata, lo stato deformativo, essendo nulla la
tensione nel calcestruzzo teso (Fig. 5-22).

- 131 -
Sezione Diagramma Diagramma
delle delle tensioni
deformazioni
B
co
co
sc f sc
Asc
Yn M
H Asse neutro

Ast st
f st
y
Fig. 5-22: Andamento delle deformazioni e tensioni sulla sezione nella fase successiva alla fessurazione

Nelle sezioni intermedie appare immediato, dalle assunzioni fatte, ricavare dalle sole condizioni di
equilibrio alla traslazione e alla rotazione della sezione e per un determinato valore del Momento
flettente, pari a quello corrispondente alla curvatura assegnata nella sezione fessurata, la posizio-
ne dell’asse neutro e quindi la distribuzione delle deformazioni e delle tensioni nel calcestruzzo e
nell’acciaio.
Pertanto, al crescere della deformazione imposta risulta noto l’andamento delle deformazioni e
tensioni nei materiali lungo il concio, come rappresentato in Fig. 5-23 relativamente alla fase elasti-
ca.

Lconcio

Distribuzione della tensione nel cc

calcestruzzo compresso

Distribuzione della tensione nel ct

calcestruzzo teso

Distribuzione della tensione b1


d'aderenza in fase elastica

Distribuzione della tensione


st
nell'acciaio teso
Fig. 5-23: Andamento delle tensioni nell’acciaio e nel calcestruzzo lungo il concio in fase elastica

- 132 -
Al crescere della curvatura imposta si raggiunge poi lo snervamento dell’acciaio teso nella sezione
critica in cui la barra è più sollecitata, cioè quella in cui si è formata la fessura.
La plasticizzazione si diffonde sull’elemento fino al raggiungimento della deformazione ultima in
uno dei due materiali, che può verificarsi con l’acciaio parzialmente o totalmente snervato
all’interno del concio.
Determinate le caratteristiche di deformazione e tensione in ciascuna sezione del concio in esame,
resta da individuare una metodologia che consenta di definire in modo appropriato le caratteristi-
che di curvatura locale e media dell’elemento.
In questo lavoro, la curvatura locale della generica sezione è definita, in accordo alle indicazioni del
Model Code 90, come rapporto tra la somma delle deformazioni nell’acciaio teso e nel lembo del
calcestruzzo compresso rispetto all’altezza utile:

ε st ( x ) + ε co ( x )
χ ( x) = (5.42)
h
ma per l’ipotesi di planarità delle sezioni la curvatura locale è, pertanto, fornita direttamente dalla
pendenza rispetto alla verticale di riferimento, come rappresentato in Fig. 5-22, del diagramma del-
le deformazioni.
Analizzato l’aspetto locale, risulta indispensabile valutare una curvatura media per l’elemento. Nel
modello proposto la curvatura media del concio è quindi definita come media delle curvature valu-
tate in specifiche sezioni. Nel seguito si assumono come sezioni di riferimento quella fessurata,
quelle alle estremità del concio e quelle a distanza Lconcio/4 dalla sezione centrale. In Fig. 5-24 è
rappresentato da un punto di vista qualitativo il confronto fra gli andamenti delle curvature locali
nelle sezioni di concio considerate: appare evidente l’effetto irrigidente del “tension stiffening”
all’aumentare della distanza dalla sezione fessurata.
Momento

curva relativa alla sezione di estremità del concio

curva relativa alla sezione fessurata

curva relativa alla sezione a distanza L/4 dalla fessurata

fase di pre-fessurazione

Curvatura
Fig. 5-24: Confronto fra le curve momento - curvatura relative a differenti sezioni lungo il concio

- 133 -
L’individuazione della curva momento – curvatura media di un concio consente di effettuare la va-
lutazione analitica delle rotazioni, in particolare, delle rotazioni plastiche in condizioni ultime di ele-
menti in c.a. attraverso la sommatoria, estesa ai conci in cui è suddiviso l’elemento, dei prodotti
delle curvature medie per le relative lunghezze di concio, in corrispondenza delle differenti configu-
razione di carico. E’ possibile così ricavare l’andamento della relazione” momento – rotazione” (Fig.
5-25) che consente di stimare la duttilità a livello di elemento.

100

80
Momento flettentel [kNm]

60

40

20

0
0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10
Rotazione q [rad]
Fig. 5-25: Esempio di curva momento – rotazione relativa fra le sezioni di estremità di una trave in c.a. sem-
plicemente appoggiata

Il modello descritto è stato impiegato, infatti, per sviluppare un’indagine parametrica su elementi
isostatici di tipo trave appoggiata e mensola semplicemente inflessi, al variare delle percentuali di
armatura e delle caratteristiche degli acciai adottati, consentendo, in particolare, di completare
l’indagine sulle performance garantite dall’impiego degli acciai Dual Phase nei confronti della duttili-
tà locale delle strutture in c.a.
I risultati ottenuti hanno confermato la notevole influenza delle proprietà degli acciai e sottolineato,
anche in termini analitici, il fenomeno di localizzazione delle deformazioni nell’acciaio nelle zone
fessurate in corrispondenza dello snervamento.
E’ importante, infatti, evidenziare il comportamento del concio assumendo crescente la curvatura in
corrispondenza della situazione di primo snervamento dell’acciaio. In tale condizione è immediato
valutare l’effetto nelle barre d’armatura di un incremento della curvatura impresso all’elemento. A
tale incremento corrisponde un aumento delle deformazioni medie nell’acciaio lungo il concio Desm,

ed un incremento nella sezione fessurata Des. Dal rapporto di queste due quantità è possibile cal-
colare un parametro che può essere interpretato come un fattore di concentrazione delle deforma-
zioni nella barra (5.43):

∆ε s
K conc = (5.43)
∆ε sm

- 134 -
Il rapporto Kconc evidenzia l’effetto della localizzazione delle deformazioni nell’acciaio in prossimità
delle sezioni fessurate. In particolare al diminuire delle proprietà di incrudimento dell’acciaio la de-
formazione locale es tende rapidamente a raggiungere la situazione ultima nella sezione fessurata
e ciò giustifica il fenomeno di rottura della sezione per crisi dell’armatura, che comporta una man-
cata diffusione di deformazione plastica e conseguente riduzione di duttilità globale.

5.4.1 Modello “a tirante” per l’individuazione di un modulo di elasticità per il calcestruzzo


teso in grado di descrivere l’effetto di “tension stiffening”

Al fine di individuare una opportuna legge costitutiva del calcestruzzo teso del concio fessurato, in
grado di rappresentare gli effetti conseguenti al fenomeno di “tension stiffening”, si fa riferimento al
comportamento di un’asta tesa di cemento armato, sottoposta a trazione centrata con valori cre-
scenti dello sforzo.
Il modello a tirante, illustrato in Fig. 5-26, è in grado di descrivere in modo semplice, ma realistico,
la risposta delle zone tese delle sezioni di un concio comprese tra due successive lesioni fino alle
condizioni ultime.

F F

Fig. 5-26: Concio fessurato caricato simmetricamente

Un diagramma tensioni – deformazioni elasto-plastico bilineare per l’acciaio, sufficientemente rap-


presentativo delle differenti tipologie di acciai oggi in commercio, e un legame rigido-plastico per
l’aderenza forniscono le basi per la seguente analisi (Fig. 5-27)

- 135 -
s b

fu
E2
fy
b1

b2

Es

sy su
s sy ss
Fig. 5-27: Diagramma tensione – deformazione per l’acciaio e legame di aderenza [10]

Il modello bond-slip cui si fa riferimento è una forte semplificazione dell’effettivo comportamento


esibito dalle tensioni tangenziali di aderenza tb in funzione dello scorrimento ss acciaio – calce-
struzzo, tuttavia, rappresenta correttamente l’influenza dei principali parametri e, come evidenziato
da risultati sperimentali, fornisce ragionevoli previsioni [10]. La relazione t- ss, inoltre, è comune a
diverse trattazioni presenti in letteratura, per esempio è la stessa impiegata nel modello di Zurich
riportato nel bollettino CEB “Ductility of Reinforced Concrete Structures” [10].
La tensione di aderenza, costante a tratti, è pari a tb1 se l’acciaio è elastico e si riduce a tb2 nelle
sezioni in cui è snervato, per tener conto del degrado dell’aderenza che si verifica quando il mo-
mento massimo supera in maniera sensibile quello di fessurazione. In queste condizioni, l’effetto
irrigidente dovuto alla tensione portata dal calcestruzzo tra le fessure diminuisce considerevolmen-
te. Il legame adottato riesce infatti ad approssimare la presenza di un ramo degradante nella rela-
zione costitutiva sperimentalmente d’aderenza, che porta ad una minore esaltazione del fenomeno
di localizzazione delle deformazioni nell’acciaio, conducendo ad una maggiore diffusione della pla-
sticizzazione rispetto al caso di un legame rigido plastico con t costante fino alle condizioni ultime.
Nelle regioni plasticizzate delle travi, infatti, i contributi del “tension stiffening” sono particolarmente
ridotti.
Tuttavia, l’effetto esercitato dal legame d’aderenza sulla valutazione delle capacità rotazionali e
sull’ampiezza di cerniera plastica merita di essere ulteriormente indagato in successive analisi, al
fine di individuare l’entità di attenuazione del fenomeno di localizzazione in funzione di uno scorri-
mento limite impiegato.
I valori di tb1 e tb2 della legge costitutiva assunta sono forniti dalle (5.44) e (5.45), rispettivamente:

τ b1 = 0.6 f c 2 / 3 (5.44)

τ b 2 = 0.3 f c 2 / 3 (5.45)

- 136 -
Pertanto, si schematizza il concio di Fig. 5-26, e di lunghezza l pari all’interasse minimo lmin tra le
lesioni, come assemblaggio in parallelo della barra metallica e di un cilindro in calcestruzzo ad es-
sa coassiale e se ne considera solo metà, in quanto per la simmetria del problema la sezione cen-
trale non trasla; il collegamento è assicurato dall’aderenza tra i due materiali. Il legame bond-slip
può essere rappresentato in questa schematizzazione (Fig. 5-28) da vincoli elastici uniformemente
distribuiti sull’interfacciai acciaio - calcestruzzo.

Sezione di mezzeria del Sezione fessurata


concio

/2

x
Fig. 5-28: Schematizzazione del concio

Preso in considerazione un elemento infinitesimo dell’asta (Fig. 5-29), nella generica ascissa x,
computata a partire dalla lesione, sia us lo spostamento assiale dell’acciaio e uct quello della parte
in calcestruzzo; poiché risulta us diverso da uct si verifica uno scorrimento s(x) che può essere sti-
mato come differenza fra lo spostamento assiale dell’acciaio e del calcestruzzo teso:

s( x ) = uct ( x ) − us ( x ) (5.46)

us(x) uc(x)=s(x)
-

dx
Fig. 5-29: Elemento infinitesimo del concio analizzato

- 137 -
Lo scorrimento relativo produce una reazione di aderenza fornita dalla (5.47):

t ( x ) = ks( x ) (5.47)
essendo k la rigidezza delle molle [F/L2].
Il problema è governato da un sistema di equazioni costituito dalla seguenti condizioni:
• equilibrio alla traslazione dell’elemento metallico:

Fs ( x ) + dFs ( x ) = Fs ( x ) − t ( x )dx (5.48)

dFs ( x )
= −t ( x ) (5.49)
dx

• equilibrio alla traslazione della parte in calcestruzzo:

Fc ( x ) + dFc ( x ) = Fc ( x ) + t ( x )dx (5.50)

dFc ( x )
= +t ( x ) (5.51)
dx

• equilibrio alla traslazione della sezione trasversale:

Fs ( x ) + Fc ( x ) = F (5.52)

in cui F è il carico assiale applicato alla barra di acciaio, mentre Fs e Fc sono le azioni in cui si ripar-
tisce la forza esterna F nell’acciaio e nel calcestruzzo, rispettivamente.
• equazione di congruenza fra barra di acciaio e calcestruzzo teso:

ds( x )
= ε ct ( x ) − ε st ( x ) (5.53)
dx
Avendo indicato con la (5.54) la deformazione nell’acciaio

dus ( x ) Fs ( x )
ε st ( x ) = = (5.54)
dx Es As
e con la (5.55) la deformazione nel calcestruzzo

duc ( x ) Fc ( x )
ε ct ( x ) = = (5.55)
dx Ec Ac

Quindi:

ds( x ) Fc ( x ) Fs ( x )
= − (5.56)
dx Ec Ac Es As

E derivando la (5.56) rispetto a x, si ottiene

d 2 s( x ) E A + Ec Ac
2
= t( x) s s (5.57)
dx ( Es As Ec Ac )

Ma risulta :

- 138 -
t ( x ) = τπΦ st (5.58)

Nell’ipotesi di legame rigido-plastico per l’aderenza, la (5.57) comporta una variazione lineare dello
scorrimento e una distribuzione costante di tensioni tangenziali t lungo la barra, con una disconti-
nuità in corrispondenza della zona in cui ha inizio lo snervamento dell’acciaio.

Dalla condizione (5.49) di equilibrio alla traslazione della barra tesa, che in termini di tensione si
esprime con la (5.59)

dσ st 4
+ τ ( x) = 0 (5.59)
dx Φ st
avendo indicato con Fst il diametro della barra tesa, con sst la tensione nell’acciaio e con t la ten-
sione tangenziale di aderenza, si deduce una diminuzione lineare di tensione nell’acciaio teso. Ta-
le decremento è legato al prodotto tra la tensione tangenziale di aderenza t e la distanza tra le

fessure l. Ipotizzata l’invarianza di tale prodotto durante l’intero processo di carico, risulta deter-
minata attraverso la (5.59) e sulla base del legame di aderenza la distribuzione delle tensioni
nell’acciaio lungo tutto l’elemento.
L’acciaio esibisce un comportamento elastico fino al raggiungimento della condizione di snerva-
mento, prima nella sezione fessurata, in cui la barra è più sollecitata, quindi in una zona in prossi-
mità della lesione. L’andamento bilineare lungo il concio di tensioni nell’acciaio si accompagna, in
questa fase, ad un analogo andamento delle deformazioni, come rappresentato in Fig. 5-30, in
quanto l’elemento risulta suddiviso in due parti, corrispondenti ad un comportamento incrudente e
ad uno elastico, per il particolare legame costitutivo adottato.

- 139 -
F F

scr < smax<f y smin <f y < smax f y< smin

b1 b1
b2 b2
Distribuzione della Distribuzione della Distribuzione della
tensione tangenziale di tensione tangenziale di tensione tangenziale di
aderenza b2 aderenza b2 aderenza
b1 b1
Distribuzione della Distribuzione della Distribuzione della
tensione nell'acciaio teso tensione nell'acciaio teso tensione nell'acciaio teso

min
fy min
max
max min
max

Distribuzione della Distribuzione della Distribuzione della


smin deformazione nell'acciaio sy deformazione nell'acciaio smin deformazione nell'acciaio
smin
smax teso teso teso

smax

smax

Fig. 5-30: Andamento dell’aderenza, delle tensioni e deformazioni nell’acciao

Indicando con smin e smax la tensione minima e massima nella barra in corrispondenza, rispettiva-

mente, della sezione di mezzeria e di estremità del concio, in cui si localizza la fessura, con sscr la
tensione nell’acciaio in corrispondenza della prima fessurazione e con xy l’ascissa a partire dalla
quale la barra non è più snervata, la tensione s(x) e la deformazione e(x) nell’acciaio nella sezione
a distanza x dalla fessura risultano fornite:
per σ scr ≤ σ max < f y dalle relazioni (5.60) e (5.61):

4
σ s ( x ) = σ s max − τ b1 x (5.60)
Φ st

σ s max 4
ε s ( x) = − τ b1 x (5.61)
Es Φ st Es

per σ s min ≤ f y ≤ σ max e x>xy dalle (5.62) e (5.63):

4 4
σ s ( x ) = σ s max − (τ b1 + τ b 2 ) x y + τ b1 x (5.62)
Φ st Φ st

- 140 -
σ s max 4 4
ε st ( x ) = − (τ b1 + τ b 2 ) x y + τ b1 x (5.63)
Est Φ st Est Φ st Est
infine per f y < σ min , o per σ s min ≤ f y ≤ σ max e x< xy , dalle (5.64) e (5.65):

4
σ s ( x ) = σ s max − τ b2 x (5.64)
Φ st

σ s max (ε u − ε y ) 4(ε u − ε y ) (ε u − ε y )
ε s ( x) = ε y + − τ b2 x − f y (5.65)
fu − f y Φ st ( f u − f y ) ( fu − f y )
Rimuovendo ora l’ipotesi di scorrimento relativo acciaio – calcestruzzo e ripristinando quello di per-
fetta aderenza, la condizione di congruenza (5.53) è sostituita dalla (5.66):

ε st = ε ct (5.66)

Nell’ambito di questo approccio, l’effetto irrigidente del calcestruzzo teso tra le fessure può essere
considerato attraverso l’introduzione di un opportuno legame tensione - deformazione, variabile
lungo x: si assume che la legge costitutiva del calcestruzzo teso sia descritta in ciascuna sezione
dall’andamento proposto dal CEB limitatamente al ramo ascendente del diagramma s-e, con la
differenza che il modulo tangente Ecteso non è costante e pari a quello fornito dalla (5.17) in funzio-
ne della resistenza a compressione del conglomerato, ma variabile e dipendente dalle caratteristi-
che della sezione e dal legame di aderenza così da rappresentare l’effetto di “tension stiffening”.
La tensione nel calcestruzzo è pertanto fornita dalla relazione (5.67):

σ c ( x ) = Ecteso ( x )ε ct ( x ) (5.67)

In queste condizioni, per l’equilibrio del concio risulta:

σ s ( x ) Ast + σ c ( x ) Act = σ s max As (5.68)

Ma in virtù della (5.66), si ricava la relazione (5.69):

(σ s max − σ s ( x )) Ast
Ecteso ( x ) = (5.69)
ε st ( x ) Act

Prima dello snervamento della barra, per σ scr ≤ σ max < f y , la deformazione nell’acciaio è fornita

dalla (5.61) quindi, con semplici passaggi si ricava che il modulo del calcestruzzo teso è fornito
dalla (5.70):

4 Ast 1
Ecteso ( x ) = τ b1 x (5.70)
Φ st Act σ s max 4
− τ b1 x
Est Φ st Est

Al diffondersi dello snervamento, nelle sezioni in cui il fronte plastico non si è ancora esteso, per le
quali x > x y , valgono le (5.62) e (5.63), quindi dopo alcune sostituzioni la (5.71) fornisce per Ecteso
la relazione:

- 141 -
4 4
( τ b1 x − (τ b1 + τ b 2 ) x y ) Ast
Φ st Φ st
Ecteso ( x ) = (5.71)
σ s max 4 4
( − (τ b1 + τ b 2 ) x y + τ b1 x ) Act
Est Φ st Est Φ st Est

Per f y < σ min o per σ s min ≤ f y ≤ σ max e x< xy, il modulo del calcestruzzo, dopo alcune sostituzioni,
è fornito invece dall’espressione (5.72)

4 Ast
τ b2 x
Φ st Act
Ecteso ( x ) = (5.72)
σ (ε − ε ) 4(ε u − ε y ) (ε − ε )
ε y + s max u y − τ b2 x − f y u y
fu − f y Φ st ( f u − f y ) ( fu − f y )

Nella Fig. 5-31 è rappresentato l’andamento del modulo del calcestruzzo teso al variare della di-
stanza dalla sezione fessurata lungo il concio.

