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UNIVERSITÀ POLITECNICA

DELLE MARCHE
Facoltà di Ingegneria
Corso di Ingegneria Civile

Dipartimento di Architettura, costruzioni, strutture

Strutture Tensegrity
Metodi di analisi e di ricerca di forma
Relatore Laureando
Prof. Fabrizio DAVÍ Dario GENOVESE

Anno Accademico 2007-2008


Ringraziamenti

Desidero ringraziare alcune persone che mi hanno aiutato nella stesura di


questa tesi.

Mio fratello Giulio Genovese per avermi aiutato a reperire gran parte del
materiale indicato in bibliograa (soprattutto gli articoli) e per avermi dato
più volte chiarimenti sul comportamento di vettori e matrici.

Il mio amico Marco Cameranesi per le numerose conversazioni sulla ma-


tematica e l'informatica, fatte nelle nostre usuali passeggiate nel Parco del
Cardeto.

La mia amica Silvia Socinovi, per essermi stata sempre vicina, e per essere
stata sempre disponibile a fare quattro chiacchiere in chat quando non mi
venivano idee per organizzare la teoria.

L'ingegnere Andrea Micheletti per i suoi preziosi consigli e delucidazioni,


l'aiuto del quale è stato fondamentale per la comprensione di alcuni aspetti
teorici.

Il mio relatore, prof. Fabrizio Davì, per la ducia concessami nel propormi
lo studio di un argomento così interessante.
Indice

Introduzione 1
1 STATICA E CINEMATICA DELLE STRUTTURE RETI-
COLARI 7
1.1 Denizione del modello matematico . . . . . . . . . . . . . . . 7
1.2 La regola di Maxwell . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
1.3 L'arco a tre cerniere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
1.3.1 L'arco a tre cerniere allineate . . . . . . . . . . . . . . 12
1.4 Linearizzazione algebrica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
1.4.1 Matrici cinematica e di equilibrio . . . . . . . . . . . . 14
1.4.2 Decomposizione ai valori singolari della matrice di equi-
librio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
1.4.3 Eetti delle autotensioni . . . . . . . . . . . . . . . . . 18
1.5 Stabilità dell'equilibrio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
1.6 Moti rigidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
1.6.1 Decomposizione ai valori singolari per calcolare la ma-
trice vincolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
1.7 Interpretazione energetica e ordine dei meccanismi . . . . . . . 23
1.7.1 Esemplicazione graca . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
1.8 Vincoli tensionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
1.9 Eetti non lineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28

2 RICERCA DELLA FORMA 33


2.1 Matrice di densità di forza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
2.1.1 Matrice dei carichi geometrici . . . . . . . . . . . . . . 34
2.1.2 Struttura della matrice di densità di forza . . . . . . . 34
2.1.3 Vincoli geometrici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
2.2 Algoritmo per la ricerca di forma . . . . . . . . . . . . . . . . 36
2.2.1 Scelta della tensione in funzione di un prototipo iniziale 37
2.2.2 Scelta della geometria . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38
2.3 Ricerca analitica della forma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39
2.3.1 Strutture tensegrity troncoconiche ad un piano . . . . . 39
2.4 Dispiegamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41
2.4.1 Lunghezza massima o minima di una barra pretesa . . 42
2.4.2 Controllo della forma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43

3 ANALISI NUMERICHE 47
3.1 Esempi numerici di ricerca di forma . . . . . . . . . . . . . . . 48
3.1.1 Struttura bidimensionale . . . . . . . . . . . . . . . . . 48
3.1.2 Struttura bidimensionale con vincoli cinematici e geo-
metrici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51
3.1.3 Struttura quadripode tridimensionale . . . . . . . . . . 55
3.1.4 Torre tensegrity triangolare a due livelli . . . . . . . . . 60
3.2 Analisi di una torre tensegrity . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67

Conclusioni 71
A Codici in linguaggio Matlab 73
A.1 Codice per la ricerca della forma . . . . . . . . . . . . . . . . . 73
A.2 Codice per la rimozione dei moti rigidi . . . . . . . . . . . . . 76
A.3 Codice per determinare i meccanismi . . . . . . . . . . . . . . 77

Bibliograa 79
Introduzione

La parola tensegrity (italianizzabile in tensintegro), deriva dalla contrazione


delle due parole inglesi 'tens ional integrity '. La prima denizione di struttura
tensegrity è stata data da Fuller:

`Assemblaggio di elementi tesi e compressi in cui gli elementi tesi sono


continui e quelli compressi discontinui'

Questa denizione sottolinea la leggerezza delle strutture tensegrity. Gli


elementi compressi, formando infatti un insieme discontinuo, sono ridotti al
minimo indispensabile, e vengono privilegiati gli elementi tesi che non avendo
problemi di instabilità possono essere più leggeri. Il materiale viene quindi
sfruttato al massimo. Nel campo dell'arte uno dei più importanti interpreti
di questa denizione è lo scultore Kenneth Snelson, autore di alcune torri
tensegrity (Fig.1 e Fig.2) e di altre sculture.

Figura 1: Needle Tower di Snelson, vista dal basso

1
2 Introduzione

Figura 2: Needle Tower di Snelson

Nell'ingegneria civile l'esempio più signicativo è la copertura di 210 metri


del Sun Coast Dome in St Petersburg, Florida (Fig.3). L'idea strutturale è
sintetizzabile nella Fig.4.
La parola tensegrity ha nel corso degli anni cambiato di signicato, in
quanto sono emersi altri interessanti aspetti delle strutture pretese. Nel pre-
sente lavoro non verrà fatto riferimento alla denizione di Fuller, ma alla
seguente:

`Struttura reticolare pretensionabile che in assenza di pretensione è labile,


mentre è rigida e stabile se pretesa'

Queste strutture reticolari hanno la proprietà che possono essere dispiega-


te e impacchettate, per poi assumere una forma stabile e rigida controllando
la tensione sui vari elementi o la loro lunghezza. In Fig.5 è rappresenta-
Introduzione 3

Figura 3: Sun Coast Dome in St Petersburg

Figura 4: Schema strutturale di una copertura tensegrity


4 Introduzione

to l'esempio di un pantografo tridimensionale dispiegabile controllando la


lunghezza di tre elementi tesi laterali.

Figura 5: Struttura pantograca tridimensionale

Numerose sono le applicazioni delle strutture dispiegabili nel campo del-


l'ingegneria aereospaziale. Portare grandi strutture nello spazio è molto più
semplice se occupano un piccolo volume e possono essere dispiegate in orbita.
L'assenza di gravità rende inoltre molto facile questa operazione.
Un'altra possibile applicazione è la progettazione di strutture facilmente
trasportabili e montabili, come ad esempio tendoni per ere o strutture di
primo riparo necessarie nel contesto delle calamità naturali.
Le strutture tensegrity hanno però dei punti deboli. Pur essendo mate-
maticamente rigide, la rigidezza dei meccanismi stabilizzati dalla pretensione
non è molto alta. Non sono quindi facilmente utilizzabili dove l'esercizio della
struttura rende necessario che gli spostamenti siano limitati.
Inoltre la forma non può essere scelta arbitrariamente, dovendo essere
tale da rispettare l'equilibrio in presenza di pretensione.
Introduzione 5

Ci sono anche problematiche analitiche. Gli strumenti teorici che si hanno


a disposizione sono molto recenti, e mancano metodi completi di studio di
queste strutture, soprattutto se si vuole andare oltre l'ambito di una teoria
lineare elastica. Gli algoritmi di ricerca della forma hanno un uso limitato a
strutture semplici, o ottenute dall'assemblaggio di moduli elementari.
Lo scopo di questa tesi è fornire un metodo generale di analisi di queste
strutture (primo capitolo) e dei metodi di ricerca di forma (secondo capitolo).
Nel terzo capitolo verranno forniti alcuni esempi numerici di applicazione di
questi metodi.
6 Introduzione
Capitolo 1
STATICA E CINEMATICA DELLE
STRUTTURE RETICOLARI

1.1 Denizione del modello matematico


Si denisce struttura reticolare un insieme connesso di linee (chiamate barre )
che collegano dei punti (nodi ). Il numero delle barre è indicato con b mentre
il numero dei nodi è j (dall'inglese joint ).
Usualmente i nodi sono immersi in uno spazio euclideo a tre dimensioni (o
eventualmente a due nel caso di esemplicazioni e gure), e la loro posizone
viene denita dalle coordinate che li individuano. Ad esempio le coordinate
del punto i-esimo possono essere chiamate xi ; yi ; zi oppure x1i ; x2i ; x3i . Nel
caso generico ci si riferirà ad un vettore posizione x di dimensione 3j (2j per
strutture nello spazio bidimensionale), chiamando xi una sua componente.
Dal punto di vista statico le variabili da prendere in considerazione sono
le forze agenti sui nodi e la tensione su ogni barra. Le prime possono essere
rappresentate da un vettore f di dimensione 3j . Le seconde, per ragioni che
saranno più chiare in seguito, verranno denite come rapporto tra tensione e
lunghezza l della barra. Ci si riferirà comunque a questo coeciente di ten-
sione semplicemente come tensione. Il vettore delle tensioni t è di dimensione
b. La tensione è positiva se di trazione.
Le variabili cinematiche (duali di quelle statiche) che si prenderanno in
considerazione sono gli spostamenti nodali, organizzati in un vettore di di-
mensione 3j che chiameremo d (da displacement ), e l'allungamento della
barra. Similmente alla tensione t, l'allungamento verrà denito come il pro-
dotto lunghezza della barra × allungamento. Questo vettore è di dimensione
b e sarà chiamato e, da elongation. Gli spostamenti nodali possono essere
niti se indicati con le stesse unità di misura delle coordinate dei nodi, o

7
8 Statica e cinematica delle strutture reticolari

comunque se comparabili con la lunghezza delle barre. Innitesimi se con-


siderati virtuali o se molto più piccoli della lunghezza delle barre. I relativi
allungamenti saranno niti nel primo caso, e nel secondo sarà opportuno di-
stinguere tra allungamenti innitesimi del primo ordine, del secondo ordine
e di ordine superiore.
Si denisce autotensione qualsiasi stato t non nullo che è in equilibrio in
assenza di carichi esterni f (vedi Fig.1.1).

Figura 1.1: Esempio di autotensione

Si denisce meccanismo nito qualsiasi spostamento nito d che non cam-


bia la lunghezza delle barre. Un meccanismo innitesimo è invece un qualsiasi
spostamento innitesimo d che causa al più allungamenti e innitesimi del
secondo ordine. In Fig1.2 sono esemplicati i due tipi di meccanismi.

Figura 1.2: Esempi di meccanismi

E' opportuno denire un particolare tipo di meccanismo, il moto rigido,


un meccanismo dove il cinematismo è una composizione di una traslazione
Statica e cinematica delle strutture reticolari 9

ed una rotazione. Sono possibili sei moti rigidi indipendenti (tre nello spazio
bidimensionale). Non è possibile eliminare questo tipo di meccanismo, a
meno che non si introducano dei vincoli esterni (cerniere e carrelli a terra).
Si suppone che i vincoli cinematici esterni siano esprimibili da relazioni
lineari. Detto k il numero dei vincoli, ciascuno contato con la sua molte-
plicità, si può porre f ? = Vf e d = VT d? . La matrice V è una matrice
(3j − k) × 3j . L'azione del vincolo si manifesta impedendo certi tipi di
spostamenti e reagendo alle forze nella medesima direzione. Da un punto di
vista matematico il vincolo riduce gli spazi vettoriali delle possibibili d ed
f a dei sottospazi vettoriali. Nell'usuale caso in cui i vincoli siano costituiti
da cerniere a terra, la matrice V è ottenuta togliendo dalla matrice identità
di ordine 3j tre righe per ogni cerniera, corrispondenti alle tre direzioni del
nodo vincolato. In assenza di vincoli V è l'identità.
Il prodotto scalare f · d è il lavoro delle forze esterne. Tenendo conto dei
vincoli si può esprimere anche come f · VT d? = Vf · d? = f ? · d? .
La variazione dell'energia interna è espressa dal prodotto scalare dEint =
t · de.
Si denisce inne Ei Ai /li3 la rigidezza della barra i-esima (sempre po-
sitiva). E ed A sono rispettivamente il modulo elastico del materiale con
cui è fatta la barra e l'area della sua sezione. La rigidezza mette in re-
lazione la tensione con l'allungamento mediante un legame costitutivo. Si
ha ti = (EA/l3 )i ei . Questa relazione, vettorialmente, può scriversi come
t = He, dove H è una matrice diagonale di dimensione b.
In questo modello matematico si dovranno denire le condizioni di equi-
librio e di compatibilità, ovvero trovare delle relazioni tra le variabili intro-
dotte che assicurino che la risultante delle forze sui nodi sia nulla e che gli
allungamenti siano compatibili con gli spostamenti nodali.

1.2 La regola di Maxwell


E' noto, dalla scienza delle costruzioni, che una struttura vincolata a terra
con almeno 6 vincoli che ne impediscono i moti rigidi è, di solito, isostatica
se

b = 3j − k (1.1)
Questa proposizione è nota come regola di Maxwell. Esistono tuttavia
delle eccezioni a questa regola in particolari casi in cui alcuni vincoli sono
inecienti o ridondanti, o a causa di una cattiva congurazione topologica
della struttura o per una cattiva disposizione geometrica dei nodi e delle
barre.
10 Statica e cinematica delle strutture reticolari

Detto m il numero di meccanismi linearmente indipendenti ed s il nu-


mero di autotensioni linearmente indipendenti possibili nella struttura, una
più corretta riformulazione di questa regola si può dare considerando le barre
come vincoli che ssano la distanza tra due punti, e prendendo in conside-
razione il numero ecace di tali vincoli, chiamato rA . La dicitura rA sta
per rango di A, infatti vedremo in seguito che la linearizzazione del nostro
problema introduce delle matrici il cui calcolo del rango è utile per studiare
il comportamento della struttura. Si ha:

s = b − rA m = 3j − k − rA (1.2)
Da queste due equazioni si ottiene la generalizzazione della regola di
Maxwell :

b = 3j − k + s − m (1.3)
In particolare se s = m si ha una struttura che soddisfa la regola di
Maxwell ma che è tante volte labile quanto iperstatica.

1.3 L'arco a tre cerniere


Per meglio capire il comportamento di una struttura reticolare può essere
utile studiare preliminarmente un semplice esempio: l'arco a tre cerniere.
Supponiamo l'arco simmetrico e consideriamo che agisca sul nodo centrale
una forza di intensità f verticale. Si faccia riferimento alla Fig1.3.

