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I QUADERNI DELLA CITTÀ

CIT TÀ DELLE FROTTOLE VOL.


VOL. 2

L’ULTIMO ANNO DI MUSSOLINI (OTTOBRE ’42-LUGLIO’43) - MICHELA GIORGETTI .................... 2


La compattezza dei grandi scioperi della primavera del '43 ....................................................... 3
La resa delle armate dell'asse in africa e i bombardamenti alleati sulle città italiane ................... 3
L'atteggiamento di Vittorio Emanuele III di fronte alla situazione militare italiana................... 4
Il discorso di mussolini del 24 giugno e lo sbarco alleato in sicilia............................................. 5
Il bombardamento di Roma del 19 luglio................................................................................. 5
La seduta del gran consiglio del 24-25 luglio ............................................................................ 6
Il dibattito sull'ordine del giorno grandi e la sua approvazione ................................................. 7
Arresto di mussolini. badoglio capo del governo ....................................................................... 7
LE REPUBBLICHE PARTIGIANE: LA RINASCITA DELLA DEMOCRAZIA IN ITALIA BRAMUCCI .............. 8
L’organizzazione dell’esercito partigiano ................................................................................... 9
Ristrutturare il paese: 1°missione: conquistare il popolo ........................................................ 13
2° missione: Gestione dell’Amministrazione ........................................................................... 13
Una Repubblica con i fiocchi! La Repubblica dell’Ossola ....................................................... 14
La conquista della parità dei sessi:la donna partigiana. ............................................................ 16
LA LIBERAZIONE DI FIRENZE VALENTINA PIERANGELI - ELISA SEBASTIANELLI............................ 18
GLI ULTIMI ANNI DELLA DITTATURA FRANCESCA INTERMITE ..................................................... 21
L’ETÀ DI DE GASPERI ELISA DUBINI – GIULIA CASTAGNA .......................................................... 23
De Gasperi e gli Stati Uniti .................................................................................................... 23
L’attentato a Togliatti............................................................................................................. 24
Il patto atlantico..................................................................................................................... 25
De Gasperi e il Sud. ............................................................................................................... 25
Le elezioni del 1953 ............................................................................................................... 26
BIBLIOGRAFIA........................................................................................................................ 31
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L’ULTIMO ANNO DI MUSSOLINI


MUS SOLINI (OTTOBRE ’42-
’42 - LUGLIO’43) -
MICHELA GIORGETTI

Nell’ottobre del 1942 l’Italia è attraversata da una grave crisi economica, militare e morale
dovuta al suo intervento nella Seconda guerra mondiale. Per colmare il deficit finanziario dello
Stato, Mussolini introduce dei provvedimenti d’emergenza, consistenti nel congelamento dei salari
e nei tagli alle distribuzioni pubbliche, che colpiscono soprattutto gli strati popolari. Le limitazioni
alla distribuzione di alcuni alimenti, favoriscono l’affermazione del “mercato nero” con il
conseguente aumento del costo della vita.
Alla fine del 1942 dilaga, sia tra l’opinione pubblica, sia tra i gerarchi fascisti e monarchici
un’insofferenza nei confronti della dittatura, accentuata ancor di più dalle sconfitte di guerra.

LA RIPRESA DELL'ATTIVITÀ DEI PARTITI ANTIFASCISTI CLANDESTINI

Si ricompongono i partiti antifascisti quali quello Comunista, che riprende a pubblicare


“L’Unità”, il PSI e il Partito d’Azione, formato dai militanti di “Giustizia e Libertà” e dagli
antifascisti di tendenze liberali, repubblicane e liberal-socialiste. I rappresentanti di questi partiti
formano nell’ottobre del 1941 il “Comitato d’Azione per l’unione del popolo italiano” e
nell’appello di Tolosa ai gruppi politici denunciano l’alleanza con la Germania e stipulano una
pace con l’Inghilterra, l’Urss e gli Stati Uniti.
Il programma del Comitato consiste nell’immediata cacciata di Mussolini e nella
restituzione al popolo italiano della prerogativa di darsi un governo
Nell’ottobre del 1942 in seguito alle sconfitte tedesche, subite dalle armate inglesi in Egitto
e in Libia, e da quelle russe sul fronte di Stalingrado, prende corpo un’intensa azione dei partiti
antifascisti, la quale si collega alla protesta popolare contro la guerra. Il 27 del mese il Comitato
d’Azione fece un lancio di volantini sulle città bombardate dalla RAF (Royal Air Force), nei quali
si denuncia la mancanza di mezzi di difesa e di protezione civile, si accusa Mussolini come il
maggior responsabile e si auspica per la pace separata e immediata: “[…] i servizi di segnalazione
non sono stati in grado di funzionare, non sono stati in grado di difendere la popolazione perché sono
quasi inesistenti. I ricoveri si sono dimostrati essere delle trappole e non adatti alla difesa dai
bombardamenti, i bambini e i malati non sono stati evacuati, perché Mussolini è un criminale, non ha
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provveduto a nulla per assicurare la difesa del popolo dai bombardamenti aerei1”.

LE PRIME SCONFITTE DEGLI ESERCITI DELL'ASSE E IL RIMPASTO GOVERNATIVO DEL FEBBRAIO '43

Nel novembre 1942, mentre gli americani, stremati, sbarcano in Algeria e in Marocco,
l’esercito sovietico, guidato dal comandante delle forze sovietiche dell’Armata Rossa Zukov,
contrattacca sul fronte di Stalingrado e sconfigge le armate naziste di Von Paulus. Questa azione
segna un arresto della politica hitleriana, la distruzione dell’ARMIR (Armata italiana in Russia) e
la perdita della Libia. Il regime vacilla e Mussolini forma un ministero di tecnici e funzionari che
nelle sue intenzioni dovranno sostituire i ministri a lui infedeli, ma ciò non riesce ad arginare il
malcontento generale. Gli scioperi del 1943, invece, apportano effetti decisivi nello sviluppo della
vita politica e riescono ad accelerare la caduta del regime.

LA COMPATTEZZA DEI GRANDI SCIOPERI DELLA PRIMAVERA DEL '43


Il 20 febbraio Leo Lanfranco, organizzatore degli operai comunisti torinesi, approva lo
sciopero generale. Il 5 marzo, infatti, alle ore 10:00 gli operai della Fiat Mirafiori interrompono il
lavoro, dando prova di compattezza e risoluzione di lotta. “Una massa imponente di uomini, che il
fascismo credeva di aver ridotti a delle miserabili appendici delle macchine e degli strumenti,
afferma con un atto unanime e deciso la sua dignità, la sua forza, il suo diritto.”
Velocemente molti scioperi si dilagano anche nelle altre regioni italiane. Gli operai
chiedono che le razioni degli alimenti corrispondano al minimo fisiologico e che il caro-vita sia
adeguato all’aumento dei prezzi. Finalmente il 2 aprile, dopo un mese che l’industria bellica si è
interrotta, Mussolini decide di aumentare i salari degli operai.

LA RESA DELLE ARMATE DELL'ASSE IN AFRICA E I BOMBARDAMENTI ALLEATI SULLE CITTÀ ITALIANE

A Tunisi gli anglo-americani conducono alla resa prima l’esercito tedesco e poi quello
italiano, segnando così la fine della campagna d’Africa. Nel frattempo gli alleati continuano a
bombardare intensamente le città italiane e pubblicano dei volantini in cui affermano che
l’alleanza con la Germania è l’unica causa di tutta questa distruzione e invitano il popolo a
mettersi in salvo e a sottoscrivere la pace separata. “Se le speranze tedesche erano di guadagnare

1
Fabio Fabbri, Il 1943, in Le fonti della storia, vol. 40, La nuova Italia, Firenze 1974, doc. no.1
44

tempo sacrificando vite italiane, va detto che pure gli anglo-americani, desiderosi di sconfiggere i nazi-
fascisti in breve tempo, avevano chiaro di ridurre l’Italia a una resa senza condizioni2”.

