GREPPI”
Indirizzo: Chimico Monticello B.za (LC)
Classe: 5^KA Anno Scolastico: 2007/2008
Zahfran
la Chioma degli Angeli
Lo zafferano:
il fiore, la storia, le sue contraffazioni e le
analisi per smascherarle.
Il candidato Il relatore
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Simone Conti Francesco Spotti
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Introduzione
Oltre la Persia dei Re, sui primi contrafforti calcarei delle montagne dell'Oxiana, cresce un
piccolo bulbo, il croco sativo.
Per tutta la ventosa primavera e per la secca estate non fa che vivacchiare, vegetando
lentamente cinque lunghe e sottilissime foglie colorate di un verde azzurrino striato d'argento.
Poi, con le prime piogge d'autunno, apre il suo fiore, a volte turchino, a volte violetto. È un
fiore di cinque petali che si uniscono in un delicato calice; nel calice quattro lunghi stami, sottili
come pagliuzze, maturano dal giallo acceso all'arancio.
A questo punto, prima che i venti freddi che rotolano selvaggi giù dalle vette
dall'Hindukush inizino a spianare le erbe dei prati, le ragazze dei villaggi di pastori sparsi
sull’altopiano intraprendono la raccolta dello zafferano, Zahfran, la chioma degli angeli. È un
lavoro di grande pazienza e virtù, che le giovani donne compiono con grazia e maestria
staccando con le unghie gli stami uno a uno. Come impone la legge, nessuna di loro è più
vecchia di tredici anni, nessuna ha mai toccato un uomo. Alla fine del raccolto, dalle terre di
un’intera tribù si ricavano non più di due once di prodotto essiccato, ben custodito in sacchetti
di tela di lino appesi ai soffitti delle capanne.
Prima della neve i mercanti fanno il giro delle colline portando sale, pesce secco, fucili e
cartucce, da scambiare con i bianchi involti di lino. Negli anni di buon raccolto giungono
all’ammasso di Esfahan persino due quintali di spezia, caracollata a dorso di cammello dentro
piccole casse di piombo. Lì viene incantata all’asta e smistata negli empori di Samarkand, Cairo
e Istanbul, da dove verrà smerciata in tutto il mondo.
A suo tempo i mercanti pensarono di portare con loro dall’Oxiana anche le sementi dei
bulbi, e cercarono di diffondere ovunque la coltivazione di una droga così rara. Purtroppo il
croco sativo è un piccolo fiore ostinato e difficile a domarsi; ad oggi nel mondo intero non vi
sono che undici ben delimitate zone in cui la pianticella ha attecchito e prosperato, e undici
distinte qualità di zafferano. O forse dodici. Intorno al Settecento un tale Ibrahim Al Barrani,
ricco mediatore e botanico dilettante levantino, scoprì che triturando finemente l'ovario e la
corolla del fiore scartati durante la raccolta, si otteneva qualcosa che a prima vista poteva
essere scambiato con la preziosa materia degli stami. Ferve da allora una piccola industria di
contraffazione che porta nelle pentole di cuochi senza scrupoli o poco esperti uno sbiadito
succedaneo del vero Zafferano. A parte questo, naturalmente, la qualità del prodotto varia da
zona a zona. Lo zafferano di Mancia, ad esempio, non è buono come il persiano, quello di
Anatolia ancor meno; più profumato quello di Poitou e assai pungente lo scurissimo di
Mendoza. Introvabile e tenuto come sacro il pugnetto o poco più raccolto dalle bambine di
Zafferana, e migliore di tutti l'Aquilano, il famoso zafferano d'Abruzzo.
L’uso di questa droga è talmente diffuso in ogni parte del mondo che alla fine del secolo
scorso si costituì un comitato internazionale per la tutela e la calmierazione, il cui compito era
di tenere sott’occhio il mercato e impedire speculazioni che avrebbero potuto creare tali
disordini da giustificare l’intervento di un organismo internazionale. Per quel che se ne sa, quel
comitato è tuttora in funzione e il prezzo dello zafferano, come quello delle sue imitazioni, si è
dimostrato nel tempo assai più stabile di quello del metallo aureo.
Alla fine degli anni venti di questo secolo, nel porto di Genova, allo sbarco coloniali del
porto franco, venivano stoccate dieci diverse qualità di zafferano, compreso, non esattamente
alla luce del sole, anche il suo truffaldino surrogato. Oltre a questo, una ditta di spedizionieri
con lo scagno al varco di Sottoripa aveva il monopolio dell’esportazione della qualità aquilana.
Nelle drogherie della città, almeno in quelle del centro, erano in vendita tutte quante.
Nello stesso periodo, allo scalo merci pregiate del porto di New York, passavano i controlli
di dogana due soli tipi di zafferano, uno di provenienza spagnola e uno francese; per il suo
fabbisogno la minuscola colonia libanese della città era costretta a contrabbandare in proprio
piccole quantità di prodotto persiano che, spesso intercettato dalle autorità tributarie, veniva
bruciato negli inceneritori dei servizi di sanità portuale, situati a ridosso del Bronx. Per
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l'occasione molta gente del quartiere si radunava nelle vie attorno ai forni per inebriarsi
dell’aria intensamente profumata dalla spezia.
New York era già una grande metropoli, ma evidentemente non lo era abbastanza perché
potesse contenere più di due miserabili, infime qualità di un raro quanto innocuo prodotto
alimentare.
C'è stato dunque un tempo in questo nostro secolo in cui Genova era grande tra le città
del mondo.
L'intero testo è sviluppato in capitoli, a loro volta suddivisi in paragrafi. Nel corso della
trattazione sarà fatto riferimento a Tavole e Allegati. Le prime, le Tavole, saranno poste al
termine di ogni capitolo e hanno lo scopo di chiarire alcuni punti con immagini, tabelle o
formule chimiche, che altrimenti interromperebbero la continuità del discorso. I secondi, gli
Allegati, saranno posti al termine della trattazione in primo luogo col fine di riportare le
metodiche delle analisi chimiche effettuate.
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Il Crocus Sativus Linneaus
Come già accennato nell’introduzione lo zafferano si ottiene dal fiore del Crocus Sativus,
in particolare la preziosa droga viene estratta dagli stimmi essiccati del fiore che questa pianta
produce. Il Crocus Sativus è una pianta perenne, sterile, con bulbo–tubero sferico,
appartenente alla famiglia delle Iridaceae.
Nella Tavola 1 è mostrato questo croco. Nell’Immagine 1 è rappresentata tutta la pianta:
il bulbo a cipolla, le lunghe e sottili foglie verdi che tendono all’azzurro e i fiori il cui colore
spazia dal turchino, al violetto, al lilla. Che sporgono dalla corolla di petali si intravedono gli
stimmi rossi dal quale si ricava lo zafferano. Nell’Immagine 2 si vede il pistillo del croco con gli
organi riproduttivi maschili e femminili. I rigonfiamenti color giallo costituiscono l’organo
riproduttivo maschile. L’organo femmine è composto da un filamento bianco che si divide in tre
filamenti color rosso scuro. La parte bianca è l’ovario e non è utile alla produzione dello
zafferano. La spezia deriva invece solo dalla parte apicale dei tre filamenti rosso cupi.
Il ciclo colturale del Crocus Sativus Linnaeus si divide in quattro fasi: impianto, crescita e
fioritura, riproduzione e espianto:
1° Fase: Impianto
Nel mese di luglio inizia la prima fase del ciclo colturale dello zafferano: l’impianto. I bulbi
provenienti dalla stagione precedente vengono messi a dimora nel terreno. Questo deve essere
lavorato in precedenza e specificamente preparato: il pH deve compreso fra 6,0 e 6,5 e deve
essere molto sciolto in quanto il croco teme i ristagni d’acqua. La piantagione consiste nel
sistemare i bulbi in solchi profondi circa 15cm, intervallandoli sulla fila circa 1cm e distanziando
i solchi di 25-30cm. Una volta sistemata la terra sopra i bulbi con un rastrello è bene
approfondire i solchi laterali per evitare ristagni d’acqua che, come detto, potrebbero risultare
dannosi. Il rapporto quantità di bulbi su unità di superficie di terreno coltivato è di circa 1–1,3
Kg/m2. Questa prima fase va espletata entro la fine di luglio.
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3° Fase: Riproduzione
Con la fine della fioritura il bulbo continua il suo ciclo vitale fino a fine maggio–metà
giugno, anche qui dipende dal clima. Sviluppa delle foglie lunghissime e si dedica alla
riproduzione. Nel terreno, dal bulbo madre destinato a scomparire, si differenziano i bulbilli che
raggiungeranno le dimensioni definitive di bulbo tuberi figli nel periodo di maggio–giugno. In
questi mesi il ciclo vegetativo della coltura termina e i bulbi per la riproduzione rimangono
quiescenti nel terreno, pronti per essere raccolti e impiantati nuovamente.
Pericolosi nemici dello zafferano sono i topi campagnoli, gli istrici ed i cinghiali che vanno
ghiotti del tubero e, tra i parassiti vegetali, c'è lo Scleroticum crocarum, un fungo, che provoca
un rigonfiamento del bulbo facendo ingiallire e poi morire la pianta. Il terreno colpito da questo
parassita rimane inutilizzabile per 10-13 anni. Altro parassita è il fusarium che impedisce alla
pianta la fioritura.
4° Fase: Espianto
Quando tutte le foglie si sono seccate si può procedere alla fase di espianto, procedura
che viene effettuata solitamente ogni due o quattro anni, pochissimi agricoltori procedono ogni
anno.
L’espianto si effettua per far sì che i bulbi figlio possano essere separati dal fratello
maggiore che ha preso il posto del genitore appena morto. Il ciclo vitale di un bulbo è di un
anno e termina con la fioritura, il maggiore dei bulbi figli ne prende il posto e durante l’inverno
ha la possibilità di aumentare le sue dimensioni se le condizioni climatiche e la tipologia di
terreno e di sostanze nutritive glielo consentono, altrimenti si limita alla sussistenza per la
sopravvivenza e a tal fine è in grado di ridurre le sue dimensioni.
Terminato l’espianto si controllano i bulbi raccolti. Vengono eliminati quelli danneggiati,
quelli troppo piccoli vengono messi a parte in quanto non produrrebbero fiori e quelli
sufficientemente grossi per la piantagione vengono mondati dalle tuniche esterne secche prima
di essere messi a dimora nel nuovo appezzamento.
Art. 1 – Il nome “zafferano” è riservato alla parte apicale dello stilo, con gli stimmi, del
“Crocus sativus L.”.