Figura 1.3: Arco a tre cerniere non allineate

Si osservi che per garantire l'equilibrio del nodo non è possibile alcuno
stato di pretensione. Siano d lo spostamento verticale del nodo, e e t l'allun-
gamento e la tensione su ciascuna delle due barre. Supponendo f e quindi
Statica e cinematica delle strutture reticolari 11

anche d molto piccoli, si può scrivere (si ricordi anche la denizione di t ed e


nel Par.1.1):

f = t · 2h
(1.4)
e=d·h
Se si prendono in considerazione entrambe le componenti della forza f
e degli spostamenti d, le 1.4 possono essere scritte nelle seguente forma
matriciale:
    
f1 h h t1
= (1.5)
f2 a −a t2
    
e1 h a d1
= (1.6)
e2 h −a d2
ovvero

f ? = At e = Bd? (1.7)

La matrice A è nota come matrice di equilibrio, mentre B è la matrice


cinematica. Si osservi che A = BT . Questo è una diretta conseguenza del
principio dei lavori virtuali (la dimostrazione nel caso generale verrà data
nel Par.1.4.1). Mettendo inne in gioco il legame costitutivo, si ha:
 
EA/l3 0
t= e = He (1.8)
0 EA/l3
che sostituita nelle 1.7 porta a

f ? = AHB d? = AHAT d? = Kd? (1.9)

La matrice K = AHAT prende il nome di matrice di rigidezza ed è una


matrice quadrata simmetrica. Se la struttura non è labile K è invertibile, e
si può porre

d? = K−1 f ? (1.10)

Nel nostro caso si ha:


 
EA h2 0
K=2 3 (1.11)
l 0 a2
12 Statica e cinematica delle strutture reticolari

1.3.1 L'arco a tre cerniere allineate


Nel caso in cui h = 0 l'arco diventa labile, in quanto le tre cerniere sono
allineate. Se non si mettono in conto gli allungamenti del secondo ordine
delle barre, la struttura può far fronte solo a forze orizzontali, non verticali.
Vediamo più nel dettaglio cosa accade.

Figura 1.4: Arco a tre cerniere allineate

Supponiamo inizialmente che non ci sia uno stato di pretensione. L'al-


lungamento di una barra è pari a
r !
√  d 2
e=l l2 + d2 − l = l2 1+ 2 −1 (1.12)
l
q
2
Supponendo d piccolo, si può approssimare 1 + dl2 con 1+ 2ld 2 , ottenendo
2

d2
e= (1.13)
2
Dal legame costitutivo si ottiene la tensione t su ciascuna delle due barre

EA d2
t= · (1.14)
l3 2
Inne, dall'equilibrio

d EA d2 d d3
f = 2t · l · = 3 · · l · = EA 3 (1.15)
l l 2 l l
La struttura possiede una rigidezza non lineare, del terzo ordine. Questo
signica che se f è molto piccola (innitesima del primo ordine), d è molto
grande rispetto ad f (d è innitesimo di ordine 1/3). La rigidezza lineare è
nulla, e da un punto di vista classico la struttura è labile.
In caso di pretensione le cose cambiano. Vi è infatti la possibilità di avere
uno stato di autotensione, equilibrata in assenza di forze esterne. Si ha in
particolare s = 1 ; m = 1. Supponiamo che sulla struttura indisturbata agi-
sca una pretensione t0 , essendo t0 una tensione non innitesima già presente
su ciascuna delle due barre. Dopo l'applicazione della forza f le 1.14 e 1.15
diventano rispettivamente
Statica e cinematica delle strutture reticolari 13

EA d2
t= · + t0 (1.16)
l3 2
d3
f = EA 3 + 2t0 d (1.17)
l
In questo caso la struttura acquista rigidezza lineare. L'entità dello
spostamento è dello stesso ordine della forza.
E' interessante notare che la rigidezza è positiva se è positivo t0 . Nel caso
in cui t0 < 0 l'arco a tre cerniere allineate risulta compresso, e la rigidezza
diventa negativa. Questo è sicamente inaccettabile, signicherebbe che la
forza causa uno spostamento opposto ad essa, compiendo lavoro negativo. In
assenza di carichi la struttura è in equilibrio instabile, ovvero qualsiasi per-
turbazione verticale del nodo centrale causa uno scostamento dalla posizione
di equilibrio, che viene riacquisito in una nuova posizione mettendo in conto
le componenti non lineari degli allungamenti e delle tensioni.

1.4 Linearizzazione algebrica


Nell'ingegneria civile è spesso utile studiare il comportamento di una struttu-
ra nell'intorno della congurazione iniziale, supponendo gli spostamenti pic-
coli e quindi tali da non cambiare la congurazione geometrica della struttura.
Si metteranno tuttavia in conto quegli innitesimi cambiamenti di posizione
che rendono la struttura rigida in presenza di pretensione. In questo spirito
si generalizzeranno quindi i risultati ottenuti nel Par.1.3.
Come in ogni modello matematico, si devono fare delle assunzioni che
rendano tale modello verosimile con la reltà. Si suppone in particolare:

ld (1.18)
Questa assunzione permette di approssimare gli allungamenti e con fun-
zioni lineari di d, o al più del secondo ordine come si farà nel Par.1.7.
Le autotensioni si suppongono di un ordine di grandezza più grande delle
forze applicate, e delle tensioni da esse prodotte. Nello scrivere quindi t =
t0 + t0 si suppone t0  t0 . L'autotensione è di un ordine di grandezza più
piccola del legame costitutivo, ovvero

t0  EA/l (1.19)
Quest'ultima assunzione si rende necessaria perchè per molti materiali la
tesnione di rottura (e quindi la pretensione applicabile) è molto inferiore al
modulo elastico. Inoltre ci permette di mantenere costante la lunghezza della
14 Statica e cinematica delle strutture reticolari

barra prima e dopo la pretensione, in modo da supporre il legame costitutivo


H costante.
Ha un'altra conseguenza molto importante. Vedremo infatti che la rigi-
dezza totale di una struttura è somma di una rigidezza classica, proporzionale
al modulo elastico del materiale, e di una rigidezza proporzionale alla preten-
sione, indispensabile nel caso siano presenti dei meccanismi innitesimi da
irrigidire. Pur considerando entrambe le rigidezze nite, la rigidezza di un
meccanismo sarà sempre molto minore della rigidezza classica. Tuttavia si
potrà considerare la struttura rigida nel suo complesso in quanto entrambe
le rigidezze sono lineari negli spostamenti.

1.4.1 Matrici cinematica e di equilibrio


Consideriamo un nodo non vincolato a terra, su cui convergono le barre
1,2,...,µ e su cui agisce la forza f = (fx ; fy ; fz ). Il nodo ha coordinate x ; y ; z
e gli altri nodi delle barre hanno coordinate xi ; yi ; zi , con 1 ≤ i ≤ µ. Su ogni
barra agisce una tensione ti . Si ottengono tre equazioni di equilibrio:
µ
X
(x − xi )ti = fx
i=1
µ
X
(y − yi )ti = fy (1.20)
i=1
µ
X
(z − zi )ti = fz
i=1

Queste equazioni si possono scrivere per ciascun nodo, ottenendo il siste-


ma

A0 t = f (1.21)
Introducendo i vincoli:

VA0 t = Vf (1.22)
Ponendo VA0 = A

At = f ? (1.23)
La matrice di equilibrio A ha dimensioni (3j − k) × b. Ogni colonna di
A rappresenta una barra. Nel caso che i vincoli siano costituiti da cerniere
a terra, ogni colonna ha sei termini non nulli ed opposti a due a due, ad
Statica e cinematica delle strutture reticolari 15

eccezione di quelle che si riferiscono a barre con nodi a terra. Si osservi che
A = A(x) è funzione lineare della posizione x.
Se non esplicitamente indicato, si supporrà sempre A = A(x). La linea-
rità della matrice di equilibrio nella congurazione geometrica è una diretta
conseguenza dell'aver scelto il rapporto tra tensione e lunghezza della barra
come parametro caratterizzante lo stato tensionale. Vedremo in seguito che
A(x) può essere espressa come il prodotto di un tensore del terzo ordine per
il vettore posizione x.
Se si considera una barra che connette i nodi P e Q si può scrivere il suo
allungamento e in funzione degli spostamenti nodali dP x , dP y , dP z ; dQx , dQx ,
dQx e delle coordinate xP , yP , zP ; xQ , yQ , zQ

e = (xP −xQ )(dP x −dQx )+(yP −yQ )(dP y −dQy )+(zP −zQ )(dP z −dQz ) (1.24)

Questa equazione può essere scritta per ciascuna barra ottenendo il siste-
ma

B0 d = e (1.25)
Denendo la matrice cinematica B = B0 VT si ha

Bd? = e (1.26)
Si osservi che A = BT . Il principio dei lavori virtuali aerma che, in
una qualsiasi congurazione equilibrata, qualsiasi variazione virtuale degli
spostamenti dd? crea la stessa variazione di energia interna ed esterna. In
simboli

t · de = f ? · dd? (1.27)
Sostituendo e ed f ? , si ottiene t · Bdd? = At · dd? , da cui inne

A = BT (1.28)
La matrice A è un operatore lineare tra Rb (spazio delle tensioni) e R3j−k
(spazio dei carichi). La teoria degli operatori lineari associa ad A quattro
sottospazi vettoriali. Ad ognuno di essi può essere data sia un'interpretazione
statica, sia un'interpretazione cinematica, essendo A = BT .
Lo spazio colonna o immagine di A è lo spazio generato dalle sue colonne,
e si indica con ImA. La sua dimensione è pari al rango di A (rA ). Dal punto
di vista statico rappresenta le forze nodali a cui la struttura può far fronte
senza cambiamenti di forma. Ragionando sullo spazio riga di B, questo spazio
16 Statica e cinematica delle strutture reticolari

è isomorfo allo spazio degli spostamenti nodali che causano allungamenti nelle
aste.
Complemento ortogonale questo spazio è lo spazio nullo sinistro di A,
indicato con KerAT , che rappresenta lo spazio delle forze che non possono
essere applicate alla struttura mantenendola in equilibrio, ed ha dimensione
m = 3j − k − rA . L'interpretazione cinematica è lo spazio nullo di B, ovvero
l'insieme dei vettori d a cui corrisponde e = 0. Questo spazio è l'insieme
degli spostamenti nodali che sono meccanismi.
Lo spazio riga di A, di dimensione rA , rappresenta invece gli stati ten-
sionali che devono essere equilibrati da carichi esterni. Si indica con ImAT .
Per ogni carico applicato alla struttura senza autotensioni, lo stato tensionale
delle barre è una combinazione lineare della base di questo spazio. Cinema-
ticamente lo spazio colonna di B è l'insieme degli allungamenti delle barre
che rispettano la compatibilità dei vincoli.
Lo spazio nullo o kernel di A è il complemento ortogonale del precedente,
e si indica con KerA. Ha dimensione s = b − rA . Rappresenta l'insieme
delle autotensioni applicabii alla struttura. Cinematicamente lo spazio nullo
sinistro di B è associato a tutti quegli allungamenti che sono incompatibili
con la congurazione iniziale.
Il tutto è sintetizzato in tab.1.1.
Spazio di A Dimensione Interpretazione statica Interpretazione cinematica
Spazio colonna rA Carichi che possono essere Spostamenti che causano al-
R3j−k equilibrati da t lungamenti nelle barre
Spazio nullo sx m = 3j − Carichi non equilibrabili nel- Meccanismi
R3j−k k − rA la congurazione iniziale
Spazio riga rA Tensioni possibili in assenza Allungamenti compatibili
Rb di autotesnioni delle barre
Spazio nullo s = b − rA Autotensioni Allungamenti incompatibili
Rb delle barre

Tabella 1.1: Sottospazi vettoriali delle matrici cinematica e di equilibrio

1.4.2 Decomposizione ai valori singolari della matrice


di equilibrio
Questi spazi vettoriali possono essere facilmente determinati calcolando la de-
composizione ai valori singolari di A, abbreviata anche con SVD (da Singular
Value Decomposition ).
La SVD associa ad una generica matrice A di dimensioni m × n le tre
matrici B, C, D di dimensioni rispettivamente m × m, m × n ed n × n tali
che:
Statica e cinematica delle strutture reticolari 17

• A = B C DT

• Le matrici B e D sono ortonormali. C è diagonale.

• Gli elementi Cii sulla diagonale di C sono tutti non negativi ed ordinati
in ordine non crescente al crescere di i.

Gli elementi sulla diagonale di C sono chiamati valori singolari di A,


mentre le colonne di B e di D sono chiamate rispettivamente vettori singolari
sinistri e destri di A. Nel caso A sia simmetrica e denita non negativa, si
ha B = D.
La SVD della matrice di equilibrio è

A = DETT (1.29)
ed ha la forma indicata in gura 1.5

Figura 1.5: Decomposizione ai valori singolari della matrice di equilibrio

La matrice D è composta da due matrici:

D0 D00 (1.30)
 
D=
Le colonne di D0 , matrice di dimensione 3j × rA , sono una base ortonor-
male dello spazio degli spostamenti che non sono meccnaismi; le m colonne
di D00 sono invece meccanismi.
La matrice T è così composta:

T0 T00 (1.31)
 
T=
Le colonne di T0 , matrice di dimensione b × rA , sono una base delle
tensioni equilibrate da forze esterne senza autotensioni, mentre quelle di T00 ,
di dimensione b × s, sono una base dello spazio delle autotensioni.
18 Statica e cinematica delle strutture reticolari

La matrice A trasforma una qualsiasi colonna di T0 nella relativa colonna


di D0 , ovvero D0 = AT0 . In pratica, oltre che indicare in maniera esplicita le
basi ortonormali che individuano i quattro spazi vettoriali associati ad una
matrice, la SVD indica anche, nel nostro caso tramite le matrici D0 e T0 , una
base ortonormale che rimane ortogonale anche dopo la trasformazione.

