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3 febbraio 2007 Il Sole 24 Ore

Lo sviluppo sostenibile vera sfida per la politica


campioni europei, non nazionali

Servono

Se l'Europa vuole esistere dobbiamo favorire la nascita di gruppi veramente continentali: le regole domestiche vanno riviste - Il salvataggio di Alitalia? Il punto non sorreggere aziende decotte, ma risanarle e dare prospettive: le banche possono avere un ruolo - Invece di livellare il mercato la nuova direttiva Mifid ha creato distorsioni: ogni operatore pu usare le regole del suo Paese - Il ceto medio in Occidente sta pagando un prezzo elevato con la perdita di status e sicurezza. La risposta nell'educazione di Alessandro Graziani Un'economia sempre pi forte, una politica sempre pi debole. Ci troviamo in una fase difficile, che il mercato da solo non pu aggiustare. L'Italia deve fare scelte chiare con urgenza se vuole conquistarsi uno spazio nella globalizzazione. A sostenere la necessit di un forte cambio di marcia per il sistema-Italia Corrado Passera, 52 anni, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, da pochi giorni rientrato in Italia dal Wold economic forum di Davos. Da quell'osservatorio privilegiato, emergono i ritardi e le opportunit del nostro Paese. Contando anche sul ruolo di una grande banca come Intesa Sanpaolo che, come da tempo sostiene Passera, nell'agire per conto dei propri azionisti, pu e deve muoversi anche nell'interesse del Paese. Che macro-scenario emerso dal forum internazionale di Davos? A livello economico siamo nel migliore quinquennio del Dopoguerra. C' una forte crescita dei Paesi emergenti, prima di tutti Cina e India. Si aggiungono la sostanziale tenuta degli Stati Uniti e la ripresa di Europa e Giappone. A livello globale un'economia forte, che ha saputo reagire bene ai vari shock degli ultimi anni, dal terrorismo alle guerre fino alle tensioni sui prezzi delle materie prime. Un'economia tanto forte e una liquidit finanziaria tanto imponente da creare forse un eccesso di ottimismo sui rischi e sui fattori di instabilit, che pure sono ben presenti: dai pericoli delle bolle finanziarie, al protagonismo dei nuovi strumenti finanziari che non sappiamo ancora ben valutare soprattutto in caso di crisi, dal peso dei deficit, in primis quelli degli Stati Uniti. Di fronte a tutto ci si evidenzia la crescente debolezza della politica, che tocca in particolare i Paesi occidentali, che fino a oggi avevano una chiara leadership. Quindi debolezza della politica e peso crescente dell'economia.

S, problemi e opportunit sono sempre pi globali mentre la politica rimane spesso locale e legata al breve periodo, alle scadenze elettorali. Le istituzioni multilaterali sono sempre pi spesso superate da iniziative unilaterali o bilaterali. Si stenta a prendere atto dell'irrompere sulla scena mondiale di nuovi protagonisti, in una prospettiva che sar chiaramente multipolare. Gli Stati Uniti non sono pi i leader politici del mondo? Credo che l'unilateralismo della politica estera - e in particolare la guerra in Iraq - abbia indebolito il peso degli Stati Uniti, che rimane tuttavia fondamentale per garantire un futuro di crescita e di equilibrio internazionale. E si aprono spazi per nuovi protagonisti... Consideriamo solo il ruolo che la Cina potr giocare nei nostri Paesi se utilizzer anche solo una parte dei suoi mille miliardi di dollari di riserve per investimenti all'estero. Non cio pi solo la fabbrica del mondo, ma un attore presente autonomamente a livello militare e finanziario anche fuori dai suoi confini. La potenza economica si tramuta in un sempre maggiore peso nella politica internazionale, con un'influenza crescente per esempio in Africa e in organismi internazionali come Wto e Onu. E l'Europa? L'Unione europea certamente in ripresa dal punto di vista economico. Pu contare su imprese estremamente dinamiche, alcuni sistemi-Paese molto forti, su fattori competitivi di sicura presa. E tra questi ci metto anche il sistema di protezione sociale. L'Europa potrebbe essere una grande potenza globale, e invece stenta a decollare dal punto di vista politico. Anche l'allargamento - in s buono perch ha dato importanti prospettive di sviluppo a Paesi che prima erano ai margini - rischia di indebolire la capacit di una politica comune perch le istituzioni comunitarie devono ricorrere a troppe mediazioni, perdendo di tempestivit e di incisivit. Anche dal punto di vista del mercato unico il processo troppo lento. In pi, alcune decisioni, come il "passaporto europeo", rischiano di significare un passo indietro invece che avanti. Cosa intende dire? Prendo ad esempio la nuova direttiva Mifid sui servizi finanziari. Invece di "livellare" il mercato europeo dotandolo di regole uniformi e di meccanismi di implementazione e controllo identici in tutta Europa, prevede che ogni operatore europeo possa operare negli altri Paesi dell'Unione con le proprie regole di casa. Se passa questo principio in