Lo zafferano la cui destinazione è duplice sia come droga sia come colorante viene
ricavato dall’essiccazione e dalla macinazione degli stimmi del “Crocus sativus L.”, pianta che
viene coltivata nell’Europa centrale e meridionale.
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Art. 2 – È vietata la vendita e la somministrazione, sotto la denominazione di
“zafferano”, di sostanze diverse da quelle cui spetta la suddetta denominazione, e di zafferano
sia in filamenti che in polvere mescolato con una qualsiasi sostanza estranea.
Lo zafferano in polvere deve essere venduto in involucri sigillati, recanti, oltre
all’indicazione prescritta dal seguente Art. 3, quella del peso netto e del nome e della sede
della ditta preparatrice. Tale disposizione non si applica allo zafferano venduto nelle farmacie,
a dosi terapeutiche.
Art. 3 – La denominazione di “zafferano” deve essere segnata sugli imballaggi che lo
contengono, nonché nelle fatture, nelle polizze di carico, nelle lettere di porto ed in ogni altro
documento destinato a comprovarne la vendita e la somministrazione.
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Tavola 1 – Il Crocus Sativus
Immagine 2
Immagine 1
Storia
Ricostruire la storia della coltivazione e del commercio dello zafferano, se da una parte si
rivela operazione di estremo interesse per comprendere i complessi intrecci fra le civiltà
europee ed extraeuropee, dall’altra presenta l’impossibilità d’essere esaustivi nell’ambito di un
lavoro della cartura del presente. Ci si limiterà pertanto a fornire in questa sintetica
introduzione alcuni spunti di analisi e di riflessione relativi alla tematica sopra citata.
Un ottimo parametro per ricostruire sinteticamente l’importanza dello zafferano è
studiare l’etimologia del termine, in quanto essa ripercorre, per così dire, la storia stessa delle
civiltà europee e del Vicino Oriente.
Etimologia
La più antica radice utilizzata per formare parole che indicassero lo zafferano è la radice
semita ṢPR che significa essere giallo o diventare giallo. I Sumeri, coniarono il termine azugna,
derivante da questa radice, per indicare un fiore non precisamente identificato, ma
presumibilmente lo zafferano. Questa radice ha presumibilmente influenzato, in prima istanza,
il termine arabo az-za’fran che indica questo fiore.
L’etimo che però ha registrato la maggior diffusione a partire dall’epoca classica è un
termine derivato dall’ebraico antico karkom spesso citato nell’Antico Testamento. Da tale
termine trae origina il vocabolo del greco antico knakos, che nel periodo classico mutò in
knekos e in knikion, termini impiegati per identificare piante dai fiori arancio, per poi assumere
la forma di krokos per identificare precisamente lo zafferano. Da questo termine derivano poi il
latino crocus, l’inglese antico crog o i termini gaelici crò, cròdh e cròch. Termini derivanti da
questa radice non vengono più utilizzati odiernamente se non per indicare la famiglia dei
crocchi in generale; il termine latino crocus indica l’intera famiglia dei crocchi e alcune lingue lo
inseriscono in posizione proclitica nel vocabolo per indicare lo zafferano, come si registra
nell’estone safrankrookus che potrebbe essere tradotto letteralmente come il croco dello
zafferano.
Parente dell’ebraico karkom è il termine arabo kurkum utilizzato anch’esso, insieme al già
menzionato az-za’fran, per indicare lo zafferano. Il termine non è molto probabilmente legato a
origini semite, ma al persiano kurkum o al sanscrito kunkuma. Da questo vocabolo arabo,
però, non derivano termini indicanti lo zafferano, bensì indicanti la curcuma; palese è
l’esempio italiano. L’unico termine che ancora oggi indica lo zafferano e mantiene tale radice è
l’armeno kerkoom. Interessante è comunque come due parole, aventi radici differenti indichino
in una lingua lo stesso prodotto, ma, all’interno di quella stessa civiltà, nel corso del tempo si
differenzino e finiscano per indicare due piante diverse. Probabilmente nel mondo arabo del
settimo secolo zafferano e curcuma erano spesso confuse per la loro somiglianza e, solo in
seguito, si cominciarono a differenziare, anche sul piano lessicale. Dal prodotto di questa
scissione, dal termine arabo az-za’fran, derivano i vocaboli che oggi indicano lo zafferano in
tutta Europa e in molti paesi extraeuropei, a causa quasi sicuramente del dominio che gli arabi
stabilirono nella penisola Iberica a partire dal settimo secolo: in galiziano azafran, in basco
azaparan, in portoghese açafrão e in catalano safrà. Dalla penisola Iberica poi questo nuovo
termine si è diffuso in tutta Europa e nel mondo: in latino safranum, in francese safran, in
tedesco safran, in inglese saffron, in italiano zafferano, in islandese saffran, in polacco szafran,
in finlandese sahrami, in esperanto safrano, in georgiano zaprana, in russo shafran in kazako
zağıparan, indi zafran, tailandese yafaran, giapponese safuran.
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Etimologie completamente diverse si hanno per le popolazioni del lontano oriente. I
termini che indicano lo zafferano in questi popoli derivano quasi esclusivamente da parole
sanscrite, in particolar modo da tre espressioni: kashmirajanman, kashmira e kesara. La prima
significa prodotto del Kashmir, la seconda che viene dal Kashmir. Queste radici hanno ragione
di essere in quanto la principale terra di produzione dello zafferano destinata ai mercati
orientali era il Kashmir. Quindi con queste due radici lo zafferano diventa il prodotto del
Kashmir. Questa radice persiste in poche lingue, un esempio è il malaysiano kashmiram. La
terza parola sanscrita indicata in precedenza significa capelli. Termini derivati da questa come
il sanscrito kesaravara, l’hindi kesar o l’urdu kisar fanno riferimento allo zafferano commerciato
in fili, e non in polvere, particolarmente simili a capelli.
Coltivazione e impiego
La coltivazione e l’impiego dello zafferano abbracciano più di 4000 anni di storia e
interessano svariate culture disseminate in tutte i continenti. Questa spezia, derivata dagli
stimmi essiccati del croco dello zafferano (Crocus Sativus), è annoverata tra le sostante più
costose di tutta la storia. Per il suo gusto amaro, la sua fragranza e le sue note leggermente
metalliche, lo zafferano è stato utilizzato per i fini più vari: come condimento, come profumo,
come colorante e come medicinale. Il bulbo è nativo del Medio Oriente, ma per la prima volta
fu coltivato in Grecia. Il suo precursore selvatico è il Crocus Cartwrightianus, ma l’uomo,
selezionando le piante con stimmi più lunghi del normale, è riuscito a isolare una forma
mutante del Crocus Cartwrightianus, il Crocus Sativus. Da questa selezione avvenuta migliaia
di anni orsono questo “bulbo mutante” è stato diffuso attraverso tutta l’Eurasia e, in seguito,
nelle Americhe.
La storia greca dello zafferano è però molto più antica e fonda le sue radici fino
dall’antica Età del Bronzo, come ben dimostrano i reperti storici di natura iconografica, in
particolare i numerosi affreschi rinvenuti fra le rovine dell’antica città di Akrotiri sull’isola di
Santorini, conosciuta dagli antichi come Thera, o come testimoniano le diverse leggende, le più
antiche delle quali narrano di marinai senza pudore imbarcati per raggiungere, dopo un lungo e
pericoloso viaggio, le remote terre della Cilicia: lì loro si auguravano di potersi procurare quello
che pensavano essere la qualità più pregiata di zafferano esistente al mondo.
La più nota di tali leggende si riferisce alla drammatica vicenda che vede quali
protagonisti Croco e Smilace. Il giovane Croco, di notevole bellezza e innamorato della ninfa
Smilace, prese ad inseguire l’innamorata nei boschi che cingevano Atene. I due vissero un
periodo di idilliaco amore, ma presto Smilace si stancò di Croco e fuggì da lui. Croco riprese ad
inseguirla ed ella lo seduceva spingendolo a cercarla. Al termine dell’affannosa gara, Smilace
fu quindi trasformata nell’omonima pianta, l’edera spinosa, che con le sue lunghe spine non
lascia che alcuno possa oltrepassare i sui intricati rami, mentre il giovane Croco nello
zafferano, i cui stimmi rossi costituiscono un vago ricordo del suo amore.
In Europa la coltivazione dello zafferano subì un brusco declino in seguito alla caduta
dell’Impero Romano: per diversi secoli essa rimase latente o addirittura inesistente sino a
quando quando la civiltà islamica giunse in Spagna attorno al secolo VIII. Una teoria sostiene
che gli islamici reintrodussero la coltivazione dello zafferano nella regione vicino a Poiters dopo
la battaglia vinta da Carlo Martello: due secoli dopo, la coltivazione dello zafferano era diffusa
nelle province meridionali dell’Andalusia, della Castiglia, de La Mancha e di Valencia.
Quando la morte nera devastò l’Europa fra il 1347 ed il 1350, la richiesta della spezia
aumentò considerevolmente in quanto lo zafferano era ricercato per le sue proprietà
medicinali. Rivelandosi insufficiente la produzione europea, grandi quantità furono importate
da terre non europee e poiché i commerci con i mussulmani erano ancora saltuari a causa delle
ostilità derivate dalle crociate, i bisogni dell’Europa centrale e settentrionale furono soddisfatti
dalle importazioni da luoghi come l’isola di Rodi.
Il valore raggiunto dalla spezia fu causa anche di aspri conflitti quali la “guerra dello
zafferano” che scoppiò allorquando un carico navale di 800 libbre (363Kg) di zafferano, che
avrebbe sul mercato odierno un valore di 1.500.000 euro (1g di zafferano vale oggi in media
circa 4,00€), fu dirottato e rubato, primo esempio di una estenuante guerra di corsa a cui il
commercio della spezia fu soggetta per tutto il tredicesimo e quattordicesimo secolo. Spesso i
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pirati che “lavoravano” nel bacino del Mediterraneo preferivano, alla navi cariche di oro, quelle
dei mercanti genovesi e veneziani diretti in Europa con le stive cariche di zafferano.
Il declino della coltivazione dello zafferano fra il secolo XVII e l’alba della rivoluzione
industriale fu dovuto all’introduzione in Europa di coltivazioni di più facile crescita come il mais
e le patate, che costantemente rubarono terreni precedentemente dedicate al croco dello
zafferano. In aggiunta l'élite che tradizionalmente costituiva il grosso del mercato dello
zafferano aveva sempre più crescente interesse nei prodotti esotici come il cioccolato, il caffè,
il te e la vaniglia. Infatti la coltivazione dello zafferano resistette solamente nel sud della
Francia, in Italia e in Spagna dove il commercio era sostegno e parte integrante delle economie
locali.