1.4.3 Eetti delle autotensioni


Per considerare gli eetti irrigidenti dello stato di autotensione, come abbia-
mo visto per l'arco a tre cerniere allineate, bisogna tener conto degli sposta-
menti (pur innitesimi) della struttura. Per far ciò riscriviamo le 1.20 e la
1.23 in funzione non solo della posizione dei nodi x ma anche dei loro spo-
stamenti d. La simbologia negli indici di d ha lo stesso signicato di quella
che si è usata per il vettore posizione x.
µ
X
(x + dx − xi − dxi )ti = fx
i=1
µ
X
(y + dy − yi − dyi )ti = fy (1.32)
i=1
µ
X
(z + dz − zi − dzi )ti = fz
i=1

f ? = A(x + d)(t0 + t0 ) (1.33)


In quest'ultima equazione è scritta la tensione t come somma di una
componente nita di pretensione t0 e di una componente ad essa ortogonale
e innitesima t0 . Gli allungamenti possono invece essere scritti, trascurando
innitesimi di ordine superiore al primo, come

e = e0 + e0 = e0 + A(x)T d? (1.34)
Esaminando la 1.32, e ricordando che A(x)t0 = 0 e che d e t0 sono
innitesimi, trascurando gli innitesimi di ordine superiore al primo possiamo
trasformare la 1.33 in

f ? = V(Γ̃x)t0 + V(Γ̃d)t0 (1.35)


Con Γ̃ si intende un tensore del terzo ordine Γ̃lmn di dimensioni 3j ×b×3j
in cui gli indici l ed n variano tra i gradi di libertà dei nodi della struttura
(3 coordinate per nodo) ed m varia tra le barre. Si pone Γ̃lmn = 1 se l = n e
se il nodo a cui si riferiscono appartiene alla barra m. Γ̃lmn = −1 se l ed n
Statica e cinematica delle strutture reticolari 19

rappresentano la stessa coordinata dei due nodi della barra m. Tutti gli altri
termini sono nulli.
Si osservi che questo tensore dipende solo dalla topologia della struttura
reticolare, non dalla sua geometria. Inoltre è un tensore simmetrico nel primo
e terzo indice. Con Γ̃x e Γ̃d si intendono, con riferimento alla regola di
Einstein per la sommatoria negli indici, le matrici Γ̃lmn xn e Γ̃lmn dn . Come
è facile vericare con semplici calcoli scrivendo la 1.32 per ogni nodo, si ha
A(x + d) = VΓ̃(x + d) = VΓ̃(x + VT d? ).
Ponendo Γ̃0lnm = Γ̃lmn e ricordando che t0 = He0 = HAT d? possiamo
riscrivere la 1.35 come

f ? = ( (V Γ̃x)H(V Γ̃x)T + V Γ̃0 t0 VT )d? (1.36)


Appare evidente che la rigidezza della struttura è pari alla somma di
una rigidezza classica K = AHAT e di una rigidezza da pretensione Ω =
V Γ̃0 t0 VT , lineare in t0 . Poichè Γ̃ è simmetrico, anche la matrice Ω è
simmetrica.
Scomponiamo il campo di spostamenti nella somma d? = d0 + d00 . d0
è un campo di spostamenti che non rappresenta un meccanismo (AT d0 6=
0), e varia in uno spazio vettoriale di dimensione rA . d00 è un meccanismo
(AT d00 = 0) che varia sul complemento ortogonale, di dimensione m. Si
faccia riferimento alle prime due righe della Tab.1.1. Si può scrivere

f = Kd0 + Ω(t0 )(d0 + d00 ) (1.37)


Si osservi che Ω non dipende dal legame costitutivo, ma solo dalla pre-
tensione.
La matrice K è sempre simmetrica denita non negativa, e di rango rA .
La matrice di rigidezza da pretensione può invece inuire sia sui meccanismi
che sulle deformazioni. E' opportuno quindi stabilire sotto quali condizioni
(soprattutto per quali valori di t0 ) la rigidezza complessiva ha rango completo
ed è positiva. E' ovviamente indispensabile che tutti i meccanismi d00 vengano
irrigiditi da Ω(t0 ).

1.5 Stabilità dell'equilibrio


Data una struttura reticolare m volte labile ed s volte iperstatica, sotto quali
condizioni è possibile trovare una pretensione che la irrigidisca? Quando
questa rigidezza è denita positiva?
I vettori ortogonali d0 e d00 possono essere scritti, seguendo la simbologia
usata nel Par.1.4.2 come
20 Statica e cinematica delle strutture reticolari

d0 = D0 drA (1.38)

d00 = D00 dm (1.39)


Queste equazioni permettono di generare gli spazi vettoriali descritti nelle
prime due righe della Tab.1.1 in funzione di parametri arbitrari drA e dm .
Si ha inoltre:

K = AHAT = (DETT )H(DETT )T = D (ETT HTET ) DT (1.40)

Nell'ultima equazione il prodotto di matrici tra parentesi è una matrice


(3j − k) × (3j − k) costituita da un blocco quadrato J di dimensione rA e da
termini nulli:
 
J 0
K=D DT (1.41)
0 0
Esprimiamo ora l'autotensione t0 come combinazione lineare degli s au-
tosforzi indipendenti.

t0 = T00 ts (1.42)
Si può così porre Ω = Ω(ts ). La matrice D, in generale, non ridurrà
a blocchi anche Ω. Osservando che, essendo D ortonormale, si ha Ω =
D(DT ΩD)DT , possiamo scrivere
 
Ω11 + J Ω12
K + Ω(ts ) = D DT = D Ψ(ts ) DT (1.43)
sym Ω22
Deniamo ora il vettore di dimensione 3j − k
 
drA

d = (1.44)
dm
Poichè d? = Dd◦ , si ha anche d◦ = DT d? . Anchè la rigidezza comples-
siva sia stabile deve essere quindi

d◦T Ψ(ts )d◦ > 0 ∀d◦ 6= 0 (1.45)


Si osservi che, scegliendo ts abbastanza piccolo (in accordo con la 1.19), si
può fare in modo che la parte di pretensione che agisce sullo stesso spazio su
cui agisce K sia tale da non irrigidire negativamente la struttura. Dobbiamo
Statica e cinematica delle strutture reticolari 21

quindi concentrarci sullo spazio dei meccanismi d00 e quindi solo su Ω22 ,
ponendo, con riferimento alla 1.44, drA = 0.
Si scrive quindi Ω22 in funzione dei parametri ts

Ω22 (ts ) = D00T Ω(ts )D00 (1.46)

La matrice Ω22 è combinazione lineare di s matrici, ciascuna associata ad


un elemento di ts . Si ha quindi
s
X
Ω22 = Ωi ti (1.47)
i=1

Le matrici Ωi sono matrici quadrate di dimensione m note a priori e


indipendenti dallo stato di pretensione, calcolabili sostituendo nella 1.46 il
vettore ts con tutti elementi nulli tranne uno uguale a 1.
La nostra struttura è irrigidibile stabilmente da pretensione se

s
!
X
∃ts = [t1 , t2 , . . . , ts ]T t.c. dTm Ωi ti dm > 0 ∀dm 6= 0 (1.48)
i=1

1.6 Moti rigidi


Può essere utile studiare la rigidezza di una struttura non vincolata a terra,
a prescindere dai suoi moti rigidi. Per far questo si può costruire in maniera
opportuna la matrice vincolare V, introducendo i vincoli che impediscono i
moti rigidi. Si parte scrivendo i vettori d corrispondenti ai 6 moti rigidi (3
nel piano) linearmente indipendenti disponibili. Per le tre traslazioni basta
porre uguali a 1 gli spostamenti di nella opportuna direzione. Per la rotazione
attorno all'asse x si calcolano gli spostamenti di ogni nodo nel seguente modo:

(dx , dy , dz ) = (x, y, z) × (1, 0, 0) (1.49)

In quest'ultima equazione x, y, z sono le coordinate del nodo, × indica


il prodotto vettoriale. Le altre due rotazioni si ottengono moltiplicando per
(0, 1, 0) e per (0, 0, 1). Chiamati d1 , d2 , . . . , d6 questi spostamenti (scritti
come righe), si prende in considerazione una matrice identità di dimensione
3j . Si eliminano da questa matrice sei righe in maniera tale che rappresenti
una matrice vincolare in cui sono impediti i moti rigidi. Chiamate ui le righe
rimaste, si sostituisce ciascuna di esse con
22 Statica e cinematica delle strutture reticolari

6
X ui · dj
ui − dj (1.50)
j=1
|dj |2

dove |dj | indica il modulo del vettore dj . Si conclude facoltativamente


con l'ortonormalizzazione dell'insieme di righe così ottenute.
Si tiene a precisare che il vincolo che impedisce i moti rigidi, pur essendo
lineare, non è assoluto, in quanto dipende (linearmente) dalla geometria x.
Si ha cioè V = V(x).

1.6.1 Decomposizione ai valori singolari per calcolare la


matrice vincolare
Il procedimento appena espsosto può essere generalizzato per ottenere la ma-
trice vincolare dai moti impediti, invece che dai gradi di libertà. Infatti, per
come è denita V, non è così immediato risalire dagli spostamenti impedi-
ti dai vincoli alle equazioni che deniscono le righe della matrice vincolare.
Inoltre se si hanno molti vincoli, può essere opportuno vericare quali sono ri-
dondanti. Consideriamo quindi la matrice V0 , di dimensione k × 3j dove ogni
riga rappresenta uno spostamento d impedito (o equivalentemente una forza
f assorbibile). Se gli spostamenti impediti sono linearmente indipendenti V
sarà di dimensione (3j − k) × 3j .
Per calcolare V, basta calcolare la decomposizione ai valori singolari di
V0 :

V0 = V1 V2 V3T (1.51)

A questo punto si prendono in considerazione le colonne in V2 nulle, e si


ottengono le righe di V dall'insieme dei relativi vettori singolari destri in V3 .
L'operazione determina le righe di V con una base ortonormale dello spazio
nullo di V0 .
Teoricamente non c'è alcuna dierenza con il metodo descritto nella 1.50,
dato che la SVD di una matrice si calcola con un procedimento simile. Il
vantaggio pratico sta nel fatto che molti programmi per elaboratore, come
ad esempio Matlab, permettono di eettuare la SVD con un singolo comando,
risparmiando la scrittura di molte righe di codice (si veda l'App.A.2).
Statica e cinematica delle strutture reticolari 23

1.7 Interpretazione energetica e ordine dei mec-


canismi
E' interessante interpretare i risultati del paragrafo 1.4 da un punto di vista
energetico, e ragionare sull'ordine di innitesimo con cui i vari parametri in
gioco inuenzano l'energia interna ed esterna della struttura. La struttura è
pretesa, quindi si pone inizialmente t = t0 , e dopo l'intervento della forza f
esterna si ha t = t0 + t0 .
Scriviamo gli allungamenti e0 esplicitamente in funzione della geometria
x della struttura e degli spostamenti nodali d. Consideriamo a tal ne una
barra collegante i nodi 1 e 2. Chiamiamo xiα e diα la coordinata e lo sposta-
mento i-esimi del nodo α (i=1,2,3 nello spazio tridimensionale; α = 1, 2). Si
pone ∆xi = xi1 −qxi2 e analogamente si denisce ∆di . q La lunghezza iniziale
P3 P3
della barra è l = i=1 (∆xi ) , mentre quella nale è
2
i=1 (∆xi + ∆di ) .
2

Si ha:
vu 3 
uX
e0 = l t (∆xi + ∆di )2 − l (1.52)
i=1

Mediante la formula di Taylor, è possibile fare un approssimazione al


secondo ordine rispetto a d, ottenendo, in forma vettoriale,
 0
1 d2 e0
 
de
0
e = ·d+ ·d·d (1.53)
dd d=0 2! dd2 d=0
Eseguendo i calcoli e denendo il tensore di dimensioni b × 3j × 3j

Γ̃00ijk = Γ̃jik (1.54)


si perviene a
1
e0 = (Γ̃00 x)d + (Γ̃00 d)d (1.55)
2
L'energia esterna, supponendo f e quindi d innitesimi, si scrive come
una funzione innitesima del secondo ordine

Eest = f ? · d? (1.56)
L'energia interna invece è, denendola uguale a 0 nel caso sia t0 = 0 e
d=0
1
Eint = t0 · e0 + t0 · e0 (1.57)
2
24 Statica e cinematica delle strutture reticolari

Tenuto conto della 1.55, del legame costitutivo t0 = He0 , dei vincoli d =
VT d? e della relazione Γ̃00 x d = AT d? , tralasciando innitesimi di ordine
superiore al secondo rispetto a d? , si perviene a

1 1
Eint = t0 · (AT d? ) + t0 · ((Γ̃00 d)d) + d? · (AHAT )d? (1.58)
2 2

Nella teoria dell'elasticità lineare l'energia interna è sempre una funzione


quadratica omogenea degli spostamenti. Il primo addendo nella 1.58 deve
essere quindi nullo, il che si traduce nella condizione di equilibrio per la
pretensione: At0 = 0. Dovendo essere inoltre stazionaria la quantità Eint −
Eest , ponendo uguale a zero la sua derivata rispetto a d? si ottiene la 1.36.
Abbiamo quindi messo in evidenza che l'energia interna è un innitesimo
del secondo ordine rispetto a d? . Nella scienza delle costruzioni classica
è il prodotto di due innitesimi del primo ordine, ovvero gli allungamenti
e le tensioni delle barre, entrambi lineari in d? . In caso di pretensione si
può aggiungere una quantità che è il prodotto di una pretensione nita t0
indipendente da d e di una quantità innitesima del secondo ordine 12 (Γ̃00 d)d.
Si potrebbe dimostrare infatti che gli unici meccanismi che possono essere
irrigiditi (con rigidezza positiva stabile) con una pretensione sono i meccani-
smi innitesimi del primo ordine, ovvero quelli che creano un allungamento
delle barre del secondo ordine e che non possono essere considerati meccani-
smi niti. Questi ultimi infatti, non allungando le barre, non contribuiscono
all'aumento di energia potenziale interna. I meccanismi di ordine superiore
al primo non sono irrigidibili dalla pretensione perchè invece intervengono
nella rigidezza con un ordine superiore al primo.
Si può quindi vericare che un certo meccanismo è innitesimo del primo
ordine cercando un autotensione che lo irrigidisce positivamente. Questa
proprietà non è invertibile, nel senso che esistono strutture con meccanismi
innitesimi del primo ordine non irrigidibili da alcuna autotensione della
struttura.

1.7.1 Esemplicazione graca


Si riporta qui di seguito una chiaricazione graca di quanto esposto. Si
consideri una barra P Q, per semplicità di lunghezza unitaria, immersa nel
piano bidimensionale, soggetta ad una pretensione nita t. Il nodo P è sso,
mentre l'altro si sposta in P 0 di una quantità d = (d1 , d2 ), essendo d1 e d2
rispettivamente lo spostamento nella direzione della barra e nella direzione
perpendicolare. Si faccia riferimento alla Fig. 1.6.
Statica e cinematica delle strutture reticolari 25

Figura 1.6: Allungamenti - Esemplicazione graca

Il nodo P è in equilibrio sotto la pretensione t, in quanto si suppone che vi


siano altre barre (non indicate in gura) anch'esse pretese, che lo equilibrano.
L'allungamento della barra può essere scomposto in un allungamento inni-
tesimo del primo ordine d1 , a cui si aggiunge un allungamento innitesimo
del secondo ordine. Qusto allungamento è pari ad 1/2 d22
Si osservi che la pretensione non inuenza il comportamento della barra
nella direzione di d1 . Questo in quanto, essendo il legame elastico lineare,
non è importante lo stato iniziale, ma solo la variazione di tensione che la
barra subisce in seguito allo spostamento. In pratica il legame elastico lineare
della barra `non si accorge' che la barra è già tesa, ma solo di quanto varia
questa tensione.
Discorso diverso vale invece per la direzione d2 , perpendicolare alla barra.
La tensione, al primo ordine, rimane invariata, perchè l'allungamento è del
secondo ordine. Tuttavia la tensione nita t cambia di direzione e compare
una componente t0 della forza nella stessa direzione di d2 . Questa forza è una
forza innitesima proporzionale a d2 , di richiamo nel caso di trazione (crea
rigidezza positiva stabile).

1.8 Vincoli tensionali


Nel denire il modello matematico del comportamento di una struttura, è
necessario a volte stabilire delle relazioni tra le tensioni sulle barre.
Consideriamo ad esempio una struttura bidimensionale costituita da tre
nodi a terra A, B e C collegati ad un nodo P da una barra ciascuno. Salvo
congurazioni molto particolari, la struttura non ha meccanismi e la regola di
Maxwell ci dice che 3 = 2·4−6+s. E' quindi possibile un autotensione. Se il
punto P è interno al triangolo ABC l'autotensione può essere di trazione su
tutte e tre le barre. Supponiamo ora che due delle tre barre (ad esempio AP
26 Statica e cinematica delle strutture reticolari

e P B ) siano costituite da un unico tirante. La soluzione può essere attuata


ad esempio con una carrucola (vedi Fig.1.7).

