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Volume : 2 Numero: 29 Data: Giugno 2011 Sede: Gruppo Alternativa Liguria Di: Asta Paolo, Martini Claudio

Alternativa news
In collaborazione con: Megachip

IN QUESTO NUMERO
1 Beni comuni, una definizione (quasi) impossibile Di: Paolo Cacciari [ pag. 1/2] 2 Sulla Mavi Marmara a un anno dalla freedom flottilla1. Ora la seconda Di: Angela Lano [ pag. 2/3] 3 Wikileaks e le mazzette sul nucleare italiano Di: Debora Billi [ pag. 2/3] 4 Abbiamo superato il limite Da: rete deglistudenti [ pag. 3] 5 La Grecia in cerca di un nuovo agor Di: Karim Munck [ pag. 4/5/6] 6 La politica del Conte Ugolino. Con o senza B. Di: Massimo Fini [ pag. 6] 7 Il quorum tutto Di: Paolo Bartolini [ pag. 6/7] 8 Fincantieri. Fra diktat e giochi c un alternativa Di: Fabrizio Tringali [ pag. 7] 9 Fukushima: fusione completa per tre reattori Di: Debora Billi [ pag. 7] 10 Difendere lacqua? Un giocoda ragazzi Intervista di Federica Grandis a Ugo Mattei [ pag. 8 ] 11 Batterio killer. Miracolo, c il vaccino! Di: Debora Billi [ pag. 8 ]

Beni comuni, una definizione [quasi] impossibile


di Paolo Cacciari.

Definire un concetto un lavoro intellettuale importante. Ma per i beni comuni si


tratta di un esercizio sempre pi arduo, tanti e non sempre coerenti sono gli usi che ne vengono fatti. Per un economista, ad esempio, un bicchiere dacqua non pu essere considerato un bene comune prestandosi a un uso rivale: se lo bevo io non lo puoi bere tu. Ed essendo tecnicamente possibile bacinizzare, intubare e imbottigliare lacqua, essa si presta perfettamente a usi esclusivi regolati dalle leggi delleconomia di mercato. Allopposto, per i movimenti sociali lacqua la quintessenza dei beni comuni poich si tratta di un elemento insostituibile per ogni forma di vita. Pensieri inconciliabili, poich i primi ragionano nellottica del valore di scambio delle cose, i secondi in quella del loro intrinseco valore. Una rana ha un valore anche se non viene utilizzata in nessun processo produttivo e di consumo. Secondo questa nostra concezione i commons, in genere, sarebbero dei beni e dei servizi [ecosystem service e beni cognitivi] primari, delle preesistenze imprescindibili e condizionanti lo svolgimento di qualsiasi processo vitale. Quindi, dovrebbero essere a disposizione di tutti e di propriet di nessuno. Il confine tra beni comuni e diritti umani fondamentali, universali si fa cos molto labile tanto che alcuni giuristi e scienziati sociali li gtendono a sovrapporre. Ma non sono solo sfumature linguistiche le differenze che passano tra common goods, commons [Peter Linebaugh], commonwealth [Hardt e Negri], commons-based society [On the Commons], communism [David Harvey], common good of humanity [Fracois Hutardt] sumac kawsai [vivere bene insieme in lingua Quechua]. Essendo gli esseri umani non meramente dei vegetali e capaci di esprimere bisogni e desideri non solo biologici, ma storicamente e socialmente determinati, potremmo procedere per estensione e stabilire che non solo laria, lacqua e il cibo sono beni comuni, ma anche molte delle infinite protesi tecnologiche [la cosiddetta seconda natura] che nel tempo ci siamo costruiti attorno e da cui ormai dipendiamo non solo psicologicamente. Ad esempio: potremmo noi oggi vivere degnamente senza internet? Uno dei leader egiziani pi noti della rivoluzione dei gelsomini un blogger [tra le sette persone pi influenti nel mondo secondo la solita rivista americana]. Quindi, possiamo ben dire che anche i beni relazionali sono beni comuni. Linformazione non una merce, si diceva un tempo per significare che essa la materia prima della democrazia. Senza dimenticare mai che un reddito di base e un accesso al credito sono non da oggi beni indispensabili e insostituibili, quindi da condividere tra tutti. La ricchezza o comune o non ; questo il titolo lapidario di una iniziativa del cardinale di Venezia Angelo Scola allUniversit di C Foscari. Come non essere daccordo: se la ricchezza il frutto del lavoro sociale, essa non pu che essere di tutti! Il mio amico Ciro Pesacane mi ha informato divertito che al San Paolo di Napoli apparso uno striscione con su scritto: Cavani Bene Comune. Evidentemente i tifosi della curva hanno qualcosa da ridire sullintenzione della societ di vendere il giocatore. Chi pu stabilire quali sono i bisogni primari legittimi [basic needs, per usare le categorie keynnesiane] e quali quelli superflui in un societ che ama definirsi dei consumi e dellimmagine [non dei produttori, n del materiale, che delocalizziamo volentieri]? Al fondo, la individuazione e la rivendicazione di un bene comune sta a significare la messa in discussione da parte di un gruppo di individui, di una comunit o di una popolazione,

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Sulla Mavi Marmara a un anno dalla Freedom Flotilla 1. Ora la seconda - di Angela Lano www.infopal.it.

In questi giorni, a Istanbul, si commemora


il primo anniversario dell'attacco israeliano alla Freedom Flotilla, che caus la morte di nove persone, tra attivisti e giornalisti turchi, e il ferimento di altre 50. Nella sede della Ong umanitaria turca, IHH, una delle organizzazioni delle flotillas per Gaza, si sono dati appuntamento questa mattina decine di pacifisti e giornalisti, passeggeri della prima Flotilla e della prossima, che partir a fine giugno da diversi porti europei. E' un'occasione per rivedere colleghi, compagni di viaggio, amici con cui si condivisa un'esperienza forte, tragica e storica allo stesso tempo. Ognuno racconta all'altro dettagli dell'attacco israeliano. Particolarmente emozionante la visita a bordo della nave Mavi Marmara, ormeggiata al porto e in ristrutturazione, dopo gli ingenti danni e la distruzione operata dalle forze israeliane. Fatima, Iara, Ann, e altri ex passeggeri ci spiegano cosa accadde in questa o quella stanza, durante il feroce assalto israeliano, nella notte del 31 maggio di un anno fa: l'arrembaggio da parte dei commando a bordo di zodiac; la discesa di soldati dagli elicotteri; gli spari che non finivano pi; il sangue dappertutto; i cadaveri allineati per terra, in un corridoio; i rumori assordanti; le grida; l'orrore. Ci sono visi contratti, parole spezzate dalla commozione, e il loro voler ricordare, fissare nella memoria un'azione brutale contro una flotta disarmata, umanitaria. La Mavi Marmara un'imbarcazione da crociera, con saloni enormi, e diversi piani: ma nulla rimasto dell'arredo dell'anno scorso. Neanche le poltrone. La furia dei militari d'Israele ha vandalizzato, distrutto, sporcato, macchiato di sangue. Tra pochi giorni, tuttavia, la Mavi sar pronta per accogliere di nuovo centinaia di passeggeri, turchi, arabi e internazionali. Non sar "la nave turca", ma la "nave internazionale". Troveranno infatti posto cittadini di tutto il mondo, diretti a Gaza. "Questa la prima volta che tanta gente, giornalisti, ex passeggeri, tornano a bordo della Mavi Marmara dopo l'assalto israeliano", ha spiegato Huseyn Uru, vicepresidente della IHH, durante un'affollata conferenza stampa che si svolta questa mattina sulla nave. "La seconda Freedom Flotilla sar pi potente della prima: la coalizione cresciuta. Ci sono oltre cento aderenti e 22 diverse nazioni". Dopo aver mostrato ai giornalisti una piccola barca d'argento, Vangelis Pisias