L'ATTEGGIAMENTO DI VITTORIO EMANUELE III DI FRONTE ALLA SITUAZIONE MILITARE ITALIANA


In un appunto datato 15 maggio 1943 il re, Vittorio Emanuele III, si chiede: “Gli anglo-
americani, dopo l’occupazione della Tunisia, quale azione svolgeranno nel Mediterraneo3?” Secondo il
re quattro sono gli scenari possibili, infatti gli Alleati potrebbero sbarcare: in Spagna o nelle Isole
Baleari, per attaccare la Francia, ma ciò non sarebbe molto utile; in Sequania o in Provenza, e ciò
potrebbe essere un’azione possibile se fatta coordinatamente a sbarchi nella Francia Atlantica; in
Grecia, dove l’azione dovrebbe essere più facile e redditizia, in quanto si colpirebbe “la Rumenia
alle spalle” e si impedirebbe un intervento russo nei Balcani; nelle Isole Tirrene o nella Penisola
Italiana, ma ciò è “molto improbabile, poiché non si può pensare di invadere la Germania
attraverso l’Italia e il Massiccio Alpino”.
Nello stesso documento il re stila un bilancio delle forze disponibili di fronte ad un
eventuale attacco alle coste continentali italiane e si rende conto della debolezza dei Battaglioni,
delle artiglierie Divisionali, della flotta e dell’aeronautica. Vittorio Emanuele ammette che un
probabile sbarco in Italia potrebbe costituire un grande pericolo, per questo bisogna preparare le
poche forze italiane affinché offrano una strenua resistenza, anche perché non si può contare
sull’aiuto tedesco, in quanto il nemico agirebbe contemporaneamente contro l’Italia e la
Germania. La conclusione di Vittorio Emanuele è: “La nostra situazione militare non è davvero
lieta e dà molto da pensare.4”
Nel maggio del ’43 il sovrano stabilisce dei contatti con i comandanti in capo delle forze
armate, con Ciano, ambasciatore e ministro degli Esteri, e con Grandi, sindacalista cattolico co-
fondatore della CIL e della CGIL, per promuovere il disfacimento del fronte interno fascista e
sollecitare un intervento del Gran Consiglio. In quei giorni Ivanoe Bonomi, rappresentante del
fronte dei partiti antifascisti, sale al Quirinale e riferisce al re la necessità di rovesciare il regime e di
costruire un governo militare di precauzione in vista di un attacco tedesco, cui sarebbe succeduto
un ministero di coalizione antifascista.

2
Fabio Fabbri, op.cit., p. 4
3
Fabio Fabbri, op.cit., p. 6
4
Fabio Fabbri, op.cit., doc. no. 4
55

IL DISCORSO DI MUSSOLINI DEL 24 GIUGNO E LO SBARCO ALLEATO IN SICILIA

Marcello Soleri, ex ministro liberale di Bonomi e di Facta (Presidente del Consiglio prima
di Mussolini), fa presente al re l’urgenza di un suo intervento risolutivo, ma egli è irremovibile. Il
sovrano attende l’iniziativa di Grandi e che la fine della dittatura venga decretata attraverso una
soluzione “legale”.
Intanto i bombardamenti continuano e preannunciano un’immanente sbarco alleato.
L’11 giugno cade Pantelleria, il 12 cade Lampedusa, ma Mussolini, nonostante tutto, è
certo di bloccare il nemico e il 6 luglio rende pubblico questo pensiero in un discorso.
Come previsto, il 10 luglio la Sicilia viene invasa dalle armate americane e inglesi. Questa
notizia viene annunciata dal Bollettino N. 1141, il cui tono è ottimista, in quanto si vuole
nascondere la debolezza dell’esercito italiano. “Durante le azioni effettuate ieri dall’aviazione su
centri della Sicilia, le artiglierie italiane e germaniche distruggevano 22 velivoli, dei quali 15 a Porto
Empedocle; altri 11 apparecchi venivano abbattuti dai cacciatori tedeschi5.”
Il 22 luglio vengono conquistate Trapani e Palermo e i civili accolgono gli alleati come dei
liberatori.
Il generale Eisenhower, comandante in capo delle Forze Alleate, parlando a nome della
Gran Bretagna e degli Stati Uniti, afferma che questa guerra ha lo scopo di distruggere la
Germania, di liberare il popolo italiano dal regime fascista e di restaurare l’Italia come nazione
libera.
Durante il Governo Militare, infatti, verranno sciolti il PNF, la Milizia e le organizzazioni
giovanili, verranno proibite le leggi razziali e qualsiasi attività politica, e verrà abolito il Tribunale
Speciale per la Difesa dello Stato. Inoltre verrà mantenuta la libertà di culto e verranno istituite la
libertà di parola e di stampa.

IL BOMBARDAMENTO DI ROMA DEL 19 LUGLIO


Il 19 luglio Roma viene bombardata per ordine di Churchill e Roosevelt, causando ingenti
danni alla città e generando un inorridimento della stampa. Mussolini prova a chiedere a Hitler gli
aiuti necessari per continuare la guerra ma non li ottiene, e non ha il coraggio di comunicare il
distacco dell’Italia dalla Germania.

5
Fabio Fabbri, op.cit., doc. no. 4
66

LA SEDUTA DEL GRAN CONSIGLIO DEL 24-25 LUGLIO


Il 20 luglio il capo di Stato Maggiore Ambrogio si dimette contro il volere del duce e
Carlo Scorza, segretario del PNF, comunica la convocazione del Gran Consiglio per il 24 luglio. Il
22 il re riceve l’ordine del giorno che Grandi sottoporrà alla riunione e l’approva. Il sovrano
accetta la tesi del ministro della Real Casa, Acquarone, di formare un ministero di funzionari e
militari retto dal maresciallo Badoglio, che stacchi l’Italia dal fascismo ma non tronchi subito la
guerra. Vittorio Emanuele attende le decisioni del Gran Consiglio in modo tale che il regime sia
messo in crisi dalle sue stesse istituzioni e che si possa trovare un pretesto per esonerare Mussolini.
Il 23 luglio viene occupata Palermo e il giorno seguente Mussolini dichiara l’apertura del Gran
Consiglio a Palazzo Venezia. Con il suo discorso di apertura il duce vuole nascondere la reale
situazione dell’Italia e fa riferimento alla storia del comando delle forze armate e al quadro degli
avvenimenti militari, accusando i siciliani di aver accolto gli alleati come dei liberatori e
denunciando i soldati che non hanno combattuto in guerra. Poi De Bono, direttore generale della
Pubblica Sicurezza e primo comandante della Milizia, Farinacci, segretario del PNF, e De Vecchi,
sviluppano argomenti di carattere militare, mentre Bottai, Ministro della Pubblica Istruzione,
denuncia l’impossibilità di difendere la penisola, viste l’insufficienza dei mezzi e la stanchezza delle
truppe.
L’Ordine del Giorno scritto da Grandi, ma sottoscritto anche da Bottai, Federzoni,
Ministro dell’Interno, e Ciano, ha l’obiettivo di dissociare il fascismo dalla monarchia, insistendo
sulla necessità dell’unione morale e materiale di tutti gli italiani senza però mai accusare il partito e
il regime e senza mai citare Mussolini, le camicie nere e la Milizia.
“[…] invita il Capo del Governo a pregare la Maestà del Re, verso la quale si rivolge fedele e
fiducioso il cuore dell’intera Nazione, acciocché Egli voglia, per l’amore e per la salvezza della Patria,
assumere con l’effettivo comando delle Forze Armate di terra, di mare e dell’aria, secondo l’Art. 5 dello
Statuto del Regno, quella suprema iniziativa di decisione che le nostre Istituzioni a Lui attribuiscono e
che sono sempre state in tutta la nostra Storia nazionale, il retaggio glorioso della nostra Augusta
Dinastia di Savoia6”

6
Fabio Fabbri, op.cit., doc. no. 7
77

IL DIBATTITO SULL'ORDINE DEL GIORNO GRANDI E LA SUA APPROVAZIONE


Il Gran Consiglio invita il Capo del Governo a restituire al sovrano il comando delle Forze Armate
e gli si chiede un ritorno alle sue originali funzioni di primo ministro del re, senza l’onere del
comando militare. Poi, dopo l’intervento di Grandi, l’atmosfera diventa tesa: parlano Ciano,
Farinacci, il Ministro di Grazia e Giustizia De Marsico e Federzoni; poi intervengono i fedeli del
duce, quali Galbiati, comandante della Milizia, e Scorza, per tentare un rinvio del dibattito, al
quale Grandi si oppone. Bastianini, governatore della Dalmazia, e Alfieri attaccano le posizioni del
duce ed egli ribatte che non è possibile dividere il comando militare da quello politico.
Infine interviene Grandi e domanda la votazione per appello nominale, a seguito della
quale Mussolini se ne va pronunciando: “Voi avete provocato la crisi del regime7”.

ARRESTO DI MUSSOLINI. BADOGLIO CAPO DEL GOVERNO


Grandi suggerisce ad Acquarondi nominare primo ministro il maresciallo Enrico Caviglia
e di trattare un armistizio con gli alleati, ma il re dà la nomina a Badoglio. Mussolini, dopo essere
stato dimissionato, viene consegnato ai carabinieri. Alla diffusione (tardiva) della notizia seguono
reazioni in tutto il paese; i gerarchi si rifugiano nell’ambasciata tedesca a Roma oppure partono.