Figura 1.7: Vincoli Tensionali

Questa struttura ha un vincolo tensionale. Siano t?1 e t?2 , le tensioni sul-


l'elemento AP B e su CP . Le tensioni su ogni tratto possono essere espresse
dalle seguenti:
? l +l

 tAP = t1 APlAPP B
t = t?1 lAPlBP
+lP B
(1.59)
 BP ?
tCP = t2
Con l si intende la lunghezza della relativa barra.
Il vincolo tensionale introduce una labilità. Da una volta iperstatica, la
struttura diventa isostatica. Per una particolare posizione del punto P , in
cui la circonferenza di centro C e raggio CP è tangente all'ellisse di fuochi
A e B e passante per P , si ha una struttura una volta labile e una volta
iperstatica (s = m = 1), irrigidibile da pretensione.
Si possono immaginare anche situazioni più complesse, come ad esempio
se un cavo passa più volte per il medesimo tratto, o se più cavi diversi passano
per lo stesso tratto. In generale i vincoli tensionali possono essere espressi
da relazioni lineari che riducono lo spazio di tutte le possibili t ad un suo
sottospazio. Si può scrivere:

t = St? (1.60)
Statica e cinematica delle strutture reticolari 27

La matrice S ha dimensioni b × (b − τ ), essendo τ il numero dei vincoli


tensionali.
L'azione di S, oltre che agire sul vettore delle tensioni, agisce anche sul
suo duale e. Sempre con riferimento alla Fig.1.7, si ha
(  
e?1 = (lAP + lP B ) elAP
AP
+ elAP
AP
(1.61)
e?2 = eCP
Queste equazioni possono essere scritte con la relazione duale della 1.60

e? = ST e (1.62)
Il legame costitutivo H, da matrice quadrata di dimensione b, diventa di
dimensione b − τ , e si esprime con t? = He? . La variazione di energia interna
rimane espressa dal prodotto scalare t? · de? . Si ha infatti:

t? · e? = t? · ST e = St? · e = t · e (1.63)
I vincoli tensionali trasformano la matrice di equilibrio A = V Γ̃x in
A = V Γ̃x S
La rigidezza K da come indicata nelle 1.36 diventa

K = (V Γ̃x S)H(V Γ̃x S)T (1.64)


La matrice S va inoltre ad agire sulla rigidezza da pretensione Ω, trasfor-
mandola in

Ω = V Γ̃0 (St?0 ) VT (1.65)


Si osservi che, mentre i vincoli cinematici V possono ridurre il numero
dei meccanismi in quanto riducono i gradi di libertà su d, il vincolo sulla
tensione S può aumentarne il numero. Infatti può ridurre il rango di K, in
quanto sostituisce la matrice H, di rango b, con una di rango b − τ .
Per quanto riguarda la pretensione, V può aumentare il numero di au-
totensioni possibili, in quanto riduce le righe di A. Il vincolo alla tensione
opera in maniera opposta: non è detto infatti che un'autotensione t0 , una
volta introdotto il vincolo tensionale, possa essere scritta nella forma St? , e
quindi il numero delle autotensioni indipendenti può essere ridotto.
Poichè i vincoli tensionali riducono in pratica il numero delle barre, la
regola di Maxwell 1.3 diventa

b = 3j − k + s + τ − m (1.66)
Nella maggior parte dei casi pratici la natura del vincolo tensionale è non
lineare nella geometria x.
28 Statica e cinematica delle strutture reticolari

1.9 Eetti non lineari


In questo paragrafo forniremo alcuni cenni sugli eetti non lineari della ri-
gidezza, in particolare per quanto riguarda il calcolo degli spostamenti nello
spazio dei meccanismi, in funzione delle forze esterne supposte note. A causa
della 1.19 la rigidezza dei meccanismi può essere molto inferiore a quella del
resto della struttura.
Supponiamo di avere una struttura labile ma irrigidibile da pretensione.
In assenza dell'autotensione la struttura avrà una rigidezza del primo ordine
per quanto riguarda i non meccanismi. I meccanismi saranno invece irrigi-
diti da una rigidezza del terzo ordine, dipendente da H. Se incominciamo
ad applicare gradualmente la pretensione, ad un certo punto gli eetti del-
la rigidezza del terzo ordine sui meccanismi saranno comparabili con quelli
lineari della pretensione.
Ciò appare evidente riesaminando quanto esposto riguardo all'arco a tre
cerniere allineate, in particolare nella 1.17.
Nel presente paragrafo si suppone che gli spostamenti dei meccanismi,
anche se non comparabili con la lunghezza delle barre, siano comunque più
grandi degli spostamenti nello spazio dei non meccanismi:

x  VT D00 dm  VT D0 drA (1.67)


Anchè quest'ultima relazione sia soddisfatta è necessario che gli auto-
valori positivi della matrice AAT non siano troppo piccoli. Per l'esattezza il
minore autovalore positivo di K = AHAT deve essere molto più grande del
più grande autovalore di Ω(t0 ).
L'approccio energetico descritto nel Par.1.7 può essere applicato per te-
nere conto degli eetti non lineari dalla seguente:
Z e0
dEint d
?
f = = t(e) · de (1.68)
dd? dd? 0
sostituendo t(e0 ) con t0 + He0 , si ottiene

de0
f ? = (t0 + He0 )T (1.69)
dd?
Si trascurano gli eetti non lineari conseguenti alla pretensione t0 . Con-
de0
centriamoci quindi soltanto sul prodotto (He0 )T dd ? . Questo prodotto si può

esprimere anche come

1 d
(e0T He0 ) (1.70)
2 dd?
Sviluppando e0 in serie di Taylor nell'intorno di d? = 0 si ottiene
Statica e cinematica delle strutture reticolari 29

1
e0 = AT d? + Γ̃00 dd + . . . (1.71)
2
Osserviamo che:

• Un meccanismo combinazione delle colonne di D00 crea allungamenti


nelle barre del secondo ordine o più piccoli.

• Uno spostamento combinazione delle colonne di D0 è irrigidito dalla


rigidezza classica K, e causa allungamenti sia del primo che eventual-
mente del secondo ordine o più piccoli.

Nel prodotto e0T He0 i termini del secondo ordine in d? causano una rigi-
dezza del primo ordine. I termini del terzo ordine, derivati, diventano una
rigidezza del secondo ordine. Questi termini possono essere ottenuti solo co-
me prodotto di un termine del primo moltiplicato per un termine del secondo
ordine in e, ovvero di un allungamento derivante da uno spostamento che non
è un meccanismo (del tipo D0 drA ) e di uno spostamento generico. Stante la
1.67, si trascura questo termine, in quanto si suppone D0 drA piccolo.
Rimangono da considerare i termini del quarto ordine. Sempre per l'ipo-
tesi 1.67, si considerano solo i termini derivanti dal prodotto di due allun-
gamenti conseguenti a meccanismi. Osservando la 1.71 si deduce che questo
termine assume la forma ( 21 Γ̃00 dd) · H( 12 Γ̃00 dd), dove d è un meccanismo. Si
trascurano invece i termini che sono prodotto di un termine del primo ordine
(conseguenti ad un non meccanismo) per un termine del terzo.
Riassumendo possiamo quindi dire che, sotto queste ipotesi, la rigidezza
totale di una struttura è approssimabile da:

• Una rigidezza lineare K, proporzionale ad H che irrigidisce gli sposta-


menti D0 drA .

• Una rigidezza lineare Ω, proporzionale a t0 che agisce sia sui mecca-


nismi che sullo spazio ortogonale. Essendo il legame costitutivo molto
più grande della pretensione, di questa rigidezza si potrebbe trascurare
la parte che irrigidisce i non meccanismi D0 drA .

• Una rigidezza del terzo ordine che irrigidisce ulteriormente i meccanismi


D00 dm .

Si denisce quindi:
1
K˜d(4) = (Γ̃00 dd) · H(Γ̃00 dd) (1.72)
2
30 Statica e cinematica delle strutture reticolari

Il tensore del quarto ordine K˜ ha diemensioni (3j)4 ed è simmetrico nei


quattro indici. Ricordando che d = VT d? , si denisce il tensore di dimensioni
(3j − k)4 tale che
1 d
K d?(3) = (K˜d(4) ) (1.73)
4 dd?
ovvero

Ki1 i2 i3 i4 = K˜a1 a2 a3 a4 Vi1 a1 Vi2 a2 Vi3 a3 Vi4 a4 (1.74)


Si può quindi scrivere

f ? = (K + Ω)d? + K d?(3) (1.75)


Per risolvere questa equazione, si calcolano preliminarmente i meccanismi,
tramite la determinazione del vettore dm . A tal ne si proiettano le forze
f ? sullo spazio dei meccanismi (non irrigiditi da K), moltiplicando a sinistra
per D00T e sostituendo fm = D00T f ? . Sempre per la 1.67 può approssimare
(3)
il termine D00T K d?(3) con Km dm , dove Km è un tensore di dimensioni m4
tale che

K (D00 dm )(4) = Km d(4)


m (1.76)
cioè

Km,i1 i2 i3 i4 = Ka1 a2 a3 a4 D00a1 i1 D00a2 i2 D00a3 i3 D00a4 i4 (1.77)


Si ottiene:

fm = D00T ΩD00 dm + Km d(3)


m = Ω22 dm + Km dm
(3)
(1.78)
In questa equazione fm è noto. Per calcolare dm si può usare il procedi-
mento iterativo di Newton-Raphson. Si denisce la funzione

f̂m (dm ) = Ω22 dm + Km d(3)


m (1.79)
se ne calcola quindi la matrice gradiente:

df̂m
Θ(dm ) = (1.80)
ddm
Data la simmetria di Km si ha

Θ(dm ) = Ω22 + 3Km d(2)


m (1.81)
Si pone quindi, supponendo Θ invertibile:
Statica e cinematica delle strutture reticolari 31

dm,0 = Ω−1

22 fm
(1.82)
dm,n+1 = dm,n − Θ(dm,n )−1 (f̂m (dm,n ) − fm )
Se la struttura non è completamente irrigidita dalla pretensione la matrice
Ω22 non è invertibile. Si può comunque calcolare dm,0 decomponendo Ω22 =
PΩ0 PT e sostituendo nella matrice diagonale Ω0 gli autovalori nulli con ad
esempio il più piccolo autovalore tra quelli positivi.
Se si vogliono considerare anche gli eetti non lineari sui non meccanismi,
o tenere conto degli eetti di qualsiasi ordine, anche per quanto riguarda la
pretensione, occorrerà sostituire nella 1.69 direttamente l'espressione 1.52. Si
dovrà quindi applicare il metodo di Newton-Raphson sull'intero vettore d? e
non solo sui meccanismi, determinando il gradiente della funzione f̂ ? (d? ).
Si osservi che se la struttura non è stabile l'algoritmo di Newton-Raphson
può non convergere, e non è inoltre garantita l'unicità della soluzione.
32 Statica e cinematica delle strutture reticolari
Capitolo 2
RICERCA DELLA FORMA

Nel primo capitolo ci siamo occupati dell'analisi di una struttura reticolare


già denita. Partendo dalla topologia e dalla geometria x abbiamo analizzato
sotto quali condizioni esiste un'autosforzo t positivamente irrigidente.
In questo secondo capitolo aronteremo il problema inverso. Partiremo
dalla topologia della struttura e da una scelta qualitativa dell'autotensione e
cercheremo di dare forma alla struttura in maniera che sia possibile applicare
la pretensione.
Per garantire la linearità delle equazioni, si suppone che i vincoli cinema-
tici siano indipendenti dalla congurazione geometrica x. Inoltre si suppone
che non siano presenti vincoli tensionali.

2.1 Matrice di densità di forza


La condizione di pretensionabilità è che sia At = 0 per qualche t 6= 0.
Scrivendo A esplicitamente in funzione della geometria x, della topologia Γ̃
e dei vincoli V si è ottenuto:

f ? = V(Γ̃x)t = 0 (2.1)
Fissato x, il primo membro di questa equazione è lineare in t, ma possiamo
anche ssare t e far variare x, ottenendo la seguente equazione lineare in x:

f ? = V(Γ̃0 t)x = 0 (2.2)


La matrice

Z = V(Γ̃0 t) (2.3)

33
34 Ricerca della forma

prende il nome di matrice di densità di forza, ed ha dimensioni (3j − k) ×


3j . Poichè Ω = ZVT , in assenza di vincoli cinematici si ha Ω = Z.
E' possibile trovare le soluzioni x del sistema Zx = 0 calcolandone il
rango rZ e individuandone lo spazio nullo.

2.1.1 Matrice dei carichi geometrici


Supponiamo di avere una struttura reticolare pretesa equilibrata e rigida. In
assenza di carichi esterni e se d = 0, si ha f ? = Z(x + d) = Zx = 0. Ap-
plichiamo uno spostamento innitesimo d, supponendo che, salvo variazioni
innitesime, rimanga inalterata la tensione sulle barre. Si ottiene f ? = Zd.
La matrice densità di forza indica quindi nelle sue colonne le forze che la
pretensione produce sui nodi a seguito di un generico spostamento d.
Se d è un meccanismo compatibile con i vincoli, possiamo porre

d = VT d? = VT D00 dm (2.4)
da cui

f ? = ZVT D00 dm = ΩD00 dm = Πdm (2.5)


La matrice Π = ΩD00 , di dimensioni (3j − k) × m si chiama matrice
dei carichi geometrici e se la struttura è rigida ha sempre rango m. Le sue
colonne sono le forze che si producono in seguito all'applicazione del relativo
meccanismo.

