LA STORIA DEL
MOVIMENTO DI
PSICHIATRIA
DEMOCRATICA
Università Milano Bicocca, 31 Marzo 2011
1) La contraddizione originaria
Tra la fine dell‟800 e gli inizi del „900 la Psichiatria vive una
sua grande stagione: dopo gli studi di Charcot sull‟isteria,
Freud avvia l‟elaborazione della teoria psicanalitica, ed
accanto a lui già si delineano altre importanti figure (Adler,
Jung); Watson e Pavlov, in contesti differenti,
approfondiscono gli studi sul comportamento; dopo
Kirkegaard, numerosi filosofi tracciano il percorso che, di lì a
pochi anni, darà vita alla fioritura del pensiero
fenomenologico; Kraepelin elabora il modello nosografico che
sopravviverà fino all‟avvento del manuale diagnostico DSM; da Mayer a Lombroso si inizia a sistematizzare la
Psichiatria forense, legandola alle teorie evoluzionistiche sociali, smussandone talvolta le estremizzazioni
spenceriane, altre volte facendole proprie. Appare quindi singolare che, proprio nel momento in cui tanti
fermenti fanno presagire un luminoso futuro per questa nuova scienza, finalmente liberata dalla sudditanza nei
confronti della Neurologia, un po‟ dappertutto, nelle nazioni industrializzate, si emanino leggi che, ponendo i
manicomi in un ambito più giudiziario che sanitario, di fatto emarginano la Psichiatria dal corpo medico.
Tutti i tentativi di interpretazione di tale fenomeno, pur partendo da diverse letture epistemologiche,
concordano su un punto: la Psichiatria si presta al controllo sociale, sia pure involontariamente o, addirittura,
in antitesi con alcuni filoni di ricerca (pensiamo alla psicanalisi), in quanto scienza che aspira ad occuparsi
dell‟uomo, dei suoi valori morali, dei suoi comportamenti, del suo essere membro di una società.
Paradossalmente, le teorie di studiosi come Lombroso, pur partendo da posizioni positivistiche di stampo
socialisteggiante, diventano il grimaldello per forzare questo passaggio.
Questo ci spiega sia l‟immensa popolarità di questo autore ai suoi tempi, sia l‟esecrazione successiva,
soprattutto dagli anni ‟60 in poi.
2) La legge del 1904
In Italia la legge sui manicomi è del 1904, con una
successiva legge nel 1910, cui è demandato un compito
regolamentare.
Cosa diceva la legge del 1904 lo sanno più o meno tutti:
chi, a causa di infermità mentale, fosse ritenuto persona
pericolosa a sé o agli altri, o di pubblico scandalo, poteva
essere ricoverato coattivamente in manicomio.
Tale “ricovero coatto” era determinato da un certificato
medico, redatto da un medico qualsiasi, in assenza
dell‟ufficiale sanitario, con successiva ordinanza
dell‟autorità di pubblica sicurezza: commissariato di P.S.,
carabinieri, oppure, nei piccoli centri, il sindaco.
Il ricovero durava 30 giorni, al termine dei quali si poteva
essere dimessi per “guarigione”, per “non competenza di
ricovero”, “in esperimento per miglioramento”, per
“affidamento ai familiari”, oppure si procedeva all‟
internamento definitivo.
L‟internamento definitivo comportava una interdizione di
fatto (ovvero senza processo) con nomina di un tutore,
nonché l‟iscrizione al casellario giudiziario.
Il giudice tutelare, cui veniva inoltrata la pratica, quasi
mai assumeva decisioni discordanti.
3) l’origine dello Stigma
Tra la fine degli anni ‟50 e l‟inizio degli anni „60 le cose
cominciano a cambiare.
E‟ vero che le psicoterapie non varcano le mura manicomiali, ma
sempre di più sono gli psichiatri che effettuano percorsi formativi
in tal senso, soprattutto psicanalitici.
Dopo una fase di stanchezza, la fenomenologia si afferma come il
fulcro della psicopatologia -al posto del modello schneideriano,
trionfante negli anni precedenti- grazie all‟opera di autori come
Callieri o Cargnello, e all‟entusiasmo di una nuova leva di
studiosi, legati al modello fenomenologico-esistenziale, ma con
un diverso background culturale e politico, come Franco Basaglia
e Sergio Piro.
Accanto al Bini e Bazzi, al Rossini e al Gozzano, molti specializzandi cominciano a formarsi sul
testo di Silvano Arieti. Vengono tradotti in italiano, e si diffondono rapidamente in Italia, due testi
fondamentali: “Classi sociali e malattie mentali” di Hollingshead e Riedlich, “Asylums” di
Goffman. Infine, avviene un fatto straordinario: nel 1963 Piro pubblica per la Feltrinelli “Il
linguaggio schizofrenico”. La lettura di base è ancora nell‟ambito fenomenologico, ma si sentono
gli echi di nuove idee, non solo culturali, ma anche sociali.
La straordinarietà non sta solo in questo, ma nel fatto che, per la prima volta dai tempi di
Lombroso, un testo di psichiatria italiano viene tradotto in molte lingue e diffuso a livello
mondiale. Se non si è ancora svegliata, la bella addormentata almeno sbadiglia; o sogna.
10) L’eclettismo conserva, ma non crea