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Nero, grigio, sommerso

Attori e politiche per lemersione del lavoro irregolare dal contesto italiano alla dimensione locale: il caso della provincia di Pisa

A cura di Alberto Vannucci


contributi di Massimiliano Andretta, Enrico Calossi, Simona Iacopetti, Alberto Vannucci

Felici Editore

2009 - Provincia di Pisa Grafica, impaginazione e stampa Felici Editore via Carducci 60 - 56010 Ghezzano (PI) tel. 050 878159 - fax 050 8755897 www.felicieditore.it

Prefazione
Questa ricerca, condotta dal Dipartimento di Scienza della Politica dellUniversit di Pisa, nasce dalla necessit di analizzare e quantificare il fenomeno del lavoro irregolare nel territorio della provincia di Pisa. Troppi incidenti e morti sul lavoro rendono necessaria una particolare attenzione delle istituzioni sia nellanalizzare le dinamiche che li determinano, sia nel contrastare e prevenire il lavoro irregolare. Gli infortuni e le morti sul lavoro, infatti, hanno una stretta connessione con il lavoro irregolare: con pi probabilit entrambi i fenomeni si presentano in condizioni di mancata implementazione delle norme relative alla sicurezza. Le politiche di contrasto rispondono naturalmente alle caratteristiche settoriali e territoriali del fenomeno. Pur presentando profili e dinamiche simili su vasta scala infatti, vi sono connotazioni specifiche in relazione a specifiche propriet del tessuto produttivo locale. Allinterno del lavoro irregolare sono dunque ricompresi sia fenomeni di invisibilit dei rapporti lavorativi che la sicurezza e ligiene sui luoghi di lavoro. Lattenzione di questa ricerca si concentrata in dettaglio su tre settori particolarmente connotati dalla presenza di lavoro irregolare: lagricoltura, lassistenza familiare e ledilizia, con unattenzione specifica alla comparazione ed al raffronto con le dimensioni e le caratteristiche del lavoro irregolare in Italia. Nellattuare politiche di contrasto al fenomeno del lavoro irregolare, la Provincia di Pisa assume pertanto un ruolo centrale di coordinamento con i diversi interlocutori istituzionali e di riferimento per le politiche formative e di sensibilizzazione attuate sullintero territorio. Anna Romei Assessore al Lavoro e alla Formazione della Provincia di Pisa

Ci fecero fare il giro di tutto il reparto ricerche disse. La cosa che lo aveva impressionato pi di tutte era stata una serie di laboratori e campi di prova allaperto dove le varie parti delle automobili o addirittura le automobili intere venivano distrutte. Gli scienziati della Pontiac davano fuoco alla tappezzeria interna, lanciavano sassolini contro i parabrezza, schiantavano scatole del cambio e volanti, organizzavano scontri frontali, strappavano leve del cambio dai loro ingranaggi, facevano andare i motori a tutto regime senza ol lubrificanti, aprivano e chiudevano gli sportellini dei cassetti del cruscotto alla velocit di cento volte al minuto per giorni e giorni, portavano i quadranti del cruscotto a una temperatura di qualche grado sopra lo zero e cos via. Tutto quello che non dovresti fare a una macchina loro lo facevano raccont Dwayne a Francine. E non dimenticher mai la scritta sulla porta dingresso delledificio dove si svolgevano tutte quelle torture. Ecco la scritta che Dwayne descrisse a Francine: Prove di distruzione. Vidi quella scritta continu Dwayne, e non potei evitare di chiedermi se era per questo che Dio mi aveva mandato sulla terra: per scoprire quanto pu sopportare un uomo senza rompersi da La colazione dei campioni, ovvero Addio triste luned, di Kurt Vonnegut, 1973 La domenica delle salme nessuno si fece male tutti a seguire il feretro del defunto ideale la domenica delle salme si sentiva cantare quant bella giovinezza non vogliamo pi invecchiare da Domenica delle Salme, di Fabrizio De Andr, 1990.

Questa ricerca, finanziata con risorse del Fondo Sociale Europeo, frutto di una convenzione tra la Provincia di Pisa e il Dipartimento di Scienze della politica dellUniversit di Pisa, sotto la responsabilit scientifica di Alberto Vannucci. Le interviste effettuate sono state raccolte da Simona Iacopetti ed Enrico Calossi. Simona Iacopetti ha operato la trascrizione e la codifica delle informazioni contenute nelle interviste, acquisito e schedato la maggior parte del materiale bibliografico e dei dati quantitativi utilizzati dagli altri autori, svolto in collaborazione con Nicola Chelotti un lavoro di editing dei testi e dei grafici. Per quanto riguarda i contributi individuali alla redazione del testo, Massimiliano Andretta ha curato la stesura del capitolo 4; Enrico Calossi del capitolo 7 (tranne il paragrafo 7.8) e del paragrafo 1.2; Simona Iacopetti del capitolo 6 e dei paragrafi 3.3 e 7.8; Alberto Vannucci dei capitoli 1 (tranne il paragrafo 1.2), 2, 3 (tranne il paragrafo 3.3) e 5. Il capitolo 8, che presenta una sintesi dei principali risultati ottenuti nella ricerca, stato scritto congiuntamente da tutti gli autori.

Indice
Capitolo 1 introduzione. obiettivi e metodologia della riCerCa 1.1 gli obiettivi della riCerCa 1.2. la metodologia della riCerCa 1.2.1. le metodologie per la stima del sommerso 1.2.2. la metodologia della riCerCa sul lavoro sommerso nella provinCia di pisa 1.3. la dimensione settoriale del lavoro irregolare: edilizia, servizi domestiCi, agriColtura 1.3.1. il lavoro domestiCo e i servizi alla persona 1.3.2 il lavoro nel settore agriColo 1.3.3. il lavoro nel settore delle Costruzioni Capitolo 2 le politiChe di Contrasto del lavoro irregolare e delleConomia sommersa in italia: definizioni, Costi, paradigmi 49 2.1. introduzione 2.2. lavoro irregolare ed eConomia sommersa: definizioni e
ClassifiCazioni

13 13 24 24 32 34 36 43 44

49 50 62 68 68 72 79 81 82

2.3. due modelli di lavoro irregolare: sommerso per opportunit e


sommerso per neCessit

2.4. la diffusione del lavoro irregolare in italia: le politiChe del lavoro e altri fattori di Carattere eConomiCo, soCiale, istituzionale 2.4.1. il sentiero di sviluppo delle politiChe del lavoro: il modello
della siCurezza e il lavoro sommerso

2.4.2. struttura del sistema produttivo e CaratteristiChe della


regolazione: le spiegazioni della pratiCa del lavoro irregolare

2.4.3. lo spiazzamento istituzionale: le strutture di regolazione


informale delleConomia sommersa

2.5. il problema del lavoro irregolare: Costi e paradigmi di


interpretazione

2.5.1. i Costi del lavoro irregolare

2.5.2. tra paradigma della legalit violata e paradigma dello


sviluppo potenziale

85 91

2.6. alCune osservazioni ConClusive Capitolo 3 le politiChe per il Controllo del lavoro irregolare in italia: strumenti e
forme di regolazione

94 94 95 96 102 108 115 118 124 129 132

3.1. introduzione 3.2. le politiChe di Contrasto del lavoro irregolare in italia 3.2.1. istituzioni e politiChe di vigilanza e Controllo 3.2.2. gli inCentivi allemersione: le politiChe di induzione alla regolarizzazione. 3.2.3. Comunit epistemiCa, delusioni e ripensamenti: un nuovo approCCio o la Chiusura della finestra di opportunit? 3.3. la dimensione regolativa: la normativa in materia di siCurezza e di
lotta al lavoro non regolare

3.3.1. il quadro europeo. 3.3.2. il quadro nazionale 3.3.3. un breve exCursus sulla normativa di livello regionale 3.4. alCune osservazioni ConClusive Capitolo 4 lavoro irregolare e lavoro insiCuro: dal Contesto nazionale alla provinCia di pisa, Comparando. 4.1. introduzione 4.2. il lavoro irregolare in italia: le regioni a Confronto 4.2.1. il lavoro irregolare in senso stretto seCondo i dati
dellistat

134 134 134 135 143 149 159 171

4.2.2. gli infortuni e le morti sul lavoro. 4.3. le determinanti ambientali del lavoro irregolare 4.4. la provinCia di pisa nel Contesto tosCano. 4.5. ConClusioni: riassumendo e suggerendo.

Capitolo 5 le politiChe per la siCurezza sul lavoro: dal Contesto nazionale al Caso della provinCia di pisa 175 5.1 introduzione 5.2 alCuni dati di Contesto 5.3 le politiChe per la siCurezza sul lavoro in italia
alla provinCia di

175 177 184 191 191 194 200 207

5.4. politiChe per la salute e siCurezza nel lavoro: dalla tosCana pisa 5.4.1. la siCurezza nei luoghi di lavoro in tosCana 5.4.2. le politiChe per la siCurezza nel lavoro nella provinCia di pisa: la rete degli attori

nella provinCia di

5.5 le politiChe di Controllo e vigilanza sulla siCurezza del lavoro pisa

5.6. gli esiti delle politiChe: dati di Contesto, indiCatori


e valutazioni

nei luoghi di lavoro nella provinCia di

5.7 Condizioni faCilitanti e speCifiCit dei problemi di siCurezza e igiene pisa 215 5.7.1 il settore delle Costruzioni 5.7.2. il settore dellagriColtura 5.7.3 il settore dei servizi domestiCi e alla persona 222 225 227 229 233 242 245 245 252 257 259

5.8 le ragioni delle inadempienze e gli ostaColi nellattuazione


delle politiChe: la prospettiva di imprenditori e lavoratori

5.8.1 il problema della siCurezza nella prospettiva degli


imprenditori

5.8.2 il problema della siCurezza nella prospettiva dei lavoratori 236 5.9 alCune osservazioni ConClusive Capitolo 6 legalit, regolarit e lavoro sommerso. il Caso della provinCia di pisa 6.1 introduzione. 6.2 la definizione del fenomeno 6.3 gli attori Coinvolti nella lotta al sommerso. 6.3.1. la rete istituzionale

6.3.2. le assoCiazioni 6.4 i Contorni del problema 6.4.i fattori Che faCilitano la diffusione del lavoro irregolare 6.4.2 i settori sensibili 6.4.3 speCifiCit geografiChe allinterno della provinCia di pisa. 6.5 agriColtura, edilizia e Cura della persona. unanalisi settoriale del lavoro irregolare. 6.5.1 il sommerso nei tre settori. il quadro generale. 6.5.2 il sommerso nei tre settori. le interviste sul territorio. 6.6. i protagonisti: le motivazioni di datori di lavoro e lavoratori 6.6.1. le motivazioni del lavoro irregolare: le risposte degli
intervistati

265 267 267 271 274

6.4.4 levoluzione del problema. Cosa Cambiato negli ultimi anni 275 279 279 287 298 299 304

6.7 osservazioni ConClusive Capitolo 7 CritiCit e proposte di intervento per la tutela della siCurezza e per lemersione del lavoro irregolare 7.1 introduzione 7.2 le CritiCit delle politiChe sulla siCurezza nei luoghi di lavoro. 7.3 le esperienze passate per la tutela della siCurezza nei luoghi di
lavoro

309 309 311 315

la siCurezza nei luoghi di lavoro nella provinCia di

7.4 gli interventi auspiCabili: le proposte degli attori per migliorare pisa 319

7.5 le CritiCit relative alle manifestazioni di lavoro nero o grigio 326 7.6 le esperienze passate nelle politiChe per lemersione del lavoro
irregolare

330 333

7.7 le proposte di politiChe e interventi per lemersione del lavoro irregolare nella provinCia di pisa
legalit violata e paradigma dello sviluppo potenziale.

7.8. esperienze e proposte emerse nel Contesto pisano tra paradigma della 338

7.9. esperienze e proposte nei diversi Contesti territoriali nazionali:

una rassegna.

340

7.9.1 alCune esperienze riConduCili al paradigma della legalit


violata: misure dirette sperimentate o proposte nel dibattito pubbliCo

344

7.9.2 alCune esperienze riConduCili al paradigma dello sviluppo potenziale: misure indirette sperimentate o proposte nel dibattito
pubbliCo

347

7.9.3 alCune esperienze riConduCili al paradigma della legalit violata: misure dirette sperimentate o proposte nel dibattito pubbliCo 355 7.9.4 alCune esperienze riConduCili al paradigma dello sviluppo
potenziale: proposte avanzate nel dibattito pubbliCo

359 361 256

7.10 alCune osservazioni ConClusive Capitolo 8 attori e politiChe per lemersione del lavoro irregolare dal Contesto italiano alla dimensione loCale: una sintesi dei prinCipali risultati della
riCerCa

363 385 387 395

appendiCe. elenCo delle interviste bibliografia prinCipali siti internet di riferimento

Capitolo 1

Introduzione. Obiettivi e metodologia della ricerca


1.1 Gli obiettivi della ricerca
Lirregolarit dei rapporti di lavoro una delle forme nelle quali in Italia si manifesta linosservanza diffusa di leggi e regole poste dallo Stato a tutela di diritti individuali ed interessi collettivi, caratteristica di diversi contesti di vita sociale. Nelle loro diverse sfumature di grigio, spesso tendenti al nero, le attivit economiche cosiddette sommerse si traducono paradossalmente in condotte che spesso sono poste in essere sotto gli occhi di tutti, in forme socialmente tollerate o accettate, quando non incoraggiate in quanto ritenute economicamente redditizie. Questo stato di cose genera una serie di vincoli allattivit degli enti e delle istituzioni preposte alla formulazione e allattuazione di politiche di prevenzione e di contrasto. La violazione generalizzata delle regole infatti condizione facilitante per lemergere di ulteriori illegalit e al tempo stesso un serio ostacolo allefficacia dellazione degli organi di controllo. Il circolo vizioso dellillegalit si manifesta nel caso del lavoro irregolare attraverso alcune dinamiche particolarmente preoccupanti. Vi sono, ad esempio, i ben conosciuti rischi di corruzione-collusione tra controllati e controllori; questi ultimi, a fronte di irregolarit pervasive, si vedono di fatto attribuito un potere arbitrario di indirizzare ed eventualmente addomesticare, in cambio di tangenti, le loro attivit ispettiva.1 Inoltre, i lavoratori
1 Si possono ricordare, a titolo di esempio, i casi degli ispettori della Dpl di Bari, arrestati con laccusa di aver accettato tangenti la consegna stata filmata da microcamere nascoste per ammorbidire o vanificare gli effetti di controlli ed ispezioni sul lavoro nero (la Repubblica, 16 gennaio 2009); lispettrice della Dpl di Torino arrestata con laccusa di aver accettato tangenti per collaborare alla regolarizzazione di lavoratori stranieri entrati clandestinamente in Italia (la Repubblica, 18 novembre 2008, sez. Torino); lispettrice della Dpl di Torino arrestata con laccusa di aver proposto a imprenditori in difficolt il pagamento di tangenti in cambio di mancate verifiche o regolarizzazioni di lavoratori irregolari (la Repubblica, 19 giugno 2007, sez. Torino); i due carabinieri del servizio ispettivo della Dpl di Firenze, accusati di aver chiuso un occhio nei controlli sulla regolarit delle assunzioni e sulla sicurezza nei cantieri e nelle aziende, in cambio di tangenti, promettendo alle imprese irregolari la loro protezione futura (la Repubblica, 28 giugno 2001, sez. Firenze). Si veda della Porta e Vannucci (2007) per unanalisi pi approfondita dei meccanismi che favoriscono la diffusione della corruzione nelle attivit di controllo in

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o gli imprenditori privi di regolare documentazione relativa ai loro introiti, e per questo emarginati dai canali ufficiali del credito, finiscono pi facilmente intrappolati nella spirale dellusura, in conseguenza di calcoli sbagliati o di condizioni anche temporanee di difficolt finanziaria. In questi e in altri contesti nuovi comportamenti illegali scaturiscono da unoriginaria condizione di irregolarit, e in quel contesto disinnescando i meccanismi di controllo od ostacolano lattivazione degli strumenti di prevenzione istituzionalmente previsti. Questi aspetti rendono il tema oggetto di questa ricerca particolarmente complesso, per le sue molte e contraddittorie implicazioni su condizioni e possibilit di crescita economica, specialmente a livello locale.2 La diffusione delleconomia sommersa e del lavoro irregolare, infatti, sono il sintomo della tensione esistente tra due possibili dinamiche di sviluppo economico e sociale. Da un lato, le potenzialit di crescita di qualsiasi sistema di mercato dipendono dalla presenza di norme e istituzioni formali e informali che forniscono agli individui incentivi a comportamenti socialmente virtuosi. Le societ contemporanee sono contraddistinte dalla presenza di una fitta trama di regole del gioco economico, politico e sociale, da una complessa intelaiatura di vincoli giuridici e norme, ma anche di costumi, prassi sociali e modelli culturali, che regolano i rapporti tra gli individui e le organizzazioni, accrescendo la prevedibilit dei comportamenti e riducendo cos lincertezza (North 1994; 2005). Daltra parte, la cornice istituzionale non sempre produce segnali che orientano le organizzazioni e gli individui verso attivit produttive che accrescono la ricchezza sociale e migliorano le opportunit di sviluppo. Perch questo accada, le istituzioni devono avere alcune caratteristiche di fondo:3 (1) assicurare e garantire una robusta, imparziale e sollecita tutela dei diritti individuali e dei contratti, grazie alla presenza di regole scritte, meccanismi di adempimento e norme informali che semplificano i rapporti con lautorit pubblica, scongiurano o risolvono rapidamente eventuali controversie, assicurano un rapido ed efficace adempimento di impegni ed obblighi contrattuali; (2) favorire la circolazione di informazioni attendibili, che aumentano la trasparenza dei mercati e degli scambi. Infatti, grazie alle informazioni prodotte e disseminate dai diversi agenti economici e sociali la cui quantit e qualit dipende dagli incentivi loro forniti dalle regole del gioco gli individui e gli imprenditori alla guida delle organizzazioni possono formulare previsioni
Italia. 2 I circoli viziosi dellillegalit connessi al lavoro irregolare e alleconomia sommersa non sono approfonditi in modo specifico in questa ricerca, ad eccezione di un focus sul rapporto tra usura e lavoro irregolare nel sesto capitolo. 3 Per un approfondimento, si veda Vannucci e Cubeddu, 2006; 2008.

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sullaffidabilit e sui comportamenti dei loro interlocutori allinterno dei gruppi sociali, delle comunit, dei mercati; (3) accrescere il grado di concorrenza nei mercati, abbassando le barriere allingresso e favorendo una competizione aperta e trasparente. Una cornice di regole che incentiva interazioni competitive abbatte i costi di transazione, poich chiunque sia insoddisfatto di un bene o servizio offerto pu rivolgersi pi facilmente ai concorrenti, interessati a conquistare nuove quote di mercato. Al tempo stesso, i criteri di selezione e di successo tendono a premiare il merito nellinnovazione produttiva e organizzativa, piuttosto che la capacit di catturare o difendere le posizioni di rendita esistenti. Al contrario, chiunque si sottrae alle condizioni concorrenziali o ne falsa i criteri di successo non ha bisogno di accrescere lefficienza dei processi produttivi per sopravvivere nel mercato, e conseguentemente ha minori stimoli ad investire nella produzione di nuove conoscenze specialistiche utili a soddisfare meglio i bisogni dei consumatori. Accorgimenti organizzativi ed istituzionali che consolidano lattribuzione dei diritti di propriet assecondano la circolazione di informazioni e le interazioni concorrenziali spingono dunque le organizzazioni e gli individui ad acquisire competenze e conoscenze adatte a cogliere le opportunit di profitto e di riconoscimento sociale esistenti in quel contesto economico. Di qui la distinzione tra buone istituzioni, efficienti in senso adattivo, generatrici di incentivi ad investire in abilit che producono surplus sociale e accrescono la produttivit del sistema nel tempo; e le cattive istituzioni, che danno vita ad una dinamica di segno opposto, spingendo gli individui in direzione di unimprenditorialit tendenzialmente parassitaria, che falsa le regole poste a tutela della concorrenza, il rispetto delle norme fiscali, infortunistiche, previdenziali. Ogni attivit economica sommersa, infatti, comporta una concorrenza sleale, che non si fonda su una crescita dellefficienza produttiva e sullinnovazione, ma su una compressione dei costi derivante dallinosservanza di norme su trattamento economico, inquinamento, sicurezza e igiene del lavoro, e che finisce cos per premiare gli operatori economici pi spregiudicati nellelusione di leggi e controlli. In questa prospettiva si colloca il radicarsi del lavoro irregolare, che si fonda precisamente sulla presenza di queste tre condizioni: (1) laffievolirsi o la cancellazione dei diritti (alla piena cittadinanza, alla tutela assicurativa e previdenziale, alla sicurezza e alligiene sui luoghi di lavoro, ecc.); (2) lopacit o linvisibilit delle relazioni contrattuali e di mercato; (3) la sistematica distorsione dei meccanismi competitivi, a vantaggio degli operatori con minori scrupoli nel violare le regole. Le risposte individuali alla presenza di cattive istituzioni rispecchiano la presenza di incentivi che distorcono il funzionamento efficiente e trasparente

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dei mercati, incoraggiando investimenti nellacquisizione di abilit e conoscenze che permettono di eludere o di volgere a proprio vantaggio linefficienza del sistema amministrativo e la macchinosit dei controlli. A certe condizioni, infatti, imprenditori e lavoratori sono indotti a nascondere, in tutto o in parte, le proprie attivit lavorative e imprenditoriali, incrementandone la quota invisibile, non dichiarata, oppure a non osservare norme di carattere fiscale, assicurativo, oppure poste a salvaguardia della sicurezza sui luoghi di lavoro. Ignorare le regole, cancellando o ridimensionando la frequenza dei contatti con lapparato pubblico, implica laffievolirsi o la completa rinuncia a una serie di meccanismi di protezione e di tutela dei diritti. Nello stesso tempo, lutilizzo di questa strategia elimina o riduce alcuni fattori di costo economico, in termini di esborso fiscale, spese per il rispetto delle norme sulla sicurezza e per altri adempimenti amministrativi, ma anche di tempo, di energie e di altre risorse necessarie per conoscere e rispettare i vincoli procedurali e le altre forme di regolazione vigente. Quanto pi elevati sono i costi che il sistema istituzionale impone a imprenditori e lavoratori, e ristretta la circolazione di informazioni, tanto maggiore sar la quota di soggetti economici che hanno interesse ad occultare allo Stato la propria attivit, incrementando la quota di sommerso e di irregolare, nelle diverse forme del lavoro nero e del lavoro grigio. Un indicatore di carattere generale del successo di queste strategie di fuga dallo Stato quello relativo alle dimensioni delleconomia sommersa.4 Leconomia sommersa comprende il valore economico di quelle attivit di produzione e scambio di beni e servizi che comportano una violazione di norme o di altre forme di regolazione pubblica, che non hanno una natura criminale. Come mostra la figura 1.1, lItalia presenta un livello consistente di occultamento delle attivit economiche, espresso in termini percentuali rispetto al Pil, tra il doppio e il triplo rispetto agli altri principali paesi industrializzati. Nel 2004/5 leconomia sommersa in Italia pari al 23,2% del Pil, pi del doppio di Giappone, Austria e Regno Unito, circa il triplo degli Stati Uniti. Si segnala comunque un regresso rispetto al 25,7% del 2002/3. Rispetto a questi dati le stime dellIstat, pi prudenti, attribuiscono allItalia circa il 17% di economia sommersa nel 2004, contro il 4-7% della media dei paesi dellUnione europea a 15. La linea di tendenza per verso un nuovo
4 Questa strategia corrisponde a una sorta di invisibile uscita da una gamma di rapporti con (oppure mediati da) Stato e da altre organizzazioni pubbliche (Hirschman 1982). Pur continuando ad esercitare sul suo territorio attivit produttive e lavorative ufficialmente soggette a regolazione e a beneficiare dei beni e dei servizi pubblici, gli agenti economici che operano in nero (o in grigio) di fatto sottraggono una serie di relazioni economicamente rilevanti dalla sfera di effettiva giurisdizione e controllo dellapparato statale, rinunciando a diritti e doveri associati al loro esercizio.

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incremento: nel periodo 2002-2004 la quota di valore aggiunto sommerso cresciuta dal 16,8-17,3% (forbice tra i valori basati su unipotesi massima e una minima) al 16,6-17,7%, ossia in media tra 230 e 246 miliardi di euro (Ires 2007, 7).
fig.1.1. Diffusione dell'economia sommersa nei paesi Ocse in % Pil Fonte: Schneider 2007

Di qui un ulteriore spunto di riflessione. Nei paesi dellOcse il sommerso, costituito tanto da modelli di produzione che da forme di lavoro irregolare, si inserisce stabilmente nelle ordinarie dinamiche produttive, contribuendo in modo significativo a determinarne levoluzione: per quanto stimate in modo approssimativo, quote variabili tra l8% e il 33% della ricchezza prodotta sono riconducibili a questa dimensione sotterranea. Inoltre, nonostante le politiche di contrasto si siano estese su scala europea, proprio nellarea dellEuro la presenza delleconomia sommersa cresciuta nellultimo quinquennio a tassi pi elevati delleconomia regolare (Censis 2003 e 2). Neppure i processi di liberalizzazione del mercato del lavoro hanno apportato miglioramenti significativi. Si rileva infatti come
negli ultimi 15-20 anni in molti paesi europei siano aumentate le forme di flessibilit del lavoro e che a questo processo non abbia corrisposto una riduzione delle forme di lavoro irregolare. In altre parole, alla disponibilit di una maggiore variet di contratti atipici non ha fatto da pendant una riduzione del ricorso a forme di lavoro non regolar. Sembra dunque che lintroduzione di nuove forme di flessibilit, invece di catturare le aree di non regolarit, abbia semplicemente spostato in avanti il confine regolarit-non regolarit, forse addirittura promuovendo un mutamento culturale nel senso di una minore valorizzazione del lavoro ed una implicita accettazione di una maggiore a-normalit (Monitor lavoro 2002, 9).

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Diversi profili dellassetto istituzionale italiano le caratteristiche della regolazione fiscale, previdenziale e antinfortunistica, le norme a tutela della concorrenza, ma anche le prassi, i valori e le reti fiduciarie esistenti nel tessuto produttivo e in altri contesti sociali sembrano propiziare lo sviluppo di doti e abilit imprenditoriali e lavorative che spingono, in alcuni settori e aree geografiche, a sottrarre in modo consistente interazioni economiche e scambi ai costi e alle conseguenze negative dei contatti con la macchina dello Stato, nelle sue diverse articolazioni. Rifuggire dal rispetto delle norme dello Stato significa, per imprenditori e lavoratori, rifugiarsi in un diverso ambiente istituzionale, caratterizzato da transazioni e relazioni di tipo informale, prive di tutela e di salvaguardia legale. Dietro lestensione del sommerso si nasconde un deficit di fiducia buona la fiducia nello Stato, negli altri cittadini, nei partner di mercato e unabbondanza di fiducia cattiva, quella che permette il buon esito di una miriade di transazioni informali, contrarie alle disposizioni di legge, appoggiandosi a meccanismi alternativi di garanzia che ne assicurano il buon esito (Cles 1999, 8-9). Si tratta, come vedremo, di un aspetto dimportanza cruciale: in caso di controversie o di dissidi, i protagonisti delleconomia informale non possono fare appello ai tribunali, a meno di non sancire cos la loro uscita dallinvisibilit o dallirregolarit, subendone i costi (e le sanzioni) corrispondenti. Limpossibilit di ricorrere ai meccanismi pubblici di protezione dei diritti accresce i costi e i rischi attesi delle corrispondenti transazioni, rendendo pi incerto il loro buon esito.5 Le testimonianze raccolte in numerose ricerche sul campo mostrano che questa eventualit tuttaltro che ipotetica, specie quando i protagonisti sono soggetti deboli, sfruttabili se non ricattabili: Dopo un po ricorda un muratore straniero gli ho detto di pagarmi per favore, che non avevo pi soldi Mi ha risposto che mi avrebbe pagato... dopo tre mesi mi ha detto che non mi doveva pagare; un altro lavoratore edile testimonia: Due o tre volte mi capitato che dopo aver lavorato non sono stato pagato (Ires-Fillea Cgil 2007, 32). Anche nella nostre interviste la definizione di quello che spetta ai lavoratori appare incerta, ambigua, lasciata alla buona volont degli interlocutori: anche se in altre parti quando pagano al nero comunque danno la tredicesima, il ferragosto, tutte queste cose qui, la parrucchiera invece non mi dava nulla di tutto questo. E solo di fronte a un bidone si cercano vie informali di risolu5 Analogamente a quanto accade nei mercati illeciti, infatti, nelle relazioni informali che si realizzano nelleconomia sommersa i costi di transazione tendono ad aumentare, visto che la loro invisibilit accresce i costi di informazione, di negoziazione degli accordi, di garanzia della loro applicazione. In altri termini, nelle relazioni informali di scambio che si realizzano in quei contesti opachi pi facile incorrere in una truffa o fregatura e pi problematico punire il responsabile. Si veda della Porta e Vannucci (2007) per unanalisi delle implicazioni nel mercato della corruzione.

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zione della controversia, per far valere i propri diritti: in Cgil ci sono andata una volta quando, dopo il mio primo anno e mezzo di lavoro, non volevano darmi n tredicesima n altro (). Cos, dopo lintervento della Cgil, la famiglia mi ha pagato (lav4). Diverse strutture di governo alternative allo Stato si sono consolidate allinterno delle articolate reti di scambio che sostengono il funzionamento delleconomia sommersa, nelle relazioni contrattuali tra imprese cos come tra queste ultime e i lavoratori irregolari.6 Si tratta di strumenti di regolazione informale che assicurano un sufficiente livello di ordine e di prevedibilit nelle transazioni. Si pensi alle relazioni fiduciarie fondate sulla reputazione o sullaspettativa di una continuit dei rapporti di scambio, ma anche ai vincoli familiari, parentali, culturali o etnici, oppure allazione di intermediari che si fanno garanti del buon esito della relazione, avendo il potere di punire eventuali inadempienti escludendoli, ad esempio, da future opportunit dimpiego, o minacciando loro di farsi carico dei costi legali di unaltrimenti improbabile controversia giudiziaria (come nel caso della Cgil sopra citato).7 In genere la risoluzione dei problemi legati allincertezza e agli alti costi di transazione negli scambi derivanti da relazioni irregolari di lavoro si realizza in modo locale e personalistico, ad esempio grazie al passaparola o a meccanismi di certificazione fiduciaria. Anche se questi meccanismi fanno da collante al sistema, assicurando una positiva conclusione dei rapporti di scambio, nello stesso tempo lo confinano in una dimensione produttiva circoscritta e marginale, di difficile accesso per clienti sconosciuti o committenti esterni, sottratta alle dinamiche competitive dei mercati. Nel mondo del sommerso, nel momento in cui gli strumenti di salvaguardia legale sanciti dalle leggi dello Stato appaiono inservibili, accade allora di frequente che persino il confine tra protezione volontaria e pressione estorsiva diventi sfumato, come sar pi avanti evidente nella distinzione tra sommerso per convenienza e sommerso per necessit (si veda il capitolo due). Si pensi alla vasta casistica degli immigrati irregolari, o di altri soggetti contrattualmente deboli, truffati con retribuzioni inferiori a quanto pattuito, trattenuti con intimidazioni o velati ricatti sul luogo di lavoro in condizioni di semi-schiavit.
6 Lapparente disordine delleconomia informale si fonda infatti su una qualche forma di regolazione, che finisce per dipendere nella sua attuazione ed efficacia dalle caratteristiche del sistema legale, in uninterazione definita gioco del formale e dellinformale: la norma stessa che, con s e nellazione pratica, conserva la possibilit della sua eccezione (). La stessa irregolarit tout court di qualsiasi comportamento economico potrebbe dissolversi se lo Stato rinunciasse al suo ruolo regolamentatore (Zorru 2005, 7-8). 7 Per una rassegna della letteratura sulle caratteristiche delle possibili strutture di governo delle relazioni contrattuali, tanto nei mercati legali che nelle relazioni informali, si veda Vannucci 2004.

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Questo pericolo emerge soprattutto in presenza di significative asimmetrie nel potere contrattuale delle controparti, quando una di esse pu facilmente venir meno agli impegni o ricalibrare unilateralmente a proprio vantaggio i termini dello scambio senza rischiare alcuna ritorsione. Il rischio di bidoni o dinadempimento, del resto, presente in ogni contesto di irregolarit o informalit dei rapporti di lavoro, e ne condiziona le dinamiche. Queste considerazioni preliminari rappresentano lo sfondo teorico da cui prende spunto questa ricerca, che ha per oggetto le politiche di prevenzione e contrasto alla realt del lavoro irregolare, partendo dal contesto nazionale per arrivare alla realt locale della provincia di Pisa. Per capire le ragioni della persistenza di forme di lavoro irregolare, nelle molte sfumature di grigio nelle quali si manifesta, occorre capire come sono strutturate e come funzionano le dinamiche del mercato sommerso del lavoro e quali sono gli orientamenti, le credenze, le relazioni istituite tra gli attori coinvolti a vario titolo nelle politiche di contrasto. Occorre interrogarsi su costi e benefici delladozione delle corrispondenti strategie di occultamento e di mancata osservanza delle norme da parte di lavoratori e imprenditori, su quale sia la struttura di motivazioni individuali e la percezione dei condizionamenti istituzionali; chiedersi con quali modalit leconomia sommersa si interfaccia con quella legale, individuandone i segmenti maggiormente a rischio; ed necessario aggiornare la mappa dei rapporti tra i differenti soggetti istituzionali e associativi che hanno la funzione di raccogliere informazioni e conoscenze, elaborare progetti e proposte, attuare misure e interventi, esercitare azioni di prevenzione e controllo, nonch valutare lefficacia dei provvedimenti che hanno per oggetto il contrasto della sfuggente realt del lavoro sommerso. Questa ricerca si concentra in particolare sulle politiche di contrasto e di prevenzione del lavoro irregolare, che nel loro sviluppo rispondono naturalmente alle caratteristiche settoriali e territoriali del fenomeno, cos come alle reti di interazioni ricorrenti costituitesi tra gli attori coinvolti. Tutti gli studi su economia sommersa e lavoro nero, infatti, convergono nel rilevare come questi fenomeni, pur presentando profili e dinamiche simili su scala pi ampia (a livello nazionale, se non comuni a tutte le economie avanzate di mercato), siano fortemente connotati in relazione a specifiche propriet del tessuto produttivo locale e del settore economico in cui si manifestano. Da questo scaturisce uno spunto rilevante per le politiche di contrasto:
Analizzando il sommerso a partire dalleconomia reale e dai processi sociali, si perviene a una prima conclusione: per ridurre larea di economia sotterranea non sufficiente agire sui soli paradigmi strutturali (alta regolazione e pressione fiscale, mancanza dei controlli, rigidit del mercato del lavoro), ma indispensabile articolare

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le azioni di contrasto per tipologie, settori e territori. Mettendo nel conto che questo fenomeno merita una prolungata attenzione e unorganica azione di accompagnamento (Censis 2003, 5, corsivo aggiunto).

In questa prospettiva si inquadra la nostra ricerca, che presta attenzione al livello locale mediante unanalisi micro di alcuni specifici settori di attivit economica. La preliminare delimitazione del contesto territoriale di riferimento la provincia di Pisa e di tre attivit economiche oggetto di approfondimento agricoltura, servizi alla famiglia, edilizia ha orientato la ricerca sui fattori che incidono sulle caratteristiche osservabili del lavoro irregolare, cos come sulle sue dinamiche di sviluppo. Allinterno della pi ampia categoria di lavoro irregolare abbiamo preso in considerazione tanto i problemi di invisibilit o di opacit dei rapporti lavorativi, indotte da violazioni della regolazione previdenziale, fiscale o retributiva, che della sicurezza e delligiene sui luoghi di lavoro. Si tratta di un approccio coerente tanto con il discorso pubblico che con il disegno normativo pi recente, in particolare le legge finanziaria del 2007, che tratta contestualmente sicurezza e lavoro nero, considerate fenomeni con manifestazioni complementari.8 Sulla base di una raccolta sistematica da fonti scientifiche, statistiche e documentarie e di interviste a specialisti, osservatori e testimoni privilegiati, abbiamo dunque cercato di individuare, allinterno della cornice normativa esistente, le linee ispiratrici delle politiche di contrasto allillegalit nel mondo del lavoro sommerso e per la promozione di standard pi elevati di sicurezza nelle imprese, formulate e attuate ai diversi livelli. Ci siamo concentrati poi sul ventaglio di strumenti di intervento proposti e adottati nelle politiche, valutando i loro effetti e prendendo in esame possibili misure integrative.

8 Il nesso tra lavoro sommerso e problemi di sicurezza piuttosto complesso. In particolare, sussiste tra di essi una sorta di asimmetria sul piano dellattenzione pubblica e dellinteresse politico. Mentre i problemi del lavoro nero trovano in genere unattenzione superiore per quanto attiene alla predisposizione di strumenti regolativi, le questioni legate alla sicurezza anche per le loro espressioni drammatiche, i morti e gli infortuni sul lavoro assumono spesso un maggiore rilievo sotto il profilo dellesposizione ai media. La ragione si ricollega anche alla diversa natura dei costi che essi producono: il lavoro nero o grigio procura ingenti costi economici nelle casse dello Stato, suscitando un interesse da parte dei decisori politici pi attenti alla disponibilit di risorse di bilancio; le condizioni di rischio sui luoghi di lavoro generano in prima istanza un costo sociale e umano, in termini di vite perdute e di ricadute sulla salute dei lavoratori. I problemi della sicurezza finiscono cos per richiamare in misura maggiore lattenzione dei media, e sono spesso utilizzati dai decisori politici per rivendicare il loro generico impegno a tutela dei lavoratori. Per questi motivi, nella struttura della ricerca abbiamo separato le due questioni in capitoli distinti, cercando di individuare gli elementi che caratterizzano le risposte politiche, gli attori coinvolti, lapproccio e i paradigmi interpretativi utilizzati.

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Studi precedenti hanno evidenziato che alcuni settori, in particolare lagricoltura, lassistenza familiare (vedi la diffusione delle cosiddette badanti), ledilizia (specie in alcune manifestazioni patologiche, come quella dei sub-appalti a cascata), appaiono fortemente connotati dalla presenza di lavoro irregolare. Tali studi presentati sinteticamente nellultimo paragrafo di questo capitolo rappresentano un utile punto di partenza per verificare se le dinamiche realizzatesi negli ultimi anni hanno prodotto cambiamenti quantitativi/qualitativi nelle manifestazioni del fenomeno. I dati raccolti nellambito di questa ricerca e presentati in questo volume riguardano dunque quattro differenti aspetti, di seguito elencati: (1) Una rassegna di studi e ricerche esistenti, necessaria per la definizione della cornice teorica e delle categorie concettuali utilizzabili nellinterpretazione della vasta fenomenologia del lavoro irregolare, oltre che nella spiegazione delle dinamiche, dei limiti e dei risultati conseguiti dalle politiche di prevenzione e di contrasto del fenomeno. Preliminare allillustrazione e allanalisi dei dati empirici appare infatti la definizione di alcuni aspetti di rilevanza teorica: la presentazione dei principali modelli teorici di spiegazione dei fattori che condizionano levoluzione del lavoro sommerso; la struttura di motivazioni e di incentivi istituzionali che spingono i diversi soggetti coinvolti a ricorrere a forme di lavoro irregolare, ad accettare o a promuovere condizioni sfavorevoli alla tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro; la definizione delle caratteristiche delle politiche e del quadro normativo (si vedano il capitolo due su concetti e paradigmi di analisi, il capitolo tre su politiche e strumenti di regolazione). (2) Lindividuazione di alcune aree sensibili e dei fattori che si associano a manifestazioni particolarmente estese di lavoro irregolare, infortuni e morti sul lavoro. Attraverso uno studio di carattere quantitativo, utilizzando dati e rilevazioni statistiche prodotte da diversi enti e istituzioni, la nostra ricerca mira ad identificare, nel contesto nazionale, regionale e della provincia di Pisa: (a) quali aree geografiche e quali settori risultino particolarmente interessati dal problema del lavoro irregolare; (b) quali fattori di rischio (capitale umano e sociale, ricattabilit e debolezza contrattuale della forza lavoro, livelli di sindacalizzazione, presenza e condizione dei lavoratori stranieri) abbiano conseguenze sui tassi di irregolarit, sui rischi di infortunio o di morte sul luogo di lavoro (si veda il capitolo quattro). (3) La mappatura degli attori coinvolti, delle loro attivit e del ruolo svolto nelle politiche di controllo del fenomeno, preliminare allapprofondimento di tre specifici case studies edilizia, agricoltura, servizi alla famiglia. Distinguiamo sotto questo profilo le problematiche connesse alla sicurezza sul lavoro e quelle legate al lavoro nero o grigio in senso stretto, che si ricollega alla sua parziale o totale invisibilit rispetto allautorit pubblica. La nostra analisi guarda ai soggetti istituzionali

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(enti locali e altri attori pubblici), ai privati, alle sedi di coordinamento pubblico/privato e alle altre organizzazioni (sindacati, associazioni imprenditoriali e del terzo settore) coinvolti in attivit di prevenzione e di contrasto, che operano a diretto contatto con i destinatari delle politiche (lavoratori e imprenditori, in primo luogo), e si confrontano quotidianamente con le mutevoli manifestazioni del problema. Informazioni e testimonianze fornite dagli attori attivi sul territorio raccolte mediante una serie di interviste a testimoni e osservatori privilegiati9 hanno rappresentato il fondamento per la raccolta, la codifica e l'analisi di dati qualitativi sul lavoro sommerso e insicuro nel contesto della Provincia di Pisa. Si cercato cos di definire lo stato dellarte delle politiche formulate su scala locale, delle quali in alcuni casi viene lamentato lo scarso coordinamento tra gli attori cui ne delegata lattuazione. Questa analisi di micro e meso-livello che spazia dagli attori organizzativi ai singoli individui attivi in questo settore essenziale per comprendere quali siano le caratteristiche che, dal lato della domanda e da quello dellofferta di lavoro, rendono possibili e vantaggiose le transazioni informali o illegali che si realizzano nei corrispondenti mercati sommersi. Se nei rapporti di lavoro irregolari di norma il datore di lavoro si trova in una posizione di forza nei confronti del dipendente, non bisogna dimenticare che in diversi casi, specie quando limpiego considerato temporaneo o il lavoratore si trova in una condizione di irregolarit, proprio questultimo indotto a privilegiare una condizione di illegalit, con le conseguenti ricadute in termini di indebolimento dei meccanismi di salvaguardia della sicurezza (si veda il capitolo cinque per i problemi connessi alla sicurezza sul lavoro; il capitolo sei per le questioni legate al lavoro nero ovvero sommerso). (4) Le proposte di riforma e di affinamento degli strumenti di intervento presentate nel dibattito pubblico dagli attori direttamente coinvolti nelle politiche di contrasto. Lanalisi condotta in questa ricerca ha una valenza normativa, per le sue implicazioni in termini di riforma. Lultimo snodo dellanalisi volto allindividuazione delle proposte presenti nellagenda pubblica e nella cassetta degli attrezzi dei decisori politici, in relazione alla predisposizione o al miglioramento dellefficacia degli strumenti di controllo/monitoraggio, di coordinamento e di intervento da promuovere sul territorio. Allinterno del ventaglio di soluzioni applicate o prefigurate in diverse realt territoriali, evidenziandone quando possibile i risultati e i fattori che presumibilmente ne hanno condizionato lefficacia, si cercher infine di fornire indicazioni sugli strumenti congruenti rispetto alla natura dei problemi evidenziati nella realt provinciale pisana (si veda il capitolo sette).
9 Sulla metodologia seguita dalla ricerca si veda pi avanti, il paragrafo 2 di questo capitolo.

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1.2. La metodologia della ricerca


Prima di descrivere il metodo utilizzato per la nostra ricerca opportuno definire un quadro generale sui metodi pi utilizzati per le ricerche sul lavoro irregolare e sulla sicurezza sul lavoro. A scanso di equivoci occorre evidenziare che la natura differente dei due fenomeni, seppur legati tra di loro, ha spinto la ricerca a concentrarsi soprattutto sullirregolarit del lavoro. Infatti, come gi detto nel paragrafo precedente, lirregolarit del lavoro ha tra le sue caratteristiche la sommersione e quindi linvisibilit di queste attivit lavorative agli occhi delle istituzioni regolari. Questo non si pu dire della sicurezza del lavoro (o meglio della insicurezza) che, come per magia, appare ed emerge dalle nebbie dellignoto quando linfortunio avviene. Avere dunque una stima delleffettiva gravit dei problemi di insicurezza si riduce spesso alla fredda cronistoria degli infortuni che viene stilata periodicamente dalle istituzioni competenti. E ci avviene probabilmente perch in termini di sicurezza difficile pensare a strategie di emersione; di fatto lentit del fenomeno nota e si tratta semmai di far rispettare la legge. Inoltre, poich spesso le aziende che ricorrono in toto o in parte al lavoro nero sono anche quelle che hanno i maggiori problemi di sicurezza, far emergere il lavoro irregolare porta alla luce anche le situazioni pi pesanti di mancato rispetto delle norme sulla sicurezza. Si pu quindi presumere che proprio per questa serie di motivi gli autori e i ricercatori abbiano concentrato la propria attenzione sull'emersione del lavoro nero, considerata forse prioritaria, e sulle metodologie utilizzabili per questo scopo. Inoltre, bisogna rilevare che le metodologie tradizionali di indagine si sono spesso concentrate sullaspetto quantitativo del sommerso, mancando di indagare le cause e le ragioni per cui si ricorre al sommerso (che soprattutto lobiettivo del nostro lavoro). Oppure, anche riconducendo il sommerso a quei fenomeni che presumibilmente lo causano (in primo luogo il carico fiscale), storicamente la ricerca si concentrata sulle cause pi evidenti e misurabili e ha tralasciato gli altri fattori. Solo negli ultimi anni, ricerche effettuate sul campo hanno portato alla definizione di politiche di emersione, integrando le agevolazioni fiscali con processi di incentivazione allavvio di questi processi virtuosi, di animazione territoriale e di rafforzamento delle strutture economiche locali.

1.2.1. Le metodologie per la stima del sommerso


(1) Approcci diretti (o micro) Rientrano in questa tipologia quegli interventi che tentano di analizzare il fenomeno direttamente per mezzo di indagini campionarie o verifiche sui redditi.

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(a) Indagini campionarie Con le indagini campionarie, ottenute tramite questionari a risposta volontaria, si possono ottenere dati utili alla ricostruzione della struttura delleconomia irregolare. Questo metodo, per, presenta alcuni limiti: (i) I risultati dipendono dalla volont di cooperare degli intervistati. Non sempre gli operatori ammettono di aver effettivamente operato nel sommerso, sia per la paura di incorrere in sanzioni sia perch non si vuole riconoscere il proprio operato. Non quindi scontato che le risposte siano sempre affidabili. (ii) I risultati dipendono molto da come i questionari sono stati preparati. Lutilizzo di questionari strutturati ed uguali per tutti permette di approfondire, od eventualmente confermare, solo elementi gi noti allinizio della ricerca. Tali questionari, presupponendo la conoscenza della realt che si va ad analizzare, non consentono di individuare aspetti ignoti. (iii) Gli elenchi delle imprese a disposizione sono spesso incompleti. Essi non includono le imprese completamente sommerse; mentre le imprese che ricadono nel semi-sommerso presentano dati differenti da quelli reali. Questi elenchi, quindi, offrono un panorama poco esauriente del fenomeno e le imprese che vi compaiono non possono formare un campione probabilistico rappresentativo del fenomeno. (iv) Il fenomeno del sommerso mutevole nel tempo e variabile secondo i contesti territoriali. La rilevazione diretta, tramite questionari, pu ricostruire il sistema economico di un territorio, ma non permette di fare inferenze e generalizzazioni a partire dai casi singoli. (b) Verifiche dei redditi Un secondo approccio diretto consiste nella valutazione della discrepanza tra ci che viene indicato nella dichiarazione dei redditi dai contribuenti e ci che viene rilevato nei controlli a campione eseguiti dalle autorit preposte. Rispetto al questionario un approccio un po pi intrusivo e presenta comunque dei limiti: a) i controlli forniscono informazioni sulle irregolarit scoperte, ma non su quelle attivit nascoste o totalmente sommerse: quindi la stima del sommerso risulter necessariamente parziale. Molto dipende dagli incentivi e dalle informazioni in mano ai controllori. b) i controlli a campione vengono effettuati in maniera mirata dove si sospetta ci possano essere frodi o violazioni. La scelta non casuale. Di conseguenza le imprese controllate (che saranno oltretutto quelle regolarmente registrate) sono un campione probabilistico poco rappresentativo. Da questi due tipi di approccio diretto si possono ottenere informazioni

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sulle attivit sommerse, tuttavia, dal momento che impossibile che riescano a rivelare tutte queste attivit, le stime ottenute saranno sempre parziali e non in grado di fornire previsioni sullo sviluppo e la crescita del fenomeno. Per concludere, i due approcci tendono a sotto-stimare il fenomeno. (2) Approcci indiretti (o macro) Questi approcci implicano lutilizzo di strumenti di carattere macro-economico e propongono attualmente cinque diversi metodi di misurazione. Questi metodi sono applicabili solo presupponendo certe assunzioni e, allopposto dei metodi di misurazione diretta, tendono a sovrastimare il fenomeno. a) Metodo della discrepanza tra reddito nazionale e spesa: Nella contabilit nazionale le stime del reddito e della spesa a livello di Pnl dovrebbero essere uguali. La produzione del reddito viene rilevata presso le famiglie, e il suo utilizzo per consumi, investimenti e risparmi viene rilevato presso le aziende. Le eventuali discrepanze tra queste due grandezze possono essere usate come indicatori del livello di economia sommersa. Le assunzioni che stanno alla base di questo metodo sono: a) che non vi sia, da parte delle famiglie, alcuna reticenza nel nascondere il reddito prodotto irregolarmente (mentre ci non si ritiene vero per le imprese); b) che gli operatori che lavorano nel sommerso possano nascondere il loro reddito ma non le loro spese. Entrambe queste assunzioni sono abbastanza forti e poich molto facile che vi siano errori od omissioni nelle rilevazioni del reddito e della spesa, questo metodo risulta di discutibile affidabilit. b) Metodo della discrepanza tra la stima del lavoro regolare e il livello di occupazione che si considera normale. Se si ritiene che la forza lavoro totale sia costante, allora una diminuzione del lavoro regolare pu rivelare un aumento del lavoro irregolare. Il movimento verso il sommerso pu anche essere misurato effettuando un paragone con uneconomia comparabile e stimando i diversi tassi di occupazione regolare. Questo metodo permette di costruire indicatori della situazione occupazionale di particolari realt locali, ma il suo limite che la discrepanza misurata pu essere dovuta anche ad altre cause, ad esempio, una seconda occupazione irregolare affiancata ad una prima occupazione regolare. c) Metodo della domanda di moneta Questo metodo stima la domanda di moneta circolante rispetto alla domanda di depositi a vista (Tanzi 1980). Le assunzioni importanti su cui si basa sono le seguenti: a) le transazioni nelleconomia sommersa sono interamente effet-

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tuate in contanti, quindi ad un incremento delleconomia sommersa corrisponde un aumento della domanda di moneta circolante; b) leconomia sommersa principalmente causata dallelevata tassazione; c) il rapporto tra la moneta circolante e i depositi a vista costante nel tempo (in mancanza di economia sommersa e a meno che non cambino le abitudini di pagamento). Lequazione utilizzata per studiare il fenomeno considera il rapporto tra moneta circolante e depositi a vista, e include una serie di variabili tra le quali il livello di tassazione. Per mezzo di questa equazione viene inizialmente stimata la domanda di contanti allo stato presente (cio con la tassazione attuale) e poi viene stimata la domanda di contanti nello stesso anno, ma con un carico fiscale pi basso o nullo (quindi in una situazione ipotetica in cui non vi economia sommersa). La differenza tra queste due stime dar la quantit di circolante utilizzato nel sommerso. Infine, assumendo che la velocit di circolazione della moneta la stessa sia nelleconomia regolare che in quella sommersa, pu essere calcolato il reddito generato dalleconomia sommersa. Vi sono per diverse obiezioni a questo metodo: a) non tutte le transazioni sono pagate in contanti; b) il carico fiscale pu non essere lunica causa delleconomia sommersa (altre cause possono essere limpatto dei regolamenti, lattitudine del contribuente verso lo stato, ecc); c) i fattori determinanti la domanda di moneta sono instabili, diversi da paese a paese e talvolta anche allinterno dello stesso paese. A supporto di ci si pu fare lesempio del dollaro americano, che in gran parte circola al di fuori degli Stati Uniti (Galantini 2000); d) difficile sostenere che la velocit di circolazione identica sia nelleconomia ufficiale che in quella irregolare, appunto perch difficile stimarla; e) difficile sostenere lassenza di economia sommersa in un ipotetico anno di riferimento in cui la tassazione nulla; f ) il rapporto tra circolante e depositi a vista difficilmente pu rimanere stabile: la scarsa richiesta di tali depositi pu essere dovuta alla proliferazione di depositi di tipo alternativo. d) Metodo delle transazioni Applicato negli Stati Uniti, questo metodo rappresenta unalternativa al metodo monetario illustrato qui sopra (Feige 1979, 1986, 1996). Si basa sullassunzione che ci sia un rapporto costante nel tempo tra volume totale delle transazioni (avvenute sia in contanti sia per mezzo di assegni) e reddito (Pnl ufficiale) ed espressa dallequazione quantitativa della moneta MV=PQ di Fisher (con M quantit di moneta, V velocit di circolazione della moneta, P il livello dei prezzi, Q indice delle transazioni, cio delle quantit di beni prodotte e scambiate). Conoscendo e assumendo costante la velocit di circolazione della moneta e conoscendo M (moneta circolante pi depositi a vista), possibile trovare PQ, equivalente al valore totale delle transazioni (composto da transazioni

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finanziarie, intermedie, di beni finali e transazioni nelleconomia irregolare). Anche questo metodo presenta dei punti di debolezza: a) lassunzione di un anno base senza economia sommersa; b) lassunzione che la velocit di circolazione della moneta e degli assegni rimanga stabile nel tempo; c) lassunzione che la moneta sia utilizzata solo a scopi transattivi; d) non c evidenza che il rapporto tra transazioni e reddito ufficiale sia costante nel tempo. e) Modello degli input fisici Si basa sulla rilevazione del consumo di input misurabili e se ne misura la coerenza o la differenza con le stime ufficiali del Pil. Lassunzione di base di questo metodo che lattivit economica strettamente correlata con il consumo di energia elettrica, e che lelasticit del loro rapporto approssimativamente vicina al valore uno. Assumendo che questo rapporto relativamente costante e conoscendo il valore complessivo dellelettricit erogata, possibile derivare una stima del Pil complessivo. La differenza tra questo Pil complessivo e il Pil ufficiale dar la stima delleconomia sommersa. La differenza tra la crescita ufficiale del Pil e la crescita del consumo di elettricit (differenza nulla in una situazione ideale in cui non c sommerso) quindi attribuita alla crescita del sommerso. Ma anche questo metodo, che viene ritenuto adatto per la misurazione del sommerso nei paesi in via di sviluppo, presenta alcuni limiti: a) molte attivit economiche richiedono piccole quantit di elettricit; quindi quelle attivit irregolari di questo tipo non verranno rilevate; b) il progresso tecnico ha permesso un utilizzo pi efficiente di elettricit, sia nelleconomia regolare che in quella irregolare; c) possono esserci differenze nellelasticit del rapporto tra elettricit consumata e Pil, soprattutto in quei paesi che stanno conoscendo cambiamenti strutturali; d) se vengono utilizzate altre forme di energia una parte del sommerso non verr rilevata. Una variante a questo modello fu introdotta assumendo che una certa parte delleconomia sommersa vada associata al consumo domestico di elettricit, dovuto alle attivit produttive fatte in casa. Leconomia non ufficiale sar quindi tanto pi grande quanto maggiore il consumo domestico di energia, ma considerando solo lambiente domestico si rischia di perdere una buona parte di sommerso. 3) Approccio econometrico: il metodo basato sul modello della variabile latente I metodi descritti qui sopra consideravano leconomia sommersa in funzione di una sola causa (principalmente lelevata tassazione) e ne indicavano un solo effetto (il consumo di elettricit o la domanda di moneta o la diminuzione di occupazione regolare, ecc.). Questo ultimo approccio, basato su modelli econometrici, consente di evitare lapprossimazione dovuta alluso di una sola causa e di un solo indicatore. Secondo questo approccio leconomia sommersa viene

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trattata come una variabile non osservabile direttamente e valutata in relazione a variabili osservabili, che sono le molteplici cause (lalta tassazione, ma anche cause di ordine normativo e psicologico) ed i molteplici indicatori degli effetti. Il metodo empirico basato sulla teoria statistica della variabile latente e consiste, nella sua struttura pi generale, in un sistema di equazioni suddiviso in due parti. La prima parte, il modello delle equazioni di misurazione, collega le variabili latenti agli indicatori osservati; la seconda parte, il modello delle equazioni strutturali, stabilisce un nesso causale tra le variabili non osservabili. Attraverso la risoluzione simultanea di entrambe le parti del sistema si possono stimare i parametri delle equazioni, e attraverso questi, il valore delle variabili. In questo caso la variabile una sola, leconomia sommersa, e si presuppone che sia influenzata da una serie di indicatori esterni che ne indichino lampiezza. In questo modo si pu svelare la dipendenza strutturale delleconomia irregolare dalle sue variabili, e ci si rivela utile anche nel predirne lo sviluppo. Ci sono varie indicazioni su quali possano essere gli indicatori e le cause pi plausibili. Tra queste: a) il carico fiscale presente o anche solo percepito: una tassazione crescente incentiva a lavorare nel sommerso; b) il peso della regolazione: si ritiene che anche la crescita di questo fattore incentivi al sommerso; c) la tax morality, cio il senso civico dei cittadini. Tra gli indicatori degli effetti: a) richiesta di circolante: col crescere del sommerso cresce anche la richiesta di contanti per le transazioni; b) occupazione: col crescere del lavoro sommerso diminuisce il lavoro regolare; c) produzione: i fattori della produzione (soprattutto il lavoro) che cadono nel sommerso possono avere un effetto depressivo sul Pil. Naturalmente ci possono essere altri fattori: in particolare, tra le cause si possono anche considerare la tassazione per i lavoratori autonomi, i tassi di inflazione e disoccupazione, lampiezza del settore pubblico. Una grande difficolt di questo metodo stabilire lentit di cause quali lintensit dei regolamenti e il senso civico dei cittadini verso lo stato. Poi, sebbene il sistema abbia il pregio di connettere concettualmente leconomia irregolare alle sue cause, anche a cause diverse da quelle fiscali, presenta come incognita il peso da attribuire alle variabili e la loro identificazione e misurazione. (i) Tecniche di ricerca sul campo. Le metodologie di carattere statistico, elencate sopra, danno naturalmente un importante contributo allo studio del fenomeno e suggeriscono direzioni per la ricerca. Presentano per, oltre agli ovvi limiti di carattere metodologico, dei limiti di carattere concettuale: 1) tendono a quantificare e localizzare il sommerso senza individuare il funzionamento delleconomia irregolare; 2)

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individuano degli aspetti comuni, una sorta di tipo ideale del sommerso, ma non ne colgono leterogeneit e la disomogeneit nei differenti settori e realt territoriali; 3) la tecnica usata per la raccolta dati, soprattutto nel caso dellapproccio diretto, non riesce a superare la diffidenza degli operatori. Ci che ci interessa maggiormente sapere dove il sommerso sta e come funziona. Per questo abbiamo scelto di utilizzare altre metodologie di ricerca che si sono rivelate adatte per lesplorazione di realt specifiche, mostrando una buona capacit di rimettere in discussione i risultati raggiunti. Se le metodologie devono essere studiate ad hoc per i diversi problemi e che per ciascuno di essi bisogna lasciare aperta la strada a procedure evolutive adeguate (Meldolesi e Stame 1998), questo approccio del learning by doing, scostandosi dai metodi tradizionali utilizzati in modo standard per analizzare realt territoriali, non permette nemmeno un utilizzo standard degli strumenti statistici. Non essendovi una conoscenza delluniverso in questione non possibile tracciare un campione probabilistico, n semplice n stratificato, perch scoprire le motivazioni che portano al mancato rispetto delle norme di sicurezza e alla presenza del lavoro irregolare un punto di arrivo e non di partenza. Quella che segue la descrizione delle tre tecniche di ricerca sul campo utilizzate dal Comitato per lemersione del sommerso, lultima delle quali quella da noi utilizzata nella nostra ricerca. (l) Metodo Bergonzini Il metodo nasce nel 1971, al fine di studiare loccupazione femminile in alcune piccole realt dellEmilia. Il suo principio la collaborazione di alcune persone che, per motivi professionali o sociali, sono informate sulle attivit dei componenti delle varie famiglie (Bergonzini 1973). Il metodo pu essere utile sia per acquisire conoscenze sulla realt da studiare sia per individuare un campione di persone da intervistare successivamente. Si devono innanzi tutto individuare delle persone terze che, per i pi vari motivi, sono informate sulla comunit che si vuole studiare e si chiedono loro informazioni attraverso interviste individuali o focus groups. Ricevendo le informazioni da persone terze, che teoricamente non hanno motivi per non collaborare, non si costretti ad interpellare direttamente le persone che operano nel sommerso, che potrebbero dimostrarsi reticenti nei confronti dellintervistatore. Per effettuare una misurazione con questo metodo, bisogna delimitare loggetto dellindagine e stilare una lista delle persone rilevanti al fine della ricerca, in modo da poter definire per ciascuna di esse la condizione lavorativa. I limiti di questo metodo stanno nella difficolt di individuare i potenziali collaboratori e nellestensione dellarea su cui indagare.

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Anche se questa tecnica pu avere la sua efficacia in aree circoscritte, dove le persone si conoscono, e difficilmente potrebbe essere applicabile nei grandi centri. (2) Metodo della persona conosciuta Questo metodo, che ha le sue radici in quello precedente, propone di utilizzare come intervistatore un residente nellarea oggetto dellindagine. In questo modo lintervistatore, che una persona conosciuta (anche solo di vista), non viene visto come un controllore pronto a denunciare le irregolarit, e viene a cadere quella distanza e diffidenza che potrebbe esserci tra lui e lintervistato. Una persona interna, che dichiara il suo scopo (ad esempio linteresse di studio) pi credibile e sa comunicare pi efficacemente con loperatore. Inoltre conosce gi il contesto e pu individuare pi facilmente politiche di sviluppo e di emersione. Anche in questo caso larea di indagine deve essere ristretta e delimitata. (3) Campionamento a valanga10 Questo metodo si rivela utile quando non esiste un elenco di persone da intervistare o di imprese da rilevare (quindi spesso nel caso del sommerso). Esso prevede, inizialmente, lindividuazione di alcuni soggetti (osservatori privilegiati) che sono a conoscenza delle problematiche e che potrebbero rivelarsi daiuto. Una volta individuati e intervistati, si chiede loro di indicare altri soggetti da intervistare. A questi ci si presenta a nome del primo informatore o, per ridurre ulteriormente la diffidenza degli intervistati, su sua diretta presentazione. Anche a queste persone si chiede di individuarne altre, e cos via. Il campione di persone da intervistare non definito, ma ragionevole raggiungere unampiezza rappresentativa del sistema economico analizzato. Nonostante ci il campione non pu essere definito probabilistico (perch la scelta delle persone non stata casuale) e il metodo non consente di generalizzare le conclusioni (perch si indaga su una piccola area), questo metodo ci sembrato lunico che potesse consentire di indagare realt altrimenti impenetrabili. Le questioni da esaminare vengono via via rimesse in discussione, ogni qualvolta le interviste rivelano qualcosa di nuovo o di non conforme. Inoltre questo metodo ci sembrato particolarmente efficace per ricostruire la rete delle relazioni tra i diversi soggetti (istituzionali e non) che operano (o che dovrebbero operare) nel settore della prevenzione per la sicurezza del lavoro e degli altri che sono impegnati (o

10 La denominazione a valanga non deve far immaginare una messe innumerevole di persone intervistate, piuttosto deve far pensare al procedere nelle interviste che, partendo da un punto ben preciso, si via via allargato a nuovi contatti e quindi a nuovi intervistati proprio come una valanga parte da un piccolo punto ben delimitato per poi interessare nello smottamento un intero fianco della montagna.

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che dovrebbero esserlo) nellemersione del sommerso. Per tutta questa serie di motivi ci sembra evidente come questa tecnica basata sul learning by doing (o potremmo meglio dire learning by interviewing) sia stata quella che abbiamo considerato pi congrua ai fini della nostra ricerca.

1.2.2. La metodologia della ricerca sul lavoro sommerso nella provincia di Pisa
La nostra ricerca si sviluppata lungo alcune direttrici complementari, secondo il metodo di analisi sopra brevemente descritto: (1) attraverso il campionamento a valanga di interviste dirette con 40 osservatori privilegiati (si veda il dettaglio pi avanti), individuati mediante una preliminare mappatura degli attori istituzionali e sociali coinvolti nelle politiche di controllo del lavoro irregolare; sulla base di unanalisi di competenze e poteri formalmente attribuiti, abbiamo definito un panorama di microlivello. Le interviste sono state effettuate nellarco di tempo che va dal 15 luglio 2008 al 9 gennaio 2009. Sono stati contattate complessivamente 40 persone tra rappresentanti di istituzioni, enti e associazioni, lavoratori e datori di lavoro. Per quest'ultima categoria ragioni di tempo e la difficolt di individuare rapidamente i contatti hanno fatto s che il numero degli intervistati fosse esiguo rispetto a quello auspicabile. Pi precisamente il dettaglio della tipologia degli intervistati il seguente: istituzioni: 5 interviste (due assessori provinciali, la responsabile dei Centri per l'impiego di Pisa, un dirigente della Provincia, il responsabile del Progetto AgrImpiego considerato alla stregua di rappresentante della Provincia perch la realizzazione del progetto riconducibile all'amministrazione provinciale); enti di controllo: 5 interviste che comprendono i direttori di Inps (exdirettore neo-pensionato e direttore facente funzioni), dell'Inail e della Dpl di Pisa, nonch il presidente dell'Anmil, associazione considerata affine agli enti di controllo e quindi inserita in questa categoria; sindacati/patronati: 7 interviste (di cui una congiunta per un totale di 8 persone) che comprendono i segretari provinciali di Cgil, Cisl e Uil, i segretari di categoria del settore agricoltura Flai-Cgil e Fai-Cisl, il responsabile lavoro privato Cobas Pisa, la direttrice ed un'operatrice delle Acli di Pisa; associazioni di categoria: 5 interviste, ivi compresa la Cassa edile che ha preso forma in un'intervista congiunta con il presidente (rappre-

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sentante degli imprenditori) e i due vice-presidenti (rappresentanti sindacali), per un totale di 8 persone incontrate. Oltre alla Cassa edile abbiamo incontrato il referente per la sicurezza della Cia di Pisa, la direttrice dell'Aema, il direttore di Confagricoltura-Unione provinciale degli agricoltori di Pisa, il direttore di dell'Unione industriali di Pisa; lavoratori e datori di lavoro: 7 lavoratori (2 del settore edile, 3 badanti, un operaio agricolo e un addetto alla forestazione) e 3 datori di lavoro (un direttore di azienda agricola, un esercente macchine agricole e una famiglia/datore per badante); associazioni: 3 interviste a Caritas Pisa, Misericordia Pisa e associazione Batik (intervista congiunta con vice-presidente e un'operatrice). Dalle interviste emersa una rappresentazione appropriata e sufficientemente dettagliata, per quanto territorialmente circoscritta e conseguentemente non generalizzabile, delluniverso del lavoro sommerso e dei fattori di insicurezza del lavoro nella provincia di Pisa. Attraverso le informazioni cos raccolte ci stato possibile ricostruire la struttura di motivazioni che spinge lavoratori e datori di lavoro al mancato rispetto delle norme sulla sicurezza e sulla regolarit, nonch disegnare con relativa precisione la rete degli attori istituzionali, pubblici e privati, che intervengono a vario titolo nelle azioni di informazione, controllo e contrasto; (2) recuperando ed incrociando i dati ufficiali forniti dagli enti che operano nel settore (Dpl, Inps, Inail, Asl, sindacati, associazioni assistenziali, ecc.) abbiamo ricostruito un quadro di macrolivello, utile per designare il quadro generale nel quale si delineano le dinamiche riscontrate nellanalisi di micro-livello; (3) abbiamo intervistato direttamente un ristretto campione di lavoratori e imprenditori. Senza alcuna pretesa di realizzare un campionamento statistico, le parole delle persone che direttamente si confrontano con il mondo del lavoro offrono un approccio che ci ha permesso di arricchire la fotografia del sommerso con un contenuto qualitativo, che prende forma da un vissuto personale, con limpatto sulla vita privata. Le interviste realizzate su tre macro profili settoriali (lavoro domestico, agricoltura ed edilizia) tracciano elementi di differenza e elementi che, in maniera trasversale, accomunano la condizione lavorativa, le esperienze di inserimento e i percorsi di vita. In appendice viene presentato in dettaglio lo schema di codifica relativo a tute le interviste effettuate.

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1.3. La dimensione settoriale del lavoro irregolare: edilizia, servizi domestici, agricoltura
La variabile settoriale incide direttamente sulle modalit con cui il lavoro irregolare si manifesta, sul suo livello di radicamento, sulle sue dinamiche evolutive, sullo spettro di motivazioni e di attori che vi sono coinvolti a vario titolo, e conseguentemente anche sugli strumenti utilizzabili dalle politiche di contrasto e per lemersione.11 Alcuni tipi di attivit economica, infatti, appaiono per loro natura particolarmente vulnerabili al diffondersi di reti di rapporti di lavoro irregolari. questo il caso dei servizi domestici, dellagricoltura e delledilizia, che abbiamo selezionato quali ambiti di approfondimento allinterno della nostra ricerca sulla provincia di Pisa.12 Come mostra la figura 1.2, si tratta di tre settori economici che nel 2005 presentano la maggiore incidenza, in termini percentuali, di occupazione irregolare rispetto al totale degli occupati nel settore, con un tasso di irregolarit pari al 59,5% per il servizi domestici, 39,7% per lagricoltura, 13,1% per le costruzioni. Soltanto il settore degli alberghi e pubblici esercizi, con il 13,6%, supera di poco quello delle costruzioni, che per presenta maggiori rischi per quanto riguarda la sicurezza dei lavoratori, specie per quel che concerne gli infortuni pi seri. Le linee evolutive degli ultimi 15 anni mostrano per tutti e tre i settori una progressiva riduzione dei livelli di irregolarit, con una parziale inversione di tendenza, particolarmente marcata nel settore agricolo e dei servizi alla famiglia, a partire dal 2003 (vedi figura 1.3).
11 Oltre al profilo settoriale naturalmente vi sono diverse altre variabili rilevanti, non approfondite in modo specifico in questa ricerca, che potrebbero arricchire il quadro interpretativo di caratteristiche ed effetti della diffusione di condizioni lavorative irregolari. Tra queste, in particolare, lappartenenza di genere, che come riscontrato in un diverso lavoro supera le differenze territoriali: la condizione di lavoratrice, a vari livelli di irregolarit, si connota di maggiore complessit rispetto a quella dei lavoratori irregolari maschi. Per le lavoratrici svolgere unattivit parzialmente o del tutto irregolare appare condizionante e limitante in molti momenti significativi quali la maternit, la conciliazione del tempo da dedicare alla famiglia e al lavoro. Le donne, inoltre, hanno a parit di mansione retribuzioni inferiori a quelle dei loro colleghi maschi e restano pi a lungo relegate in profili a bassa qualificazione (Ires-Cgil 2007, 15). Altra dimensione rilevante quella dellet: i lavoratori pi giovani tendono infatti a reputare transitoria la propria condizione, accettando termini contrattuali pi penalizzanti, laddove gli adulti sono pi propensi a ritenere strutturale, acquisita e difficilmente recuperabile la propria condizione irregolare. 12 Come gi messo in evidenza da una precedente ricerca sul lavoro irregolare nella provincia di Pisa, le irregolarit sembrano avere una caratterizzazione prevalente di tipo settoriale; si presentano cio in forme non specifiche della provincia, ma legate alla maggiore diffusione del sommerso in queste tipologie di attivit economiche e al loro peso nelleconomia provinciale, talora legate anche a fenomeni sociali a rischio di sommerso quali la presenza di lavoratori extra-comunitari (18029 residenti) (Provincia di Pisa 2006, 161).

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fig. 1.2. Tasso di irregolarit in alcune attivit economiche nel 2005. Fonte: Istat 2008.

Un diverso tipo di analisi, condotta dal Censis con la stima della diffusione del fenomeno del lavoro irregolare mediante un campione di testimoni privilegiati, conferma la salienza del problema nei tre settori considerati: anche in questo caso servizi domestici e di assistenza alla persona, agricoltura e costruzioni si collocano rispettivamente ai primi tre posti della classifica, con una valutazione (in percentuale rispetto al totale degli occupati nel settore) compresa tra il 24,4% e il 37,1% (vedi tabella 1.1).
tab. 1.1. Lincidenza del lavoro irregolare sulloccupazione complessiva, per settore, secondo stime dei testimoni locali (val.% sul totale occupati). Fonte: Censis 2005.
Settore Servizi domestici Assistenza alla persona (badanti, baby sitters) Agricoltura Costruzioni (subappalti) Costruzioni (ristrutturazioni) Pubblici esercizi (bar, ristoranti) Piccoli esercizi commerciali Agriturismo, campeggi Tessile/abbigliamento/manifatturiero Intermediazione immobiliare Alberghi Servizi sociali Totale (% su totale occupati) 37,1 37,0 25,9 24,5 24,4 22,3 17,4 17,3 12,8 12,4 12,1 10,3

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Alcune caratteristiche accomunano i settori dove la presenza di lavoratori irregolari pi radicata. In primo luogo, come meglio si vedr nel prossimo capitolo, il lavoro irregolare si associa ad alcune variabili di natura economica: (i) la domanda di manodopera per servizi poco qualificati; (ii) processi produttivi con un basso livello di sviluppo tecnologico e ad alta intensit di lavoro; (iii) scarso rilievo delle economie di scala, da cui la frammentazione del sistema produttivo, che si frappone allazione di controllo delle autorit di vigilanza; (iv) una domanda polverizzata e differenziata, che costituisce un tratto comune ai settori agricolo, edilizio, dellassistenza alla persona; (v) livelli elevati di imposizione fiscale. In questi contesti appare spesso conveniente o necessario per gli imprenditori ricorrere ai servizi di soggetti deboli sul piano del potere negoziale, come ad esempio gli immigrati, in alcuni casi costretti ad accettare mansioni dequalificate rispetto alla loro precedente esperienza formativa oppure, se privi di regolare permesso di soggiorno, ad accettare lassunzione in nero.13 Ancora, incidono negativamente sulla diffusione del fenomeno tanto la debole adesione a modelli culturali favorevoli al rispetto della legalit tra i protagonisti dellattivit economica, che lassenza di criteri di riconoscimento sociale che incoraggiano il rispetto delle norme. N lo stigma sociale, n provvedimenti disciplinari delle associazioni di categoria colpiscono gli imprenditori che non rispettano le norme sul lavoro. Inoltre, la presenza di meccanismi di tutela sociale e di una cultura assistenzialista, specie nel settore agricolo e in quello delle costruzioni, alimentano tanto la domanda che lofferta di prestazioni lavorative irregolari, nelle quali sono coinvolti di solito individui che gi beneficiano di ammortizzatori sociali, come assegni, sussidi, cassa integrazione.

1.3.1. Il lavoro domestico e i servizi alla persona


Il caso dei servizi di cura alla persona, nel quale lincidenza del lavoro irregolare avrebbe in alcuni periodi toccato e superato il 70% (si veda la figura 1.2 e la tabella 1.1), particolarmente significativo. Secondo una stima recente, la presenza di lavoratori domestici irregolari oscilla tra un minimo di 250mila a un massimo di 900mila, cui si aggiungono i 745mila domestici stranieri iscritti allInps.14

13 A questo corrispondono, specialmente nella realt dellItalia meridionale, meccanismi di accesso al lavoro basato su intermediazione informale: In agricoltura ed edilizia prevale una modalit di accesso gestita dai cosiddetti caporali che da un lato utilizzano il passaparola delle reti informali, dallaltra attingono al bacino della manodopera straniera in ben definiti luoghi di concentramento. Per le attivit domestiche e di cura delle persone il canale quello delle conoscenze e relazioni interpersonali (IresCgil 2007, 23). 14 Si veda Il sole-24 ore; 2 aprile 2007.

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In questo comparto si concentrano infatti diversi fattori convergenti nellincentivare linformalit dei rapporti di lavoro: (a) linvisibilit pressoch completa rispetto agli organismi di controllo tanto dei servizi erogati (di cura o domestico) che dei luoghi dove viene erogato (case private). Laccesso alle abitazioni, infatti, esula dal normale mandato degli ispettori di Inps e Dpl, poich sotto il profilo normativo la casa non rientra tra i luoghi di lavoro; (b) le modalit dincontro tra la domanda e lofferta, che in genere vede il ricorso a meccanismi di intermediazione informale (gestiti anche mediante limpiego di reti parentali, di vicinato o di appartenenza etnica), oppure a canali di comunicazione indiretta, ad esempio attraverso il passaparola, oppure strumenti di inserimento legati allambiente ecclesiastico (che hanno favorito processi di specializzazione etnica a favore di lavoratrici provenienti da paesi di area cattolica, come le filippine);15 (c) la crisi dei sistemi di welfare e il concomitante invecchiamento della popolazione, che ha di recente portato a 2.625.000 il numero di anziani non autosufficienti,16 hanno aperto spazi a una domanda molto diversificata di servizi personalizzati di assistenza, non pi limitata alle fasce agiate della popolazione, ma allargata anche ad altri strati sociali meno abbienti, non garantiti adeguatamente da servizi pubblici;17 (d) la presenza predominante allinterno di questo mercato di un soggetto contrattualmente debole, in genere donne professionalmente poco qualificate: nel 2004 dei circa 2 milioni di addetti nel comparto domestico la componente

15 Nel 65% dei casi le lavoratrici irregolari hanno trovato limpiego attraverso la rete di conoscenze informali, nel 10% dei casi mediante proposta diretta del futuro datore di lavoro (Isfol 2008b, 95). In Italia questi meccanismi di mediazione informale per i lavoratori immigrati hanno compensato, in forme spontanee ed auto-organizzate, linadeguata e discontinua attenzione delle politiche di regolazione dellofferta di lavoro, specie nelle fasce basse del mercato occupazionale. In questi contesti, infatti, laccreditamento derivante dallappartenenza a determinate reti di relazione ed elementi di prossimit o somiglianza nei confronti di chi gi svolge quelloccupazione funzionano da grossolano filtro di selezione (). Possiamo cos osservare che in Italia le reti etniche (ma sarebbe meglio parlare di reti di clan a base parentale e di vicinato) hanno esplicato un peculiare dinamismo. () Per questa ragione, nel giro di pochi anni le reti sociali hanno acquisito grande importanza nel determinare specializzazioni etnich, percorsi di ingresso nel mercato del lavoro, probabilit di (relativo) successo, e anche stereotipi e rappresentazioni sociali degli immigrati buoni oppure pericolosi (Ambrosini 2003). 16 Sulla base di dati Istat, si veda Il Corriere della Sera, 31 marzo 2008, p. 10. 17 In queste condizioni, il boom dei collaboratori familiari immigrati indica, dunque, che la domanda di servizi di cura riguarda soprattutto le situazioni pi impegnative, quelle che richiedono la convivenza (o un alto numero di ore lavorate): ad esempio, il problema dei grandi anziani, associato alla crescente presenza femminile nel mercato del lavoro, implica che sempre meno donne italiane abbiano la possibilit di dedicare molte ore allassistenza dei congiunti con consistenti fabbisogni di cura (Iref 2007, 5).

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femminile pari all86,6% (Istat 2007), mentre il 45,2% delle donne occupate in attivit irregolari svolgono servizi domestici presso famiglie e convivenze (Isfol 2007b, 62); (e) la riluttanza da parte delle lavoratrici italiane ad offrire questo tipo di prestazioni lavorative i servizi di assistenza personale alle condizioni contrattuali di mercato: Non ho mai trovato badanti italiane ha confermato una nostra intervistata stai scherzando? Alle italiane non piace questo lavoro. Questo lavoro lo dobbiamo fare noi. S, magari le donne italiane possono fare le pulizie, ma le badanti no (lav5). Linserimento massiccio di lavoratrici straniere ha fatto seguito, infatti, a uno spazio di mercato lasciato libero dalle lavoratrici nazionali, a seguito dei movimenti di emancipazione e della crescita del benessere realizzatisi nel secondo dopoguerra; (f ) la presenza predominante di lavoratrici straniere extracomunitarie, in alcuni casi irregolari, in qualche caso giunte in Italia per ragioni di studio o per seguire il coniuge. Del resto, la vulnerabilit dei lavoratori irregolari pu influire in modo negativo sulle condizioni dei lavoratori regolari. Le famiglie, infatti, potrebbero preferire collaboratori che accampano meno pretese (perch lassenza di un permesso di soggiorno le rende sostanzialmente impotenti) a lavoratori che, in virt di un soggiorno regolare, rivendicano giustamente i propri diritti in termini di contratto e adempimenti previdenziali (Iref 2007, 45);18 (g) il costo elevato dei salari regolari e delle prestazioni previdenziali previste per il lavoro domestico, difficilmente sostenibili da famiglie non facoltose, per le quali sono invece accessibili le prestazioni a prezzi contenuti di collaboratrici domestiche immigrate. Ci si trova cos di fronte a una situazione nella quale lofferta genera la domanda, creando nuovi bisogni altrimenti inespressi (Colombo 2005, 452); (h) Lirrilevanza di titoli di studio, competenze ed esperienze precedentemente accumulate, data limpossibilit delle famiglie di verificare ex-ante la qualit dei servizi offerti. Questo rende particolarmente preziosi, nella selezione del personale da assumere, tutti i segnali derivanti dallevidenza di caratteristiche etniche, dalle fede religiosa o da qualit personali in apparenza estranee alle future necessit delle mansioni lavorative: doti generiche di affidabilit, disponibilit, deferenza salgono alla ribalta (). Sono tratti di personalit e requisiti extra-lavorativi ad essere enfatizzati, come lonest, il senso di responsabilit, latteggiamento garbato e docile (Ambrosini 2003).
18 Lesigenza di accumulare risorse monetarie per costruire un futuro nel proprio paese le porta ad assumere un orizzonte temporale di breve periodo come termine di riferimento nelle proprie opzioni di regolarizzazione dellimpiego, preferendo di solito quelle soluzioni che consentono loro di monetizzare le prospettive previdenziali e assicurative, visto che non si aspettano di ottenere prestazioni di quel tipo in Italia.

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fig. 1.3. Evoluzione dei tassi di irregolarit in Italia: 1991-2005. Fonte: Istat 2008

tab. 1.2. Incidenza occupazione irregolare su totale occupati 1992-2000 (v.a., val.% e var.%). Fonte: elaborazione Censis 2003 su dati Istat.
Incidenza occupazione irregolare 2000 Industria in senso stretto Trasporti e comunicazioni Industrie tessili e dell'abbigliamento Commercio all'ingrosso, al dettaglio e riparazioni Industria del legno e dei prodotti in legno Intermediazione monetarie e finanziaria, attivit finanziarie e imprenditoriali Alberghi e pubblici esercizi Costruzioni Agricoltura, silvicoltura e pesca Servizi domestici presso famiglie e convivenze 5.9 8.8 9.4 9.9 11.6 13.7 14 14.2 59.2 77 Variazione % occupati irregolari 1992-2000 -0.3 46.1 -2.6 20.8 1.8 22.2 36 5.7 -14.7 13.7 Variazione incidenza occupazione irregolare 0.2 2.9 1.1 1.6 0.5 -0.5 1.7 1.5 10.1 2.5

Quando il datore di lavoro una famiglia, che non segue le logiche di profitto dellimpresa, la micro-organizzazione risultante vede una donna, in molti casi anchessa lavoratrice, offrire un impiego a unaltra donna per la conduzione di attivit di cura di persone o di gestione familiare: la tipizzazione di genere

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femminile delle azioni di cura fa s che, nella cultura corrente, questo lavoro tenda a perdere la valenza professionale e venga assimilato allarea dellaccudimento informale (Isfol 2007b, 90). Questo fattore, accanto agli altri considerati, rende fisiologica la presenza di formule contrattuali informali di collaborazione, negoziate direttamente con estrema flessibilit, e che peraltro hanno visto una crescita dellincidenza di lavoro irregolare nel corso degli anni novanta del secolo passato. Nel caso della provincia di Pisa, analogamente a quanto avviene in altre realt, stato segnalato dagli intervistati un meccanismo di turn-over che fa leva sui permessi di soggiorno turistico concessi ad aspiranti badanti extra-comunitarie. Anche su scala nazionale il visto turistico, del resto, il pi utilizzato per lingresso nel paese, dal 63,1% delle badanti extracomunitarie (contro l8,1% per lavoro stagionale, il 4,6 per motivi familiari, il 4,5% per lavoro subordinato, l1,4% per motivi di studio, e il 18,4% senza alcun visto) (Iref 2007, 22). Le lavoratrici utilizzano cos i tre mesi previsti dal permesso turistico sempre pi spesso ultima spiaggia per lingresso regolare in Italia dopo i vincoli imposti dalla legge Bossi-Fini sullimmigrazione per prestare in nero servizi di assistenza ad anziani e malati presso famiglie con le quali avevano gi concordato la prestazione, per poi lasciare il posto ad altre turiste-badanti anchesse destinate ad essere rimpiazzate allo scadere dei termini (Provincia di Pisa 2006, 162). In caso contrario, esse diventano overstayer, entrando in clandestinit allo scadere del visto. Lidentikit delle badanti extracomunitarie in Italia, tracciato da una recente ricerca, ci mostra un profilo identitario dai contorni mutevoli soprattutto a seconda della provenienza (per il 29,3% da paesi dellex Urss, il 31,0% dallEuropa orientale, il 15,9% dallAsia, il 14,5 da Centro e Sudamerica, il 9,4% dallAfrica). Il livello di istruzione delle donne dellest Europa pi alto, spesso sono laureate, ma in generale una su quattro ha solo la licenza elementare, il 30% la licenza media inferiore. Il 65,7% delle lavoratrici domestiche ha una famiglia con figli. Solo il 38,3% delle loro famiglie vive con loro in Italia, mentre il 61,7% sostiene le famiglie nel paese di origine, e il 57,4% vive lontano dai figli. Lorizzonte con il quale affrontano la loro esperienza lavorativa in Italia ristretto al tempo necessario a risparmiare dei soldi o spostarsi in un altro stato, soprattutto per le donne dellest Europa e dellex Urss (oltre il 60% non va oltre questo breve periodo), ma il 27,3% delle asiatiche e circa il 20% di africane e centro-sudamericane sperano di sistemarsi stabilmente in Italia (vedi tabella 1.3).19 Le mansioni delle lavoratrici domestiche sono di assistenza a bambini
19 La prospettiva temporale del progetto migratorio influenza il successivo ricongiungimento familiare: il 57,8% di coloro che sono partiti con lidea di rimanere allestero hanno portato in Italia tutti i membri della loro famiglia (Iref 2007, 18).

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nel 17,4% dei casi, di collaborazione domestica nel 31,4%, di badante in multicommittenza nel 9%, di badante in monocommittenza nel 42,2%.20 In media, il lavoratore domestico co-residente ha un carico di lavoro di quasi 3 ore in pi al giorno: 39 ore nella settimana tipo per il non convivente contro le 59 del convivente (Iref 2007, 31).
tab. 1.3. Il progetto migratorio di partenza delle lavoratrici domestiche immigrate Fonte: Iref 2007.
Area geografica di provenienza Progetto migratorio di partenza Nazioni ex-Urss Europa orientale Breve periodo Lungo periodo Nessun progetto Totale 64,8 12,3 22,9 100,0 64,3 12,7 23,1 100,0 Africa 48,4 21,5 30,1 100,0 Centro e Sud America 56,3 20,1 23,6 100,0 Asia 56,3 27,2 16,5 100,0 Totale 60,5 16,8 22,7 100,0

Le ragioni per cui non sono dichiarate tutte le ore lavorate limitatamente alle sole collaboratrici in regola per quanto riguarda il permesso di soggiorno mostrano la presenza di una zona grigia sospesa tra regolarit e irregolarit. Nel 61,5% dei casi ci frutto di una scelta concordata dalle due parti, nel 14,4 % la stessa collaboratrice a chiedere di essere pagata in nero, mentre solo nel 24,1% dei casi il datore di lavoro ad aver deciso unilateralmente di ricorrere al lavoro nero, cancellando le tutele previdenziali ed assicurative delle collaboratrici domestiche (Iref 2007). Cos come per altri lavoratori extracomunitari, la diffusione degli accordi per non pagare del tutto i contributi trova la sua ragion dessere nellimpossibilit di tradurre quanto versato in Italia in pensioni pagate allestero. Non mancano problemi in questo segmento di mercato, segnalati da diverse ricerche. La flessibilit delle prestazioni si traduce spesso in una dilatazione dei tempi di lavoro in caso di coabitazione con i datori di lavoro, che finisce per assorbire quasi completamente la vita privata delle lavoratrici. La convivenza, del resto, preferita di frequente dalle stesse lavoratrici, specialmente allinizio della loro esperienza in Italia, perch permette di risparmiare sulle spese di alloggio e di nascondere meglio la loro eventuale condizioni di irregolarit. In questultimo caso, per, le lavoratrici spesso vedono sfumare anche la possibilit

20 Il profilo pi frequente della badante in monocommittenza vede la provenienza da nazione ex-Urss nel 38,1% dei casi, in coabitazione con lassistito (59,4%), con un orario di lavoro da 25 a 56 ore settimanali (51,3%), di assistenza ad anziani non autosufficienti (59,1%). Nelle altre tre figure professionali del lavoro domestico la condizione abitativa della lavoratrice invece generalmente autonoma, per un lavoro ad ore (o comunque meno oneroso) (Iref 2007, 28).

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di richiedere il rispetto della normativa relativa a ferie, riposo settimanale, tempi di lavoro, trattamento di fine rapporto e retribuzioni. Inoltre,
in mancanza di una struttura aziendale che gestisca le dinamiche lavorative, i tre soggetti di questo microcosmo famigli (composto da lavoratrice, assistito e datore di lavoro) devono stabilire da soli un equilibrio interno. Conflitti interpersonali si riflettono subito, senza filtro, nel rapporto di lavoro e una delle difficolt ricorrenti proprio quella di distinguere i due piani: questioni che vanno risolte con unintesa amicale, e quelle che hanno rilevanza contrattuale. () Ma i rischi di sfruttamento si intrecciano a nuove opportunit: nelle mura domestiche donne italiane e migranti costituiscono scambi solidali che vanno oltre il rapporto di lavoro. Il datore di lavoro famigli instaura con la lavoratrice un rapporto di lavoro molto individualizzato, frutto di reciproci favori che inibiscono rivendicazioni da parte della lavoratrice a causa di quellintimit che si viene a creare (Isfol 2007b, 91).

Le badanti straniere si trovano cos in qualche caso a giustificare la loro mancata regolarizzazione con i costi economici e con le difficolt burocratiche cui andrebbero incontro le famiglie che le ospitano. Quando convivono nella famiglia in cui lavorano, esse si considerano trattate come membri della famiglia nel 75,1% dei casi, come dipendenti nel 20,1%, mentre nel 4,8% dei casi ritengono che i datori di lavoro parlino con loro solo per dare ordini (Iref 2007, 38). Neppure la presenza di un contratto pone le lavoratrici straniere al riparo dai rischi di una condizione di subalternit rispetto al datore di lavoro, perch in caso di rescissione anticipata del contratto essa costretta a tornare nel paese di provenienza anche nellipotesi in cui essa fosse capace di trovare una sistemazione lavorativa analoga. La condizione di subalternit ancora pi grave per coloro che per motivi politici o economici non possono rientrare nel proprio paese ed usufruire della chiamata diretta e sono costrette a permanere in condizioni di irregolarit (Monitor lavoro 2002, 125). Pi spesso, tuttavia, lequilibrio del mercato del lavoro domestico con la presenza di collaboratrici extracomunitarie la risultante di una condizione di duplice debolezza contrattuale. Da una parte ci sono lavoratrici che si fanno carico di lavori gravosi con forti implicazioni emotive, in quanto prive di possibilit alternative; dallaltra famiglie con crescenti esigenze di cura e minori, non pi gestibili allinterno del nucleo familiare, e la disponibilit di scarse risorse economiche per soddisfarle: Il rapporto che si crea tra datore di lavoro e collaboratore meno asimmetrico di quanto si potesse pensare; quando sia la domanda sia lofferta sono socialmente deboli (pur con gradi diversi) i compromessi sono necessari: la famiglia magari mette da parte lesigenza di un aiuto professionalizzato e il lavoratore straniero sorvola sui propri diritti (sempre che li conosca) o sul proprio tempo libero (Ires 2007, 46).

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1.3.2. Il lavoro nel settore agricolo


Anche nel caso del settore agricolo i fattori che favoriscono la presenza capillare (quasi il 60%) e crescente di lavoro irregolare in Italia sono diversi, tra loro interrelati.21 C in primo luogo un livello relativamente modesto di sviluppo della scala di attivit delle imprese agricole, che si presentano di piccole dimensioni e frammentate nella propriet, poco inclini alla costituzione di consorzi e ad altre forme di collaborazione imprenditoriale, nonch alla costituzione di adeguati canali di commercializzazione dei prodotti. Il lavoro nel settore agricolo risulta cos particolarmente precario, assecondando i ritmi stagionali. Ne consegue che la regolarizzazione dei rapporti di lavoro spesso non conviene allimprenditore agricolo, n ai lavoratori. Diverse ricerche empiriche confermano come le irregolarit in agricoltura abbiano in prevalenza natura consensuale (). Questo tipo di irregolarit, rappresentate sia dal lavoro nero in senso stretto che da forme di grigio, quali la riscossione indebita di periodi di disoccupazione per lavoratori iscritti nei libri paga, non sorgono in virt di un atto di forza da parte datoriale e i vantaggi dellevasione contribuiva che ne conseguono sono condivisi da lavoratori e datori di lavoro (Provincia di Pisa 2006, 161). A causa della difficolt di reperire manodopera specie nei picchi stagionali il datore di lavoro indotto a ricorrere a tipologie di manodopera che presentano un evidente interesse a convertire in retribuzione viva almeno una quota dei loro contributi: immigrati irregolari, oppure immigrati che non hanno intenzione di stabilirsi in Italia, e quindi vogliono monetizzare le loro prestazioni lavorative piuttosto che accantonare quanto necessario per i futuri trattamenti previdenziali e assicurativi; beneficiari di prestazioni assistenziali (pensionati, ecc.); soggetti gi in possesso di un lavoro regolare. In tutti i casi, si tratta di personale ugualmente privo di qualsiasi interesse a stipulare contratti a norma. Oltre che irregolari, i lavoratori agricoli sono spesso privi di serio addestramento alle mansioni cui sono adibiti, e la loro inesperienza mette a repentaglio la loro incolumit fisica, accrescendo cos i rischi di infortuni. I meccanismi assistenziali garantiti ai lavoratori del settore agricolo rendono particolarmente diffusi e difficili da contrastare i comportamenti distorsivi che ne conseguono. La possibilit di ottenere con appena 51 giornate di lavoro ufficialmente dichiarate lassegno di disoccupazione incoraggia i lavoratori agricoli a registrare un numero di giornate appena sufficiente a conseguire il diritto
21 Nel 2007 lattivit ispettiva nel settore agricolo ha fatto registrare a livello nazionale 5.978 aziende irregolari su 14.397 visitate (41,5%), per un totale di 10.048 lavoratori interessati (1.083 extracomunitari), con 89 caporali denunciati (Ministero del lavoro 2008).

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allassegno, per poi vendere nel mercato parallelo del lavoro nero ulteriori prestazioni, la cui retribuzione si va a cumulare al sussidio.22 Questo consente una notevole flessibilit nella gestione dei loro servizi da parte degli imprenditori, che peraltro, in un circolo vizioso di irregolarit contabili, previdenziali e assistenziali che si alimentano a vicenda, sono a loro volta costretti a fare assunzioni fittizie per scaricare formalmente i costi della manodopera effettiva, non dichiarabile, o a creare riserve contabili in nero. Lattivit economica che ruota intorno alle imprese agricole, specie nellItalia meridionale, finisce dunque per svolgere una sorta di impropria funzione di ammortizzatore sociale, allinterno della quale lirregolarit ben conosciuta e comunemente accettata, nonch attivamente ricercata, da tutti gli operatori del settore.

1.3.3. Il lavoro nel settore delle costruzioni


Considerazioni simili si applicano al settore delle costruzioni, allinterno del quale secondo la statistica sopra citata lincidenza del sommerso sarebbe pari al 14,2%. Nel comparto edile la fenomenologia delle irregolarit estremamente diversificata, investendo pressoch ogni possibile sfaccettatura: si osservano retribuzioni di fatto, svincolate da quelle formali, levasione pi o meno sistematica dei contributi previdenziali e assistenziali, oltre allimpiego di lavoratori completamente in nero. Anche in questo caso la presenza di alcuni ammortizzatori sociali favorisce una convergenza dinteressi tra il lavoratore, che dopo il numero previsto di settimane di lavoro contrattualizzato trova spesso conveniente diventare invisibile, continuando a percepire il sussidio di disoccupazione, e limprenditore interessato a risparmiare sul costo del lavoro.23
22 Leffetto perverso (in quanto rafforza gli incentivi allevasione contributiva e al lavoro fittizio) del sistema delle soglie (51-101-151 giornate annue) nel trattamento assistenziale della disoccupazione agricola stato riconosciuto nel recente accordo tra governo e parti sociali per lemersione del lavoro nero in agricoltura, scaturito da un tavolo di concertazione nel settembre 2007. La riforma prevede una soglia di ingresso (51 giornate), leliminazione delle altre due soglie e il pagamento della disoccupazione nella misura del 40% della retribuzione. A questo si accompagnano misure che incentivano la stabilizzazione dei rapporti di lavoro (sotto forma di credito dimposta) e ladozione di misure per la sicurezza sul lavoro. Laccordo si sovrappone a precedenti misure, come lintroduzione del Durc (Documento unico di regolarit contributiva), lobbligo di comunicazione delle assunzioni dal giorno precedente lentrata in servizio, lintensificarsi delle attivit ispettive (Ministero del lavoro 2007). 23 Questa la testimonianza di un imprenditore: Gli operai conoscono i singoli contratti meglio dei sindacalisti o dei consulenti. La vita tipica di un edile di 39 settimane di lavoro regolar, tale se si esclude la mazzasecc [retribuzione effettiva, svincolata da quella formalmente prevista], e sei mesi di disoccupazione (a tanti mesi si ha diritto dopo 39 settimane di lavoro regolare), durante i quali naturalmente lo stesso continua a lavorare in nero. Loperaio sa benissimo, da questo punto di vista, come muoversi tra le aziende, cosa chiedere alla grande (in genere la disoccupazione) e cosa alla piccola (di lavorare in nero) (Censis 2003, 116).

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Diversi fattori concorrono a rendere quello delle costruzioni uno dei settori sensibili pi a rischio dirregolarit: (a) il carico contributivo Inps e Inail molto elevato, superiore al 40%, e per questo difficilmente sostenibile specie da piccole imprese poco specializzate, operanti in contesti estremamente concorrenziali. Vale in questi contesti una particolare applicazione della legge di Gresham: limpresa cattiva (disposta senza scrupoli a ricorrere al lavoro in nero) finisce per scacciare dal mercato limpresa buona (che invece utilizza regolari assunzioni e versa i contributi), rendendone insostenibile lattivit sotto il profilo competitivo grazie ai prezzi praticati tagliando gli oneri previdenziali e i costi per la sicurezza sul lavoro. (b) La regolazione delle gare di appalto pubblico e dei subappalti, che specie a seguito delle leggi Merloni privilegia meccanismi di aggiudicazione centrati sul principio del massimo ribasso, non accompagnati da unappropriata selezione e pre-qualificazione delle imprese di costruzioni, incoraggia una serrata competizione per la presentazione di offerte vincenti a scapito della regolarit dei successivi rapporti di lavoro, specie quando la piramide dei subappalti annacqua le corrispondenti responsabilit.24 Le recenti dinamiche del mercato delle costruzioni mostrano un incremento delle interazioni tra poche grandi e molteplici piccolissime imprese:
la differenziazione fondamentale che viene ad emergere quella tra impresa capocommessa ed impresa appaltatrice del lavoro. Conseguenza di tale evoluzione stata che nel comparto delle costruzioni si realizzata una forte specializzazione produttiva, che ha comportato anche una frammentazione del ciclo produttivo. Le imprese di maggiori dimensioni tendono sempre pi ad affidare a piccole imprese, spesso artigiane, singole fasi del processo produttivo un tempo realizzate internamente (). Da un lato vengono demandati allesterno lavori ad alta specializzazione tecnica e/o ad alta intensit di capitale, dallaltro esistono forme di subappalto relative a lavori di tipo tradizionale, a bassa specializzazione (Monitor lavoro 2002, 104).

Le ragioni sottostanti il ricorso al subappalto la necessit di abbattere i costi e di conseguire una maggiore flessibilit nella realizzazione sono precisamente alcune tra le principali condizioni facilitanti il consolidarsi di relazioni di lavoro irregolare. (c) Landamento fluttuante e discontinuo della domanda nel settore delle costruzioni, caratterizzato da unelevata stagionalit e ciclicit, spinge gli im24 Di regola limpresa che si aggiudica un appalto non esegue materialmente tutti i lavori, affidando in subappalto a uno o pi soggetti parte della realizzazione: il prezzo corrisposto alle imprese a valle del processo inferiore al valore di aggiudicazione dellappalto. Mediante questo meccanismo, tuttavia, limpresa a monte del processo non tenuta a garantire il rispetto delle normative vigenti e scarica sulle imprese subappaltanti gran parte delle responsabilit (Isfol 2007, 21).

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prenditori a non vincolarsi con rapporti di lavoro stabili, privilegiando il massimo di flessibilit e adattabilit, e i lavoratori a non legarsi con contratti regolari (comunque limitati nel tempo), nella prospettiva di conseguire comunque retribuzioni pi elevate, o di ricercare in tempi rapidi migliori opportunit di lavoro laddove si presentino. (d) Lassenza di strumenti di incentivazione delle assunzioni specifici per il settore edilizio. Sgravi e altri provvedimenti per ridurre il costo del lavoro, congegnati in funzioni di qualsiasi tipo di assunzione a tempo indeterminato, risultano di difficile applicazione a questo comparto. Gli incentivi esistenti producono in qualche caso leffetto opposto, specie nel mezzogiorno, inducendo quote rilevanti di lavoratori a maturare i requisiti richiesti in termini di anni di disoccupazione (trascorsi lavorando in nero), in modo da conseguire poi un vantaggio nella prospettiva di unassunzione a tempo indeterminato. (e) La scarsa efficacia dei controlli. La loro insufficiente frequenza o inadeguatezza imputabile anche al difficile coordinamento tra i diversi enti cui sono delegate le funzioni di verifica dei diversi profili di irregolarit, oppure al limitato potere deterrente delle sanzioni previste. Il risultato che in un settore a cos elevata densit di lavoro irregolare anche lattivit di applicazione della regolazione sulla sicurezza, o sul regolare versamento dei contributi, finisce per segnare il passo.25 (f ) La polverizzazione del mercato, polarizzato tra pochissime grandi imprese e una miriade di micro-imprese marginali, che per sopravvivere comprimendo i costi, anzich investire nella direzione dellinnovazione e della crescita, finiscono per abbassare per quanto possibile la soglia di rispetto delle leggi. A fronte di una media europea del 45,6%, in Italia ben il 65% delle imprese di costruzioni rientra nella classe che ha un numero di addetti compreso tra 1 e 9 (Monitor lavoro 2002, 101). Lautorit di vigilanza sui contratti e i lavori pubblici, nelle sue relazioni annuali, segnala sistematicamente il numero eccessivo di imprese
25 Si prenda questa testimonianza di un imprenditore: Nel corso dellultimo anno, lazienda ha subito tre controlli in tre cantieri diversi, il tutto nel giro di due settimane. Poi pi nulla. Si trattato in tutti e tre i casi di controlli dellInps, da parte di sedi diverse, che evidentemente non avevano comunicato tra di loro. In tutti e tre i casi il controllo ha riguardato la verifica dellavvenuta assunzione delle persone operanti del cantiere al momento della visita, e nessuno andato oltre, controllando ad esempio il pagamento delle buste paga, aspetto su cui come precedentemente accennato si annidano le maggiori irregolarit. Lanno prima invece lazienda era stato oggetto di altri controlli relativi alla normativa in materia di sicurezza, ma in quel caso tutto si era risolto con la presa visione del manuale sulla sicurezza dellazienda. Ad esempio in quel caso il controllo sullutilizzo dei dispositivi di sicurezza da parte dei dipendenti fu molto blando, anche perch qui ancora non li rispetta nessuno. Gli operai infatti se li fanno dare dallazienda, ma poi non li mettono perch li devono utilizzare quando si fanno i loro lavoretti privati di ristrutturazione (Censis 2003, 117).

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che concorrono agli appalti pubblici. Dal 2000, quando stato istituito un casellario informatico delle imprese abilitate a concorrere agli appalti pubblici, il numero di imprese di costruzioni qualificate passato dalle 13.827 del 2001 alle 32.945 del 2007; nel 18,8% dei casi sono imprese individuali, nel 17,6% imprese di persone (AVCLP 2007, 23-4). (g) Limprenditore con robusti collegamenti ad ambienti criminali avr minori scrupoli morali e difficolt organizzative nel pianificare e gestire rapporti di lavoro irregolari, o nellimporre condizioni di lavoro insicuro. La regione che registra la pi alta concentrazione di imprese qualificate a concorrere ad appalti pubblici la Campania, con oltre 4500 imprese, il 14,1% del totale. Poich tale regione non sembra brillare particolarmente per la vivacit imprenditoriale del proprio tessuto produttivo, questo dato pone chiaramente alle autorit locali problemi di controllo dellestraneit di questi soggetti economici da circuiti di riciclaggio dei proventi di attivit criminali, ovvero da legami societari nascosti con soggetti mafiosi. Il rischio di infiltrazioni mafiose segnalato nella nostra ricerca anche in appalti pubblici della provincia di Pisa: lappalto potrebbe essere vinto da una serie di ditte che fanno cartello, poi immediatamente la ditta subappalta; su questo ci vuole grande attenzione perch nel subappalto non devi superare una certa percentuale. Si dovrebbe lavorare per non andare al subappalto ma soprattutto le infiltrazioni nascono in quelle attivit per le quali non richiesto il certificato antimafia, per esempio le forniture e i noli (). Tramite queste attivit la mafia si inserisce negli appalti e poi controlla tutto il giro degli appalti stessi (ist2). (h) La diffusione nel contesto italiano di molteplici forme di abusivismo edilizio, tanto per i lavori minori di manutenzione e riparazione che per realizzazioni di scala pi ampia: abbastanza probabile che, laddove limpresa costruttrice opera in regime di abusivismo edilizio, la stessa non sia in regola con le norme contrattuali, contributive e fiscali (Monitor lavoro 2002, 99). Nel contesto pisano, salvo casi sporadici, non sembrano presentarsi fenomeni di intermediazione attraverso forme di caporalato. stata segnalata invece la partecipazione completamente in nero per brevi periodi di gruppi di lavoratori specializzati in genere provenienti dal mezzogiorno allattivit dei cantieri, nei quali si concentrano su alcune specifiche mansioni: Questa tipologia di lavoratori edili sarebbero essi stessi interessati ad intensificare i ritmi di lavoro per ridurre al massimo la loro permanenza fuori dalla zona di provenienza, e a monetizzare al pi alto grado le loro prestazioni professionali (Provincia di Pisa 2006, 163). La diffusione di forme di lavoro a cottimo retribuito un tanto al metro in tutto il ciclo delle costruzione, dagli scavi alla messa in opera di infissi e pavimenti, favorisce il ricorso a retribuzioni fuori busta e determina un

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generale peggioramento delle condizioni del lavoro, anche in termini di igiene e sicurezza, che finisce per coinvolgere anche i residui lavoratori regolari. Il sistema degli appalti, come si gi avuto modo di sottolineare, presenta caratteristiche che accentuano i rischi dirregolarit: larticolazione del lavoro infatti pu determinare una catena discendente di rapporti contrattuali, che vanno da quello pi alto, ancora pienamente visibile, che lega committente e impresa aggiudicatrice, abbassandosi poi verso altri via via pi opachi, che finiscono per confondersi in una polverizzazione di interventi fuori controllo di squadre di cottimisti, micro-imprese che lavorano per conto terzi, singoli lavoratori specializzati.26 Anche nella realt di Pisa il problema sembra manifestarsi con forme indirette e oblique, che ostacolano lazione degli organi di controllo: Ormai ledilizia tutta un subappalto fino alla partita Iva. In realt non sono lavoratori autonomi. Sono dipendenti che la ditta non riesce pi a gestire e la ditta li fa uscire e lavorare come lavoratori autonomi (contr1). comunque opportuno distinguere tra realt diverse: indubbio che nel campo delledilizia privata il fenomeno tende ad avere unincidenza molto pi marcata, mentre in quella pubblica tende ad essere pi contenuto, sebbene landamento delle gare di aggiudicazione degli appalti abbiano raggiunto in alcune aree del sud livelli tali da far prefigurare a breve un aggravio dellirregolarit anche in questo ambito (Censis 2003, 114).

26 questo il caso del sommerso a cottimo, popolato di squadre iperspecializzate in lavorazioni specifiche (piastrellatura, preparazione del cemento armato, carpenteria, intonaci) formate da 5-10 unit, completamente in nero, che lavorano vendendo il prodotto finito e disinteressandosi completamente delle giornate di lavoro. Si tratta di professionisti preparati ed efficienti che concentrano al massimo le ore lavorate (fino a 15 al giorno) in modo da lasciare al pi presto i cantieri, per minimizzare il rischio di controlli. Limprenditore a sua volta trae profitto dalla loro competenza e rapidit, pur scontando un (modesto) rischio di sanzioni in caso di controlli.

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Capitolo 2

Le politiche di contrasto del lavoro irregolare e delleconomia sommersa in Italia: definizioni, costi, paradigmi
2.1. Introduzione
Nelle sue manifestazioni il lavoro irregolare ha subito trasformazioni significative nel corso del tempo, adattandosi plasticamente a differenti contesti socio-territoriali ed economico-settoriali. Accompagnando i processi di sviluppo economico, urbanizzazione, industrializzazione e terziarizzazione dei sistemi produttivi, leconomia sommersa si innervata in profondit nelle relazioni tra gli attori economici e sociali, con manifestazioni ed attivit che hanno costituito la risposta speculare, il lato oscuro delle politiche di regolazione e di controllo del lavoro e delle attivit produttive attuate dallautorit pubblica. Nella variegata realt delle relazioni informali di lavoro si ritrova cos un peculiare amalgama di modernit e arretratezza, che vede la coesistenza di new economy e familismo, di risposte adattive alla globalizzazione e di meccanismi tradizionali di sviluppo imprenditoriale, di situazioni di marginalit sociale e di nuove professionalit creative e competitive. Il concetto di economia sommersa appare sotto diversi profili difficile da catturare e definire in modo univoco, come conferma la pluralit di aggettivi impiegati per cogliere alcune sue propriet significative o per delimitarne in modo specifico la portata semantica: accanto al termine economia sommersa, si alternano infatti indifferentemente quelli di economia nascosta, parallela, sotterranea, nera, informale. Per sua stessa natura, il fenomeno presenta del resto una spiccata tendenza a sottrarsi allosservazione e ai controlli, e dunque anche ai tentativi di quantificazione e qualificazione. Un primo nodo da sciogliere allora quello di definire i confini entro i quali ci muoviamo quando parliamo di lavoro irregolare, termine anchesso esposto al rischio di stiramento del concetto nelle variegate e ambigue espressioni di lavoro nero, sommerso, grigio, sotterraneo, informale.27
27 Relativamente pi facile da delimitare la sfera di attivit riconducibili alla dimensione delleconomia

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Le stesse caratteristiche del sommerso, peraltro, variano a seconda della prospettiva dalla quale lo si osserva: vi un sommerso a fini fiscali; uno a fini contributivi; un lavoro nero per la mancata osservanza delle norme relative ai minimi salariali, agli orari di lavoro, alla sicurezza sul lavoro; un sommerso connesso con la mancanza di autorizzazioni previste per lesercizio di specifiche attivit economiche (Censis 2003, 7). Di conseguenza, possibile classificare le diverse dimensioni del sommerso in base al tipo di norma oggetto di violazione o di elusione: rapporti di lavoro costituiti in violazione di obblighi di tipo previdenziale, assicurativo, contributivo, fiscale, oppure collegati agli obblighi previsti in termini di sicurezza, orari di lavoro, trattamento economico, igiene. In questo capitolo forniamo una definizione delle diverse nozioni che ruotano attorno ai concetti di lavoro irregolare ed economia sommersa, suggerendo alcune possibili classificazioni delle forme nelle quali il fenomeno si manifesta (paragrafo 2.2 e 2.3). Vengono quindi presi in considerazione i diversi fattori le caratteristiche delle politiche del lavoro, le variabili istituzionali ed economiche che hanno contribuito a diffondere questo tipo di pratiche in Italia (paragrafo 2.4). Nel paragrafo 2.5 sono infine presentate alcune considerazioni relative ai costi individuali e sociali di tali attivit, e ai modelli di interpretazione delle cause e degli strumenti di intervento disponibili.

2.2. Lavoro irregolare ed economia sommersa: definizioni e classificazioni


Criteri relativamente precisi di conferimento dellattributo di sommerso a uno specifico campo di attivit economiche sono ricavabili dai metodi di classificazione impiegati a livello internazionale nella definizione dei conti economici nazionali. Leconomia non osservata (detta anche sommerso statistico) comprende infatti, oltre alleconomia criminale o illegale, tanto leconomia sommersa che quella informale. Per economia sommersa si intende quella produzione di beni e servizi che sfugge completamente o in parte alla rilevazione statistica ufficiale. Secondo la definizione utilizzata dallIstat a fini di rilevazione statistica, leconomia sommersa indica tutta quella produzione legale di cui la pubblica amministra-

criminale o illegale, che comprende la produzione di beni e servizi la cui vendita, distribuzione e possesso proibita dalla legge (i mercati degli stupefacenti, della prostituzione, ecc.), ovvero di attivit che risultano illegali in quanto compiute da operatori non autorizzati (contrabbando, scommesse clandestine, usura, ecc.) (Monitor lavoro 2002, 18). In questo contesto vale la distinzione tra attivit illegali nelle quali prevale una dimensione di scambio volontario, fondato sul calcolo economico, e quelle che invece si basano sullimposizione estorsiva (racket, ecc.), che ne risultano cos escluse (Censis 2003, 9).