Lo zafferano d'Aquila
Una vicenda emblematica dell’importanza che lo zafferano esercitò nella vita economica e
sociale di una località è offerta dalla storia dello zafferano aquilano. Il più antico documento
che testimonia la coltura e il commercio dello Zafferano dell’Aquila è un diploma di re Roberto
d’Angiò, datato 1317, con il quale il monarca risponde positivamente ad una supplica dei
mercanti aquilani che chiedevano che fosse vietato ai doganieri del luogo imporre una seconda
imposta sulle merci preziose, quindi anche sullo zafferano. All’epoca l’Aquila era considerata
come il principale centro europeo di produzione della preziosa spezia e in città giungevano
mercanti veneziani, fiorentini e milanesi nonché i tedeschi di Norimberga che preferirono
abbandonare l'intermediazione dei mercanti veneziani e si stabilirono con una propria
rappresentanza nella Città dell'Aquila. Il maggior volume di produzione dello zafferano si
registrò nel corso del XVI secolo, ed esattamente a cavallo del biennio 1583-1584. Proprio nel
corso di tale secolo, a causa di una serie di guerre, di terremoti, della peste e delle sempre
maggiori imposte introdotte dai monarchi spagnoli, che si attivò tuttavia un lento ma
inesorabile declino della produzione dello zafferano. In particolare fu Carlo V a togliere alla
Città dell’Aquila i privilegi acquisiti nel passato impartendo l’ordine di costruire il castello-
fortezza per la cui edificazione furono necessari ben 100.000 scudi. Gli aquilani, non sapendo
come pagare, accettarono un'offerta dei commercianti tedeschi che si resero disponibili ad
anticipare parte di tale somma in cambio del controllo del prezzo dello Zafferano dell'Aquila.
Con il passare del tempo, in mancanza di un libero mercato, la coltivazione si ridusse di anno
in anno fino ad arrivare nel 1646 ad 1 kg contro i 4000 kg di due secoli prima.
Oggi lo Zafferano dell'Aquila è prodotto da pochi coltivatori localizzati prevalentemente
nella zona della Piana di Navelli e commercializzato da poche aziende agricole.
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Tavola 2 – Storia, aneddoti, coltivazione odierna
Come già accennato nell’introduzione di questo capitolo dedicato alla storia dello
zafferano, la preziosa spezia ha origine nel Medio Oriente. A prova di questo è stato dimostrato
che le sostanze coloranti proprie dello zafferano sono state rinvenute nelle pitture preistoriche
usate per rappresentare alcuni animali in caverne di 50.000 anni fa site nell’odierno Iraq. In
seguito i Sumeri utilizzarono lo zafferano come un ingrediente nei loro rimedi e nelle loro
pozioni magiche. Nonostante questo i Sumeri non coltivarono mai intensivamente lo zafferano;
questo popolo credeva che solo l’intervento divino proprio solo del rinvenimento occasionale di
fiori di zafferano cresciuti spontaneamente avrebbe “attivato” le proprietà magiche di questo
ingrediente. Fatto comprovato è che lo zafferano fu oggetto di scambi a lunga distanza già
prima della cultura minoica e il suo commercio ebbe un picco nel secondo millennio a.C..
Anche nell’antica Persia lo zafferano aveva svariate applicazioni: fili di zafferano venivano
intrecciati nei tessuti per tessere tappeti e sudari funebri oppure mescolati a te bollenti come
rimedio contro la malinconia; fiori venivano offerti alle divinità; era utilizzato come profumo,
colorante e rimedio medicamentoso. Gli stranieri sospettavano lo zafferano persiano di essere
agente drogante e afrodisiaco e su queste sue proprietà ne venivano messi in guardia… Erano
anche in uso bagni allo zafferano, in particolare dopo un duro lavoro sotto il caldo sole
persiano. Anche Alessandro Magno fece largo uso dello zafferano, in particolare fece uso di
bagni cosparsi di zafferano. Lui sperava che potesse curare le sue numerose ferite e la sua
fede nello zafferano crebbe con questi bagni. Infatti lui raccomandò bagni allo zafferano a tutti
gli uomini sotto il suo comando. I soldati greci percepirono le proprietà curative dello zafferano
e continuarono ad utilizzare bagni allo zafferano anche dopo il loro ritorno in Macedonia. La
coltivazione dello zafferano raggiunse anche la Turchia dove la raccolta si concentrò attorno
alla città settentrionale di Safranbolu; area ancora conosciuta per le fiere annuali dedicate al
raccolto dello zafferano.
Come abbiamo visto nel capitolo precedente relativo alla storia di questa spezia in tremila
anni di storia gli usi hanno spaziato in ogni possibile sezione: farmacologia, cosmetica,
abbigliamento, cucina, religione… lo zafferano durante la storia è stato utilizzato come colore in
antiche pitture rupestri, come cura contro i disturbi gastrointestinali, come profumo,
cosmetico, afrodisiaco, medicinale, come colorante per vestiti, come aroma e come rimedio
contro la malinconia. Questi usi paiono molto disparati e certe volte fantasiosi, ma tutti hanno
un fondamento scientifico e spiegabile razionalmente.
Il più semplice da spiegare è il suo utilizzo come colorante e cosmetico. Il suo colore
giallo–oro ha sempre affascinato tutte le popolazioni e il suo odore è sempre stato apprezzato
dalle donne. Purtroppo il suo utilizzo come colorante è ormai decaduto a causa della sua facilità
a stingere durante i lavaggi. Lo zafferano e i suoi principi attivi coloranti sono solubili in acqua
e quindi lavando i capi tinti con questo fiore, il colore tende a sciogliersi velocemente.
L’utilizzo come cosmetico era incentivato, a parte per il suo profumo e colore, per le
proprietà afrodisiache che gli erano attribuite. Queste proprietà gli sono state anche dimostrate
scientificamente. A quanto pare questa spezia ha dimostrato di agire sulle ghiandole surrenali,
stimolando la produzione di ormoni quali adrenalina, ACTH e cortisolo, che tonificano la sfera
sessuale. La proprietà che è più studiata e verificata sperimentalmente è però la proprietà
antiossidante dello zafferano.
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che vada perduta nell’acqua di cottura durante la preparazione dei cibi è ridotto al minimo
dalla sua peculiare capacità di “fissarsi” sull’alimento.
A parità di quantità ingerita, lo zafferano quanti carotenoidi contiene rispetto alla carota o
agli altri comuni vegetali? Ebbene sorprendentemente nello zafferano il contenuto di
carotenoidi oscilla intorno all’8% contro lo 0,008% della carota: ossia 1000 volte di più! Vedi
nella Tavola 2 – Tabella 1 il contenuto in carotenoidi a confronto con verdure differenti.
Lo zafferano contiene anche altri elementi utili al nostro organismo quali le vitamine B1 e
B2 e molti aromi naturali. Le vitamine B1 e B2 sono componenti necessari per la crescita, per il
metabolismo dei grassi, delle proteine e dei carboidrati promuovendo la salute in generale,
inoltre gli aromi naturali hanno benefici eupeptici, ovvero favoriscono la normale funzione
digestiva. Ecco perché lo zafferano ha ottime proprietà digestive ed è un riattivatore del
metabolismo. Vedi riportati in Tavola 3 – Tabella 2 i benefici dei componenti sopraindicati
contenuti nello zafferano.
Quindi, analizzando questi quattro componenti dello zafferano, è stato possibile spiegare
scientificamente tutti gli usi come medicinale che sono stati fatti in tremila anni di storia. C’è
solo un ultimo aspetto terapeutico che merita di essere approfondito: le proprietà antitumorali
dello zafferano.
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delle cellule cancerogene. Questa scoperta è quindi molto importante, sono molto poche infatti
le droghe così efficaci contro le cellule tumorali.
Questa ricerca, pubblicata nel 1996, è stata una delle prime a studiare le proprietà
medicinali dello zafferano. In seguito a questa sono state pubblicate ulteriori ricerche: nel
2002, ad esempio, sono stati studiati gli effetti anticonvulsivi e antinfiammatori e nel 2004 gli
effetti antidepressivi.
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Tavola 3 – Proprietà dello zafferano
Equivalente in
Alimento
carotenoidi (μg/100g)
Fagiolini 350
Carota 8.115
Pomodoro 640
Peperone rosso 3.840
Piselli 300
Spinaccio 3.535
Zucchina 955
Zafferano 8.000.000
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conosciuta come zafferanone e lascia i nostri risotti abbastanza insipidi… Seconda erba è la
calendula officinale. Questa è facilmente inseribile e non riconoscibile, in particolare le sue
inflorescenze color giallo. Terza erba è la curcuma. Anche questa viene spesso aggiunta allo
zafferano per aumentarne il peso. Quarta erba è il croco sativo stesso. Allo zafferano vengono
infatti aggiunte parti inattive del croco come le parti restanti degli stimmi o gli stami. In certi
casi vengono addirittura inseriti i petali del fiore. In altri casi vengono inseriti gli stimmi di altre
varietà di croco, varietà che non possiedono alcuna proprietà merceologica.
Ultima osservazione per quanto riguarda le sofisticazioni vegetali. Quando si va in paesi
esotici e vi vengono vendute grandi quantità di zafferano per pochi dollari, sospettate la
falsificazione. Infatti in quei paesi è facile che vengano vendute a ignari turisti grandi quantità
di curcuma, curry o qualche altra droga sotto il nome di zafferano. Questa sofisticazione
(truffa…) è la più frequente e la più facile in cui cadere. Attenzione anche allo “zafferano
d’India” o allo “zafferano bourbon” non è zafferano, ma curcuma.
Vedi Tavola 4 per osservare alcune immagine su questi tre vegetali diversi dallo zafferano
che vengono utilizzati per adulterarlo.
Aggiunta di coloranti
L’aggiunta di coloranti viene solitamente utilizzata quando la qualità dello zafferano è già
di per se scadente. Non sono molte le sostanze coloranti che vengono aggiunte: fra i coloranti
naturali sono presenti alcuni estratti ricavati da legni tintori; fra i coloranti artificiali c’è E110
(giallo tramonto) che non è quasi mai utilizzato, l’E102 (tartrazina) e l’E104 (chinolina). L’E102
è il colorante viene più comunemente utilizzato, ma analisi sugli zafferano in commercio
rilevano che l’utilizzo dell’E102 è limitato a pochi zafferani a basso costo.