2.1.2 Struttura della matrice di densità di forza


Mediante una decomposizione ai valori singolari è possibile scrivere

Z = WXUT (2.6)
Le colonne di U rappresentano una base ortonormale delle congurazioni
geometriche x. Se una colonna di X è nulla abbiamo trovato nella rispettiva
colonna di U una congurazione compatibile con l'autosforzo.
In analogia con quanto fatto con la matrice di equilibrio nel Par.1.4.2 si
può scrivere
 0T 
U
0 00
(2.7)
 
Z= W W X
U00T
Per come è denito Γ̃0 , si ha che lo spazio nullo di Z contiene sicuramente
i vettori x che fanno coincidere tutti i nodi in un punto solo. Nello spazio
Ricerca della forma 35

tridimensionale la dimensione di questo spazio nullo banale è tre. Inoltre Γ̃0 ,


e quindi anche Z se V è simmetrica nelle tre direzioni, è scomponibile in
tre blocchi identici. E' possibile quindi scegliere U in maniera tale che sia
formata da tre blocchi uguali (uno per ciascuna dimensione). Per ottenere
una struttura non degenerante in una linea o in un piano bisogna combinare,
per ciascuna delle tre dimensioni, almeno un vettore dierente delle colonne
di U. L'aggiunta di una delle tre soluzioni banali non fa altro che traslare
l'intera struttura.
I valori sulla diagonale della matrice X sono quindi uguali a tre a tre, ed
inoltre tre di essi (quelli relativi alle soluzioni banali), sono sempre nulli.
Quindi anchè esista un'autosforzo in una struttura tridimensionale con
vincoli simmetrici è necessario che sia rZ ≤ 3j − 12. La nullità deve essere
infatti 4 per ognuno dei tre blocchi: oltre al valore singolare nullo relativo
alla congurazione banale, abbiamo bisogno di tre congurazioni da associare
ciascuna ad una direzione. Nel piano si deve avere rZ ≤ 2j − 6. Scelte queste
tre congurazioni, una loro combinazione lineare determinerà la forma della
struttura. E' interessante notare che questa combinazione lineare può essere
scelta arbitrariamente, quindi se t è autosforzo per la geometria x, lo è anche
per una qualsiasi sua trasformazione ane.
In generale, dato uno stato tensionale t arbitrario non è detto che esista
una geometria x che lo renda autosforzo.
Sfruttando la struttura a blocchi della matrice Z, si può eseguire la ricerca
della forma ragionando su un solo blocco, supponendola immersa in uno
spazio monodimensionale (una linea). Se si desidera ssare la struttura a
terra, la matrice V, ricordando l'ipotesi fatta a inizio capitolo, è ottenuta
dall'identità togliendo le righe relative alle cerniere. Si osservi che la cerniera
a terra è un vincolo simmetrico nelle tre direzioni.

2.1.3 Vincoli geometrici


Lo studio della matrice Z analizzandone un solo blocco non è possibile se si
introducono dei vincoli cinematici o vincoli alla geometria x non simmetrici
nelle tre direzioni. In questo caso si dovrà fare l'analisi dell'intera matrice,
pur rimanendo in generale valida la condizione che la struttura non degeniri
in un piano.
Il vincolo geometrico è concettualmente dierente dal vincolo cinemati-
co. Il primo vincola la posizione dei nodi quando ancora non è denita la
geometria della struttura: ad esempio ci può dire che un certo nodo va col-
locato sullo stesso piano individuato da altri tre nodi. Il vincolo cinematico
stabilisce (ad esempio) che un certo nodo è a terra, ovunque esso sia.
36 Ricerca della forma

Una condizione di vincolo lineare alla x può essere espressa come x =


Gx? . Le 2.2 e 2.3 diventano rispettivamente:

V(Γ̃0 t)Gx? = 0 (2.8)

Z = V(Γ̃0 t)G (2.9)


Le dimensioni di Z sono (3j −k)×(3j −g), essendo g il numero dei vincoli
geometrici. Il vettore x? ha dimensione 3j − g .
Scrivendo x come tre vettori di dimensione j (uno per ciascuna dimen-
sione) x = (x̄T , ȳT , z̄T )T , se si vogliono scartare le traslazioni, la base da
considerare è la seguente:

x1 = (11 · · · 1|0|0)T (2.10)


x2 = (0|11 · · · 1|0)T (2.11)
x3 = (0|0|11 · · · 1)T (2.12)

Con la stessa tecnica usata nel Par.1.6 si possono eliminare questi tre
vettori dalle possibili congurazioni ed ottenere G.
Questi 3 vincoli geometrici, essendo simmetrici nelle tre direzioni, possono
essere usati anche nella riduzione monodimensionale, basta sceglierne uno
solo.

2.2 Algoritmo per la ricerca di forma


Denita a priori la topologia di una struttura, la x e l'autosforzo t possono
essere trovate tramite il seguente ciclo:

1. Da ti , calcolare Z = V Γ̃0 ti G e determinare la SVD Z = WXUT .

2. In funzione vettori singolari destri U e dei relativi valori singolari in


X, calcolare un vettore x?i e quindi la nuova congurazione xi = Gx?i ;
controllare che quest'ultima non sia degenere in un piano. Se si lavora
in una sola dimensione occorrono tre vettori linearmente indipendenti,
da cui ottenere poi una congurazione tridimensionale.

3. Calcolare la matrice di equilibrio A = V Γ̃xi e determinare la SVD


A = DETT .

4. In funzione dei vettori singolari destri T e dei relativi valori singolari


in E, calcolare il vettore ti+1 .
Ricerca della forma 37

5. Se Ati+1 ' 0 esci dal loop altrimenti torna al punto iniziale dopo aver
incrementato i di 1.

In questo algoritmo deve essere denito il punto di ingresso, che può essere
o il punto 1 una volta denita t1 , o il punto 3 denendo una x1 .
Anchè l'algoritmo converga, è indispensabile denire intelligentemente i
criteri di scelta di x e t di cui ai punti 2 e 4. Un primo criterio potrebbe essere
scegliere la congurazione e la tensione che genera le forze minori per ottenere
l'equilibrio. In pratica ciò equivale a scegliere , in X ed E, i valori minimi,
e poi scegliere le relative colonne di U e da T. Questo criterio velocizza la
convergenza, ma ci da poco controllo sul risultato.
Per garantire la convergenza sceglieremo xi+1 e ti+1 , in maniera tale che,
ad eccezione eventualmente di un pressato numero di iterazioni iniziali,
almeno una delle seguenti sia sempre vericata (deve essere sempre la stessa
per ogni iterazione):

|Zi+1 xi+1 | |Zi xi |


<α (2.13)
|xi+1 | |xi |
|Ai+1 ti+1 | |A1 ti |
<β (2.14)
|ti+1 | |ti |
I due parametri α e β sono due numeri minori dell'unità e deniti a priori.
Il metodo scelto nella presente tesi si concentrerà sulla ricerca della con-
gurazione x a partire da un prototipo t. Questa tensione sarà comunque
modicata perchè è molto dicile che esisti x che soddis la 2.2. Si tiene
a precisare che l'algoritmo proposto, anche in caso di convergenza ad una
struttura non degenere, assicura solamente la presenza di uno stato di auto-
tensione. Una volta nota la geometria della struttura è opportuno controllare
che la struttura sia rigida e stabile con i metodi esposti nel Cap.1.

2.2.1 Scelta della tensione in funzione di un prototipo


iniziale
Il metodo usato per il calcolo della tensione parte dalla denizione di un suo
prototipo, ovvero di un vettore t scelto in maniera anche approssimativa. In
mancanza di ulteriori informazioni la scelta di questo vettore può essere fatta
semplicemente ponendo uguali ad 1 i termini che si riferiscono a tiranti tesi,
e a -1 quelli che si riferiscono a puntoni compressi. Questa tensione verrà
usata per calcolare la matrice densità di forza nella prima iterazione.
In ogni iterazione, calcolata la SVD di A(x) = DETT , si prenderanno in
considerazione gli ultimi vettori singolari destri in T, corrispondendi ai valori
38 Ricerca della forma

singolari più bassi in E. Si comincerà con il considerare solamente l'ultima


colonna, aggiungendo le altre una alla volta in ordine. Ogni volta che si
aggiunge una colonna, si calcola quindi la combinazione lineare delle colonne
scelte che meglio approssima ai minimi quadrati la tensione prototipo. Il
procedimento del calcolo della nuova tensione termina quando, dopo aver
aggiunto un numero troppo alto di colonne, non è più soddisfatta la 2.14.
Denendo la nuova t come l'ultima calcolata che soddisa la 2.14, si procede
quindi con il calcolo di Z = Z(t)

2.2.2 Scelta della geometria


La scelta della geometria risulta molto più delicata della scelta delle tensioni,
soprattutto se non si è denito un prototipo di forma a cui tendere (nel qual
caso si può operare in maniera simile a quella descritta per le tensioni) e se
le matrici vincolari non sono simmetriche nelle tre direzioni. Nel caso che G
e V siano simmetriche basta scegliere tre congurazioni indipendenti.
I due principali problemi che bisogna arontare sono:

• La struttura non deve degenerare in un piano o una retta

• La lunghezza delle barre deve essere non nulla

Queste condizioni devono essere soddisfatte non solo per ogni xi , ma anche
per il limite della successione delle x a cui tende il procedimento iterativo.
La prima condizione deriva dall'esigenza sica di avere una struttura tri-
dimensionale. Infatti, pur essendo possibile che una struttura bidimensionale
stabilmente rigida sia ancora stabile se immersa in uno spazio a tre dimen-
sioni, è abbastanza naturale presupporre che se lavoriamo in uno spazio a tre
dimensione è perchè cerchiamo una struttura a tre dimensioni.
La seconda condizione deriva dalla nostra denizione di tensione. Si ri-
corda (vedi la denizione di t nel cap.1.1) che la tensione è in realtà un
coeciente di tensione, ovvero il rapporto tra tensione e lunghezza della bar-
ra. Una lunghezza della barra che tende a zero, oltre ad avere sicamente
poco senso, implica che anche se la nostra t converge, la tensione reale diverge
a innito, o comunque rimane indeterminata.
Nella presente tesi il procedimento usato per il calcolo della congurazione
consiste (vedi l'App.A.1) nel fare una media ponderata delle ultime colonne
della matrice GU. Si parte dal considerare solo l'ultima colonna, aggiun-
gendone eventualmente una alla volta se non sono soddisfatte le condizioni
di non degenerazione della congurazione. Il peso viene scelto inversamente
proporzionale al prodotto di due variabili:
Ricerca della forma 39

• 1 più il valore singolare della relativa colonna.

• 1 più la somma dei quadrati della lunghezza di ogni barra

Questa scelta dovrebbe prediligere le congurazioni che sono con la lun-


ghezza delle barre uniforme e con i valori singolari che si avvicinano a quelli
nulli. Sperimentalmente il procedimento sembra dare risultati buoni (vedi il
Cap.3).
Si evita il controllo espresso nella 2.13, delegando l'assicurazione della
convergenza alla scelta della tensione con un controllo del tipo 2.14.

2.3 Ricerca analitica della forma


L'approccio di ricerca della geometria no ad ora descritto è di tipo nume-
rico. Necessita di pochi input (la topologia della struttura e un prototipo
di tensione) ed è applicabile in via generale a qualsiasi tipo di struttura, ma
ha lo svantaggio di avere uno scarso controllo sul risultato, limitato alla de-
nizione di un prototipo approssimativo di tensione e della matrice vincolare
G.
Quest'ultimo vincolo è inoltre di tipo lineare, e quindi non contempla una
serie di casi che possono essere studiati soltanto introducendo equazioni non
lineari. Un esempio può essere un vincolo che ssa la lunghezza di una o più
barre, o la dimensione di una parte della nostra struttura.
La ricerca analitica della forma è un procedimento che, dopo aver de-
nito la geometria x mediante una funzione anche non lineare di un limitato
numero di parametri, risale alle relazioni tra questi parametri che assicurino
la presenza di un autosforzo. Essendo un procedimento non di tipo generale
e quindi dipendente da caso a caso, può essere utile esporlo nel prossimo
paragrafo direttamente facendo un esempio.

2.3.1 Strutture tensegrity troncoconiche ad un piano


Consideriano una struttura formata da due poligoni regolari di n lati (non
necessariamente convessi) inscritti in due circonferenze di raggio r1 e r2 gia-
centi su due piani paralleli, con i centri allineati su una parpendicolare ai
due piani, distanti h l'uno dall'altro. I lati di questi poligoni sono tiranti,
mentre i nodi dei due poligoni sono collegati tra loro da n puntoni e n tiranti.
La struttura è simmetrica per rotazioni di 2π/n attorno alla congiungente i
due centri, anche per quanto riguarda la tensione sulle barre. Si chiamerà η
l'angolo formato da un punto B di uno dei due poligoni, il suo centro, e la
40 Ricerca della forma

proiezione dell'estremo B 0 del puntone AB 0 sul piano del poligono. Si faccia


riferimento alla Fig.2.1 (le linee spesse sono puntoni).

Figura 2.1: Struttura tensegrity troncoconica

L'angolo tra un nodo e il successivo sia ξ . Per motivi geometrici deve


risultare ξ = 2kπ/n, con k scelto tra i numeri minori di n/2 e primi con n;
k deve essere primo con n in quanto nel passare da un nodo al successivo
devono essere contemplati tutti i punti. Si può scegliere k < n/2 in quanto le
congurazioni k = α e k = n−α sono uguali. Le congurazioni possibili sono
quindi φ(n)/2, essendo φ(n) la funzione totiente di Eulero, cioè il numero dei
numeri minori di n e primi con esso.
La struttura è formata da 2n nodi e da 4n barre. Se si escludono i 6 moti
rigidi, dalla regola di Maxwell si ottiene m = s + 2n − 6. Si può dimostrare
che s = 1, da cui m = 2n − 5.
Creando un sistema di riferimento centrato in O, si pone quindi A =
(r1 , 0, 0); B = (r1 cos ξ, r1 sin ξ, 0); O0 = (0, 0, h); A0 = (r2 cos η, r2 sin η, h);
B 0 = (r2 cos(ξ + η), r2 sin(ξ + η), h)
La simmetria per rotazioni implica che la risultante delle due forze su
A dei tiranti AC ed AB sia nella direzione di AO. Anchè il punto A sia
in equilibrio è necessario quindi che i punti A, O, A0 , B 0 siano complanari,
ovvero che il prodotto triplo dei vettori OA, OA0 e OB 0 sia nullo. Eseguendo
i calcoli si ottiene la relazione
Ricerca della forma 41

π ξ
−η= (2.15)
2 2
In pratica questo signica che il segmento OA è parallelo ad A0 B 0 .
Una volta noto η è possibile trovate le coordinate di tutti i nodi, e calcolare
quindi la matrice di equilibrio e l'autosforzo che irrigidisce la struttura.
Ad esempio per n = 5 si hanno φ(5)/2 = 4/2 = 2 possibilità, corrispon-
denti a k = 1; k = 2, ovvero alle due congurazioni del pentagono regolare:
classica (Fig.2.2) e a stella(Fig.2.3).
0.7

0.6

0.5

0.4

0.3

0.2

0.1

0
1

−1
−0.8 −0.6 −0.4 −0.2 0 0.2 0.4 0.6

Figura 2.2: Tensegrity troncoconica, pentagono classico

2.4 Dispiegamento
Una delle applicazioni delle strutture pretese è la possibilità di modicare la
forma della struttura controllando la lunghezza dei suoi elementi. La tecnica
ingegneristica ci permette di denire numerosi metodi per il controllo della
lunghezza di una barra. Il primo classico esempio è la fune. Variando la
lunghezza della fune (ad esempio con un mulinello controllato da un motore,
o semlicemente tirando la fune), è possibile ridurre questa distanza. Com-
portamento analogo si può avere con un puntone realizzato da una barra
telescopica con meccanismo idraulico.
42 Ricerca della forma