2000

Fase elastica
Modulo del calcestruzzo teso Ecteso [N/mm ]
2

1500

1000

500

0
0 10 20 30 40
Distanza dalla sezione centrale fessurata del concio x [mm]
Fig. 5-31: Esempio di variazione del modulo del calcestruzzo teso lungo il concio in fase elastica

- 142 -
5.4.2 Distanza tra le fessure
A questo proposito, esistono in letteratura differenti formulazioni semiempiriche per il calcolo della
distanza tra le fessure (Fig. 5-32).

Fessure

Fig. 5-32: Immagine di un concio fessurato

In particolare l’Eurocodice 2 fornisce l’espressione (5.73) per il calcolo dell’interasse medio finale
delle lesioni:

Φ
srm = 50 + 0.25K1K 2 (5.73)
ρr

Il Ceb Model Code e la normativa italiana forniscono invece la seguente formulazione:

s Φ
srm = 2(c + ) + K1 K 2 (5.74)
10 ρr

in cui

F è il diametro medio delle barre in mm

K1 è un coefficiente che tiene conto delle caratteristiche di aderenza delle barre

K2 è un coefficiente che tiene conto della forma del diagramma delle deformazioni
Ast
rr è il rapporto di armatura efficace in cui Ast è l’area dell’armatura contenuta all’interno
Ac.ef
dell’area tesa efficace del calcestruzzo Ac,ef, ossia dell’area di calcestruzzo effettivamente controlla-
ta dall’armatura agli effetti della fessurazione
c è il copriferro delle barre longitudinali
s è l’interasse delle barre
Secondo il Model Code 90 la fessurazione si stabilizza ad un carico di poco maggiore a quello di
prima fessurazione e per questo motivo, in tali condizioni di carico, si può pensare che i materiali
lavorino ancora in campo elastico.

- 143 -
Seguendo lo stesso approccio impiegato in precedenza, lo stato di sollecitazione nel calcestruzzo
a distanza x dalla sezione fessurata è fornito dalla equazione (5.75):

Fcr
σ ct = (5.75)
Aid ( x )

In cui Fcr = σ s max cr Ast è la forza esterna in corrispondenza della quale compare la prima lesione e,

dunque, è pari all’azione assiale nella sezione fessurata, mentre Aid (x) è l’area ideale della sezione
omogeneizzata nel concio fessurato, pensata interamente di calcestruzzo e fornita dalla (5.76):

Est
Aid ( x ) = Act + Ast (5.76)
Ecteso ( x )

Per cui, sostituendo l’espressione (5.70) si ottiene l’uguaglianza espressa dalla (5.77):

σ s max cr Ast
σ ct ( x ) = (5.77)
Φ A E σ 4τ x
Ac + st ct st ( s max cr − b1 )
4τ b1 x Est Φ st Est
Il carico di fessurazione può essere ricavato in riferimento al comportamento elastico lineare dei
materiali dalla (5.78)

Fcr = f ct Aid (5.78)

In cui fct è la resistenza a trazione del calcestruzzo, Aid è l’area ideale della sezione omogeneizzata
nel concio non ancora fessurato, pertanto indipendente dal fenomeno di “tension stiffening”, e forni-
ta dalla:

Es
Aid = Act + Ast (5.79)
Ect
dove Ect è il modulo tangente del conglomerato prima del raggiungimento del limite a trazione.
La tensione nell’acciaio, in corrispondenza della sezione fessurata è pari a quanto fornisce la
(5.80):

f ct Aid
σ s max cr = (5.80)
Ast
Pertanto, la (5.77) diventa:

f ct Aid
σ ct ( x ) = (5.81)
Φ A E f A 4τ x
Ac + st ct st ( ct id − b1 )
4τ b1 x Est Ast Φ st Est
Una nuova fessura si forma a distanza lmin dalla precedente quando la tensione massima nel cal-
cestruzzo è pari alla resistenza a trazione fct

- 144 -
f ct Aid
f ct = (5.82)
Φ A E f A 4τ λ
Ac + st ct st ( ct id − b1 min )
4τ b1λmin Est Ast Φ st Est

Quindi, risolvendo la (5.82) rispetto a lmin si ha:

φ Act f ct
λmin = (5.83)
4τ b1 Ast
in cui lmin rappresenta la distanza minima tra le fessure.

Appare evidente che lmin corrisponde all’eventualità che la lesione si formi proprio alla fine della
lunghezza di trasferimento, non appena si sia realizzata la completa diffusione della tensione di
trazione sull’intera sezione trasversale di calcestruzzo.
Analogamente, la distanza massima lmax corrisponde all’eventualità che due zone di trasferimento
si trovino l’una di fronte all’altra ad una distanza immediatamente inferiore a quella necessaria a
realizzare la completa diffusione della tensione di trazione sull’intera sezione, pertanto risulterà
λmax ≈ 2λmin .
L’interasse medio l delle fessure è quindi fornito dalla (5.84):

3 φ Act f ct
λ= (5.84)
2 4τ b1 Ast

L’equazione (5.84) fornisce, in genere, a parità di area tesa di calcestruzzo, una distanza tra le fes-
sure prossima a quella calcolata mediante le formule delle distanze medie tra le lesioni proposte
dal MC 90 e dall’EC2.

5.4.3 Calcolo della rotazione plastica di elementi inflessi

La capacità di rotazione plastica può essere ottenuta per integrazione della curvatura plastica lun-
go la zona plasticizzata:

θ pl = ∫ ( χ − χ y )dx (5.85)
lp

in cui c è la curvatura nel campo plastico e cy è quella corrispondente al momento di snervamen-


to.
Dal punto di vista operativo la rotazione plastica, così definita, è calcolata in condizioni ultime inte-
grando la curvatura media dei conci di trave, stimata come descritto in precedenza, sulla distanza
tra la sezione in cui si raggiunge il momento ultimo e quella in cui si attinge il momento di snerva-
mento.
Si assume, in particolare, che la resistenza a taglio della trave sia sempre maggiore di quella fles-
sionale, in modo che la condizione ultima corrisponda al raggiungimento della massima capacità

- 145 -
flessionale nella sezione critica, cioè in quella sezione dove si raggiungono le deformazioni di rottu-
ra dei materiali.
Esiste, inoltre, un’altra definizione di capacità rotazionale, ampiamente utilizzata in letteratura, in
cui si tiene conto dell’aliquota elastica che si produce dopo lo snervamento:

θ pl = θu − θ y (5.86)

Nella relazione (5.86) la rotazione plastica è definita come la differenza tra il valore ultimo θu e
quello allo snervamento dell’armatura θy .
Appare evidente che l’espressione (5.86) fornisce valori della rotazione plastica leggermente supe-
riori a quelli ottenuti con la (5.85); nel seguito si prenderanno in considerazione entrambe le defini-
zioni, chiarendo di volta in volta a quale ci si riferisce.
La duttilità dell’elemento può essere definita in riferimento alla capacità rotazionale esibita in condi-
zioni ultime, oppure, in maniera del tutto analoga a quanto fatto a livello di sezione, introducendo il
fattore di duttilità in rotazione individuato dal rapporto (5.87) tra la rotazione in campo plastico qmax

e quella in corrispondenza dello snervamento dell’armatura qy:

θ max
µθ = (5.87)
θy
Il valore della (5.87) corrispondente a θ max = θu (rotazione ultima) esprime la duttilità disponibile di

un elemento in termini di rotazione. Il principale vantaggio di tale indice è che può essere misurato
sperimentalmente in modo più semplice ed affidabile del fattore di duttilità in curvatura µ χ , facili-
tando i confronti con i risultati analitici. Tuttavia, la valutazione del fattore di duttilità in rotazione è
fortemente condizionata dalla configurazione e dall’ipotesi sulla modalità di diffusione del carico.

5.4.4 Un modello di cerniera plastica

In alternativa alla modellazione per il calcolo della capacità rotazionale descritta nel paragrafo pre-
cedente e impiegata nei successivi sviluppi numerici, può essere opportuno introdurre anche il
concetto di cerniera plastica che fornisce uno strumento meno dettagliato, ma di più facile applica-
zione, per la stima della rotazione plastica disponibile mediante il prodotto (5.88) della curvatura
per una lunghezza equivalente Lp, cosiddetta di cerniera plastica.

θ pl = ( χ − χ y ) Lp (5.88)

L’estensione Lp della cerniera plastica, su cui la curvatura è considerata costante e pari a quella
ultima, è stimata, quindi, in modo che l’area del corrispondente parallelogramma uguagli quella
dell’effettivo diagramma delle curvatura plastiche ( χ ≥ χ y ), come riassunto nell’esempio di Fig.

5-33.

- 146 -
Tuttavia, la definizione della lunghezza equivalente di cerniera plastica non si presenta affatto im-
mediata, attesa la dipendenza del problema da numerosi parametri, quali l’influenza del legame
costitutivo dell’acciaio e del calcestruzzo e della qualità dell’aderenza, l’effetto dell’interazione fles-
sione – taglio e della modalità di carico e la geometria della sezione trasversale che possono modi-
ficare la lunghezza della zona plasticizzata.
Nelle successive sviluppi numerici la lunghezza Lp è ottenuta dalla (5.89) rapportando la rotazione
plastica alla curvatura plastica fornite dall’applicazione del modello elaborato e confrontata con i
risultati ricavati da alcune delle formulazioni esistenti in letteratura.

θu − θ y
Lp = (5.89)
χu − χ y

Mu Diagramma del
M momento flettente

Rotazione plastica

u Diagramma delle
curvature effettive

Lp

u- y

u Diagramma delle
curvature idealizzate

Fig. 5-33: Definizione della lunghezza equivalente di cerniera plastica

E’ apparso interessante, inoltre, individuare un’espressione sufficientemente approssimata della


lunghezza equivalente di cerniera plastica sulla base del modello elaborato e descritto in prece-

- 147 -
denza, che fosse in grado di fornirne una stima in funzione delle caratteristiche dei materiali impie-
gati, nell’ipotesi di momento crescente linearmente e di assenza di sforzo normale.
Per valutare in modo semplice il parametro Lp si è ritenuto accettabile approssimare la relazione
momento – curvatura media effettiva (Fig. 5-34) con il legame bilatero di Fig. 5-35 definito dalla
coppia di punti (cm,y, My), (cm,u, Mu) in cui cm,y e cm,u rappresentano la curvatura media in condi-
zioni di snervamento dell’armatura e di collasso della sezione di formazione della cerniera plastica,
rispettivamente, mentre My e My sono il momento di snervamento e ultimo della sezione considera-
ta.
Momento

Momento
Mu Mu
k2

My My

Mcr

k2

k1

y u Curvatura
cr y u Curvatura

Fig. 5-34: Diagramma Momento Curvatura medio te- Fig. 5-35: Diagramma Momento Curvatura semplifica-
orico to

In tal caso è immediata l’integrazione delle curvature nella situazione ultima e di snervamento, e si
ottiene per la lunghezza Lp la seguente espressione, che evidenzia l’influenza sulla duttilità globale
delle curvature ultime e di snervamento e dei rapporti tra momenti ultimi e di snervamento:

Lp Mu − M y χ m,u
=( ) (5.90)
z Mu ( χu − χ y )
essendo z la distanza tra il punto di massimo e di nullo del momento.
La curvatura cy è quella corrispondente allo snervamento dell’acciaio teso nella sezione di forma-
zione della cerniera plastica, pertanto è fornita dalla (5.91):

ε sy + ε coy
χy = (5.91)
h
in cui esy è la deformazione di snervamento dell’acciaio teso e ecoy la deformazione che si ha in
quelle condizioni al lembo compresso del calcestruzzo, mentre h è l’altezza utile della sezione.
La curvatura ultima cu della sezione critica è espressa dalla (5.92)

ε s ,u + ε co
χu = (5.92)
h

- 148 -
essendo es,u la deformazione nell’acciaio teso e eco la deformazione al lembo compresso in condi-
zioni ultime della sezione fessurata.
La curvatura media del concio può essere espressa come media delle curvature nella sezione cen-
trale fessurata e in quella di estremità del concio in cui si localizza la cerniera plastica. Pertanto si
ottiene:

ε +ε
ε s ,u + ε co s ,u
Lc
co
Lc
+ 2 2

χ m,u = h h (5.93)
2

dove es,uLc/2 è la deformazione nell’acciaio teso e ecoLc/2 la deformazione al lembo compresso del
calcestruzzo in condizioni ultime della sezione di estremità del concio, a distanza Lc/2 da quella cri-
tica.
Pertanto, ipotizzando che, in corrispondenza del raggiungimento della curvatura ultima nella sezio-
ne fessurata del concio, la barra sia completamente snervata si ottiene per la deformazione es,uLc/2
la relazione (5.94):

4τ b (ε su − ε sy ) Lc
ε = ε s ,u − (5.94)
Φ fu − f y 2
L
s ,u c
2

in cui fu e fy sono la resistenza ultima e di snervamento dell’acciaio, mentre esu e esy le deformazio-

ni ultima e di snervamento delle barre d’armatura, F il diametro medio delle barre in zona tesa, Lc

la distanza minima tra le fessure in condizioni di fessurazione stabilizzata, infine tb2 la tensione
tangenziale di aderenza fornita, in funzione della resistenza a compressione del calcestruzzo, dalla
(5.45):
Sostituendo nella (5.90) le espressioni precedenti si ricava la relazione (5.95):

4τ b (ε su − ε sy ) Lc
2ε s ,u − + ε co + ε Lc
Lp Mu − M y Φ fu − f y 2 co
=( ) 2
(5.95)
z Mu 2(ε s ,u + ε co − ε sy − ε coy )

Si è ritenuto accettabile approssimare la (5.95) con una formulazione in cui si è effettuata una
semplificazione a livello di deformazione nel calcestruzzo compresso, trascurandone il contributo
sia a numeratore che denominatore, ottenendo l’espressione (5.96):

4τ b (ε su − ε sy ) Lc
2ε s ,u −
Lp Mu − M y Φ fu − f y 2
=( ) (5.96)
z Mu 2(ε s ,u − ε sy )
Nelle condizioni in cui la crisi è dovuta al raggiungimento della deformazione massima esu, la ten-
sione nell’acciaio in corrispondenza della curvatura ultima è pari a fu, pertanto la lunghezza massi-
ma di cerniera plastica è pari a (5.97):

- 149 -
4τ b (ε su − ε sy ) Lc
2ε su −
Mu − M y Φ fu − f y 2
Lp = z( ) (5.97)
Mu 2(ε su − ε sy )

5.4.5 Confronti con risultati di algoritmi e sperimentazioni presenti in letteratura

Un confronto con l’espressione fornita dal CEB – FIP Model Code

La rotazione plastica di elementi inflessi in c.a. è fornita dal Model Code 90 attraverso
l’espressione (5.98) in funzione della distribuzione delle deformazioni medie nell’acciaio lungo
l’elemento:

Lp
1
θ pl = ∫ d − y (ξ ) (ε
0 n
sm (ξ ) − ε smy )dξ (5.98)

in cui:
Lp è la lunghezza della regione plasticizzata
yn è la profondità della zona compressa
esm è la deformazione media nell’acciaio
esmy è la deformazione media nell’acciaio in corrispondenza della tensione di snervamento sy
Gli sforzi nell’acciaio possono essere valutati tramite un legame costitutivo bilineare in grado di
rappresentare il fenomeno di “tension stiffening”, pertanto il Model Code fornisce l’espressione
(5.99):

Lp
δ σ crack
θ pl = ∫d−y
0 nu
(1 −
σy
)(ε s 2 − ε sy )dξ (5.99)

in cui:
scrack è lo sforzo nell’acciaio nella fessura alla prima fessurazione
es2 è la deformazione della barra nella fessura
esy è la deformazione nell’acciaio in corrispondenza della tensione di snervamento sy
d è un coefficiente che tiene conto della forma del legame costitutivo dell’acciaio in fase plastica e
che assunto pari a 0.8
La formula (5.99) tiene conto dell’aliquota elastica di rotazione che si produce dopo lo snervamen-
to, ovvero è definita sulla base della (5.85).
Il confronto riportato negli sviluppi successivi tra il modello proposto e i risultati del MC 90 è relativo
ad una trave semplicemente appoggiata di lunghezza 5 metri con sezione rettangolare di larghezza
e altezza rispettivamente pari a 300 mm e 500 mm. Le proprietà dei materiali assunte nel calcolo
della rotazione plastica sono riportate in Tabella 5-1.

