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La teoria dell’espansione dei fondali oceanici

H.H. Hess fu il primo a ipotizzare un modello non fissista dei fondali oceanici: essi nascerebbero
in corrispondenza delle dorsali, in cui si verifica un’attività vulcanica effusiva che produce
nuova crosta oceanica che sospinge lateralmente la vecchia crosta. L’attività effusiva nelle
dorsali sarebbe il risultato di moti convettivi dei materiali del mantello. La crosta oceanica
andrà a morire incontro ai continenti (nelle fosse oceaniche) perché altrimenti si avrebbe
un’espansione della Terra. Tale fenomeno è chiamato subduzione. Tale teoria spiega diversi
rilevamenti:
• Perché i sedimenti non hanno un’età superiore ai 200 milioni di anni;
• Perché lo strato di sedimenti sia così sottile;
• Perché il flusso termico cambia nelle fosse (basso perché il materiale sprofonda)
e nelle dorsali (alto perché il materiale risale);
• Perché le dorsali siano instabili;
• Spiega la teoria della deriva dei continenti;
Una prova a favore della teoria di Hess deriva dallo studio del paleomagnetismo dei fondali.
Essi possono essere suddivisi in bande (simmetriche rispetto alla dorsale) che presentano (in
modo alternato) una polarità inversa o diretta rispetto all’attuale campo magnetico terrestre.
Ogni eruzione da quindi origine ad una nuova banda con un determinato campo magnetico. Se
tra un’eruzione e l’altra avviene un cambio del campo magnetico, si otterranno due bande con
polarità opposta.

Migrazione apparente dei poli magnetici

Negli ultimi anni diversi studi compiuto sulla magnetizzazione delle rocce di tutto il mondo
hanno portato a dilemmi interessanti. Se si va a calcolare la posizione del polo nord magnetico
di due rocce della stessa età situate una in Europa e l’altra in America troveremo due punti
differenti. Se poi si procede con lo stesso studio per rocce sempre più giovani, si osserverà che
le due traiettorie di migrazione (apparente) dei poli andranno a convergere verso un unico
punto, l’attuale polo nord magnetico. Ciò non può essere spiegato con un repentino
cambiamento della posizione del polo nord magnetico, ma è plausibilmente spiegabile con la
teoria della deriva dei continenti di Wegener e parallelamente con la teoria dell’espansione dei
fondali oceanici di Hess.

La teoria della tettonica delle zolle

Le teorie di Hess e di Wegener furono sintetizzate e “completate” nella nuova teoria della
tettonica delle zolle. Secondo tale teoria la litosfera sarebbe suddiviso in una serie di zolle (o
placche) di dimensioni notevoli. Le zolle litosferiche hanno spessore variabile e “galleggiano”
sull’astenosfera, la parte superiore del mantello. Come si sono formate tali zolle? A causa
dell’azione dei moti convettivi di materiale interni al mantello, che oltre a causarne la frattura
poi ne causano lo spostamento. Mentre le zone centrali delle zolle sono perlopiù stabili, le zone
marginali delle zolle sono instabili e in esse hanno quindi luogo fenomeni vulcanici e sismici.
• Dorsali e rift valley (forte attività vulcanica e bassa attività sismica);
• Sistemi arco-fossa e catene montuose recenti (forte attività vulcanica e sismica);
• Le grandi faglie (forte attività sismica e assente attività vulcanica);
Tramite queste informazioni è possibile individuare 8 zolle. Esistono zolle prevalentemente di
crosta continentale (zolla araba) o oceanica (zolla pacifica), oppure entrambe (zolla
sudamericana). Ogni zolla si muove con un moto proprio indipendente, ha un moto relativo
rispetto ad ogni zolla, cresce in corrispondenza delle dorsali e si distruggono per subduzione in
corrispondenza delle fosse. Possiamo quindi individuare diversi tipi di margini.

I margini divergenti: la formazione dei bacini oceanici

Coincidono con le dorsali (ma comprendono anche i rift continentali). Questi corrispondono a
quelle zone della litosfera sotto le quali si realizzano correnti ascendenti di materiale caldo che
la urtano. La litosfera così inizia ad inarcarsi e si assottiglia fino a quando si frattura. Tale
frattura crea una diminuzione della pressione litostatica nelle parti più profonde del mantello
provocando la completa fusione dei materiali: in parte questo si solidifica in profondità (rocce
intrusive femiche – gabbri) e in parte risale in superficie (formando una dorsale). La frattura
viene poi “tappata” dalla solidificazione del magma fuso, poi riaperta dal persistere delle forze
divergenti e così via. Viene così a formarsi la tipica struttura a gradini delimitati dalle faglie
parallele alla dorsale. Tale azione spiega anche la dinamica dell’espansione dei fondali
oceanici. Allontanandosi dalla dorsale la litosfera si “abbassa” in quando raffreddandosi essa
diventa più densa e sprofonda maggiormente nell’astenosfera. I rift continentali vengono
interpretati come margini divergenti in uno stadio embrionale, in cui avranno poi origine dei
mari (Mar Rosso).
I margini convergenti: quando due zolle entrano in collisione

Lungo questi si ha la collisione tra 2 zolle:


• Tra litosfera continentale e litosfera oceanica: nello scontro “vince” la zolla continentale
in quanto meno densa, costringendo quella oceanica a piegarsi e a finire sotto di essa:
fenomeno di subduzione. La placca oceanica va così consumandosi mentre quella
continentale deformandosi. Ecco i risultati:
o Formazione di una fossa oceanica. In corrispondenza di essa la zolla oceanica
si incunea nel fondale trascinando con sé i sedimenti sovrastanti e porzioni della
zolla continentale..
o Tale scorrimento avviene lungo un piano detto di subduzione, lungo il quale si
sviluppano dei sismi.
o Al “confine” tra crosta e mantello i materiali in scorrimento cominciano a
fondersi (generando grandi quantità di magma) e saranno soggetti di intensi
metamorfismi. I magmi creatisi daranno origine ad un complesso di vulcani (con
attività prevalentemente esplosiva) detto arco vulcanico.
Tali margini sono detto margini continentali attivi (sviluppo di un’intensa attività
sismica e vulcanica).
• Tra due porzioni di litosfera oceanica: nello scontro “vince” la zolla oceanica meno
rigida e fredda, dando origine ad una fossa in pieno oceano. Le conseguenze sono simili
al caso sopra descritto, con la particolarità che si avrà la formazione di archi vulcanici
insulari, che poi attraverso depositi di detriti, di lave solidificate ecc, andranno a
formare una zona di crosta di tipo misto (es. Filippine e Giappone).
• Tra due porzioni di litosfera continentale: nello scontro non “vince” nessuna delle due
zolle. I materiali che si trovano sui margini subiranno delle forti pressioni, piegandosi,
fratturandosi e scorrendo gli uni sopra gli altri, accumulandosi e formando una catena
montuosa.

I margini conservativi: le faglie trasformi


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