7
Fabio Fabbri, op.cit., doc. p. 10
88

LE REPUBBLICHE PARTIGIANE
PARTI GIANE E LA RINASCITA DELLA DEMOCRAZIA
D EMOCRAZIA IN
I TALIA
BENEDETTA BRAMUCCI

Anno 1943. Il destino del regime fascista sembrava essere ormai segnato: il 25 luglio, in
seguito ad un’assemblea speciale indetta dal Gran Consiglio del fascismo, Mussolini fu costretto
a dare le dimissioni e venne arrestato, non potendo più contare né sull’appoggio del massimo
organo del partito, né su quello del popolo che, stremato e sfiduciato a causa del caro-vita, della
mancanza di generi alimentari, dei sempre più frequenti e distruttivi bombardamenti aerei,
nutriva ormai un profondo dissenso verso il regime. Gli Italiani accolsero la notizia con grande
entusiasmo e si apprestavano a festeggiare il proprio ritorno alla libertà, ma i successivi eventi
storici ridimensionarono la loro gioia. Mentre al Sud, grazie alle iniziative ed alle trattative
portate avanti da Badoglio e da Vittorio Emanuele III, gli Alleati erano riusciti a liberare l’Italia
Meridionale e a ristabilire il vecchio Stato monarchico, al Centro-Nord la situazione era ben
diversa: i tedeschi non accettarono di perdere il controllo sullo “Stivale”. Già presenti in Italia
come alleati,sfruttando le indecisioni di Badoglio nel dichiarare formalmente l’alleanza tra Italia
ed Alleati, ne occuparono definitivamente l’area Centro-Settentrionale fino alla così detta linea
Gustav, linea di confine che si prolungava da Gaeta a Pescara.
Completamente allo sbando
in assenza di un’autorità militare
forte, i soldati erano chiamati a
scegliere contro chi combattere:
continuare a difendere il regime e
lottare al fianco dei tedeschi o
prendere in mano la situazione e
aiutare gli Alleati?
Il momento della pace non
era, perciò, ancora arrivato per
l’Italia: si scatenò una vera e propria guerra civile, o se vogliamo definirla con termini più
patriottici, una violenta battaglia per la libertà tra partigiani (uomini che coraggiosamente
99

decisero di lottare a tutti i costi pur di mantenere la propria libertà e di ricreare l’Italia Unita) ed
i nazifascisti.
Nacque così la Resistenza Italiana, movimento di soldati e civili volontari, uomini e donne,
appartenenti ad ogni sorta di gruppo politico antifascista che si opposero all’occupazione
nazifascista del Centro-Nord rischiando ad ogni istante di essere arrestati, deportati in Germania
o venire uccisi durante le operazioni punitive attuate dai tedeschi.
Dopo un primo momento di incertezza e disorganizzazione i partigiani decisero di riunirsi
nel Comitato di Liberazione Nazionale, associazione interpartitica che venne successivamente
suddivisa in Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI), guidato da Pizzoni ed
avente sede a Milano, ed il Comitato di Liberazione Nazionale Centrale (CLNC).
Il CLNAI fu un organo di particolare importanza: coordinò le operazioni delle varie fazioni
partigiane permettendo loro di liberare e occupare una ventina di “zone libere” cioè piccoli
territori autonomi dal potere nazista localizzati nel Nord Italia. L’obiettivo dei partigiani era
quello di re-instaurare regimi democratici in queste piccole entità statuali provvisorie: per questo
esse vengono oggi ricordate come Repubbliche partigiane.

L’ORGANIZZAZIONE DELL’ESERCITO PARTIGIANO

L’esercito partigiano non era un esercito regolare ed omogeneo, ma un esercito di origine


popolare e spontanea, molto eterogeneo in quanto formato da guerriglieri volontari di diverse
ideologie politiche.
In base alla loro composizione politica le brigate partigiane si suddividevano in:
- Brigate d'Assalto Garibaldi (le più numerose ed attive,formate in prevalenza da simpatizzanti
per il Partito Comunista Italiano);
- Fiamme Verdi e Brigate Italia (di ispirazione cattolica);
- Brigate Matteotti (composte da aderenti al Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria)
- Brigate Giustizia e Libertà (formato da azionisti)
- Brigate Mazzini (Partito Repubblicano Italiano)
- Brigate del popolo (Partito Popolare - Democrazia Cristiana)
1100

- Brigate autonome (guidate da ufficiali e soldati che avevano abbandonato il pre-esistente


esercito italiano ed erano particolarmente attive in Piemonte).
Quest’ultime rappresentavano casi particolari di divisioni poiché rifiutavano decisamene
ogni identificazione politica e dichiaravano apertamente il loro completo disinteresse nel
manifestare “alcuna ingerenza di partito”.8 Testimonianza fondamentale di questo rifiuto alla
partecipazione politica attiva è rappresentata dalla “voce” della "Divisione Valtoce",formazione
legata alle Fiamme Verdi, il cui comando era a Ornavasso e che aveva intenzione di occupare da
qui l’intera valle fino alla Svizzera (denominata per questo "Valtoce"). La Divisione sostenne
sempre, anche attraverso la divulgazione di volantini quotidiani, di basarsi su un programma
apolitico che “si riassume nel motto stesso della formazione: <<La vita per l’Italia libera>>”9 e
non aveva altro obbiettivo che quello di combattere per “questione di onestà e serietà” “in
ossequio ai secolari principi democratici”.10
L’esercito partigiano può essere perciò descritto con sole due parole: eterogeneità e
democraticità.
Esso, infatti, è stato uno schieramento in cui le diversità di costumi, abitudini ed ideologie
sono sempre state accolte,accettate e rispettate. Questo viene dimostrato perfino dall’aspetto
esteriore dei partigiani:i soldati infatti non erano omologati da un’uniforme comune,ma ognuno
portava l’abbigliamento tipico del suo schieramento e della sua regione.

8
Mario Visani, Le repubbliche partigiane, in Le fonti della storia, vol.43, La nuova Italia, Firenze 1976,doc. no. 7
9
Mario Visani, op. cit., pag.6, documento n.7
10
Mario Visani, op.cit., pag.6, documento 7
1111

Erano “uomini vestiti di strane fogge, giubbe militari, camicie rosse, semplici giacche da
borghesi, ornate da fazzoletti multicolori; portavano copri capi di ogni genere, dal cappello
alpino al berretto garibaldino, al basco militare; molti avevano la testa nuda: la maggior parte
erano giovani; parecchi, ragazzi; pochi,anziani.”11
All'interno del collettivo partigiano si incontravano ceti sociali, culture e mentalità
diverse:erano presenti studenti, operai, contadini e ciò rese possibile un confronto importante
tra città e campagna.
Gli eventi bellici diedero la possibilità, inoltre, di un incontro tra persone provenienti da
Nord e Sud del Nostro paese (molti soldati meridionali infatti facevano parte di queste bande)
ma fornì anche occasioni di confronti internazionali, con la presenza di russi, slavi, inglesi evasi
dai campi di prigionia tedeschi. L’eterogeneità è stato sicuramente uno dei punti di forza
dell’esercito partigiano, ma questo non significa affermare che non ci siano mai stati ostacoli nel
commino verso la libertà: inglobare fazioni di diversa ideologia politica significava prendere in
considerazione tutti i diversi punti di vista rallentando le operazioni e porre fine alle rivalità tra
le varie brigate che a volte erano più concentrate nel combattersi tra loro che nel cacciare il
nemico. Accadde ad esempio che partigiani di Brigate diverse imponessero sulle linee di confine
dei loro territori vere e proprie frontiere, che non permettevano né gli scambi commerciali, né il
passaggio delle truppe da una zona libera all’altra
Nonostante questi svantaggi, il lieve “libertinaggio” non veniva punito, come sarebbe
avvenuto negli eserciti regolari in maniera violenta, ma veniva accettato per amore della libertà e
perché nonostante tutti gli elementi di differenza tutti i partigiani erano uniti dal comune
desiderio di lottare per amore “dell’azzurro emblema che ricorda il bel cielo della Patria”12 e
questo fu un valido garante dell’ordine e della disciplina.
Anche le gerarchie erano simbolo di democraticità: i gradi venivano stabiliti sulla base del
coraggio dimostrato durante le imprese militari e vigeva il reciproco rispetto non solo tra soldati
dello stesso grado, ma anche tra “inferiori” e “superiori” che, al contrario di molti generali prima
di loro, dimostrarono di avere grande umiltà ed umanità. Combattevano al fianco dei propri
soldati, si sobbarcavano turni di guardia, accettavano privazioni di cibo e viveri e rinunciarono ai
privilegi che la carriera militare poteva portare loro. Contrariamente a quanto avveniva