- 150 -
ACCIAIO CALCESTRUZZO

Carico di snervamento fy 540 MPa Resistenza cilindrica fc 30 MPa

Deformazione ultima eu 5% Resistenza a trazione fct 3 Mpa

Rapporto di incrudimento k 1,17 Deformazione ultima ecu 0,007

Tabella 5-1: Proprietà dei materiali

La figura mostra i risultati del confronto nel caso di un rapporto a tra armatura tesa e compressa
pari a 0.5 e per un rapporto volumetrico di staffatura di 0.44%.

48

44

a=0,5
Rotazione plastica qpl [rad]

Modello
40
MC 90

36

32

28

24
0,20% 0,40% 0,60% 0,80% 1,00% 1,20% 1,40% 1,60%
Percentuale armatura tesa rt

Fig. 5-36: Confronto tra il modello proposto e il Model Code 90

Il modello proposto fornisce valori della rotazione plastica tendenzialmente maggiori a quelli ottenu-
ti dall’applicazione della formula approssimata del Model Code. E’ però da osservare che si tratta
di due approcci diversi tra loro, pertanto, si può concludere che il confronto con la formula riportata
in (5.99) fornisce risultati soddisfacenti.

Un confronto con il modello analitico per il calcolo della rotazione plastica fornito da Co-
senza et al.

E’ apparso interessante effettuare un confronto con i risultati numerici ottenuti mediante


l’applicazione della formula (5.100), più volte richiamata, per il calcolo della capacità rotazionale,
così come definita nella (5.86), fornita da Cosenza et al. [10] e relativa all’impiego di acciai “cold-
worked”:

- 151 -
ft
θ pl = 1.3ε su 0.73 ( − 1)0.92 (5.100)
fy
in cui le caratteristiche degli acciai impiegati sono individuate dai seguenti parametri: carico mas-
simo ft, carico di snervamento fy e deformazione sotto il carico massimo esu.
In tale espressione, la rotazione plastica è supposta dipendere esclusivamente dalle proprietà degli
acciai, senza che gli altri fattori che governano il problema, quali la snellezza della trave, la legge di
aderenza, la profondità dell’asse neutro a rottura e la distanza tra le fessure, siano stati presi in
considerazione. Tuttavia, la formula fornita in (5.100) si può ritenere sufficientemente rigorosa nelle
situazioni in cui la crisi strutturale è governata dall’acciaio, essendo stata tarata sulla base di una
vasta indagine condotta dagli autori.
Pertanto, il confronto con il modello elaborato in questo lavoro viene svolto in riferimento ad una
trave debolmente armata, le cui caratteristiche geometriche sono illustrate in Fig. 5-37 e con per-
centuale geometrica di armatura tesa rt di 0,4% e rapporto a tra armatura tesa e compressa pari a
0.5, testata nell’ambito del programma sperimentale condotto a Torino da Bosco et al.[13].

d' = 0.1h
L= 6000mm Asc

H = 600mm h = 500mm

Ast

linea elastica B = 300mm

Fig. 5-37: Esempio di trave analizzata

Il rapporto di incrudimento dell’acciaio è stato fatto variare tra 1.10 e 1.40 mentre la deformazione
massima nel range 1% - 15%.
I risultati del confronto sono illustrati nella Fig. 5-38 in cui è diagrammato l’andamento della rota-
zione plastica relativa fra gli appoggi della trave, calcolata con i due modelli, in funzione della de-
formazione ultima dell’acciaio al variare dell’incrudimento k=fu/fy.

- 152 -
0,20

k=1,4 modello

0,15
Rotazione plastica qpl [rad]

k=1,4 Cosenza

0,10
k=1,2 modello
k=1,2 Cosenza

k=1,10 modello
0,05
k=1,10 Cosenza

0,00
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20
Deformazione percentuale sotto carico massimo esu

Fig. 5-38: Confronto fra i risultati dell’analisi parametrica su acciai “cold-worked”

La Fig. 5-38 evidenzia, per entrambi i modelli, una forte influenza della deformazione ultima e
dell’incrudimento sulla capacità rotazionale della trave, essendo la crisi dovuta al raggiungimento
della deformazione massima dell’acciaio.
In particolare, si osserva, a parità di deformazione esu, una crescita pronunciata della duttilità
dell’elemento all’aumentare del rapporto k, soprattutto per i valori relativi al modello elaborato in
questo lavoro. Tuttavia, le differenze tra i risultati forniti dai due approcci sono sufficientemente
contenute, pertanto, si può concludere, anche da questo confronto, che il modello fornisce una
buona stima della capacità rotazionale.

- 153 -
Un confronto sperimentale

Per verificare l’attendibilità della modellazione esposta si è effettuato un confronto con i risultati ot-
tenuti da Bosco et al. [13] nell’ambito dell’indagine sperimentale effettuata su travi in c.a. armate
con due differenti classi di acciai al variare delle percentuali di armatura, mediante prove eseguite
in controllo di spostamento, fino a rottura. Si è scelto questo riferimento in quanto la sperimenta-
zione condotta da questi autori risulta accuratamente documentata; per la conoscenza di tutti i dati
impiegati si rimanda alla pubblicazione originale.

Con riferimento ad una delle travi sperimentate da Bosco, semplicemente appoggiata, di sezione
rettangolare avente altezza pari a 400 mm e larghezza di 200 mm, armata con un acciaio dalle
proprietà elencate nella Tabella 5-2, si sono calcolate, adottando il modello elaborato, le deforma-
zioni nell’acciaio teso e nel calcestruzzo compresso e di conseguenza la posizione dell’asse neutro
sezione per sezione; si è successivamente risaliti alla curvatura e, per integrazione, alle rotazioni.

ACCIAIO

Carico di snervamento fy 587 MPa

Deformazione ultima eu 7%

Rapporto di incrudimento k 1,11

Tabella 5-2: Caratteristiche meccaniche dell’acciaio considerato

L’armatura longitudinale inferiore della trave analizzata è costituita da 8 F 12 mm mentre quella

superiore è rappresentata da 2 F 10 mm. L’armatura d’anima è costituita da staffe F 6 mm, dispo-


ste verticalmente ogni 200 mm. La resistenza cilindrica del calcestruzzo è pari a 28 MPa.

Nella Fig. 5-39 è riportato un confronto tra la curvatura media del concio centrale della trave, valu-
tata teoricamente al crescere del momento flettente (curva blue) ed i valori sperimentali (curva ma-
genta); i risultati mostrano che il modello fornisce un valore della curvatura ultima leggermente su-
periore a quello ottenuto sperimentalmente, e questo si può spiegare in riferimento al fatto che la
rottura è lato calcestruzzo pertanto la duttilità della sezione dipende dal modello impiegato per la
definizione delle deformazione ultima nel conglomerato.

- 154 -
250

200 Risultato sperimentale


Momento flettentel [kNm]

modello

150

100

50

0
0,00 0,03 0,05 0,08 0,10 0,13 0,15 0,18 0,20
-1
Curvatura media c [mm ]

Fig. 5-39: Confronto tra la curvatura media valutata teoricamente e quella ottenuta sperimentalmente

5.4.6 Indagine parametrica sulla duttilità in rotazione di elementi isostatici in c.a.

Sulla base del modello di calcolo proposto, è stato possibile sviluppare un’analisi di tipo parametri-
co su elementi semplicemente inflessi in c.a. ai fini di indagare l’influenza esercitata sulla capacità
rotazionale da fattori geometrici e meccanici, quali le percentuali di armatura longitudinale in zona
tesa e compressa, il grado di confinamento, la profondità dell’asse neutro a rottura, gli effetti
dell’aderenza tra le barre di acciaio e la matrice di calcestruzzo circostante, infine, le proprietà
dell’acciaio d’armatura.

Influenza delle percentuali di armatura longitudinale e trasversale sulla capacità rotazionale


di travi in c.a.

La crisi di un elemento in c.a. è innanzitutto condizionata dal rapporto geometrico di armatura lon-
gitudinale tesa in funzione del quale il collasso può avvenire o per crisi dell’acciaio o per schiac-
ciamento del calcestruzzo. Come è noto, nel campo in cui la rottura coinvolge l’acciaio, la duttilità
dell’elemento è direttamente governata dalle caratteristiche di duttilità dell’armatura. Al contrario,
se la rottura è lato calcestruzzo la deformazione in condizioni ultime nelle barre è inferiore alla ca-
pacità deformativa del materiale.

- 155 -
Quanto descritto qualitativamente aiuta a interpretare la relazione tra il rapporto longitudinale di
armatura e la capacità rotazionale di una cerniera plastica illustrata in Fig. 5-40, in cui sono dia-
grammati i risultati numerici dell’analisi condotta sulla trave di Fig. 5-37.
La Fig. 5-40 mostra anche un risultato già noto, ovvero l’effetto benefico di un aumento della quan-
tità di acciaio compresso sulla duttilità dell’elemento in c.a. direttamente connesso all’incremento
della capacità deformativa delle sezioni.
Per ridotti valori di rt la crisi è lato acciaio: al diminuire della percentuale di armatura tesa diminui-
sce la rotazione plastica poiché in queste condizioni si formano poche fessure nella zona di cernie-
ra plastica mentre è significativo il contributo irrigidente del calcestruzzo teso.
Nel campo delle rotture lato calcestruzzo, la deformazione massima dell’acciaio in corrispondenza
del carico ultimo diminuisce al crescere del rapporto di armatura rt, comportando una diminuzione
della curvature e quindi della capacità rotazionale. Se il collasso avviene per lo schiacciamento del
calcestruzzo, la rotazione plastica può essere incrementata in maniera significativa aumentando il
confinamento in zona compressa, mentre la capacità rotazionale è meno condizionata dall’entità
della staffatura quando prevale la crisi lato acciaio.

0,12

0,10
Rotazione plastica qpl [rad]

0,08

rc=0,22%

0,06 rc=0,12%

0,04
0,000 0,005 0,010 0,015
percentuale di armatura tesa rt

Fig. 5-40: Andamento della rotazione plastica in funzione del rapporto geometrico di armatura tesa

Influenza delle profondità dell’asse neutro a rottura sulla capacità rotazionale in elementi in
c.a.

La figura Fig. 5-41 illustra la tendenza manifestata dalla rotazione plastica all’aumentare della pro-
fondità dell’asse neutro a rottura
E’ interessante notare il confronto rappresentato nella Fig. 5-41 tra la curva ottenuta con il modello
e il diagramma di progetto fornito dall’EC2 per acciai di classe C, la stessa cui appartiene l’acciaio

- 156 -
impiegato in questa indagine. In ascissa è riportato il rapporto tra l’asse neutro ynu e l’altezza utile h
della sezione nelle condizioni di crisi della sezione maggiormente sollecitata: la stato ultimo per il
calcolo della profondità dell’asse neutro è identificata dal raggiungimento, per entrambe le curve,
dei valori limiti di progetto delle deformazioni nei due materiali, ossia dello 0.35% nel calcestruzzo
e del 1% nell’acciaio.
ynu
L’EC 2 limita a 0.45 il rapporto a rottura nelle sezioni sedi di cerniere plastiche ai fini
h
dell’applicazione dell’analisi plastica alle strutture in c.a.
Dal confronto traspare l’atteggiamento cautelativo dell’Eurocodice che fornisce valori della capacità
rotazionale disponibile fortemente contenuti se rapportati a quelli che l’elemento è effettivamente in
grado di esibire a rottura, secondo il modello proposto.

110

100 Modello
90
Rotazione plastica qpl [mrad]

80

70

60

50

40

30
EC 2
20

10

0
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35 0,40 0,45
profondità della zona compressa a rottura yn/h

Fig. 5-41: Confronto fra le capacità rotazionali fornite dal modello e dall’EC 2 al variare della profondità
dell’asse neutro a rottura

Questo risultato può essere giustificato in riferimento al fatto che la curva dell’Eurocodice 2 ignora
l’effetto favorevole del confinamento nell’incrementare la capacità rotazionale dell’elemento, che
invece, come indagini sperimentali hanno evidenziato, è significativo soprattutto nel caso di elevati
rapporti di armatura trasversale

- 157 -
Influenza del fenomeno di “tension stiffening” sulla capacità rotazionale in elementi in c.a.

La Fig. 5-42, relativa alla trave di caratteristiche geometriche e meccaniche indicate nella fig. Fig.
5-37, mostra gli effetti del legame di aderenza acciaio – calcestruzzo sulla rotazione plastica. Men-
tre la linea verde corrisponde ai risultati ottenuti trascurando il contributo irrigidente del calcestruz-
zo compreso fra due fessure consecutive, la linea magenta illustra il contributo irrigidente
dell’aderenza tra i due materiali. Appare evidente la riduzione della capacità rotazionale rispetto al
caso teorico di assenza di “tension stiffening”.

0,04

0,03
Rotazione plastica qpl [rad]

senza "tension
stiffening"

0,02

con "tension-
stiffening"
0,01

0,00
0,000 0,005 0,010 0,015 0,020
percentuale volumetrica di staffatura rs
Fig. 5-42: Confronto delle rotazione plastiche, in funzione del rapporto volumetrico di staffatura al variare delle
ipotesi sulla legge di aderenza

Nella Fig. 5-43 sono rappresentati gli andamenti di due curve Momento – rotazione ottenute ipotiz-
zando, in modo analogo a quanto fatto prima, in un caso, corrispondente alla curva color arancio-
ne, che una volta superato il momento di fessurazione del concio tutte le sezioni siano fessurate
(ovvero si è nell’ipotesi di Stadio 2 convenzionale) senza contributo del calcestruzzo teso, nel caso
della curva blu, invece, si mette in conto l’effetto di “tension stiffening”

- 158 -
120

100 "Tension stiffening"


assenza scorrimenti
Momento flettentel [kNm]

80

60

40

20

0
0,00 0,01 0,02 0,03 0,04 0,05 0,06
Rotazione q [rad]
Fig. 5-43: Diagramma Momento – rotazione al variare dell’ipotesi sull’aderenza acciaio-calcestruzzo

L’importanza delle proprietà di aderenza è stata provata in via sperimentale in numerose indagini
che hanno evidenziato una significativa riduzione dell’ampiezza delle fessure, e quindi della duttilità
dell’elemento, all’aumentare dell’aderenza. E’ comunemente noto che la legge “bond-slip” dipende
dalla caratteristiche della superficie delle barre, dalla proprietà meccaniche del conglomerato e dal
grado di confinamento.
Tuttavia, recenti studi, sia numerici che sperimentali, hanno puntualizzato sulla decisiva influenza
esercitata dalle caratteristiche del diagramma sperimentale s-e dell’acciaio d’armatura, in partico-
lare nel campo post-elastico. L’indagine numerica condotta ha consentito di mettere in luce questo
fenomeno attraverso la rappresentazione della variazione del rapporto tra la deformazione media
nell’acciaio e quella in corrispondenza della sezione fessurata, al crescere della curvatura e in pre-
senza di due differenti rapporti di incrudimento. L’andamento è illustrato in Fig. 5-44 relativamente
alla fase di post fessurazione della sezione.
Appare evidente che il rapporto tra la deformazione media nell’acciaio esm e quella nella sezione

fessurata escr diminuisce al diminuire del rapporto di incrudimento, a causa della ridotta penetra-
zione del fronte plastico lungo la barra, oltre la fessura. Questo è messo in evidenza anche suc-
cessivamente, nella Fig. 5-50 in cui è rappresentata la lunghezza equivalente di cerniera plastica al
variare del rapporto di incrudimento.

- 159 -
0,10

0,08

k=1,25 Agt=10%

0,06
esm/eso

k=1,05 Agt=10%
0,04

0,02

0,00
0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,12
Deformazione nell'acciaio teso della sezione fessurata eso

Fig. 5-44: Andamento del rapporto tra la deformazione media dell’acciaio teso e quella nella sezione fessura-
ta nella fase successiva alla fessurazione del concio

Influenza dei parametri di duttilità degli acciai sulla capacità rotazionale in elementi in c.a.