di un diritto di propriet esercitato in un modo esclusivo e non condiviso. La propriet come appropriazione usurpatrice, predazione, saccheggio di beni pensati e giudicati come collettivi, comuni, appunto. Pi che una definizione teorica univoca, ci che li definisce meglio il processo di riconoscimento storico-politico e il conflitto che sorge tra i possibili, diversi modelli di gestione. E del tutto evidente che lesplosione dei conflitti sui beni comuni indica una crescente insofferenza nei riguardi del modello unico di rapporto sociale determinato dalla propriet privata capitalistica. Una contestazione generalizzata della prepotenza [che produce disuguaglianze] e dellinefficienza [estinzione della biodiversit] delle grandi propriet [pensiamo alle multinazionali dellagro-farmaceutica], ma anche una voglia di tentare di fare altrimenti. Limportanza del premio Nobel conferito alla Elinor Ostrom consiste nel fatto che la studiosa americana ha rotto un tab: non sempre vero che la propriet privata sia il modo migliore di ottimizzare luso delle risorse naturali. Vi sono sistemi misti, ibridi, territorializzati [direbbero Magnaghi e Viale] che sono pi capaci di prendersi cura di beni comuni e di generare ricchezza non solo economica e nel tempo lungo. Basterebbe seguire due semplici principi di base: la non esclusivit e la rigenerazione. Lequo accesso a tutti gli esseri viventi alle risorse della Terra e la loro preservazione. Due principi etici che sono inconciliabili con la logica proprietaria del mercato: massima intensificazione del rendimento del capitale investito. I beni comuni sono un paradigma forte che comincia a preoccupare i potenti della terra perch si basa su elementi antichi come lo sono il sole, il cielo, il globo terrestre, le acque degli oceani, dei fiumi, delle falde e ne reinventa altri di modernissimi come lo sono le informazioni e le comunicazioni, le conoscenze e i saperi. La riscoperta dei commons come base di ogni ricchezza sociale, da curare e condividere solidalmente, sono una rivoluzione culturale opposta a quella neoliberista e conservatrice che ha egemonizzato la societ negli ultimi trentanni. Sui commons possibile disegnare una visione di societ alternativa, una cosmologia, direbbe Hutard, che finora mancata tanto alle sinistre, quanto ai movimenti ambientalisti.

Wikileaks, e le mazzette sul nucleare italiano


di Debora Billi.

E' un articolo dell'Espresso che risale a oltre due mesi fa. Mi era sfuggito, ed era sfuggito a
quasi tutti: visto che siamo in zona Cesarini per il referendum, buona cosa leggerlo. Anche perch possiamo cos smetterla di alludere con prudenza per parlare invece con cognizione di causa. Dai cablo Wikileaks, esce finalmente la storia che riguarda il giro di mazzette, interessi ed intrallazzi intorno al nucleare italiano. Quello che appunto sospettavamo tutti. Alcune perle: Quando invece si parla delle nuove centrali da costruire, allora i documenti trasmessi a Washington diventano espliciti, tratteggiando uno scenario in cui sono le mazzette a decidere il destino energetico del Paese. Uno scontro di Stati prima ancora che di aziende, per mettere le mani su opere che valgono almeno 24 miliardi di euro e segneranno il futuro di generazioni. Lo scontro pi feroce per quello che avviene per costruire i futuri impianti: almeno sei centrali, ciascuna del costo di circa 4 miliardi. Si schierano aziende-Stato, che sono diretta emanazione dei governi e godono dell'appoggio di diplomazie e servizi segreti. In pole position i francesi di Areva, quasi monopolisti nel Vecchio continente (...) E anche i russi, che nonostante Chernobyl continuano a esportare reattori in Asia, cercano di partecipare alla spartizione della torta. Negli Usa ci sono Westinghouse e General Electric che "sono interessate a vendere tecnologia nucleare all'Italia". Ed ecco la previsione: "La corruzione pervasiva in Italia e temiamo che potrebbe essere uno dei fattori che dovremo affrontare andando avanti". L'avversario Parigi, che pu sfruttare gli intrecci economici tra Enel ed Edf per stendere la sua trama. "Temiamo che i francesi abbiano una corsia preferenziale a causa della loro azione di lobbying ai pi alti livelli e a causa del fatto che le compagnie che probabilmente costruiranno gli impianti in Italia hanno tutte un qualche tipo di French connection. "L'intensa pressione dei francesi, che forse comprende tangenti ("corruption payment") a funzionari del governo italiano, ha aperto la strada all'accordo di febbraio tra le aziende parastatali italiana e francese, Enel e Edf" Gli americani ipotizzano che dietro la scelta degli standard a cui affideremo il nostro futuro e la sicurezza del Paese ci possano essere state bustarelle. Interessante anche ci che segue, su cui c'era gi qualche sospetto. Che in Italia ci sia il "partito ENEL" e il "partito ENI", e che si combattano sotterraneamente, quasi una certezza: "Si dice che l'Eni stia facendo una dura azione di lobbying contro la riapertura della partita da parte di Enel", registra nel 2005 l'ambasciatore Sembler, "perch ridurrebbe sia il mercato di Eni che la sua influenza politica".

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greco, membro del coordinamento


internazionale della Flotilla, ha sottolineato: "Vi ho portato un modello di nave greca antica. Un tempo, i popoli viaggiavano liberamente nel Mar Mediterraneo, ma ora ci sono popolazioni come quella palestinese che non possono farlo. Non possiamo permettere che ci accada: per questo partir la nostra seconda flotilla per Gaza. Non vogliamo che ci siano Paesi a cui vietato navigare. Tra circa venti giorni la FF2 salper da diversi porti del Mediterraneo, diretta nella Striscia assediata da Israele". E ha aggiunto: "Siamo onorati di salpare insieme a voi, fratelli turchi, che l'anno scorso avete subito la perdita di nove vostri cittadini. La Palestina il simbolo di una nuova Era". Gli interventi di tutti i relatori hanno evidenziato il fatto che anche questa nuova missione ha l'obiettivo di rompere l'assedio, poich, nonostante il valico di Rafah, che collega l'Egitto con la Striscia, ormai aperto in modo permanente (solo per il transito dei passeggeri, ndr), Gaza ancora sotto assedio marittimo e di terra (i valichi israeliani lasciano entrare un quantitativo non sufficiente e limitato di prodotti), e l'embargo internazionale ancora attivo. "La coalizione della Freedom Flotilla felice dell'apertura di Rafah - hanno aggiunto gli organizzatori -, ma vogliamo che finisca l'assedio. Per questo chiediamo alla gente di unirsi a noi verso Gaza". "I palestinesi della Striscia stanno meglio dell'anno scorso - ha aggiunto Uru -, ma tanti prodotti importanti non possono ancora entrare. Noi non chiediamo solo 'un miglioramento' delle condizioni di vita, ma la piena libert per la popolazione". Ai giornalisti che hanno domdandato cosa succeder se Israele decider di attaccare nuovamente la Freedom Flotilla, e se i governi degli Stati membri della coalizione cercheranno di bloccare la partenza delle barche, il vice-presidente della IHH ha risposto: "La Mavi Mamara e le altre imbarcazioni che compongono la FF2 sono pacifiche. Noi non crediamo che Israele oser assaltarci un'altra volta. "Viviamo in Paesi democratici, abbiamo governi democratici, perch dovrebbero bloccarci? Nessun governo pu fermarci. Noi agiamo all'interno della legalit internazionale. Non violiamo alcuna legge. Israele deve capire che un nostro diritto andare a Gaza, che siamo pacifici e che non pu fermarci".