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zione non ha conoscenza per diverse ragioni: a) evasione fiscale; b) evasione di contributi sociali; c) non osservanza di regole dettate dalla legge relativamente a: salario minimo, numero di ore di lavoro, sicurezza sul lavoro, ecc.; d) mancato rispetto di norme amministrative come nel caso della mancata compilazione di questionari statistici o di altri moduli amministrativi (Calzaroni 1998). Le cause dellesistenza di questo cono dombra sono diverse: levasione fiscale e contributiva, ma anche il mancato rispetto della normativa contrattuale, di leggi e norme amministrative (relative a salario minimo, orario di lavoro, regolamentazioni su salute, sicurezza sul posto di lavoro, concessione di permessi e autorizzazioni, ecc.). Il sommerso economico comprende tutte quelle attivit che attraverso una deliberata violazione della legge, che pure non comporta un illecito di rilevanza penale, mira a ridurre i costi di produzione. A questo va aggiunto sommerso statistico quella quota di attivit economiche non osservabili semplicemente perch non rilevate a causa di errori o inadempienze nella risposta di questionari. Leconomia informale comprende invece quelle attivit economiche gestite su piccolissima scala, in genere a livello individuale o familiare, caratterizzati da un grado estremamente basso di organizzazione, nessuna (o scarsa) distinzione tra capitale e lavoro, rapporti di lavoro di solito occasionali, senza un inquadramento formale permanente e contrattualmente garantito. Di solito simili attivit si fondano su relazioni casuali, oppure di tipo personale, o ancora su vincoli familiari e parentali. Le corrispondenti unit produttive forniscono in genere beni e servizi di bassa qualit, utilizzando tecnologie ad alta intensit di lavoro, hanno uno scarso accesso al credito e una limitata capacit di accumulazione. I loro costi di produzione risultano in alcuni casi indistinguibili da spese personali o familiari (Ilo 1998). Le attivit economiche informali non sono necessariamente condotte nellintento di evadere deliberatamente le norme previdenziali, assicurative, amministrative, come accade nel caso delleconomia sommersa. Gli stessi confini tra settore formale e informale appaiono del resto mutevoli, fissati sia dal grado di regolazione pubblica del fenomeno e di istituzionalizzazione dei processi di mercato, che dai criteri di rilevazione statistica adottati. Economia informale ed economia sommersa sono strettamente intrecciate tra di loro, con unarea di intersezione pi o meno ampia a seconda dei contesti socio-economici interessati.28 Analoghi problemi si presentano quando si
28 Emerge cos una difficolt nellassociare in modo univoco e analiticamente condiviso determinati fenomeni alluna o allaltra categoria, come dimostrato da difficolt e incongruenze segnalate nella rilevazioni statistiche: Non sempre facile operare una distinzione netta fra attivit formali e informali; spesso unit che operano abitualmente nellambito delleconomia formale possono svolgere attivit o servirsi di lavoratori che rientrano nella definizione di informale. A volte le due economie possono condividere

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tratta di delimitare il campo delle diverse modalit nelle quali si manifesta il lavoro irregolare. Il lavoro, infatti, il principale fattore produttivo su cui si basa il funzionamento delleconomia sommersa. Per capire il sommerso sembra quindi necessario rivolgere lattenzione alle caratteristiche dei lavoratori e dei posti di lavoro irregolari, che possono interessare sia il nero sia il cosiddetto grigio (Lucifera 2003, 79). Si parla di irregolarit, infatti, quando vengono meno alcune tra le condizioni che contraddistinguono un rapporto di lavoro formalmente inquadrato e posto in essere nei termini contrattuali e normativi istituzionalmente previsti. La gravit e la frequenza di tali violazioni permette di classificare diversi tipi di lavoratori e posizioni lavorative: regolari, irregolari, non dichiaratisi, stranieri non residenti, secondo lavoro (detto anche lavoro aggiuntivo o posizioni multiple). Il lavoro irregolare definito semplicemente, a fini di rilevazione statistica, come tutto ci che non riconducibile al lavoro regolare. Questultimo comprende gli occupati dipendenti che svolgono il loro primo lavoro (principale o unico) regolarmente iscritti nei libri paga, oppure gli occupati indipendenti che operano in luoghi di lavoro identificabili come tali (sedi di imprese, cantieri, uffici, stabilimenti, ecc.), sia a tempo pieno che parziale, coperti da una gestione previdenziale. Il lavoro irregolare si ricollega invece alla presenza di occupazione sommersa e informale. Esso riguarda lavoratori dipendenti non risultanti a libro paga e lavoratori autonomi che svolgono attivit in luoghi non identificabili, e per questo amministrativamente invisibili (in quanto formalmente risultano inoccupati o disoccupati). Ad essi si sommano gli occupati non dichiaratisi, che nelle rilevazioni statistiche presentano informazioni contraddittorie (in quanto lavoratori marginali od occasionali); gli immigrati irregolari, stranieri non residenti in possesso di permesso di soggiorno scaduto oppure clandestini; le posizioni lavorative multiple, svolte in aggiunta ad altre regolari. Il bacino di posizioni lavorative da cui attinge leconomia sommersa comprende queste categorie, anche se nel caso del secondo lavoro, naturalmente, risulta sommersa soltanto una quota di attivit, quella realizzata da lavoratori che hanno una posizione principale regolare e una seconda posizione accessoria irregolare, in violazione di obblighi normativi e contrattuali, come nel caso del secondo lavoro di dipendenti pubblici (salvo eccezioni). Specialmente negli ultimi anni a questa figure classiche di lavoratori irregolari si sono affiancate posizioni pi ambigue, ai confini tra regolarit e irregolarile medesime unit produttive e gli stessi lavoratori ( come se, allinterno di due colori principali il bianco e il nero fossero presenti diverse tonalit di grigio, la cui appartenenza ai due colori principali non sempre risulterebbe di facile attribuzione) (Monitor lavoro 2002, 25).

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t, tanto in settori arretrati che in aree pi moderne e innovative, caratterizzate da una maggiore vocazione alla flessibilit dei rapporti contrattuali. Queste posizioni lavorative incerte, secondo le fattispecie previste dalla normativa recente, finiscono per configurare nuove forme di lavoro atipico pi sfumate nei contorni, ad alto rischio di irregolarit (collaborazioni, lavoro interinale, a tempo determinato, ecc.). In questi casi, anzich la completa invisibilit del rapporto corrispondente alla totale evasione degli obblighi di legge si realizza un alone grigio di parziale elusione di alcune specifiche prescrizioni normative, ad esempio nellinquadramento come lavoro autonomo di ci che in buona sostanza lavoro dipendente; nella corresponsione come fuori busta di una quota della retribuzione prevista; nel mancato rispetto dei minimi contrattuali, ecc..29 Tenendo conto dei pi labili confini che dividono luniverso del lavoro regolare dal lavoro nero (completamente invisibile alle rilevazioni statistiche) e dal lavoro grigio (caratterizzato da alcuni profili di irregolarit), la figura 2.1 presenta una rappresentazione grafica delle possibile caratteristiche del serbatoio da cui attinge la domanda di forza lavoro.
fig. 2.1. Lavoro regolare, lavoro nero e lavoro grigio Fonte: Lucifora 2003, 93.

29 Se il concetto di lavoro irregolare in nero (o di sommerso economico) definibile univocamente nel caso di totale evasione degli obblighi fiscali, previdenziali, di registrazione, ecc., il concetto di lavoro grigio appare invece pi sfumato, comprendendo la vasta tipologia di situazioni nelle quali i principali obblighi formali sono stati assolti, ma che comunque eludono in modo sostanziale alcune norme che regolano i rapporti e le condizioni di lavoro (Monitor lavoro 2002, 28).

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Il recente espandersi dellarea di lavoro grigio in larga misura il riflesso di un adattamento dinamico delle unit produttive alle nuove forme contrattuali flessibili:
Proprio nelle economie avanzate, il sommerso tende a configurarsi come un alon sfumato dalle varie tonalit di grigio fino al nero, intorno al nucleo delleconomia regolata. Una sorta di camera di compensazione delleconomia, per attutire, in modo non regolare, gli effetti di pressione fiscale o di regolamentazione considerata eccessiva, e per cercare di rispondere al nuovo e pi impegnativo confronto competitivo imposto dalla globalizzazione, per riuscire a sopravvivere anche con bassissimi livelli di competenza organizzativa, strumentale e finanziaria (Isfol 2007, 14).

In questa tipologia, estremamente ampia, rientrano luso improprio di tali strumenti come gli pseudo-lavoratori autonomi, a tutti gli effetti subordinati, nel caso di collaborazioni coordinate e continuative o a progetto o di partecipazione in associazione ma anche gli straordinari pagati in nero a lavoratori regolarmente registrati, o il pagamento di corrispettivi diversi da quelli contrattualmente previsti. Una classificazione generale di queste formule e dei corrispondenti accorgimenti elusivi viene presentata nella tabella 2.1.30
tab. 2.1. I rischi di irregolarit nelle forme contrattuali pi diffuse Fonte: adattamento e aggiornamento da Censis 2003, 25.
Aspetti normativi e contrattuali legati alla tipologia di lavoro
dipendente

Oneri fiscali

Oneri previdenziali

Aspetti retributivi

Contratti a tempo indeterminato

Art.18 l.300/70mobbing, superliquidazioni per incentivare luscita dei dipendenti Vincoli nella contrattazione collettivaaccordi negoziali privati

Carico fiscale elevato, sotto dichiarazione delle ore lavorate, blocco della carriera, straordinari al nero, ricorso immotivato ai benefits (oggi molto meno frequente in quanto ricondotti a componente di busta paga e tassati) Nel caso di contratti parttimeutilizzo di fatto a tempo pieno

Carico contributivo elevato,sottodichiarazione delle ore lavorate, blocco della carriera, ricorso immotivato ai benefits, evasione dei contributi e corresponsione al lavoratore di uno stipendio superiore Nel caso di contratti part-timeutilizzo di fatto a tempo pieno

Vincoli nella contrattazione collettiva.Sottodichiarazione delle ore lavorate, pagamento di straordinari al nero fuori busta, doppia busta paga (in cambio del versamento dei contributi, si eroga una retribuzione inferiore, facendosene restituire una quota)

Contratti temporanei

30 Nella vasta tipologia di nuovi contratti di lavoro, quelli a causa mista (apprendistato e formazione lavoro) presentano rischi elevati di opacit, derivanti dal mancato rispetto delle finalit formative, mentre il basso costo del lavoro un deterrente a comportamenti irregolari sotto il profilo contributivo, fiscale e retribuivo. Anche i nuovi strumenti che compongono il panorama del lavoro atipico (contratti di collaborazione coordinata e continuativa e contratti di collaborazione a progetto) presentano zone dombra, derivanti dalla possibilit di mimetizzare, sotto la veste formale di lavoro autonomo, situazioni di fatto di lavoro subordinato.

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- tempo determinato

- stagionale

- apprendistato

- formazione e lavoro

Aspetti normativi e contrattuali legati alla tipologia di lavoro Vincoli normativi al rinnovointerruzione momentanea del rapporto formale, non sostanziale, per poter procedere a una nuova stipulazione Presenza di indennit di disoccupazione, incentivo a ricercare occupazioni in nero per la durata prevista dellindennit Mancato rispetto della finalit formativa,utilizzo dellapprendistato in sostituzione al lavoro subordinato Mancato rispetto della finalit formativa,utilizzo dellapprendistato in sostituzione al lavoro subordinato

Oneri fiscali Carico fiscale elevatosottodichiarazione delle ore lavorate, straordinari al nero

Oneri previdenziali

Aspetti retributivi

Carico contributivo, Vincoli nella contrattazione elevatosottodichiarazione collettiva,fuori busta delle ore lavorate

Vincoli nella contrattazione Carico fiscale elevato,sotto Carico contributivo, dichiarazione delle ore elevatosottodichiarazione collettiva,fuori busta lavorate, straordinari al nero delle ore lavorate Carico fiscale elevatosottodichiarazione delle ore lavorate, straordinari al nero Vincoli nella contrattazione Carico contributivo, nulloabuso dello collettiva,fuori busta strumento in sostituzione al lavoro subordinato Vincoli nella contrattazione collettiva,fuori busta

Somministrazione di lavoro (lavoro interinale)

Utilizzo ripetuto di un lavoratore presso la stessa impresa in sostituzione di altri rapporti di lavoro pi stabili Mancato rispetto degli obblighi formativi Non apertura della partita Iva Mancato rispetto dei vincoli di autonomia che spettano al collaboratore, reiterazione del rinnovo che permette un uso dello strumento in sostituzione di rapporti di lavoro subordinato Mancato rispetto dei vincoli di autonomia che spettano al collaboratore, reiterazione del rinnovo che permette un uso dello strumento in sostituzione di rapporti di lavoro subordinato Mancato rispetto dei vincoli di autonomia che spettano al collaboratore, reiterazione del rinnovo che permette un uso dello strumento in sostituzione di rapporti di lavoro subordinato

Carico fiscale elevato,sotto Carico contributivo dichiarazione delle ore ridotto in caso di lavorate, straordinari al nero conversione del rapporto a tempo determinatoinduzione a dimissioni volontarie del dipendente per non convertire il rapporto In quanto accordo tra In quanto accordo tra due imprese, sono rare due imprese, sono rare irregolarit o condotte irregolarit o condotte grigie sotto il profilo grigie sotto il profilo fiscale contributivo

Vincoli nella contrattazione collettiva,fuori busta

indipendente

Lavoro libero professionale Contratto di collaborazione coordinata e continuativa

Evasione fiscale Carico fiscale elevato,sottodichiarazione delle ore lavorate, straordinari al nero

Evasione previdenziale Carico contributivo basso per limpresa,sovrautilizzo del contratto in sostituzione del lavoro subordinato

Evasione retributiva Esclusione dalla contrattazione collettivavariabilit e discrezionalit nella contrattazione individuale, mancato rispetto dei minimi retributivi previsti dagli accordi nazionali Esclusione dalla contrattazione collettivavariabilit e discrezionalit nella contrattazione individuale, mancato rispetto dei minimi retributivi previsti dagli accordi nazionali Esclusione dalla contrattazione collettivavariabilit e discrezionalit nella contrattazione individuale, mancato rispetto dei minimi retributivi previsti dagli accordi nazionali

Contratto di collaborazione per programma o progetto

Carico fiscale elevato,sotto,dichiarazione delle ore lavorate, straordinari al nero

Carico contributivo basso per limpresa,sovrautilizzo del contratto in sostituzione del lavoro subordinato

Contratto di collaborazione occasionale

Carico fiscale elevatosottodichiarazione delle ore lavorate, straordinari al nero

Carico contributivo nullo per limpresa,sovrautilizzo del contratto in sostituzione del lavoro subordinato

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Contratto di associazione in partecipazione

Aspetti normativi e contrattuali legati alla tipologia di lavoro Uso dello strumento in sostituzione di rapporto di lavoro subordinato

Oneri fiscali In quanto consente vantaggi fiscali rilevanti, sono rare irregolarit o condotte grigie sotto il profilo fiscale,sovrautilizzo del contratto in sostituzione del lavoro subordinato

Oneri previdenziali Carico contributivo nullo,sovrautilizzo del contratto in sostituzione del lavoro subordinato

Aspetti retributivi Partecipazione agli utili/ perdite dellassociazione, mancanza di tutele sotto il profilo retributivo

La diffusione di lavoratori autonomi o di microimprese, in questi casi, sta a segnalare un radicamento nel tessuto produttivo di forme celate di lavoro subordinato, mediante le quali gli imprenditori risparmiano sugli oneri a carico dellimpresa, sfruttando le opportunit di gestione flessibile di orari e periodi di lavoro, nonch di elusione di altre norme di tipo amministrativo e per la sicurezza. Simili irregolarit rispecchiano strategie elusive estremamente convenienti, in termini sia di risparmio fiscale che di necessit produttive, per limprenditore. Non essendovi vincoli di rinnovo dellaccordo, oltre a ridurre il costo del lavoro limprenditore realizza la massima flessibilit. Ne derivano allora vantaggi economici certi anche rispetto al ricorso al lavoro completamente sommerso. Infatti, convertendo il lavoro nero in lavoro grigio, mediante il ricorso a forme contrattuali atipiche, limprenditore pu registrare i corrispondenti pagamenti come costi contabili, sopportando carichi fiscali ed oneri previdenziali e assicurativi minimi, con un rischio trascurabile di sanzioni, vista la difficolt di dimostrare le irregolarit nella definizione del rapporto subordinato. Anche lassociazione in partecipazione come soci di cooperative viene talora utilizzata per far figurare quali pseudo-soci lavoratori subordinati, senza fornire loro alcuna copertura previdenziale, pagando loro contribuzioni basse (e coinvolgendoli nel rischio dimpresa), riducendo ferie e permessi altrimenti garantiti. I contratti di lavoro a tempo determinato o stagionali non presentano differenze sostanziali rispetto a quelli a tempo indeterminato nelle opportunit di scivolare verso la dimensione irregolare, grazie a meccanismi come la dichiarazione di un numero di ore/giornate lavorate inferiore a quello reale, gli straordinari al nero, i fuoribusta o la doppia busta paga. C per un elemento di rischio ulteriore, tutto interno al rapporto di scambio tra lavoratore e datore di lavoro. Infatti la ricerca e la garanzia di adempimento della transazione nascosta tra i due sono pi complicati, visto che il carattere episodico e a termine dei rapporti fornisce a una delle due parti il lavoratore un preciso incentivo a defezionare in caso di insoddisfazione, soprattutto mediante denuncia ai sindacati o agli organismi di vigilanza e di controllo, specie quando si approssima la scadenza naturale dei loro rapporti contrattuali e nessuna ritorsione pi possibile.

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La moltiplicazione di forme contrattuali atipiche, inserendosi in contesti produttivi gi caratterizzati da un ricorso estensivo al lavoro sommerso, ha dunque ampliato le opportunit sia per i datori di lavoro che per i lavoratori di eludere i controlli istituzionalmente previsti o di minimizzarne i rischi, riducendo il costo atteso delle sanzioni e determinando una sorta di circolo vizioso, allinterno del quale diverse tecniche elusive e mimetiche si mischiano in mix originali e difficilmente contrastabili. Mentre appare plausibile una correlazione positiva tra lestensione di opportunit di ricorrere a formule di lavoro atipico e la diffusione del lavoro grigio, le nuove tipologie contrattuali atipiche possono diventare un possibile canale di parziale emersione del lavoro nero. Da queste dinamiche, di segno opposto, discendono valutazioni diverse sugli effetti dei contratti flessibili per orario, durata e grado di subordinazione: mentre i sostenitori sottolineano la positivit delle forme di lavoro flessibile come alternativa alla diffusione del sommerso, i detrattori non mancano di sottolineare come il lavoro grigio non sia altro che il rovescio della medaglia, non avendo contribuito ad aumentare significativamente le tutele dei lavoratori rispetto al sommerso (Lucifora 2003, 101). In particolare, sembra che mentre gli effetti positivi in termini di emersione del lavoro nero si siano concentrati in contesti produttivi pi sviluppati, rispondendo alle esigenze di una maggiore flessibilit contrattuale, comuni sia alla domanda che allofferta di lavoro, in aree pi arretrate dellItalia meridionale abbia prevalso il semplice utilizzo strumentale allabbattimento dei costi di lavoro, funzionale allelaborazione di tecniche pi efficaci di evasione fiscale e contributiva.31 Le politiche per lemersione e il controllo del lavoro irregolare si scontrano dunque, in specifici ambiti settoriali e territoriali, con un vincolo di natura economica ben difficilmente superabile: alcune attivit economiche sommerse devono esclusivamente a questa condizione la loro possibilit di sopravvivenza, in un contesto di mercato concorrenziale. In questi casi nessun incentivo o forma di regolazione pu risultare efficace, nessun tipo di controllo pu sanare attivit caratterizzate da estrema fragilit economica, destinate a perdere clienti e fornitori a seguito dellemersione, incapaci di sostenere i costi per quanto agevolati della procedura di regolarizzazione. La classificazione dei diversi tipi di attivit irregolare o sommersa pu allo31 Si osserva, infatti, che nelle regioni economicamente pi sviluppate del centro-nord il lavoro parttime prevalentemente femminile, pi stabile, i contratti a termine utilizzati pi frequentemente tra i giovani, spesso strumento per un successivo inserimento in pianta stabile. Al contrario, nelle regioni meridionali lestensione di forme di lavoro part-time e temporaneo un sostituto delle forme di lavoro regolare, e sembra soprattutto riflettere il retaggio di politiche assistenzialistiche o clientelari di sostegno delloccupazione (borse lavoro, lavori socialmente utili, ecc.) (Samek Lodovici e Semenza 2001).

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ra essere utile anche per riconoscere le probabilit di successo dei processi di regolarizzazione. Laddove presenti in forma strutturale (non marginale o stagionale), le imprese irregolari possono assumere infatti vesti differenti (Censis 2003, 5-6): - imprese trasgressive, pienamente visibili e conformi alle principali incombenze normative, ma con una marcata tendenza a forme di evasione ed elusione fiscale e contributiva, utilizzando in modo improprio gli strumenti contrattuali di flessibilit e i sistemi di retribuzione salariale; - imprese minimaliste, che rispettano soltanto al minimo i requisiti di regolarit (iscrizione al registro delle ditte, posizione fiscale e previdenziale), occultano una quota di dipendenti completamente in nero, con evasione fiscale sistematica e nessuna attenzione al rispetto degli obblighi connessi allattivit produttiva (sicurezza, igiene, ecc.); - imprese mimetiche, di solito di piccole dimensioni (5-10 addetti), totalmente sommerse, grazie al tipo di attivit che non richiede una sede visibile; - formicaio, ossia micro-unit produttive o unit di lavoro individuali, con o senza partita Iva, operanti in settori che per contenuti del servizio (nuove tecnologie, servizi professionali, ecc.) o per caratteristiche della domanda (lavoro domestico, cura di anziani, ecc.) sono facilmente occultabili agli organismi di controllo. In generale, nel tracciare un profilo idealtipico dellimpresa che fa ricorso a manodopera irregolare, emergono alcuni tratti comuni, riconducibili ai diversi tipi di vincoli che nella sua attivit impediscono un esercizio conforme alle prescrizioni normative che regolano il funzionamento delluniverso economico ufficiale: (i) vincoli culturali e formativi, che si traducono in scarsi investimenti nella qualificazione del personale, cos come nellincapacit di elaborare business plan o progetti di ampio respiro; (ii) vincoli relazionali, per lassenza o la debolezza dei rapporti di partnership o di stabile collaborazione con altri soggetti imprenditoriali, tanto sul versante dellaccesso al credito che nella catena clienti/fornitori, e lestraneit da contatti con le istituzioni pubbliche (mancato accesso a programmi di formazione e di sostengo pubblico, ecc.); (iii) vincoli tecnologici, che trovano espressione in una serie di svantaggi competitivi (utilizzo di tecnologie arretrate, sottocapitalizzazione, basso profilo qualitativo di beni e servizi prodotti, poca o nessuna innovazione, competenze e strategia indipendenti dalle dinamiche di mercato). Anche sul versante dellofferta di lavoro si possono individuare alcune categorie generali di soggetti pi frequentemente coinvolti in attivit economiche sommerse. Ad esclusione dei casi circoscritti nei quali il lavoratore stesso che preferisce essere pagato in nero (in quanto portatore di professionalit specifiche, gi percettore di benefici assistenziali, si tratta di doppio lavoro, ecc.), i la-

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voratori irregolari sono accomunati dal loro scarso potere contrattuale, causato da un percorso formativo poco qualificante, della loro condizione anagrafica (giovani senza precedenti esperienze lavorative, lavoratori che hanno perso il precedente lavoro in et avanzata, ecc.) o di genere, specie nel caso di donne rimaste lontane dal mondo del lavoro per precedenti gravidanze o per esperienze di assistenza familiare continuativa: in pratica questi soggetti deboli sono spesso costretti ad orientarsi verso una tipologia di lavoro che pu essere svolto da chiunque e non richiede grandi abilit o conoscenze. Per di pi, se vi una grande offerta di lavoro poco qualificata, il datore di lavoro pu anche dettare le condizioni (Isfol 2007, 25). Tra i soggetti che rientrano nella tipologia sopra descritta vi sono:32 - lavoratori regolari che svolgono prestazioni in nero (in forma autonoma o subordinata) come seconda attivit, nello stesso ambito lavorativo o in differenti settori; - lavoratori dipendenti che rispettano requisiti minimi di regolarit/visibilit, ma con una quota significativa di prestazioni non registrate a fini sia fiscali che contributivi (premi, straordinari, ecc.); - lavoratori con contratti atipici e di associazione in partecipazione (come i soci in cooperative di comodo), con forme contrattuali che eludono leffettivo status di lavoro dipendente; - lavoratori dipendenti regolari che accettano retribuzioni inferiori a quelle dichiarate (fuori busta, straordinari non pagati, ecc.); - lavoratori autonomi e professionisti irregolari (completamente sommersi o irregolari); - lavoratori dipendenti totalmente irregolari (non dichiarati, con retribuzioni completamente in nero). Rientrano in questa categoria, ad esempio, pensionati, studenti, casalinghe, e i beneficiari di prestazioni assistenziali che richiedono una conduzione di disoccupazione temporanea (assegni di mobilit, cassa integrazione, ecc.); - lavoratori immigrati irregolari.33
32 Per una ricostruzione delle motivazioni che inducono i diversi attori ad entrare nel sommerso si veda Monitor lavoro (2002, 84-7). Ad esempio, gli incentivi di genere al lavoro irregolare discendono dal fatto che spesso la donna in alcuni periodi, talora discontinui nel tempo, non svolge attivit lavorative nel mercato del lavoro in quanto dedita alla crescita dei figli o coinvolta in attivit di cura di altri membri della famiglia. Le attivit irregolari, se da una parte finiscono spesso per essere lunica alternativa a disposizione delle donne per conseguire un reddito, dallaltra presentano il notevole vantaggio rispetto ad una attivit regolare di consentire una maggiore flessibilit specialmente in termini di orario di lavoro (Monitor lavoro 2002, 86). 33 Secondo una ricerca del Censis, che si basa sulle opinioni di testimoni privilegiati, i soggetti pi coinvolti nellirregolarit sono, nellordine, gli immigrati (27,2% del totale); giovani in cerca di prima occupazione (24,1%), lavoratori in mobilit, cassa integrati, Lsu, sussidi (12,9%), pensionati (12,5%),

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Il nesso tra fenomeni migratori (soprattutto irregolari) e sviluppo delleconomia informale nelle economie avanzate richiede un breve approfondimento. Per un verso, infatti, gli stessi immigrati irregolari tendono a stabilirsi, per ragioni mimetiche, in aree maggiormente contraddistinte da attivit sommerse e in nero, nelle quali trovano pi facilmente opportunit di lavoro e canali di inserimento nelle comunit di appartenenza. Per un altro verso, la loro stessa presenza e la disponibilit a sopportare carichi di lavoro, livelli retributivi e condizioni di igiene e sicurezza particolarmente penalizzanti rivitalizza alcuni specifici segmenti di attivit informali, come quelle presenti nei settori delle costruzioni, dei servizi alle famiglie, dellagricoltura. Le reti etniche, ovvero i clan a base parentale e di vicinato, rappresentano, sotto questo profilo il canale privilegiato di accoglienza e di reclutamento. Esse costituiscono anche un meccanismo di protezione e di incontro tra domanda e offerta di lavoro, soprattutto nelle fasce basse del mercato occupazionale: sul piano locale la manodopera immigrata diventa un fattore a cui si pu in vario modo ricorrere per tamponare contraddizioni e storture relative allincontro tra domanda e offerta di lavoro (Ambrosini 2003). Dal lato dellofferta, lo status di irregolarit residenziale o di clandestinit comporta pressoch automaticamente la ricerca di opportunit di lavoro completamente al nero. A questo si somma la naturale propensione specie per gli immigrati temporanei a ricercare subito un reddito pi alto a scapito di improbabili garanzie future. Sul versante della domanda, invece, il ricorso delle imprese a lavoratori immigrati privilegia mansioni di scadente profilo qualitativo, in condizioni disagevoli, malretribuite e con basso status sociale, non pi accettate dalla manodopera locale.34 Peraltro, il basso potere contrattuale degli
disoccupati di lunga durata (10,%), studenti (6,7%), occupati regolari (3,6%), casalinghe (2,8%) (Censis 2005, 33). 34 Ad esempio, nel settore edilizio, i lavoratori non comunitari svolgono le mansioni pi dequalificate e usuranti, con maggiori rischi e per un salario inferiore a quello dei colleghi italiani, mentre per quel che riguarda i lavoratori immigrati inseriti in agricoltura () sia nel caso in cui il lavoratore risulta impiegato senza aver sottoscritto alcun contratto, sia nel caso in cui lo abbia sottoscritto, restano del tutto inattesi anche i pi elementari diritti e tutele previste da contratti e normative che regolano il lavoro, in una condizione che spesso rasenta casi di vera e propria schiavit. Chi in Italia da pi anni ha raccontato come la situazione sia andata peggiorando nel corso del tempo e larrivo di nuovi lavoratori migranti, provenienti soprattutto dallEuropa orientale, abbia sostanzialmente innescato processi di abbassamento delle gi gravose condizioni di vita (Ires-Cgil 2007, 23, 25). Molte ricerche sul ruolo dei lavoratori extracomunitari si sono concentrate sulle caratteristiche di tipo aggiuntivo o sostitutivo/concorrenziale rispetto alla manodopera locale. A fronte di una massiccia segmentazione del mercato del lavoro, costituito da compartimenti relativamente impermeabili gli uni rispetto agli altri, il ruolo dei lavoratori stranieri finisce per dipendere dalle specificit locali del mercato del lavoro: diverse ricerche empiriche mostrano come limpiego di manodopera straniera non abbia conseguenze significative sui livelli occupazionali e salariali dei lavoratori locali, mentre il saldo tra risorse investite per gli immigrati e contributo di questi

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stranieri irregolari o clandestini, la scarsa conoscenza della lingua, di usi e regole valide nel paese che li ospita li rendono particolarmente vulnerabili rispetto allelusione interessata di tutte le norme che regolano il rapporto di lavoro, tra cui quelle connesse alla sicurezza e al rispetto dei minimi salariali. Unattivit produttiva o lavorativa potr allora definirsi sommersa o irregolare in relazione a diverse dimensioni. Per quanto riguarda il profilo economicostrutturale, lopacit delle attivit coinvolte dal fenomeno pu riguardare almeno tre differenti aspetti (Censis 2003, 30-1): - identificabilit fisico/territoriale del luogo, secondo un nesso di causa-effetto bidirezionale: la mancanza di una sede fisica ostacola i controlli e incentiva cos la violazione di norme e il ricorso a forme di lavoro irregolare, mentre daltro canto chi lavora in forme irregolari o sommerse naturalmente indotto ad occultare anche i posti nei quali presta abitualmente la sua opera. - visibilit del prodotto, che condiziona la propensione allo svolgimento di attivit regolari. Quanto meno riconoscibile loutput finale, infatti, tanto pi conveniente appare il ricorso a forme di lavoro sommerso o irregolare, come accade nel caso dei servizi. Se invece le attivit hanno per oggetto una specifica produzione di beni materiali, gli incentivi al lavoro irregolare si riducono se questo destinato alla vendita diretta sul mercato, aumentano nel caso di semilavorati destinati ad assemblaggio nelle fasi intermedie di lavorazione. - visibilit dellattivit nel mercato, che anche in questo caso risulta inversamente proporzionale al rischio di irregolarit: quando limpresa ha un proprio marchio e i risultati della sua attivit sono direttamente osservabili nel mercato, il rischio di immersione pi basso. Al contrario, gli incentivi a ricorrere a forme di lavoro irregolare crescono se limpresa opera per grossisti o conto terzi. Se si considera il profilo giuridico/formale, vi sono almeno quattro tipi di irregolarit nello svolgimento di attivit lavorative, cui corrisponde linosservanza o lelusione di diverse forme di regolazione: - fiscale, con invisibilit completa (assenza di partita Iva, mancata dichiarazione dei redditi) o parziale (ricorso occasionale a forme di sottofatturazione, accanto a un campionario inesauribile di altre modalit di evasione) - normativa, consistente nel mancato adempimento di quegli obblighi procedurali connessi al regolare esercizio: liscrizione al registro delle imprese, la registrazione presso gli uffici del lavoro dei rapporti in atti, il rispetto dei contratti collettivi nazionali, linosservanza delle norme sulla sicurezza e sulligiene dei luoghi di lavoro
ultimi alle societ di accoglienza favorevole a queste ultime (Monitor lavoro 2002, 115-6).

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- contributiva, corrispondente al mancato rispetto di obblighi assicurativi e previdenziali. Si va dalla mancata denuncia di titolari e dipendenti ad Inps ed Inail, al non adempimento di alcuni obblighi contributivi (attraverso la non ottemperanza dei minimi retributivi e contributivi dei contratti nazionali, la dichiarazione di un numero di ore lavorate inferiore a quelle effettive, ecc.) - retributiva, mediante la parziale o totale elusione degli obblighi retributivi (che in genere comporta anche forme pi o meno gravi di violazione contributiva). Anche in questo caso la casistica piuttosto ampia, e comprende (a) la mancata registrazione delle retribuzioni nel libro paga dellimpresa (retribuzione di fatto), che implica anche unevasione totale sotto il profilo contributivo e fiscale. Si tenga presente che il mancato rispetto del Ccnl in alcuni casi consente di pagare al lavoratore una retribuzione effettiva superiore a quella prevista dal contratto nazionale, cos da compensare il mancato versamento dei contributi. (b) La registrazione di una retribuzione superiore a quella di fatto erogata (doppia busta paga), conseguente ad esempio al mancato rispetto dei minimi previsti dal Ccnl. Questo tipo di irregolarit non lascia alcuna traccia sotto il profilo formale, ed quindi impermeabile ai controlli. Pu essere individuata soltanto grazie alla testimonianza diretta del lavoratore. (c) I fuoribusta, derivanti da lavoro straordinario effettuato in nero o come conseguenza dellinquadramento del lavoratore ad un livello inferiore rispetto alle mansioni effettivamente svolte). (d) La dichiarazione di un numero di ore o di giornate pi basso rispetto a quelle effettivamente lavorate, una forma di lavoro grigio che incide tanto sulla componente retributiva che su quella previdenziale.

2.3. Due modelli di lavoro irregolare: sommerso per opportunit e sommerso per necessit
A titolo esemplificativo, individuiamo due modelli polari che sintetizzano le caratteristiche prevalentemente assunte dal fenomeno del lavoro irregolare in contesti territoriali e socio-economici diversi: il lavoro irregolare richiesto e il lavoro irregolare obbligato, definibili anche come sommerso per opportunit e sommerso per necessit (vedi tabella 2.2). Si tratta di due tipi ideali che fanno astrazione da aspetti rilevanti del fenomeno, il quale nelle sue manifestazioni naturalmente si presenta in forme ibride. Lindividuazione di questi due modelli permette tuttavia di catturare in forma sintetica i profili di condizioni differenti di equilibrio che consentono al sistema di convenienze individuali, occasioni e incentivi istituzionali che ruota attorno alleconomia sommersa di funzionare con relativa stabilit e di consolidarsi, pur in presenza di cambiamenti significativi nel livello di sviluppo delleconomia e del sistema di regolazione. In questi distinti brodi di coltura

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Tabella 2.2: Due modelli generali di lavoro irregolare


Lavoro irregolare richiesto: sommerso per opportunit (o di sviluppo) Contesto economico-sociale Grado di sviluppo del contesto economico Economie di mercato sviluppate e concorrenziali Lavoro irregolare obbligato: sommerso per necessit (o di sussistenza) Economie a un livello medio-basso di sviluppo, frammentazione o polverizzazione del tessuto produttivo Micro-imprese, imprese piccole o individuali, imprese familiari

Dimensioni delle imprese irregolari Caratteristiche dellattivit produttiva e livelli di innovazione

Imprese medio-grandi

Attivit con bassa redditivit, Attivit con media o elevata redditivit, livelli normali di livelli di innovazione scarsi o nulli innovazione (superiori alla media quando i vantaggi economici del sommerso sono reinvestiti) Terziario avanzato, industria manifatturiera, new economy Agricoltura, artigianato, servizi alla persona e alle famiglie, servizi di assistenza a domicilio, turismo, edilizia Risparmio sui costi di produzione, data la disponibilit dei lavoratori ad accettare retribuzioni inferiori a quelle di mercato Assenza di alternative praticabili, nel caso degli immigrati la mancata perdita dei contributi versati in caso sia previsto il ritorno nella terra dorigine dopo lesperienza lavorativa Competitivit fondata sul prezzo ottenuta tramite il contenimento del costo del lavoro Sopravvivenza stentata o processo di progressiva marginalizzazione, fino allespulsione dal mercato Lattivit non ha necessit di un luogo stabile per essere svolta, oppure questo viene mantenuto poco o per nulla visibile

Settori economici prevalentemente coinvolti

Principali vantaggi attesi dal lato Risparmio sui costi della domanda di lavoro amministrativi e previdenziali; flessibilit nellorganizzazione del lavoro Principali vantaggi attesi dal lato Retribuzione pi elevata di dellofferta di lavoro quella di mercato, nel caso degli immigrati la mancata perdita dei contributi versati in caso sia previsto il ritorno nella terra dorigine dopo lesperienza lavorativa Profilo concorrenziale adottato dallimpresa Competitivit fondata su innovazione tecnologia od organizzativa (attraverso la flessibilit nellimpiego della manodopera) Mantenimento di standard concorrenziali in un mercato dinamico Lattivit viene svolta in un luogo fisico stabile, ma sono possibili irregolarit

Probabile evoluzione delle imprese irregolari

Dimensioni di invisibilit

fisico-territoriale

di prodotto

Prodotti finiti o semi-lavorati, Servizi assistenziali e di basso produzioni differenziate (dove profilo, beni semi-lavorati, sono rilevanti qualit, design, produzioni standardizzate moda, ecc.), prestazioni professionali di alto profilo o legate alla new-economy

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Lavoro irregolare richiesto: sommerso per opportunit (o di sviluppo) di mercato Prodotti con un marchio proprio, o destinati ad altre imprese

Lavoro irregolare obbligato: sommerso per necessit (o di sussistenza) Servizi o prodotto che non hanno uno sbocco diretto nel mercato, destinati a distributori e intermediari, sub-forniture, e cos via Assenza di partita Iva, evasione totale, apertura di partita Iva con forti irregolarit nelle dichiarazioni fiscali Mancata registrazione al registro delle imprese, mancata regolarizzazione del rapporto di lavoro con i dipendenti, inosservanza del ccnl

Fiscale

Irregolarit nella fatturazione e nelle dichiarazioni fiscali

Normativa

Iscrizione al registro imprese, assunzione dei dipendenti con contratto e registrazione presso lUfficio del lavoro, ma irregolarit nel rispetto dei ccnl

Contributiva

Iscrizione dei dipendenti Mancata iscrizione allInps e allInail di titolare e allInps e allInail con irregolarit nel versamento dei dipendenti contributi Doppia busta paga, fuoribusta, paga di fatto Aspettative di ripetizione del gioco; reputazione Paga di fatto Legami familiari o parentali; appartenenza a piccole comunit caratterizzate da contatti diretti e personali; potere di ricatto; mediatori/ garanti Attivit organizzata dintermediazione; caporalato Italia meridionale

Retributiva Meccanismi informali di garanzia di adempimento degli impegni contrattuali

Meccanismi di incontro tra domanda e offerta di lavoro Aree geografiche maggiormente interessate in Italia Attori prevalentemente coinvolti

Reti di conoscenze, capacit di acquisire autonomamente le informazioni sulle opportunit Italia centro-settentrionale

Doppio lavoro, lavoratori autonomi e professionisti irregolari, tecnici, pensionati, soggetti con assegni di mobilit o in cassa integrazione, lavoratori con contratti atipici e di associazione in partecipazione

Lavoratori a domicilio, microimprese familiari, lavoratori dipendenti totalmente irregolari (studenti, donne, pensionati, immigrati irregolari)

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possono infatti affermarsi e consolidarsi strutture stabili di rapporti lavorativi irregolari, a dimostrazione della capacit del fenomeno di adattarsi plasticamente a differenti condizioni istituzionali, economiche e sociali. Il primo modello, quello del lavoro irregolare richiesto o sommerso per opportunit (o di sviluppo), riflette una pressoch completa convergenza di interessi tra lavoratori e imprenditori. Questi ultimi eludendo la normativa fiscale, contributiva e assicurativa guadagnano informalmente margini di flessibilit nella gestione delle risorse umane. Sono solitamente imprese di dimensioni mediograndi, in genere presenti con un proprio marchio nel mercato dei prodotti finali (specialmente le imprese manifatturiere), che possono anche presentare livelli elevati di innovazione, visto che a certe condizioni i vantaggi economici del sommerso sono reinvestiti in modo da accrescere la loro competitivit sul mercato. Altri protagonisti sono professionisti e tecnici specie nel settore delle nuove tecnologie, che per la natura immateriale di molte prestazioni e servizi resi si presta particolarmente ad essere praticata in forme sommerse i quali si muovono con disinvoltura nel mercato, percependo ladempimento dei vincoli regolatori nei loro rapporti di lavoro come un una rete opprimente di obblighi cui non corrispondono controprestazioni significative da parte del soggetto pubblico. Anche i lavoratori, tra i quali vi sono i beneficiari di prestazioni assistenziali incompatibili con la condizione lavorativa ufficiale, avvertono la condizione di informalit come unopportunit di accrescere i propri guadagni, preferendola attivamente alladesione pure possibile a forme regolari di inquadramento contrattuale. Essi di solito si muovono nel mercato acquisendo autonomamente informazioni, o sfruttando reti di conoscenze. Ci significa, in altri termini, che per tutti questi soggetti la condizione di irregolarit una scelta, frutto di un calcolo di convenienza, rispetto ad altri modelli ugualmente praticabili di attivit regolare. Garanzia di adempimento degli accordi tra le parti infatti la reputazione acquisita dai diversi attori, anche grazie alla ripetizione degli scambi nel corso del tempo. Per questo salvo eccezioni in genere le corrispondenti forme di irregolarit sono soltanto parziali, caratterizzate da diverse tonalit di grigio piuttosto che dal nero, e riguardano agenti che comunque sarebbero in grado di rimanere competitivi sul mercato, in contesti relativamente sviluppati. Il quadro tracciato collima con le storie individuali emerse da diverse ricerche, che tra i lavoratori del sommerso intervistati specie nel centro-nord mettono in evidenza la convinzione diffusa di aver fatto una scelta transitoria, delineando un profilo di lavoratore molte volte universitario, connivente con il datore di lavoro e interessato a garantirsi un reddito maggiore. Si tratta di

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un contesto in cui lirregolarit parziale, relativa prevalentemente delle forme contrattuali, e soprattutto per i pi giovani, si ravvisano concrete possibilit di mobilit ascendente della propria posizione lavorativa (Ires-Cgil 2007, 16, 19). Il secondo modello quello del lavoro irregolare obbligato, o sommerso per necessit altrimenti detto di sussistenza.35 Elemento distintivo in questo caso la mancanza di alternative di mercato: lesito di una regolarizzazione forzata sarebbe infatti la cessazione dellattivit per gli imprenditori e la disoccupazione per i lavoratori, disposti pur di scongiurare questo esito ad accettare remunerazioni inferiori a quelle di mercato. Se limmersione in genere totale, o comunque caratterizzata da irregolarit previdenziali, retributive e assicurative molti marcate diviene condizione necessaria per la sopravvivenza stessa dellimpresa, labbattimento dei costi di produzione (attraverso la riduzione del costo del lavoro e la dequalificazione delle condizioni di igiene e di sicurezza) limperativo che detta le linee di qualsiasi concepibile strategia aziendale. Si tratta generalmente di imprese di piccole dimensioni, poco produttive e con capacit di innovazione pressoch nulla, scarsa propensione al rischio di impresa e difficolt di accesso al credito, che forniscono servizi di scarso profilo qualitativo o beni ad alta intensit di manodopera, non indirizzati al mercato finale. Sullaltro versante del mercato del lavoro si collocano di solito individui che accettano, in quanto privi di opportunit significative e stabili di lavoro regolare, condizioni completamente in nero o in grigio (ma con tonalit prevalentemente scure). Le inesorabili leggi del sommerso da tutti conosciute e puntualmente osservate regolano tanto i rapporti tra imprenditori che quelli tra questi ultimi e i lavoratori, dettandone i termini contrattuali ricorrenti, favorendo lincontro tra domanda e offerta, prevenendo o fornendo criteri per una rapida e indolore risoluzione di controversie eventualmente insorte. Per questa via, tali regole non scritte diventano sia un vincolo per i soggetti coinvolti nel sistema, che un fattore di ordine del sistema, mediante il quale sono stabilizzati e legittimati i rispettivi comportamenti, riducendo lincertezza e nello stesso tempo assicurando una parvenza di rispettabilit sociale a condotte illecite. Del resto, anche il potere di ricatto degli imprenditori, la presenza di intermediari/garanti informali dei patti, ovvero la presenza di legami familiari, parentali o comunitari, rappresentano
35 Si possono distinguere, secondo alcuni autori, due situazioni diverse allinterno del sommerso per necessit: (i) il lavoro sommerso fisiologico, che ha la sua radice in micro-imprese individuali o familiari nelle quali i vincoli parentali o laspettativa di una ripetizione del gioco rendono stabili le relazioni di scambio e scoraggiano luscita dallirregolarit; (ii) il lavoro sommerso dovuto allarretratezza dellorganizzazione sociale, che permette ai datori di lavoro di imporre a controparti in posizione contrattuale debole o inconsapevoli della propria condizione la rinuncia ai diritti formalmente garantiti dalla legge (Brunetta e Ceci 1998).

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altri potenti fattori di stabilizzazione delle reti di relazioni su cui si fonda questo modello di sommerso. C poi una componente adattiva nellutilizzo di una simile strategia. Se si diffonde laspettativa che il sommerso imperante, a tutti conviene adeguarsi alla regola, per non essere emarginati o per competere ad armi pari:
in altre aree pi depresse del Sud, come la Campania, la Calabria e la Sicilia, la condizione di immersione trova invece ragione () in una sorta di adattamento alla condizione generale del tessuto imprenditoriale che ha ormai reso patologica la situazione. Sommergersi significa sia per limprenditore che per il lavoratore poter lavorare: per il primo, entrando a far parte della rete imprenditoriale, dalla quale sarebbe escluso se non ne rispettasse le leggi; per il secondo, trovando lavoro dal momento che non solo lavorare in nero risulta lunica condizione per entrare e restare nel mercato del lavoro, ma anche perch spesso e volentieri garantisce un livello di retribuzione netta superiore a quello cui si avrebbe diritto stando in regola (Censis 2003, 85).

Nelle ricerche sulla realt del lavoro irregolare nellItalia meridionale e in alcune aree arretrate, infatti, emerge la sostanziale rassegnazione per una situazione ritenuta endemica e irrisolvibile, sia tra i giovani che tra i lavoratori pi esperti:
il bisogno di lavoro si incontra con le scarse e irregolari possibilit offerte dal mercato del lavoro locale. Le differenze territoriali pesano anche sullatteggiamento dei lavoratori rispetto al loro futuro; ritenendo ormai insormontabili le criticit del mercato del lavoro meridionale, alcuni intervistati hanno manifestato la volont di trasferirsi al nord, quale unica via per migliorare la loro condizione lavorativa, soprattutto in termini di un passaggio da una condizione di irregolarit ad un contesto di maggiori garanzie (Ires-Cgil 2007, 16-17).

Dalladattamento reciproco ad aspettative di ineluttabilit del ricorso al sommerso alla pressione sociale per ladeguamento a quelle regole non scritte, il passo breve: Ancora oggi sostiene un rappresentante sindacale molti ritengono che leconomia informale sia il male minore, e chi ha questa convinzione difficilmente decider di impegnarsi. Oggi difficilmente accade che limprenditore chiede di usare il riallineamento perch sottoposto a pressione sociale (Monitor lavoro 2002, 257). Di qui il forte dualismo geografico, segnalato da molte ricerche sul lavoro irregolare, tra il centro-nord e il sud: Nel nord non si ravvisano fenomeni di disagio o di sfruttamento significativo (forme di evasione di alcuni vincoli contrattuali e/o trattamenti retributivi). Nel sud invece emergono forme di irregolarit pi gravi con situazioni di assenza del contratto, mancanza di qualunque criterio di gestione di sicurezza, dellesercizio dei diritti sindacali (Ires 2007,

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16). Imprese agricole e di costruzioni, servizi alla famiglia e assistenziali, ma anche piccolissime imprese familiari e conto-terzi sono i settori dove si annida maggiormente questa forma di irregolarit di sussistenza, incapace di innescare qualsiasi significativo processo di accumulazione e di crescita economica, e destinata ad una posizione marginale e alla probabile uscita dal mercato.

2.4. La diffusione del lavoro irregolare in Italia: le politiche del lavoro e altri fattori di carattere economico, sociale, istituzionale
La profittabilit economica del ricorso al lavoro irregolare la ragione addotta pi di frequente, a livello di motivazioni individuali, tanto dagli imprenditori che dai lavoratori dipendenti direttamente coinvolti (Commissione europea 1998). Questo dato trova conferma anche nel ristretto campione oggetto della nostra ricerca, come si mostrer nei capitoli 5 e 6. In questo paragrafo ci concentriamo invece sulle macro-condizioni di natura strutturale che, a livello di sistema economico, di meccanismi di regolazione formale e di valori culturali, rendono individualmente convenienti simili attivit.

2.4.1. Il sentiero di sviluppo delle politiche del lavoro: il modello della sicurezza e il lavoro sommerso
Tra i fattori istituzionali che in Italia hanno favorito il consolidarsi di un equilibrio ad alta densit di sommerso occorre considerare le caratteristiche di fondo delle politiche del lavoro. Queste ultime, coerentemente con la matrice europeo-continentale cui si ispirano, sono state tradizionalmente improntate al modello della sicurezza, connotato da: (a) un sistema di collocamento esclusivamente pubblico: (b) lo scarso peso relativo delle politiche attive per la promozione dei posti di lavoro rispetto alle politiche passive di sostegno al reddito; (c) la conseguente discriminazione tra i soggetti inclusi nel sistema di protezione e gli inoccupati non tutelati, (d) il rilevante peso assunto dalla famiglia come ammortizzatore privato delle ricadute negative del sistema, specialmente per le fasce pi deboli (Gualmini 1998, p. 169).36 possibile ricostruire le ragioni storiche dellaffermarsi di questo modello originario prendendo in considerazione le dinamiche delle relazioni tra sin36 Rispetto agli altri paesi europei, questa politica del lavoro implica assenza di politiche attive, dominio delle politiche passive e del meccanismo assicurativo, mancanza, se si fa eccezione per il sussidio straordinario di disoccupazione, di una rete di protezione universalistica, estesa cio a tutti i disoccupati al di sotto di un determinato livello di reddito, ed esclusione dei privati dalla gestione del collocamento (Gualmini 1998, 179).

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dacati e governo a partire dal dopoguerra, nei loro mutevoli rapporti di forza. Negli anni cinquanta del secolo passato le organizzazioni dei lavoratori, ancora deboli e divise, si sono orientate verso la rivendicazione di meccanismi di tipo previdenziale-assicurativo, limitati ai lavoratori dipendenti dellindustria. Nei decenni successivi il parziale rovesciamento del rispettivo potere contrattuale, anche grazie allaccresciuto potere di mobilitazione dei sindacati, ha permesso a questi ultimi di reclamare con successo, nei confronti di governi deboli e instabili, lestensione a sempre nuove categorie di lavoratori di un sistema di copertura a largo raggio. Un simile modello assicurava infatti un clima di pace sociale e aziendale, richiesto dalle associazioni di imprenditori, consolidava il sostegno dei lavoratori inseriti stabilmente nel sistema di garanzie verso le stesse organizzazioni sindacali, e nello stesso tempo non alienava il consenso della loro tradizionale base elettorale ai partiti della maggioranza di governo, che ne assecondavano politicamente lattuazione. Su questo sentiero le politiche del lavoro hanno prodotto una progressiva istituzionalizzazione del modello della sicurezza, che soltanto negli ultimi anni stato alterato in modo significativo, ampliando la gamma di forme contrattuali attuabili nella regolazione dei nuovi ingressi. La cassa integrazione ha costituito un potente fattore di perpetuazione di questo imprinting originario di regolazione del mondo del lavoro, diventando elemento spesso decisivo di condizionamento delle scelte imprenditoriali. In effetti, se nel breve termine lespansione della sfera di integrazioni salariali ha assicurato un elemento di flessibilit nella gestione delle imprese, in un orizzonte temporale pi esteso questo processo ha contribuito a cristallizzare le molte rigidit del sistema. La salvaguardia dal rischio di un allontanamento pi o meno temporaneo dal posto di lavoro per gli occupati presuppone, quale valore fondamentale da difendere, quello della stabilit del vincolo contrattuale che lega i lavoratori allimpresa. I vantaggi immediati derivanti da queste forme di regolazione hanno indotto gli imprenditori ad appoggiare, in una prima fase, politiche di tutela rigida per gli occupati; nello stesso tempo, rafforzando le garanzie della gran parte degli iscritti ai sindacati, si accentuavano le resistenze di questi ultimi al cambiamento. A rafforzare questo processo, lespandersi di un reticolo di scambi clientelari tra partiti e organizzazioni sindacali, che in molti casi hanno accompagnato il riconoscimento ministeriale dello stato di crisi, presupposto allimpiego della cassa integrazione. Listituzionalizzazione di questo sentiero di sviluppo delle politiche del lavoro, ispirato al modello della sicurezza, ha dunque determinato sotto forma di norme, prassi, valori diffusi, meccanismi di adempimento, aspettative, credenze un bilanciamento di poteri tra gli attori coinvolti, generando clientele e coalizzando gli interessi dei gruppi ostili al cambiamento.

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Questi fattori di rigidit nella regolazione hanno prodotto alcuni effetti positivi sul sistema produttivo, in termini di contenimento dei conflitti sindacali e di sollecita risoluzione di alcune specifiche situazioni critiche. Tuttavia, di fronte alle nuove sfide connesse alle trasformazioni del mercato del lavoro si pensi allaumento cospicuo della partecipazione femminile e successivamente degli immigrati, allaccentuata terziarizzazione del sistema produttivo, ecc. i costi sociali prodotti dallapplicazione del modello della sicurezza ne hanno evidenziato i limiti, ispirando propositi di riforma delle corrispondenti politiche. Di fronte alle nuove esigenze post-industriali del sistema economico, lorganizzazione tayloristica dei processi produttivi automatizzati ha ceduto il passo al modello nipponico della qualit totale, che richiede un continuo adattamento e flessibilit del personale mediante rotazioni e mobilit interna alle mutevoli esigenze dei cicli produttivi, mentre analoghe spinte alla flessibilit dei lavoratori sono venute dalle nuove forme di occupazione knowledge-intensive, per la gestione e trasmissione di informazioni, conoscenze e abilit cognitive e relazionali. Inoltre, tra le caratteristiche dei sistemi di produzione post-fordisti vi sono limpiego estensivo di sub-appalti, il decentramento di porzioni del processo produttivo, loutsourcing e la terziarizzazione di mansioni prima organizzate internamente allimpresa, mediante processi di esternalizzazione.37 Questo genera una serrata concorrenza tra fornitori e subfornitori, nella quale la compressione dei costi salariali pu risultare decisiva per la sopravvivenza, rafforzando gli incentivi al ricorso a forme di lavoro irregolare. Il modello di regolazione del mercato del lavoro fondato sulla sicurezza e sullutilizzo estensivo di strumenti di integrazione salariale non si adattato con sufficiente rapidit ai cambiamenti intervenuti nellambiente esterno, creando lacerazioni e tensioni affiorate con particolare evidenza nel corso degli anni novanta. Le integrazioni salariali, infatti, al pari di altri programmi di tipo occupazionale o categoriale, tendono a stabilizzarsi tramite estensioni progressive, cio mediante allargamenti successivi del novero di categorie che attivano con successo forme di influenza e di pressione politica per venire ammessi nella rete di protezione. Lungo questo sentiero il meccanismo di integrazione guadagni, previsto per i lavoratori dipendenti dellindustria, si via via ampliato fino a comprendere i lavoratori indipendenti delledilizia, dellagricoltura, di altri
37 Il lavoro industriale cambia profondamente, pertanto. Innanzitutto esso diviene meno concentrato e massificato (). Ma vi anche un processo di compressione e diffusione al tempo stesso dellindustria: si produce pi di prima, ma con meno personale. Di pi: le nuove strutture e modalit industriali vanno di pari passo con la riduzione delle dimensioni aziendali, accorciando cos la visibilit sociale non soltanto dellindustria in s, ma anche della classe operaia stessa (Cnel 1999, 2-3). Questa minore visibilit, naturalmente, si riverbera anche nellaccresciuta difficolt di applicazione e di controllo della regolazione relativa ai rapporti e alle condizioni di lavoro.

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settori produttivi e di ogni livello di reddito.38 Trattandosi di un meccanismo non universalistico, infatti, la sua applicazione era coerente con gli interessi specifici dei gruppi beneficiari dei provvedimenti distributivi, e nello stesso tempo veniva difeso da organizzazioni sindacali nelle quali la crescente componente di pensionati guardava con favore allo scambio politico tra i provvedimenti generosi nei confronti della categoria e politiche non universalistiche contro la disoccupazione (Gualmini 1998). La diffusione del lavoro irregolare, in questa prospettiva, appare dunque come una tra le risultanti del naturale adattamento ai cambiamenti intercorsi nel contesto sociale ed economico messo in opera da diversi soggetti imprenditori e lavoratori, in primo luogo nei confronti della rigidit del modello originario di regolazione del mercato del lavoro. Il sistema di regolazione rigida e passiva del mercato del lavoro nel corso del tempo si progressivamente rafforzato e irrigidito per linteresse congiunto degli attori politici, economici, sindacali, che ne erano artefici e beneficiari. I provvedimenti con i quali sono stati progressivamente introdotti alcuni elementi di flessibilit nel mercato del lavoro non sono stati sufficienti a rispondere adeguatamente allallargamento delle cerchie di esclusi, in particolare delle categorie pi deboli, come la forza lavoro giovanile, femminile e immigrata.39 Come spesso si osserva anche in altri ambiti, alla crescita dintensit della regolazione formale ha finito per corrispondere non un maggiore rigore nelladempimento, ma una pi estesa deregolazione informale. La crescita della disoccupazione, soprattutto allinterno di categorie contrattualmente pi deboli, ha avuto infatti quale diretta conseguenza lestensione della sfera delleconomia sommersa e del lavoro irregolare. La loro diffusione costituisce unalternativa occupazionale diretta per i disoccupati che non riescono ad accedere al mercato del lavoro secondo i canali istituzionalmente previsti. Inoltre, come emerso anche nella nostra analisi, lutilizzo estensivo degli ammortizzatori sociali (cassa integrazione guadagni, pre-pensionamenti, ecc.) moltiplica lofferta
38 Peraltro, nel suo utilizzo pratico, la cassa integrazione guadagni che si per s un meccanismo rigido, garantito finanziariamente e normativamente dallo stato stata utilizzata di frequente per eludere surrettiziamente la regolazione estremamente rigida sul licenziamento, senza incidere formalmente sul principio-valore della stabilit del posto di lavoro. 39 Tra i fattori di resistenza allinnovazione e al cambiamento del sistema di regolazione rigida del lavoro c anche il ruolo assunto dalla famiglia, che oltre a risolvere e tappare i buchi della regolazione del mercato del lavoro, di fatto ne assicura la perpetuazione, continuando a fare da ponte tra i garantiti e i non garantiti. Il modello familistico del welfare state ha inoltre contribuito ad irrigidire la divisione dei ruoli familiari: la struttura occupazionale ancora prevalentemente incentrata sul ruolo del capofamiglia, mentre la moglie e i figli sono eventualmente impegnati in attivit saltuarie e spesso informali. La famiglia ha dunque continuato ad essere una camera di compensazione tra redditi ipergarantiti e redditi precari e discontinui (Gualmini 1998, 226-7).

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di lavoro irregolare da parte delle categorie di soggetti per le quali il diritto ai sussidi condizionato allastensione da occupazioni regolari. Notevoli, come vedremo, sono le differenze tra settori specifici e aree geografiche di diffusione del fenomeno, nelle modalit con cui questo si manifesta e nei suoi protagonisti (occupati regolari con un doppio lavoro, stranieri non residenti sia regolari che irregolari, giovani, ecc.) (si veda la tabella 2.3).
tab. 2.3. Soggetti maggiormente coinvolti nel sommerso, per area geografica, secondo testimoni privilegiati. Fonte: Censis 2003 (il totale per area superiore a 100 per la possibilit di risposte multiple).
Area geografica Nord ovest Giovani Casalinghe Disoccupati Lavoratori in mobilit a cassa integrazione Pensionati Immigrati extra-comunitari Occupati regolari del settore privato Occupati regolari del settore pubblico 87,2 40,2 83,2 66,1 86,7 95,9 32,7 39,4 Nord est 80,2 47,4 68,7 65,7 88,8 91,7 21,5 43,8 Centro 85,7 45,3 76,9 67,1 74,4 95,1 21,4 41,1 Sud e isole 92,7 34,8 97,5 86,0 45,3 87,2 34,4 37,6 87,3 41,0 84,0 73,0 72,0 91,9 28,6 40,1 Totale

Del resto, una volta attivati i circuiti di formazione e riproduzione delle relazioni informali (e irregolari) nel mercato del lavoro, le reti di fiducia cos costituitesi, i processi di apprendimento di tecniche elusive e gli interessi convergenti degli attori operanti nella sfera delleconomia sommersa hanno rappresentato robusti fattori di attrito al cambiamento, capaci di neutralizzare in buona misura le ricadute della successiva adozione di un modello meno rigido. Anche le relazioni fiduciarie e gli altri meccanismi informali di regolazione del lavoro irregolare, in altri termini, hanno dimostrato la capacit di resistere alle pressioni dellambiente istituzionale, derivanti dai nuovi modelli di regolazione formale.

2.4.2. Struttura del sistema produttivo e caratteristiche della regolazione: le spiegazioni della pratica del lavoro irregolare
Nella struttura del sistema produttivo si annidano alcuni tra fattori pi rilevanti che incoraggiano forme di elusione e di irregolarit nella gestione delle attivit lavorative. Come gi accennato, la frammentazione del tessuto produttivo, la dis-integrazione verticale di medie e grandi imprese e il ricorso a forme di esternalizzazione e sub-contrattazione, accompagnate dalla proliferazione di

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micro-imprese marginali, decentralizzano e disperdono le relazioni contrattuali in una pluralit di luoghi e sedi informali, ostacolando i controlli e generando incentivi a pratiche informali e sommerse: La realt economica italiana caratterizzata dalla presenza di un gran numero di piccole imprese nelle quali molto importante guardare al contenimento dei costi di produzione a favore di una maggiore competitivit fondata sul prezzo. Di conseguenza, in molte circostanze sono proprio le imprese di piccole dimensioni a utilizzare la manodopera in modo irregolare (Isfol 2007, 19). Nel settore manifatturiero, ad esempio, in Italia la presenza di microimprese notevolmente superiore rispetto agli altri paesi europei: il 25,5% dei lavoratori del settore opera in imprese con 1-9 addetti, contro il 12,2% della Francia, l11,1% del Regno Unito, il 6,6% della Germania. Inoltre, la dimensione media delle imprese manifatturiere italiane risulta sensibilmente pi bassa rispetto a quella dei principali paesi europei e pari a 8,9 addetti rispetto a 36,2 addetti della Germania, ai 22 addetti del Regno Unito e ai 15 addetti della Francia (Unioncamere 2007, 2). Le imprese di dimensioni maggiori hanno disincentivi pi robusti al ricorso a forme di lavoro irregolare, perch crescono le probabilit di incorrere in controlli esterni del rispetto delle norme, ad opera degli organismi di vigilanza, e si rafforzano diverse forme di controllo interno, favorite dalla sindacalizzazione del personale e dal raggiungimento di una sufficiente massa durto di lavoratori organizzati.40 Analoghe considerazioni valgono per i distretti produttivi, consolidata realt in diverse aree della regione Toscana e della provincia di Pisa, caratterizzati dalla diffusione di reti di interscambio di manodopera, conoscenze, sub-forniture. I corrispondenti rapporti di lavoro sono regolati informalmente in un contesto estremamente competitivo, nel quale gli interessi dei diversi protagonisti convergono nella ricerca di condizioni di massima flessibilit nella gestione delle risorse, favorendo un allentamento dellattenzione verso il rispetto dei vincoli normativi. Vi poi leffetto convergente della diffusione di nuove tecnologie informatiche, che favoriscono la delocalizzazione e smaterializzano relazioni dimpiego e servizi tradizionali, creando nuove opportunit di lavoro informale in contesti difficilmente localizzabili e controllabili (Lucifora 2003, 47).41 Diversi studi comparati tra paesi diversi dimostrano una significativa corre40 Questa correlazione viene confermata anche dallanalisi empirica presentata nel quarto capitolo. In particolare, un elevato livello di sindacalizzazione permette unopera pi capillare di controllo sui luoghi di lavoro per il rispetto delle norme e dei contratti di lavoro. 41 Sul versante dellofferta di lavoro entra in gioco anche il consolidarsi di nuovi e pi esigenti modelli di consumo, che richiedendo redditi pi elevati incoraggiano al doppio lavoro gli occupati regolari e spingono ad entrare nel mercato del lavoro nuove categorie (donne, studenti) particolarmente vulnerabili alladozione di forme di irregolarit (Brunetta e Ceci 1998).

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lazione anche tra la diffusione delleconomia sommersa e alcune macro-caratteristiche della cornice di regolazione fiscale ed economica, oltre che ad alcuni profili di carattere sociale e culturale. In particolare, lattenzione si concentrata sulle seguenti variabili:42 (a) i livelli elevati di pressione fiscale e contributiva, che si ricollegano tanto al carico che alla complessit del sistema tributario e previdenziale. Il problema degli alti costi del lavoro pu indurre sia gli imprenditori che i lavoratori a ricorrere ai diversi accorgimenti disponibili per risparmiare su tale voce di bilancio, trattenendo (e ripartendo in proporzioni differenziate, a seconda del rispettivo potere contrattuale) la quota di risorse altrimenti destinata allo Stato. Lofferta di lavoro irregolare da parte delle famiglie e la domanda da parte degli imprenditori sono infatti direttamente correlate alle aliquote marginali sul reddito, riducendosi in presenza di sistemi fiscali meno onerosi. Al crescere del cuneo fiscale il carico di oneri fiscali e contributivi, ossia la differenza tra il costo totale del lavoro per limprenditore e il guadagno del lavoratore aumentano per entrambe le parti anche gli incentivi a rendere invisibili al fisco le prestazioni lavorative erogate. (b) Lefficacia dei meccanismi di controllo, ossia la frequenza e lefficacia con cui questi vengono effettuati dai diversi organismi (Agenzia delle entrate, ispettorati, ecc.) cui questi compiti sono delegati, e la severit delle sanzioni previste in caso dinosservanza: come prevedibile la sanzione attesa penalit prevista ponderata per la probabilit dincorrevi direttamente proporzionale alla diffusione delleconomia sommersa. Alcune ricerche mostrano che non tanto laliquota fiscale, quanto piuttosto lo scarso rigore e lalta discrezionalit con il quale tali aliquote vengono applicate a rafforzare gli incentivi a nascondere le proprie attivit economiche (Johnson, Kaufmann e Zoido-Lobaton 1998). In particolare, nel contesto italiano diversi studi empirici mostrano che tali norme sono eccessivamente lasche ed il sistema dei controlli di fatto impotente, per quantit e qualit delle risorse che ha a disposizione, per rappresentare un reale ostacolo allutilizzo del sommerso (Irpet 2002).43 Probabilit ed entit delle sanzioni ben difficilmente rappresentano un reale deterrente alla pratica del sommerso: sotto il profilo prettamente economico, la strategia ottimale per limprenditore spesso il ricorso al lavoro nero.

42 Si veda. Johnson, Kaufmann e Zoido-Lobatn (1998). 43 Come osserva un intervistato: Uno dei motivi per cui la gradualit [strategia di emersione] non funziona il basso costo dellillegalit. La probabilit per una impresa di essere sottoposta in un anno a un controllo fiscale vicina allo zero. Inoltre, se si ha la sfortuna di essere scoperti, i tempi del contenzioso alleviano ancora di pi il problema. La probabilit di avere una visita ispettiva di una volta ogni 25 anni (Monitor lavoro 2002, 257).

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(c) Lintensit e la complessit della regolazione economica e del lavoro (rigidit nei rapporti di lavoro, presenza di licenze, barriere doganali, alti tempi e costi delle procedure per avviare unattivit di impresa, ambiguit delle prescrizioni normative, ecc.).44 Esiste una correlazione positiva tra le dimensione delleconomia sommersa e alcuni indicatori dei livelli di regolazione pubblica delle attivit economiche (Vannucci e Cubeddu 2007). Lampiezza, la scarsa intelligibilit della regolazione e la scarsa efficacia con cui viene applicata, infatti, possono spingere imprenditori e lavoratori verso forme di contrattazione irregolare.45 Si arriva addirittura al punto che non cos ovvio supporre che tutte le violazioni delle normative vigenti avvengano consapevolmente da parte dellimprenditore: si pensi alla complessit delle normative in tema di igiene e sicurezza dei luoghi di lavoro e degli impianti; in altri casi le violazioni relative ai lavoratori irregolari possono essere il frutto della non conoscenza delle numerose forme contrattuali applicabili e delle agevolazioni correlate allutilizzo delle stesse (Isfol 2007, 20).46 I costi, in termini di tempo e conoscenze richiesti per gli adempimenti necessari, derivanti da sistemi fiscali e di regolazione complessi, possono spingere i soggetti economici a nascondere le loro attivit, ovvero a trascurare la ricerca di informazioni e laggiornamento continuo delle competenze sugli adempimenti richiesti.47 Un rappresentante di Confagricoltura illustra con chiarezza
44 Una regolazione rigida del mercato del lavoro, in particolare, favorisce lo sviluppo delleconomia sommersa sotto almeno due profili: (a) accrescendo il tasso di disoccupazione, e quindi il bacino che alimenta loccupazione irregolare; (b) fissando un tetto massimo di ore di lavoro, e dunque aumentando il numero di ore potenzialmente spendibili nel mercato del lavoro nero (Schneider e Enste 2000, 87). 45 La correlazione tra intensit della regolazione e dimensioni delleconomia sommersa suggerisce, quale strategia di contrasto, la de-regolazione, o il miglioramento nellefficacia della sua applicazione: Alcuni governi, invece, incrementano leggi e regolazione per cercare di ridurre leconomia sommersa, soprattutto perch questo accresce i poteri dei burocrati e i livelli di impiego nel settore pubblico. Alcuni politici potrebbero non avere un sincero interesse a ridurre sostanzialmente leconomia sommersa, perch molti elettori traggono vantaggio dalle attivit informali. Segnalare la loro battaglia per legge ed ordin potrebbe dunque risultare pi utile per i politici di una profonda riforma del sistema fiscale e previdenziale (Schneider e Enste 2000, 86). 46 Come si rileva in unaltra ricerca, lassoluta regolarit non si d quasi mai. Dato lingente numero di norme non solo giuslavoristiche ma anche fiscali e soprattutto sulla sicurezza degli impianti di lavoro sempre possibile, in linea teorica, trovare una irregolarit in qualsiasi forma di erogazione di una attivit lavorativa. Spesso questa non nota neanche agli stessi soggetti dellerogazione. In altri casi questa invece nota ma viene giudicata assolutamente trascurabile e veniale. Questo il caso del lavoro informale nelle cerchie sociali delle parentele e delle conoscenze (Monitor lavoro 2002, 160). 47 In Italia le disposizioni in materia fiscale leggi, regolamenti, circolari, ecc. che dovrebbero essere conosciute dai contribuenti sono circa 60.000, numero tale da rendere il compito arduo anche per professionisti specializzati. Quando la complessit del sistema si ricollega alla presenza di una serie di esenzioni e vantaggi fiscali che rendono possibile forme di elusione legale, allora una crescita della

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questo problema: Per assumere un operaio nonostante linformatica bisogna riempire 15 fogli, poi le raccomandate. Ci costa di tempo, di lavoro per assumere lei io spendo 100 euro di burocrazia. ancora pi problematico se si tratta di un extracomunitario. assurdo, perch questa gente qui e in qualche maniera deve mangiare (asscat4). Inoltre, la regolazione si associa in Italia alla presenza estensiva di posizioni di rendita create dalla mano pubblica mediante la concessione di licenze, permessi, concessioni, autorizzazioni, ecc.. Si determina cos per alcuni tipi di attivit economica uninsormontabile barriera allingresso. A fronte allimpossibilit o degli alti costi di superamento o di aggiramento di tali vincoli (tramite il ricorso alla corruzione, ad esempio), gli imprenditori hanno un preciso incentivo ad adottare strategie elusiva, rendendo invisibile allo Stato la propria attivit in questi mercati protetti: tassisti e parcheggiatori abusivi sono esempi di una casistica estremamente ampia. A questo si aggiunge un ulteriore fattore di incertezza normativa, derivante dalla moltiplicazione di figure contrattuali relative al lavoro atipico, che finisce per scoraggiare la denuncia ai sindacati o agli organi competenti di possibili irregolarit: Di fatto, come rilevato da molti, la stessa normativa che non tracciando una linea di confine chiara, apre allopportunit di accedere al contratto a progetto per mansioni che dovrebbero riguardare esclusivamente il lavoratore dipendente a tempo indeterminato. Lincertezza normativa influenza i comportamenti dei lavoratori portandoli a non denunciare forme di utilizzo scorretto del contratto o di non rispetto di quanto previsto dal contratto stesso (Ires-Cgil 2007, 28, corsivo aggiunto). (d) Le caratteristiche dei sistemi di assistenza e previdenza sociale, i cui benefici sono condizionati allastensione dei beneficiari da attivit lavorative. La loro estensione, specie se accompagnata da deboli meccanismi di controllo, crea infatti un incentivo individuale alla ricerca di occupazioni irregolari, cos da sommare ai benefici ufficialmente percepiti la retribuzione in nero.48
complessit pu associarsi a una riduzione delleconomia sommersa, che si associa invece a pratiche pi rischiose (Schneider e Enste 2000, 84). Del resto, la stessa presenza di forme di lavoro irregolare o in nero crea lesigenza di ulteriori irregolarit contabili, per finanziare gli esborsi corrispondenti con altre entrate in nero o false fatturazioni: lavoro nero e mancate fatturazioni, quindi produzioni in nero, sono perci in stretta correlazione dando vita a quello che pu essere definito il giro del nero, in cui le entrate percepite in modo irregolare vengono utilizzate per pagare i salari ai lavoratori che non hanno contratto (Irpet 2002). 48 Viceversa, i rischi di infortuni o di malattie invalidanti, cos come la mancanza di protezioni sociali e assistenziali alla perdita di lavoro, dovrebbero fornire ai lavoratori un forte disincentivo allaccettazione di rapporti contrattuali irregolari. Diverse ricerche empiriche mostrano invece levanescente percezione dei costi derivanti dallassenza di queste garanzie, specie da parte delle categorie pi deboli: extracomunitari, giovani, personale con basso titolo di studio e qualificazioni professionali. Come si mostra nei

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stato rilevato anche un nesso tra linteresse a domandare inquadramenti contrattuali irregolari e lincertezza prodotta dalle politiche che hanno progressivamente attenuato alcune garanzie di assistenza pubblica, con effetti spesso difficili da calcolare sulle singole posizioni occupazionali: In altri termini, la maggiore incertezza che caratterizza i redditi da pensione futuri, anche in relazione alla loro ridotta entit, potrebbe aver portato alcuni soggetti a preferire di conseguire un reddito certo e pi elevato oggi (in quanto ottenuto senza il versamento dei contributi previdenziali), invece di versare contributi previdenziali in attesa di un reddito futuro pi incerto (Monitor lavoro 2002, 83). (e) Il declino di valori riconducibili alle virt civiche e il degradarsi del tessuto di capitale sociale, accanto alla crescita della sfiducia nei confronti delle istituzioni pubbliche, sono tra i fattori di carattere culturale e sociale cui stata imputato lindebolirsi della moralit fiscale, il tessuto etico che sostiene le motivazioni interiori alladesione spontanea alle norme di regolazione del lavoro, fiscale e previdenziale (Schneider e Enste 2000, 82).49 Lae variabili che entrano in gioco sono dunque il senso civico e la fiducia nei confronti delle istituzioni, che permettono ai decisori imprenditori o lavoratori che siano di pesare anche i vantaggi collettivi di lungo andare nella scelta contingente se aderire o meno, in virt degli immediati vantaggi economici attesi, a forme di organizzazione e di gestione irregolare delle attivit economiche. Il deteriorarsi dei valori sociali espressi da questa variabile, misurabile attraverso diversi indicatori, pu spiegare le modalit differenziate con le quali il fenomeno delleconomia sommersa si manifesta in aree diverse del territorio italiano, coerentemente con lanalisi sviluppata da Putnam (1993) sul diverso rendimento istituzionale delle regioni italiane.50
capitoli 5 e 6, questi soggetti applicano un tasso di sconto estremamente basso ai pagamenti futuri, mostrando nelle loro scelte una forte preferenza per i vantaggi a brevissimo termine. In modo paradossale, proprio i lavoratori irregolari, non coperti dal sistema di welfare, alimentano una domanda di garanzie a copertura dei diritti sociali loro negati attraverso meccanismi di mercato (assicurazioni sugli infortuni e sulle malattie, ecc.), mentre la loro condizione disagiata crea difficolt ad accedere a queste forme di protezione privata, confinandoli in posizioni simili a quelle dei working poors delle realt statunitense, nella logica di sistemi di welfare residuale (Barbieri e Fullin 2001). 49 Anche la Commissione europea (1998) ha messo in evidenza tra le cause istituzionale della diffusione del lavoro sommerso il grado di accettazione culturale del fenomeno, che diventa una caratteristica endemica del sommerso: Vi una certa comprensione o accettazione culturale delleconomia informale. Il fatto di partecipare alleconomia informale a livello locale viene spesso concepito quale scambio di servizi di mutua assistenza che non occorre dichiarare (pulizia, lavori agricoli stagionali, ecc.) (Commissione europea 1998, 7). 50 Il funzionamento e il grado di adesione spontanea dei cittadini e degli agenti economici alle prescrizioni delle istituzioni formali da cui dipendono lestensione delleconomia sommersa sono infatti legati in profondit al contesto sociale, alla storia delle diverse realt territoriali, alle tradizioni di autogoverno, al senso di comunit che ne pervade e anima i processi di azione collettiva. Ad esempio, come

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(f ) Leventuale esistenza sul territorio di organizzazioni criminali ha un duplice effetto sulleconomia irregolare. Da un lato, lincombente presenza dei gruppi criminali pu incoraggiare la ricerca di condizioni di invisibilit per gli imprenditori (Censis 2003). Questi ultimi, nel tentativo di sfuggire alle loro pressioni estorsive, finiscono cos per attuare strategie di doppia evasione fiscale, tanto dallimposizione dello Stato che dal racket dellorganizzazione mafiosa. Daltra parte, le organizzazioni criminali rappresentano un meccanismo di regolazione delle pratiche informali connesse con lo svolgimento delle attivit economiche irregolari e degli scambi nei mercati illeciti, dei quali garantiscono ladempimento mediante la credibile minaccia di ricorrere alla violenza in caso dinadempimento (Gambetta 1992). (g) La crescente domanda di servizi di tipo familiare e personale, dalla pulizia della casa alla cura dei bambini e degli anziani non autosufficienti, anche a seguito di alcune dinamiche demografiche e sociali: invecchiamento della popolazione, crescita della partecipazione femminile al mondo del lavoro, crisi della famiglia allargata, insufficiente copertura universalistica da parte dello Stato delle nuove esigenze. Si tratta di prestazioni lavorative che presentano un altissimo rischio di irregolarit, in quanto gestite nellincontro tra domanda e offerta in forma decentralizzata, e caratterizzate nel loro esercizio da bassa visibilit e da massima dispersione sul territorio, con conseguenti difficolt di monitoraggio e controllo, alta intensit di manodopera, crescita pressoch nulla della produttivit. (h) La correlazione tra economia sommersa e corruzione, pure riscontrabile, piuttosto complessa da decifrare. Per un verso, infatti, esistono fattori come lalto livello di regolazione formale o di pressione fiscale che sono positivamente associati ad entrambi i fenomeni. Daltra parte, la presenza capillare di forme di lavoro irregolare pu rendere pi frequente la corruzione, visto che gli evasori o i soggetti colti in fallo nelle verifiche hanno un incentivo a pagare

osserva Putnam, le regole di reciprocit e le associazioni basate sullimpegno civico sono segnalate quali fattori essenziali al successo dei distretti industriali sia in Italia che altrove. Queste reti del settore produttivo rendono pi efficiente il flusso di informazioni sulle novit tecnologiche, sulla credibilit di potenziali imprenditori, sullaffidabilit di singoli lavoratori (). Le norme di comportamento che bloccano lopportunismo sono cos profondamente interiorizzate da far dire che legoismo, a scapito del senso del dovere verso la comunit, si presenta meno spesso qui che in zone caratterizzate da rapporti verticali e clientelari. Ci che essenziale () la fiducia reciproca, la cooperazione sociale e una profonda coscienza civile per dirla in breve, il marchio della comunit civica. Non sorprende che questi distretti industriali su piccola scala, ma altamente produttivi, siano concentrati proprio in quelle regioni del centro-nord individuate nella nostra ricerca come esempio di comunit civiche con una lunga tradizione di impegno civico nel passato e un alto rendimento istituzionale oggi (Putnam 1993, 188).

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tangenti per evitare ulteriori controlli o sanzioni.51 In altri casi, al contrario, leconomia sommersa rende invisibili alcune attivit economiche e le sottrae cos anche ad eventuali pretese dei funzionari corrotti, che non possono pi pretendere tangenti in cambio di permessi, licenze, controlli addomesticati. stato dimostrato che nei paesi ad alto reddito prevale un legame di sostituzione tra corruzione ed economia sommersa, mentre nei paesi meno sviluppati il legame di segno opposto.52 LItalia costituisce un caso deviante, sotto questo profilo pi assimilabile alle economie pi arretrate, presentando livelli relativamente elevati tanto di economia sommersa che di diffusione della corruzione.53 Nella spiegazione entrano in gioco anche fattori di natura culturale, come la presenza di barriere morali pi deboli alla violazione delle leggi (scarso senso civico, debole senso dello stato, radicamento del familismo amorale, fattori su cui convergono gli studi sulle caratteristiche della cultura politica prevalente in Italia) e la persistenza di criteri alternativi di riconoscimento sociale (la lealt al partito, al clan, alla famiglia), che attribuiscono un valore relativamente inferiore al rispetto delle norme dello Stato (Pizzorno 1992).54 Questi fattori, infatti, possono spiegare tanto la facilit nel ricorrere allelusione di norme che regolano lattivit produttiva, che la facilit con cui utilizzando la corruzione si negoziano trattamenti preferenziali o si sciolgono con la corruzione gli eventuali nodi nei rapporti con gli amministratori pubblici.

2.4.3. Lo spiazzamento istituzionale: le strutture di regolazione informale delleconomia sommersa


Sintetizzando quanto fin qui emerso, gli attori economici che decidono di operare in forme irregolari, di lavoro nero, grigio o insicuro, sembrano sensibili soprattutto ai costi e ai ritardi derivanti dallinterazione con le strutture pubbliche, oltre che allammontare di risorse richieste dallo Stato a fini fiscali,
51 Alcuni casi di questo tipo, emersi in Italia negli ultimi anni, sono presentati nel paragrafo 1 del primo capitolo. 52 Sussiste invece una correlazione positiva tra intensit della regolazione formale, corruzione ed economia sommersa, che indipendente dai livelli di sviluppo economico (Dreher e Schneider, 2006). 53 Nel 2008 lindice di Transparency International , che registra la percezione della rilevanza del fenomeno, ha rilevato nel caso italiano un sensibile peggioramento. Attualmente lItalia ha un tasso di corruzione percepita che la pone nelle posizioni di fondo tra i paesi dellUnione Europea: risultano meno corrotti dellItalia, oltre a tutti i maggiori paesi occidentali, Sudafrica, Slovacchia, Lettonia, Giordania, Malesia, Buthan Bahrein, Botswana, Repubblica Dominicana. Tra il 2007 e il 2008 lItalia passata dal 41 al 55 posto nella classifica dei 180 paesi considerati (Transparency International 2008). 54 Si veda Della Porta e Vannucci (2007).

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assicurativi, previdenziali. Si realizza, in altri termini, un processo di spiazzamento istituzionale: alcune cattive istituzioni formalmente vigenti procedure tortuose e complesse, forme rigide di regolazione, meccanismi complessi e onerosi di esazione fiscale, tribunali inefficienti, ecc. cadono in desuetudine e sono conseguentemente ignorati o parzialmente elusi. Al loro posto subentrano di fatto regole informali di salvaguardia dei diritti di propriet e delle relazioni contrattuali irregolari. Questa cornice di norme invisibili assicura un livello sufficiente di ordine e prevedibilit, scongiurando attriti troppo frequenti tra i soggetti coinvolti, garantendo una sollecita soluzione di eventuali controversie prima che queste si traducano in esposti e denunce, attirando lattenzione degli enti istituzionali di vigilanza.55 Le relazioni che continuamente si formano e si sciolgono allinterno di un sistema di rapporti di lavoro irregolari trovano cos strumenti alternativi di regolazione, riducendo lincertezza e i costi delle corrispondenti transazioni. Tra queste strutture di governo delle relazioni informali vi sono la comune accettazione delle regole non scritte del sommerso e del lavoro irregolare (le norme di connivenza, complicit, reciprocit, ecc.), specie se sancita da modelli culturali condivisi; la fiducia generata dai vincoli parentali o dallesperienza di precedenti scambi; la reputazione di affidabilit; il potere di ricatto derivante da asimmetrie nel potere contrattuale delle parti; lazione di garanti esterni o di intermediari si pensi ai fenomeni di caporalato che legano tra loro le parti addossandosi una quota dei rischi della transazione.56 Se la persistenza di diverse condizioni convergenti, tra cui la rigidit e la complessit del sistema fiscale e di regolazione pubblica, spiegano la collocazione dellItalia tra i paesi dove il lavoro irregolare pi radicato, questi fattori di natura informale il consolidarsi di meccanismi di governo delle relazioni contrattuali nelleconomia informale possono chiarire la sorprendente stabilit nei livelli di diffusione di queste pratiche anche rispetto a modifiche dei parametri istituzionali ufficiali.57
55 Uno dei principali rischi delladesione ai modelli di condotta irregolari quello di denuncia della controparte. Per limprenditore che assume manodopera in nero (o in grigio) occorre infatti mettere in conto il rischio di essere denunciati dai lavoratori e di dover pagare loro i contributi evasi ed eventuali altre spettanze. proprio per tutelarsi rispetto a tale rischio che le strategie di reclutamento della manodopera in nero passano essenzialmente attraverso canali di tipo informale e relazioni personalistiche caratterizzate da un alto livello di fiducia (Irpet 2002). 56 Si veda World Bank (2004, 87). 57 Come osservano Castellucci e Bovi (1999, 35, corsivo aggiunto): le spiegazioni standard dellesistenza delleconomia sommersa nei paesi sviluppati, nei termini di alti livelli di imposizione fiscale diretta, elevati contributi sociali, eccessiva regolazione del mercato del lavoro, e il ciclo economico, tutte sono applicabili al caso italiano, ma con due precisazioni. Primo, esse sono meno importanti delle cause strutturali, dal momento che tutti i tipi di stima sembrano indicare una notevole stabilit nei livelli misurati

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I soggetti economici che entrano nellorbita di interazione regolativa, fiscale, previdenziale, ecc. con lo Stato ne percepiscono dunque pi costi e inefficienze che opportunit e diritti, e si rafforzano cos gli incentivi a uscire per quanto possibile dai rapporti con le strutture pubbliche, riparando le proprie attivit economiche nel pi accogliente mondo del sommerso e nelle sue regole nascoste.

2.5. Il problema del lavoro irregolare: costi e paradigmi di interpretazione


Negli ultimi anni cresciuta lattenzione verso le politiche di prevenzione e contrasto del lavoro irregolare, nelle sue molteplici espressioni e differenti tonalit di grigio. Il fenomeno stato spesso associato al manifestarsi di dinamiche produttive patologiche, che investono trasversalmente il mercato del lavoro. Nelle sue determinanti pi generali, leconomia sommersa rappresenterebbe dunque uno tra gli effetti di molteplici fattori di natura istituzionale e socio-economica, nonch il retaggio delle politiche per il lavoro, come si mostrato nel paragrafo precedente. Tuttavia, se lattenzione nei confronti del fenomeno relativamente recente, questo dipende in una certa misura da una visione ambigua dello stesso, in alcuni casi associato a stadi di vitalit e creativit anomica, e quindi in grado di assecondare fasi turbolente di sviluppo economico, in una sorta di dimensione protoindustriale (Censis 2003, 18). La presenza di forme diverse di lavoro irregolare stata cos interpretata come una potenziale risorsa per lavvio di processi di sviluppo ed industrializzazione, in grado di facilitare i processi di accumulazione e di maturazione sul campo di una classe imprenditoriale particolarmente creativa nellaggirare le rigidit regolative del mercato del lavoro (Roma 2001); oppure come una risposta adattiva alle nuove opportunit di profitto derivanti dalla presenza crescente di flussi di lavoratori extracomunitari, spesso irregolari, che si affacciano al mercato del lavoro in una pi debole posizione contrattuale. Nel tentativo di chiarire, almeno in parte, questi punti controversi, in questo paragrafo ci concentriamo sulle componenti di costo sociale associabili al lavoro sommerso e i paradigmi di interpretazione di tale fenomeno, utilizzabili come chiave di lettura tanto per spiegare che per orientare le corrispondenti politiche di contrasto, che saranno esaminate nel prossimo capitolo.

di economia sommersa. Secondo, le spiegazioni standard menzionate sono pi utili nella spiegazione delleconomia sommersa nel centro nord rispetto a quella meridionale.

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2.5.1. I costi del lavoro irregolare


Le forme organizzative nelle quali si registra la presenza estensiva di lavoro informale e irregolare, micro-realt economiche percepibili e ben conosciute a livello locale, sono spesso scomparse dallorizzonte di riferimento dei decisori politici nazionali, che si sono concentrati essenzialmente su meccanismi di regolazione del mercato del lavoro pensati esclusivamente in funzione delle grandi e medie imprese. Spesso quello che si manifesta negli ultimi anni un sommerso post-industriale, che si frammenta nei molteplici canali delleconomia familiare e sociale, coinvolgendo fasce deboli e marginali, altrimenti escluse dai circuiti ufficiali di reclutamento (stranieri, immigrati irregolari, donne, giovani meridionali), in settori caratterizzati da tecnologie arretrate e bassa produttivit: Un sommerso povero, dunque, non solo perch presente in contesti economicamente poveri, ma perch sempre pi incapace di fornire energia propulsiva al sistema, dal momento che non crea pi impresa e si insinua, al contrario, sempre pi negli interstizi dei rapporti di lavoro o nelle pieghe opache delle formule contrattuali (Censis 2003, 18). Sembra allora rafforzarsi la consapevolezza che la coesistenza con livelli elevati di irregolarit delle attivit lavorative e imprenditoriali genera alti costi economici e sociali. Di seguito sono sinteticamente riassunti quelli pi frequentemente richiamati nella letteratura. (i) Il funzionamento delleconomia sommersa falsa i segnali di cui dispongono i decisori pubblici e gli agenti economici nelle loro scelte politiche e di mercato. Gli indicatori ufficiali sul tasso di disoccupazione, sul valore della produzione, su consumi, reddito e domanda, ecc. diventano infatti inaffidabili o fuorvianti. Le politiche economiche e le decisioni dinvestimento realizzate in base a quei segnali rischiano dunque di risultare inefficaci, se non controproducenti (Lucifora 2003). (ii) Gli agenti che operano in forme irregolari sostengono costi pi alti di informazione e di protezione dei diritti in gioco negli scambi privi di tutela legale, rendendo meno efficiente il funzionamento dei sistemi di mercato. Questa dimensione sommersa dei rapporti e delle relazioni contrattuali occulta e distorce dati e notizie necessarie agli stessi agenti economici nelle loro scelte, alimentando lincertezza sui diritti in gioco, sulle responsabilit e sullaffidabilit delle controparti. Se le relazioni di mercato si realizzano in un ambiente nebuloso, insicuro, imprevedibile, le informazioni circolano a stento e sono meno attendibili, aumentano i rischi di inadempimento, la sfiducia reciproca e i costi degli scambi. (iii) Il radicarsi delleconomia informale nel tessuto produttivo avvantaggia

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sotto il profilo competitivo i soggetti con minori scrupoli morali ad evadere le norme e la regolazione vigente, introducendo un ulteriore elemento di distorsione e di inefficienza nei meccanismi concorrenziali e nelle dinamiche di sviluppo economico.58 Viene infatti premiato il talento degli agenti economici nellaccumulare un bagaglio di conoscenze utilizzabili per eludere la regolazione pubblica e per neutralizzare i controlli istituzionali, specializzandosi nella gestione di informazioni riservate e nellattribuzione di mansioni ai lavoratori in nero, e modellando su queste linee lorganizzazione della propria attivit produttiva. In questo contesto, al contrario, diventano relativamente meno redditizi gli investimenti nello sviluppo di conoscenze impiegabili per migliorare lefficienza dei processi produttivi.59 I paesi nei quali pi radicata leconomia sommersa, infatti, sono quelli nei quali proporzionalmente inferiore la quota di risorse impiegata in attivit innovative di ricerca e sviluppo (Vannucci e Cubeddu 2006). Limpresa sommersa ha deboli incentivi a investire nel miglioramento organizzativo o nella crescita professionale dei propri occupati, data la precariet e linstabilit della loro posizione lavorativa, n questi ultimi privi anche di tutela sindacale posseggono strumenti legali di tutela dei propri diritti, o interesse a promuovere percorsi di formazione professionale. Inoltre, le attivit economiche irregolari sono di norma escluse dai canali di accesso al sistema creditizio ufficiale fatti salvi quelli informali dellusura, su cui ci si sofferma in un focus nel capitolo sei e agli incentivi pubblici. Sono cos inibite dinamiche di possibile crescita, stimolata da investimenti produttivi, comprimendone energie e potenzialit innovative.60 (iv) La diffusione di forme di lavoro irregolare sottrae risorse allo Stato e agli enti locali, deteriorando quantit e qualit delle politiche e dei beni pubblici prodotti e minando nel contempo la stabilit dei sistemi di previdenza sociale. Accanto a queste conseguenze negative dirette si pu inoltre manifestare un circolo vizioso, tanto su scala nazionale che locale. Se i buchi di bilancio spingono
58 La concorrenza sleale si realizza tanto tra imprese regolari e imprese irregolari, premiate nella riduzione dei costi di produzione dal mancato rispetto delle norme, che tra lavoratori regolari e lavoratori in nero, privi di tutela sindacale. 59 Le imprese irregolari, basando la propria attivit sullabbattimento del costo del lavoro, molto difficilmente sviluppano innovazione e tecnologia, per cui nel medio periodo questo fenomeno di concorrenza sleale determina anche un impoverimento sotto questi profili dellintero tessuto produttivo (Isfol 2007, 24). 60 Se nei mercati di beni e servizi destinati al consumo le imprese regolari rispondono alla concorrenza sleale delle imprese irregolari incrementando gli investimenti in nuove tecnologie, si pu determinare unulteriore contrazione della domanda di lavoro regolare, causata dallo sviluppo nelle imprese regolari di processi produttivi a minore intensit di lavoro (Monitor lavoro 2002, 82). Si creano cos le condizioni per un circolo vizioso, nel quale domanda e offerta di lavoro in nero si alimentano a vicenda.

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i decisori politici ad inasprire gli oneri fiscali, previdenziali e assicurativi nel settore visibile delleconomia, in modo da rastrellare le risorse mancanti necessarie al finanziamento delle politiche, si rafforzano gli incentivi a sommergere la propria attivit anche per gli individui fino a quel momento regolari. Lauto-giustificazione e la legittimazione sociale di queste condotte illecite sono peraltro favorite dalla concomitante caduta di qualit dei servizi amministrativi e delle infrastrutture.61 (v) La presenza delleconomia sommersa si associa a un rischio maggiore di incidenti, infortuni e morti sul lavoro, generando un costo umano e sociale non quantificabile. Nella dimensione del lavoro nero o grigio, dove i rapporti di lavoro sono stipulati e regolati per via informale, infrequente il pieno rispetto delle norme sulla sicurezza, visto che loccultamento delle attivit produttive ostacola i controlli da parte degli organi di vigilanza. Limpresa sommersa non ha del resto alcun interesse a investire nella sicurezza e nelligiene sul posto di lavoro. Specialmente nel modello di sommerso per necessit, le stesse strutture motivazionali la mancanza di alternative occupazionali e lesigenza di abbattere i costi di produzione che spingono lavoratori e imprenditori a propiziare il ricorso a tipologie irregolari di occupazione li inducono a indebolire o eliminare i meccanismi di protezione della sicurezza sui luoghi di lavoro. (vi) Il radicamento delleconomia sommersa segnala la fragilit della struttura di valori a sostegno del rispetto della legge e unincerta adesione da parte di fasce significative del sistema produttivo alla cultura della legalit, con pesanti ricadute negative sulla qualit della vita sociale e sulla fiducia necessaria al buon funzionamento dei mercati. Anche in questo contesto si pu attivare una spirale di progressivo consolidamento di credenze e aspettative pessimistiche sulla diffusione dellillegalit. La consapevolezza della diffusione di prassi irregolari nel mondo del lavoro favorisce processi di autolegittimazione tra i diretti protagonisti; nel contempo, laspettativa che il ricorso a queste prassi illecite sia socialmente accettabile ed economicamente vantaggioso (o non adeguatamente represso) induce un numero crescente di individui a farvi ricorso. Questo processo, accanto al parallelo decadimento della qualit di politiche e assistenza pubblica, genera sfiducia nellautorit, deteriora il senso civico e lorientamento al rispetto della legge presso fasce sempre pi estese della popolazione, predisponendole ad accettare forme di occupazione irregolare qualora se ne presenti lopportunit.
61 La compresenza di alti livelli di evasione e di pressione fiscale sul lavoro, osservabile in Italia, pu allora dipendere dal realizzarsi di questa condizione di equilibrio perverso: alte tasse e vincoli regolatori causano una crescita delleconomia sommersa, accrescendo la pressione sulle finanze pubbliche, che genera un ulteriore incremento delle aliquote fiscali, che ancora aumenta gli incentivi a evadere le tasse e a fuggire nelleconomia sommersa, e cos via (Schneider e Enste 2000, 88).

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2.5.2. Tra paradigma della legalit violata e paradigma dello sviluppo potenziale
Il sistema produttivo italiano tradizionalmente caratterizzato da una diffusione capillare del lavoro irregolare, che la pone nelle posizioni di vertice tra i paesi dellOcse. Nonostante questo, e nonostante i profondi costi sociali ed economici generati, il problema ha tardato a lungo ad entrare nellagenda istituzionale, sperimentando unattenzione intermittente e unincerta salienza nel dibattito politico. Negli ultimi anni, tuttavia, stata riformata in modo significativo la cornice di regolazione e ampliata la sfera di soggetti istituzionali coinvolti, tanto mediante provvedimenti indirizzati a incidere direttamente sulleconomia sommersa, che attraverso misure di carattere pi generale, miranti a incidere sui livelli occupazionali, sulla lotta allillegalit, sullimmigrazione clandestina o sullo sviluppo economico. Se il tema dellemersione ha assunto un certo rilievo nel dibattito pubblico ci dipeso da almeno due ordini di ragioni: da un lato nella seconda met degli anni 90 si creata una finestra di opportunit politica per la presenza di una maggioranza di centrosinistra sensibile alla possibilit di recuperare tramite la lotta al sommerso risorse da destinare al risanamento dei bilanci pubblici e al conseguimento degli obiettivi occupazionali; dallaltra la percezione diffusa che, diversamente da quanto avveniva in passato, il sommerso degli anni novanta non sia pi in grado, se da solo, di svolgere quella funzione di tenuta e di stimolo della parte sana del nostro sistema produttivo e necessiti, al contrario, di una politica di accompagnamento e di supporto per dispiegare le sue potenzialit (Censis 2003, 139). In altri termini, come si vedr meglio nel prossimo capitolo, le politiche per lemersione sono apparse come uno dei nodi di unintricata rete di problemi, tra loro collegati, che frenano lo sviluppo del paese: la carente cultura della legalit, il mancato sviluppo del meridione, la scarsa efficienza del sistema amministrativo, il deficit di bilancio, la persistente influenza del crimine organizzato (Cles 2001, 1). Si possono distinguere due modelli interpretativi generali che hanno ispirato le politiche di contrasto della diffusione del lavoro informale: il paradigma della legalit violata e il paradigma dello sviluppo potenziale.62
62 Un paradigma di policy un insieme di credenze e di idee proprie dei policy-makers, cio degli attori che formulano e attuano le politiche, concernenti: (a) quelle assunzioni normative e ontologiche, quei valori fondamentali che sono fondati su una specifica visione del mondo, e che soggiacciono alle identit individuali e collettive le quali, a loro volta, caratterizzano e governano la definizione dei problemi significativi e degli obiettivi da perseguire in un dato settore di politica pubblica; (b) le teorie causali che soggiacciono alla costruzione di strategie settoriali di azione; (c) gli strumenti di politica pubblica che

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Al primo, il paradigma della legalit violata, corrisponde il pi classico schema di spiegazione della persistenza di infrazioni alla regolazione in campo fiscale, contributivo e di tutela dei lavoratori. La ragione di fondo viene individuata nellincapacit dellapparato statale di assicurare una rigorosa applicazione dei corrispondenti meccanismi di controllo e sanzione, assumendo come data e non modificabile (almeno nel breve periodo) lesistenza nel sistema economico e sociale di una struttura di valori debole cultura della legalit, atrofico senso civico, ecc. che rende queste pratiche socialmente tollerate e individualmente convenienti. Il vantaggio, in termini di calcolo economico individuale, spiega dunque ladesione a formule pi o meno estreme di informalit nella gestione della propria attivit economica, dipendente o autonoma. La logica ispiratrice delle politiche di intervento ritenute auspicabili generalista, in quanto applicabile indistintamente e senza particolari correttivi a tutti gli operatori economici che rispondano a quei requisiti, collocandosi in una condizione dirregolarit. La prospettiva di formulazione e attuazione delle politiche discendente, di tipo top-down: tramite limpiego di strumenti di natura regolativa si cerca di modificare la componente di costo nel calcolo individuale costi-benefici, intensificando frequenza e intensit dei controlli inasprendo cos le sanzioni attese. Al pi, si possono affiancare campagne di sensibilizzazione e di esortazione degli agenti economici a condotte socialmente pi virtuose, con lintento di incidere, in un arco temporale pi esteso, sulla cultura dellillegalit che plasma le preferenze degli operatori economici. Ci si propone dunque di agire direttamente nelluniverso delleconomia sommersa mediante strumenti ad hoc, ossia individuando e punendo (o al massimo convertendo) trasgressori altrimenti invisibili, per produrre effetti positivi in termini di emersione, crescita dei proventi fiscali e contributivi, maggiori tutele e salvaguardia dei lavoratori nel sistema economico ufficiale. Protagonisti dellattuazione delle politiche sono le agenzie di controllo, eventualmente integrate da meccanismi sovraordinati di direzione, coordinamento e valutazione. Dal momento che il sistema economico sommerso viene ritenuto espressione di sacche marginali, regressive e con scarse prospettive di crescita, la selezione operata attraverso una legalizzazione coattiva a suon di ispezioni e sanzioni permette di scremare tra gli sporadici casi nei quali pensabile unevoluzione verso la regolarizzazione e lo sviluppo delle imprese irregolari, e la maggioranza di
sono utilizzati quotidianamente in un dato settore di politica pubblica (Capano 2003, 783). In altri termini, un paradigma uno schema culturale relativamente coerente, un frame interpretativo e prescrittivo che, una volta adottato stabilmente dai decisori operanti in un settore di politica pubblica, ne definisce lidentit (e dunque i valori e le preferenze) e le credenze relative agli strumenti migliori per conseguire gli obiettivi delle politiche.

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situazioni residuali e senza speranze, che di conseguenza devono soltanto venire represse o eliminate. Il paradigma dello sviluppo potenziale si col tempo sedimentato affiancandosi al primo, con unevoluzione che rispecchia il frutto dei processi di apprendimento, degli insuccessi e delle criticit incontrate dalle politiche basate sulla mera reiterazione (e diversificazione) dellapplicazione di strumenti a carattere repressivo. Ne risulta radicalmente modificata la lente interpretativa con la quale i policy-makers guardano al problema del lavoro irregolare. In questo caso le motivazioni delle situazioni di inosservanza della regolazione sul lavoro ad opera dei singoli operatori non vengono ricondotte alla mancanza di incentivi (o alla scarsa propensione morale) ad osservare le corrispondenti norme. Piuttosto, laccento viene posto sulla natura complessa e multidimensionale del fenomeno, che in ultima analisi dipende dallo stretto legame delleconomia irregolare con i ritardi e le distorsioni dei processi di modernizzazione economica. Di qui lattenzione alle ragioni sistemiche che rendono la scelta di domandare e offrire lavoro nero (o grigio) in un certo senso obbligata, o comunque agli occhi degli operatori fanno apparire impraticabili o sfavorevoli le alternative lecite. Quando ci si aspetta che la strategia del sommerso sia dominante, perch tali pratiche hanno ormai acquisito una valenza consuetudinaria, oppure sono sostenute dallapprovazione della comunit, quella dellirregolarit diventa una dimensione naturale, ben difficilmente intaccabile. Anche intensificando i controlli o inasprendo le sanzioni ci si scontra infatti con una sorta di muro di gomma, che in ultima analisi discende dalla correlazione tra persistenza del lavoro irregolare, la debolezza dei processi innovativi e i bassi livelli di sviluppo sociale ed economico. Allinterno di questo paradigma limmagine prevalente delleconomia sommersa riflette le manifestazioni di una vitalit latente del tessuto economico, potenziale incubatrice di capacit imprenditoriali, pur se attraverso il passaggio obbligato in una fase auspicabilmente temporanea di elusione della regolazione formale. In quanto espressione di un processo di accumulazione invisibile di diversi tipi di capitale (umano e sociale, oltre che economico), la diffusione di forme di lavoro irregolare pu preludere, almeno in una quota significativa di casi, allinserimento dei suoi protagonisti, imprenditori e lavoratori, negli ordinari circuiti economici. Affinch questo processo si compia occorrono per incentivi istituzionali allo sviluppo, che permettano di superare gradualmente le barriere (regolative, culturali, finanziarie, informative, ecc.) allingresso nei mercati visibili, grazie ai risparmi sui costi di produzione, allabbattimento dei costi di transazione nei rapporti con lo Stato, ai processi di apprendimento resi possibili dalliniziale sommersione di una quota delle attivit economiche. La prospettiva di interpretazione delle cause del problema si allarga dunque

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dal calcolo costi-benefici di singoli individui, i protagonisti delleconomia irregolare, ai contesti molteplici e differenziati nei quali questi in concreto operano. Si capovolge la logica di formulazione e messa in atto delle politiche, che seguono un approccio ascendente, di tipo bottom-up. La complessit e la natura contestuale delle ragioni di diffusione e persistenza del lavoro irregolare richiedono unattenzione particolare alla fase di raccolta di informazioni, elaborazione e condivisione di conoscenze ed esperienze. Si moltiplicano di conseguenza gli attori coinvolti: la presenza di una pluralit di soggetti, ai diversi livelli di governo e tra gli stakeholders coinvolti nelle politiche per la prevenzione e lemersione, risponde precisamente a questa esigenza. Le politiche fondate sul paradigma dello sviluppo potenziale vengono costruite allinterno di un modello partecipativo, utilizzando strumenti miranti allindividualizzazione degli interventi, strategie settoriali e territoriali calibrate in funzione di problemi e necessit contingenti (Pacifico 2004, 23). Abbandonando la logica generalista del precedente paradigma, con il suo ricorso privilegiato dagli strumenti coattivi (addolciti solo da eventuali campagne di sensibilizzazione), ci si concentra invece su azioni dirette per lo sviluppo locale, perlopi a carattere volontario (incentivi allavvio di percorsi di regolarizzazione, agevolazioni fiscali e contributive, bonus occupazionali), e indirette, ossia di contesto. In questultimo caso la crescita occupazionale regolare va di pari passo con la creazione di un ambiente socio-economico favorevole, tramite la mobilitazione e la responsabilizzazione degli attori locali, detentori di preziose risorse di conoscenza e di consenso (Trigilia 2001). La gamma di possibili strumenti di intervento si allarga notevolmente: ad esempio, le politiche di miglioramento infrastrutturale (mediante programmi darea, patti territoriali, progetti integrati di sviluppo, ecc.); gli incentivi allinnovazione tecnologica e allinternazionalizzazione delle imprese; il sostegno ai meccanismi di certificazione qualitativa; la creazione di strutture di supporto, dedicate alla consulenza; lofferta di corsi di formazione, tanto per imprenditori che per dipendenti; politiche per lefficienza nellofferta di servizi da parte della pubblica amministrazione (tempi brevi e prevedibili di risposta, chiarezza dellinformazione fornita dagli sportelli, ecc.), interventi per la de-stagionalizzazione; percorsi di inserimento e di formazione per gli immigrati; creazione di consorzi tra imprese. In questa cornice, dunque, molti interventi sono indirizzati al sistema del lavoro regolare, per incidere di riflesso sulla dimensione invisibile del lavoro nero o grigio, portandolo ad emergere. A differenza delle politiche repressive, per loro natura tendenzialmente isolate rispetto ad altri contesti, quello che spicca sono i forti legami e le intersezioni tra le politiche per lemersione e altri

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settori di policy. La tabella 2.4 mette a confronto le principali caratteristiche dei due paradigmi.
tab. 2.4. Due paradigmi delle politiche per lemersione a confronto.
Paradigma della legalit violata Caratteristiche dei modelli teorici utilizzati nella spiegazione della presenza del lavoro irregolare Determinanti della persistenza del lavoro irregolare Caratteristiche percepite della realt delleconomia sommersa Valori e orientamenti normativi dei policymaker Assunzioni implicite sulle caratteristiche dei processi di emersione Poche cause, chiaramente identificabili Paradigma dello sviluppo potenziale Multidimensionalit delle cause, tra loro collegate

Scarsa efficacia e insufficiente Molteplici fattori di natura economica e sociale, fra severit delle sanzioni, deboli vincoli loro interrelati, che determinano ritardi e distorsioni nei processi di sviluppo morali allillecito Espressione di marginalit economica, attivit residuali e con scarse prospettive di crescita e sviluppo Espressione di vitalit latente del tessuto economico, creatrice di incentivi allimprenditorialit attraverso lelusione della regolazione formale, manifestazione di un processo di accumulazione

Cultura della legalit, orientamento Cultura dello sviluppo, orientamento ai risultati al rispetto degli adempimenti (condotte favorevoli ai processi di crescita procedurali (osservanza delle norme) economica) Prospettiva statica, emersione come gioco a somma zero che si traduce in forme prevedibili nel semplice trasferimento (ossia in una migliore allocazione) di un dato ammontare di risorse dal sommerso verso leconomia regolare Logica generalista, che privilegia interventi di carattere universale su tutti gli operatori delleconomia irregolare Le politiche incidono sulle scelte del singolo operatore economico, allinterno del sistema delleconomia sommersa, per modificare di riflesso leconomia regolare (grazie alla conseguente emersione) Prospettiva dinamica, emersione come gioco a somma positiva che permette di avviare un feedback positivo, mobilitare e valorizzare anche in modi inattesi risorse interdipendenti, altrimenti disperse o male utilizzate (imprenditorialit latenti, capacit tecniche, capitali, ecc.) Logica che favorisce interventi individuali, o comunque rivolti a cogliere specificit territoriali e settoriali Le politiche incidono sul contesto generale entro il quale operano gli attori economici, per modificare di riflesso (tramite i processi di sviluppo e di emersione) il sistema delleconomia informale

Logica di individuazione e applicazione degli strumenti di intervento Contesto di applicazione delle politiche per lemersione

Caratteristiche generali Isolate, top-down delle politiche per lemersione Natura degli strumenti impiegati nelle politiche Strumenti regolativi e coercitivi di carattere universalistico, oppure basati su campagne di esortazione e sensibilizzazione degli attori

Collegate ad altre politiche, bottom-up

Strumenti diretti (incentivi allemersione secondo piani individualizzati o regolati per via settoriale) e indiretti (programmi darea, incentivi allinternazionalizzazione, accesso privilegiato al credito, sussidi allinnovazione tecnologica, certificazione qualitativa, ecc.)

Attori protagonisti nella formulazione ed attuazione delle politiche

Pochi attori pubblici: regolatori, Reti di molti attori, pubblici e privati, a diversi agenzie di controllo ed eventuali livelli (nazionale, regionale, locale): regolatori, cabine di regia e di coordinamento agenzie di controllo, gruppi di interesse, dellattivit di vigilanza

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Paradigma della legalit violata Principali strumenti di apprendimento a disposizione dei policymaker Processi di adattamento contingente (per mezzo di tentativi ed errori) del decisore nella definizione dei contenuti della regolazione e dei meccanismi di applicazione delle sanzioni

Paradigma dello sviluppo potenziale Contatti frequenti, di tipo orizzontale, sia in sedi istituzionali che informali, scambi di informazioni ed esperienze tra i diversi attori coinvolti, definizione di migliori pratiche, costituzione di banche dati e centri di documentazione

I due paradigmi, si diceva, si sono col tempo stratificati luno sullaltro, in alcuni casi indirizzando diversamente gli orientamenti e le scelte dei medesimi attori in fasi e contesti differenti: si pensi, ad esempio, ai rappresentanti degli organismi di vigilanza, esecutori materiali degli interventi repressivi, che per sono istituzionalmente coinvolti anche nei comitati per lemersione, la cui attivit invece ispirata per la loro ragione sociale ad una logica operativa orizzontale e collaborativa. La persistenza, tra gli attori coinvolti in questa politica, di una duplice chiave interpretativa delle cause cui ricondurre la presenza del lavoro irregolare emerge dai dati presentati nella tabella 2.5. Secondo la met dei testimoni privilegiati, i maggiori vantaggi dellemersione sono riconducibili a una dimensione di tipo coercitivo, la speranza di evitare le sanzioni previste. Laltra met del campione si orienta invece su fattori legati alle potenzialit di sviluppo, crescita e innovazione che dipendono dal successo dei percorsi di emersione: laccesso ai piani di incentivazione e alle agevolazioni fiscali e previdenziali per la creazione di nuova occupazione, la possibilit di progettare lo sviluppo dellimpresa, di accedere al credito, di avere assistenza nellavvio di nuove attivit economiche. Appare particolarmente significativa, sotto questo profilo, la discrepanza osservabile tra le diverse aree geografiche: proprio nelle regioni pi arretrate, quelle meridionali, risulta sensibilmente superiore (di quasi il 20 per cento) rispetto alla media nazionale il peso attribuito alle motivazioni individuali coerenti con un paradigma dello sviluppo potenziale: la struttura di motivazioni, infatti, in questo caso si appoggia precisamente alle opportunit di crescita e di innovazione collegate ai processi individuali e sociali di emersione dal lavoro irregolare.