0.7

0.6

0.5

0.4 −1

0.3 −0.5

0.2 0

0.1
0.5

0
1
−0.8 −0.6 −0.4 −0.2 0 0.2 0.4 0.6

Figura 2.3: Tensegrity troncoconica, pentagono a stella

2.4.1 Lunghezza massima o minima di una barra prete-


sa
Consideriamo una barra pretesa di una struttura, e supponiamo che questa
barra sia indispensabile per la rigidezza e la stabilità della struttura. E'
abbastanza intuitivo pensare che se la barra è un tirante e cede, la struttura
diventi un meccanismo e i nodi a cui è collegata la barra si allontanino. Se a
cedere è un puntone ci sarà un meccanismo che avvicinerà le due estremità.
Inoltre se ad esempio la barra è un tirante, va in trazione perchè si cerca
di avvicinare i due estremi, ma questi hanno raggiunto la minima distanza
possibile.
Formuliamo e dimostriamo questo concetto matematicamente, tralascian-
do per semplicità di scrittura la presenza di vincoli.
Sia t = [t1 , t2 ...tb ] uno stato di autotensione, con ad esempio t1 6= 0. Se
un vettore di spostamenti d è tale che, posto e = AT d, si ha ei = 0 ∀i 6=
1, allora anche e1 = 0, cioè d è un meccanismo. Infatti il vettore t può
essere intepretato, oltre che come autotensione, anche come un campo di
allungamenti incompatibile (vedi Tab1.1). Il vettore e = [1, 0, 0 . . . 0] non
può appartenere allo spazio degli allungamenti compatibili, in quanto t · e =
t1 6= 0. Quindi anche e1 = 0.
Sempre supponendo ei = 0 ∀i 6= 1, ragioniamo ora al secondo ordine.
Ricerca della forma 43

Dalla 1.55, ricordando anche che At = 0, si ottiene

 
1 00 1 1
t · e = t · A d + (Γ̃ d)d = At · d + d · Γ̃0 t d = d · Ωd
T
(2.16)
2 2 2

Se d è molto piccolo è un meccanismo, e può essere irrigidito solo dalla


rigidezza da pretensione. Quindi, se la struttura è stabile (cioè la rigidezza è
positiva), l'ultimo membro della 2.16 è positivo. Poichè e1 è l'unico termine
non nullo di e, si deduce che t1 · e1 > 0.
Questo signica che in una congurazione a cui è applicabile una pre-
tensione che irrigidisca positivamente la struttura, la lunghezza di una barra
tirante è la lunghezza minima che può assumere la barra sotto il vincolo che
la lunghezza delle altre non cambi. Un puntone ha invece lunghezza massima.
La proprietà appena dimostrata ci permette di denire un'ulteriore me-
todo di ricerca della forma. Denendo una congurazione iniziale x e asse-
gnando ad ogni barra la sua funzione tirante o puntone, si possono allungare
i primi e accorciare i secondi uno alla volta, mantenendo la lunghezza delle
altre barre ssa. Si opera così nchè non sono più possibili cambiamenti di
lunghezza.
Questo metodo è estremamente interessante dal punto di vista ingegneri-
stico, in quanto permette di essere attuato praticamente mediante meccani-
smi di controllo della lunghezza.

2.4.2 Controllo della forma


In generale, partendo da una congurazione pretesa e variando in manie-
ra arbitraria la lunghezza degli elementi della nostra struttura, dicilmente
si otterrà una struttura irrigidibile da pretensione. Le congurazioni eet-
tive durante il dispiegamento (o il processo inverso di impacchettamento)
dipenderanno quindi dall'equilibrio delle forze esterne applicate alla strut-
tura, prima fra tutte la forza peso. Se avviene a velocità non trascurabile
occorrerà tenere conto anche delle forze di inerzia.
Durante il cambiamento di forma, qualora la natura della barra lo ne-
cessiti, bisogna imporre una delle seguenti relazioni funzioni della variabile
tempo τ

li < li, max (τ ) (tirante) (2.17)

li > li, min (τ ) , li < li, max (τ ) (barra telescopica) (2.18)


44 Ricerca della forma

Queste relazioni hanno natura di disuguglianza. Inoltre se il numero di


autosforzi diminuisce, aumenta il numero dei meccanismi, in accordo con la
regola di Maxwell. Non è quindi garantita l'unicità della congurazione.
Se si impone che la struttura rimanga in uno stato di pretensione durante
il dispiegamento, è possibile avere un controllo sulla forma.
Per far ciò occorre analizzare le relazioni che intercorrono tra la congu-
razione x e la pretensione t. Si suppone che la struttura sia in pretensione e
rigida. Sia v il vettore di dimensione 3j + b così denito:
 
x
v= (2.19)
t
Deniamo quindi le forze f mediante la funzione da R3j+b a R3j−k

f ? (v) = At = V Γ̃x t (2.20)


Anchè la struttura sia in pretensione, si deve avere f ? (v) = 0. Applichia-
mo uno spostamento innitesimo d, ed interpretiamolo come un dierenziale
di congurazione geometrica dx, non soggetto quindi a vincoli V. Questo
cambiamento sarà seguito da una variazione di pretensione dt. Dovendo
comunque rimanere f ? (v + dv) = 0, deve essere

df ?
dv = 0 (2.21)
dv
Dalla 2.20 si deduce

df ? 
(2.22)
  
= V Γ̃0 t V Γ̃x = Z(t) A(x)
dv
da cui sostituendo in 2.21 si ottiene la relazione fondamentale

Zdx + Adt = 0 (2.23)


Osserviamo che, data una soluzione (dx, dt), altre soluzioni si possono
ottenere aggiungendo vettori dallo spazio nullo di Z e di A. Questi spazi nulli
possono essere generati dalle formule dt = T00 dts e dx = U00 dxs , ottenendo
le matrici T00 e U00 dagli opportuni vettori singolari destri di A e Z. Ci si
concentra quindi sul calcolo delle soluzioni non banali, quelle in cui sia dx
che dt apartengono allo spazio riga di di A e Z. Sotto queste condizioni è
evidente che Adt deve appartenere all'immagine di Z, e viceversa Zdx deve
appartenere all'immagine di A.
In particolare Zdx deve essere ortogonale a quasiasi meccanismo, cioè,
per ogni incremento ddm , si deve avere
Ricerca della forma 45

(Zdx)T (D00 ddm ) = 0 (2.24)


da cui

dxT (ZT D00 ddm ) = 0 (2.25)


Se si impone che la variazione di geometria dx sia compatibile con i vincoli
cinematici, ponendo dx = VT dx? , la 2.24 diventa

(Ωdx? )T (D00 ddm ) (2.26)


mentre la 2.25, sfruttando la simmetria di Ω e ricordando la denizione
di Π nel Par.2.1.1,

dx?T (Πddm ) = 0 (2.27)


Abbiamo quindi dimostrato che in una congurazione pretensionabile,
qualsiasi dierenziale di congurazione compatibile con i vincoli cinematici
che conservi la pretensionabilità è perpendicolare ai carichi geometrici. Nel
caso si voglia mantenere più di un autostato tensionale, il vettore deve essere
perpendicolare a tutti i carichi geometrici degli autostati considerati. Le
possibilità quindi si riducono.
La tensione t è denita come coeciente di tensione, cioè come rapporto
tra la tensione reale della barra e la sua lunghezza. Una volta noti dx e
dt, per riferirsi alla tensione reale si pone tr = Lt, dove L è una matrice
diagonale b × b i cui elementi sono la lunghezza di ciascuna barra. Si ottiene
quindi dtr = dL t + L dt. Ma dL è la matrice degli allungamenti (reali) delle
barre conseguenti a dx, ed è quindi pari a D(L−1 e), essendo D l'operatore
che associa ad un vettore la matrice diagonale i cui elementi sono gli stessi
del vettore. Ricordando che, se si trascurano i vincoli, e = AT dx, si ottiene
la relazione lineare:

dtr = D(L−1 AT dx)t + Ldt (2.28)


46 Ricerca della forma
Capitolo 3
ANALISI NUMERICHE

Riportiamo alcuni esempi di analisi numeriche dell'algoritmo iterativo di ri-


cerca di forma descritto nel Par.2.2 Il codice è stato scritto in linguaggio
Matlab integrato con il pacchetto Matlab tensor toolbox, ed è stato riportato
in App.A.1.
Il programma prende come input i seguenti parametri:
• Il numero b delle barre.
• La dimensione d dello spazio (2 nel piano, 3 nello spazio).
• Il numero n dei nodi.
• Una matrice cc che indica la topologia della struttura. Questa matrice
contiene due colonne di b righe. Ogni riga contiene i due nodi di una
stessa barra.
• Un vettore nt con i nodi a terra, da cui calcolare la matrice vincolare.
In alternativa si può specicare direttamente la matrice vincolare V
• La matrice dei vincoli geometrici G, calcolabile anche indicando le con-
gurazioni impedite nella matrice di input GTmp.
• Eventuali vincoli tensionali S, di solito assenti.
• Un prototipo di tensione tp, o eventualmente di congurazione xp.
Restituisce in output le coordinate dei nodi, in un vettore di dimensione
d x n, la lunghezza di ogni barra e la relativa autotensione (sia reale che
intesa come coeciente). Fornisce anche uno disegno della struttura, con le
barre compresse tracciate in grigio spesso e i nodi a terra evidenziati da un
piccolo cerchio.

47
48 Analisi numeriche

3.1 Esempi numerici di ricerca di forma


3.1.1 Struttura bidimensionale
Il primo caso studiato è una semplice struttura bidimensionale, con 8 no-
di e 12 barre. Non sono presenti nè vincoli cinematici ne vincoli alla geo-
metria. Il prototipo di tensioni è un vettore di ±1 in funzione del segno
dell'autotensione che si desidera avere nelle barre.
Codice di input:

%b=numero barre-->
b=12

%dim=dimensione (2=piano, 3=spazio)-->


d=2

%n=numero nodi-->
n=8

nt=[];

%collegamenti barre (topologia) matrice (b x 2)-->


cc=[1 2;
3 4;
5 6;
7 8;
1 3;
3 5;
5 7;
2 4;
4 6;
6 8;
1 8;
2 7]

V=eye(d*n) %<-- se non ci sono nodi vincolati

%Vincoli tensionali lineari


S=eye(b);

%matrice vincolare G (geometrica)


G=eye(d*n);

%prototipo di tensione (lasciare nullo se ininfluente)-->


tp=[1 1 -1 1 1 1 1 1 1 1 -1 -1]'

%prototipo di geometria (lasciare nullo se ininfluente)-->


xp=zeros(d*n,1)
Analisi numeriche 49

Output:
Coordinate dei nodi:
PtAr =

-0.3718 -0.1798
-0.2833 -0.1503
-0.2639 0.0390
-0.1375 0.0440
-0.2702 0.2661
0.1061 0.2321
-0.0583 0.4385
0.1266 0.4626

Lunghezza di ogni barra:


ll =

0.0933
0.1265
0.3778
0.1865
0.2439
0.2272
0.2731
0.2429
0.3077
0.2314
0.8130
0.6303

Tensione t effettivamente trovata


t =

1.0168
0.9687
-0.6935
0.9982
1.0775
1.0161
1.2020
1.0970
1.1594
1.0484
-0.4136
-0.3111

Tensione reale su ogni barra:


realt =

10.9033
50 Analisi numeriche

7.6549
-1.8356
5.3521
4.4183
4.4717
4.4013
4.5160
3.7674
4.5307
-0.5087
-0.4936

Numero effettivo di iterazioni eseguite:


cit =

18

La struttura ottenuta è riportata in Fig.3.1.

0.5

0.4

0.3

0.2

0.1

−0.1

−0.2
−0.4 −0.3 −0.2 −0.1 0 0.1 0.2 0.3

Figura 3.1: Struttura bidimensionale


Analisi numeriche 51

3.1.2 Struttura bidimensionale con vincoli cinematici e


geometrici
La presente struttura presenta 10 nodi di cui due a terra, e 14 barre di
cui 4 compresse. Dei 20 gradi di libertà, 10 vengono eliminati dai vincoli
geometrici. In particolar modo si impone che il baricentro dei nodi stia
nell'origine (le 2 congurazioni banali sono eliminate); che una coordinata
di ciascuna coppia di nodi di una barra compressa sia uguale (4 condizioni),
mentre l'altra sia opposta per ogni coppia (4 condizioni).
Codice di input:
%b=numero barre-->
b=14

%dim=dimensione (2=piano, 3=spazio)-->


d=2

%n=numero nodi-->
n=10

%collegamenti barre (topologia) matrice (b x 2)-->


cc=[1 2;
2 3;
3 4;
4 5;
5 6;
1 7;
7 8;
8 9;
9 10;
10 6;
2 7;
3 8;
4 9;
5 10]

%matrice vincolare V (cinematica)-->


%nodi a terra-->
nt=[1 6];

VTmp=eye(d*n);
V=zeros(0,d*n);
for jj=0:(d-1)
if (nt(1,1)~=1), V=[V;VTmp(jj*n+1:jj*n+nt(1,1)-1,:)];,end
if (size(nt,2)>1)
for ii=1:(size(nt,2)-1)
V=[V;VTmp((jj*n+nt(1,ii)+1):(jj*n+nt(1,ii+1)-1),:)];
end
52 Analisi numeriche

end
if (nt(1,size(nt,2))~=n)
V=[V;VTmp((jj*n+nt(1,size(nt,2))+1):jj*n+n,:)];
end
end

%Vincoli tensionali lineari (??)


S=eye(b);

%matrice vincolare G (geometrica)


G=zeros(d*n,0);
GTmp =[1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0;
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1;
0 1 0 0 0 0 -1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0;
0 0 1 0 0 0 0 -1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0;
0 0 0 1 0 0 0 0 -1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0;
0 0 0 0 1 0 0 0 0 -1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0;
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 1 0 0 0;
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 1 0 0;
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 1 0;
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 1];

[AA BB CC]=svd(GTmp);

for ii=1:size(BB,2);
if (norm(BB(:,ii))<zzero)
G=[G CC(:,ii)];
end
end

%prototipo di tensione (lasciare nullo se ininfluente)-->


tp=[1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 -1 -1 -1 -1]'

%prototipo di geometria (lasciare nullo se ininfluente)-->


xp=zeros(d*n,1);

Output:

Coordinate dei nodi:


PtAr =

0.3594 -0.0000
0.2249 0.2489
0.0708 0.2733
-0.0726 -0.1745
-0.2211 -0.3042
-0.3634 0.0000
0.2249 -0.2489
0.0708 -0.2733
Analisi numeriche 53

-0.0726 0.1745
-0.2211 0.3042

Lunghezza di ogni barra:


ll =

0.2829
0.1560
0.4702
0.1971
0.3359
0.2829
0.1560
0.4702
0.1971
0.3359
0.4978
0.5466
0.3490
0.6084

Tensione t effettivamente trovata


t =

1.1260
0.9826
1.0558
1.0203
1.0637
1.1260
0.9826
1.0558
1.0203
1.0637
-0.5148
-0.9089
-0.9755
-0.7493

Tensione reale su ogni barra:


realt =

3.9802
6.2971
2.2453
5.1766
3.1669
3.9802
6.2971
54 Analisi numeriche

2.2453
5.1766
3.1669
-1.0342
-1.6627
-2.7950
-1.2316

Numero effettivo di iterazioni eseguite:


cit =

14

In Fig.3.2 è riportato il disegno della struttura esaminata.