E poi le beghe elettorali locali: L'ambasciatore Thorne scrive: "Noi abbiamo saputo che Scajola ha un'altra ragione per appoggiare il coinvolgimento delle aziende statunitensi. L'accordo con la Francia ha tagliato fuori dai contratti le societ italiane che vogliono contribuire a costruire le centrali. Una di queste, Ansaldo Nucleare, ha sede nella regione di Scajola: la Liguria." Tutto l'articolo, e tutti i documenti, sono una sequenza incredibile di intrallazzi ad ogni livello planetario per spartirsi la torta nucleare italiana. E' davvero deprimente, che ci sia ancora qualche ingenuotto a credere che facciano tutto ci "per il futuro energetico dell'Italia".

ABBIAMO SUPERATO IL LIMITE - da retedeglistudenti.it.


ABBIAMO SUPERATO IL LIMITE/ studenti contro le bocciature per assenze

Siamo

studentesse e studenti di tutta Italia, ci rivolgiamo ai nostri insegnanti, ai presidi, ai genitori, alla societ civile e a tutti quegli studenti sotto scacco dell'ennesima trovata propagandistica del ministro dell'istruzione. Da anni il ministro Gelmini millanta un provvedimento che inasprisca il sistema delle assenze. Oggi tutto questo realt: i famosi 50 giorni di assenza sono diventati un fatidico monte ore che cambia da studente a studente, superato il quale si viene bocciati. La totale assenza di chiarezza nella legge e il ritardo con cui il provvedimento arrivato nelle scuole, ha generato il caos, tanto che ogni scuola lo ha adottato in maniera diversa. Oggi ogni studente si trova, alla fine dellanno scolastico con lennesimo provvedimento che tende a fare della valutazione e della scuola un luogo in cui lobiettivo non creare coscienza critica, socialit e confronto, ma un luogo dove essere sottoposti ad una serie di ostacoli, gincane e roulette russe per portare avanti la campagna mediatica sul rigore e sul finto merito, unico cavallo di battaglia del ministro Gelmini. Siamo convinti che valutare non possa significare punire, ma capire come migliorare le nostre capacit di apprendimento, includendo e non escludendo i diretti interessati. Siamo contrari al fatto che il criterio con cui dobbiamo essere valutati non siano pi le nostre capacit ma il numero di ore che passiamo sui banchi. chiaro che chi ha pensato e attuato questo provvedimento non ha alcuna idea di quali sono le condizioni che come studenti ci troviamo ad affrontare: i mezzi di trasporto mal funzionanti che ci mettono delle ore per raggiungere la scuola, arrivando magari in ritardo per il suono della campanella e che ci lasciano poco tempo per studiare il pomeriggio, per non parlare degli studenti che lavorano, spesso in nero, il pomeriggio o la sera, per contribuire alle spese familiari, cosa che comporta saltare giorni di scuola o arrivare in ritardo la mattina. Cominciano gi a

fioccare i casi di studenti che, fatti due conti, decidono di abbandonare la scuola perch hanno superato il limite di assenze e quindi sono sicuri di essere bocciati anche se hanno la sufficienza in tutte le materie. Perdere un anno per questo motivo pu causare una delusione difficile da superare e molti decidono anche di non tornare pi a scuola. Ci chiediamo dunque quale sia lobiettivo del Ministro, visto che lunico risultato quello di aumentare la dispersione e labbandono scolastico. Forse distogliere lattenzione dai tagli e dalle riforme di questo Governo che hanno distrutto le nostre scuole? Questo autunno ha visto noi studenti protagonisti di una mobilitazione straordinaria e capillare. Siamo scesi in piazza per rivendicare un presente e un futuro diverso e migliore, che partisse proprio dagli investimenti su scuola ed universit, contro un governo che invece continua a disinvestire e distruggere, che lascia unintera generazione fra le macerie delloggi e loblio assoluto del domani. La protesta scesa nelle piazze e si riempita di contenuti nelle tantissime scuole occupate ed autogestite. Durante lautunno tanti ci hanno appoggiato, a partire proprio dai nostri genitori, dai nostri insegnanti, dalla societ civile. Oggi per, molti presidi e collegi dei docenti stanno conteggiando i giorni di occupazione ed autogestione come giorni di assenza, reprimendo e vanificando le proteste e facendo rischiare a tantissimi studenti la bocciatura per essersi occupati ed interessati del proprio presente e del proprio futuro. Chiediamo che questo provvedimento venga immediatamente ritirato, che gli insegnanti e i genitori che reputano come noi questa pratica ingiusta appoggino i ricorsi che stiamo portando avanti e si impegnino per non fare bocciare nessuno studente a causa delle assenze e che tutti gli studenti che stanno subendo questo sopruso si rivolgano a noi per fare ricorso. Chiediamo al Ministro Gelmini di aprire una riflessione seria, con tutte le componenti della scuola, sul tema della valutazione, invece di mandare avanti questi provvedimenti inutili e dannosi, continuando da un lato a tagliare, dallaltro a parlare di rigore e merito.

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LA GRECIA IN CERCA DI UN NUOVO AGOR - di Karin Munck.

Un piccolo gruppo di studiosi e sostenitori


della decrescita ha accompagnato Serge Latouche in un giro di conferenze a Creta e ad Atene. Lidea nasce dallarchitetto e archeologo di passione Piero Meogrossi di Roma, che da alcuni anni cerca di portare Latouche in Grecia per coinvolgerlo in un affascinante progetto sulla decrescita a Lentas, paesino affacciato su un mare splendido, dimenticato dal mondo. In fondo si tratta di riportare le idee della decrescita a Creta, dove in qualche modo quei temi hanno avuto origine. La decrescita infatti da molti considerata come figlia dalla phronesis, la saggezza greca che, nel corso della storia, stata violentata dal logos, cio dalla razionalit e dal calcolo economico, che ne hanno fatto perdere le radici. Prima di definire le date del viaggio, riceviamo vari messaggi da parte di Giorgos Kallis [greco, ricercatore allUniversit autonoma di Barcellona] e collaboratore di Giorgos Lieros [veterinario, impegnato in vari movimenti ambientalisti ad Atene], che propongono una conferenza sulla decrescita al Politecnico di Atene. Insomma, non solo Creta, ma anche il centro del paese ci spiegano cerca soluzioni alla crisi attraverso i temi della decrescita. Un po sorpreso da tanta insistenza, Serge Latouche accetta la proposta. Gi allaeroporto di Atene incontriamo i primi attivisti in compagnia di alcuni giornalisti e fotografi. Vogliono intervistare Latouche, in modo da poter uscire subito con articoli e servizi per far precedere la conferenza al Politecnico con un vasto tam tam informativo. Ripartiamo quindi per Heraklion, la capitale di Creta, dove ci aspetta Costas Manidakis con alcuni amici. Volti noti, sorridenti, degni di un film di Pier Paolo Pasolini. A parte il solito kalimera, kalimera, molti ci dicono qualche parola in italiano. Costas ha studiato geologia a Modena, parla perfettamente italiano ed da sempre un sostenitore della decrescita. Durante la dittatura dei colonnelli, da giovane si ritirato in uno dei luoghi pi abbandonati di Creta, Lentas. lui ad aver organizzato con altri gli incontri conviviali con la societ civile cretese, la conferenza alluniversit di Heraklion e una passeggiata con esperti di archeologia. La sera siamo invitati a cena con alcuni intellettuali cretesi in una casa tipica della media borghesia europea. Molti parlano italiano, anche loro hanno studiato a Modena, Bologna e Roma e si respira unatmosfera di solidariet mediterranea. Le donne, attivissime, architetti e urbanisti, hanno preparato una cena profumatissima