Gli effetti del legame costitutivo dell’acciaio d’armatura sulla capacità rotazionale delle cerniere
plastiche possono essere evidenziati attraverso un’indagine numerica condotta su una mensola,
debolmente armata, le cui caratteristiche geometriche sono rappresentate in Fig. 5-45.

d' = 0.1h
F

H = 300mm h = 250mm

L=2000 mm
B = 300mm
deformata della linea d'asse

Fig. 5-45: Esempio di trave analizzata

Si fa riferimento ad un calcestruzzo di classe 30/37, mentre per l’acciaio si considera una resisten-
za ultima di 640 MPa, con una percentuale volumetrica di staffe dello 0.82%, corrispondente a staf-
fe di 8 mm di diametro e passo 100 mm. Per quanto concerne le proprietà degli acciai studiati, si
considerano 4 tipi di acciai cold formed, con due valori del rapporto di incrudimento, paria a 1.05 e
1.25, e della deformazione sotto carico massimo, uguali al 4% e al 10%.
Nelle figure Fig. 5-46 e Fig. 5-47 si può vedere come le proprietà degli acciai intervengono nella
relazione Momento – rotazione: per valori costanti della deformazione ultima (Fig. 5-46) assunta
pari al 4%, ma per differenti incrudimenti, mentre, come già osservato, il momento massimo e la

- 160 -
curvatura ultima nella sezione critica sono quasi costanti, la rotazione esibita dall’elemento in corri-
spondenza del collasso è direttamente influenzata dalle caratteristiche di incrudimento e diminui-
Rm
sce al diminuire del rapporto k = , in cui Rm e Re sono, rispettivamente il carico massimo e la
Re
resistenza di snervamento dell’acciaio.
120

100 Agt=4% k=1,05


Momento flettentel [kNm]

Agt=4% k=1,25
80

60

40

20

0
0,00 0,02 0,04 0,06 0,08
Rotazione q [rad]

Fig. 5-46: Diagramma Momento – rotazione al variare del rapporto di incrudimento

In caso di rapporto di incrudimento costante ma per differenti valori della deformazione sotto carico
massimo Agt, mentre la penetrazione dello snervamento lungo il concio è quasi indipendente da
questo parametro, la rotazione ultima cresce all’incrementarsi della capacità deformativa
dell’acciaio (Fig. 5-47), e questo per il fatto che aumenta la curvatura massima esibita dalla sezio-
ne.

120

100 Agt=4% k=1,25


Momento flettentel [kNm]

Agt=10% k=1,25
80

60

40

20

0
0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,12
Rotazione q [rad]

Fig. 5-47: Diagramma Momento – rotazione al variare della deformazione sotto carico massimo Agt

- 161 -
Le figure Fig. 5-48 e Fig. 5-49 illustrano l’andamento del fattore di duttilità in curvatura e in rotazio-
ne, rispettivamente, in funzione dei parametri di duttilità degli acciai.

30
Fattore di duttilità in curvatura mc=cu/cy

28

25
k=1,25

23 k=1,05

20

18

15

13

10
0,03 0,05 0,07 0,09 0,11
Deformazione percentuale sotto carico massimo esu

Fig. 5-48: Duttilità della sezione in funzione dei parametri degli acciai
8
Fattore di duttilità in rotazione mq=qu/qy

7 k=1,25

3
k=1,05
2

0
0,03 0,05 0,07 0,09 0,11
Deformazione percentuale sotto carico massimo esu

Fig. 5-49: Duttilità dell’elemento in funzione dei parametri degli acciai

Il risultato sintetizza che in tutti i casi la duttilità della sezione è molto più elevata di quella
dell’elemento. Inoltre, mentre la duttilità della mensola è governata fortemente da entrambi i para-

- 162 -
metri che caratterizzano l’acciaio, a livello di sezione assume maggiore importanza la deformazio-
ne ultima dell’acciaio.
Per elevati rapporti di armatura, tali da condurre allo schiacciamento del calcestruzzo, la duttilità
della sezione è praticamente indipendente dalle caratteristiche dell’acciaio, mentre la capacità ro-
tazionale può essere incrementata con l’aumento dell’incrudimento che consente di compensare
l’eventuale ramo di softening del legame costitutivo del conglomerato e di incrementare la zona
plasticizzata. Tuttavia, in queste condizioni, anche la rotazione plastica risulta indipendente dalla
deformazione ultima dell’acciaio, e questo per il fatto che la rottura è dominata dalla capacità de-
formativa del calcestruzzo e quindi essenzialmente dal grado di confinamento.

5.4.7 Confronti di modelli di cerniera plastica

Lo studio del comportamento non lineare delle strutture può essere affrontato attraverso un’analisi
al passo, tenendo conto, per ciascun concio in cui è discretizzata la struttura, delle zone effettiva-
mente interessate da deformazioni plastiche attraverso l’impiego del modello elaborato. I risultati
ottenuti possono essere inquadrati anche nell’ambito di un’analisi limite tradizionale, che consente
di valutare gli effetti non lineari attraverso l’introduzione di cerniere plastiche in cui sono concentrati
gli effetti della plasticizzazione.

A tal fine risulta indispensabile la determinazione della dimensione della cerniera plastica che, in-
sieme alla curvatura media, consente di definire la sua capacità di rotazione plastica.

Il problema della valutazione dell’ampiezza della cerniera plastica è stato affrontato da vari autori
fin dagli anni ’60, conducendo a espressioni semplificate, formulate su basi empiriche e spesso le-
gate all’ipotesi di crisi della sezione per il raggiungimento della deformazione massima nel calce-
struzzo compresso (Baker, Sawyer, Corley).

Il modello di elemento inflesso precedentemente illustrato consente la valutazione di una lunghez-


za di cerniera plastica equivalente, in funzione delle caratteristiche dei materiali e della distribuzio-
ne di sollecitazioni.

In questa analisi, la lunghezza Lp di cerniera plastica è ottenuta dalla (5.101) rapportando la rota-
zione θ pl = θu − θ y alla curvatura χ pl = χ u − χ y in campo plastico:

θu − θ y
Lp = (5.101)
χu − χ y
Nella Fig. 5-50 è illustrato l’andamento della lunghezza di cerniera plastica al variare dei parametri
di duttilità degli acciai per la trave di.

E’ interessante rilevare che, ancora una volta, il fattore più significativo è il rapporto di incrudimen-
to: come è noto, un valore più contenuto di questo parametro implica una concentrazione della zo-
na plasticizzata con conseguente riduzione della lunghezza di cerniera plastica.

- 163 -
Appare interessante confrontare anche i risultati ottenuti con quelli forniti dalla applicazione di for-
mulazioni presenti in letteratura.
In particolare, si considera l’espressione (5.102) proposta da Priestley e la relazione (5.103) di
Park:

Lp = 0.08 L + 0.022 f y Φ (5.102)

Lp = 0.08 L + 6Φ (5.103)

in cui L è la lunghezza della trave, F il diametro delle barre, fy la tensione di snervamento. Nelle
due formule la prima aliquota, che rappresenta il contributo dell’elemento, coincide e non tiene con-
to delle caratteristiche dell’acciaio, che invece possono essere notevolmente influenti, come risulta
anche da queste indagini, mentre la seconda è rappresentativa del fenomeno del “fixed end
rotation”, ovvero della rotazione concentrata alle estremità dell’elemento, dovuta allo scorrimento
delle armature di ancoraggio.

200
Lunghezza di cerniera plastica Lp [mm]

k=1,25
150

100

50
k=1,05

0
0,03 0,05 0,07 0,09 0,11
Deformazione percentuale sotto carico massimo esu

Fig. 5-50: Andamento delle lunghezze di cerniere plastiche al variare dei parametri

L’aliquota dovuta alla rotazione concentrata introduce correttamente l’influenza del diametro delle
barre, che interviene sul meccanismo di trasmissione degli sforzi tramite l’aderenza, ma non consi-
dera i parametri di duttilità che caratterizzano l’acciaio, sebbene anche in questo caso rivestano un
ruolo significativo.
Si prende in considerazione, inoltre, la formula (5.104) fornita dall’Ordinanza per la valutazione del-
la lunghezza di cerniera plastica in condizioni di collasso di elementi di strutture in c.a.:

- 164 -
d bl f y
Lp = 0.1Lv + 0.17 H + 0.24 (5.104)
fc

in cui Lv = M / V è la luce di taglio, dbl è il diametro (medio) delle barre longitudinali, H è l’altezza
della sezione, e fc e fy sono rispettivamente la resistenza a compressione del calcestruzzo e il cari-
co di snervamento dell’acciaio d’armatura longitudinale.
L’espressione (5.104) introduce l’effetto scala esercitato dalle dimensioni della sezione e,
nell’aliquota relativa al meccanismo dell’aderenza, comprende anche l’influenza della tensione tan-
genziale di aderenza, che si sviluppa all’interfaccia acciaio – calcestruzzo attraverso la resistenza a
compressione del conglomerato.
In Tabella 5-3 è riportato il confronto delle espressioni (5.102), (5.103), e (5.104) con i risultati nu-
merici ricavati dal modello elaborato.
Si può osservare che la formulazione (5.102) e (5.104), in cui viene introdotto il parametro fy, nel
caso di acciai con elevato limite di snervamento, fornisce lunghezze di cerniera plastica superiori a
quelle ottenute numericamente con il modello elaborato in questo lavoro.

rapporto di in- deformazione Lp modello Lp Priestley Ordinanza


Lp Park [mm]
crudimento ultima [mm] [mm] [mm]
1,05 4% 41 374 256 678
1,05 10% 30 374 256 678
1,25 4% 170 340 256 609
1,25 10% 174 340 256 609
Tabella 5-3: Lunghezze di cerniera plastica secondo i differenti modelli considerati

Questo dipende dal fatto che le formulazioni semiempiriche considerate sono state tarate sulle ca-
ratteristiche dei materiali e della geometria dei casi sperimentali analizzati, pertanto non possono
risultare soddisfacenti in tutte le situazioni. E’ opportuno osservare, inoltre, che l’approssimazione
più grossolana riguarda certamente il contributo relativo all’elemento, nel quale si mette in conto
solo l’effetto della distribuzione del diagramma di momento flettente lungo la trave, prescindendo
invece dalle proprietà dei materiali.
Certamente, la possibilità di una maggiore generalizzazione di una espressione analitica della lun-
ghezza di cerniera plastica richiede l’introduzione dell’effetto della qualità degli acciai, fermo re-
stando che la capacità rotazionale può essere influenzata da numerosi altri fattori, come già osser-
vato.
A questo proposito, è stata individuata un’espressione analitica fornita dalla (5.96) sulla base delle
assunzioni adottate nella elaborazione del modello di elemento inflesso, che può essere impiegata
nell’ipotesi di momento crescente linearmente e di assenza di sforzo normale per la stima della
massima ampiezza di cerniera plastica equivalente, in funzione delle caratteristiche dei materiali.

- 165 -
Sulla base della formula proposta sono state calcolate le dimensioni di cerniera plastica, al variare
delle caratteristiche degli acciai e i risultati sono riassunti in Tabella 5-4. Nei casi esaminati la crisi
della sezione si verifica per raggiungimento della deformazione ultima nell’acciaio.

rapporto di in- deformazione ul-


Lp [mm]
crudimento tima
1,05 4% 22
1,05 10% 28
1,25 4% 229
1,25 10% 219
Tabella 5-4: Lunghezze di cerniera plastica secondo la formulazione (5.96)

Con la formulazione proposta si sono ottenute ampiezze di cerniera plastica fortemente variabili al
variare delle caratteristiche di incrudimento degli acciai e prossime a quelle ottenute con
l’espressione (5.101) relativa ai risultati ricavati dal modello elaborato.

- 166 -
Riferimenti bibliografici

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[5] J.Lian, Z.Jiang, J.Liu. “Theoretical model for the tensile work hardening behaviour of dual phase
steel”, Materials Science and Engineering, Vol. A147, 1991.

[6] CEB. CEB-FIP Model Code 1990, Bulletin d’Information N°213-214, Comite International du
Beton, Thomas Telford Service Ltd., Londra, 1993

[7] M.Como, A.Grimaldi, Z.Rinaldi. “Duttilità e resistenza ultima di telai in c.a. : influenza delle carat-
teristiche degli acciai”, Atti Convegno Nazionale ANIDIS “L’Ingegneria Sismica in Italia”, Torino,
1999

[8] E.Cosenza, C.Greco, G.Manfredi. “La valutazione teorica delle rotazioni plastiche nelle travi in
cemento armato: influenza del legame costitutivo dell’acciaio e dello schema di carico”
L’evoluzione delle costruzioni di c.a. e c.a.p., Giornate A.I.C.A.P., 1991

[9] Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274. “Norme tecniche per il progetto, la
valutazione e l’adeguamento sismico degli edifici”, 20 marzo 2003

[10] CEB. Ductility of Reinforced Concrete Structures, Bulletin d’Information N°242, Maggio 1998

[11] Eurocode N°2: Design of Concrete Structures – Part 1: General Rules and Rules for Buildings.
ENV 1992-1-1, Dicembre 2003.

[12] Eurocode N°8: Design of structures for earthquake resistance. ENV 1998-1-1, Dicembre 2003

[13] C.Bosco, P.G.Debernardi. “Influenza della duttilità degli acciai sulla capacità di rotazione pla-
stica delle strutture in c.a.”, L’evoluzione delle costruzioni di c.a. e c.a.p., Giornate A.I.C.A.P., 1991

- 167 -
6 Impiego del Dual Phase nell’ambito della tecnologia del c.a.

6.1 Duttilità del materiale

I parametri di duttilità: Agt e Rm/Rp0.2

L’allungamento percentuale sotto carico massimo Agt rappresenta un’indicazione diretta sulla dutti-
lità del materiale, ovvero sulla sua capacità di deformarsi in campo plastico.
Il rapporto di incrudimento k è una indicazione invece significativa per la duttilità dell’intero elemen-
to in c.a.; infatti, un elevato valore consente la penetrazione dello snervamento nelle zone di calce-
struzzo al di là della fessura e quindi la diffusione della plasticizzazione.
Le caratteristiche di duttilità ricavate dalle prove di trazione eseguite sui Dual Phase testati nella
prima fase sperimentale sono riassunte nella Tabella 6-1:

sigla provino k=Rm/Rp0.2 Agt %


DP T740a 1,82 10,56
DP T740b 1,90 7,2
DP T760a 1,72 11,61
DP T760b 1,90 14,4
DP T780a 1,78 10,71
DP T780b 1,74 11,63
DP T800a 1,75 9,54
DP T800b 1,96 11,52
DP T820b 1,98 14,84

Tabella 6-1: Parametri di duttilità degli acciai Dual Phase testati nella prima fase sperimentale

Dall’esame dei valori rappresentati in Tabella 6-1 si osserva che questi acciai si caratterizzano per
un elevato valore del rapporto di incrudimento accompagnato da elevate deformazioni uniformi sot-
to il carico massimo, in media superiori all’11%.
Gli andamenti delle variazioni dei parametri Agt e K ,in funzione del corrispondente carico di sner-
vamento allo 0.2% di deformazione residua, sono riassunti nella Fig. 6-1 e nella Fig. 6-2 , rispetti-
vamente. E’ possibile osservare un comportamento tendenzialmente meno duttile al crescere del
carico di snervamento, in analogia a quanto esibito dalle caratteristiche di duttilità degli acciai “heat
treated” ovvero laminati a caldo.
Al fine di apprezzare le proprietà di questi acciai, si confrontano i valori delle caratteristiche mecca-
niche esibite dai Dual Phase con quelle caratteristiche relative ad un acciaio “hot rolled” Tempcore,
di classe B500C secondo la classificazione delle più recenti normative in materia, quali gli Euroco-
dici [1,2], sperimentato nell’ambito del lavoro di tesi di Fabi [6] e le cui caratteristiche meccaniche
sono riassunte in Tabella 6-2.

- 168 -
tipo di acciaio Re [MPa] Rm [MPa] k=Rm/Rp0.2 Agt %
Tempcore (F16) 517 628 1,18 0,09
Tabella 6-2: Valori delle proprietà meccaniche di un acciaio tipo Tempcore

16

15

14

13
Agt [%]

12

11

10

8
340 350 360 370 380 390 400 410 420 430 440
2
Carico di snervamento Rp0.2 [N/mm ]

Fig. 6-1: Andamento dell’Agt in funzione del carico di snervamento

2,2

2,1
Rapporto di incrudimento k=Rm/Re

2,0

1,9

1,8

1,7

1,6

1,5
340 350 360 370 380 390 400 410 420 430 440
Carico di snervamento Rp0.2 [N/mm2]

Fig. 6-2: : Andamento del rapporto di incrudimento k in funzione del carico di snervamento

Dall’esame dei risultati riassunti nelle Tabella 6-1 e Tabella 6-2, si ricava che gli acciaio a struttura
mista ferritico-martensitica esibiscono una eccellente combinazione di resistenza e duttilità, miglio-
re rispetto a quella di un tradizionale acciaio da c.a.

- 169 -
Questo risultato trova conferma anche dal confronto delle curve sperimentali di trazione rappresen-
tative delle due classi di acciai, come evidenziato in Fig. 6-3.

800

700
DUAL PHASE T780
Tensione s [N/mm ]

600
2

TEMPCORE
500

400

300

200

100

0
0% 2% 4% 6% 8% 10% 12% 14% 16% 18% 20% 22% 24%
Deformazione e [%]
Fig. 6-3: Curve monotone di trazione per due acciai rappresentativi delle rispettive classi

La Fig. 6-4 illustra invece il confronto tra gli andamenti delle curve caratteristiche delle due serie di
30 campioni ciascuna in acciaio Dual Phase, temprati alle temperature di 740 (curva color magen-
ta) e 800 °C (curva color blue) e analizzate nella seconda fase sperimentale; i diagrammi dei Dual
Phase sono stati ottenuti sulla base della relazione di Hollomon (6.1) (formulata per i valori inge-
gneristici delle tensioni e deformazioni):

(ln(ε + 1))n
σ =k (6.1)
ε +1
in cui k e n sono, come già detto, il coefficiente di resistenza e di incrudimento ricavati in riferimen-
to ai valori caratteristici delle singole grandezze meccaniche. Nella figura è anche rappresentato in
rosso l’andamento della curva caratteristica s-e dell’acciaio Tempcore considerato, descritta dalla
espressione analitica (5.25) ricavata statisticamente da dati sperimentali. Le curve sono limitate,
nel campo post-elastico, al tratto ascendente del legame costitutivo fino al carico massimo caratte-
ristico.
E’ necessario aggiungere che i diagrammi degli acciai Dual Phase sono basati su dati sperimentali
che esibiscono una dispersione non trascurabile. Questo è da attribuire essenzialmente al fatto che
i campioni sono stati realizzati mediante tempra in laboratorio e non in un impianto in linea ad indu-
zione, pertanto con un controllo meno efficace sulla creazione della microstruttura Dual Phase,
poiché privo dell’inerzia propria di una produzione industriale.
Alla luce di queste considerazioni, le successive indagini parametriche sono state principalmente
condotte impiegando i dati ottenuti dai singoli saggi provati nella prima fase sperimentale e su cia-
scuno dei quali sono stati condotti esami metallografici che hanno verificato il risultato della tempra.