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tab.2.5. I principali vantaggi dellemersione per area geografica, secondo testimoni privilegiati (in %). Fonte: Censis 2003.
Vantaggi emersione Nord ovest La possibilit di evitare le sanzioni previste dalla leggi in materia di evasione fiscale e contributiva La possibilit di accedere ai piani di incentivazione allimpresa e alle agevolazioni previste per la creazione di nuova occupazione Lopportunit di progettare in modo pi competitivo lo sviluppo della propria azienda La possibilit di accedere al credito Lopportunit di disporre di un adeguato tutoraggio allo start-up di nuova impresa Altro Totale 65,9 13,0 Area geografica Nord est 55,4 18,6 Centro 56,3 19,6 Sud e isole 31,0 39,3 Totale 49,9 24,5

10,6 7,3 0,8 2,4 100,0

14,3 6,3 5,4 100,0

19,6 1,1 1,1 2,3 100,0

22,6 4,8 1,7 0,6 100,0

17,1 5,1 1,0 2,4 100,0

La distinzione tra differenti paradigmi ispiratori delle politiche di emersione, in particolare tra quello della legalit violata e quello dello sviluppo potenziale, pu assumere anche una valenza prescrittiva, fornendo elementi per lindividuazione di pi efficaci azioni di contrasto al lavoro irregolare. possibile infatti associare lefficacia prevedibile delle diverse strategie e politiche al tipo di sommerso sul quale si cerca di intervenire. A questo fine, incrociamo i due paradigmi di spiegazione fondati sul principio della legalit violata o dello sviluppo assieme allapparato di strumenti di policy che ne accompagna lapplicazione con i due modelli di sommerso per opportunit e per necessit descritti nel paragrafo precedente. Lapproccio di tipo repressivo/coercitivo, fondato sul binomio controllo-sanzioni, sembra particolarmente appropriato alla realt del lavoro irregolare per opportunit, quando le violazioni alla normativa rispondono in buona sostanza allesigenza di scaricare sulla collettivit una serie di costi i mancati adempimenti fiscali, le ricadute del mancato rispetto della normativa sulla sicurezza e sulligiene, ecc. in base alla logica del free-riding, ossia dello sfruttamento opportunistico di beni collettivi. In questo caso, dunque, la prospettiva del ripristino della legalit violata risponde per un verso a un elementare requisito di giustizia redistributiva, riallocando risorse dagli evasori ai contribuenti; ma nello stesso tempo non cancella n riduce significativamente le potenzialit concorrenziali di crescita delle imprese. Queste ultime, al contrario, sono presumibilmente stimolate dallimpraticabilit della facile scorciatoia dellelusione normativa a investire maggior-

2.6. Alcune osservazioni conclusive

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mente nellinnovazione, o ad esercitare azioni lecite di pressione per ridurre i costi amministrativi delle loro attivit. Nel medesimo contesto, al contrario, lutilizzo degli strumenti di policy coerenti con il paradigma dello sviluppo potenziale, con la sua cassetta degli attrezzi rigonfia di incentivi positivi e sussidi, azioni per la formazione professionale o per listituzione di forme di programmazione negoziata, pu semplicemente moltiplicare le opportunit per le imprese irregolari di acquisire pi o meno legalmente ulteriori posizioni di rendita, senza incidere minimamente sulle ragioni di fondo della profittabilit del ricorso a diverse forme di lavoro grigio. Tuttavia, se applicati rigidamente alla realt del sommerso per necessit, gli strumenti di policy fondati sullutilizzo di un impianto repressivo rischiano di risultare inutili, se non addirittura controproducenti. Un esempio relativo alla realt siciliana, descritto da un rappresentante sindacale, illustra con chiarezza questo punto: recentemente nel trapanese si era andato creando un consistente indotto meccanico. Ma lazione intempestiva delle organizzazioni sindacali e degli uffici tributari e previdenziali ha spinto tale filiera a disarticolarsi e traslocare altrove. Per questo, nonostante una tra le principali ragioni dellalta diffusione del sommerso sia imputata allinadeguatezza dei controlli, in casi come quello la repressione pu essere peggiore del male (). In passato, una colpevole acquiescenza veniva alternata a retate che si concludevano con finti fallimenti, a cui seguiva la rinascita delle medesime imprese con gli stessi marchi ed altro proprietario (Cles 1999, 11). Quando la marginalit dellimpresa o della prestazione lavorativa fa s che luscita dal mercato sia conseguenza prevedibile della regolarizzazione, allora lapproccio pi efficace consiste nellaccompagnare le imprese verso lemersione attraverso unarticolata combinazione di strumenti coerenti con il paradigma dello sviluppo potenziale. Le imprese sommerse devono essere indirizzate verso un circolo virtuoso di crescita concorrenziale, formazione e qualificazione del personale, riconoscimento del valore sociale (ed economico) di unapplicazione condivisa dei principi di legalit e di responsabilit, in modo da amplificare i benefici attesi della regolarizzazione.63
63 Le considerazioni qui sviluppate sono coerenti con i risultati di precedenti ricerche: Mentre il sommerso, specie in situazioni di elevata disoccupazione, rappresenta una scelta obbligata per molti lavoratori, che non hanno alternative, esistono numerosi casi in cui il ricorso al lavoro irregolare pu essere deliberatamente deciso dal lavoratore. Vale la pena di sottolineare brevemente come le due situazioni estreme di lavoro irregolare imposto oppure scelto da un individuo che ha di fronte alternative, abbiano implicazioni di policy profondamente distinte. Nel primo caso, infatti, il superamento del sommerso legato ad una crescita della domanda di lavoro regolare e quindi alla crescita economica, nel secondo caso invece anche una crescita consistente della domanda di lavoro potrebbe rivelarsi non sufficiente a

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Naturalmente, il dosaggio dei diversi strumenti di policy complicato dalla variet di caratteristiche che il fenomeno del lavoro irregolare pu assumere, in settori e aree geografiche differenti. Questo impone ai policy-makers un adattamento ai contesti locali e alle specifiche realt nelle quali il fenomeno si annida, attraverso lapplicazione di meccanismi regolativi e coercitivi, ma anche di incentivi positivi e formativi, in un bilanciamento da calibrare di volta in volta nei tempi e nellintensit tra strumenti coerenti con entrambi i paradigmi.

riassorbire il sommerso in quanto una parte dei lavoratori non ha convenienza ad operare nel settore regolare (Monitor lavoro 2002, 83).

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Capitolo 3 Le politiche per il controllo del lavoro irregolare in Italia: strumenti e forme di regolazione
3.1. Introduzione
Le politiche per il contrasto al lavoro irregolare, che fino agli anni ottanta dello scorso secolo hanno seguito in Italia unimpostazione di tipo repressivo, coerentemente con il paradigma della legalit violata illustrato nel precedente capitolo, a partire dai provvedimenti sui contratti di riallineamento hanno assunto una prospettiva di pi ampio respiro, sensibile almeno in linea di principio alla multidimensionalit di fattori che incidono sulle sue dinamiche. Il principio ispiratore delladozione dei nuovi strumenti, infatti, un modello di sviluppo potenziale attento alla dimensione locale, potenzialmente ricca di risorse disperse e mal utilizzate, che quindi presuppone conoscenza delle specificit territoriali, coordinamento tra i soggetti pubblici e privati, azioni locali (Hirschman 1968; Meldolesi 2000). Vi , come si visto, una differenza di fondo tra le prospettive. Da un lato lidea che il mondo del sommerso sia inevitabilmente relegato ai margini dei normali processi produttivi virtuosi, in una zona dombra priva di reali potenzialit di sviluppo; dallaltro il riconoscimento che, specie negli stadi iniziali di avvio dellattivit economica, dinamiche di segno positivo possono accompagnare alcune realt sommerse, consentendo attraverso il contenimento dei costi (del lavoro, amministrativi, ecc.) spazi di libert e flessibilit nella gestione dei processi produttivi e delle risorse umane. Esiste per un tetto invalicabile in termini di difficolt di accesso al mercato dei capitali, rischi di sanzioni amministrative e penali, visibilit dei propri prodotti nel mercato, qualit dei processi produttivi che si frappone alle potenzialit di crescita spontanea dellimpresa sommersa o irregolare. Facendo leva su questi limiti intrinseci allo sviluppo delle attivit economiche sommerse, le politiche di contrasto affiancano ai tradizionali strumenti di vigilanza e di repressione meccanismi di incentivazione diretta della fuoriuscita degli operatori economici dalle condizioni di irregolarit, condizione per lavvio di processi innovativi di fuoriuscita dalle comode ma ristrette nicchie del sommerso. Cos,

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nei processi di sviluppo endogeno si pu realizzare una progressiva emersione e regolarizzazione delle attivit economiche, per quanto restino immutati i fattori strutturali di pi ampio respiro rigidit del mercato del lavoro, alta pressione fiscale e contributiva, alti costi delle procedure amministrative di solito considerati tra le macro-cause del fenomeno. In questo capitolo presentiamo dapprima una ricostruzione delle politiche di contrasto del lavoro irregolare e per lemersione del lavoro nero, concentrandoci sugli strumenti utilizzati e sulle percezioni diffuse della natura del problema (par.3.2). Viene quindi illustrata a grandi linee la produzione normativa che ha accompagnato gli sforzi di riforma e di intervento, facendo riferimento prima brevemente al contesto europeo (par. 3.3.1), quindi a quello nazionale (par. 3.3.2) ed infine alla dimensione regionale (par. 3.3.3)

3.2. Le politiche di contrasto del lavoro irregolare in Italia


Cos come in molti altri settori, anche nelle politiche di contrasto del lavoro irregolare un impulso allinserimento nellagenda istituzionale venuto dallEuropa. Dopo una fase di studi avviata negli anni 80, che ha messo in luce leterogeneit dei fattori istituzionali che definiscono i confini delle attivit economiche sommerse, un interesse specifico degli organismi europei si manifestato alla fine degli anni 90, con una comunicazione della Commissione sul lavoro sommerso (219-98). La liberalizzazione dei mercati, la semplificazione delle procedure (specie quelle per la costituzione delle imprese), la riduzione della tassazione e delle aliquote Iva sui servizi ad alta intensit di manodopera, il coinvolgimento delle parti sociali nellinformazione, nel controllo e nell'applicazione della regolazione sono stati individuati, tanto a livello locale che settoriale, come i principali strumenti di contrasto. Alcune raccomandazioni agli Stati membri (si veda pi avanti, il paragrafo 3.2.1) hanno promosso le campagne di sensibilizzazione e il rafforzamento di vigilanza e sanzioni, incoraggiando lo sviluppo di strategie globali di cooperazione transnazionale. La prospettiva ispiratrice guarda alla presenza di forme occupazionali irregolari come al lato in ombra dei processi di mercato, che comunque ne segnala una certa vitalit, da accompagnare alla luce preoccupandosi di non inibire o scoraggiare la propensione allimprenditorialit che essa segnala. Lemersione del lavoro irregolare si dunque consolidata come una priorit strategica in ambito europeo, trasversale rispetto ai diversi assi di intervento: il consolidamento imprenditoriale, la crescita occupazionale, lo sviluppo locale. In termini generali, in Italia le politiche per lemersione del lavoro non regolare si sono articolate in quattro fasi, che hanno condotto a una progressiva stratificazione di strumenti e di attori. La prima prende avvio nel 1989, con

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ladozione di strumenti per incoraggiare le imprese ad adottare un percorso di emersione, mediante il riallineamento contributivo e progressivo. Nella seconda fase, oltre a mantenere questo strumento, stata decentrata lazione di contrasto attraverso listituzione di una rete di servizi per il lavoro e, nel 1998, del Comitato nazionale e delle Commissioni provinciali per lemersione. A partire dal 2001 prende avvio una terza fase, che vede lutilizzo dello strumento dellemersione progressiva, con agevolazioni fiscali e contributive per i datori che intendono sanare il passato. A questo si accompagna nel 2002 unestesa sanatoria dei lavoratori extracomunitari, mentre dallanno successivo al Ministero del lavoro viene affidato il coordinamento dellattivit ispettiva. La quarta e ultima fase trova espressione nel decreto Bersani e nella legge finanziaria 2007, con i quali si delinea un modello di intervento integrato, che per un verso prevede linasprimento dellattivit di vigilanza, per un altro valorizza le politiche di prevenzione.

3.2.1. Istituzioni e politiche di vigilanza e controllo


Nelle attivit volte ad accertare illeciti previdenziali, fiscali o amministrativi entrano in gioco i diversi attori cui delegata la funzione ispettiva e di vigilanza; Inps e Inail (per laccertamento di irregolarit contributive e assicurative), Guardia di finanza (per il contrasto dellevasione fiscale), Agenzia delle entrate (per il contrasto di violazioni salariali e contributive), Asl (per accertamenti su sicurezza e salute dei lavoratori), Direzioni regionali e provinciali del lavoro (con un campo di intervento che copre lintera gamma dei possibili illeciti, dalla salvaguardia dei lavoratori alla vigilanza sui corsi di formazione). La tabella 3.1 riassume compiti e funzioni dei principali attori operanti in questo settore. In estrema sintesi, per quanto riguarda i poteri esercitati dal personale ispettivo si possono distinguere tre modelli di intervento: gli ispettori delle Direzioni provinciali del lavoro (Dpl), che possono procedere alla diffida accertativa per crediti retributivi, alla diffida, alla disposizione e alla prescrizione obbligatoria; gli ispettori di vigilanza di Inps e Inail, cui fa capo solo il potere di diffida e di disposizione; le Asl, che possono procedere mediante prescrizione obbligatoria in materia di prevenzione, igiene e salute dei lavoratori.64 La tabella 3.1 presenta un quadro sintetico dei principali attori istituzionali operanti nella vigilanza sul lavoro irregolare, specificando in breve le rispettive competenze.

64 Gli strumenti cui si fatto riferimento sono disciplinati nel Capo III del D.lgs. 124/2004, agli articoli 13 (Diffida), 14 (Disposizioni del personale ispettivo), 15 (Prescrizione obbligatoria), ai quali si rinvia per una definizione del contenuto dei singoli poteri/strumenti del personale ispettivo.

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tab.3.1. I principali attori istituzionali operanti nella vigilanza e nel controllo del lavoro irregolare. Fonte: dati del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, in http://www.escidalnero.it/)
COMPETENZE E POTERI DEL PERSONALE ISPETTIVO L'attivit di vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale, sebbene con differenti competenze, affidata non soltanto al personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale ma anche ai Carabinieri del comando per la tutela del lavoro, al personale ispettivo degli enti previdenziali ed assicurativi e al personale ispettivo delle AA.SS.LL. Ministero del lavoro e della previdenza sociale (direzioni regionali e provinciali del lavoro) Il personale ispettivo del Ministero del lavoro opera in qualit di ufficiale di polizia giudiziaria nei limiti del servizio cui destinato e secondo le attribuzioni conferite dalla normativa vigente. Esso ha, ai sensi della legge 628/1961 e del d.lgs. n. 124/2004, il compito di: vigilare sull'esecuzione di tutte le leggi in materia di livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, di tutela dei rapporti di lavoro e di legislazione sociale ovunque sia prestata attivit di lavoro a prescindere dallo schema contrattuale, tipico o atipico, di volta in volta utilizzato; vigilare sulla corretta applicazione dei contratti e accordi collettivi; vigilare in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro (limitatamente al settore edile); vigilare sul funzionamento delle attivit previdenziali e assistenziali a favore dei prestatori d'opera compiute dalle associazioni professionali, da altri enti pubblici e da privati, escluse le istituzioni esercitate direttamente dallo Stato, dalle Province e dai Comuni per il personale da essi dipendenti; effettuare inchieste, indagini e rilevazioni, su richiesta del Ministero del lavoro; compiere le funzioni demandate la disposizioni legislative o regolamentari o delegate dal Ministero. I militari del Comando Carabinieri per la tutela del lavoro svolgono funzioni analoghe a quelle di competenza del personale ispettivo civile del Ministero. Svolge in particolare attivit di polizia giudiziaria che, diversamente dagli ispettori del lavoro, non soggetta ai limiti del servizio... e alle attribuzioni conferite dalla normativa vigente. Le funzioni di vigilanza in materia previdenziale e assicurativa sono svolte anche dal personale ispettivo dell'Inps, dell'Inail e degli altri Enti nell'ambito dell'attivit di verifica del rispetto degli obblighi previdenziali e contributivi. A tale personale non compete la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria ed i poteri cui pu fare affidamento sono ridotti rispetto a quelli spettanti al personale ispettivo ministeriale. Allo stesso sono conferiti poteri che abbiano diretta o indiretta pertinenza con l'assolvimento degli obblighi contributivi e l'erogazione delle prestazioni. Oltre al personale ispettivo del Ministero del lavoro e degli istituti previdenziali, anche le AA.SS.LL. Dispongono di personale cui demandata una attivit finalizzata alla vigilanza circa la corretta applicazione delle norme in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. Tali compiti discendono dall'applicazione dell'art. 21 della legge n. 833/1978. Come per gli ispettori del lavoro, anche a tale personale compete la qualifica di Ufficiale di Polizia Giudiziaria ed i relativi doveri.

Comando dei Carabinieri per la Tutela del Lavoro Inps, Inail e altri Enti previdenziali (Enpals, Enasarco, Inpgi, Ipsema)

AA.SS.LL.

Le segnalazioni su violazioni della normativa, provenienti dai sindacati, dagli istituti previdenziali o dai singoli lavoratori, sono indirizzate ai diversi soggetti istituzionali, soprattutto allispettorato del lavoro, che provvede a smistarle a seconda del tipo di violazione, indirizzandole al giudice in caso si riscontrino illeciti penali. Sono evidenti i rischi di sovrapposizione negli interventi dei diversi attori, ciascuno operante autonomamente, sulla base di criteri e procedure piuttosto rigide. Nel 2001 stato predisposto un piano straordinario di accertamento, presso il Cipe, mirato alla definizione delle priorit di intervento coordinato dei diversi organi di vigilanza del settore. La disciplina delle funzioni ispettive, a partire dalla legge 30 del 2003, prevede forme di intervento non soltanto successive, di carattere repressivo, ma

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anche preventive, accompagnate da attivit di informazione e di consulenza per le imprese, orientate al rispetto della normativa previdenziale e fiscale. In attuazione di queste previsioni il d.lgs. 124/2004 ha portato a una razionalizzazione dell'attivit ispettiva svolta dagli organi di vigilanza, per prevenire incongruenze e duplicazioni di lavoro. Sono stati infatti introdotti meccanismi e tavoli di coordinamento che dovrebbero migliorare lefficacia dell'intera attivit ispettiva. Presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali stata inoltre istituita una direzione generale con la funzione di dirigere e integrare le attivit ispettive per losservanza delle norme sul lavoro, tra cui lapplicazione dei contratti collettivi e della disciplina previdenziale. Ne accompagna lazione, definendo priorit degli interventi, indirizzi e obiettivi strategici, una Commissione centrale di coordinamento dellattivit di vigilanza, che comprende i presidenti delle commissioni regionali di coordinamento, i rappresentanti degli organismi di vigilanza, dei sindacati e dei datori di lavoro, oltre al presidente del Comitato nazionale per lemersione del lavoro sommerso. Il d.lgs. 124/2004 disciplina anche altri organismi di raccordo e coordinamento sia orizzontale, tra enti operanti allo stesso livello territoriale, che verticale, tra i vari livelli territoriali. Accanto alla direzione generale prevista la possibilit di istituire una commissione centrale di coordinamento dell'attivit di vigilanza,65 un coordinamento regionale e provinciale della stessa attivit,66
65 Si stabilisce che qualora si renda opportuno coordinare a livello nazionale l'attivit di tutti gli organi impegnati sul territorio nelle azioni di contrasto del lavoro sommerso e irregolare, per i profili diversi da quelli di ordine e sicurezza pubblica [...], il Ministro del lavoro e delle politiche sociali convoca la Commissione centrale di coordinamento dell'attivit di vigilanza [...], al fine di individuare gli indirizzi e gli obiettivi strategici, nonch le priorit degli interventi ispettivi (art. 3). La Commissione centrale di coordinamento dell'attivit di vigilanza, nominata con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, composta dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali o da un sottosegretario delegato, in qualit di presidente; dal direttore generale della direzione generale, dal Direttore generale dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps); dal Direttore generale dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail); dal Comandante generale della Guardia di finanza; dal Direttore generale dell'Agenzia delle entrate; dal Coordinatore nazionale delle aziende sanitarie locali; dal Presidente del Comitato nazionale per la emersione del lavoro non regolare [...]; da quattro rappresentanti dei datori di lavoro e quattro rappresentanti dei lavoratori designati dalle organizzazioni sindacali comparativamente pi rappresentative a livello nazionale. [...] Alle sedute della Commissione centrale di coordinamento dell'attivit di vigilanza possono essere invitati a partecipare i Direttori degli altri enti previdenziali, i Direttori generali delle direzioni generali degli altri Ministeri interessati in materia, gli ulteriori componenti istituzionali della Commissione nazionale per la emersione del lavoro non regolare ed il comandante del nucleo dei Carabinieri presso l'ispettorato del lavoro. Alle sedute della Commissione centrale di coordinamento dell'attivit di vigilanza possono, su questioni di carattere generale attinenti alla problematica del lavoro illegale, essere altres invitati il comandante generale dell'Arma dei carabinieri ed il Capo della Polizia - Direttore generale della pubblica sicurezza. 66 Nel primo caso sono le direzioni regionali del lavoro (Drl) che, sentiti i Direttori regionali di Inps e Inail e degli altri enti previdenziali, coordinano l'attivit di vigilanza in materia di lavoro e legisla-

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nonch l'istituzione di una banca dati telematica che raccoglie le informazioni concernenti i datori di lavoro ispezionati, nonch informazioni e approfondimenti sulle dinamiche del mercato del lavoro e su tutte le materie oggetto di aggiornamento e di formazione permanente del personale ispettivo (art. 10, comma 1). Di qui la creazione di canali di comunicazione tra i diversi enti, per evitare sovrapposizioni: le amministrazioni interessate provvedono a comunicare a ciascuna delle altre amministrazioni, mediante strumenti telematici, i datori di lavoro sottoposti ad ispezioni, immediatamente dopo le ispezioni stesse (art. 10, comma 2). Inoltre, per facilitare il dialogo tra le varie amministrazioni, si procede all'adozione di un modello unificato di verbale di rilevazione degli illeciti ad uso degli organi di vigilanza in materia di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatoria nei cui confronti la direzione generale [...] esercita un'attivit di direzione e coordinamento (art. 10, comma 4). Le direzioni del lavoro, regionali e provinciali, hanno poi il compito di organizzare mediante il proprio personale ispettivo, eventualmente anche in concorso con i Cles e con le Commissioni regionali e provinciali per la emersione del lavoro non regolare, attivit di prevenzione e promozione, su questioni di ordine generale, presso i datori di lavoro, finalizzata al rispetto della normativa in materia lavoristica e previdenziale, con particolare riferimento alle questioni di maggior rilevanza sociale, nonch alle novit legislative e interpretative; le stesse anche d'intesa con gli enti previdenziali, propongono a enti, datori di lavoro e associazioni, attivit di informazione ed aggiornamento, da svolgersi, a cura e spese di tali ultimi soggetti, mediante stipula di apposita convenzione.67 A livello regionale, dunque, le funzioni di coordinamento sono assunte dalle Direzioni regionali del lavoro, che hanno lobbligo di consultare periodicamente gli altri soggetti e il potere, in caso lo reputino opportuno, di convocare la commissione regionale di coordinamento, composta dai rappresentanti regionali degli stessi enti di vigilanza. Lo stesso modello di coordinamento si
zione sociale; le consultazioni di Inps e Inail da parte delle Drl deve avvenire almeno ogni tre mesi; la composizione analoga a quella della Commissione centrale di coordinamento (cfr. art.4, commi 3 e 4). A livello regionale per devono essere convocati, almeno sei volte l'anno (e quindi mediamente ogni due mesi) i presidenti dei comitati per il lavoro e l'emersione del sommerso (Cles). Le stesse previsioni valgono a livello provinciale (cfr. art. 5). 67 Il principale strumento di consulenza il cosiddetto diritto di interpello, previsto all'art. 9: di fatto si tratta della possibilit di inoltrare alle Direzioni provinciali del lavoro che provvedono a trasmetterli alla direzione generale, quesiti di ordine generale sull'applicazione delle normative di competenza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali; tale inoltro pu avvenire esclusivamente in via telematica tramite le associazioni di categoria o gli ordini professionali (che pertanto agiranno anche da filtro) e gli enti pubblici. Le risposte ai quesiti posti, pubblicate sul sito del Ministero del lavoro, sono a disposizione di tutti e diventano quindi una sorta di patrimonio di conoscenze condivise sulle interpretazioni e sulle possibilit offerte dalla regolazione in materia di lavoro irregolare.

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ripete su scala provinciale, anche in questo caso al fine di evitare duplicazioni di interventi e di uniformare le modalit di esecuzione. Per promuovere la razionalizzazione e il coordinamento sono state costruite, ai diversi livelli, banche dati contenenti informazioni provenienti da tutti i soggetti coinvolti in attivit ispettive. A partire dal 2006 le politiche per lemersione, attraverso la legge finanziaria 2007 e la concomitante campagna "Esci dal Nero" (un progetto del Ministero del lavoro in collaborazione con Inail e Inps) hanno privilegiato limpiego di due strumenti: sensibilizzazione e informazione dei lavoratori, attraverso campagne di comunicazione per una cultura del lavoro positiva e regolare; lintensificazione delle attivit ispettive. stato incrementato infatti il personale impiegato in azioni di vigilanza, con lentrata in servizio di nuovi ispettori e di carabinieri addetti al servizio tutela del lavoro (si veda tabella 3.2). A fronte di un incremento del 5,4% di soggetti addetti al controllo del lavoro irregolare, gli esiti dellattivit ispettiva hanno prodotto miglioramenti significativi: tra il primo trimestre del 2006 ed il primo trimestre del 2007 aumentato del 23,3% il numero di aziende ispezionate (da 64mila a 80mila), del 24,4% il numero di aziende trovate irregolari e del 69,1% il numero di lavoratori irregolari scoperti, dell8,8% il numero di lavoratori totalmente in nero, del 31,1% il recupero di contributi e premi evasi (si veda in proposito Esci dal nero, 2007).
tab.3.2. Il personale ispettivo dopo la legge finanziaria 2007. Fonte: elaborazione da dati del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, http://www.escidalnero.it/pdf/personale_ispettivo.pdf.
Ispettori del Ministero del lavoro e della previdenza sociale Personale al 26 aprile 2007 Nuove immissioni previste dalla legge finanziaria 2007 Totale personale ispettivo Aumento percentuale personale ispettivo 2889 241 Carabinieri addetti al servizio di tutela del lavoro 443 60 Ispettori Inps Ispettori Inail Totale personale ispettivo

1746 -

404 -

5482 301

3130 8,4%

503 13,5%

1746 -

404 -

5783 5,4%

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Particolarmente efficace si rivelato linasprimento delle sanzioni per le violazioni riscontrate nei cantieri edili, qualora le imprese abbiano una quota superiore al 20% di lavoratori irregolari rispetto al totale di quelli regolarmente impiegati, oppure si rilevino reiterati inadempimenti della disciplina in materia di orario di lavoro. Lazione degli ispettorati del lavoro e dei carabinieri ha portato, tra il 12 agosto 2006 (data di entrata in vigore della legge) e il 31 dicembre 2007 alla scoperta di 33.470 aziende irregolari su 58.330 ispezionate, una percentuale pari al 57%. Di queste, 3.052 sono state colpite dal provvedimento di sospensione dellattivit, 1.257 delle quali successivamente revocate, una percentuale pari al 41% dei provvedimenti adottati (Ministero del lavoro 2008, 6). A conferma della diffusione capillare del lavoro nero nel settore edilizio, nelle 2.224 aziende colpite da sospensione la quota di personale totalmente in nero era pari al 36% del totale, 4.558 lavoratori su 12.494. Il bilancio complessivo dellazione ispettiva nellanno 2007 mostra tra il 2006 e il 2007 un incremento d'insieme dellattivit ispettiva del Ministero del lavoro, Inps, Inail ed Enpals (+17,92% di aziende ispezionate), cui corrisponde una crescita pi che proporzionale del numero di aziende irregolari (+20,44%), di lavoratori irregolari (+45,95%) e di recupero di contributi evasi (+22,9%) (si veda la tabella 3.3). A conferma del progressivo slittamento verso forme di lavoro grigio, la quota di lavoratori in nero scoperti aumenta meno che proporzionalmente rispetto allintensificarsi delle ispezioni (+12,84%). Lattivit ispettiva del ministero quella che incide di pi sullincremento del numero complessivo di ispezioni, aziende e lavoratori irregolari scoperti, mentre pi efficace in termini di recupero di contributi evasi lattivit dellInps. Dal momento che il numero di aziende con dipendenti iscritte allInps pari a circa 1.800.000, la probabilit di incorrere in una verifica per ciascuna di esse cresciuta tra il 2006 e il 2007 dal 16,1% al 19%. Si riscontra anche un lieve incremento della quota di aziende irregolari rispetto a quelle ispezionate dal 62,3% del 2006 al 63,6% del 2007 che pu segnalare una maggiore incisivit dei controlli, una difficolt delle aziende a gestire lincremento degli adempimenti richiesti dalla nuova normativa, ma anche una maggiore propensione al ricorso a forme di lavoro irregolare da parte delle imprese.

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tab.3.3. Confronto dei risultati dellattivit ispettiva 2006/2007, dati nazionali Fonte: Ministero del lavoro 2008.
Ente Aziende ispezionate Aziende irregolari Numero lavoratori irregolari +89,21% Numero lavoratori totalmente in nero +40,40% Recupero contributi e premi evasi +3,78%

Ministero del lavoro + regione Sicilia Inps Inail Enpals Totale nazionale

Variazione % 2006/2007

+30,75%

+46,31%

Variazione % 2006/2007 Variazione % 2006/2007 Variazione % 2006/2007 Totale ispezioni nel 2006 Totale ispezioni nel 2007 Variazione %

+3,38% +6,30% +21,95% 290.326

+3,31% +8,30% +31,11% 181.026

+4,87% +20,07% +26,59% 189.295

+0,55% +0,26% +22,00% 124.564

+29,85% -4,61% -38,48% 1.509.422.075

342.363

218.023

276.275

140.555

1.855.105.551

+17,92%

+20,44

+45,95%

+12,84%

+22,90%

3.2.2. Gli incentivi allemersione: le politiche di induzione alla regolarizzazione


Lazione di contrasto del sommerso attraverso strumenti di induzione, ossia mediante lincentivazione di percorsi individuali di regolarizzazione, iniziata pi di recente, con limpiego di una serie di strumenti diversi, in particolare i contratti di riallineamento e i piani di emersione. I primi, avviati nel 1986, sono una forma di partnerariato e nascono da trattative e pratiche locali, inizialmente confinati in Puglia, prendendo spunto dai quali il governo nazionale interviene fissando per via legislativa alcuni principi generali (Avola 2003, 5). Questi contratti hanno lo scopo di indurre una progressivit nellapplicazione del Ccnl alle imprese del mezzogiorno, con deroghe temporanee accettate dai sindacati, attraverso incentivi fiscali e contributivi e la gradualit degli aumenti retributivi. A fronte allaccettazione da parte dei sindacati di una deroga temporanea alle norme del Ccnl, in funzione di una piena applicazione in un arco temporale pi ampio, le imprese rinunciano ai vantaggi dellelusione dei vincoli normativi, in cambio dellaccesso ai benefici (sgravi fiscali, credito agevolato, incentivi, ecc.) erogabili ad imprese in regola.

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Nel pacchetto di incentivi per le piccole e medie imprese che avessero recepito gli accordi provinciali di riallineamento erano previsti altri vantaggi, tra cui la sanatoria di pendenze contributive e relative sanzioni e di altre irregolarit, come quelle concernenti sicurezza e salute dei lavoratori. Il bilancio delle politiche basate sui contratti di riallineamento graduale in chiaroscuro. Specie in alcune aree geografiche i suoi effetti sono stati apprezzabili. Nel solo 1998 il percorso di graduale regolarizzazione stato intrapreso da almeno 15mila lavoratori, che in grande maggioranza si trovavano in una posizione di semi-regolarit, avendo gi una posizione aperta presso lInps. Il bilancio complessivo nel periodo 1996-2000 di circa 10mila lavoratori emersi nellindustria, 3mila nei servizi, 200mila nellagricoltura, settore per il quale lo strumento era stato calibrato (Ires 2007, 23). Il provvedimento si dimostrato efficace nella salvaguardia dei livelli occupazionali in molti casi persino oltre le attese, venendo utilizzato come strumento di flessibilit in entrata nel procedere a nuove assunzioni mentre nella regolarizzazione retributiva e contributiva esso ha funzionato con imprese che presentavano situazioni di semi-irregolarit, mentre nei casi di irregolarit pi gravi non cerano incentivi adeguati alladesione, salvo i casi nei quali ci valeva a scongiurare sanzioni per precedenti riscontri di organi ispettivi. I contratti di riallineamento presentavano infatti margini di incertezza tali da renderli poco redditizi per i soggetti del tutto irregolari, ma anche da incoraggiare ripensamenti e retromarce. Da uno studio emerge che: (a) nessuno dei casi di riallineamento analizzati stato impiegato per far emergere situazioni di lavoro completamente in nero, riguardando soltanto lavoratori con irregolarit parziali; (b) nessun imprenditore ha deciso di emergere a seguito del contratto, visto come strumento legale di riduzione del costo del lavoro e non come opportunit di regolarizzazione;68 (c) la maggioranza degli imprenditori intervistati convinto di non essere in grado di condurre a termine il processi di riallineamento. Proprio gli imprenditori per quanto benintenzionati imputano il fallimento del percorso allincertezza regolativa derivante dalla progressiva riduzione dei benefici (agevolazioni, sgravi fiscali, ecc.) previsti per le imprese del mezzogiorno, che ha disinnescato gli incentivi positivi al ritorno alla luce del sole, favorendo al contrario una nuova crescita delle attivit sommerse. A questo
68 Di qui un effetto negativo non previsto della politica basata sul contratto di riallineamento: visto alla stregua di un pretesto per ridurre il costo del lavoro, questo stato utilizzato da soggetti parzialmente irregolari, che comunque hanno mantenuto in vita una serie di altre pratiche sommerse, e da soggetti imprenditoriali in precedenza regolari che hanno creato deliberatamente situazioni di irregolarit nellazienda, ovvero hanno licenziato lavoratori regolarmente assunti, per poi riassumerli con il contratto di gradualit (Censis 2003, 144).

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si somma la percezione delle carenze del sistema di controlli nei confronti del sottobosco di imprese che ricorrono sistematicamente al lavoro nero o grigio (Censis 2003, 145-6). Nel 2000 la Commissione europea ha sancito la fine dellesperienza dei contratti di riallineamento, ritenendo che gli aiuti selettivi alle imprese configurassero una violazione della normativa comunitaria sugli aiuti di Stato. Alla fine del 1998, stato istituito il Comitato nazionale per lemersione del lavoro non regolare. Si tratta di una rilevante innovazione sotto il profilo organizzativo-istituzionale nelle politiche di prevenzione, costituito per promuovere e coordinare su scala nazionale le iniziative di contrasto del sommerso. La sua composizione prevede nove rappresentanti di diverse realt istituzionali: il presidente designato dal Presidente del Consiglio e gli altri componenti da alcuni ministeri, Inps, Inail, Unioncamere, Anci. Il riconoscimento dellimportanza della dimensione locale determina una contestuale articolazione territoriale del Comitato attraverso Commissioni provinciali e regionali, istituite presso le Camere di commercio e composte da rappresentanti sia di istituzioni pubbliche che di parti sociali (le organizzazioni pi rappresentative dei lavoratori e dei datori di lavoro). Esse hanno il compito di analizzare le dinamiche del lavoro irregolare su scala locale, promuovere collaborazioni e intese istituzionali, assistere le imprese (specialmente nellaccesso al credito agevolato), predisporre aree attrezzate per stipulare contratti di riallineamento. A partire 2001, con integrazioni successive, stato promosso un nuovo programma generale per lemersione. Alla radice del fenomeno riconosciuta lesistenza di un robusto equilibrio, derivante dallaccordo collusivo tra datori di lavoro e dipendenti: per spezzare questo patto occorre fornire ad entrambi i soggetti incentivi (previdenziali, fiscali, ecc.) mirati, ossia calibrati individualmente in base alle esigenze locali e settoriali. In una prima fase stata prevista ununica modalit automatica di emersione, mediante una dichiarazione che assicurava allimprenditore vantaggi futuri (sgravi contributivi e fiscali) e pregressi (concordato previdenziale e tributario di irregolarit denunciate prima dellinizio di accessi e ispezioni), al lavoratore sgravi fiscali sui redditi da lavoro emersi e vantaggi nella ricostruzione della posizione previdenziale. Rispetto alla precedente esperienza dei contratti di riallineamento si delineano alcune differenze significative: lambito territoriale si allarga dal mezzogiorno allintero territorio nazionale, mentre limprenditore diventa lunico soggetto promotore, escludendo cos le parti sociali protagoniste degli accordi provinciali. Viene meno anche il riferimento al progressivo adeguamento delle retribuzioni ai livelli del Ccnl di riferimento. Successivamente, a partire dal 2002, stato introdotto un meccanismo di emersione progressiva. In questo caso gli imprenditori presentano al sindaco del

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comune dove ha sede lunit economica che si vuole regolarizzare un piano di emersione, contenente la proposta di graduale adeguamento entro 18 mesi prorogabili a 24 alla normativa vigente, anche in materie diverse da quella fiscale e contributiva, come nel caso della normativa su salute, sicurezza, edilizia, ambiente. Nel piano sono incluse anche proposte di regolarizzazione dei lavoratori sommersi, finalizzate al loro allineamento entro un triennio agli obblighi previsti dai Ccnl. Si recupera, come gi nei contratti di riallineamento, un modello di gestione concertata a livello locale del processo di regolarizzazione, con una forma partecipativa che per dipende, per la sua attivazione, da una prima mossa dellimprenditore, ossia la presentazione di un piano individuale col quale manifesta lintenzione di uscire dallirregolarit. Lapproccio concertato e localmente determinato del precedente modello, in altre parole, viene sostituito attraverso i piani di emersione da un modello sbilanciato in direzione dei datori di lavoro, cui spetta di decidere se avviare o meno il percorso. Linsoddisfazione delle parti sociali, in particolare dei sindacati, per la loro emarginazione, e lincapacit dei sindaci di gestire queste funzioni hanno ben presto indotto una revisione del modello. Dietro impulso dei rappresentanti di 38 organizzazioni (pur se con defezioni significative, come quella della Cgil), che nel luglio 2002 hanno siglato un avviso comune (Patto per lItalia), stata promossa listituzione presso le Direzioni provinciali del lavoro di un organismo collegiale, il Comitato per il lavoro e lemersione del sommerso (Cles), con la funzione di esaminare i piani ed eventualmente rilasciare il nulla-osta relativo al progetto. Il Cles composto, tanto su base regionale che provinciale, da soggetti pubblici e parti sociali (8 nominati dai Ministeri del lavoro e dellambiente, Inps, Inail, Asl, Anci, Regione e Prefettura, e 8 nominati in modo paritetico dalle organizzazioni sindacali e imprenditoriali pi rappresentative), che sostituiscono il sindaco nella valutazione dei piani individuali di emersione. Nonostante questi aggiustamenti, lo strumento dellemersione progressiva ha prodotto risultati estremamente deludenti, coinvolgendo appena 3.200 lavoratori (Ires 2007, 23). Ai Cles si affianca un tutore per lemersione, figura sulla carta gi prevista da una disposizione del 1998, ma inizialmente non attuata, che diventa il primo interlocutore ad interfacciarsi con le imprese. Grazie alle sue competenze professionali il tutore fornisce agli imprenditori servizi di consulenza e di assistenza nella predisposizione dei contratti di riallineamento. Il tutore, a diretto contatto con istanze e situazioni di difficolt, si fa carico anche di unattivit di analisi del territorio, nonch di progettazione e promozione di interventi. Lasimmetrica distribuzione territoriale dei tutori, deliberata nel 2001 seguendo gli orientamenti dal Comitato, riflette la percezione della diversa gravit

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del fenomeno.69 I Cles provinciali non si limitano ad esaminare i piani individuali di emersione, ma diventano sede privilegiata di elaborazione e promozione delle politiche locali per lemersione, in quanto luogo naturale di analisi delle specifiche realt territoriali, oltre che di coordinamento tra i diversi attori coinvolti, di monitoraggio sugli effetti e sullattuazione dei piani presentati, di assistenza alle imprese nellaccesso al credito e nella formazione.70 A differenza delle Commissioni per il lavoro sommerso, la cui istituzione dipende da decisioni delle regioni o delle province corrispondenti con i conseguenti ritardi e dilazioni nel caso dei Cles la nascita avvenuta dautorit. Nonostante questo, la loro messa a regime risultata abbastanza laboriosa: se al 10 gennaio 2003 risultavano costituiti 92 comitati provinciali sui 93 previsti, 14 non si erano ancora formalmente insediati, altri avevano svolto solo riunioni informali (Cles 2003).71 La rete dei Cles e delle Commissioni, operanti su scala provinciale e regionale, e integrate dai tutori, completa su scala locale il quadro degli attori istituzionali, mentre il Comitato nazionale per lemersione assolve una funzione di coordinamento. Seguendo le direttive politiche del Presidente del Consiglio, il Comitato nazionale attua le iniziative previste, anche mediante campagne di esortazione e di sensibilizzazione, valuta i risultati dei Cles regionali e provinciali, esamina le proposte contrattuali di emersione istruite dalle commissioni locali, raccoglie informazioni statistiche rilevanti provenienti dalle amministrazioni pubbliche. Il Comitato ha modificato nel corso del tempo lorientamento generale delle proprie attivit. Le relazioni presentate annualmente mostrano che in una prima fase ha prevalso uninterpretazione restrittiva del proprio ruolo, di semplice monitoraggio delle politiche attuate su scala locale e di consulenza nella predisposizione delle proposte di legge. Successivamente si consolidata unazione integrata di dialogo con le istituzioni centrali e locali, con le parti sociali e con altre agenzie governative (Istat, Ice, Isfol), per favorire accordi, intese, progetti
69 Il decreto del Presidente del Consiglio del 23 novembre 2001 prevede una ripartizione di 65 tutori decisamente sbilanciata a favore delle regioni meridionali: 12 in Campania, 11 in Sicilia, 8 in Puglia, 5 in Calabria e Lombardia, 4 in Sardegna. 70 Il modello teorico che orienta lazione dei Cles, infatti, associa le possibilit di successo delle politiche di emersione alleliminazione dei fattori critici che ostacolano i processi di sviluppo locale, quali lassenza di aree attrezzate, infrastrutture e collegamenti internazionali, la mancanza di opportunit formative, la diffusione del contoterzismo, la scarsa propensione alla cooperazione, la mancanza di marketing territoriale (Cles 2005, 16). Di qui lesigenza di integrare, in chiave competitiva, le conoscenze contestuali, i saperi locali sedimentati presso gli operatori, con unofferta formativa pubblica. 71 Nella configurazione finale delle responsabilit su scala locale si realizza una divisione del lavoro che vede i Cles concentrarsi soprattutto sullanalisi e sulla valutazione dei piani individuali, le Commissioni sulla promozione e sullaccompagnamento dellemersione, i Coordinamenti sulla vigilanza (Cles 2003, 8).

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comuni. Vanno in questa direzione la partecipazione ai tavoli per il rinnovo contrattuale in alcuni settori sensibili.72 Il Comitato ha svolto anche un ruolo di promotore e facilitatore organizzando interviste, incontri informali e riunioni nei tavoli per il contrasto del lavoro irregolare in alcuni settori (edilizia, agricoltura, commercio, turismo) individuati dal Ministero del lavoro e dello stesso Comitato, e di altri pi specifici (come nel caso del tavolo sugli autoriparatori) dietro richiesta delle parti e su segnalazione della rete comitato-commissionitutori. Gli attori principali di questo processo negoziale sono le parti sociali, direttamente coinvolte in quanto portatrici di conoscenze specifiche sui contesti territoriali e produttivi nei quali allignano attivit economiche irregolari.73 Mediante intese bilaterali le parti sociali individuano infatti meccanismi di premialit a vantaggio di imprese coinvolte nellaccordo settoriale, disposte a rispettare la regolazione del lavoro, sancendone lattuazione mediante una certificazione delleffettiva adesione al piano di imprenditori e lavoratori (Cles 2003). Si rovescia dunque la logica di precedenti misure, come i contratti di riallineamento, che incentivavano la rinuncia al sommerso delle imprese irregolari. In questo caso lattenzione si concentra anche sui lavoratori regolari, cui sono attribuiti con il consenso delle organizzazioni di rappresentanza dei vari settori vantaggi premiali, incoraggiando processi di emersione indiretta (Isfol 2007, 89-90). I tavoli settoriali hanno portato allapprovazione di avvisi comuni, stipulati tra parti sociali e istituzioni, in alcuni campi (edilizia, agricoltura ecc.). I risultati conseguiti appaiono tuttavia molto limitati (Cles 2005). La finanziaria del 2007 ha reintrodotto una procedura che incoraggia accordi volontari di regolarizzazione aziendale o territoriale, delegati ad intese con le organizzazioni sindacali aderenti alle associazioni nazionali pi rappresentative qualora nelle aziende non siano presenti rappresentanze sindacali o unitarie. Si tratta di un percorso di emersione concordato tra rappresentanze sindacali e imprese che si traduce in una sanatoria da richiedere entro il settembre 2007 degli obblighi retributivi per i 5 anni precedenti. A completare il quadro, sono
72 Il Comitato nazionale e la rete di Commissioni e Cles ad esso collegata, assieme allesperienza francese del Diti (Delegation Interministerielle a la lutte contre le travail illegal), sono considerati a livello europeo una tra le best practices nella lotta al sommerso. 73 Questo approccio, per essere applicato in modo effettivo e corretto, ha bisogno dellazione congiunta, bilaterale delle parti sociali (sia i sindacati, sia le associazioni datoriali). Esse, infatti, conoscono bene gli incentivi che operano nei settori e il funzionamento dei singoli sistemi produttivi nei territori. Possono, quindi, offrire la loro conoscenza specifica sia nel momento in cui si disegna lintervento, sia, soprattutto, nel momento, ben pi delicato, in cui esso viene applicato. fondamentale, infatti, evitare che i vantaggi previsti vengano fruiti da chi non possiede i requisiti di regolarit necessari (Isfol 2007, 90).

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previsti incentivi nella partecipazione a commesse ed appalti a seguito dellapplicazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro e di previdenza, sancita dalladesione al processo di regolarizzazione consensuale.

3.2.3. Comunit epistemica, delusioni e ripensamenti: un nuovo approccio o la chiusura della finestra di opportunit?
Nelle politiche di contrasto al lavoro irregolare, sia in sede di formulazione che di applicazione degli strumenti operativi, si faticosamente aggregata una comunit epistemica attiva nellelaborazione e nella promozione dei modelli interpretativi utilizzati nella lotta al sommerso, ad esempio tramite la formazione di gruppi promotori di reti di Presidenti di commissioni regionali e provinciali per lemersione del lavoro non regolare, di collaboratori, di docenti e di ricercatori interessati (Cles 2005, 8).74 La circolazione di conoscenze e informazioni, attraverso seminari, pubblicazioni e incontri di coordinamento tra i diversi livelli di governo, ha caratterizzato anche il progetto Rete europea per lemersione del lavoro non regolare, sviluppato nel periodo 2005-2007 dalla direzione generale del Ministero del lavoro.75 La condivisione di metodologie di classificazione e stima, di esperienze di politiche di intervento e di prevenzione, di indicatori su base territoriale e settoriale stata ritenuta funzionale alla creazione di una comunit di soggetti coinvolti nelladozione di approcci comuni per la formulazione e la sperimentazione di politiche di contrasto e di prevenzione del lavoro irregolare:
la rete europea stata ed costantemente alimentata dalle esperienze maturate e raccolte dai paesi partner. () La natura del fenomeno studiato, mutevole e strettamente dipendente dal contesto territoriale, ha portato alla strutturazione del progetto in tre livelli operativi (europeo, nazionale e locale) strettamente connessi e in comunicazione tra loro. In tal modo, il processo di generazione della conoscenza
74 La comunit epistemica un modello che descrive, quale situazione tipica, un insieme di professionisti ed esperti che condividono tanto limpiego di modelli teorici di spiegazione che valori politici, uniti dalla fiducia nella validit della loro visione scientifica e normativa del mondo, ed impegnati a tradurre tali idee in strumenti ed obiettivi delle politiche pubbliche (Regonini 2001, 364-5). 75 Nel contesto italiano la rete si avvalsa delle risorse conoscitive dei Centri per limpiego e della task force sommerso, composta da diversi enti pubblici e finalizzata alla cooperazione tra gli attori istituzionali, a sua volta istituita a seguito dellesperienza del progetto Ies Iniziative per lemersione del sommerso, attivato tra il 2003 e il 2005 presso il Ministero del lavoro. Il progetto Ies si sviluppato lungo alcune direttrici dattivit: la realizzazione di un sistema di monitoraggio online di azioni e progetti sul sommerso; la gestione di un sito di supporto allazione di monitoraggio; la costituzione di un tavolo di coordinamento centrale per lelaborazione di dati e la diffusione di informazioni e conoscenze; lelaborazione di linee programmatiche sullo sviluppo locale; la formazione di figure professionali in qualit di facilitatori per la creazione di reti locali.

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si strutturato attraverso un approccio di tipo bottom up piuttosto che top down; il Progetto, quindi, si configura come elemento di congiunzione e di comunicazione delle informazioni tra i diversi livelli (Ministero del lavoro 2007a, 8).

Fin dagli inizi la riflessione teorica e lelaborazione di teorie in uso, linguaggi e idee, attraverso la condivisione e la riflessione su sperimentazioni e insuccessi, ha accompagnato e assecondato levoluzione organizzativa nelle politiche per lemersione. Limprinting istituzionale delle politiche di lotta al sommerso in Italia risale ai lavori della Commissione Ciampi-Treu sul sommerso, nel 1997, cui parteciparono tra gli altri Marco Biagi e Luca Meldolesi (successivamente nominato presidente del Comitato nazionale per lemersione). Dallesperienza si attivato un circuito di ricercatori attivi sul campo, anche a seguito dellesperienza come tutori, in un processo di apprendimento istituzionale che ha prodotto un corpo di conoscenze analitiche, studi empirici e ricerche sul campo (Cles 2007, 33). Tra i compiti istituzionali attribuiti alle Commissioni locali per lemersione, coadiuvate dai tutori, vi precisamente il lavoro di analisi delleconomia sommersa e del lavoro irregolare a livello locale, con una sovrapposizione tra attivit di ricerca e policy making. Nella formulazione e nellattuazione delle politiche assume unimportanza centrale lo studio e lindividuazione delle specificit locali, in parallelo con la promozione di intese e accordi tra gli attori istituzionali, le parti sociali, i ricercatori che si occupano del problema. Tuttavia, mentre le prime relazioni del Comitato nazionale segnalano che la questione dellemersione del lavoro irregolare ha finalmente travolto resistenze culturali e politiche ed ha acquisito un ruolo di rilievo nellagenda pubblica, anche grazie ad un mutato atteggiamento di Confindustria (Cles 2001), in seguito viene denunciata una graduale derubricazione dallagenda istituzionale della questione, la cui salienza politica decresce nella legislatura 2001-2006, caratterizzata da una maggioranza di centrodestra. Un primo segnale stato il trasferimento del Comitato dalla Presidenza del Consiglio al Ministero del lavoro, cui hanno fatto seguito una sensibile restrizione dei finanziamenti e delle risorse delegate allattivit del Comitato, da ultimo la soppressione dei fondi destinati ai tutori (Cles 2005a, 6). Inoltre, nel trasferimento al Ministero del lavoro limpostazione originaria interdisciplinare e interministeriale del Comitato si trovata di fronte alla divisione del lavoro e alla gerarchizzazione tipiche del sistema istituzionale tradizionale (Cles 2007, 2). In una ricerca sulla valutazione delle politiche per lemersione di un esteso campione di testimoni locali emerge un giudizio a due facce. Se ottengono valutazioni positive misure come gli incentivi allassunzione, listituzione del Durc (documento unico di regolarit contributiva), che rende operativo il sistema di certificazione per le imprese edili (tenute a testimoniare leffettivo pagamento

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degli oneri assicurativi), le agevolazioni alla nuova imprenditorialit, la riforma dei servizi ispettivi, sono decisamente bocciate le strutture che avrebbero dovuto rappresentare gli attori chiave nei processi di emersione, i Cles e le Commissioni per lemersione, considerate da oltre il 70% del campione ininfluenti quando non negative (vedi tabella 3.4).
tab.3.4. Testimoni locali che valutano positivamente limpatto dei provvedimenti per il contrasto del lavoro irregolare. Fonte: Censis 2005.
Strumenti Incentivi alle assunzioni Durc Agevolazioni per la nuova imprenditorialit Riforma dei servizi ispettivi Legge Biagi Studi di settore Legge Bossi-Fini Contratti di riallineamento Legge Tremonti per lemersione Commissioni per lemersione Cles Percentuale di valutazioni positive 80,6 76,4 75,6 58,8 51,6 40,3 35,9 32,8 30,1 29,5 28,2

La delusione per gli scarsi risultati conseguiti ha notevolmente raffreddato la portata dellimpegno finanziario e dei successivi interventi:
Ad esempio, si ritenuto che si potesse persuadere un ampio numero di imprenditori semi-regolari allautodenuncia in cambio di benefici temporanei: unaspettativa che stata disattesa. Inoltre, archiviato il piano demersione prima maniera, le parti sociali hanno sostenuto prima, e abbandonato in seguito, la cosiddetta emersione progressiva. Infine, anche la politica di premialit settoriale e bilaterale, inizialmente assai promettente, stata sospesa nella primavera-estate 2004. () Le politiche per lemersione messe in pratica nella presente legislatura non hanno condotto ai risultati previsti, lasciando dietro un comprensibile imbarazzo (Cles 2005b, 1).76

Nonostante le reiterate proroghe e la maggiore flessibilit settoriale e locale rispetto ai contratti di riallineamento, le dichiarazioni derivanti da piani individuali di emersione hanno interessato poco pi di mille imprese: sono stati accolti 632 piani (in 185 casi in relazione a problemi di prevenzione e sicu76 Mentre il versante delle iniziative territoriali stato penalizzato dalla mancata conferma dellistituto dei tutori, le iniziative basate sulla premialit settoriale e bilaterale sono di fatto entrate in una sorta di impasse: solo ledilizia riuscita a mantenere una certa continuit costruttiva () mentre lagricoltura, che sottoscrivendo il primo avviso comune anti-sommerso nella storia del settore primario, aveva optato per un tavolo permanente, non pi riuscita a progredire: Senza dire, infine, che gli altri settori pi interessati al sommerso come il commercio, il turismo, i servizi alla persona, lartigianato pur avendo iniziato da tempo il tragitto preparatorio, sono rimasti ai nastri di partenza (Cles 2005a, 7-8).

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rezza sui luoghi di lavoro), con appena 3.216 lavoratori interessati (Isfol 2007, 85).77 Le ragioni di questo insuccesso sono diverse. In primo luogo, la principale preoccupazione manifestata dagli imprenditori negli incontri promozionali stata che lautodenuncia delle passate irregolarit divenisse la chiave dingresso con la quale le autorit di vigilanza avrebbero potuto estendere le verifica in ogni ambito (previdenziale, contributiva, della normativa sanitaria e sulla sicurezza, ecc.) (Pacifico 2004, 10). Inoltre, laspettativa poi rivelatasi fondata di un imminente condono fiscale ha scoraggiato le dichiarazioni di emersione, visto che il pagamento di una somma una tantum a completa estinzione delle irregolarit pregresse apparso relativamente pi semplice e conveniente. Anche il termine ristretto posto come requisito per la presentazione delle dichiarazioni di emersione ha contribuito a restringere gli spazi per ladesione, in particolare per le imprese con un elevato ricambio di personale. Del resto, il contratto di riallineamento si presta soprattutto a situazioni del tipo nero-bianco, relativamente infrequenti, nelle quali rapporti di lavoro formalmente regolari nascondono una pesante decurtazione del salario (da ricondurre gradualmente alla normalit) (Cles 2001, 3). A questi fattori vanno sommate le aspettative per gli effetti attesi della legge 30/2004, che moltiplicando le tipologie contrattuali e potenziando le attivit ispettive avrebbe dovuto incidere anche sui processi di emersione, indipendentemente da interventi diretti. Peraltro, non affrontando il nodo della riforma degli ammortizzatori sociali, il provvedimento non ha realizzato il previsto trasferimento di diritti e tutele dai luoghi di lavoro al mercato, e le sue ricadute sullemersione appaiono tuttora controverse: ad oggi, come mostra lanalisi sviluppata nel capitolo due, sembra che la crescente flessibilit contrattuale sia stata accompagnata soprattutto da uno slittamento verso variegate forme di lavoro grigio.78
77 Le adesioni formali ai percorsi di emersione forniscono tuttavia unimmagine parziale e distorta dei processi di emersione. La natura delleconomia sommersa rende in molte circostanze estremamente aleatoria la valutazione, e ancora meno la quantificazione, di esiti e conseguenze delle politiche, visto che anche i percorsi non ufficiali di regolarizzazione possono mimetizzarsi allinterno di processi economici visibili. Ad esempio, a partire dal 2001 per alcuni anni si registrato un incremento del tasso di occupazione superiore a quello di crescita delleconomia. Si pu imputare il fenomeno allestensione di contratti precari, ossia allincremento del numero di posizioni lavorative a bassa retribuzione. Unaltra possibile spiegazione consiste nel ricondurre tali incrementi a unemersione indiretta e silenziosa di posti di lavoro precedentemente irregolari: negli ambienti del mondo istituzionale, economico e sindacale si sta diffondendo con sempre maggiore credibilit lipotesi che si tratti di lavoratori che gi lavoravano in passato presso le imprese ma che non erano registrati come tali (Pacifico 2004, 31). Questa ipotesi viene avanzata anche in una relazione del Comitato per lemersione del lavoro nero, nel segnalare un aumento di 385mila lavoratori iscritti allInps tra lottobre 2001 e lottobre 2002 (Cles 2003). 78 Per inciso, lorientamento della maggioranza di centrodestra ha ricondotto altre misure con effetti rilevanti sulla dimensione del lavoro sommerso, come la sanatoria per gli immigrati prevista dalla legge Bossi-Fini, in una prospettiva della sicurezza e dellordine pubblico, affidando a prefetture e questure la

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Di qui il riaffermarsi di un orientamento pi tradizionale, che d priorit tanto allaspetto repressivo, con il rafforzamento dei servizi ispettivi, che a quello promozionale e induttivo. Alla fine del 2007 stata istituita una Cabina di regia nazionale, con sede presso il Ministero del lavoro, cui sono state delegate le funzioni di coordinamento prima attribuite al Comitato. La struttura di governo delle politiche per lemersione stata potenziata anche attraverso listituzione di uno specifico Fondo per lemersione del lavoro irregolare (Feli), con il quale finanziare con 10 milioni di euro per il 2007 e il 2008 dintesa con regioni ed enti locali i servizi di supporto allo sviluppo delle imprese che attivano percorsi di emersione. La Cabina di regia assume invece il compito di concorrere allo sviluppo, promozione, implementazione e valutazione delle politiche di contrasto al lavoro irregolare.79 Lestensione della rete di attori istituzionali e di parti sociali coinvolte segnala la preoccupazione di istituzionalizzare in un modello di governo partecipativo e multi-livello delle politiche per lemersione del lavoro irregolare, ma la moltiplicazione delle istanze accresce anche i costi di coordinamento. In particolare, la Cabina di regia ha la responsabilit di promuovere lo sviluppo dei piani territoriali di emersione del lavoro nero e di promozione delloccupazione regolare, la valorizzazione dei Cles, lindividuazione di azioni e interventi da finanziare, la realizzazione di campagne di informazione e prevenzione. Il nuovo organismo ha competenze che si sovrappongono in parte a quelle del Comitato, subordinato ai piani e alle politiche elaborate dal primo. In sintesi, nel corso dellultimo decennio si consolidato un modello di governo delle politiche per lemersione che ha visto la stratificazione di interventi volti a fissare criteri di coordinamento tra la pluralit di soggetti coinvolti, specificando funzioni e competenze dei diversi soggetti cui sono delegate funzioni di studio, formulazione, attuazione e vigilanza sulladempimento delle previsioni normative. Lo schema riassuntivo che segue fissa il quadro istituzionale degli attori nelle politiche per lemersione del lavoro irregolare in Italia (si veda la tabella 3.5).

gestione della relativa documentazione. 79 La Cabina ha una composizione allargata: vi partecipano membri dei ministeri dellinterno, delleconomia, dello sviluppo economico e della solidariet sociale, del dipartimento per le pari opportunit, la consigliera nazionale di parit, sei rappresentanti delle regioni, cinque rappresentanti delle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori pi rappresentativi, tre rappresentanti di enti e associazioni del terzo settore (che si occupano di prevenzione dei fenomeni mafiosi e di sostegno alle vittime dello sfruttamento lavorativo), un rappresentante del comando dei carabinieri, dellUpi, dellAnci, dellInps, dellInail, i direttori generali di cinque direzioni generali, il presidente nazionale del Cles.

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Tab. 3.5: Gli attori nella struttura di governance delle politiche per lemersione del lavoro irregolare
Funzioni Ministero del lavoro e delle politiche sociali - indirizzo e programmazione per fissare le principali linee di intervento nel campo del lavoro irregolare - coordinamento tra le varie strutture territoriali per favorire uniformit di iniziative e omogeneit di risultati - coordinamento delle politiche per lemersione con le politiche economiche Organo politico di coordinamento e valutazione delle politiche di emersione, in una prospettiva interistituzionale; promozione del lavoro regolare, anche attraverso campagne di informazione e sensibilizzazione, sostegno allemersione (anche a livello locale) tramite lutilizzo delle risorse economiche previste dal Fondo per lemersione del lavoro irregolare (Feli) Presieduto dal Ministro del lavoro; soggetti istituzionali centrali (Direzioni generali dei ministeri del lavoro, dellinterno, delleconomia, della solidariet sociale, delle pari opportunit); Consigliera di parit, Inps, Inail, Comando dei carabinieri per la tutela del lavoro, Presidente del Comitato nazionale per lemersione; soggetti istituzionali territoriali (Conferenza delle regioni, Upi, Anci); attori sociali (associazioni datoriali e sindacali pi rappresentative a livello nazionale); associazioni, enti ed organismi del terzo settore. Nove membri nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, designati, rispettivamente, dagli organi centrali (Presidente del Consiglio, che nomina il Presidente del Comitato; Ministro del tesoro, Ministro del lavoro, Ministro per le politiche agricole), presidente dell'Inps, presidente dell'Inail, presidente dell'Unione italiana delle camere di commercio, Conferenza unificata StatoRegioni-Citt e autonomie locali. Composizione

Cabina nazionale di regia

Comitato nazionale per lemersione

- analisi e studio del lavoro non regolare e del territorio per la promozione di iniziative locali, di collaborazioni e intese istituzionali; assistenza alle imprese - attuazione delle iniziative ritenute utili a conseguire una progressiva emersione del lavoro irregolare, anche attraverso campagne di sensibilizzazione e di informazione tramite i mezzi di comunicazione e nelle scuole; - valutazione periodica dei risultati delle attivit degli organismi locali - esame delle proposte contrattuali di emersione istruite dalle commissioni locali per la successiva trasmissione al CIPE per le deliberazioni del caso. - analisi delle dinamiche del lavoro irregolare su scala locale (coadiuvati da Osservatori sul lavoro nero) - promozione di collaborazioni e intese istituzionali - assistenza alle imprese (specialmente nellaccesso al credito agevolato); - predisposizione di aree attrezzate per stipulare contratti di riallineamento. - analisi del lavoro irregolare a livello territoriale; - promozione delle politiche e pi in generale della cultura della legalit; - promozione di collaborazioni ed intese istituzionali; - assistenza alle imprese e in particolare all'accesso al credito agevolato; - formazione; - predisposizione di aree attrezzate (anche mediante tutori per lemersione)

Commissioni regionali e provinciali per lemersione

Istituite presso le Camere di commercio e composte da 15 rappresentanti: sette (tra cui il presidente) designati dalle amministrazioni pubbliche competenti in materia (Regione o Provincia, Direzione del lavoro, Inail, Inps, Camera di commercio), e otto in maniera paritetica dalle parti sociali (le organizzazioni pi rappresentative dei lavoratori e dei datori di lavoro). Otto membri designati dal ministero del lavoro (con funzioni di presidente), dal ministero dell'Ambiente, dall'Inps, dall'Inail, dalla Asl, dal Comune, dalla Regione e dalla Prefettura; otto membri designati in maniera paritetica dalle organizzazioni sindacali comparativamente pi rappresentative sul piano nazionale dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro

Comitati regionali e provinciali per il lavoro e lemersione del sommerso (Cles)

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Funzioni Direzione generale attivit ispettive presso il Ministero del lavoro Direzione e coordinamento delle attivit ispettive svolte dai soggetti che effettuano vigilanza in materia di tutela dei rapporti di lavoro; indirizzo, programmazione e controllo dell'attivit di vigilanza ispettiva degli organi periferici del Ministero, inclusa quella relativa allapplicazione della legislazione sulla sicurezza sui luoghi di lavoro Funzioni sostanzialmente consultive. Definizione di indirizzi, obiettivi strategici e priorit degli interventi ispettivi; direzione e coordinamento a livello nazionale qualora si renda opportuno dell'attivit di tutti gli organi impegnati sul territorio nelle azioni di contrasto del lavoro sommerso e irregolare; definizione delle modalit di attuazione e di funzionamento della banca dati telematica con informazioni relative ai datori di lavoro ispezionati; definizione delle linee di indirizzo per la realizzazione del modello unificato di verbale di rilevazione degli illeciti in materia di lavoro, di previdenza e assistenza obbligatoria ad uso degli organi di vigilanza; Funzioni sostanzialmente consultive. A livello regionale dirigere e coordinare qualora si renda opportuno l'attivit di tutti gli organi impegnati nell'azione di contrasto del lavoro irregolare; convocare e sentire i presidenti dei Cles per ottenere informazioni utili ad elaborare direttive in materia di vigilanza. A livello provinciale la stessa funzione di direzione, indirizzo e coordinamento viene svolta dalla direzione provinciale del lavoro, sentiti Inps e Inail e altri enti previdenziali; qualora emergano particolari esigenze di coordinamento i Cles forniscono indicazione per orientare lattivit di vigilanza dei diversi enti Attivit amministrativa e di certificazione: emanazione di provvedimenti di natura autorizzativi, abilitativi, certificativi, di ricognizione e istruzione; predisposizione e gestione di banche dati sulle aziende operanti nel territorio. Ospita le Commissioni regionali e provinciali per lemersione Alle direzioni regionali e provinciali del lavoro spetta una funzione di direzione e di coordinamento dellattivit di vigilanza realizzata a livello locale da tutti gli organi coinvolti. Qualora si renda necessario, il direttore delle Drl convoca la Commissione regionale di coordinamento dellattivit di vigilanza. Sullattivit di vigilanza degli attori cui sono delegate funzioni di controllo si veda sopra, la tabella 3.1 (capitolo 3)

Composizione

Commissione centrale di coordinamento dellattivit di vigilanza

Presieduta dal Ministro del lavoro; direttore generale del ministero, direttore generale Inps; direttore generale Inail; Comandante generale della Guardia di finanza; direttore generale dell'Agenzia delle entrate; Coordinatore nazionale delle aziende sanitarie locali; Presidente del Comitato nazionale per la emersione del lavoro non regolare; quattro rappresentanti dei datori di lavoro e quattro rappresentanti dei lavoratori designati dalle organizzazioni sindacali pi rappresentative a livello nazionale

Commissioni regionali di coordinamento dellattivit di vigilanza

Presieduta dal direttore della Direzione regionale del lavoro; direttore regionale Inps; direttore regionale Inail; comandante regionale della Guardia di finanza; direttore regionale dell'Agenzia delle entrate; Coordinatore regionale delle aziende sanitarie locali; quattro rappresentanti dei datori di lavoro e quattro rappresentanti dei lavoratori designati dalle organizzazioni sindacali comparativamente pi rappresentative a livello nazionale

Camere di commercio

Direzioni regionali del lavoro Direzioni provinciali del lavoro Agenzia delle entrate Guardia di finanza Inps Inail Asl Altri enti previdenziali

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3.3. La dimensione regolativa: la normativa in materia di sicurezza e di lotta al lavoro non regolare
La normativa in materia di tutela del lavoro punta da una parte a portare allo scoperto le situazioni di irregolarit (e su questo sono state elaborate pi che leggi vere e proprie strategie di emersione), dall'altra a far s che negli ambienti di lavoro e nel corso delle lavorazioni siano rispettati tutti gli accorgimenti necessari a garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori. Condizioni di lavoro regolare sono la conditio sine qua non del rispetto delle norme di sicurezza: in presenza di lavoro nero o di situazioni di grave irregolarit aziendale improbabile che sia prestata la dovuta attenzione alle condizioni di sicurezza. Attenzioni che vengono poste momentaneamente in secondo piano anche in contesti di lavoro regolare, per la fretta o per esigenze di produttivit (in maniera soprattutto attiva sul versante datoriale, passiva su quello lavorativo), oppure per la negligenza e l'eccessiva familiarit con le mansioni svolte da parte del lavoratore. Al tema in questione stata riservata particolare attenzione soprattutto nel corso degli ultimi quindici anni, da quando in attuazione di una serie di direttive Cee80 stato emanato il decreto legislativo 626 del 1994 (d.lgs. 626/94), che prescrive misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori sia nel settore pubblico che privato. Con successive modifiche e adattamenti81, il decreto rimasto sostanzialmente il punto di riferimento in materia di sicurezza sul lavoro fino all'adozione del testo unico (d.lgs. 81/2008 del 9 aprile 2008). Auspicato da tempo, il testo stato emanato a pochi giorni dalle elezioni politiche del 13-14 aprile 2008, anche a seguito dellonda emotiva per i tragici fatti alla Thyssen Krupp di Torino del 6 dicembre 2007, la morte di sette lavoratori che per circostanze e modalit diventata simbolo della strage che ogni anno, giorno dopo giorno, si consuma nei luoghi di lavoro del nostro paese. Nel riordinare ed integrare la materia, il testo appare articolato e dettagliato: 306 articoli organizzati in tredici titoli82 che coprono tutti gli aspetti del
80 Il decreto stato adottato in attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro. 81 Il testo del d.lgs. 626/1994 stato soggetto a successivi aggiornamenti e modifiche introdotte dalla L. 422/2000, dal d.l. 402/2001, dal d.lgs. 25/2002, dalla legge 14/2003, dal d.lgs. 233/2003, dal d.lgs. 195/2003, dal d.lgs. 235/2003, dalla legge 62/2005, dal d.lgs. 257/2006, dalla legge 296/2006, dalla legge 123/2007 e dal d.lgs. 257/2007. 82 Principi comuni, Luoghi di lavoro, Uso delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, Cantieri temporanei e mobili, Segnaletica di salute e sicurezza sul lavoro, Attrezzature munite di videoterminali, Agenti fisici, Sostanze pericolose, Esposizione ad agenti biologici, Protezione da atmosfere esplosive, Disposizioni in materia penale e di procedura penale, Norme transitorie e finali. Nel

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problema della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, tra cui, a titolo di esempio: istituzione di organismi interministeriali di indirizzo politico, consultivi e di coordinamento con enti pubblici che hanno compiti di prevenzione, formazione, vigilanza, salute e sicurezza del lavoro83; individuazione degli obblighi per datori di lavoro e dirigenti; definizione dei requisiti per la delega di funzioni; obblighi e responsabilit che gravano sui vari soggetti coinvolti nel processo di produzione; oggetto e modalit di valutazione prevenzione del rischio; obbligo del datore di lavoro alla formazione, informazione e addestramento del lavoratore. Sul piano sanzionatorio la principale novit data dall'inasprimento delle sanzioni penali e pecuniarie, fino a prevedere nei casi pi gravi come la mancata valutazione dei rischi di lavoro cui possono essere esposti i lavoratori che svolgono attivit ad elevata pericolosit l'arresto da 6 a 18 mesi per il datore di lavoro e, nell'ipotesi di colpa dellazienda in caso di infortunio con feriti o morti, l'applicazione di sanzioni amministrative fino a 1.500.000 euro e la sospensione dellattivit. Scattano inoltre, in base al principio del blacklisting, linterdizione alla collaborazione con le pubbliche amministrazioni e alla partecipazione agli appalti. Per quanto concerne invece la dimensione pi prettamente formativa, rinuovo testo unico sulla sicurezza sul lavoro, prevista l'abrogazione, con differenti modalit temporali, delle seguenti norme: d.p.r. 27 aprile 1955, n. 547; d.p.r. 7 gennaio 1956 n. 164; d.p.r. 19 marzo 1956, n. 303, fatta eccezione per larticolo 64; d.lgs. 15 agosto 1991, n. 277; d.lgs. 19 settembre 1994, n. 626; d.lgs. 14 agosto 1996, n. 493; d.lgs. 14 agosto 1996, n. 494; d.lgs. 19 agosto 2005, n. 187; art. 36 bis, commi 1 e 2 del d.l. 4 luglio 2006 n. 223, convertito con modificazioni dalla legge 248/2006; artt. 2, 3, 5, 6 e 7 della legge 3 agosto 2007, n. 123. Il d.lgs. 81/2008 prevede unentrata in vigore differenziata: il 15 maggio 2008 per gli aspetti generali (15 giorni dopo la pubblicazione); il 29 luglio 2008 le disposizioni di cui agli articoli 17, comma 1, lettera a), e 28, nonch le altre disposizioni in tema di valutazione dei rischi che ad esse rinviano, ivi comprese le relative disposizioni sanzionatorie, (novanta giorni dalla data di pubblicazione del decreto nella Gazzetta ufficiale); le disposizioni di cui al titolo VIII, capo IV entrano in vigore alla data fissata dal primo comma dell'articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2004/40/CE; le disposizioni di cui al capo V del medesimo titolo VIII entrano in vigore il 26 aprile 2010. 83 Si tratta del Comitato per l'indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attivit di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro (Art. 5, testo unico), la Commissione consultiva permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro (Art. 6), i Comitati regionali di coordinamento (Art.7): per composizione e compiti di detti organi rimandiamo agli articoli di legge. Accanto a questi viene istituito il SINP (Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione nei luoghi di lavoro) al fine di fornire dati utili per orientare, programmare, pianificare e valutare l'efficacia delle attivit di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, relativamente ai lavoratori iscritti agli enti assicurativi pubblici e per indirizzare le attivit di vigilanza attraverso l'utilizzo integrato delle informazioni disponibili negli attuali sistemi informativi, anche tramite l'integrazione di specifici archivi e la creazione di banche dati unificate (Art. 8). Al Sistema prendono parte i Ministeri del lavoro, della salute e dell'interno, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, Inail, Ipsema, Ispesl e con il contributo del Cnel. Inail, Ipsema e Ispesl sono gli enti pubblici aventi compiti in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (Art.9).

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conducibile alla volont di colmare quel gap socio-culturale esistente in materia di sicurezza, la legge prevede che siano le regioni (ivi comprese le Province autonome di Trento e Bolzano) tramite gli enti competenti84 a svolgere attivit di informazione, assistenza, consulenza, formazione, promozione in materia, prestando particolare attenzione alle imprese artigiane, agricole e alle piccole e medie imprese e alle relative associazioni datoriali. Nella medesima logica sono state previste attivit promozionali (Art.11) con la possibilit di finanziamento di determinati progetti con un'interessante specifica: l'Inail chiamata a finanziare progetti di investimento e formazione in materia rivolti in particolare alle piccole, medie e micro imprese, nonch progetti che si ispirino ai principi di responsabilit sociale delle imprese nel proporre strumenti e soluzioni organizzative innovative. L'insistenza sulla dimensione dell'impresa come target dell'attivit promozionale un dato importante, perch implicitamente rivela che quel tipo di imprese a rappresentare una priorit, poich in quel contesto il rispetto delle norme sulla sicurezza maggiormente a rischio. Non si dice, ovviamente, il motivo; evidentemente le ragioni sono molteplici e complesse, probabilmente variano a seconda della realt di riferimento e spaziano dalle oggettive difficolt di carattere burocratico che un piccolo imprenditore pu trovarsi a dover affrontare, a casi ben pi gravi di natura (quasi) criminale. Il testo allart. 11 stabilisce anche che nell'ambito dei rispettivi compiti istituzionali, le amministrazioni pubbliche promuovono attivit specificamente destinate ai lavoratori immigrati o alle lavoratrici per migliorare i livelli di tutela degli stessi nei luoghi di lavoro. Come nel caso precedente, nel prevedere quelle due specifiche categorie di lavoratori, la norma lascia intendere quali siano ritenuti dai decisori legislativi i soggetti pi deboli della catena produttiva. Un ruolo importante nella promozione di una cultura della sicurezza stato attribuito a scuola ed universit, in vista dellinserimento nei programmi scolastici e universitari dellinsegnamento relativo alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Si tratta di uno strumento cruciale per favorire il radicamento della cultura della sicurezza, necessaria per rafforzare anche a livello individuale ladesione interiorizzata alle previsioni normative, ma che tuttavia resta facoltativo, in quanto attivabile nell'ambito e nei limiti delle risorse disponibili degli istituti. Considerando lattuale stato dei bilanci di scuole e universit probabile che tale potenzialit rimanga inespressa ancora a lungo.

84 Asl, VV.FF., Ispesl, Ministero del lavoro e Ministero dello sviluppo economico per il settore estrattivo, Inail, Ipsema, organismi paritetici ed enti di patronato.

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3.3.1. Il quadro europeo


La battaglia per la sicurezza nei luoghi di lavoro non separabile dalla lotta al sommerso: abbiamo avuto modo di sottolineare che spesso l'irregolarit porta con s l'insicurezza; chi subisce la scelta del lavoro nero85 perch non ha alternative non pu permettersi il lusso di pretendere condizioni di sicurezza. Illegalit (ossia una condotta non consentita dalla legge) e irregolarit (ossia una condotta non pienamente conforme a una norma) rappresentano gradi differenti dintensit del medesimo problema, relativo allinadempienza di prescrizioni normative che regolano le condotte individuali. Questa diversa gradazione delle condotte irregolari si percepisce non tanto facendo riferimento alle questioni di sicurezza (per le quali la situazione pi netta: ad esempio i dispositivi previsti vengono predisposti e utilizzati, oppure no), quanto piuttosto alle politiche di contrasto del lavoro nero.86 In tal senso opportuno richiamare la distinzione tra il lavoro nero e il cosiddetto grigio: nel primo caso il lavoratore non risulta da nessuna scrittura ed quindi privo di qualsiasi copertura assicurativa e contributiva; il grigio, invece, presenta una serie di sfaccettature, tali da renderlo pi o meno vicino al nero vero e proprio:
si manifesta sotto molteplici forme: lavoratori che formalmente hanno un contratto part-time ma lavorano effettivamente a tempo pieno oppure ore di straordinario non retribuito; salari costituiti da una parte retribuita al livello minimo sindacale, come previsto dal Contratto Collettivo nazionale, e il resto fuori busta; [...] in alcune imprese cooperative i lavoratori che svolgono a tutti gli effetti di lavoro da dipendenti vengono assunti come soci lavoratori ovvero proprietari di una quota della cooperativa evitando in tal modo di aver diritto a tutte le spettanze che invece sono dovute al personale dipendente (trattamento di fine rapporto, tredicesima, livello salariale minimo previsto dal Ccnl, numero fisso di ore di lavoro settimanali e cos via) (Isfol 2007, p.22).

La normativa in materia di emersione punta a combattere tanto l'una quanta l'altra manifestazione del lavoro non regolare. Rinviando ai capitoli 2 e 6 per lanalisi delle ragioni che spiegano la diffusione del fenomeno, ci concentriamo adesso sulle disposizioni normative con le quali si cercato di farvi fronte.

85 Chiaramente ben diversa la situazione come emerge anche nellanalisi condotta nel secondo capitolo di chi il lavoro nero lo vive come scelta propria e quindi non lo subisce, come il caso non raro del doppio lavoro o di alcune prestazioni altamente professionali, dove talvolta il professionista stesso a proporre un pagamento in nero per avere, alla fine, una fatturazione inferiore e quindi anche una tassazione meno elevata. 86 Su questo vi un interessante volume pubblicato nel 2007 dall'Isfol (Isfol 2007)

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Innanzi tutto importante collocare la produzione legislativa italiana nell'ambito della cornice europea. A partire dalla Comunicazione della Commissione sul lavoro sommerso del 1998 (COM219 del 17 aprile 1998), con la quale si invitavano gli Stati membri ad inserire come parte integrante della strategia per l'occupazione e la sicurezza la lotta al sommerso, sono stati adottati una serie di atti87 con i quali stato ribadito e rafforzato limpegno iniziale. con questa Comunicazione che il coinvolgimento europeo nella lotta al sommerso acquista maggiore visibilit e sostanza; nel documento della Commissione si cerca da una parte di individuare i tratti comuni che caratterizzano le manifestazioni del fenomeno nel contesto europeo, dall'altra di sottolineare le difficolt di una trattazione omogenea, in considerazione delle differenze esistenti a livello nazionale e locale. Si procede comunque all'individuazione di variabili in grado di definire il fenomeno e conseguentemente ad una stima dell'incidenza del sommerso nei singoli stati membri e nell'Unione europea nel suo complesso (al tempo era composta dai 15 stati pre-allargamento 2004). interessante, al di l delle cifre ormai datate, guardare alla tipologia di sommerso che caratterizza i paesi Ue, che pure nel frattempo ha conosciuto cambiamenti talvolta di rilievo (si pensi solo al ruolo crescente che gli immigrati hanno acquisito nelluniverso economico sommerso in Italia). In definitiva, la tabella 3.6 comunque utile per avere un'idea sia dei settori maggiormente interessati dal sommerso che delle iniziative e degli interventi intrapresi nei vari paesi dell'Unione88

87 Tra questi ricordiamo: parere del CESE del 27 gennaio 1999 (in G.U.C.E. C101, 12 aprile 1999); la risoluzione del Consiglio europeo del 22 aprile 1999 (in G.U.C.E. C125 del 6 maggio 1999); la Risoluzione del Parlamento europeo sulla Comunicazione della Commissione sul lavoro sommerso del 21 settembre 2000 (in G.U.C.E. C146 del 17 maggio 2001), gli Orientamenti sull'occupazione del 2001 adottati con decisione del Consiglio del 19 gennaio 2001 (in G.U.C.E. L22 del 24 gennaio 2001). 88 Un'opera di aggiornamento della situazione dei singoli stati va al di l degli obiettivi della presente ricerca; ovviamente un tale aggiornamento verr fatto per il caso italiano.

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tab.3.6. Caratteristiche del sommerso nei paesi UE secondo la Comunicazione della Commissione del 1999 (COM219 del 17 aprile 1998). Fonte: Commissione europea in Censis 2003.
LE CARATTERISTICHE DEL SOMMERSO NEI PAESI UE (UE PRE-ALLARGAMENTO 2004) Lavoratori Austria 10% della popolazione in et lavorativa principalmente popolazione immigrata Settori Edilizia Industria Servizi Industria del divertimento Commercio Interventi messi in atto Rafforzamento dei controlli degli ispettori del lavoro Semplificazione Regolamentazione delle attivit produttive Incremento della flessibilit negli orari di lavoro Riduzione dei costi di lavoro per apprendisti e disoccupati di lungo periodo Rafforzamento dei controlli degli ispettori del lavoro Incremento delle sanzioni Riduzione del costo del lavoro Attivazione di vaucher per i servizi

Belgio

Uomini giovani con basse qualifiche

Ristorazione Commercio Edilizia Tessile Trasporti Lavoro domestico Agricoltura

Danimarca

Lavoratori non qualificati Edilizia o con bassa qualifica Servizi privati Studenti Uomini (con una percentuale doppia rispetto alle donne) Si osserva anche una peculiarit geografica: il lavoro sommerso pi diffuso fuori dalla capitale Giovani lavoratori qualificati Edilizia Ristorazione Commercio Servizi

Rafforzamento dei controlli degli ispettori del lavoro Incremento delle sanzioni Sussidi per servizi alla persona e alla famiglia

Finlandia

Rafforzamento dei controlli anche rivolti ai disoccupati Rafforzamento dei controlli fiscali Sussidi per servizi alla famiglia Modifica della legislazione per regolamentare i lavori atipici Semplificazione delle procedure burocratiche legate al mercato del lavoro Attivazione di forme di collaborazione con le parti sociali Campagne di informazione e sensibilizzazione contro l'evasione fiscale Rafforzamento dei controlli degli ispettori del lavoro Incremento delle sanzioni Attivazione di voucher per i servizi Implementazione della legislazione Promozione della cooperazione interistituzionale Coinvolgimento delle parti sociali Semplificazione delle procedure di assunzione di lavoratori stagionali in agricoltura

Francia

Non risultano caratteristiche specifiche

Ristorazione Edilizia

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LE CARATTERISTICHE DEL SOMMERSO NEI PAESI UE (UE PRE-ALLARGAMENTO 2004) Lavoratori Germania Immigrati illegali Persone con doppio lavoro Settori Edilizia Ristorazione Trasporti Pulizia Divertimento/arte/ cultura Edilizia Ristorazione Mercati rionali Settori con possibilit di lavoro a casa (tessile) Ristorazione/turismo Servizi Lavori domestici Trasporti Edilizia Commercio Interventi messi in atto Rafforzamento dei controlli Incremento delle sanzioni Implementazione della legislazione Campagne di informazione e sensibilizzazione Incremento dei controlli fiscali Interventi sulla legislazione fiscale Incremento delle sanzioni Rafforzamento della legislazione fiscale Deducibilit di spese sostenute per acquisti di beni e servizi Allargamento dei diritti di soggiorno per immigrati Rafforzamento dell'applicazione della vigente legislazione fiscale Riduzione del livello di tassazione sulle persone fisiche Riduzione dei livelli di contribuzione sociale per alcune categorie di lavoratori Rafforzamento dei controlli fiscali Deducibilit delle spese professionali Riduzione dei costi di lavoro non salariali Semplificazione delle procedure amministrative Nuove tipologie di contratti (contratti di riallineamento) Rafforzamento dei controlli degli ispettori del lavoro Rafforzamento dei controlli fiscali Incremento delle sanzioni Liberalizzazione nel settore delle agenzie di lavoro interinale Modifiche della legislazione fiscale Coinvolgimento delle parti sociali Sussidi per certe tipologie di servizi Campagne di informazione e sensibilizzazione Iniziative legali nei confronti dell'immigrazione illegale Iniziative legali contro il lavoro minorile Riforma della legislazione fiscale Semplificazione di alcune procedure amministrative Modifiche legislative riguardanti i lavori atipici

Gran Bretagna

Uomini tra 25 e 55 anni specializzati Immigrati legali ed illegali Pensionati/e Casalinghe Giovani lavoratori stagionali

Grecia

Irlanda

Studenti Persone con doppio lavoro Non risultano coinvolti lavoratori immigrati

Italia

Giovani Donne Pensionati/e

Agricoltura Edilizia Servizi privati Tessile

Lussemburgo* Olanda

Dato non disponibile Lavoratori maschi specializzati e con un lavoro regolare

Dato non disponibile Nessuno Ristorazione Trasporto privato (taxi e pullman) Spedizioni Industria dei metalli Confezioni

Portogallo

Immigrati illegali Donne

Edilizia Settore tessile Commercio

Spagna

Giovani Donne specializzate nelle PMI

Agricoltura Ristorazione Servizi

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LE CARATTERISTICHE DEL SOMMERSO NEI PAESI UE (UE PRE-ALLARGAMENTO 2004) Lavoratori Svezia Non si riscontrano caratteristiche specifiche. Nella maggior parte dei casi si tratta di lavoratori/ lavoratrici autonomi/e Settori Servizi Ristorazione Pulizia Interventi messi in atto Incremento dei controlli fiscali Riforma fiscale Deducibilit delle spese per ristrutturazioni Riduzione dei costi di lavoro non salariali

* Il lavoro sommerso in Lussemburgo quasi nullo e comunque non presenta un'incidenza significativa.

Nonostante le peculiarit di ciascun caso, possibile comunque individuare alcune caratteristiche comuni, soprattutto per quanto riguarda i soggetti (lavoratori) coinvolti ed i settori in cui il fenomeno del sommerso appare essere maggiormente diffuso. Dalla tabella emergono alcune tipologie di persone particolarmente esposte, gi segnalati dalla letteratura: 1. disoccupati con difficolt ad inserirsi nel mercato del lavoro formale; 2. popolazione economicamente inattiva (studenti, pensionati, casalinghe); 3. persone che svolgono una o pi attivit parallele ad un lavoro formale (rappresentano la maggior parte dei lavoratori sommersi a livello europeo); 4. immigrati clandestini per i quali il lavoro sommerso rappresenta lunica opportunit di occupazione. Relativamente ai settori produttivi, quelli richiamati in modo pi ricorrente sono l'edilizia, presente in quasi tutti i paesi, seguita dai servizi e dalla ristorazione, mentre l'agricoltura viene indicata solo in tre paesi (Italia, Belgio e Spagna). La Comunicazione della Commissione del 1998 ha rappresentato una sorta di punto di svolta per la normativa di contrasto del lavoro nero a livello europeo. Senza entrare nello specifico dei singoli provvedimenti adottati, presentiamo nella tabella 3.7 un quadro sintetico della normativa in questione, con una breve descrizione dei contenuti fondamentali di ciascun atto.

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tab.3.7. Quadro comunitario istituzionale e normativo inerente al lavoro non regolare. Fonte: Isfol, 2007 (pp.33-35), per le prime sette righe. Aggiornamento per le ultime righe sulla base delle informazioni presenti nel sito http://europa.eu/scadplus/leg/it/s02315.htm (Crescita e Occupazione).
QUADRO COMUNITARIO ISTITUZIONALE E NORMATIVO INERENTE AL LAVORO NON REGOLARE Comunicazione della Commissione europea sul lavoro sommerso [COM (98) - 219] Individua in una strategia mirata globale, che contemperi interventi preventivi ed interventi sanzionatori, variamente modulata in base alle situazioni presentate dai diversi Stati membri, lo strumento essenziale per combattere il lavoro non dichiarato definito come qualsiasi attivit retribuita lecita di per s ma non dichiarata alle autorit pubbliche, tenendo conto delle diversit dei sistemi giuridici vigenti negli Stati membri Viene adottato un codice di condotta per una pi efficace cooperazione tra amministrazioni pubbliche degli Stati membri nella lotta contro labuso di prestazioni e contributi sociali a livello transnazionale ed il lavoro sommerso, oltre che in materia di temporanea messa a disposizione transnazionale di lavoratori. Si accoglie linvito della Commissione ad adottare misure volte a contrastare la diffusione del lavoro sommerso e a promuoverne lemersione.

Risoluzione del Consiglio e dei Rappresentanti degli stati membri, riuniti in sede di Consiglio del 22 aprile 1999 (1999/C 125/01) Risoluzione del Parlamento europeo sulla Comunicazione della Commissione sul lavoro sommerso (A5-0220/2000)

Decisione del Consiglio del 19 Si ribadisce la necessit di considerare prioritario il contrasto al lavoro gennaio 2001 relativa o orientamenti sommerso e la sua trasformazione in posti di lavoro regolari per incoraggiare per le politiche degli stati membri a lavvio di attivit imprenditoriali. favore delloccupazione per il 2001 Decisione del Consiglio del 22 luglio 2003 relativa o orientamenti per le politiche degli stati membri a favore delloccupazione La Linea-guida n. 9 esorta gli Stati membri a: - promuovere la semplificazione del contesto in cui operano le imprese, rimuovendo i disincentivi e fornendo incentivi adatti nel quadro dei sistemi fiscale e previdenziale; - dotarsi di una maggiore capacit di far rispettare le norme e di applicare sanzioni; - misurare le dimensioni del problema e i progressi conseguiti a livello nazionale. Sancisce limpegno comune degli Stati membri a: - sviluppare un approccio basato su azioni preventive, che incoraggino tutti i datori di lavoro ed i lavoratori a operare allinterno delleconomia ufficiale e nel contesto delloccupazione regolare - sviluppare il rafforzamento della sorveglianza e provvedere allapplicazione di adeguate sanzioni - migliorare la conoscenza delle dimensioni quantitative del lavoro non dichiarato, cos da poter valutare i progressi verso lobiettivo di trasformare il lavoro non dichiarato in occupazione regolare. Lorientamento n. 21 indica la Trattazione del lavoro non dichiarato per mezzo di azioni decise a trasformare il lavoro non dichiarato in occupazione regolare.

Risoluzione del Consiglio sulla trasformazione del lavoro non dichiarato in occupazione regolare del 20 ottobre 2003 (2003/C 260/01)

Decisione del Consiglio del 12 luglio 2005 sugli orientamenti degli stati membri a favore delloccupazione

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QUADRO COMUNITARIO ISTITUZIONALE E NORMATIVO INERENTE AL LAVORO NON REGOLARE Libro verde della Commissione del 22 novembre 2006, "Modernizzare il diritto del lavoro per affrontare le sfide del XXI secolo" [COM(2006) 708 - Non pubblicato sulla Gazzetta ufficiale]. Comunicaz.della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, del 24 ottobre 2007, "Rafforzare la lotta contro il lavoro sommerso" [COM(2007) 628 def. - Non pubblicata sulla Gazzetta ufficiale]. Con questo libro verde, la Commissione individua le principali sfide relative al divario esistente fra i contesti giuridici attuali e le realt del mondo del lavoro. Lo scopo quello di esaminare come il diritto del lavoro possa contribuire a promuovere la flessibilit associata alla sicurezza, indipendentemente dalle forme contrattuali. La presente comunicazione analizza i fattori che favoriscono l'esistenza di un'economia non formale. Essa presenta una panoramica sulle politiche di lotta contro il lavoro sommerso alla luce delle azioni intraprese dagli Stati membri. Essa indica inoltre le possibilit di apprendere reciprocamente sulla base delle prassi che hanno fornito buoni risultati in questo campo. Essa definisce infine un insieme di metodi e di misure di controllo tanto a livello nazionale quanto a livello europeo al fine di agire con efficacia contro tale fenomeno.

3.3.2. Il quadro nazionale


Focalizzando l'attenzione a livello nazionale sugli ultimi quindici anni, approssimativamente dall'inizio della cosiddetta seconda Repubblica,89 ragionevolmente il percorso delle politiche di emersione prende avvio dal pacchetto Treu (L. 608/1996 e L. 196/1997), che proponendo uno snellimento delle tipologie e delle regole contrattuali si posto lobiettivo di facilitare l'incontro tra domanda e offerta di lavoro. In questa ottica si inseriscono una serie di provvedimenti, tra cui la disciplina del lavoro interinale, le agevolazioni contributive ai contratti di apprendistato, la fissazione dei principi generali per i tirocini formativi e per l'orientamento. Nel medesimo contesto normativo troviamo anche disposizioni relative all'applicazione dei contratti di riallineamento retributivo (avviati gi a partire dal 1989). Come nota Pacifico:
il principio di fondo del legislatore sembra essere laccompagnamento delle imprese nella legalit attraverso agevolazioni fiscali concordate su scala locale. Il meccanismo di incentivazione funziona sostanzialmente su tre fattori: 1) tolleranza per un periodo predeterminato di un livello retributivo di fatto inferiore a quello dei contratti collettivi nazionali; 2) determinazione della contribuzione previdenziale e fiscale su un minore livello retributivo di riallineamento; 3) sanatoria delle pendenze contributive e fiscali pregresse (Pacifico 2004, 8).

La norma si rivolgeva alle imprese del meridione italiano; la disomogenea


89 Per questa parte i riferimenti fondamentali sono il Monografico n. 11 dell'Isfol, gi citato [Isfol, 2007] e il testo di Massimiliano Pacifico (Pacifico, 2004).

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applicazione della stessa nelle diverse realt territoriali rende difficile una valutazione complessiva della stessa. Vero che, per quanto si siano registrati casi di successo, il problema del lavoro nero al sud presenta ancora oggi dimensioni preoccupanti. Un ulteriore sviluppo nella regolazione di contrasto al lavoro sommerso rappresentato dalla legge finanziaria 1999 (art. 78 e 79 della legge 448/98), con la quale stato istituito il Comitato nazionale per lemersione del lavoro non regolare, supportato a livello regionale e provinciale da Commissioni per lemersione del lavoro non regolare. In questo modo si cercato di creare una rete capillare di strutture (le commissioni), come anello di congiunzione tra le singole realt territoriali ed il livello centrale, attraverso attivit di analisi della situazione locale, di promozione delle opportunit create dalla legge per far emergere il lavoro non dichiarato a condizioni accettabili per il datore di lavoro. Questo approccio verr approfondito con la legge 266/2002 che istituisce i Cles (Comitati per lemersione del lavoro sommerso), ai quali devono essere presentati i piani di emersione progressiva previsti dalla legge 73/2002. A differenza dell'emersione automatica della legge 383/2001, che prevedeva la possibilit di sanare solo le irregolarit di natura previdenziale e fiscale pregresse, con questi piani a ciascuna impresa veniva data una possibilit aggiuntiva: la richiesta di sanatoria, infatti, poteva essere fatta in relazione non solo ai lavoratori in nero, ma anche a una serie di irregolarit ambientali (ad esempio in materia sanitaria, edilizia, urbanistica) (Pacifico 2004, 9). La legge 266/2002 ha introdotto anche la certificazione di regolarit contributiva (Durc) quale requisito fondamentale per l'affidamento di un appalto pubblico, nonch per la gestione di servizi o attivi in convenzione o concessione con un ente pubblico, successivamente estesa anche all'edilizia privata (d.lgs. 276/203). Con la legge Biagi (legge 30/2003 e d.lgs. 276/2003) si cercato di fornire incentivi indiretti alla regolarizzazione di situazioni a rischio, facendo emergere rapporti poco trasparenti di lavoro mediante un aumento delle tipologie contrattuali e della flessibilit del lavoro. Diventa cos pi vantaggioso per il datore di lavoro stipulare modelli contrattuali previsti dalla legge piuttosto che accollarsi i rischi derivanti dall'utilizzo di lavoratori in nero. In realt, questa liberalizzazione ha portato, almeno nei primi anni, a unestensione consistente del lavoro grigio, ossia ad un utilizzo distorto dei contratti atipici per mascherare rapporti di lavoro riconducibili in realt al tradizionale lavoro subordinato (Isfol 2007, 8). Allo stesso tempo la legge Biagi ha previsto un riordino delle funzioni ispettive in materia di previdenza sociale e di lavoro (attuato con il d.lgs. 124/2004), novit che consentono un migliore coordinamento tra i diversi enti ispettivi attribuendo a questi ultimi anche funzioni di carattere consultivo. Nel 2006 il decreto Bersani (d.l. 223/2006 convertito con legge 248/2006)

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ha introdotto importanti novit, in particolare nel settore edilizio.90 Negli articoli 35 e 36 vengono posti in collegamento la lotta al lavoro nero e la promozione della sicurezza sui luoghi di lavoro. L'art. 36bis fissa alcuni punti fondamentali, come le Misure urgenti per il contrasto del lavoro nero e per la promozione della sicurezza nei luoghi di lavoro. Viene stabilita la possibilit per il personale ispettivo del Ministero del lavoro (anche su segnalazione di Inps e Inail) di adottare in determinate circostanze un provvedimento di sospensione dei lavori nei cantieri edili (in caso di impiego di personale non risultante da scritture o da altra documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori regolarmente occupati nel cantiere; casi di reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale). Della sospensione sono informati i competenti uffici del Ministero delle infrastrutture, i quali provvedono a loro volta all'emanazione di un provvedimento interdittivo per la partecipazione ad appalti pubblici per un periodo pari alla citata sospensione, con possibilit di prolungamento comunque non oltre i due anni. E' condizione per la revoca del provvedimento da parte del personale ispettivo prima di tutto la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria e l'accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di reiterate violazioni alla disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale. E' comunque fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali e amministrative vigenti (su questo si vedano i commi 4 e 6 dell'art 14 del d.lgs. 81/2008). Viene inoltre stabilito che dal 1 ottobre 2006 in edilizia il personale occupato nel cantiere debba essere provvisto di e debba esibire l'apposita tessera di riconoscimento (con fotografia, generalit del lavoratore e indicazione del datore di lavoro), obbligo che grava anche in capo ai lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attivit nei cantieri, i quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto.91 La sospensione dei lavori, insieme alla previsione di multe pesanti in caso di impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria,92 stata affiancata da una massiccia opera di vigilanza che ha reso
90 L'articolo 35 introduce il principio della responsabilit solidale tra appaltatore e subappaltatore in particolare con riferimento ai versamenti contributivi (Inps) e assicurativi per infortuni e malattie professionali (Inail), nonch alle ritenute fiscali sui redditi da lavoro dipendente. Per quanto riguarda l'art. 36, vedi oltre nel testo. 91 La violazione di detta prescrizione comporta l'applicazione, in capo al datore di lavoro, della sanzione amministrativa da euro 100 ad euro 500 per ciascun lavoratore, mentre il lavoratore che ha la tessera di riconoscimento ma che non provvede ad esporla e' punito con la sanzione amministrativa da euro 50 a euro 300. 92 La legge prevede una sanzione amministrativa da euro 1.500 a euro 12.000 per ciascun lavoratore,

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pi credibile e reale la minaccia delle sanzioni previste dalla legge. In tale contesto va inserita infatti l'operazione 10.000 cantieri che nel periodo 1 giugno - 30 settembre 2007 ha effettuato su tutto il territorio nazionale accessi ispettivi presso i cantieri edili al fine di promuovere mediante lattivit di vigilanza il miglioramento delle condizioni di lavoro e di sicurezza nel settore edile.93 Nella stessa logica si muovono alcune disposizioni previste nella legge finanziaria per il 2007 (legge 296/2006) ed in particolare: - obbligo di comunicazione dell'assunzione agli enti interessati (sostanzialmente Inps e Inail) entro il giorno antecedente a quello di instaurazione del rapporto di lavoro stesso per tutti i settori lavorativi (la legge 248/2006 prevedeva lobbligo per il solo settore edile). Ci si propone cos di scoraggiare la pratica molto diffusa di denunciare l'avvenuta assunzione a seguito di un incidente sul lavoro, escamotage facilmente praticabile in precedenza dal momento che al datore di lavoro erano concessi 5 giorni di tempo per l'assunzione formale dall'inizio di fatto del rapporto di lavoro. - maxi-sanzione per utilizzo di lavoratori in nero anche nel caso di lavoro domestico (escluse quindi irregolarit riconducibili al grigio, quelle cio per le quali comunque gli obblighi contributivi sono stati assolti). - estensione del Durc a tutti i settori di attivit a partire dal 1 luglio 2007 (non solo pi per edilizia e agricoltura, per i quali era gi in vigore). - potenziamento del personale ispettivo mediante nuove assunzioni e inasprimento delle sanzioni - ridefinizione dell'assetto organizzativo in tema di emersione con la previsione di un Fondo per l'emersione del lavoro irregolare (Feli) ed una Cabina di regia nazionale di coordinamento. Nell'ambito della finanziaria 2007 rientra anche la campagna Esci dal nero. Conviene con la quale si punta a far emergere il lavoro nero attraverso una procedura (disciplinata dai commi 1192 1201 della legge) che riguarda i lavoratori non risultanti dalle scritture contabili o da altra documentazione obbligatoria, da concludere entro il 30 settembre 2007. Condizione essenziale per accedere all'emersione la stipula di un accordo di regolarizzazione aziendale o territoriale, oppure nei casi in cui nelle aziende non siano presenti le rappresentanze sindacali o unitarie un accordo stipulato con le organizzazioni sindacali aderenti alle associazioni nazionali pi rappresentative.

maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo. L'importo delle sanzioni civili connesse all'omesso versamento dei contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore di cui al periodo precedente non pu essere inferiore a euro 3.000, indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa accertata. 93 Cfr. http://www.lavoro.gov.it/Lavoro/operazione_1000_Cantieri.htm

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Meritano infine di essere ricordati alcuni punti contenuti nella legge 6 agosto 2008 n.133. L'art. 19 prevede l'abolizione dei limiti di cumulo tra pensione e redditi da lavoro a decorrere dal 1 gennaio 2009, provvedimento che nelle intenzioni dei promotori dovrebbe ridurre la pratica del lavoro nero dei pensionati, particolarmente diffusa nel settore agricolo. Accanto alla possibilit di derogare il limite dei 36 mesi nella durata dei contratti a termine ed a importanti modifiche nell'ambito del contratto di apprendistato, stata cambiata la procedura relativa alle dimissioni volontarie, eliminando lopzione telematica94 che la legge 188/2007 aveva previsto per combattere il fenomeno delle dimissioni in bianco.95 Non sembra andare nella direzione di una maggiore tutela della sicurezza sul lavoro la previsione contenuta nell'art. 41 della legge133/2008, con riferimento agli straordinari, che rende non pi obbligatoria la comunicazione agli uffici provinciali del superamento delle 48 ore settimanali, mentre il riposo di 24 ore consecutive ogni sette giorni pu essere ora calcolato come media su un periodo non superiore a 14 giorni. Con l'art. 41 stata abrogata la condizione delle reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale ai fini delladozione di un provvedimento di sospensione delle attivit imprenditoriali da parte del personale degli organi di vigilanza del Ministero del lavoro. Ne consegue anche la cancellazione della condizione per il ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di reiterate violazioni di tale disciplina, che rimane in vigore, quindi, solo in caso di utilizzo di manodopera in nero pari o superiore al 20% del totale impiegato dall'azienda. Con l'art. 39 della legge n. 133/2008 viene infine soppressa la sanzione amministrativa pecuniaria per la violazione dell'obbligo di fornire ai lavoratori la tessera di riconoscimento nell'ambito dello svolgimento di attivit in regime di appalto e di subappalto. Come gi ricordato, il testo unico avrebbe avuto bisogno di 38 decreti e atti attuativi vari per produrre effetti in diversi ambiti di regolazione, ma il nuovo

94 Tale procedura sottraeva la possibilit al datore di lavoro di far firmare dimissioni in bianco perch spettava al lavoratore, prima della cessazione del rapporto di lavoro, registrarsi sul sito del ministero e compilare il modulo ministeriale on-line. Terminata tale procedura il sistema rilasciava copia del modulo con tanto di codice alfanumerico di identificazione e della data di validit a partire dalla quale il lavoratore avrebbe avuto 15 giorni di tempo per consegnare le dimissioni al proprio datore di lavoro. Nella procedura il lavoratore poteva farsi assistere dal personale dei Centri per l'impiego, dei Comuni, della Dpl. Su questo cfr. http://www.dplmodena.it/articolo-dimissioni.pdf 95 Su questo punto, per quanto non immediatamente connesso al tema del lavoro nero, le organizzazioni sindacali hanno dato una valutazione molto negativa, anche in considerazione del livello di ricattabilit cui pu essere soggetto un lavoratore o lavoratrice indotto/a a firmare dimissioni in bianco e alle conseguenze che tale pratica pu avere in termini di sicurezza del posto e sul posto di lavoro.

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governo non ne ha ancora emanati. Certamente se l'obiettivo quello di contrastare il lavoro irregolare e di assicurare condizioni di maggiore sicurezza, le modifiche introdotte dalla legge 133/2008 sembrano andare in direzione diametralmente opposta. Se invece gli obiettivi perseguiti sono altri, allora ogni osservazione in merito appare fuori tema. Resta comunque la sensazione che le politiche di contrasto al lavoro irregolare mostrino caratteristiche di sviluppo che ricordano la famosa tela di Penelope. Accanto alla dimensione regolativa e repressiva dovrebbero peraltro svilupparsi, come si gi avuto modo di rilevare, azioni di educazione e sensibilizzazione al rispetto della legalit, e quindi anche delle norme in materia di sicurezza.96

3.3.3. Un breve excursus sulla normativa di livello regionale


L'attivit delle regioni in materia di politiche del lavoro si inserisce nel quadro normativo nazionale che attribuisce alle regioni, a norma del d.lgs. 469/97 (su delega dellart. 1 legge 59/97, nota anche come legge Bassanini), funzioni in materia di collocamento e di politiche attive del lavoro, con particolare riferimento ai tirocini ed ai lavori socialmente utili (lsu), alle iniziative volte allinserimento e reinserimento delle donne, dei disoccupati di lunga durata e degli svantaggiati.97 Tali funzioni sono espletate attraverso i Servizi regionali per limpiego, organizzati con legge regionale secondo uno schema comune basato su:
96 Una necessit emersa anche in occasione della Seconda conferenza nazionale salute e sicurezza sul lavoro, svoltasi a Napoli il 25 e 26 gennaio 2008, a conclusione della quale sono stati poste in evidenza alcune questioni chiave sulle quali intervenire per attuare unefficace strategia di lotta agli infortuni sul lavoro e alle malattie professionali: una grande campagna di diffusione della cultura della sicurezza sul lavoro, attraverso il potenziamento dellinformazione e della formazione; linserimento della salute e sicurezza nei programmi scolastici ed universitari; la diffusione di buone pratiche e la creazione di un canale digitale sul lavoro; la lotta al lavoro sommerso e irregolare, con particolare riferimento ad alcuni contesti territoriali e sociali e al lavoro precario, quali fattori determinanti degli infortuni sul lavoro; il riordino della legislazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro, nel rispetto delle disposizioni comunitarie, dellequilibrio tra Stato e Regioni e delluniformit della tutela sullintero territorio nazionale; operazione da compiere attraverso un testo unico promosso congiuntamente dai Ministeri del lavoro e della salute che innovi, semplificandolo, il quadro normativo esistente; la valorizzazione degli apporti delle parti sociali e della bilateralit; il coordinamento tra istituzioni, servizi ispettivi e di prevenzione, finalizzato alla massima efficacia ed al potenziamento delle rispettive attivit, realizzato anche attraverso accordi specificamente mirati alla particolarit del territorio; la previsione di misure premiali per le imprese virtuose; il potenziamento del ruolo e della tutela dei Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. Cfr. http://emersione.welfare.gov.it/REE/pgm/news/NEW_VisNews.asp 97 Vigilanza, risoluzioni di controversie (individuali plurime e collettive) che abbiano rilevanza pluriregionali, conduzione del Sistema Informativo Lavoro restano invece competenza fondamentale dello Stato.

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- la costituzione di una commissione regionale permanente tripartita quale sede concertativa di progettazione, proposta, valutazione e verifica rispetto alle linee programmatiche e alle politiche del lavoro di competenza regionale; - la costituzione di un organismo istituzionale (composto da rappresentanti della regione, delle province e degli altri enti locali) finalizzato a rendere effettiva lintegrazione tra i servizi allimpiego, le politiche attive del lavoro e le politiche formative; - laffidamento delle funzioni di assistenza tecnica e monitoraggio ad apposita struttura regionale dotata di personalit giuridica; - la gestione ed erogazione da parte delle province dei servizi per limpiego tramite strutture denominate centri per limpiego.98 In questo contesto la Regione Toscana ha puntato su una formazione volta a valorizzare il capitale umano adottando un testo unico (legge regionale 32/2002), che ha trovato attuazione mediante il Piano generale integrato, documento dove si ha il dettaglio dei vari interventi in materia di istruzione, formazione, orientamento e lavoro per il triennio 2006-2010 (stanziamenti per 1 miliardo e 119 milioni di euro), cui va ad affiancarsi il Programma operativo del Fondo sociale europeo, che stanzia circa 665 milioni di euro per il periodo 2007-201399. Al di l dell'impegno per le politiche attive del lavoro vanno segnalate alcune norme volte a rafforzare la tutela della sicurezza sul lavoro, in particolare la legge regionale 30/2007 (Norme sulla tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori agricoli) e la legge regionale 38/2007 (Norme in materia di contratti pubblici e relative disposizioni sulla sicurezza e regolarit del lavoro). Per quanto riguarda quest'ultima va detto che parte della stessa stata rivista a seguito dell'iniziativa del governo, che nel settembre 2007 ha impugnato dinnanzi alla Corte costituzionale le parti che disciplinano i contratti pubblici di appalto relativi a lavori, forniture e servizi stipulati ed eseguiti sul territorio regionale, di competenza della regione e/o delle altre realt di livello regionale. A seguito della sentenza della Consulta, la Regione si adeguata adottando una nuova legge (legge regionale 13/2008) che, apportando le modifiche necessarie, mantiene in larga misura l'impianto originario volto a favorire la sicurezza sul lavoro, la legalit e la trasparenza. Alcuni provvedimenti appaiono particolarmente significativi, tra i quali ricordiamo: (a) l'elaborazione di un prezzario regionale di riferimento per le stazioni appal98 Si veda http://db.formez.it/ProgettiFormez.nsf/Iniziative/76900AFD1D3F4CE7C12570D00049A 58C/$file/scheda%20FILIERA%20governance%20.doc 99 Si veda http://www.regione.toscana.it/lavoroeformazione/guida/

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tanti nella definizione dei capitolati e degli importi base degli appalti; tale prezzario, approvato dalla Giunta regionale ed aggiornato annualmente, evidenzia sia i costi unitari utili al calcolo dell'incidenza del costo della manodopera, sia i costi per la sicurezza e gli oneri socio-ambientali (art. 12); (b) la valutazione dei costi della sicurezza e della manodopera (art.15); (c) la verifica della regolarit contributiva tramite acquisizione del Durc. Si stabilisce inoltre che negli appalti di lavori, la Regione, al fine di garantire che il Durc sia comprensivo della verifica della congruit dellincidenza della manodopera relativamente al cantiere interessato dai lavori, stipula accordi con le casse edili di emanazione dei Ccnl sottoscritti dai sindacati comparativamente pi rappresentativi e gli enti previdenziali e assicurativi (art.17). (d) il patto per la sicurezza e la regolarit del lavoro, volto alla diffusione delle buone pratiche sperimentate in materia. Per particolari tipologie di lavoro (di particolare difficolt tecnica o rilevanza economica, in ogni caso se di importo superiore a 5 milioni di euro) viene promossa la sottoscrizione di specifici protocolli tra le stazioni appaltanti stesse, le imprese appaltatrici, le organizzazioni sindacali comparativamente pi rappresentative e le organizzazioni imprenditoriali, finalizzati alla realizzazione di ulteriori misure di tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori, nonch a migliorare la qualit dellorganizzazione del lavoro (art.26). (e) Clausole ambientali di cui tener conto per l'aggiudicazione degli appalti (artt.33 e 36), quali il risparmio energetico, lutilizzo di tecniche innovative ed ecocompatibili per lapprovvigionamento e lo smaltimento dei materiali, lutilizzo di materiali riciclati, lintroduzione di elementi di bioedilizia e di tecniche di ingegneria naturalistica. (f ) Per i casi di subappalto si stabilisce che gli oneri relativi alla sicurezza non sono soggetti a riduzione in sede di subappalto; a tale fine, essi devono essere evidenziati separatamente nel relativo contratto; prevista inoltre la verifica di idoneit tecnico-professionale del subappaltatore (art.20), ma non quella verifica dellincidenza dei costi della manodopera, prevista invece per l'appalto dal gi citato art.15, senza la quale anche la previsione relativa agli oneri sulla sicurezza rischia di essere vanificata. Infatti, pur segnalando in separata sede gli oneri per la sicurezza, poi possibile deviare quegli importi su altre spese, come ad esempio il pagamento degli stipendi dei lavoratori il cui numero, in assenza di una precedente verifica su quanta manodopera serva effettivamente per la realizzazione, non noto. A titolo esemplificativo, se per un dato lavoro serve 100 in termini di manodopera e si prevedono oneri per la sicurezza pari a 30, quando l'offerta per la realizzazione dello stesso pari a 105 qualcosa non torna. E la prima cosa ad essere tagliata in questi casi la sicurezza. Se si prevede che sia fatta contestualmente anche una verifica sull'incidenza della manodopera, allora il gioco sporco che spesso ha origine nella catena di

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subappalti balza agli occhi, cosa che invece non sembra possibile nel caso in cui il dato in questione rimanga ignoto. Nella prima versione della legge regionale c'era una previsione in tal senso, ma stata abrogata a seguito della sentenza della Corte costituzionale cui abbiamo fatto cenno.