11
Ceva Bianca,in Tempo dei vivi 1943-1945, Ceschina, Milano 1954.
12
Mario Visani, op.cit., doc. no. 7.
1122

nell’esercito regolare, i generali non si limitavano a prendere decisioni dall’esterno,sulla base


delle informazioni provenienti dal fronte, ma venivano prese collegialmente, soldati e
comandanti durante riunioni serali attorno al fuoco, in cui si discuteva, si raccontava e si cantava
insieme. “Quando ci troviamo tutti uniti, o quasi tutti, discutiamo per il miglioramento del
nostro distaccamento, perché è l'unica nostra ambizione che il nostro distaccamento sia uno dei
primi in azione e uno dei migliori come comportamento. Poi si parla di politica e tutti
cerchiamo di farci una coltura per potere domani saperci governare ed infine cantiamo;
cantiamo le nostre vecchie canzoni, che anche nella nostra vecchiaia rimarranno impresse nella
nostra memoria e ci ricorderanno gli stenti e le fatiche, le soddisfazioni provate quassù e i nostri
cari compagni caduti.”13
“Si stava lì, si chiacchierava e si cantava... C'era qualcuno con la chitarra. Si cantava e si
contava delle storie, così. Ricordo quella canzone che ha fatto Condor; aveva l'aria della X Mas,
come aria, però aveva fatto il testo lui... Eh, si cantava, si cantava fino alle undici-mezzanotte, a
secondo. Se c'era da fare delle azioni si andava a dormire prima, se non c'era da fare delle azioni
allora si cantava.”14
“Non era come in caserma, dove tutto è deciso e regolato: lì bisognava inventare da noi,
saperci comandare da soli.”15
“Inventare la guerra che dovevamo fare è stato un modo per crescere, al quale hanno
contribuito tutti, ognuno coi suoi mezzi. Il 'fare da soli', comunque e sempre, è stata la lezione
più significativa di quei mesi.”16
I semplici generali (quelli per intenderci molto simili al Generale Giacinto Ferrero, alias il
Generale Leone descritto da Emilio Lussu in “Un anno sull’Altipiano), che credevano nella
necessità di una gerarchia autoritaria e di “polso fermo” per garantire l’ordine e la disciplina,
ottennero un’importante lezione da parte dei partigiani: il rispetto non scaturisce dalla paura, ma
dal rispetto stesso.
Dalle testimonianze di partigiani in nostro possesso emerge il ricordo di una socialità intensa
e cordiale, di amicizie indelebili, di momenti di euforia, di entusiasmo, di giovanile

13
Barioli Daniele – Botta Roberto, testo inedito di Pietro Cavo Zeta, partigiano classe 1924, in I giorni della
Montagna, WR edizioni, Alessandria 1990
14
Barioli Daniele – Botta Roberto, op.cit., testimonianza di Giuseppe Roncoli Tin, partigiano classe 1926
15
Oliva Gianni, testimonianza di Mario Bertone, partigiano classe 1926, in La Resistenza alle porte di Torino, Angeli,
Milano 1989
16
Oliva Gianni, op.cit., testimonianza di Federico Tallarico, comandante partigiano classe 1918
1133

spensieratezza. “Eravamo quasi tutti intorno ai vent'anni. Non bisogna dimenticare che la
Resistenza è stata fatta in maggioranza da ragazzi. A volte facevamo anche degli scherzi, come
quando a Bautik, che era un compagno molto meticoloso, abbiamo mandato all'aria con una
pioggia di melette tutto il pranzo: il suo vino preparato, il pane nel punto giusto, la gavetta
messa bene. Ero io sulla pianta di mele, Nandino, che è stato poi fucilato a Omegna, vicino a
Bautik, forse anche qualcun altro. Bautik s'è spaventato: in un primo tempo credeva che ci fosse
il terremoto; poi s'è tanto infuriato che ci voleva sparare... 17” Nonostante questi momenti di
allegria e le libertà di cui i partigiani godevano, i comandanti non si astenevano dall’attuare
punizioni esemplari,dopo regolare e serio processo, in caso di infrazioni anche minime.

RISTRUTTURARE IL PAESE: 1°MISSIONE: CONQUISTARE IL POPOLO

Dopo aver liberato i piccoli territori costituenti le Repubbliche Partigiane dall’occupazione


nazifascista, i partigiani si trovarono di fronte un nuovo problema: riorganizzare la regione
riconquistata.
Il loro primo obbiettivo fu dunque quello di ottenere il consenso della popolazione
recentemente liberata, che altrimenti non avrebbe mai accettato la nuova autorità. L’operazione
non fu facile in quanto il popolo nutriva diffidenza nei confronti dei partigiani che, con il loro
“eroico furore”, avrebbero potuto scatenare l’ira dei tedeschi. Molti temevano che essi avrebbero
tentato di riacquistare terreno operando una serie di duri rastrellamenti ai loro danni. Ben presto
però tutta la popolazione si rese conto della necessità della presenza partigiana sul territorio per
tutelare gli interessi di tutti: dai braccianti ai commercianti ai liberi professionisti, iniziarono a
dimostrarsi solidali a coloro che consideravano “difensori dei diritti e degli interessi popolari e
liberatori dall’oppressione fascista18”. Vennero, così, accettati dal popolo come massima autorità.

2° MISSIONE: GESTIONE DELL’AMMINISTRAZIONE

Riconquistata la libertà nasceva ora in tutto il popolo l’esigenza di un rinnovamento drastico


che avrebbe portato alla nascita di una società nuova, più giusta, “basata sul rispetto della

17
Bruzzone A.Maria-Farina Rachele, testimonianza di Elsa Oliva, Elsinki, in La resistenza taciuta. Dodici vite di
partigiane piemontesi, La Pietra, Milano 1975
18
Mario Visani, op.cit., p. 7
1144

persona umana, sul riconoscimento dei diritti di lavoro, sull’elevazione della povera gente”19: la
democrazia doveva rinascere!
Le Repubbliche Partigiane rappresentarono, così, la prima forma concreta di rinnovamento
sociale in quanto anticiparono il ritorno della democrazia in Italia: i partigiani,occupati
nell’affrontare problemi di carattere militare, sollecitarono la popolazione a partecipare
attivamente alla gestione amministrativa della “Repubblica”. I Municipi vennero affidati al
controllo del popolo, per la prima volta dopo anni di sottomissione a Mussolini e ai suoi
fedelissimi.
I funzionari amministrativi non vennero più perciò designati dall’alto, come il Duce aveva
imposto una ventina di anni prima, ma per volontà stessa del popolo. La nomina dei candidati
alle elezioni delle Giunte, massimi organi amministrativi e gestionali delle Repubbliche, avveniva
per modalità diverse, stabilite sulla base delle esigenze immediate di ogni “zona libera” e del
diverso grado di preparazione politica del popolo: il compito di preparare le elezioni venne
affidato ai CLN locali, nei rari casi in cui questi esistevano (ad es. nelle Valli di Maira e Varaita),
oppure allo stesso comando partigiano, artefice della liberazione, che nominava direttamente
nomi di cittadini stimati dalla popolazione e che si erano dimostrati lontani dal parteggiare per il
regime pre-esistente. In casi molto rari i Comandanti partigiani e i Comitati provvisori
designavano i candidati senza che questo portasse necessariamente all’elezione dei candidati
prescelti. In questi casi l’elezione avveniva attraverso la nomina di un solo nome.

UNA REPUBBLICA CON I FIOCCHI! LA REPUBBLICA DELL’OSSOLA

Caso particolare e a sé stante è stata scelta dei partigiani


autonomi (Sopra: la bandiera della creatori della Repubblica
dell’Ossola: il 10 settembre 1944 le Divisioni Repubblica
dell’Ossola) Val Toce e Val d’Ossola fecero il loro ingresso nella
città di Domodossola e dichiararono, “in nome del Comitato di Liberazione Nazionale, Comitato
Alta Italia”20 e in nome di un’Italia libera, di aver occupato la Città e con essa tutta la Valle.
Paradossalmente, lo stesso giorno, assieme alla richiesta ai cittadini di facilitare loro “il compito di

19
Mario Visani, op.cit., p.7
20
Mario Visani, op.cit., doc. no. 6, p. 4, colonna 1, “Città di Domodossola”
1155

assicurare l’ordine21”, le due Divisioni, temendo di perdere il controllo militare sulla zona,
imposero loro di accettare la Giunta Provvisoria, da loro stessi scelta, contrariamente a quelle che
erano le direttive del CLNAI. Per assicurare il “migliore svolgimento della vita cittadina22”
destituirono il Podestà Bernardino Bianchetti ed assegnarono i pieni poteri amministrativi ai
cittadini: “Ing.Ballarini Giorgio;Sac. Can. Cabalà Gaudenzio; Dott. Nobili Alberto; Roberti
Giacomo; Prof. Tibaldi Ettore; sac. pr.Zoppetti Luigi23”.