- 170 -
800
Tensione s [N/mm ]
2

700

600

500

400

300

200

100

0
0% 2% 4% 6% 8% 10%
Deformazione e [%]

Fig. 6-4: Confronto fra i diagrammi caratteristici s-e

E’ inoltre possibile evidenziare dal risultato dell’elaborazione statistica dei dati che il valore caratte-
ristico del rapporto di incrudimento dell’acciaio Tempcore risulta prossimo all’estremo inferiore
dell’intervallo ammissibile secondo i moderni codici; questo tipo di acciaio è dotato, infatti, di un in-
crudimento modesto, pertanto non consente all’elemento strutturale in c.a. di attingere grandi de-
formazioni anelastiche, con conseguente riduzione della lunghezza della zona plasticizzata e quin-
di della duttilità dell’elemento, rispetto a quanto garantito, invece, da un acciaio tipo Dual Phase.
E’ importante sottolineare, però, che il rapporto di incrudimento per gli acciai Dual Phase è maggio-
re di 1.35, valore che generalmente è indicato dai vari codici come limite superiore ai fini di evitare
un eccessivo incremento della forza di taglio, e quindi un comportamento fragile dell’elemento
strutturale.
Pertanto, nell’ipotesi in cui la progettazione si mantenga nell’ambito della procedura del “capacity
design”, i moderni codici hanno a disposizione due alternative affinché sia garantito un comporta-
mento globale dissipativo delle strutture in c.a. ottenute mediante l’impiego degli acciai Dual Pha-
se: la prima è di tener conto dell’elevato incrudimento di questi acciai, ai fini di un controllo della
gerarchia delle resistenze, mediante un opportuno incremento del fattore di sovraresistenza; la se-
conda è quella di impostare una procedura di progettazione ad hoc per questa classe, e più in ge-
nerale, per tutti quelli acciai caratterizzati da un più elevato incrudimento.

La tenacità

La determinazione dell’area sottesa dalla curva di trazione consente di ricavare l’energia, per unità
di volume, immagazzinata in campo elasto-plastico dal materiale prima di giungere a rottura.

- 171 -
L’area del diagramma s-e può essere calcolata, in riferimento alle tensioni e deformazioni reali,
come l’integrale definito (6.2):

εu
Area = ∫ σ d ε (6.2)
0

Ricordando che la legge costitutiva adottata per lo studio di questi acciai è fornita dalla relazione di
Hollomon (6.3) :

σ = kε n (6.3)

e che, per la presenza di due stadi di incrudimento, si verifica un brusco cambiamento del legame
costitutivo in corrispondenza di un determinato livello della deformazione ek, l’area sottesa dalla
curva di trazione, prima di raggiungere la strizione, può essere calcolata come somma di due aree:

k1ε k n1 +1 k2ε u n2 +1 k2ε k n2 +1


Area = +( − ) (6.4)
n1 + 1 n2 + 1 n2 + 1

Ma dalla (6.3) si ottiene infine:

σ kε k f uε u σ k ε k
Area = + − (6.5)
n1 + 1 n2 + 1 n2 + 1
in cui n1 e k1 sono i parametri caratteristici relativi al primo stadio di incrudimento, n2 e k2 quelli cor-
rispondenti al secondo, mentre fu ed eu sono il carico massimo e la deformazione corrispondente,
espressi in termini di tensione e deformazione reali, rispettivamente.
Nella Tabella 6-3 sono evidenziati i valori dei parametri sperimentali ni, ki, ek della legge costitutiva
per i campioni analizzati nella prima fase sperimentale, ed è riportato il corrispondente valore
dell’area sottesa dalla curva di trazione, calcolato con la (6.5), ovvero il valore dell’energia specifica
di deformazione prima di raggiungere la strizione:

sigla Tenacità
Tempra °C n1 k1 n2 k2 ek
provino [J/cm3]
T740a 740 0,6813 18816,7 0,22 1310,96 0,0033 60,80
T740b 740 0,8464 64344 0,21 1224,82 0,0020 40,03
T760a 760 0,6903 22122 0,19 1245,13 0,0030 70,74
T760b 760 0,8269 56556 0,22 1252,19 0,0015 88,66
T780a 780 0,7271 29495 0,2 1353,88 0,0029 66,10
T780b 780 1,0823 310208 0,21 1293,84 0,0019 73,57
T800a 800 0,8844 76956 0,2 1300,28 0,0020 60,57
T800b 800 1,0236 167209 0,23 1408,06 0,0020 74,56
T820b 820 0,7596 35383 0,22 1264,27 0,0023 92,65

Tabella 6-3: Parametri sperimentali della legge costitutiva e tenacità dei campioni analizzati

- 172 -
In termini di valori medi, la variazione della tenacità con la percentuale di martensite, del tutto ana-
loga a quella in funzione della temperatura di tempra intercritica, è riassunta in Fig. 6-5

100

90

80
Tenacità
[N/mm ]
2

70

60

50

40
16,6 19,2 22,0 22,6 24,8
Martensite [%]
Fig. 6-5: Diagramma Tenacità-Martensite

Sulla base dei valori caratteristici ricavati nell’ambito della sperimentazione condotta su barre di 16
mm di diametro in acciaio “hot rolled” Tempcore [], è stato eseguito il calcolo della tenacità che ha
fornito il risultato riportato in Tabella 6-4:

tipo di acciaio Re [MPa] Rm [MPa] Agt Tenacità [J/cm3]


Tempcore (F16) 517,35 628,62 0,09 51,28
Tabella 6-4: Proprietà meccaniche e tenacità di un acciaio tipo Tempcore

Dall’esame dei valori riportati nella Tabella 6-3 e nella Tabella 6-4 e del grafico di Fig. 6-6 si osser-
va il comportamento più tenace degli acciai tipo Dual Phase rispetto a quello di un convenzionale
acciaio da cemento armato.

95
T820b

85 T760b

T800b
75
Tenacità [J/cm ]
3

T780b
T760a
65 T780a
T800a
T740a
55
Tempcore

45
T740b

35
6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16
Deformazione percentuale sotto carico massimo Agt [%]

Fig. 6-6: Confronto fra le tenacità degli acciai Dual Phase testati e quella di un Tempcore

- 173 -
I risultati della Tabella 6-3 evidenziano, infatti, l’elevata capacità di assorbire energia da parte di
questi acciai. Si tratta di una caratteristica fondamentale per tutti quei componenti strutturali, che
come catene, ingranaggi, ganci di gru devono essere in grado di resistere a sovraccarichi improv-
visi, che superino per un breve periodo di tempo il limite di snervamento del pezzo stesso, oppure
che, come gli elementi del settore automobilistico, debbono poter resistere ad urti di notevole in-
tensità. Questi acciai si dimostrano, quindi, in grado di migliorare il comportamento locale in caso di
impatto .
La significativa tenacità esibita dai Dual Phase consente, inoltre, al materiale di dissipare in campo
plastico, come lavoro di deformazione microstrutturale, una grande quantità di energia anche in
presenza di cicli ripetuti; pertanto, questa caratteristica si dimostra fondamentale nelle situazioni in
cui al materiale si richiedono proprietà antisismiche, consentendo di far fronte alle enormi quantità
di energia messe in gioco da un evento sismico.

- 174 -
6.2 Duttilità della sezione

Nel presente lavoro si vuole indagare l’effetto che le caratteristiche meccaniche dell’acciaio
d’armatura hanno sulla duttilità delle sezioni, nel caso in cui venga ipotizzato l’impiego di un acciaio
del tipo Dual Phase. Al fine di poter condurre un confronto con le prestazioni di duttilità garantite
dall’impiego di acciai convenzionali da cemento armato, sono state considerate anche la situazione
in cui la progettazione sia basata su un acciaio B500C Tempcore e quella tipica su un acciaio FeB
44k di normativa.

Lo studio parametrico sulla duttilità è stato effettuato con il codice di calcolo in precedenza descrit-
to, che consente l’analisi di sezioni inflesse fessurate (prescindendo quindi dal fenomeno di “ten-
sion stiffening”) considerando i principali fenomeni che caratterizzano il comportamento non lineare
delle sezioni, mediante accurati legami costitutivi dei materiali, in linea con quanto fatto nella lette-
ratura tecnica.

6.2.1 Descrizione delle sezioni analizzate e dei materiali impiegati

Lo studio parametrico sulla duttilità in curvatura è stato effettuato con riferimento a due sezioni tipi-
che, rappresentative la prima delle travi fuori spessore di solaio, la seconda delle sezioni dei pila-
stri.
Per la trave si è considerata una sezione rettangolare con altezza (H) pari a 600mm e base (B) pari
a 300mm (
Fig. 6-7). Il rapporto d’/h è stato assunto pari a 0.1.
Per le colonne si assume una sezione rettangolare con altezza (H) pari a 650mm e base (B) pari a
400mm (), con un valore del rapporto d’/h pari a 0.1.
L’armatura longitudinale è stata dimensionata facendo riferimento agli Eurocodici 2 [1] e 8 [2], po-
nendosi nelle condizioni di progettazione in cui si abbiano elevate richieste di duttilità. Pertanto, al
fine di conseguire le desiderate caratteristiche di duttilità, è necessario che vengano rispettate par-
ticolari condizioni sui dettagli di armatura degli elementi.
L’armatura longitudinale delle sezioni rappresentative delle travi è stata progettata ipotizzando una
situazione ideale di rottura bilanciata, con l’assunzione di una deformazione ultima del calcestruzzo
pari a 0.0035 e dell’armatura tesa del 0.010. La scelta di dimensionare l’armatura in tali condizioni
corrisponde all’esigenza di avere la massima duttilità possibile per una sezione progettata secondo
normativa nell’ipotesi di una deformazione ultima ammissibile dell’acciaio pari al valore convenzio-
nale di 0.010, e nel calcestruzzo dello 0.0035.
Si controlla, inoltre, che il rapporto geometrico di armatura previsto in zona tesa r sia superiore al
valore minimo (6.6):

f ctm
ρ t min = 0.5 (6.6)
f yk

e inferiore a quello massimo (6.7) previsti dall’Eurocodice 8 [2]:

- 175 -
0.0018 f cd
ρ t max = ρ ' + (6.7)
µφ ε sy ,d f yd

d' d'
Asc Asc

H h H h

Ast Ast

B B
Fig. 6-7: Esempio della sezione analizzata rappre- Fig. 6-8: Esempio della sezione analizzata rappre-
sentativa di una trave fuori spessore sentativa di una colonna

in cui le proprietà meccaniche del calcestruzzo compaiono in fctm, che rappresenta la resistenza a
trazione media, e in fcd, pari alla resistenza a compressione di progetto; fyd e fyk sono il carico di
snervamento di progetto e caratteristico dell’acciaio, rispettivamente, mentre esy,d la deformazione
di progetto di inizio plasticizzazione dell’acciaio. Nella (6.7) la duttilità della sezione è rappresentata
dal fattore di duttilità in curvatura mF adottato nell’ambito della progettazione.
Per quanto riguarda l’armatura trasversale delle travi, si è ipotizzato di utilizzare staffe di diametro
8 mm, maggiore del valore minimo previsto, nelle regioni critiche, secondo l’Eurocodice 8 [2], con
due diversi valori del passo di staffatura, pari a 50 e 250 mm, questo ultimo esterno all’intervallo
ammissibile dall’EC8 nelle regioni critiche.
Nel caso delle sezioni rappresentative dei pilastri, si è fatto riferimento ad una armatura doppia e
simmetrica, la cui percentuale è stata scelta non più secondo il criterio di contemporanea rottura,
che avrebbe portato ad una quantità eccessiva di armatura, ma in modo che il rapporto geometrico
di armatura longitudinale totale sia compreso fra l’1% e il 4%, come disposto dall’Eurocodice 8 [2].
L’armatura trasversale prevista è rappresentata da staffe di 8 mm di diametro e passo 100 mm.
Infine, l’analisi della duttilità delle sezioni è stato condotta considerando un calcestruzzo di Classe
30/37, secondo la classificazione dell’Eurocodice 2 [1], quindi con resistenza cilindrica caratteristi-
ca a 28 giorni fck=30 MPa, tipica per costruzioni ordinarie, e tre diverse tipologie di acciaio:
• Un acciaio tipo FeB 44k con i valori delle proprietà meccaniche indicate in Tabella 6-5.

tipo di acciaio Re [MPa] Rm [MPa] k=Rm/Rp0.2 Agt %


FeB 44k 430 560 1,25 0,12
Tabella 6-5: Valori caratteristici delle proprietà meccaniche di un acciaio tipo FeB 44k

- 176 -
• Un acciaio tipo B500C Tempcore, i cui valori caratteristici e medi, ricavati mediante speri-
mentazione su diametri F 16 mm nel lavoro di Fabi [6], sono riassunti in Tabella 6-6 e in
Tabella 6-7, rispettivamente.

tipo di acciaio Re [MPa] Rm [MPa] k=Rm/Rp0.2 Agt %


Tempcore 517 629 1,18 0,09
Tabella 6-6: Valori caratteristici delle proprietà meccaniche di un acciaio tipo Tempcore

tipo di acciaio Re [MPa] Rm [MPa] k=Rm/Rp0.2 Agt %


Tempcore 535 642 1,2 0,11
Tabella 6-7: Valori medi delle proprietà meccaniche di un acciaio tipo Tempcore

• Acciai del tipo Dual Phase, testati durante la prima fase sperimentale, con le caratteristiche
meccaniche indicate in Tabella 6-8

sigla provino Tempra °C Rm [N/mm2] Rp0.2 [N/mm2] k=Rm/Rp0.2 Agt %


T740a 740 712 392 1,82 10,56
T740b 740 654 344 1,90 7,2
T760a 760 730 425 1,72 11,61
T760b 760 705 371 1,90 14,4
T780a 780 759 427 1,78 10,71
T780b 780 728 418 1,74 11,63
T800a 800 735 420 1,75 9,54
T800b 800 757 386 1,96 11,52
T820b 820 712 360 1,98 14,84

Tabella 6-8: Caratteristiche meccaniche dei campioni di acciaio Dual Phase della prima fase sperimentale

• Acciai del tipo Dual Phase, testati durante la seconda fase sperimentale, con i valori medi
delle singole proprietà meccaniche indicate in Tabella 6-9 e in Tabella 6-10, relativamente
ai saggi temprati a partire dalle temperatura di 740 e 800 °C rispettivamente.

tipo di acciaio Re [MPa] Rm [MPa] k=Rm/Rp0.2 Agt %


Dual Phase T740 358 681 1,9 0,093
Tabella 6-9: Valori medi delle proprietà meccaniche di un acciaio Dual Phase temprato a 740 °C

tipo di acciaio Re [MPa] Rm [MPa] k=Rm/Rp0.2 Agt %


Dual Phase T800 430 746 1,74 0,111
Tabella 6-10: Valori medi delle proprietà meccaniche di un acciaio Dual Phase temprato a 800 °C

- 177 -
Le caratteristiche delle sezioni considerate per lo studio parametrico sono riassunte in Tabella
6-11:

SIGLA
H [mm] B [mm] h [mm] d' [mm] Ast Asc rst rct
SEZIONE

SEZ. A 600 300 500 50 6 F 16 2 F 16 0,0080 0,0027

SEZ. B 650 400 541 54 5 F 20 5F 20 0,0073 0,0073

Tabella 6-11: Caratteristiche delle sezioni utilizzate per lo studio parametrico

avendo indicato con H l’altezza della sezione di calcestruzzo, con B la larghezza, con h l’altezza
utile, d’ la distanza dal lembo superiore del baricentro dell’armatura in zona compressa, con Asc e
Ast le aree dell’acciaio in zona tesa e compressa, rispettivamente, con rst e rsc i rapporti geometrici
di armatura(As/B*h) in zona tesa e compressa, rispettivamente.

Per la modellazione del legame costitutivo del calcestruzzo compresso si è fatto riferimento, come
già detto, alla legge costitutiva di Mander et al. [4], mentre la deformazione ultima ecu del calce-
struzzo confinato è stata calcolata attraverso l’espressione proposta da Scott et al. [5].

6.2.2 Studio parametrico sulla duttilità

Analisi della sezione rappresentativa delle travi fuori spessore

Nella Tabella 6-12 sono riassunti i risultati dell’analisi parametrica sulla sezione rappresentativa
della travi fuori spessore, con rapporto volumetrico di staffatura pari a 1.2%, armata con le tipolo-
gie di acciaio indicate in Tabella 6-5, Tabella 6-6 e Tabella 6-8.

E’ importante osservare che il legame costitutivo adottato per il calcestruzzo compresso consente
di considerare l’effetto del confinamento delle staffe sul comportamento del calcestruzzo, permet-
tendo così di raggiungere deformazioni ultime ben superiori a quelle possibili per un calcestruzzo
non confinato.