3.4. Alcune osservazioni conclusive


La spinta concomitante degli impulsi europei e della crisi di bilancio ha aperto una finestra di opportunit che ha portato a una progressiva adesione a un nuovo paradigma ispiratore dei provvedimenti per lemersione del lavoro irregolare messi in cantiere a partire dagli anni 90 del secolo passato. Alla tradizionale dimensione repressiva di regolazione, vigilanza e sanzione delle condotte illecite si sono affiancati attori istituzionali e strumenti che hanno svolto una funzione di raccordo tra il contrasto delle attivit economiche sommerse e le politiche di sviluppo locale, con particolare attenzione agli aspetti settoriali e territoriali. Durante le fasi alterne di salienza politica a livello nazionale, coincidenti perlopi con legislature caratterizzate da una maggioranza di centrosinistra,100 il mix di politiche per lemersione ha prodotto uno spettro piuttosto ampio di strumenti, con il passaggio dai pi rigidi contratti di riallineamento ai piani per lemersione, e con listituzionalizzazione di una catena discendente di soggetti dal Comitato nazionale, ai Cles regionali e provinciali, fino ai tutori per lemersione a diretto contatto con il sistema produttivo coinvolti a vario livello nella formulazione, attuazione e monitoraggio delle politiche, tra cui la procedura di valutazione e definizione dei piani individuali di emersione. Listituzione di organismi specializzati nella lotta al sommerso, su scala nazionale e locale, e di sedi di indirizzo generale e di coordinamento interistituzionale, aperte alla partecipazione delle organizzazioni sociali, ha costituito lossatura istituzionale di politiche per lemersione, cui daltro canto sono state destinate scarse risorse finanziarie ed organizzative. Durante la legislatura 2001-2006 lindirizzo generale delle politiche del lavoro della maggioranza di centrodestra ha legato il tema dellemersione alla liberalizzazione complessiva del mercato del lavoro, che ha visto lintroduzione di nuovi meccanismi di intermediazione, la moltiplicazione della strumentazione contrattuale disponibile, il potenziamento dei servizi allimpiego. Provvedimenti pi specifici hanno riformato e rafforzato il sistema dei controlli e promosso forme di bilateralit, attraverso il
100 La maggiore presa del tema delleconomia sommersa nellagenda politica dei governi di centrosinistra imputabile anche alla sensibilit dei propri elettori nei confronti di questo tema. Da unindagine del Censis (2004) emerge che il 79,1% degli elettori di centrosinistra ritiene che leconomia sommersa sia in crescita, contro una percentuale del 60,1% di elettori del centrodestra.

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coinvolgimento settoriale delle parti sociali, in una prospettiva che privilegia la dimensione territoriale. Lobiettivo di creare un ambiente sociale favorevole allistituzione di rapporti regolari di lavoro richiama infatti la necessit di coordinare queste attivit con le politiche di sviluppo locale. La breve stagione del governo di centrosinistra, tra il 2006 e il 2007, ha portato nuova attenzione alle politiche per lemersione lungo alcune direttrici: la lotta agli infortuni sul lavoro, con il testo unico sulla sicurezza, che inquadra tale problematica nel pi ampio tema del lavoro irregolare; la riduzione del cuneo fiscale, per la creazione di incentivi economici di portata generale alla regolarizzazione dei posti di lavoro; la concessione dei meccanismi premiali ai datori di lavoro che regolarizzano posizioni lavorative condizionata alla garanzia della loro stabilit e del rispetto della normativa; linasprimento dellapparato sanzionatorio e il potenziamento degli organici degli ispettorati del lavoro; il miglioramento dellefficacia del coordinamento delle politiche tra i diversi attori istituzionali, tramite la Cabina di regia; lindividuazione di indicatori di congruit per orientare lattivit ispettiva. Ad oggi la rete Comitato nazionale-Commissioni-Cles, integrata ai vertici nel 2007 dalla Cabina nazionale di regia, delinea una stabile struttura di coordinamento a diversi livelli, tra amministrazioni centrali e locali da un lato, parti sociali e societ civile dallaltra. La pluralit di attori pubblici e organizzazioni dinteressi, coinvolti a diversi livelli, riflette per un verso lesigenza di contemperare i molteplici interessi in gioco, per un altro la ricerca di meccanismi di trasmissione e condivisione di esperienze e conoscenze. I risultati deludenti dei programmi fondati sulla spontanea adesione dei potenziali beneficiari riflettono le difficolt di coordinamento e le resistenze politiche e amministrative allistituzione della rete, oltre alla debolezza degli incentivi economici forniti e lincertezza sulla loro durata ed estensione. La stessa composizione della Cabina nazionale di regia, che allarga sensibilmente la platea di soggetti pubblici e privati coinvolti, rispecchia la consapevolezza dei limiti del precedente approccio organizzativo, peraltro poco valorizzato e finanziato, mantenendo limpronta partecipativa e lattenzione alla dimensione locale. Anche sul versante delle politiche regolative e repressive il rischio di una frammentazione delle attivit di vigilanza tra diversi organismi, privi di canali di comunicazione e indipendenti nel monitoraggio dei profili specifici di attivit, ha indotto a definire condizioni per un pi stretto coordinamento delle loro attivit ispettive e per la creazione di banche dati comuni da cui attingere, tramite lattribuzione di funzioni specifiche di direzione tanto a livello nazionale che a livello regionale.

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Capitolo 4
Lavoro irregolare e lavoro insicuro: dal contesto nazionale alla provincia di Pisa, comparando.
4.1. Introduzione
Scopo di questo capitolo analizzare il fenomeno delleconomia irregolare in tre livelli territoriali (nazionale, regionale e provinciale), mostrandone levoluzione nel tempo e indagando sui possibili fattori esplicativi. In particolare ci soffermeremo sullincidenza del lavoro irregolare, cio sia il lavoro in nero o non dichiarato da parte delle imprese, sia quella parte di lavoro esposto a rischi derivati dalla mancata applicazione delle misure di sicurezza a livello di impresa. Il lavoro irregolare nel suo complesso connota parte di quella che viene definita economia irregolare.101 Si proceder in questo modo: dapprima verranno riportati per livelli di aggregazione regionali i dati disponibili sulleconomia sommersa (definita sulla base dellincidenza delle imprese irregolari), dei lavoratori irregolari e dei lavoratori totalmente in nero; successivamente ci si soffermer su incidenti e morti sul lavoro; e, infine, si cercher di valutare limpatto delle variabili di contesto (economiche, sociali e culturali) su entrambe le dimensioni. Lanalisi delleconomia irregolare, arricchita di ulteriori indicatori del fenomeno, verr poi approfondita nellultima sezione dedicata alla provincia di Pisa nel contesto regionale toscano.

4.2. Il lavoro irregolare in Italia: le Regioni a confronto


Occorre precisare che la nozione di lavoro irregolare, con il significato che qui vi attribuiamo, solo parzialmente coincide con il concetto di economia sommersa che deriva dallattivit di produzione di beni e servizi, che, pur essendo legale, sfugge allosservazione diretta in quanto connessa al fenomeno della frode fiscale e contributiva,102 anche se le statistiche ufficiali, nel determi101 Si veda il secondo capitolo per la definizione dei concetti utilizzati nella ricerca. 102 Istat (2008b).

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nare lincidenza del fenomeno, includono il valore aggiunto prodotto nellarea del sommerso economico e risultante dallutilizzazione di lavoro irregolare.103 In questa parte di inquadramento del fenomeno in una prospettiva comparata regionale ci proponiamo di utilizzare quattro indicatori, due dei quali rappresentano stime diverse dellincidenza del lavoro irregolare in senso stretto, riferendosi allimpiego con procedure irregolari di lavoratori; mentre gli altri due si riferiscono allincidenza degli infortuni nel loro complesso e quelli con esito mortale, stimando perci la diffusione del lavoro irregolare in senso lato, indicando approssimativamente la mancata applicazione delle regole sulla sicurezza.

4.2.1. Il lavoro irregolare in senso stretto secondo i dati dellIstat


La stima dellIstat del lavoro non regolare si basa principalmente sul confronto fra la rilevazione trimestrale delle forze di lavoro (lato famiglie) e le rilevazioni relative alle imprese. Lipotesi fondante che le famiglie forniscano dichiarazioni veritiere, perch si ritiene che esse (a differenza delle imprese) non abbiano alcun interesse a mentire. Secondo i dati forniti dallIstat, lincidenza percentuale delle unit di lavoro non regolari sul totale delle unit di lavoro in Italia andata leggermente diminuendo dal 2001 al 2005, passando da circa il 14% al 12% (vedi figura 4.1). Un simile trend riscontrabile in ciascuna delle macroaree territoriali italiane (nord-ovest, nord-est, centro e mezzogiorno), e tuttavia le differenze tra queste ultime rimangono sensibili: se nel nord si rileva una media annua del periodo di riferimento dell8,7%, e nel centro dell11%, nel mezzogiorno il dato pari al 20%. Se si guarda al dato regionale, la Toscana, con una incidenza media per anno di circa il 9%, ed una diminuzione complessiva dell1,6% dal 2001 (10,6%) al 2005 (9%), si colloca al di sotto della media nazionale e della macroarea di riferimento (il centro), ma rimane al di sopra della media riportata dalle regioni del nord, ed in particolare di regioni quali lEmilia Romagna, il Veneto, e la Lombardia (vedi figura 4.2). Le regioni con le peggiori performance sono invece Calabria, Sicilia e Campania; e tutte le regioni del sud, incluse le due isole, compaiono nella parte della classifica che mostra una pi elevata incidenza del lavoro irregolare. Tuttavia, anche per queste ultime si registra una diminuzione del fenomeno dal 2001 al 2005. Il quadro complessivo confermerebbe quindi una tendenza gi registrata da indagini del Censis, che interpellando oltre 500 testimoni locali tra giugno e
103 Ibidem.

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luglio del 2002 avvalora lipotesi che il fenomeno del sommerso sia sempre meno strutturale e diffuso.104
fig. 4.1: Trend dellincidenza del lavoro non regolare in Italia e nelle macro-aree dal 2001 al 2005. Fonte: elaborazione da dati Istat.

fig. 4.2: Incidenza media regionale del lavoro non regolare nel 2005 e percentuali del 2005 rispetto al 2001. Fonte: elaborazione da dati Istat.

Come ben noto, per, il fenomeno del sommerso riguarda alcuni settori produttivi pi di altri, ed dunque utile valutare se lincidenza del lavoro irre104 I dati del Censis sono riportati nel volume Censis 2003, 21.

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golare sia maggiore nei settori dellagricoltura e delle costruzioni. Per quanto riguarda il settore agricolo, infatti, troviamo una realt ben diversa. Innanzitutto lincidenza media annua sul territorio nazionale si attesta su valori molto superiori rispetto a quelli riscontrati per il lavoro irregolare nel suo complesso (il 20,5% contro il 12,4%). Inoltre, in questo caso, lincidenza non accenna a diminuire, anzi tra il 2003 e il 2005 riscontriamo un aumento del fenomeno (vedi figura 4.3), sia per quanto riguarda il territorio nazionale nel suo complesso, sia se scomponiamo il dato per le quattro macroaree. Anche in questo caso, lincidenza del lavoro irregolare appare strutturalmente pi elevato nellarea del mezzogiorno. Il quadro regionale rileva per migliori performance del sistema in Toscana, che con il 14% di incidenza media nel periodo di riferimento si attesta tra le regioni pi virtuose (vedi figura 4.4). da rilevare che nel settore agricolo le regioni del mezzogiorno non formano unarea omogenea: se Campania, Calabria e Sicilia (questa volta insieme al Lazio) si trovano ancora una volta nella parte bassa della classifica, lo stesso non pu dirsi per regioni come il Molise e la Basilicata (vedi figura 4.4). Allo stesso tempo, regioni che risultavano virtuose nel quadro del lavoro irregolare complessivo mostrano unincidenza del fenomeno nel settore agricolo che le colloca insieme ad altre regioni del sud. Infine, solo in alcune regioni del sud (Sicilia, Molise, Puglia) si intravede una diminuzione del fenomeno tra il 2001 e il 2005.
fig. 4.3: Agricoltura: Trend dellincidenza del lavoro non regolare in Italia e nelle macro-aree dal 2001 al 2005. Fonte: elaborazione da dati Istat.

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fig. 4.4: Agricoltura: Incidenza media regionale nel 2005 e percentuali del 2005 rispetto al 2001. Fonte: elaborazione da dati Istat.

Nel settore delle costruzioni si riscontra una situazione migliore, sia in termini di incidenza media annua nel territorio nazionale (12,5%), sia in termini di trend (-4,4% tra il 2001 e il 2005). Se una simile linea di tendenza riscontrabile in ciascuna delle macroaree territoriali, dobbiamo ancora una volta riscontrare unincidenza sensibilmente maggiore nel mezzogiorno (vedi figura 4.5): Calabria, Campania e Sicilia fanno registrare le performance peggiori, mentre si constata una maggiore omogeneit dei risultati delle singole regioni dellarea (vedi figura 4.6). da segnalare che in questo settore le performance delle macroaree del nord divergono maggiormente (nel nord-est si registra unincidenza costantemente minore che nel nord-ovest). In Toscana si rileva una incidenza media (5,7%) inferiore a quella riscontrata in tutte le macroaree ad eccezione del nord-est, mentre performance migliori caratterizzano lEmilia Romagna, il Piemonte e la Valle dAosta, ma anche Marche e Trentino.

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fig. 4.5. Settore delle costruzioni: Trend dellincidenza del lavoro non regolare in Italia e nelle macro-aree dal 2001 al 2005. Fonte: elaborazione da dati Istat.

fig. 4.6. Costruzioni: Incidenza media regionale nel 2005 e percentuali del 2005 rispetto al 2001. Fonte: elaborazione da dati Istat.

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Sin qui abbiamo analizzato il fenomeno del lavoro non regolare sulla base della metodologia e dei dati forniti dallIstat. Altri dati pi recenti, elaborati dal Ministero del lavoro, si basano sulle attivit ispettive a livello di impresa. Da una parte questa metodologia ci fornisce un quadro pi sicuro del lavoro irregolare, e totalmente in nero, presente nelle imprese nelle quali sono stati effettuati controlli, ma dallaltro il dato circoscritto al campione disomogeneo dei soggetti ispezionati. Ci costituisce un problema per la comparazione, visto che i criteri in base ai quali si selezionano le imprese da ispezionare non sono basati su campioni rappresentativi della popolazione delle imprese, mentre gli esiti sono condizionati dalla differente efficacia della locale attivit ispettiva. Inoltre, se i dati del Ministero ci permettono di approfondire lanalisi anche a livello provinciale, essi si riferiscono solamente al fenomeno complessivo e non possibile allo stato attuale distinguere tra i vari settori produttivi. Infine, mentre lIstat fornisce i dati sullincidenza percentuale del lavoro irregolare rispetto al lavoro regolare, il Ministero fornisce soltanto il numero assoluto di imprese ispezionate, imprese irregolari, lavoratori irregolari e lavoratori in nero. Per superare i problemi di comparazione tra le diverse unit territoriali, dovuti a questultimo aspetto, abbiamo calcolato le percentuali di imprese irregolari, e la proporzione di lavoratori non regolari e lavoratori totalmente in nero sul totale delle imprese ispezionate, come criterio di normalizzazione dei dati105. La tabella 4.1 riporta i dati in questione, mostrando anche la percentuale di imprese ispezionate dal Ministero del lavoro sul totale delle imprese presenti nel 2007 secondo i dati forniti dallufficio statistico della Camera di commercio di Pisa.
tab. 4.1. I dati su imprese e lavoratori irregolari forniti dal Ministero del lavoro.
Area Territoriale % imprese ispezionate N. imprese ispezionate % imprese irregolari lavoratori irregolari su imprese ispezionate 0,8 1,19 1,25 0,89 0,93 0,79 1,33 lavoratori in nero su imprese ispezionate 0,22 0,21 0,32 0,26 0,28 0,32 0,35

Piemonte Valle dA. Lombardia Veneto Friuli V.G. Liguria Emilia Rom.

3,14 7,47 2,2 2,3 3,39 8,98 2,13

13.068 956 17.781 10.583 3.426 12.595 9.166

46,69 53,35 56,42 48,47 56,07 53,82 54,75

105 Il Ministero del lavoro non ha e non fornisce i dati relativi al Trentino Alto Adige, e i dati disaggregati per provincia della Sicilia.

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Area Territoriale

% imprese ispezionate

N. imprese ispezionate

% imprese irregolari

lavoratori irregolari su imprese ispezionate 0,88 0,64 1,03 0,95 0,66 0,41 0,73 0,62 0,39 0,84 0,41 1,02 0,98 1,07 0,91 0,63 0,82

lavoratori in nero su imprese ispezionate 0,3 0,16 0,27 0,22 0,25 0,12 0,17 0,21 0,11 0,22 0,47 0,35 0,29 0,3 0,25 0,26 0,27

TOSCANA Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Nord-ovest Nord-est Centro Sud Italia

3,7 5,53 5,59 3,48 4,83 12,57 3,61 6,24 11,08 6,97 4,6 4,06 3,22 2,34 4,08 5,2 3,89

13.319 4.578 8.980 13.261 6.349 4.110 16.619 21.263 6.139 10.804 18.160 6.090 44.400 23.175 40.138 89.534 197.247

59,67 37,9 61,46 56,24 52,31 63,58 45,18 44,78 43,41 59,87 39,61 61,87 52,75 52,08 56,45 48,09 51,31

Le attivit ispettive del Ministero del lavoro hanno riguardato quasi il 4% delle imprese, per un totale di 197.247 unit. Il 51% delle imprese ispezionate caratterizzata da una qualche forma di irregolarit; la proporzione tra lavoratori irregolari rilevati e imprese ispezionate di 0,82; e tra lavoratori totalmente in nero e imprese ispezionate, di 0,27. I dati delle macroaree rilevano, sorprendentemente, una minore incidenza del fenomeno nel mezzogiorno, il che getta qualche dubbio sullincisivit dei controlli, mentre la Toscana risulta tra le regioni meno virtuose, con una percentuale di imprese nelle quali si riscontrano irregolarit superiore alla media nazionale e a quella di ciascuna delle macroaree territoriali. Occorre dunque prendere questo dato con molte cautele, potendo indicare pi lefficacia dei controlli che lincidenza reale delleconomia sommersa. Dobbiamo infatti chiederci se le due stime di irregolarit del lavoro, quella dellIstat, basata sul confronto delle dichiarazioni delle famiglie con quelle delle imprese, ma su base campionaria, e quelle del Ministero, basate su ispezioni concrete, ma con criteri di selezione delle imprese disomogenei, possano essere in qualche modo confrontate. Stando alla nostra analisi, la risposta negativa. Se si guarda infatti alla figura 4.7 si nota una correlazione inversa tra i due indicatori di lavo-

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ro irregolare: le regioni dove lincidenza stimata dallIstat alta compaiono tra quelle con una minore incidenza secondo la stima del Ministero, e viceversa.
fig. 4.7. Confronto tra i dati Istat e del Ministero del lavoro sul lavoro irregolare. Fonte: elaborazione da dati Istat e Ministero del lavoro.

Si potrebbe pensare che la stima dellIstat in realt colga soprattutto il lavoro in nero vero e proprio: basandosi sulla differenza risultante dalla dichiarazione delle famiglie e quelle delle imprese, infatti, il saldo indica lincidenza del lavoro non dichiarato da parte delle imprese. Tuttavia, anche se confrontiamo i dati dellIstat con la proporzione di lavoratori trovati totalmente in nero nelle ispezioni del Ministero del lavoro, i due indicatori appaiono contraddittori. La figura 4.8 ci dice che se escludessimo i casi (sotto questo profilo devianti) della Sicilia, della Sardegna e della Calabria, la relazione tra i due indicatori sarebbe fortemente negativa. Una prima conclusione di questa analisi dunque che i controlli e le ispezioni per il contrasto del lavoro irregolare mostrano unincisivit relativa inversamente proporzionale alla diffusione del fenomeno. Laddove il lavoro irregolare praticato in forma estesa, i controlli registrano risultati pi scarsi. Dove c pi lavoro nero, questo tende a restare oscuro anche allattivit di vigilanza. Sembrerebbero allora necessari approfondimenti, anche mediante studi qualitativi, sulle ragioni di questa apparente contraddizione. Tra i fattori esplicativi possono infatti esservi una maggiore tolleranza sociale nei confronti di queste pratiche,

142

lo sviluppo di abilit mimetiche o di meccanismi informali di regolazione dei rapporti irregolari di lavoro, linefficienza amministrativa degli uffici ispettivi nelle regioni pi a rischio, il radicarsi di relazioni di collusione o corruzione tra i controllati e i controllori.
fig. 4.8. Confronto tra i dati Istat sul lavoro irregolare e quelli del Ministero del lavoro sul lavoro in nero. Fonte: elaborazione da dati Istat e Ministero del lavoro.

4.2.2. Gli infortuni e le morti sul lavoro


Nella nostra ricerca abbiamo considerato contiguo al lavoro irregolare il fenomeno degli infortuni e delle morti sul lavoro, sulla base dellassunto che gli uni e le altre hanno pi probabilit di accadere in condizioni di mancata implementazione delle norme relative alla sicurezza. I dati sugli infortuni e le morti sul lavoro sono quelli ricavati dalle denunce allInail, e riguardano il fenomeno nel suo complesso e in agricoltura, mentre non stato possibile accedere a quelli relativi al settore delle costruzioni. Se si guarda al fenomeno in generale, nel 2007 in Italia sono stati denunciati 912.615 infortuni sul posto di lavoro, che corrispondono al 12,5% degli addetti registrati in quellanno secondo i dati dellUfficio Statistico della Camera del Commercio. Il trend dal 2001 al 2007 fa registrare una diminuzione in tutto

143

il territorio nazionale (nel 2007 sono stati denunciati l89% degli infortuni denunciati nel 2001), e in tutte le macroaree, con leccezione delle isole, dove il dato rimane pressoch stabile (vedi figura 4.9).
fig. 4.9. Trend degli infortuni sul lavoro dal 2001 al 2007 in Italia e nelle macroaree (2001=100%). Fonte: elaborazione da dati Inail.

Se disaggreghiamo il dato a livello regionale, emerge un quadro abbastanza disomogeneo, nel quale le regioni figurano con percentuali di infortuni molto pi basse o molto pi alte rispetto al dato della macroarea di riferimento. Cos, tra le regioni con una maggiore incidenza del fenomeno troviamo le Marche, la Puglia, ma anche il Piemonte, mentre tra quello dove lincidenza minore, troviamo insieme allEmilia Romagna, anche la Campania. La Toscana, con unincidenza del 13,3% per lanno 2007, anno in cui si registrano il 90% degli incidenti denunciati nel 2001, si attesta appena al di sopra della media nazionale (vedi figura 4.10).

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fig. 4.10. Percentuale di infortuni sul totale degli addetti nel 2007 e % di infortuni rispetto al 2001 per regioni. Fonte: elaborazione da dati Inail.

fig. 4.11 Trend delle morti sul lavoro dal 2001 al 2007 in Italia e nelle macroaree (2001=100%). Fonte: elaborazione da dati Inail.

145

fig. 4.12 Numero medio di morti ogni 10.000 addetti (2003-2006) e % di morti 2007 rispetto al 2001. Fonte: elaborazione da dati Inail.

Tra il 2003 e il 2006, in Italia, sono morti sul luogo di lavoro 1.170 persone (circa 3 al giorno), con una media di 6 lavoratori ogni 10.000 addetti, tuttavia il fenomeno sembra diminuire nel tempo se vero che nel 2007 le morti denunciate allInail sono circa il 25% in meno rispetto a quanto accadeva nel 2001 (vedi figura 4.11). Anche in questo caso per si deve registrare la spiacevole eccezione delle isole, nelle quali le morti sul lavoro addirittura aumentano del 15% rispetto al 2001. In Toscana, nel 2007 sono morti 68 lavoratori, circa il 45% in meno rispetto al 2001, ma migliori performance si registrano in ben otto regioni (Piemonte, Lazio, Valle dAosta, Emilia Romagna, Lombardia, Veneto e Trentino Alto Adige) (vedi figura 4.12). In agricoltura, invece, si sono infortunati nel 2007 in Italia il 10,5% degli addetti nel settore, circa il 30% in meno rispetto al 2001. In questo caso la diminuzione dellincidenza degli infortuni riguarda tutte le macroaree, nessuna esclusa (vedi figura 4.13). In Toscana si sono infortunati nel 2007 il 13% degli addetti nel settore, con una diminuzione rispetto al 2001 del 22%. Il quadro regionale mostra una certa disomogeneit nella diffusione del fenomeno rispetto alle macroaree di riferimento. Per esempio, la Sicilia e la Puglia appaiono tra le regioni con migliori

146

performance, mentre la Valle dAosta e, appunto, la Toscana tra quelle con unincidenza maggiore (subito dopo le altre regioni meridionali) (vedi figura 4.14).
fig. 4.13. Trend degli infortuni sul lavoro nel settore agricolo dal 2001 al 2007 in Italia e nelle macroaree (2001=100%) . Fonte: elaborazione da dati Inail.

fig.4.14. Percentuale di infortuni sul totale degli addetti nel 2007 e percentuale di infortuni rispetto al 2001 per regioni (Agricoltura). Fonte: elaborazione da dati Inail.

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fig. 4.15. Trend morti sul lavoro nel settore agricolo 2001-2007 (2001=100%). Fonte: elaborazione da dati Inail.

Nel settore agricolo sono morte nel 2007 in Italia 98 lavoratori, circa 2 persone ogni 10.000 addetti, con una riduzione del fenomeno di quasi il 40% rispetto al 2001. Un trend simile riscontrabile in tutte le macroaree, eccezion fatta per le isole, in cui si evidenza un andamento altalenante dal 2001 al 2007 (figura 15). In Toscana le morti in agricoltura nel 2007 hanno riguardato 4 lavoratori, una diminuzione rispetto al 2001 del 40% (figura 4.16)
fig. 4.16. Morti in agricoltura ogni 10.000 addetti e % di morti del 2007 rispetto al 2001. Fonte: elaborazione da dati Inail.

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4.3. Le determinanti ambientali del lavoro irregolare


Di fronte ai dati sulla diffusione del lavoro irregolare e non sicuro, nelle sue varie manifestazioni, occorre ora chiedersi quali siano i fattori che spiegano la variazione della loro incidenza. Prima di procedere con lanalisi occorre sin da subito precisare che il numero e il tipo di fattori presi in considerazione dipendono in larga misura dalla possibilit di reperire dati comparabili e quantificabili per almeno tutte le regioni, quando non meglio per tutte le province italiane. Il tipo di analisi che proponiamo prende in considerazioni fattori di contesto e si iscrive nellambito della tradizionale analisi statistica dei dati aggregati, criticata da alcuni per il rischio della cosiddetta distorsione ecologica (Guseo 2006), che consiste nellattribuire un rapporto di causalit tra due fattori quando tra questi si osserva una certa associazione (o covarianza) a livello aggregato, senza considerare lassociazione a livello individuale.106 Per questo motivo, lanalisi che qui riportiamo pu condurre solamente allelaborazione di ipotesi, pi o meno plausibili, tutte da verificare in studi pi accurati, che possano avvalersi di tecniche di analisi individuale. A scopo meramente esplorativo abbiamo selezionato una serie di propriet contestuali che ci sembrano rilevanti per spiegare il fenomeno del lavoro irregolare. Se vero infatti che il lavoro irregolare pu essere sostenuto o per convenienza o, invece, per necessit (si veda il capitolo due), occorre allora chiedersi quali siano i fattori di contesto che lo rendono conveniente o necessario. Sia detto per inciso, e come premessa, che le categorie del conveniente e del necessario debbano potersi ascrivere sia al lato della domanda (delle imprese), sia a quella dellofferta (delle imprese). Possiamo classificare le variabili esplicative prese in considerazione in 5 gruppi: quelle relative al cosiddetto capitale umano di un territorio, e cio il grado di istruzione, di specializzazione tecnico-scientifica, ecc., che inciderebbe ne-

106 Per fare un esempio concreto, se scomponendo il territorio nazionale in regioni trovassimo una correlazione tra numero di fumatori e numero di cancri ai polmoni diagnosticati, potremmo concludere che il fumo nuoce gravemente alla salute, il che vero, ma in realt fin qui abbiamo solo messo a confronto il numero di fumatori e il numero di cancri registrati in ciascuna delle regioni italiane. Per confermare questa ipotesi, per altro conclamata, dovremmo guardare il dato a livello individuale, e vedere quanti degli ammalati di cancro ai polmoni siano effettivamente fumatori: se la percentuale di fumatori tra i malati di cancro significativamente superiore a quella che si registra in tutta la popolazione (in genere un campione della popolazione), allora potremmo dire con pi sicurezza che tra i due fenomeni si ha un rapporto di causa-effetto.

149

gativamente sul lavoro irregolare e insicuro, per via di una maggiore diffusione di competenze e professionalit, sia sul lato dellofferta, sia su quello della domanda, che dovrebbero disincentivarne la diffusione; quelle relative al cosiddetto capitale sociale di un territorio, e cio le reti di associazione volontaria, di cooperazione e di fiducia reciproca, che dovrebbero ridurre le probabilit di comportamenti egoistici (free-riding) o volti alla violazione delle regole del gioco (opting out), anche per via di una maggiore presa del controllo sociale sui comportamenti individuali; quelli relativi al capitale economico107 di un territorio, ed in particolare allesistenza o meno di aree di ricattabilit, soprattutto sul lato dellofferta (forza lavoro), che potrebbero indurre una certa parte della popolazione attiva ad accettare condizioni di lavoro non regolare o insicuro; quelle, per cos dire, strutturali, dell offerta (forza lavoro), e cio il grado di sindacalizzazione; e della domanda, cio la dimensione dellimpresa. infatti plausibile ipotizzare che laddove i lavoratori non abbiano a disposizione forti organizzazioni collettive capaci di proteggerli, le resistenze al lavoro irregolare o insicuro siano limitate. Daltra parte, sul lato dellofferta, le imprese pi piccole si sottraggono pi facilmente a forme di controllo esterno (si pensi al fenomeno delle imprese individuali particolarmente diffuse nel settore delledilizia, ma non solo), e quindi pi facilmente possono ricorrere a forme di lavoro irregolare e insicuro (per convenienza); infine, un altro aspetto da considerare sicuramente la presenza della componente immigrata. Secondo le stime dellInail, infatti, la popolazione immigrata particolarmente colpita dal fenomeno degli infortuni sul luogo del lavoro.108 plausibile dunque ipotizzare che laddove gli stranieri costituiscono una componente importante della forza lavoro, il lavoro insicuro sia pi diffuso. Gli immigrati infatti, soprattutto gli irregolari, potrebbero essere maggiormente soggetti ad accettare condizioni di lavoro insicuro. Lo stesso dovrebbe valere per il lavoro irregolare in senso stretto. Per prima cosa abbiamo affrontato lanalisi a livello regionale. A questo livello le variabili indipendenti reperite sono le seguenti:

107 Per una riflessione sulle, ed una definizione delle, tre forme di capitale si veda J.S. Coleman (1988); P. Bourdieu (1986); P.Bourdieu (1980); R. Putnam (1993). 108 Nel 2007 gli infortuni occorsi agli immigrati sono stati pi del 15%, cos come gli infortuni con esito mortali. Particolarmente sensibile , da questo punto di vista, il settore dei lavori domestici (pi del 65% degli infortuni sono avvenuti ad immigrati). Cfr. Inail (2008), pp. 43-44.

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1. Capitale umano: A. B. C. percentuale popolazione adulta (25-64) con al pi un livello di istruzione secondario inferiore (fonte: Istat 2007). percentuale della popolazione 25-64 anni che frequenta corsi di studi professionali (Istat, indicatori regionali 2007) laureati in discipline tecnico scientifice per 1000 abitanti, et 20-29 anni (fonte: Miur, indagine sulluniversit 2007). 2. Capitale sociale: D. percentuale di popolazione con et superiore ai 14 anni che hanno svolto attivit di volontariato (indicatori regionali multiscopo, Istat 2007).

3. Capitale economico: tasso di disoccupazione ultimo trimeste rilevato (secondo) del 2007 (istat, rilevazione sulle forze di lavoro, 2007) F. percentuale di individui poveri per regione (fonte: indagine sui consumi delle famiglie, Istat 2006). E. 4. Variabili strutturali: G. organizzazione dei lavoratori numero di iscritti ai tre sindacati confederali ripartito per regioni nel 2006 (fonte: Cgil, Cisl, Uil). dimensione delle imprese numero di addetti per numero di imprese ripartito per regioni 2007 (fonte: Ufficio statistico, Camera del commercio, Pisa).

H.

5. Variabili relative allimmigrazione: numero di permessi di soggiorno per motivi di lavoro sul totale della popolazione attiva 2006 (fonte: elaborazione dati del ministero degli interni). J. percentuale di domande di regolarizzazione per 100 dipendenti Pfpm (paesi a forte pressione migratoria) 2002 (fonte: Caritas/Migrantes, elaborazioni dati del Ministero degli interni).109 I.
109 I dati sono presentati in European Migration Network-Italian Contact Point, Immigrazione irrego-

151

K.

retribuzione media annua dei lavoratori non comunitari 2006 (fonte: Caritas/Migrantes, elaborazioni dati Inps).110

Le nostre variabili dipendenti, invece, che indicano la diffusione delleconomia irregolare (lavoro irregolare o insicuro), sono: infortuni, media 2003-2005 per 1000 addetti, ripartizione regionale (fonte: Inail ) infortuni mortali, media 2003-2005 per 1000 addetti, ripartizione regionale (fonte: Inail) incidenza del lavoro irregolare media 2001-2005 per 100 addetti (fonte: Istat).

Si noter che, tra le due stime del lavoro irregolare, quella dellIstat e quella del Ministero, riportate precedentemente, si scelto di optare per la prima, per via del metodo campionario utilizzato, il quale ci assicura un criterio di stima omogeneo per tutte le regioni . Al fine di rendere pi semplice lanalisi del rapporto tra le variabili indipendenti e le variabili dipendenti, abbiamo optato per una riduzione dei dati riguardanti la maggior parte delle prime (analizzeremo limpatto delle variabili relative allimmigrazione a parte), ricorrendo ad una analisi fattoriale. Questo tipo di analisi permette di individuare una (o pi, ma nel nostro caso una) dimensione di sintesi delle variabili indipendenti, il cui significato dipende da quanto ciascuna delle variabili indipendenti sia correlata con la dimensione. Sulla base di queste correlazioni la dimensione assegna dei punteggi ai singoli casi (le regioni), dando un valore minimo ai casi che pi sono distanti dalla dimensione estratta, e massimo a casi pi vicini. Il fattore-dimensione estratto dallanalisi con metodo di rotazione Varimax che permette di massimizzare le differenze dei casi (le regioni) delle prime 8 variabili indipendenti, copre il 50% della varianza complessiva, e pu essere considerato affidabile. La forza della correlazione delle singole variabili indipendenti sulla dimensione estratta riportata in tabella 4.2. Dalle correlazioni emerge che la dimensione estratta misura quanto il contesto ambientale di ogni regione sia favorevole, e cio disincentivante il lavoro irregolare: maggiore capitale umano (soprattutto laureati tecnico-scientifici), maggiore capitale sociale (diffusione del volontariato), dimensionate zone di ricatlare in Italia, Roma, Edizioni Centro Studi e Ricerche IDOS, 2005, p. 62; e possono essere considerati un affidabile indicatore di presenza di immigrazione non regolare. 110 I dati sono presentati in Inps (2007), p. 130.

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tabilit (minore disoccupazione e povert), maggiore organizzazione sindacale dei lavoratori e dimensioni di imprese pi ampie. Si pu quindi ipotizzare che pi alto il punteggio ottenuto da ciascuna regione su questa dimensione, pi bassa dovrebbe essere lincidenza del fenomeno delleconomia irregolare. Se si guarda la figura 4.17, che riproduce lo scatter plot della correlazione tra la dimensione estratta (in orizzontale) e lincidenza degli infortuni, troviamo una bassa, e non significativa, associazione. In poche parole, gli infortuni sul lavoro non dipendono dai fattori ambientali individuati.
tab.4.2. Analisi fattoriale con metodo Varimax delle variabili indipendenti.
Variabili indipendenti incluse nellanalisi Capitale Umano A B C Capitale sociale D Capitale economico E F Variabili Strutturali G Organizzazione lavoratori H Dimensione delle imprese .509 .941 -.893 -.914 .773 - .123 .283 .678 Fattore-dimensione estratto Contesto ambientale favorevole

Il quadro cambia se si considera invece la media degli infortuni mortali sul lavoro. In questo caso, la correlazione fortemente negativa (vedi figura 4.18): le morti sul lavoro sembrano infatti dipendere maggiormente da situazioni ambientali sfavorevoli, nelle quali forte la ricattabilit dei lavoratori, minori sono le competenze tecniche diffuse, bassa la loro organizzazione sindacale, scarse le risorse di capitale sociale che incentivano la cooperazione, e pi ridotte sono le dimensioni delle imprese.

153

fig. 4.17. Correlazione tra infortuni sul lavoro e dimensione ambientale favorevole.

fig. 4.18. Correlazione tra infortuni mortali sul lavoro e dimensione ambientale favorevole.

154

La stessa cosa pu dirsi per la diffusione del lavoro irregolare in senso stretto (vedi figura 4.19). Non ci rimane quindi che valutare limpatto delle variabili relative allimmigrazione (indicatori I, L, M). Nella tabella 4.3 mostriamo le correlazioni tra i nostri tre indicatori e le tre variabili indipendenti. I risultati forniscono un quadro interessante: la presenza di lavoratori regolari, contrariamente a quanto ci si aspettava, riduce la diffusione degli infortuni mortali e del lavoro irregolare; al contrario la presenza di lavoratori irregolari fortemente associata al lavoro insicuro e irregolare. Inoltre, dove i lavoratori regolari sono meno retribuiti il lavoro meno sicuro e pi irregolare. La combinazione di questi tre risultati ci porta a concludere che gli immigrati meno ricattabili, perch meglio retribuiti (e quindi con contratti di lavoro pi favorevoli) e perch regolarmente presenti in Italia, costituiscono piuttosto un argine al lavoro non regolare e insicuro.
fig. 4.19. Correlazione tra lavoro irregolare e dimensione ambientale favorevole.

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tab. 4.3. Limpatto dellimmigrazione sul lavoro insicuro e irregolare (Coefficiente di correlazione binaria: Pearson).
Immigrazione Lavoratori regolari Lavoratori irregolari Retribuzione media Infortuni N.S. N.S. N.S. Infortuni mortali -.64* .65* -.66* Lavoro irregolare -.83* .91* -.85*

Legenda: N.S.: Relazione Non Significativa; * Relazione Significativa (p. 0,001).

fig. 4.20. Correlazione tra morti sul lavoro e lavoro irregolare.

Per concludere, troviamo una forte correlazione positiva tra lavoro irregolare e incidenza di infortuni mortali (figura 4.20). Possiamo dunque ipotizzare un modello causale secondo cui le variabili di contesto spiegano la minore o maggiore incidenza del lavoro irregolare e insicuro (soprattutto gli infortuni mortali); e che gli infortuni mortali si diffondono maggiormente in condizioni di lavoro irregolare (vedi figura 4.21).

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fig. 4.21. Modello di relazione causale per la spiegazione del lavoro irregolare e insicuro.

A questo punto, occorrerebbe chiedersi se questo modello causale sia confermato analizzando i dati a livello provinciale. Purtroppo per, a questo livello molto pi difficile reperire dati simili a quelli utilizzati per lanalisi regionale. Se prendiamo in considerazione tutte le province italiane abbiamo solo i seguenti indicatori: il tasso di disoccupazione riferito allanno 2005; la dimensione di impresa calcolata sui dati del 2007; e il numero di lavoratori iscritti ai tre sindacati confederali nel 2006. Il modello di analisi utilizzato per i dati aggregati a livello regionale, si riduce quindi a quelle dimensioni che abbiamo classificato sotto letichetta di capitale economico (ovvero ricattabilit dei lavoratori), le variabili strutturali del lavoro (organizzazione sindacale) e dellimpresa (numero medio di addetti), e le dimensioni dellimmigrazione (ma solamente per la componente regolare). Per ci che concerne gli indicatori di lavoro irregolare, invece, a livello provinciale, sono disponibili solo i dati sullinfortunistica dellInail e quelli sul lavoro irregolare forniti dal Ministero del lavoro, che per per la loro inaffidabilit non possiamo utilizzare. Le correlazioni binarie tra lincidenza degli infortuni nel suo complesso e con esito mortale con le tre variabili indipendenti mostrano che i primi sono associati a contesti provinciali dove la disoccupazione bassa;111 la dimensione di impresa relativamente pi ampia,112 la sindacalizzazione relativamente bassa,113 e i lavoratori stranieri con regolare permesso di soggiorno sono di meno;114 gli incidenti mortali sono pi diffusi laddove la disoccupazione elevata;115 la
111 Il relativo coefficiente di Pearson di -.371, significativo a livello .001. 112 Pearson: .320; sig. .001. 113 Pearson: -.265; sig. .01. 114 Pearson: -.255; sig. .01. 115 Pearson: .399; sig. .001.

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dimensione di impresa ridotta,116 la sindacalizzazione bassa,117 e i lavoratori immigrati regolari sono di meno.118 Se ricorriamo ad unanalisi multivariata (regressione lineare) si pu notare che leffetto combinato delle quattro variabili sullinfortunistica nel suo complesso stimabile con un R di .509, ed un R quadrato corretto di .229; il che ci dice che il 23% della varianza nellincidenza degli infortuni spiegata dalle variabili inserite nel modello. Tuttavia, come si nota nella tabella 4.4 che riporta il contributo specifico di ciascuna variabile nel modello, la cui stima calcolata con il coefficiente standardizzato di regressione (beta), al netto delle interazioni tra le tre variabili solo la minore presenza di immigrazione regolare nel mercato del lavoro e il tasso di disoccupazione rimangono significativamente associati allincidenza degli infortuni.
tab. 4.4. Risultati dellanalisi di regressione lineare: infortuni e infortuni mortali.
Variabili indipendenti Incidenza infortuni Beta Stand. Tasso di disoccupazione Dimensione di Imprese Sindacalizzazione Lavoratori stranieri regolari R quadro corretto N. di casi -.346 .131 .070 -.470 .229, sig. 001 103 Significativit .05 N.S. N.S. .03 Variabili dipendenti Incidenza infortuni mortali Beta Stand. -.031 -.500 -.363 -.362 .275, sig. 001 103 Significativit N.S. .003 N.S. N.S.

Leffetto delle tre variabili indipendenti sugli infortuni mortali, stimato con lo stesso tipo di analisi multivariata, calcolabile con un coefficiente R di .524 ed un R quadrato corretto di .275 (entrambi significativi al livello .001), e tuttavia, dalle interazioni tra le tre variabili indipendenti questa volta risulta significativo soltanto il contributo della dimensione di impresa: le morti sul lavoro si diffondono maggiormente in imprese dalle dimensioni ridotte.119 Se lanalisi dei dati aggregati a livello regionale gi ci indicava che i fattori associati allincidenza degli infortuni sul luogo del lavoro non sono necessariamente gli stessi che si associano al ben pi gravoso problema degli incidenti mortali; lanalisi provinciale ci conferma questo dato.

116 Pearson: -.509; sig. 001. 117 Pearson: -.225; sig. .05. 118 Pearson: -.258; sig. .01. 119 Vedi beta standardizzati in tabella 4.4.

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4.4. La provincia di Pisa nel contesto toscano


Lanalisi sviluppata nelle precedenti sezioni ci permette di valutare meglio il caso della provincia di Pisa in un quadro comparato regionale. Se infatti le variazioni sin qui riscontrate nella diffusione del lavoro irregolare sono da ricondurre a marcate differenze nei sistemi economici locali e territoriali, focalizzarsi sulla provincia pisana, inquadrandola nel pi generale contesto regionale, ci permette di valutare le variazioni in un contesto territoriale pi omogeneo. Come vedremo, questo comporta lesclusione di alcune variabili esplicative che, pur avendo rilevanza in unanalisi comparata di unit territoriali disomogenee, potrebbero non averne alcuna se la comparazione circoscritta allinterno di una sola regione. Se una analisi pi circoscritta ci permette di approfondire pi aspetti delleconomia irregolare, potendosi fondare su una pi vasta gamma di dati, daltra parte, quando si tratta di individuare le possibili cause del fenomeno, essa non ci consente di pervenire a risultati statistici significativi, per via dellesiguo numero di casi da sottoporre ad analisi (le 10 province toscane).
tab. 4.5. I dati su imprese e lavoratori irregolari forniti dal Ministero del lavoro (province toscane 2007).
Province Toscane Siena Prato Arezzo Grosseto PISA Toscana Lucca Massa Carrara Livorno Pistoia Firenze % imprese ispezionate 6,28 1,43 3,76 5,24 4,72 3,7 3,61 5,6 4,81 4,44 1,84 % imprese irregolari 30,72 50,5 56,12 58,27 59,4 59,67 60,65 63,65 69,49 71,2 74,52 lavoratori irregolari su imprese ispezionate 0,53 0,86 1,01 0,85 0,31 0,88 1,48 1,14 1,26 0,78 0,89 lavoratori in nero su imprese ispezionate 0,05 0,51 0,33 0,14 0,22 0,3 0,34 0,37 0,57 0,62 0,15

LIstat non fornisce i dati sullincidenza del lavoro irregolare a livello provinciale, per cui per una descrizione del fenomeno dobbiamo accontentarci dei dati forniti dal Ministero del lavoro. Ciononostante, allinterno del quadro regionale, i dati forniti dal ministero potrebbero non avere il problema della

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disomogeneit dei criteri utilizzati per selezionare le imprese da sottoporre a ispezione e degli strumenti stessi (le risorse) a disposizione per il controllo. Come si vede nella tabella 4.5, Pisa si colloca appena al di sotto della media regionale nella percentuale di imprese irregolari sul totale di quelle ispezionate e per la proporzione di lavoratori in nero, risultando per tra le province pi virtuose per ci che concerne la proporzione di lavoratori irregolari. Per quanto riguarda, invece, il lavoro svolto in condizioni di (in)sicurezza (tabella 4.6), si nota che lincidenza degli infortuni nellanno 2007 varia da un minimo dell8% (Prato), ad un massimo del 22% (Livorno), mentre Pisa si colloca appena al di sotto della media regionale (circa 13%). Anche il dato sul trend rispetto al 2001 varia: si registra per esempio una riduzione degli infortuni di quasi il 25% a Prato, ma un aumento del 7% a Livorno, mentre nella provincia di Pisa si rileva una riduzione di poco pi dell11%. Se gli infortuni che hanno portato al decesso nellanno 2007 in tutta la Toscana sono stati a 1,25 ogni 10.000 addetti, nella provincia di Prato sono stati 0,66, in quella di Grosseto 3,54 e nella provincia di Massa-Carrara 2,25, mentre in quella di Pisa 1,23. In questultima provincia si sono registrate comunque pi del 50% di morti in meno rispetto al 2001.
tab. 4.6 Dati sugli infortuni e le morti sul lavoro nelle province toscane. Fonte: elaborazione dei dati Inail.
Infortuni totali % 2007 Prato Firenze Arezzo Pistoia PISA TOSCANA Grosseto Siena Lucca Livorno Massa Carrara 22,66 95,02 2,25 500 20,46 57,02 0 0 8,29 10,99 11,24 12,3 13,17 13,29 14,03 14,63 16,16 21,48 20072001 75,29 90,01 87,97 76,53 88,57 90,76 98,8 93,3 93,73 107,45 Morti totali x10.000 addetti (2007) 0,66 0,77 1,22 1,22 1,23 1,25 3,54 1,98 1,22 1,07 20072001 60 52,17 43,75 50 46,67 55,74 62,5 100 50 26,67 Infortuni Agricoltura % 2007 9,3 11,39 16,69 10,91 12,3 13,77 13,57 14,9 15,67 14,13 20072001 65,31 74,51 87,93 64,27 75,56 78,02 82,01 85,95 72,91 74,84 Morti Agricoltura x 10.000 addetti (2007) 0 0 0 0 0 1,17 1,49 5,04 0 0 20072001 0 0 0 0 0 57,14 100 300 0 0

Anche per quanto riguarda il settore agricolo, la media regionale degli infor-

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tuni nel 2007 (13,7%) nasconde importanti variazioni a livello provinciale: si va da un minimo di poco pi del 9% a Prato ad un massimo di pi del 20% a Massa-Carrara, con Pisa che ancora una volta registra una media in linea con quella della regione. Se per nella provincia di Pisa gli infortuni sono diminuiti di circa il 25%, nella provincia di Massa-Carrara si registra una riduzione di pi del 40%. importante notare che nel settore agricolo gli infortuni che portano alla morte dei lavoratori sono molto pochi: addirittura assenti in tutte le province toscane ad eccezione di quella di Grosseto (1,5 ogni 10.000 addetti), e di quella di Siena (5 ogni 10.000 addetti). Tra lavoro irregolare e lavoro insicuro vi una qualche relazione, visto che lincidenza degli infortuni sul lavoro tendenzialmente maggiore nelle province dove pi alta la proporzione di lavoratori trovati irregolari nelle ispezioni del Ministero del lavoro (vedi figura 4.22).
fig. 4.22. Rapporto tra incidenti sul lavoro e lavoro irregolare in Toscana.

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fig. 4.23. Rapporto tra incidenti mortali sul lavoro e lavoro irregolare in Toscana.

Occorre sottolineare che rappresentano importanti casi devianti da un lato le province di Prato, Firenze e (in misura molto minore) Grosseto e Pistoia, mostrando unincidenza infortuni sotto la stima di predizione della regressione; dallaltro la provincia di Massa Carrara, con una incidenza di infortuni superiore. Inoltre, la correlazione tra lavoro irregolare e morti sul lavoro praticamente inesistente (figura 4.23). Veniamo, ora, ai possibili fattori di contesto (provinciale) che potrebbero spiegare le variazioni riscontrate nellincidenza del lavoro irregolare e insicuro, con lavvertenza che si tratta di individuare indicazioni parziali, per via dellesiguo numero di casi che sottoponiamo allanalisi. I dati disponibili ci permettono di valutare il possibile impatto del capitale umano, sociale, economico e delle variabili strutturali del lavoro e delle imprese sul fenomeno in esame, nonch limpatto della presenza di lavoratori stranieri regolari. Gli indicatori dei suddetti fattori sono sintetizzati nella tabella 4.7.

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tab. 4.7. Indicatori dei fattori potenzialmente esplicativi del lavoro irregolare e insicuro
Fattori esplicativi Capitale umano Capitale sociale Capitale economico Sindacalizzazione Dimensione Impresa Immigrazione Indicatori % della popolazione con almeno unistruzione superiore (Fonte: Bernardi e Nuti 2005)1 Numero di associazioni per 1.000 abitanti (Fonte: Regione Toscana, Banca dati sul Terzo Settore ) Tasso di disoccupazione 2005 (Fonte: Istat) Numero di iscritti ai tre sindacati confederali per 1,000 occupati nel 2006 (Fonte: Cgil, Cisl, Uil) Numero di addetti per numero di imprese registrate nel 2007 (Fonte: Camera del Commercio di Pisa) Permessi di soggiorno per motivi di lavoro registrati nel 2004 (Fonte: Istat)

fig. 4.24. Rapporto tra infortuni sul lavoro e dimensione di impresa in Toscana.

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Di tutte le possibili relazioni tra queste 5 variabili indipendenti e le 4 variabili dipendenti (lavoro irregolare e completamente in nero; infortuni e morti sul lavoro), si riporteranno solamente sotto forma di grafico solo quelle che sono risultate significative, almeno parzialmente. Cos, gli infortuni sul lavoro sono risultati parzialmente associati con la dimensione di impresa: gli infortuni avvengono maggiormente dove le imprese hanno un minor numero di dipendenti (figura 4.24). Ma i casi devianti sono molti: la provincia di Grosseto, caratterizzata da imprese con pochi dipendenti, si attesta tra le province con meno infortuni; daltra parte, la provincia di Arezzo, con una dimensione di impresa seconda soltanto a quella che si riscontra nella provincia di Firenze, ha unincidenza di infortuni relativamente alta. La provincia di Pisa, per, si trova molto vicina alla retta di regressione prevista, il che indica unimportanza relativamente superiore della dimensione di impresa in questo contesto. In ogni caso pi forte la correlazione tra incidenti sul lavoro e (bassa) presenza regolare di lavoratori stranieri (figura 4.25), anche se la misura dellassociazione condizionata soprattutto da due casi: la provincia di Massa Carrara, con pochi immigrati lavoratori regolari e molti incidenti, e quella di Firenze con pochi incidenti e molti lavoratori stranieri regolari.
fig. 4.25. Rapporto tra infortuni sul lavoro e presenza di lavoratori stranieri regolari in Toscana.

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Lincidenza degli infortuni mortali, invece, risulta associata a quattro fattori: il tasso di disoccupazione, il capitale sociale, la dimensione di impresa e la presenza di lavoratori stranieri regolari (figure 4.26, 4.27, 4.28 e 4.29). Tuttavia, tutte e quattro le correlazioni sono fortemente influenzate da due province, quella di Massa Carrara e di Grosseto. In quelle province si registra infatti il pi alto tasso di disoccupazione, un tessuto associativo pi debole, una dimensione di impresa ridotta, ed una minore presenza di lavoratori stranieri irregolari, e al contempo la pi alta incidenza di mortalit sui luoghi di lavoro. Questi quattro fattori sembrano avere una influenza molto limitata nel caso della provincia di Pisa, che fa registrare unincidenza di mortalit molto bassa. Ci per suggerisce di non allentare la presa su fattori favorevoli come il basso tasso di disoccupazione, una dimensione di impresa non eccessivamente ridotta, e la presenza di lavoratori stranieri meno ricattabili perch regolarmente presenti nel territorio, e al contempo di sviluppare politiche che favoriscano una maggiore dotazione di capitale sociale.
fig. 4.26. Rapporto tra infortuni mortali sul lavoro e disoccupazione in Toscana.

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fig. 4.27. Rapporto tra infortuni mortali sul lavoro e capitale sociale in Toscana.

fig. 4.28. Rapporto tra infortuni mortali sul lavoro e dimensione di imprese in Toscana.

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fig. 4.29. Rapporto tra infortuni mortali sul lavoro e presenza di lavoratori stranieri regolari in Toscana.

Il lavoro irregolare in senso stretto risulta parzialmente associato ad una variabile che nel caso del lavoro insicuro non sembra avere un ruolo esplicativo, e cio il tasso di sindacalizzazione nel contesto provinciale (vedi figura 4.30). Tuttavia anche questa correlazione influenzata da contesti devianti rispetto alle altre province toscane: da un lato, Lucca e Massa Carrara, province tra le meno sindacalizzate nelle cui imprese ispezionate sono stati trovati un numero di lavoratori irregolari superiore alla media toscana; dallaltro lato, la provincia di Siena, con una forte sindacalizzazione ed un basso livello di irregolarit riscontrata. Costituiscono casi devianti rispetto alla linea di regressione Livorno, con un tasso di irregolarit elevato (pi di Massa Carrara), ma un altrettanto elevato tasso di sindacalizzazione; e la provincia di Pisa che si mantiene su un livello di sindacalizzazione vicino alla media regionale, le cui imprese ispezionate, per, hanno mostrato di fare minore ricorso a forme di lavoro irregolare.

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fig. 4.30. Rapporto tra lavoratori irregolari e sindacalizzazione in Toscana.

Pi sensibile ai fattori di contesto appare, infine, lincidenza del lavoro totalmente in nero per le imprese ispezionate dal Ministero del lavoro. Essa appare associata alla dotazione di capitale umano (carente), di capitale sociale (carente), al tasso di disoccupazione (elevato) e alla sindacalizzazione (bassa) (figure 4.31, 4.32, 4.33 e 4.34). Per ci che concerne il primo fattore, indicato dal tasso di scolarizzazione superiore (figura 4.31), si evidenzia come caso deviante la provincia di Livorno (con unincidenza di lavoro a nero elevata ma al contempo un alto tasso di scolarizzazione). La provincia di Pisa risulta molto vicina alla retta di regressione e rappresenta un caso virtuoso di bassa incidenza di lavoro in nero ed alto tasso di scolarizzazione.

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fig. 4.31. Rapporto tra lavoratori trovati in nero e capitale umano in Toscana.

fig. 4.32. Rapporto tra lavoratori trovati in nero e capitale sociale in Toscana.

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fig. 4.33. Rapporto tra lavoratori trovati in nero e tasso di disoccupazione in Toscana.

fig. 4.34. Rapporto tra lavoratori in nero e sindacalizzazione in Toscana.

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Nel grafico che indica limpatto della dotazione di capitale sociale (figura 4.32), si segnala una maggiore dispersione dei casi attorno alla retta di regressione: se effettivamente alcune province con un tessuto associativo pi debole (come quelle di Livorno, Pistoia, Prato, Massa Carrara e Arezzo) sono anche quelle dove lincidenza del lavoro in nero relativamente pi alto, in altri casi, come Pisa, Grosseto, ma soprattutto Siena, la dotazione limitata di capitale sociale si combina con una incidenza del lavoro in nero relativamente bassa (nel caso di Siena, addirittura la pi bassa nella regione). Il rapporto tra tasso di disoccupazione e lavoro in nero si caratterizza per una minore dispersione, i casi si allineano a non troppa distanza dalla retta di regressione, anche in questo caso da segnalare la vicinanza alla retta della provincia di Pisa (figura 4.33). Infine, la relazione riscontrata tra sindacalizzazione e lavoro nero nelle province toscane sembra essere influenzata, come gi per il lavoro irregolare (confronta la figura 4.34 con la figura 4.30), dal caso estremo della provincia di Siena, che presenta una sindacalizzazione di molto superiore alla media regionale e una bassissima incidenza del lavoro in nero. Le province con una sindacalizzazione media tra il 45% e il 55% non hanno unincidenza di lavoro nero uniforme (Pisa, Firenze e Grosseto pi bassa della media; Pistoia a Prato pi alta, e Massa Carrara, Lucca e Arezzo, attorno alla media). La provincia di Livorno rappresenta un caso deviante vero e proprio, essendo caratterizzata da un tasso di sindacalizzazione molto elevato (65%), ma anche da una forte incidenza di lavoro nero.

4.5. Conclusioni: riassumendo e suggerendo


In questo capitolo abbiamo affrontato la questione delleconomia irregolare, guardando soprattutto alla componente del lavoro irregolare e insicuro. Ci siamo basati su un ampia mole di dati che ci hanno consentito prima di analizzare il contesto italiano, comparando le macro-aree e le regioni, concentrandoci poi sul contesto toscano, comparando la provincia di Pisa con le altre. Ne abbiamo ricavato indicazioni interessanti che potrebbero contribuire a migliorare le politiche che intendano incidere sul fenomeno. In primo luogo, abbiamo visto che, secondo i dati dellIstat, il lavoro irregolare complessivo, nel settore agricolo e in quello delle costruzioni, sembra essere in declino in tutto il territorio nazionale, anche se permangono le differenze strutturali tra le regioni del nord e centro del paese e quelle del sud (con la parziale eccezione del settore agricolo). La Toscana in questo quadro risulta una tra le regioni pi virtuose. Tuttavia, i dati ricavati dalle ispezioni del Ministero tracciano un quadro

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differente, per non dire opposto: le regioni in cui si riscontrata una minore incidenza di irregolarit appaiono quelle del sud e la Toscana risulta tra le regioni con peggiori performance di sistema. Abbiamo tuttavia considerato i dati del Ministero meno affidabili di quelli dellIstat, soprattutto in una prospettiva comparata regionale. La ragione di questa considerazione lincertezza circa lomogeneit territoriale dei criteri per la selezione delle imprese da ispezionare e lefficacia dei controlli. Questi problemi sono meno stringenti se si comparano i dati delle province di una stessa regione, come abbiamo fatto per il caso della Toscana. Anche per quanto riguarda laltra faccia del lavoro irregolare, e cio linsicurezza sul luogo di lavoro, indicata dal numero di incidenti e di morti occorsi secondo le denunce presentate allInail, si registra una tendenziale diminuzione nel tempo del fenomeno in tutto il territorio nazionale, con la spiacevole eccezione delle isole. Al contrario di ci che abbiamo rilevato per il lavoro irregolare in senso stretto, linsicurezza sul lavoro non caratterizzata da una strutturale differenza tra le regioni del nord e quelle del sud. Anche in questo caso, per, la regione Toscana tra quelle nelle quali il fenomeno si presenta in forme meno gravi. Dopo aver presentato i dati sul lavoro irregolare e insicuro, ci siamo chiesti quali fattori possano spiegare le differenze territoriali riscontrate. Lo abbiamo fatto, in primo luogo, valutando le differenze regionali; e in secondo luogo, estendendo lanalisi a tutte le province italiane. Abbiamo cercato di valutare limpatto di alcuni fattori contestuali generalmente considerati cruciali per lanalisi dei fenomeni sociali e politici. In particolare, abbiamo considerato alcuni indicatori di dotazione territoriale di capitale umano, sociale ed economico ed alcune variabili organizzative del lavoro e delle imprese. Inoltre, abbiamo valutato limpatto della presenza (e della forma di questa presenza) degli immigrati nel mercato del lavoro. Secondo le ipotesi elaborate in questo capitolo, il ricorso al lavoro irregolare e insicuro si riduce: (a) in presenza di un alto capitale umano, ossia di una maggiore diffusione di istruzione e di competenze tecniche, perch i costi di tale pratica superano abbondantemente i benefici; (b) in presenza di un alto capitale sociale, che, indicando lesistenza di vincoli di solidariet, incentiva la cooperazione e il controllo sociale; (c) in aree non caratterizzate da ricattabilit economica, indicata dai bassi livelli di disoccupazione e di povert; (d) in presenza di una rete di protezione dei lavoratori, indicata dai tassi di sindacalizzazione; (e) in aree in cui la dimensione di imprese sia mediamente pi grande;

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(f ) in aree dove pi ampia la presenza di immigrati regolari e ben retribuiti; (g) in aree dove pi ridotta la presenza di immigrati clandestini e/o scarsamente retribuiti. Lanalisi dei dati disaggregati a livello regionale rafforza la plausibilit di queste ipotesi. Limitando, per mancanza di dati, il numero di fattori esplicativi, abbiamo replicato lanalisi disaggregando i dati a livello provinciale. Confrontando tutte le province italiane, stato cos possibile ribadire limportanza almeno della sindacalizzazione (soprattutto per gli infortuni sul lavoro), della dimensione di impresa (soprattutto per infortuni con esito mortale) e della presenza di lavoratori stranieri regolari (soprattutto per gli infortuni con esito mortale). Lanalisi sullintero territorio nazionale ci ha permesso di inquadrare meglio il caso della provincia di Pisa, che stato comparato con le altre province della regione Toscana. Per quanto riguarda i dati sul lavoro irregolare in senso stretto, abbiamo, in questo caso, dovuto ricorrere alle sole stime del Ministero del lavoro, non essendo disponibili i dati dellIstat a livello provinciale. Come gi accennato, per, consideriamo i dati del Ministero meno problematici in funzione di una comparazione delle province di una stessa regione, perch sicuramente pi alta la probabilit di una omogeneit di fondo nella scelte dei criteri di selezione delle imprese da ispezionare e nellefficacia dei controlli. Utilizzando questi dati, la provincia di Pisa risulta essere tra le pi virtuose, soprattutto per quanto riguarda le proporzione di lavoratori regolari emersa nelle ispezioni. I dati sul lavoro insicuro, ricavati dalle denunce allInail, collocano la provincia di Pisa appena al di sotto della media regionale, con una riduzione degli infortuni e delle morti sul lavoro tra il 2001 e il 2007. E questo anche se si considera solamente il settore agricolo, dove, tra laltro, le morti accadono raramente nel territorio toscano: solo a Grosseto e a Siena se ne sono registrate negli ultimi anni. Se abbiamo trovato che gli infortuni sul lavoro si sono avuti maggiormente nelle province dove pi esteso stato stimato il lavoro irregolare in senso stretto (secondo i dati del Ministero), la provincia di Pisa si caratterizza per una minore incidenza di entrambi i fenomeni. Infine, le indicazioni che ci pervengono dallanalisi esplicativa del lavoro irregolare e insicuro a livello nazionale sembrano valere anche isolando il caso toscano e comparando le sue dieci province. Molto approssimativamente, si pu infatti dire che gli infortuni sul lavoro avvengono maggiormente in contesti in cui la dimensione di impresa particolarmente ridotta e minore la presenza di lavoratori stranieri regolari; quelli mortali dove pi elevata la disoccupazione,

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pi basso il capitale sociale, pi ridotta la dimensione di impresa e minore la presenza di lavoratori stranieri regolari. Anche il lavoro irregolare e quello totalmente in nero sembrano diffondersi maggiormente dove pi bassa la sindacalizzazione. Soprattutto il lavoro totalmente in nero si diffonde anche nelle province con una minore dotazione di capitale sociale e umano, e in presenza di un pi elevato tasso di disoccupazione. Limportanza dei fattori esplicativi individuati, quali capitale sociale, umano ed economico e delle variabili organizzative del lavoro e delle imprese, stata dunque confermata sia nel contesto nazionale che in quello regionale toscano. Lanalisi ha fatto emergere anche limportanza della variabile immigrazione: solo investendo sulla regolarizzazione e la parit di trattamento economico dei lavoratori immigrati possibile aumentare la sicurezza e la regolarit del lavoro. Linsieme di questi risultati suggerisce ai policy makers di adottare politiche che non facciano leva solamente sulle (pur imprescindibili) norme e sui controlli istituzionali.

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Capitolo 5

Le politiche per la sicurezza sul lavoro: dal contesto nazionale al caso della Provincia di Pisa
5.1. Introduzione
Un anno e mille morti dopo il 6 dicembre 2007, data del tragico evento il rogo dei sette operai della Thyssen che ha catalizzato lattenzione del pubblico sul tema della sicurezza sui luoghi di lavoro, la quotidiana routine di infortuni e morti sul lavoro conferma le difficolt di districare i molti nodi che compongono il problema. Le cronache continuano a portare drammaticamente in primo piano la questione, ma linteresse della pubblica opinione finisce per seguire i tempi imprevedibili degli eventi, a loro volta amplificati o messi in sordina dallondivaga attenzione dei mezzi di comunicazione. Spesso la formazione dellagenda pubblica finisce cos per assecondare limpulso dei fatti di cronaca, portando gli attori pubblici a inseguire i termini di unemergenza permanente, per di pi dai contorni sfumati, senza che si consolidino solidi paradigmi di interpretazione dei fattori che sono alla radice del problema. Si rafforza allora limpressione che quello della sicurezza sui luoghi di lavoro sia un tema per il quale sussiste un marcato sbilanciamento tra attenzione mediatica e capacit di formulazione e attuazione delle politiche, un settore di policy nel quale la dimensione rituale del discorso pubblico la condanna, le solenni promesse, ladesione generalizzata a principi tanto vaghi quanto difficili da tradurre in pratica (la diffusione di una cultura della prevenzione, o della sicurezza come valore, ecc.) mette in ombra lincapacit degli attori di trovare e attuare soluzioni efficaci.120

120 Lattenzione dei mezzi di comunicazione si concentra poi sulla dimensione drammatica degli infortuni, trascurando invece i quotidiani aspetti di ordinaria amministrazione delle attivit di prevenzione e studio del problema. Cos il rappresentante di unassociazione di categoria lamenta la latitanza dei media nella diffusione di una maggiore consapevolezza riguardo al fenomeno: Senza ombra di dubbio la stampa e le TV locali che sono state invitate alle nostre iniziative, che hanno visto anche la partecipazione di autorevoli esperti, non hanno dedicato a queste iniziative nemmeno un secondo del loro tempo, riservandosi di farlo solo quando, per vendere giornali, danno notizia dellaccaduto (asscat3).

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paradossale allora che lesistente quadro normativo di riferimento appaia sotto molti profili congruente rispetto agli obiettivi di tutela della sicurezza nei luoghi di lavoro, anche comparandolo con la legislazione vigente negli altri paesi europei. Dal decreto legislativo 626/1994 fino alla finanziaria 2007 e al recente testo unico per la sicurezza sui luoghi di lavoro, sono stati predisposti robusti strumenti di carattere regolativo per contrastare tanto il fenomeno degli infortuni sul lavoro che quello, ad esso collegato, del lavoro nero. Il fatto che questi due aspetti insicurezza e irregolarit del lavoro siano ormai ricompresi come oggetto dei medesimi interventi regolativi conferma come, anche agli occhi dei decisori politici, sia riconosciuto tra di essi un nesso di reciprocit. I problemi della sicurezza non sono determinati univocamente dalla diffusione del lavoro nero, ma la ricattabilit dei lavoratori precari, lassenza di efficaci percorsi formativi e di tutele formali, con la conseguente invisibilit del lavoratore irregolare, incidono pesantemente sui rischi di incidenti ed infortuni. Non sembrano dunque necessarie nuove forme di regolazione, quanto piuttosto un maggiore coinvolgimento e coordinamento dei diversi attori pubblici e privati nellattuazione e adattamento di quelle esistenti a specifiche situazioni settoriali e territoriali. La questione della sicurezza si intreccia strettamente ad un altro tema, ad esso complementare, ossia quello della regolarit del lavoro. Infatti in quei contesti nei quali pi frequentemente i rapporti di lavoro sono regolati per via informale, ed entriamo nella dimensione del lavoro nero o sommerso, il rispetto delle norme sulla sicurezza diventa meno probabile, sfuggendo a controlli e verifiche da parte degli organi preposti: nel lavoro nero sono pi frequenti gli incidenti e non vengono denunciati, osserva il rappresentante dellInps (contr4). Come emerge in una ricerca empirica sul lavoro sommerso in Italia: un tratto che accomuna nord e sud la mancata applicazione delle norme sulla sicurezza, in un quadro in cui i controlli da parte degli organi ispettivi o delle autorit sanitarie sembrano essere inesistenti (Ires-Cgil 2007, 19), o quanto meno non viene percepito alcun rischio concreto dincorrervi. Si pongono allora due questioni. La prima quella di individuare le ragioni della persistente drammaticit del problema sicurezza sul lavoro, rilevabile tanto nel numero assoluto e dal trend degli infortuni, quanto in alcuni aspetti qualitativi del fenomeno: si pensi, a titolo di esempio, alla variet di contesti nei quali esso si manifesta; alla frequente inosservanza delle norme deliberatamente posta in essere dagli stessi lavoratori, che ne dovrebbero essere i beneficiari; alla crescente presenza, specie nei segmenti meno qualificati del mercato del lavoro, di soggetti stranieri ed extracomunitari. Questi ultimi sono condizionati da sistemi di norme e valori sociali differenti rispetto a quelli sanciti dal nostro ordinamento, non consapevoli dei diritti sanciti dalle leggi del paese che li ospita, e in molti casi indotti a massimizzare il guadagno immediato, nella

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prospettiva di un rientro nella terra dorigine, a scapito degli aspetti di sicurezza, salubrit e riconoscimento formale delle loro qualifiche lavorative (Irpet 2002). Una seconda questione, collegata alla prima, rappresentata dallindividuazione di possibili strumenti di intervento, mediante lanalisi delle risorse e degli accorgimenti di carattere istituzionale utilizzabili anche facendo riferimento ad esperienze osservabili in altri paesi e realt affini per accrescere lefficacia dei processi di progressiva attuazione delle norme esistenti (aspetti su cui ci si concentra nel capitolo sette). Se il problema, come si accennato, ha radici di natura culturale, esso investe direttamente anche la dimensione economico-imprenditoriale. Perch i provvedimenti normativi producano gli effetti attesi occorre un riallineamento degli incentivi da essi generati per gli attori del mercato del lavoro alle finalit di interesse generale, ossia la salvaguardia della salute, dellincolumit e dei diritti dei lavoratori, ma anche una migliore qualificazione della manodopera. Coerentemente con il paradigma dello sviluppo, esaminato nel primo capitolo, le politiche devono creare condizioni istituzionali affinch limprenditore consideri le spese per la sicurezza non come un mero fattore di costo, ma come una forma di investimento nella qualit del lavoro, destinato a dare i propri frutti in un orizzonte temporale di medio-lungo termine, ma capace di mobilitare risorse altrimenti disperse, responsabilizzando e motivando i dipendenti. Lindebolirsi dellattenzione alla sicurezza sui luoghi di lavoro si accompagna, agli occhi degli imprenditori, allaspettativa di un immediato ritorno in termini di risparmio sui costi, e dunque a profitti pi elevati. Appare invece debole la percezione del nesso tra sicurezza, formazione, gestione ordinata dei rapporti interni allimpresa e qualificazione professionale, da un lato, e incremento della produttivit nel tempo dallaltro. Nella prospettiva del lavoratore gli incentivi istituzionali dovrebbero indurre una maggiore consapevolezza dei diritti e delle forme di tutela assicurate dallordinamento, incoraggiando forme di responsabilizzazione, controllo e denuncia delle situazioni critiche allinterno dei processi produttivi, coerentemente con il ruolo di stimolo dei rappresentanti per la sicurezza.

5.2 Alcuni dati di contesto


Secondo i dati dellInail i morti sul lavoro nel 2007 sono stati 1207 e nelle previsioni per il 2008 il dato atteso risulta in lieve diminuzione.121 Le linee di
121 LInail svolge attivit di prevenzione e collabora con altri attori pubblici, associazioni imprenditoriali e artigiane e dei lavoratori, con accordi di collaborazione che trovano realizzazione in Comitati paritetici. Il suo compito specifico quello di fornire informazione, assistenza e consulenza per una piena

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tendenza di lungo periodo mostrano un progressivo miglioramento, pur con qualche segnale preoccupante. Dal 1951 al 1960 la media annuale di morti sul lavoro stata di 2.519. A partire dagli anni 60 una serie di fattori, tra cui il cambiamento della struttura dei processi produttivi, la progressiva terziarizzazione delle attivit economiche, il successo delle battaglie sindacali e del movimento operaio, lattenzione normativa alle questioni dellambiente e della salute, hanno permesso un continuo decremento delle vittime: 2.375 morti allanno tra il 1960 e il 1970; 1909 nel decennio 71-80, 1.377 tra l81 e il 90, 1.058 alle soglie del secondo millennio. Da quel momento, come se si fosse toccato uno zoccolo duro, la discesa si arrestata, e negli anni successivi si sono episodicamente registrate lievi inversioni di tendenza. La tendenza al ribasso proseguita negli anni 2000, con una flessione di quasi il 20%, dai 1546 del 2001 ai 1280 del 2006, si interrotta con un rialzo nel 2006 (1341 casi) (DAmico 2008). Anche il dato sugli infortuni non mortali segue unevoluzione analoga: scesi a 711mila allanno nel decennio di fine secolo, sono aumentati a una media di oltre un milione nel nuovo millennio. Le ragioni, come si visto, sono molteplici, e tra loro collegate. In particolare, la diffusione di forme di lavoro precario e irregolare, cui viene adibito personale privo di preparazione e formazione; lutilizzo estensivo di lavoratori migranti, spesso inesperti e poco qualificati; un sistema di lavori pubblici dove la logica dellabbattimento dei costi complice il sistema dei subappalti a cascata trasforma in un lusso che non ci si pu permettere lattenzione alla qualit e alla salute. La cultura della prevenzione e della sicurezza sul lavoro, in altri termini, segna il passo, nonostante i suoi pesanti costi sui bilanci pubblici.
tab. 5.1: Numero di infortunati e di morti sul lavoro per area geografica nei settori dellagricoltura, delle costruzione e del personale domestico: (2005-2007). Fonte: elaborazione da dati Inail.
Province Arezzo Firenze Grosseto Livorno Lucca M. Carrara Pisa Pistoia Prato Siena Toscana Totale infortuni 2005 6827 17436 4064 7998 9472 4463 7710 5195 3761 6259 73185 2006 6511 17280 3869 8265 9410 4622 7531 5149 3786 6033 72456 2007 6447 17226 3961 8051 9265 5032 7513 5043 3782 5904 72224 Mortali 2005 11 21 7 7 8 7 11 6 2 7 87 2006 10 24 4 10 9 7 7 8 5 15 99 2007 7 12 10 4 7 5 7 5 3 8 68

attuazione della normativa in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, anche promuovendo della cultura della prevenzione.

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Il punto sullandamento pi recente dei dati infortunistici conferma una lieve diminuzione: gli infortuni denunciati allInail nel 2007 sono in calo dell1,7% rispetto al 2006. La diminuzione ha riguardato tutte le regioni, escluse Sicilia, Lazio, Calabria e la Provincia di Bolzano. Il 60% degli infortuni si concentra nel nord Italia, ma nel rapporto tra il numero degli infortuni e la forza lavoro (cio il numero degli occupati) la regione a tasso pi elevato di infortuni lUmbria, seguita dal Friuli Venezia Giulia. Il dato riconducibile alle caratteristiche del tessuto produttivo regionale, nel quale prevalgono imprese di piccole dimensioni impegnate in cicli produttivi ad alto indice di frequenza di infortunio: la lavorazione dei metalli (acciaio, ferro, tubi, strutture, utensili), dei minerali (vetro, piastrelle, cemento, ceramica, etc.) del legno e delle costruzioni. Anche gli infortuni mortali denunciati nel 2007 sono in diminuzione rispetto allanno precedente, sia nellindustria che in agricoltura e nei servizi. Guardando in modo pi specifico ai tre settori approfonditi in questa ricerca, si nota come il settore delle costruzioni, come gi anticipato, presenti una situazione particolarmente critica sotto il profilo della sicurezza, con un numero di infortuni che soltanto nel 2007 si collocato di poco al di sotto della soglia dei 100mila, e un numero di morti annuali che, dopo lincremento del 2006, nel 2007 nuovamente disceso, pur restando a quota 232 (vedi tabella 5.1).122 I settori dellagricoltura e dei servizi domestici presentano invece livelli molto pi bassi di morti sul lavoro e di infortuni, questi ultimi nellordine di poche migliaia di denunce di eventi. Significativamente, inoltre, la gravit media degli infortuni molto simile nel settore agricolo e delle costruzioni, con una quota di morti rispetto agli infortuni denunciati oscillante tra lo 0,2% e lo 0,3%, mentre nel caso dei servizi domestici tale quota crolla a livelli insignificanti. Peraltro, lunica linea di tendenza in costante crescita nel periodo 2005-2007 quella relativa ai morti nel settore agricolo, passati dai 10 del 2005 ai 16 del 2007 (+60%). Guardando alla frequenza infortunistica, un indicatore omogeneo che mette in relazione le dimensioni relative del fenomeno con il numero di addetti-anno
122 I dati statistici sugli infortuni scontano tuttavia distorsioni sistematiche legate alla diversa diffusione del lavoro sommerso nei diversi settori, ovvero alle presenza di meccanismi elusivi pi o meno efficaci del carico assicurativo. Ad esempio, come si vedr, le imprese talora convincono i lavoratori a non denunciare piccoli infortuni, concedendo periodi di ferie fittizie, con reciproco vantaggio. Prima dellintroduzione (con la legge 256/2007) dellobbligo di comunicare linstaurazione del rapporto di lavoro a partire dal giorno precedente era diffusa anche la prassi di una messa in regola retroattiva di lavoratori in nero incorsi in un incidente, come mostra lanomalmente elevata percentuale di infortuni denunciati nei primissimi giorni dallavvio dellattivit lavorativa. In altri casi vedi ad esempio la presenza di immigrati irregolari questa strategia non praticabile, e dunque linfortunio destinato a restare invisibile agli enti di controllo, cos come il lavoratore che lo ha subito.

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dei diversi settori, in Italia si rileva una diminuzione di circa il 4% della frequenza di accadimento degli infortuni nel triennio 2003-2005. Scomponendo il dato a livello regionale, ai vertici si collocano Umbria (con un tessuto produttivo di aziende di piccole dimensioni, con lavorazioni artigianali, costruzioni, lavorazioni di materiali per ledilizia) e Friuli Venezia Giulia (caratterizzata da unalta densit di lavoratori extracomunitari e da lavorazione di metalli e legno), mentre il valore pi basso si registra nel Lazio, per il quale pesa la presenza di uffici della pubblica amministrazione nelle capitale. La Toscana si colloca allincirca a met classifica, con una frequenza infortunistica standardizzata superiore a quella nazionale (107,5 rispetto a 100 dellItalia). Se si passa allanalisi dei singoli settori di attivit economica, facendo riferimento agli infortuni indennizzati (per assenza di lavoro superiore ai tre giorni) la tabella 5.2 conferma una tendenza ormai consolidata che vede particolarmente a rischio la lavorazione di metalli, minerali non metalliferi, legno, agricoltura e costruzioni, mentre invece lintermediazione finanziaria guadagna la palma di attivit pi sicura: sono infatti queste le produzioni industriali caratterizzate da un imprescindibile intervento manuale del lavoratore in fasi del processo produttivo in cui numerosi sono i momenti di contatti tra lavoratore e fattore di rischio proprio dellambiente di lavoro (strumenti, materiali, macchinari, scarti della lavorazione, polvere e schegge, alte temperature, etc.) (Inail 2008, 35). Restringendo lattenzione agli infortuni mortali, invece, lattivit nelle costruzioni seconda solo allestrazione dei minerali.
tab. 5.2: Frequenza infortunistica per alcuni tipi di attivit nel 2007. Fonte: Inail 2008
Settore di attivit Inabilit temporanea 55,99 52,64 Inabilit permanente 2,79 3,12 Morte Totale Numero indice (base: industria e servizi = 100) 191,23 181,55

Lav.ne metalli (siderurgia, metallurgia) Lav.ne minerali non metalliferi (per edilizia, vetro, ceramica) Lav.ne legno Costruzioni Estrazione minerali INDUSTRIA E SERVIZI Sanit e servizi sociali Commercio Pubblica amministrazione Intermediazione finanziaria AGRICOLTURA

0,10 0,14

58,99 55,90

49,55 47,00 42,24 29,03 23,66 21,33 17,30 2,64 48,24

4,10 4,63 4,24 1,69 0,78 1,17 0,89 0,23 4,12

0,08 0,20 0,31 0,06 0,01 0,04 0,01 0,02 0,12

53,73 51,83 46,79 30,79 24,45 22,54 18,21 9,89 52,48

174,50 168,33 151,96 100,00 79,41 73,21 59,14 9,39 170,46

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Se in ambito europeo le forze lavoro straniere sono 14,1 milioni, il 6,4% del totale, lItalia presenta una media del 6,1% di lavoratori stranieri (molto al di sotto dei valori di Spagna, Grecia, Regno Unito, Germania): la crescita media dei lavoratori stranieri assicurati allInail passata dal 5,9% del 2004 al 19,5% del 2007, portando il totale da circa 2.180.000 a quasi 3 milioni, laddove la percentuale di donne salita dal 39,2% al 41,3%. Se il numero di infortuni ai lavoratori italiani si riduce da decenni, la tendenza per gli i lavoratori stranieri in Italia diametralmente opposta. La tabella 5.3 mostra come tanto in termini percentuali che in termini assoluti la quota di lavoratori stranieri che incorrono in infortuni sia costantemente aumentata tra il 2003 e il 2007, fino a raggiungere il 15,4% del totale. Per quanto riguarda i casi mortali, invece, c stato un aumento percentuale della quota di vittime, mentre il numero di casi ha oscillato tra i 167-180 lanno.
tab. 5.3: Infortuni e casi mortali avvenuti nel periodo 2003-2007 a lavoratori italiani e stranieri. Fonte: Inail 2008.
Numero infortuni Area geografica Lavoratori italiani Lavoratori stranieri Totale 2003 N. 857.168 120.026 977.194 N. Lavoratori italiani Lavoratori stranieri Totale 1.265 180 1.445 % 87,7 12,3 2004 N. 839.448 127.281 % 86,8 13,1 100,00 % 85,7 14,3 100,00 2005 N. 815.193 124.828 940.021 N. 1.112 168 1.280 % 86,7 13,3 100,00 % 86,9 13,1 100,00 2006 N. % 2007 N. %

798.855 86,1 129.303 13,9

772.036 84,6 140.579 15,4

100,00 966,729 % 87,5 12,5 N. 1.138 190

928.158 100,00 912.615 100,00 N. 1.175 167 1.341 % 87,5 12,5 N. 996 175 % 85,1 14,9 100,00

Casi mortali

100,00 1.328

100,00 1.170

Per quanto riguarda le attivit economiche maggiormente a rischio per gli stranieri, maglia nera quello delle costruzione, che da sola registra nel 2007 il 14,5% di tutti gli infortuni e il 22,4% di casi mortali per i lavoratori stranieri (si veda la tabella 5.4). Molto distanziate lagricoltura (3,9% di infortuni e 6,3% di casi mortali) e i lavori domestici, per il quale non si segnalano morti sul lavoro.

181

tab. 5.4: Infortuni occorsi a lavoratori stranieri per settore di attivit economica nel 2007. Fonte: Inail 2008.
Settore di attivit AGRICOLTURA INDUSTRIA E SERVIZI Costruzioni Industria dei metalli Personale domestico TOTALE Infortuni N. 5.465 134.389 20.379 13.602 2.062 140.579 % 3,9 95,6 14,3 9,7 1,5 100,00 Casi mortali N. 11 163 39 15 174 % 6,3 93,7 22,4 8,6 100,00

Se allarghiamo lo sguardo alla prospettiva europea, utilizzando un criterio di standardizzazione che permette la comparazione tra dati statistici disomogenei, la posizione dellItalia discreta, di poco al di sotto della media Ue-15 e dellEuro-zona (Ue-12) sia per quanto riguarda gli infortuni mortali, che per gli infortuni in generale. La graduatoria colloca lItalia per il 2004 (ultimo anno disponibile) al di sotto di Paesi assimilabili al nostro, quali Spagna, Francia e Germania (vedi tabella 5.5). Per quel che riguarda i casi mortali lItalia, con un indice di 2,5 decessi per 100mila occupati, in linea con il dato rilevato per i 15 Stati membri, al di sotto di quello registrato nellEuro-zona (2,8).
tab. 5.5: Tassi di incidenza standardizzati degli infortuni e degli infortuni mortali in Europa (per 100.000 occupati). Anno 2004. Fonte Eurostat, 2008.
SPAGNA

Infortuni in complesso (a)

6.520 4.420 4.397 3.979 3.698 3.586 3.300 3.221 3.085 2.853 2.703 2.527 1.925 1.333 1.148 1.126 1.065

PORTOGALLO AUSTRIA SPAGNA

Infortuni mortali (b)

6,7 5,3 3,7 3,2 2,9 2,8 2,7 2,5 2,5 2,5 2,4 2,2 2,2 1,8 1,4 1,1 1,0

LUSSEMBURGO FRANCIA PORTOGALLO UE - 12 GERMANIA BELGIO UE - 15 ITALIA FINLANDIA AUSTRIA DANIMARCA GRECIA REGNO UNITO SVEZIA IRLANDA PAESI BASSI

LUSSEMBURGO BELGIO UE - 12 FRANCIA UE - 15 GRECIA ITALIA FINLANDIA GERMANIA IRLANDA PAESI BASSI REGNO UNITO DANIMARCA SVEZIA

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Per quanto riguarda levoluzione degli infortuni mortali sul lavoro nellarco degli ultimi dieci anni, lItalia vanta nel contesto europeo uno tra i miglioramenti pi significativi, con una riduzione di quasi il 50% di episodi tra il 1995 e il 2005 (vedi tabella 5.6).
tab. 5.6: Variazione dei tassi di incidenza standardizzati degli infortuni mortali in Europa (per 100.000 occupati). Anni 1995-2004. Fonte: Eurostat, 2008.
STATI MEMBRI 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 Var. % 2004/1995

Danimarca (*) Svezia (*) Belgio Italia Irlanda (*) Spagna Grecia UE - 12 UE - 15 Germania Francia Austria Portogallo Finlandia Regno Unito (*) Lussemburgo Paesi Bassi (*)

3,3 2,3 5,9 4,8 4,2 7,0 4,3 4,2 3,7 3,0 3,5 6,7 7,9 2,8 1,6 : :

3,0 2,1 5,5 4,1 3,3 5,9 3,7 4,1 3,6 3,5 3,6 6,0 9,8 1,7 1,9 : :

2,3 2,2 3,1 4,2 7,1 6,3 2,8 3,8 3,4 2,7 4,1 5,3 8,3 2,8 1,6 : 3,0

3,1 1,3 3,1 5,0 5,9 5,5 3,7 3,7 3,2 2,2 4,0 5,1 7,7 2,4 1,6 : :

2,2 1,1 3,3 3,4 7 5,0 6,3 3,3 2,9 2,4 3,4 5,1 6,1 1,8 1,4 : 2,3

1,9 1,1 3,1 3,3 2,3 4,7 2,7 3,2 2,8 2,1 3,4 5,1 8,0 2,1 1,7 6,8 2,3

1,7 1,4 3,8 3,1 2,6 4,4 2,9 3,1 2,7 2,0 3,2 4,8 9,0 2,4 1,5 1,7 1,7

2,0 1,2 2,6 2,1 2,6 4,3 3,8 2,9 2,5 2,5 2,6 5,1 7,6 2,0 1,4 2,4 1,9

1,8 1,2 2,4 2,8 3,2 3,7 3,0 2,9 2,5 2,3 2,8 4,8 6,7 1,9 1,1 3,2 2,0

1,1 1,0 2,9 2,5 2,2 3,7 2,5 2,8 2,5 2,2 2,7 5,3 6,7 2,4 1,4 3,2 1,8

-66,7 -56,5 -50,8 -47,9 -47,6 -47,1 -41,9 -33,3 -32,4 -26,7 -22,9 -20,9 -15,2 -14,3 -12,5 n.d. n.d.

Nota: nei tassi standardizzati per Stati Membri sono esclusi, oltre che gli infortuni in itinere, anche quelli dovuti a incidenti stradali e a bordo di qualsiasi mezzo di trasporto nel corso del lavoro, in quanto non rilevati e dichiarati da tutti i Paesi. (*) Paesi in cui i dati non provengono dal sistema assicurativo e presentano livelli consistenti di sottodenuncia. Fonte: Eurostat

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5.3 Le politiche per la sicurezza sul lavoro in Italia


Infortuni, lesioni, danni fisici e psicologici, invalidit, malattie professionali sono il prodotto di attivit lavorative condotte senza la predisposizione di appropriati meccanismi di tutela, controllo e salvaguardia dellincolumit fisica e della salute, dai costi sociali ed economici esorbitanti: lInail ha calcolato che sommando tutte le causali spese per il servizio sanitario e di emergenza; spese mediche, chirurgiche e per la riabilitazione; spese per protesi ed apparecchi ausiliari; indennit assicurative sostitutive della retribuzione; indennit permanenti per le invalidit; costi aziendali per fermi, sostituzioni o mancato lavoro; spese amministrative per gestire tutto il fenomeno il costo prettamente economico degli infortuni sul lavoro nel nostro paese ammonta a circa 45 miliardi di euro lanno, pari a circa il 3% del Pil: Se incidessimo anche solo sul 10% degli infortuni osserva il direttore dellInail di Pisa noi risparmieremmo 4,5 miliardi di euro lanno. La sicurezza un investimento: meno infortuni, pi si guadagna; si guadagna tutti (contr2). Le politiche per la sicurezza sul lavoro rispondono allesigenza di promuovere ladozione di quelle precauzioni codificate per via normativa, ma anche adottate spontaneamente dai diretti interessati che permettono di identificare e fronteggiare i rischi derivanti dalle attivit condotte in specifici luoghi di lavoro. I provvedimenti che le accompagnano hanno tradizionalmente natura regolativa e sono accompagnati da una rete di enti di controllo e da meccanismi di applicazione di sanzioni per gli inadempienti. Anche le campagne di esortazione e di sensibilizzazione hanno fatto il loro ingresso nella cassetta degli attrezzi dei decisori politici, trovando applicazione estensiva specialmente negli ultimi anni, in corrispondenza con la crescita di peso degli attori sociali, degli imprenditori e degli stessi lavoratori, chiamati a collaborare e concorrere attivamente nellattivit di controllo e nellattuazione sul campo delle disposizioni normative. Il coinvolgimento diretto dei destinatari di queste ultime, nel riconoscimento dello stretto legame sussistente tra qualit del lavoro, assetti organizzativi dellimpresa, innovazione tecnologica e potenzialit concorrenziali e innovazione, viene infatti riconosciuto come elemento decisivo per assicurarne un pieno dispiegamento. Nel secondo capitolo abbiamo passato in rassegna alcuni fattori di carattere istituzionale che rendono pi frequente il manifestarsi di diverse tipologie di lavoro irregolare. In particolare, la questione della sicurezza sul lavoro, nella sua caratterizzazione attuale, trae origine fra laltro nelle pratiche consolidatesi nellultimo trentennio del secolo scorso, a seguito dellestendersi di un diverso modello di produzione decentrata, fondato su parcellellizzazione ed esternalizzazione delle attivit produttive manifatturiere, attraverso outsourcing o

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contracting-out, appalti e subappalti. Allo scopo di economizzare sui costi di produzione e organizzativi e di guadagnare in competitivit, aggirando le norme di protezione poste a tutela dei lavoratori, alcuni soggetti economici hanno delegato a un pulviscolo di imprese individuali, quando non micro-aziende a carattere familiare, la gestione di fasi delicate dei processi produttivi. Queste pratiche, tollerate se non incoraggiate dalle politiche industriali, hanno finito per scaricare sui contraenti pi deboli e meno strutturati la responsabilit per il rispetto della normativa sulla sicurezza nel lavoro, precipitata cos in un cono dombra, ben differente dalla visibilit delle imprese di maggiori dimensioni. Del resto, oltre a promuovere uninosservanza diffusa delle regole pi elementari di sicurezza, in un quadro di irregolarit diffuse dei contratti di lavoro, questo orientamento generale delle politiche industriali ha contribuito anche a incoraggiare un certo grado di tolleranza anche nelle grandi imprese rispetto a pratiche che, nella loro informalit e flessibilit dimpiego, erano impropriamente rivestite di una patina di modernit. Diverse ricerche e analisi statistiche mostrano le linee evolutive generali del fenomeno infortunistico (Censis 2001; si veda anche il capitolo quattro): (i) un progressivo trasferimento del rischio infortunistico verso eventi di minore gravit; (ii) lemergere di realt produttive, specie nel commercio e nei servizi, nelle quali il rischio di infortuni si collega pi direttamente alle dinamiche occupazionali deficit di formazione, turn-over elevato, mancanza di esperienza che alla natura del lavoro svolto. Esiste una correlazione, infatti, tra il rischio infortunistico e la quota di lavoratori con contratti atipici, notevolmente cresciuta negli ultimi anni a seguito dei processi di deregolazione e flessibilizzazione del mercato del lavoro; (iii) il trasferimento del rischio di infortuni a carico dei soggetti deboli del mercato del lavoro, tra cui immigrati e donne; (iv) la correlazione tra mancata denuncia di infortuni e condizione di irregolarit; (v) il rapporto tra rischio infortuni e dimensioni delle imprese: una maggiore densit di ditte individuali, indicatore della destrutturazione del sistema di impresa e dellavvio di processi di esternalizzazione, corrisponde a livelli pi alti di infortuni; (vi) la correlazione tra bassi livelli di sindacalizzazione, capitale sociale e capitale umano, infortuni e morti sul lavoro. In questa cornice, gli individui pi esposti al rischio di infortuni sono quei soggetti che subiscono gli effetti delle trasformazioni del sistema produttivo: la mobilit del lavoro individuale, lintensificarsi dei tempi e dei ritmi delle attivit produttive, lincertezza e la precariet del posto di lavoro; lappannarsi della distinzione tra tempo libero e tempo di lavoro, lassenza di identificazione con i luoghi di lavoro, che disincentiva gli investimenti sulla salute e sulla sicurezza (Censis 2001). La prima fase di istituzionalizzazione di meccanismi di regolazione delle condizioni di sicurezza sui luoghi di lavoro risale al codice civile del 1942, con

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lobbligo per i datori di lavoro di garantire lintegrit fisica e morale di tutti i lavoratori impiegando le migliori tecnologie per evitare potenziali infortuni. Nel corso degli anni cinquanta diversi provvedimenti legislativi hanno precisato ulteriormente termini e settori di applicazione, tra cui quello delle costruzioni. Rispecchiando lincerta cultura della legalit che contraddistingue alcuni profili dattivit economica, anche in questo contesto le norme hanno avuto scarsa attuazione ed estese aree dinosservanza, in alcuni casi favorite dal consolidarsi di reti di connivenze tra autorit politica, autorit di controllo e controllati. Nel corso degli anni 90 le politiche di controllo e di promozione della sicurezza hanno avuto un nuovo impulso, specie grazie alla legge 626 del 1994: nella crisi del sistema partitico e grazie allo stimolo delle direttive europee si aperta una finestra di opportunit anche in un settore tradizionalmente difficile da regolare come quello della sicurezza nel lavoro, per la natura redistributiva delle poste in palio e per le contrapposizioni suscitate fra le parti sociali. Tra le molte misure che per la prima volta assumono carattere organico si segnalano listituzione di percorsi di formazione e di aggiornamento, la creazione di figure professionali responsabili per la sicurezza, la sensibilizzazione e il miglioramento continuo delle condizioni di lavoro. Lobbligo di valutazione del rischio da parte dei datori di lavoro si traduce in un processo di individuazione delle possibili fonti di pericolo, in un servizio di prevenzione e protezione che porta limprenditore responsabile alla predisposizione di misure volte a minimizzare le probabilit che si verifichino danni per infortuni e malattie professionali. La responsabilizzazione sui temi della sicurezza investe entrambe le controparti nei rapporti di lavoro. Da un lato si assiste alla partecipazione dellimprenditore, coinvolto in un processo di miglioramento delle condizioni di sicurezza mediante la predisposizione periodica di documenti di valutazione dei rischi, che comprende anche gli aspetti organizzativi e gestionali dellattivit lavorativa, e nella scelta del medico competente per la medicina del lavoro. Dallaltro c un tentativo di introdurre meccanismi di responsabilizzazione democratica nei problemi della sicurezza sul lavoro: quello che si afferma un modello partecipativo che vede lintroduzione della figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (Rls), eletto dagli stessi lavoratori e integrati dal rappresentante territoriale (Rslt) per le imprese che non hanno un rappresentante proprio (in base al principio che ogni impresa abbia un rappresentante), da consultare preventivamente in tutte le fasi di valutazione dei rischi. Ogni impresa deve poi dotarsi di un responsabile del servizio di prevenzione e protezione, affidando lincarico a professionisti esterni, individuando personale specializzato dellimpresa, o delegando tale funzione allo stesso imprenditore, dietro frequenza di uno specifico corso di formazione. Unembrionale istituzio-

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nalizzazione delle politiche per la sicurezza si realizza anche attraverso listituzione della Commissione consultiva permanente della salute e della sicurezza sul lavoro, presso il Ministero del lavoro. I funzionari e i rappresentanti della amministrazioni locali e degli altri soggetti pubblici nominati nella Commissione hanno il compito di esaminare e formulare proposte di modifica della regolazione esistente in termini di sicurezza e salute, ma anche di proporre linee guida ed esaminare le problematiche evidenziate dai comitati regionali sulle misure preventive e di controllo dei rischi, certificare buone prassi in materia di sicurezza, da proporre come modelli. La valutazione dellefficacia di questi provvedimenti sui rischi infortunistici, a diversi anni dalla sua approvazione, abbastanza positiva: gli imprenditori valutano stabile o in diminuzione il pericolo di infortuni, che comunque rimane nel 61% dei casi medio-elevato; i Rls sottolineano nel 65% dei casi un adempimento solo formale degli obblighi, nel 33% la promozione degli interventi operati in azienda a fini di sicurezza. Coincidono invece i giudizi sul livelli di adeguamento alla normativa, medio-alto in oltre il 90% dei casi (con alcuni limiti derivanti dalla complessit della normativa e dai costi eccessivi degli interventi).123 Tuttavia, la nuova regolazione ha avuto anche impreviste ricadute negative, scoraggiando specie tra le imprese di 1-15 addetti assunzioni a tempo indeterminato (Censis 2001). Un nuovo attore operante in questo settore, a partire dal 2002, lIspesl (Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro), dotato di strutture centrali e territoriali (in 36 province, che coprono anche quelle mancanti). LIspesl fornisce supporto tecnico-scientifico alle Asl per quanto concerne ricerca, sperimentazione, controllo, consulenza, assistenza, alta formazione, informazione e documentazione in materia di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, sicurezza sul lavoro. Ad esso, in altri termini, delegata la risposta alla domanda di analisi ed elaborazione teorica sui temi, a lungo trascurati, della sicurezza sul posto di lavoro. Cos la divulgazione, mediante pubblicazioni scientifiche, dei risultati delle ricerche effettuate rientra tra i suoi compiti istituzionali, cos come la promozione e la divulgazione della cultura della salute e della sicurezza del lavoro nei percorsi scolastici e universitari. La promozione di conoscenze e valori condivisi diventa dunque uno degli strumenti per il con123 Pi specificamente gli imprenditori segnalano il fatto che la nuova regolazione ha portato a considerare la salute e la sicurezza come elementi portanti della programmazione interna; ha indotto la ricerca e il fabbisogno di nuove figure professionali, che non sembra abbiano appesantito, ma migliorato lorganizzazione interna; ha fatto considerare limportanza della salute e della sicurezza come elemento centrale per la certificazione di qualit, riconosciuta importante dal 15% circa delle risposte. I Rls rilevano che il decreto ha avuto il merito di proporre strumenti e metodi concreti per lo sviluppo della prevenzione e ha indotto una partecipazione sostanziale dei lavoratori su queste tematiche (Censis 2001b, 4-5).

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solidamento di una comunit di attori istituzionali e scientifici capaci di coordinare le proprie iniziative in questo settore di policy. Inoltre, lIspesl svolge attivit di consulenza e assistenza alle imprese (specialmente quelle piccole e medie) e fornisce servizi di certificazione e di vigilanza: lintervento nei controlli su istanza degli enti locali delegato a quei casi nei quali richiesta unelevata competenza scientifica negli accertamenti e nelle indagini. Nel 2003 la maggioranza di centrodestra ha messo in cantiere un primo tentativo di regolare con un testo unico i problemi della sicurezza sul lavoro, approvando una legge delega che ne sanciva generiche linee guida (tra cui il riordino normativo, la riformulazione delle sanzioni, la promozione di codici di condotta e dellinformazione sui rischi). Nella sua versione definitiva, il progetto ha incontrato la forte opposizione di sindacati, parti sociali e associazionismo, che imputavano al progetto, tra laltro, lindebolirsi delle misure generali di prevenzione, lattenuazione dei poteri di controllo dei Rls, linnalzamento delle soglie di dimensioni delle imprese per le quali sono previsti obblighi di valutazione dei rischi e delle modalit di adempimento, laffievolirsi delle sanzioni penali. Il parere contrario delle Regioni e del Consiglio di Stato nella conferenza unificata hanno finito per affossare il progetto, ritirato nel 2005. Nonostante questo fallimento la nuova maggioranza di centrosinistra, forte dellattenzione dei mass media nei confronti dello stillicidio di morti e di una maggiore disponibilit delle parti sociali, ha inserito il problema nella propria agenda politica. Di qui lapprovazione, nel 2007, di una nuova legge delega per larmonizzazione e la razionalizzazione della normativa esistente, che prevede tra laltro lestensione dei principi della legge 626 a tutti i settori e tipologie a rischio, nonch a lavoratori autonomi e dipendenti. A questo si aggiunto il tentativo di imprimere una maggiore forza deterrente al sistema dei controlli, anche attraverso il rafforzamento degli organici degli ispettorati del lavoro e linasprimento delle sanzioni, dalla sospensione dei lavori fino alla chiusura definitiva, in caso di mancata regolarizzazione nei cantieri nei quali si riscontra la presenza di lavoratori in nero o linosservanza delle disposizioni in materia di sicurezza e salute. La nuova regolazione cerca dunque di governare processi di crescita della frammentazione produttiva, che si traduce nella gi ricordata esternalizzazione, anche tramite gli appalti, e nellemergere di sistemi produttivi complessi; a livello istituzionale, si invece realizzata una moltiplicazione di attori coinvolti a vario livello, rafforzando le istanze di direzione e coordinamento. Nel maggio 2008 entrato in vigore il testo unico in materia di sicurezza, la nuova cornice istituzionale che definisce i principi ispiratori e le linee guida delle future politiche, in una prospettiva pi aperta a prevenzione e formazione, piuttosto che alla mera repressione degli illeciti.

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In estrema sintesi, il nuovo testo prevede: (a) il riordino della normativa vigente, armonizzando le disposizioni stratificatesi nel tempo e semplificando gli adempimenti burocratici per le imprese, con lintento ridurre lincertezza e le aree di evasione derivanti da un quadro regolativo che col tempo si era fatto di difficile decifrazione. (b) La predisposizione di un assetto organizzativo e istituzionale di coordinamento, controllo e valutazione delle politiche per la sicurezza che ricorda, sotto alcun profili, quello delle politiche per lemersione del lavoro nero, ma che in questo caso esclude il livello provinciale. Anche in questo ambito si ampliano reti di partecipazione e condivisione di esperienze tra attori istituzionali di diverso livello e parti sociali, mediante organismi paritetici e incontri periodici. prevista la creazione di un Comitato per lindirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento delle attivit di vigilanza in materia di salute e sicurezza, che stabilisce le linee comuni dintervento a livello nazionale, individua obiettivi e programmi, definisce annualmente la programmazione in relazione alle diverse priorit, tenendo conto delle indicazioni dei comitati regionali. Ne fanno parte rappresentanti dei ministeri competenti (salute, lavoro, interno) e regioni (con 5 rappresentanti), con il coinvolgimento degli enti centrali (Inail, Ispesl, Ipsema). inoltre prevista listituzione di una Commissione consultiva permanente, con rappresentanti dei ministeri, delle regioni e di esperti designati dalle organizzazioni sindacali e dei datori di lavoro, che esamina i problemi applicativi della normativa sulla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, formula proposte per il miglioramento delle norme vigenti, esprime pareri sui piani del Comitato, definisce le attivit di promozione e prevenzione e le procedure standardizzate per la valutazione di rischi e criteri di qualificazione delle imprese. A livello territoriale viene istituito un analogo modello di indirizzo e controllo delle politiche, delegati ai comitati regionali di coordinamento, che vedono la partecipazione delle parti sociali alla formulazione e al controllo delle politiche. (c) Il riequilibrio e linasprimento fino al quintuplo delle pene pecuniarie del sistema di sanzioni previste in caso dinadempimento delle norme in materia di sicurezza del lavoro da parte dei datori. Le sanzioni, successivamente attenuate per alcune fattispecie nellagosto 2008 dal governo di centrodestra (anche a seguito delle pressioni di Confindustria) assumono in alcuni casi valenza penale: si va dallarresto per i casi pi gravi alle sanzioni pecuniarie, alla sospensione delle attivit per quelle imprese che abbiano pi del 20% dei lavoratori in nero, o sottopongano i dipendenti a turni pi pesanti di quelli consentiti dai Ccnl. Inoltre, agli appaltatori viene attribuita una responsabilit in solido rispetto alle imprese subappaltanti. (d) Il rafforzamento dei livelli di tutela dei lavoratori di tutte le categorie, con

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unestensione dei loro diritti in tema di salute e sicurezza, ad esempio sancendo il diritto al risarcimento del danno per il lavoratore subordinato. Va in questa direzione anche il ruolo pi incisivo riconosciuto ai Rls e ai rappresentanti dei lavoratori, cui viene garantito il potere di ispezionare gli impianti e di prendere visione di documenti aziendali rilevanti, e lobbligo per i datori di lavoro di pubblicare un documento di valutazione complessiva del rischio. Queste figure assumono una valenza strategica, in qualit di destinatari di specifici processi di formazione e di detentori di conoscenze specialistiche. (e) La raccolta e la condivisione delle informazioni su infortuni, ispezioni e attivit in materia di salute e sicurezza sul lavoro viene affidata a un sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro, nel quale sono coinvolte anche le parti sociali. Lintento quello di fornire dati utili a coordinare le attivit informative dei diversi soggetti istituzionali, orientarne le scelte, valutarne i risultati. (f ) La promozione di attivit private e pubbliche miranti alla sensibilizzazione del pubblico sui temi della salute e della sicurezza del lavoro, anche attraverso forme di collaborazione istituzione di corsi, seminari, ecc. con il sistema scolastico. (g) Anche nel settore sensibile delledilizia e degli appalti sono state introdotte modifiche rilevanti.124 Con la nuova regolazione i costi per la sicurezza e la salute sui luoghi di lavoro sono posti in evidenza nei bandi e proporzionati al numero di lavoratori e allentit della realizzazione, sottraendoli cos alla procedura di aggiudicazione al ribasso. Si cerca in questo modo di attenuare lincentivo, per chi commissiona lopera, a fare affidamento sulla successiva assegnazione a cascata mediante subappalti, cos da strappare prezzi inferiori senza esporsi alle conseguenze legali dellevasione della regolazione fiscale, pensionistica, antinfortunistica. Un meccanismo di blacklisting dovrebbe portare allesclusione dalle gare bandite dagli enti pubblici delle imprese che non hanno rispettato le norme. Permane tuttavia una completa irresponsabilit del committente o della societ appaltatrice in merito ad eventuali violazioni della normativa antinfortunistica da parte degli appaltatori: proprio la presenza di una piramide di societ appaltatrici contribuisce a rendere il lavoro precario o in nero particolarmente difficile da monitorare, venendo meno qualsiasi interesse al controllo diretto da
124 Come gi messo in evidenza, la presenza di una catena di subappalti appanna le responsabilit e ostacola i controlli, alimentando una competizione per labbattimento dei costi che comporta, oltre al ricorso estensivo al lavoro nero, lindebolirsi dei parametri di sicurezza. Lattivit ispettiva in materia di sicurezza e igiene sul lavoro conferma questo dato: le violazioni pi ricorrenti riscontrate sono infatti quelle relative alla normativa del settore edile, con 33.048 irregolarit nel solo 2007 (Ministero del lavoro, 2008).

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parte dei beneficiari finali della riduzione dei costi conseguente allindebolirsi della tutela antinfortunistica. In altri termini, i diritti dei dipendenti delle societ subappaltanti non sono tutelati con la stessa efficacia di quelli della societ che si aggiudicata il contratto.125 A questo si aggiunge il profilo formalistico dei controlli, che va a guardare al disbrigo delle pratiche pi che alla sostanza delle sicurezza: Magari per la normativa viene sanzionata la ditta che non ha formalizzato gli atti, e magari invece c la ditta che ha i documenti a posto senza un reale sistema di prevenzione e non gli succede nulla (contr1). Il testo unico sulla sicurezza, la cui entrata in vigore ha coinciso con la fase di passaggio di consegne tra due governi sostenuti da maggioranze diverse, ha pagato finora il prezzo della mutata sensibilit del nuovo esecutivo, pi sensibile alle richieste delle associazioni imprenditoriali. Al dicembre 2008 nessun atto o decreto attuativo ne sarebbero stati necessari 38 ha accompagnato il testo, mentre una serie di emendamenti ha inciso sulle norme relative a orari, appalti, precariet e vigilanza, in direzione di un maggiore lassismo, e rinviato lapplicazione delle novit in merito a valutazione del rischio. Ad esempio, una direttiva ha vietato agli ispettori del lavoro di attivarsi con verifiche sulla base di denunce anonime. Il responsabile nazionale della sicurezza della Cgil denuncia che si stanno creando tutte le condizioni perch i rischi per i lavoratori tornino ad aumentare: in assenza di un accordo nelle trattative tra sindacati e Confindustria per un avviso comune sul testo unico, possibile che il governo finisca per accogliere le istanze imprenditoriali, alleggerendo le ispezioni e riducendo gli obblighi per i datori di lavoro.126

5.4. Politiche per la salute e sicurezza nel lavoro: dalla Toscana alla provincia di Pisa 5.4.1. La sicurezza nei luoghi di lavoro in Toscana
Negli ultimi anni il sistema produttivo della Toscana, tradizionalmente caratterizzato da distretti con una struttura portante di piccole e medie imprese, ha consolidato alcune linee evolutive: la tendenza alluscita dal perimetro terri125 Del resto, anche quando i fondi da destinare alla sicurezza sono formalmente esclusi dalla procedura di assegnazione al massimo ribasso dellappalto, questo non esclude che in pratica limpresa in difficolt nella realizzazione finisca per spostare occultamente risorse dalluna allaltra voce di bilancio, dai costi per la sicurezza ai costi di produzione. 126 Si veda La Repubblica, 5 dicembre 2008, in http://www.repubblica.it/2008/11/sezioni/cronaca/ thyssen/morti-lavoro-un-anno-dopo/morti-lavoro-un-anno-dopo.html. Tra le proposte di Confindustria vi sono la natura privatistica del medico chiamato a controllare la salute dei lavoratori e lautocertificazione per la valutazione dei rischi per le imprese fino a 50 dipendenti (LUnit, 7 dicembre 2008, 14).

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toriale, mediante outsourcing e delocalizzazione dove i costi del lavoro sono pi contenuti; la frammentazione del tessuto imprenditoriale, privo di apprezzabili riscontri in termini di crescita dimensionale, anche per la presenza di una consolidata struttura di sub-forniture e di imprese artigiane; la natura prevalentemente domestica della gestione aziendale, che mantenendo nel perimetro familiare il controllo delle funzioni produttive scoraggia la formazione o lassunzione di figure manageriali esterne. Gli aspetti finanziari, di ricerca e sviluppo, di gestione delle risorse umane finiscono cos per restare in ombra, dal momento che le imprese toscane hanno troppo di frequente inseguito la competizione attraverso rapporti di lavoro fatti di flessibilit non contrattate, talvolta ricorrendo al lavoro nero e sommerso e a varie forme di irregolarit (Cgil-Cisl-Uil 2005, 2). Alcuni studi ipotizzano una riduzione, a partire dal 2000, della diffusione del lavoro irregolare in Toscana (Unioncamere Toscana 2005). In questa cornice si inserisce la questione della sicurezza sul lavoro. Lapproccio seguito negli ultimi anni in sede regionale, a sostegno dellazione delle articolazioni su scala regionale e provinciale della rete discendente ComitatoCommissioni-Cles-tutori, si basa su una pratica di concertazione istituzionale, che pone quali principi guida: (a) il riconoscimento della complementariet tra la sicurezza e la regolarit del lavoro; (b) la promozione di meccanismi di integrazione e coordinamento tra gli enti cui delegata lattivit di prevenzione e controllo ispettivo; (c) la valorizzazione del contributo delle parti sociali, in base ai criteri della bilateralit e del parteneriato.127 Il decennio che va dal protocollo dintesa dellottobre 1997 tra Regione, enti locali e parti sociali fino al Patto per la sicurezza e la regolarit del lavoro in Toscana del dicembre 2007 si snoda cos attraverso patti e protocolli dintesa con le parti sociali e lassociazionismo. Nel contempo si realizza un progressivo affinamento degli strumenti regolativi, con lapprovazione di alcune leggi regionali che specificano modalit di applicazione e criteri di prevenzione, in particolare nel settore sensibile dei cantieri e degli appalti. Il Patto per la sicurezza del 2007 individua sotto questo profilo alcune linee generali di intervento: la sensibilizzazione degli attori al rispetto delle diverse forme di qualificazione tecnico-professionale, di tutela del lavoro e della sicurezza, ad esempio definendo in sede progettuale gli strumenti di pianificazione della sicurezza, comprensivo di oneri non soggetti a ribasso; la promozione di campagne di sensibilizzazione sulla cultura della sicurezza, rivolta tanto agli operatori del settore che alla collettivit; la diffusione di buone pratiche e di meccanismi premiali per le imprese virtuose;
127 Si veda a questo riguardo il Patto per la sicurezza e la regolarit del lavoro in Toscana, 21 dicembre 2007, p.4.