Questi coloranti non sono dannosi per la salute: la tartrazina viene comunemente
utilizzata per conferire alle caramelle il colore giallo. Sono in corso però studi riguardo la
possibile azione come allergene e causa di intolleranze di questi, e di altri, coloranti artificiali
In tempi passati veniva utilizzato come colorante un sale, il dicromato di potassio. Questo
si presenta allo stato solido come una polvere di color arancio–rossastro, molto solubile in
acqua e che conferisce a questa un colore giallo–arancio molto simile a quello dello zafferano.
Purtroppo questo composto è particolarmente pericoloso per la salute: il cromo esavalente che
contiene è estremamente tossico e cancerogeno. Fortunatamente l’aggiunta di questo sale
come colorante è completamente cessata.
15
Tavola 4 – Sofisticazioni vegetali
I principi attivi dello zafferano sono principalmente tre: la crocina che conferisce il colore
giallo–arancio, la picrocrocina che conferisce il sapore amaro e il safranale che gli conferisce
l’odore.
Picrocrocina e Safranale:
Picrocrocina e safranale sono le due molecole responsabili rispettivamente del sapore e
dell’odore dello zafferano, in particolare il safranale è il principale costituente dell’olio
essenziale dello zafferano. La struttura molecola di questi due composti è rappresentata in
Tavola 5 – Immagine 1. Sempre in Tavola 5 è rappresentato in Immagine 2 lo schema di
reazione di sintesi naturale del safranale e, in Immagine 3, la struttura molecolare di pinene e
cineolo, a cui si farà riferimento in seguito.
La somiglianza fra queste due molecole, picrocrocina e safranale, è evidente. Si suppone
infatti che il safranale derivi dalla scissione naturale della picrocrocina. In particolare dalla
scissione di questa si forma una molecola, il 4-idrossi-β-ciclocitrale, che per eliminazione di una
molecola d’acqua forma spontaneamente il β-ciclocitrale, ovvero il safranale. Questa
decomposizione è particolarmente spontanea e favorita dalla formazione nel composto finale di
un sistema di 6 elettroni delocalizzati (i sistemi delocalizzati sono particolarmente stabili).
Verificata questa relazione fra picrocrocina e safranale possiamo affermare che vi è in
qualche modo relazione fra odore e sapore dello zafferano. Si è osservato infatti che gli stimmi
di zafferano freschi sono privi di odore e che questo compare solo dopo l’essiccamento e
durante l’immagazzinamento quando la picrocrocina comincia a decomporsi. Per verificare
sperimentalmente questo si è estratto ed analizzato l’olio essenziale di stimmi freschi e di
stimmi essiccati: si è constatato che dagli stimmi freschi si sono riuscite a separare solo tracce
di un olio essenziale costituito da pinene e cineolo, mentre l’olio essenziale dello zafferano
essiccato conteneva soprattutto safranale.
L’olio essenziale dello zafferano contiene soprattutto safranale, ma i composti volatili che
effettivamente lo zafferano contiene sono molti fra di loro. In Tavola 6 sono riportate le prime
dieci molecole che compongono la parte volatile dello zafferano in ordine di concentrazione.
Crocina:
La crocina è un composto chimico della classe dei carotenoidi. I carotenoidi devono il loro
nome al Carotene, una sostanza giallo-arancio, trovata per la prima volta (nel 1831) nella
radice di Daucus Carota, cioè nella comune carota. Sono un gruppo di pigmenti, di colore dal
giallo al violetto, molto diffusi in natura, privi di azoto nella molecola e solubili nei grassi.
L’intensità del loro colore è dovuta al sistema cromoforo, costituito da un elevato numero di
doppi legami coniugati, responsabili anche della proprietà dei carotenoidi di ossidarsi
facilmente annullando l’azione dei radicali liberi in eccesso nel nostro organismo.
Lo scheletro della loro molecola consiste generalmente di una porzione centrale, con 22
atomi di carbonio, e due terminali di 9 atomi di carbonio ciascuna. La porzione centrale è
costituita da una catena lineare formata da 18 atomi di carbonio, tutti con ibridazione sp2,
legati fra di loro mediante doppi legami coniugati che formano un sistema di 18 elettroni
delocalizzati. Questa grande delocalizzazione rappresenta il sistema cromoforo dei carotenoidi,
ovvero è la parte di molecola responsabile del loro colore giallo–arancio. I restanti 4 atomi di
carbonio che appartengono alla sezione centrale costituiscono 4 deviazioni dalla catena
principale. Le unità terminali, di 9 atomi di carbonio ciascuna, possono essere acicliche come
nel licopene, oppure tutte e due cicliche come nel α-carotene, o una ciclica e l’altra aciclica
come nel γ-carotene. Le unità terminali cicliche possono inoltre presentare una ampia varietà di
gruppi, per esempio alcolici come nella zeaxantina, chetonici, epossidici come nella
16
violaxantina, benzenici, ecc… In Tavola 7 sono presenti le formule di struttura di alcuni
carotenoidi.
Sempre in Tavola 7 è rappresentata la formula di struttura della crocina. Come si può
notare questa struttura è lievemente differente rispetto a quelle degli altri carotenoidi. La
sezione centrale di 22 atomi di carbonio è quasi uguale a quella degli altri carotenoidi, gli
mancano due atomi di carbonio alle estremità, uno per parte; ai margini però non sono
presenti le due unità terminali di 9 atomi di carbonio, ma proprio queste sono ossidate ad
acido e sono esterificate (si chiama estere una molecola che contiene il legame RCOOR con R
che rappresenta una qualsiasi catena di atomi di carbonio) con il glicoside (zucchero)
genziobiosio. Questo è il carotenoide presente nello zafferano: il gruppo cromoforo centrale gli
conferisce il colore rosso, mentre i due gruppi zuccherini laterali permettono a questa sostanza
di essere solubile in acqua (tutti gli altri carotenoidi visti in precedenza non sono solubili in
acqua).
In realtà nello zafferano sono presenti altre molecole molto simili a questa. Differiscono
dalla crocina solamente dai gruppi zuccherini ad essa legati. Come abbiamo detto la crocina ha
legati due molecole di genziobiosio, ma è presente anche l’estere con legate due molecole di
glucosio, quello con legate una molecola di glucosio e una di genziobiosio, ma anche quello con
legato solo una molecola di glucosio o solo una molecola di genziobiosio mentre dall’altra
estremità vi è l’acido non esterificato; è presente, seppur in quantità minime, anche l’acido
dicarbossilico non esterificato. Questo acido, rappresentato anch’esso in Tavola 6, è insolubile
in acqua e prende il nome di crocetina.
Tutti questi composto sono comunque secondari e il potere colorante dello zafferano è
dato essenzialmente dalla crocina.
Protocrocina:
In questo paragrafo sulla crocetina è stato visto che questa molecola non è definibile al
cento per cento “carotenoide”. È stato infatti detto che dalla crocetina mancano due atomi di
carbonio agli estremi della catena centrale e mancano totalmente i due gruppi di nove atomi di
carbonio laterali. Si può quindi sospettare che la crocetina derivi da un normale carotenoide a
40 atomi di carbonio. Questo carotenoide “immaginario” viene chiamato protocrocina.
Per determinare la formula di struttura di questo composto possiamo fare questa
semplice considerazione. Osservando la molecola di safranale, o meglio quella del 4-idrossi-β-
ciclocitrale, si osserva che questa è molto simile al gruppo terminale di 9 atomi di carbonio
della zeaxantina (vedi Tavola 7).
Possiamo quindi immaginare la picrocrocina, dalla quale deriva il safranale, sia il gruppo
terminale di 9 atomi di carbonio proprio dei carotenoidi e quindi che la protocrocina abbia la
complessa formula di struttura rappresentata in Tavola 8.
Questa molecola si pensa possa essere la molecola che originariamente forma la pianta
dello zafferano e che questa naturalmente e molto velocemente si ossidi (il legame che si
rompe è quello tagliato a metà dalle due linee nell’immagine in Tavola 8) liberando una
molecola di crocina e due molecole di picrocrocina, le quali a loro volta si idrolizzino liberando il
safranale. Ipotesi però più attendibile è che la pianta di zafferano formi zeaxantina e che
questa per ossidazione e per esterificazione formi crocina e picrocrocina, la quale a sua volta si
idrolizzerà liberando safranale.
Quindi dovremmo aspettarci che un campione di zafferano contenga per ogni molecola di
crocina due molecole di picrocrocina. Invece, anziché 2, ne sono state trovate 1,4: questo
perché, data la forte tendenza della picrocrocina a dare safranale, la sua quantità diminuisce
nel tempo.
17
Tavola 5 – Picrocrocina e safranale
H3C CH3
H3C CH3
OH
O
O
HO O
HO O CH3
CH3
OH
H3C CH3
H3C CH3 H3C CH3
OH
O
HO O ⎯
⎯→ O
⎯−⎯⎯→
H 2O O
β-ciclocitrale
Picrocrocina 4-idrossi-β-ciclocitrale
(safranale)
Immagine 2 – Sequenza di reazioni che porta alla formazione del safranale a partire
dalla picrocrocina.