Tipo di Armatura
My cy Mu cu mc es ec
acciaio trasversale
4,940E- 2,300E-
DP T740a F8/50 1,440E+08 3,973E+08 46,89 0,100 0,016
06 04
4,500E- 1,600E-
DP T740b F8/50 1,600E+08 3,680E+08 36,66 0,072 0,010
06 04
5,420E- 2,550E-
DP T760a F8/50 1,680E+08 4,070E+08 47,04 0,110 0,018
06 04
4,840E- 2,670E-
DP T760b F8/50 1,690E+08 3,850E+08 55,12 0,115 0,018
06 04

- 178 -
5,490E- 2,330E-
DP T780a F8/50 1,780E+08 4,280E+08 42,47 0,100 0,017
06 04
5,560E- 2,690E-
DP T780b F8/50 2,030E+08 4,060E+08 48,40 0,116 0,019
06 04
5,430E- 2,200E-
DP T800a F8/50 1,770E+08 4,105E+08 40,56 0,095 0,015
06 04
4,930E- 2,570E-
DP T800b F8/50 1,486E+08 4,197E+08 52,27 0,110 0,019
06 04
4,680E- 2,600E-
DP T820b F8/50 1,627E+08 3,880E+08 55,58 0,112 0,018
06 04
5,820E- 2,690E-
Feb 44k F8/50 2,327E+08 3,170E+08 46,29 0,120 0,015
06 04
7,050E- 2,030E-
Tempcore F8/50 2,790E+08 3,540E+08 28,90 0,090 0,012
06 04
Tabella 6-12: Risultati dell’analisi parametrica sulla Sez. A con staffatura F8/50

Le Fig. 6-9, Fig. 6-10 e Fig. 6-11 illustrano, per la sezione analizzata, il confronto dell’andamento
del coefficiente di duttilità al variare delle caratteristiche meccaniche degli acciai considerati, quali il
carico massimo, il carico di snervamento e la deformazione percentuale sotto carico massimo.
Dalle stesse figure si osserva che le sezioni armate con acciai Dual Phase esibiscono un compor-
tamento mediamente più duttile di quelle con barre in acciaio Tempcore, e, con esclusione dei
campioni 740 a, 780° e 800b in Dual Phase, anche di quelle con acciai classificati FeB 44 k.

58
T760b T820b
54
T800b
Fattore di duttilità in curvatura mc

50 T780b

46 FeB 44k T740a T760a

42 T780a
T800a
38
T740b
34

30
Tempcore

26
550 575 600 625 650 675 700 725 750 775 800
Carico massimo Rm [N/mm2]

Fig. 6-9: Diagramma Fattore di duttilità in curvatura mc – Carico massimo per la Sez. A con staffatura F8/50

- 179 -
58
T760b
T820b
54
T800b
Fattore di duttilità in curvatura mc

50
T780b

46 T740a
T760a FeB 44k

42 T780a
T800a
38
T740b
34

30
Tempcore
26
340 360 380 400 420 440 460 480 500 520
Carico di snervamento Re [N/mm2]

Fig. 6-10: Diagramma Fattore di duttilità in curvatura mc – Carico di snervamento per la Sez. A con staffatura
F8/50
58

T760b T820b
54
T800b
Fattore di duttilità in curvatura mc

50
T780b

46 T740a T760a
FeB 44k
42 T780a
T800a
38
T740b
34

30
Tempcore

26
6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16
Deformazione percentuale sotto carico massimo Agt [%]

Fig. 6-11: Diagramma Fattore di duttilità in curvatura mc – Deformazione uniforme Agt per la Sez. A con staffa-
tura F8/50

In particolare, la Fig. 6-10 mostra che il valore del coefficiente di duttilità decresce all’aumentare
delle caratteristiche di snervamento degli acciai. Questo è un risultato atteso insieme a quello di
Fig. 6-11, in cui si evidenzia, in media, una crescita della duttilità della sezione con la deformazione
massima dell’acciaio teso. La Fig. 6-9 fornisce un andamento disperso del parametro di duttilità al
variare del carico massimo, e ciò può essere giustificato in riferimento al fatto che tale fattore, così

- 180 -
come il rapporto di incrudimento, non esercita direttamente un’elevata influenza sulla fattore mc,
che risulta invece maggiormente condizionato dal limite di snervamento dell’acciaio, ma comporta
una maggiore resistenza a flessione. Tuttavia, il rapporto di incrudimento, come è noto, riveste un
ruolo determinante nel consentire la propagazione della plasticizzazione nei conci fessurati, e
quindi sulla lunghezza di cerniera plastica. A livello di duttilità di sezione, l’incrudimento interviene
solo modificando la forma della curva caratteristica Momento – curvatura, che per i rapporti di ar-
matura considerati, è infatti analoga all’andamento del legame costitutivo degli acciai, come illu-
strato in Fig. 6-12.

450

400

350

300
Momento M [kNm]

740a

250 740b
760a

200 760b
780a

150 780b
800a
100 800b
820b
50 Tempcore
FeB44k
0
0 0,05 0,1 0,15 0,2 0,25 0,3
-3
Curvatura c [1/mm*10 ]

Fig. 6-12: Confronto fra le curve Momento-curvatura per i diversi tipi di acciai (passo staffe 50mm)

La Fig. 6-12 mostra l’andamento delle curve Momento – curvatura, rappresentativa del comporta-
mento delle sezioni fessurate, al variare del tipo di acciaio considerato, per il caso con elevato gra-
do di confinamento; dall’analisi dei diagrammi si può osservare come l’impiego di acciai Dual Pha-
se comporti, a parità di curvatura, maggiori resistenze flessionali rispetto ai convenzionali acciai da
cemento armato, ed elevate curvature ultime, sebbene queste siano confrontabili con quelle di un
acciaio FeB 44k di normativa.
Le migliori performance di duttilità locale garantite dai Dual Phase sono giustificate, pertanto, in ri-
ferimento al maggiore plateau plastico esibito dal materiale che consente alle barre di raggiungere
elevate deformazioni in corrispondenza di bassi valori del carico.
Nella Tabella 6-13 sono riassunti i risultati dell’analisi parametrica sulla sezione A rappresentativa
della trave fuori spessore con un ridotto rapporto volumetrico di staffatura pari a 0.25%, armata con
le differenti tipologie di acciaio.

- 181 -
Tipo di Armatura
My cy Mu cu mc es ec
acciaio trasversale
4,940E- 1,030E-
DP T740a F8/250 1,440E+08 3,560E+08 20,90 0,044 0,0069
06 04
4,500E- 1,020E-
DP T740b F8/250 1,600E+08 3,430E+08 22,66 0,044 0,0066
06 04
5,420E- 1,050E-
DP T760a F8/250 1,680E+08 3,710E+08 19,43 0,045 0,0072
06 04
4,840E- 1,060E-
DP T760b F8/250 1,690E+08 3,430E+08 21,96 0,046 0,0068
06 04
5,490E- 1,020E-
DP T780a F8/250 1,780E+08 3,880E+08 18,64 0,044 0,0072
06 04
5,560E- 1,070E-
DP T780b F8/250 2,030E+08 3,640E+08 19,36 0,046 0,0071
06 04
5,430E- 1,040E-
DP T800a F8/250 1,770E+08 3,750E+08 19,23 0,045 0,0072
06 04
4,930E- 1,000E-
DP T800b F8/250 1,486E+08 3,670E+08 20,38 0,043 0,0069
06 04
4,680E- 1,030E-
DP T820b F8/250 1,627E+08 3,440E+08 22,19 0,045 0,0067
06 04
5,820E- 1,290E-
Feb 44k F8/250 2,327E+08 2,910E+08 22,23 0,057 0,0073
06 04
7,050E- 1,300E-
Tempcore F8/250 2,790E+08 3,410E+08 18,54 0,057 0,0079
06 04
Tabella 6-13: Risultati dell’analisi parametrica sulla Sez. A con staffatura F8/250

I risultati evidenziano un decadimento pronunciato delle prestazioni di duttilità e un andamento più


fragile delle curve Momento – curvatura rispetto al caso precedente, come rappresentato in Fig.
6-13.
450

400

350 FeB44k

Tempcore
Momento M [kNm]

300
T740a

250 T780b

T740b
200 T760a

T760b
150
T780a

100 T800a

T800b
50 T820b

0
0 0,05 0,1 0,15 0,2 0,25 0,3
-3
Curvatura c [1/mm*10 ]
Fig. 6-13: Confronto fra le curve Momento-curvatura per i diversi tipi di acciai (passo staffe 250mm)

- 182 -
Tuttavia per le sezioni analizzate, caratterizzate da una elevata duttilità di progetto per la contenuta
percentuale meccanica di armatura, questa diminuzione di duttilità può non avere un impatto parti-
colarmente negativo, dato che comunque il coefficiente mc rimane sufficientemente elevato da non
compromettere il grado di sicurezza delle strutture. Tali valori di duttilità consentono, infatti, di ef-
fettuare la ridistribuzione dei momenti flettenti concessa dall’Eurocodice 2 e l’impiego in zona si-
smica anche nell’ipotesi di struttura ad alta duttilità secondo l’Eurocodice 8.
Inoltre, poiché gli acciai considerati sono caratterizzati da valori dell’incrudimento pronunciati, so-
prattutto quelli del tipo Dual Phase, il legame Momento - curvatura non esibisce alcun ramo di-
scendente, infatti, l’elevato incrudimento è in grado di compensare l’abbattimento delle resistenze
del calcestruzzo ossia il softening della legge costitutiva del calcestruzzo.
Si osserva, inoltre, che per bassi confinamenti, il collasso della sezione avviene sempre per crisi
lato calcestruzzo; in queste condizioni la curvatura ultima è prevalentemente condizionata dalla de-
formazione massima nel calcestruzzo, che, nel modello considerato, è fornita dalla relazione (6.8)
di Scott et al [5]:

f yh
ε cu = 0.004 + 0.9 ρ s ( ) (6.8)
300
in cui è funzione, in particolare, della resistenza a snervamento dell’armatura trasversale fyh, men-
tre viene trascurato l’incrudimento dell’acciaio delle staffe, sebbene recenti studi ne abbiano evi-
denziato l’effetto benefico in termino di aumento della capacità deformative del conglomerato.
A parità di rapporto volumetrico di armatura rs, la deformazione ultima nel calcestruzzo risulta infe-
riore nei casi in cui l’acciaio impiegato sia del tipo Dual Phase a causa del basso valore del carico
corrispondente allo 0.2% di deformazione residua, assunto come limite convenzionale di snerva-
mento, e del fatto che, come detto, nel modello impiegato non viene tenuto conto dell’elevato rap-
porto di incrudimento di questi acciai.
Sulla base di queste considerazioni è possibile interpretare l’abbattimento delle performance di dut-
tilità rispetto al caso precedentemente analizzato, che si verifica anche nella situazione di impiego
dei Dual Phase. In particolare, in queste condizioni emerge un allineamento dei valori del coeffi-
ciente di duttilità relativi a questa classe di acciai su quei valori esibiti dagli acciai convenzionali,
come riassunto nelle figure Fig. 6-14 e Fig. 6-15 e Fig. 6-16, che illustrano questo fenomeno relati-
vamente alla sez. A con più basso grado di confinamento, riportando il confronto dell’andamento
del fattore mc al variare delle caratteristiche meccaniche degli acciai.

- 183 -
46

42
Fattore di duttilità in curvatura mc

38

34

30

26
T820b
22 FeB 44k T740b
T760b T760a
T740a T800b
18 Tempcore
T780b T800a T780a

14
550 575 600 625 650 675 700 725 750 775 800
2
Carico massimo Rm [N/mm ]

Fig. 6-14: Diagramma Fattore di duttilità in curvatura mc – Carico massimo per la Sez. A con staffatura
F8/250
46

42
Fattore di duttilità in curvatura mc

38

34

30

26
T820b FeB 44k
22 T760b
T740b T740a T800a T760a

18 T800b T780b
T780a Tempcore
14
340 365 390 415 440 465 490 515 540
2
Carico di snervamento Re [N/mm ]

Fig. 6-15: Diagramma Fattore di duttilità in curvatura mc – Carico di snervamento per la Sez. A con staffatura
F8/250

- 184 -
46

42
Fattore di duttilità in curvatura mc

38

34

30

26
T820b
22 T740b T740a FeB 44k
T800b T760b
T800a T780b
18 Tempcore
T780a

14
6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16
Deformazione percentuale sotto carico massimo Agt [N/mm2]

Fig. 6-16: Diagramma Fattore di duttilità in curvatura mc – Deformazione uniforme Agt per la Sez. A con staffa-
tura F8/250
In queste condizioni, il coefficiente di duttilità, così come le curve Momento-curvatura, sono pres-
soché indipendenti dalla deformazione sotto carico massimo dell’acciaio, come appare in Fig. 6-16.
La Fig. 6-17 illustra il confronto tra le curvature ultime nei due casi di confinamento per gli acciai
Dual Phase: le curvature relative ad un passo di staffatura più elevato sono più contenute rispetto
al caso precedente poiché corrispondono al raggiungimento della deformazione ultima del calce-
struzzo.

0,28

0,26

0,24
Curvatura ultima cu*10 [mm ]
-1

0,22
3

Dual Phase
0,20 passo staffe
50mm
0,18
Dual Phase
0,16 passo staffe
250mm

0,14

0,12

0,10

0,08
6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16
Deformazione percentuale sotto carico massimo Agt [%]

Fig. 6-17: Andamento della curvatura ultima della Sez. A, armata con gli acciai testati del tipo Dual Phase, in
funzione dell’Agt, per due differenti gradi di confinamento

- 185 -
I risultati in termini di deformazioni nell’acciaio teso e nel calcestruzzo compresso in corrisponden-
za della curvatura ultima sono illustrati nelle Fig. 6-18 e Fig. 6-19, rispettivamente, per i due gradi
di confinamento.

13,0%

T780b FeB 44k


11,8%
Deformazione nell'acciaio a rottura es [%]

T760b T820b
T800b
10,5% T760a
T800a
9,3%
Tempcore
8,0%
T740b Passo staffe
T740a 50mm
6,8% Passo staffe
250mm
Serie10
5,5%
Serie11

4,3%
T780a
3,0%
6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16
Deformazione percentuale sotto carico massimo Agt [%]

Fig. 6-18: Andamento della deformazione nell’acciaio teso es in condizioni ultime della Sez. A in funzione
dell’Agt, per due differenti gradi di confinamento

2,0%
T800b T780b
Deformazione nel calcestruzzo a rottura ec [%]

T780a T760a
1,6%

T800a
1,2% FeB 44k T760b T820b
Tempcore

0,8% T740a
T740b

Passo staffe
0,4% 50mm
Passo staffe
250mm
0,0%
6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16
Deformazione percentuale sotto carico massimo Agt [%]

Fig. 6-19: Andamento della deformazione nel calcestruzzo compresso ec in condizioni ultime della Sez. A in
funzione dell’Agt, per due differenti gradi di confinamento

- 186 -
Appare evidente dall’osservazione dei due ultimi grafici come un ridotto confinamento annulli so-
stanzialmente anche le differenze in termini di deformazioni dovute all’impiego di differenti tipologie
di acciaio. Quando il collasso della sezione è invece dovuto prevalentemente alla crisi dell’acciaio,
come nella situazione relativa ad un elevato grado di confinamento e ad un rapporto di armatura
contenuto, le deformazioni massime nei materiali tendono a crescere con la deformazione ultima
degli acciai.

Analisi della sezione rappresentativa delle colonne

6.2.3 La figura Fig. 6-20 mostra il confronto fra le curve momento – curvatura relative alla sezio-
ne di

Fig. 6-8 armata con gli acciai i cui valori delle proprietà meccaniche sono riassunti in Tabella 6-7,
Tabella 6-9 e Tabella 6-10.

600
T800
T740
500 Tempcore
Momento flettentel [kNm]

400

300

200

100

0
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25
3
Curvatura c [mm*10 ]

Fig. 6-20: Confronto tra le curve momento – curvatura al variare degli acciai

I diagrammi rappresentati in rosso e in magenta sono stati calcolati con riferimento ai valori medi
delle singole proprietà meccaniche ricavate sui campioni in acciaio Dual Phase temprati rispettiva-
mente a 800 e 740 °C.
Le prestazioni fornite a livello di sezione da queste due serie di acciai appaiono del tutto confronta-
bili con quelle garantite da un Tempcore: i Dual Phase consentono di raggiungere un valore del
momento flettente in condizioni ultime superiore essendo caratterizzati da una maggiore resistenza
ma esibiscono una curvatura ultima più piccola rispetto a quella ottenuta con l’acciaio Tempcore
considerato poiché possiedono una deformazione sotto carico massimo inferiore. Questo ultimo

- 187 -
risultato è visualizzato anche nel diagramma di Fig. 6-21 in cui sono messi a confronto i valori ulti-
mi delle curvature al variare dell’Agt degli acciai analizzati.
Tuttavia, il parametro più significativo a livello di duttilità della sezione è, come noto, il fattore di dut-
tilità in curvatura mc e, sotto questo aspetto, le sezioni armate con i Dual Phase considerati esibi-
scono un comportamento maggiormente duttile (Fig. 6-22), a causa del più basso carico di sner-
vamento.