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con le specialit dellisola. Senza tanti preamboli si entra subito nel vivo del tema della serata, che poi sar il tema centrale di tutti gli incontri pubblici e privati: il debito e il disastro sociale ed economico della Grecia. Un debito complessivo di 110 miliardi di euro: tutti pensano che il governo non abbia saputo difendere il paese dal gioco al massacro imposto da banche, Fondo monetario internazionale e Unione europea. La maggior parte della popolazione valuta la politica economica di Papandreou negativamente e molti sono convinti che il Fondo monetario dovrebbe essere cacciato dal paese. Ci dicono che solo un quarto della popolazione vuole ripagare il debito, mentre laltra parte chiede di ritrattarlo. Quasi tutti sono convinti che la Banca centrale europea abbia molte responsabilit nel disastro economico greco e una parte della popolazione favorevole alla fuoruscita dalleuro e un ritorno alla Dracme. Latouche cita subito lesempio dellIslanda, di cui nessuno parla. Spiega come lIslanda abbia deciso attraverso due referendum popolari di non rimborsare pi il suo debito. Non vero che il debito deve essere ripagato per forza dice Latouche Una politica nuova, che purtroppo spesso viene proposta soltanto dalla destra, come in Ungheria, ha deciso di far pagare il debito alla banche. Non sar n facile e n indolore, ma rispetto alla barbarie che stanno preparando i nostri governi sar forse necessaria. Di fronte alla preoccupazione per leuro, Latouche parla anche dellArgentina che per superare la crisi ha usato le monete locali, i creditos o patacones, che hanno funzionato per assicurare la sopravivenza attraverso uneconomia locale. Qualcuno accenna addirittura della possibilit di una fuoruscita della Grecia dallUe. Le analisi e le parole di Latouche sembrano in qualche modo attese e sperate. Non pagare il debito, no alla austerit imposta, s alla moneta nazionale e s alluscita dallUe, sembravano idee troppo radicali, ma alla luce degli ultimi avvenimenti saranno probabilmente le uniche proposte concrete per ritrovare il senso della cittadinanza ed evitare il collasso e la dissoluzione della societ. Ci lasciamo quindi incuriositi: quale sar la reazione del pubblico greco a queste proposte radicali della decrescita? Ci diamo appuntamento con i nostri nuovi amici alla prima conferenza pubblica ad Heraklion. Noi intanto partiamo per Lentas, il piccolo villaggio di Costas, dalla parte opposta dellisola. Creta sembra il paradiso terrestre. Una vegetazione rigogliosa, piccoli campi di ortaggi ben curati, vigneti, antichi olivi e nella montagna pecore arrampicate ovunque si confondono con le spoglie rocce. Paesi piccoli un po melanconici, nascosti in vallate, abbandonati da uomini e donne, in cerca di fortuna altrove. Con Pietro, .

nostro amico archeologo e Costas, visitiamo Cnosso, Festo e Gortyna, tre siti archeologici di un fascino sconvolgente. La passeggiata ci distrae per qualche ora dalla Grecia disastrata e abbandonata dai mercati finanziari internazionali, anche se le rovine degli imperi passati potrebbero essere una bella metafora del crollo del mondo al quale stiamo assistendo. Latouche stato invitato ad Heraklion dal rettore Janis Pallikaris, un personaggio unico. un medico oculista, inventore delluso del laser per la correzione della miopia, diffuso oggi in tutto il mondo, un candidato premio Nobel. Dice di essere un grande stimatore delle idee di Latouche ed felice di introdurlo al pubblico. La sala gremita: ambientalisti, amministratori pubblici, docenti delluniversit, in prima fila anche larcivescovo di Creta. Tutti seguono attenti e preoccupati la relazione che comincia con lanalisi della societ della crescita, una societ che vive soltanto per la crescita economica, cio laumento del Pil. La cosa peggiore che possa accadere a questa societ la non crescita, o la crescita negativa, nella quale oggi ci troviamo. La situazione della Grecia lultimo esempio evidente. I governi si sono indebitati con le banche straniere per proseguire le loro opere faraoniche e adesso decidono di far pagare al popolo il debito obbedendo alle ingiunzioni dei mercati finanziari internazionali. Le otto R della decrescita Latouche propone quindi il progetto della decrescita, come via possibile per uscire dalla crisi e per evitare che la societ cada nella disperazione e nella dissoluzione. Il progetto della decrescita viene raccontato attraverso le otto R, tutte ugualmente importanti per entrare in un vero circolo virtuoso di cambiamento. Le tre R pi strategiche sono quello della rivalutazione [in quanto presiede qualsiasi cambiamento e determina la decolonizzazione del nostro immaginario], la R della riduzione [in quanto sintetizza tutti gli imperativi pratici della decrescita] e la R della rilocalizzazione [perch riguarda direttamente e da subito la vita quotidiana e il lavoro di milioni di persone]. Latouche dice che la decrescita rinnova la vecchia formula degli ecologisti: pensare globalmente, agire localmente. Se infatti lutopia della decrescita implica un pensiero globale, la sua realizzazione pu essere avviata a livello locale. Il progetto di decrescita locale comprende due elementi interdipendenti: linnovazione politica e lautonomia economica. Tutti intuiscono che la decrescita si una provocazione, ma anche una trama per una nuova concezione della politica per una societ alternativa, la politica dellabbondanza frugale che permette di ricostruire una societ fondata sulla riduzione della dipendenza dal mercato.