Il CLNAI, profondamente deluso dalla condotta dei suoi uomini, sconfessò l’operazione e
richiese la sostituzione della Giunta dopo 15 giorni dalla sua nomina, il 25 settembre 1944. La
decisione del CLN venne resa pubblica attraverso un bollettino quotidiano di Informazioni con
il seguente ordine del giorno:

- ritorno delle salme di tre giovani eroi, tre ufficiali dell’Esercito volontario della libertà;
- uccisione di un tedesco e ferimento di un suo compagno durante azione di pattuglia sul
Monte Orfano, ferimento di tre fascisti presso Fondo Toce e azioni di fuoco sulla strada
Fondo Toce-Pallanzeno;
- mutamento dei nomi di alcune vie e piazze della Città di Domodossola (ad esempio
Piazza Italo Balbo divenne Piazza Giacomo Matteotti e Via A.Colombo assunse il nome
di Via Gramsci Antonio);
- nomina delle Amministrazioni nei Comuni della Zona Liberata;
- mutamento nella Giunta Provvisoria, il Commissario di polizia Roberti Giacomo diede
le dimissioni in favore del sostituto scelto dal CLN Oreste Filopanti, mentre Cabalà
subentro nuovamente dopo essere stato sostituito da don Zoppetti.

Nonostante i primi momenti di trambusto la Repubblica dell’Ossola dimostrò la propria


capacità organizzativa divenendo così la più grande ed ammirata tra le Repubbliche Partigiane:
come dimostrato dalle citazioni soprastanti, a differenza di altre la Repubblica dell'Ossola fu in
grado, in poco più di un mese di vita, di affrontare non solo le contingenze imposte dallo stato
di guerra, ma anche di darsi un'organizzazione articolata: vennero assunti funzionari
(commissari) per l'amministrazione civile con il potere di assumere impiegati. I CLN locali

21
Mario Visani, op.cit., doc. no.6
22
Mario Visani, op.cit., doc. no.6
23
Mario Visani, op.cit., doc. no.6
1166

vennero ampliati e le loro porte vennero aperte anche ai rappresentanti delle organizzazioni di
massa. Altre importanti iniziative furono l’imposizione del divieto di esportare la valuta ed il
rinnovamento della toponomastica della valle. Tutte le leggi e i corpi militari fascisti vennero
sciolti in soli 2 giorni. Salò reagì tagliando i rifornimenti all'intera valle, ma, dopo alcune
incertezze, la piccola repubblica ottenne l'appoggio della Svizzera.

Il 10 ottobre i fascisti attaccarono con 14.000 uomini e, dopo aspri scontri, il 23 ottobre
riconquistarono tutto il territorio. La gran parte della popolazione abbandonò la Val d'Ossola
per rifugiarsi in Svizzera lasciando il territorio pressoché deserto impedendo di fatto le forti
rappresaglie che furono minacciate dai fascisti. A tal proposito il capo della provincia Enrico
Vezzalini scrisse il famoso comunicato a Mussolini che recitava: "Abbiamo riconquistato
l'Ossola, dobbiamo riconquistare gli Ossolani".

LA CONQUISTA DELLA PARITÀ DEI SESSI:LA DONNA PARTIGIANA.

Con l’aumentare dei compiti affidati alla Giunta Provvisoria della Repubblica dell’Ossola,
dopo circa tre settimane di attività, fu necessario assumere due nuovi commissari: vennero scelti,
su consiglio del CLN, l’avv. Luigi Mari ed Amelia Valli, PRIMA donna al governo italiano. Per
la prima volta in Italia una donna aveva la possibilità di avere voce in capitolo nella gestione
dello stato! All’avvenimento venne dedicato un articolo pubblicato sul quotidiano comunista
“L’Unità” il 13 ottobre:

“E’ la prima volta che in Italia una


donna assumerà funzioni politiche. (…)
Una donna al governo? Qualcuno
assieme alla meraviglia,esprimerà
qualche dubbio. Eppure che una donna
ci sia è ben giusto, non solo perché la
compagna Valli ha dimostrato di essere
una buona combattente antifascista e
un’organizzatrice attiva. È giusto perché
1177

ci sono opere di assistenza, attività di educazione, che una donna può meglio di ogni altro
comprendere e realizzare. (…)24”

Anche se non se ne parla molto sui nostri libri di


storia, ciò non significa che le donne durante il periodo
fascista non abbiano partecipato all’opera di Liberazione
della nostra patria: anzi tutt’altro! Durante tutto il
periodo del secondo conflitto mondiale, come nel caso del
primo, la donna si era occupata di tutte quelle mansioni
considerate dalla tradizione prettamente maschili,
sostituendosi al marito, impegnato in guerra, nel lavoro e
nel mantenimento della famiglia. Durante il periodo della
Resistenza la figura della donna assume un valore ben più ampio: molte scelsero di schierarsi e
combattere, nelle diverse forme possibili, la lotta resistenziale,ribaltando la consueta divisione dei
ruoli maschile e femminile. Si occupavano della stampa e della propaganda del pensiero
d'opposizione al nazifascismo, attaccando manifesti o facendo volantinaggio, curando
collegamenti, informazioni, trasportando e raccogliendo documenti, armi, munizioni, esplosivi,
viveri, scarpe o attivando assistenza in ospedale, preparando documenti falsi, rifugi e
sistemazioni per i partigiani. La donna ormai non poteva più essere considerato l’angelo del
focolare domestico, ma dovevano esserle riconosciuti i meriti per aver raggiunto, ed anche
superato, gli uomini nel difendere la loro patria. Trentacinquemila furono le partigiane
inquadrate nelle formazioni combattenti; 20.000 le patriote con funzioni di supporto; 70.000 in
tutto le donne organizzate nei Gruppi di difesa; 16 le medaglie d'oro, 17 quelle d'argento; 512 le
commissarie di guerra; 683 le donne fucilate o cadute in combattimento; 1750 le donne ferite;
4633 le donne arrestate, torturate e condannate dai tribunali fascisti; 1890 le deportate in
Germania. Assicurare alla donna un ruolo in ambito politico era il minimo che l’uomo potesse
fare per riconoscere i suoi sacrifici e le sue rinunce.

24
Mario Visani, op.cit, doc. no. 9, p.1, colonna 5, “Una donna nella Giunta del Governo”
1188

LA LIBERAZIONE
LIBERAZIONE DI FIRENZE
FIRENZE
VALENTINA P IERANGELI - ELISA S EBASTIANELLI

Il 25 luglio 1943 la città di Firenze era già organizzata in un organismo interpartitico pronto
all’opposizione alle forze nazifasciste. Quando l’ 8 settembre dello stesso anno fu firmato
l’Armistizio, il Partito d’Azione di Firenze invitò il popolo ad insorgere contro i tedeschi, i
fascisti e la monarchia.
Mentre il comitato interpartitico, che aveva preso il nome di Fronte della Libertà (che poi
sarebbe diventato CLN, Comitato di Liberazione Nazionale), sul nuovo giornale continuava ad
istigare alla resistenza, i tedeschi imposero il regime marziale, tentando di impedire l’appoggio
della popolazione. Nonostante le ricompense in denaro offerte dai fascisti, gli anglo-americani
trovarono il sostegno della popolazione.
Un’altra organizzazione che incitava alla resistenza fascista era il Fronte Giovanile di
Liberazione.
Grazie all’organizzazione interpartitica del CLN si crearono i primi giornali clandestini: l’8
settembre nacque l’Unità , inoltre vennero stampati altri giornali come Azione Comunista, la
Libertà (P.d.A.), l’Avanti (P.S.I.), il Popolo (D.C.). Nella seconda metà del ‘44 i liberali
stamparono l’Opinione: tutti questi giornali e manifesti venivano diffusi clandestinamente.
Gli appelli lanciati dal CLN fecero breccia nella popolazione, che cominciò a sferrare
attacchi contro i nazifascisti. L’1 dicembre del 1943 uno dei Gruppi di Azione Patriottica (GAP)
uccise Gino Gobbi, organizzatore del Distretto Militare Fascista, che aveva il compito di
reclutare i giovani per l’esercito. La risposta fascista a questo atto di ribellione fu la fucilazione di
dieci detenuti politici, ma i membri del Comando Militare del CLN si rifiutarono di consegnare
cinque detenuti, perciò il 2 dicembre vennero fucilati la metà dei prigionieri richiesti con una
conseguente forte reazione da parte dei quotidiani.
Il Comitato Toscano di Liberazione Nazionale (CTLN) si fece portavoce dei sentimenti dei
cittadini; le rappresaglie contro i fascisti aumentarono e la risposta del regime fu la
proclamazione di disposizioni tassative contro chiunque si ribellasse. Oltre alle organizzazioni
partitiche c’erano anche quelle giovanili come il Fronte della Gioventù che pubblicò anche un
suo giornale e la Giovine.
1199