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il potenziamento dei controlli e delle sanzioni, anche mediante clausole di risoluzione; lapplicazione di codici etici; la progettazione e lattuazione di percorsi di formazione e aggiornamento professionale, rivolti anche agli amministratori delle stazioni appaltanti. In questa cornice rientra anche il progetto regionale per la costituzione di una rete dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, attuato a partire dal 2008 e previsto dal piano sanitario regionale e dal nuovo patto per uno sviluppo qualificato. Il fine perseguito il rafforzamento della figura dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza Rls e Rlst attraverso la costituzione di una serie di canali di comunicazione e di interventi di natura informativa, che dovrebbero integrare quelli rientranti nelle competenze del datore di lavoro. Lutilizzo di questi strumenti, infatti, dovrebbe arricchire il bagaglio di conoscenze e di competenze, di natura sia tecnica che relazionale, dei Rls. Se il ruolo strategico dei Rls quello di cerniera tra lavoratori, datori di lavoro e altri soggetti deputati alla prevenzione e alla sicurezza, in molte aziende, specie quelle di piccole dimensioni, essi appaiono privi di una reale capacit di influenza. Lintervento di supporto della regione ha portato allistituzione di un tavolo regionale di confronto e condivisione di esperienze, con la collaborazione dei dipartimenti prevenzione delle aziende Usl, tramite un gruppo operativo rete Rls (tra regione e aziende Asl): i principali prodotti del progetto sono stati una banca dati regionale, la realizzazione di seminari informati, pagine web e un bollettino informativo (Inail 2008b, 69). Anche in Toscana lattivit ispettiva e di vigilanza, altro pilastro delle politiche per lemersione, si intensificata a partire dal 2007, coerentemente con le linee programmatiche della legge finanziaria. Nellaprile 2008 la giunta regionale ha deliberato lassunzione di 41 nuovi ispettori dellAsl, ponendo quale obiettivo un incremento dei controlli del 10% nel 2008 e del 20% nel 2009. Come mostra la tabella 5.7, comparando il primo trimestre del 2006 con lo stesso periodo del 2007 si registra un sensibile incremento, pari ad oltre il 20%, delle aziende ispezionate, con una corrispondente crescita del numero di aziende irregolari. Il rafforzamento delle ispezioni dovuto allimpegno di ispettorati del lavoro e Inail, mentre segna il passo lattivit dellInps. Sembra inoltre confermato uno slittamento, gi osservato in altri contesti, dal lavoro completamente in nero a forme pi sfumate di lavoro grigio, come mostra la significativa contrazione del numero di lavoratori completamente invisibili scoperti, a fronte di un sensibile aumento di lavoratori e aziende che presentano forme pi o meno rilevanti di irregolarit.

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tab. 5.7: Risultati dellattivit ispettiva in Toscana, comparazione primo trimestre 2006/2007. Fonte: Ministero del lavoro, in http://www.escidalnero.it/i_dati.html.
Ente Variazione primo trimestre 2006/2007 Aziende ispezionate Aziende irregolari N. lavoratori irregolari N. lavoratori totalmente in nero Recupero contributi e premi evasi

Ministero del lavoro

2006 2007 Variazione % 2006 2007 Variazione % 2006 2007 Variazione % 2006 2007 Variazione %

1741 2640 51,64% 2588 2578 -0,39% 524 671 28,05% 4853 5889 21,35%

878 1404 60,36% 1945 2016 3,65% 425 524 23,29% 3248 3948 21,55%

1210 2661 119,92% 1861 1501 -19,34% 1130 344 -69,56% 4201 4506 7,26%

605 803 32,73% 1661 1266 -23,78% 954 276 -71,07% 3220 2345 -27,17%

3.660.598 4.208.849 14,98% 11.912.000 14.967.000 25,65% 678.240 1.366.121 101,42% 16.250.838 20.541.970 26,41%

Inps

Inail

Riepilogo generale

5.4.2. Le politiche per la sicurezza nel lavoro nella provincia di Pisa: la rete degli attori
Diversi enti locali della provincia di Pisa hanno messo in atto iniziative per promuovere la sicurezza sui posti di lavoro, in una prospettiva di prevenzione e formazione coerente con lapproccio del cosiddetto modello di sviluppo (si veda il primo capitolo). Interventi e azioni hanno come minimo comune denominatore la ricerca di condizioni in termini di incentivi, valori e aspettative condivise volte a incoraggiare le imprese e gli operatori economici a sviluppare le proprie potenzialit concorrenziali su una strada orientata allinnovazione e al miglioramento qualitativo, piuttosto che in direzione di obiettivo quantitativo di mera compressione dei costi di produzione, e dunque del lavoro, alla radice di diverse situazioni critiche. Attore cardine nel coordinamento delle politiche per sicurezza la Provincia di Pisa, che attraverso una serie di delibere, a partire dal 2000, ha acquisito una funzione di raccordo con gli altri enti, istituzioni e attori sociali. In particolare, la Provincia ha sviluppato unattivit di formazione alla sicurezza rivolta alle imprese, grazie al ricorso a fondi sociali e nazionali, assieme a servizi di informazione e di sensibilizzazione ai lavoratori attraverso gli sportelli del Cpi (anche tramite una convenzione con la Asl), i quali forniscono la formazione di base: cos quando un lavoratore entra in azienda sappiamo che un

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minimo di nozioni sulla sicurezza ce lha (asscat5).128 Nel triennio 2004-2006 la Provincia di Pisa ha destinato risorse finanziarie provenienti da fondi nazionali e comunitari alla realizzazione di interventi formativi per la prevenzione di malattie e infortuni professionali nei diversi contesti di attivit economica sul territorio: quasi 2,4 milioni di euro di fondi nazionali sono stati destinati alla realizzazione di 188 progetti (dei quali 132 per la sicurezza aziendale, 23 per servizi educativi, gli altri in specifici comparti economici); oltre 500 milioni di euro di fondi europei sono stati destinati a una serie di progetti specifici. Anche le Asl e lInail sono attive in questo campo, con corsi di formazione e lezioni esplicative nelle scuole, affiancate da programmi di intervento con tecnici che operano sul territorio per mostrare alle aziende le prassi da seguire per mettersi progressivamente a norma. Una particolare attenzione stata rivolta al settore sensibile degli appalti. Dopo un protocollo dintesa sottoscritto nel 2001 tra provincia e alcuni comuni per i cantieri temporanei e mobili, e una serie di azioni di sensibilizzazione rivolte a tutte le componenti del settore delledilizia, nel 2005 stato stipulato un protocollo dintesa tra provincia, sindacati, parti sociali, Asl e altri attori istituzionali per la sicurezza nei cantieri temporanei e mobili, cui ha fatto seguito lanno successivo lapprovazione e ladozione di un capitolato speciale dappalto. Presso la Cassa edile si poi attivato un Comitato paritetico territoriale: Si passava dalla scuola edile, che faceva formazione (sicurezza, anti-incendio, ecc.) allorgano ispettivo, il Cpt sta nel mezzo: non va per sanzionare ma nellottica della prevenzione e dellassistenza (asscat1). Per quanto riguarda la rete di attori che interagiscono nelle politiche per la sicurezza sui luoghi di lavoro, nella figura 5.1 sono rappresentate graficamente le relazioni relativamente pi frequenti caratterizzate da contatti con cadenza almeno mensile intessute nel contesto della Provincia di Pisa.129 Limitando lanalisi ai legami tra i soggetti analizzati in profondit mediante interviste (attori istituzionali, organi di controllo, associazioni di categoria, sindacati) emergono almeno tre aspetti significativi: (a) la densit non particolarmente elevata del reticolo. Il valore di densit 0,279, ossia sono stati indicati dagli intervistati solo il 27,9% dei legami possibili tra i diversi soggetti compresi nella rete; (b) la posizione nodale occupata dalla Provincia e dalla Asl, i due gangli centrali del
128 Accanto a questo si segnala un progetto della Provincia di Pisa (Scream-Stop al lavoro minorile), di pi ampio respiro, sui diritti dei minori e sul contrasto del lavoro minorile, in corso di realizzazione in collaborazione con le scuole. La Provincia di Pisa allinterno del progetto responsabile internazionale (riconosciuta dallIlo-International Labour Organization) per la piattaforma internet su cui convergono esperienze e risultati conseguiti dalle scuole del mondo nella lotta allo sfruttamento. 129 Si veda Salvini (2005) per una rassegna di possibili applicazioni e impieghi dellanalisi delle reti sociali allo studio dei fenomeni sociali.

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reticolo; (c) lopinione generalizzata tra i soggetti coinvolti riguardo allattuale completezza della rete, nella quale non essendo indicati problemi di mancato coinvolgimento di altri attori necessari si richiede al pi una maggiore efficienza dei meccanismi relazionali.
fig. 5.1: La rete degli attori nelle politiche per la sicurezza del lavoro in Provincia di Pisa. Fonte: nostra elaborazione da informazioni raccolte nelle interviste.

Provincia e Asl occupano le posizioni centrali allinterno del network, ma in modo speculare: la prima propensa prevalentemente nel relazionarsi con gli altri attori in uscita, la seconda orientata invece in entrata. Infatti lAmministrazione provinciale mostra nettamente la maggiore espansivit, ossia la pi alta propensione a relazionarsi attivamente con altri attori, coerentemente con la sua funzione istituzionale di coordinamento, stimolo e attuazione delle corrispondenti politiche. Anche Cisl, Anmil, Cgil, Asl, Inail e Unione industriali denotano un orientamento dinamico nella ricerca di relazioni con i diversi interlocutori istituzionali. Il soggetto pi popolare per quanto riguarda il numero di contatti ricercati da altri soggetti invece la Asl, seguita a distanza dallInail e dai sindacati Cgil e Cisl.130 Alla Asl gli altri soggetti si rivolgono spesso per questioni
130 Secondo il Freemans Degree Centrality Measures il valore standardizzato delloutdegree (grado di propensione verso gli altri) della Provincia pari a 42,222, seguono Provincia-Cpi, Inail e Cisl (17,778), Anmil (15,556), Cgil (13,333); Asl e Unione industriali (11,111). Il valore standardizzato dellindegree (grado di popolarit) invece del 31,111 per lAsl, seguita da Inail, Dpl e Provincia (15,556), Cisl e Cgil (13,333). Le misure di centralizzazione complessiva del reticolo, che indicano in che misura questo pre-

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concernenti la sua missione istituzionale, consistente precisamente nel fornire vigilanza ma anche formazione e consulenza a tutti gli attori (contr1). Le attivit di coordinamento realizzate dallAsl si sono consolidate in sedi istituzionalizzate come la Consulta territoriale per la sicurezza nei luoghi di lavoro, che dovrebbe riunirsi ogni tre mesi, e il Comitato infortuni provinciale. Questa trama di contatti e comunicazioni, che in alcuni casi devia dai canali istituzionalmente previsti e segue vie informali e riservate, viene segnalata in diverse interviste come strumento vitale per mantenere i rapporti fiduciari con i destinatari delle politiche: Quello che non so o che so per vie discrete osserva ad esempio un attore istituzionale sono cose non scritte da nessuna parte e che non emergono. () Sono informazioni che, in via discreta, passo allassessorato. Sono informazioni che teniamo comunque sotto una certa segretezza per evitare che poi la gente si chiuda nei nostri confronti. Il capo della comunit senegalese, marocchina, bengalese o quella che mi dice una cosa, ma si raccomanda che non si sappia in giro e poi esce qualcosa, con lui non ci parli pi e fine di tutti progetti (ist1). Scomponendo la rete degli attori in sottoinsiemi relativamente coesi, ossia ad alta densit di relazioni intense, dirette e reciproche, emergono 11 clusters di soggetti formati da tre o pi attori: in tutti questi sottogruppi presente la Provincia, la Asl coinvolta in 6, a dimostrazione dellintensit della loro relazione. I soggetti che appartengono al maggior numero di sottoinsiemi sono Provincia e Asl. Queste ultime risultano appartenere a un alto numero di sottogruppi anche assieme a Inail, Cisl, Uil e Cgil. Attraverso una procedura gerarchica di individuazione di sottogruppi (vedi figura 5.2) si individua anche un altro sottoinsieme di attori, meno coeso, formato da Dpl, Inps, Confagricoltura, Aema e Cia. Altri attori, come Cassa edile, Cobas e Unione industriali appaiono invece relativamente pi isolati.

senti una struttura centralizzata, denotano un livello maggiore di centralizzazione in uscita (33,333%) superiore rispetto a quello in entrata (21,381%), il che significa che gli indici di indegree di ciascun soggetto sono tra loro relativamente pi omogenei.

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fig. 5.2: Il percorso di aggregazione dei sottogruppi coinvolti nelle politiche per la sicurezza sul lavoro nella Provincia di Pisa. Fonte: nostra elaborazione da informazioni raccolte nelle interviste

La Provincia svolge inoltre un ruolo forte di intermediario allinterno della rete, rappresentando pi frequentemente il passaggio obbligato per mettere in comunicazione soggetti diversi, che altrimenti non entrerebbero direttamente in contatto tra loro. Il modello che si presenta nelle politiche della sicurezza quello del mediatore-coordinatore: i nodi della rete sono riconducibili a un medesimo gruppo, e alcuni attori la Provincia per prima, ma anche lAsl filtrano i rispettivi rapporti. Una funzione rilevante di mediazione-coordinamento viene svolto anche da due attori sindacali, Cgil e Cisl.131 Nella rappresentazione delle relazioni tra gli attori lanalisi si concentrata sulle relazioni interne agli attori intervistati, sulla base di una preliminare mappatura degli attori significativi allinterno di questo settore di policy.132 Le informazioni relazionali raccolte nelle interviste confermano la sostanziale correttezza delle ipotesi di ricerca riguardo agli attori rilevanti in questo campo. Pochi altri attori esterni sono ricercati in modo significativo da pi di un soggetto incluso nel network: i vigili del fuoco (che partecipano al tavolo provinciale presso la
131 Secondo il Gould and Fernandez Brokerage Measures, la misura di intermediazione come coordinatore della Provincia pari a 43, il punteggio della Asl 29, quello di Cgil e Cisl di 24. Tutti gli altri attori hanno punteggi notevolmente pi bassi, in diversi casi pari a 0. 132 Si veda il secondo paragrafo del capitolo 1 sulla metodologia della ricerca.

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Prefettura e ai quali competono una serie di incombenze tecniche e procedurali); la Prefettura (che ospita la Conferenza provinciale permanente di tutti gli enti pubblici); la polizia (che il referente diretto degli enti di controllo qualora nellattivit ispettiva emergano irregolarit pi gravi). Ulteriori soggetti sono chiamati in causa, ma hanno legami limitati ad uno solo degli attori compresi nel reticolo: Regione, Comune, Italia lavoro, Universit, centri di accoglienza, cooperative sociali, Camera di commercio, Provveditorato agli studi, patronati. Questi ultimi hanno contatti continui con lInail che li definisce i suoi diretti stakeholders, in quanto posti a tutela di interessi e diritti dei lavoratori. In generale i soggetti intervistati non segnalano particolari difficolt nel coinvolgimento di altri attori reputati necessari per un migliore coordinamento o efficacia degli interventi.133 Soltanto gli attori sindacali presentano alcune istanze in questo senso. Dal rappresentante dei Cobas viene lamentato un isolamento quasi completo: Dobbiamo fare da soli, anche perch le cose che rivendichiamo non sarebbero condivise dagli altri soggetti sindacali e tanto meno istituzionali. Non collaboriamo nemmeno con le associazioni (sind4). Altri auspicano invece un maggiore coinvolgimento delle scuole (sind3), o parlano di poca attenzione da parte di alcuni comuni c anche un problema di risorse (sind6). Trova inoltre conferma la scarsa politicizzazione di questo settore di policy. Nessuno degli attori intervistati segnala la presenza di specifici legami con attori partitici, o il desiderio di instaurarli. Unica eccezione il rappresentante dei Cobas che menziona generici rapporti con qualche onorevole quando il Prc era presente in Parlamento (sind4). Ci si fin qui limitati ad analizzare la dimensione istituzionale delle reti di attori, che naturalmente si rapportano anche con gli utenti finali degli interventi per igiene e sicurezza, i lavoratori. Tra quelli che sono stati intervistati i principali referenti sono i Rls, loro diretti interlocutori. Per il resto entrano in gioco principalmente gli organi di controllo: LAsl e lIspettorato del lavoro passano pi di frequente. LAsl soprattutto sulla sicurezza. LIspettorato del lavoro passa a prendere i nominativi dei lavoratori ma fa anche controlli sulla sicurezza. Si interessano di pi sulla regolarit, sugli orari, le paghe, ecc.. Chiedono anche se la sicurezza viene rispettata. Vengono fatte delle chiacchierate con i lavoratori senza il datore di lavoro (lav1). Nella percezione dei datori di lavoro la funzione dellAsl appare meramente repressiva: I controlli li fa la Asl, che per non fa prevenzione, fa repressione (datl1). Sullo sfondo rimane invece il ruolo dei sindacati, che nessuno degli in133 Soltanto il rappresentante dellAsl esprime qualche velata riserva: Soggetti istituzionali latitanti? Non so se posso esprimermi (contr1).

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tervistati chiama in causa. Oltre che il risultato di una generica sfiducia nei confronti delle politiche e degli interlocutori istituzionali, questo esito pu derivare dalla preoccupazione dei lavoratori riguardo a un approccio rigido e formalistico dei sindacati, che pu risultare controproducente per quanto riguarda le loro future prospettive lavorative e i rapporti con i colleghi di lavoro.134 Anche per quanto riguarda il versante datoriale si registra una certa labilit dei legami con le rispettive associazioni di categoria. Questo coerente con quanto emerso in altri studi, che rilevano il tendenziale isolamento rispetto alle associazioni datoriali degli imprenditori pi inclini a ricorrere al lavoro irregolare. Questo per li esclude da una serie di servizi (consulenza fiscale e normativa, formazione e aggiornamento, informazioni su sussidi e agevolazioni, ecc.), frapponendosi cos al rientro nella legalit. In altri termini, la realt aziendale irregolare sembra vivere chiusa in un microcosmo, senza collegamenti coi soggetti di rappresentanza presenti sul territorio, n rapporti significativi con altri enti preposti a gestire salute e sicurezza del lavoro: su scala nazionale, solo il 36% degli imprenditori e il 42% dei Rls dichiarano di avere rapporti di collaborazione con gli organismi paritetici territoriali, negli altri casi le relazioni sono conflittuali o inesistenti. Meramente formali o del tutto inconsistenti anche i rapporti con altri enti pubblici, come Inail o Ispesl (Censis 2001b, 4).

5.5. Le politiche di controllo e vigilanza sulla sicurezza del lavoro nella provincia di Pisa
A differenza della realt del lavoro nero o grigio, per sua natura nebulosa e difficile da catturare e rappresentare statisticamente, la dimensione quantitativa dei problemi legati alla sicurezza emerge con buona approssimazione anche se, come vedremo, non senza distorsioni dalle statistiche su infortuni denunciati, morti sul lavoro e malattie professionali, cui si sommano le rilevazioni effettuate dalle strutture di controllo e di erogazioni delle sanzioni. Queste ul-

134 Trova conferma quanto emerso in altre ricerche, dalle quali emerge da un lato una forte difficolt del sindacato () a raggiungere in modo capillare le realt imprenditoriali irregolari, dallaltro la scarsa consapevolezza, da parte dei lavoratori, della possibilit di rivendicare i propri diritti attraverso lazione sindacale. La maggior parte degli intervistati, fatta eccezione per pochi casi, in situazioni particolari, dichiara di non aver mai avuto rapporti con il sindacato (). Una minoranza dei lavoratori intervistati dichiara di rivolgersi al sindacato ma ammette che i sindacalisti non possono intervenire in maniera completamente incisiva e nel totale rispetto delle regole, paradossalmente per non danneggiare ulteriormente il lavoratore, soprattutto in termini di rapporti e relazioni col datore di lavoro e con i colleghi. Queste esperienze si riferiscono prevalentemente ai casi di infortunio, in cui gli intervistati grazie allintervento del sindacato hanno ricevuto regolare assistenza e copertura Inail, in seguito al rifiuto del datore di lavoro di versare la propria parte di oneri assistenziali (Ires-Cgil 2007, 27-9, corsivo aggiunto).

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time, a loro volta, utilizzano le informazioni ricavabili dalle statistiche ufficiali su infortuni e morti per orientare la selezione e il tipo di controllo delle aree da ispezionare: Solitamente nelle aziende impegnate in appalti e subappalti (pubblici e privati) vi un minore rispetto delle leggi e dellapplicazione delle normative di sicurezza, le statistiche sugli infortuni inoltre ci forniscono molti dati utili per il monitoraggio (sind1). Diversi attori istituzionali Inps, Inail, Guardia di finanza, Agenzia delle entrate, Asl e Dpl (Direzione provinciale del lavoro) esercitano attivit di monitoraggio e vigilanza su diversi profili di irregolarit del lavoro. In estrema sintesi, i risultati della loro attivit nella provincia di Pisa nel corso del 2007 evidenziano come la dimensione del controllo fiscale, svolta da Agenzia delle entrate e Guardia di finanza, sia quantitativamente poco significativa, mentre Dpl, Asl, Inps e Inail hanno effettuato circa 4600 controlli, pari quasi 13 controlli al giorno (vedi tabella 5.8).135 I controlli in materia di salute e sicurezza del
Tab. 5.8: Lattivit di controllo del lavoro irregolare nella Provincia di Pisa nel 2007. Fonte: elaborazione da Cles Pisa 2008.
Ente Totale ispezioni Aziende irregolari Lav. irregolari Media ispezioni % ispezioni Sanzioni giornaliere con aziende che presentano irregolarit 742 788 2,8 73,2% 84 illeciti 16 rapporti 378 442 1,1 96,6% 7 25 0,03 77,7% 3 1024 [delle quali 118 in materia di sicurezza e salute nell edilizia] 5 906 0,1 4,7 9% 59,4% 850.751 euro 202 ipotesi di reato [dei quali 49.189 euro per sanzioni e 47 segnalazioni di ipotesi di reato in materia di sicurezza e salute nelledilizia] 213.085 euro Recupero retribuzioni/ contributi/ premi omessi 5.118.672 euro 12.228.777 euro

Inps Inail Guardia di finanza Agenzia delle entrate Dpl

1013 391 9 33 1724 [delle quali 169 in materia di sicurezza e salute nell edilizia]

Unit locali sottoposte a controllo

Unit locali sanzionate

Asl Totale Totale dei controlli in materia di salute e sicurezza

1539 4704 1708

712 2866 830

2166

4,2 12,9

Percentuale ispezioni con unit locali che presentano irregolarit 46,3% 60,9% 48,6%

652.350 euro 1.503.101 euro 17.560.534 euro 701.539 euro

135 La Dpl di Pisa passata dalle 816 ispezioni del 2006 alle 1724 del 2007, risultando la prima in Toscana per numero di controlli ispettivi, tanto sul lavoro nero che sul lavoro grigio (Cles Pisa 2008).

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lavoro sono specificamente affidati alle Asl, ma anche le Dpl (accanto alle Drl, le direzioni regionali del lavoro, qui non considerate) svolgono unanaloga funzione ispettiva limitata al settore edile. Gli altri organismi, invece, si concentrano sulle dimensioni di irregolarit fiscale, previdenziale, e assicurativa. Il dato relativo al 2008, non ancora definitivo (aggiornato al 15 dicembre) mette in evidenza la sostanziale stabilit delle ispezioni eseguite dalla Dpl di Pisa, con 1712 interventi, che hanno portato alla scoperta di 981 aziende irregolari (57,3%) e di 388 lavoratori non in regola (297 completamente a nero), quasi un terzo in pi rispetto a quelli emersi nellanno precedente. Tra gli oltre 1000 illeciti amministrativi riscontrati, la maggior parte riguarda la mancata istituzione, esibizione o rimozione dei libri di lavoro (368 casi), seguita da irregolarit nella comunicazione di inizio o risoluzione del rapporti di lavoro (237), da maxi-sanzioni per il lavoro nero (89), prospetti paga errati o non consegnati (66), irregolarit con i tesserini di riconoscimento in edilizia (55). Sono state inoltre individuate e segnalate 112 ipotesi di reato, inoltrate allautorit giudiziaria: Analogamente a quanto gi rilevato nel 2007, possibile rilevare che il 55% delle fattispecie penalmente rilevanti riscontrate riguardano il settore della prevenzione degli infortuni sul lavoro, il che conferma il collegamento diretto che necessariamente si instaura fra lampliarsi delle dimensioni del lavoro irregolare e laumento delle irregolarit in materia di tutela e sicurezza sul lavoro, che costituiscono la causa principale degli infortuni (Cles Pisa 2008b, 7-8). Lattivit complessiva di Dpl e Asl per il controllo nel campo di sicurezza e salute del lavoro, con 1708 ispezioni nel 2007, pari al 36,3% del totale di verifiche, con una rilevazione di irregolarit il 46,8% rispetto alle verifiche percentualmente inferiore a quella relativa al lavoro nero o grigio. Nellattivit di vigilanza tecnica sui cantieri da parte del Dpl si riscontrata la forte diffusione del fenomeno degli appalti e subappalti a cascata, che iniziano di frequente tra la ditta immobiliare committente e la ditta esecutrice dei lavori la quale, a sua volta, si avvale per lesecuzione delle opere di lavoratori autonomi, spesso artigiani che prestano solo la loro manodopera, senza limpiego di attrezzatura propria, senza dipendenti e senza neppure acquistare materiale da costruzione (Cles Pisa 2008, 24). Si assiste, in altri termini, a un processo di polverizzazione organizzativa in sede di realizzazione delle opere, che nella catena dei subappalti giunge allattribuzione di mansioni a singoli lavoratori autonomi. Questo produce per una radicale incertezza nellindividuazione univoca delle responsabilit delle figure preposte alla sicurezza dei lavoratori, confuse tra soggetti diversi nella molteplicit di societ impegnate nei medesimi cantieri.136
136 Allordinaria attivit di vigilanza, la Dpl ha affiancato nel corso del 2007 due campagne straordinarie: loperazione 10.000 cantieri e il blitz delle grandi lottizzazioni. La prima, programmata a livello

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Lesito di queste trasformazioni, che trova riscontri anche nellattivit ispettiva del 2008, la diffusione di irregolarit nel settore delledilizia: nel 2008 (fino al 15 dicembre) la Dpl ha sottoposto a controllo 422 aziende (in 269 cantieri), riscontrando 236 imprese irregolari, pari al 55,9%, con 89 lavoratori irregolari (dei quali 35 al nero). Ne sono seguiti 16 provvedimenti di sospensione dei lavori per superamento della quota del 20% dei lavoratori irregolari, 5 dei quali in seguito revocati (Cles Pisa 2008b, 10). Laltro attore principale con compiti di vigilanza a livello provinciale lAsl 5 di Pisa, presso la quale operante anche il Comitato di coordinamento degli accessi sui luoghi di lavoro, presieduto dal direttore generale dellAsl 5 di Pisa, che programma interventi di vigilanza congiunta tra i diversi enti, compresi anche vigili del fuoco e Ispesl. Presso lAsl stato istituita anche la Consulta territoriale, con la partecipazione dei rappresenti sindacali, per promuovere salute e sicurezza sostenendo lazione dei Rls. LAsl ha concentrato la propria attivit di vigilanza con inchieste indotte anche da casi dinfortunio o dai malattie professionali soprattutto nei settori delledilizia, della pubblica amministrazione, metalmeccanico (ad alta specializzazione tecnologica) e dei rifiuti. Sono stati inoltre sviluppati progetti dai contorni pi specifici. Tra questi, il progetto sul lavoro atipico, che ho portato alla stesura di linee guida di indirizzo regionale per i soggetti della prevenzione aziendale e per i servizi di prevenzione, successivamente approvate a livello nazionale. Lazione dello sportello informativo sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, in collaborazione con la Provincia, stata potenziata. Nellambito dellazione di vigilanza e assistenza nel settore edilizio stato sottoscritto un protocollo dintesa con la Provincia, i sindacati, altre aziende Usl e associazioni di categoria per la sicurezza nei cantieri mobili e temporanei. stata poi costituita una rete regionale degli Rls. Ci sono poi state politiche di formazione: si veda, ad esempio, il progetto Punto informativo sulla sicurezza nei posti di lavoro, nellambito di una convenzione con la Provincia di Pisa, con il quale emerso che pi efficace e utile per la diffusione della sensibilit e della cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro risulta la presenza delloperatore Usl agli incontri collettivi organizzati per gli apprendisti e i tirocinanti dai Centri per limpiego, che hanno riscosso lapprezzamento dei ragazzi e dei loro datori di lavoro (Asl 5 Pisa, 2008). Alcuni attori segnalano che gli interventi degli organismi di controllo reministeriale, stata realizzata in collaborazione con Inps e Inail, coinvolgendo a Pisa 167 cantieri e 274 aziende, irregolari per quasi la met. La seconda ha portato invece a controlli ad ampio raggio, conducendo a 33 controlli di aziende edili in soli 3 giorni, 6 delle quali irregolari per problemi di sicurezza (Cles Pisa 2008).

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stringono la loro attenzione ad aspetti formali. Gli adempimenti procedurali e le attrezzature richieste a norma di legge, indispensabili per evitare le sanzioni, sono riscontrabili in sede di ispezione, ma limpiego effettivo dei mezzi e delle procedure per la sicurezza rimane in larga misura affidato alla buona volont e alla consapevolezza di lavoratori e imprenditori. Cos, specie in alcuni settori, si allentano le barriere protettive: Specialmente nel settore del lavoro dipendente in agricoltura, quando unazienda ha fatto tutto quello che doveva fare (ha acquistato il materiale anti-infortunistico) a posto, anche rispetto ai controlli. Il problema vero poi lutilizzo di questi strumenti..... La possibilit di questi enti di incidere sul fenomeno anti-infortunistico la vedo abbastanza aleatoria (sind5). Bisogna poi considerare un duplice ordine di problemi: lo scarso coordinamento tra i diversi enti e lasimmetrica distribuzione di probabilit delle ispezioni, che finiscono per colpire con frequenza elevata le sedi pi facilmente individuabili e meno a rischio come le grandi imprese. Su di esse si concentra cos un numero elevato di controllori, che verificano ogni aspetto determinando interruzioni dei processi produttivi (asscat5). Ispezioni e controlli, oltre ad essere un deterrente in s, si associano agli effetti disincentivanti di attivit irregolari condotte in settori ad alto rischio di infortuni e malattie professionali. Lincidente occorso a un lavoratore irregolare, infatti, d la stura a una serie di verifiche e sanzioni che rischiano di far precipitare limpresa in una situazione ingestibile. Come osserva un imprenditore del settore conciario: Se un lavoratore in nero si fa male, lazienda rovinata. E guardi che nel nostro settore gli infortuni sono allordine del giorno. Anche questo un deterrente c molta paura, non delle ispezioni, ma degli infortuni (Irpet 2002). Nellazione di controllo alcuni segnali di pericolosit spingono ad approfondire situazioni a rischio: nel settore agricolo, ad esempio, la presenza di trattori non a norma (ist1), in edilizia o nelle zone industriali (specie quelle del cuoio) la cartellonistica irregolare, il mancato usi di caschi, maschere e guanti, o la posa di cavi elettrici in zone pericolose, come le pozzanghere (asscat1). Gli indicatori di pericolo, naturalmente, sono molteplici e variano a seconda del settore, anche se girando la mancanza di sicurezza la noti ad occhio (lav7).137 In alcuni casi
137 A titolo esemplificativo, anche se non esaustivo, si consideri: lavori in quota sopra i tre metri in totale assenza di opere provvisionali o con estese carenze di protezioni; lavori di scavo superiore al metro e mezzo, in trincea, o a fronte aperto ma con postazioni di lavoro a pi di scavo, senza alcun tipo di prevenzione (ad es., studi geotecnici sulla tenuta del terreno); lavori su superfici non portanti (ad es. eternit) senza alcun tipo di protezione collettiva o individuale; movimentazione manuale di carichi, uso di macchinari automatici, contatto con sostanze pericolose, ecc. (contr5).

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arrivano esposti agli enti preposti al controllo, in maniera pi o meno ufficiale, anche in occasione di incontri informali.138 Ma quello che emerge di frequente anche lomert dei lavoratori, il silenzio, la mancanza di risposte chiare, spesso dicevano di non sapere per chi lavoravano (sind4). A sostegno dellazione di vigilanza degli attori di controllo, nel territorio di Pisa sono stati istituiti organismi collegiali che svolgono attivit di supporto e di coordinamento, soprattutto per quanto riguarda la sicurezza sui luoghi di lavoro e quindi anche la salute dei lavoratori. Nel riquadro sotto (tabella 5.9) sono riassunte le principali strutture e iniziative, delle quali, come gi emerso nel paragrafo 5.4.2, sono promotrici e sede la Provincia e la Asl.
tab. 5.9: Scheda sulle principali strutture e progetti per la sicurezza nei luoghi di lavoro istituiti nella Provincia di Pisa.
SPORTELLO INFORMATIVO PER LA SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO: attivato dalla Asl 5 di Pisa in collaborazione con la Provincia di Pisa presso i Centri per limpiego (Cpi) territoriali. Lobiettivo principale consiste nella promozione e divulgazione della cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro attraverso azioni di informazione e comunicazione rivolte agli utenti del centro per lImpiego di Pisa e Pontedera139. In concreto lattivit dello sportello consiste nella partecipazione di un operatore dellAsl agli incontri che il Cpi organizza per gli apprendisti e tirocinanti; in tale contesto il ruolo delloperatore dellAsl quello di fornire informazioni sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, facendo riferimento in modo specifico a: a) d.lgs.626/1994; b) principali obblighi del datore di lavoro; c) diritti fondamentali e doveri dei lavoratori in materia di sicurezza; d) dispositivi di protezione individuale; e) descrizione del ruolo delle figure previste dal sistema di sicurezza aziendale; f ) presentazione del servizio di prevenzione dellAsl. Importante sottolineare che, a partire dal 2007, si puntato ad un incremento dellattivit dello Sportello, in maniera tale da fornire lo stesso servizio a nuove categorie, in particolare disabili e migranti. DIPARTIMENTO PREVENZIONE ASL 5: Il Dipartimento di prevenzione la struttura dellAzienda sanitaria locale che ha il compito generale di proteggere la salute dei cittadini attraverso la ricerca, il controllo e la rimozione dei rischi e delle nocivit presenti negli ambienti di vita e nei luoghi di lavoro. Esso opera, tra laltro, verifiche periodiche di impianti, apparecchiature e della compatibilit dei progetti di insediamento industriale e di altre attivit lavorative con la tutela della sicurezza Per quanto riguarda igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro esso svolge in particolare le seguenti funzioni: (1) indivi138 Osserva il rappresentante dellAsl: Ad esempio, c un progetto che svolgiamo in collaborazione con la Societ della salute rivolto ai migranti che lavorano nel settore metalmeccanico, in prevalenza impiegati con contratti atipici (di somministrazione). Vengono fatti incontri di sabato nei qualei ci presentiamo. Lo facciamo perch molti non ci conoscono come organismo che tutela gratis i lavoratori. In questi incontri emergono delle realt e delle criticit che altrimenti non percepiresti (contr1). 139 Documento Azienda Usl 5 del 21/03/2008, presentato in occasione del Consiglio provinciale straordinario sul tema del lavoro nero e della sicurezza sul lavoro tenutosi in data 28/03/2008.

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duazione, accertamento e controllo dei fattori di nocivit, pericolosit e deterioramento negli ambienti di lavoro anche attraverso la formulazione di mappe a rischio; (2) determinazione qualitativa e quantitativa e controllo dei fattori di rischio di tipo chimico, fisico, biologico ed organizzativo presenti negli ambienti di lavoro; (3) controllo della sicurezza e delle caratteristiche ergonomiche e di igiene di ambienti, macchine, impianti e postazioni di lavoro; (4) sorveglianza epidemiologica e costruzione del sistema informativo su rischi e danni da lavoro; (5) indicazione delle misure idonee alleliminazione dei fattori di rischio ed al risanamento degli ambienti di lavoro; (6) verifica della compatibilit dei progetti di insediamento industriale e di attivit lavorative e in genere con le esigenze di tutela della salute dei lavoratori; (7) attuazione dei compiti di vigilanza relativi alle aziende con rischi di incidenti rilevanti; (8) controllo della salute dei minori e adolescenti ed educazione alla salute in relazione alla loro collocazione al lavoro; (9) valutazione della idoneit al lavoro specifico nei casi previsti dalla legge (apprendisti e minori); (10) indagini per infortuni e malattie professionali; (11) controllo sullutilizzo delle radiazioni ionizzanti in ambiente di lavoro finalizzato alla tutela della salute dei lavoratori; (12) informazione allutenza in materia di igiene, sicurezza e salute nei luoghi di lavoro; (13) formazione ed educazione alla salute; (14) tutela della salute delle lavoratrici madri; (15) vidimazione del registro infortuni; (16) esame progetti di nuovi insediamenti produttivi e rilascio dei relativi pareri; (17) piani di coltivazione delle cave. CONSULTA TERRITORIALE (dal 2006): ha lo scopo di promuovere la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro anche sostenendo lattivit dei Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (Rls). Allinterno del sito dellAsl 5, nella pagina dedicata al Dipartimento prevenzione, si trova lo Spazio Rls, una sorta di contenitore di contributi volto a favorire la consapevolezza degli utenti sullimportanza dellattivit del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (voci: novit, domande e risposte, documenti e normativa, il giornalino Rls News, una raccolta di link divisi per categorie utili allattivit del Rls). COMITATO DI COORDINAMENTO (ex art. 27, D.lgs. 626/1994): vede coinvolti Dpl, Inail, Inps, VV.FF. e Ispesl ed presieduto dal Direttore Generale dellAsl 5; ha lo scopo fondamentale di coordinare gli accessi ai luoghi di lavoro e quindi di razionalizzare lattivit di vigilanza svolta dai vari enti interessati, in maniera tale da evitar sovrapposizioni e duplicazioni di attivit. In piena sintonia con lo spirito ed il dettato del D.lgs. 124/2004. COORDINAMENTO PER LA SICUREZZA SUL LAVORO: promosso dalla Provincia di Pisa e comprendente, oltre alla stessa Provincia, Prefettura, Asl, Dpl, Inail ed Inps. PROGETTO PREVENZIONE E TUTELA DELLA SALUTE DEI LAVORATORI IN AGRICOLTURA140: esiste per la zona di competenza dellAsl 5, ma anche per la Zona Alta Val di Cecina (Asl 6), dove peraltro i piani integrati di salute interessano anche il settore edile.

140 Il Piano Sanitario Regionale 2005-2007 ha individuato la tutela della salute e della sicurezza in agricoltura come settore prioritario dintervento regionale e per questo ha messo in atto il Piano Mirato 2005/2007 Prevenzione e tutela della salute dei lavoratori in agricoltur, con lo scopo di qualificare e rendere pi incisivi gli interventi di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali ed ottimizzare le risorse. Il Piano ha previsto un efficace sostegno alle iniziative di comunicazione, informazione, formazione, assistenza e sensibilizzazione per lo sviluppo del sistema di prevenzione nel suo complesso. Il Dipartimento della Prevenzione - Settore Prevenzione e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro - dell Azienda Usl n 5 di Pisa ad oggi ha contribuito con lorganizzazione di corsi di formazione per i Tecnici delle associazioni di categoria e con la produzione di brochure informative, indirizzate a lavoratori stagionali, sui rischi specifici associati alla raccolta delle olive e alla vendemmia (da http://sup.usl5.toscana.it/websup/ home# ). Dal sito possibile scaricare i documenti prodotti per lattivit formativa ed informativa, validi strumenti nella valutazione dei rischi nel settore agricolo.

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PROGETTO EXTRACOMUNITARI AGRI-IMPIEGO: progetto pensato per favorire, attraverso i CpI, sia lo sviluppo di un modello che consenta di far emergere il lavoro nero, sia lincontro domandaofferta di lavoro bel settore agricolo per immigrati, agevolandone un inserimento realmente regolare, intendendo per regolare sia la conformit alla legge che la continuit nellarco temporale annuale.

5.6. Gli esiti delle politiche: dati di contesto, indicatori e valutazioni


I risultati degli interventi posti in essere dalla rete di attori esaminata nel paragrafo precedente non sono del tutto soddisfacenti perch altrimenti osserva un attore istituzionale non ci sarebbero tutti questi morti e infortuni, per rispetto a 20 o 30 anni fa un po cambiato. () Ci vuole almeno una generazione per cambiare (Ist5). Come emerge nel capitolo quattro, comunque, alcune linee di tendenza positive affiorano: lo evidenzia in particolare il calo dell11,5% degli infortuni e di circa il 25% delle morti sul lavoro tra il 2001 e il 2007. Si tratta di un risultato che nellultimo periodo, tra il 2005 e il 2007, rimane sostanzialmente stabile nellindustria, servizi e Stato, mentre mostra un lieve peggioramento in agricoltura (vedi tabelle 5.10 e 5.11).
tab. 5.10: Totale infortuni 2005-2007 denunciati allInail in Toscana. Fonte: Inail 2008.
Province Arezzo Firenze Grosseto Livorno Lucca M. Carrara Pisa Pistoia Prato Siena Toscana Totale infortuni 2005 2006 6827 6511 17436 17280 4064 3869 7998 8265 9472 9410 4463 4622 7710 7531 5195 5149 3761 3786 6259 6033 73185 72456 2007 6447 17226 3961 8051 9265 5032 7513 5043 3782 5904 72224 Mortali 2005 11 21 7 7 8 7 11 6 2 7 87 2006 10 24 4 10 9 7 7 8 5 15 99 2007 7 12 10 4 7 5 7 5 3 8 68

tab. 5.11: Infortuni sul lavoro denunciati allInail nel 2006-2007 per provincia, regione, gestione e anno in Toscana. Fonte: Inail 2008b.
Province Agricoltura 2006 2007 787 608 912 241 358 134 337 394 32 887 4690 Var. %r 2,5% -6,9% 1,9% -23,0% -11,2% -5,6% 2,4% -12,6% -3,0% -2,2% -4,1% Industrie e servizi 2006 2007 5476 16028 2898 7582 8697 4713 6873 4516 3640 4795 65218 Va r. %r -1,5% -0,4% 1,8% -1,9% -0,9% 8,6% -0,4% -0,8% -0,5% -3,5% -0,3% Dipendenti conto stato 2006 2007 Va r. %r 185 185 -0,5% 540 590 9,3% 126 151 19,8% 224 228 1,8% 230 210 -8,7% 139 185 33,1% 303 133 110 222 2316 0,3% -9,5% 18,3% 22,7% 6,9%

Arezzo Firenze Grosseto Livorno Lucca M . Carrara Pisa Pistoia Prato Siena Toscana

767 653 895 313 403 142 329 451 33 907 4893

5559 16087 2848 7728 8777 4341 6900 4551 3660 4945 65396

302 147 93 181 2167

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I dati Inail sugli infortuni denunciati nella provincia di Pisa negli ultimi 3 anni rilevano una riduzione dellammontare di casi. Tra il 2006 e il 2007 rimane invariato il numero di morti, concentrato soprattutto nel settore dellindustria (vedi tabella 5.12). Oltre alle politiche di prevenzione e di vigilanza, secondo alcuni osservatori privilegiati questo dato imputabile anche al consolidarsi di una prassi di non-denuncia. Lapprendimento di tecniche di elusione, infatti, pu spingere gli imprenditori a cercare una via per non sottostare allincremento dei premi assicurativi altrimenti dovuti, grazie ad un accordo informale con il lavoratore infortunato: ci potrebbero essere altri infortuni che non vengono denunciati perch... per non danneggiare lazienda. Il discorso che si faceva prima della sottoposizione del lavoratore rispetto allazienda: per non danneggiare lazienda con linfortunio, perch come sappiamo linfortunio fa aumentare il premio assicurativo, il lavoratore pu mascherarlo e assecondare il datore di lavoro e andarsene in malattia, quando invece qualcosa che gli capitato sul lavoro, falsando anche il dato statistico (contr2).141 Un altro elemento che falsa i dati ufficiali il disincentivo alla denuncia nei caso in cui la vittima di infortunio sia un immigrato irregolare, o che teme di non essere del tutto in regola. Per evitare ripercussioni negative (decreto di espulsione, sanzioni, ecc.), questi sar allora indotto a passare sotto silenzio levento: gli stranieri si infortunano di pi sul lavoro ma hanno anche pi paura di denunciare linfortunio: nella maggior parte dei casi gli infortuni non denunciati sono quelli accorsi agli stranieri (sind7).142 In questa prospettiva, il calo degli infortuni denunciati potrebbe corrispondere semplicemente alla crescita della quota di lavoratori extracomunitari irregolari attivi nei settori pi a rischio.

141 Un consulente conferma il frequente utilizzo di questa prassi, specie nelle piccole imprese, che apporta benefici economici agli imprenditori senza arrecare svantaggi ai lavoratori infortunati: I lavoratori che operano in piccolissime realt possono essere spinti a non denunciare lincidente: siccome quando succedono incidenti scattano percentuali maggiori nei pagamenti dellInail, il datore di lavoro dice non un incidente grave, vai in malattia, d che ti sei fatto male a casa [...] Il lavoratore a volte ti viene a chiedere: ma cosa passa tra la malattie e linfortunio? Quanto prendo? Quanto perdo? A livello retributivo non perdi nulla [...]. Da queste domande si evince che l c una situazione particolare, senn nessuno farebbe una domanda cosa cambia se mi paga lInail o se mi paga lInps (sind2). 142 In Toscana il numero di infortuni a lavoratori stranieri negli ultimi tre anni in lieve ma costante incremento, avendo toccato nel 2007 la percentuale media di circa il 14,4% del totale (rispetto al 12,3% del 2005). Altalenante invece landamento relativo agli infortuni mortali, occorsi a stranieri nel 13,1% dei casi nel 2005, nel 9,2% nel 2006, nell11,9% nel 2007 (Inail 2008b, 26).

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tab. 5.12: Infortuni mortali sul lavoro avvenuti nel periodo 2005-2007 e denunciati allInail in Toscana, per provincia. Fonte: Inail 2008.
Province Agricoltura 2005 2006 1 1 4 1 2 9 2 4 2 2 3 13 2007 1 3 4 Industrie e servizi 2005 2006 2007 10 18 7 7 7 7 7 5 2 5 75 8 20 10 10 6 7 5 8 5 12 85 7 12 4 4 7 5 6 5 3 5 63 Dipendenti conto stato 2005 2006 2007 2 1 3 1 1 1 1 Arezzo Firenze Grosseto Livorno Lucca M. Carrara Pisa Pistoia Prato Siena Toscana

Rivolgendo pi nello specifico lattenzione ad alcune categorie di lavoratori apprendisti, parasubordinati e interinali appartenenti in senso ampio a nuove figure professionali, caratterizzate da maggiore flessibilit nella regolazione delle rispettive posizioni contrattuali, in termini assoluti la situazione della provincia di Pisa risulta in lieve peggioramento. Per quanto riguarda gli apprendisti nel 2007 sono stati denunciati allInail 335 infortuni in provincia di Pisa (dei quali 96 nellindustria, 144 nellartigianato e 89 nei servizi), pari al 12,8% dei 2618 casi registrati in Toscana. Tra i lavoratori parasubordinati e gli interinali (vedi tabelle 5.13 e 5.14) si osserva negli ultimi tre anni un progressivo incremento, tanto su scala provinciale che regionale, degli episodi denunciati allInail. A Pisa nel 2007 si sono verificati 77 infortuni di lavoratori parasubordinati contro i 58 del 2005, e 175 di interinali rispetto ai 116 del 2005. Questa linea di tendenza rispecchia naturalmente lespansione di tali forme contrattuali, cui le imprese hanno fatto ricorso pi frequentemente negli ultimi anni. La quota di infortuni nella provincia di Pisa, rispetto al dato complessivo regionale, risulta negli stessi anni in crescita: tra il 2005 e il 2007 aumenta dal 9% al 9,9% il numero di infortuni di lavoratori parasubordinati denunciati a Pisa; dal 17,9% al 19% nel caso dei lavoratori interinali.

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tab. 5.13: Infortuni sul lavoro avvenuti nel periodo 2005-2007 nelle province toscane, lavoratori parasubordinati industria e servizi. Fonte: Inail 2008b.
Province Arezzo Firenze Grosseto Livorno Lucca M. Carrara Pisa Pistoia Prato Siena Toscana Totale infortuni 2005 40 146 29 83 89 33 58 54 54 55 641 2006 46 204 38 88 111 44 72 72 52 55 782 2007 44 190 35 88 104 61 77 70 59 52 780

tab. 5.14: Infortuni sul lavoro avvenuti nel periodo 2005-2007 nelle province toscane, lavoratori interinali (forma contrattuale sostituita dalla somministrazione di lavoro con la l.30/3003) industria e servizi. Fonte: Inail 2008b
Province Totale infortuni 2005 2006 50 173 11 85 64 20 116 20 51 58 648 71 218 12 117 90 29 173 28 48 51 837 2007 85 258 18 109 83 47 175 29 55 63 922 Arezzo Firenze Grosseto Livorno Lucca M. Carrara Pisa Pistoia Prato Siena Toscana

Anche se non sono disponibili su base provinciale, il dato regionale per settore di attivit economica conferma che larea maggiormente a rischio di infortuni quella delle costruzioni, seguita da trasporti e logistica, servizi immobiliari, commercio (vedi tabella 5.15). Mentre prevedibile il peso molto modesto degli infortuni denunciati per servizi domestici, meno dell1 per cento del totale, abbastanza sorprendente lo scarso rilievo del settore agricolo, anche questo al di sotto dell1 per cento, che invece viene segnalato dagli attori intervistati nella nostra ricerca come uno dei settori sensibili (si veda pi avanti, paragrafo 5.7). Questa incongruenza trova almeno due spiegazioni. In primo luogo, la natura familiare delle imprese operanti in questo settore pu indurre le vittime di infortuni ad evitare denunce che porterebbero a un aggravio dei contributi

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assicurativi, ricorrendo invece cosa che del resto avviene anche in altri settori a periodi di malattia fittizia. C inoltre un probabile effetto di sovrastima, da parte degli osservatori, per la maggiore gravit relativa degli infortuni in questo campo. Ad esempio, nel corso del 2005, ben 4 degli 11 infortuni mortali sul lavoro in provincia di Pisa si sono realizzati nel settore agricolo, 2 su 7 nel 2006.
tab. 5.15: Infortuni denunciati nei principali settori di attivit economica in Toscana. Fonte: elaborazione da dati Inail Toscana 2008.
Settori di attivit economica Costruzioni Trasporti Immobiliari Commercio dettaglio Sanit Alberghi e ristorazione Industria metalli Servizi pubblici Agrindustria Personale domestico Totale (esclusi determinato) settore 2003 9961 5891 4497 3694 3122 3126 3150 2157 400 264 non 57643 2004 10105 5718 4409 3703 3129 3050 2871 2255 429 295 56634 2005 9742 5414 4157 3506 3251 3142 2939 2215 428 295 55026 2006 9771 5417 4733 3518 3257 3119 2768 2192 431 302 54787 2007 9069 5328 4409 3594 3311 3025 2643 2111 413 312 52241 % rispetto al totale nel 2007 17,3% 10,2% 8,4% 6,9% 6,3% 5,8% 5,1% 4,0% 0,8% 0,6% 100%

Nel settore edile elementi di riscontro sullefficacia delle politiche anti-infortunistiche nella provincia di Pisa sono ricavabili dai dati forniti dalle imprese aderenti alla Cassa e scuola edile (vedi tabella 5.16). Tra il 2001 e il 2007 i lavoratori iscritti sono aumentati del 50%, ma nello stesso periodo gli infortuni denunciati sono diminuiti costantemente in termini percentuali, con la conseguenza che lincidenza di infortunio sugli occupati passata dal 7,4% del 2001 al 4% del 2007. Tale costante discesa dei casi di infortunio, registrabile, in particolare, dal 2005 ad oggi, dovuta a due fondamentali ragioni: in primo luogo, lapplicazione di una nuova politica nella individuazione degli indumenti antinfortunistici, basata sul criterio della portabilit; in secondo luogo, al forte investimento realizzato nella formazione dei lavoratori (Cles Pisa 2008, 32).

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tab. 5.16: Lavoratori iscritti alla Cassa e scuola edile e lavoratori infortunati nel settore edilizio a Pisa, 2001-2007. Fonte: elaborazione da dati Unione Industriale Pisana, in Cles Pisa 2009.
Anno Numero lavoratori iscritti Numero di casi dinfortunio Incidenza in percentuale degli infortuni sugli occupati 2001 4076 305 7,4% 2002 4412 341 7,7% 2003 4559 339 7,4% 2004 4676 326 7,0% 2005 4979 376 7,6% 2006 5767 338 5,9% 2007 6570 267 4,1%

Un segnale della sussistenza di condizioni di igiene inadeguate per la salute nei luoghi di lavoro proviene invece dalle statistiche sul riconoscimento delle malattie professionali, che a differenza degli infortuni o delle morti sul lavoro fotografia istantanea della gravit del problema in termini di incolumit fisica ne mostrano gli strascichi nel medio e lungo periodo. Si tratta di dati da considerare peraltro con alcune cautele perch, oltre al lasso temporale differenziato che (a seconda del settore interessato) separa il riconoscimento dellindennizzo o della rendita dallesercizio del lavoro in condizioni insalubri, entra qui in gioco una distorsione legata alle caratteristiche delle procedure, alla maggiore o minore solerzia degli uffici nel seguire le corrispondenti pratiche. Questo pu spiegare il peso relativo di alcune province toscane rispetto allampiezza del loro tessuto produttivo, come nel caso di Lucca, con un quarto del totale di indennizzi nel 2006, o di Arezzo con oltre il 17% (vedi figura 5.17). Nella provincia di Pisa sono state riconosciute, fino allaprile 2008, 48 casi relativi allanno 2006, pari al 9,7% dei casi in Toscana. Alcuni attori sottolineano che se calano gli infortuni, non altrettanto pu dirsi delle malattie professionali, eredit di un passato nel quale non vi era consapevolezza di alcune fonti di rischio: sono aumentate le malattie professionali. I tumori dellamianto per esempio (contr1).143

143 Conferma un lavoratore intervistato: spesso facciamo interventi vicino alle centrali ENEL: la coibentazione dei tubi che trasportano il calore era fatta tutta in amianto. E in passato capitato, adesso un po meno, durante gli spegnimenti, di trovare delle discariche di amianto (lav7)

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tab. 5.17: Malattie professionali manifestatesi in Toscana nel 2006 e indennizzate dallInail a tutto il 30.04.2008, in tutte le gestioni. Fonte: Inail 2008
Temporanea Arezzo Firenze Grosseto Livorno Lucca M. Carrara Pisa Pistoia Prato Siena Toscana 7 18 2 2 5 2 5 1 8 2 52 Permanente 80 52 14 39 122 20 41 28 23 14 433 Morte 1 1 2 3 2 1 1 11 Totale 88 70 17 43 127 25 48 30 31 17 496 % sul totale della Toscana 17,7% 14,1% 3,4% 8,7% 25,6% 5,0% 9,7% 6,0% 6,2% 3,4% 100%

La percezione dei problemi della sicurezza sul lavoro denota nel contesto della provincia di Pisa unattenzione particolare degli attori intervistati ad aspetti settoriali e localmente determinati. Lesigenza di rispettare le previsioni normative riconosciuta trasversalmente, fatto che almeno a livello di principio viene dato per acquisito. Esistono norme, di valenza universalistica, che definiscono i contorni delle condotte legalmente ammissibili e di quelle a rischio, cio le regole del gioco che orientano le scelte dei diversi attori. Specialmente da parte di rappresentanti degli enti addetti al controllo e alla vigilanza, infatti, lenfasi viene posta sulla dimensione regolativa, con uninterpretazione della natura del problema coerentemente con il paradigma della legalit violata che guarda principalmente alladempimento delle previsioni normative come presupposto affinch si realizzi una condizione di lavoro che tende a ridurre al minimo i rischi ad essa connessi e che, comunque, consente di evitare danni alla salute del lavoratore (contr4). Ci che veramente conta infatti il rispetto di normative che stabiliscono come si deve lavorare in sicurezza (contr1), visto che la tutela psico-fisica del lavoratore richiede che le attivit economiche vengano svolte nel rispetto della legalit, intesa come questione generale, che va dallinformazione, dalla formazione, dalla vigilanza, controllo, rispetto della legalit (contr2). I cambiamenti degli orientamenti normativi vanno cos a riflettersi in differenti attitudini degli attori istituzionali: Nelle normative europee c un nuovo concetto, un modello partecipativo di sicurezza del lavoro strutturato nel modo seguente: il datore di lavoro il responsabile; partecipazione dei lavoratori tramite i Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza; un responsabile tecnico del

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servizio prevenzione, un medico competente nella medicina del lavoro scelto dal datore di lavoro (contr1). Emerge per un ulteriore fattore di incertezza o possibile ambiguit nella fase di applicazione. Anche dopo la drastica semplificazione operata con il testo unico, le norme non sono a prova di malinteso, occorre sottoporle a un processo interpretativo che pu dare esiti divergenti a seconda della forza e capacit di influenza degli interessi in gioco. Di qui limpegno e i costi di informazione e di apprendimento delladeguamento alle nuove conoscenze giuridiche richieste, che spinge alcune associazioni di categoria a cercare di aiutare le aziende ed introdurle a questa materia che per loro molto ostica da capire (asscat1). Naturalmente, questo processo si riflette anche sugli schemi di applicazione delle prescrizioni normative: alcune interpretazioni possono essere terrificanti (contr6). Un principio trasversalmente riaffermato dai soggetti intervistati lidea che gli esiti delle politiche di contrasto alle irregolarit nel lavoro possono risultare consistenti e durevoli, quali che siano gli strumenti impiegati, soltanto a condizione che si consolidi un differente approccio alla cultura del lavoro, che metta al centro dellorganizzazione del lavoro la sicurezza (ist5). Il tema della sicurezza si sovrappone cos a quello della qualit del lavoro, un elemento su cui pongono laccento in particolare le associazioni di categoria e sindacali, che tendono anche ad associare la questione anti-infortunistica agli aspetti di prevenzione e di addestramento (asscat5). Il passaggio successivo porta a individuare nellespansione e nel consolidamento dei diritti dei lavoratori il fondamento pi resistente per laffermarsi di una nuova concezione del problema e di strumenti pi validi per affrontarlo. Condizione necessaria, ma non sufficiente, che i diritti alligiene, alla salute, alla prevenzione dei rischi siano formalmente riconosciuti dallordinamento: una persona lavora in sicurezza prima di tutto se gli vengono riconosciuti i propri diritti e al tempo stesso in condizione di poter lavorare rispettando le norme sulla sicurezza (sind2). Sia pure con alcune lacune ed amnesie, specie in fase di vigilanza e controllo, il faticoso cammino di istituzionalizzazione giuridica viene visto come in larga misura compiuto. Quello che sembra ancora carente, a giudizio degli intervistati, il grado di consapevolezza dei contenuti e dellimportanza di tali diritti da parte degli imprenditori e degli stessi lavoratori, il che in concreto ne sminuisce la portata o ne disinnesca lapplicazione. Per questo gli attori istituzionali e le parti sociali, si sostiene, hanno soprattutto il compito di informare e formare i lavoratori di ci che la sicurezza e quante garanzie offre; creare quindi una cultura della sicurezza nel lavoratore (sind4).

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La struttura portante dei nuovi diritti alla sicurezza non stata interiorizzata, non si tradotta in modello culturale n in norma sociale. La tutela dei nuovi diritti alla sicurezza si sostiene soltanto quando ci accade grazie al potere deterrente dei meccanismi di applicazione fondati sulla vigilanza e sulle sanzioni dellapparato statale, non assecondata a sufficienza da cerchie sociali di riconoscimento nellimpresa, nellambiente di lavoro, nella societ civile capaci di vigilare sul loro rispetto, spingendo al controllo e alla denuncia i diretti interessati. Quando la parola passa ai rappresentanti di categoria o ai lavoratori, la questione della sicurezza sul posto di lavoro si scompone in tante sfaccettature quanti sono gli specifici contesti e soggetti coinvolti. I problemi della sicurezza, cos identificati, sono pi o meno difficili da governare a seconda delle caratteristiche del luogo e delle mansioni cui adibito il lavoratore, delle caratteristiche gestionali dellimpresa nella quale assunto, della maggiore o minore visibilit delle relazioni contrattuali, del grado di formazione e di esperienza professionale. A seconda degli interessi e dellarea di attivit, il riferimento alla natura dei problemi diventa quello relativo ai cantieri, alluso delle macchine agricole o di particolari macchinari, o ai rischi dei lavori domestici. Alcuni soggetti istituzionali denunciano lacune nella regolazione di alcuni settori specifici di attivit, cui si cerca di supplire mediante corsi di formazione. I servizi domestici e alla persona sono un settore particolarmente vulnerabile, per la scarsa visibilit e non applicabilit dei criteri generali di regolazione: non esiste una normativa sulla sicurezza relativa al lavoro domestico. Pi che altro adesso stanno facendo soprattutto per le badanti una serie di corsi per insegnare loro le tecniche per sollevare lassistito, igiene della persona, la 626 per quanto riguarda lattrezzatura che in casa, ma tutto molto limitato a queste cose. circa un anno che stanno facendo questi corsi per assistente familiare (sind7).

5.7. Condizioni facilitanti e specificit dei problemi di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro nella provincia di Pisa
Le condizioni generali che determinano il perdurare di situazioni a rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori sono diverse e tra loro intrecciate. Si avverte comunque tra i diversi attori la consapevolezza diffusa che almeno due variabili hanno inciso positivamente sul fenomeno: da un lato i progressi istituzionali, il miglioramento della normativa sulla sicurezza, culminata nel testo unico, e la presenza di attori la rete dei Rls, dei Cles e delle Commissioni, ecc. stanno cominciando a produrre risultati tangibili; negli ultimi anni in

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alcuni settori produttivi vi sono stati poi progressi tecnologici che hanno permesso di economizzare sul costo-umano, riducendo i rischi relativi. Nonostante questi sviluppi, viene ribadito dagli osservatori che alcuni compiti lavorativi sono intrinsecamente rischiosi, costringendo giocoforza a condizioni di lavoro difficili (asscat3). Dunque, per quante precauzioni si possano prendere, rimane una soglia ineliminabile dincertezza. Pu succedere, tuttavia, che lambigua definizione di questa soglia divenga alibi per il fatalismo, o semplice occasione per giustificare prassi irregolari e abitudini rischiose. Cos come nel caso del lavoro irregolare, c la percezione di molti operatori che gli adempimenti e le spese da sostenere per migliorare la sicurezza sono soltanto una voce di bilancio in passivo, piuttosto che un investimento nella qualit del lavoro: La sicurezza viene considerata un costo, e questo un altro problema (sind2). Il fattore economico ha un peso significativo nel determinare un allentamento dellattenzione. Ad esempio, nel settore agricolo, la maggior parte degli incidenti riguarda luso di trattrici che non sono a norma, che non hanno dispositivi anti-ribaltamento; ora sono obbligatori, una volta non lo erano... Noi si cercava di spingere le aziende ad acquistare trattrici a norma, ma quando vai ad incidere sullelemento economico cominciano a tirarsi indietro (asscat2). Non sorprende allora che il manifestarsi delle diverse facce del lavoro irregolare venga ricondotto da diversi attori ad una dimensione culturale, tanto sul versante datoriale (non c ancora una sensibilit, una cultura della sicurezza, asscat2) che su quello sindacale (C un problema culturale, di formazione, di coinvolgere i lavoratori rispetto agli strumenti che si devono usare, a come ci si comporta sui luoghi di lavoro, sind2). Non interiorizzati n condivisi a livello di valori i vincoli normativi sono percepiti, appunto, come un impaccio, un intralcio allefficienza dei processi produttivi, e dunque elusi non appena lo si ritenga possibile o conveniente: Il problema nostro la mancanza di una cultura della sicurezza. Bisogna cominciare a percepire la sicurezza come un buon lavoro e non come un impedimento del lavoro (lav7). Questo problema amplificato dalla coesistenza di modelli diversi culturali, che mal si conciliano con la sensibilit su questi temi faticosamente conquistata in Italia. il caso della presenza di immigrati, la cui maggiore visibilit inevitabilmente si associa, agli occhi degli osservatori, ad una contestuale lievitazione del rischio.144 Questo si lega, in prima istanza, a difficolt di comunicazione
144 La presenza di immigrati in alcune aree dellItalia centrale, in particolare in Toscana, inizialmente considerate come regioni di passaggio, cresciuta notevolmente negli ultimi anni. Questo dipeso, tra laltro, dalla creazione di reti di assistenza e tutela ad opera di sindacati e associazioni di volontariato. Un

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di tipo linguistico, che ostacolano la comprensione e lutilizzo dei dispositivi di sicurezza: anche chi parla abbastanza bene litaliano difficilmente conosce il nome degli attrezzi, ne impara luso alla svelta e basta. Succede per che in situazioni critiche di emergenza non in grado di affrontarla nella maniera adeguata (ist1). Come sintetizza un operaio conciario: Se un operaio non parla bene litaliano non capisce, quindi i padroni possono approfittarsi (Irpet 2005, 115). Del resto, anche la comunicazione interpersonale si fatta pi complicata, in un contesto multietnico che rischia di tradursi in babele di linguaggi: una volta il problema era la comprensione del disegno da parte del carpentiere; oggi la comprensione della lingua da parte di tutti quelli che sono nel cantiere (asscat1).145 Un precedente studio sui ruoli lavorativi degli immigrati nel settore conciario dellarea di Santa Croce porta a conclusioni analoghe, evidenziando la necessit e nel contempo la difficolt di fornire misure adeguate di informazione e formazione rispetto alle mansioni da svolgere. Sarebbero utili informazioni osserva un lavoratore immigrato per imparare il lavoro, soprattutto allinizio quando non conosci le mansioni e non capisco la lingua italiana; o ancora: bisogna dare pi informazioni sulla sicurezza sul lavoro e sulle sostanze che si usano (Irpet 2005, 109). Ma in realt la stessa idea di sicurezza a risultare diversa tra gli immigrati, visto che spesso nella loro realt dorigine la soglia di tolleranza di condotte a rischio molto pi elevata (ist1), oppure il loro basso livello di istruzione di base preclude lapprendimento: facciamo documenti in pi lingue per venire incontro alla presenza di stranieri nel cantiere, resta il problema di quanti poi sanno leggere (asscat1). Inoltre, la condizione di necessit di soldi, di una posizione lavorativa ufficiale per regolarizzare il proprio status residenziale, di restare celato agli organi di controllo in quanto clandestino nella quale si trovano spesso gli immigrati ne riduce il potere contrattuale rispetto ai datori di lavoro: gli stranieri si accontentano di meno soldi e le ditte fanno meno sicurezza (ist3). Questa
tratto specifico della Toscana lemergere di forme di imprenditorialit etnica, gestite autonomamente dagli immigrati, che ha per oggetto la valorizzazione del rispettivo patrimonio culturale (Monitor lavoro 2002, 121). 145 Un parziale rimedio ai problemi di comunicazione interlinguistica nei luoghi di lavoro viene dal processo di specializzazione etnica in atto, che porta enclaves di soggetti provenienti dal medesimo paese a orientarsi nel medesimo settore, con notevole risparmio per quanto riguarda il costo di informazione, identificazione, inserimento nella rete di mercato, scambio: le diverse etnie si sono divise i campi lavorativi. Te non trovi senegalesi in edilizia, ma li trovi nel settore metalmeccanico. Non trovi albanesi nel settore manifatturiero, li trovi in edilizia (contr1).

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osservazione trova precisa conferma nelle parole di diversi lavoratori immigrati: I padroni italiani sanno che vogliamo lavorare a tutti i costi e accettiamo anche lavori pericolosi, mentre i lavoratori italiani no, e del resto per bisogno di soldi sono costretti a lavorare di pi e per pi tempo e con la stanchezza possono capitare pi facilmente incidenti (Irpet 2005, 115).146 Nella condizione di clandestinit del lavoratore immigrato, come noto, queste differenti situazioni di bisogno si saldano con esiti particolarmente critici sotto il profilo della sicurezza sul lavoro: Questo per limmigrazione una valvola di sicurezza straordinaria [...]; posso assumere una persona che rischia di andare in clandestinit senza bisogna di sovraccaricarmi per lo stipendio, potendolo fare lavorare anche solo poche giornate, () perch quando sono clandestino posso lavorare solo al nero e sono pi ricattabile. La sicurezza in questultimo caso totalmente inesistente e se si fa male non pu neppure andare in ospedale: il datore gli d ad esempio 500 euro e fuori! (ist1). Molto spesso poi le preferenze temporali degli immigrati sono fortemente orientate al breve periodo, il che li induce ad applicare un altissimo tasso di sconto alle possibili future ricadute di condizioni lavorative malsane. Lesigenza prioritaria di massimizzare il guadagno immediato va cos a scapito della salute come frutto di un calcolo consapevole, e non soltanto di incomprensione o ignoranza: il caso dei lavoratori extra-comunitari disposti a lavorare nel campo rifiuti, il lavoro sui rifiuti pagato in provincia di Pisa 25 euro lora, ma vi rovinate, e lui risponde ma a te che te ne frega, in 10 giorni io guadagno 2000 euro, li mando in Africa sistemo la famiglia; la pelle mia... (ist1). Proprio gli imprenditori, in qualit di diretti interlocutori degli operai, vengono da alcuni attori indicati quali responsabili della mancata informazione sui contenuti delle norme per la sicurezza: capisco che non ci sono abbastanza ispettori che controllano, ma anche un problema della ditta, perch ci sono ditte che conosco che impongono proprio agli operai di mettersi il casco e il resto. Limmigrato che va a lavorare pu anche non saperlo, che a casa loro non c questa regola (assoc1).147 Si determina cos una condizione che, simile a un piano inclinato, spinge inesorabilmente limmigrato, specie se irregolare, verso situazioni a rischio sicurezza:

146 Per le medesime motivazioni i lavoratori stranieri sono pi spesso impegnati nelle attivit definite in inglese delle tre D: dirty, dangerous and demanding (lavori sporchi, pericolosi e gravosi) (Ires-Cgil 2005, 29). 147 Nel settore edile alcuni cantieri presentano situazioni-limite: In alcuni cantieri di Pisa alcuni lavoratori non italiani erano disposti anche a lavorare 12 ore al giorno e a dormire in 10 in una stanza dellimprenditore edile, in pratica a vivere nel cantiere (sind4).

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condizione di bisogno/ristretto orizzonte temporale/eventuale irregolarit residenziale minore potere contrattuale nei rapporti col datore di lavoro turni di lavoro spossanti e mansioni pi pericolose accresciuto rischio di incidenti e malattie professionali. In alcuni casi, si sostiene, il rifiuto dei lavoratori italiani nei confronti di alcune mansioni ha radici culturali, ancor prima che economiche. Viene rappresentato, nellimmagine fornita dai rappresentanti di alcune associazioni datoriali, un vero e proprio rovesciamento di ruoli: i lavoratori esercitano un potere di ricatto nei confronti dei datori di lavoro, vista la necessaria continuit di alcuni tipi di prestazione lavorativa allevamento del bestiame, cura di persone non autosufficienti, lavori specializzati, ecc. e la scarsit di manodopera (meno che mai italiana), molto richiesta, disposta a farsene carico. Lo scambio tra ritmi spossanti ma alte remunerazioni contro elusione condivisa dei vincoli normativi (ferie, norme di sicurezza, ecc.) sarebbe cos razionalmente imposta dagli stessi lavoratori, e accettata, quando non subita, dagli imprenditori:
I lavoratori stranieri vengono utilizzati per lo pi per le operazioni di raccolta e comunque per lavori manuali e per i lavori pi pesanti che i nostri italiani non vogliono fare () Nella maggioranza dei casi non utilizzano macchine. Il rifiuto degli italiani per certi lavori pi culturale che altro. Oggi un lavoratore che segue una stalla (non la manovalanza) guadagna 3500/4000 euro, ma gli animali mangiano tutti i giorni. Ci sono due situazioni: non si trovano alternative per questi tipi di lavoro; questi dipendenti non accettano di fare orari ridotti. Con qualcuno abbiamo avuto problemi per mandarli in ferie: ora le devono fare, non si possono pi liquidare. Siamo andati a parlare anche con la Dpl per risolvere la questione. Questo dice se te mi metti in ferie io ho gi unazienda su a Brescia pronta ad assumermi. Ma il datore in difficolt: se questo va via a me chi me le segue le bestie? (asscat4).

Entrano poi in gioco fattori legati alle caratteristiche strutturali delle imprese e dei suoi cicli produttivi, che in alcune fasi sacrificano le istanze di controllo. La variabile dimensione ridotta delle imprese, che in termini statistici si associa a un accresciuto rischio di infortuni, soprattutto mortali (si veda il capitolo due), viene considerata dagli osservatori un fattore che acuisce il rischio: la differenza la fa la dimensione e la struttura dellazienda, in quelle piccole, con tre o quattro operai che lavorano a fianco allimpresario, difficile che ci sia sicurezza (contr1). Come prevedibile, il rischio per la sicurezza inversamente proporzionale anche alle esigenze di velocizzare i processi, pressanti in alcune fasi del ciclo produttivo. Infatti lesigenza di accelerare le linee di produzione si trasforma subito in fonte di rischio: Durante i picchi produttivi, nei quali interagiscono pi persone senza ladeguata esperienza, aumenta il rischio. Quando i ritmi

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sono alti alcuni sistemi di sicurezza, ad esempio le fotocellule, vengono bloccati (contr1). A questi fattori strutturali si sommano i limiti delle politiche di formazione professionale, riscontrati da diversi operatori, in particolare i corsi organizzati dalle associazioni di categoria (ist5).148 Del resto, precariet e flessibilit introdotte dalle riforme del mercato del lavoro hanno un costo nascosto, in termini di rischi accresciuti oltre che di perdita di efficienza per la mancanza di adeguata formazione e specializzazione: Nellaccezione pi ampia di sicurezza c la questione dei rischi emergenti legati alla precariet del lavoro. Chi cambia spesso tipo di lavoro ha meno formazione ed pi sottoposto a rischio infortunistico. Questo rischio trasversale a tutti i settori (contr1). Le agenzie interinali, infatti, non fanno corsi di formazione: il sistema con cui si assume oggi crea qualche problema in pi; le assunzioni a due mesi a tre mesi... il lavoratore oggi metalmeccanico, domani nel commercio, gli cambia il mondo dove opera, indubbiamente non preparato ad un problema della sicurezza cos articolato (sind2). Si tratta di un problema segnalato anche in altre ricerche, nelle quali la maggioranza dei lavoratori intervistati dichiara di aver cambiato lavoro numerose volte, passando anche ad altri settori produttivi, quasi sempre in condizioni di irregolarit, senza poter mettere pienamente a frutto le competenze acquisite in precedenza. I lavoratori mostrano una scarsa identificazione col settore produttivo di appartenenza, dovuta alla diversificazione nel tempo delle posizioni lavorative ricoperte (Ires-Cgil 2007, 17).149 Specie per i soggetti pi anziani, o privi di specializzazione, la mancanza di preparazione specifica sulla sicurezza comporta rischi addizionali, specialmente a fronte delle mansioni richieste, sempre pi specialistiche: sono operai anziani oppure operai senza alcuna specializzazione a fare diversi tipi di attivit, senza riuscire a riallineare le nuove competenze con quelle che sono le norme per la sicurezza. (ist1). Ritorniamo dunque a un tema che continuamente riaffiora in questa ricerca.

148 Come confermano altri studi sulle condizioni che favoriscono il radicamento di forme di lavoro irregolare, un tratto che accomuna tanta parte degli intervistati, maschi e femmine, da nord a sud dellItalia, il mancato accesso a percorsi di formazione professionale come strumento di aggiornamento per integrare le competenze scolastiche possedute e accedere a percorsi di mobilit lavorativa verticale (Ires-Cgil 2007, 16). 149 Un precedente studio mostra un orientamento abbastanza ottimistico degli imprenditori: Nelle imprese il 42,6% degli imprenditori sostiene di disporre di un sistema di formazione continua funzionale ai due temi [salute e sicurezza], senza contare che una buona dose della formazione dei lavoratori avviene sui posti di lavoro, tramite laffiancamento e la descrizione della rischiosit del lavoro (Censis 2001b, 4).

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Un ambiente di lavoro nel quale i rischi sono contenuti in misura ragionevole non che uno tra gli esiti auspicabili di investimenti nella qualit dei processi produttivi, che si manifesta anche in altri campi, tra cui quello della capacit competitiva: lazienda che fa qualit, fa qualit in tutte le sue manifestazioni, compresa quella della sicurezza sul lavoro. Le aziende approssimative, improvvisate, senza un progetto preciso se non quello di prendere i lavori, incassare e via, sicuramente avr nella sicurezza un elemento carente (contr2).150 La qualit superiore dei prodotti offerti dalle imprese si traduce infatti nella loro reale crescita di competitivit, che non si affida al doping dellincerto risparmio reso possibile da irregolarit del lavoro, quanto piuttosto allo sviluppo di reali competenze, professionalit, abilit dei lavoratori: in sintesi, agli investimenti in capitale umano e organizzativo. Un esempio, fornito da un attore sindacale, chiarisce questo punto: Se restiamo alledilizia, io riflettendo un po su questa cosa, sono andato a vedere anche la professionalit di queste persone. Una volta noi avevamo un muratore che gli veniva dato un disegno ed era in grado di fare una casa. Ora il lavoro completamente parcellizzato, c chi intonaca, c chi... ma nessuno in grado di avere quella professionalit e se uno non ha unalta professionalit ha anche problemi per la sua sicurezza personale. proprio cambiata la filosofia e in questo ci stanno tutta una serie di questioni (sind3). In termini quantitativi, le opinioni degli osservatori intervistati in merito alla diffusione del fenomeno forniscono dati divergenti rispetto alle statistiche generali: se ledilizia fa la parte del leone, coerentemente coi dati degli infortuni toscani presentati nella tabella 5.15, la rilevanza attribuita ad agricoltura e lavoro domestico superiore al peso effettivo degli infortuni in questi settori (vedi figura 5.3).151

150 Di fronte ai dilemmi organizzativi connessi agli scarsi incentivi economici ad investire nella sicurezza sul posto di lavoro, il rovesciamento di prospettiva in direzione della qualit dei processi produttivi porta a una radicale modifica dei criteri di valutazione di vantaggi e costi attesi: il far s che lambiente e la cultura del proprio posto di lavoro siano positivi e permettano un modo disteso di lavorare motivante. Quindi potremmo stravolgere il concetto di sicurezza, non pi leggendola solamente come risposta operativa a un principio normativo, ma come un fattore motivante, una leva da utilizzare per migliorare il proprio ambiente di lavoro e per guidare la cultura e il clima allinterno dellazienda (De Cesare, Virdia e Fioravanti 2007, 171-2). 151 Come osserva un intervistato: zona dombra, soprattutto in Val di Cecina, la forestazione. In un settore come la forestazione c stata questa novit: ci sono slavi (rumeni o altri) che fisicamente son forti, vincono le gare dappalto perch il taglio degli alberi lo fanno a tot euro di meno; questo da una parte sostiene il comparto, perch abbassa i costi, dallaltra per la prima cosa che viene tagliata la sicurezza (ist1).

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fig. 5.1. I settori sensibili per la sicurezza sul lavoro in provincia di Pisa secondo osservatori priviliegiati (con risposte multiple)

Per quanto riguarda le differenti aree della provincia, la segnalazione dei rischi per la sicurezza ricalca in buona sostanza la struttura del sistema produttivo. Cos in campo agricolo sono segnalate le zone collinari (Terricciola e Peccioli) con piccole aziende e la zona della piana intorno a Lari dove ci sono molti vivai: l non dico che ci sono problemi maggiori, ma magari ci sono pi dipendenti e quindi pu esserci probabilmente la necessit di un maggiore controllo (asscat 2). Un occhio di riguardo nella preoccupazione per igiene e sicurezza va al settore delle concerie nel Valdarno inferiore, al metalmeccanico nella Valdera, mentre proprio la dispersione territoriale dei cantieri ne ostacola il controllo. In generale comunque non sono segnalate specificit del contesto economico pisano rispetto al resto della regione. Esistono tuttavia alcune differenze settoriali nelle cause individuate dagli osservatori. Le presentiamo di seguito, in estrema sintesi.

5.7.1. Il settore delle costruzioni


Il settore delle costruzioni, come gi messo in evidenza, presenta alcune specifiche criticit che discendono dai suoi profili caratteristici: Unanalisi delle cause di infortunio indica che i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori derivano fondamentalmente dalla natura stessa del lavoro; lavori a grandi altezze, lavori di scavo, utilizzo di macchine per il sollevamento, utilizzo di

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materiale elettrico e apparecchi manuali, rischi derivanti dalla circolazione di veicoli allinterno del cantiere. I lavoratori di questo settore sono inoltre esposti a molteplici rischi per la salute: esposizione a sostanze pericolose, manipolazione di carichi pesanti ed ingombranti ed esposizione a elevati livelli di rumore e vibrazioni (Ires-Cgil 2005, 25-6). A questo si somma il gi rilevato appannarsi di responsabilit e obblighi legali, causato dalla catena in alcuni casi estremamente allungata di appalti e subappalti. Questa dinamica spinge verso una frammentazione degli interventi, nei casi limite messi in opera da singoli o ristretti gruppi di soggetti cui sono stati informalmente affidati: In un cantiere lavorano pi ditte e molti lavoratori autonomi a partita Iva (contr1). Inoltre, spesso in questa realt [edile] sono gruppi di lavoratori che si mettono insieme e sono i cosiddetti cottimisti [...]. Il problema che quando si prende un lavoro a cottimo c il massimo ribasso e le risorse della sicurezza spesso non sono evidenziate (sind2). Nelle procedure di appalto diversi attori privati e istituzionali segnalano disfunzioni nei meccanismi di competizione al massimo ribasso. La preoccupazione che risultino aggiudicatarie imprese che hanno sottovalutato leffettivo carico di lavoro imposto dal contratto. Per recuperare sui costi di produzione queste sono allora incoraggiate a ricorrere a diverse forme di lavoro irregolare, ovvero a subappaltare parte della realizzazione ad altri soggetti economici ancora pi marginali e assetati di commesse: che costino meno tutto da dimostrare; hanno dei contenziosi, hanno dei tempi, c una ricaduta negativa molto superiore a quelli di un equilibrato bando e costo di gara (asscat1).152 in questo campo che i problemi della sicurezza si legano a doppio filo a quelli dellirregolarit. Il lavoratore invisibile al sistema contributivo e previdenziale anche il soggetto al quale, volente o nolente, non vengono assicurati i diritti alligiene, alla salute e alla minimizzazione del rischio nelladempimento delle sue mansioni che vengono invece assicurati ai suoi colleghi in regola, e anche quello che avr minori, o meglio nessun incentivo a reclamarli. Lintermediazione tra domanda e offerta di lavoro attraverso il caporalato, ancora presente in alcune aree (ist5), contribuisce ulteriormente ad appannare queste

152 Queste osservazioni sul sistema degli appalti al massimo ribasso sono la possibile applicazione empirica di un problema pi generale, noto nella teoria economica delle aste come la maledizione del vincitore. Si prenda un appalto nel quale lopera ha un valore comune ma sconosciuto per i diversi partecipanti, che nel formulare le loro offerte si basano su stime del suo valore, e le offerte dei diversi partecipanti sono correlate ma non rese note gli uni agli altri. In questi casi il vincitore il partecipante che offre il prezzo pi basso offre razionalmente un prezzo eccessivo per il bene offerto, in questo caso la realizzazione dellopera. Il meccanismo di aggiudicazione infatti premia la sovrastima del suo valore da parte dei concorrenti, che quindi possono trovarsi successivamente in difficolt nelladempiere al contratto (McAfee and McMillan 1987).

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linee di responsabilit, favorendo meccanismi di reclutamento completamente opachi.153 La polverizzazione del settore in micro-imprese, nel settore edilizio e negli appalti, trasforma la concorrenza in una lotta per la sopravvivenza che si traduce semplicemente nella ricerca di spazi per labbattimento dei costi. Queste microimprese marginali sviluppano cos una competitivit al ribasso, coerentemente con il modello di aggiudicazione degli appalti, che conduce inesorabilmente ad abbassare gli standard di sicurezza, letti come una elemento penalizzante rispetto ai concorrenti pi spregiudicati. Davanti allimpresa di costruzioni si aprono infatti due strade, quella dello sviluppo di capacit innovative e produttivit, che per tende a produrre risultati solo in un orizzonte di medio-lungo periodo, e quella della rinuncia a tutti i costi superflui o derogabili, tra cui quelli per la sicurezza dei lavoratori. Anzich rischiare investendo nellinnovazione alcuni attori imprenditoriali, specie quelli marginali, privi di capitali e con minori capacit di accesso al credito, hanno dunque un preciso interesse a rischiare cancellando o indebolendo i diritti alla salute e allincolumit dei propri dipendenti, puntando e spesso vincendo la posta in palio sulla scarsa incisivit dei controlli. Questi soggetti economici marginali, dai confini organizzativi labili e incerti, e dagli assetti mutevoli, di frequente allacciano relazioni di lavoro che utilizzano in modo informale e flessibile persone legate da vincoli di parentela, amicizia, comparaggio. Ecco che, come conseguenza, nel settore delledilizia si registra una delle pi evidenti ipotesi di mancanza di cultura della legalit sul lavoro e coscienza dei rischi collegati, in quanto, spesso, i lavoratori impiegati irregolarmente (spesso minorenni) non sono gli sfruttati, ma semplicemente parenti degli stessi datori di lavoro (contr5). In conclusione, questo gioco a somma negativa porta imprese di maggiori dimensioni visibili, regolari e qualificate ad aggiudicarsi le gare pubbliche anche a prezzi inferiori rispetto a quanto permette lefficienza dei loro processi produttivi, scaricando la loro istanza di compressione dei costi su microimprese, cui affidano in subappalto parti della realizzazione. Queste ultime, ancora pi assetate di commesse, utilizzano indifferentemente due strategie per mantenere un equilibrio di bilancio e restare nel mercato: limpiego di manodopera in nero e il taglio delle spese sulla sicurezza. Del resto, per scongiurare le verifiche, in molti casi ha successo qualche trucco da illusionista: Una volta racconta un muratore straniero lavoravo per un padrone che lavorava per un altro, a un
153 In alcuni casi, segnalati anche nel nord Italia, la funzione di intermediazione viene realizzata da unimpresa edile, che in un caso era arrivata a gestire un pacchetto di 500 lavoratori in nero (Monitor lavoro 2002, 300).

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certo punto ho sentito urlare che cerano i controlli. Mi hanno detto di nascondermi da qualche parte e di uscire solo quando mi avrebbero chiamato non ero solo io, eravamo in quindici e sono rimasti solo in cinque. Dopo un paio dore siamo usciti a abbiamo ripreso a lavorare non ci hanno visto nessuno si accorto di niente (Ires-Fillea Cgil 2007, 33). Anche sul versante della domanda pubblica e privata di lavori di costruzione c una precisa correlazione tra lampiezza delle opere o la rilevanza degli interventi richiesti e il rischio-sicurezza. Al crescere della visibilit dellopera, infatti, aumentano le probabilit di incorrere in procedure di verifica e di conseguenza vi sono incentivi a una maggiore attenzione allosservanza delle regole: la sicurezza pi rispettata nei cantieri grandi perch si presuppone che ci sia una vigilanza superiore. La presenza del Rls tende a spingere tutti a dare pi attenzione alla sicurezza. Nei cantiere piccoli si tende ad avere le mani libere (lav1).

5.7.2. Il settore dellagricoltura


I fattori di rischio specifici del lavoro agricolo sono legati a diverse componenti. Da un lato il tipo prevalente di propriet e di conduzione delle imprese, a carattere familiare, favorisce un atteggiamento pi disinvolto e meno formalistico riguardo alle regole di sicurezza, il cui rispetto spesso non rivendicato n imposto proprio a causa del vincolo parentale. Altre categorie a rischio sono quelle dei coltivatori diretti, specie se in et piuttosto avanzata (asscat4),154 e naturalmente degli immigrati, per i quali valgono le considerazioni gi sviluppate in precedenza sullassenza o sui limiti dei corsi di formazione (sind1). Unaltra variabile data dalle dimensioni ridotte delle imprese agricole della provincia di Pisa, che rende pi difficile reperire nelle singole unit lavoratori disponibili a cumulare alle proprie normali mansioni lavorative anche quelle di responsabili alla sicurezza: Al nord con aziende grandi, la cosa probabilmente funziona. Ma al centro (Liguria, Toscana), avendo pochi dipendenti non hanno la possibilit di utilizzare a pieno questa legge (sind5). C poi la considerazione che la natura stessa delle mansioni spinge in alcune circostanze, specie durante i cicli stagionali di lavoro, a superare la soglia critica di salvaguardia: In agricoltura il tema della sicurezza legato a due fattori fondamentali: si utilizzano macchinari e attrezzature che sono rischiose e il lavoro allaria aperta e in posti che per le loro caratteristiche possono essere motivo di incidente (colline, posti scoscesi, ecc.) (ist1).
154 In agricoltura, infatti, spesso si continua a lavorare anche dopo la pensione, si rovesciano con il trattore... (sind1).

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Inoltre, come osserva un responsabile degli enti di controllo: In agricoltura gli infortuni stanno diminuendo molto pi che in industria. Stiamo rilevando comunque che gli infortuni pi gravi capitano ai titolari coltivatori diretti, perch loro essendo titolari non sono soggetti alla normativa, che riguarda solo i dipendenti (contr2). questa una convinzione diffusa nel settore agricolo, a causa della scarsa adesione ai corrispondenti modelli di condotta, vissuti come vincoli esterni, come conferma appunto il fatto che molti incidenti colpiscono direttamente il datore di lavoro (ist1). Anche in questo campo vi sono poi picchi produttivi che determinano un allentarsi dellattenzione: di qui leccessiva confidenza nelluso dei mezzi e il peso della campagna di trebbiatura, durante la quale le ore di lavoro sono tante e spesso svolte senza interruzione (asscat3). Naturalmente vi sono pure difficolt inerenti la durezza e le difficolt dellimpegno lavorativo, che tendono ad appannare i riflessi o a causare fastidi, riducendo la soglia di precauzione. il caso, ad esempio, dellutilizzo di anti-crittogamici e del mancato utilizzo contestuale degli scafandri protettivi. Spesso devono utilizzarli destate e per loro una tragedia [...], ma non metterli comporta rischi seri [...] (sind5). Un ulteriore fattore di rischio segnalato in alcune interviste il moltiplicarsi di competenze delle quali devono farsi carico gli operatori del settore agricolo, senza possedere adeguata preparazione. Si tratta di un indirizzo generale, riconducibile alle politiche europee, che vede attribuire alle aziende agricole attivit riguardanti servizi alla persona, servizi al territorio, tutela dellambiente, forestazione, gestione di tratti stradali per conto delle amministrazioni pubbliche, cui non si accompagna unadeguata conoscenze delle tecniche di lavoro e dei macchinari necessari al suo espletamento:
Il comune pu affidare ad unazienda agricola, senza gara dappalto, unattivit come ad esempio la pulitura dei fossi sulla base di una norma del decreto 238/2001. una grossa novit che ha permesso allagricoltura di assestarsi come comparto, ma succede che un imprenditore si trova ad avere operai anziani oppure operai senza alcuna specializzazione a fare diversi tipi di attivit, senza riuscire a riallineare le nuove competenze con quelle che sono le norme per la sicurezza. [...] Vengono richieste sempre pi specializzazioni senza che questo venga normalmente sostenuto da unadeguata preparazione. Questo il tema dominante in agricoltura, un comparto che ha avuto negli ultimi 10 anni una rivoluzione (ist1).

Lesito di questo processo una trasversale inosservanza delle regole, che a giudizio di alcuni osservatori interessa praticamente tutte le principali aziende del settore, sicuramente tra le circa 3000 presenti in provincia le 400 che hanno una struttura organizzativa professionale: Di queste 400 aziende, a livello personale, potrei dire che non ce ne uno che sappia cosa voglia dire il piano di sicurezza (ist1).

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5.7.3. Il settore dei servizi domestici e alla persona


Per le loro caratteristiche i servizi di collaborazione domestica e alla persona presentano almeno a livello di statistiche ufficiali criticit meno evidenti per quanto concerne il rispetto delle norme su igiene e sicurezza: come emerge nella tabella 5.15, appena lo 0,6% degli infortuni in Toscana riguarda questo tipo di attivit.155 Si comprende allora lopinione corrente, ossia che, nelle parole di una diretta interessata, il problema della sicurezza sul lavoro per le badanti non un vero problema (lav5). Pur essendo il settore con la maggiore concentrazione di lavoratori irregolari nella quasi totalit dei casi di genere femminile quello dei servizi alla persona e alle famiglie percepito dai diretti interessati come pressoch privo di rischi di infortunio: Facendo la badante non ci si fa male. Magari quando la persona pesante pu succedere che ci fa male la schiena. Ma altre cose, come cascare, non succedono (lav4). Peraltro questa convinzione, che ha come effetti collaterali la maggiore propensione delle lavoratrici a ignorare possibili precauzioni o ad accettare inquadramenti contrattuali irregolari, si rivela talora ingannevole, o quantomeno ottimistica. Come afferma unaltra badante: S, in effetti potevo cadere da una scala. Sono stata fortunata ma non ci avevo mai pensato (lav5). Anche in questo caso probabilmente allopera un meccanismo di distorsione percettiva, che fa illusoriamente ritenere meno pericolose le mansioni svolte tra le mura domestiche, o in un contesto familiare. In realt un settore a rischio sottaciuto quello domestico: percentuali altissimi di infortuni a donne in casa. La casa infierisce quasi pi dei cantieri (ist5). Comunque a una bassa soglia di pericolo (percepito) per le lavoratrici del settore si associa anche un livello praticamente azzerato di rischio di coinvolgimento in attivit ispettive e sanzioni: Badanti: controlli pari a zero. Chi va a controllare una badante, se non vanno a controllare edilizia e agricoltura, nellindustria? (contr6).
In questo settore si segnalano al pi difficolt di comunicazione e di apprendimento delle

155 Si tratta, infatti, di un dato ampiamente falsato dallaltissima quota sommersa di attivit domestiche, tra cui quelle di cura alla persona, che scoraggia leventuale denuncia di incidenti ed infortuni. Le attivit domestiche, in effetti, presentano livelli di rischio comparabili a quelli di altre comuni attivit lavorative, al punto che nel nostro paese gli incidenti domestici sono causa di decesso e di ricorso a prestazioni del pronto soccorso in misura decisamente pi elevata rispetto agli infortuni sul lavoro, con conseguente pesante ricaduta sul servizio sanitario nazionale (Inail 2008b, 76). La Regione Toscana, attraverso i piani sanitari nazionali, ha avviato politiche di prevenzione tramite campagne di informazione e di educazione alla sicurezza in casa, come nel caso della predisposizione della Guida per vivere sicuri nella propria casa.

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regole da rispettare, che si riflettono sulla qualit insoddisfacente dei servizi. In alcuni casi si configurano cos forme di sfruttamento dellimmigrazione, basate sullignoranza di leggi e normativa (sind1). Alcuni fattori di rischio discendono pure dallestensione indebita di funzioni, che dal ruolo di semplice badante finisce talora per estendersi, senza adeguata preparazione, allassistenza e supporto a persone non autosufficienti: Qui si dovrebbe farli emergere e specializzarli. Perch sarebbe opportuno poi i rischi che hanno sono quelli di qualsiasi persona che lavora in casa (sind3).

Una dimensione che venuta alla luce nella nostra ricerca concerne non tanto il rischio di infortunio, quanto quello di sviluppare particolari malattie professionali sotto forma di esaurimento, depressione o altre patologie psichiatriche a seguito dellesperienza di immersione completa nel lavoro di assistenza da parte delle badanti. Come si gi notato nel primo capitolo, la flessibilit delle mansioni e dei tempi porta spesso, specie in caso di coabitazione con i datori di lavoro o con gli assistiti, al progressivo assorbimento della lavoratrice in situazioni psicologicamente molto gravose. In Italia i collaboratori familiari stranieri che lavorano per un singolo committente spesso lavorano per anziani soli (58% dei casi), non autosufficienti (59,1%), fornendo unassistenza continuativa (nel 51,3% dei casi oscilla tra le 26 e le 56 ore settimanali). Nel 59,4% dei casi, il lavoro prevede la convivenza continua della badante con la persona assistita (Iref 2007, 28), che spesso preferita dalle stesse lavoratrici, per il risparmio sulle spese residenziali. Deprivate da contatti sociali significativi, isolate per intere giornate con persone spesso inferme e dalle capacit mentali deteriorate, le lavoratrici vanno incontro al rischio di sviluppare patologie professionali sotto forma di disturbi nervosi. Una testimonianza raccolta illustra chiaramente questo pericolo:
ho lavorato un altro anno e mezzo a Staffoli ma poi ho lasciato io quel posto perch mi sono ammalata di nervi. Io non ero trattata bene dalla sua nipote. Sono dimagrita 10 chili in un anno. La nipote faceva la spesa. Io non potevo uscire. Potevo uscire solo con la vecchia. Quando sentivo il cancello che si apriva mi tremavano le mani. Questa era una malattia. La signora faceva sempre come le pecore ... faceva sempre beh beh beh. Come la gocciola cinese, si impazzisce. Poi la nipote urlava e io non ce la facevo pi. Dissi hai tre settimane per trovarti unaltra persona, io me ne vado. Ero arrivata addirittura a pensare che potessi fare qualcosa di incontrollabile. Sai come ? come... stai in una gabbia: chai tutto e non chai niente. Non lo puoi fare per sempre. O sei insensibile... impossibile. Lo puoi fare per un po ma poi esci fuori di testa. Io questo lavoro non lo voglio mai pi fare (lav5)

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5.8. Le ragioni delle inadempienze e gli ostacoli nellattuazione delle politiche: la prospettiva di imprenditori e lavoratori
Il mancato rispetto delle norme sulla sicurezza produce costi sociali ingenti, per la perdita di vite umane e per le condizioni di infermit permanente di molte vittime, ma anche in termini di costi economici diretti (di cui si fa carico un ente pubblico, lInail) e indiretti (sostenuti dal sistema sanitario nazionale). Se il calcolo dei costi economici degli infortuni sul lavoro stato stimato in Italia in circa 45 miliardi di euro lanno (contr2), solo nella provincia di Pisa, secondo il rapporto dellInail, si pu quantificare in 75 milioni di euro il costo degli infortuni nel 2007. Anche nella prospettiva dellimprenditore linfortunio sul lavoro ha alcuni aspetti negativi: deteriora lambiente di lavoro creando un clima negativo; ha un costo effettivo nel quale va ricompreso anche il fatto che per un certo periodo il lavoratore infortunato non pu lavorare; aumenta il tasso Inail nei tre anni successivi. Loperaio-massa non esiste pi. In industria sono tutti pi o meno specializzati e luomo non un macchinario facilmente sostituibile. Linfortunio disturba organizzativamente, quindi lattenzione ad evitare che linfortunio avvenga diffusa (asscat5). Esiste per anche il rovescio della medaglia: gli interventi per la prevenzione degli infortuni comportano un esborso economico e un impegno di carattere organizzativo, tecnico, culturale: Il datore di lavoro investe poco in sicurezza in quanto ci rappresenta, apparentemente, un costo che non ha effetti diretti ed immediati sullattivit di impresa dal punto di vista del ricavo di un utile (contr5). Dalla comparazione tra la percezione di vantaggi e costi attesi dipende la decisione dei singoli imprenditori se investire e quanto in prevenzione e sicurezza. Anche la scelta dei lavoratori di prestare un pi o meno attenzione al rispetto delle regole sulla sicurezza, ovvero nellesigerne lottemperanza da parte del proprio interlocutore datoriale, ci sono margini per un calcolo in cui sono pesati benefici e svantaggi attesi. Sul piano dei costi entrano in gioco quelli gravosissimi pagati direttamente sulla propria pelle, fino a mettere a repentaglio la vita o la salute in mansioni pericolose e malsane, o di precludersi con seri infortuni future opportunit lavorative. I vantaggi, come gi rilevato, sono quelli della facilit e rapidit di movimento, i minori impacci, ma anche lesigenza di non inimicarsi il datore di lavoro o attirarsi antipatie di colleghi meno attenti. Nonostante la formale attribuzione dei diritti a lavorare in condizioni di igiene e sicurezza ne sancisca il carattere generale e indisponibile, in concreto

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essi sono quotidianamente oggetto di negoziazione, informale e indiretta, con i datori di lavoro. I termini canonici di scambio sono la disponibilit a prestare minore attenzione al rispetto dei vincoli sulla sicurezza in cambio di remunerazioni pi alte. In altri casi il lavoratore a rinunciarvi deliberatamente, sulla base di un calcolo dei rischi e dei vantaggi attesi derivanti dai minori vincoli nellespletamento delle sue prestazioni. A queste condizioni, comunque, la scelta dipende ancora da motivazioni prevalentemente economiche, e in quanto tali influenzabili da incentivi positivi e negativi, come linasprimento dei controlli e delle sanzioni, o i premi per le migliori pratiche. La rinuncia completa o parziale ad alcune tutele di legge dipende in altri casi da una posizione contrattualmente debole del lavoratore, specie se immigrato. Privo di alternative, questi si vede costretto ad accettare qualsiasi condizione gli venga prospettata sul piano del trattamento economico e delle condizioni di lavoro, a causa della paura di perdere il lavoro se si creano troppi problemi (sind4). In questi casi, dunque, alla radice vi la carenza di lavoro e quindi la dipendenza diretta con chi glielo offre e quindi accettarlo a qualsiasi condizione, compreso mettere a rischio la propria integrit psico-fisica (contr2). Lattuazione delle politiche di contrasto del lavoro irregolare incontra resistenze pi forti quando a livello organizzativo si innesca un processo di selezione avversa dei lavoratori, che premia selettivamente nellassegnazione di mansioni pi pericolose e meno sicure ma pi remunerative i soggetti che hanno maggiore propensione al rischio e alti tassi di sconto, cio una forte preferenza per i pagamenti immediati e scarsa attenzione al futuro. Come stato rilevato: c unalterata percezione del rischio. un concetto culturale. Inoltre nellattuale societ plurietnica ci sono diverse percezioni del rischio (contr1). Il riferimento qui allelevata inclinazione al rischio riscontrata in alcune tipologie di lavoratori extracomunitari. Ad esempio, come rilevato in una precedente ricerca sui lavoratori senegalesi nellindustria conciaria di S. Croce, la forte spinta dei lavoratori senegalesi a massimizzare i guadagni li porterebbe quindi non soltanto ad accettare lo straordinario pagato fuori busta, ma anche

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a mettere in secondo piano altri aspetti del lavoro. Nei casi pi preoccupanti pu trattarsi, come abbiamo visto, della sicurezza e della salubrit del luogo di lavoro (Irpet 2002).156 Entrano in gioco infatti le dimensioni culturali e cognitive: abitudini consolidate, valori, prassi invalse, esperienze di tecniche superate, ma entrate nel bagaglio con cui i lavoratori interpretano il proprio ruolo e le proprie mansioni, finiscono per condizionare dallinterno il loro atteggiamento verso le norme sulla sicurezza. A questo si somma, in alcuni contesti, il peso del condizionamento di cerchie sociali che possono addirittura stigmatizzare il rispetto scrupoloso delle regole, ritenuto indice di scarso coraggio e disponibilit a fronteggiare con fermezza gli incerti del mestiere. Nessun intervistato ha riscontrato unassociazione tra lesistenza di particolari valori sociali positivi la ricerca di una buona reputazione, il riconoscimento e la pressione sociale e il rispetto scrupoloso delle regole sulla sicurezza, n da parte dei lavoratori, n da parte degli imprenditori.157 Queste tre variabili le motivazioni economiche, la dimensione culturale e cognitiva, i condizionamenti sociali sono legate alle caratteristiche del sistema istituzionale di regolazione (formale e informale) delle attivit lavorative, e influenzano cos le decisioni degli attori. Nonostante alcuni progressi e parziali successi, la cornice istituzionale fornisce in diversi settori deboli incentivi e motivazioni insufficienti alladesione alle norme sulla prevenzione degli infortuni
156 Il principio richiamato dai lavoratori extracomunitari per giustificare queste prassi quello di dignit differita: le cerchie di riconoscimento che contano per i lavoratori extracomunitari non sono quelle dei colleghi di lavoro, o dei cittadini del paese che li ospita, ma quelli di parenti e concittadini rimasti nel paese di origine, che della loro esperienza lavorativa hanno riscontro soltanto in termini monetari (attraverso le rimesse a casa). allinterno di queste comunit geograficamente distanti che il lavoratore prevede di reinserirsi fisicamente al termine dellesperienza lavorativa allestero, vista come provvisoria. Questo induce i lavoratori stranieri ad accettare anche mansioni degradanti, al di sotto del proprio livello di qualifica e competenza professionale, irregolari o ad alto rischio: purch redditizie a sufficienza, queste prestazioni lavorative osserva un lavoratore senegalese alzano la mia dignit in patria, perch comunque guadagno per quando torner, o comunque la mia famiglia che alza il proprio livello sociale. Della dignit in Italia non importa, della dignit in Senegal s, e luna in funzione dellaltra. Quindi se c da monetizzare il rischio di una malattia professionale, lo si fa (Irpet 2002). 157 In una precedente ricerca sullarea conciaria di S. Croce era stata invece individuata una ragione dello scarso peso del lavoro nero in una serie di fattori riconducibili genericamente alla dimensione comunitaria, al reticolo di relazioni tra imprenditori, alla loro subcultura politica, alla storia personale di molti di essi. Come osservano alcuni intervistati: Bisogna considerare innanzi tutto un fattore culturale. La stragrande maggioranza degli imprenditori di S. Croce almeno storicamente () hanno una matrice ideologica di sinistra. Questo aspetto sicuramente incide ancora oggi sul rispetto delle maestranze. Non si tratta solo di riconoscere gli oneri sociali cos come dovuto, ma anche di riconoscere un rapporto col dipendente, un rapporto di familiarit, di rispetto reciproco che quindi deriva in parte dalla matrice ideologica, ma forse ancora di pi nel fatto che limprenditore stato operaio; importante anche la reputazione di unimpresa visto che comunque tutti sono pi o meno collegati nellarea (Irpet 2002).

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da parte di imprenditori e lavoratori, ancor meno ad una loro attiva partecipazione a una gestione aziendale improntata ai valori della sicurezza e della qualit del lavoro. Le sanzioni formalmente previste sono adeguate e in linea con gli standard europei, ma lefficacia dei controlli soprattutto in termini di frequenza e di coordinamento tra i diversi enti cui essa viene delegata non appare adeguata. A questo si somma la fragile condivisione dei valori della cultura della legalit e della sicurezza, che dovrebbe rendere il rispetto delle norme antinfortunistiche indipendente da un calcolo economico di convenienza. Il giudizio di un tecnico, docente in corsi di formazione sulla sicurezza, sintetizza questa distorsione dei meccanismi di controllo: lunico interesse degli imprenditori che hanno partecipato ai corsi che ho tenuto quello di conoscere gli standard minimi da rispettare per sfuggire ai controlli. Della salute dei lavoratori non gliene frega nulla.158 Conferme in questo senso giungono dagli attori intervistati: convinzione generale che per la sicurezza non sia importante sapere cosa effettivamente debba essere fatto, ma solo avere un documento che attesti che lazienda in regola: si guarda pi allaspetto formale-legale, che non alla sostanza (contr1). Atteggiamento che trova perfetta simbiosi, peraltro, proprio con il formalismo, lattenzione rivolta solo alle carte e ai timbri, che diversi attori imputano al sistema di controlli sulla sicurezza, in particolare quelli della Asl, quale fattore di leggerezza e inefficacia (ist3). Del resto, in assenza di vincoli morali, sociali o culturali, la strategia dellinosservanza diventa dominante ogni volta che gli operatori percepiscono un vantaggio netto nellinadempimento, cio quando le sanzioni attese e i risarcimenti previsti in caso di controlli o di infortuni sul lavoro pesano meno degli oneri derivanti dal rispetto delle norme sulla prevenzione. Se si fa affidamento al calcolo razionale delle probabilit, la scarsa efficacia degli strumenti repressivi va a sfavore del rispetto delle norme, vista lesigua dotazione degli enti di vigilanza:
Unazienda sa, come per levasione fiscale, dice ma s, in questa baraonda... come una lotteria, no? come quello che mette la macchina in divieto di sosta [...], dice pu darsi che il vigile faccia un giretto da unaltra parte e di qui non ci passi. E cos la lotteria quella, purtroppo, anche sul piano della sicurezza. Perch se non c lintervento repressivo quella dice beh, questa impalcatura non proprio a norma, messa un po cos, per se la faccio a norma mi costa pi soldi... il lavoratore che sale sul tetto deve essere ancorato ... si muove con minor dinamicit, ci mette di pi a fare quel lavoro. Gli ispettori sono tre, per dire un numero, le aziende sono migliaia ... alla fine cos avanti che questo intervenga io ho gi terminato il lavoro. Forse nella vita della mia azienda non arriver mai un ispettore a controllare se tutto a norma oppure no. Laspetto repressivo fa poca paura. Ora lultima norma, dove laspetto repressivo
158 Cfr. Radioanchio, 12 novembre 2008.

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un po pi pressante, avete visto, anche la Confindustria che sempre ligia al problema della sicurezza si un po risentita verso il governo Prodi con questo intervento, hanno detto vabb, ma tutta questa burocrazia [...], il datore di lavoro deve pensare al lavoro, non agli aspetti burocratici (sind 2).

Proprio la ricerca di massimizzazione del profitto a breve termine, per raggiungere gli obiettivi di produzione, pu spingere allora gli imprenditori, o gli stessi lavoratori, a ridurre la portata dei criteri di sicurezza, che imporrebbero pause e ritardi per controlli e manutenzione, abbassando i ritmi di produzione. Il problema della sicurezza si associa direttamente a quello della produttivit: labbattimento degli infortuni e degli incidenti dipende dalla sicurezza dei macchinari che funzione dellinnovazione tecnologica. Le imprese innovative, che investono in nuove tecnologie e nel benessere psicofisico dei lavoratori, operano efficacemente anche sul fronte della sicurezza, visto che i rischi di errore sono correlati positivamente alla scarsa qualificazione professionale del personale, a un deficit di formazione e di esperienza, allimpiego di strumenti e macchinari vecchi e privi di manutenzione, ai pesanti carichi di lavoro straordinario, alla presenza di irregolari. Si tratta evidentemente di condizioni che legano a doppio filo la questione della sicurezza con quella del lavoro sommerso: proprio il lavoratore irregolare o precario, sottoposto al potere di ricatto del mancato rinnovo del contratto, del licenziamento o dellallontanamento dal posto di lavoro, si trova pi indifeso di fronte allesigenza autoimposta o proveniente dal proprio superiore di mantenere livelli pi alti di produzione.

5.8.1. Il problema della sicurezza nella prospettiva degli imprenditori


La rappresentazione sintetica delle motivazioni addotte pi di frequente dagli attori intervistati per spiegare la scarsa propensione delle imprese ad osservare le norme sulla sicurezza e sulligiene del lavoro mostra che la motivazione economica ritenuta largamente predominante (vedi tabella 5.18): C soprattutto una motivazione economica e di velocit (contr1). Ridurre i costi mantenendo elevati ritmi produttivi la priorit di fronte alla quale ogni altra istanza passa in secondo piano. Si tratta di un tipo di motivazione che per certi versi richiama il modello del sommerso per necessit descritto nel primo capitolo. Il contenimento dei costi diviene la bussola che orienta le scelte organizzative dellimpresa: si pensa di risparmiare e di essere pi competitive (asscat1); il fatto di dover stare sul mercato, la concorrenza.... il costo sicurezz (sind1).

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tab. 5.18: Motivazioni alla base di una minore considerazione dei problemi di sicurezza per parte datoriale.
MOTIVAZIONE PER LEMERGERE DI PROBLEMI DI SICUREZZA PER PARTE DATORIALE Motivazione economica (riduzione dei costi) n. risposte in valore assoluto 12 Adesione solo formale alle norme, viste come meri adempimenti burocratici 4 Mancanza di Fattori informazioni e culturali di conoscenza delle norme 3 2 Mancanza Troppi Nessuna di controlli adempimenti motivazione burocratici (conviene rispettare le norme) 1 1 1

50,0% Peso delle risposte come % sul totale

16,6%

12,5%

8,3%

4,1%

4,1%

4,1%

NB: La somma superiore al 100% perch nellargomentare la risposta lintervistato/a poteva esprimere pi concetti e quindi individuare pi di una motivazione. Il totale degli intervistati che hanno risposto a questa specifica domanda pari a 22.

In altri termini, la questione della sicurezza viene concepita come mera somma di adempimenti obbligati nei confronti di vincoli che vengono dallesterno. Si tratta di uno scenario analogo a quello emerso in precedenti ricerche, dalle quali risulta che il 49,6% degli imprenditori (circa il 70% nelle piccolissime imprese) considerino salute e sicurezza un dovere, i restanti un obiettivo o un investimento (nel 24,4% dei casi), per una piccola quota soltanto un costo (Censis 2001). Alcuni imprenditori finiscono cos per adattarsi sotto il profilo organizzativo alla sola dimensione procedurale del problema, riconducendolo entro una cornice interpretativa che ne enfatizza gli aspetti regolativi: il problema viene percepito pi come una serie di adempimenti burocratici, un dar soldi a dei tecnici per togliersi di mezzo una problematica, ma non viene mai vista come qualcosa che serve per garantire la sicurezza sia a se stessi come datori di lavoro che ai propri dipendenti. Un fatto proprio di noia, di fastidio (asscat2). Se le condotte di queste cerchie di soggetti imprenditoriali (generalmente pi deboli) rispecchiano ladesione a un paradigma entro il quale dominano la percezione dei rischi della legalit violata, allora la spiegazione del mancato adempimento dipende soprattutto dal calcolo della minaccia derivante dallattivit di vigilanza e dei costi degli adempimenti burocratici. Cos, secondo alcuni attori, in questi casi la maggiore severit dei controlli apporta miglioramenti duraturi: Con le ultime leggi il datore di lavoro non ha alcun interesse e corre due rischi: il carcere e la sospensione delle lavorazioni (sind1). Questa chiave di lettura sottolinea anche gli alti costi di informazione sottesi

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alla scelta di trascurare gli obblighi relativi. Le norme sono complesse e tecnicamente difficili da decifrare nelle loro implicazioni, anche in termini di sanzioni potenziali, e i passaggi procedurali da seguire piuttosto onerosi, tanto che le aziende contestano la troppa burocrazia (asscat4). Finisce cos che spesso il datore di lavoro si adegua burocraticamente alla normativa magari spendendo un sacco di soldi ma senza capirne il significato (contr1). Del tutto marginale il richiamo alla scarsa efficacia dei meccanismi di controllo, che risulta in qualche modo internalizzato nella visione prettamente procedurale delle tematiche della sicurezza. Di qui anche il richiamo allinfluenza negativa di una scarsa conoscenza della materia e dei rischi per lazienda anche di ordine legale (sanzioni sia di tipo economico che di tipo penale) (assacat2), ovvero alla mancata conoscenza dei piani di sicurezza (ist1). In questi casi particolarmente efficaci sono politiche di contrasto che favoriscono la circolazione di informazioni sugli obblighi legali e sulle ricadute negative dellinadempimento. Nella medesima prospettiva, diversi intervistati sottolineano la centralit dei processi di formazione, strumento per rafforzare la consapevolezza degli attori coinvolti dalle politiche sulla rilevanza della sicurezza del lavoro e sulle sue ricadute rispetto a qualit ed efficienza dei processi produttivi. Qualche contraddizione affiora nel momento in cui emerge che a livello culturale i datori di lavoro ci sono pi o meno entrati tutti nellottica della sicurezza; se non rispettano le norme solo per ragioni economiche (ist3). Se questo vero, allora il concetto stesso di cultura della sicurezza diventato talmente fumoso e inconsistente, stiracchiato e inflazionato da un utilizzo eccessivo e incongruo al punto di perdere una reale presa sulle coscienze, sui valori e sulle condotte degli attori imprenditoriali. In queste condizioni ladesione ai codici culturali, ai valori e agli strumenti di attuazione rimane soltanto di facciata, in quanto essa non risponde unanalisi dei problemi coerente con lidea di sviluppo delle potenzialit di crescita organizzativa delle imprese come presupposto per la sostenibilit nel tempo di efficaci politiche per la sicurezza sul lavoro, attraverso la partecipazione degli imprenditori alla loro attuazione. Entrano qui in gioco le variabili culturali e cognitive, che in effetti cos variabili, almeno nel breve termine, non risultano. un retaggio profondo, che si frappone alle riforme normative portando alcuni soggetti a sostenere che alla base c sempre un problema culturale (sind6). Infatti le conoscenze, le abilit e i valori stratificatisi nel corso del tempo restano ancora distanti da unidea di sicurezza come investimento nella qualit organizzativa e nella crescita: Spesso e volentieri il tempo da dedicare allinformazione e alla formazione viene considerato tempo sottratto al lavoro produttivo e i costi per ladeguamento non sono considerati come un investimento in sicurezza (asscat 3).