Latouche alla fine propone anche per la Grecia la reinvenzione dei commons [i beni comuni, spazio comunitario] e dellautorganizzazione di bioregioni o ecoregioni, entit spaziale omogenee che potranno coincidere con le realt geografiche, sociali e storiche, rurale o urbane. Dalle domande del pubblico e dai tanti dibattiti con persone della societ civile, evidente come anche in Grecia si stia formando una vera propria resistenza di sinistra, che mette insieme trasversalmente movimenti, pezzi dei partiti di sinistra e verdi. Una resistenza che abbraccia gli operai delle fabbriche, le insegnanti delle scuole pubbliche, docenti universitari e dipendenti pubblici, ma anche pensionati e casalinghe: una rete costruita su grande battaglie civili per la difesa del bene comune. Tutto questo ancora pi evidente ad Atene. Giorgos Lieros, tra i promotori dellincontro, dice che loro sono ben consapevoli che in Grecia non si tratta soltanto di una crisi per il debito e di una crisi finanziaria, ma piuttosto del fallimento dellidea di sviluppo che il paese persegue da trent anni. Per questo chiediamo il cambiamento del paradigma economico e sociale. Di certo, sono sempre di pi quelli che in Grecia conoscono le idee della decrescita e sono convinti che il paese maturo per questa sfida. Atene, tra crisi e decrescita Ci avviciniamo ad Atene. Dallalto la citt resta bellissima, sembra una grande tovaglia ricamata nei colori della sabbia che si stende sul Mediterraneo, larga, solare, apparentemente tranquilla. A differenza di molte altre citt europee, non ci sono i grattacieli delle compagnie petrolifere e delle banche, nulla fa sembrare Atene dallalto al centro del dibattito mondale per il disastro economico. Ma gi allaeroporto i colori cambiano: veniamo subito accompagnati da un gruppo di militanti verdi che cercano di trasformare il vecchio aeroporto in un bioparco per la popolazione con orti e spazi pubblici verdi, dal momento che Atene una delle citt con meno verde pro capite al mondo. La costruzione del nuovo aeroporto, costruito in occasione delle Olimpiadi del 2004, oltre a essere una delle cause del grande debito pubblico della Grecia, ha lasciato un enorme deserto di cemento quasi nel centro della citt. Si resta davvero shoccati visitando questa immensa area dellaeroporto abbandonata da quasi dieci anni, in balia dei politici indecisi, che adesso dicono di aspettare i soldi degli emirati Arabi per costruirci il Las Vegas di Atene. Progetti folli, decisi naturalmente sulla testa dei cittadini, nonostante il sindaco di Atene sia stato eletto grazie ai voti delle liste civiche di sinistra. Larea supersorvegliata, sembra di entrare a Chernobyl, e non appena cerchiamo di fare qualche foto,

nonostante fossimo accompagnati anche da un parlamentare, siamo cacciati brutalmente dalla sorveglianza. Nel centro storico si nota la presenza della polizia un po ovunque. Giorgos Kallis dice che il debito creato dal governo giustifica oggi qualsiasi politica di tagli alla cultura, alla sanit e ai servizi sociali. Via libera alla distruzione dei contratti di lavoro, i sindacati e riduzione del salario fino al quaranta percento. Privatizzazione di edifici pubblici e svendita di propriet dello stato. Aumentano le tariffe dei servizi e dei trasporti. Tagli ai contributi alle famiglie bisognose, taglio agli aiuti ai disoccupati, licenziamenti nella pubblica amministrazione, la disoccupazione reale gi pi del venti percento. Si ormai entrato in una recessione permanente, una dichiarazione di guerra continua verso gli strati pi deboli aggiunge Giorgos Il popolo risponde con scioperi e manifestazioni. Il rischio di una svolta a destra Secondo Giorgos Kallis e altri oggi il pericolo di una svolta a destra in Grecia di nuovo presente. Molti gruppi di estrema destra danno la caccia ai migranti. Lo schema diffuso in tutta Europa. Anche ad Atene lo straniero il nemico. Si cerca di scatenare la guerra tra poveri per distrarre attenzione dai veri responsabili, le banche e il governo, incapace e corrotto. Si cerca di denigrare i movimenti della societ civile, i verdi e il Partito comunista, che in Grecia hanno ben individuato nel capitalismo globale la prima causa del dissesto sociale ed economico del paese. In futuro la violenza dei fascisti potr giustificare un colpo di stato, se il parlamento non riuscir a garantire la convivenza democratica, avverte Giorgos. Per lincontro con Latouche presso il mitico Politecnico di Atene [dove cominci la rivolta nel 14 novembre 1973 contro i colonnelli], ci sono molte persone. Scritte ovunque, qualche bandiera, qualche banchetto di solidariet con i popoli insorti del Nord Africa. Il Politecnico sembra un grande centro sociale. Una sala a forma di anfiteatro, gi gremito di giovani e anziani, seduti su vecchi banchi sgangherati, ormai pronti per nuove rivoluzioni. Ci sentiamo subito a casa. Prende parola Giorgos Kallis. Improvvisamente una ragazza si alza e se ne va urlando. Dopo ci spiegheranno che aveva proposto lo spostamento dellassemblea in strada, in solidariet con un altro ragazzo migrante aggredito nel pomeriggio da un gruppo di fascisti. La crisi stata uno shock, ma non solo finanziaria ed economica dice Latouche nel suo intervento Siamo di fronte a una crisi ecologica, sociale, culturale, una vera crisi di civilt, cominciata in realt negli anni Settanta. Finir solo nel 2050, quando avverr lesaurimento delle risorse energetiche fossili. Quindi la sola possibilit auspicabile la costruzione di

societ di sobriet condivisa, di decrescita, che passa attraverso un cambiamento dei paradigmi, una nuova spartizione della ricchezza, insomma per luscita dal capitalismo. Per questi motivi, Latouche dice che la crisi pu aiutare anche la Grecia: Lalternativa esiste gi, ma spesso poco visibile. Lalternativa non lausterit n il rilancio tradizionale delleconomia ma luscita della societ della crescita. Siamo sotto la minaccia di una deflazione mondiale, e la speculazione contro gli stati soffoca continuamente lemergere di una vera alternativa. In un secondo momento, Latouche descrive una possibile filosofia della decrescita e accenna brevemente ad alcune idee per un programma politico, per soffermarsi su un punto importante, il lavoro. Dice Latouche: Non vero che lo sviluppo produce e crea lavoro, anzi la concorrenza e lautomazione distruggono i posti di lavoro. Bisogna trovare una via duscita dato che non ci sar una ripresa del lavoro, diventer una risorsa scarsa, dobbiamo condividerlo. Lavorare meno per lavorare tutti. Dobbiamo pretendere il reddito di cittadinanza. Bisogna fare pressione sugli stati, attraverso programmi politici. Dobbiamo chiedere anche la riduzione dellorario di lavoro per dare occupazione a tutti. La proposta di lavorare meno per lavorare tutti e vivere meglio viene accolta con un grande applauso. Latouche parla anche, brevemente, dellEuropa: Leuro pilotato dalla Bce, e non lascia alcuna possibilit per attuare una autonoma politica monetaria e di bilancio. Gli stati europei si sono lanciati in una concorrenza fiscale al ribasso, senza attuare vere riforme e oggi sono vittime dei propri numerosi errori, difficilmente riparabili. LEuropa sta gi crollando. I governi si affannano a varare molti piani per salvare i propri paesi ma non esiste un piano per salvare lEuropa. Chiude, infine, proponendo lidea dellabbondanza frugale, lunica via duscita, dato che la nostra societ di oggi, non una societ di abbondanza vera, ma soltanto una societ di frustrazioni. Lunica possibilit per creare abbondanza vera la frugalit. Se sappiamo tutti limitare i nostri bisogni allora possiamo soddisfarli. Dobbiamo combattere la mercantilizzazione del mondo, larricchimento di pochi a spese di milioni di poveri. Il mercato globale non sta distruggendo solo il tessuto sociale ma anche la natura e gli ecosistemi al livello mondiale. La societ della crescita nega lessere umano stesso, la sua condizione umana. Il dibattito prosegue con diverse domande e altri interventi. Quando usciamo dal Politecnico quasi mezzanotte. Una signora ci lascia un biglietto, in cui si legge: Grazie per averci portato la Speranza. Il giorno dopo, l11 maggio, in programma