Il 3 marzo 1944 cominciò a Firenze lo sciopero dei lavoratori, che all’apparenza era
finalizzato al miglioramento delle condizioni popolari, ma, in realtà, era uno sciopero politico
del CTLN. L’azione dei partigiani si intensificò e anche i fascisti intensificarono i loro
rastrellamenti: catturarono dei giovani renitenti alla leva che vivevano alla macchia e cinque di
loro vennero condannati alla fucilazione dal Tribunale Speciale Militare. L’esecuzione avvenne il
22 marzo al Campo di Marte e, per tutta risposta, gli antifascisti pubblicarono un manifesto
incitando alla vendetta. Un mese dopo un GAP uccise il filosofo Giovanni Gentile, già ministro
dell’istruzione, come rappresaglia per l’appoggio al governo fascista: si crearono così dei contrasti
all’interno del CTLN.
L’opposizione nazifascista si rafforzava e si estendeva sempre di più, ma allo stesso modo, si
intensificavano i tentativi fascisti di annientarla o almeno ridurla, come quelli fatti sulla Nazione
nel maggio 1944, con proposte degradanti ed illusorie .
I primi di giugno gli alleati liberarono Roma, il CTLN incitò il popolo alla lotta attiva, che
sembrava ormai giunta a conclusione. Roma bloccò la sua insurrezione a causa di un intervento
di pacificazione del Vaticano mentre il CTLN ebbe il compito di dimostrare per primo
l’opposizione popolare al Fascismo. Intanto il fronte si spostò su Firenze, che conobbe numerose
uccisioni e razzie. Il CTLN per risolvere la situazione disperata incitò il popolo ad apporsi alle
razzie nascondendo i viveri e non cedendo alle illusorie proposte di lavoro in Germania.
L’opposizione da parte dei partigiani si fece sempre più forte tanto che i fascisti dovettero
ricorrere alle convenzioni internazionali per difendersi promuovendo il Fascismo in tono ironico
senza però ottenere risultati. Il CTLN rispose all’illusoria pubblicità fascista sconfessando la
convinzione di Firenze come città aperta.
I Fascisti intensificarono le loro azioni contro i “gappisti” e nel ’44, in piazza Torquato
Tasso, oltre a catturare quasi tutti quelli presenti, aprirono il fuoco sulla folla, lasciando tra le
vittime anche un bambino. I “gappisti” catturati vennero torturati e uccisi, la fossa comune in
cui vennero seppelliti fu scoperta solo nel ‘56 . Questa fu l’ultima ingiustizia dei Fascisti a
Firenze; questi si avviarono verso il nord lasciando alle loro spalle l’ultimo numero della
Repubblica. Le truppe di retroguardia rimaste a Firenze promossero il regime marziale, ma la
stessa sera saltarono i ponti dell’Arno, liberando gran parte della città. L’11 agosto il CTLN
proclamava l’insurrezione e assumeva tutti i poteri del governo . Il CTLN sostituì il giornale la
Nazione con la Nazione Popolo, così come fecero anche altri partiti. Nel frattempo si provvedeva
2200

alla completa eliminazione dei nemici. Il 14 agosto giunsero le truppe alleate. Firenze aveva
combattuto per la sua liberazione dal 3 agosto al 2 settembre e il numero complessivo dei caduti
in questo periodo fu di circa 1530 persone.
2211

GLI ULTIMI ANNI DELLA


DELLA DITTATURA
F RANCESCA I NTERMITE

L’8 settembre del 1943 viene reso noto l’armistizio segreto tra il governo Badoglio e gli
anglo-americani. Nei giorni successivi, i rappresentanti dei cinque partiti antifascisti (Partito
Comunista Italiano, Partito d’Azione, Democrazia Cristiana, Partito Socialista di U. P.,
Partito Liberale) si riuniscono per formare il Comitato di Liberazione Nazionale, ma servono
quasi due anni prima che il CLNAI (il ramo del CLN che operava nell’Italia occupata dai
tedeschi) possa invitare i cittadini e i lavoratori ad uno sciopero generale contro i Tedeschi e i
Fascisti “per la salvezza delle case, delle terre e delle officine” e l’Insurrezione Nazionale. Il 25
aprile 1945, sui manifesti, campeggiavano gli inviti a manifestare“Contro l’occupazione
tedesca”, “per le strade sotto la bandiera tricolore del Comitato di Liberazione” a porre “Come a
Genova e a Torino [...] i Tedeschi davanti al dilemma: Arrendersi o Perire” 25
Il 26 Aprile del 1945 dal palazzo della Prefettura, viene annunciato che il CLNAI,
rappresentante del solo governo legale Italiano, assume i poteri di amministrazione e di
governo per la continuazione della guerra di liberazione al fianco delle Nazioni Unite per
eliminare le ultime tracce del fascismo e per tutelare i diritti democratici: “Tutti i fascisti
devono fare atto di resa alle autorità del CLN e consegnare le armi” altrimenti sarebbero stati
trattati come nemici della patria e sterminati. Il triumvirato del CLNAI era formato da Luigi
Longo, Leo Valiani e Sandro Pertini, che dirigeva la resistenza a Milano26.
Anche Sondrio, Brescia e Bergamo vengono liberate. L’ex comandante della squadra
d’azione Muti, Colombo, Barracu e Starace vengono arrestati, mentre Farinacci, segretario
del Partito Nazionale Fascista viene processato e giustiziato dai Patrioti27.
Mussolini, partito da Milano il giorno prima in direzione del lago di Como, il 26 Aprile,
si ricongiunge con altri fascisti provenienti da diversi luoghi e programma insieme a loro le
azioni da svolgere nei giorni successivi. Il giorno 27 alcuni gerarchi fascisti, Mussolini e
Claretta Petacci, amante del Duce, si uniscono ad una colonna di soldati Tedeschi che
tentano di rientrare in patria.

25
Francovich C. e Di Benedetto L. (a cura di) I giorni della libertà: l’Aprile del ’45, in Le fonti della storia, vol.11, La
nuova Italia, Firenze, 1978. p. 14.
26
Francovich C. e Di Benedetto L., op.cit., p. 17.
27
Francovich C. e Di Benedetto L., op.cit., p. 19.
2222

Alle 7 del mattino i tedeschi vengono bloccati da un gruppo di partigiani. Dopo una
lenta e lunga discussione i soldati Germanici ottengono il permesso per continuare il loro
cammino a patto che avessero consegnato gli Italiani ai partigiani. Il comandante Tedesco
invita quindi Mussolini a travestirsi da soldato per tentare di raggiungere in incognito e senza
ulteriori ostacoli la Germania, ma viene egualmente riconosciuto da un partigiano, che
ispezionava il camion (pare che il Duce fingesse di essere un soldato tedesco addormentato).
Mussolini è arrestato e fatto prigioniero; il giorno dopo, il 28 aprile, arriva la sentenza di
morte pronunciata all’unanimità dal CLNAI e dal comando di Milano del Corpo Colontari.
Mussolini viene fucilato sul Lago di Como insieme a Claretta Petacci. Subito dopo sono
fucilati anche altri fascisti tra cui l’ex leader del partito comunista Nicola Bombacci.
Il 29 Aprile del 1945 a Milano, tramite la “Radio Milano Libertà” si è viene a conoscenza
alle h.16.10 “che ieri 28 Aprile 1945 si è tenuta in provincia di Como la tragica esecuzione di
Benito Mussolini e Claretta Petacci. […] Alle 17.25 dello stesso giorno sono stati giustiziati
altri membri patriottici giudicati anch’essi criminali di guerra tra i quali:

Pavolini Alessandro, segretario del PNF; Daquanno Ernesto, direttore dell’Agenzia