H3C CH3
CH3
CH3
H3C
O
CH3
Percentuale
Nome Formula di struttura
dell’estratto volatile
H3C CH3
H3C CH3
4-idrossi-β-ciclocitrale O 13,8%
HO CH3
H3C CH3
2,4,4-trimetil-3- O
carbossialdeide-6-idrossi-1- 6,0%
cicloesanone-2,5-diene HO CH3
O
H3C CH3
3,5,5-trimetil-4-idrossi-1- OH
6,0%
cicloesanone-2-ene
O CH3
Naftalene 3,1%
H3C CH3
2,4,4-trimetil-3- O
carbossialdeide-1- 3,0%
cicloesanone-2,5-diene CH3
O
H3C CH3
Isoforone 1,8%
O CH3
H3C CH3
3,5,5-trimetil-1,4- O
1,5%
cicloesadione
O CH3
H3C CH3
O
3,5,5-trimetil-2-idrossi-1,4-
1,2%
cicloesanone-2-ene O CH3
OH
Tavola 7 – Carotenoidi
H3C
H3C CH3 CH3 CH3
Licopene
CH3 CH3 H3C CH3
CH3
H3C
H3C CH3 CH3 CH3
α-carotene
CH3 CH3 H3C CH3
CH3
H3C
H3C CH3 CH3 CH3
γ-carotene
CH3 CH3 H3C CH3
CH3
H3C OH
H3C CH3 CH3 CH3
Zeaxantina
CH3 CH3 H3C CH3
HO CH3
H3C OH
H3C CH3 CH3 CH3
O
Violaxantina
O
CH3 CH3 H3C CH3
HO CH3
Crocina
HO
HO O
HO O
OH O CH3 CH3 O
HO
HO O OH
OH O OH
O OH
O CH3 CH3 OH
O OH
O OH
OH
CH3 CH3 O
Crocetina
HO
OH
O CH3 CH3
Tavola 8 – Protocrocina
H3C CH3
4-idrossi-β- O
ciclocitrale HO CH3
H3C OH
H3C CH3 CH3 CH3
Zeaxantina
CH3 CH3 H3C CH3
HO CH3
Protocrocina
HO
HO
HO
O
OH
O
HO
HO
Picrocrocina Crocina
O
OH
OH H3C O OH
H3C CH3 CH3 CH3 O OH
O
HO OH
HO O
O CH3 CH3 H3C CH3
HO O CH3 OH
OH
O
Picrocrocina
OH
OH
O
OH
O
OH
OH
OH
Introduzione alle analisi chimiche
Obiettivo:
L’obiettivo delle esperienze di laboratorio che sono state effettuate è stato quello di
verificare la genuinità dello zafferano in vendita nei supermercati e nei negozi. Sono state
prima di tutto eseguite delle analisi preliminari, descritte in questo capitolo, che non
permettono di determinare la genuinità dello zafferano, ma consentono di ottenere dati
fondamentali per tutte le analisi successive, come la percentuale di umidità del campione in
analisi. In secondo luogo è stata effettuata la principale analisi qualitativa dello zafferano: la
spettrofotometria UV/Vis. Dato però che questo tipo di analisi non permette di determinare la
presenza di coloranti artificiali, per questa ultima verifica si è dovuto eseguire l’analisi TLC su
gel di silice e cellulosa degli estratti acquosi dello zafferano. Queste due analisi saranno
descritte nei prossimi due capitoli.
Campionamento:
La prima questione da risolvere è stata relativa alla quantità di campioni da analizzare.
Non troppi per questioni di tempo, né troppo pochi per evitare una analisi poco significativa.
Una decina di campioni potevano “andare bene”. Ho comperato in diversi supermercati 5
marche diverse di zafferano, una mia cugina mi ha procurato dello zafferano acquistato in Sri
Lanka e, grazie all’aiuto di un’azienda agricola toscana, mi sono stati spediti per posta un paio
di grammi di zafferano in fili da loro prodotto. Ho anche analizzato un campione di zafferano
vecchio di una decina d’anni conservato nel nostro laboratorio, in modo da avere un totale di 8
campioni. Per poter verificare però la genuinità di questi campioni avevo necessariamente
bisogno di un campione di zafferano “vero” di cui conoscevo la provenienza e della cui
genuinità ero sicuro in modo da confrontare tutti i dati ottenuti dagli altri campioni con quelli
ottenuti da questo “riferimento”. Questo problema mi è stato risolto dal professor Renato
Cozzi, uno dei maggiori esperti italiani del settore, il quale mi ha gentilmente ricevuto nel suo
laboratorio e mi ha fornito un campione di riferimento composto da un mix di zafferani di
sicura composizione, provenienti da aree geografiche differenti, e tutte le metodiche da lui
adottate nelle analisi con preziosi suggerimenti operativi.
Il punto dolente di tutta l’analisi era però la quantità di zafferano necessaria per tutte le
determinazioni. Per le analisi preliminari erano necessario un grammo di zafferano, per l’analisi
spettrofotometrica 125 milligrammi e per la cromatografia 40 milligrammi, per un totale
teorico di 1,165g. Al fine di essere sicuro che non mi finisse lo zafferano a metà analisi ho
comperato circa 2g di zafferano per campione.
Da questo punto in poi tutti i campioni saranno identificati con le seguenti sigle:
18
Determinazione della percentuale di umidità
Questa analisi consiste nel tenere lo zafferano in stufa a 103°C ±2°C per 3 ore, o
comunque fino a peso costante, in modo che perda tutta l’umidità in esso contenuta e tutte le
componenti volatili. I dati ottenuti forniscono due valori: la percentuale di acqua (e sostanze
volatili) contenute e la percentuale di secco. Questo secondo parametro è particolarmente
importante in quanto tutte le analisi quantitative successive, soprattutto la spettrofotometrica,
utilizzano questo parametro come fattore correttivo riferendosi al prodotto secco privo di
umidità.
Le specifiche tecniche dell’analisi con i procedimenti, l’apparecchiatura, le metodiche e le
considerazioni riguardo al metodo sono riportate al termine della trattazione (vedi Allegato 1).
In Tavola 9 – Tabella 1 sono riportati i risultati ottenuti in questa analisi.
Dal confronto dei valori indicati da vari autori riguardo questo parametro si è dedotto che
è considerabile “corretta” una percentuale di umidità compresa fra il 9% e il 13%.
Considerando i dati ottenuti e confrontandoli con i valori previsti possiamo concludere che
tutti i campioni di zafferano analizzati hanno una percentuale di umidità (e quindi anche di
secco) accettabile e non destano dubbi per quanto riguarda la loro genuinità. Gli unici campioni
con percentuale di umidità minore rispetto al previsto sono i campioni F e R. Questo potrebbe
essere dato dalla diversa tipologia di conservazione non essendo in bustina come i campioni
comperati. Non viene messa in dubbio la loro genuinità essendo uno il nostro campione di
riferimento e l’altro macinato dagli stimmi da me stesso in laboratorio prima dell’analisi.
19
Tavola 9 – Analisi preliminari
Zafferano F S S% U%
A 0,52 0,47 90,4 9,6
B 0,55 0,49 89,1 10,9
C 0,52 0,47 90,4 9,6
D 0,50 0,44 88,0 12,0
E 0,50 0,44 88,0 12,0
F 0,51 0,47 92,2 7,8
S 0,50 0,45 90,0 10,0
V 0,52 0,46 88,5 11,5
R 0,51 0,47 92,2 7,8
Zafferano F C C%
A 0,5065 0,0165 3,26
B 0,5249 0,0168 3,20
C 0,5004 0,0153 3,06
D 0,5174 0,0163 3,15
E 0,5155 0,0198 3,84
S 0,5076 0,0241 4,75
V 0,5130 0,0150 2,92
R 0,5166 0,0151 2,92
Tabella 2 – Risultati della determinazione delle ceneri: con F si indica lo zafferano fresco, con
C le ceneri ottenute.
Analisi spettrofotometrica UV/Vis
Principio di applicazione
Nel capitolo riguardante i principi attivi contenuti nello zafferano è stata più volte citata
una proprietà della crocina: il colore. Può sembrare una proprietà assolutamente irrilevante al
fine di determinare la genuinità dello zafferano, ma è proprio su questa che si basa l’analisi
spettrofotometrica. Staesche nel capitolo “Gewurze” dell’ultima edizione del “Handbuch der
Lebersmittelchemie” individua come unico parametro per la determinazione del valore di uno
zafferano il suo potere colorante: indica che 0,01g di zafferano (1/10 di bustina di zafferano)
devono colorare chiaramente di giallo 3 litri di acqua. L’analisi spettrofotometrica è più
complessa, ma il principio è lo stesso: determinare quanto colora lo zafferano.
Per poter capire, è necessario analizzare meglio il concetto di colore. Il colore è quella
sensazione fisiologica prodotta dal nostro cervello quando elabora i segnali generati nell’occhio
dalle radiazioni elettromagnetiche che lo colpiscono. Un oggetto, che non sia una lampadina,
solitamente non emana luce propria, quindi possiamo considerare che quando un fascio di luce
bianca (che contiene tutti i colori) colpisce un oggetto parte della luce viene assorbita, e parte
riflessa. Questa luce riemessa giunge ai nostri occhi le cui cellule fotosensibili producono una
serie di segnali che vengono elaborati dalla corteccia cerebrale. Considerando poi la luce come
un’onda, e quindi avente come proprietà cardine la frequenza, possiamo in un certo qual modo
affermare che ad ogni colore corrisponde una certa frequenza, o meglio un intervallo di
frequenze. Quando un raggio di luce policromatica illumina un oggetto che ne può assorbire
una parte, la radiazione che giunge all’occhio contiene solo le lunghezze d’onda che non sono
state assorbite, ovvero le radiazioni complementari. Se un oggetto assorbe le radiazioni nella
regione del blu-porpora, vengono trasmesse prevalentemente le radiazioni nella regione del
giallo. Vedi in Tavola 10 – Immagine 1 una raffigurazione grafica della rosa dei colori.
Il principio su cui si basa l’analisi è dunque il seguente: inviare sul campione in esame
una a una tutte le lunghezze d’onda del campo spettrale in esame e misurare l’entità
dell’assorbimento. In pratica si registra uno spettro di assorbimento che riporta in grafico la
variazione dell’assorbanza in funzione della lunghezza d’onda. Dall’analisi di uno spettro è
quindi possibile determinare la sostanza che assorbe (analisi qualitativa), osservando a che
lunghezza d’onda assorbe, e la concentrazione della sostanza (analisi quantitativa), osservando
“quanto” la sostanza assorbe ad una caratteristica lunghezza d’onda. Gli spettri nel campo
dell’UV e del visibile, non sono però solitamente utilizzabili per una determinazione qualitativa
di un campione. Fortunatamente lo spettro ottenuto da una soluzione di zafferano è una
eccezione risultando utilizzabile per una determinazione sia qualitativa che quantitativa: lo
spettro ottenuto è infatti caratteristico solo dello zafferano e può essere paragonato a una
impronta digitale dello zafferano stesso.
Descrizione Spettro
Lo spettro in questione è rappresentato in Tavola 10 – Immagine 2. Il picco più intenso a
circa 440nm è attribuito alla crocina, la spalla a circa 460nm è invece attribuita alla crocetina
(le due molecole sono molto simili e logicamente assorbono a lunghezza d’onda molto vicine).
Il picco a circa 250nm è attribuito alla picrocrocina, mentre quello a 330nm (non molto visibile
in questo spettro) è attribuito al safranale.
Essendo presenti tutti i principi attivi, da questo spettro è possibile determinare quindi
quanto lo zafferano colora, quanto profuma e quanto sapore dà. L’assorbimento a 440nm,
attribuito alla crocina, è quello che dà indicazioni riguardo al colore dello zafferano; quindi con
l’assorbanza a 440nm è possibile determinare il potere colorante dello zafferano.
L’assorbimento a 330nm, attribuito al safranale, è quello che dà indicazioni riguardo all’odore
dello zafferano (il safranale è il principale componente dell’olio volatile); quindi con
20
l’assorbanza a 330nm è possibile determinare il potere odoroso dello zafferano. L’assorbimento
a 257nm, attribuito alla picrocrocina, è quello che dà informazioni riguardo al sapore dello
zafferano (la picrocrocina è la sostanza che conferisce allo zafferano l’amaro caratteristico);
quindi con l’assorbanza a 257m è possibile determinare il potere amaricante dello zafferano.