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il viaggio di ritorno a casa. Siamo dispiaciuti di non poter partecipare al grande sciopero generale nazionale, previsto proprio quel giorno. Ma arriva la buona notizia: la partenza del nostro aereo rimandata a causa dello sciopero. Decidiamo subito di sostenere i compagni greci del Workers militant front, promotori della sciopero. Il corteo parte proprio nel nostro quartiere di fronte al museo di arte antica. Arrivano decine di miglia di persone con striscioni, di tutti i colori, enormi, in sui si legge: No al debito! No alla privatizzazione! No alla disoccupazione! Burocrati andate a casa!. Pi servizi sociali!. No alle misure anti-operaie del governo!. No allUnione Europea dei capitalisti! No al Fondo Monetario Internazionale! No alla BCE, la plutocrazia del paese!. No al terrorismo dei padroni! No al capitalismo, No allImperialismo!. No alla flessibilit e alla precariet! No ai sindacati corrotti che trattano con i padroni sulla nostre pelle!. LOperaio pu fare a meno dei padroni!. La barbarie non pu essere umanizzata! Si alla resistenza! Si alla salute! Si al autonomia! Si alla vita!. Noi la crisi non la paghiamo!. Vogliamo una societ senza lo sfruttamento delluomo sulluomo. Dopo pochi giorni dalla Grecia ci arriva un messaggio di Giorgos: dice che la giornata dello sciopero generale si conclusa male per colpa di alcuni infiltrati che hanno provocato lattacco da parte delle forze speciali della polizia. Ci sono stati molti feriti gravi. Nel centro di Atene ci sono di nuovo i gruppi di fascisti in azione, sono responsabili di veri pogrom, con i quali vengono aggrediti i migranti e chi solidarizza con loro. E dai giornali leggiamo che i progetti di privatizzazione continuano per permettere una ristrutturazione soft della Grecia [Karin Munck, obiettrice della crescita, medico, stata per molti anni direttrice artistica e scientifica del Prix Leonardo, festival internazionale del film scientifico e ambientale. Dal 2003 accompagna Serge Latouche documentando la nascita del movimento internazionale della decrescita].

La politica del conte Ugolino. Con o senza B.


di Massimo Fini - ilfattoquotidiano.it.

Quello che ci aspetta nei prossimi due anni lo conosciamo gi. Lo abbiamo visto tante
volte nella vita politica e intellettuale italiana. I roditori che diciassette anni fa erano saliti sul rutilante Rex che doveva portare lItalia verso non si sa quali meravigliosi lidi, dopo averne saccheggiato le stive, abbandoneranno la nave che sta per affondare. No, non si butteranno in mare. Il coraggio del suicidio, nemmeno quello politico, non gli appartiene. Non sono sorci, son uomini. Prima che la nave vada sotto la linea di galleggiamento armeranno scialuppe di salvataggio, protenderanno passerelle, lanceranno gomene verso quella dei probabili vincitori. Fuor di metafora sar uno smottamento lento, graduale, prudente (non si sa mai), la sagra dellio lavevo detto (vedi, per tutti, il fondo di Galli della Loggia sul Corriere di venerd) per potersi trovare, al momento opportuno, se non fra i vincitori almeno nelle loro immediate vicinanze. E saranno accolti come il figliol prodigo. Non per carit cristiana, ma perch la classe dirigente italiana un sistema di oligarchie il cui obbiettivo primario la propria autoconservazione. Quella politica e intellettuale lunica, vera, classe in termini marxiani rimasta su piazza. La presidenza di un Ente pubblico, lingresso in un prestigioso Consiglio di amministrazione, la conduzione di un talk show non si nega a nessuno. In modo che al prossimo giro, a parti invertite, sia restituito il favore. Questa la democrazia liberale, bellezza. Non quella immaginata da Stuart Mill o da Locke che voleva valorizzare meriti, capacit, potenzialit dellindividuo, ma quella reale, vera, praticata, che pretende affiliazioni a questo o a quel gruppo di potere ed emargina chi conserva quel tanto di rispetto di se stesso per rifiutarsi a questi umilianti infeudamenti e che sarebbe il cittadino ideale di una democrazia, se esistesse davvero, e ne diventa invece la vittima designata. Ma le lotte pi feroci non si avranno fra gli sconfitti, ma fra i vincitori, scene dantesche, da Conte Ugolino, in cui non si esiter ad azzannare il cranio del compagno di ieri pur di affermare la propria primogenitura nellaver affondato il Rex e il Corsaro che lo capitanava. Abbattuto il Corsaro, certamente il Paese godr di un restyling estetico, perch luomo, negli ultimi anni, era diventato da neurodeliri, da autoambulanza oltre che da cellulare, ma nulla, nella sostanza, cambier. Perch il problema dellItalia non di uomini, anche animati da buona volont, ma di un sistema marcio fino al midollo, che si incistato nelle nostre fibre pi intime, di una metastasi che nulla, se non un evento realmente traumatico, pu estirpare, di un Paese che ha perso, non solo nella classe dirigente ma nel suo popolo, ogni etica, ogni valore condiviso che non sia il Dio Quattrino. Un Paese cos non lo ha inventato il Corsaro, anche se ha contribuito a potenziarlo con le sue Tv, se lo trovato gi belle pronto e lo ha utilizzato, al peggio. Intanto alla Festa della Repubblica per i 150 anni dellUnit dItalia il presidente Napolitano ha ricevuto Hamid Karzai, lemblema della corruzione democratica che lOccidente ha portato in Afghanistan, e ha elogiato le Forze Armate, sia italiane che alleate, per il coraggio e lo spirito di sacrificio con cui difendono la pace nel mondo. Non pi tardi di domenica questi coraggiosi missionari di pace, non avendo il fegato di affrontare i guerriglieri talebani nemmeno ad armi impari, hanno chiamato in soccorso gli aerei della Nato che, bombardando a casaccio un villaggio, hanno assassinato dodici bambini afgani. Un giorno questo sangue innocente, sparso a piene mani in una guerra ignobile, ci ricadr sulla testa.

di Paolo Bartolini Megachip. Al voto! Al voto! Dopo il pronunciamento della Cassazione si schiude, per tutti gli italiani desiderosi di una svolta, lopportunit di riprendersi una fetta di democrazia. E attraverso il voto. Questo mi pare un punto, poco discusso ma fondamentale, della questione referendum. Il fatto che mediante gli strumenti formali della nostra democrazia esausta si possa ancora dare un segno di partecipazione vera, mi sembra fondamentale. Anche il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo sceso nellagone politico, dopo aver dismesso almeno in parte il linguaggio dellantipolitica, perch solo allinterno delle Istituzioni che pu affermarsi unalternativa costruttiva al sistema. Ma, si intenda bene, la svolta che per molti si tinge di risvolti antiberlusconiani (ben vengano in tal caso se spingessero milioni di persone a votare: Il Quorum Tutto oseremmo dire se fossimo dei pubblicitari smaliziati) va ben oltre, disegnando uno scenario di vera riappropriazione della politica. Che votare diventi una gioia e una passione, soprattutto in attesa di nuovi soggetti politici rigorosamente esterni alla Casta nelle sue declinazioni di centro, destra e sinistra. Ma affinch questo auspicio si realizzi serve la capacit di superare lo sconforto e il qualunquismo. Trentanni di totalitarismo neoliberista hanno infatti diffuso la sensazione che tutto sia gi deciso, che i potenti comunque cambieranno le carte in tavola. Il voto al referendum, per intenderci, viene associato da alcuni nostri concittadini allinutilit di esprimere qualunque

IL QUORUM TUTTO -

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voto, realizzando in tal modo il peggiore degli astensionismi. Crediamo, al contrario, che il possibile raggiungimento del quorum rappresenti loccasione per un risveglio autentico delle coscienze e un netto segnale di critica allattuale ceto politico; lo stesso che finger di aver raccolto un nuovo successo popolare se gli elettori si mobilitassero in massa. Eppure, noi crediamo, non sarebbe questo il senso di unampia vittoria dei S. Il voto che ci aspetta potrebbe diventare il primo grande voto contro la Casta delle privatizzazioni e della svendita dei beni comuni. Allora tutti al voto! E che inizi il passaggio verso una nuova rappresentanza politica allaltezza della Transizione.