Barracu Francesco ,vice-presidente del consiglio Stefani.
ministri Nudi Mario, presidente della Federazione
Zerbino Paolo, Ministro dell’Interno Fascista Agricoltori.
Mezzasoma Fernando, Ministro della Cultura Cabalnuovo Vito, colonnello della Guardia
Popolare Nazionale Repubblicana
Romano Ruggero, Ministro delle Salustri Pietro, capitano pilota personale di
Comunicazioni Mussolini
Porta Paolo, ispettore del Partito Fascista per la Hintermayar, pubblicista
Lombardia Petacci Marcello del servizio di spionaggio
Gatti Luigi, prefetto Bombacci Nicola, supertraditore28
Coppola Goffredo, presidente dell’Istituto di
Cultura Fascista

28
Francovich C. e Di Benedetto L., op.cit., p. 25
2233

L’ETÀ DI DE GASPERI
ELISA D UBINI – GIULIA CASTAGNA

DE GASPERI E GLI STATI UNITI


Il 16 settembre del 1948 giunsero a De Gasperi gli rallegramenti e gli auguri del presidente
statunitense Truman “ per il senso di moderazione e di maturità politica” dimostrato dal popolo
italiano, dopo le elezioni del 18 aprile dove il partito democratico trionfò (48,5% alla Camera;
48,1% al Senato),mentre le sinistre furono ridimensionate (31,9% alla Camera, 30,8% al
Senato). [1]

Il risultato ottenuto dalle elezioni portava avanti l’aiuto americano Eximbank (prestito di circa
100 milioni di dollari),nel 1947 infatti il presidente Truman convocò alla Casa Bianca
l’ambasciatore italiano Tarchiani per esprimergli l’appoggio incondizionato degli Stati Uniti ad un
governo presieduto da De Gasperi con l’esclusione dei comunisti e socialisti .

Tarchiani, estromise con un colpo di mano Togliatti e i suoi seguaci sostenitori, dal
potere,nella sua quarta coalizione governativa alla vigilia del 18 aprile 1948.

Inoltre George Marshall (segretario di Stato)da cui prese nome il piano Marshall( 5.300
milioni di dollari destinati all’Europa per la sua ricostruzione dopo la Seconda Guerra Mondiale )
affermò che sarebbe stato a tradimento votare per una forza popolare che aveva affermato la sua
ostilità al patto.

La DC riuscì a governare da sola,ma De Gasperi non volle profittare della posizione di forza
del suo partito e chiamò a far parte del nuovo governo anche gli altri partiti del centro
(PLI,PRI,PSLI), evitando con lungimiranza di riproporre una spaccatura tra cattolici e laici nella
vita politica italiana.

L a nuova formula di governo durò fino al 1953,pur tra incertezze e contraddizioni merito
soprattutto dalle grandi abilità di De Gasperi.

I partiti come il PCI e soprattutto il PSI non furono affatto soddisfatti dei risultati elettorali
in quanto si ritenevano di aver dovuto affrontare maggiori spese dell’insuccesso del Fronte.
2244

L’ATTENTATO A TOGLIATTI.

Togliatti, nell'immediato dopoguerra, fu eletto all' Assemblea Costituente e successivamente a


deputato fin dalla prima legislatura. Il 14 luglio1948 fu colpito da tre [63] colpi di pistola sparati a
distanza ravvicinata mentre usciva da Montecitorio in compagnia di Nilde Iotti .

L'autore dell'attentato era Antonio Pallante , un giovane iscritto al blocco liberale


qualunquista , spaventato dagli effetti che la politica filo-sovietica del "Migliore" (come ormai
Togliatti iniziava ad esser soprannominato ironicamente dai suoi avversari) avrebbe potuto avere
sul Paese. I proiettili, sparati da una pistola calibro 38, colpirono il leader del PCI alla nuca e
alla schiena , mentre una terza pallottola sfiorò la testa del politico.

Nel corso di violentissime manifestazioni di protesta si registrarono alcuni morti


(Napoli,Roma..).Anche Genova reagì con forse maggiore tempestività ed impegno, sia per la forte
presenza comunista fra la sua popolazione, sia perché Togliatti nacque a Genova. Non solo si parla
di sciopero generale nazionale ma anche chiusura di linee ferroviarie e di telefoni
pubblici. Il democristiano Mario Scelba , ministro dell'interno, impartì di fermare sull’insorgere
qualsiasi manifestazione armata in quanto gli accordi di Yalta e la presenza di
truppe americane sul territorioitaliano sconsigliavano un' insurrezione.
Nelle ore in cui si attendeva l'esito dell'intervento chirurgico, si diffusero le più diverse voci sullo
stato di salute di Togliatti: circolò anche la notizia della morte del segretario comunista. Il clima
politico del paese era caldissimo: soltanto due mesi prima, il 18 aprile 1948 , le prime elezioni
della storia della repubblica avevano sancito la vittoria della Democrazia Cristiana sul fronte delle
sinistre ( Partito Comunista e Partito Socialista ).

L'operazione a Togliatti riuscì a salvarlo e fu proprio il dirigente del Partito Comunista


Italiano ad imporre ai membri più importanti della direzione del PCI, Secchia e Longo , di sedare
gli animi e fermare la rivolta. La possibile insurrezione di massa dei militanti comunisti si arrestò
davanti all'ordine di Togliatti.( era in atto lo sciopero generale nazionale).

Il partito comunista italiano si impegnò a dimostrare di voler rispettare le istituzioni


democratiche, insistendo nella politica dialogo con le altre forze politiche. Il Comitato Centrale
del partito Comunista (bolscevico ) dell’Urss inviò il telegramma a nome di Stalin dove si esprime
2255

l’indignazione “di fronte a questo brigantesco attentato compiuto da un essere al di fuori del
genere umano contro la vita del capo della classe operaia e di tutti i lavoratori d’Italia ,il nostro
amato compagno Togliatti”. [2]

IL PATTO ATLANTICO.

Nel marzo del 1949 venne fondato il Consiglio d’Europa ,organismo consultivo che voleva essere
il primo passo verso l’unificazione economica e politica del continente europeo. Negli stessi giorni
il Parlamento discuteva l’adesione italiana al Patto Atlantico*, che sanciva la partecipazione
dell’Italia a un ‘alleanza militare occidentale guidata dagli Stati Uniti,di carattere antisovietico. La
Chiesa cattolica sembrava essere neutrale riguardo l’adesione o meno al patto mentre le sinistre si
opponevano violentemente ,ma il 30 luglio fu ratificato.
Contemporaneamente la situazione del mezzogiorno diventa critica ,in quanto reclamano i
contadini specialmente la terra e partecipano all’occupazione di latifondi posseduti da proprietari
assenteisti. Si tratta della lotta sociale più aspra,forse,dell’Italia del secondo dopoguerra ,che
testimonia come la arretratezza del Sud vedesse aggravata la propria condizione economica nei
primi anni della ricostruzione. A Melissa le agitazioni si fecero pericolose e furono represse
duramente facendo così morti e feriti poi in tutta Italia ci furono el occupazioni terriere e
incrementi di scioperi a simboleggiare la solidarietà tra lavoratori. De Gasperi formò il
sesto governo con l’intenzione di varare una serie di riforme e di dare maggior stabilità all’intera
nazione,conclusa la fase di ricostruzione.
* è un trattato puramente difensivo stipulato tra le potenze dell’atlantico settentrionale a cui poi
aderiranno anche paesi non atlantici ossia senza sbocchi sull’atlantico).
Fu firmato a Washington, il 4 aprile 1949 da 12 nazioni della Nato (USA, Francia, Italia,
Inghilterra, Paesi Bassi, Portogallo, Belgio, Danimarca, Islanda, Norvegia, Lussemburgo, Olanda).
In seguito si aggiunsero altri paesi .

DE GASPERI E IL SUD.

Lo scopo della riforma proposta era quello di spezzare il latifondo nel Sud, evitando così la
coltura estensiva,creando un vasto strato di piccoli proprietari terrieri politicamente cointeressati e
quindi non più suscettibili di sbandamenti a destra o sinistra.
2266

Il quadro politico sostanzialmente però rimase immutato in quanto i risultati ottenuti


politicamente erano sotto ogni aspettativa e ormai l’impostazione della legge era superata.

In quel periodo venne fondata la cassa del mezzogiorno ,che prevedeva un piano di aiuti
finanziari e tecnici al Sud; furono creati cantieri di lavoro per combattere la disoccupazione;
furono migliorate le condizioni delle strade; in Parlamento venne approvata la riforma fiscale
(Vanoni) eil piano dell’edilizia popolare INA-CASA.