0,20
Tempcore

Dual Phase T 800 °C


Curvatura ultima cu [mm*10 ]
3

0,15 Dual Phase T 740 °C

0,10

0,05

0,00
6 6,5 7 7,5 8 8,5 9 9,5 10
Deformazione percentuale sotto carico massimo Agt [%]

Fig. 6-21: Confronto fra le curvature ultime in funzione dell’Agt

50

46
Fattore di duttilità in curvaturamc

42 Dual Phase T 740 °C

Dual Phase T 800 °C


38

34

30 Tempcore

26
300 350 400 450 500 550
Carico di snervamento Rp0.2 [MPa]

- 188 -
Fig. 6-22: Confronto fra i fattori di duttilità in curvatura in funzione del carico di snervamento

6.3 Duttilità dell’elemento

La relazione Momento – curvatura, pur essendo molto significativa, rappresenta il comportamento


delle sezioni fessurate e non fornisce sufficienti indicazioni su quello globale della trave, che di-
pende essenzialmente dalla distribuzione delle curvature lungo tutto l’elemento.
Tale distribuzione è condizionata, tra fessura e fessura, dal trasferimento degli sforzi dall’armatura
al calcestruzzo teso che determina, come noto, un effetto irrigidente (“tension stiffening”), riducen-
do la deformazione dell’acciaio e di conseguenza la capacità deformativa dell’elemento. Il feno-
meno dipende soprattutto dal legame di aderenza acciaio-calcestruzzo, ma anche dalle caratteri-
stiche dell’acciaio impiegato.
Infatti, se l’impiego di acciaio con maggiore allungamento ultimo consente di attingere una curvatu-
ra ultima più elevata, all’aumentare del rapporto di incrudimento si ha una maggiore diffusione della
plasticizzazione lungo l’elemento e quindi una superiore deformazione plastica. Queste considera-
zioni permettono di interpretare i risultati ottenuti nei successivi sviluppi numerici sulla deformabilità
di elementi in c.a.
Sulla base dell’analisi proposta e discussa in precedenza, è immediata la valutazione numerica del
comportamento di elementi inflessi.
Per analizzare le prestazioni in termini di capacità rotazionale dell’elemento, conseguenti
all’impiego degli acciai Dual Phase, si fa riferimento alle travi illustrate in Fig. 6-23 e Fig. 6-24.

F
d' = 0.1h
Asc

H = 600mm h = 500mm

L= 10H
Ast

B = 300mm
deformata della linea d'asse

Fig. 6-23: Esempio di trave semplicemente appoggiata

F
d' = 0.1h
H = 300mm h = 250mm

B = 300mm
L=10H

deformata della linea d'asse

Fig. 6-24: Esempio di mensola

- 189 -
Lo schema statico considerato è costituito in un caso (Fig. 6-23) da un elemento in c.a. semplice-
mente appoggiato, caricato in mezzeria da una forza concentrata ortogonale all’asse, nell’altro
(Fig. 6-24) da una mensola con applicata all’estremità una forza verticale. La sezione trasversale è
stata fissata, in entrambe le situazioni, di altezza pari ad 1/10 della luce, in modo da poter ritenere
trascurabili gli effetti legati allo sforzo di taglio. Si è supposta per la trave un’armatura longitudinale
in trazione costituita da 4 barre di 16 mm di diametro, e una in compressione realizzata con barre
di diametro inferiore (4 F 12). Il rapporto tra le due armature, tesa e compressa, risulta prossimo a
due, con una percentuale geometrica di armatura tesa pari a 0.47%. E’ stata inoltre ipotizzata
un’armatura trasversale corrispondente ad una percentuale volumetrica dello 1.2% circa.
Nel caso della mensola, si fa riferimento ad una sezione quadrata di lato 30 cm armata simmetri-
camente con 4 barre di 16 mm di diametro per lato con staffe F 8 poste ad un interasse di 10 cm, .
Per quanto riguarda le proprietà dei materiali impiegati, si considera un calcestruzzo di resistenza
cilindrica caratteristica fck di 30 MPa e differenti tipologie di acciai le cui caratteristiche sono rias-
sunte nelle Tabella 6-5, Tabella 6-6 e Tabella 6-8 relative agli acciai considerati del tipo FeB 44k,
B500C Tempcore e Dual Phase, rispettivamente.
La deformabilità della trave viene caratterizzata mediante la rotazione della sezione più sollecitata
di mezzeria, quella della mensola, invece, dalla rotazione di estremità.
Nelle Tabella 6-14 e Tabella 6-15 si riportano i dati ricavati nell’indagine parametrica relativa alla
trave semplicemente appoggiata di Fig. 6-23.

Armatura tras-
Tipo di acciaio My [Nmm] qy [rad] Mu [Nmm] qu [rad]
versale
DP T740a F8/50 9,760E+07 3,280E-03 2,700E+08 1,237E-01

DP T760a F8/50 1,136E+08 4,810E-03 2,770E+08 1,139E-01

DP T780a F8/50 1,206E+08 5,280E-03 2,920E+08 1,137E-01

DP T800a F8/50 1,201E+08 5,760E-03 2,797E+08 1,083E-01

DP T820b F8/50 1,102E+08 4,100E-03 2,708E+08 1,537E-01

Feb 44k F8/50 1,158E+08 8,190E-03 2,161E+08 9,000E-02

Tempcore F8/50 1,897E+08 1,080E-02 2,410E+08 6,000E-02

Tabella 6-14: Risultati dell’indagine parametrica sulla trave di Fig. 6-23

Tipo di ac- Armatura Lpl=qpl/cpl


qpl [rad] mq cu [mm-1] cpl [mm-1] mc
ciaio trasversale [mm]
DP T740a F8/50 1,200E-01 37,68 2,23E-04 2,185E-04 47,83 551,121

DP T760a F8/50 1,090E-01 23,68 2,46E-04 2,41E-04 48,15 453,220

DP T780a F8/50 1,084E-01 21,52 2,24E-04 2,191E-04 43,41 494,747

DP T800a F8/50 1,025E-01 18,79 2,13E-04 2,076E-04 41,61 493,931

DP T820b F8/50 1,496E-01 37,41 3,31E-04 3,260E-04 75,34 458,896

- 190 -
Feb 44k F8/50 8,230E-02 11,05 2,65E-04 2,599E-04 48,91 314,775

Tempcore F8/50 4,960E-02 5,56 2,00E-04 1,930E-04 30,53 254,922

Tabella 6-15: Risultati dell’indagine parametrica sulla trave di Fig. 6-23

In esse sono indicati il momento My e la rotazione qy allo snervamento, il momento Mu e la rota-

zione qu in condizioni ultime della sezione di mezzeria, la capacità rotazionale θ pl = θu − θ y , la


curvatura ultima cu e plastica cpl, il fattore di duttilità in rotazione mq e in curvatura mc, la lun-
ghezza di cerniera plastica equivalente Lp.
Le Fig. 6-25, Fig. 6-26 e Fig. 6-27 illustrano il confronto dell’andamento del coefficiente di duttilità in
rotazione mq ,delle rotazioni ultima qu e plastica qpl al variare del rapporto di incrudimento degli
acciai: le caratteristiche di duttilità della trave aumentano al crescere del rapporto di incrudimento.
La Fig. 6-25 mostra che il valore del coefficiente di duttilità dell’elemento assume valori elevati nei
casi in cui siano impiegati acciai del tipo Dual Phase. In particolare, si può osservare che la duttilità
della trave, pur essendo sempre inferiore a quella della sezione, nel caso di questi acciai manifesta
una riduzione più contenuta rispetto alle situazioni con un Tempcore o con un FeB 44k di normati-
va; i risultati ottenuti evidenziano, infatti, come a livello di elemento siano ancora più elevate le pre-
stazioni esibite da questi acciai d’avanguardia.
La rotazione plastica e quella manifestata in corrispondenza della curvatura ultima della sezione
critica della trave confermano le migliori performance dei Dual Phase: per gli elementi armati con
acciaio tipo Tempcore i valori di rotazione in campo plastico sono sempre inferiori alla metà di quel-
li corrispondenti al caso degli acciai Dual Phase considerati.

50
Fattore di duttilità in rotazione mq

40
740a
820b
30

760a
780a
20
800a

10 FeB 44k

Tempcore

0
1 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6 1,7 1,8 1,9 2
Rapporto di incrudimento k
Fig. 6-25: Andamento del fattore di duttilità in rotazione in funzione del rapporto di incrudimento

- 191 -
0,20

0,18

0,15 T820b
Rotazione ultima qu [rad]

T740a
0,13
T760a T780a
0,10 T800a
FeB44k
0,08
Tempcore
0,05

0,03

0,00
1,00 1,10 1,20 1,30 1,40 1,50 1,60 1,70 1,80 1,90 2,00
Rapporto di incrudimento k

Fig. 6-26: Andamento della rotazione ultima in funzione del rapporto di incrudimento
0,20

0,18
T820b
0,15
Rotazione plastica q pl [rad]

0,13
T740a
T760a T780a
0,10 T800a

0,08 FeB 44k

0,05 Tempcore

0,03

0,00
1 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6 1,7 1,8 1,9 2
Rapporto di incrudimento k

Fig. 6-27: Andamento della capacità rotazionale in funzione del rapporto di incrudimento

Tali semplici risultati forniscono una evidente indicazione sull’entità dell’aumento di duttilità dovuta
alla variazione delle caratteristiche dell’acciaio; è importante però aggiungere che le differenze so-
no così pronunciate per il fatto che si è preso in considerazione il caso di debole armatura con ele-
vato confinamento, tuttavia, questo si presenta come una condizione necessaria al fine di mettere
in luce le prestazioni di duttilità strutturale conseguenti alla modifica dei parametri meccanici
dell’acciaio.

- 192 -
L’andamento delle curve momento-rotazione degli stessi casi analizzati precedentemente è rap-
presentato nelle figure successive (Fig. 6-28,Fig. 6-29,Fig. 6-30 e Fig. 6-31).
300 300

250 250
Momento flettentel [kNm]

Momento flettentel [kNm]


200 200

150 150

100 100

50 50

0 0
0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,12 0,14 0,16 0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,12 0,14
Rotazione q [rad] Rotazione q [rad]

Fig. 6-28: Curva momento-rotazione per un T740a Fig. 6-29: Curva momento-rotazione per un T760a

300 300

250 250
Momento flettentel [kNm]

200 Momento flettentel [kNm] 200

150 150

100 100

50 50

0 0
0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,12 0,14 0,16 0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,12 0,14
Rotazione q [rad] Rotazione q [rad]

Fig. 6-30: Curva momento-rotazione per un T780a Fig. 6-31: Curva momento-rotazione per un T800a

300 300

250 250
Momento flettentel [kNm]

Momento flettentel [kNm]

200 200

150 150

100 100

50 50

0 0
0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,12 0,14 0,16 0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,12 0,14 0,16
Rotazione q [rad] Rotazione q [rad]

Fig. 6-32: Curva momento-rotazione per un FeB 44k Fig. 6-33: Curva momento-rotazione per un Tempcore

La Fig. 6-34 mostra il confronto fra le curve momento – rotazione al variare degli acciai: appare e-
vidente il comportamento nettamente più duttile della trave armata con i Dual Phase.

- 193 -
300
T780a T760a T800a
T740a
250 T820b
Tempcore
Momento flettentel [kNm]

FeB 44k
200

150

100

50

0
0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,12 0,14 0,16
Rotazione q [rad]

Fig. 6-34: Confronto fra le curve momento-rotazione al variare degli acciai

Infatti, l’andamento delle rotazioni, diversamente dalla curvatura massima che dipende quasi e-
sclusivamente dalla deformazione ultima dei materiali, è fortemente influenzato dall’incrudimento
dell’acciaio che condiziona la distribuzione della plasticizzazione lungo l’elemento. Pertanto, quan-
do la sezione è caratterizzata da contenuti rapporti meccanici di armatura longitudinale e il confi-
namento del calcestruzzo è tale da consentire elevate deformazioni, per cui la crisi è governata
dall’acciaio, i Dual Phase permettono di ottenere una pronunciata deformabilità strutturale rispetto
ai convenzionali acciai da cemento armato. Il risultato può essere interpretato in termini di diversa
diffusione dello snervamento lungo la barra d’armatura, oltre la sezione fessurata, in funzione del
rapporto di incrudimento.
In particolare, il modello formulato ai fini dell’analisi del legame Momento - curvatura media di un
elemento inflesso e fessurato consente di mettere in evidenza l’effetto di localizzazione della de-
formazione nell’acciaio all’atto della fessurazione.
Le Fig. 6-35, Fig. 6-37, Fig. 6-39, Fig. 6-41 e Fig. 6-43 mostrano l’andamento della deformazione
nell’acciaio teso in due sezioni caratteristiche di un concio, quella fessurata (eso) e quella di estre-

mità (es2), all’aumentare della curvatura e al variare delle caratteristiche degli acciai; nelle Fig.
6-36, Fig. 6-38, Fig. 6-40, Fig. 6-42 e Fig. 6-44 è inoltre illustrato l’andamento delle curve momento
– curvatura media del concio e momento –curvatura della sezione fessurata.
In ciascuno dei suddetti diagrammi è riportato il confronto fra i risultati relativi ad un elemento ar-
mato con un Dual Phase (curve color verde) e uno armato con l’acciaio tipo Tempcore considerato
(curve color blue).
Si osserva immediatamente come il trasferimento degli sforzi di trazione dall’acciaio teso al calce-
struzzo teso, pur comportando variazioni di tensione nell’acciaio molto modeste, fornisca diminu-
zioni di deformazione e quindi di curvatura pronunciate, e questo in tutti i casi considerati. Tuttavia,

- 194 -
per le travi armate con acciai Dual Phase questa diminuzione di deformabilità lungo il concio a par-
tire dalla fessura è inferiore rispetto al caso con acciaio tipo Tempcore. Ciò è ovviamente dovuto
alla forma del diagramma tensione – deformazione dell’acciaio che per elevate deformazioni, nel
caso di un Tempcore, si presenta quasi piatto; a piccoli variazioni di tensione corrispondono dun-
que grandi variazioni di deformazione. Conseguentemente il problema è fortemente sensibile alle
modifiche di tale legame costitutivo.
0,14

0,12
Deformazione nell'acciaio tesoes

0,10 eso (Tempcore) eso (T740a)

0,08

0,06

es2 (T740a)
0,04

es2 (Tempcore)
0,02

0,00
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25
3
Curvatura c [mm*10 ]

Fig. 6-35: Diagramma Deformazione acciaio teso – curvatura per un elemento armato con un T740a e un ac-
ciaio tipo Tempcore

300
c sez. fessurata (T740a)
c media (T740a)

250 c sez. fessurata


c media (Tempcore)
(Tempcore)
Momento flettentel [kNm]

200

150

100

50

0
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25
3
Curvatura c [mm*10 ]
Fig. 6-36: : Diagramma Momento flettente – curvatura del concio per un elemento armato con un T740a e
uno con un acciaio tipo Tempcore

- 195 -
0,14

0,12
Deformazione nell'acciaio tesoes

0,10 eso (T760a)


eso (Tempcore)

0,08

0,06

es2 (T760a)
0,04

es2 (Tempcore)
0,02

0,00
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25
Curvatura c [mm*103]
Fig. 6-37: Diagramma Deformazione acciaio teso es – curvatura c per un elemento armato con un T760a e
uno con un acciaio tipo Tempcore

300
c media (T760a)

c sez. fessurata (T760a)


250
c media
(Tempcore) c sez. fessurata
Momento flettentel [kNm]

(Tempcore)
200

150

100

50

0
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25
3
Curvatura c [mm*10 ]
Fig. 6-38: Diagramma Momento flettente – curvatura del concio per un elemento armato con un T760a e uno
con un acciaio tipo Tempcore

- 196 -
0,14

0,12
Deformazione nell'acciaio tesoes

0,10 eso (T780a)


eso (Tempcore)

0,08

0,06

es2 (T780a)
0,04

es2 (Tempcore)
0,02

0,00
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25
Curvatura c [mm*103]

Fig. 6-39: Diagramma Deformazione acciaio teso es – curvatura c per un elemento armato con un T780a e
uno con un acciaio tipo Tempcore

300 c media (T780a)


c sez. fessurata (T780a)

250 c media (Tempcore)


c sez. fessurata (Tempcore)
Momento flettentel [kNm]

200

150

100

50

0
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25
3
Curvatura c [mm*10 ]

Fig. 6-40: Diagramma Momento flettente – curvatura del concio per un elemento armato con un T780a e uno
con un acciaio tipo Tempcore

- 197 -
0,14

0,12
Deformazione nell'acciaio tesoes

0,10 eso (T800a)


eso (Tempcore)

0,08

0,06

0,04 es2 (T800a)

es2 (Tempcore)
0,02

0,00
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25
Curvatura c [mm*103]

Fig. 6-41: Diagramma Deformazione acciaio teso es – curvatura c per un elemento armato con un T800a e
uno con un acciaio tipo Tempcore

300
c media (T800a)
c sez. fessurata (T800a)
250
c media (Tempcore)
c sez. fessurata (Tempcore)
Momento flettentel [kNm]

200

150

100

50

0
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25
3
Curvatura c [mm*10 ]

Fig. 6-42: Diagramma Momento flettente – curvatura del concio per un elemento armato con un T800a e uno
con un acciaio tipo Tempcore

- 198 -
0,16
eso (T800a)
Deformazione nell'acciaio tesoes 0,14

0,12

0,10 eso (Tempcore)

0,08

0,06 es2 (T800a)

0,04

es2 (Tempcore)
0,02

0,00
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25
Curvatura c [mm*103]

Fig. 6-43: Diagramma Deformazione acciaio teso es – curvatura c per un elemento armato con un T820a e
uno con un acciaio tipo Tempcore

300
c media (T820a)

250 c sez. fessurata (T820a)


c media (Tempcore)
c sez. fessurata (Tempcore)
Momento flettentel [kNm]

200

150

100

50

0
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35
3
Curvatura c [mm*10 ]
Fig. 6-44: Diagramma Momento flettente – curvatura del concio per un elemento armato con un T820a e uno
con un acciaio tipo Tempcore

Nelle Fig. 6-45 e Fig. 6-46 è illustrato, invece, il confronto fra i risultati corrispondenti ad un elemen-
to armato con un acciaio tradizionale FeB 44k di normativa e il caso con l’acciaio tipo Tempcore
considerato.