Europa non passeremo da 25 regole nazionali a una regola comune a tutti. Se si pensa di risolvere cos il problema del mercato unico pu essere una soluzione mortale per il futuro dell'Unione Europea. Insomma: si delinea un contesto competitivo sempre pi duro e difficile. Chi vincer? Due fattori saranno sempre pi determinanti: costi bassi e competenze. Sul primo punto bene sia chiaro che tutte le attivit che conveniente trasferire, prima o poi saranno spostate laddove i fattori competitivi sono migliori. Cos come evidente che tutto ci che potr andare su Internet ci andr. Guai a soffermarsi su paradigmi geografici e aziendali che sono stati superati. Chi si ferma, diventer sempre meno competitivo e sar ingoiato da qualcun altro. Costi bassi e conoscenza. Chi li ha? Bisogna chiarirsi: alcuni Paesi hanno puntato le loro carte sui costi bassi, altri sulla conoscenza, le migliori universit, la ricerca, l'innovazione. Altri ancora non hanno fatto le loro scelte: e tra questi l'Italia. L'aspetto preoccupante per Paesi come il nostro che esistono Paesi emergenti che hanno puntato su entrambi i fattori di forza, e ce la stanno facendo. L'India, ad esempio, li sta valorizzando entrambi e per questo il Paese che ha il potenziale di crescita pi alto. Anche perch, a differenza della Cina e di altri Paesi a elevata crescita, l'India una democrazia. E non avr la prevedibile crisi di rigetto che la Cina dovr affrontare quando la societ rivendicher giustamente maggiori diritti e maggiori tutele. C' poi il grande tema del clima che, tradotto in termini economici, essenzialmente il problema dell'energia... Dal punto di vista economico, il problema dell'energia quello principale. E non solo per motivi di costo. Per quanto riguarda l'Italia, evidente che siamo in ritardo. Paghiamo le scelte fatte in passato non solo sul nucleare - che ancor oggi materia controversa - ma anche e soprattutto in termini di differenziazione degli approvvigionamenti, delle forme di produzione di energie rinnovabili, del risparmio energetico. Oggi siamo forse il Paese pi vulnerabile. Ma il clima pone anche un problema pi generale di degrado ambientale globale, che oggi una conseguenza sgradita della crescita impetuosa anche dei Paesi emergenti. Insomma, il tema quello della crescita sostenibile e responsabile a livello globale e non pi su aree limitate.

Passando dalle questioni globali alle faccende di casa nostra, c' il tema delle Authority che, come dimostrano i casi di Generali e Intesa-Sanpaolo, frenano la crescita sul mercato domestico... La concorrenza un fattore di crescita come dimostra la fortissima iniezione di crescita nel settore bancario, che ha portato in pochi anni a risultati molto significativi sia per i consumatori, che per le banche, che per gli azionisti delle banche. Chi avrebbe detto solo qualche anno fa che tra le primissime banche europee due sarebbero state italiane? Se l'Europa vuole esistere dobbiamo favorire la nascita di campioni europei, non solo nazionali. In alcuni settori dobbiamo probabilmente darci regole che permettano di valutare operazioni di dimensione europea sulla base del mercato europeo e non solo di quello domestico. Colpa ancora una volta della politica? I problemi non risolti a livello europeo sono responsabilit di tutta la classe dirigente, ma alla fine la politica che deve dare il quadro delle regole. Le difficolt della politica a captare i grandi mutamenti della nostra epoca sono sotto gli occhi di tutti. Non solo in Italia. Due gravi critiche che si possono fare alla politica italiana sono la lentezza nelle decisioni e la mancanza di coraggio nel favorire la meritocrazia. Il nostro sistema istituzionale e il modello di federalismo che ci siamo dati paralizza di fatto il processo decisionale, concedendo diritti di veto a tutti: il ritardo nelle infrastrutture dipende sicuramente da questa situazione, oltre che dalla cronica mancanza di fondi. Per proprio su Intesa Sanpaolo si concentrano alcune critiche di appoggio a iniziative "all'italiana". Pensiamo al fondo per le infrastrutture promosso insieme alla Cassa depositi e prestiti, che alcuni considerano la nuova Iri. Il fondo non nasce per acquistare il controllo delle grandi reti energetiche o telefoniche. La missione quella di finanziare nuove infrastrutture. Penso ad esempio ad autostrade come la Pedemontana o la Brebemi. O alla modernizzazione del sistema di distribuzione dell'acqua. Opere di cui il Paese ha bisogno, che i cittadini vogliono. Se per banche italiane e internazionali, fondazioni e la Cassa depositi e prestiti si danno un nuovo strumento per accelerare la realizzazione, partono le critiche e ci si inventa il fantasma della nuova Iri. E su Alitalia? Il vostro eventuale intervento non rischia di tenere in piedi una societ che, secondo le regole di mercato, meriterebbe da tempo di fallire?

Questa una teoria che fa felici i soliti "osservatori distaccati" ma che sancirebbe l'incapacit del Paese di affrontare i problemi e di risolverli. L'azienda e il suo principale azionista negli anni passati hanno fatto male il proprio dovere. Ma se una cosa va male, dobbiamo necessariamente buttarla? O giusto provare a farla funzionare? Lo stesso discorso lo abbiamo sentito fare negli anni scorsi per la Fiat, per la Piaggio e per molte altre aziende. Fortunatamente ci sono stati imprenditori, manager e banche che hanno saputo reagire. Se investiamo e lavoriamo bene con progetti di mercato, il Paese pu vincere molte scommesse. E le banche possono avere un ruolo importante e certamente anche profittevole per i loro azionisti. Questo discorso non vale solo per le aziende private: anche le Poste erano date per spacciate e irreformabili, ma cos non era, anche se forse sarebbe stato pi comodo per taluni che rimanessero nello stato in cui erano. Finch c'era la "vecchia" Banca d'Italia, la concorrenza tra le banche era pi limitata. E il settore era protetto... Nell'ultimo anno, dopo l'arrivo di Mario Draghi alla guida di Banca d'Italia, molte cose sono cambiate. La concorrenza era gi cresciuta molto, ma indubbio che la pressione competitiva aumentata ulteriormente negli ultimissimi anni. Quattro grandi banche estere, come Bnp, Abn, Crdit Agricole e Deutsche Bank hanno ora reti di sportelli molto estese anche nel settore retail: l'unico caso in Europa. E competizione continuer a significare crescita del nostro settore e sempre maggiore supporto all'economia.

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