Ecco alcuni dati e cifre stimati che simboleggiano l’impegno del partito demo-cristiano :1360
Comuni hanno ricevuto il telefono;1628 comuni han ricevuto l’acqua ; 90 miliardi furono
stanziati per costruire e migliorare le strade. La riforma agraria proponeva : 697 mila ettari
distribuiti ai braccianti; 11930 famiglie contadine ottennero la terra e 3 milioni e 500 mila ettari
di terra furono bonificati costruendo 50 mila case coloniche .

La Cassa del Mezzogiorno subito proponeva attraverso costruzione di cantieri centinaia di


magliaia di posti di lavoro (doc. n.13) [3]

LE ELEZIONI DEL 1953

Nella storia della politica italiana del secondo Novecento si susseguono, dal 1945 al
1953, numerosi governi De Gasperi. Il settimo governo De Gasperi (1951-1953) fu definito
un governo elettorale, in quanto si avvicinava la data delle nuove elezioni politiche e la DC
(Democrazia Cristiana) e i partiti di centro erano chiamati a confermare la grande vittoria di
cinque anni prima. Dalle elezioni amministrative era però emerso, che l’orientamento
dell’opinione pubblica era in mutamento: i democristiani avevano perso voti, mentre ne
avevano aumentati le sinistre. Altra fonte di preoccupazione era l’affermazione dei monarchici
e dei neofascisti del MSI (Movimento Sociale Italiano) soprattutto nelle ragioni del sud e
nella Capitale. A Roma, i deludenti risultati delle amministrative avevano provocato gravi
contrasti all’interno della DC: la destra del partito, appoggiata dai comitati civili, propose di
allearsi nella capitale e nel meridione con i partiti di destra. De Gasperi, consapevole che una
tale decisione avrebbe generato una spaccatura del paese rifiutò, ma l’affermazione elettorale
della destra mostrò che lo Stato uscito dalla Resistenza non era ancora pronto a fondare un
governo centrista. Costretti a fronteggiare la pressione delle Sinistre e la crescita della Destra,
2277

De Gasperi e il suo partito tentarono, nell’imminenza delle elezioni del ’53, una modifica
della legge elettorale per le elezioni alla Camera, che introduceva un consistente premio di
maggioranza (il 65% dei seggi alla Camera) alla coalizione di partiti “apparentati”, cioè uniti
da una dichiarazione di alleanza, che ottenesse almeno il 50% dei voti. Dopo violente
polemiche e discussioni in Parlamento la nuova legge elettorale, ribattezzata dalle Sinistre
“legge truffa”, fu approvata nel ’53.

I comunisti e i socialisti iniziarono una violenta campagna contro la “legge truffa”. In un


manifesto propagandistico contenente tutte le liste della circoscrizione del Lazio presentatesi
per la Camera dei Deputati, evidenziarono le quattro liste che concorrevano al premio di
maggioranza per conto della Democrazia Cristiana, invitando gli elettori a votare per gli altri
partiti, non apparentati in modo da non far scattare la legge truffa. “Ogni partito avrà così il
numero dei deputati alla Camera che gli spetta in base ai voti ottenuti e non sarà un Governo
di partito ma di unità tra gli italiani29.”. Alcuni esponenti repubblicani e socialdemocratici di
profonde convinzioni democratiche, invece, abbandonarono i loro partiti e fondarono l’Unità
Popolare.

Il cardinale vicario di Roma, Clemete Micara in una “notificazione” invitava tutti gli
elettori a recarsi alle urne e non disperdere i voti tra i partiti minori ma di votare per la DC,
evidenziando che la lotta elettorale “si stava impostando esclusivamente su due forze opposte:
una rappresentata da coloro che vorrebbero distruggere tutto ciò che è cristiano e ridurre
Italia, Paese di profonde tradizioni cattoliche alla stregua di tante altre nazioni dove vigono le
persecuzioni, l’altra rappresentata da coloro che si ispirano ai cristiani, promuovono il bene
sociale, rispettano la Chiesa e Cristo, amano il loro Paese e le tradizioni, decisa a fare tutto ciò
che è in suo potere per evitare che la Chiesa e la Patria vengano distrutte30”..

Nella propria propaganda, la Democrazia Cristiana insisteva sulla ricostruzione del Paese
ormai avviata alla conclusione; in un manifesto si mettevano a confronto i km ferroviari del

29
Luca Cadignola (a cura di) L’età di De Gasperi in Le fonti della storia vol. 39, La Nuova Italia, Firenze 1976, doc.
no. 14
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Luca Cadignola (a cura di) op. cit., doc. no. 15
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1945 e quelli del 1952 e si annotava il raddoppio del numero dei locomotori, delle
locomotive, degli elettrotreni, delle carrozze e dei carri merci31.

Il Partito Socialista Italiano si ripresentava alle elezioni con il suo simbolo e cominciava a
marciare verso una autonoma rinascita, chiamando intorno a sé intellettuali e professori
universitari. Un manifesto al Paese, a firma dei professori universitari, cominciava
rivolgendosi direttamente agli italiani esplicitando la grave situazione in cui si trovava il
Paese, pericolosa per la fragile democrazia italiana, e proponeva, nell’interesse “dei lavoratori e
dell’intera Nazione”: “bisogna rinnovare le antiquate strutture economiche e sociali. Il compito
dell’attuale generazione deve essere quello di inserire gli interessi dei lavoratori nello Stato in modo
da contribuire alla formazione della propria volontà”. Il manifesto si concludeva esortando gli
elettori a non far prevalere le forze conservatrici, agevolate dalla nuova legge elettorale ma di
far prevalere il Partito Socialista che “salvaguarda la pace dell’Italia nella neutralità e assicura
l’attuazione delle riforme previste dalla Costituzione32”

I Comunisti denunciavano l’alleanza tra la DC e la grande industria, accusando la Chiesa


di prendere soldi dalla Confindustria per finanziare la propaganda clericale. “I Comunisti
hanno discusso con i partiti le spese della propaganda e hanno limitato le spese, mentre la
DC di questo problema non ha discusso. I Comunisti invitano a votare per l’onestà, contro la
corruzione e per i comunisti stessi33”.

Tutta la polemica è incentrata sulla “legge truffa” e sulla sua legittimità, la stessa DC è
impegnata a togliere dalla mente degli elettori qualunque idea di antidemocraticità. In un
manifesto la Democrazia Cristiana difende la “legge truffa” sostenendo che è l’unico mezzo
per salvare la democrazia, poiché “garantisce una sicura maggioranza alla Camera e la
formazione di un governo stabile fondato sulla maggioranza reale” I Comunisti, nella
propaganda DC, invece, sarebbero contro la nuova legge elettorale perché “temono di non

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Luca Cadignola (a cura di) op. cit., doc. no. 16
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arrivare al 50%” e “se ci arrivano, non hanno bisogno di premi di maggioranza, poiché […]
per assicurare la stabilità della dittatura, manderanno le minoranze sulle forche34.”

Tra i partiti minori, quello Repubblicano e alcuni gruppi delle borghesia più avanzata
insistevano sul cammino fatto negli ultimi anni, da quando nel 1945 dopo la guerre l’Italia
era un cimitero: “distruzioni ovunque, desolazione, disperazione, c’era un disorientamento
generale tra i cittadini, non c’erano più i consigli comunali, i Parlamenti, i giornali erano formati
da due pagine, le casse dello Stato erano vuote e il governo, frantumato, per un po’ a Salerno e poi
a Roma”. La responsabilità di questa situazione era attribuita a quella monarchia abrogata nel
referendum del 2 giugno del 1946 e che “Adesso tenta di ripresentarsi […] ma prima di
votare per i monarchici o missini tagliatevi la mano!35”

Si arrivò alle elezioni del 7 maggio del 1953 in un clima infuocato. Gli elettori
bocciarono la nuova legge elettorale assegnando ai partiti di centro una chiara vittoria, ma
solo il 49% dei voti segnando, ad un tempo il fallimento del premio di maggioranza e la fine
politica di De Gasperi. All’interno della DC emergevano gruppi e forze nuove orientate
diversamente. De Gasperi tentò di formare un governo monocolore, con la speranza di
ottenere un appoggio esterno, ma il Parlamento gli negò la fiducia e si ritirò, continuando ad
essere il leader morale della DC. Finì così l’età di De Gasperi durante la quale l’Italia aveva
ricostruito la sua economia e la sua struttura politica, passando dalla Monarchia alla
Repubblica.

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Luca Cadignola (a cura di) op. cit., doc. no. 19
35
Luca Cadignola (a cura di) op. cit., doc. no. 20
3300
3311

BIBLIOGRAFIA

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