Potere colorante, amaricante e odoroso sono i tre punti di riferimento per la
determinazione della qualità dello zafferano. Il ruolo più importante è quello giocato dal potere
colorante essendo il suo picco il più intenso.
Metodica adottata
L’analisi è quindi stata effettuata nel seguente modo. Per ogni campione sono stati pesati
125mg (equivalenti allo zafferano contenuto in una bustina) e sono stati posti in 250ml di
acqua sotto agitazione per un’ora in modo da estrarre le molecole responsabili dei tre poteri
che dobbiamo determinare. Quindi la soluzione è stata filtrata, ne sono stati prelevati 10ml e
addizionati a 90ml di acqua. In questo modo la diluizione ottenuta è stata di uno a 20.000.
Quindi è stato registrato lo spettro fra 200 e 600nm e sono state misurare le assorbanze in
corrispondenza dei massimi di assorbimento in modo da poter calcolare potere colorante,
amaricante e odoroso di ogni zafferano. In base ai poteri calcolati ogni zafferano è stato
classificato in base alle normative ISO del 2003.
La metodica adottata è riportata nell’Allegato 3.
Dati ottenuti.
Riporto di seguito la tabella riportante i poteri colorante, amaricante e odoroso degli
zafferani analizzati. Immagini di tutti gli spettri sono in Allegato 4.
In base alle norme ISO del 2003 gli zafferani analizzati appartengono alle seguenti
categorie:
21
Conclusioni:
Dati i risultati ottenuti si può concludere che gli zafferani commerciali sono tutti di buona
qualità. Solo lo zafferano D è di seconda qualità mentre tutti gli altri sono di prima qualità.
Particolarmente buono si è rilevato lo zafferano toscano con un potere colorante superiore a
280 rispetto alla media del 220.
Lo “zafferano” S ha rivelato la sua natura di sostituente completamente falsificato di
zafferano: il suo spettro non presenta alcun picco caratteristico dello zafferano e, con i dati fino
ad ora disponibili, non possiamo dare informazioni riguardo la sua natura. Su una cosa siamo
certi: non è zafferano.
Il campione di zafferano vecchio ha presentato uno spettro abbastanza appiattito, ma con
i picchi caratteristici dello zafferano ancora accennati. È quindi evidente che non è possibile
conservare per tanto tempo uno zafferano, pena il suo deperimento.
Non possiamo escludere la presenza di coloranti artificiali, in particolar modo di
tartrazina. Infatti i picchi mostrati da questo colorante coincidono con i picchi dello zafferano.
In Tavola 11 vi è un grafico con riportati gli spettri di tutti i campioni analizzati a
confronto.
Da notare è il confronto fra lo spettro dello zafferano e quello del colorante artificiale
E102 – tartrazina (Vedi Tavola 12). Si può facilmente notare che i massimi di assorbimento
della tartrazina coincidono con i massimi di assorbimento dello zafferano a 440nm e a 257nm.
Per questo motivo piccole quantità di tartrazina miscelate con lo zafferano non sono
identificabili con questo tipo di analisi. Non possiamo quindi affermare con certezza che i
campioni di zafferano analizzati siano assolutamente privi di questo colorante. Per esserne
certi sarà necessario eseguire un’altra tipologia di analisi: la cromatografia su strato sottile.
22
1,3
1,2
1,1
1,0
0,9
Tavola 11 – Confronto spettri
0,8 A
D
0,7 R
V
0,6
Assorbanza
F
S
0,5
C
0,4 B
E
0,3
0,2
0,1
0,0
200 250 300 350 400 450 500 550 600
Lunghezza d'onda (nm)
Tavola 12 – Spettro tartrazina
1,4
1,2
1,0
0,8
Tartrazina
Zafferano
0,6
0,4
0,2
0,0
200 250 300 350 400 450 500 550 600
Principi di applicazione
Abbiamo visto che per via spettrofotometrica non è possibile verificare se nel campione in
analisi siano presenti o meno coloranti artificiali, in particolare se sia presente tartrazina
(E102) che presenta massimi di assorbimento in UV/Vis simili a quelli dello zafferano. Per
verificare la presenza di questi introduciamo quindi una seconda tipologia di analisi che si basa
su principi differenti e permette l’identificazione dei coloranti artificiali. La tecnica che
utilizzeremo è chiamata TLC (Thin Layer Chromatography, cromatografia su strato sottile) e
serve per separare i componenti di un miscuglio sfruttando le interazioni tra una fase
stazionaria ed una mobile attraverso interazioni deboli, tra la sostanza da separare e le due
fasi. In particolare la cromatografia sfrutta la differenza di polarità delle diverse sostanze.
Il parametro che misura quanto i componenti la miscela risalgono la lastrina è il fattore di
ritenzione o di ritardo RF definito come il rapporto fra la distanza percorsa del componente e la
distanza percorsa dall’eluente.
23
Risultato dell’analisi
Al fine di comprendere le conclusioni tratte da questa analisi in Tavola 13 –Immagine 2
riporto un’immagine della lastrina ottenuta sperimentalmente con colori modificati in modo da
evidenziare la differenza fra queste: quelle visibili in luce normale sono colorate in verde,
quello visibili solo con luce UV sono colorate in blu, quelle visibili sia con luce UV sia con luce
normale sono colorate in rosso.
Si può osservare da questa immagine che nessuno degli zafferani in analisi, escluso l'S,
quello dello Sri Lanka, sembra essere soggetto a sofisticazioni: nessuno presenta la macchia
rossa del cartamo e nessuno sembra presentare le macchie dei coloranti. Tutti gli zafferano
presentano pressoché le stesse macchie e gli RF calcolati coincidono abbastanza bene con gli
RF previsti (vedi la tabella seguente). Da notare è che in nessuno zafferano è stato possibile
osservare le macchie 13 e 15 dovute al β-idrossiciclocitrale e al safranale. Presumibilmente la
quantità di zafferano posta sulla lastrina era troppo esigua.
Macchi Campione RF
a N° 1 2 3 4 6 7 8 R previsto
15
14 0,83 0,83 0,84 0,85 0,85 0,86 0,85
13
12 0,72 0,72 0,73 0,74 0,74 0,74 0,74 0,74
11 0,62 0,62 0,62 0,62 0,62 0,60 0,61 0,62
10 0,59 0,59 0,59 0,59 0,59 0,58 0,58 0,59 0,53
9 0,55
8 0,54 0,52 0,52 0,52 0,51 0,50 0,51 0,52
7 0,49 0,46 0,47 0,46 0,45 0,44 0,44 0,45
6 0,40 0,38 0,38 0,38 0,35 0,34 0,35 0,36
5 0,35 0,34 0,34 0,34 0,32 0,31 0,30 0,32
4 0,29 0,26 0,27 0,26 0,25 0,23 0,25 0,26
3 0,19 0,16 0,19 0,17 0,17 0,16 0,18 0,17 0,16
2
1 0,09 0,06 0,09 0,09 0,09 0,08 0,08 0,08
Da questa lastrina abbiamo quindi potuto concludere con sicurezza che il campione dello
Sri Lanka non è zafferano, come già verificato con l’analisi spettrofotometrica, ma non è stato
possibile determinare con estrema certezza che non siano presenti coloranti artificiali negli
zafferani analizzati in quanto, dato il grande numero di macchie presenti in ogni campione, la
presenza delle macchie caratteristiche dei coloranti potrebbero essere sfuggite ai nostri occhi.
Per assicurarci quindi della loro assenza è stata eseguita una seconda lastrina utilizzando come
supporto non il gel di silice come nella lastrina precedente, ma cellulosa e, al posto dell’eluente
precedente, è stato utilizzato un eluente composto da ammoniaca e una soluzione acquosa di
citrato di sodio al 2,4% nella proporzione 5+95 V/V.
24
Campione RF delle macchie ottenute
1 0.73
2 0.84
3 0.84
4 0.84
5
6 0.84
7 0.84
8 0.83
R 0.85
E102 0.38 0.71
E104 0.13 0.39
25
Tavola 13 – TLC
Immagine 1 – Esempio di
cromatogramma ottenuto
da campioni di zafferano
veri (a, b) e adulterati (f,
g), da curcuma (c), curry
(d), cartamo (e) e dai
coloranti artificiali E102,
E104 e E110 (h, i , l
rispettivamente)
Immagine 2 – Lastrina
ottenuta
sperimentalmente
dall’analisi dei campioni
di zafferano in esame e
da due coloranti
artificiali.
Tavola 14 – TLC
Immagine 1 –
Rappresentazione della
lastrina su cellulosa
ottenuta
sperimentalmente dai
campioni in analisi e dai
coloranti artificiali E102
e E104.
Immagine 2 – Lastrine
su gel di silice ottenute
da zafferano, curcuma,
cartamo e campione
dello Sri Lanka (in
ordine da sinistra a
destra).
Allegato 1 – Determinazione secco
Viene detta comunemente umidità, ma dato che si misura per lo più a 103°C in stufa
termostatica include anche le essenze volatili, per cui il termine risulta improprio.
Questo parametro è molto importante i quanto i risultati quantitativi delle successive
analisi verranno espressi sul secco.
Apparecchiatura e reagenti
- Bilancia tecnica (sensibilità 0,01g);
- Capsule di porcellana;
- Stufa termostatica;
- Essiccatore;
- Zafferano in polvere.
Procedimento
- Tarare le capsule di porcellana;
- Inserire nella capsula circa 0,50g di zafferano fresco annotandone la massa (F);
- Trasferire in stufa alla temperatura di 103°C ±2°C per 3 ore (fino a peso costante);
- Trasferire in essiccatore fino a raffreddamento;
- Pesare la massa di secco ottenuta (S);
- Calcolare la percentuale di secco (S%) e di umidità (U%).
Note:
- Se il campione in analisi è in fili, deve essere ben macinato, in linea di principio in
modo che almeno il 95% attraversi un setaccio da 500μm.
- Occorre fare attenzione di spargere bene il tutto lo zafferano su una larga superficie
per evitare la formazione di grumi e quindi una sottovalutazione della perdita di
peso. È quindi necessario utilizzare capsule in porcellana basse e larghe, invece che
strette ed alte.
- Lo zafferano, in particolare quello in polvere, è altamente igroscopico e durante la
permanenza in essiccatore potrebbe in certa misura competere con il gel di silice. Il
semplice colore azzurro del gel di silice non basta a dare la massima sicurezza sulla
sua efficacia disidratante; occorre invece che esso sia di un blu molto intenso.