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Considerate nel migliore dei casi voci obbligate di costo, e non di investimento, le spese per la sicurezza non sono parte di un percorso di acquisizione di nuove conoscenze, condiviso tra lavoratori e datori di lavoro, finalizzato allapprendimento di tecniche produttive pi efficienti e sicure. Del resto, le aspettative ormai consolidate dettano modelli di condotta considerati pienamente tollerabili entro quel contesto sociale: In molte aree osserva un rappresentante sindacale porsi fuori dalle regole considerata per le imprese una condizione non pericolosa e neanche sbagliata, in quanto socialmente tollerata (Monitor lavoro 2002, 242).

5.8.2. Il problema della sicurezza nella prospettiva dei lavoratori


Anche nello spettro di motivazioni impiegate per spiegare la scelta di alcuni lavoratori di prestare scarsa attenzione alla tutela della propria sicurezza entrano in gioco fattori diversi. Vi sono, come gi anticipato, situazioni di necessit che inducono il lavoratore a mettere in secondo piano i profili della tutela della salute, per puntare a introiti immediati (vedi tabella 5.19). Negligenza e disattenzione sono reputate i fattori che maggiormente incidono, in concorso con la fatalit, a determinare gli infortuni: i lavoratori, quelli pi specializzati, conoscono le regole ma per furia a volte le disattendono, un vizio di faciloneria del lavoratore; la grande massa di immigrati che ci lavora ci va come stagionale, quelli che ci lavorano fissi possono arrivare a ricoprire ruoli di maggiore specializzazione ma non sono mai indirizzati alla sicurezza (ist1).159 il caso soprattutto degli immigrati, per i quali la rinuncia ad alcune forme di salvaguardia discende dalla temporaneit della loro permanenza in loco. Un progetto migratorio a breve termine e la nozione di dignit differita, che li spinge ad accettare anche lavori usuranti, pericolosi, al di sotto della loro qualifica formativa, purch capaci di soddisfare la loro esigenza prioritaria di massimizzazione veloce del guadagno da trasferire in patria, sono i fattori ricorrenti che rendono questa categoria particolarmente vulnerabile: Il lavoratore straniero ha la necessit urgente e contingente. Non esiste stabilit per gli italiani figuriamoci per limmigrato (ist1).160
159 In una ricerca sul settore conciario di Santa Croce le principali cause di infortuni in azienda sono individuate dai lavoratori stranieri nella natura stessa di sostanze e macchinari usati nella lavorazione (64%), nella disattenzione dei lavoratori (30%), negli eccessivi carichi di lavoro (24%), nella fatalit (18%), nella scarsa informazione e prevenzione, oppure negli elevati ritmi di lavoro (14%) (Irpet 2005, 116). 160 La condizione di debolezza contrattuale si accentua in prossimit del rinnovo del permesso di soggiorno, quando si determina una forte urgenza, per i lavoratori extracomunitari, dovuta alla necessit di reperire un lavoro in tempi vicinissimi alla scadenza del titolo di soggiorno unitamente a scarsa comprensione della lingua (contr5). Conferma un lavoratore immigrato del settore conciario di Santa

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In queste circostanze, il disincentivo economico causato da multe e sanzioni potrebbe avere potere deterrente: Le domande riguardano soprattutto il fatto delle responsabilit: chi paga la multa? Il rischio di ricevere la multa pi forte del rischio di farsi male, specialmente per gli immigrati: a loro interessa pi di tutto il contratto di lavoro. Non interessa molto la sicurezza o la paga (lav2).
tab. 5.19: Motivazioni alla base di una minore considerazione dei problemi di sicurezza per i lavoratori.
MOTIVAZIONE PER LEMERGERE DI PROBLEMI PER LA SICUREZZA DEI LAVORATORI
Negligenza volontaria (sottovalutazione o alterata percezione del rischio, ecc.) Precariet del lavoratore, che lo costringe ad accettare qualsiasi condizione Mancanza di informazione e di conoscenza delle norme Mancanza di formazione e di preparazione dei lavoratori Esigenza di ottimizzare i tempi di lavorazione Ragioni culturali Necessit urgenti, differenze culturali e problemi di precariet degli immigrati Mancata applicazione delle regole da parte dellazienda

n. risposte in valore assoluto Peso delle risposte come % sul totale

19

41,3%

13,1%

10,9%

10,9%

8,7%

6,5%

6,5%

2,2%

NB: La somma superiore al 100% perch nellargomentare la risposta lintervistato/a poteva esprimere pi concetti e quindi individuare pi di una motivazione. Il totale degli intervistati che hanno risposto a questa specifica domanda pari a 28.

Laspetto critico segnalato pi frequentemente non riconducibile tanto ad una scelta consapevole, quanto piuttosto a una negligenza indotta dallabitudine, presente soprattutto nei lavoratori con maggiore esperienza: i pi infortunati non sono i giovanissimi, ma quelli che rientrano nella fascia det 35-40 anni: evidentemente la familiarit con la lavorazione che pu creare un rischio maggiore di infortunio (asscat5).161 Si tratta di un dato apparentemente controintuitivo, che mette in relazione il rischio dinfortunio non tanto con linesperienza, ma con la pratica acquisita, che induce a unindebita e azzardata familiarit rispetto a mansioni pericolose. Lelemento di rischio, in queste circoCroce: Il problema principale che rende il lavoro meno tranquillo quello dei documenti e del permesso di soggiorno; ci fanno stare sempre nellincertezza e ostaggio del lavoro anche quando stiamo male (Irpet 2005, 109). 161 Come osserva un lavoratore, limportanza della sicurezza difficile da far capire alle persone pi anziane ma io ho lavorato da 20 anni, 30 anni senza cintura, perch dovrei mettermel. Anche con gli immigrati di una certa et: se io l lho fatto perch qui non devo farlo (lav1).

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stanze, si riallaccia a una distorsione cognitiva che attraverso la consuetudine spinge il lavoratore a sopravvalutare la propria capacit di gestire situazioni difficili, per una eccessiva e mal riposta fiducia nelle proprie capacit e pregressa esperienza lavorativa (contr5). In casi simili sono chiamati in causa il tipo di socializzazione alle tecniche del lavoro, lesperienza e le conoscenze acquisite sul campo, che spingono alcune categorie di lavoratori a valutazioni sbagliate delle soglie di rischio, o li spinge a pratiche imprudenti. un argomento che ritorna di frequente, indicato trasversalmente da tutti gli attori: c una sottovalutazione del rischio, troppa sicurezza nelle proprie competenze (ist5). Finisce che, in ultima analisi, non si capisce bene perch nonostante il lavoratore spesso abbia i dispositivi di sicurezza a disposizione non li usa; non so se per pigrizia o perch ci lavora peggio (asscat1).162 Quello del fastidio nel portare indumenti e attrezzature protettive come motivazione degli infortuni una tema ricorrente. In questi casi limprenditore responsabile in caso dinfortunio:
Gi tanto vedere le scarpe anti-infortunistiche con la lama di metallo; noi abbiamo centinaia di infortuni con un chiodo che mentre camminava gli penetra nella scarpa e gli buca il piede e l sono 20-30 giorni, quando non va male, di diagnosi di infortunio. I dispositivi personali devono essere applicati e sono responsabilit del datore di lavoro anche se il lavoratore non vuole. La cuffia anti-rumore per chi sta usando il frullino o il trapano fastidiosa, siamo a luglio fa caldo, ma lo tutela da una malattia gravemente invalidante in futuro; il casco lo tutela da un incidente grave che pu capitargli da un momento allaltro (contr5).163

162 Anche in altre ricerche la disattenzione dei lavoratori, che non avrebbero interiorizzato i modelli comportamentali derivanti dalla cultura della prevenzione, viene segnalato specie dagli imprenditori come uno dei principali aspetti critici (Censis 2001). Questa rappresentazione semplificatrice, che in ultima analisi richiama lidea di fatalit come causa di fondo del problema, rischia di consolidare un paradigma culturale di interpretazione del fenomeno che stempera responsabilit e inadempienze degli attori, rafforzando un senso di inevitabilit di infortuni e morti. Ma la scarsa attenzione dei lavoratori non una spiegazione di per s, in quanto riconducibile anchessa a una pluralit di fattori che si legano tra laltro alle condizioni materiali del lavoro e ai limiti dei percorsi di formazione e informazione. 163 Come nota un altro attore, pesa la troppa sicurezz nellattivit che fanno, la ripetitivit del lavoro che viene fatto li porta a quella confidenza.. Ad esempio una cosa che spesso fanno e che non si sa come contrastare, il caso del lavoratore che toglie le protezioni al trattore perch sono di intralcio, ci perde del tempo (asscat5). N pu sperare in un alleggerimento dei compiti da parte dellimprenditore: Se devono utilizzare strumenti protettivi che di fatto gli rendono pi difficile il lavoro, alla fine sono portati a non usarli, perch poi non che il datore di lavoro dice fermatevi, riposatevi un po, levatevi questa rob (sind5).

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Analogamente al caso di altre decisioni contrastanti con gli interessi di lungo periodo del decisore, come quelle che vanno a incidere sulla sua salute o sulla sua incolumit fisica (la scelta di fumare, di non rispettare le prescrizioni del medico, di non seguire una dieta) la spiegazione di queste condotte rappresenta un sfida per la teoria,164 oltre che un rompicapo per gli stessi protagonisti delle politiche di prevenzione: non si capisce bene perch nonostante spesso abbia a disposizione i dispositivi di sicurezza a disposizione non li usa. Un po come il bimbo e il genitore: ti dico di fare una cosa nel tuo interesse il bimbo si comprende il lavoratore un po meno. Nonostante sia nel suo interesse primario, a volte non so se per pigrizia o perch ci lavora peggio, tende a non usarli nonostante la ricaduta negativa potenziale sia prima di tutto sulla sua persona (asscat1). Analogamente a chi non porta il casco in moto o non allaccia le cinture di sicurezza nella guida, questo genere di comportamenti riflette una forma di vera e propria dissonanza cognitiva riguardo al rapporto costi-benefici dei possibili effetti della negligenza, tra il fastidio contingente dellutilizzo delle attrezzature di sicurezza e la gravit delle sue possibili ripercussioni. Scambi di vedute con colleghi pi responsabili o convincenti campagne di informazione potrebbero dunque contribuire a rimodellare le credenze in modo da scoraggiare le condotte pi rischiose: A volte c superficialit da parte del lavoratore. Non semplice nemmeno convincere il lavoratore che quegli strumenti lo proteggono. [...] A volte c anche negligenza. Ma perch? Perch il lavoratore non in possesso di tutte le informazioni (sind2). Soltanto la disponibilit di nuove informazioni sui reali rischi di certe mansioni, in altre parole, pu correggere le precedenti credenze irrazionali.165 Ma le imprese appaiono poco propense a promuovere lattuazione di politiche di questo tipo. Si riscontra piuttosto una scarsa o inesistente informazione da parte del datore di lavoro e la mancata partecipazione ad attivit formative. () Difficolt economiche oggettive unitamente alla mancanza di tranquillit economica e psicologica fanno percepire la formazione come tempo perso (contr5). Le politiche di prevenzione dovrebbero allora puntare sul cambiamento di queste credenze e aspettative, offrendo strumenti di formazione permanente e di aggiornamento delle competenze, oltre che sul controllo da parte dei responsabili. Purtroppo i potenziali destinatari di questi servizi formativi, per le medesime ragioni per cui sono poco ricettivi nei confronti delle norme, in genere non si prestano facilmente a simili interventi: Il fatto che, per la loro lunga
164 Per unanalisi delle implicazioni teoriche di questi problemi, ossia dei dilemmi insoluti della scelta razionale, che chiama in causa la dimensione orizzontale del riconoscimento sociale e la dimensione verticale del tempo, si veda Pizzorno (2007). 165 Sulla nozione di credenze irrazionali si veda tra gli altri Elster (1983).

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esperienza lavorativa, non pensano alla necessit di informazione sui rischi ai quali sono o potrebbero essere esposti e che ritengono di conoscere bene (asscat4). I limiti dei processi di formazione/informazione alla sicurezza sono segnalati come concausa degli infortuni in azienda anche dal 14% dei lavoratori stranieri del settore conciario (Irpet 2005).166 Proprio gli immigrati, osserva uno di essi, per la loro condizione pi debole e ricattabile sono tra le prime vittime delle lacune nei processi di istruzione sulle regole di condotta da seguire in azienda:
Dovrebbe esistere una maggiore formazione per gli immigrati che iniziano a lavorare. Ci sono macchine affidate subito agli immigrati che possono essere pericolose e difficili da usare senza unadeguata formazione. I responsabili delle aziende non ci formano abbastanza, non ci danno tempo, dicono che facile, ma lo per loro che conoscono queste macchine da una vita. Loro lo sanno che le macchine sono pericolose eppure ce le fanno usare e ti chiedono se ti fai male di andare in malattia e non agli infortuni (Irpet 2005, 117).

Anche la mancanza di alternative e la collocazione nei processi produttivi dettano le condizioni di rischio: Quelli che lavorano in fondo alla filier fanno parte della categoria meno protetta; in pratica non sono loro a scegliere, ma sono costretti ad accettare condizioni di lavoro dure, talvolta con orari notturni, come avviene con i contoterzisti nella filiera della pelle, con notevoli rischi alla persona, cui esposto in edilizia il giovane operaio, senza alcuna esperienza anche perch nei paesi di origine non esiste questa cultura e certamente il datore non ha tempo da perdere ad insegnarlo (contr3). Come prevedibile, un ulteriore fattore di rischio viene individuato nellinesperienza assoluta dei neo-assunti, costretti dalle nuove forme di flessibilit contrattuale ad adattarsi a mansioni estremamente differenziate senza aver ricevuto formazione adeguata da parte delle agenzie interinali o di altre strutture: La mancanza di formazione adeguata ai rischi che si corrono a mio avviso una delle principali cause degli incidenti. Non per nulla lincidenza maggiore ricorre a danno di giovani appena assunti o completamente al nero (contr3). Di qui anche la pericolosit intrinseca di alcune tipologie contrattuali, che consentono alla imprese di eludere i loro doveri di informazione nei periodi di prova su obblighi, rischi e precauzioni delle relative mansioni:
166 Gli attori sindacali insistono particolarmente sullinadeguatezza dei processi di informazione e formazione (sind1) quale determinante dei rischi per lincolumit dei lavoratori: non c una formazione vera, non entra nella testa del lavoratore il problema della sicurezza; per lui, lobiettivo il lavoro (sind3). Vista la mancata conoscenza delle norma in materia di sicurezza, soprattutto tra gli extracomunitari (ist4), la semplice conoscenza delle tutele offerte formalmente dalle norme potrebbe rappresentare un progresso significativo.

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Utilizzando, specie per periodi brevi/sostituzioni o picchi produttivi, i lavoratori provenienti dalle agenzie interinali [...] sono in una condizione per cui dalloggi al domani devi essere operativo in una determinata attivit. diverso il concetto: io chiedo a te agenzia interinale che mi mandi domani una persona che sia immediatamente operativa per quelle mansioni, per quellattivit specifica, per picchi o per assenza improvvisa. Lavori generici gli extra-comunitari oppure il ragazzo appena uscito da scuola che in attesa di trovare la sua strada si adatta a fare qualsiasi cosa non hanno cognizione nemmeno di dove si trovano, non gli danno le informazioni necessarie, che invece vengono date ad un lavoratore tuo, che lo formi nel periodo di prova (ist4).

Accanto allidea che le protezioni imposte limitino la libert di movimento del lavoratore e procurino fastidi inutili, allinosservanza diffusa delle norme contribuisce in alcuni contesti una sorta di stigma sociale che investe i soggetti pi ligi al loro rispetto. Anzich gli inadempienti, la riprovazione della cerchia di colleghi va a colpire quegli individui che deviano dalle consuetudini invalse, richiamando allattenzione degli altri i pericoli rimossi, e sono per questo oggetto di derisione e di scherno. Un poderoso meccanismo di pressione sociale crea allora conformit verso quei modelli pi spavaldi di comportamento, per quanto difformi dal dettato normativo: i lavoratori non sono abituati e se ti metti certi dispositivi di sicurezza individuale vieni considerato quasi un fifone (guanti, cintura di sicurezza sul trattore, cuffie) (asscat2, corsivo aggiunto). La mancanza di orientamenti cooperativi e di solidariet impedisce allora interventi tempestivi: Ci vorrebbe coscienza e collaborazione fra i lavoratori, poi il resto viene da s. Collaborazione? Ad esempio, se si rompe una protezione o se c una protezione fuori posto non dice niente nessuno; finch non me ne accorgo qualcuno potrebbe farsi male (datl1). C poi un gravissimo gap culturale, afferma un rappresentante sindacale (sind6). La variabile culturale, pur se in termini generici, viene richiamata in diversi tentativi di spiegazione delle inadempienze sul versante della sicurezza, soprattutto da parte degli stessi lavoratori: Il problema nostro la mancanza di una cultura della sicurezza. Bisogna cominciare a percepire la sicurezza come un buon lavoro e non come un impedimento del lavoro (lav7). questo uno dei segnali dei ritardi o nella peggiore delle ipotesi dei fallimenti della cultura partecipativa che avrebbe dovuto accompagnare il ciclo di riforme avviato nel 1994. La sensibilit verso i rischi del lavoro non si radicata nella comunit locale, i nuovi modelli di prevenzione sono rimasti troppo frequentemente sulla carta, il coinvolgimento dei lavoratori (e dei loro rappresentanti) stato parziale ed eterodiretto.167 Ma se i valori come quelli riconducibili allinafferrabile
167 I segnali di perduranti lacune di informazione e formazione, specie tra i lavoratori immigrati, appaiono dunque particolarmente preoccupanti: nel caso di Santa Croce, il 38% dei lavoratori stranieri

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cultura della sicurezza non sono il prodotto di un percorso interiore di adesione che li introietti nella propria dimensione identitaria, convalidata dal riconoscimento delle cerchie sociali dei colleghi di lavoro, finiscono per diventare un semplice strumento dialettico, unetichetta vuota di contenuti da impiegare nel discorso pubblico o nelle negoziazioni con le controparti contrattuali per rimpallare responsabilit o avallare pretese destraneit. Come osserva un lavoratore, a fronte dellaggravio economico del rischio-sicurezza per il datore di lavoro, succede spesso che questultimo si giustifica dicendo che il lavoratore che dovrebbe assumere la cultura della sicurezza (lav1).

5.9. Alcune osservazioni conclusive


Il bilancio delle politiche per la sicurezza sul lavoro appare in chiaroscuro, tanto a livello nazionale che su scala locale. C unampia convergenza nel ritenere un successo linnalzamento della soglia di attenzione nei confronti di questi temi, prima limitata a cerchie ristrette di addetti ai lavori, e oggi entrata di prepotenza nel dibattito pubblico. Per citare uno tra gli intervistati, se gi oggi emerge un crescente interesse da parte del legislatore e dellopinione pubblica, in futuro sempre maggiore attenzione verr dedicata al fenomeno vista lincidenza sia dal punto di vista economico che sociale (contr5). Le politiche locali hanno assecondato il disegno di riforma della regolazione avviata dai governi nazionali, e ormai giunto a esiti ritenuti soddisfacenti: C maggiore consapevolezza delle cose; c stato anche un miglioramento della normativa, poi culminato nel testo unico, normativa che stata puntualmente divulgata. () Le leggi ci sono tutte (asscat1). Il trend positivo nella riduzione degli infortuni, riscontrabile anche su scala provinciale, conferma poi il consolidarsi di una differente chiave di lettura dei problemi del lavoro, caratterizzata dalla sensibilit ai diritti alla sicurezza dei lavoratori, specie da parte di alcuni attori istituzionali. Tra questi, i vertici delle strutture amministrative: sento che tra i dirigenti delle amministrazioni pubbliche (che sono quelli che fanno i capitolati e che poi controllano anche) questa cosa sta diventando un caposaldo (ist2). E in effetti tra le cause virtuose rivendicate da diversi testimoni vi lefficacia di alcune politiche condotte a livello locale:
la costante vigilanza ed il controllo da parte degli organi di vigilanza, quindi Ispettorato del lavoro, Inail, Inps, Gdf eccetera. Il fatto che vi sia maggiore consapevolezza nei lavoratori e nei datori di lavoro in questo settore; anche noi Inail

nelle concerie non conosce la normativa sulla sicurezza, un quarto non ha mai ricevuto alcun tipo di formazione di questo tipo, un quinto ritiene inadeguata la formazione ricevuta (Irpet 2005, 111).

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abbiamo finanziato corsi di formazione con varie aziende... per formare i lavoratori. Non siamo gli unici, ci sono la Camere di Commercio, la Regione, la Provincia che continuano a fare corsi, quindi si sta allargando la consapevolezza della propria sicurezza. Ci sono stati anche finanziamenti alle aziende per migliorare il proprio apparato tecnologico, buttar via le macchine vecchie e rischiose e comprare nuove macchine con maggiori sicurezze, che sono certificate Cee (contr2).

Alcune insidie si nascondono, paradossalmente, persino nei processi di sensibilizzazione e nella presa di coscienza dei propri diritti alla salute e alla salvaguardia dai pericoli da parte dei lavoratori, tanto stranieri che italiani. La crescente sindacalizzazione, lapertura di sportelli, linteressamento e lazione di informazione/formazione posta in essere da diversi attori istituzionali e lavoratori rischiano infatti di produrre un effetto imprevisto, incentivando datori di lavori pi spregiudicati a privilegiare limpiego di manodopera clandestina, ovvero di soggetti che gi beneficiano di prestazioni assistenziali. estremamente improbabile, infatti, che un clandestino, o un individuo che percepisce gi assegni e indennit incompatibili col lavoro irregolare, denunci agli organi di controllo le condizioni irregolari per la sicurezza o altre violazioni delle norme sul lavoro (Ires-Fillea Cgil 2007, 34). Eppure, nelle percezioni relative allevoluzione del fenomeno spunta anche una certa delusione per laffiorare di difficolt e resistenze nellapplicazione di leggi che pure si ritengono adeguate: Lattenzione alla sicurezza cresciuta, perch c pi informazione anche se poi alla fine il diretto interessato fa sempre un po come vuole. come per le norme del codice della strada (lav6). Quelle norme infatti appaiono da sole insufficienti a smuovere le coscienze, rinnovando codici culturali e atteggiamenti consolidati. Cos, specie in alcuni settori, viene segnalato il ristagnare di abitudini pericolose e di condizioni di rischio Nonostante tutte le leggi, nei cantieri la situazione migliorata pochissimo (ist3) cos come il manifestarsi di variazioni appena percepibili con spostamento in settori diversi (sind4). A questo si va ad aggiungere la preoccupazione di una possibile inversione di tendenza anche sul piano regolativo, visto che, a fronte di norme pi stringenti che cominciavano a dare risultati importanti sullemersione () ora si sta invertendo un po la rotta, ridimensionando limpianto dellex-ministro Damiano (sind6). Il salto di qualit, ora che lapparato normativo consistente, non pu che derivare dalla diffusione di un diverso modello di organizzazione dei rapporti nel mondo del lavoro, visto che il modello sociale di oggi [...] rischiare la pelle (ist1). Ladesione a quelle regole, in altri termini, trova nellassetto formale di regolazione, con i suoi meccanismi di controllo (pure da perfezionare), una componente decisiva, ma ancora non determinante. Il successo delle politiche di prevenzione e formazione alla sicurezza dipende infatti dalla maturazione di cerchie sociali di riconoscimento nellambiente di lavoro, cos come nella co-

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munit dallimportanza dei diritti alla sicurezza, dalladesione diffusa ai valori di rispetto e di dignit della persona ad essi sottesi, ma anche dal consolidarsi di incentivi istituzionali per le imprese ad investire nellinnovazione e nel miglioramento qualitativo dei processi produttivi.

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Capitolo 6

Legalit, regolarit e lavoro sommerso. Il caso della Provincia di Pisa


6.1. Introduzione
Quello delleconomia sommersa e del lavoro nero un problema cronico del sistema produttivo italiano. Dati e rilevazioni mostrano (su questo si vedano in particolare i capitoli 1 e 4 del presente volume) come lItalia presenti percentuali di ricchezza provenienti dalleconomia sommersa decisamente superiori a quelle che caratterizzano gli altri paesi ad economia avanzata dellarea Ocse, in particolare i maggiori tra i membri dellUnione europea. Nel secondo capitolo stata affrontata la questione delle definizioni di lavoro irregolare, lavoro nero e lavoro grigio, sottolineando anche come si possano classificare le varie dimensioni del sommerso in relazione al tipo di norma violata, sia essa di carattere previdenziale, assicurativo, contributivo, fiscale, oppure legata direttamente alla questione della sicurezza sul luogo di lavoro e quindi alle norme che disciplinano, tra laltro, anche orario ed igiene dei luoghi di lavoro. Non riprendiamo in questa sede il dibattito sul tema; si osserva per che pressoch ogni studioso che si approcci allo studio del fenomeno portato a ridefinire e a dare quindi una propria interpretazione del lavoro sommerso, fatto che di per s denota quanto sia complesso e quante sfaccettature presenti il problema in questione. Ad accomunare le varie posizioni vi certamente qualche considerazione di fondo, in primis il fatto che il lavoro sommerso porta con s situazioni pi o meno gravi in termini di evasione fiscale, di evasione contributiva, di (mancato) rispetto delle norme cui un regolare rapporto di lavoro fa riferimento in termini di minimi salariali, orario di lavoro, sicurezza sul lavoro (si veda Isfol 2007), per non parlare della concorrenza sleale delle imprese che ricorrono a manodopera in nero rispetto a quelle regolari. Le motivazioni che sono alla base del ricorso al lavoro non regolare sono diverse e di varia natura; a questo si aggiunga che gli stessi comportamenti irregolari tendono a differenziarsi parecchio tra di loro, cosa che rende spesso difficile individuare una netta linea di confine tra ci che a norma di legge e ci che invece se ne pone al di fuori. stato notato come una serie di fattori di

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carattere generale contribuiscano a creare le condizioni di ambiguit lavorativa (Isfol 2007, p.14) nelle quali il lavoro irregolare o peggio ancora sommerso trova spazio: la spinta sempre pi marcata verso una maggiore mobilit e flessibilit del lavoro; lafflusso di immigrati irregolari; unofferta occupazionale inadeguata che spinge molte persone a svolgere una seconda attivit in nero; lalta incidenza degli oneri fiscali e contributivi che spesso crea un interesse comune, tra datore di lavoro e lavoratore, ad abbatterla in maniera non propriamente regolare. Accanto a questi fattori ne vengono suggeriti altri (Lucifora 2003, 47; Censis 2003, 10-11) che a loro volta concorrono alla diffusione del sommerso: domanda crescente di servizi personalizzati, sia alla famiglia che alla persona;168 riorganizzazione del settore industriale che porta ad una disintegrazione verticale delle aziende ed alla sub-contrattazione che a sua volta aumenta la flessibilit e con essa ladattabilit dellimpresa a situazioni contingenti; la stretta relazione tra nuove tecnologie e nuove opportunit di lavoro a scapito delle tipologie tradizionali di impiego. chiaro poi che su tutto questo influiscono in maniera forte sia la situazione economica del paese, sia limpianto normativo di riferimento, sia infine latteggiamento culturale della popolazione nei confronti del problema. Spesso infatti certe attivit (mestieri particolarmente richiesti ed effettuati come secondo lavoro, lavori domestici, ripetizioni private oppure certi tipi di raccolta in agricoltura, ad esempio) non sono percepite in maniera negativa e vengono largamente accettati come una normalit; spesso si pensa al lavoro nero esclusivamente

168 Sullaumento di richieste in questo specifico settore merita notare come sia da porre in strettissimo collegamento con il cambiamento della societ italiana: da una parte sempre pi donne sono impegnate in attivit lavorativa extra-domestica (anche se sono ancora ben al di sotto di molti paesi europei), dallaltra si sta assistendo ad un costante invecchiamento della popolazione che potrebbe essere, forse, frenato dallincremento del numero degli immigrati e dei loro bambini, molti dei quali nascono in Italia. Donne al lavoro e invecchiamento della popolazione hanno fatto s che si creasse la necessit di trovare soluzioni alternative innanzi tutto alla cura degli anziani, non di rado anche nei lavori domestici. A questo si aggiunga che in molte realt la rete degli asili nido non sufficiente rispetto alla richiesta, ragion per cui anche la cura dei bambini pi piccoli deve essere spesso affidata, almeno per qualche ora al giorno, ad una baby-sitter. Del resto anche il caso, certamente pi noto, delle badanti per gli anziani diretta conseguenza di unorganizzazione del welfare nazionale e locale che non stato finora in grado di garantire alle famiglie i servizi di cui hanno bisogno. Di fatto vi stata una sorta di abdicazione da parte del soggetto pubblico in materia di assistenza agli anziani, che ha costretto le famiglie a trovare una soluzione per conto proprio.

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nei termini di un datore di lavoro senza scrupoli che sfrutta chi si trova in una situazione di bisogno urgente e quindi pronto ad accettare qualsiasi mansione. Certo, questo fenomeno esiste ed laspetto pi grave del problema, ma non la sua sola manifestazione. La molteplicit di situazioni che, come accennato in precedenza, rende particolarmente multiforme e sfaccettato il fenomeno, ben fotografata dal Censis (Censis 2003, 6), laddove individua le principali tipologie di irregolarit presenti nel mercato del lavoro: lavoratori regolari, che svolgono prestazioni in nero, in forma autonoma o subordinata, come seconda attivit nello stesso ambito lavorativo o in diverso settore/ unit produttiva; occupati alle dipendenze con condizioni minime di regolarit, ma con gran parte delle prestazioni non registrate sia ai fini fiscali che contributivi (straordinari, premi etc.); lavoratori con contratti atipici o soci in cooperative di comodo, le cui forme contrattuali eludono leffettiva condizione di occupati alle dipendenze; dipendenti che accettano retribuzioni inferiori a quelle dichiarate; lavoratori autonomi e professionisti irregolari; dipendenti totalmente irregolari (non dichiarati, con retribuzioni totalmente in nero); immigrati irregolari. La struttura economica italiana, caratterizzata da una forte presenza di piccole imprese dove il contenimento dei costi talora vitale, pu essere ragionevolmente posta tra gli elementi che in qualche modo influiscono sulla diffusione del sommerso. Gli studi in materia dicono che ad utilizzare manodopera irregolare sono prevalentemente imprese che hanno alcune caratteristiche comuni, con una debolezza di fondo associabile per lo pi alle piccole dimensioni. Tali caratteristiche possono essere sintetizzate in una situazione di estraneit a programmi di supporto pubblico, con forti carenze informative; di partecipazione ad un circuito permanentemente instabile nel quale lo svantaggio strutturale si combina con un deficit sia culturale (incapacit ad esempio di elaborare autonomamente piani di investimento) che relazionale (Pacifico 2007, 19; si veda anche la definizione di limiti e vincoli ricostruita nel capitolo due del presente volume). Una tipologia di soggetti a rischio esiste, oltre che per il versante impresa, anche per quello del lavoro. Il rapporto relativo ai risultati del progetto Rete europea per lemersione del lavoro non regolare,169 portato avanti dalla Direzione generale del mercato del lavoro del Ministero del lavoro e della previdenza so169 Si veda Ministero del lavoro (2007a).

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ciale, identifica le principali tipologie di lavoratori interessati dal lavoro sommerso170 focalizzando poi lattenzione sui risultati ottenuti dagli operatori attivi sul territorio. Stando ai risultati presentati, per quanto riguarda il centro Italia, ivi compresa quindi anche la Toscana, i soggetti particolarmente a rischio sono (Ministero del lavoro 2007a, 122-124): Extracomunitari. Per loro il problema fondamentale legato alle difficolt relative allottenimento del permesso di soggiorno; al di l di questo, i settori dove risultano maggiormente impiegati sono i servizi di cura e assistenza alla persona (colf, badanti), agricoltura, edilizia e commercio, tra i pi esposti al fenomeno del lavoro irregolare. Laltro dato interessante che il lavoro irregolare degli immigrati si connota quasi esclusivamente come lavoro nero; sono quindi molto meno frequenti le irregolarit minori. Lavoro femminile. In zone con distretti industriali (tipici i casi di Toscana e Marche) molte lavoratrici che, a seguito della crisi del made in Italy sono state espulse dal mercato del lavoro regolare, continuano poi ad esercitare le proprie professionalit nella forma del lavoro a domicilio, in genere sommerso. La circostanza paradossale che la flessibilit insita in tale tipo di prestazione lavorativa appare in qualche caso conveniente anche per la lavoratrice, che riesce meglio a conciliare vita lavorativa e personale. Percettori di indennit e sussidi. Quando sono portatori di professionalit elevate e richieste sul mercato, il che succede non di rado, questi soggetti hanno un preciso interesse a prestare lavoro in nero per non perdere lindennit o il sussidio in questione, percependo in tal modo di fatto un doppio stipendio. Giovani, nelle forme del lavoro precario. Particolarmente interessate sono da una parte le forme di lavoro saltuario o stagionale, dallaltra i co.co.co., poi collaborazioni a progetto, che spesso le aziende praticano anche in casi riconducibili al lavoro dipendente tradizionale, perch hanno una convenienza in termini di flessibilit e di costo del lavoro. Queste nuove (ma ormai non pi tanto) tipologie contrattuali sono tra quelle che presentano maggiore opacit, per riprendere il termine utilizzato dal Censis (Censis 2003, 18 e segg.), situazioni cio che dietro una facciata di regolarit nascondono situazioni irregolari. Tale opacit interessa in realt in maniera trasversale tutte le forme di contratto, anche quello a tempo indeterminato, dove si manifesta per lo pi come doppia busta paga (versamento di tutti i contributi
170 Su questo si veda anche il gi citato lavoro Censis (2003), 6.

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e retribuzione di fatto inferiore a quanto previsto in busta paga, oppure mancato versamento dei contributi a fronte di una retribuzione maggiore rispetto a quella prevista in busta) e straordinario in nero. Accanto a queste irregolarit si collocano poi comportamenti formalmente regolari ma che presentano ampi margini chiaroscurali (blocco carriere per contenere il costo del lavoro, ad esempio) e comportamenti al confine della regolarit, tra cui il mobbing o lutilizzo di superliquidazioni per incentivare la fuoriuscita dei dipendenti, o il ricorso ad accordi negoziali privati non regolari per aggirare i vincoli imposti dalla contrattazione collettiva (Censis 2003, p.24).171 Per quel che concerne la realt toscana e quella della provincia di Pisa in particolare esistono, relativamente al problema del lavoro sommerso, alcuni studi pubblicati tra il 2000 e il 2003,172 cui si rimanda per i contenuti specifici. Ci che qui vale la pena sottolineare sono alcuni punti che da tali studi emergono, a partire dal fatto che quelle che sono (o almeno sono state fino a poco fa) le aree caratterizzate da uno sviluppo industriale di pi consolidata tradizione (il pratese, Massa Carrara, Val di Cornia, area aretina) presentano una pi bassa incidenza di lavoro irregolare, situazione che trova una spiegazione nel tipo di organizzazione produttiva e nella tipologia delle relazioni industriali [Irpet 2001]. Lindustria in senso lato in effetti un settore poco colpito dal fenomeno del sommerso, che invece interessa maggiormente altri macro-settori come lagricoltura, i servizi e le costruzioni173. I pi elevati tassi di regolarit che si registrano per certe lavorazioni dipendono anche dal fatto che lelevata specializzazione e qualit del lavoro fanno s che sia richiesto in via prioritaria non tanto un abbattimento dei costi di produzione, quanto la presenza di una manodopera specializzata, fedele e, quindi, regolare. A livello provinciale i tassi di irregolarit174 calcolati nel 2005 sulla base dei dati Istat del 2003 attestano Pisa al di sotto della media nazionale. Le unit di lavoro (ula) non regolari, infatti, sulla base di detti dati si pongono tra 5,5

171 Si veda la tabella 2.1, nel secondo capitolo, per una sintesi delle opportunit che si presentano nelle diverse tipologie contrattuali. 172 Si vedano in particolare: Irpet (2001), Irpet (2002), Unioncamere Toscana (2003), Direzione regionale Inps della Toscana - Osservatorio regionale sul lavoro nero, evasione ed elusione contributiva (2003). 173 Su questo si vedano ad esempio i dati Istat relativi al 2004 presentati nello studio Ires-Cgil (Ires-Cgil 2007, 8-9), che indicano i seguenti tassi di irregolarit: 18,3% per lagricoltura, 13,4 per i servizi, 10,8% per le costruzione e 3,4% per il settore manifatturiero. 174 Si noti che la differenza tra questi dati e quelli precedentemente indicati dovuta al fatto che il sommerso rappresenta una parte del pi ampio spettro delle irregolarit. Ne consegue che i dati sulle ula (unit di lavoro) non regolari sono pi alti rispetto a quelli relativi al sommerso. Inoltre il dato Ires relativo al 2004, mentre quello Istat qui riportato si riferisce al 2003.

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e 10,1 per il totale delleconomia (media italiana: 13,4), tra 1,1 e 8,7 per lindustria (media italiana: 7,1), tra 17,6 e 23,3 per lagricoltura (media italiana: 32,9), tra 15,1 e 17,9 per i servizi privati (media italiana: 18,7).
fig. 6.1: Tassi di irregolarit provinciali per settore di attivit economica nel 2003 (val. %) Totale economia, industria, agricoltura e servizi privati. Fonte: Istat in Ministero del lavoro 2007a, 37 e seg.

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Lo studio dellIrpet sullemersione del lavoro non regolare a Pisa (Irpet 2002) prende in considerazione in modo particolare due fenomeni, quello del distretto conciario (Santa Croce) e quello delle donne (quasi) esclusivamente straniere impiegate nel lavoro di cura degli anziani, meglio note come badanti. Al di l dei casi specifici alla fine dellindagine emerge una distinzione fondamentale tra larea urbana pisana ed altre aree, come appunto quella del distretto conciario: nel primo caso le posizioni irregolari (nelle varie forme che possono assumere, dalle posizioni plurime al lavoro degli immigrati clandestini) sono molto diffuse, laddove invece in un contesto pi specificamente industriale si registra un altissimo tasso di regolarit nel quale le eventuali forme di irregolarit sono tanto sottili da sfuggire allosservatore (come nella frequente abitudine di non segnare in busta gli straordinari e di pagarli fuori busta in contanti). Un dato, questo, che si inserisce pienamente nel contesto delineato precedentemente per il livello regionale. Si sottolinea, inoltre, come esistano differenti livelli di motivazione che inducono sia la parte datoriale che quella del prestatore di lavoro a muoversi lungo linee di irregolarit pi o meno marcata, motivazioni che vanno dal contesto politico istituzionale di regolazione e di controllo (livello macro), alle specificit del contesto socio economico in cui gli attori si trovano ad operare (livello meso), fino ad arrivare a ragioni di convenienza, opportunit e bisogno individuale (livello micro). Questo capitolo stato impostato sulla base dei risultati delle interviste agli osservatori privilegiati condotte sul territorio provinciale. Si tratta dunque di unanalisi quasi esclusivamente di carattere qualitativo, avendo gi presentato nei capitoli precedenti sia una rassegna di classificazioni e definizioni adottate (capitolo due in particolare), che unanalisi sui dati quantitativi cui alloccorrenza verr fatto riferimento (capitolo quattro). La struttura del capitolo la seguente: definizione del fenomeno; rete degli attori istituzionali e associativi che sono alla base delle politiche del lavoro a livello provinciale, o che comunque sono chiamati a prendervi parte in qualche modo; contorni del problema (le forme di lavoro irregolare nei tre settori dellagricoltura, delledilizia e del servizi di cura alla persona; le cause, i settori sensibili e le eventuali specificit geografiche allinterno della provincia pisana; levoluzione del problema e lattenzione che nel tempo stata posta ad esso); motivazioni dei protagonisti, ovvero perch datori di lavoro da una parte e

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lavoratori dallaltra propongono/accettano condizioni di lavoro totalmente o parzialmente irregolare.

6.2. La definizione del fenomeno


La definizione concettuale del lavoro irregolare, gi ampiamente trattata nel secondo capitolo, ci induce a una duplice distinzione fondamentale che, semplificando, pu essere sintetizzata come quella tra lavoro nero e lavoro irregolare, da una parte, e tra sommerso per convenienza e sommerso per necessit dallaltra. Le irregolarit nei rapporti di lavoro non necessariamente si connotano come lavoro nero o totalmente sommerso, ossia come presenza di lavoratori del tutto sprovvisti di copertura assicurativa e contributiva (sommerso totale/nero); irregolarit parziali (lavoro grigio) si insinuano un po in ogni tipo di contratto, assumendo forme diverse a seconda delle singole situazioni. In tale cornice il sommerso (sia esso totale o parziale) pu essere conseguenza di una decisione consapevole, oppure pu presentarsi come imposto, subito e quindi non scelto. Nel primo caso avremo a che fare con il sommerso per convenienza, nel quale finisce per realizzarsi una convergenza di interessi tra lavoratori e imprenditori, perch ciascuno a proprio modo trae profitto da questa situazione; la caratteristica fondamentale del secondo caso invece la mancanza di alternative di mercato, situazione che generalmente si associa quasi esclusivamente alla posizione del lavoratore, ma che a ben guardare pu colpire anche limprenditore, nel momento in cui, ad esempio, ha bisogno di prestazioni altamente specializzate e di difficile reperimento. Una situazione, questultima, che come si vedr interessa in modo particolare il settore agricolo. In questo contesto, fino ad oggi, sembra particolarmente diffusa la pratica del lavoro nero dei pensionati, i quali da una parte sono portatori di unesperienza e di competenze difficilmente rimpiazzabili, dallaltra per il timore di sforare i limiti di cumulo tra lavoro e pensione prestano spesso e volentieri il proprio lavoro parzialmente o totalmente in nero. Labolizione del limite di cumulo introdotto dalla legge 133/2008 dovrebbe in linea teorica rendere meno vantaggioso il lavoro nero in tali circostanze. Una previsione in tal senso emersa anche durante alcune interviste, laddove ad esempio ci stato detto che buona parte del lavoro grigio o nero, inteso come la non esatta corrispondenza tra leffettiva prestazione e quanto poi risulta dalle scritture contabili () potr emergere con la nuova normativa sulla cumulabilit tra pensioni e lavoro (asscat4). stato anche sottolineato (ist5) come finora siano state molto diffuse, accanto al lavoro nero vero e proprio (mancanza di contratto e di contributi), forme

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di irregolarit che vanno a popolare la zona grigia: part-time per full-time, uso distorto degli stage, di situazioni che dovrebbero essere di formazione e invece vengono diffuse e codificate come se fossero lavoro, un approccio comunque che, ci stato detto, sta cambiando negli ultimi tempi. Sembrerebbe quindi che dopo una prima esplosione di contratti fatti ed utilizzati in maniera impropria per risparmiare sul costo del lavoro, la situazione si stia adesso normalizzando, forse anche a seguito delle numerose vertenze sindacali avviate in casi del genere. Un dato interessante in tal senso ci stato fornito dalla Cgil di Pisa: andando a vedere il numero di pratiche aperte presso lufficio vertenze si nota un incremento consistente proprio a partire dal 2003, anno di entrata in vigore della legge Biagi, anche se un primo balzo in avanti si registra gi a partire dal 2002 (vedi tabella 6.1)175.
tab. 6.1. Riepilogo generale attivit: vertenze 2000/2007 Cgil Pisa. Fonte: Cgil Pisa, 2008.
2000 TOT.PRATICHE APERTE 800 Di cui gi iscritti Vert.donne Vert.uomini TOT.PRATICHE DEFINITE 321 407 393 626 2001 755 331 329 426 620 2002 1719 1263 816 903 1095 2003 2350 1371 1140 1210 1832 2004 2852 1473 1222 1630 2252 2005 2652 1592 1220 1431 2224 2006 3051 1789 1457 1594 2120 2007 2781 1776 1302 1479 1850

Con riferimento ai settori studiati pi nel dettaglio nella presente ricerca, del totale di pratiche aperte presso la Cgil tra il 2000 e il 2007 circa l11,5% hanno riguardato la categoria edile (Fillea) e circa il 2,6% il settore agricolo (Flai), distribuite in maniera abbastanza equilibrata sul territorio provinciale seppure con una prevalenza sulla zona Pisa-Cascina. Il grosso delle vertenze aperte ha riguardato il settore del commercio (31,4%), tessile-abbigliamento-calzaturiero (17,7%) e chimico-energia-manifatture, nel quale rientra anche lattivit conciaria (15,9%), il primo con netta prevalenza su Pisa-Cascina (3382 su 5318, paria al 63,6%), gli altri due sul Valdarno (rispettivamente con 1861 su 2997 e 2458 su 2698, pari al 62% e 91,1%).176

175 Chiaramente questi dati non possono avere un valore assoluto essendo limitati alle vertenza aperte presso la sola Camera del lavoro pisana; sono comunque indicativi e possono quindi essere considerati quali specchio di un trend pi generale anche in considerazione del fatto che la Cgil il sindacato confederale pi rappresentativo in termini di iscritti. 176 Fonte: Cgil Pisa 2008.

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Tornando alla questione della definizione del lavoro irregolare, la pi completa e precisa dal punto di vista normativo che emersa durante le interviste sicuramente quella fornita dalla Direzione provinciale del lavoro (Dpl), articolazione territoriale del Ministero del lavoro. Il quadro presentato il seguente: C.d. lavoro nero: lavoro che si svolge in assenza di qualsivoglia copertura assicurativa (il lavoratore totalmente sconosciuto alla pubblica amministrazione: non ha sottoscritto il contratto di lavoro, non stato iscritto nei libri obbligatori di legge, non ne stata comunicata lassunzione al Centro per limpiego, non in possesso del permesso di soggiorno o in possesso di un permesso di soggiorno che non consente lo svolgimento di attivit lavorativa); C.d. lavoro grigio: lavoro che pur rispondendo formalmente a tutti i requisiti di legge, nel suo concreto svolgimento non genuino, mascherando una tipologia lavorativa diversa da quella che stata la volont manifestata dalle parti nel contratto di lavoro. Esempio tipico il lavoro a progetto e le collaborazioni occasionali che spesso mascherano un rapporto di lavoro autonomo. In questi casi il datore di lavoro non fa ricorso al lavoro nero ma tenta di abbattere i costi adottando una forma contrattuale che comporta oneri retributivi e contributivi meno gravosi. Lavoro irregolare in senso stretto: lavoro che risponde a tutti i requisiti di legge, anche nel suo concreto svolgimento, ma nel quale non sono garantiti i livelli retributivi e contributivi previsti dalla contrattazione collettiva, non rispettato lorario di lavoro, non sono garantiti i riposi, vengono effettuate ore di lavoro straordinario non registrate in busta paga e quindi retribuite fuori busta con conseguente omesso versamento della relativa contribuzione, non sono effettuate le dovute registrazioni di legge sul libro matricola e paga, non vengono versati i contributi previdenziali. Oltre a quelle gi ricordate, altre irregolarit particolarmente diffuse segnalate nel corso della medesima intervista sono quelle legate a fattispecie omissive per quanto riguarda la registrazione delle ore lavorate nellapposito registro (che deve essere aggiornato al giorno antecedente a quello corrente), laggiornamento del libro matricola con le cessazioni, le trasformazioni e le proroghe dei rapporti di lavoro; la rimozione del libro matricola e del registro presenze dal luogo di lavoro; la mancata conservazione sul luogo di lavoro del registro infortuni, la corresponsione di somme fuori busta con conseguente recupero dei contributi dovuti (contr4). Un aspetto importante percepibile tra le righe in molte interviste, e in alcuni

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casi espressamente manifestato, la convinzione che il lavoro irregolare e soprattutto quello nero implica anche mancanza di sicurezza. Nel definire il sommerso e lirregolarit del rapporto di lavoro si deve quindi tenere conto, secondo tale impostazione, anche della tematica della sicurezza sul lavoro, che sembra colpire in maniera pi decisa proprio le figure dei lavoratori non propriamente regolari. Interessanti in tal senso sono i dati dellultimo Rapporto annuale Inail, dai quali emerge come gli infortuni siano in calo in termini generale, ma non per donne, stranieri e precari. In un commento dei dati definitivi Inail per il 2007 viene sottolineato come a fronte di un calo complessivo degli infortuni si rilevi un incremento per i lavoratori atipici (+5,7% per i parasubordinati e +13,6% per gli interinali rispetto al 2006) e per gli stranieri (+8,7% rispetto al 2006) (Italia lavoro, 2008).177 Sono proprio le due principali forme di lavoro atipico, ossia lavoratori parasubordinati ed interinali, sottolinea lInail, ad aver fatto registrare nel 2007 sensibili incrementi in termini di infortuni. Per quanto riguarda le donne la percentuale che subisce infortuni sul lavoro si mantiene invece sostanzialmente stabile anche per il 2007, su valori intorno al 27,5% (ibidem). Di fatto a far calare il numero degli infortuni nel 2007 stata la categoria dei lavoratori maschi con un contratto di tipo tradizionale (non atipici n precari), dato che deve indurre ad una riflessione sul problema della sicurezza e sul suo legame con le condizioni di precariet e irregolarit contrattuale che colpiscono prevalentemente giovani, donne e immigrati. Accanto alla definizione generale del problema, ciascun settore economico presenta poi peculiarit proprie per quel che concerne le manifestazioni concrete, specificit che riportiamo in sintesi nella tabella che segue cos come sono emerse nelle interviste.

177 Si noti che secondo lanalisi presentata nel rapporto di Una Rete per Emergere (Ministero del lavoro, 2007a) tali categorie rientrano nei principali target a rischio per quanto riguarda il lavoro nero o comunque irregolare.

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tab. 6.2: Le caratteristiche del lavoro irregolare nei tre settori considerati (case studies) in Provincia di Pisa. Fonte: elaborazione da informazioni ricavate nelle interviste.
Settore Agricoltura Caratteristiche del lavoro irregolare - periodo caldo in relazione ad alcuni tipi di raccolta - bracciante avventizio che dichiara come lavorate solo il numero minimo di giornate richiesto per avere lintegrazione Inps - pensionato che dichiara, al limite, un numero tale di giornate che non possano creare problemi relativamente al cumulo tra redditi da lavoro e redditi da pensione (punto superato con la nuova normativa) - sommerso legato alle figure lavorative straniere - scambio in natura: pagamento in nero per una prestazione lavorativa anzich in denaro mediante fornitura di un bene (una sorta di baratto al nero) - lavoro non assicurato (nero) - contratto part-time per prestazione di lavoro in realt full-time - lavoratori a partita Iva/ fenomeno delle imprese individuali. Si tratta spesso di ex-dipendenti costretti ad aprire la partita Iva per poter continuare a lavorare in cantiere - lavoro non assicurato/ al nero (meno diffuso rispetto al passato) - nero fuori busta: ad esempio vengono pagati contributi per uno stipendio di 600 euro mensili, ma in realt la paga di fatto percepita mensilmente si aggira attorno agli 800 euro - assistenza di fatto 24 ore su 24 con copertura assicurativa e contributiva solo per un numero minimo di ore settimanali (in genere 25) - assunzione in nero della sostituta della badante in regola durante il mese di ferie di cui questa ha diritto ogni anno

Edilizia

Cura persona/badanti

In merito alle irregolarit qui evidenziate per i tre settori sono emerse alcune precisazioni interessanti, in particolare per quel che concerne il ricorso al parttime in edilizia, gli irregolari nellagricoltura e lapplicazione di contratti differenti rispetto a quelli del settore di effettiva attivit dellimpresa. Con riferimento alla pratica verosimilmente abbastanza diffusa del contratto part-time in edilizia emerso che chi lo propone e realizza mosso dalla volont di risparmiare sulla quota di contributi da versare per il lavoratore in questione, una posizione che per secondo lAssociazione industriali poco lungimirante e neppure troppo conveniente. Sul punto stato fatto notare, infatti, come le persone vadano pagate comunque e alla fine se il pagamento in nero non posso detrarre dal reddito imponibile. vero che risparmio sui contributi (circa un 27%) ma non potendo detrarre mi costa un 40% in pi. Alla fine non un buon affare (assacat5). Sul fronte delle irregolarit in agricoltura stato sottolineato che si tratta di un fenomeno quasi esclusivamente relativo ai lavori manuali, alla raccolta in modo specifico. anche vero, come espressamente messo in risalto, che gli spazi per il ricorso a tale tipologia di manodopera si stanno assottigliando sempre di pi nel territorio provinciale sia perch sono venute meno le lavorazioni in campo agricolo che richiedono manodopera massiccia (gli ortaggi in particola-

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re), sia perch, al di fuori della vendemmia e di qualche coltura di ortaggi che ancora resiste, il processo del tutto meccanizzato e con le macchine agricole moderne non possibile improvvisare. I cambiamenti che hanno interessato lagricoltura pisana, oggi prevalentemente orientata su coltivazioni ad alto valore aggiunto (vite e olivi), e lavanzamento tecnologico del parco macchine nel settore stanno dunque riducendo progressivamente gli spazi per la tipologia pi tradizionale del lavoro nero, quella appunto legata alla raccolta. Resta invece attuale il fenomeno del nero (parziale o totale) dei pensionati altamente specializzati. La recente abolizione del limite di cumulo, gi menzionata, potrebbe arginare il problema, ma di per s non appare come la soluzione. Lobiettivo dellintervento non dovrebbe essere tanto quello di permettere a chi ha gi raggiunto la pensione di costituire un bacino di specialisti pressoch insostituibile, quanto invece di fare in modo che tale esperienza e conoscenza sia trasmessa ai giovani impiegati o impiegabili nel settore.

6.3. Gli attori coinvolti nella lotta al sommerso


Il quadro degli attori coinvolti a livello nazionale nella lotta al sommerso gi stato fatto nel terzo capitolo relativamente allarticolazione istituzionale. In questa sede, dopo una brevissima panoramica generale, vedremo di fare il punto sulla rete degli attori coinvolti a livello territoriale nellattivit di contrasto al lavoro irregolare. Le istituzioni principalmente coinvolte nelle politiche di emersione sono, oltre al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, la Cabina nazionale di regia in veste di organo politico di coordinamento e di monitoraggio delle politiche di emersione, il Comitato nazionale per lemersione e i Cles che, operando a livello locale, hanno la funzione fondamentale di analisi del territorio e promozione di iniziative locali per lemersione del lavoro sommerso (soprattutto sul versante delle politiche attive): analisi del lavoro irregolare, animazione territoriale per promuovere iniziative per lemersione del lavoro sommerso che procedano di pari passo con gli obiettivi di sviluppo locale, promozione di collaborazione ed intese istituzionali, assistenza alle imprese (Isfol 2007, 78). Accanto a questi vi poi tutto limpianto degli organi di controllo costituito in primis dalle Direzioni regionali e provinciali del lavoro, da Inps, Inail e dagli altri enti previdenziali, cui si aggiunge lattivit del Comando dei Carabinieri per la tutela del lavoro (che svolge funzioni analoghe a quelle di competenza del personale ispettivo civile del Ministero), lAgenzia delle entrate e la Guardia di finanza. Vi sono infine le Camere di commercio che svolgono prevalentemente una funzione amministrativa e di certificazione che si sostanzia in emanazione di

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provvedimenti di natura autorizzativa, abilitativa, certificativa, di ricognizione ed istruzione; predisposizione e gestione di banche dati per raccogliere e fornire informazioni dettagliate sulle aziende operanti sul territorio (Isfol 2007, 79). Una tale articolazione comune allintero contesto nazionale; per quanto riguarda la provincia di Pisa lazione di questi organi si inserisce in un contesto positivo, in un territorio dove incontri, concertazione, sensibilizzazione, tavoli aperti, dove queste questioni sono sempre state portate. dove c una forte spinta [ist5]; la lotta al lavoro nero e pi in generale alle irregolarit sul posto di lavoro, di qualunque natura esse siano, un tema a cui sul territorio provinciale sembra si stia prestando una certa attenzione, sembra che si tratti di un tema che lega un po tutti [sind7]. In effetti si rileva una fitta rete di rapporti che lega da una parte gli organi di natura istituzionale impegnati nella lotta al sommerso, dallaltra un insieme di associazioni presenti sul territorio che offrono assistenza e consulenza ai lavoratori, in particolare a quelli immigrati. Lanello di congiunzione tra le due tipologie di rete rappresentato dalle amministrazioni locali, in particolar modo da quella provinciale, su cui ricadono le competenze in materia di politiche del lavoro e formazione professionale.178 Le principali attivit della Provincia si articolano nelle seguenti azioni: Valorizzazione dello strumento dei tirocini formativi come servizio per il collocamento.179 Attivazione del Programma Pari per linserimento occupazionale, attraverso appositi bandi, di persone ultra 45enni espulse o a rischio di espulsione dal mercato del lavoro.180 Avvio del Servizio marketing aziendale, strumento di conoscenza delle esigenze delle imprese territoriali e dei disoccupati e anello di congiunzione dei servizi dei Centri per limpiego e della formazione professionale.181 Avvio dal 2005, di concerto con organizzazioni sindacali e aziende,
178 Si veda http://www.provincia.pisa.it/interno.php?id=349&lang=it. 179 Secondo gli ultimi dati annuali disponibili, sono state attivate 780 esperienze lavorative di questo tipo (per 218 uomini e 562 donne), coinvolgendo 384 aziende appartenenti in prevalenza ai settori servizi, artigianato, commercio e industria. Al 43% dei tirocinanti, conclusa la loro prestazione, stato offerto un impiego. 180 Liniziativa, in collaborazione con Regione Toscana e Italia lavoro, ha visto la Provincia di Pisa raggiungere una quota di circa 50 assunzioni di lavoratori in mobilit, con erogazione alle aziende di una dote formativa di 1.000 euro per assunto. 181 Il servizio, consistente nellincrocio fra domanda e offerta, nellultimo anno ha fruttato 39.844 contatti con lavoratori e 13.023 con aziende. Le imprese che hanno richiesto servizio di preselezione sono state 1.300, i lavoratori segnalati 2.500. Il 77% di loro stato poi assunto.

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di percorsi di outplacement per la ricollocazione di personale messo in mobilit da parte di alcune imprese del territorio. Lattivit, in collaborazione con i Centri per limpiego e con agenzie accreditate dal Ministero del lavoro, ha riguardato i settori metalmeccanico, tessile, calzaturiero e delle telecomunicazioni. In termini di formazione e incontro tra domanda e offerta di lavoro regolare un ruolo di primo piano svolto quindi dai Centri per limpiego della Provincia che offrono una vasta gamma di servizi: offerte di lavoro, tirocini formativi, collocamento mirato con un servizio di accoglienza rivolto ai disabili e finalizzato allinserimento o reinserimento degli stessi nel mondo del lavoro anche mediante lattivazione di percorsi personalizzati in ambiente lavorativo attraverso corsi di preformazione e formazione individualizzata,182 orientamento, apprendistato, marketing alle imprese. Questultimo servizio appare di particolare interesse per la diffusione presso le aziende non solo della cultura, ma anche di una consapevolezza della convenienza della regolarit: Il servizio di marketing alle imprese si pone lobiettivo di avvicinare i Centri per limpiego allimpresa. Gli operatori dei Centri sono disponibili a visite dirette presso le imprese del territorio provinciale che vogliono conoscere e usufruire dei servizi, delle opportunit e delle agevolazioni messe a disposizione dal sistema locale dei servizi pubblici per limpiego. Lincontro in azienda permette agli operatori dei Centri di ascoltare in modo diretto e concreto i bisogni degli imprenditori e di programmare conseguentemente specifici servizi per soddisfarli. Lo scopo, dopo una dettagliata descrizione dei profili professionali ricercati e la raccolta dei fabbisogni di formazione e sviluppo organizzativo, quello di creare, tramite unanalisi mirata, un rapporto sistematico con limpresa per lincontro domanda offerta di lavoro a fronte di bisogni ricorrenti o permanenti di determinati profili professionali.183 Il sistema sembra funzionare abbastanza bene se si pensa che chi trova lavoro tramite il Cpi a Pisa pari al 30% degli assunti a fronte di un 8% del resto della Toscana (asscat5). 6.3.1. La rete istituzionale Sul piano istituzionale ampiamente inteso sono molteplici gli spazi di incontro e confronto presenti sul territorio. Qui di seguito presentiamo dapprima una panoramica degli attori attivi nella lotta al sommerso in provincia, specificandone composizione e relative funzioni; seguir unanalisi della rete dei
182 Si veda http://www.provincia.pisa.it/interno.php?id=738&lang=it 183 Si veda http://www.provincia.pisa.it/interno.php?id=744&lang=it

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rapporti tra i singoli enti coinvolti effettuata mediante lutilizzo di un software di social network analysis, Ucinet, scelto perch ad oggi rappresenta uno tra i pi completi ed aggiornati strumenti di analisi. Per quanto riguarda gli snodi/spazi di incontro e confronto sul territorio ricordiamo:

1. Commissione provinciale per lemersione.

La creazione di detta Commissione prevista dallart. 78 della legge 448 del 1998 quale organo tecnico coadiuvante dellAutorit politica. La legge prevede alcuni compiti fondamentali tra i quali lanalisi locale del lavoro irregolare, la promozione delle politiche e della cultura della legalit, lassistenza alle imprese, specie nellaccesso al credito agevolato. Per quanto riguarda la sua composizione e formazione la legge lascia libert alle singole Province e Regioni, che possono quindi agire in piena autonomia. A Pisa la Commissione stata finora presieduta dallassessore alle politiche del lavoro, formazione professionale e permanente della Provincia. In Toscana alcune commissioni hanno incaricato lIrpet di effettuare ricerche sul fenomeno del sommerso; a Pisa, inoltre, stato creato un gruppo di lavoro per lanalisi dei dati in possesso degli enti interni alla Commissione per elaborare uno studio del fenomeno del lavoro sommerso; ed stata sovvenzionata una ricerca relativa allutilizzo dei contratti di collaborazione coordinati e continuativi oltre ad una comparazione dellincidenza del lavoro nero nei diversi settori evidenziando la componente lavoratrice maschile e femminile.184 Secondo quanto ci stato detto dal direttore dellInail di Pisa, la Commissione provinciale per lemersione dovrebbe essere stata assorbita nellambito della Conferenza provinciale permanente presso la Prefettura. La Segreteria tripartita un organo permanente di concertazione e di consultazione delle parti sociali (ne fanno parte rappresentanti della Provincia, dei datori di lavoro185 e dei lavoratori)186 con specifico riferimento ad alcune questioni quali le politiche attive del lavoro,v la formazione ed il collocamento dei lavoratori.

2. Segreteria tripartita.

184 Si veda http://www.emersionelavorononregolare.it/dev/old/sintesicomm.php 185 Ne fanno parte: Unione industriale pisana, Cna, Ascom, Confesercenti, Unione provinciale degli agricoltori/Confagricoltura, Lega delle cooperative. 186 I sindacati presenti con una loro rappresentanza, oltre alla Camera del lavoro, sono Cgil, Cisl, Uil e Ugl.

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La Commissione della Provincia di Pisa presieduta dallassessore provinciale alle politiche del lavoro, formazione professionale e permanente, su delega del Presidente della Provincia.

3. Comitato per il lavoro e lemersione del sommerso (Cles).

Sappiamo dal secondo capitolo che i Cles sono composti, su base sia provinciale che regionale, da membri che sono espressione sia di soggetti pubblici che delle parti sociali. Al di l dei 16 membri che ne fanno parte di diritto (8 nominati da Ministero del lavoro e Ministero dellambiente, Inps, Inail, Asl, Anci, Regione e Prefettura; 8 in modo paritetico dalle organizzazioni sindacali e imprenditoriali pi rappresentative) possono essere invitati ai lavori del Comitato anche altri soggetti, in virt dellattivit che svolgono sul territorio e quindi dellapporto positivo che possono dare ai lavori stessi. Per quanto riguarda Pisa, la direttrice della Dpl ha elencato tra i soggetti che fanno parte, o che partecipano, al Comitato Prefettura, Questura, Arma dei Carabinieri, Guardia di finanza, Ministero dellambiente e della tutela del territorio, Agenzia delle entrate, Regione Toscana, Comune, Inps, Inail, Asl, sindacati, Camera di commercio, Cna, Unione industriali, Confcommercio (contr5). so la Prefettura. Secondo quanto si legge sul sito del Ministero dellinterno, La Conferenza permanente un organismo istituito dallart. 11 del decreto legislativo n. 300/1999, come modificato dal decreto legislativo 21/1/2004 n. 29, con la funzione di coadiuvare il Prefetto nel coordinamento delle attivit degli Uffici periferici dello Stato e nella leale collaborazione con i rappresentanti delle Autonomie locali. Attraverso lo strumento della Conferenza permanente si inteso rafforzare in capo al Prefetto la funzione di coordinamento orizzontale delle funzioni statali esercitate a livello periferico. La Conferenza permanente articolata in quattro sezioni: Amministrazioni dordine, Sviluppo economico ed attivit produttive, Territorio, ambiente ed infrastrutture, Servizi alla persona e alla comunit. In termini generali, a livello provinciale, fanno parte della Conferenza, oltre al Prefetto che la presiede, i responsabili delle strutture periferiche dello Stato, il Presidente della provincia, il Sindaco del comune capoluogo e i Sindaci dei comuni eventualmente interessati alle questioni trattate, o loro delegati, nonch tutti quei soggetti istituzionali la cui partecipazione ritenuta utile, in relazione agli impegni che si dovranno prendere. Nello specifico partecipano al tavolo provinciale per il lavoro nellambito

4. Tavolo provinciale per il lavoro nellambito della Conferenza permanente pres-

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della Conferenza permanente Provincia, Asl, sindacati, Inail, Inps, Dpl, Vigili del fuoco, Guardia di finanza, Carabinieri, Polizia, Camera di commercio, Unione industriali, tutti quelli che hanno voce in capitolo (ist5). 5. Osservatorio permanente provinciale sulla cooperazione: formato da tutte le parti firmatarie del Protocollo sulla cooperazione del 10 ottobre 2007 (A.G.C.I., Confcooperative e LegaCoop per le Associazioni, Cgil, Cisl e Uil per i sindacati, oltre Inps, Inail e Direzione provinciale del lavoro), rappresenta un momento di confronto con tutte le parti sociali coinvolte ed ha lo scopo di contribuire a rendere ancora pi efficaci le necessarie iniziative di carattere ispettivo mirate alla vigilanza nelle cooperative (Relazione Cles Pisa I semestre 2008, 22). In maniera pi precisa i compiti dellOsservatorio possono essere sintetizzati in quattro punti: effettuare un monitoraggio capillare di tutte le societ presenti nel territorio avvalendosi dellausilio della Camera di commercio; analizzare e trovare spunti dalle notizie che verranno fornite da Inps e Inail in base ai dati in loro possesso che forniranno; individuare le linee guida su cui muoversi ed andare ad operare sul territorio attraverso lattivit di vigilanza che verr realizzata prioritariamente in modo congiunto da Dpl, Inps e Inail; monitorare landamento e gli effetti dellattivit di vigilanza per individuare modalit di intervento sul fenomeno sempre pi efficace (ibidem).187 Come si pu notare, gli stessi soggetti si incontrano in varie sedi, alcune pi allargate di altre nella partecipazione. Si rileva la costante presenza di Provincia, sindacati e rappresentanti dei datori di lavoro, mentre gli enti di controllo sono assenti solo dalla Segreteria tripartita. Forse una razionalizzazione del sistema sarebbe opportuna, ad esempio facendo confluire i diversi organismi allinterno del tavolo provinciale presso la Prefettura. In effetti alcuni attori segnalano come ci si stia cominciando a muovere in tal senso. La rete istituzionale appena presentata pu essere visualizzata graficamente (qui veniamo al secondo punto), individuando anche altri elementi analiticamente rilevanti quali la densit della rete, nonch la presenza di sottogruppi coesi o clique, sottoinsiemi della rete che condividono legami forti, intensi e diretti tra loro rispetto a quelli che ne sono esclusi (Cordaz, in Salvini 2005).

187 Da notare che nel settore delle cooperative il problema fondamentale da affrontare non il lavoro nero, pressoch assente (0.3% sul totale dei lavoratori dati Dpl Pisa/Relazione Cles I semestre 2008), ma questioni riconducibili alla qualificazione dei rapporti societari che spesso mascherano rapporti di lavoro subordinato nonch il frequente cambiamento della sola denominazione della cooperativa, fatto questo che rende pi difficoltosi gli accertamenti da parte degli organi ispettivi.

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fig. 6.2: La rete degli attori nelle politiche per la lotta al sommerso in Provincia di Pisa. Fonte: nostra elaborazione sulla base delle informazioni raccolte durante le interviste.

Dal grafico, elaborato sulla base delle risultanze delle interviste ad osservatori privilegiati, emerge come il nucleo dellattivit di lotta al lavoro nero e irregolare sia rappresentato dagli organi di vigilanza (Inps, Inail e Dpl in particolare, ma anche lAsl si ritrova coinvolta), che si caratterizzano quali soggetti centrali della rete in entrata, ossia quelli nei cui riguardi vengono indirizzate le richieste di intervento. Immediatamente intorno a questi troviamo innanzi tutto la Provincia, che si pone nella posizione di maggiore espansivit (sembra cio che sia lattore che in qualche modo cerca di coinvolgere e di attirare allinterno nuovi soggetti rispetto a quelli gi presenti nella rete), e poi i sindacati confederali e lUnione industriali, lunica tra le associazioni di categoria intervistate che presenta un grado di coinvolgimento particolarmente intenso. Si tratta, peraltro, di un ruolo che, come gi emerso nel quinto capitolo, la Provincia ricopre anche nelle politiche locali per la sicurezza sul lavoro. La densit del reticolo si attesta su 28,1%, valore equivalente a quello riscontrato nelle politiche per la sicurezza sul lavoro che individua quanti legami tra quelli possibili allinterno della rete sono stati effettivamente segnalati dagli intervistati; il valore, non molto alto, rispecchia la situazione esistente per cui lo stesso nucleo di soggetti presente allinterno dei vari tavoli e/o commissioni

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per lemersione del sommerso, mentre gli altri soggetti sono attivi in modo pi settoriale e si vedono coinvolti solo in alcune specifiche iniziative e circostanze. Come nel caso delle politiche per la sicurezza, non si registrano particolari difficolt nel coinvolgimento di attori nella lotta al sommerso, almeno apparentemente e in via ufficiale. Qualcuno (contr4) ha lamentato il fatto che i rapporti con istituzioni locali e Camera di commercio potrebbero essere migliorati, pur sostenendo che comunque ci sono e funzionano; si tratta pi di unaspirazione ad oliare i meccanismi di interazione per renderli pi fluidi e diretti, che non di una reale lamentela per un rapporto malfunzionante. Scomponendo la rete degli attori in sottoinsiemi coesi emergono in questo caso 7 cliques, a fronte delle 11 delle politiche per la sicurezza, con una presenza particolarmente ricorrente di Inps (6 su 7), Provincia (5 su 7), Dpl, e Unione industriali (4 su 7); seguono lInail e poi lAsl, che effettivamente rispetto agli organi di controllo maggiormente presenti hanno una missione orientata pi al tema della sicurezza che non a quello del sommerso. Anche mediante la procedura gerarchica di individuazione di sottogruppi (vedi figura 6.3) viene confermata la presenza di un nucleo di attori attivi attorno al quale ruotano poi tutti gli altri; mancano in questo caso sottogruppi esterni rispetto al nocciolo duro individuato, la cui intensit di relazione (e quindi il livello di attivit) molto alta; ci significa che probabilmente questi attori hanno assunto allinterno della rete una sorta di posizione guida rispetto al tema trattato. Prendendo in considerazione lindice di intermediazione possibile individuare in maniera pi precisa il ruolo svolto da questi attori: se la Provincia si caratterizza prevalentemente come gatekeeper188 e in via subordinata come consultant, lInps si pone come soggetto coordinatore della rete e in seconda battuta come rappresentante; la Dpl, a sua volta, appare caratterizzarsi prevalentemente come consultant in maniera pi marcata rispetto alla Provincia e in subordine come gatekeeper, questa volta con valori decisamente inferiori a quelli della Provincia. A ben vedere come se questi tre attori, assumendo la guida della lotta al sommerso allinterno della provincia, si siano anche divisi i compiti, con Provincia e Dpl in posizione speculare luna rispetto allaltra e lInps in funzione centrale di coordinamento e di rappresentanza.

188 Riportiamo di seguito le definizioni dei termini indicati in corsivo nel testo. Gatekeeper: attore che regola laccesso allinterno del gruppo di cui fa parte da parte di soggetti esterni. Consultant: attore che svolge funzione di anello di congiunzione tra soggetti che non sono in contatto tra di loro, pur facendo parte dello stesso sottogruppo; il consultant esterno al sottogruppo di cui fanno parte i due attori che mette in contatto. Coordinatore: attore che svolge funzione di guida nei confronti di attori appartenenti tutti al medesimo sottogruppo. Rappresentante: attore cui fanno riferimento soggetti appartenenti ad altri gruppi.

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fig. 6.3: Il percorso di aggregazione dei sottogruppi coinvolti nelle politiche di emersione in Provincia di Pisa. Fonte: nostra elaborazione sulla base delle informazioni raccolte durante le interviste.

6.3.2. Le associazioni
A livello di associazioni esistono solidi punti di riferimento sia per i lavoratori che per i datori di lavoro. Si tratta essenzialmente dei sindacati per gli uni, delle associazioni di categoria per gli altri. A di l di questi, per, troviamo anche una rete di associazioni diffusa in maniera abbastanza capillare sul territorio in grado di offrire un servizio aggiuntivo, in modo particolare per gli stranieri. Lassociazione Batik, ad esempio, offre tre servizi fondamentali allutenza di riferimento (immigrati): sportello casa, sportello informativo e sportello lavoro, questultimo con lobiettivo fondamentale di contribuire allofferta di pari opportunit per i cittadini extracomunitari e comunitari di inserimento e riconoscimento sociale attraverso percorsi di orientamento e accompagnamento al lavoro e alla formazione professionale atti a facilitare linserimento nel mondo del lavoro (Batik 2008, 8). Oltre a Batik, esistono sul territorio diverse associazioni dello stesso genere che fanno s che si possa dire che Pisa servita bene, poi c il lungomonte, Pontedera ha il suo, poi lalta Valdera e la Val di Cecina... secondo me qui gli immigrati hanno punti di riferimento importanti sul territorio [assoc1]. La rete delle associazioni ha conosciuto anche una sorta di istituzionalizzazione nella creazione della Rete Welcome tramite lazione di promozione e

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coordinamento della Provincia di Pisa, in particolare dellassessore alle politiche sociali, immigrazione, terzo settore e pari opportunit. La rete, attiva dal 2002, offre una serie di sportelli informativi sul territorio ed diventata un interlocutore accreditato per Prefettura, Questura e Direzione provinciale del lavoro di Pisa, con i quali la Provincia di Pisa ha sottoscritto un protocollo dintesa nel 2005, attraverso il quale abbiamo creato le condizioni di un efficace sistema di collaborazione tra questi enti e i centri di assistenza () per gli immigrati (Consulte per immigrazione e pace 2007, 2). Della Rete Welcome fanno parte una serie di associazioni tra cui ricordiamo Batik, Il gabbiano, Donne in movimento, Africa insieme, Arci. La sua presenza ed il suo lavoro sono fondamentali non solo come supporto di carattere generale per gli immigrati, ma anche come canale di inserimento di manodopera straniera regolare essendo, tra le altre cose, un punto di incrocio tra domanda e offerta di lavoro soprattutto per assistenti familiari e famiglie. Per questultimo specifico settore anche le Acli svolgono un ruolo fondamentale, offrendo un servizio che a detta stessa degli intervistati di aiuto e di alto livello, in special modo per il disbrigo di tutti quegli adempimenti burocratici che spaventano le famiglie allatto di assumere una collaboratrice famigliare. Le Acli sono in strettissimo contatto, oltre che con i vari enti istituzionali, anche con la Caritas e con il suo sportello di ascolto, fatto che agevola laccompagnamento verso un percorso di vita regolare sul territorio di coloro che non avendo nessun riferimento vedono nella Caritas il primo punto dapprodo. Come sostiene il responsabile dellassociazione, limpressione che funzioni molto il sistema delle catene migratorie consolidate, il sistema del sostegno interetnico. Chi non ha legami, riferimenti parentali significativi sul territorio trova sostegno nella Caritas. [...] Chi arriva a Caritas perch non ha altre sponde. [...]. Succede spesso che la povert prima di essere di tipo economico di tipo relazionale [...]. E ancora: il lavoro nero costante ... chi arriva da noi perch non lavora pi. Chi scende i gradini della scala sociale va verso forme di disagio cronico ed ha un rapporto molto pi complesso con il lavoro. [...]. [assoc2]. A completamento del quadro ricordiamo anche lo sportello Informare Comunicando ed il Centro Nord-Sud cui anche i soggetti della Rete Welcome fanno riferimento. Il primo offre servizi di informazione e sostegno rivolti al territorio (non solo agli stranieri) e vede coinvolti lAsl 5, la Provincia di Pisa ed una serie di comuni (Pisa, Vecchiano, Fauglia, Cascina, San Giuliano Terme, Lorenzana, Orciano Pisano, Calci, Vicopisano); il secondo stato costituito dal Consiglio provinciale nellaprile del 1999 con lobiettivo di contribuire alla crescita sociale ed economica delle popolazioni dei paesi in via di sviluppo e allintegrazione tra i popoli attraverso: iniziative volte a far crescere, nella societ civile, nelle scuole, negli ambienti di lavoro e di aggregazione sociale e culturale, la cono-

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scenza di culture, tradizioni, storia e costume di altri paesi e popoli; progetti di interscambio culturale e di cooperazione nellambito delle leggi nazionali e regionali che regolano questa materia; rapporti di gemellaggio e solidariet; organizzazione di interventi di aiuto ai paesi in via di sviluppo; sostegno della popolazione immigrata attraverso lattivazione di percorsi volti allacquisizione dei diritti di cittadinanza; partecipazione a progetti Ue coerenti con le finalit dellIstituzione; attivit di educazione alla pace, di informazione e di documentazione nei servizi di intervento dellistruzione, anche in collaborazione con le istituzioni scolastiche.189

6.4. I contorni del problema


Inquadrato nel contesto locale il fenomeno del lavoro irregolare, si procede in questo paragrafo ad approfondire lanalisi ponendo in risalto quelle che sono state indicate come le principali condizioni facilitanti la diffusione dello stesso, cercando al contempo di capire se, al di l dei tre settori oggetto di studio, ve ne siano altri a rischio, o se esistano specificit geografiche allinterno della provincia cui prestare unattenzione mirata. Si chiuder con unanalisi dellevoluzione che la lotta alle irregolarit sul lavoro ha conosciuto nel corso degli anni.

6.4.1. I fattori che facilitano la diffusione del lavoro irregolare


In termini generali, i principali fattori facilitanti alla base del lavoro non regolare sono di natura economica. Da parte dellimpresa la difficolt a resistere in maniera competitiva nel mercato pu indurla a cercare un risparmio nelle pieghe dellambiguit o dellinosservanza normativa, anche senza dover necessariamente ricorrere al lavoro nero in senso stretto. Il caso citato pi volte degli straordinari fuori busta esemplare: non far risultare tutti gli straordinari effettivamente lavorati comporta non solo un risparmio di carattere fiscale-contributivo, che peraltro potrebbe essere in parte vanificato dal provvedimento di detassazione degli straordinari approvato dal governo Berlusconi190, ma soprattutto la possibilit di mantenere lazienda al limite dellorganico di cui avrebbe
189 Si veda. http://www.centronordsud.it/ Tra le pubblicazioni edite nel sito del Centro Nord-Sud ricordiamo una guida alla ricerca di un lavoro per cittadini immigrati; una guida badanti Informazioni utili per gli assistenti familiari; informazioni per lo sportello unico immigrati: in questo contesto si inserisce la Rete Welcome ed i relativi centri di assistenza gratuita sul territorio provinciale. 190 Il provvedimento di tassazione separata degli straordinari e dei premi di produttivit al 10% varato dal governo Berlusconi ha carattere sperimentale per una durata di sei mesi (giugno-dicembre 2008) per i soli salari inferiori a 30000 euro lordi e per un tetto massimo di straordinari detassati pari a 3000 euro totali. Si veda anche larticolo di Federico Pace (Pace 2008).

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oggettivamente bisogno in relazione al suo abituale carico di lavoro. Per chiarire questo punto si pensi al tetto massimo fissato per gli straordinari: fino allagosto 2008, il datore di lavoro con pi di 10 unit produttive aveva lobbligo di comunicare agli uffici provinciali del lavoro lo sforamento delle 48 ore settimanali per lavoratore, obbligo venuto meno con lapprovazione della legge 133/2008. La logica alla base dellobbligatoriet della comunicazione era da rintracciarsi evidentemente nella volont di monitorare le aziende per far s che queste non spremessero oltre misura i propri dipendenti, facendo fare loro pi di 8 ore di straordinario alla settimana (quindi 24 sul mese), ma che in caso di unabitudine di lungo periodo in tal senso si procedesse allassunzione di nuove unit di lavoro. Ma a unimpresa costa meno pagare gli straordinari che non assumere nuovi dipendenti; inoltre, nellipotesi di un calo improvviso nelle richieste, limprenditore riesce a tutelarsi meglio, essendo sufficiente limitarsi allorario di lavoro normale, senza dover trovarsi nella condizione di licenziare qualcuno. Fermo restando che il ricorso a forme di lavoro irregolare ha assunto ormai in molti casi una veste consuetudinaria, ci che sembra essere cambiato sono le cause ambientali, come conseguenza di un periodo di crisi economica che si manifesta oggi in forme drammatiche, ma che in forma strisciante risulta presente da tempo. In unanalisi del Censis si sostiene che il sommerso vitale e creativo che abbiamo conosciuto fino a pochi anni fa ha smesso di crescere, mentre sta avanzando e crescendo quello pi povero che non in grado di ripercuotersi in maniera positiva sullo sviluppo del sistema paese, un sommerso di lavoro che si cela sotto formule apparentemente regolari [...], della doppia busta paga, della sottoindicazione delle ore lavorate, dellevasione contributiva e delluso di formule contrattuali improprie, del mobbing e della precariet (Censis 2003, 20; si veda anche la tabella 2.1 del capitolo due del presente volume). Traducendo, si pu forse sostenere che il sommerso degli anni passati rispondeva ad esigenze temporanee in una fase di crescita economica e aziendale, traducendosi poi in uno sviluppo tanto produttivo che occupazionale; quello a cui assistiamo da un po di anni a questa parte si potrebbe definire laffiorare di un sommerso da furbi o da disperati (a seconda dellatteggiamento di chi lo mette in pratica), ossia di una situazione in cui lobiettivo sembra essere quella di tirare a campare, per dirla brutalmente. Il che chiaramente non pu sortire alcun effetto trainante in termini di sviluppo economico. Allinterno di questo quadro generale vi sono poi fattori pi specifici emersi grazie alle interviste. Uno dei principali aspetti critici segnalati stato quello del sistema degli appalti. I meccanismi di aggiudicazione fondati sul maggior ribasso e la pioggia di subappalti che ne segue si trasformano di fatto in una giungla di rapporti contrattuali e lavorativi, formali e informali, praticamente impossibile

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da controllare, dove irregolarit e mancanza di sicurezza generalmente sono la regola e non leccezione. In unintervista stato fatto notare come la norma europea che prevede la concorrenza tra le imprese che partecipano alla gara dappalto incontri difficolt strutturali per un corretto funzionamento in Italia. In Italia diverso rispetto al resto dEuropa. Ad esempio, in Germania ci sono grosse ditte e la concorrenza funziona bene; in Italia, con milioni di ditte, il ribasso si fa sulla sicurezza, a scapito dei lavoratori (si trova sempre il sistema di imbrogliare le carte). C poi il problema grosso dei subappalti che gestito malissimo in Italia (ist3). A questo si affianca la profittabilit economica a breve termine del lavoro nero per una parte dei lavoratori stranieri, che in certi casi (in particolare i lavoratori di provenienza dai paesi neocomunitari) lo ricercano e lo praticano sistematicamente.
Sta avvenendo anche un altro fatto strano che ho constatato recentemente, da quando alcune nazioni, la Romania ma non solo, non hanno pi lobbligo del permesso di soggiorno. Cosa accade: che il rumeno [...] arriva, lavora tre mesi in nero, prende il pulmino che ci vogliono 100 euro, carica 10 persone, quello guadagna 1000 euro e in 24 ore li porta in Romania. Vanno laggi dopo tre mesi con un bel po di soldini perch hanno lavorato al nero, continuano a costruire la loro casa, fanno i loro interessi, stanno laggi due o tre mesi, ritornano in Italia perch magari hanno gi preso accordi con la ditta, che li riprende al nero. Questo sta avvenendo, una pratica abbastanza diffusa. Perch poi se non trovano lavoro nelledilizia lo trovano nel giardinaggio, nellagricoltura; gente che lo fa sistematicamente e nessuno lo sta valutando questo discorso, che invece andrebbe approfondito (asscat1).

Nel settore agricolo un aspetto interessante, oltre a quello gi ricordato del coinvolgimento di pensionati esperti, riguarda la questione delle mansioni lavorative. Spesso una persona assunta in vista di un determinato profilo dimpiego, ma si trova poi di fatto a doverne rivestire diversi altri. In relazione alla posizione contributiva e assicurativa il lavoratore in regola, ci che presenta sbavature la corretta applicazione del contratto. A norma, infatti, una persona dovrebbe svolgere esclusivamente i compiti per cui stato assunto, dal momento che a ciascuna tipologia di mansioni corrisponde un preciso inquadramento professionale. un problema questo che si pone ad esempio nelle aziende agrituristiche,
dove una stessa persona deve sapere fare le camere, usare il decespugliatore, etc. [...] Lavorare lavora tutto lanno, e quindi va bene; i lavori non sono rischiosissimi, il ruolo professionale per diventa un casino. [...] Lagricoltura sta cambiando lassetto produttivo e di intervento, per non gli va dietro una legislazione; vuol dire creare delle figure molto flessibili, che per hanno garanzia di lavoro. In questo senso una trattativa con i sindacati sarebbe utile perch, dal punto di vista del datore di lavoro

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ruoli diversi vuol dire paghe diverse e quindi costi diversi, un costo allineato sarebbe conveniente per i lavoratori e per le aziende agricole. [...] Questa cosa si chiama multifunzionalit ed materia da sindacato (ist1).

Il settore agricolo presenta una peculiarit ulteriore. Spesso e volentieri alcune lavorazioni non vengono gestite direttamente dallazienda agricola, ma vengono esternalizzate e quindi affidate a terzi. il fenomeno noto come out-sourcing, di per s non necessariamente negativo ma con una caratteristica latente che pu renderlo preoccupante con riferimento sia alla regolarit dei rapporti di lavoro che al rispetto delle norme di sicurezza. Come ci stato detto, relativamente a questa forma di appalto di lavorazioni ( lintera lavorazione ad essere appaltata, essendo vietato lappalto della manodopera):
uno dei motivi per cui si mise su la cooperativa per gli immigrati, che doveva servire a trovare tutti quei lavori che lazienda agricola non gestisce. Mi spiego meglio: la potatura, la raccolta e altro, lazienda agricola deve assumere personale, deve trattare il prezzo, deve comunque essere a posto con la sicurezza. Qual la chiave? Lazienda agricola dice: tu hai una cooperativa, sei a posto con la sicurezza, hai persone che possono fare questo lavoro, allora io ti do lincarico di farlo, a fine lavoro mi fai la fattura, se anche io spendo qualcosa di pi non mi interessa [...]. Mi appalti tutto un servizio. Non si pu assumere manodopera in appalto, ma solo un servizio completo. () Qual laspetto dellout-sourcing che perverso? Lazienda dice: a fare tutto io ci spendo 10000 euro, te ne do 14000 ma mi porti via anche i rifiuti della lavorazione alla discarica. Le aziende bastarde cosa fanno: a me costa 12000 euro, te ne do 10000 e l c la battaglia.[...] Se fai le cose con 2000 euro in meno devi correre, se corri sei disattento, se sei disattento ti fai del male. C un modello piuttosto drammatico a Pisa: la Sain Gobain tutti i trasporti e carichi di vetro li d in appalto, stringe i costi e per stringere i costi devi fare pi trasporti possibile, gli orari non vengono rispettati e una volta uno morto. [...] Anche se il contratto regolare, quando io ti strizzo sulla produttivit ti costringo a lavorare di pi per me (ist1).

Sul versante della cura alla persona e delle badanti che lavorano presso le famiglie italiane il problema maggiore sembra essere che la famiglia non si sente un datore di lavoro e tende quindi a comportarsi di conseguenza, spesso senza nessuna intenzione o volont di sfruttamento. Oltre a questa, affiorano una serie di difficolt indotte dal meccanismo di reclutamento del lavoratore/ lavoratrice straniera previsto dalla legge Bossi-Fini sullimmigrazione. Le aspiranti badanti non
riescono ad avere subito il permesso di soggiorno per lavoro perch la legge Bossi/ Fini pretende che vengano in Italia solo dopo aver trovato il lavoro (intelligenza dei nostri politici) ed allora entrano con permessi turistici e poi continuano in clandestinit. Vengono assunte al nero e loro non possono far niente, anzi chi assume sente di aver fatto opera di carit, mentre dentro di s gongola per aver pagato meno

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ed aver risparmiato i contributi e tutte le seccature burocratiche per la regolarizzazione. Finito il primo periodo di lavoro, dopo aver preso accordi per il rientro, tornano a casa e da l ripartono con il contratto in tasca ed un permesso di lavoro provvisorio. Non semplice in talune citt avere quello definitivo o il rinnovo del precedente, a Roma ci vuole pi di un anno (contr3).

Questa circostanza confermata anche dalle parole di una badante intervistata la quale ha dichiarato che lei, come molte altre persone, entrata con il passaporto e poi diventata irregolare (lav4). E la presenza irregolare sul territorio italiano non pu che corrispondere ad un impiego in nero. Problemi aggiuntivi li ha creati la legge sullimmigrazione (la Bossi-Fini): le lungaggini burocratiche fanno arrivare i permessi di soggiorno ed i relativi rinnovi con mesi di ritardo e nella loro attesa molto probabile che il lavoratore straniero, prima regolare, si trovi per un certo periodo, seppur breve, a dover lavorare presso la stessa azienda in condizioni di irregolarit (assacat5).

6.4.2. I settori sensibili


Per quanto concerne i settori pi colpiti dal fenomeno del lavoro irregolare, possiamo prendere avvio dal dato generale: a livello nazionale, secondo stime Istat (le ultime disponibili sono quelle del Rapporto 2006, relative al 2005)191 il quadro che ne emerge sintetizzato nella tabella 6.3 e mostra come le attivit economiche pi esposte al fenomeno in questione siano, come percentuale di lavoratori irregolari sul totale, agricoltura e servizi, e allinterno di questi ultimi in particolare la categoria del commercio, riparazioni, alberghi e ristoranti, trasporti e comunicazioni. Il dato cambia per se anzich prendere in considerazione il rapporto tra le unit di lavoro in questi termini si va ad analizzare lammontare dei lavoratori irregolari in termini assoluti. In questa classifica il comparto dei servizi a conquistare il primo posto, seguito a ruota dal settore industriale. Da questo si possono ricavare alcune osservazioni: comunque si prenda in considerazione il dato (termini assoluti o relativi), il comparto dei servizi risulta colpito in maniera rilevante, al livello nazionale, dal fenomeno del lavoro irregolare; a presentare un tasso significativo di irregolarit allinterno dei servizi la voce altre attivit di servizi, allinterno della quale troviamo anche i servizi alla persona e quindi la categoria delle cosidette badanti; secondo i dati Istat (Istat 2008, 4) nel comparto dei servizi domestici la quota di unit di lavoro (ula) irregolari raggiunge livelli elevatissimi
191 Si tratta dei dati pi recenti: l8 febbraio 2008 lIstat ha pubblicato la comunicazione La misura delleconomia non regolare nelle stime di contabilit nazionale. Anni 1980-2005 (Istat 2008a).

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(53,4%, sempre con riferimento al 2005); in termini assoluti il settore industriale presenta un maggior numero di lavoratori irregolari rispetto allagricoltura semplicemente perch ha un numero di addetti molto pi elevato (pi del quintuplo); nellindustria in senso stretto sono pressoch assenti casi di irregolarit (3,9%), mentre ad esserne colpito in modo pi marcato il settore delle costruzioni (11,3%) le irregolarit, in termini relativi, colpiscono pi di ogni altro il comparto dellagricoltura (22,2%), il che non stupisce tenuto conto anche delle osservazioni fatte in precedenza sullattivit lavorativa dei pensionati e sullutilizzo diffuso del contratto degli avventizi, rispetto al quale tende a realizzarsi un accordo pi o meno tacito tra datore di lavoro e lavoratore sul numero di giornate denunciate, di solito il minimo richiesto per poter accedere al contributo Inps.
tab. 6.3: Unit di lavoro irregolare per settore di attivit economica. Fonte: Ministero del Lavoro 2007c Elaborazione su dati Istat, Rapporto 2006.
ATTIVIT ECONOMICHE Agricoltura, silvicoltura e pesca Industria - Industria in senso stretto - Costruzioni Servizi - commercio, riparazioni, alberghi e ristoranti, trasporti e comunicazioni - Intermediazione monetaria e finanziaria; attivit immobiliari ed imprenditoriali - Altre attivit di servizi Totale Unit totali (in migliaia) 1311 6820 4930 1890 16199 6534 3366 6299 24329 Unit irregolari * (in migliaia) 290 405 192 213 2256 1245 319 691 2951 Tassi di irregolarit** 22,2 5,9 3,9 11,3 13,9 19,1 9,5 11 12,1

Le stime del tasso di irregolarit a livello regionale mostrano che i settori a maggiore irregolarit restano sostanzialmente gli stessi individuati a livello nazionale. Daltra parte la Toscana, pur presentandosi con tassi significativi, si pone al di sotto della media sia nazionale che della macro-area di riferimento (centro): in agricoltura il tasso di irregolarit per la Toscana pari al 15% a fronte del 22,2% dellItalia e del 21,8% del centro; quello per lindustria rispettivamente del 2,6% in Toscana, 5,9% in Italia, 5,0% nelle regioni del centro (che diventa 5,0%, 11,3% e 9,6% se si guarda al solo comparto delle costruzioni); anche nei servizi, infine, le proporzioni si mantengono registrando un 11,5% per la Toscana, un 13,9% per lItalia e un 12,0% per il centro.

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I dati Istat confermano come il grosso delle irregolarit si concentrino nellarea del mezzogiorno; in linea di massima, come mostra anche la tabella 6.4, man mano che da nord ci si sposta verso sud il fenomeno cresce di intensit.
*Sono definite tali dallIstat le posizioni lavorative svolte senza il rispetto della normativa vigente in materia fiscale-contributiva, quindi non osservabili direttamente presso le imprese, le istituzioni e le fonti amministrative. Rientrano in tale categoria le posizioni lavorative: 1) continuative svolte non rispettando la normativa vigente; 2) occasionali svolte da studenti, casalinghe o pensionati; 3) svolte dagli stranieri non residenti e non regolari; 4) plurime, cio le attivit ulteriori rispetto alla principale e non dichiarate alle istituzioni fiscali (Istat 2008a).

** Il tasso di irregolarit viene calcolato dallIstat come incidenza delle unit di lavoro non regolari sul totale delle unit di lavoro.

tab. 6.4: Tasso di irregolarit per area geografica e per settore secondo le stime Istat (riferimento: anno 2005). Fonte: Istat 2008a.
Agricoltura Italia Nord-ovest Nord-est Centro Mezzogiorno Toscana 22,2 19 18,1 21,8 25,3 15 Industria 5,9 2,6 2,1 5 16,6 2,6 Industria in senso stretto 3,9 1,5 1,7 3 12,9 1,8 Costruzioni 11,3 6,4 3,5 9,6 22,3 5 Servizi 13,9 11,3 11,4 12 19,8 11,5 Totale 12,1 8,8 8,6 10,7 19,6 9

Purtroppo la tipologia di dati fin qui presentati non disponibile con riferimento al livello provinciale. Il quadro presentato serve per inquadrare il fenomeno su piani territoriali pi ampi in cui, comunque, il livello provinciale inserito e a cui quindi lo stesso fa riferimento. In tal senso interessante vedere se il dato emerso dalle interviste in linea o meno con quanto indicato dalle misurazioni dellIstat. Relativamente al peso delleconomia sommersa, i dati di cui sopra si riferiscono allincidenza dei lavoratori irregolari rispetto alla totalit della forza lavoro impiegata, cosa da tenere ben distinta dalla produzione derivata dalleconomia sommersa e quindi dal valore aggiunto che questultima ha in relazione al Pil nazionale. Secondo le stime dellIstat192 tale valore sta seguendo un trend decrescente (si veda la tabella 6.5), ma si attesta ancora su percentuali di rilievo che si pongono nel 2005 tra il 16,1% e il 17,8% del Pil. Ricordiamo che la
192 Si veda la comunicazione Istat del 18 giugno 2008 (Istat 2008a).

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valutazione che lIstat fornisce delleconomia sommersa individua quanta parte del prodotto interno lordo italiano certamente ascrivibile al sommerso economico (ipotesi minima) e quanta parte del prodotto interno presumibilmente derivante dallo stesso sommerso economico ma difficile misurare in modo certo, data la commistione tra problematiche di natura statistica ed economica da cui essa origina (ipotesi massima).
tab. 6.5. Valore aggiunto prodotto dallarea del sommerso economico. Anni 2000-2006.

Fonte: Istat 2008b.


Anni Ipotesi minima (A) Milioni di Variazioni % sul Pil euro percentuali 216514 18,2 231479 6,9 18,5 223721 -3,4 17,3 223897 0,1 16,8 224203 0,1 16,1 229706 2,5 16,1 226564 -1,4 15,3 Ipotesi massima (B) Milioni di Variazioni % sul Pil euro percentuali 227994 19,1 245950 7,9 19,7 241030 -2 18,6 247566 2,7 18,5 252064 1,8 18,1 254096 0,8 17,8 249974 -1,6 16,9

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006

6.4.3. Specificit geografiche allinterno della provincia di Pisa


In linea di massima non sono emerse specificit geografiche interne alla provincia n della provincia pisana rispetto al resto del territorio regionale per quel che riguarda la diffusione del lavoro nero o irregolare. Per quanto riguarda le lavorazioni, invece, possiamo dividere la provincia in tre parti: la zona sud (Valdarno) con cuoio e pelli; la Valdera interessata dalla meccanica; la zona nord (Val di Cecina) con la chimica, i soffioni boraciferi. C poi una quarta area su Pisa citt dove troviamo residui di vecchie attivit e ora spin-off dellUniversit (farmaceutica e informatica) [asscat5]. Il territorio ha certamente specificit produttive, ma questo non sembra incidere direttamente sulla diffusione del fenomeno analizzato. Nessuno degli intervistati ha individuato aree particolarmente a rischio in tal senso, anche se in tre casi sono stati indicate alcune problematiche di riferimento. Nello specifico le segnalazioni sono le seguenti: i lavoratori irregolari possono essere un po pi frequenti dove ci sono grandi vigneti o oliveti (asscat3); la parte meridionale della provincia (attivit silvo-agricole) pi a rischio sia per il lavoro nero che per gli incidenti [contr4]; per la zona vicino al confine della provincia (Castelnuovo), noi come sindacato abbiamo fatto delle denunce sui giornali e anche allispettorato del

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lavoro, perch avevamo trovato gente che lavorava, magari extracomunitari, completamente al nero. Erano anche senza i dispositivi di protezione individuali (lav7).

6.4.4. Levoluzione del problema. Cosa cambiato negli ultimi anni


Da un punto di vista normativo gli ultimi dieci-quindici anni circa hanno segnato una crescente attenzione al problema del lavoro irregolare, forse anche in ragione del gravame sui conti dello Stato che esso produce in termini di evasione fiscale e contributiva. Negli ultimi anni poi, anche per lazione del governo Prodi tra il 2006 e il 2008, il tema dellirregolarit dei rapporti di lavoro stato posto in stretta relazione con quello della sicurezza sui luoghi di lavoro. Questo approccio ha finito per accrescere limportanza della lotta al sommerso come strategia indiretta per la promozione di condizioni di igiene e sicurezza per i lavoratori. Da pi parti stato sottolineato come un particolare fattore di rischio, sia per luno che per laltro di questi due problemi, rappresentato dalle dimensioni delle imprese: la grande azienda, ben strutturata ed organizzata, non ha alcun interesse a ricorrere a lavoratori in nero; al limite pu stiracchiare la tipologia contrattuale applicata, ma di norma non su queste voci che risparmia o fa profitti. In pi di unoccasione durante le interviste stato ribadito questo aspetto: sono la dimensione ed il livello di organizzazione/strutturazione dellazienda a fare la differenza. Alcune iniziative hanno positivamente contribuito alla diffusione di una cultura della legalit, rafforzando la consapevolezza dellimportanza di porre in essere rapporti di lavoro regolari. La legge di riorganizzazione dellattivit ispettiva (d.lgs.124/2004), ad esempio, prevede allart.8 un ruolo anche di consulenza per gli ispettori.193 Questo in linea di principio dovrebbe consentire alle imprese di avere accesso a informazioni su norme di legge non sempre facili da conoscere in ogni loro dettaglio, soprattutto per i piccoli imprenditori. Unanaloga funzione di incentivo alla regolarit, seppur in termini differenti, viene svolta anche dai Centri per limpiego: secondo la direttrice, questo ufficio svolge un servizio di preselezione alle aziende che [...] cresciuto moltissimo in questi ultimi anni. chiaro che chi viene da noi non prende lavoratori al nero. Se

193 Lart. 8 al comma 1 prevede che le direzioni regionali e provinciali del lavoro organizzano, mediante il proprio personale ispettivo, eventualmente anche in concorso con i Cles e con le Commissioni regionali e provinciali per la emersione del lavoro non regolare, attivit di prevenzione e promozione, su questioni di ordine generale, presso i datori di lavoro, finalizzata al rispetto della normativa in materia lavoristica e previdenziale, con particolare riferimento alle questioni di maggior rilevanza sociale, nonch alle novit legislative e interpretative.

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incentiviamo il datore di lavoro ad utilizzare il nostro servizio di preselezione incentiviamo anche il lavoro regolare (ist4). Il buon funzionamento di questi centri, quindi, aiuta la regolarit. Purtroppo, per, non tutti funzionano bene come quello di Pisa: con lindirizzamento dei lavoratori al Cpi, chi trova lavoro tramite il Cpi a Pisa pari al 30% degli assunti a fronte di un 8% del resto della Toscana (asscat5). Sulle ragioni del ricorso al lavoro irregolare incidono una serie di fattori che potremmo definire ambientali, come la crescente presenza di immigrati, un periodo di crisi economica che rappresenta unemergenza per chi ha perso il lavoro, ma anche per chi il lavoro ancora ce lha ma si tutela affiancandovi una seconda attivit in nero. A questo si aggiunga la scarsa efficacia dei controlli, anche a seguito del cronico problema dellinsufficienza del personale ispettivo: tutti gli enti interessati hanno sottolineato come sia difficile poter effettuare un controllo del territorio continuo e realmente efficiente con il limitato numero di ispettori disponibile. Il quadro che emerge riguardo allevoluzione temporale del ricorso al lavoro non regolare ambivalente. Le posizioni espresse dagli attori intervistati si dividono in modo pressoch equo tra chi ritiene che la situazione sia migliorata, anche a seguito di nuove norme e controlli ispettivi, e chi invece pensa che non si sia assistito ad un miglioramento, o che si possa addirittura scivolare verso un nuovo peggioramento della situazione. Gli ottimisti presentano alcuni argomenti a sostegno della propria posizione. Innanzi tutto viene data una valutazione globalmente positiva delle innovazioni di carattere normativo introdotte negli ultimi anni e del fatto che un inasprimento delle sanzioni ha reso pi incisivo lo strumento dei controlli ispettivi. Un aspetto tecnico esplicitamente richiamato la comunicazione obbligatoria preventiva dellassunzione del lavoratore (ist4), valutata molto positivamente perch grazie ad essa il datore di lavoro colto in fallo non ha pi scappatoie per una giustificazione retrospettiva del proprio operato. Allo stesso modo anche la normativa che prevede sanzioni pi severe in materia di sicurezza sul lavoro pu aver agito da deterrente anche rispetto al lavoro nero (asscat4). Le associazioni di categoria, poi, cercano di sensibilizzare i propri associati alla questione insistendo sul fatto che lutilizzo di lavoratori al nero non cos conveniente come pu sembrare, e che fa correre allazienda un rischio inutile (asscat2), sia dal punto di vista di possibili controlli sia da quello delleventuale apertura di una vertenza sindacale da parte dello stesso dipendente irregolare. Presso le Acli, che hanno esperienza diretta soprattutto in relazione alla situazione delle badanti, si rilevato che sicuramente gli assunti regolarmente sono pi oggi rispetto al passato e la cultura sta migliorando. Una paura grossa che ha il datore di lavoro quella della vertenza: va tutto bene damore e daccordo

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finch dura il rapporto di lavoro, finito il rapporto di lavoro arriva la raccomandata. Sta diventando un classico. Questo quindi porta alla correttezza contrattuale (la vertenza pu farla anche un clandestino, a suo rischio ma anche in questo caso rischia di pi il datore di lavoro, per il quale sono previste anche sanzioni penali) (sind7). Un dato confermato anche dalla Cgil di Pisa: se nel 2006 le vertenze aperte presso la sede di Pisa (quindi non in tutta la provincia) da lavoratrici domestiche/badanti sono state 138, nel 2007 se ne sono contate 254, con un incremento pari all84,05% (Cgil Pisa 2008). Alcuni attori hanno osservato come una minore diffusione del lavoro non regolare sia da mettere in relazione con una generale diminuzione delle occasioni. Con riferimento al settore agricolo afferma un esponente sindacale: Qui a Pisa il lavoro nero c sempre stato solo su alcune raccolte particolari. Sulla raccolta delluva il problema del lavoro nero relativo, episodico [...]. Ora c meno nero, ma solo perch sono diminuite le occasioni, perch lavorazioni in campo agricolo che richiedono manodopera massiccia sono venute meno, mentre le leggi in materia non hanno portato qualcosa in pi, semmai hanno dato patente di legittimit a situazioni che sono di sopraffazione (sind5). Che la diminuzione in questione sia solo relativa e quindi non rappresenti un dato virtuoso di per s confermato anche dal fatto che le ispezioni portate a termine dagli enti preposti sono di solito mirate (contr4), e quindi non sempre riescono a scandagliare la reale profondit del fenomeno. Controlli mirati, infatti, implicano la verifica in via prioritaria di quelle imprese che, sulla base di alcuni indicatori, sono sospettate di irregolarit. Linterpretazione data dal rappresentante degli industriali pisani un po diversa e qualcosa, a suo dire, non funziona bene nel meccanismo delle ispezioni: sulle ispezioni lamentiamo il fatto che 1) vanno sempre dai soliti noti ( pi facile andare alla Piaggio dove, tutto sommato, si ben accolti che non al cantiere in nero, magari al mattino presto oppure il sabato o la domenica); 2) c un problema di coordinamento: inutile che vadano in 7 tutti nella stessa azienda e poi, quando vanno, che controllino tutto. Il fatto che vadano pi volte comporta pi interruzioni delle lavorazioni per lazienda. Quindi non abbiamo nulla contro i controlli, ma vorremmo che fossero un po pi mirati e meglio organizzati (asscat5). Gli attori pi pessimisti, che danno una valutazione negativa dellevoluzione del fenomeno, ritenendo che la situazione sia nella migliore delle ipotesi rimasta stabile nel tempo, fanno riferimento allo scarso impatto della normativa approvata, inferiore alle aspettative ingenerate. Diversi ritengono che il pacchetto Treu e la legge Biagi abbiano di fatto peggiorato la situazione, aumentando la precariet e con essa anche i casi di applicazione non corretta delle nuove forme contrattuali (contr1, sind1, sind2, sind3, sind5, sind6). Significative le parole di un sindacalista:

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Treu non ha inventato nulla, ha fotografato la situazione italiana e ha detto: questa . C questa situazione in Italia, vediamo di codificarla e di fare una legge in modo da fare emergere questa roba e quindi vediamo se si recuperano un po di risorse, come sempre in Italia cos, no? Come quando si fanno i condoni [...] E l uguale. Questo mondo ha questa irregolarit, vediamo di fare una legge che la regolarizzi. E in effetti alcune cose sono state regolarizzate. Ad esempio nel turismo, il catering, il lavoro nel fine settimana...prima non cera neanche lo strumento legislativo che permetteva di assicurare la persona per due giorni, per tre giorni. [...] A questa legge (Treu e poi Biagi) sono mancate le basi; in tutti i paesi c la flessibilit, ma ci sono gli ammortizzatori sociali [...] che ti permettono di avere qualche certezza in pi. [...]. C una generazione di giovani che rischia di diventare un problema sociale [...] (sind2).

Linsufficienza del numero degli ispettori laltro argomento ricorrente degli attori pi sfiduciati riguardo dellattenzione pubblica e dellevoluzione del problema. Il dato relativo alla realt di Pisa parla da solo: C da dire una cosa: tra gli ispettori del lavoro, quelli dellInps e quelli dellInail noi non arriviamo a 100 unit; abbiamo da controllare 29000 aziende. Basta mettere vicini questi due numeri e ci accorgiamo subito delleffetto e della proporzione. Considerando poi che per ovvi motivi gli ispettori devono andare almeno in due, che alle volte ci sono stati dei problemi, vediamo che lincidenza percentuale che possiamo avere minima (contr2). Sono stati poi messi in risalto alcuni fattori di carattere non regolativo che incidono sul livello di lavoro non regolare: ad esempio, lattuale crisi economica, che moltiplica situazioni personali di bisogno (ist5); o il crescente numero di extra-comunitari che arrivano disperati e sono disposti a tutto pur di lavorare (lav6). La percezione del fenomeno da parte dei lavoratori intervistati di unampia diffusione delle irregolarit, ma di una presenza tutto sommato abbastanza contenuta del nero vero e proprio: le badanti, ad esempio, hanno detto che le colleghe che conoscono sono tutte o quasi regolari (lav4, lav5), mentre un lavoratore del settore edile ha sostenuto che ora come ora irregolari completamente al nero sono pochi. Con le leggi attuali difficile. Il nero molto meno rispetto al passato. Tutto legato alla legge: non per beneficenza. dovuto alla paura delle conseguenze sia economiche che penali (lav2). In conclusione, levoluzione del lavoro irregolare, nella percezione degli attori locali, presenta dinamiche contraddittorie. Un cambiamento sembra essersi verificato, soprattutto a seguito delle modifiche della regolazione, che in alcuni contesti e secondo alcuni testimoni ha indotto una riduzione del lavoro nero vero e proprio. Allo stesso tempo, le medesime norme sembrano aver creato condizioni per una crescente precariet e irregolarit del lavoro, fattori che determinano situazioni pi opache, difficili da identificare e contrastare con

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gli strumenti tradizionali. Questa situazione potrebbe aggravarsi a seguito del contributo di altre variabili di carattere generale, come il peggioramento della crisi economica e il diffondersi del lavoro immigrato, fenomeni che creano contingenti esigenze individuali difficili da conciliare con la piena regolarit delle rispettive posizioni lavorative.

6.5. Agricoltura, edilizia e cura della persona. Unanalisi settoriale del lavoro irregolare
Dopo aver fatto una panoramica del problema del lavoro sommerso, focalizziamo adesso lattenzione su alcuni settori specifici. Secondo i dati Istat presentati in precedenza, i settori individuati per unanalisi pi approfondita (agricoltura, edilizia, cura della persona) sono tra quelli a pi alto rischio. Non solo: sono anche tra quelli in cui la manodopera straniera impiegata in misura pi consistente, fattore che di per s implica una maggiore esposizione al fenomeno del sommerso, tenuto conto del fatto che una quota significativa dei lavoratori stranieri presenti sul territorio nazionale sono privi di un regolare permesso di soggiorno, situazione che sfocia necessariamente nel sommerso. Diversi studi sul sommerso in questi settori sono stati condotti recentemente da alcuni centri di ricerca.194 In questo paragrafo verranno dapprima presi in considerazione i dati e le questioni principali che emergono nelle analisi gi realizzate nei settori delledilizia e della cura della persona: questa prima parte servir per dare un quadro generale, delineando le caratteristiche comuni a tali settori su tutto il territorio nazionale. A seguire saranno presentati i dati e le osservazioni emerse durante le interviste effettuate nel contesto della provincia Pisa, per individuare eventuali specificit locali.

6.5.1. Il sommerso nei tre settori. Il quadro generale


Partiamo dal settore della cura della persona. Alcuni cambiamenti strutturali della societ italiana hanno determinato una crescente domanda di mansioni legate alla cura della persona, allassistenza in primis degli anziani. Come gi rilevato nel primo capitolo, il nuovo ruolo della donna italiana, non pi riconducibile a quello tradizionale di angelo del focolare, e il passaggio da un
194 Per quel che riguarda ledilizia in particolare si fa riferimento al rapporto Ires-Fillea (2007). Per le cosiddette badanti uno studio molto interessante Iref-Acli (2007); a questo si affiancano altri studi: Inps (2004), Giommoni (a cura di) 2004, IC 2/2005 e IC 4/2008. Nulla di specifico, se non un rapporto sul lavoro immigrato nel Molise, stato trovato per quel che concerne il settore agricolo. Qualche articolo, ma non rapporti veri e propri come nei casi precedenti, lo si pu trovare sul sito della Fondazione Metes. Si rinvia al sito della fondazione: www.fondazionemetes.it

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modello di famiglia allargata a quello di famiglia nucleare, hanno fatto mancare quel sostegno interno alla famiglia in relazione alla cura dei membri pi deboli, come gli anziani non pi autosufficienti oppure i bambini. Conseguentemente, sorta una domanda di supporto esterno nello svolgimento di tali compiti. Rispetto a tali esigenze il sistema pubblico confinato in un ruolo residuale, non riuscendo a garantire servizi sufficienti in relazione alla domanda. Questo porta le famiglie ad arrangiarsi per conto proprio, rivolgendosi al mercato privato.195 Il progressivo invecchiamento della popolazione italiana, del resto, fa ipotizzare che questa domanda da parte delle famiglie sia destinata ad aumentare ulteriormente in futuro. La presenza delle badanti si va configurando come una ramificata rete di sostegno alle famiglie, che ha consentito, a basso costo familiare, ma soprattutto sociale, alle donne laffermazione professionale e agli anziani la possibilit di rimanere a casa, essendo assistiti. Le badanti o assistenti domiciliari sono, in genere, apprezzate non solo per i costi contenuti, ma anche per le loro doti preziose di disponibilit, flessibilit e funzionalit (Inps 2004, 5). Si tratta solitamente di donne non giovanissime n sprovvedute, con un buon livello di istruzione, che decidono di percorrere questa strada spinte da motivazioni economiche finalizzate al sostegno dei propri familiari rimasti in patria, prima di tutto i figli quando ci sono. Un altro elemento interessante che la disponibilit delle famiglie italiane a pagare i contributi per le colf straniere tende ad essere inversamente proporzionale al numero delle ore da dichiarare (Inps 2004). Sullincidenza del lavoro nero tra le badanti dati interessanti emergono dal citato studio dellIref-Acli.196 In molti casi in questo ambito pu realizzarsi un accordo tra le parti, limitatamente a coloro che risiedono regolarmente in Italia, mentre per le altre non c alternativa al lavoro nero. Stando ai dati raccolti dallindagine Iref abbiamo la situazione illustrata nella figura 6.4.
fig. 6.4. Rapporti di lavoro in nero. Soggiornanti regolari e irregolari. Fonte: Rielaborazione da Iref-Acli 2007.