Con gli stessi input, cambiando esclusivamente il prototipo di tensione in
tp=[1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 -0.2 -0.2 -0.2 -0.2]'
è stata determinata la geometria di una struttura analoga, di cui ripor-
tiamo solo la forma in Fig.3.3.

0.4

0.3

0.2

0.1

−0.1

−0.2

−0.3

−0.4
−0.4 −0.3 −0.2 −0.1 0 0.1 0.2 0.3 0.4

Figura 3.2: Struttura bidimensionale

Risulta evidente che il segno del prototipo può inuenzare la forma in


maniera signicativa.
Analisi numeriche 55

0.3

0.2

0.1

−0.1

−0.2

−0.3

−0.4
−0.5 −0.4 −0.3 −0.2 −0.1 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5

Figura 3.3: Struttura bidimensionale

3.1.3 Struttura quadripode tridimensionale


Un esempio tridimensionale, il quadripode tensegrity, è una tensegrity tron-
coconica (vedi Par.2.3.1) in cui i quattro tiranti di base sono eliminati vin-
colando 4 degli 8 nodi a terra. Dei 24 gradi di liberta di congurazione se
ne considerano solo 4. Questi deniscono l'ampiezza di ciascuno dei due
quadrati, l'altezza della struttura e l'angolo di rotazione tra i due quadrati.
Parametri di input:

%b=numero barre-->
b=12

%dim=dimensione (2=piano, 3=spazio)-->


d=3

%n=numero nodi-->
n=8

%collegamenti barre (topologia) matrice (b x 2)-->


cc=[1 2;
2 3;
3 4;
4 1;
56 Analisi numeriche

5 1;
6 1;
6 2;
7 2;
7 3;
3 8;
8 4;
4 5]

%matrice vincolare V (cinematica)-->


%nodi a terra-->
nt=[5 6 7 8]

VTmp=eye(d*n);
V=zeros(0,d*n);
for jj=0:(d-1)
if (nt(1,1)~=1), V=[V;VTmp(jj*n+1:jj*n+nt(1,1)-1,:)];,end
if (size(nt,2)>1)
for ii=1:(size(nt,2)-1)
V=[V;VTmp((jj*n+nt(1,ii)+1):(jj*n+nt(1,ii+1)-1),:)];
end
end
if (nt(1,size(nt,2))~=n)
V=[V;VTmp((jj*n+nt(1,size(nt,2))+1):jj*n+n,:)];
end
end
%V=eye(d*n) %<-- se non ci sono nodi vincolati
V

%Vincoli tensionali lineari


S=eye(b);

%matrice vincolare G (geometrica)


G=zeros(d*n,0);

GTmp =[1 1 1 1 1 1 1 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0;
0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 1 1 1 1 1 1 0 0 0 0 0 0 0 0;
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 1 1 1 1 1 1;
0 0 0 0 1 -1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0;
0 0 0 0 1 0 -1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0;
0 0 0 0 1 0 0 -1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0;
1 -1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0;
1 0 -1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0;
1 0 0 -1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0;
0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0;
0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0;
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 1 0 0 0 0 0;
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 1 0 0 0 0;
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0;
Analisi numeriche 57

0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0;
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 1 0;
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 1;
0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0;
0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 -1 0 0 0 0 0 0 0;
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0;
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 -1 0 0 0;
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0];

[AA BB CC]=svd(GTmp);

for ii=1:size(BB,2);
if (norm(BB(:,ii))<zzero)
G=[G CC(:,ii)];
end
end
G

%prototipo di tensione (lasciare nullo se ininfluente)-->


tp=[1 1 1 1 -1 1 -1 1 -1 1 -1 1]'

%prototipo di geometria (lasciare nullo se ininfluente)-->


xp=zeros(d*n,1)

Output:

Coordinate dei nodi:


PtAr =

-0.1340 -0.1889 -0.1889


-0.1340 -0.1889 0.1889
-0.1340 0.1889 0.1889
-0.1340 0.1889 -0.1889
0.1340 0.3778 0.0000
0.1340 -0.0000 -0.3778
0.1340 -0.3778 -0.0000
0.1340 0.0000 0.3778

Lunghezza di ogni barra:


ll =

0.3778
0.3778
0.3778
0.3778
0.6547
0.3784
0.6547
0.3784
58 Analisi numeriche

0.6547
0.3784
0.6547
0.3784

Tensione t effettivamente trovata


t =

1.0000
1.0000
1.0000
1.0000
-1.0000
1.0000
-1.0000
1.0000
-1.0000
1.0000
-1.0000
1.0000

Tensione reale su ogni barra:


realt =

2.6469
2.6469
2.6469
2.6469
-1.5274
2.6428
-1.5274
2.6428
-1.5274
2.6428
-1.5274
2.6428

Numero effettivo di iterazioni eseguite:


cit =

L'autotensione trovata coincide con il prototipo. Si riportano le viste


dall'alto, laterale e assonometrica della struttura, ed in Fig.3.7 una vista
assonometrica della struttura ottenuta cambiando il prototipo di tensione in
tp=[1 1 1 1 -1.6 1 -1.6 1 -1.6 1 -1.6 1]'
Cambiando il prototipo di tensione, nel secondo esempio l'autotensione
eettivamente trovata risulta diversa dal prototipo:
Analisi numeriche 59
0.4

0.3

0.2

0.1

−0.1

−0.2

−0.3

−0.4
0.2
−0.2
0.4
0 0.3 0.2 0.1 0 −0.1 −0.2 −0.3 −0.4

Figura 3.4: Quadripode visto dall'alto


−0.2

−0.15

−0.1

−0.05

0.05

0.1

0.15
−0.4 −0.3 −0.2 −0.1 0 0.1 0.2 0.3

Figura 3.5: Quadripode visto di lato

0.4

0.2

−0.2

−0.4

0.4 0.3 0.2 0.1 0 −0.1 −0.2 −0.3 −0.4

Figura 3.6: Quadripode, vista assonometrica


60 Analisi numeriche

t =

0.7119
0.7119
0.7119
0.7119
-1.3746
1.3746
-1.3746
1.3746
-1.3746
1.3746
-1.3746
1.3746

−0.25

−0.2

−0.15

−0.1
0.3
−0.05
0.2
0
0.1

0.05
0

−0.1 0.1

−0.2 0.15

−0.3 0.2

−0.4 0.25
0.3 0.2 0.1 0 −0.1 −0.2 −0.3

Figura 3.7: Quadripode, vista assonometrica

3.1.4 Torre tensegrity triangolare a due livelli


L'ultimo esempio di ricerca di forma riguarda una struttura tridimensionale
formata da 12 nodi e 30 barre. La struttura ha la topologia indicata in
Fig.3.8. Le barre compresse sono indicate con una linea spessa.
Analisi numeriche 61

Figura 3.8: Topologia torre tensegrity a due piani

Si impone che i triangoli ABC , DF H , EGI , JKL siano perpendicolari


all'asse z e con le coordinate x, y dei loro baricentri nulle. Si impone anche
che siano equilateri. La struttura presenta quindi una simmetria per rotazioni
di ±2π/3. Si impone anche una simmetria per la trasformazione consistente
nella rotazione di π/3 composta con la simmetria rispetto al piano xy . I
gradi di libertà vengono ridotti da 36 a 6. Possonono essere rappresentati
dalle coordinate dei punti A e D. Si ricorda che la simmetria rispetto al
piano xy si ottiene semplicemente cambiando di segno alla coordinata z ,
mentre una rotazione di θ intorno all'asse z lascia inalterata la coordinata z
e trasforma le x ed y secondo le seguenti:

x0 = x cos θ − y sin θ
(3.1)
y 0 = x sin θ + y cos θ
Il prototipo di tensione è stato scelto dopo qualche prova, in modo tale
che l'output sia una struttura stabile (ed anche di forma 'gradevole').
Codice di input:

%n=numero nodi-->
n=12

%collegamenti barre (topologia) matrice (b x 2)-->


cc=[1 2;%triangolo inf
2 3;
3 1;
10 11;%tirangolo sup
11 12;
62 Analisi numeriche

12 10;
4 5;%esagono
5 6;
6 7;
7 8;
8 9;
9 4;
2 4;%tiranti barre stesso piano
3 6;
1 8;
11 5;
12 7;
10 9;
2 5;%tiranti barre piani diversi
3 7;
1 9;
10 4;
11 6;
12 8;
1 4;%barre compresse
2 6;
3 8;
5 10;
7 11;
9 12];

nt=[];
V=eye(d*n) %<-- se non ci sono nodi vincolati

%Vincoli tensionali lineari


S=eye(b);

%matrice vincolare G (geometrica)


r60=[ 0.5 -sqrt(3)/2 0;
sqrt(3)/2 0.5 0;
0 0 1];
r120=r60*r60;r240=r120*r120;

syz=[1 0 0;0 1 0;0 0 -1];


zz=zeros(3,3);i3=eye(3);

GS=[ i3 zz; %A
r120 zz; %B
r240 zz; %C
zz i3; %D
zz r60*syz; %E
zz r120; %F
zz r60*syz*r120; %G
zz r240; %H
Analisi numeriche 63

zz r60*syz*r240; %I
r60*syz zz; %J
r60*syz*r120 zz; %K
r60*syz*r240 zz];%L
G=zeros(36,6);
for jj=1:n
G(jj,:)=GS(3*jj-2,:);
G(n+jj,:)=GS(3*jj-1,:);
G(2*n+jj,:)=GS(3*jj,:);
end

%prototipo di tensione (lasciare nullo se ininfluente)-->


i6=[1 1 1 1 1 1];
tp=[2*i6 3*i6 i6 i6 -4*i6]';

%prototipo di geometria (lasciare nullo se ininfluente)-->


xp=zeros(d*n,1)

Output:

Coordinate dei nodi:


PtAr =

-0.1084 0.1822 -0.2554


-0.1035 -0.1850 -0.2554
0.2120 0.0028 -0.2554
-0.0420 -0.2306 0.0397
0.1787 -0.1517 -0.0397
0.2207 0.0789 0.0397
0.0420 0.2306 -0.0397
-0.1787 0.1517 0.0397
-0.2207 -0.0789 -0.0397
-0.2120 -0.0028 0.2554
0.1084 -0.1822 0.2554
0.1035 0.1850 0.2554

Lunghezza di ogni barra:


ll =

0.3672
0.3672
0.3672
0.3672
0.3672
0.3672
0.2475
0.2475
0.2475
0.2475
64 Analisi numeriche

0.2475
0.2475
0.3048
0.3048
0.3048
0.3048
0.3048
0.3048
0.3568
0.3568
0.3568
0.3568
0.3568
0.3568
0.5117
0.5117
0.5117
0.5117
0.5117
0.5117

Tensione t effettivamente trovata


t =

1.4563
1.4563
1.4563
1.4563
1.4563
1.4563
3.5097
3.5097
3.5097
3.5097
3.5097
3.5097
1.9445
1.9445
1.9445
1.9445
1.9445
1.9445
1.2916
1.2916
1.2916
1.2916
1.2916
1.2916
-2.8887
Analisi numeriche 65

-2.8887
-2.8887
-2.8887
-2.8887
-2.8887

Tensione reale su ogni barra:


realt =

3.9663
3.9663
3.9663
3.9663
3.9663
3.9663
14.1820
14.1820
14.1820
14.1820
14.1820
14.1820
6.3788
6.3788
6.3788
3.6199
3.6199
3.6199
3.6199
3.6199
3.6199
6.3788
6.3788
6.3788
-5.6451
-5.6451
-5.6451
-5.6451
-5.6451
-5.6451

Numero effettivo di iterazioni eseguite:


cit =

67

Si riportano una vista dall'alto (Fig.3.9) ed una vista assonometrica (Fig.3.10).


66 Analisi numeriche

0.25

0.2

0.15

0.1

0.05

−0.05

−0.1

−0.15

−0.2

−0.25
−0.25 −0.2 −0.15 −0.1 −0.05 0 0.05 0.1 0.15 0.2 0.25

Figura 3.9: Torre tensegrity, vista dall'alto

0.3

0.2

0.1

−0.1

−0.2

−0.3

−0.4
−0.4
−0.2
0
0.2
0.4 0.05 0.1 0.15 0.2 0.25
−0.25 −0.2 −0.15 −0.1 −0.05 0

Figura 3.10: Torre tensegrity, vista assonometrica


Analisi numeriche 67

3.2 Analisi di una torre tensegrity


Si riporta l'analisi della torre tensegrity di cui è stata trovata la forma alla
ne del precedente paragrafo. La struttura presenta una autotensione ed un
meccanismo oltre ai moti rigidi. Mantenendo la geometria e l'autotensione,
si aggiungono prima di tutto dei vincoli che rimuovono i moti rigidi (si ve-
da l'App.A.2). Inoltre si può osservare che i sei tiranti che racchiudono la
struttura nella sua parte intermedia sono della stessa lunghezza e hanno la
stessa tensione. E' plausibile che la struttura sia stabile anche sostituendo i
sei tiranti con un tirante continuo. Si denisce quindi la seguente matrice di
vincoli tensionali S, che introduce ulteriori 5 labilità:
S=[1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0;
0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0;
0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0;
0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0;
0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0;
0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0;
0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0;%<--
0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0;%<--
0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0;%<--
0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0;%<--
0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0;%<--
0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0;%<--
0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0;
0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0;
0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0;
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0;
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0;
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0;
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0;
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0;
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0;
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0;
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0;
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0;
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0;
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0;
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0;
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0;
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0;
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1];

Si procede quindi con il calcolo dei meccanismi, della loro rigidezza Ω22 ,
denita nel Par.1.5, e dei relativi autovalori per vericarne la stabilità. I
6 meccanismi, indicati con colonne secondo lo schema x = (x̄T , ȳT , z̄T )T ,
risultano essere, escludendo i moti rigidi (vedi anche l'App.A.3):
68 Analisi numeriche