- Variazione di un’unità sull’umidità sono da ritenersi eccessive, tuttavia esse non
hanno gravi effetti sui risultati finali perché in questi ultimi viene utilizzato il valore
del secco: con un’umidità dell’8% il quoziente da utilizzare è 92 per cui una unità di
incertezza incide solo in misura di circa 1% sul totale.
Calcoli:
S F−S
S% = ⋅ 100 U% = ⋅ 100
F F
26
Considerazione sulla metodica adottata:
Nella metodica adottata è stata utilizzata una bilancia tecnica di sensibilità al
centigrammo per effettuare tutte le misure. Utilizzando dati a questo grado di sensibilità si è
osservato che l’incertezza sulla misura di F e S provoca un errore percentuale sulla U% del
20%, mentre l’errore percentuale sul S% è del 2% circa.
Questi dati consiglierebbero di ripetere le analisi utilizzando una bilancia analitica con
sensibilità al decimo di milligrammo, ma per motivi di tempo e di quantità di zafferano
disponibili è stato scelto di considerare accettabile l’errore del 2% sul S% (dato che verrà poi
utilizzato per tutte le analisi quantitative seguenti) e di considerare solo indicativi i dati relativi
alla U% in quanto soggetti ad un errore troppo elevato.
27
Allegato 2 – Determinazione ceneri
Consiste nella determinazione di ciò che rimane dopo incenerimento dello zafferano alla
temperatura di 600°C, ovvero del contenuto di sali minerali.
Apparecchiatura e reagenti
- Bilancia analitica (sensibilità 0,1mg);
- Capsule di porcellana;
- Becco Bunsen;
- Muffola;
- Essiccatore;
- Zafferano in polvere.
Procedimento
- Tarare le capsule di porcellana;
- Inserire nella capsula circa 500mg di zafferano fresco annotandone la massa (F);
- Incenerire lo zafferano su bunsen (occorrono circa 5min);
- Trasferire in muffola alla temperatura di 600°C per 1,5 ore (fino a peso costante);
- Trasferire in essiccatore fino a raffreddamento;
- Pesare la massa di ceneri ottenuta (C);
- Calcolare la percentuale di ceneri (C%).
Note:
- Si può utilizzare al posto di zafferano fresco anche lo zafferano utilizzato per la
determinazione del secco (S). In questo caso la metodica non cambia, ma la
percentuale di ceneri dovrà essere corretta con la percentuale di secco (S%).
- Occorre fare attenzione di spargere tutto lo zafferano su una larga superficie per
evitare la formazione di grumi e quindi una sottovalutazione della perdita di peso. È
quindi necessario utilizzare capsule basse e larghe, piuttosto che strette ed alte.
Calcoli:
C
C C% = ⋅ 100
C% = ⋅ 100 S
F
S%
28
Allegato 3 – Analisi spettrofotometrica
L’estratto acquoso dello zafferano viene diluito in acqua, nel rapporto a 1/20.000. Si
registra lo spettro della soluzione e si leggono le assorbanze in corrispondenza dei punti di
massimo caratteristici dei principi attivi che conferiscono allo zafferano potere amaricante
(picrocrocina), odoroso (safranale) e colorante (crocina). Questi picchi si trovano intorno a
257, 330, 440nm rispettivamente; la spalla a 464nm è invece dovuto alla crocetina, che si
forma per rapida idrolisi della crocina e dà il colore rossastro.
Diversamente da quanto accade il più delle volte nel campo dell’UV/Visibile, lo spettro
presenta le caratteristiche di un’impronta digitale e quindi consente di rilevare con facilità
sostanze diverse da quelle ricercate presenti in quantità significativa, perché lo spettro dei
relativi coloranti si differenzia in misura rilevante da quello caratteristico dello zafferano
genuino.
La forma dello spettro può evidenziare immediatamente le più grossolane adulterazioni
dello zafferano, perché gli spettri degli estratti acquosi delle polveri usate per la sua
sofisticazione (come quelle di Calendula Officinalis e soprattutto Carthamus Tintorius) sono
alquanto diversi.
Lo spettro del colorante E102 (tartrazina) invece assomiglia molto a quello dello
zafferano e quindi, per evidenziarne la presenza, il metodo spettrofotometrico è inadeguato e
bisogna ricorrere ai metodi cromatografici.
Il metodo proposto si applica allo zafferano in polvere disponibile in commercio e non
differisce in modo significativo da quello ufficiale (norme ISO 1993 e 2003), con il vantaggio di
richiedere una minore quantità di sostanza e di comportare costi nettamente più bassi.
L’analisi è stata effettuata su tutti i campioni di cui era stata determinata la percentuale
di secco e sulla tartrazina.
Apparecchiatura e reagenti
- Bilancia analitica (sensibilità 0,1mg);
- Vetrini da orologio;
- Matracci tarati da 250ml;
- Agitatore magnetico;
- Filtro a pieghe di carta tipo Whatman 41;
- Pipetta tarata a due tacche da 10ml;
- Matracci tarati da 100ml;
- Cuvette in quarzo da 1cm;
- Spettrofotometro doppio raggio UV/visibile;
- Zafferano in polvere;
- Colorante E102 (tartrazina).
Procedimento
- Pesare si di un vetrino di orologio 125,0mg di campione in polvere.
- Trasferire in matraccio da 250ml e portare a volume con acqua distillata.
- Agitare per una ora energicamente al riparo della luce, con agitatore magnetico,
evitando che si formino eccessive turbolenze, alla temperatura di 20°C ±2°C.
- Filtrare su filtro a pieghe, di cellulosa, Whatman 41, scrtando i primi 40ml e
conservando i successivi 50ml.
- Omogeneizzare il filtrato, prelevare 10ml e diluire a 100ml in matraccio tarato.
29
- Registrare immediatamente lo spettro fra 200 e 600nm e misurare l’assorbanza in
corrispondenza dei punti di massimo.
- Determinare potere colorante, amaricante e odoroso.
Note:
Il metodo indicato nelle norme ISO del 1993 prevede la filtrazione di tutto l’estratto sotto
vuoto con filtro in acetato di cellulosa da 0,45μm. Con il metodo descritto si ottengono risultati
praticamente simili, purché si usi esclusivamente la carta da filtro indicata.
L’accorgimento di scartare un’aliquota ben precisa di filtrato, analizzando la porzione
successiva è assolutamente necessario per la buona riuscita dell’analisi. Infatti la cellulosa
trattiene in modo significativo i pigmenti colorati dello zafferano e ciò può determinare errori
notevoli nell’analisi spettrofotometrica.
La necessità di mantenere costante la temperatura durante l’estrazione è indispensabile
affinché le condizioni di estrazione siano riproducibili. Nel caso in cui la temperatura ambiente
sia di 18-20°C non è necessario termostatare la soluzione, accertandosi tuttavia che l’agitatore
magnetico non si surriscaldi (mettere eventualmente un cartoncino come distanziatore). La
temperatura finale non deve superare i 22-23°C.
Il tempo di estrazione di 1 ora rappresenta un compromesso fra situazioni diverse. Se il
campione si presenta sotto forma di polvere impalpabile o quasi, il tempo di estrazione può
essere limitato a soli 30 minuti.
Calcoli:
A 440 ⋅ 20000
Potere Colorante = ⋅ 1,02
S%
A 330 ⋅ 20000
Potere Amaricante = ⋅ 0,995
S%
A 257 ⋅ 20000
Potere Odoroso = ⋅ 0,98
S%
Categorie di classificazione
In base alle normative ISO 2003 gli zafferano sono classificabili in base ai loro potere
colorante, amaricante e odoroso determinati spettrofotometricamente. Qui sotto vi sono
riportate le tre categorie di classificazione.
Potere I II III
Colorante >190 >150 >100
Amaricante 20<x<50 20<x<50 20<x<50
Odoroso >70 >55 >40
30
Allegato 4 – Spettri
Zafferano R (riferimento)
1,1
442 nm
A = 1,044
1,0
0,9
0,8
0,7
0,6
257 nm
A = 0,453
0,5
0,4
328 nm
0,3
A = 0,230
0,2
0,1
0,0
200 250 300 350 400 450 500 550 600
Zafferano A
0,9
442 nm
A = 0,882
0,8
0,7
0,6
256 nm
A = 0,496
0,5
0,4
327 nm
0,3
A = 0,244
0,2
0,1
0,0
200 250 300 350 400 450 500 550 600
Zafferano B
1,0
443 nm
A = 0,982
0,9
0,8
0,7
0,6
0,5
257 nm
A = 0,430
0,4
0,3 329 nm
A = 0,233
0,2
0,1
0,0
200 250 300 350 400 450 500 550 600
h d d ( )
31
Zafferano C
1,0
445 nm
A = 0,952
0,9
0,8
0,7
0,6
0,5
258 nm
A = 0,419
0,4
331 nm
0,3
A = 0,215
0,2
0,1
0,0
200 250 300 350 400 450 500 550 600
h d d ( )
Zafferano D
0,8
442 nm
A = 0,747
0,7
0,6
0,5
256 nm
A = 0,416
0,4
328 nm
0,3
A = 0,232
0,2
0,1
0,0
200 250 300 350 400 450 500 550 600
h d d ( )
Zafferano E
1,1
442 nm
A =1,038
1,0
0,9
0,8
0,7
0,6
257 nm
0,5
A = 0,440
0,4
330 nm
0,3
A = 0,218
0,2
0,1
0,0
200 250 300 350 400 450 500 550 600
Zafferano F
32
1,3
443 nm
1,2 A = 1,272
1,1
1,0
0,9
0,8
0,7
0,6
255 nm
A = 0,550
0,5
0,4
0,3
331 nm
A = 0,198
0,2
0,1
0,0
200 250 300 350 400 450 500 550 600
Zafferano S
0,3
0,2
239 nm
A = 0,134
0,1
0,0
200 250 300 350 400 450 500 550 600
h d d ( )
Zafferano V
0,5
0,4
257 nm
A = 0,301
0,3
324 nm
441 nm
A = 0,224
A = 0,202
0,2
0,1
0,0
200 250 300 350 400 450 500 550 600
h d d ( )
33
Allegato 5 – Analisi cromatografica
Dopo aver fatto macerare lo zafferano in metanolo umido si eluisce la soluzione ottenuta
su lastrina di gel di silice o di cellulosa. Nel primo caso si effettua un controllo completo delle
sofisticazioni, nel secondo si evidenzia solo la presenza di coloranti sintetici gialli o rossi.