Fincantieri. Fra diktat e giochi c' un'alternativa - di Fabrizio Tringali


Megachip. nuovo piano industriale di Fincantieri, presentato dall'amministratore delegato Bono, disegna uno scenario catastrofico per la cantieristica italiana: chiusura o ridimensionamento di diversi stabilimenti, licenziamenti oltre le 2500 unit. La reazione del mondo politico unanime: governo nazionale, istituzioni locali, forze politiche di maggioranza e opposizione, tutti uniti nel chiedere il ritiro del piano industriale e l'apertura di un tavolo di negoziati (fissato per il prossimo 3 di giugno). Quella che sembra essere la normale reazione delle istituzioni democratiche, altro non che una farsa. Ennesima rappresentazione, frutto della Societ dello Spettacolo cui si convertito il mondo in cui viviamo. In questo gioco delle parti, Fincantieri le "spara grosse" ben sapendo di avere obiettivi ben diversi da quelli dichiarati. E ottenendo cos di raggiungerli, simulando un negoziato aperto alle istituzioni e alle parti sociali. Di fatto quello che accade sempre nelle relazioni industriali, quando la parte pi debole (gli operai) non ha le informazioni per farsi un'idea propria dello stato reale del mercato e delle prospettive aziendali. Le informazioni sono tutto. Se non le hai, l'azienda ti pu raccontare quel che vuole. Il mondo politico, invece, le informazione le possiede, dato che stiamo parlando di una societ in mano pubblica. Il 99% di Fincantieri di Fintecna, una societ finanziaria interamente controllata dal Ministero dell'Economia e delle Finanze. Dunque il Palazzo sa che il piano presentato da Bono un'utile boutade: ministri, presidenti di regioni e sindaci (di centrodestra e di centrosinistra) possono fare la voce grossa. Farsi paladini degli operai, "costringendo" Fincantieri a trattare. Ora, queste avrebbero potuto essere solo congetture, ma uno scoop del quotidiano genovese Il Secolo XIX fornisce la prova: il documento che Fincantieri ha preparato per Fintecna, in cui sono svelati i veri obiettivi: - Nessuna chiusura di stabilimento - Aumento generalizzato dei livelli di produttivit (pi lavoro e meno salario) - 1500 esuberi, ma nessun licenziamento (saranno gestiti solo ed esclusivamente attraverso turn over, incentivazione ai prepensionamenti, mobilit interna) - Realizzazione del "ribaltamento a mare" nei cantieri di Sestri Ponente (costo 70 milioni di euro, gi stanziati dal governo), con

Il

conseguente chiusura temporanea per eseguire i lavori (3 anni stimati). Durante questo periodo, si prevede lo spostamento degli operai a Monfalcone e Marghera - Ottenimento di risorse pubbliche regionali per integrazioni salariali Ecco il documento: http://www.ilsecoloxix.it/r/IlSecoloXIXWEB/ec onomia/allegati/fincantieri2011.pdf Dunque abbiamo le prove di questo odioso gioco delle parti. Nessuno canti vittoria, n istituzioni, n sindacati, se gli accordi prossimi venturi non faranno altro che certificare le reali volont di Fincantieri. Istituzioni serie dovrebbero almeno vincolare gli investimenti pubblici a determinate garanzie relative al mantenimento dei livelli occupazionali attuali e alla salvaguardia dell'ambiente. Il ribaltamento a mare sar unopera di grandi dimensioni, che produrr un ampliamento importante degli spazi destinati ai cantieri nell'area di Sestri Ponente, che potrebbe quindi inglobare il polo di Riva Trigoso (destinato a diventare un polo d'eccellenza dell'officina meccanica). In questo modo, quella porzione di riviera potrebbe essere restituita ai cittadini. Per quanto riguarda i sindacati, essi hanno la possibilit di condurre una trattativa disponendo di importanti informazioni sugli obiettivi aziendali. Non dovrebbero accettare n gli esuberi, n i trasferimenti per 3 anni. Quantomeno possono pretendere di negoziarne le condizioni (per esempio accettando solo trasferimenti a carattere volontario, per quella parte di operai disponibili a spostarsi in cambio di un significativo incentivo economico). N dovrebbero accettare il punto di vista aziendale per quanto riguarda l'aumento della produttivit, che spesso si traduce in un deperimento delle condizioni di lavoro ed in una diminuzione della sicurezza.

METTITELO BENE IN TESTA: 12 E 13 GIUGNO 2011, VOTA

SI.

PER DIRE NO ALLA PRIVATIZZAZIONE DELLACQUA, PER DIRE NO AL NUCLEARE E PER DIRE NO AL LEGITTIMO IMPEDIMENTO.
FUKUSHIMA. FUSIONE COMPLETA PER 3 REATTORI - di Debora Billi.
ull meltdown nei reattori 1, 2 e 3 a Fukushima. La notizia arriva fresca fresca dalla CNN. Fresca si fa per dire, perch tale fusione delle barre non avvenuta ieri ma durante la prima settimana della crisi, ovvero nel mese di marzo. Solo ieri la TEPCO si decisa ad ammetterlo e a comunicarlo alla stampa. Le barre di uranio del reattore n1 si sono fuse quasi completamente nelle prime 16 ore dopo il disastro. Il resto del nucleo si trova adesso nel fondo del vessel del reattore nel cuore della centrale, e si pensa che il

vessel sia danneggiato e perda. La gran parte delle barre del reattore 2 si sono fuse e sono cadute in fondo al vessel nelle prime 101 ore dopo il terremoto e lo tsunami. La stessa cosa successa nelle prime 60 ore al reattore 3. Tutto ci si era detto subito, qui e altrove, quando ci sono state le esplosioni di idrogeno nei reattori nei giorni successivi allo tsunami. Molti avevano giudicato correttamente quello che stava succedendo, in base alle proprie conoscenze e ed ai propri occhi. Ma siccome la TEPCO sosteneva che era tutto sotto controllo, bisognava obbligatoriamente credere alla TEPCO e non azzardarsi ad obiettare con scenari da fantascienza. Beh, ora che lo dice anche la TEPCO finalmente ci crederemo tutti.