- 199 -
0,14

0,12 eso (FeB 44k)


Deformazione nell'acciaio tesoes

0,10 eso (Tempcore)

0,08

0,06

0,04
es2 (FeB 44k)

0,02 es2 (Tempcore)

0,00
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25
3
Curvatura c [mm*10 ]

Fig. 6-45: Diagramma Deformazione acciaio teso es – curvatura c per un elemento armato con un acciaio ti-
po Tempcore e uno con un FeB 44k di normativa

300

c media
250 (Tempcore) c sez. fessurata (Tempcore)

c media (FeB 44k)


Momento flettentel [kNm]

200 c sez. fessurata (FeB 44k)

150

100

50

0
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30
Curvatura c [mm*103]
Fig. 6-46: Diagramma Momento flettente – curvatura del concio per un elemento armato con un acciaio tipo
Tempcore e uno con un FeB 44k di normativa

Dai risultati riassunti nelle figure precedenti si può ricavare, pertanto, che raggiunta la condizione di
fessurazione della sezione, al crescere delle sollecitazioni, si manifestano lungo le barre incrementi
di deformazione tanto maggiori quanto più elevato è l’incrudimento. Infatti, al diminuire
dell’incrudimento, in prossimità delle sezioni fessurate, si generano maggiori localizzazioni di de-

- 200 -
formazione che possono comportare un rapido raggiungimento della condizione di massimo allun-
gamento della barra. Questo si traduce in una ridotta capacità di deformazione plastica dell’intero
elemento e in una tendenza ad un comportamento fragile globale.
Tale risultato è confermato anche dal confronto fra le lunghezze di cerniera plastica equivalente
ricavate per la trave di Fig. 6-23 al variare delle caratteristiche di incrudimento degli acciai conside-
rati.

600
T740a

T780a
Lunghezza di cerniera plastica Lp [mm]

500 T800a
T820b
T760a
400

300 FeB 44k

Tempcore

200

100

0
1 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6 1,7 1,8 1,9 2
Rapporto di incrudimento k

Fig. 6-47: Confronto fra le lunghezze di cerniera plastica in funzione del rapporto di incrudimento

In Fig. 6-48 è mostrato, invece, il confronto fra gli andamenti delle curve momento – rotazione della
sezione di estremità della mensola di Fig. 6-24 corrispondenti a differenti tipi delle barre
d’armatura: sono stati presi in considerazione gli acciai tipo Tempcore e Dual Phase le cui caratte-
ristiche meccaniche sono riassunte in Tabella 6-6, Tabella 6-9 e Tabella 6-10.
I diagrammi rappresentati in rosso e in magenta sono relativi agli acciai Dual Phase temprati rispet-
tivamente a 800 e 740 °C e analizzati nella seconda fase sperimentale, quello blue corrisponde al
caso dell’acciaio tipo Tempcore.
Nei diagrammi di Fig. 6-49 e di Fig. 6-50 sono illustrati i confronti fra i valori delle rotazioni esibite
in campo plastico dalla sezione di estremità della mensola e i valori del coefficiente di duttilità in
rotazione, rispettivamente, al variare del rapporto di incrudimento degli acciai.
Infine, la Fig. 6-51 illustra le lunghezze equivalenti di cerniera plastica ottenute nei tre casi conside-
rati.
L’analisi dei risultati ottenuti in queste ultime elaborazioni numeriche consente di confermare le mi-
gliori performance garantite dall’impiego dei Dual Phase a livello di elemento strutturale, sebbene
la duttilità delle sezioni sia inferiore al caso corrispondente all’acciaio tipo Tempcore.

- 201 -
Ciò si spiega, come noto, in riferimento ai valori assunti dalla deformazione ultima e dal rapporto di
incrudimento: nel caso del Tempcore l’Agt è superiore ma il rapporto di incrudimento k è minore ri-
spetto ai valori esibiti dai Dual Phase considerati.

150
Dual Phase T800

125
Dual Phase T740
Tempcore
Momento flettentel [kNm]

100

75

50

25

0
0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,12 0,14 0,16
Rotazione q [rad]
Fig. 6-48: Confronto fra le curve momento-rotazione della mensola di Fig. 6-24 al variare degli acciai

0,20

0,18
Rotazione plastica qpl [rad]

0,15
Dual Phase 740

Dual Phase 800


0,13

0,10

0,08
Tempcore

0,05
1,00 1,20 1,40 1,60 1,80 2,00
Rapporto di incrudimento k

Fig. 6-49: Confronto fra le rotazioni plastiche della mensola di Fig. 6-24 al variare degli acciai

- 202 -
50

45 Dual Phase T740


Dual Phase T800
Fattore di duttilità in rotazionemq

40

35
Tempcore

30

25

20
1 1,2 1,4 1,6 1,8 2
Rapporto di incrudimento k

Fig. 6-50: Confronto fra i coefficienti di duttilità in rotazione della mensola di Fig. 6-24 al variare degli acciai

400

Dual Phase T800


Lunghezza di cerniera plastica Lp [mm]

300
Dual Phase T740

200

Tempcore

100

0
1 1,2 1,4 1,6 1,8 2
Rapporto di incrudimento k

Fig. 6-51: fra le lunghezze equivalenti di cerniera plastica della mensola di Fig. 6-24 al variare degli acciai

E’ interessante poi esaminare l’andamento delle curvature lungo l’asse della trave in condizioni ul-
time per due differenti situazioni: si prende in considerazione l’esempio di Fig. 6-23 relativo, in un
caso, ad un elemento armato con l’acciaio Dual Phase T760a di caratteristiche illustrate in Tabella
6-8 e, nell’altro, ad una trave armata con il tipo Tempcore di Tabella 6-6.

- 203 -
In entrambe le situazioni il diagramma presenta le ben note cuspidi in corrispondenza delle sezioni
ove si sono verificate le lesioni. Si rappresenta, inoltre, nelle stesse figure, con linea color rosso, il
diagramma delle curvature ottenuto nelle ipotesi di aderenza nulla acciaio - calcestruzzo e si rileva
così che esso coincide con quello che tiene conto del fenomeno di “tension stiffening” (linea color
blue) nelle sezioni di formazione delle lesioni, nelle quali la resistenza a trazione del calcestruzzo è
realmente nulla.
Dall’osservazione delle Fig. 6-52 e Fig. 6-53 è possibile rilevare come le curvature massime corri-
spondenti all’acciaio Tempcore e all’acciaio Dual Phase siano nello stesso rapporto che si verifica
per le deformazioni ultime dei due acciai. Può ancora osservarsi (in particolare nella Fig. 6-54) che
le curvature, nei casi dell’acciaio Tempcore, presentano una spiccata concentrazione nella mezze-
ria della trave, comportando così una più ridotta deformabilità dell’elemento.

0 1000 2000 3000 4000 5000 6000


0,00000

-0,00005
Curvatura [mm ]
-1

-0,00010

-0,00015

-0,00020

-0,00025
Ascisse [mm]

Fig. 6-52: Andamento teorico delle curvature in una trave in c.a. armata con un Dual Phase T760a

- 204 -
0 1000 2000 3000 4000 5000 6000
0,00000

-0,00005
Curvatura [mm ]
-1

-0,00010

-0,00015

-0,00020

-0,00025
Ascisse [mm]
Fig. 6-53: Andamento teorico delle curvature in una trave in c.a. armata con un Tempcore

0 1000 2000 3000 4000 5000 6000


0,00000
Tempcore

-0,00005
Curvatura [mm ]
-1

-0,00010

-0,00015

-0,00020

T760a
-0,00025
Ascisse [mm]
Fig. 6-54: Confronto fra gli andamenti delle curvature per le sezioni fessurate delle travi armate con un Dual
Phase T760a e un Tempcore

Le medesime considerazioni possono essere fatte anche in riferimento alla Fig. 6-55 che mostra
l’andamento lungo la trave delle deformazioni medie nell’acciaio teso per i due differenti tipi di ac-
ciai.

- 205 -
0 1000 2000 3000 4000 5000 6000
0,00
Soglia di snervamento
Deformazione media nell'acciaio teso esm

Tempcore

-0,02

-0,04

-0,06 T760a

-0,08
Ascisse [mm]
Fig. 6-55: Andamento delle deformazioni medie nell’acciaio teso

In particolare, focalizzando l’attenzione sul concio maggiormente sollecitato, quello di mezzeria, è


possibile calcolare un parametro che consente di quantificare l’effetto di localizzazione delle de-
formazioni in corrispondenza delle sezioni fessurate, il cosiddetto fattore di concentrazione delle
deformazioni Kconc, come definito nella (5.43).
In entrambi i casi studiati, per effetto di un incremento di curvatura Dc impresso all’elemento in cor-
rispondenza della situazione di primo snervamento dell’acciaio, si origina un aumento della defor-
mazione locale Des1 nella sezione centrale fessurata ed un incremento lungo il concio Desm. A
causa del fenomeno di “tension stiffening” queste due quantità sono differenti e dal loro rapporto è
possibile desumere l’entità della diffusione del fronte plastico nel concio.
Per lo stesso aumento della curvatura media (dell’ordine di 3.4*10-5) in campo plastico, nel caso
dell’acciaio T760a si ha:

∆ε s1 = 0,02718 (6.9)

∆ε sm = 0,0209 (6.10)

K conc = 1,3 (6.11)

mentre per il caso corrispondente al Tempcore si ottiene:

∆ε s1 = 0,0439 (6.12)

∆ε sm = 0,02054 (6.13)

K conc = 2,14 (6.14)

- 206 -
Appare evidente anche da questi risultati numerici la differenza di comportamento tra i due acciai,
da attribuire sostanzialmente alle differenti proprietà di incrudimento esibite.
La figura successiva (Fig. 6-56) riassume il quadro fessurativo e visualizza la propagazione del
fronte plastico nell’acciaio in corrispondenza della situazione ultima, sulla base del modello teorico
elaborato per i due casi considerati, nell’ipotesi di distanza minima tra le fessure.
Dall’osservazione dei dati ricavati in queste ultime elaborazioni numeriche si può quindi affermare
che l’impiego di un Dual Phase consente di ottenere un comportamento strutturale maggiormente
duttile in quanto la deformazione locale es delle barre d’armatura tende a raggiungere la situazione
ultima nella sezione fessurata meno rapidamente, comportando una maggiore diffusione della de-
formazione plastica e quindi anche un aumento della duttilità globale rispetto al caso di impiego di
un tradizionale acciaio da c.a.

Acciaio
T760a

Zona plasticizzata

Acciaio
Tempcore

Zona plasticizzata

Fig. 6-56: Rappresentazione della situazione ultima per una trave in c.a. al variare dell’acciaio d’armatura

- 207 -
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- 208 -
7 Conclusioni e sviluppi futuri

I risultati sperimentali delle prove di trazione eseguite sui campioni Dual Phase con diametro 16
mm, ottenuti per laminazione a caldo e successiva tempra nel campo intercritico tra i 740 e i 820
°C, consentono di affermare che:
• Il Carico massimo Rm degli acciai Dual Phase risulta elevato rispetto a quello di un tradi-
zionale acciaio FeB 44k; in particolare, al crescere nel campo intercritico della temperatura
di inizio tempra si osserva un aumento della resistenza dei saggi dovuto all’incremento del-
la frazione volumetrica di fase dura martensitica.
• La tensione di snervamento Rp0.2, in media, inferiore a quella di un acciaio FeB 44k di nor-
mativa, cresce all’aumentare della temperatura di tempra intercritica presentando un gra-
diente inferiore a quello esibito dal Carico massimo.
• Il rapporto di incrudimento (Rm/Rp0.2) dei Dual Phase risulta sensibilmente elevato, il valore
minimo è di poco inferiore a 1.7.
• Il parametro di deformazione Agt si mantiene superiore al 7% e mostra un comportamento
tendenzialmente crescente all’aumentare della temperatura di tempra intercritica, raggiun-
gendo nel caso del saggio temprato a 820 °C il valore massimo di 14,85%.
• Le curve tensioni – deformazioni ricavate da questi acciai non presentano una soglia di
snervamento definita mentre manifestano due differenti stadi di incrudimento, il primo as-
sociato alla deformazione della matrice ferritica, il secondo a quello di entrambe le fasi. I
valori sperimentali delle prove di trazione sono descritti con buona approssimazione dalla
relazione di Hollomon attraverso il coefficiente di incrudimento n che nel primo stadio as-
sume in media un valore di 0.74 e nel secondo di 0.21, con contenute fluttuazioni al variare
della temperatura di tempra nel campo considerato.
L’analisi parametrica effettuata su sezioni ed elementi in c.a. inflessi armati con le differenti tipolo-
gie di acciai prese in considerazione (Dual Phase, B500C Tempcore, infine FeB 44k di normativa),
ha consentito di valutare l’influenza delle caratteristiche meccaniche degli acciai d’armatura sulla
duttilità delle strutture in c.a. e, in particolare, di mettere in luce le prestazioni garantite dall’impiego
dei Dual Phase.
I risultati dell’indagine indicano che quando la crisi della sezione è di tipo duttile, cioè legata
all’acciaio, si può osservare che:
• La curvatura ultima cu della sezione dipende quasi esclusivamente dalla deformazione ul-
tima dell’acciaio: i valori corrispondenti alle differenti tipologie non presentano pronunciate
differenze poiché la capacità deformativa dei materiali nei diversi casi è paragonabile.
• Il coefficiente di duttilità in curvatura mc cresce al diminuire delle caratteristiche di snerva-
mento dell’acciaio: esso assume nel caso di sezioni armate con i Dual Phase valori mag-
giori del doppio rispetto a quello corrispondente al Tempcore; risulta, inoltre, rilevante la
diminuzione di duttilità che si ha nel caso di un Tempcore rispetto a quello di un acciaio di
normativa FeB 44k

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• La capacità rotazionale è in tutti i casi considerati fortemente influenzata dal rapporto di in-
crudimento dell’acciaio: le rotazioni plastiche e i fattori di duttilità in rotazione ottenuti nelle
situazioni corrispondenti ai Dual Phase sono sensibilmente superiori a quelli esibiti nel ca-
so di un Tempcore e di un FeB 44k di norma.
E’ emersa, in particolare, l’esigenza che la differenza tra le caratteristiche dell’acciaio poste alla
base della progettazione e quelle delle armature utilizzate in cantiere sia contenuto entro valori li-
mitati al fine di evitare una significativa diminuzione della duttilità strutturale rispetto a quanto ipo-
tizzato in fase di progetto.
Per quanto riguarda l’analisi relativa alla definizione di una lunghezza equivalente di cerniera pla-
stica emerge che tale grandezza dovrebbe dipendere dalle caratteristiche dell’acciaio, soprattutto
da quelle di incrudimento.
In particolare, l’impiego di un Dual Phase determina una diffusione della zona plasticizzata e con-
seguentemente della lunghezza di cerniera plastica lungo l’elemento in c.a. notevolmente maggio-
re rispetto a quanto si verifica con un Tempcore di produzione corrente. Infatti, nel caso di bassi
rapporti di incrudimento, l’effetto di localizzazione delle deformazioni nell’acciaio in corrispondenza
delle lesioni può condurre a rotture locali con conseguente diminuzione della duttilità globale della
struttura.
Pertanto, dai risultati ricavati dall’indagine condotta, è possibile prevedere che l’utilizzo degli acciai
Dual Phase in zona sismica conduca ad un miglior comportamento globale delle strutture in c.a.
rispetto al caso corrispondente a quelle realizzate impiegando acciai al Carbonio tradizionali.
Lo studio ha posto, inoltre, la base per ulteriori indagini sull’utilizzo di armature (barre e staffe) in
acciaio Dual Phase, da realizzarsi attraverso completamento della campagna di sperimentazione
meccanica degli acciai e analisi del comportamento sperimentale di travi e colonne armate con
Dual Phase e soggette ad azioni monotone e cicliche, da effettuarsi nell’ambito della collaborazio-
ne Dipartimento di Ingegneria Strutturale dell’Università di Pisa – Gruppo Riva.
Parte delle analisi condotte saranno inserite nel programma Opus, riproposto probabilmente con la
partecipazione di Arcelor e Salzgitter, con il compito di definire le proprietà meccaniche degli acciai
da utilizzare in zona sismica.
E’ inoltre possibile prevedere, al termine delle indagini suddette, un progetto di ricerca nell’ambito
della proposta Intraquake, in corso di finanziamento da parte della C.E., nell’ambito della quale po-
tranno essere realizzati e sottoposti a prove pseudo – dinamiche edifici in scala reale realizzati al-
ternativamente con acciai tipo Tempcore e con acciai tipo Dual Phase.

- 210 -
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[55] Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274. “Norme tecniche per il progetto, la
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[56] Eurocode N°2: Design of Concrete Structures – Part 1: General Rules and Rules for Buildings.
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[57] Eurocode N°8: Design of structures for earthquake resistance. ENV 1998-1-1, Dicembre 2003

[58] C.Bosco, P.G.Debernardi. “Influenza della duttilità degli acciai sulla capacità di rotazione pla-
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