195 Quando si parla di servizio pubblico ci si riferisce, qui, al servizio di cura degli anziani di gestione pubblica e non chiaramente al servizio di intermediazione tra domanda e offerta di lavoro che i Centri per limpiego invece fanno anche per quanto riguarda le badanti. 196 Dal momento che verranno presentati diversi dati tratti dallo studio utile inserire qui una nota sulla metodologia seguita nella conduzione dello stesso. Per la loro indagine i ricercatori dellIref hanno somministrato un questionario standardizzato secondo la modalit face to face a ben 1003 collaboratrici familiari di varia provenienza (sono state 66 le nazionalit coinvolte). Per quel che riguarda il territorio di riferimento stato seguito questo approccio: partendo dai dati provinciali sui collaboratori domestici registrati nellarchivio Inps al 31/12/2004 sono state selezionate le prime 40 province per incidenza di collaboratori domestici; allinterno sono stati poi individuati 30 punti di campionamento.

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Come emerge nella figura i soggetti che hanno dichiarato di non avere alcun rapporto di lavoro in nero sono meno della met (il 43,2%); lasciando da parte chi senza contratto perch irregolare resta comunque circa un terzo degli intervistati (33%) che dichiara di svolgere parte della propria attivit lavorativa in maniera irregolare. Un dato che si spiega sostanzialmente con la volont di risparmiare da parte del datore di lavoro ma anche di guadagnare qualcosa in pi da parte del lavoratore denunciando meno ore di quelle effettivamente svolte, come dimostra il dato emerso dalle domande relative alle ore di contributi versate e alle ragioni della mancata dichiarazione di tutte le ore. Nella maggior parte dei casi alla base vi un accordo tra le parti e solo in circa un quarto del campione ci avviene per una pressione riconducibile al datore di lavoro.

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fig. 6.5. Ore di contributi versate. Fonte: Rielaborazione da Iref-Acli 2007.

fig. 6.6: Motivo per il quale non vengono dichiarate tutte le ore lavorate Fonte: Rielaborazione da Iref-Acli 2007.

Lultima figura (figura 6.6) mostra chiaramente come vi sia una certa percentuale di lavoratori, circa un quarto, che subiscono la scelta del lavoro nero e si trovano quindi a dover rinunciare, indipendentemente dalle proprie preferenze, alla copertura assicurativa e previdenziale che garantirebbe loro anche

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un qualche livello di protezione sociale. Un dato interessante, accanto a quello relativo alla percentuale di lavoratrici/lavoratori che richiede di essere pagato in nero (verosimilmente perch pu gi godere di altro reddito regolare, suo o del coniuge), quello relativo alla percentuale elevata (61,5%) di soggetti che dichiarano di contrattare le ore da dichiarare e quindi anche quelle da pagare in nero. La pi probabile spiegazione del frequente ricorso a questo tipo di accordo informale emersa anche nel corso delle interviste effettuate nel contesto di Pisa, seppure in maniera non ufficiale. Il punto cruciale il meccanismo di accantonamento dei contributi Inps, che prevede uno snodo sulle 24 ore settimanali: per ogni ora in pi rispetto a questa soglia si paga infatti il 30% in meno di contributi. Non solo: il limite delle 24 ore decisivo per il rinnovo del permesso di soggiorno: la normativa vigente indica in almeno 20 ore settimanali e per un salario non inferiore allimporto dellassegno sociale limpegno minimo per rinnovare il permesso di soggiorno. Pertanto considerando che appena sopra le 24 ore le famiglie pagano meno contributi e che, allo stesso tempo, questo cumulo orario consente di rinnovare i documenti di soggiorno si creano le condizioni per un rapporto datore/collaboratore a somma positiva (Iref-Acli 2007, 34). Un ultimo dato riguarda il documento in possesso degli intervistati per risiedere in Italia: il 23,9% non in possesso di alcun documento ed quindi clandestino (quota che corrisponde alla percentuale di coloro che hanno dichiarato di non avere un contratto perch irregolari), mentre solo una minima parte, il 3,8%, gode della cittadinanza italiana (non si specifica se per nascita o se per acquisizione successiva); gli altri hanno la carta (18,2%) o il permesso (54,2%) di soggiorno. Nella maggior parte dei casi i/le lavoratori/lavoratrici intervistati/e sono entrati/e in Italia con visto turistico (63,1%) a fronte di un 18,4% che entrato senza alcun visto e quindi in maniera irregolare; i restanti sono arrivati con altri documenti di ingresso (lavoro stagionale 8,1%; motivi familiari 4,6%; lavoro subordinato 4,5% e studio 1,4%).197 Una stima di quante possano essere le badanti presenti irregolarmente sul territorio si potrebbe fare semplicemente facendo la verifica delle richieste dei decreti flussi: sono tutte persone che sono gi qui [...] Non voglio dire che sia il numero preciso, assoluto, ma comunque d unindicazione di massima abbastanza attendibile (sind7).

197 Dati tratti dal Rapporto Iref-Acli 2007.

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Ledilizia rappresenta uno dei principali settori di inserimento lavorativo per gli stranieri, sia perch vi unestesa richiesta di manodopera, sia perch si tratta di una occupazione che, nelle mansioni di pi basso profilo, non richiede particolari competenze di ingresso: circa il 17% degli stranieri che lavorano regolarmente in Italia lo fanno nel settore delle costruzioni. Al 2006, i lavoratori stranieri rappresentavano il 12,6% del totale dei lavoratori impiegati allinterno del settore edile confermando in tal modo il trend di crescita di questi lavoratori allinterno del settore198 (Ires-Fillea 2007, 4). Lincremento evidente se si va a vedere la percentuale di stranieri iscritti alla Cassa edile, in particolare nel nord e nel centro del paese, come mostrano i dati Ires riportati nella figura 6.7.
fig. 6.7: Percentuale dei lavoratori stranieri iscritti alla Cassa edile sul totale degli iscritti per area (1999-2005). Fonte: Rapporto Ires-Fillea 2007, 15. Elaborazione Ires su dati Cnce (2006).

Il crescente impiego di manodopera straniera regolare non attenua il problema del lavoro nero degli immigrati nel settore delledilizia, stimato per il 2005 intorno al 22,2%,199 una percentuale doppia rispetto alla diffusione generale del sommerso in edilizia che, sempre per il 2005, era stata calcolata intorno
198 I dati riportati fanno riferimento agli immigrati impiegati regolarmente, ma tenendo conto della diffusione del lavoro nero nel settore, soprattutto tra gli immigrati, il numero dei lavoratori stranieri effettivamente impiegati certamente superiore. 199 Dato calcolato dal Cresme su dati Istat: cfr. Ires-Fillea 2007, 25.

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all11,3% (si veda la tabella 6.4 nel presente capitolo). Oltre alla maggiore incidenza del sommerso, legato spesso alle condizioni di clandestinit, sono presenti in questo settore forme di caporalato, ovvero di reclutamento di manodopera nei c.d. smorzi, che permettono alle aziende di reperire forza lavoro in bacini sempre pi larghi, in violazione di tutte le norme di avviamento al lavoro, di collocamento e di previdenza. Accanto a queste manifestazioni di irregolarit, peraltro, troviamo un universo, apparentemente molto pi vasto, di situazioni di irregolarit di diversa natura: sottoinquadramento, svolgimento di mansioni non previste dalla qualifica riportata sul contratto, pagamenti fuori bust o mancato pagamento del lavoro svolto, irregolarit contributive, mancata corrispondenza del Tfr, appropriazione da parte del datore di lavoro dellindennit di disoccupazione erogata dalla Cassa edile, straordinari non pagati, utilizzo di contratti non adeguati (Ires-Fillea 2007, 5). Un altro spunto interessante riguarda il generale allontanamento da parte degli italiani, specie se giovani, dal settore edilizio, considerato poco appetibile, che procede parallelamente allinteresse dei datori di lavoro nei confronti dellimpiego di manodopera straniera, una sorta di effetto dumping derivato dal fatto che molti datori di lavoro considerano pi vantaggioso limpiego di lavoratori stranieri (Ires-Fillea 2007, 37). In sintesi, al di l quindi dello specifico discorso sui lavoratori stranieri, un insieme di fattori contribuisce a rendere il settore edile tra i pi esposti al lavoro sommerso. Le principali circostanze, gi richiamate nel primo capitolo, che spingono in questa direzione sono:200 1. il carico contributivo e la conseguente esigenza di abbattimento di un costo del lavoro altrimenti insostenibile per alcune aziende operanti nel settore (se nel terziario i contributi Inps sono dellordine del 40%, in edilizia si attestano sul 45-46%); 2. la discontinuit del lavoro edile, che disincentiva da parte del lavoratore la ricerca di situazioni di lavoro regolare (dal momento che sarebbero comunque limitate temporalmente) a vantaggio di situazioni irregolari che possono risultare pi soddisfacenti sotto il profilo retributivo; 3. il sistema di aggiudicazione degli appalti pubblici, centrato sostanzialmente sul ribasso dasta, che finisce con lo spingere limprenditore a cercare di abbattere i costi risparmiando sia sulla regolarit dei rapporti di lavoro sia, spesso, sulla sicurezza del cantiere e di chi vi lavora;
200 Su questo si veda anche Censis 2003, 113.

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4. lassenza di specifici incentivi alle assunzioni in edilizia: gli strumenti studiati ed attuati fino ad oggi in funzione di una riduzione del costo del lavoro che spinga quindi verso nuove assunzioni si concentrano sul contratto a tempo indeterminato, tipologia molto poco utilizzabile per il settore edile. Per quel che concerne lagricoltura i dati Istat ci dicono che si tratta del settore economico a pi alta incidenza di lavoro irregolare (si veda la tabella 6.4 nel presente capitolo). Del resto le caratteristiche stesse del lavoro agricolo, in primis la stagionalit di molte lavorazioni, creano condizioni favorevoli per la diffusione di varie tipologie di irregolarit, tra cui la pi diffusa probabilmente la denuncia di un numero di giornate inferiore rispetto a quelle effettivamente lavorate per i lavoratori avventizi. Si tratta di una pratica diffusa, pi volte ricordata anche durante le nostre interviste, che consente al datore di lavoro di risparmiare sui contributi e al lavoratore di guadagnare in termini netti un salario maggiore, potendo godere anche di forme di integrazione al reddito. A ben vedere una pratica che non si discosta molto da quella tipica del lavoro di cura, dove famiglia e badante spesso si accordano per la denuncia di un numero minimo di ore lavorate allInps, mentre le restanti vengono pagate al nero. Anche in questo caso, poi, come per ledilizia, il crescente ricorso a manodopera straniera, soprattutto per le mansioni meno qualificate, comporta un aumento del rischio di sommerso per le ragioni gi ricordate, che possono essere sintetizzate in una posizione di maggiore debolezza e di imminente necessit del lavoratore straniero. Le cause del ricorso al lavoro irregolare in agricoltura sono riconducibili ad una serie di fattori, tra cui: il basso livello di imprenditorializzazione dellagricoltura italiana, che in molte zone del paese caratterizzata da unelevata frammentazione; la precariet delle posizioni lavorative, derivante sia da quanto rilevato nel punto precedente, sia dalla stagionalit del lavoro; la difficolt nel reperimento della manodopera, che spinge i datori di lavoro nel settore a ricorrere a lavoratori che non hanno interesse ad essere regolarizzati. Tra questi, come gi ricordato, vi sono i pensionati, che sono in grado di prestare il lavoro specializzato di cui le aziende hanno bisogno. Anche altre categorie di lavoratori possono non essere interessati a un impiego regolare, ad esempio chi fa dellattivit agricola il proprio secondo lavoro, chi percepisce sussidi di natura pubblica o molto pi semplicemente limmigrato sprovvisto di un regolare documento di soggiorno.201
201 Su questo si veda anche Censis 2003, 106-107.

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I meccanismi di integrazione al reddito tipici del settore agricolo, molto diffusi e di facile riconoscimento, agevolano ulteriormente la diffusione di comportamenti irregolari: da parte del lavoratore lottenimento dellassegno di disoccupazione con 51 giornate202 di lavoro agricolo registrato incentiva la ricerca di formule occupazionali che consentano di cumulare reddito da lavoro e sussidio di disoccupazione. Da parte datoriale invece lesigenza di reperire manodopera velocemente e per un tempo limitato il movente verso la ricerca di persone disposte a lavorare in nero. La combinazione di questi fattori rende il settore agricolo particolarmente vulnerabile a diverse forme di irregolarit.

6.5.2. Il sommerso nei tre settori. Le interviste sul territorio.


I settori segnalati nella provincia di Pisa dagli attori intervistati per la loro vulnerabilit al problema del lavoro irregolare sono soprattutto ledilizia e il lavoro domestico, questultimo da intendersi non solo come servizio di cura della persona (il lavoro della badante per intendersi), che interessa quasi esclusivamente lavoratrici straniere, ma anche come attivit di pulizia e riordino della casa, che invece coinvolge in prevalenza lavoratrici italiane. Nelluno come nellaltro caso sembra essere molto diffuso il ricorso al lavoro irregolare se non nero. Un elemento cui si fa cenno in alcune interviste che il lavoro nero vero e proprio verosimilmente pi diffuso tra le lavoratrici italiane, le quali in maniera individuale prestano ore di servizio presso altre famiglie per la pulizia della casa; in questo settore il fatto di non essere coperte da alcuna forma assicurativa sembra essere percepito come una cosa che rientra nella piena normalit, mentre il timore di controlli da parte degli enti ispettivi nullo. Risulta infatti impossibile per gli organi di controllo, gi in difficolt nellattivit ispettiva presso le aziende a causa di un cronico sotto-dimensionamento del personale, attivarsi in tal senso visto che le abitazioni private non sono considerate sedi di lavoro. Diverso il discorso per le badanti: in questo caso il problema che si riscontra pi di frequente quello dellirregolarit pi che del nero, dal momento che il crescente numero di vertenze avviate nel tempo da ex-badanti nei confronti della
202 Per chiarire la questione relativa alle giornate di lavoro richieste per ottenere la disoccupazione agricola, riportiamo quanto segue: Il bracciante ha diritto allindennit di disoccupazione agricola dopo il secondo anno di iscrizione negli elenchi anagrafici dei Comuni e in ogni caso, qualora, nel biennio abbia raggiunto minimo 102 giornate di lavoro. Con 51 giornate lavorate nellanno precedente il bracciante ha diritto a percepire una indennit pari al 30% della retribuzione media annua (660 euro); con 101 giornate lavorate percepisce il 40% e con 151 giornate il 66%. Il trattamento speciale spetta fino a un massimo di 90 giorni annui (si veda: http://www.cgil.it/flai.sicilia/articolo%20indennit%C3%A0%20 disoccupazione.htm). Si consideri anche il fatto che per i coltivatori diretti le prestazioni di disoccupazione spettano solo nel caso abbiano integrato fino a 51 le giornate di iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli dipendenti.

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famiglie-datrici di lavoro ha progressivamente indotto un numero crescente a cautelarsi in tal senso. Il nero in questo settore si ha soprattutto in relazione alla copertura del periodo di ferie cui ciascuna badante ha diritto (un mese lanno): chi viene a sostituire la badante regolare in ferie normalmente lavora un mese senza alcuna copertura previdenziale o assicurativa (datl3, ist4, ist5). Accanto al lavoro domestico anche il lavoro a domicilio stato segnalato come un possibile settore a rischio:
altro settore dove si gioca molto non solo in termini di regolarit, ma anche di sicurezza, quello del lavoro a domicilio, che altra cosa dal lavoro domestico: io azienda do da fare a casa pezzi di produzione; lautorizzazione alla ditta per fare questo viene data dal Centro direzionale per limpiego del luogo dove il lavoro viene dato a domicilio [...] Devo essere iscritto al registro lavoro e committenza della provincia non dove ha sede la ditta ma dove intendo commettere lavoro a domicilio [...]. La richiesta viene valutata, deve precisare e specificare se utilizza sostanza tossiche, dire quali sono. La stessa sostanza la puoi utilizzare in azienda perch ci sono gli impianti adatti, ma non a casa: se indicano di utilizzare la sostanza X ... se lutilizzo legittimo o meno viene deciso dalla Asl, che labbiamo nella Commissione provinciale tripartita (ist4).203

Anche lagricoltura emersa in molte interviste come settore sensibile; per quanto concerne il nero vero e proprio, per, ne stata sottolineata la diffusione soprattutto con riferimento alle attivit di carattere stagionale (raccolta in particolare) e per alcune attivit ad alta specializzazione svolte da lavoratori pensionati, cui gi stato fatto pi volte riferimento nel presente capitolo. Un discorso a parte stato fatto per due specifiche attivit riconducibili al settore agricolo, vale a dire gli agriturismi e la forestazione. Un controllo specifico sugli agriturismi stato posto in essere tra il 2006 e il 2007 dallInps di Pisa, proprio perch si ritenuto che questa attivit presentasse caratteri diffusi di irregolarit. Effettivamente ci stato detto esplicitamente che sono stati molto controllati perch di norma altamente irregolari (contr4). Sul fronte della forestazione, un addetto del settore ha posto in risalto due questioni fondamentali riguardo alla presenza di situazioni di lavoro completamente in nero: S, certo. Addirittura dormivano nel bosco. Ora sembra un po migliorata [...] quando channo da fare puliture delle linee l c sempre di mezzo la seconda ditta, il subappalto. Nel senso che la vince una e poi si va gi a cascata. Non forestazione ma pulitura delle linee. [...] Questo tipo di
203 Che si tratti di un possibile settore di lavoro a rischio in Toscana, ma non solo, confermato anche dallanalisi effettuata in Ministero del lavoro 2007.

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forestazione molto simile allagricoltura. Laddove chai il datore di lavoro e due operai, dove sono come di casa, il sindacato lo fai arrivare molto male (lav7). Quando a svolgere attivit di questo tipo un privato che ha vinto una gara dappalto, il rischio che si presenti una situazione analoga a quella degli appalti a cascata tipica delledilizia molto alto, e dal momento che le imprese aggiudicatarie sono di dimensioni ridotte, se non ridottissime, il lavoro nero la regola. Altro elemento cui si fa riferimento la presenza di lavoro grigio, parzialmente irregolare: Gli stessi imprenditori hanno capito che avere sempre la stessa persona, portare sempre la stessa persona ad un livello di conoscenza del mestiere, meglio che avere uno che magari sta 150 giornate. Ogni anno infatti si rischia di perdere la professionalit delle persone. [...] Magari lascia il contratto delle 151 giornate per poi lo tiene tutto lanno. Magari anche al nero, ma tenere sempre la stessa persona molto meglio. Poi se limprenditore ha una persona valida che da due anni fa lavventizio nel suo interesse regolarizzarlo definitivamente: conviene! (lav 7). Anche gli enti ispettivi hanno rivolto unattenzione specifica al settore agricolo. La relazione Cles 2007 sottolinea come in agricoltura si registra storicamente unelevata presenza di lavoratori in nero, spiegabile in ragione del fatto che le attivit agricole vengono spesso svolte in zone nascoste ed appartate delle campagne, come i boschi o lallevamento del bestiame, con la conseguenza che risulta difficile conoscere tali realt e prendere atto di eventuali situazioni di irregolarit in esso presenti. Inoltre, le lavorazioni agricole sono svolte oggi prevalentemente da extra-comunitari, spesso clandestini, in quanto i cittadini italiani sono sempre meno disposti ad occuparsi di esse (Cles Pisa 2008, 25). A fronte di ci una specifica attivit ispettiva stata programmata a livello nazionale: loperazione coccinella attuata tra settembre e novembre 2007 ha visto lavorare congiuntamente Dpl, Nucleo Carabinieri presso lIspettorato del lavoro, Inps e Corpo forestale dello Stato, concentrandosi sui tre sotto-settori della vendemmia, dellortovivaismo e dellattivit boschiva. I risultati delle ispezioni sono riportati nella tabella 6.6. Si tenga conto che questi dati non sono stime sulla diffusione del fenomeno, ma i numeri delle irregolarit riscontrate, che per sono per loro stessa natura parziali, nel senso che le aziende ispezionate non rappresentano necessariamente un campione indicativo delle aziende presenti sul territorio, n possibile riscontrare con quale efficacia e attenzioni vengano condotte le attivit di verifica.

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tab. 6.6: Risultati attivit ispettiva della Operazione Coccinella (settembre-novembre 2007). Fonte: rielaborazione dati Dpl Pisa (Cles 2008).
N. aziende ispezionate Operazione Coccinella 88 % aziende irregolari su ispezionate 15,9% % lavoratori irregolari su occupati 12,3% % lavoratori in % lavoratori in nero nero su occupati su irregolari 4,1% 33,3%

Arrivando infine alledilizia, segnalata dagli attori intervistati come settore critico per quanto riguarda tanto il lavoro nero quanto il rischio-sicurezza, i tratti caratterizzanti possono essere sintetizzati in pochi punti: il sistema di aggiudicazione e successiva riorganizzazione degli appalti (mediante subappalti a cascata) favorisce lespansione di forme di lavoro non regolare; il fenomeno viene ben occultato in edilizia in quanto attivit non stanziale: i cantieri non sono fissi sul territorio e spesso si posizionano in zone periferiche, quindi meno esposte ai controlli; sono pi a rischio i piccoli cantieri delledilizia privata. Il lavoro nero, stato detto, in genere nelledilizia privata, nellartigiano che fa il nero sotto casa. Negli appalti lazienda industriale responsabile in solido con la subappaltante e deve quindi controllare e vigilare che tutte le norme vengano rispettate (asscat5). Dati interessanti per quanto riguarda ledilizia coerenti con quanto emerso nella nostra ricerca si rintracciano anche nella Relazione per lanno 2007 del Cles, curata dalla Direzione provinciale del lavoro di Pisa (Cles Pisa 2008): 1. durante lo svolgimento dellattivit di vigilanza stata riscontrata la forte diffusione del fenomeno degli appalti e dei subappalti a cascata, che iniziano di frequente fra ditta immobiliare committente e la ditta esecutrice dei lavori, la quale, a sua volta, si avvale per lesecuzione delle opere di lavoratori autonomi, spesso artigiani, che prestano solo la loro manodopera, senza impiego di attrezzatura propria, senza dipendenti e senza neppure acquistare materiale da costruzione (Cles Pisa 2008, 22); 2. il fenomeno, frequente in edilizia, dei falsi artigiani (imprenditori che pur essendo iscritti alla Camera di commercio non dispongono di alcuna organizzazione di mezzi o di risorse materiali e personali idonei a svolgere unattivit imprenditoriale) porta con s almeno due conseguenze di rilievo: queste ditte tendono ad utilizzare personale non regolare o si limitano a fornire la propria manodopera; la seconda, che tali soggetti non hanno alcun interesse ad attivarsi al fine di ottenere la revoca del

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3.

provvedimento di sospensione, preferendo perdere un incarico di lavoro, anzich sopportare i costi della regolarizzazione del personale (Cles Pisa 2008, 23); delle piccole ditte che operano nei cantieri edili solo unesigua minoranza toscana; inoltre, per lo pi queste utilizzano manovalanza di nazionalit romena, albanese, africana.

Dai dati ispettivi relativi al 2007 emerge un sistema di irregolarit diffuse non soltanto nel settore edile; inoltre, la quota di lavoratori completamente in nero appare relativamente contenuta. Si noti anche che nelle grandi lottizzazioni, nelle quali si realizza di regola la prassi dei subappalti a cascata, le aziende irregolari rappresentano la quasi-totalit rispetto a quelle ispezionate (90,1%). Anche in questo caso si deve tuttavia tener conto delle caratteristiche dei dati ispettivi, che non rappresentano un campione rappresentativo della totalit delle imprese pisane.
tab. 6.7: Attivit ispettiva a Pisa nel 2007, con un riferimento specifico al settore edile. Fonte: rielaborazione dati Dpl Pisa (Cles Pisa 2008).
Attivit di vigilanza complessiva 2007 (Dpl) N. aziende ispezionate % aziende irregolari su ispezionate 1724 59,4% Attivit vigilanza in edilizia 2007 (Dpl) Operazione 10000 cantieri - 1 giugno-30 settembre 2007 (Dpl, Inps, Inail) 274 49,0% 10,5% 7,0% 66,7% Blitz Grandi Lottizzazioni - 28-30 novembre 2007 (Dpl; Inps, Inail, Nucleo Ispettivo Carabinieri) 33 90,1% -

637 66,1% 13,8% 4,9% 35,6%

% lavoratori 12,0% irregolari su occupati % lavoratori in nero su occupati % lavoratori in nero su irregolari 5,9% 49,3%

I dati parziali delle ispezioni effettuate dalla Dpl nel settore edile nei primi nove mesi del 2008 mostrano sostanzialmente un andamento analogo, anche se in leggero calo rispetto al dato del 2007. La percentuale di aziende irregolari su quelle ispezionate del 57,7%; i lavoratori trovati irregolari sono l11,5% di quelli occupati, mentre quelli totalmente al nero rappresentano il 4,8% degli occupati e il 35,4% degli irregolari (il confronto va fatto con la prima colonna della tabella 6.7). Un ultimo settore del quale stata segnalata la criticit quello delle attivit

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commerciali, turistiche e dei pubblici esercizi, dove ci sono picchi di lavoro settimanali e/o mensili (contr2). Si tratta di un dato coerente con le stime Istat del fenomeno. Nel corso del 2008 sono state organizzate dalla Dpl di Pisa forme di vigilanza speciali in specifici settori (distributori carburante e centri benessere). Un punto sul quale sembra esservi un consenso ampio e trasversale tra gli attori intervistati la convinzione che il lavoro nero, o comunque irregolare, interessa in via principale, se non esclusiva, le imprese di piccole dimensioni. Tra i settori a rischio potrebbe essere ricordata ledilizia oppure gli esercizi commerciali in certi momenti dellanno, lagricoltura (che presente in misura minore nella nostra provincia) o la collaborazione familiare, ma secondo me una prospettiva sbagliata: nella dimensione delle aziende che occorre guardare (contr3). Allo stesso modo un rappresentante del sindacato sostiene che il punto la dimensione dellazienda. Le grandi aziende non vi hanno interesse (sind5). Un dirigente della Provincia osserva, con toni coloriti, che la differenza la fa la struttura della ditta, aspetto che si ripercuote drammaticamente anche sulla sicurezza: bisogna fare in modo che non ci siano una miriade di ditte e dittarelle: ditte fatte da padre, figlio, spirito santo e un marocchino non faranno mai della sicurezza (ist3). C infine un ultimo aspetto da segnalare. Abbiamo chiesto durante le interviste se possibile pensare che esista una qualche forma di concorrenza tra lavoratori italiani e stranieri che, giocandosi al ribasso in termini di tutele la conquista di un posto di lavoro, finisca con lincidere sulla regolarit complessivamente intesa dello stesso. Generalmente la risposta data stata che, pur esistendo il rischio di una sorta di guerra tra poveri, in linea di massima i lavori e le mansioni svolte dagli stranieri vengono scartate a priori dagli italiani. Un quadro dettagliato della questione stato fornito dalla direttrice della Dpl pisana:
Se lofferta di lavoro scarsa il lavoratore pu essere maggiormente portato ad accettare proposte di lavoro irregolare, in tutte le accezioni sopra descritte, soprattutto se in condizioni di difficolt economiche. Spesso si verificano casi in cui il lavoratore straniero, meno preparato e con difficolt linguistiche, di fronte al sicuro pagamento di una retribuzione (anche se non corrispondente a quella contrattualmente prevista dal Ccnl di riferimento) accetta condizioni di lavoro irregolari e alle volte ai limiti dello sfruttamento. Ci si verifica, anche se per pi raramente, anche per i lavoratori italiani in condizioni di forte disagio sociale ed economico. Dal punto di vista pi strettamente tecnico, si pu parlare di concorrenza fra lavoratori italiani e stranieri in relazione alla crescita del fenomeno di aziende che nascono in Italia ma che sono gestite

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da datori di lavoro stranieri. Si riscontra, soprattutto nelledilizia, una marcata tendenza ad assumere connazionali, che danno maggiori garanzie di stabilit e incisivit di forza lavoro, rispetto ai lavoratori italiani. Per quanto concerne la presenza sul territorio di imprenditori stranieri, emerge quanto segue. Fra gli imprenditori comunitari, quelli maggiormente presenti nel nostro territorio sono i francesi e i tedeschi, mentre fra gli imprenditori extra-comunitari che hanno deciso di svolgere la loro attivit nel territorio della provincia di Pisa prevalgono i senegalesi, gli albanesi, e i marocchini, seguiti dai cinesi. Inoltre, si rileva che i settori in cui la maggior parte di tali imprenditori impegnata sono quelli delle costruzioni e del commercio. Specificamente, il 20,5% degli imprenditori comunitari, e il 21% di quelli extra-comunitari operano nel settore delle costruzioni; mentre il 17% degli imprenditori comunitari, e il 45% di quelli extra-comunitari sono impegnati nel settore del commercio. Si pu parlare di concorrenza in quanto il datore di lavoro straniero, soprattutto extracomunitario, ha pi facilit di reperimento di manodopera per lavori di scarso profilo professionale potendo fare ricorso ai parenti e concittadini con conseguente abbattimento dei costi (contr5).

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Quando da illegalit nasce illegalit: lavoro irregolare e rischio usura


Il mancato rispetto della normativa in materia di lavoro, sia dal punto di vista contrattuale che della sicurezza, rappresenta una tra le molte forme di pi o meno strisciante illegalit che si annidano nel sistema economico. Si tratta di aspetti devianti, quando non apertamente criminali, dei fenomeni economici, tra loro strettamente collegati: si considerino ad esempio la gestione dei traffici e lo sfruttamento della manodopera straniera clandestina in Italia, le infiltrazioni malavitose nel sistema degli appalti,204 i rischi di corruzione-collusione tra controllati e controllori, ma anche le possibili ricadute del lavoro nero sullequilibrio finanziario delle famiglie. I lavoratori e gli imprenditori privi di regolare documentazione relativa al proprio reddito o fatturato si trovano di fatto emarginati dai canali ufficiali del sistema creditizio e per questo, di fronte alla necessit di un prestito o di un finanziamento, diventano soggetti a rischio usura. Senza avere la pretesa di affrontare nel dettaglio questioni complesse, che meriterebbero un approfondimento specifico, si vuole in questo breve focus mettere in risalto un canale quello dellusura attraverso il quale il lavoro irregolare finisce per generare un vero e proprio circolo vizioso dellillegalit. A Pisa stato firmato un Protocollo antiusura205 a livello provinciale, un provvedimento molto significativo, cos come la nuova legge regionale sugli appalti (legge regionale 38/2007), nella lotta alle attivit criminali: le infiltrazioni malavitose nascono soprattutto in quelle attivit per le quali non richiesto il certificato antimafia, per esempio le forniture e i noli (). Tramite
204 Si prenda, a titolo di esempio, la descrizione degli effetti della presenza di forme di racket estorsivo negli appalti milanesi: Operai che pagano per lavorare. Aziende che falsificano le buste paga. Caporali che reclutano manodopera clandestina. Accade a Milano, nel pi grande cantiere d Europa, quello della nuova Fiera. Nella girandola dei subappalti il lavoro nero sfugge anche al patto di legalit sottoscritto mesi fa in prefettura. C una denuncia che getta sospetti su una ditta: in tre mesi avrebbe cancellato dai bilanci 438 mila euro. Corrispondono a 29 mila ore non pagate ai dipendenti arruolati sul campo. Un altra azienda avrebbe chiesto permessi speciali per ottenere operai dallEgitto: ma il salario non quello contrattuale, la met. [...] In cantiere c omert e paura. Ai sindacati arrivano segnalazioni di truffe, intimidazioni, pagamenti mancati. Ma se c da mettere nero su bianco, molti dei lavoratori assunti a ore si tirano indietro. [...] Chi parla non lavora. E nel silenzio, avanza lillegalit (Corriere della Sera, 2 novembre 2008, p.49). 205 Il Protocollo dintes adottato per contrastare i fenomeni di racket e usura stato sottoscritto dal prefetto di Pisa, dal Direttore della sede locale della Banca dItalia, dal Presidente regionale Abi, dai Rappresentanti dellUpi, dellAnci, della Camera di commercio, delle Associazioni di categoria, dellUnione industriale pisana, della Fondazione toscana antiusura, dei Confidi e degli Istituti di credito della provincia.

queste attivit la mafia si inserisce negli appalti e poi controlla tutto il giro degli appalti stessi. Anche per questo importante predisporre capitolati dappalto che tengano nelle dovuta considerazione una serie di fattori, tra cui la sicurezza e il controllo sui subappaltatori. Lobiettivo ultimo dovrebbe essere quello di sviluppare lassessorato ai lavori pubblici come assessorato alla legalit in termini generali (ist2). La spirale dellusura pu risucchiare chiunque, imprenditore o privato cittadino, si trovi a fronteggiare difficolt economiche pi o meno contingenti e non abbia possibilit di ricorrere ai canali ordinari di finanziamento. Ad essere particolarmente esposti a questo rischio sono precisamente coloro che non avendo un reddito ufficialmente dichiarato sufficiente a prestare garanzie non hanno accesso al credito bancario. Leconomia sommersa e il lavoro nero generano dunque unaccresciuta domanda di credito sommerso, che a sua volta finisce per strozzare le stesse attivit economiche in difficolt o per mettere in crisi bilanci familiari. Si prenda, a titolo di esempio, un caso emerso nelle nostre interviste, quello di una badante extracomunitaria che lavora in nero: Ho chiesto in un momento di bisogno 500 euro a una amica; questa ha voluto una mia collana del valore di 1200 euro in pegno, ora devo pagare oltre ai 500 euro anche un interesse di 30 euro mensili fino al saldo del debito, altrimenti perder la collana, anche solo per 30 euro. Credo che lo scopo di chi mi ha fatto il prestito sia stato di tenersi la collana. Ho difficolt a saldare il debito perch comunque devo pagare laffitto, le bollette, fare la spesa, e ho speso tanti soldi per far venire i figli a Pisa (lav3). Per prevenire il rischio usura a Pisa, cos come in altre realt locali del centro Italia, esiste un Centro di ascolto antiusura della Misericordia.206 Il centro non eroga prestiti n d sussidi, offre invece ascolto e consulenze per piani personalizzati di rientro e garanzie per prestiti fino ad un ammontare massimo di 26.000 euro, 50.000 se si possiedono immobili da ipotecare. Il nodo che intreccia il lavoro nero ai vincoli nellazione di prevenzione del rischio-usura che tale accompagnamento al credito possibile soltanto dietro presentazione di una serie di documenti, tra cui la denuncia dei redditi. Ma il reddito al nero non risulta in alcun documento contabile, dunque il servizio di assistenza fornito gratuitamente dalla Misericordia non pu essere attivato. Lirregolarit della condizione lavorativa, dunque, non soltanto un fattore facilitante lemergere di altre forme di illegalit, ma anche un forte vincolo allazione di prevenzione e di contrasto. Durante lintervista con loperatore del Centro questo fatto
206 La Misericordia di Pisa una delle tante sedi della Misericordia nazionale che fanno parte della Fondazione toscana per la prevenzione dellusura onlus. Per tutte le informazioni sulla Fondazione si veda http://www.prevenzioneusuratoscana.it/index.html.

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emerso chiaramente: Il lavoro precario, il lavoro nero fattore di rischio e grossissimo ostacolo per noi. [...] Lo riscontriamo sistematicamente [assoc3]. Nel tempo la situazione non sembra essere migliorata: vediamo aumentare le richieste di audizione; aumentano le richieste di aiuto ma diminuiscono le erogazioni; al nocciolo della questione c la non certificabilit del reddito [assoc3]. In taluni casi a determinare il rigetto della domanda la presenza di un indebitamento troppo elevato per poter definire un piano di ammortamento adeguato. Per quanto riguarda le cause dellindebitamento, sono da ricondurre principalmente a malattie (44%) e cattivo utilizzo del credito al consumo (30%).207 Questultimo caso appare particolarmente inquietante perch nasconde, tra le altre cose, latteggiamento subdolo e in certi casi al limite del fraudolento di alcune societ finanziarie o venditori, che nascondono nelle pieghe dei contratti tassi dinteresse indistinguibili da quelli dusura. Per quanto riguarda le professioni di coloro che si sono rivolti al Centro di ascolto antiusura della Misericordia di Pisa, come emerge dalla tabella, si tratta in prevalenza di imprenditori e di soggetti almeno ufficialmente disoccupati.
tab. 6.8: Pratiche istituite dal centro di ascolto antiusura della Misericordia di Pisa dalla met del 2005 alla fine del 2006. Fonte: dati della Misericordia di Pisa.
Professione Disoccupato Imprenditore Artigiano Operaio Impiegato Pensionato Commerciante Insegnante Subordinato TOTALE Numero casi 14 16 10 9 5 9 8 6 8 85 Percentuale 16,5% 18,8% 11,7% 10,6% 5,8% 10,6% 9,4% 7,2% 9,4% 100,0%

Ricordiamo infine lesistenza di un microcredito di solidariet, complementare allattivit di prevenzione usura grazie al quale possibile assistere anche persone e famiglie ritenute meritevoli dellintervento della Misericordia ma che non hanno i requisiti per poter accedere al fondo prevenzione usura erogato dalla legge 108/96; con il microcredito possibile finanziare non solo lestinzione di debiti pregressi ma anche spese legate ai bisogni personali e familiari (fino ad un massimo di 7.500 euro). In ogni caso le cifre erogate non vengono mai messe a disposizione del richiedente.
207 Seguono: acquisto e ristrutturazione abitazione (10%), separazione dei coniugi (10%), calo del giro daffari per commercianti e piccoli imprenditori (10%), attivit imprenditoriali o commerciali non decollate (3%) e fallimenti (3%).

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6.6. I protagonisti: le motivazioni di datori di lavoro e lavoratori


In questo paragrafo presentiamo i risultati della nostra ricerca per quanto riguarda le motivazioni alla base delle scelte del datore di lavoro da una parte, del lavoratore dallaltra, in relazione alla proposta/accettazione di condizioni di lavoro irregolari. Diversi studi sulle cause delleconomia sommersa, gi richiamati nel secondo capitolo, distinguono tra le ragioni di fondo del ricorso al lavoro irregolare da parte delle imprese e da parte dei lavoratori (ad esempio Lucifora 2003, 43 e ss.). Sul fronte delle imprese si ritiene che a spingere in questa direzione contribuiscano: le dimensioni del cuneo fiscale, il carico di oneri fiscali e contributivi, che introduce un divario significativo tra costo del lavoro e salario netto e pu quindi rendere pi conveniente il ricorso al lavoro nero; il carico burocratico dei rapporti con la pubblica amministrazione; il livello di regolamentazione del sistema economico, definito dal numero di leggi, regolamenti e licenze il cui rispetto necessario per svolgere unattivit economica; il livello di corruzione ambientale, definito come abuso di pubblici poteri per ottenere benefici privati. Per quanto riguarda i lavoratori utile ricordare che di norma il lavoratore in nero, o comunque irregolare, ricade in questa fattispecie perch privo di potere contrattuale nei rapporti con il datore di lavoro:
sono davvero pochi e circoscritti i casi in cui il lavoratore a chiedere di essere pagato in nero (professionalit molto specifiche e ricercate o casi di doppio lavoro) mentre molto diffusa la situazione nella quale il lavoratore costretto ad accettare, suo malgrado, un rapporto di lavoro irregolare in mancanza di reali alternative. Queste circostanze sono molto frequenti quando un lavoratore e soprattutto una lavoratrice hanno un percorso formativo e/o lavorativo professionalmente poco qualificato, sono giovani allingresso nel mondo del lavoro o hanno perso un lavoro precedente in et critica (40 50 anni) (Isfol 2007, 24).

Se lasimmetria dei rapporti di forza lelemento caratterizzante la struttura dei rapporti tra lavoratori irregolari e le loro controparti, questo non esclude che anche il lavoratore tragga nellimmediato vantaggi in termini di maggiori guadagni, mancato pagamento di tasse e contributi sociali, maggiori possibilit di ottenere agevolazioni in termini di sussidi. In particolare, i fattori associati allo sviluppo delleconomia sommersa sono la presenza di un elevato tasso di disoccupazione, let di pensionamento anticipata, la riduzione dellorario di lavoro settimanale ed un basso tasso di attivit femminile (Lucifora 2003). Si tratta di

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situazioni accomunate dallampia disponibilit di tempo lasciata allindividuo, utilizzabile in attivit lavorative non regolari, scelte per lassenza di alternative oppure in quanto incompatibili con la contestuale erogazione di prestazioni assistenziali (pensione, sussidi di disoccupazione, ecc.).

6.6.1. Le motivazioni del lavoro irregolare: le risposte degli intervistati


Il quadro che emerge dalle interviste coerente con quanto emerso negli studi sul fenomeno. Le ragioni del lavoro sommerso da parte dellimprenditore sono attribuite in primis a motivazioni di carattere economico, o comunque riconducibili in senso pi ampio a questa dimensione: risparmio sui contributi, minore costo del lavoro, maggiore guadagno e maggiore competitivit nellimmediato, anche se non detto che sul medio-lungo periodo tali guadagni e competitivit si mantengano. La sensibilit agli incentivi economici pu per significare che il datore di lavoro un imprenditore con pochi scrupoli (sind4), che adotta talvolta atteggiamenti nei confronti del lavoratore quasi da dittatore, che vuole coprire la parte di diritti che ha un lavoratore e in qualche caso guarda al sindacato come il male da debellare (lav1). In questi casi lobiettivo del ricorso al lavoro irregolare pu essere in ultima analisi anche quello di sfruttare una posizione di forza, irrobustita dal fatto che il lavoratore in nero pi ricattabile, in quanto privo di quelle tutele minime che il contratto regolare garantisce (contr4). Si tratta di unargomentazione molto simile a quella di chi ritiene che utilizzare lavoratori non regolarmente inquadrati conferisca al datore di lavoro maggiore discrezionalit nella gestione delle risorse umane (sind1). Su questo atteggiamento gioca un ruolo fondamentale la cultura imprenditoriale che caratterizza il singolo, che pu essere ereditata a seconda che si tratti di unazienda gi avviata dal padre o meno (lav1). Il fattore economico strettamente connesso al risparmio fiscale. Unazienda che utilizza lavoratori al nero o che fa lavorare pi del dichiarato i propri dipendenti (straordinari fuori busta) deve stare attenta al fatturato, perch in caso di controlli incrociati si riscontra facilmente che qualcosa non torna. E i conti, invece, devono tornare: Limportante che non vi sia discrepanza tra ore di lavoro denunciate e fatturato. [...] Controlli incrociati vengono fatti, e su questo loro [gli imprenditori] ci stanno attenti. Di fatto ci troviamo di fronte ad una doppia evasione, fiscale e contributiva208 (sind5). La motivazione economica, per, pu anche significare semplicemente che alcuni imprenditori non ce la fanno a reggere il pagamento di contributi, tasse,
208 Nello specifico si parlava di aziende del settore agricolo, ma lo stesso discorso pu essere fatto anche per il settore manifatturiero.

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oneri; preferiscono dare un fuori-busta [...] e spesso su questo c accordo silenzioso, soprattutto in edilizia e soprattutto con gli extra-comunitari (ist5). Per quanto riguarda il settore agricolo, secondo alcuni intervistati limpresa in genere non ha un forte interesse ad assumere manodopera in nero a fronte dei rischi in caso di controlli, specie in una zona come quella pisana che rientra tra quelle svantaggiate (asscat3, asscat4, datl2): Noi siamo territorio considerato zona svantaggiata (un buon 80%): lazienda paga intorno all11% del contributo complessivo e quindi non ha interesse ad avere dipendenti al nero, perch rischia tanto per nulla. Le aziende sono in difficolt per questo. Lo sanno anche i sindacati. Lazienda si trova con dipendenti anche specializzati (ad esempio i potatori) di cui non c grande disponibilit nelle liste dei disoccupati, che vengono a lavorare ma solo al nero per il discorso della trattenuta pensione (). Ma a parte i pensionati, qualche caso in cui lazienda pressa un po c (asscat4). Sul versante del lavoro domestico, compreso quello di cura (badanti), le motivazioni addotte per quanto riguarda il lato datoriale sono essenzialmente due: ignoranza e consuetudine da una parte (contr1), la volont di non crearsi troppi impegni nei confronti di una persona di cui inizialmente si sa poco e nei cui riguardi potrebbe esistere anche un problema di sfiducia, dallaltra (lav5). Riepilogando e sintetizzando le risposte fornite durante le interviste si ottiene un quadro delle motivazioni del lavoro irregolare da parte del datore di lavoro che viene riportato nella tabella 6.9.
tab. 6.9: Motivazioni del lavoro irregolare per parte datoriale. Fonte: elaborazione da informazioni ricavate nelle interviste.
MOTIVAZIONE DEL LAVORO IRREGOLARE PER PARTE DATORIALE Motivazione economica o simile Fattore culturale Peso della burocrazia Nessuna paura di controlli ispettivi 2 Necessit personale specializzato (agricoltura) 2 Nessuna motivazione nessun vantaggio (agricoltura) 3

N. risposte in valore assoluto Peso delle risposte come % sul totale

17

73,9%

13,0%

4,3%

8,7%

8,7%

13,0%

NB: La somma superiore al 100% perch nellargomentare la risposta lintervistato/a poteva esprimere pi concetti e quindi individuare pi di una motivazione. Il totale degli intervistati che hanno risposto a questa specifica domanda pari a 23. I dati riportati fanno riferimento alle risposte date da tutti gli intervistati alla domanda relativa alle motivazioni che possono spingere un datore di lavoro ad offrire condizioni di lavoro non regolari.

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La motivazione fondamentale che indurrebbe un lavoratore ad accettare condizioni di lavoro irregolare, secondo la maggior parte degli intervistati, da rintracciarsi nello stato di bisogno e nella mancanza di alternative praticabili (57,1%) a cui si aggiunge pi di rado la speranza di una regolarizzazione futura (7,1%); vale a dire che una persona disposta a lavorare in nero per un certo lasso di tempo, vissuto alla stregua di un periodo di prova, perch proietta questa esperienza in funzione di una possibile trasformazione futura in impiego regolare. Quando invece si parla di stato di bisogno o di mancanza di alternative le situazioni prospettate sono riconducibili, oltre che al bisogno urgente di uno stipendio per campare, anche alla carenza dei posti di lavoro (sind1, contr5), o a un senso di precariet diffusa per cui si disposti ad accettare un po tutto, almeno per cominciare (ist5). Un discorso a parte va fatto per i lavoratori stranieri. Se si tratta di persone presenti sul territorio nazionale senza regolare permesso di soggiorno, lunica strada praticabile per guadagnare qualcosa quella del lavoro nero. Se invece tale presenza regolare la questione si fa pi articolata: per un verso questi lavoratori hanno bisogno di dimostrare di guadagnare un minimo che possa loro garantire almeno la possibilit di pagare un affitto e di mangiare, quindi devono essere assunti regolarmente, almeno per la quota del salario che copre approssimativamente questi costi.209 Su quello che eventualmente succede in eventuali negoziazioni ulteriori tra singolo lavoratore e datore di lavoro si proietta un cono dombra. Le alternative sono diverse. possibile che il salario dichiarato in busta (e sul quale quindi si pagano i contributi e le tasse) sia quello effettivamente percepito; possibile che venga corrisposta una parte fuori busta (con parziale evasione sia fiscale che contributiva), opzione rispetto alla quale non difficile trovare un accordo in quanto sia il lavoratore che il datore di lavoro ne otterrebbero un vantaggio economico immediato. possibile, infine, che in busta paga figuri pi di quanto il lavoratore effettivamente percepisca. Difficile quantificare la diffusione delle tre opzioni elencate tra i lavoratori immigrati. Escludendo per il momento il nero totale, certamente la seconda (il fuori busta) pi appetibile per il lavoratore, che in questo modo pu dimostrare quanto necessario a fini burocratici, e riesce a inviare a casa nel paese di origine qualche risparmio in pi. Anche dal punto di vista del datore di lavoro questa opzione potrebbe risultare comunque la pi conveniente: non paga in
209 Il fatto di chiedere che non tutto il salario risulti in busta paga una pratica che dipende in gran parte anche dal tipo di immigrato: I neo-comunitari per rinnovare la carta di soggiorno (che a tempo indeterminato) loro lo possono fare. Per limmigrato che deve rinnovare il permesso di soggiorno ogni anno o due anni (poi ti danno al massimo sei mesi di disoccupazione) dipende da quanto ti mettono sulla busta: se il reddito non sufficiente per garantire il rinnovo, sono loro che hanno pi difficolt (assoc1).

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busta tutte le ore che il lavoratore effettivamente svolge, ma lo paga comunque quello che pu autoconvincersi essere il giusto favorendo, cos, rapporti migliori e pi distesi con il lavoratore stesso. Sono state rilevate, infine, una gamma di risposte che individuano forme di nero per convenienza da parte del lavoratore. La ragione di fondo lesigenza di guadagnare qualcosa nellimmediato, senza alcun interesse alla futura, eventuale copertura previdenziale. Si tratta tipicamente di poche categorie di persone: 1. studenti che fanno qualche lavoretto (di solito nei bar o comunque in locali, pizzerie e simili); 2. percettori di indennit o sussidi; 3. lavoratori stranieri (solo parzialmente, secondo quanto si detto sopra); 4. pensionati specializzati in lavorazioni molto richieste, specie in agricoltura; 5. alcuni coltivatori diretti: impegnato come tale per poche giornate lanno, come integrazione al reddito va a lavorare da altre aziende: deve garantire la sua posizione di coltivatore diretto, perch gli d enormi vantaggi (asscat3); 6. lavoratore impiegato regolarmente presso una azienda e che, avendo in mano un mestiere, arrotonda lo stipendio facendo un secondo lavoro al nero.210 In ogni caso, quando si ricorre al lavoro nero per scelta e quindi per convenienza, la motivazione di fondo in genere quella economica: avere pi soldi in tasca, che per implica anche evasione fiscale. Non pochi intervistati hanno individuato un doppio binario lungo il quale pu collocarsi la motivazione del lavoratore: si ripropone la divisione tra lavoro nero per necessit e lavoro nero per convenienza, gi presente nella letteratura e messa in risalto nel secondo capitolo, come si pu ben vedere nella tabella 6.10.

210 interessante come poi per quelle attivit per le quali richiesta una certificazione si riesca spesso ad aggirare la legge: il Lavoratore ha difficolt ad arrivare alla fine del mese e questo lo spinge a cercare soluzioni diverse, almeno chi ha un mestiere in mano... cerca il secondo lavoro e il secondo lavoro spesso un lavoro nero. C incontro tra domanda e offerta di lavoro; un intervento in lavoro nero costa meno... poi la legge prevede che debba esserci la certificazione, limpianto... ma questo si capisce una cosa che alla fine la si risolve; la certificazione, conosci un amico che ha una azienda regolare... una scappatoia la si trova (sind2).

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tab. 6.10: Motivazioni del lavoro irregolare per i lavoratori. Fonte: elaborazione da informazioni ricavate nelle interviste.
MOTIVAZIONI DEL LAVORO IRREGOLARE PER I LAVORATORI Necessit, mancanza alternative Prospettiva di regolarizzazione o attesa cosa migliore Convenienza economica (tot: 42,7%) Pensionati Percettori sussidi Doppio lavoro Ragioni fiscali Marginalit (gente non inserita nel tessuto sociale) 1 3,4% Problema culturale

17 58,6%

3 10,3%

2 6,9%

2 6,9%

2 6,9%

6 20,7%

4 13,8%

NB: La somma superiore al 100% perch nellargomentare la risposta lintervistato/a poteva esprimere pi concetti e quindi individuare pi di una motivazione. Il totale degli intervistati che hanno risposto a questa specifica domanda pari a 29. I dati riportati fanno riferimento alle risposte date da tutti gli intervistati alla domanda relativa alle motivazioni che possono spingere un lavoratore ad accettare (o anche proporre) condizioni di lavoro non regolari.

Da notare che gli attori che hanno richiamato lesistenza di un problema culturale hanno sistematicamente fatto riferimento alla condizione degli immigrati (in 3 casi su 4). In un solo caso stato rilevato un problema culturale facendo riferimento alla non accettazione, da parte dei giovani italiani, di determinati tipi di lavoro, nel caso specifico quelli agricoli:
Con milioni di disoccupati quando abbiamo bisogno di lavoratori non li troviamo. C una deformazione culturale, che prima o poi va superata, che riguarda da una parte le famiglie che mantengono queste persone e dallaltra i sussidi alla disoccupazione. Noi spendiamo risorse per i disoccupati, sussidi e aiuti che invece dovrebbero essere destinati a lavoratori con pi disagi, alla salvaguardia delle nostre montagne. I disastri ambientali vengono dallalto, dalle montagne in stato di abbandono: ci si dovrebbe mettere qualcuno ad allevare capre e a fare manutenzione dei sentieri e della montagna stessa a 5000 o 6000 euro al mese; sicuramente ci sarebbero meno disastri (datl1).

Le osservazioni fatte dagli operatori di unassociazione, nella loro valenza generale, presentano infine un quadro riassuntivo delle criticit relative al lavoro irregolare degli immigrati:
pu capitare che uno vada a lavorare e non gli fanno il contratto oppure glielo fanno mezzo al nero e mezzo al bianco. () Il lavoro nero c; c in edilizia, in agricoltura... ora in agricoltura hanno fatto i vaucher quindi c un po meno. () La maggior parte di questi lavoratori al nero sono gente che non ha il permesso di soggiorno, quindi non si rivolgono nemmeno agli sportelli perch sanno che non possono avere un lavoro regolare. In edilizia e agricoltura c gente che prende uno

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o due immigrati regolari e poi la prossima volta che hanno bisogno non che vanno agli sportelli, chiedono a loro se hanno qualche amico che vuole lavorare. () In questi ultimi periodi di lavoro nero ce n di pi nelle case, per lassistenza familiare, badanti, perch non possono assumere una persona 24 ore su 24, ma poi basta vedere i bollettini che versano allInps... sono tutti a 25 ore settimanali (assoc1).

6.7. Osservazioni conclusive


Dopo aver presentato la questione del lavoro irregolare e sommerso, dapprima inquadrata nel contesto nazionale, quindi inserita nellambito locale della provincia di Pisa, possibile individuare alcuni spunti di riflessione. Un primo dato generale. Il problema del lavoro nero pi diffuso nel mezzogiorno: secondo i dati Istat, man mano che si scende lungo la penisola lincidenza del fenomeno in questione si fa via via pi pesante. E se al centro-nord chi lavora in nero lo fa in genere per accrescere il livello del proprio reddito, oppure per la mancanza del permesso di soggiorno nel caso degli immigrati, al sud sembra prevalere un sommerso per necessit per cui limmersione diviene un fattore necessario a garantire la sopravvivenza delle imprese sul mercato (Censis, 2003, 85). A questa condizione di marginalit si accompagna, nei contesti pi arretrati, una sorta di deriva patologica che rende lirregolarit e il sommerso condizione normale e comunemente accettata, struttura portante dellintero tessuto imprenditoriale. Guardando nello specifico della provincia di Pisa, i dati mostrano che sul territorio non sono presenti particolari criticit, tanto in relazione al resto della regione Toscana che al centro-Italia, ponendosi al di sotto della media nazionale e in linea con quella della macro-area. Dal punto di vista delle attivit produttive i settori pi colpiti sono anche quelli in cui maggiore lincidenza di occupazione di manodopera straniera: agricoltura, edilizia, cura/badanti ed attivit commerciali. importante sottolineare, per, che anche in questi settori, almeno a livello locale, non particolarmente diffuso tanto il lavoro nero in senso proprio (il nero totale), quanto piuttosto quello irregolare in unaccezione pi ampia, il nero parziale ovvero il lavoro grigio, come lomessa dichiarazione di una parte del lavoro effettivamente svolto, o la violazione di altri obblighi normativi. Questa situazione, che vede un aumento delle irregolarit complessivamente riscontrate pur nella costanza se non nella riduzione del nero totale, stata posta in diretta relazione con la normativa che negli ultimi anni ha moltiplicato le tipologie contrattuali, finendo con lagevolare distorsioni e meccanismi non corretti di applicazione delle stesse. Oltre alla possibilit di concludere contratti che consentono allimpresa di risparmiare, a scoraggiare linstaurazione di rapporti di lavoro totalmente al nero hanno contribuito anche da una parte linasprimento delle sanzioni,

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dallaltra lavvio di vertenze sindacali da parte dei lavoratori al termine del loro rapporto di lavoro. Questa coincidenza di circostanze ha spinto i protagonisti delleconomia irregolare a giocare sui vantaggi ricavabili da singole irregolarit, in grado comunque di far risparmiare o guadagnare qualcosa di pi, cercando al contempo di contenere il ricorso al nero totale, ritenuto in molti casi poco conveniente rispetto ai rischi che si corrono, specie nel caso accidentale e molto temuto di un infortunio. Non raro, specie per la manodopera straniera, che dopo lassunzione regolare di una o pi persone, in seguito alloccorrenza si ricorra alla cerchia di amici/conoscenti dei dipendenti per forme di lavoro nero limitate nel tempo, con relazioni contrattuali cementate dalla fiducia creata nei precedenti contatti. Un secondo dato, valido per tutti i livelli territoriali, la tendenza di lavoratore e datore di lavoro ad accordarsi sul numero di ore o di giornate di lavoro da dichiarare. La possibilit di risparmiare qualcosa da parte datoriale e di guadagnare in termini netti un salario pi alto da parte del lavoratore ha creato condizioni per cui, specialmente per certi tipi di impiego (avventizi in agricoltura, badanti, ma anche nella forma del part-time in edilizia) lesistenza di un comune interesse tra le parti conduce a forme consensuali di evasione contributiva e fiscale, seppur parziale. Un costo che alla fine ricade sulla collettivit, un costo al quale devono aggiungersi anche gli eventuali sussidi al reddito di cui il lavoratore parzialmente al nero talora beneficia. A favorire la diffusione dellirregolarit nel rapporto di lavoro sia fattori di carattere ambientale (crescente presenza di immigrati, crisi economica che spinge chi ha perso il lavoro ad arrangiarsi in altro modo e chi il lavoro ancora ce lha ma lo percepisce come a rischio a tutelarsi attraverso una seconda attivit lavorativa in nero), sia di natura specifica per quanto riguarda i singoli settori produttivi. In particolare ad accomunare i casi di lavoro nero nei tre settori studiati (agricoltura, edilizia, badanti) la scarsa specializzazione delle mansioni richieste, almeno al momento dellassunzione. Un dato interessante emerso durante le interviste per qual che concerne il territorio pisano dato da una tendenziale riduzione del nero totale a fronte di un incremento del nero parziale o del grigio. In agricoltura due fattori in particolare hanno spinto in tale direzione: la quasi scomparsa di coltivazioni che richiedono ampio impiego di manodopera per la raccolta (ortaggi) e lindirizzamento verso colture ad alto valore aggiunto (vite e olivi) da una parte, una contestuale meccanizzazione delle lavorazioni che ha ridotto ulteriormente la necessit di manodopera. Per quanto riguarda ledilizia gli snodi critici sono rappresentati dal sistema degli appalti e subappalti, che spesso si tira dietro situazioni al limite della legalit, talora fenomeni di caporalato vero e proprio,

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difficili da controllare, e dalla natura non stanziale dellattivit che rende particolarmente difficoltoso il controllo da parte degli organi ispettivi, specie nel caso dei piccoli cantieri di edilizia privata. Sembra, stando alle interviste, che anche per questo settore possa ritenersi in calo il nero totale, mentre percepito come molto pi diffuso lutilizzo ingiustificato del part-time (e quindi di un nero parziale), che consente allimprenditore di risparmiare vedendosi comunque tutelato nel caso di eventuale infortunio del lavoratore. Un fenomeno analogo in termini di orario si registra sia per le badanti, di norma assicurate per un monte ore settimanale pari a 24-25 ore anche nei casi di convivenza e di sostanziale assistenza continua dellanziano, che in agricoltura, dove si concretizza nella diffusione dei contratti avventizi e nella contestuale dichiarazione di un numero di giornate lavorate concordate tra le parti. In tutti i casi il fatto che alla base vi sia spesso un accordo tra datore di lavoro e lavoratore dettato da interesse comune di natura economica (che comporta per evasione fiscale e contributiva) rende particolarmente difficile la possibilit di debellare una pratica del genere. Stando ai dati emersi dalle interviste le motivazioni di fondo che spingerebbero rispettivamente datore di lavoro ad offrire e lavoratore ad accettare condizioni di lavoro irregolare sono da rintracciarsi per il primo in ragioni di carattere economico e burocratico (anche per brevi assunzioni la documentazione da produrre non poca), per il secondo soprattutto in uno stato di necessit e nella mancanza di alternative praticabili. Il nero per convenienza nei lavoratori sembra essere confinato al fenomeno degli straordinari fuori-busta, secondo lavoro e pensionati a parte. Un ultimo punto da sottolineare riguarda infine il sistema delle sanzioni. stato sottolineato come il loro inasprimento abbia scoraggiato almeno in una certa misura il ricorso al lavoro nero, non sortendo per grandi effetti sullapplicazione strumentale e distorta della nuova normativa lavoristica. Le sanzioni da sole servono a poco fondamentalmente per due motivi: incidono solo su chi si trova particolarmente esposto ai controlli; incutono scarsi timori, perch il numero degli ispettori troppo esiguo rispetto al numero di aziende presenti sul territorio, e dunque le probabilit di incorrervi sono comunque estremamente basse. Ci che sembra aver spinto verso una maggiore regolarizzazione delle posizioni sul territorio provinciale (pur nella persistenza di unampia casistica di grigio o di nero parziale) non il timore dei controlli bens la preoccupazione per le conseguenze dellinfortunio di un lavoratore privo di copertura assicurativa (soprattutto nel settore edile) nonch il rischio vertenza a seguito della cessazione del rapporto di lavoro in particolare per quanto riguarda le badanti (un timore fondato stando ai dati dellufficio vertenze della Cgil provinciale). Accanto al sistema ispettivo e sanzionatorio, comunque essenziale, neces-

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saria unopera di sensibilizzazione e di formazione continua per radicare tra gli operatori economici lidea che la regolarit pi raccomandabile e conveniente non solo sotto un profilo etico, ma anche economico tanto per il datore di lavoro che per il lavoratore. Si tratta di azioni che impegnano in primis le istituzioni locali, le associazioni di categoria, i sindacati. In tal senso da valutare positivamente la fitta rete di rapporti intessuta a livello provinciale sia sul versante istituzionale che associativo, con un ruolo quasi di cerniera tra le due dimensioni svolto dalle istituzioni locali ed in particolar modo dalla Provincia. Dallanalisi emerge come soggetti centrali della rete in entrata (soggetti cio delle richieste di intervento) siano gli organi ispettivi Inps, Inail e Dpl in particolare, ma anche lAsl si ritrova coinvolta mentre sono altri enti e nello specifico la Provincia a porsi in posizione di maggiore espansivit, di attrazione cio allinterno della rete di nuovi soggetti che ancora ne sono estranei. Accanto a questi sono poi i sindacati confederali e tra le associazioni di categoria soprattutto Confindustria a vedersi particolarmente coinvolti nella rete. Ad un successivo livello di analisi si vede come vi sia stata una sorta di divisione dei compiti tra gli attori che allinterno della provincia hanno assunto un ruolo di guida nella lotta al sommerso allinterno della provincia, con Provincia e Dpl in posizione speculare luna rispetto allaltra e lInps in funzione centrale di coordinamento e di rappresentanza. Risulta poi particolarmente prezioso il lavoro che le associazioni che trovano una struttura di riferimento nella Rete Welcome svolgono in maniera capillare sul territorio. Un ultimo aspetto da sottolineare, particolarmente interessante perch poco o nulla percepito, il nesso esistente tra lavoro irregolare e rischio usura: come emerge nel breve focus sul tema dellusura inserito nel capitolo, la non certificabilit del reddito di fatto taglia fuori lindividuo dal credito bancario e lo espone ad unaltra forma di credito disponibile, quello sommerso appunto, che rischia di farlo precipitare nella spirale dellusura. Lopera di sensibilizzazione e formazione continua di cui si auspicava la realizzazione pare quindi trovare terreno fertile nella provincia di Pisa. un dato importante perch senza questa consapevolezza e il conseguente impegno degli attori istituzionali e dei diversi stakeholders le politiche per lemersione del lavoro irregolare hanno scarse possibilit di successo. Gli interventi regolativi di prevenzione e di contrasto sono soltanto uno componente di una ricca cassetta degli attrezzi di policy, nella quale accanto ai controlli trovano spazio altri strumenti, ad esempio le agevolazioni per le imprese virtuose, i premi e gli incentivi per chi opera nella piena legalit, lavvio di processi di emulazione fondati sullindividuazione e ladozione di migliori pratiche. Nel prossimo capitolo sono esaminate pi in dettaglio tanto le proposte emerse nel dibattito

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pubblico che gli strumenti proposti dagli attori intervistati nellambito della nostra ricerca. Soltanto dalla sinergia tra gli attori istituzionali e associativi e dallelaborazione di politiche di formazione e di sensibilizzazione che si dispieghino sul territorio, in un orizzonte temporale di lungo periodo, possono scaturire risultati apprezzabili nella difficile azione di contrasto e prevenzione del lavoro irregolare.

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Capitolo 7

Criticit e proposte di intervento per la tutela della sicurezza e per lemersione del lavoro irregolare
7.1. Introduzione
Nei capitoli precedenti sono stati affrontati i temi della (in)sicurezza nei luoghi di lavoro e della (ir)regolarit dei rapporti contrattuali da pi punti di vista: definizioni concettuali, ricostruzione delle politiche e dei contenuti della regolazione, analisi quantitativa e qualitativa di case studies. Il quadro emerso finora dellItalia restituisce l'immagine di un paese impegnato, soprattutto a partire dagli anni novanta, nell'elaborazione di politiche e di strategie di lotta al lavoro nero e per emersione del sommerso da una parte, di definizione via via pi precisa e stringente della normativa in materia di sicurezza sul lavoro sostanzialmente in assenza (o quasi) di un approccio globale al problema, dall'altra. In altri termini se la lotta al sommerso potrebbe essere definita come una sorta di guerra, corredata da strategie ed interventi mirati,211 quella all'insicurezza sui luoghi di lavoro appare piuttosto come una battaglia quotidiana condotta solo con le armi, a volta spuntate, del dettato legislativo e dell'apparato ispettivo, cui possono accompagnarsi corsi di formazione non ancora presenti per in maniera strutturata sul territorio nazionale. Pur riconoscendo il fatto che gli incidenti e le morti sul lavoro hanno registrato nel corso degli anni un trend decrescente, il risultato resta ancora insufficiente e lo stillicidio di seri infortuni e morti bianche continua ad essere un dato intollerabile sotto il profilo morale, oltre che allarmante per i suoi costi sociali. D'altro canto, anche il lavoro nero (parziale o totale che sia) continua ad essere un serio problema nel sistema economico e produttivo italiano, seppure con caratteristiche diverse, pi preoccupanti nel meridione rispetto al resto del paese.
211 Il Ministero del lavoro nota che Il nostro paese negli ultimi 20 anni ha progressivamente intensificato le misure e gli interventi per combattere il fenomeno del lavoro irregolare. Tuttavia, solo di recente si assistito, parallelamente all'intensificarsi dell'attivit ispettiva, allo sviluppo di una logica preventiva con programmi ed interventi di semplificazione amministrativa e sostegno ai processi di emersione delle imprese ed, in ultimo, di sviluppo di politiche attive verso i lavoratori vittime del sommerso [Ministero del lavoro 2007, 13].

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Permangono quindi difficolt e disfunzionalit nell'uno come nell'altro caso. Obiettivo di questo capitolo di individuare da una parte quali sono le cose che non vanno, i problemi che nel contesto pisano sono stati indicati come prioritari; dall'altra quali azioni, politiche, iniziative positive siano state intraprese sul territorio, presentando infine una rassegna delle proposte pervenute durante le interviste. Si proceder, quindi, ad analizzare i suggerimenti di policy che gli stessi attori intervistati nella nostra ricerca propongono. In questa fase seguiremo un analogo tragitto esplicativo, descrivendo dunque prima le cose che non vanno, le cose fatte e le cose da fare per quanto riguarda la sicurezza nei luoghi di lavoro, e successivamente seguendo lo stesso schema per il lavoro irregolare. Alla fine dellanalisi territoriale passeremo in rassegna le esperienze pi significative che si sono realizzate in Italia negli ultimi anni nella lotta alle irregolarit nei luoghi di lavoro e proseguiremo nel penultimo paragrafo descrivendo le proposte, ancora da implementare, di cui si discusso in diverse realt territoriali. Seguiranno poi alcune osservazioni conclusive. Per comodit analitica i tipi di intervento e le criticit legate ai due fenomeni sono stati disposti in una tipologia con 5 categorie per le quali le criticit riscontrate, gli interventi realizzati e quelli auspicati hanno caratteristiche diverse. Le risposte ricevute dagli attori intervistati pu essere inclusa in una delle seguenti categorie: a) Caratteristiche della struttura economica-produttiva b) Aspetti legati ad elementi culturali c) Caratteristiche del contesto normativo d) Caratteristiche dei processi di formazione, prevenzione e informazione e) Caratteristiche dei meccanismi di controllo e repressione dei comportamenti illegali. Si tratta di una classificazione che si allontana dalla tripartizione presentata in alcuni precedenti studi sugli strumenti di intervento nelle politiche di emersione, che si limita a considerare (i) gli strumenti di incentivazione (la carota); (ii) gli strumenti di repressione (il bastone); gli strumenti di persuasione (il sermone).212 Vi sono tuttavia alcuni punti di contatto tra le due classificazioni. Le politiche basate su sermoni fanno spesso riferimento ad elementi culturali o a percorsi di informazione, prevenzione e informazione, quello che cambia solo il livello dell'intervento: per gli interventi di tipo culturale si tratta di un impegno di tipo ampio, generale e rivolto a tutta la popolazione, per quelli di tipo formativo, informativo o preventivo si tratta invece di azioni pi mirate, che vanno ad incidere solo sui lavoratori in quanto tali.
212 Si veda Stame (2004), che riprende la classificazione di Bemelmans-Videc, Rist e Vedung (1998).

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Infine il ricorso a strumenti basati sulla carota presente di solito nelle misure che cercano di incidere sulla struttura economico-produttiva. Le modifiche del contesto normativo, invece, possono associarsi indifferentemente allapproccio del bastone o della carota, a seconda dei contenuti delle corrispondenti disposizioni regolative. Questa ultima categoria stata introdotta perch dalle interviste degli attori risulta evidente, nella loro descrizione di criticit, esperienze passate o proposte normative, che l'ultima parola non spetta a loro e che i percorsi di formulazione di tali politiche vanno al di l delle loro capacit decisionali. Abbiamo allora inserito questa categoria che, al di l degli esiti concreti delle corrispondenti proposte (nuovi incentivi o strumenti repressivi), presuppone un policy-making pi articolato, nel quale gli attori intervistati e gli altri soggetti che riportano le esperienze significative o le proposte maturate a livello nazionale sono parte di un processo di apprendimento e di affinamento delle politiche, che pu servire da stimolo verso i livelli decisionali pi elevati, entro i quali le modifiche di tipo normativo possono essere deliberate.

7.2. Le criticit delle politiche sulla sicurezza nei luoghi di lavoro


a) Struttura economica-produttiva Nella prima categoria rientrano tutti quegli elementi che legano direttamente la mancata osservanza delle norme di sicurezza alla struttura economica del contesto pisano ed, in particolare, dei tre settori economici da noi analizzati pi in dettaglio: edilizia, agricoltura, servizi alla persona. Un sindacalista sottolinea come la struttura economica possa rendere pi difficile il lavoro del sindacato: per le piccole aziende e anche per gli artigiani non riusciamo a mettere insieme una realt provinciale(sind2). Gli fa eco un esponente di un altro sindacato il quale, riferendosi in particolare al tessuto aziendale agricolo pisano, sottolinea come il sistema dei Responsabili per la sicurezza (Rls) nel settore agricolo non funziona, almeno qui da noi, perch 1) le aziende sono piccole e gli Rls dovrebbero funzionare sul territorio e non a livello aziendale 2) e perch difficile che un lavoratore si presti a fare questo tipo di controllo, perch dovrebbe controllare e lavorare al tempo stesso. Di fatto succede che il datore di lavoro a nominare formalmente l'addetto alla sicurezza, ma di fatto non esiste (sind5). Nel settore edile una delle minacce pi preoccupanti per il rispetto delle norme sulla sicurezza rappresentata dal sistema degli appalti che si scompongono (o meglio, decompongono) in una miriade di subappalti nei quali diventa praticamente impossibile controllare e garantire il rispetto delle norme in materia. Il responsabile della Cassa edile pisana, ente paritetico nel quale siedono imprenditori e sindacati pi rappresentativi del settore, si espresso in tal

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senso, evidenziando come la criticit della struttura economica sia influenzata anche dalle scelte effettuate dagli enti locali in fase di assegnazione degli appalti. Nell'edilizia si privilegia quasi esclusivamente, che lo si dica o no, l'aspetto economico, si guarda al prezzo, che poi un'illusione perch poi ci si ritrovano problemi sia nell'esecuzione dell'opera che poi anche nella sicurezza. Inoltre un problema come l'ente, lo stato e attraverso lo stato gli altri enti preposti (le Asl stesse, le regioni, i comuni, etc.) aggiudicano gli appalti cio con il criterio del massimo ribasso (asscat1). Da questi interventi emerge anche il legame tra piccola impresa, ossia contesto produttivo caratterizzato da aziende di piccola dimensione, e mancata osservanza delle normative sulla sicurezza. I problemi che derivano dalla rete di subappalti che soprattutto la realizzazione di opere di un certo peso si porta dietro possono arrivare a comprendere il fenomeno del caporalato, presente anche a Pisa, seppur verosimilmente con dimensioni contenute rispetto ad altre zone del paese. Una preoccupazione in tal senso stata espressa da uno dei sindacalisti intervistati, in particolare con riferimento al porto e tutte le nuove opere a Marina e la riqualificazione dellarea dellospedale Santa Chiara dove si deve giocare d'anticipo perch dove ci sono grandi opere c' anche un po' di malavita, che raccatta le persone la mattina e le porta a lavorare (sind3). Un rappresentante degli imprenditori osserva che tanta parte di questa normativa [sulla sicurezza] funzionale ad altre cose (far lavorare studi tecnici, fare corsi, etc.): di una parte c necessit, ma in parte superflua (asscat4). Ovviamente questa criticit sembra legata pi al sistema normativo che insiste sulla sicurezza del lavoro che alla struttura economica del contesto pisano, ma interessante notare come la presenza di questa normativa e dei controlli e delle certificazioni ad essa legati abbia creato e continui a foraggiare degli interessi economici che traggono beneficio da questo sistema di controlli. Un ulteriore rilievo stato avanzato da un sindacalista, il quale ha cercato di dimostrare che il costo economico di un infortunio per unimpresa spesso molto basso e quindi accettabile e preventivabile come costo di produzione eventuale: ci sono anche costi e insoddisfazioni: lInail ha liquidato con 1500 euro un lavoratore morto perch non era padre di famiglia, ma magari chiss aveva una sorella, una madre da mantenere (sind4). Nonostante il tono un po' provocatorio, il problema di questo tipo reale. Si pensi infatti alle aziende di piccole dimensioni, poco o per nulla strutturate, che solo risparmiando sulla sicurezza ricavano quei margini minimi di profitto che consentono loro di restare sul mercato. Di norma la grande azienda non fa profitti su questo, purtroppo con alcune eccezioni: se alla Thyssen di Torino, nella fabbrica gi in dismissione, gli estintori fossero stati funzionanti durante il tragico rogo del dicembre 2007 forse qualche vita umana avrebbe potuto essere salvata.

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b) Elementi culturali Anche queste criticit non sono legate agli strumenti di intervento, bens al processo produttivo (cos come quelle rilevate precedentemente) ed in particolare alla forza lavoro, che caratterizzata da una diversit di approcci, valori e credenze su questo problema, che ne riflettono le differenze culturali presenti in contesti sociali, territoriali e organizzativi diversi.213 In particolare, come gi emerso nel capitolo cinque, lelemento culturale diventa determinante per la sicurezza quando i lavoratori sono immigrati: se agli stranieri fai formazione in italiano non si riesce ad incidere. (contr1). Questo confermato anche dal rappresentante di una associazione che, insistendo ancora sui corsi di formazione, li ritiene molto difficili da organizzare perch anche se [gli enti pubblici] ti finanziano, non facile mettere insieme qualche immigrato perch di solito loro non hanno tempo per andare a fare questi corsi (assoc1). La mancanza di tempo, naturalmente, oltre che dipendente dal carico di impegni lavorativi e familiari pu essere il segnale di uno scarso interesse nei confronti di questo tema, espressione dei modelli culturali di riferimento. c) Contesto normativo Guardando al quadro legislativo, le criticit elencate dai soggetti intervistati riguardano spesso leccessiva mole di norme e cavilli che rendono molto dispendioso, difficile e poco efficace il rispetto della norma: la formazione per la sicurezza rappresenta spesso un ulteriore onere per il datore di lavoro, soprattutto in termini di tempo. Continuando indica che ci sono effettivamente dei costi [...] per cui non basta mettere dei vincoli... sono persone sovraccaricate. Si pu comprare il piano di sicurezza per 1000 euro e uno si sistema, ma nella sostanza non cambia niente (ist1). Una critica simile proviene da un rappresentante delle istituzioni locali che afferma che non sanzionando e guardando le carte, come fa anche lAsl, che si risolve il problema della sicurezza: dovrebbero andare a vedere come stato organizzato il cantiere e se poi manca un timbro in un foglio pace; guardano troppo le carte e poco la sostanza; ci sono norme che intrappolano e basta, non si fa altro che fare carte (ist3). C' infine chi fa notare come invece la normativa sia troppo lassista per il settore di sua competenza in quanto: basta iscriversi
213 In termini generali si possono distinguere tre dimensioni connesse alla cultura della sicurezza sui luoghi di lavoro: la dimensione cognitiva, che determina aspetti conoscitivi e formativi di base relativi a questo tema; la dimensione sociale, attraverso la quale tali credenze sono filtrate dallinfluenza dei gruppi nei quali gli individui sono socializzati, dalle loro rappresentazioni della realt e percezioni di rischio; la dimensione pragmatica, che fa riferimento alla definizione e condivisione di azioni e comportamenti, individuali e collettivi, funzionali alla diffusione della sicurezza (De Cesare Virdia Fioravanti 2007, 68-9).

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alla Camera di commercio e chiunque pu fare questo mestiere (costruttore), e mi sembra un po' troppo. (asscat1). interessante notare come lindividuazione di criticit legate alla normativa non provenga dal mondo sindacale, ma unicamente da quello imprenditoriale e degli enti istituzionali. d) Formazione Prevenzione Anche gli aspetti preventivi-formativi rivestono un ruolo importante nel policy network finalizzato alla promozione della sicurezza sul lavoro. Accanto alle difficolt specifiche per gli stranieri, si aggiunga la considerazione che i corsi di formazione sulla sicurezza ci che veramente manca e inoltre che se non c un bel finanziamento, veramente buono, dove dai anche un gettone di presenza o un rimborso spese non vedi nessuno, perch tanto loro [i lavoratori] sanno che li prendono lo stesso a lavorare anche se non hanno un attestato di questo tipo. (assoc1). Esiste poi potenzialmente anche un problema legato alla strutturazione dei corsi in quanto spesso i corsi vengono fatti di pomeriggio quando il lavoratore stanco e poco attento (lav1). e) Controlli e repressione Per finire una serie di critiche, a volte di segno opposto, riguardano la funzionalit dei controlli di repressione e dei rapporti tra gli enti preposti a questi controlli. Un sindacalista indica infatti che esiste un protocollo con la Provincia di Pisa; ma che, quando abbiamo tentato di firmare lo stesso con i comuni della provincia [...], abbiamo avuto difficolt. Quando il pubblico non si adegua, figuriamoci il privato, che pi attento al profitto....(sind2). E continuando: poi c' anche il problema della repressione. Gli ispettori sono un po' pochini. [...] L'aspetto repressivo fa poca paura, e sullo stesso registro sono anche altri attori: ci sono pochi ispettori (sind6); Siamo pochi, le ditte sono tantissime (contr1); abbiamo solo un centinaio di ispettori per 29.000 aziende del territorio provinciale (contr2). Di altro avviso alcuni rappresentanti di associazioni: Non si pu affidare tutto alla repressione (asscat1); Il problema che c tanta burocrazia, ma poi c un limitato effetto sulleffettiva tutela della salute del dipendente. (asscat4).

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tab.7.1. Criticit individuate dagli attori


Tipo di Criticit: Tipo di Attore: Struttura Economica-Produttiva 1 1 4 1 1 Elementi Culturali Contesto Normativo 2 1 1 Formazione Prevenzione 1 2 1 2 Controlli e Repressione

Attori istituzionali Enti di Controllo Ass. Categoria Imprenditori Sindacati Associazioni

Nota: gli interventi dei vertici della Cassa edile sono inseriti a seconda della categoria di appartenenza (imprenditoriale o sindacale). Gli interventi dei singoli datori di lavoro e dei lavoratori (essendo privi di valore statistico) non sono contabilizzati nella tabella.

Ricapitolando, come mostra la tabella 7.1, i sindacati sembrano evidenziare soprattutto criticit legate ai controlli e alla struttura economico-produttiva. Gli enti di controllo si concentrano sugli elementi culturali, il contesto normativo e i controlli, mentre tralasciano la struttura economico-produttiva. Le associazioni di categoria hanno una visione simile a quella dei sindacati nellindividuare gli aspetti critici, ma si soffermano anche sul contesto normativo. E lambito normativo rimane anche per le istituzioni lelemento principale di attenzione seguito dalla struttura economica-produttiva.214

7.3. Le esperienze passate per la tutela della sicurezza nei luoghi di lavoro
Passiamo adesso in rassegna i tentativi di soluzioni di queste criticit che gli attori intervistati hanno visto realizzare o realizzato direttamente. Cercher di inquadrare gli esempi sulle cose fatte utilizzando la stessa classificazione utilizzata nel paragrafo precedente. a) Struttura economico-produttiva Per quanto riguarda le esperienze che hanno cercato di modificare il contesto produttivo non abbiamo molti casi. Un esempio positivo dato dal fatto che in passato Ci sono stati anche finanziamenti alle aziende per migliorare il proprio apparato tecnologico, buttar via le macchine vecchie e rischiose e comprare nuove macchine con maggiori sicurezze, che sono certificate Cee. (contr2).
214 Nessun osservatore privilegiato, neanche le lavoratrici da noi intervistate, si soffermato sul delineare una specificit per i rischi della sicurezza legati al lavoro domestico.

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stato questo un tentativo che mirava chiaramente a modificare gli impianti produttivi rendendoli pi sicuri per i lavoratori. Un altro esempio ci fornito da un esercente macchine agricole che riporta come nel comune dove abito io (San Giuliano) in accordo con le nostre associazioni (Aema, Confagricoltura, Coldiretti) stato fatto un regolamento specifico proprio per i trattamenti [datl2]. Il riferimento ai trattamenti antiparassitari in agricoltura che, se non utilizzati con tutte le cautele del caso, rischiano di recare danno sia a chi li sta spargendo sia all'ambiente circostante. Lo stesso intervistato fa notare che
L'operatore in cabina con tutta una serie di filtri, i prodotti non vengono toccati dall'operatore, c' un miscelatore, c' una riserva d'acqua potabile e non potabile, una manica d'aria per cui in caso di vento non esiste deriva...insomma tutti gli accorgimenti possibili e questo purtroppo diverse aziende non ce l'hanno. Lavoriamo al massimo con 2 atmosfere, con un getto d'aria che il prodotto rimane a terra e non deriva (datl2).

Lo stesso problema stato indicato da un esponente sindacale il quale, parlando del tema della sicurezza in agricoltura, ha posto l'accento in maniera forte sullutilizzo di anti-crittogamici e mancato utilizzo contestuale degli scafandri protettivi (sind5). b) Elementi culturali Interventi di carattere culturale, come vedremo pi avanti, entrano in gioco non soltanto per quanto riguarda i lavoratori, ma anche rispetto agli studenti e al pubblico. Solo un intervistato indica un intervento formativo di tipo culturale in concreto posto in essere: Questo servizio mira ad insegnare all'immigrato [il concetto] di sicurezza sul lavoro... per l'immigrato [si tratta] proprio di insegnare oltre che informare (ist4). Da come viene descritto infatti lintervento formativo nei confronti degli immigrati sembra pi finalizzato a veicolare il concetto di sicurezza, piuttosto che altre nozioni pi approfondite o specifiche. c) Contesto normativo Dal punto di vista del contesto normativo i successi segnalati riguardano sia il livello nazionale che quello locale. Per il livello nazionale i sindacalisti (sind3 e sind4 in particolare) condividono una valutazione positiva del testo unico sulla sicurezza predisposto nei primi mesi del 2008 dallallora governo Prodi (Bisogna mantenere e far rispettare il testo unico (sind4)). Un aspetto di carattere generale segnalato come ad oggi sia migliorato il sistema delle Soa (Societ organismi di attestazione) (contr5). A livello locale

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invece alcuni attori rimarcano il ruolo dei protocolli che vengono firmati tra istituzioni, enti di controllo, sindacati e associazioni di categoria: Con lassessore Santoni (lavori pubblici) c' un Protocollo sugli Appalti [ist5], Sulledilizia abbiamo un protocollo con la Provincia di Pisa (sind2). Altro aspetto interessante quello legato al livello europeo:
voglio sottolineare il discorso della condizionalit dei fondi europei. Le aziende agricole sono soggette ad un sistema di premi che vengono erogati dalla Comunit Europea che prima erano legati alla produzione agricola, quindi pi producevi pi il premio era elevato. Adesso stato fatto un disaccoppiamento: l'azienda percepisce un premio fisso, che pu leggermente variare per alcuni tipi di produzione, e viene erogato dalla CE se l'azienda si impegna a fare alcune cose che riguardano in genere la sicurezza alimentare, la sicurezza sui luoghi di lavoro e la tutela ambientale. Quindi per poter ottenere questi premi in maniera piena l'azienda deve ottemperare ad alcune normative (asscat2).

d) Formazione - Prevenzione La categoria nella quale rientrano il maggior numero di esempi di cose fatte in passato riguarda il settore della formazione, della informazione e della prevenzione. I rappresentanti della Cassa edile ricordano la prossima nascita del Cpt (Comitato paritetico territoriale) che servir per fare informazione e formazione e che non va confuso con il ruolo degli ispettori... [servir per gli] scambi di informazioni perch il cantiere sia ancor pi in sicurezza. [asscat1]. Con questo nuovo organismo si crea un elemento intermedio tra la scuola edile e lorgano ispettivo: il Cpt sta nel mezzo: va non per sanzionare ma nell'ottica della prevenzione e dell'assistenza... si collega all'operativit effettiva [asscat1]. Si ricorda, inoltre, il ruolo positivo di Regione e Provincia: la Regione Toscana ha prodotto materiale interessante per la sicurezza e questo materiale viene consegnato alle aziende mentre la Provincia ha provveduto alla creazione dello sportello sicurezza (ist1). Lo stesso Responsabile dei Centri per limpiego della Provincia di Pisa, ricorda lo sportello aperto con l'Asl all'interno del Cpi per la sicurezza sui luoghi di lavoro dove sono previsti anche altri servizi aggiuntivi che il Cpi di Pisa ha predisposto (ist4). A questi si affianca il lavoro degli altri enti attivi sul territorio: lInail ha finanziato corsi di formazione con varie aziende per formare i lavoratori e poi ci sono le Camere di commercio, la Regione, la Provincia che continuano a fare corsi, quindi si sta allargando la consapevolezza della propria sicurezza (contr2). Lallargamento generalizzato dellattenzione sul fronte della prevenzione sembra confermato anche dal forte investimento realizzato nella formazione dei lavo-

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ratori (contr5) e dalla presenza di progetti con Comune, Provincia e Asl: il che permette di avere uno sportello alla Provincia - Informare Comunicando - dove si fa informazione sulla disabilit e c' un nostro borsista (contr6). La Provincia di Pisa viene poi ricordata sia perch istituzione centrale nella formazione dei lavoratori, sia per l'esistenza di un Protocollo con la Provincia di Pisa, per cui abbiamo detto: la formazione in azienda la facciamo noi, la formazione fuori dall'azienda la fanno i Centri per l'impiego che devono fornire una formazione di base, cos quando un lavoratore entra in azienda sappiamo che un minimo di nozioni sulla sicurezza ce l'ha (asscat5). Pi puntuale lintervento preventivo (piuttosto che di formazione) che la Confindustria ha attuato insieme alla scuola e la Cassa edile: Due anni fa abbiamo deciso di rivedere il sistema degli strumenti protettivi in accordo con i sindacati, studiandoli con le aziende che li producono; ci costato il doppio, ma stato un buon investimento, perch materiali pi leggeri e che non danno fastidio mentre si lavora vengono indossati di pi e pi volentieri. Un intervento similmente concentrato sugli indumenti protettivi dei lavoratori segnalato dal direttore della Dpl che sottolinea lormai avvenuto passaggio allapplicazione di una nuova politica nella individuazione degli indumenti antinfortunistici, basata sul criterio della portabilit (contr5). Da non dimenticare, infine, la formazione del progetto regionale che la rete degli Rsl ed ha coinvolto tutte le Usl della Toscana (contr1). Come prevedibile lattore che ha elencato il maggior numero di interventi attuati nel settore della formazione uno di quelli deputati istituzionalmente ad affrontare il tema della formazione, cio l'assessorato al lavoro. Viene sottolineata sia la collaborazione con lAsl (Sono poi fornite una serie di informazioni attraverso gli sportelli al Cpi - abbiamo una convenzione con la Asl - ai lavoratori. [...] Funziona soprattutto con apprendisti e tirocinanti da una parte, con gli extra-comunitari dall'altra), sia il modo con il quale vengono utilizzate le risorse finanziarie recuperate: Con i fondi sociali e nazionali finanziamo la formazione alla sicurezza alle imprese. Come Provincia abbiamo due settori: a) la formazione alle imprese e sensibilizzazione ai lavoratori b) il progetto per Ilo con le scuole che nasce su diritti dei minori e lavoro minorile (ist5). e) Controlli Repressione Labbondanza di esperienze riscontrate nel settore della formazione e della prevenzione contrasta in maniera evidente con la mancanza di modifiche rilevanti o con lassenza di nuove prospettive sul piano dei controlli. Di fatto vi un unico attore che riporta qualche cambiamento, indicando come L'Asl 5 di Pisa e le Asl dell'area vasta stanno facendo un lavoro di sensibilizzazione delle

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aziende. [...] l'idea di mandare questi tecnici che formano le Asl, far vedere a loro cosa non va nelle aziende in maniera tale da consentire all'azienda di mettersi a norma piano piano. stata un'ottima iniziativa (asscat2).
tab.7.2. Esperienze e interventi segnalati dagli attori in relazione al tipo di criticit
Tipo di Criticit: Tipo di Attore: Struttura EconomicaProduttiva 1 Elementi Culturali 1 1 Contesto Normativo 1 1 1 3 FormazionePrevenzione 6 4 2 1 Controlli e Repressione 1 -

Attori istituzionali Enti di Controllo Ass. Categoria Imprenditori Sindacati Associazioni

Nota: gli interventi dei vertici della Cassa edile sono inseriti a seconda della categoria di appartenenza (imprenditoriale o sindacale). Gli interventi dei singoli datori di lavoro e dei lavoratori (essendo privi di valore statistico) non sono contabilizzati nella tabella.

Per concludere, come ci aiuta a capire la tabella 7.2, la maggior parte degli interventi attuati nel settore della sicurezza hanno aspetti legati alla formazione e alla prevenzione. Questo vale soprattutto per le istituzioni e gli enti di controllo, mentre i sindacati hanno ritenuto importanti soprattutto le modifiche di carattere normativo.

7.4. Gli interventi auspicabili: le proposte degli attori per migliorare la sicurezza nei luoghi di lavoro nella provincia di Pisa
Ci concentriamo adesso sulle implicazioni prescrittive delle nostra indagine: cosa si dovrebbe fare per migliorare le politiche di contrasto allinsicurezza sul lavoro, con particolare riferimento allarea e ai settori esaminati pi in dettaglio? Ancora una volta le soluzioni proposte vengono suddivise secondo le categorie da noi utilizzate. a) Struttura economico-produttiva Quelli che mirano a modificare o influenzare la struttura economica sono interventi misti, spesso volti ad introdurre cambiamenti dal punto di vista normativo con ricadute importanti sul piano economico. Ho inserito in questa categoria gli interventi che, apparentemente marginali dal punto di vista legislativo, avrebbero ricadute rilevanti sul piano della struttura economica nel contesto pisano.

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La prima proposta quella che pi di ogni altro denota una visione generale del problema: bisogna contrastare il fenomeno del precariato, che diverso dalla flessibilit (contr2). Alcuni attori suggeriscono di incentivare economicamente le imprese che innovano: mettere alcuni finanziamenti specifici per consentire alle piccole realt di mettersi a norma; qui si parla per lo pi di mettere a norma il parco macchine ed i trattori in genere hanno costi abbastanza elevati (asscat2). Altri vorrebbero facilitare lacquisizione di strumenti anti-infortunistici (sind5), altri ancora incentivare e premiare quelle strutture che hanno le carte in regola, prima di tutto dal punto di vista effettivo, organizzativo e poi anche dal punto di vista economico (asscat1). Meno tenero con il mondo imprenditoriale un sindacalista che invoca direttamente una diversa cultura del mondo imprenditoriale, e invita a non pensare solo a ridurre i costi, ma lavorare in qualit perch lunico modo per competere con la globalizzazione215(sind3). Lo stesso legame tra innovazione, qualit dei processi produttivi e miglioramento della sicurezza torna in un'altra intervista: nei percorsi di formazione, dove noi abbiamo investito molto, ti accorgi che se entri in azienda e ragioni del processo di lavoro, anche con esperti, e fai vedere che modificando un processo acquisti anche in sicurezza allora si entra in unaltra logica, per siamo agli inizi (ist5). Diverso il tono di un'altra proposta che di fatto porterebbe alla la privatizzazione dei controlli della sicurezza. Il ragionamento si fonda sul fatto che attualmente i controlli non sono efficaci in quanto gli ispettori sono poco numerosi, ma stipulando delle assicurazioni private (tipo quelle per lauto, con sistema di premi che salgono/scendono a seconda del comportamento dellimpresa) poi dovrebbero essere le assicurazioni stesse a controllare che [i lavoratori e le imprese] lavorino in sicurezza. la stessa rappresentante istituzionale, per, durante la sua intervista a considerare come probabilmente irrealizzabile questa soluzione (ist3). Per finire un sindacalista suggerisce listituzione di un fondo che garantisca le persone che hanno grossi problemi di lavoro, che hanno subito incidenti e sono magari rimaste invalide permanenti come elemento che non modificherebbe un gran che la struttura produttiva ma che comunque darebbe un supporto economico ed una sicurezza aggiuntiva ai lavoratori (sind4).

215 Seppur venga utilizzata la parola cultura questa proposta di intervento, se implementata, andrebbe evidentemente ad intaccare la struttura economica del processo produttivo e come tale stata considerata.

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b) Elementi culturali Quando si parla di deficit culturale sembra quasi scontato invocare o proporre misure che chiamano in causa lorgano istituzionalmente deputato accanto alla famiglia alla formazione culturale dei cittadini, cio la scuola. stato detto chiaramente che bisogna agire con le giovani generazioni con uneducazione civica vera, dove la questione dei diritti, della sicurezza, della cultura del lavoro venga rimessa al centro di uneducazione che non c. Questo sarebbe previsto nel d.lgs.81 e nellipotesi Damiano, ma adesso non si sa cosa il ministro Sacconi manterr di questa impostazione (ist5). Non molto diverse sono le considerazioni di una delle associazioni di categoria che ha insistito sul fatto che bisogna partire dai giovani creando la cultura del lavoro sicuro, costringendo [i giovani] a frequentare obbligatoriamente dei corsi di breve durata anche come modo per socializzare e condividere con i loro colleghi le difficolt del lavoro e le eventuali soluzioni che si possono trovare (asscat3). E ancora: occorre iniziare nelle scuole, dalle elementari in su (contr6). Tra i sindacalisti largamente predominante linquadramento della sicurezza come fenomeno culturale, mentre laccento viene posto sul ruolo della scuola come strumento per risolvere il problema. Alcuni si soffermano sullintroduzione di una materia specifica di insegnamento direttamente nelle scuole: Si deve intervenire attraverso una cultura della sicurezza che in Italia manca; nelle scuole superiori, ormai la legge prevede anche questo; in attesa che la scuola inizi a farla diventare materia scolastica, occorre pensare e sollevare il problema, fare una borsa di studio, ad esempio, per le quinte superiori [...], a questi, facciamoli partecipare, apriamo un dibattito allinterno della scuola. un problema culturale (sind2); la sicurezza, in generale, andrebbe insegnata fin da piccoli come educazione civica: sicurezza di come si sta in casa, sulla strada, sul lavoro (sind6). Anche un altro sindacalista auspica un intervento educativo mirato sulla sicurezza gi a partire dalle scuole primarie (sind3). La stessa necessit avvertita dai lavoratori: La prima cosa da fare entrare nelle scuole. Subito! Poi diventa una cosa automatica. Bisogna riconoscere che sta migliorando tanto, ma per adesso siamo sempre l... Ad oggi ci sono ancora tre morti al giorno in Italia (lav7). Tra i sindacalisti non mancano per anche critiche alle loro stesse organizzazioni e al ruolo svolto durante le trattative contrattuali. Cos c' chi afferma che bisogna coinvolgere di pi la gente, ma [durante le trattative e in generale] non si deve discutere solo di costo del lavoro e della retribuzione ma anche della sicurezza (sind2). Queste critiche vengono spiegate pi compiutamente quando si sostiene che il tema della sicurezza deve ritrovare nel sindacato, compresa la

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mia organizzazione, una sua centralit. Certamente giusto rivendicare nei luoghi di lavoro maggiore salario, ma prima di tutto si dovrebbe mettere il lavorare in condizione di sicurezza. E questo un elemento, anche di riflessione su cui qualche critica mi sento di farla (sind3). Meno legate a soluzioni concrete e quindi pi simili ad auspici ideali, ma comunque riconducibili ad elementi di natura culturale sono altre proposte, come quella di creare le regole affinch anche la sicurezza sia una cosa naturale, non forzarla (asscat1). Un imprenditore agricolo dichiara che le macchine sono gi in sicurezza; lunica cosa da fare quella di non alterare i dispositivi di sicurezza che hanno (datl2); e ancora Ci vorrebbe coscienza e collaborazione fra i lavoratori, poi il resto vien da s. Collaborazione? Ad esempio, se si rompe una protezione o se c una protezione fuori posto non dice niente nessuno; finch non me ne accorgo qualcuno potrebbe farsi male (datl1). Come sintetizza un lavoratore: Bisognerebbe rendere pi cosciente il singolo individuo. difficile intervenire con successo su questo fronte (lav6). c) Contesto normativo Parlando del contesto normativo e delle proposte legate a questo ambito partiamo da alcuni suggerimenti di carattere generale, che vanno ad intaccare il livello globale della sicurezza sul lavoro. Come osserva un sindacalista: siccome anche le imprese si misurano in un sistema globalizzato, non si deve solo globalizzare il mercato, ma si devono globalizzare i diritti (sind3). Si tratta di considerazioni giuste e che poggiano sull'idea che Fintanto che in Cina, o in un altro paese, si lavora in condizioni disumane, dove non ci sono le libert sindacali, difficile anche pensare di avere una centralit del tema della sicurezza (sind3). L'azienda che lavora in Italia e che produce uno stesso bene prodotto anche nel contesto non sindacalizzato (maglie o scarpe, ad esempio) non ha modo di competere sul costo di produzione perch, anche a parit di costo di materie prima (e non assolutamente detto che sia cos), la manodopera gli costa infinitamente di pi, ma anche il fattore sul quale pu premere maggiormente. E in condizioni di crisi e di scarsit di posti di lavoro sempre pi facile trovare lavoratori disponibili a questa sorta di gioco al ribasso. Pi precisa la proposta di un amministratore locale, secondo il quale la sicurezza si risolve incentivando o penalizzando le imprese: dopo una, due o tre volte che ti becco che non rispetti le norme di sicurezza te non lavori pi! (ist3). Sulla stessa falsariga che lega rispetto delle normativa sulla sicurezza e possibilit di partecipare a bandi pubblici sono i suggerimenti di un rappresentante dellassociazione datoriale:

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si potrebbe fare un salto di qualit con un ragionamento che sta sopra, con un sistema di regole, di rispetto delle regole e con una premialit per chi quelle regole le ha gi inglobate, consapevolizzate anche come mentalit; a quel punto la sicurezza la conseguenza. Ovviamente poi pu sempre capitare l'infortunio [ma a questo punto] per caso. [...] Le regole devono avere delle premialit e dei riferimenti, dei parametri [...]. Basterebbero due o tre elementi: congruit contributiva, attrezzatura posseduta, numero di incidenti (asscat1).

Altri attori auspicano lintroduzione di un nuovo regolamento di controllo per la sicurezza, una specie di Durc per regolarit: trovare qualche cosa di analogo anche per la sicurezza sul lavoro sarebbe opportuno, anche se l'azienda che fa qualit, che regolare [...] facile che faccia anche qualit in termini di sicurezza dei propri dipendenti. (contr2). A cavallo tra la valutazione positiva di cose gi fatte e un ruolo comunque attivo chi sostiene che occorre impegnarsi per evitare di smantellare leggi buone, [bisogna] applicare le regole (sind6). C poi la proposta della strada della deregolazione, riassunta in una parola dordine: Semplificare (asscat4). C poi una serie di proposte pi specifiche e legate a precisi settori lavorativi. questo il caso di un sindacalista che vorrebbe introdurre per ledilizia, [la possibilit di] apertura del cantiere previa certificazione e per gli appalti [lobbligo di indicare la] disponibilit economica preventiva da spendere per la sicurezza(sind4). Concentrandosi sullagricoltura, alcuni attori hanno ribadito la necessit di Bandire anche di fatto (non solo di diritto) i trattori che non hanno strumenti anti-infortunistici (sind5) e di riservare luso dei mezzi agricoli a tutti coloro che dimostrino di essere in grado di usare un mezzo cos potente che pu rivelarsi pericoloso se usato impropriamente sia su strada che nel campo (asscat3). d) Formazione Prevenzione Alcuni degli interventi suggeriti sul piano della formazione sono di carattere generale come, ad esempio, quello di Sensibilizzare e informare i datori di lavoro e i lavoratori (contr5), oppure se si fanno corsi le informazioni devono essere mirate (contr6). Pi approfondita la proposta che, pur non specificando dettagliatamente, suggerisce di legare insieme la prevenzione e la formazione con un sistema premiante per le imprese cercando di far capire che produrre di qualit e produrre sicurezza un vantaggio in pi (sind3). Una proposta concreta riguarda l'adozione di una metodologia di comunicazione che si adatti agli interlocutori cio la creazione di fogli di formazione contenenti immagini [costruendo] tre fasce di comunicazione: scritta, per cartoni animati e per disegni. C anche gi del

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materiale buono prodotto da Asl e Regione Toscana. Lobiettivo finale sarebbe un mix tra campagna di comunicazione e legame tra sicurezza e specializzazione (ist1). Altri due interventi, poi, sono pi complessi e richiedono la collaborazione tra diversi attori. Per questo il Responsabile Sicurezza Cisl (che in realt parla anche pro-domo sua) propone o di corrispondere un contributo al Sindacato o la partecipazione alle spese da parte degli enti [di controllo e locali], per un migliore funzionamento e valorizzazione dello sportello 626. (sind1). Sinergie istituzionali sono richiamante anche da altri attori, che propongono di fare con la Provincia, il libretto di formazione anti-infortunistica, dove risulterebbero tutti i corsi sulla sicurezza seguiti dal singolo lavoratore (asscat5). Nel settore dellassistenza domestica ci sono due proposte di intervento. Il primo di una datrice di lavoro, che vorrebbe patronati e intermediari pi attivi nella comunicazione con i datori di lavoro (le famiglie) sul piano della sicurezza sul lavoro: Le Acli dovrebbero sprecare qualche parola in pi (datl3). Il secondo di una badante che, molto drasticamente, ritiene inutili corsi concentrati specificatamente sulla formazione: dei corsi per chi fa la badante? No. Queste cose si imparano con il tempo (lav5); al contrario, essa riterrebbe importanti (anche come ricaduta sulla sicurezza) i corsi di lingua: La cosa pi importante imparare la lingua. Per esempio le persone anziane parlano spesso in dialetto. Cos ho dovuto imparare un po di dialetto (lav5). e) Controlli Repressione Per quanto riguarda le proposte per il miglioramento dellefficacia dei controlli alcuni attori sottolineano la pura e semplice insufficienza numerica degli ispettori: Poi la repressione del problema lascia molto a desiderare, perch incide sul 10% del problema [bisognerebbe aprire] discorso sul numero degli ispettori e numero aziende: [oggi] lispezione una casualit (asscat1); e ancora: qui c un problema anche di risorse ci sono pochi ispettori (sind6) e Pi controlli, pi fondi per lInail per aumentare gli ispettori, una nuova legge sugli appalti (contr6). Lo stesso auspicio, non necessariamente legato ad un aumento degli ispettori, viene espresso da un amministratore locale: Le associazioni di categoria tendono sempre a difendere le imprese anche quando sanno benissimo che non lavorano in sicurezza. Servono meno leggi, meno carte e controlli pi accurati (ist3); questa affermazione finisce con il tenere insieme la riduzione degli aspetti burocratici legati al controllo e alla repressione con laumento dellefficienza degli ispettori gi presenti. Un suggerimento simile, che va a incidere sulla qualit degli interventi repressivi, viene espresso anche da un lavoratore. Piuttosto di veder concentrati

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gli ispettori nei controlli di poche e grandi aziende edili, questi auspica un controllo dettagliato sul territorio (lav1), caratterizzato da una miriade di piccole aziende che spesso sfuggono ai controlli. Un'associazione che opera nel campo degli immigrati propone una modifica dei controlli, affinch divengano pi adatti al contesto. Ad esempio, viene suggerito che le stesse associazioni che si occupano di immigrazione siano finanziate pi generosamente perch il tema della sicurezza [si gestisce] non solo tramite i corsi (assoc1), facendo capire che le associazioni che lavorano sul territorio gi oggi svolgono un ruolo di supporto e sono un aiuto fondamentale nella ricerca di una casa o di un lavoro regolare. Il fatto che questa funzione possa interrompersi da un giorno allaltro per un problema di fondi vanificherebbe il lavoro svolto sinora, in assenza, oltretutto, di altri attori in grado di sostituire il lavoro svolto dalle associazioni. Lesigenza di un maggiore controllo su appalti e subappalti viene chiamato in causa da diversi attori istituzionali: Bisogna sapere chi sono e da dove vengono i subappaltatori (ist2). f ) Proposte specifiche Alcune proposte e suggerimenti formulati nelle interviste non sono classificabili secondo le categorie da noi utilizzate, trattandosi di proposte molto tecniche non realizzabili al di fuori dello specifico settore lavorativo trattato. Ci evidente quando si dice, ad esempio, che la cabina [oggi] protegge da polveri e veleni ma che dovrebbe [essere in grado di] proteggere anche in caso di ribaltamento (sind5). Molto tecnica e puntuale anche la proposta di inserire nelle nuove costruzioni la possibilit di installare un piccolo gancio nel tetto stesso a cui agganciare il moschettone. Due o tre sarebbero una soluzione per chi in futuro vi verr a lavorare, perch una cosa mettersi limbracatura e agganciarla l su pezzi che sono gi predisposti, unaltra cosa mettersi limbracatura e andare a cercare qualcosa cui legarsi, qualcosa che resista (contr2).
tab.7.3. Gli interventi per la sicurezza nei luoghi di lavoro auspicabili secondo gli attori
Tipo di Criticit: Tipo di Attore: Struttura EconomicaProduttiva 2 1 2 4 Elementi Culturali 1 1 1 4 Contesto Normativo 1 1 3 5 FormazionePrevenzione 1 2 1 2 Controlli e Repressione 2 1 1 2 1

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Nota: gli interventi dei vertici della Cassa edile sono inseriti a seconda della categoria di appartenenza (imprenditoriale o sindacale). Gli interventi dei singoli datori di lavoro e dei lavoratori (essendo privi di valore statistico) non sono contabilizzati nella tabella.

Per concludere la tabella 7.3 dimostra chiaramente quali siano le preferenze dei nostri attori. I sindacalisti sono generosi nel formulare proposte di intervento economico-strutturale, ma anche di carattere culturale e normativo. Lattenzione allaspetto normativo privilegiata dalle associazioni di categoria, mentre tutte le altre tipologie di attori si dispongono in maniera abbastanza omogenea verso tutte la varie categorie di intervento.

7.5. Le criticit relative alle manifestazioni di lavoro nero o grigio


a) Struttura economico-produttiva Gli attori intervistati non si sono soffermati sugli aspetti del lavoro irregolare legati alla struttura economico-produttiva del contesto pisano. Questo pu suggerire, per le caratteristiche del fenomeno descritte nei capitoli precedenti, che il legame fra struttura economica e illegalit venga dato per scontato, ritenendosi che normalmente alla base di ogni irregolarit contrattuale vi sia una motivazione di tipo economico. In alcuni contesti si potrebbe ipotizzare che sia una normativa troppo rigida a favorire forme di irregolarit; la stagionalit delle lavorazioni, ad esempio in agricoltura, rende pi frequente per l'azienda lesigenza di utilizzare uno stesso lavoratore in maniera flessibile: dal punto di vista del datore di lavoro ruoli diversi vuol dire paghe diverse e quindi costi diversi, un costo allineato sarebbe conveniente per i lavoratori e per le aziende agricole (ist1). Il punto cruciale che, considerati l'alto tasso di irregolarit che contraddistingue il settore e la necessit di manodopera in grado, a seconda del periodo, di svolgere mansioni diverse (il riferimento soprattutto alle attivit all'interno delle aziende agrituristiche), l'inesistenza di una figura contrattuale mista rispetto a quelle esistenti sia in termini di mansioni che di retribuzione rende particolarmente appetibile il ricorso a irregolarit, di norma non particolarmente gravi. D'altro canto, come emerso nei capitoli precedenti, alcuni vantaggi competitivi possono essere conseguiti da chi utilizza lavoro irregolare, vantaggi che le imprese irregolari realizzano perch spesso nella sostanza per molti motivi certe situazioni vengono tollerate e chi sta nelle regole non pu restare [sul mercato]. Ci sono ditte, e quelle pi grandi sono peggio in questo senso, che hanno fatturati che non hanno senso con la forza lavoro che hanno. A parte la concorrenza sleale, un problema devastante sulla sicurezza, sulloccupazione, sulle retribuzioni, sulla qualit della vita delle persone, sulle imprese che possono continuare a vivere (asscat1).

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b) Elementi culturali A differenza delle criticit legate alla sicurezza sul lavoro, nessuno degli attori intervistati evidenzia un legame tra lavoro irregolare ed elementi culturali. Questa assenza particolarmente curiosa, perch invece dal punto di vista delle proposte pervenute dagli stessi attori alcuni suggerimenti andrebbero proprio ad intervenire su questa dimensione. Lunico che sembra introdurre esplicitamente la natura culturale del problema chi dice che anche la politica del condono ha favorito questo atteggiamento furbo (sind5). In realt, come si avuto modo di constatare nel capitolo due, un problema culturale di base esiste in un paese come l'Italia che si caratterizza per un basso livello di virt civiche, per un'alta sfiducia nelle istituzioni che si riflette anche in una scarsa considerazione del valore del rispetto della legge. L'italico detto fatta la legge, trovato l'inganno sembra applicarsi anche al mondo del lavoro: la normativa pi recente in materia, in primis la legge Biagi, pensata con l'obiettivo di contrastare il lavoro nero ha di fatto, suo malgrado, favorito il diffondersi di una pi ampia gamma di irregolarit contrattuali (su questo si veda anche il capitolo sei), fornendo agli imprenditori che avessero voluto farlo la possibilit di trovare nelle pieghe della normativa il modo di risparmiare assumendo secondo una fattispecie di lavoro grigio i lavoratori, secondo contratti diversi da quelli previsti per il tipo di mansioni svolte, oltre tutto con un rischio contenuto in termini di controllo, data la difficolt di dimostrare in maniera certa di fronte al giudice la sussistenza di queste irregolarit. c) Contesto normativo La legge pi criticata dai nostri attori al di l della tipologia di appartenenza la legge 189/2000 sullimmigrazione, meglio nota come legge Bossi-Fini. Due rappresentanti di associazioni datoriali dicono espressamente che la Bossi-Fini ci fa impazzire: con la burocrazia i permessi e i rinnovi di permesso arrivano con tre mesi di ritardo. Limprenditore costretto a far rientrare il lavoratore straniero nel suo paese di origine... qui c il rischio di nero. Un grosso ostacolo al lavoro nero sarebbe che la burocrazia svolgesse velocemente il proprio compito. Se ti rispondono un anno dopo il rischio che nel frattempo, in attesa del rinnovo del permesso di soggiorno, ci sia un po di nero sale notevolmente (asscat5); una distinzione assurda [che ci siano] lavoratori stranieri con permessi di soggiorno per usi diversi dal lavoro che non possono essere utilizzati per lavorare [...] Sono forme che incentivano anzich disincentivare il lavoro irregolare(asscat4). Ugualmente critica la posizione dei sindacati con riferimento ad un settore specifico del mercato del lavoro, quello delle badanti: la legge Bossi-Fini non

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va bene; i bisogni ci sono, il governo ha sottovalutato i numeri (sind2).216 E per quanto riguarda la legge Biagi si aggiunge: sono mancate le basi perch seppur in tutti i paesi c la flessibilit, ci sono gli ammortizzatori sociali [...] che ti permettono di avere qualche certezza in pi (sind2). In questo caso ci che viene criticato non tanto lesistenza di lavoro totalmente sommerso bens il ricorso a forme contrattuali non adeguate (come a volte avviene ricorrendo a tipologie contrattuali atipiche) per mansioni che invece richiederebbero contratti convenzionali e tradizionali. Una dura critica al sistema dei voucher (recentemente introdotto in agricoltura) che consente lassunzione di personale a tempo limitato con oneri fiscali e previdenziali molto bassi, pesantemente criticata: il Ministero ha prodotto un aborto. Dando un voucher alle aziende cosa ho risolto? Se cerano quei fondi allora mi abbassi i contributi, ad esempio, lo dai come voucher a condizione che tu mi assumi per 6 mesi. Usarli per gli studenti non ha senso, perch tanto quella non la loro strada, un modo per guadagnare qualcosa e divertirsi anche (ist1). La rigidit dei meccanismi contrattuali viene individuata come elemento facilitante lutilizzo del lavoro sommerso, perch assurdo voler andare a fare delle norme contrattuali che sono onerose perch lazienda a quei costi non assume preferibile mandare a lavorare uno per un mese anzich non farlo lavorare (asscat4). d) Formazione e informazione Un unico interlocutore che si sofferma sulla formazione, con unanalisi piuttosto articolata delle ragioni che renderebbero auspicabile lutilizzo di questo strumento:
la formazione ci che manca nel nostro Paese (). C' una generazione di giovani che rischia di diventare un problema sociale [...] il paese ha la disoccupazione pi bassa, c' meno protezione per i giovani...il nostro paese ha bisogno di conoscenza, di formazione...uno non pu stare a vita a fare il lavoro a intermittenza [...] si dicono tante cose, i partiti... e poi se si va a vedere la precariet dov'? Basta andare al Cnr, all'universit [...] La formazione, non dico per chi laureato, ma la formazione uno degli elementi mancanti nel nostro paese. E quindi legare la formazione e farlo
216 Si nota che gli imprenditori criticano la legge 189 in generale, per la difficolt con la quale diventa possibile reclutare regolarmente la forza lavoro immigrata. Invece dal mondo sindacale la critica alla legge sullimmigrazione riguarda soprattutto laspetto legato alla collaborazione domestica, tralasciando altri settori lavorativi. Nel settore della collaborazione domestica, a giudicare dalle nostre interviste, spesso il sindacato svolge una funzione di tutela verso le famiglie, cio verso i datori di lavoro. curioso allora che la critica diretta alla legge sullimmigrazione provenga dal sindacato proprio per quel settore lavorativo nel quale spesso il sindacato svolge la funzione, non proprio tradizionale, di supporto ai datori di lavoro (le famiglie).