Apparecchiatura:
- Camere di sviluppo
- Lampada UV (254nm)
- Capillari
- Lastrina di gel di silice Kieselgel 60 F254 (fogli di plastica al gel di silice 60 F254 per
cromatografia su strato sottile, 20x20cm, spessore 0,2mm)
- Lastrina cromatografica di cellulosa monocristallina (Cellulose F per cromatografia
su strato sottile, 20x20cm, spessore 0,1mm)
- Metanolo
- Eluente per TLC su gel di silice (meglio se preparato di fresco; percentuali in V/V):
o 58 % Acetato di etile
o 30% Isopropanolo
o 12% Acqua
- Eluente per TLC su cellulosa:
o 5 % Ammoniaca concentrata
o 95% Soluzione acquosa di citrato di sodio al 2,4%
- Campioni di zafferano e coloranti (E102, E104)
Procedimento:
1. Estrazione dei pigmenti
a. Pesare circa 50mg del campione in esame. Aggiungere di acqua e attendere 2-3
minuti.
b. Aggiungere 1ml di metanolo e lasciare a riposo per circa mezz’ora.
c. Trattare in questo modo i campioni di zafferano e dei coloranti.
2. Eluizione dei pigmenti
a. Ambientare le camere di sviluppo per mezz’ora.
b. Depositare sulla lastrina cromatografica circa 5μl della soluzione limpida ottenuta
dai campioni.
c. Lasciar correre l’eluente per circa 15cm su lastrina di gel di silice (occorre circa
un’ora) oppure 8-10cm su cellulosa (occorre circa mezz’ora)
3. Interpretazione dei cromatogrammi. TLC su gel di silice
a. Dopo l’eluizione si evidenziano, a partire dalla base, tre macchie molto nette
insieme con altre meno intense, che nel complesso caratterizzano la purezza
dello zafferano. Le macchie sono giallo-arancio, se osservate a occhio nudo, ma
presentano una colorazione marrone se illuminate da luce UV. La sostanza con
RF circa 0,16 è la crocina.
b. Una macchia immediatamente al di sopra delle tre citate con RF pari a circa 0,53
si evidenzia solo con luce UV e mostra una colorazione viola molto netta.
Corrisponde alla picrocrocina.
34
c. Altre due macchie, visibili in UV, si possono osservare poco sotto il fronte del
solvente e sono attribuite al safranale e al β-idrossiciclocitrale.
d. Di solito si osservano una o due macchie deboli sotto quella molto intensa della
crocina. Altre macchie alla base del cromatogramma possono esse dovute al
deterioramento della crocina o a coloranti estranei: sono quindi utili per rivelare
zafferano vecchio (degradato) o adulterato, ma è comunque normale osservare
una tenue strisciata gialla.
e. La tartrazina (E102) sale pochissimo rispetto al punto di partenza e dà una
colorazione gialla, mentre l’E104 sale poco più sopra e dando una colorazione
anch’esso gialla.
f. Il cartamo, spesso usato al posto dello zafferano oppure per “tagliarlo”, dà una
caratteristica macchia rosso-cremisi, che appare gialla con luce UV.
g. Altri estratti naturali diversi dallo zafferano danno macchie vicino al fronte del
solvente, visibili anche in UV.
4. Interpretazione dei cromatogrammi. TLC su cellulosa.
a. I pigmenti dello zafferano rimangono praticamente alla base, formando una
macchia allungata. Con luce UV è visibile una macchia dovuta alla crocina con RF
pari a circa 0,83
b. L’E102 dà due macchie: una con RF pari a 0,38 e una con RF pari a 0,75 circa.
c. L’E104 dà anch’esso due macchie con RF pari a circa 0,10 e 0,40.
Osservazioni:
La composizione dell’eluente per la TLC su gel di silice differisce in certa misura da quella
prevista dalle norme ISO 3632-2/1993 (E), proposizione 14 (in cui il rapporto fra i componenti
è 65+25+10). La polarità leggermente maggiore consente non solo di distribuire un po’ meglio
sullo strato i diversi pigmenti dello zafferano, ma soprattutto per evidenziare la presenza di
alcuni coloranti artificiali. Può essere comunque interessante confrontare le prestazioni
dell’eluente proposto con uno alternativo costituito da n-butanolo/acido acetico glaciale / acqua
80+10+10, che meglio ricalca le norme ISO precedenti.
35
Fonti
Le fonti utilizzate per questo lavoro sono molte. Alcune informazioni sono state prese da
libri o fascicoli, altre da siti internet, altre da esperienze personali. Riporto qui di seguito le
fonti da cui ho trovato la maggior parte delle informazioni.
- Analisi chimica dello zafferano – Cesare Corradi – Estratto dal vol. 32 del 1981 del
bollettino dei chimici dell’Unione italiana dei laboratori provinciali
- Analisi chimica strumentale – R. Cozzi, P. Protti, T. Ruaro – ed. Zanichelli, 1997
- Analisi dello zafferano – ITIS “M. Curie” 1996 – a cura di Renato Cozzi
- Analisi spettrofotometria dello zafferano – Renato Cozzi – CNS 1993 (aggiornato)
- Azienda Agricola “Croco e Smilace” (Via Elsa 1; 56027 San Miniato PI;
www.crocoesmilace.it – info@crocoesmilace.it)
- Caratteristiche generali dello zafferano – C. Corradi e G. Micheli – Boll. Chim. Farm.,
118 (1979)
- Crocin, safranal and picrocrocin from saffron (Crocus sativus L.) inhibit the growth of
human cancer cells in vitro – Escribano, Alonso, Coca-Prados, Fernandez – Elsevier,
Cancer Letters 1995
- Determinazione spettrofotometrica del potere colorante, amaricante e odoroso dello
zafferano – C. Corradi e G. Micheli – Boll. Chim. Farm., 118 (1979)
- Elementi di analisi chimica strumentale – R. Cozzi, P. Protti, T. Ruaro – ed. Zanichelli,
1998
- Farmacopea Italiana
- I carotenoidi e la protezione dell’organismo – Fausto Mearelli, Anna Giogli
- Istituto Europeo di Oncologia, Banca dati di composizione degli alimenti per studi
epistemologici in Italia
- Maurizio Maggiani – La Regina Disadorna (“I Narratori” / Feltrinelli; Prima Edizione
settembre 1998; Capitolo 1 pagg. 9-10-11)
- Regio decreto legge 12 novembre 1936, n.2217 – Norme per la tutela della
denominazione di “zafferano”
- The Volatile Constituents of Saffron – N. S. Zarghami and D. E. Heinz (1985)
- Wikipedia, the free encyclopaedia – en.wikipedia.org
- www.curcumina.it
- www.peltuinum.it
- www.uni-graz-at
- Zafferano polvere d’oro tra le spezie – Industria dello zafferano Bonetti S.p.a
36
Sommario
INTRODUZIONE............................................................................................................................................................................................. 3
1° FASE: IMPIANTO...................................................................................................................................................................................... 5
2° FASE: CRESCITA E FIORITURA.................................................................................................................................................................... 5
3° FASE: RIPRODUZIONE.............................................................................................................................................................................. 6
4° FASE: ESPIANTO..................................................................................................................................................................................... 6
DALL’ESSICCATURA ALLE NOSTRE TAVOLE........................................................................................................................................................... 6
STORIA...........................................................................................................................................................................................................8
ETIMOLOGIA...............................................................................................................................................................................................8
COLTIVAZIONE E IMPIEGO............................................................................................................................................................................... 9
LO ZAFFERANO D'AQUILA............................................................................................................................................................................. 10
SOFISTICAZIONI.......................................................................................................................................................................................... 14
PICROCROCINA E SAFRANALE:...................................................................................................................................................................... 16
CROCINA:................................................................................................................................................................................................16
PROTOCROCINA:....................................................................................................................................................................................... 17
OBIETTIVO:..............................................................................................................................................................................................18
CAMPIONAMENTO:...................................................................................................................................................................................... 18
DETERMINAZIONE DELLA PERCENTUALE DI UMIDITÀ..............................................................................................................................................19
DETERMINAZIONE DELLA PERCENTUALE DI CENERI...............................................................................................................................................19
PRINCIPIO DI APPLICAZIONE.......................................................................................................................................................................... 20
DESCRIZIONE SPETTRO............................................................................................................................................................................... 20
METODICA ADOTTATA.................................................................................................................................................................................. 21
DATI OTTENUTI.......................................................................................................................................................................................... 21
CONCLUSIONI:.......................................................................................................................................................................................... 22
ANALISI CROMATOGRAFICA:
TLC SU GEL DI SILICE E CELLULOSA......................................................................................................................................................23
PRINCIPI DI APPLICAZIONE............................................................................................................................................................................ 23
TLC SU LASTRINA GEL DI SILICE: GUIDA ALL’INTERPRETAZIONE.............................................................................................................................. 23
37
RISULTATO DELL’ANALISI ............................................................................................................................................................................. 24
TLC SU LASTRINA CELLULOSA:GUIDA ALL’INTERPRETAZIONE..................................................................................................................................24
DETERMINAZIONE DELLA NATURA DEL CAMPIONE DELLO SRI LANKA......................................................................................................................... 25
APPARECCHIATURA E REAGENTI..................................................................................................................................................................... 26
PROCEDIMENTO........................................................................................................................................................................................ 26
NOTE:....................................................................................................................................................................................................26
CALCOLI:.................................................................................................................................................................................................26
CONSIDERAZIONE SULLA METODICA ADOTTATA:..................................................................................................................................................27
APPARECCHIATURA E REAGENTI..................................................................................................................................................................... 28
PROCEDIMENTO........................................................................................................................................................................................ 28
NOTE:....................................................................................................................................................................................................28
CALCOLI:.................................................................................................................................................................................................28
CONSIDERAZIONE SULLA METODICA ADOTTATA:..................................................................................................................................................28
APPARECCHIATURA E REAGENTI..................................................................................................................................................................... 29
PROCEDIMENTO........................................................................................................................................................................................ 29
NOTE:....................................................................................................................................................................................................30
CALCOLI:.................................................................................................................................................................................................30
CATEGORIE DI CLASSIFICAZIONE..................................................................................................................................................................... 30
ALLEGATO 4 – SPETTRI............................................................................................................................................................................. 31
APPARECCHIATURA:................................................................................................................................................................................... 34
PROCEDIMENTO:....................................................................................................................................................................................... 34
OSSERVAZIONI:......................................................................................................................................................................................... 35
NOTE SULLA METODICA:.............................................................................................................................................................................. 35
FONTI............................................................................................................................................................................................................36
SOMMARIO..................................................................................................................................................................................................37
38