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Difendere l'acqua? Un... gioco da ragazzi


Intervista di Federica Grandis a Ugo Mattei - gruppoabele.org.

uscito qualche settimana fa


per "Manifestolibri". E in poche pagine spiega ai bambini (ma anche ai pi grandi) perch l'acqua un bene non privatizzabile e perch giusto dedicarsi alla sua difesa. "L'acqua e i beni comuni", con le illustrazioni di Luca Paulesu, un libro di Ugo Mattei, docente di Diritto civile all'Universit di Torino, tra gli estensori dei referendum che il prossimo 12 giugno chiederanno di dire no (votando s!) alla privatizzazione dell'acqua. Abbiamo intervistato il professor Mattei, per chiedergli se davvero la difesa dell'acqua sia...un gioco da ragazzi. Come si riesce a parlare ai pi giovani di beni comuni, diritti, collettivit? Per i ragazzi normale pensare a come sar il mondo fra trent'anni. Per noi adulti molto pi difficile. Noi, infatti, siamo prigionieri del brevissimo periodo, le nostre scelte ci portano a vivere sempre sul presente e a pensare al futuro come ad un tempo che si consumer, al massimo, fra quattro o cinque anni. Se ci si mette nella prospettiva dei giovani, cose che per noi sembrano lontane, quasi utopistiche, diventano maledettamente reali. Proprio come il pericolo della privatizzazione dell'acqua... Esatto. Se ragioniamo in una logica di breve periodo, oggi ogni famiglia spende in media per l'acqua 250 euro all'anno. In fondo, non poi questa gran cosa. Se per proviamo a pensare a cosa potrebbe succedere aprendo il mercato alle multinazionali dell'acqua, le cose cambiano. Se infatti, come molti sostengono, il prossimo secolo sar segnato da un aumento delle povert, pi che possibile che fra 20 anni l'acqua ci coster quanto il 40% del nostro reddito, o forse anche di pi. I giovani queste cose le capiscono benissimo: per loro normale pensare con...

... questa prospettiva temporale. E io credo che questa davvero sia la chiave del cambiamento. Sia in questo libro sia nel rivolgersi a platee pi adulte, lei sottolinea sempre l'importante differenza tra beni comuni e beni pubblici. Cos' che li distingue? I beni pubblici, nelle nostre categorie giuridico politiche, appartengono allo Stato, alle amministrazioni locali o ad altre comunit territoriali. Rispetto ai beni pubblici, per, il titolare pu comportarsi come un proprietario privato, disponendone quasi a suo piacimento (pensiamo al caso della gestione delle spiagge). Invece un bene comune non appartiene allo Stato ma sostanzialmente ad appartenenza diffusa: ciascuno di noi ha una sua quota o una "mini propriet" del bene. chiaro dunque che il bene comune non pu essere gestito dallo Stato come se fosse suo, semplicemente perch dello Stato non . Lei uno dei redattori dei quesiti per i quali andremo a votare il prossimo 12 giugno. Il decreto Ronchi, che i referendum chiederanno di abrogare, non mette per in discussione l'idea che l'acqua sia un bene di tutti. Cosa chiedono, nel dettaglio, i quesiti? Chiedono che venga tolta l'obbligatoriet della privatizzazione dell'acqua entro la fine del 2011 e che venga eliminata dalla bolletta quel 7% di aliquota che pesa sui consumatori, a beneficio degli investitori privati. Chiediamo insomma che non sia pi possibile una gestione privatistica dell'acqua nel nostro Paese. In quanto bene comune l'acqua non pu che appartenere a tutti e quindi non privatizzabile. Ma in Italia si disperde il 37% di acqua. Gli investimenti privati non garantirebbero un maggior risparmio? Si tratta di pura ideologia, come ben sa chi su questi temi si informa davvero. vero che nel nostro Paese la dispersione forte, ma abbiamo dati

incontrovertibili che dimostrano che, a fronte di un settore pubblico privatizzato, subentrano sempre aumenti di tariffe e diminuzione degli investimenti. Non vero che i privati impegnano pi denaro, anzi: in Inghilterra, Paese nel quale l'acqua stata privatizzata, lo scarso investimento ha peggiorato le condizioni igieniche delle tubature, fino al ritorno dell'epatite A, malattia che era stata debellata da anni. Lo stato pessimo dei nostri acquedotti non dovuto alla gestione pubblica, sostenere questa tesi un assurdo. A Milano, citt virtuosissima da questo punto di vista, dove l'acqua pubblica, non solo ci sono tariffe pi che convenienti, ma il tasso di dispersione il pi basso in Italia. Al contrario, in Sicilia, dove l'acqua gestita dal privato, si registra un tasso di dispersione altissimo, cos come altissimi sono i prezzi delle bollette. Qual il compito dell'informazione per far s che la priorit del bene comune, come principio essenziale di democrazia, venga rimessa al centro della coscienza dei cittadini? Bisogna tornare ad occuparsi di temi reali, dei problemi veri. C' oggi nel nostro Paese una crisi che non soltanto economica o ecologica, ma piuttosto una profondissima crisi etica: i rapporti tra ricchi e poveri sono sbilanciati, il pensiero critico messo da parte, deriso, calpestato. Dobbiamo ricominciare a guardare alla verit delle cose. L'esempio che faccio sempre ai ragazzi quello del servizio domestico, o meglio del lavoro che le mamme fanno in casa. In un certo senso i servizi essenziali resi dai beni comuni sono simili al lavoro domestico, che si nota solo quando non viene fatto. Solo quando la mamma non vi fa da mangiare, dico ai bambini, vi accorgete di quanto sia prezioso il suo lavoro. Ecco, la consapevolezza per il valore dei beni comuni pu essere creata soltanto attraverso uno specifico investimento sul fronte della domanda. E importante

parlare dei beni comuni, vederli, raccontarli, e quindi capire quanto possono essere messi in crisi. E per farlo occorre un pensiero critico, una capacit di mettersi dal punto di vista di quelli che nei processi sociali perdono, non solo dalla parte di quelli che vincono. Ci serve un'informazione non condizionata, che sia a sua volta un bene comune cio sia in grado di comportarsi come tale. Ossia? Abbiamo bisogno di un'informazione che rispetti i "comandamenti sacri" del bene comune: divisione del potere, libert di accesso, mentalit ecologica, collegamento con i diritti fondamentali della persona. Quando l'informazione questo, allora e solo allora davvero libera.

Batterio killer. Miracolo: c' il vaccino! di Debora


Billi.

E'

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davvero un grande miracolo. Un miracolo italiano. E la cosa pi miracolosa, che l'annuncio dell'imminente vaccino contro la malefica Escherichia Coli sia arrivato circa un anno PRIMA dell'epidemia che scoppiata in Europa. Le vie della Provvidenza sono davvero infinite. Come infinita la gratitudine che dobbiamo nutrire verso la Novartis, che dopo averci salvato tutti dall'epidemia di suina con un tempestivo vaccino, ecco che in quel di Siena nel 4 maggio scorso annuncia di aver identificato antigeni di E.Coli mai scoperti prima (prima della seguente epidemia) e quindi di essere sulla buona strada per produrre il fatidico vaccino. Ma le mirabilie non finiscono qui. Anche una compagnia canadese ha appena comunicato di aver pronto il vaccino, proprio l nel cassetto, quello giusto giusto per la variante O157:H7 tedesca, che servir per inoculare le Nmiliardi di vacche residenti sul pianeta e renderle inabili a produrre il batterio. Davvero noi comuni mortali ci dobbiamo stupire ed inchinarci davanti alla scienza, che riesce persino a prevedere il futuro grazie ai suoi misteriosi esoterici poteri.

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