V'*D2

ans =

-0.2475 0.1105 0.3208 -0.1301 0.2225 0.0819


0.1328 0.0218 0.1938 0.1297 -0.1312 -0.1181
-0.0617 0.0671 0.2587 -0.0032 0.0497 -0.0158
-0.2191 0.2038 -0.2751 0.5487 0.4083 0.2480
-0.1064 0.0287 0.0508 0.1771 -0.0254 0.0174
0.1104 0.3508 -0.0304 0.2989 -0.3378 0.1382
0.1572 -0.1657 -0.1212 -0.3280 0.0867 0.6216
0.0040 -0.0521 0.0101 -0.0072 0.0144 -0.0250
-0.2103 0.0838 -0.4869 -0.2166 -0.0994 -0.0692
-0.0336 0.0587 0.0158 0.0417 0.0797 -0.0671
0.1723 0.1579 0.0311 0.0640 0.2313 0.0549
-0.2493 -0.0451 -0.0003 0.0184 -0.0791 -0.1948
-0.1105 0.2725 -0.0196 -0.0593 0.0267 0.0331
-0.1054 0.2713 -0.0213 -0.0559 0.0220 0.0305
0.2214 0.1950 -0.1304 0.1674 -0.2819 -0.1414
-0.0373 0.1150 -0.1272 0.1916 0.0757 0.0681
-0.2071 -0.3809 0.2000 0.2952 -0.4241 0.3731
-0.1458 -0.0824 0.0473 -0.1619 0.2512 0.0079
0.0527 -0.0316 -0.1688 -0.1400 -0.0667 0.2386
0.1817 -0.4610 -0.3266 0.2039 0.2344 -0.3139
0.1652 0.0684 0.3644 0.0860 0.1728 0.0604
-0.2353 0.0104 -0.0564 -0.1809 -0.2517 -0.1687
0.1327 0.1875 -0.0290 -0.1411 0.0191 0.0491
0.1271 0.1848 -0.0295 -0.1418 0.0150 0.0458
-0.2185 0.1809 -0.0193 -0.1369 -0.0905 0.0601
-0.2065 0.0017 -0.1171 0.1105 0.0405 0.1422
-0.2354 -0.1067 0.1052 -0.0566 0.1886 -0.0761
-0.1225 -0.0605 -0.0356 0.0613 -0.0637 0.0717
0.1222 0.0933 0.0358 -0.0057 -0.0291 -0.0880
-0.1457 -0.0435 0.0679 0.0194 0.0625 -0.1192
0.1153 -0.0509 -0.1537 0.0120 -0.0096 0.0249
-0.1283 0.0663 -0.1250 -0.0804 -0.1186 -0.0012
0.1346 -0.0801 0.0251 -0.0060 -0.0811 0.0144
0.2327 -0.0644 0.1188 0.0552 0.0231 0.0735
0.2237 0.1828 0.0075 -0.0778 0.0779 -0.1126
0.2116 -0.0426 -0.1574 -0.0605 0.0377 0.1654

La matrice Ω22 e i relativi autavalori sono:

Om22 =

7.0309 0.2939 0.1476 0.0394 0.3364 0.2949


0.2939 5.7128 0.8026 -0.2437 1.5477 0.6050
0.1476 0.8026 5.7981 0.4878 -0.0626 1.4826
0.0394 -0.2437 0.4878 6.2735 -0.8672 -1.4046
Analisi numeriche 69

0.3364 1.5477 -0.0626 -0.8672 9.3777 1.4643


0.2949 0.6050 1.4826 -1.4046 1.4643 7.4292

svd(Om22)

ans =

11.3037
7.6016
7.0683
6.5302
5.1122
4.0062

Gli autovalori sono tutti positivi. La struttura è quindi stabile.


Tramite del materiale per costruzioni Lego e del lo da pesca, si è pro-
ceduto inne alla realizzazione di un modellino di questa struttura, con il
tirante passante per i sei nodi intermedi di lunghezza variabile per consentire
il dispiegamento. Le Fig.3.11 e 3.12 mostrano lo stato non irrigidito e lo stato
irrigidito dalla pretensione.

Figura 3.11: Modellino di torre tensegrity, non dispiegato


70 Analisi numeriche

Figura 3.12: Modellino di torre tensegrity, dopo il dispiegamento


Conclusioni

La presente tesi ha avuto come scopo quello di esporre una metodologia ge-
nerale per lo studio delle strutture tensegrity. Come in ogni lavoro di ricerca,
gran parte di quanto esposto è ben noto in letteratura. Un primo obiettivo
è stato quindi quello di riorganizzare il materiale a disposizione allo scopo
di avere una base teorica solida e abbastanza completa per poter arontare
lo studio di una struttura reticolare pretesa, evidenziando le problematiche
fondamentali da esaminare.
Tuttavia sono stati proposti alcuni nuovi interessanti metodi e concetti:

• L'uso della matrice vincolare V per considerare qualsiasi tipo di vincolo


cinematico lineare, non solo cerniere a terra. E' stato inoltre indicato
esplicitamente come questa matrice intervenga nella denizione della
matrice di rigidezza da pretensione Ω e della matrice di densità di
forza Z. E' stato anche esposto come trattare i vincoli nell'ambito di
un algoritmo numerico di ricerca di forma.

• La denizione del tensore Γ̃ ha permesso non solo di mettere in risalto


la linearità della matrice di equlibrio A nella congurazione x e della
matrice Ω in t0 , ma anche di lavorare in maniera molto semplice con
le variabili, ottenendo con l'ausilio del formalismo matematico risultati
interessanti con pochi passaggi di calcoli (si vedano ad esempio la 2.16
e la 2.23).

• Non si è trovata traccia in letteratura del concetto di vincolo tensionale


S denito nel Par.1.8, nonostante sia applicabile in molte situazioni
pratiche, soprattutto per quanto riguarda le strutture dispiegabili (si
veda il modellino descritto alla ne del Par.3.2).

• La teoria di ordine superiore esposta nel Par.1.9 può denire in maniera


più precisa il comportamento di una struttura. Può essere applicata

71
72 Conclusioni

ad esempio nella verica sugli spostamenti, in quanto se si considerano


anche gli eetti non lineari la struttura diventa più rigida, in maniera
signicativa per quanto riguarda i meccanismi.

• L'introduzione della matrice vincolare geometrica G permette l'utiliz-


zo del metodo numerico di ricerca di forma anche nel caso di strutture
molto complesse, delegando solo una parte della ricerca di forma al-
l'automazione e consentendo di avere un controllo sulla forma della
struttura.

Per quanto riguarda le questioni che in questa tesi sono state arontate
solo in maniera parziale e che sono meritevoli di approfondimenti, si citano i
seguenti spunti di sviluppo futuro:

• L'applicazione della teoria elastica non lineare ad un caso pratico, per


poter confrontare in maniera tangibile l'entità dell'errore commesso li-
nearizzando la rigidezza della struttura o considerando gli eetti non
lineari solo sui meccanismi. Può essere interessante anche studiare l'en-
tità di questo errore in funzione della pretensione t0 e della grandezza
degli autovalori positivi delle rigidezze K e Ω.

• La denizione di ulteriori metodi di scelta della geometria e della ten-


sione nell'algoritmo descritto nel Par.2.2. Soprattutto per quanto ri-
guarda la geometria, è auspicabile la denizione di un metodo che dia
buoni risultati anche non dovendo denire numerosi vincoli geometrici,
in modo da lasciare più lavoro al computer.

• Il Par.2.4 ore numerose occasioni di riessione, tra cui: la denizione


di un metodo di calcolo per la geometria di una struttura che durante
il dispiegamento è labile ed è quindi funzione delle forze esterne; l'a-
nalisi delle possibili trasformazioni di una struttura tensegrity ottenute
variando con continuità la lunghezza di alcuni suoi elementi. Inoltre
partendo dall' equazione non lineare 2.20 è possibile trattare con gli
strumenti del calcolo innitesimale il problema della ricerca della for-
ma di equilibrio in presenza di vincoli di qualsiasi tipo, come ad esempio
vincoli tensionali e geometrici non lineari, o assegnando un prototipo
di tensione reale invece che di coeciente di tensione.

Un ulteriore sviluppo può sicuramente essere lo studio della dinamica dei


sistemi tensegrity, mettendo in conto tra le variabili la massa degli elementi
della struttura e dei permanenti portati, con possibili applicazioni anche in
ingegneria meccanica.
Appendice A
Codici in linguaggio Matlab

A.1 Codice per la ricerca della forma


%valori dello 0
zzero=10^-11;
zzero2=10^-8;
%numero massimo di iterazioni
maxit=250;
%altri parametri
e1=1;e2=1;

%<---Inserire qui i vari parametri definiti nel cap 3

%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%
%fine input dati
%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%

%creo il tensore gamma da cc


gamma=sptensor([d*n b d*n]);
for ii=1:b
for jj=0:(d-1)
gamma(cc(ii,1)+jj*n,ii,cc(ii,1)+jj*n)=1;
gamma(cc(ii,2)+jj*n,ii,cc(ii,2)+jj*n)=1;
gamma(cc(ii,1)+jj*n,ii,cc(ii,2)+jj*n)=-1;
gamma(cc(ii,2)+jj*n,ii,cc(ii,1)+jj*n)=-1;
end
end

cit=0;
tstar=(S*S')^-1*S*tp;
x=xp;
beta=99999999;alpha=99999999;
flag2=0;flag1=0;
for cit=1:maxit
if (norm(tstar)~=0)
TT2=double(ttv(gamma,S*tstar,2));
[W,X,U]=svd(V*TT2*G);
%P=zeros(size(G,2),0);
if (norm(xp)==0)
x=xp;
U2=G*U;%configurazioni effettive (vincolate)

73
74 Appendice A

Lq=zeros(b,1);
Lv=zeros(size(U2,2),1);
for kk=1:size(U,2)%lunghezze al quadrato
Lq=double(ttv(gamma, {U2(:,kk),U2(:,kk)},[1 3]));
Lv(kk)=norm(Lq);
end
valsing=diag(X);
if(size(X,1)<size(X,2))
valsing=[valsing;zeros(size(X,2)-size(X,1),1)];
end
%%%%inizio scelta configurazione geometrica
for jj=1:size(G,2)
x=0;
for kk=1:jj
x=x+U2(:,size(G,2)+1-kk)/((valsing(size(G,2)+1-kk)+1)^e1*(Lv(kk)+1)^e2);
end
PtAr=zeros(0,n);
for ii=0:(d-1)
PtAr=[PtAr;x((n*ii+1):(n*(ii+1)))'];
end
PtAr=[PtAr;ones(1,n)];
Lqx=double(ttv(gamma, {x,x} ,[1 3]));%lunghezze
vv=svd(PtAr);%degenere su d-1?
if (sum(Lqx<(0.1/b)^2)==0) if(vv(d+1))>0.1 break;end;end
end
x=x/norm(x);
%fine scelta configurazione geometrica
else
alpha=norm(V*TT2*x)/norm(x);
while (1)
P=[U(:,size(G,2)-jj),P];
oldx=x;
TM=P'*G;
x=TM'*(TM*TM')^-1*TM*xp;
%controllo che non sia troppo grande
if (norm(V*TT2*x)/norm(x))>alpha*0.99;
x=oldx;
break
end

jj=jj+1;
if(jj>=b), break, end
end
end
alpha=norm(V*TT2*x)/norm(x);
end
if (alpha<zzero),flag1=1;,end

%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%

TT=double(ttv(gamma,x,3));
[D E T]=svd(V*TT*S);
flag2=0;
P=zeros(b,0);
jj=0;
if (norm(tp)==0)%scelgo la tensione con valsing più basso
tstar=zeros(size(S,2));
tstar=T(:,size(TT,2));
else %inizio scelta tensione
while (1)
oldt=tstar;
P=[T(:,b-jj),P];
Appendice A 75

tstar=P*(P'*P)^(-1)*P'*(S*S')^-1*S*tp;
flag2=1;
if (norm(tp)==0),break, end
if (norm(V*TT*tstar)/norm(tstar)>beta*0.99)
tstar=oldt;
break
end
jj=jj+1;
if(jj>=b), break, end
end
beta=norm(V*TT*tstar)/norm(tstar);
if (beta<zzero),flag2=1;,break,end
end %fine scelta tensione
if (flag1*flag2==1),break,end
tstar=tstar/norm(tstar);
end

PtAr=zeros(0,n);
for jj=0:(d-1)
PtAr=[PtAr;x((n*jj+1):(n*(jj+1)))'];
end
t=S*tstar;
%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%
%fine calcolo della geometria e dell'autotensione
%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%

clf;
xcrn=zeros(size(nt,2),1);ycrn=xcrn;
if(size(nt,2))>0%disegno delle cerniere a terra
for (ii=1:size(nt,2))
if (d==2)
xcrn(ii)=x(nt(ii));
ycrn(ii)=x(nt(ii)+n);
end
if (d==3)
xcrn(ii)=x(nt(ii));
ycrn(ii)=x(nt(ii)+n);
zcrn(ii)=x(nt(ii)+2*n);
end
end
if(d==2),scatter(xcrn,ycrn,85),end
if(d==3),scatter3(xcrn,ycrn,zcrn,85),end
end

for jj=1:b
if(t(jj)<0)
lw=3;cl=[0.4 0.4 0.4];
else
lw=0.5;cl=[0 0 0];
end
if (d==2)
line([PtAr(1,cc(jj,1)) PtAr(1,cc(jj,2))], [\n]
[PtAr(2,cc(jj,1)) PtAr(2,cc(jj,2))], [\n]
'Color',cl,'LineWidth',lw)
end
if (d==3)
line([PtAr(1,cc(jj,1)) PtAr(1,cc(jj,2))], [\n]
[PtAr(2,cc(jj,1)) PtAr(2,cc(jj,2))], [\n]
[PtAr(3,cc(jj,1)) PtAr(3,cc(jj,2))], [\n]
'Color',cl,'LineWidth',lw)
end
end
76 Appendice A

axar=zeros(1,3);
axar=axar+sum(get(gca,'DataAspectRatio'))/d;
set(gca,'DataAspectRatio',axar);

%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%
%fine disegno della figura
%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%
ll=zeros(b,1);
for ii=1:b
for jj=0:(d-1)
ll(ii)=ll(ii)+(x(cc(ii,1)+jj*n)-x(cc(ii,2)+jj*n))^2;
end
ll(ii)=sqrt(ll(ii));
end

%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%
%output
%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%
fprintf('')
fprintf('Coordinate dei nodi:')
PtAr=PtAr'
fprintf('Lunghezza di ogni barra:')
ll
fprintf('Tensione t effettivamente trovata')
t=S*tstar
fprintf('Tensione reale su ogni barra:')
realt=t./ll
fprintf('Numero effettivo di iterazioni eseguite:')
cit
fprintf('Controllo (At):')
V*TT*t

A.2 Codice per la rimozione dei moti rigidi


%Rimozione moti rigidi (non ci devono essere già dei vincoli V)
%PtAr è una matrice d x n con le coordinate dei nodi
Mmr=zeros(d*d-d,d*n)
if (d==2)
for jj=1:n
Mmr(1,jj)=1;Mmr(2,jj+n)=1;
Mmr(3,jj)=-PtAr(2,jj);Mmr(3,jj+n)=PtAr(1,jj);
end
elseif (d==3)
for jj=1:n
Mmr(1,jj)=1;Mmr(2,jj+n)=1;Mmr(3,jj+2*n)=1;
Mmr(4,jj+n)=-PtAr(3,jj);Mmr(4,jj+2*n)=PtAr(2,jj);
Mmr(5,jj)=-PtAr(3,jj);Mmr(5,jj+2*n)=PtAr(1,jj);
Mmr(6,jj)=-PtAr(2,jj);Mmr(6,jj+n)=PtAr(1,jj);
end
end
V=zeros(0,d*n);
[AA BB CC]=svd(Mmr);
for ii=1:size(BB,2);
if (norm(BB(:,ii))<zzero2)
V=[V;CC(ii,:)];
end
end
Appendice A 77

A.3 Codice per determinare i meccanismi


%A è la matrice di equilibrio
%V è la matrice dei vincoli
[D,E,T]=svd(A);
D2=zeros(size(A,1),0);
for ii=1:size(E,1)
if(norm(E(ii,:))<zzero2)
D2=[D2,D(:,ii)];
end
end

VTD2=V'*D2;%meccanismi veri già vincolati


78 Appendice A
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