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diventare un ammortizzatore sociale: tu scegli di stare nel mercato flessibile...ok, io ti devo dare la copertura, ti obbligo a formarti, come succede anche nei paesi nordici, dove c' l'accompagnamento tra lavoro e lavoro; ti do una retribuzione perch te ti impegni in quel periodo a far crescere il livello della qualit [...] colgo pi occasioni come paese [...] (sind2).

e) Controlli - Repressione Le criticit evidenziate per la repressione del ricorso al lavoro irregolare riguardano innanzi tutto la mera e semplice insufficienza numerica dei controllori, (contr5; sind1) ma la critica si estende anche agli aspetti qualitativi dei controlli: ci vorrebbe un aumento delle unit ispettive con specifico profilo tecnico e delle dotazioni di supporto come automezzi, dispositivi fotografici, computer con connessione wire-less e stampanti portatili, ecc... (contr5); si denuncia inoltre un mancato collegamento tra gli enti ispettivi (sind1). Di diverso segno la critica dell'associazione industriali, che si concentra sullaspetto qualitativo ribadendo i problemi di coordinamento tra gli enti, che determinano una moltiplicazione di controlli concentrati su poche grandi imprese (asscat5). Una critica allatteggiamento del sindacato emerge da alcuni rappresentanti di associazioni datoriali, a seguito di controlli che potremmo definire al contrario: assurdo che il sindacato tuteli i lavativi. Le aziende un dipendente valido non lo mandano via perch gli serve (trattoristi o operai che sanno lavorare con certe macchine). Il lavativo non lo posso licenziare, ma rischia di mettermi in crisi lazienda e se va in crisi lazienda un problema anche per il lavoratore bravo (asscat4).
tab.7.4. Criticit riscontrate dai diversi tipi di attore in relazione al lavoro nero o grigio
Tipo di Criticit: Tipo di Attore: Struttura EconomicaProduttiva 2 2 1 Elementi Culturali 1 Contesto Normativo 1 3 1 FormazioneInformazione 1 1 2 1 Controlli e Repressione

Attori istituzionali Enti di Controllo Ass. Categoria Imprenditori Sindacati Associazioni

Nota: gli interventi dei vertici della Cassa edile sono inseriti a seconda della categoria di appartenenza (imprenditoriale o sindacale). Gli interventi dei singoli datori di lavoro e dei lavoratori (essendo privi di valore statistico) non sono contabilizzati nella tabella.

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La tabella 7.4 mostra che lattore che individua criticit pi rilevanti rappresentato dai sindacati. Invece gli imprenditori sono la categoria, come nei paragrafi precedenti, pi concentrato su problematiche legate agli aspetti normativi.

7.6. Le esperienze passate nelle politiche per lemersione del lavoro irregolare
a) Struttura economico-produttiva I soli attori che fanno riferimento a progetti, esperienze o iniziative volte a intaccare i fattori economici che favoriscono il ricorso al lavoro irregolare sono i soggetti istituzionali, i quali fanno per lo pi riferimento a propri progetti. Il Cpi, ad esempio, fa marketing in azienda, facendo capire all'impresa i vantaggi e le agevolazioni che ci possono essere ad assumere una persona di 50 anni oppure un ragazzo oppure un lavoratore in mobilit; inoltre il Cpi comunica quali sono i servizi che offre gratuitamente la struttura pubblica (ist4), mentre due progetti sono stati avviati direttamente dalla Provincia: quello sulle badanti (ancora da avviare) e quello in agricoltura (gi partito). Un altro interlocutore istituzionale ricorda un altro elemento innovativo promosso dalla Provincia: il job sharing217, inteso come limpegno dellassessorato provinciale nel far girare le persone che, in pratica, a seconda dei periodi, lavorano in aziende diverse (ist1). Questo diventa particolarmente importante in ragione della peculiare struttura economica dellagricoltura, caratterizzata da periodi stagionali in cui ha bisogno di un'enormit di manodopera ma che, poich sono tre o quattro settori diversi, durante l'anno c' sempre bisogno di personale. b) Elementi culturali Cos come per il tema della sicurezza sul lavoro, anche per quanto concerne lemersione del lavoro irregolare i nostri interlocutori non hanno riportato esempi particolarmente significativi di esperienze legate alla modifica di elementi culturali. Ci evidente soprattutto se confrontato con le cose da fare che i nostri attori propongono (si veda il paragrafo successivo). Rimanendo sul piano delle esperienze gi effettuate in passato lunica iniziativa riportata quella che ha visto insieme Inps e Inail per un'iniziativa di formazione nelle scuole superiori sul valore della regolarit lavorativa (contr4).

217 Lutilizzo di questo termine diverso da quello implicito nellomonima tipologia contrattuale prevista dalla legge Biagi.

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c) Contesto normativo Riguardo alle innovazioni legislative introdotte recentemente alcuni attori citano positivamente il meccanismo dei voucher in agricoltura, che toglie tutta una serie di adempimenti burocratici che sono quelli che pi frenano l'azienda a mettere a norma i lavoratori (asscat2). Questa valutazione agli antipodi rispetto a quella di chi (ist1), come abbiamo visto nel paragrafo precedente, considera i voucher un grave errore, sostanzialmente perch consentono alle aziende di risparmiare e di limitare il fenomeno del lavoro nero nei periodi di raccolta, ma esulano completamente dal problema, ben pi importante, della definizione di un percorso lavorativo per il lavoratore immigrato, che nel settore agricolo spesso trova la propria collocazione occupazionale, una situazione quindi ben diversa da chi per scelta del momento individua soprattutto nella vendemmia una sorta di diversivo attraverso il quale guadagnare qualcosa (soprattutto studenti senza alcuna aspirazione di impiego nel settore). Il fatto che lo stesso tipo di provvedimento sia indicato ovviamente da attori diversi tanto come criticit che come modello da seguire segnala lepisodico emergere di situazioni (almeno potenzialmente) conflittuali e di contrapposizioni di interessi, in un settore di policy nel quale spesso prevalgono invece atteggiamenti consensuali e prassi concertative. Questo accade soprattutto a seguito dellimpiego di strumenti che hanno una portata ridistribuiva, alto valore simbolico, o chiamano in causa attori gli immigrati oggetto di particolare attenzione mediatica. Una valutazione positiva del Durc viene fornita da diversi attori, tanto da far auspicare lapplicazione di una certificazione simile anche per il settore della sicurezza del lavoro (contr2). Viene inoltre citata come misura positiva labolizione del divieto di cumulo tra reddito da lavoro e pensione, e con un orientamento parimenti liberista si ricorda che alcune norme che liberalizzano il mercato del lavoro hanno un minimo favorito la regolamentazione del lavoro: vero che c stato il boom non corretto del co.co.co., ma quelli prima probabilmente erano al nero. Ora quantomeno non pi nero ma bianco (asscat4). Un bianco in realt tendente al grigio, sembra invece emergere dalla nostra analisi. C' infine chi, pur criticando fortemente lintroduzione della legge Biagi, riconosce comunque ai due pi significativi interventi legislativi che hanno caratterizzato il mondo del lavoro negli ultimi anni (la legge Biagi e il pacchetto Treu) il merito di aver regolarizzato alcune cose. Ad esempio nel turismo, il catering, il lavoro nel fine settimana...prima non c'era neanche lo strumento legislativo che permetteva di assicurare la persona per due giorni, per tre giorni (sind2). d) Formazione e informazione Uno degli interventi di carattere formativo citato in termini positivi vede

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impegnata la la Societ della salute, soprattutto nel settore delle badanti: sta lavorando bene e ci sono prospettive di selezione e corsi per queste persone in modo da tutelare la famiglia nella scelta (delle badanti). Il corso rilascia un attestato che [vale come] una qualifica riconosciuta dalla Regione, dalla Societ della salute, dalla Provincia...son tutti marchi che comunque danno una garanzia (sind7). Una valutazione positiva di tale iniziativa, in particolare del corso di formazione svolto per le badanti in Valdera, viene anche da un altro attore sindacale (sind2). In questo contesto l'iniziativa portata avviata dalla Provincia appare particolarmente interessante e verosimilmente in grado di produrre effetti positivi:
partiamo adesso sulle badanti con un progetto pilota su Cascina dove soggetti pubblici e privati (noi, il Comune, la Societ della salute, l'Asl, la Misericordia di Navacchio, Caritas, una cooperativa che Paim e un'agenzia interinale, etc) proviamo a costruire una rete, un modello da riproporre. Praticamente la Caritas fa da sempre accoglienza e ascolto, i medici di famiglia che sono collegati all'ospedalino di Navacchio (che una residenza assistita per anziani) quando si presenta la necessit di trovare una badante, e attraverso il Cpi, con una formazione mirata che noi finanziamo ad esempio se uno sa poco la lingua, oppure usi e costumi, alimentazione, una conoscenza minima di pronto soccorso, [...] e viene dato, in caso di non autosufficienza, oltre a quello che prevede ora la legge regionale con il fondo di non autosufficienza, un sostegno e un sussidio per far emergere il nero nelle badanti, perch abbiamo stimato che ci dovrebbero essere 400-500 euro in pi al mese che una famiglia dovrebbe pagare. In questo settore spesso abbiamo visto che le famiglie non vogliono farsi carico di essere datori di lavoro, perch hai tutta una serie di obblighi per cui o lo sai fare o ti affidi ad un commercialistahai tutta una serie di spese. In questo progetto c' un'agenzia interinale che fa l'assunzione per la famiglia. La gente anche disposta a far emergere il grigio () ma non vuol essere datore di lavoro. Allora per poter fare questo progetto si dovuto ricorrere ad un'agenzia che fa intermediazione di lavoro, per cui le badanti verranno assunte da questa agenzia che poi somministra il lavoro presso le famiglie. Diversamente non c'era disponibilit delle famiglie; c' paura, c' preoccupazione di avere delle multe, di non essere sufficientemente tutelati... tutto semplice, ma anche tutto complicato; c' un iter, c' una serie di cose da fare... L'anziano, che ha bisogno, ne fuori e i figli non vogliono entrare in questa logica (ist5).

Sempre in collaborazione con la Societ della salute e con il coinvolgimento dell'Asl viene menzionato un progetto rivolto ai migranti che lavorano nel settore metalmeccanico, in prevalenza impiegati con contratti atipici (contratti di somministrazione) (contr1). e) Controlli e repressione Nel sistema dei controlli un notevole miglioramento si realizzato ultima-

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mente in seguito alla modifica legislativa sullobbligo di comunicazione dellassunzione agli enti previdenziali. Un imprenditore agricolo (datl1) ricorda positivamente questo cambiamento. Infatti, prima della modifica, la comunicazione dellassunzione doveva avvenire entro 5 giorni dalla presa di servizio, oggi la comunicazione di assunzione va fatta il giorno prima. Il sistema precedente infatti, in presenza di unassunzione irregolare, consentiva di dire durante un controllo che lassunzione era avvenuta da meno di 5 giorni. In questo modo venivano sanate alcune posizioni lavorative solo dopo il controllo. Oggi la nuova normativa ha reso indubbiamente migliori i meccanismi di controllo.
tab.7.5. Le esperienze passate nelle politiche per lemersione del lavoro sommerso secondo gli attori
Tipo di Criticit: Tipo di Attore: Struttura EconomicaProduttiva 3 Elementi Culturali 1 Contesto Normativo 1 3 1 FormazioneInformazione 2 Controlli e Repressione 1 -

Attori istituzionali Enti di Controllo Ass. Categoria Imprenditori Sindacati Associazioni

Nota: gli interventi dei vertici della Cassa edile sono inseriti a seconda della categoria di appartenenza (imprenditoriale o sindacale). Gli interventi dei singoli datori di lavoro e dei lavoratori (essendo privi di valore statistico) non sono contabilizzati nella tabella.

Come mostra la tabella 7.5, gli imprenditori confermano, anche per lattenzione alle scelte positive fatte in passato, linteresse verso gli aspetti normativi del problema. Gli attori istituzionali, invece, continuano a privilegiare uno sguardo pi organico e individuano nelle iniziative di carattere economico quelle pi positive a livello provinciale. I sindacati, di solito molto loquaci, invece non indicano molte iniziative da loro ritenute come positive nella lotta al lavoro irregolare.

7.7. Le proposte di politiche e interventi per lemersione del lavoro irregolare nella provincia di Pisa
a) Struttura economico-produttiva La prima proposta in materia di miglioramento o modifica della struttura economica per favorire lemersione del lavoro irregolare in realt lauspicio di un miglior andamento delleconomia nazionale (contr2). Il legame logico tra miglioramento delleconomia nazionale ed emersione delle irregolarit

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sta proprio nellinterpretazione che l'intervistato d del lavoro irregolare come sommerso per necessit (si veda il capitolo due). Sempre a livello generale viene auspicata la comprensione della necessaria distinzione tra la flessibilit [del mercato del lavoro] e la precariet e questa illegalit diffusa che sono unaltra cosa (ist5). Pi precisamente, due sindacalisti propongono di legare vantaggi e sgravi fiscali alle imprese con una loro rinuncia alluso del lavoro irregolare: va bene la repressione, se necessaria, ma prima c la premialit per le imprese che lavorano da molto tempo rispettando la legge (sind6). A questo deve aggiungersi per anche il legame tra fiscalit agevolata e la scelta strategica dellimpresa per una produzione qualitativamente superiore, attuando un Sistema premiante, anche in termini fiscali, per le imprese che lavorano in qualit (sind3). Di qui il richiamo allimportanza di creare una sorta di contrasto di interessi tra non regolarit e convenienza politica intesa come interessi politici che a volte coprono alcuni interessi irregolari dai quali traggono sostegno e benefici (sind6). Una delle proposte pi dirette ma difficile da realizzare, dati i vincoli delle finanze pubbliche stata formulata da una badante: so che difficile, per la cosa pi importante di tutte sarebbe avere una casa. Una casa popolare a prezzo pi basso, in questo modo nessuno sarebbe pi ricattato per lavorare al nero (lav4). Tutti gli attori hanno una visione del legame tra struttura produttiva e irregolarit basata sulla necessit, piuttosto che sulla convenienza del ricorso al lavoro irregolare (categorie introdotte nel capitolo due). Insomma, sarebbero lo scarso livello di sviluppo del sistema economico e non la concorrenza agguerrita di settori economici allavanguardia a spingere gli attori economici al ricorso al lavoro irregolare. b) Elementi culturali Come gi rilevato nei paragrafi precedenti, le variabili culturali non sono state indicate dagli attori intervistati quali fattori rilevanti riguardo alla presenza del lavoro irregolare, n sono state riportate esperienze significative in questo contesto. Al contrario, sono state proposte numerose soluzioni che andrebbero a legarsi a questo ambito. A livello generale viene auspicato un cambiamento delle cultura sulla legalit e il lavoro perch questo un Paese dove l'evasione fiscale sembra che non esista. Il concetto di illegalit parte da l secondo me; il discorso della contrattualistica che non viene rispettata, della sicurezza che non viene salvaguardata e di una concezione di s e dei propri diritti molto soft. Occorrerebbe allora insegnare la cultura della legalit nelle scuole e tra i pi giovani, a partire dalle

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elementari (ist5). Si tratta di un approccio largamente e trasversalmente condiviso: sui giovani si potrebbe lavorare di pi anche per la formazione culturale (asscat3), il mondo istituzionale, la scuola [dovrebbero impegnarsi per] creare una cultura della legalit (sind3): necessario agire principalmente sulla cultura, fin da piccoli (sind6). Accanto alla formazione culturale delle giovani generazioni, viene ricordata la necessit di mantenere alto lo standard della coscienza dei lavoratori, evitare il diffondersi della ricerca del lavoro a tutti i costi (ist2). Particolare attenzione va ai lavoratori stranieri, ai quali importante anche far capire (al di l del discorso della pensione) che la regolarit fondamentale per una serie di servizi: disoccupazione ordinaria e agricola, malattia, maternit, ecc... (contr3). La centralit della dimensione culturale viene richiamata, in modo estremamente chiaro, da una lavoratrice straniera che sottolinea limportanza dei corsi di lingua, dal momento che per poter stare in Italia serve sapere la lingua, non solo parlata: serve anche saperla scrivere e leggere (lav3). c) Contesto normativo Accanto allauspicio di un'applicazione concreta della normativa che veda calare le leggi nella realt pratica e territoriale (ist3) e di un miglioramento delle leggi che gi ci sono (sind6), gran parte degli osservatori intervistati critica leccessiva burocraticit della normativa lavoristica, auspicando la sua semplificazione. Le posizioni assunte vanno dalla necessit di snellire gli adempimenti burocratici (asscat2), all'idea per cui pi si liberalizza meglio per contrastare il lavoro nero. [Occorre] liberalizzare ed avere normative un po pi adeguate ai tempi. Di regole ce ne sono anche troppe; ne basterebbero molto meno, pi significative, pi controllabili e applicabili (asscat4). Diversi altri attori auspicano la semplificazione della normativa, sostenendo in particolar modo l'opportunit di arrivare ad una riscossione automatica dei contributi, magari facendo ricorso anche allinformatica: una legislazione pi precisa, pi snella, pi semplificata, ma molto pi applicata; pi facile da controllare, naturalmente, anche tramite un maggiore utilizzo dellinformatica (contr2); semplificazione della normativa in materia di lavoro, unito a sistemi di riscossione automatica dei contributi. Facile a dirsi, difficilissimo da realizzare (contr3).218 Un attore sindacale fa riferimento invece al valore di alcune politiche locali, promuovendo lestensione del protocollo [concluso con la] Provincia sugli

218 Anche in questo campo, nella frattura liberalizzazione/regolazione statale, si registra come prevedibile un parere diametralmente opposto a quelli maggioritari presentati fin qui. Un attore sindacale ritiene infatti pericoloso lo snellimento della normativa del lavoro: credo che ci vogliano leggi che non deregolamentino il lavoro (sind3).

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appalti, a tutti i comuni della provincia di Pisa e poi anche al settore privato (sind3). d) Formazione e informazione Alcuni attori intervistati suggeriscono interventi di formazione e informazione rivolgendosi in via privilegiata ai lavoratori: migliorare linformazione e la formazione dei lavoratori (sind1); altri agli imprenditori: convincere gli imprenditori a passare dal Centro per limpiego (ist1), o ad entrambe le categorie economiche: sensibilizzare e informare i datori di lavoro e i lavoratori (contr5). Alcune proposte mirano a fare della formazione una sorta di ammortizzatore sociale: tu scegli di stare nel mercato flessibile...ok, io ti devo dare la copertura, ti obbligo a formarti (sind2). Unultima proposta formativa proviene da una lavoratrice straniera, la quale vorrebbe che gli enti preposti attivassero corsi di formazione per sapere come si fa, ad esempio, ad aprire unattivit (lav3). Lemancipazione individuale dallirregolarit passerebbe in questo caso da attivit formative capaci di avviare processi endogeni di sviluppo delle potenzialit imprenditoriali dei lavoratori irregolari, assecondandone aspettative e aspirazioni. e) Controlli e repressione Le proposte pi frequenti riguardano, direttamente e semplicemente, laumento dellintensit numerica e qualitativa dei controlli tramite lassunzione in massa di ispettori (sind4), il puro e semplice aumento dei controlli (contr3), la fornitura di pi mezzi e personale qualificato a disposizione degli enti preposti ai controlli (sind1) oppure richiedendo una (non meglio definita) maggiore possibilit agli enti preposti di fare controlli (potenziamento degli stessi) (sind5). Altri chiedono un inasprimento delle pene tramite lintroduzione di condanne pi severe (contr6). La dimensione qualitativa emerge nella richiesta di un miglioramento del profilo tecnico e delle dotazioni di supporto come automezzi, dispositivi fotografici, computer con connessione wire-less e stampanti portatili, ecc.. per le unit ispettive (contr5). Lutilizzo pi razionale delle forze gi in campo unulteriore possibilit, per la quale si suggerisce di prendere in visione il consumo di energia elettrica e di metano, sia per le utenze private per quelle commerciali (asscat5). Consumi abnormi sono il segnale di un uso di energia per scopi diversi da quelli ufficialmente dichiarati, sul quale effettuare verifiche. Su questa falsariga una lavoratrice a ritenere opportuni controlli automatici: c qualcosa di strano quando una persona apre una ditta e poi non assume nessuno, sarebbe sempre con l'acqua alla gola (lav3). Infine, comune lauspicio di un maggior coordinamento tra altri enti che hanno conoscenza del territorio approfondita (Provincia, Cpi, Camera di commercio,

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Dpl) (contr4), una posizione sostanzialmente condivisa da chi afferma che ci vorrebbe un collegamento pi preciso tra Cassa edile, Inps, Inail e le ditte (lav1). Un lavoratore propone lallargamento della platea degli attori preposti alla lotta per lemersione del lavoro irregolare, aggiungendoci il sindacato, non per attribuirgli un potere ispettivo, bens la possibilit di avvertire, magari per scritto, il datore su aspetti che non tornano. In questo modo il sindacato non avendo la possibilit di fare le multe potrebbe consigliare nellinteresse dei lavoratori e dei datori di lavoro (lav2).
tab.7.6. Proposte di politiche e interventi per lemersione del lavoro irregolare secondo gli attori
Tipo di Criticit: Tipo di Attore: Attori istituzionali Enti di Controllo Ass. Categoria Imprenditori Sindacati Associazioni Struttura EconomicaProduttiva 1 1 2 Elementi Culturali 3 1 1 1 Contesto Normativo 1 2 2 3 1 2 FormazioneInformazione Controlli e Repressione 1 3 1 3 -

Nota: gli interventi dei vertici della Cassa edile sono inseriti a seconda della categoria di appartenenza (imprenditoriale o sindacale). Gli interventi dei singoli datori di lavoro e dei lavoratori (essendo privi di valore statistico) non sono contabilizzati nella tabella.

Lanalisi meramente numerica delle proposte degli attori, presentata nella tabella 7.6, evidenzia come il maggior numero di proposte guardino a modifiche al contesto normativo e a quello dei controlli. Le proposte di natura culturale sono ben considerate, mentre meno frequenti appaiono quelle riferite al contesto economico o alla formazione. Mentre gli interventi che riguardano gli aspetti normativi vedono una contrapposizione conflittuale tra sindacati e associazioni di categoria, proponenti rispettivamente norme pi garantiste per lavoratori contro provvedimenti di liberalizzazione economica,219 gli interventi di matrice culturale mettono tutti daccordo: c consenso unanime sulla debolezza della cultura della legalit in Italia e sullesigenza di provvedere con azioni formative, che prendano avvio dallo stesso sistema scolastico.

219 Una contrapposizione simile osservabile anche per quanto riguarda il sistema dei controlli, allorch in genere i sindacati reclamano un inasprimento sotto il profilo della quantit di verifiche, mentre le associazioni di categoria chiedono un miglioramento qualitativo delle attivit ispettive.

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7.8. Esperienze e proposte pisane emerse nel contesto pisano tra paradigma della legalit violata e paradigma dello sviluppo potenziale
Nel secondo capitolo sono stati presentati due modelli interpretativi di carattere generale entro i quali possibile analizzare e catalogare le politiche di contrasto al lavoro sommerso: il paradigma della legalit violata e il paradigma dello sviluppo potenziale. Richiamiamo qui molto brevemente i caratteri fondamentali dell'uno e dell'altro, per poi inserire all'interno di tale schema dapprima le esperienze e le proposte emerse durante le interviste per quanto riguarda il contesto territoriale pisano, e di seguito anche le iniziative e progetti che al di fuori di tale realt (e quindi in giro per l'intero paese) sono stati avviati e portati avanti, nonch le proposte di modifica delle politiche esistenti. Questo passaggio consentir di avere un quadro omogeneo di esperienze e proposte per il futuro sulla base dello schema concettuale elaborato all'inizio di questa ricerca. Il paradigma della legalit violata centrato sull'idea che il tessuto sociale, culturale, economico del paese carente di quei valori (cultura della legalit, senso civico, ecc.) che dovrebbero scoraggiare il ricorso sistematico a forma di illegalit o di irregolarit nei rapporti di lavoro. In ultima analisi, sostanzialmente un calcolo economico individuale a spiegare il perpetrarsi di una tali situazioni. Le politiche che si propongono di combattere quest'ultima si caratterizzano per l'essere generaliste e calate dall'alto (top-down), fondate su incentivi, controlli e sanzioni economiche dirette, al pi affiancate da campagne di esortazione e sensibilizzazione. Da un diversa prospettiva, il paradigma dello sviluppo potenziale interpreta il fenomeno come uno degli aspetti dei processi di sviluppo e di transizione verso una moderna economia di mercato, guardando al sommerso in una luce diversa, in chiave sistemica e multi-dimensionale. Di conseguenza, esso viene affrontato con politiche che accanto al calcolo individuale costi-benefici cercano di contestualizzare i fattori che rendono tale scelta socialmente accettabile e remunerativa, tenendo conto delle variabili esterne in grado di influenzarla. Si tratta di politiche che presentano un carattere ascendente o bottom-up, aperte ad aggiustamenti successivi attraverso lapprendimento ricavato dalle precedenti esperienze. Nell'uno come nell'altro caso le misure adottate/adottabili possono essere di natura sia diretta che indiretta, ossia possono essere pensate per incidere direttamente sul lavoro nero, oppure aventi ad oggetto principalmente un altro problema collettivo (ad esempio l'immigrazione, la rigidit del mercato del lavoro, lo sviluppo territoriale, gli svantaggi di genere, ecc.) ma in grado di esercitare un condizionamento riflesso, pi o meno marcato, anche sulle condizioni che

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facilitano il ricorso al lavoro nero. Alla luce di questo schema interpretativo possibile procedere ad una risistemazione delle esperienze e delle proposte pisane cos come sintetizzato nella tabella 7.7.
tab.7.7. Esperienze e proposte emerse nel contesto pisano tra paradigma della legalit violata e paradigma dello sviluppo potenziale.
PARADIGMA LEGALIT VIOLATA (strumenti regolativi e coercitivi di carattere universalistico oppure basati su campagne di esortazione e sensibilizzazione degli attori) MISURE DIRETTE Esperienze pas- - Durc sate/in corso - regolarizzazione in determinati settori di alcuni rapporti di breve durata (es: catering) operata dalla normativa pi recente - comunicazione preventiva dell'assunzione del lavoratore - sensibilizzare e informare il pi possibile sia i datori di lavoro che i lavoratori Proposte - legare vantaggi e sgravi fiscali alle imprese con la loro rinuncia alluso del lavoro irregolare e operando scelte strategiche per una produzione qualitativamente superiore - auspicato un cambiamento delle cultura sulla legalit e il lavoro (): insegnare la cultura della legalit nelle scuole e tra i pi giovani, a partire dalle elementari - mantenere alto lo standard della coscienza dei lavoratori, evitare il diffondersi della ricerca del lavoro a tutti i costi [IST2]. Particolare attenzione ai lavoratori stranieri. - importanza dei corsi di lingua, dal momento che per poter stare in Italia serve sapere la lingua, non solo parlata: serve anche saperla scrivere e leggere - predisporre una certificazione simile al Durc anche per la sicurezza MISURE INDIRETTE -iniziativa di Inps e Inail di formazione nelle scuole superiori sul valore della regolarit lavorativa - abolizione del divieto di cumulo tra redditi da pensione e redditi da lavoro - fare della formazione una sorta di ammortizzatore sociale (formazione continua nei periodi di disoccupazione) - lauspicio di un miglior andamento delleconomia nazionale: legame logico tra miglioramento delleconomia nazionale ed emersione delle irregolarit - necessaria distinzione tra la flessibilit [del mercato del lavoro] e la precariet e questa illegalit diffusa che sono unaltra cosa - semplificazione della normativa lavoristica ritenuta eccessivamente burocratica e complessa - aumento dellintensit sia numerica che qualitativa dei controlli da parte degli enti preposti - prendere in visione il consumo di energia elettrica e di metano, sia per le utenze private per quelle commerciali - procedere ad un maggior coordinamento tra tutti gli enti che hanno una conoscenza approfondita del territorio

PARADIGMA SVILUPPO POTENZIALE MISURE DIRETTE (incentivi all'emersione secondo piano individualizzati o regolati per via settoriale) MISURE INDIRETTE (programmi d'area, incentivi internazionalizzazione, accesso privilegiato al credito, sussidi innovazione tecnologica, certificazione di qualit, etc.)

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Esperienze pas- - marketing in azienda da parte del Centro sate/in corso per l'impiego per promuovere l'assunzione di determinate categorie di lavoratori (es.: giovani, persone in mobilit, ultra-cinquantenni) - job sharing, inteso come limpegno dellassessorato provinciale nel far girare le persone che, in pratica, a seconda dei periodi, lavorano in aziende diverse - vaucher in agricoltura (valutazione controversa: positiva per alcuni, negativa per altri) - Progetto AgrImpiego per l'agricoltura (Provincia di Pisa) - Progetto badanti (Provincia di Pisa / Centro per l'impiego) - Progetto migranti nel settore metalmeccanico (Asl 5 e Societ della salute; pi specifico sulla sicurezza) Proposte

- attivit formative capaci di avviare processi endogeni di sviluppo delle potenzialit imprenditoriali dei lavoratori irregolari, assecondandone aspettative e aspirazioni.

- una politica per la casa agli immigrati e in particolare per le badanti, in modo da renderli meno ricattabili nei confronti dei datori di lavoro - estensione del protocollo concluso con la Provincia sugli appalti, a tutti i comuni della provincia di Pisa e poi anche al settore privato

7.9. Esperienze e proposte nei diversi contesti territoriali nazionali: una rassegna
Analogamente a quanto appena fatto per il contesto pisano, in questo paragrafo verr presentata una rassegna di quelle che sono le esperienze avviate in materia di sicurezza e regolarit del lavoro nel pi ampio panorama nazionale. Come gi rilevato nel primo capitolo, lo studio della sicurezza sul lavoro non ha incontrato in passato la dovuta attenzione, o comunque unattenzione paragonabile a quella che invece hanno avuto le politiche per lemersione del lavoro irregolare. 220 La scarsa attenzione nei confronti di questi temi trova riscontro anche nella mancanza di esempi significativi di percorsi innovativi nella difesa della sicurezza nei luoghi di lavoro. Molto demandato alla stesura di nuove leggi o alla scelta di intensificare o meno i controlli, approccio riassumibile nella
220 Si veda Isfol (2007) per una vasta rassegna di provvedimenti e iniziative attuati in differenti contesti territoriali, ampiamente ripresi in questo paragrafo.

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richiesta di assunzione di nuovi ispettori del lavoro. Negli ultimi anni la predominanza della dimensione normativa diventata evidente con lapprovazione delle leggi 248/06, 296/06 e del decreto 81/08. Senza entrare nello specifico, la nuova cornice di regolazione stata reputata un passo avanti da molti attori intervistati (soprattutto sindacalisti), senza suscitare critiche esplicite. Sono pertanto da ritenere, seppur ancora debba essere realmente valutata la loro effettiva applicazione tramite i decreti attuativi e le circolari, esempi positivi di tutela della sicurezza nei luoghi di lavoro. In linea di massima un incentivo per le aziende ad attivarsi nella direzione di una maggiore attenzione alla sicurezza pu derivare dal sistema di determinazione del premio Inail:
L'azienda paga un premio assicurativo sulle retribuzioni dei suoi dipendenti. L'aliquota proporzionata la rischio dell'attivit [...]. All'interno di questa posizione assicurativa l'azienda pu avere uno sconto che pu arrivare fino al 45% se non ha avuto infortuni; inoltre pu avere un ulteriore riduzione del 10% se adotta qualche misura di prevenzione in pi rispetto a quelle stabilite dalla legge, un miglioramento, una prassi, una protezione in pi, basta anche una riunione in pi sulla sicurezza di quelle stabilite per legge. Naturalmente pu avere anche un malus, perch noi siamo organizzati allo stesso modo delle assicurazioni per le auto: bonus-malus. Se non ci sono infortuni e se adotti sistemi di protezione hai il massimo sconto, fino alla met, quasi. Se invece gli infortuni ci sono e l'azienda non adotta le misure richieste pu esserci un rincaro della met (paga il 145%, quindi un +45%) (contr2).

Andando a cercare le strategie attuate si nota immediatamente come nella (quasi) totalit dei casi esse siano indirizzate al contrasto del lavoro nero, in linea con quanto osservato all'inizio di questo capitolo sul carattere per cos dire prioritario che questo aspetto dell'illegalit nel mondo del lavoro ha rispetto al tema della sicurezza, lasciato prevalentemente alla buona volont e correttezza degli imprenditori da una parte e al lavoro degli organi ispettivi dall'altra. Nel presentare esperienze e proposte in materia anche in questo caso adottiamo lo schema interpretativo costituito dai due paradigmi della legalit violata e dello sviluppo potenziale. Presentiamo dapprima una sintesi per punti all'interno di una tabella analoga a quella predisposta per il contesto pisano (si veda la tabella 7.8), a seguire una breve descrizione delle varie esperienze e proposte inserite nella tabella stessa.

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tab.7.8. Esperienze e proposte nei diversi contesti territoriali nazionali tra paradigma della legalit violata e paradigma dello sviluppo potenziale.
PARADIGMA LEGALIT VIOLATA (strumenti regolativi e coercitivi di carattere universalistico oppure basati su campagne di esortazione e sensibilizzazione degli attori) MISURE DIRETTE Esperienze passate/in corso - vaucher-formazione per lavoratori extracomunitari che, soprattutto nellindustria, nellartigianato e nelledilizia, esauriscono il loro rapporto di lavoro con lazienda e hanno interesse a trovare subito un altro lavoro (Provincia di Genova) - Tirocini formativi (es.: Marche, ma non solo) - reinserimento lavorativo di persone che presentano una situazione di svantaggio familiare (Vignola, Modena) - tavoli di concertazione per coordinare lapplicazione della normativa in maniera organica e per scambiare banche dati ed informazioni (Teramo, ma vedi anche Pisa) MISURE INDIRETTE - Progetto Spinner per comunit cinese - assistenza alle lavoratrici extracomunitarie nel settore dei servizi alla persona (colf, badanti) durante i primi momenti del loro inserimento nelle famiglie italiane (Cpi Genova) - materiale informativo multilingua sui diversi servizi attivi sul territorio per gli immigrati (Provincia di Pistoia) - Protocollo di intesa interistituzionale: provincia di Piacenza - campagne tematiche informative con i lavoratori per sensibilizzarli sul funzionamento dei sussidi e degli ammortizzatori (Teramo) - Sperimentazione SPIN in Liguria, che si rivolge ai giovani (attivit preventive di sensibilizzazione direttamente negli istituti alberghieri) - Carta ILA (Regione Toscana, provincia di Pistoia) - progetto PARI (Pesaro e Rieti): sostegno al reddito e un corso/percorso di formazione - istituzione di un centro dimpiego nelle scuole durante lultimo mese prima della sospensione estiva. Altri strumenti possono essere laboratori o stand informativi per promuovere le politiche del lavoro, rivolti sia alle imprese che ai lavoratori. -riforma dei cicli scolastici e dellorientamento, per favorire un re-indirizzo delle risorse e delle aspettative verso alcune professioni che oggi sono forse percepite come umili, ma che invece avrebbero carriere professionali pi agevoli di quelle intellettuali estremamente ambite - informazione e formazione delle imprese (ruolo importante dei Cpi) - intensificare i rapporti dei Cpi con altri enti per la costituzione di reti operative (per promozione cultura del lavoro e della sicurezza) - auspicata una valorizzazione del ruolo dei Cpi come promotori di orientamento e formazione continua nellincontro tra domanda e offerta - riforma degli ammortizzatori sociali (collegamento tra assistenza a chi perde il lavoro e obbligo di dimostrazione da parte dello stesso di ricercare attivamente una nuova occupazione non limitandosi ad attendere unoccupazione) - proposte relative ai contratti precari - limiti e vincoli per contratti atipici e divieto di stipula degli stessi nella pubblica amministrazione entro lultimo anno dalla consultazione elettorale. - ridefinizione contratti atipici - ridefinizione delle norme relative al lavoro stagionale - stimolare linteresse del lavoratore immigrato ad ottenere un impiego regolare modificando

Proposte

- indici di congruit -DURC: estensione indici di congruit e verifiche immediate - indennit di collocamento per chi si iscrive ai Cpi e segue le sue direttive, al fine di fidelizzare i giovani e di evitare che svolgano lavoretti solo per fini di guadagno. - idea della creazione nei Cpi di una banca dati parallela e anonima per la registrazione del nero e del grigio, ai fini di una valorizzazione della banca dati dei Cpi - migliore conoscenza da parte dei Cpi delle situazioni effettive di criticit delle diverse tipologie di soggetti a rischio, cos da essere pi vicini alle reali situazioni di lavoro irregolari (disponibilit di dati attendibili su questi fenomeni di doppio reddito e/o di irregolare applicazione di contratti atipici) - riformare il ruolo dei Cpi, trasformandoli in consulenti necessari per le aziende che si trovano a far uso di ammortizzatori sociali o dove le ispezioni rilevino limpiego di lavoratori in grigio o di percettori di sussidi - istituzione di strumenti premianti per le imprese - vantaggi economici selettivi e sussidi (sotto forma di sgravi fiscali) anche per quelle imprese che siano disponibili ad assumere regolarmente gli immigrati

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Proposte

cando lattuale regime previdenziale ed assistenziale - modifica della normativa attualmente vigente in materia di immigrazione per agevolare lottenimento dei permessi di soggiorno per motivi di lavoro sulla base della considerazione che una buona parte del lavoro irregolare svolto da cittadini extracomunitari non in regola con il permesso di soggiorno. - una generale modifica della leggi Bossi-Fini sullimmigrazione in particolare chiedendo il cambiamento del meccanismo dei flussi e di quello delle richieste nominative - interventi diretti di formazione, informazione e orientamento personalizzati (per stranieri) - legge sul congedo parentale, la 53/2000: il perno su cui ruota la possibile conciliazione dei tempi di vita e lavoro femminili. Ad oggi i Cpi non hanno dati sullutilizzo di tale legge e non conoscono lo stato reale della sua applicazione - una pi completa ed organica politica di genere - rivisitazione e miglioramento di progetti come il PARI, che accompagnano formazione e supporto al reddito e, per tale motivo, sono particolarmente utili nel caso dellinserimento lavorativo delle donne - donne: percorso teso ad identificare anche quelle competenze non acquisite in campo lavorativo ma comunque spendibili nel mondo del lavoro. - uso pi frequente del part-time soprattutto per donne (conciliazione tempo lavoro e famiglia) - formare gli operatori sulluso di strumenti ad hoc di rilevazione e di intervento (questionari specifici, piano individuale di inserimento del lavoratore ecc.). Il rapporto tra enti coinvolti nelle politiche per lemersione non dovrebbe limitarsi alla messa in comune dei dati, ma dovrebbe mirare allistituzione di un vero e proprio governo su scala locale del sistema

PARADIGMA SVILUPPO POTENZIALE MISURE DIRETTE (incentivi all'emersione secondo piano individualizzati o regolati per via settoriale) MISURE INDIRETTE (programmi d'area, incentivi internazionalizzazione, accesso privilegiato al credito, sussidi innovazione tecnologica, certificazione di qualit, etc.)

Esperienze passate/in corso

Ruolo pi attivo da parte dei Centri per limpiego (Cpi) - favorire limprenditorialit degli immigrati nei servizi di intermediazione tra offerta e domanda di - brevi seminari per insegnare ai giovani come si lavoro: predispone un curriculum vitae (Cpi Arezzo) - Progetto Veneto Lavoro - progetti rivolti prevalentemente ad extracomunitari (Venezia, Trento) - progetti rivolti prevalentemente a persone in CIG e mobilit (Padova 2) - progetto pensato per tutti / informazioni in tempo reale (Vercelli)

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Esperienze passate/in corso

coordinamento sul territorio (Genova) supporto ai lavoratori extra-comunitari (Genova) progetto un euro l'ora (Provincia di Siena) autopromozione dei Cpi (Imperia) vedi anche Pisa - percorso di reinserimento rivolto ai lavoratori con le competenze pi deboli e di pi lunga permanenza in mobilit (Provincia di Macerata) - rafforzare loccupabilit dei lavoratori immigrati con interventi formativi mirati (per valorizzare e consolidare competenze e conoscenze pregresse dei lavoratori immigrati, interventi formativi di breve durata che li sostengano nellacquisizione di nuove conoscenze e competenze necessarie nel mutato contesto lavorativo); - favorire lattivazione di percorsi formativi per i lavoratori stranieri nei paesi di origine; - utilizzo di ammortizzatori o voucher che per la loro entit economica costituiscano una reale fonte di reddito per limmigrato, che sarebbe cos in grado di partecipare allattivit formativa. - rafforzare la consapevolezza e la tutela dei diritti degli individui che desiderano regolarizzare la loro posizione lavorativa, ma sono dissuasi dallignoranza delle regole, dal timore dellautorit, dalla loro debole posizione contrattuale

Proposte

Qui di seguito verranno presentate in modo sintetico le iniziative attuate sul territorio nazionale (e segnalate nella tabella 7.8) in maniera tale da avere un'idea sufficientemente esaustiva di ci che stato pensato e realizzato per arginare i principali problemi legati alla legalit nel mondo del lavoro. Nel presentare il quadro di tale iniziative viene adottato il medesimo schema interpretativo del paragrafo precedente; come si nota gi nelle voci all'interno della tabella 7.8, la maggior parte delle iniziative sono riconducibili a poche categorie di lavoratori: immigrati, persone in mobilit e cassa integrazione, donne, giovani e precariato. Per quanto riguarda invece l'aspetto pi squisitamente istituzionale balza agli occhi come lo snodo fondamentale nella lotta al sommerso sia individuato nel ruolo dei centri per l'impiego, nell'attivit che gi svolgono e nelle possibili funzioni aggiuntive che potrebbero assumere per rendere pi efficace la propria azione.

7.9.1. Alcune esperienze riconducili al paradigma della legalit violata: misure dirette sperimentate o proposte nel dibattito pubblico
La Provincia di Genova ha avviato un progetto che si rivolge fondamentalmente a quei lavoratori extracomunitari che, soprattutto nellindustria, nellartigianato e nelledilizia, esauriscono il loro rapporto di lavoro con lazienda e hanno interesse a trovare subito un altro lavoro. A questi lavoratori i Cpi della Provincia di Genova offrono servizi di tipo informativo e orientativo e anche voucher-formazione per aiutarli a un nuovo inserimento in azienda.

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La formazione come valore al centro di tutti quei progetti centrati sullo strumento del tirocinio formativo, una pratica gi attuata nelle Marche e che presenta diversi vantaggi: permette allazienda di conoscere e valorizzare le competenze dei lavoratori giovani che si andranno a inserire e permette al giovane di fare esperienza lavorativa comunque retribuita; gli operatori dei Cpi hanno precisato che circa la met dei tirocini formativi si trasforma in lavoro dipendente, sebbene a tempo determinato; tuttavia, a proposito del tirocinio, occorre vigilare sul rinnovo sistematico di questa forma contrattuale (dello stesso giovane nella stessa azienda) a fini di pura convenienza aziendale. A Vignola (Mo) stato presentato un progetto sperimentale del Centro dimpiego (realizzato in collaborazione con i servizi sociali), in cui si tenta il reinserimento lavorativo di persone che presentano una situazione di svantaggio familiare, proprio tramite lo strumento dei tirocini formativi. Il progetto si realizza con la collaborazione di 5 comuni ed attraverso piani di zona. Nel primo anno sono stati seguiti 53 casi, di cui si riusciti a collocare circa il 30%. Diversa invece la logica che alla base dell'iniziativa della provincia Teramo dove sono stati attivati tavoli di concertazione per coordinare lapplicazione della normativa in maniera organica e per scambiare banche dati ed informazioni (a tali tavoli si sono riuniti la Direzione provinciale del lavoro, le organizzazioni datoriali e sindacali, lInps, lInail, la Provincia e la Camera di commercio). Un incrocio di banche dati stato tentato, sia pure con difficolt tecniche dovute ai diversi sistemi informatici in uso, ed in via di perfezionamento. Questo tentativo di incrociare informazioni dovrebbe perfezionare, oltre ai controlli, anche lincontro domanda offerta di lavoro. Ciascuno avr informazioni in quantit ulteriore a quelle proprie e riuscir a svolgere il proprio lavoro con pi efficacia. Si noti che un progetto molto simile presente anche sul territorio pisano. Tra le proposte pi significative avanzate nel dibattito pubblico si possono ricordare le seguenti. Alcuni operatori hanno indicato che per risolvere il problema delle irregolarit legate al doppio lavoro occorrerebbe semplificare le troppe (non applicate) figure di lavoratori atipici previste dallattuale normativa. Altri suggerimenti riguardano lintroduzione degli indici di congruit (es. numero dipendenti rispetto al volume dellofferta), lintroduzione di una normativa pi restrittiva sulluso dei contratti atipici (es. obbligo assunzione dopo due contratti a progetto), lintroduzione di ammortizzatori sociali per lavoratori atipici tra un periodo di lavoro e laltro. Nello specifico, riguardo ai Durc stata avanzata la proposta di trasformarli da strumento formale a meccanismo di controllo e verifica, creando indici di

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congruit sottesi al suo rilascio, che farebbero scattare in certi casi immediate verifiche presso le imprese appaltanti. Sul fronte giovanile e del precariato sono diverse le proposte avanzate (si veda pi avanti la sezione su misure indirette/proposte). Per il momento ricordiamo che per assicurare maggiori certezze ai giovani riguardo al loro futuro pensionistico e per le forme di previdenza sociale dei contratti di lavoro regolari, una proposta innovativa prevede unindennit di collocamento per chi si iscrive ai Cpi e segue le sue direttive, al fine di fidelizzare i giovani e di evitare che svolgano lavoretti solo per fini di guadagno. Interessante a questo proposito anche la proposta di predisporre sistemi di riconoscimento delle competenze acquisite durante i periodi di lavoro irregolare, ai fini del reinserimento. stata messa in luce anche lidea della creazione nei Cpi di una banca dati parallela e anonima per la registrazione del nero e del grigio, ai fini di una valorizzazione della banca dati dei Cpi. Questa attivit non sempre realizzabile, ma si potrebbero studiare modalit per renderla possibile almeno in alcuni casi. Al fine di svolgere al meglio il loro ruolo istituzionale, i Cpi non dovrebbero limitarsi allerogazione del servizio, ma effettuare anche unanalisi dei fenomeni attingendo le informazioni da una rete di soggetti. A questo proposito sarebbe auspicabile la valutazione della correttezza dei contratti di lavoro responsabilizzando e sensibilizzando di pi la Dpl, i consulenti del lavoro, i commercialisti (intermediari) e le associazioni datoriali. Per ci che concerne il coordinamento istituzionale stata sottolineata la necessit di un coordinamento permanente tra i Cpi e gli organismi aventi poteri ispettivi. Unaltra azione ipotizzata riguarda i sistemi informativi dei Cpi: necessario da un lato che i Cpi conoscano meglio le situazioni effettive di criticit delle diverse tipologie di soggetti a rischio, cos da essere pi vicini alle reali situazioni di lavoro irregolari. La disponibilit di dati attendibili su questi fenomeni di doppio reddito e/o di irregolare applicazione di contratti atipici sarebbe molto utile a livello locale, per lelaborazione di politiche mirate. Oltre a questo, spesso sottolineata limportanza di integrare telematicamente le banche dati attualmente esistenti (Cpi, Inail, Inps, Casse edili, ecc...). Occorre infatti conoscere meglio i fenomeni, istituendo una rete locale di controllo ai fini di una valutazione della correttezza dei contratti di lavoro e di monitoraggio in rete delle politiche attive del lavoro; Altre proposte mirano a riformare il ruolo dei Cpi, trasformandoli in consulenti necessari per le aziende che si trovano a far uso di ammortizzatori sociali o dove le ispezioni rilevino limpiego di lavoratori in grigio o di percettori di sussidi. Nelle ispezioni, quando si trovano situazioni di lavoro irregolare, c

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lobbligo per tali lavoratori di rivolgersi al Cpi per regolarizzarsi e ricollocarsi, pertanto i Cpi diventano un punto obbligato di passaggio per i lavoratori. Per questo se venissero forniti strumenti operativi i Cpi potrebbero accreditarsi presso le aziende come reali soggetti della mediazione. Il ruolo di mediatore dei Cpi oggi modesto perch esso non viene visto come soggetto erogatore di servizi specialistici tale da dare allazienda servizi reali. Le aziende si rivolgono al Cpi prevalentemente per i lavoratori meno qualificati. La Provincia di Pistoia ha presentato unesperienza di raccolta-informazioni effettuata durante un momento particolare del percorso relativo agli ammortizzatori sociali. In certi settori produttivi, in caso di messa in mobilit, nel momento in cui la fase sindacale si conclusa ed inizia la fase di negoziazione presso lamministrazione provinciale, pu essere importante verificare gli spazi di riqualificazione nei settori stessi per provvedere alle azioni formative pi efficaci o a eventuali ricollocazioni in altre aziende dello stesso settore. In altre parole, nella fase di contrattazione in sede provinciale si studiano i contenuti formativi pi idonei per riqualificare le risorse umane o si analizza se sia possibile ricollocare in altre aziende dello stesso comparto i soggetti a rischio di mobilit. Da pi parti poi si suggerisce lidea di istituire strumenti premianti per le imprese: alcuni si limitano a voler fornire dei bonus (ad esempio nei punteggi per le gare) a chi accetta tirocini; altri invece suggeriscono di legare il conferimento dei bonus in base ad altri criteri come la certificazione etica, il rispetto della sicurezza, lattenzione ambientale, ecc.... Vantaggi economici selettivi e sussidi (sotto forma di sgravi fiscali) sono stati suggeriti anche per quelle imprese che siano disponibili ad assumere regolarmente gli immigrati. La questione degli incentivi e degli sgravi peraltro una tematica molto dibattuta in quanto si ritiene, sulla base dellesperienza dei Cpi, che il solo incentivo economico non costituisca per lazienda un motivo sufficiente per assumere. Lincentivo avrebbe una qualche efficacia solo in presenza di altri fattori facilitanti, quali la presenza di competenze ed esperienze specifiche del lavoratore, che solo in questo caso viene ritenuto appetibile per lazienda.

7.9.2. Alcune esperienze riconducili al paradigma della legalit: misure indirette sperimentate o proposte nel dibattito pubblico
Il principale esempio riscontrabile quello del progetto Spinner, formulato ed avviato da Sviluppo Italia. Esso si rivolge alle comunit di lavoratori cinesi presenti sul territorio italiano: il progetto in questione ha creato delle figure di mediatori culturali che offrono servizi di informazione e orientamento sia ai lavoratori sia agli imprenditori cinesi, dal momento che lintegrazione culturale

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di queste persone nelle regole del mercato del lavoro italiano particolarmente difficile. Molto interessante anche lesperienza dei Cpi della Provincia di Genova, portata avanti nellambito del progetto Match, che si sostanzia in unazione di accompagnamento delle lavoratrici extracomunitarie nel settore dei servizi alla persona (colf, badanti) durante i primi momenti del loro inserimento nelle famiglie italiane. Lo scopo di questa azione di assistenza evitare che queste donne cadano in situazioni di lavoro irregolari. Questo progetto, condotto in collaborazione con le associazioni degli immigrati, stato realizzato mediante una serie di attivit di informazione e di formazione per le donne in merito ai diritti che i contratti di lavoro garantiscono loro. In Provincia di Pistoia, tramite la rete degli attori locali, stato diffuso materiale informativo multilingua sui diversi servizi attivi sul territorio per gli immigrati. In questa esperienza sono state utilizzate tutte le diverse occasioni di contatto con lutenza immigrata (ad es. sono state effettuate comunicazioni sulle emittenti radiofoniche che trasmettono programmi per stranieri e il materiale informativo stato distribuito in occasione di concerti di musica etnica). Di tutt'altro tono l'iniziativa promossa in Provincia di Piacenza nel maggio 2005 con la sottoscrizione di un protocollo dintesa interistituzionale per la sicurezza, la regolarit e la qualit del lavoro tra i vari enti coinvolti (Dpl, Inps, Inail, Asl, Prefettura, Camera di commercio). La prima attivit stata lorganizzazione di un ciclo di 4 seminari rivolti alla committenza pubblica, agli ordini di architetti, ingegneri e geometri e poi alle aziende e ai loro consulenti sulla sicurezza e la regolarit. Una seconda azione stata supportare le societ appaltanti nella committenza pubblica nella conoscenza della normativa di lavoro e delle cause di irregolarit. Di varia natura e con diversi target sono stati i progetti di carattere formativo/informativo. A Teramo ad esempio sono state realizzate campagne tematiche informative con i lavoratori per sensibilizzarli sul funzionamento dei sussidi e degli ammortizzatori, con particolare attenzione al fatto che le indennit hanno carattere temporale ed doveroso attivarsi per dare vita a strategie attive di reinserimento professionale. Parimenti tali campagne sono state rivolte alle aziende per sensibilizzarle sui diversi contratti volti ad abbattere i costi del lavoro ma che prevedono forme di lavoro regolare ben determinate. Tali azioni di sensibilizzazione verso le aziende sono state corredate dalla produzione di un kit impresa (contenente informazioni sui finanziamenti, agevolazioni e norme contrattuali) diffuso con un cd rom e materiale cartaceo inviato a tutte le imprese con pi di 5 dipendenti. Un altro esempio dato la Sperimentazione SPIN in Liguria, che si rivolge

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ai giovani, con attivit preventive di sensibilizzazione direttamente negli istituti alberghieri, per aiutare gli studenti a non accettare il lavoro nero come un passaggio obbligato per accedere al mercato del lavoro. Anzi, per i neo-diplomati il non poter certificare lesperienza realizzata, per esempio in un albergo, profondamente penalizzante. Una delle esperienze pi significative tra quelle citate quella della Toscana e della Provincia di Pistoia, basata sullo sviluppo del settore della formazione professionale. La Toscana, infatti, ha messo a punto il sistema della Carta ILA221, frutto dellesperienza di altri Paesi europei. Tale carta, che funziona come una vera e propria carta di credito, consente al singolo di costruirsi un proprio percorso formativo. Tale percorso viene valutato e validato da un tutor del Cpi che accompagna il lavoratore lungo il percorso. Sulla carta vengono progressivamente caricati importi pari a circa 500 euro dietro giustificazione della spesa precedente: questo permette un controllo continuo sul suo utilizzo. Lequilibrio basato sullelasticit dello strumento (carta di credito) e sui meccanismi di controllo sullutilizzo della stessa. Inoltre, tale carta consente di coprire anche spese accessorie alla formazione stessa: libri, spostamenti, baby-sitter ecc., cosa che la rende unica. Attualmente il 65% dei beneficiari dello strumento ILA sono donne. Un breve cenno, infine, va fato al progetto PARI (Province di Pesaro e Rieti) prevede che la coesistenza di un sostegno al reddito e di un corso/percorso di formazione: questo consente ai lavoratori di non percepire la loro formazione in antagonismo con la sopravvivenza. Lo strumento sembra rivelarsi efficace e soprattutto essere apprezzato dalle donne che ne rappresentano il maggior numero di beneficiari. Tra le proposte pi significative avanzate nel dibattito pubblico si possono ricordare le seguenti. Alcune delle proposte individuate riguardano il mondo della scuola ed hanno, quindi, un carattere prevalentemente preventivo rispetto alle problematiche del mondo del lavoro che intendono affrontare. stata proposta, ad esempio, listituzione di un centro dimpiego nelle scuole durante lultimo mese prima della sospensione estiva. Altri strumenti possono essere laboratori o stand informativi per promuovere le politiche del lavoro, rivolti sia alle imprese che ai lavoratori. Sempre a proposito della scuola, stata sostenuta la necessit di una riforma dei cicli scolastici e dellorientamento, che favoriscano un re-indirizzo delle risorse e delle aspettative verso alcune professioni che oggi sono forse percepi221 Individual Learning Account: dal 2008 disponibile anche nella Provincia di Pisa.

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te come umili, ma che invece avrebbero carriere professionali pi agevoli di quelle intellettuali estremamente ambite, ma che in molti casi conducono ad un futuro lavorativo da sotto-occupati, precari o addirittura lavoratori irregolari. Sul fronte delle imprese si ritiene che possa essere utile l'attivazione di campagne di sensibilizzazione che esplicitino i vantaggi dellemersione e facciano al tempo stesso presente le sanzioni previste dalla legge sul lavoro irregolare. Unaltra proposta volta ad aumentare le conoscenze dei datori di lavoro sulle tipologie contrattuali e sulla normativa applicabile. Infatti, sulla base della diretta esperienza di alcuni Cpi, viene evidenziata una scarsa conoscenza della gamma di opportunit offerte dalla normativa vigente in materia di lavoro, da parte sia delle aziende che dei loro consulenti. Questa attivit di sensibilizzazione ed informazione dovrebbe essere realizzata dai Cpi in collaborazione con gli altri attori operanti sul territorio (ispettorati del lavoro, Inps, Inail, associazioni di categoria, Asl, Camere di commercio, ecc...), in quanto la vastit della potenziale utenza escluderebbe lefficacia di interventi realizzati in modo non sinergico. Molti osservatori hanno notato poi come in agricoltura ed in edilizia le imprese siano spesso poco informate sugli strumenti pi innovativi e che questa mancanza di aggiornamento riguardi anche i consulenti del lavoro utilizzati dalle imprese. In questo settore, dunque, gli interventi di informazione e formazione rappresentano uno strumento essenziale. Nella lotta contro il sommerso e per il lavoro regolare un ruolo centrale stato accreditato ai centri per l'impiego: molte delle proposte infatti riguardano proprio questi uffici. In generale viene rilevato come i Cpi dovrebbero recarsi spesso presso le imprese per promuovere la loro azione ed i servizi che sarebbero in grado di offrire. In questa direzione si potrebbero estendere alcune iniziative pilota legati ai Patti di Servizio con le aziende, che consentirebbero di mirare la formazione (orientamento dei giovani) in rapporto con i bisogni espressi dalle aziende presenti nel territorio. Di fronte alla percezione di una mancanza di attenzione in generale verso la cultura del lavoro e delle sicurezza, stato proposto da pi parti di intensificare i rapporti dei Cpi con altri enti per la costituzione di reti operative, soprattutto con le scuole, in quanto lassenza di cultura del lavoro assenza di cultura in generale e questa cultura in qualche modo va diffusa nella societ civile. Ad essere auspicata anche una valorizzazione del ruolo dei Cpi come promotori di orientamento e formazione continua nellincontro tra domanda e offerta. Questa modifica normativa renderebbe il Cpi garante della negoziazione, attribuendogli il potere di togliere il sussidio al lavoratore in mobilit che rifiuta unofferta accettabile dal punto di vista della qualifica proposta, della sua remunerazione, della localizzazione geografica e del tempo impiegato per raggiungere

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il luogo di lavoro. Il diverso ruolo dei Cpi nella gestione di rinnovati ammortizzatori sociali si spiega in quanto il Cpi un ente operativo a livello territoriale e agisce a stretto contatto con i lavoratori: esso dovrebbe avere un ruolo centrale proprio quando si passa dalla logica dellassistenza a quella dellinserimento e delle politiche attive. Tra i soggetti a rischio, come gi notato in precedenza, ve ne sono alcuni cui stata riservata una certa attenzione: percettori di sussidi (mobilit e cigs), precari, immigrati e donne. Da pi parti si focalizzata lattenzione sulla riforma degli ammortizzatori sociali, sostenendo l'opportunit di collegare lassistenza fornita allindividuo che perde il lavoro con lobbligo che la persona dimostri di ricercare attivamente una nuova occupazione e non si limiti ad attendere unoccupazione. Il sostegno economico andrebbe allora finalizzato a un percorso di inserimento lavorativo, senza apparire una mera forma di assistenzialismo. Una specifica riforma potrebbe riguardare possibili limitazioni cigs/mobilit in deroga sulla durata temporale, per indurre il lavoratore in mobilit a cercare soluzioni attive, come peraltro gi previsto dalla legge, scarsamente applicata. Non stata esclusa la necessit di rafforzare il sistema di sanzioni per i cassintegrati e i disoccupati che svolgono attivit al nero: prima fra tutte, in questo caso, la cancellazione dalle liste. Per quanto riguarda la questione del precariato nel suo complesso una prima proposta di fondo quella di porre limiti allabuso dei contratti atipici, prevedendo ad esempio lobbligo di assunzione dopo 2 contratti a progetto; oppure il vincolo di una percentuale di co.co.pro. rispetto al numero dei contratti da dipendente per azienda. La precariet sul banco degli imputati anche per i proponenti della predisposizione di ammortizzatori sociali per lavoratori atipici nel passaggio tra un contratto a progetto ed il successivo, in quanto in tali mesi il lavoratore si trova in balia del rischio del lavoro irregolare ed un supporto appare raccomandabile. La legge sui contratti a tempo determinato stabilisce che essi non possano durare pi di tre anni, ma permette di stipulare un nuovo contratto dello stesso tipo con la stessa persona trascorsi tre mesi dalla cessazione, diventando uno strumento che ben si adatta alle richieste di flessibilit dei datori. Tenendo conto anche di una tale situazione si auspica una riforma legislativa che eviti questo escamotage; inoltre va tenuto conto del fatto che lattuale normativa non stabilisce limiti temporali per i contratti a progetto; tra laltro stato fatto notare che le imprese hanno interesse a fidelizzare il lavoratore per poter contare su professionalit capaci e certe; quindi da pi parti si sostiene la necessit di approntare strumenti normativi che rendano pi conveniente lassunzione a tempo indeterminato; tuttavia importante non penalizzare troppo linteresse

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delle imprese, altrimenti si potrebbero creare sacche di lavoro nero, situazione peggiore della zona grigia di oggi. Una proposta che tende a tutelare i giovani assunti con contratti di tipo precario quella di stabilire per costoro compensi superiori almeno del 20% rispetto ai corrispondenti contratti a tempo indeterminato: si tratterebbe di rendere conveniente anche alle imprese il lavoro dipendente e a tempo indeterminato. Sui contratti atipici da pi parti stato proposto di semplificare istituendo ununica tipologia di contratto atipico (assunzione a tempo determinato) e al tempo stesso di rendere pi flessibile il licenziamento. Le opportunit di inserimento lavorativo dovrebbero comunque rimanere sotto forma di stages, borse di studio, tirocini formativi, creazione di societ cooperative miste pubblico-privato, ecc... Infine, in relazione al precariato o alla sottoccupazione che aspettano i giovani laureati alla fine del loro percorso di studi, si proposto lavvio di specifiche esperienze di praticantato gi durante la carriera universitaria. Un suggerimento ulteriore, che non incide direttamente sulla lotta al lavoro irregolare ma introduce un elemento di etica pubblica, guarda al divieto di stipula di contratti atipici nella pubblica amministrazione entro lultimo anno dalla consultazione elettorale. Un altro aspetto sul quale potrebbe incidere unauspicata riforma normativa riguarda il lavoro stagionale, che rappresenta uno dei principali bacini di lavoro irregolare. Il lavoratore stagionale generalmente occupato in modo regolare per la durata limitata al lavoro stagionale, ma molto spesso cade in una situazione di lavoro irregolare nel restante periodo dellanno. Sembrerebbero opportune unadeguata programmazione territoriale e forme contrattuali adeguate per i lavoratori stagionali, che permettano loro di continuare a lavorare in modo regolare nei restanti mesi dellanno. Un discorso a parte deve essere fatto per i lavoratori immigrati. Partendo dalla considerazione che il lavoratore immigrato spesso ha un ridotto interesse a vedersi corrisposti i contributi previdenziali ed assistenziali, se le sue prospettive di lavoro in Italia sono circoscritte ad un arco temporale ridotto che non prevede la corresponsione di una pensione, alcuni ritengono di poter stimolare linteresse del lavoratore immigrato ad ottenere un impiego regolare modificando lattuale regime previdenziale ed assistenziale. In particolare, si ritiene che il lavoratore immigrato sia incentivato da dispositivi normativi che prevedono la capitalizzazione dei contributi previdenziali ed assistenziali e la possibilit di riscattare le somme cos accumulate alla fine del rapporto di lavoro. Una seconda proposta che implica una modifica della normativa attualmente vigente in materia di immigrazione finalizzata ad agevolare lottenimento dei permessi di soggiorno per motivi di lavoro sulla base della considerazione che una buona

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parte del lavoro irregolare svolto da cittadini extracomunitari non in regola con il permesso di soggiorno. In termini generali, tutti i provvedimenti che favoriscono lestensione dellorizzonte temporale con il quale il lavoratore straniero guarda alla propria esperienza in Italia ricongiungimenti familiari, politiche di integrazione, ecc. disincentivano il ricorso da parte di questi ultimi alle forme di irregolarit che si traducono in una massimizzazione del guadagno immediato, a scapito di prestazioni assistenziali, contributive, inosservanza della normativa su sicurezza e igiene. Nella medesima linea di intervento si colloca la proposta che richiede una generale modifica della leggi Bossi-Fini sullimmigrazione, come abbiamo visto anche per il caso della provincia di Pisa, in particolare chiedendo il cambiamento del meccanismo dei flussi e di quello delle richieste nominative. In questultimo caso viene infatti evidenziata la complessit della normativa che prevede la verifica preliminare da parte dei Cpi della presenza sul territorio di altri lavoratori comunitari o extracomunitari disponibili a svolgere il lavoro per il quale stata fatta la richiesta nominativa. Linutilit di questa verifica determinata dal fatto che la proposta del lavoratore alternativo da parte del Cpi non vincolante per il datore di lavoro che, nella maggior parte dei casi, rifiuta il nuovo lavoratore proposto e richiede espressamente la persona identificata nominativamente. In questo modo i Cpi si trovano a dover svolgere un lavoro che non incide sulla scelta iniziale del datore di lavoro e che, al contrario, genera aspettative che vengono sistematicamente deluse. Questa procedura, inoltre, rallenta il percorso gi tortuoso che porta allassunzione dellimmigrato. Per gli stranieri sono stati proposti interventi diretti di formazione, informazione e orientamento personalizzati, che comprendano anche servizi non strettamente attinenti allambito del lavoro (es. alloggio, credito, mediazione linguistica e culturale, rapporto con le associazioni di immigrati) ma miranti a una integrazione socio-territoriale pi articolata e centrata sulle caratteristiche socio-culturali e sui comportamenti di ogni gruppo etnico. Questi interventi sono fondamentali nel caso di extracomunitari che abbiano perso il lavoro e che ne debbano trovare un altro allinterno del tempo di vigenza del permesso di soggiorno. Tra questi interventi rientra anche quello destinato ad assistere il lavoratore straniero e lazienda stessa durante i primi tempi dellinserimento, tramite luso di figure come i mediatori culturali; una delle proposte in questo senso quella di creare presso i Cpi uno sportello specifico per gli extracomunitari, come strumento di supporto allintegrazione nelle prime fasi del soggiorno dellextracomunitario in Italia. Proposte specifiche riguardano infine il lavoro femminile. La legge sul congedo parentale, la 53/2000, il perno su cui ruota la possibile

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conciliazione dei tempi di vita e lavoro femminili. Ad oggi i Cpi non hanno dati sullutilizzo di tale legge e non conoscono lo stato reale della sua applicazione. Tali dati sono gestiti a livello solo centrale. In particolare larticolo 9 ha fornito ad alcune aziende loccasione di gestire il congedo parentale non come un problema ma come opportunit. Avere maggiori informazioni e diffonderle a livello territoriale sarebbe ottimo strumento per i Cpi. Anche la gestione a livello locale/territoriale dei congedi parentali offrirebbe ai Cpi la possibilit di avere maggiore polso della situazione. Anche perch lapplicazione della legge conosce differenze importanti da territorio a territorio. Per le lavoratrici, alla base del loro difficile inserimento nel mondo del lavoro permane un forte preconcetto che vede la donna come meno affidabile (a causa dei rischi di gravidanza, maternit, cura delle persone di famiglia). essenziale che i decisori politici non si orientino esclusivamente verso azioni molto mirate e specifiche (sportello donna, progetti ecc.) ma verso una pi generale politica di genere. Ad esempio, allinterno dei piani provinciali e regionali e nellambito di ogni bando di gara, potrebbero essere inseriti criteri operativi in grado di riequilibrare i generi e di garantire alla donna un reale accesso al mondo del lavoro (discriminazioni positive). Particolarmente importante sembra inoltre la rivisitazione e il miglioramento di progetti come il PARI, che accompagnano formazione e supporto al reddito e, per tale motivo, sono particolarmente utili nel caso dellinserimento lavorativo delle donne. Si rischia che il solo inserimento/formazione non sia infatti accessibile per chi non pu permettersi di non guadagnare. Ma se lazione di tutoraggio fondamentale nel momento dellinserimento del lavoratore, altrettanto importante il monitoraggio post-inserimento: troppo spesso la mortalit dei posti di lavoro creati elevata. Tale mortalit spesso dovuta a piccoli problemi (anche pratici) che un buon monitoraggio potrebbe prevenire. Inoltre, linserimento della lavoratrice andrebbe progettato anche di concerto con lazienda. Rimanendo in tema di occupazione femminile, occorrerebbe un percorso teso ad identificare anche quelle competenze non acquisite in campo lavorativo (ad es. la cura della casa, la cura delle persone ecc.), ma comunque spendibili nel mondo del lavoro. Molte donne arrivano spesso demotivate e sfiduciate ai Cpi e non in grado di valutare adeguatamente le proprie competenze. Attraverso questo bilancio delle competenze le donne sono in grado di spendersi meglio anche in campo professionale e di non accettare passivamente contratti non regolari. Lavorare sulla consapevolezza e sullautostima diventa fondamentale. Per le donne che vogliono lavorare, ma che devono conciliare il proprio tempo lavorativo con il lavoro domestico da alcuni suggerito un uso pi frequente del part-time. Attualmente poco utilizzato, un strumento che potrebbe sup-

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portare efficacemente il lavoro regolare femminile. Incentivare, anche economicamente, gli imprenditori ad assumere lavoratrici part-time potrebbe essere la soluzione vincente. Il part-time, infatti, proprio per le sue caratteristiche di flessibilit e di temporalit potrebbe permettere alle donne di non abbandonare il proprio posto di lavoro quando questo diviene inconciliabile con la cura dei figli. Avere a disposizione un contratto di lavoro che diventa part-time in alcuni momenti della vita essenziale per non essere poi costretta a rientrare, magari a distanza di anni, nel mondo del lavoro con modalit non regolari. In termini generali, e lasciando quindi da parte le specificit delle singole tipologie di lavoratori, da alcuni osservatori stato suggerito di formare gli operatori sulluso di strumenti ad hoc di rilevazione e di intervento (questionari specifici, piano individuale di inserimento del lavoratore ecc.). Il rapporto tra enti coinvolti nelle politiche per lemersione non dovrebbe limitarsi alla messa in comune dei dati, ma dovrebbe mirare allistituzione di un vero e proprio governo su scala locale del sistema, attuando una gestione complessiva del settore tramite una cabina di regia in cui le istituzioni coinvolte gestiscano lintero processo in tutte le fasi del suo ciclo (programmazione, gestione degli interventi, valutazione e monitoraggio). In questo senso, anche meccanismi di cooperazione internazionale pi stretta con gli stati esteri di provenienza degli extracomunitari possono favorire azioni di intermediazione legale gi evidenziate ma anche controlli pi efficaci. Alcuni ritengono necessario un migliore lavoro in rete locale con Inail e Inps anche per arrivare a controlli e sanzioni pi accurati. I centri per limpiego possono fornire dati per il controllo, ma si ritiene importante che sia sempre chiara e mantenuta lidentit del servizio dei Cpi. Mischiare controllo e servizio significa perdere unidentit indispensabile per un costruttivo lavoro sul territorio.

7.9.3. Alcune esperienze riconducili al paradigma dello sviluppo potenziale misure dirette sperimentate o proposte nel dibattito pubblico
Molte delle esperienze pi significative qui riportate riguardano lo svolgimento di un ruolo pi attivo da parte dei Centri per limpiego (Cpi) nei servizi di intermediazione tra offerta e domanda di lavoro. Ad esempio lAgenzia Veneto Lavoro ha iniziato ad operare in via sperimentale come canale legale di intermediazione per la manodopera extracomunitaria: lAgenzia chiede al sistema produttivo numero e qualifica del personale extracomunitario richiesto e se la richiesta delle aziende supera la quota regionale prevista dalla legge Bossi-Fini, alla regione viene richiesto di attivarsi presso il governo nazionale per rivedere in alto la quota prevista. Sempre in questa

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ottica stata sottolineata lesigenza di disporre di un accesso diretto ai dati delle Questure per snellire le procedure di ingresso dei lavoratori stranieri. I vantaggi sono, per il datore di lavoro, il soddisfacimento della richiesta e, per il lavoratore, la sicurezza di un pre-contratto che gli garantisce lo stato di regolarit. Altra esperienza simile quella della Provincia di Trento, dove il Servizio Lavoro provinciale ha stabilito accordi con le associazioni di categoria del settore agricolo sulle quote dei lavoratori stagionali, in grande maggioranza extracomunitari. Il Servizio Lavoro della Provincia effettua parallelamente unazione di controllo ispettivo per assicurare anche che la richiesta della singola impresa dia effettivamente luogo alla relativa assunzione. Tuttavia stato fatto notare che questo sistema efficace solo nel caso dei lavoratori stagionali, dove effettivamente le quote assegnate soddisfano le necessit delle imprese (cosa che non avviene invece, come si visto a proposito dellesperienza veneta sopra citata, nel caso dei lavoratori a tempo indeterminato). Un caso interessante quello del Cpi di Padova. La Regione Veneto ha predisposto diverse iniziative per il ricollocamento al lavoro di persone in cassa integrazione e mobilit, che per hanno incontrato, allinizio, serie difficolt. Le aziende infatti non fornivano informazioni su persone poste in cassa integrazione (in quanto non obbligate), per cui era difficile avere unidea esatta della dimensione del fenomeno. Per quel che riguarda soggetti in mobilit il Cpi poteva individuare i soggetti, ma non veniva applicata la cancellazione dalle liste per chi non accettava il ricollocamento. Successivamente il Cpi ha allacciato rapporti di partenariato con lAssociazione industriale e altri Enti ed stata avviata unazione di convoca dei soggetti che ha dato luogo alla realizzazione di 3 corsi di formazione per il ricollocamento dei lavoratori. Una seconda esperienza di successo, sempre del Cpi di Padova e finanziata con fondi della Provincia, stata il finanziamento di un corso, rivolto a persone in mobilit, per creare figure professionali particolarmente richieste dal mercato del lavoro locale (in questo caso donne addette alle macellerie nei supermercati). L80% delle 15 donne che hanno partecipato ha trovato lavoro. Il punto di forza stato il contatto con lAssociazione dei commercianti che ha fatto una ricerca di mercato per definire il settore nel quale operare il ricollocamento ed ha svolto lattivit formativa. interessante anche quanto si sta facendo nellarea di Vercelli, dove il lavoratore lascia il proprio numero di cellulare al momento dellapprodo al Cpi e con questo si guadagna il diritto di ricevere con sms tutte le informazioni sulla propria posizione presso i Centri per limpiego, cos come le informazioni utili sul mercato del lavoro. Per quanto riguarda il lavoro domestico si segnala lesperienza della Provincia di Genova che svolge una funzione di intermediario, affiancando al servizio

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on line di domandaofferta (Match azienda), anche un servizio simile per le famiglie (Match famiglia) mettendo in rete tutte le associazioni, ma anche parrocchie e centri vari, che lavorano informalmente con donne, immigrati e fasce svantaggiate.222 Le famiglie si possono rivolgere ai Centri per limpiego che poi realizzano il match con la figura professionale di cui hanno bisogno. Parallelamente sono stati costruiti dei percorsi formativi per la qualifica di assistente famigliare. Il Centro Provinciale per limpiego di Vicenza sta consolidando unesperienza in favore di soggetti svantaggiati (giovani e donne), con particolare attenzione alla valorizzazione del territorio, favorendo soluzioni adatte alle situazioni locali specifiche. Si partiti con unesperienza sulla disabilit, creando un nucleo istituzionale tra Usl, i servizi per limpiego e la medicina del lavoro. In una prima fase si sperimentato il lavoro dei comitati tecnici, intorno a cui si allargata unarea relativa allo svantaggio; in una seconda fase i tavoli, diventati i decisori dei percorsi individuali, hanno adottato la stessa metodologia per raccogliere le risorse. Italia lavoro riferisce invece di unesperienza nel sud dItalia, dove sono state agevolate piccole e medie imprese che simpegnano a conseguire un certo esito occupazionale. I benefit o le agevolazioni disponibili sono condizionate alla presenza di lavoro regolare. Si offrono inoltre percorsi di mobilit geografica per implementare le scarse competenze dei giovani in ingresso e delle donne, con tirocini in aziende del nord per tornare in seguito nel loro territorio. In questo ambito da citare anche il progetto Un euro allora della Provincia di Siena, che prevede azioni di informazione alle famiglie che impiegano donne (le famiglie spesso non hanno gli strumenti per impostare i rapporti di lavoro) come colf e badanti e un contributo simbolico di un euro allora per queste lavoratrici (grazie allo sponsor del Monte dei Paschi di Siena). Lesperienza dei Cpi della Provincia di Imperia si dimostrato particolarmente efficace: essa si sostanzia in visite presso aziende con meno di 15 addetti per promuovere azioni comuni (formazione, incontro domandaofferta, prevenzione crisi ecc.). Si tratta di interventi diretti sulle aziende per conoscere le esigenze e i problemi delle piccole aziende: tali interventi possono essere efficaci nel riqualificare il personale. Inoltre si notato che spesso le imprese non sono informate circa i vantaggi nellassumere persone dalle liste di mobilit. Risulta utile fare comunicazione alle imprese sui vantaggi delle assunzioni da liste di mobilit; allo stesso tempo si possono, tramite tali comunicazioni, effettuare azioni di marketing dei Cpi per farsi conoscere presso le imprese del territorio.
222 Anche la Provincia di Teramo che ha attivato un osservatorio sul mercato del lavoro per incrociare domanda e offerta di lavoro nelle attivit formative.

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La Provincia di Macerata ha presentato un percorso di reinserimento rivolto ai lavoratori con le competenze pi deboli e di pi lunga permanenza in mobilit. Il percorso prende avvio con la sottoscrizione da parte del lavoratore in mobilit, che si reca al Cpi con una dichiarazione di immediata disponibilit al lavoro. Gli si fa un colloquio di orientamento per comprendere se ci sono margini su cui lavorare per accrescere la possibilit a rioccuparsi anche con mansioni diverse da quelle prestate in precedenza. Se dal colloquio di orientamento si trovano mansioni su cui il candidato dimostra disponibilit ed interesse lo si iscrive ad un laboratorio di orientamento, che gli offre conoscenze sulla mansione che dovrebbe svolgere per fargli rafforzare la motivazione a ricollocarsi. La conoscenza dovrebbe stimolare e rafforzare convinzioni e motivazioni riguardo al tipo di lavoro. Questa operazione, qualora emergano forti motivazioni, prosegue con un corso di riqualificazione professionale che dovrebbe aiutare il soggetto a reinserirsi a pieno titolo. Se questo non possibile, si cerca di inserire il soggetto nei lavori socialmente utili. Importante stata ritenuta una pi attenta e puntuale verifica da parte dei Cpi delle tipologie contrattuali attraverso la creazione di sistemi informativi ad hoc, maggiori controlli, ricerche finalizzate, il tutto in una dimensione di partenariato e prossimit territoriale. Tra le proposte pi significative avanzate nel dibattito pubblico si possono ricordare le seguenti. Molto spesso gli immigrati che lavorano in Italia svolgevano altri tipi di lavoro nei loro paesi di origine. Si proposto pertanto di rafforzare loccupabilit dei lavoratori immigrati con interventi formativi mirati, che intervengano su due fronti: da un lato si dovrebbero valorizzare e consolidare le competenze e conoscenze pregresse dei lavoratori immigrati, dallaltro si dovrebbero prevedere interventi formativi di breve durata che li sostengano nellacquisizione di nuove conoscenze e competenze necessarie nel mutato contesto lavorativo. Gli interventi formativi di breve durata sarebbero ancora pi efficaci se potessero essere realizzati sul posto di lavoro, con la collaborazione di figure di supporto quali tutor e mentori aziendali. Gli interventi formativi dovrebbero essere mirati, inoltre, a rafforzare la consapevolezza del lavoratore rispetto ai propri diritti e doveri, in quanto molto spesso questo tipo di lavoratori proviene da paesi con sistemi lavorativi, previdenziali e assicurativi completamente diversi dal nostro. Sempre sulla formazione degli immigrati, alcuni ritengono opportuno favorire lattivazione di percorsi formativi per i lavoratori stranieri nei paesi di origine, opportunit che sembrerebbe particolarmente indicata per i servizi per limpiego privati quali le agenzie di lavoro interinale. In questo caso il lavoratore immigrato entrerebbe nel nostro paese dotato gi delle competenze necessarie

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e specificamente richieste per svolgere il lavoro per il quale stato assunto. Molto spesso poi i lavoratori immigrati non hanno tempo a disposizione per partecipare a percorsi formativi. Per superare questa difficolt e favorire laccesso alle attivit formative da parte degli immigrati, soprattutto nel caso di percorsi di qualificazione di una certa durata, alcuni propongono lutilizzo di ammortizzatori o voucher che per la loro entit economica costituiscano una reale fonte di reddito per limmigrato, che sarebbe cos in grado di partecipare allazione formativa. Accanto alla formazione, appaiono efficaci anche le azioni di informazione e comunicazione realizzate dai Cpi in collaborazione con tutta la rete degli attori locali, dagli sportelli comunali per gli immigrati alle associazioni di volontariato ai sevizi sociali e sanitari, che possono rappresentare i diversi punti di riferimento per gli immigrati per laccesso alle informazioni. Da ultimo, si pu segnalare la proposta accompagnata peraltro da sperimentazioni attuate in alcuni ambiti circoscritti di rafforzare la consapevolezza e la tutela dei diritti degli individui che desiderano regolarizzare la loro posizione lavorativa, ma sono dissuasi dallignoranza delle regole, dal timore dellautorit, dalla loro debole posizione contrattuale (in quanto immigrati, donne, ecc.). Un possibile strumento consiste allora nellabbattere i costi del ricorso a servizi di consulenza e assistenza legale (peraltro forniti anche da organizzazioni sindacali, verso le quali tuttavia possono sussistere resistenze maggiori). Occorrerebbe dunque promuovere iniziative di tutela legale per i lavoratori irregolari (o clandestini), sul modello dellattivit della onlus bolognese Avvocati di strada (che tutela i diritti sociali e civili dei cittadini senza fissa dimora), per rafforzare la protezione effettiva di diritti sociali e civili di fatto negati.

7.9.4. Alcune esperienze riconducili al paradigma dello sviluppo potenziale: proposte avanzate nel dibattito pubblico
Alcuni osservatori sostengono che il modo migliore per garantire la regolarit del lavoro degli immigrati sia quello favorire limprenditorialit degli immigrati stessi. A questo fine, oltre allattivit di supporto e di formazione per sostenere la vocazione imprenditoriale dei soggetti pi deboli (immigrati, donne, ecc.), gi segnalata in precedenza, un altro meccanismo di recente introduzione nel nostro paese la cui formulazione si deve al premio Nobel 2006 per la pace Muhammad Yanus consiste nella diffusione del microcredito.223 Incoraggiando
223 Per quanto introdotto di recente, importato dai paesi in via di sviluppo nei quali nato, lo strumento del microcredito sta rapidamente prendendo piede in Italia, grazie sia ai suoi successi che alla sua filosofia ispiratrice, coerente con il paradigma dello sviluppo potenziale. Secondo un ricerca condotta da Finanza etica in Italia negli ultimi quattro anni sono stati erogati circa 550 milioni di euro in microfinanziamenti, ciascuno per un importo compreso tra 2mila e 25mila euro, a seconda delle dimensioni

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e assicurando una copertura finanziaria allestensione di questo canale di concessione del credito, finora delegato ad associazioni no profit, le politiche per lemersione potrebbero contare su uno strumento duttile, che in alcuni contesti circoscritti ha gi dato risultati promettenti. Si pu rammentare lesperienza romana della Fondazione risorsa donna, ente no profit che gestisce un progetto finanziato dalla Compagnia di San Paolo rivolto alle donne immigrate in possesso di particolari requisiti. Oltre a finanziare iniziative di occupabilit, consistenti in percorsi formativi, il progetto si concentrata precisamente sui progetti di microimprese, finanziate a tasso agevolato tanto a singole donne che a gruppi di donne immigrate, in societ o cooperativa. Il tasso di rimborso stato del 97,1% e quello di puntualit del 94% solo il 5% ha fatto registrare un ritardo nel pagamento delle rate: risultati particolarmente positivi che specie in un periodo di particolare turbolenza del sistema creditizio confermano la validit delliniziativa (Inps 2007, 42). Un po' a s stante, ma forse comunque utile, l'attivit svolta dal Cpi di Arezzo che organizza dei brevi seminari per insegnare ai giovani come si predispone un curriculum vitae; anche importante fornire loro informazioni sui diritti e sulla previdenza, al fine di aumentare la consapevolezza del lavoratore: il tipico esempio quello di neolaureati a cui viene chiesto da parte del datore di lavoro di aprire la partita Iva quando invece di fatto lo si sta avviando a un rapporto di lavoro di tipo dipendente. In generale una delle principali sfide attuali la creazione di percorsi personalizzati di formazione. Ogni lavoratore dovrebbe essere in grado di disegnare la propria riqualificazione in modo flessibile. Non una formazione collettiva, ma un percorso personalizzato, in grado di valorizzare e arricchire le competenze gi esistenti che differiscono da persona a persona. Anche perch questo consente di scegliere tempi e modi che siano conciliabili con le proprie necessit e tempi di vita. In questa direzione va la carta Ila, che consente di accedere ad un credito destinato alla formazione, rappresentando unesperienza da diffondere ed arricchire. Il Cpi sarebbe nella condizione di offrire supporto e formazione in ogni momento dellanno, a prescindere dallapertura/chiusura di bandi e corsi formativi.

dellimpresa. La durata del prestito varia tra i 3 e i 5 anni, con piani di restituzione mensile, e la quota estremamente bassa di sofferenze per mancata restituzione limitata al 2%: Buona parte di questi microfinanziamenti sono stati destinati nellambito delle politiche per le pari opportunit allo sviluppo dellimprenditoria femminile con un occhio di riguardo per i progetti imprenditoriali delle donne immigrate (Inps 2007, 41):

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7.10. Alcune osservazioni conclusive


In questo capitolo abbiamo analizzato quali criticit siano percepite come le pi importanti nel contesto della provincia di Pisa, evidenziando quali esperienze passate sono state considerate positive e soffermandoci sulle proposte che gli osservatori privilegiati da noi intervistati vorrebbero veder realizzate, cos da migliorare la situazione della sicurezza e della regolarit nei luoghi di lavoro. Abbiamo rilevato come diversi attori abbiano spesso visioni divergenti: un fattore, strumento o esperienza che assume valenza positiva per alcuni (ad esempio, la liberalizzazione del mercato del lavoro) viene percepito negativamente da altri. Non sono tuttavia mancate occasioni di unanimit o di larghissimo consenso, che vanno al di l dellovvio e semplicistico siamo a favore della sicurezza nei luoghi di lavoro, siamo contro il lavoro irregolare. Non abbiamo proposto soluzioni innovative od originali, limitandoci a passare in rassegna il lungo elenco di proposte di soluzioni e strumenti presenti nel dibattito pubblico, ovvero in fase di attuazione. Il nostro obiettivo quello di aprire la cassetta degli attrezzi disponibili nellagenda pubblica, alla quale possono attingere i decisori pubblici. Occorre tuttavia tenere ben presente la complessit dei fattori che possono indurre a preferire luno allaltro, tra cui le aspettative sulle reazioni degli altri attori, che su alcuni temi potranno collaborare, su altri contrapporsi. Un criterio di selezione degli strumenti di policy, del resto, proprio quello che induce a preferire quelli in grado di riscuotere il consenso pi ampio. questo il caso di quegli interventi di carattere formativo ed educativo che, come emerso nella nostra ricerca, mirano a plasmare nelle nuove generazioni modelli culturali coerenti con la sicurezza sul lavoro e i valori della legalit. Per avviare questo grande investimento a lungo termine non necessario attendere interventi e provvedimenti del parlamento o del governo nazionale. A livello locale fin dora possibile attivare corsi di formazione alla legalit e alla sicurezza nelle scuole, organizzati da una rete di attori locali con laccordo dei provveditorati. Partire dallimpegno culturale non significa rifiutare a priori le scelte a somma zero, che farebbero entrare in conflitto i diversi attori, ma piuttosto riconosciuta quella della provincia di Pisa come una realt caratterizzata prevalentemente da condizioni di sommerso per necessit muovere dalladozione di un paradigma condiviso, quello dello sviluppo potenziale, per individuare nelle osservabili condizioni di irregolarit speculari opportunit latenti di maturazione e crescita professionale, specie per le categorie pi deboli, di progresso tecnologico e organizzativo, di miglioramento competitivo. I policy makers dovrebbero quindi farsi carico di percorsi di istruzione e formazione, cos da moltiplicare le occasioni affinch imprenditori e lavoratori convertano stabilmente nelluniver-

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so delle relazioni economiche visibili e regolari aspirazioni personali, competenze e abilit precedentemente maturate nei mercati opachi caratteristici del lavoro nero o grigio. Le politiche di formazione del capitale umano, la promozione di reti di solidariet, listituzione di canali di accesso privilegiato al credito o al micro-credito per le categoria sociali pi svantaggiate e a rischio sono solo alcuni esempi, tra i moltissimi possibili presentati in questo capitolo, di strumenti di policy con i quali trasformare la lotta al lavoro irregolare in volano per una crescita di competitivit dei sistemi economici locali. Questo approccio richiede tuttavia tra gli attori un clima di collaborazione e unattitudine a lavorare insieme, risorse con le quali prevenire o disinnescare eventuali attriti futuri. Un altro elemento fortemente domandato dagli osservatori intervistati, presente anche nel dibattito pubblico e nelle esperienze realizzatesi in Italia, in effetti il tema del coordinamento e dei canali di comunicazione per lo scambio di informazioni ed esperienze. Del resto, ben difficilmente lattuazione delle politiche per lemersione del lavoro irregolare potrebbe produrre gli effetti sperati se vi fosse lopposizione di un attore fra i molti enti pubblici, sindacati ed associazioni di categoria chiamati in causa a vario titolo nella loro formulazione e messa in atto. In effetti, si osserva, emergere conviene per lo Stato che recupera levasione fiscale e contributiva; per il sistema delle imprese che supera la concorrenza sleale e ricerca una competitivit di alta qualit; per il lavoratore che in questa catena costituisce lanello pi debole e che a volte rinuncia alla propria dignit per paura di perdere il lavoro nero o irregolare (Ires 2007). Per questa ragione appare conveniente ricercare soluzioni che soddisfino i tre soggetti stato, sistema delle imprese, lavoratori piuttosto che accentuare contrasti di interessi e divergenze. Muovere da un impegno nella dimensione culturale significa inoltre rispondere in maniera efficace alla presenza di alcuni fattori che nel sesto capitolo abbiamo individuato quali possibili cause del mancato rispetto delle normative sulla sicurezza. Pochi tra gli attori che abbiamo intervistato indicano linadeguatezza dei modelli culturali come una delle cose che non funzionano nella realt della provincia di Pisa, ma la maggior parte di loro propone interventi di questa natura. Si potrebbe dire che il problema della mancanza di cultura viene dato da essi quasi per scontato, e quindi tralasciato per passare direttamente a cosa bisognerebbe fare per risolvere, ovvero che vi sia una notevole approssimazione nellindividuare e comprendere a cosa corrispondano esattamente quelle politiche per una cultura del lavoro regolare.

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Capitolo 8 Attori e politiche per lemersione del lavoro irregolare dal contesto italiano alla dimensione locale: una sintesi dei principali risultati della ricerca
La ricerca presentata in questo volume ha per oggetto le politiche di prevenzione e contrasto alla realt del lavoro irregolare, partendo dal contesto nazionale e arrivando alla specifica realt territoriale della provincia di Pisa. Lattenzione alle politiche e alle reti di interazioni tra gli attori coinvolti rappresenta la lente interpretativa attraverso la quale abbiamo cercato di cogliere le ragioni del radicamento di svariate forme di lavoro irregolare e insicuro, nelle varie sfumature di grigio nelle quali si manifesta, ricollegando tali manifestazioni alle dinamiche pi o meno visibili del mercato del lavoro, che nel loro sviluppo rispondono alle caratteristiche settoriali e territoriali del fenomeno. In questa prospettiva, le difficolt delle politiche si ricollegano a diversi aspetti disfunzionali del sistema istituzionale italiano, osservabili in modo particolare in alcune aree e settori economici: (1) laffievolirsi o la cancellazione di fatto di una gamma di diritti civili e sociali (alla piena cittadinanza, alla tutela assicurativa e previdenziale, alla sicurezza e alligiene sui luoghi di lavoro, ecc.), rilevabile in modo particolare per alcune categorie pi deboli di individui; (2) lopacit e linvisibilit delle relazioni contrattuali, che accresce lincertezza su qualit e affidabilit dei segnali di mercato; (3) la sistematica distorsione dei meccanismi competitivi, a vantaggio di operatori con minori scrupoli e maggiori abilit in attivit illecite o irregolari. La diffusione delleconomia sommersa e del lavoro irregolare, infatti, sono il sintomo della tensione esistente tra due possibili dinamiche di sviluppo economico e sociale: quella orientata da buone istituzioni, generatrici di incentivi ad investire in abilit e conoscenze che producono surplus sociale e accrescono la produttivit nel tempo; e quella di segno opposto, nella quale cattive istituzioni incoraggiano lo sviluppo di unimprenditorialit marginale o parassitaria, che opera nellombra ignorando le regole poste a tutela della concorrenza, le norme fiscali, antinfortunistiche, previdenziali, e investendo tempo ed energie proprio

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nellacquisizione di quelle conoscenze e abilit che li avvantaggiano nella prassi dinosservanza delle regole. Tutti gli studi sul lavoro irregolare convergono nel rilevare che le manifestazioni del fenomeno, pur presentando profili e dinamiche simili su scala pi ampia, appaiono fortemente connotati in relazione a specifiche propriet del tessuto produttivo locale e del settore economico in cui si manifestano.224 In questa prospettiva si inquadra la nostra ricerca, che prende avvio da unanalisi di macrolivello sulle caratteristiche generali del lavoro irregolare e delle politiche di prevenzione ed emersione, per poi concentrarsi sul livello locale, mediante uno studio di alcuni settori di attivit economica agricoltura, servizi alla famiglia, edilizia in un preciso contesto territoriale di riferimento, la provincia di Pisa. Abbiamo preso in considerazione tanto i problemi di invisibilit o di opacit dei rapporti lavorativi, indotti da violazioni sia della regolazione previdenziale, fiscale o retributiva, che della sicurezza e delligiene sui luoghi di lavoro. Sulla base di una raccolta sistematica da fonti scientifiche, statistiche e documentarie e di interviste a specialisti, osservatori e testimoni privilegiati, abbiamo cercato di individuare, allinterno della cornice normativa esistente, le linee ispiratrici delle politiche di contrasto allillegalit nel mondo del lavoro sommerso e per la promozione di standard pi elevati di sicurezza nelle imprese, formulate e attuate ai diversi livelli. * Nel tracciare un profilo dei soggetti economici che fanno ricorso al lavoro irregolare emergono diversi tipi di vincoli che la pongono in posizione marginale rispetto alluniverso economico ufficiale: (i) vincoli culturali e formativi, che si traducono in scarsi investimenti nella qualificazione del personale, cos come nellincapacit di elaborare business plan o progetti di ampio respiro; (ii) vincoli relazionali, per lassenza o la debolezza dei rapporti di partnership o di stabile collaborazione con altri soggetti imprenditoriali, tanto sul versante dellaccesso al credito che nella catena clienti/fornitori, e per lestraneit da contatti con le istituzioni pubbliche (mancato accesso a programmi di formazione e di sostengo pubblico, ecc.); (iii) vincoli tecnologici, che trovano espressione in una serie di svantaggi competitivi (utilizzo di tecnologie arretrate e ad alta intensit di lavoro, sottocapitalizzazione, basso profilo qualitativo di beni e servizi pro-

224 Da questo scaturisce un primo spunto rilevante per le politiche di contrasto, che nella formulazione ed attuazione degli interventi rende auspicabile unarticolazione per tipologie, settori e territori.

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dotti, poca o nessuna innovazione, competenze e strategia indipendenti dalle dinamiche di mercato). Emerge, in altri termini, uno stretto legame tra qualit del lavoro, assetti organizzativi dellimpresa, innovazione tecnologica, potenzialit concorrenziali e innovative. Esistono diversi brodi di coltura del lavoro irregolare, nei quali si addensano stabili strutture di regolazione informale dei corrispondenti rapporti contrattuali nascosti, a dimostrazione della capacit del fenomeno di adattarsi plasticamente a condizioni economiche e sociali differenti. Abbiamo individuato due modelli che colgono, sia pure in forma schematica, condizioni alternative di equilibrio che hanno consentito al sistema di convenienze individuali, occasioni e incentivi che ruota attorno alleconomia sommersa di funzionare e istituzionalizzarsi in diverse aree e settori economici, pure in presenza di cambiamenti significativi nel livello di sviluppo delleconomia e del sistema di regolazione. Un primo modello, che abbiamo chiamato lavoro irregolare richiesto, ovvero sommerso per opportunit (o di sviluppo), riflette una tendenziale convergenza di interessi tra lavoratori e imprenditori, i quali ignorando o eludendo la regolazione sul lavoro guadagnano margini di autonomia e flessibilit nella gestione delle risorse umane. Il secondo modello quello del lavoro irregolare obbligato, ovvero sommerso per necessit (o di sussistenza). Elemento distintivo la mancanza di alternative per tutti i suoi protagonisti: lesito di una regolarizzazione forzata sarebbe infatti la cessazione dellattivit per gli imprenditori e la disoccupazione per i lavoratori, disposti pur di scongiurare questo esito ad accettare remunerazioni inferiori a quelle di mercato. Linvisibilit diviene allora condizione necessaria per la sopravvivenza dellimpresa e per lofferta di prestazioni da parte dei lavoratori, labbattimento dei costi di produzione (con la riduzione del costo del lavoro e la dequalificazione delle condizioni di igiene e di sicurezza) limperativo che detta le linee di qualsiasi strategia aziendale. Per tradurre in termini diretti, il primo modello rispecchia il sommerso o lavoro irregolare dei furbi; il secondo quello di chi con lacqua alla gola. Anche credenze, chiavi di lettura, modelli di spiegazione dei problemi del lavoro irregolare che hanno ispirato le politiche di contrasto e la scelta di strumenti di intervento possono essere analizzati attraverso una distinzione tra due paradigmi: la legalit violata e lo sviluppo potenziale. Al primo corrisponde il tradizionale schema di interpretazione che individua la ragione di fondo delleconomia sommersa e informale nellincapacit dellapparato statale di assicurare ladempimento rigoroso dei meccanismi di controllo e sanzione, assumendo come data e non modificabile (almeno nel breve periodo) lesistenza, nel sistema economico e sociale, di una struttura di valori debole cultura della

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legalit ed etica del lavoro, atrofico senso civico, ecc. che rende queste pratiche socialmente tollerate e individualmente convenienti. Limpiego di strumenti di natura regolativa e coercitiva secondo il binomio pi controlli, pi sanzioni, al pi affiancati da campagne di sensibilizzazione a condotte socialmente virtuose dovrebbe modificare il calcolo individuale di costi e benefici attesi, rendendo quella della regolarit strategia dominante. Il paradigma dello sviluppo potenziale si col tempo affiancato al primo, frutto di processi di apprendimento, insuccessi e criticit incontrate dalle politiche basate sulla mera applicazione di strumenti di natura repressiva. Laccento viene posto sulla natura complessa e multidimensionale del lavoro irregolare, che dipende in ultima analisi dallo stretto legame delleconomia sommersa con i ritardi e le distorsioni dei processi di modernizzazione economica. Di qui lattenzione alle ragioni sistemiche che rendono la scelta di domandare e offrire lavoro nero (o grigio) in un certo senso obbligata, perch tali pratiche hanno ormai assunto valenza consuetudinaria, oppure sono sostenute dallapprovazione della comunit. Viene messa in evidenza la vitalit latente del tessuto economico, potenziale incubatore di capacit imprenditoriali nascoste, pur se attraverso il passaggio obbligato in una fase auspicabilmente temporanea di elusione della regolazione formale. Si amplia cos la gamma di potenziali strumenti di intervento, da attuare tramite la mobilitazione e la responsabilizzazione degli attori locali, detentori di preziose risorse di conoscenza e di consenso: azioni dirette per lo sviluppo locale, perlopi a carattere volontario (incentivi allavvio di percorsi di regolarizzazione, agevolazioni fiscali e contributive, bonus occupazionali), e azioni indirette, ossia di contesto, (ad esempio programmi darea, patti territoriali, progetti integrati di sviluppo, incentivi allinnovazione tecnologica e allinternazionalizzazione delle imprese, sostegno ai meccanismi di certificazione qualitativa, ecc.). Lefficacia prevedibile delle diverse strategie e politiche di contrasto dipende allora dal tipo di sommerso sul quale si cerca di intervenire, associando i due paradigmi di spiegazione e intervento e lapparato di strumenti di policy che ne accompagna lapplicazione ai modelli di sommerso per opportunit e per necessit. Lapproccio di tipo repressivo/coercitivo, fondato sulla combinazione controllo-sanzioni, appropriato alla realt del lavoro irregolare per opportunit, quando le violazioni alla normativa rispondono allesigenza di scaricare sulla collettivit una serie di costi i mancati adempimenti fiscali, le ricadute del mancato rispetto della normativa sulla sicurezza e sulligiene, ecc. in base alla logica di sfruttamento opportunistico di beni collettivi. In questo caso il ripristino della legalit violata risponde a un elementare requisito di giustizia ridi-

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stributiva, senza ridurre le potenzialit concorrenziali di crescita delle imprese. In questo contesto socio-produttivo, al contrario, lutilizzo della cassetta degli attrezzi di policy del paradigma dello sviluppo potenziale, pu moltiplicare le opportunit di acquisire ulteriori posizioni di rendita, senza incidere sulle ragioni di fondo della profittabilit del ricorso a diverse forme di lavoro grigio. Nella realt del sommerso per necessit valgono considerazioni speculari: in questo caso gli strumenti di policy fondati sullutilizzo di un impianto repressivo rischiano di risultare inutili, se non controproducenti. Se la marginalit economica dellimpresa o della prestazione lavorativa rende probabile luscita dal mercato come esito della regolarizzazione forzosa, lapproccio pi efficace coerentemente col modello dello sviluppo potenziale consiste nellaccompagnare le imprese verso un circolo virtuoso di crescita concorrenziale, formazione e qualificazione del personale, riconoscimento del valore sociale (ed economico) di unapplicazione condivisa dei principi di legalit e di responsabilit, in modo da amplificare i benefici attesi della regolarizzazione. Naturalmente il dosaggio dei diversi strumenti di policy complicato dalla variet di caratteristiche che il lavoro irregolare pu assumere in diversi settori e aree, imponendo ai policy-makers un adattamento ai contesti locali e alle specifiche realt nelle quali si annida, attraverso lapplicazione di meccanismi regolativi e coercitivi, ma anche di incentivi positivi e formativi, in un difficile bilanciamento da calibrare di volta in volta nei tempi e nellintensit. Nel quarto capitolo la questione delleconomia irregolare stata affrontata guardando soprattutto alla componente del lavoro non regolare e insicuro. Ci siamo basati su unampia mole di dati che ci hanno consentito prima di analizzare il contesto italiano, comparando le macro-aree e le regioni, concentrandoci poi sul contesto toscano, comparando la provincia di Pisa con le altre. Ne abbiamo ricavato indicazioni interessanti, che potrebbero contribuire a migliorare le politiche di prevenzione e contrasto del fenomeno. In primo luogo, abbiamo visto che secondo i dati dellIstat, il lavoro irregolare complessivo, nel settore agricolo e in quello delle costruzioni, sembra essere in declino in tutto il territorio nazionale anche se permangono le differenze strutturali tra le regioni del nord e centro del paese e quelle del sud. La Toscana in questo quadro risulta una tra le regioni pi virtuose. Anche per quanto riguarda laltra faccia del lavoro irregolare, e cio linsicurezza sul luogo di lavoro indicata dal numero di incidenti e di morti occorsi secondo le denunce presentate allInail, si registra una tendenziale diminuzione nel tempo del fenomeno in tutto il territorio nazionale, con la spiacevole ecce-

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zione delle isole. Anche in questo caso, la regione Toscana tra quelle nelle quali il fenomeno si presenta in forme meno gravi. Dopo aver presentato i dati sul lavoro irregolare e insicuro, ci siamo chiesti quali fattori possano spiegare le differenze territoriali riscontrate. Lo abbiamo fatto, in primo luogo, valutando le differenze regionali; e in secondo luogo, estendendo lanalisi a tutte le province italiane. Abbiamo cercato di valutare limpatto di alcuni fattori contestuali generalmente considerati cruciali per lanalisi dei fenomeni sociali e politici. Secondo le ipotesi elaborate in questo capitolo, il ricorso al lavoro irregolare e insicuro si riduce: (a) in presenza di un alto capitale umano, ossia di una maggiore diffusione di istruzione e di competenze tecniche, perch i costi di tale pratica superano abbondantemente i benefici; (b) in presenza di un alto capitale sociale, che indica lesistenza di vincoli di solidariet, incentivando la cooperazione e il controllo sociale; (c) in aree non caratterizzate da ricattabilit economica, indicata dai bassi livelli di disoccupazione e di povert; (d) in presenza di una rete di protezione dei lavoratori, indicata dai tassi di sindacalizzazione; (e) in aree in cui la dimensione delle imprese sia mediamente pi grande; (f ) in aree dove pi ampia la presenza di immigrati regolari e ben retribuiti; (g) in aree dove pi ridotta la presenza di immigrati clandestini e/o scarsamente retribuiti. Lanalisi dei dati disaggregati a livello regionale ha rafforzato la plausibilit di queste ipotesi. Limitando, per mancanza di dati, il numero di fattori esplicativi, abbiamo replicato lanalisi disaggregando i dati a livello provinciale. Confrontando tutte le province italiane, stato cos possibile ribadire limportanza: della sindacalizzazione (soprattutto per gli infortuni sul lavoro); della dimensione dellimpresa (soprattutto per infortuni con esito mortale); della presenza di lavoratori stranieri regolari (riduce gli infortuni e le morti). Lanalisi sullintero territorio nazionale ci ha permesso di inquadrare meglio il caso della provincia di Pisa, che stato comparato con le altre province della regione Toscana. Per quanto riguarda i dati sul lavoro irregolare in senso stretto, abbiamo, in questo caso, dovuto ricorrere alle sole stime del Ministero del lavoro, non essendo disponibili i dati dellIstat a livello provinciale. Utilizzando questi dati, la provincia di Pisa risulta essere tra le pi virtuose, so-

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prattutto per quanto riguarda la proporzione di lavoratori irregolari e il numero di incidenti. Se gli infortuni sul lavoro si registrano in misura maggiore nelle province dove pi esteso stato stimato il lavoro irregolare in senso stretto (secondo i dati del Ministero), la provincia di Pisa si caratterizza per una minore incidenza di entrambi i fenomeni. Infine, le indicazioni che ci pervengono dallanalisi esplicativa del lavoro irregolare e insicuro a livello nazionale sembrano valere anche isolando il caso toscano e comparando le sue dieci province. Molto approssimativamente, si pu infatti dire che gli infortuni sul lavoro avvengono maggiormente in contesti in cui la dimensione di impresa particolarmente ridotta, e la presenza di lavoratori stranieri regolari pi bassa; quelli mortali dove pi elevata la disoccupazione, pi basso il capitale sociale e, ancora una volta, pi ridotta la dimensione di impresa e pi bassa la presenza di lavoratori stranieri regolari. Anche il lavoro irregolare e quello totalmente in nero sembrano diffondersi maggiormente dove pi bassa la sindacalizzazione. Soprattutto il lavoro totalmente in nero si diffonde anche nelle province con una minore dotazione di capitale sociale e umano, e in presenza di un pi elevato tasso di disoccupazione. Limportanza dei fattori esplicativi individuati, quali capitale sociale, umano ed economico e delle variabili organizzative del lavoro e delle imprese, stata dunque confermata sia nel contesto nazionale che in quello regionale toscano. Lanalisi ha fatto emergere anche limportanza della variabile immigrazione: solo investendo sulla regolarizzazione e nella parit di trattamento economico dei lavoratori immigrati possibile aumentare la sicurezza e la regolarit del lavoro. Linsieme di questi risultati suggerisce ai policy makers di adottare politiche che non facciano leva solamente sulle (pur imprescindibili) norme e sui controlli istituzionali. * Nel quinto capitolo ci siamo concentrati sulle politiche e sui problemi della sicurezza nei luoghi di lavoro, passando da unanalisi di livello nazionale al contesto della provincia di Pisa. Emerge un generale apprezzamento per le caratteristiche del sistema di regolazione con il quale il problema affrontato a livello generale. Sia pure con alcune lacune ed amnesie, specie in fase di vigilanza e controllo, il percorso di istituzionalizzazione giuridica viene considerato in larga misura completato. Esistono ormai norme, perfettibili ma comunque sostanzialmente adeguate,

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che definiscono i contorni delle condotte legalmente ammissibili e di quelle a rischio nel campo della sicurezza. Lesigenza di far rispettare tali previsioni normative riconosciuta trasversalmente, fatto che almeno in linea di principio viene dato per acquisito. Emergono tuttavia diversi elementi di incertezza o di ambiguit nellapplicazione delle regole. Anche dopo la semplificazione operata nel 2008 con il testo unico in materia di sicurezza sul lavoro, le norme non sono a prova di malinteso, e dalla loro divergente interpretazione possono scaturire situazioni confuse o pericolose. Diversi attori intervistati segnalano gli alti costi di informazione come fattore determinante nella scelta di trascurare gli obblighi relativi. Le norme sono complesse e tecnicamente difficili da decifrare nelle loro implicazioni, anche in termini di sanzioni potenziali, e i passaggi procedurali da seguire piuttosto onerosi. Di qui un impegno nelladeguamento alle nuove conoscenze giuridiche richieste con i costi di informazione e di apprendimento che ne conseguono tanto per i lavoratori che per gli imprenditori. Affiora dunque una domanda di competenze tecnico-giuridiche, in una materia ritenuta ostica dalle organizzazioni di categoria, che si affianca alla domanda di coinvolgimento e coordinamento ritenuto ancora insufficiente tra i molti attori pubblici e privati chiamati in causa. Viene segnalata la natura prevalentemente formale dei controlli: sono riscontrabili in sede di ispezione gli adempimenti procedurali e la presenza di attrezzature richieste a norma di legge, indispensabili per evitare sanzioni, ma il loro impiego effettivo rimane in larga misura affidato alla buona volont e alla consapevolezza di lavoratori e imprenditori La salvaguardia della salute, dellincolumit e dei diritti dei lavoratori, ma anche la migliore qualificazione della manodopera, richiedono laffermarsi di un nuovo paradigma di interpretazione dei problemi della sicurezza: ci richiede condizioni istituzionali e culturali che inducano gli imprenditori a guardare alle spese per la sicurezza non come un mero fattore di costo, ma come una forma di investimento nella qualit del lavoro. Un investimento destinato a dare frutti in un orizzonte temporale di medio-lungo periodo, mobilitando risorse disperse, responsabilizzando e motivando i dipendenti. Appare invece debole la percezione del nesso tra sicurezza, formazione, gestione ordinata dei rapporti interni allimpresa e qualificazione professionale, da un lato, e incremento della produttivit nel tempo dallaltro. I nuovi incentivi istituzionali dovrebbero altres indurre una maggiore consapevolezza dei diritti e delle forme di tutela assicurate dallordinamento, incoraggiando forme di responsabilizzazione, controllo e denuncia delle situazioni

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critiche allinterno dei processi produttivi, coerentemente con il ruolo di stimolo dei rappresentanti per la sicurezza. Nelle politiche locali per la sicurezza sul lavoro la nostra analisi mostra la posizione nodale occupata dalla Provincia e dalla Asl allinterno del network degli attori coinvolti nella politica. I due gangli centrali del reticolo, Provincia e Asl, hanno ruoli speculari: la prima si relaziona con gli altri in uscita, la seconda orientata invece in entrata. LAmministrazione provinciale mostra infatti la maggiore espansivit, la pi alta propensione a relazionarsi attivamente con altri attori, coerentemente con la sua funzione istituzionale di coordinamento con i diversi interlocutori istituzionali. Il soggetto pi popolare per quanto riguarda il numero di contatti ricercati da altri soggetti invece la Asl. Inoltre, i soggetti che fanno parte della rete ne sottolineano la completezza e ritengono che richieda al pi forme di manutenzione che accrescano lefficienza di alcuni meccanismi relazionali. Tra gli aspetti critici, viene segnalata da diversi attori la preoccupante diffusione del fenomeno dei subappalti a cascata, che prosegue fino ad affidare parti di esecuzione delle opere a lavoratori autonomi, che prestano solo la loro manodopera, senza attrezzature propria n dipendenti. Emerge infatti un processo di polverizzazione organizzativa nelle fasi di realizzazione delle opere, che determina una radicale incertezza nellindividuazione delle figure preposte alla sicurezza dei lavoratori. Il buon esito delle politiche di contrasto alle irregolarit nel lavoro dipende dallaffermarsi di una nuova concezione del lavoro, che metta il diritto individuale alla sicurezza al centro dellorganizzazione, come elemento fondante la qualit del lavoro. Soltanto lespansione e il consolidamento dei diritti dei lavoratori forniscono un fondamento resistente per una nuova concezione del problema e degli strumenti per affrontarlo. Limportanza dellinformazione e della formazione ad ogni livello, a partire dalle scuole fino ai corsi e alle campagne organizzate dagli attori istituzionali, viene sottolineata trasversalmente, in quanto lacquisizione della consapevolezza dei contenuti e dellimportanza dei diritti alla sicurezza essenzialmente un processo culturale. La struttura portante dei nuovi diritti alla sicurezza, infatti, non stata interiorizzata, non si tradotta in modello culturale n in norma sociale. La condivisione dei valori della cultura della legalit e della sicurezza dovrebbe rendere il rispetto delle norme antinfortunistiche indipendente da un calcolo economico di convenienza. Sembra invece ancora carente, a giudizio degli intervistati, il grado di consapevolezza dei contenuti e dellimportanza di tali diritti da parte degli imprenditori e degli stessi lavoratori, il che in concreto ne sminuisce la

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portata o ne disinnesca lapplicazione. La tutela dei nuovi diritti alla sicurezza quando sporadicamente si realizza si sostiene soltanto sul potere deterrente dei meccanismi di applicazione fondati sulla vigilanza e sulle sanzioni dellapparato statale, non assecondata da cerchie sociali di riconoscimento nellimpresa, nellambiente di lavoro, nella societ civile capaci di vigilare sul loro rispetto, spingendo ad un controllo sociale diffuso e alla denuncia dei comportamenti devianti da parte dei diretti interessati. La variabile culturale, per lo pi in termini generici, viene richiamata in quasi tutti i tentativi di spiegazione delle inadempienze sul versante della sicurezza. La sensibilit verso i rischi del lavoro si sostiene non si radicata nella comunit, i nuovi modelli di prevenzione rimangono sulla carta, il coinvolgimento dei lavoratori (e dei loro rappresentanti) parziale ed eterodiretto. In ultima analisi, se i valori riconducibili allinafferrabile cultura della sicurezza non sono trasmessi alla dimensione dellidentit e del riconoscimento sociale negli ambienti di lavoro, rischiano di diventare un semplice strumento dialettico, unetichetta vuota di contenuti da impiegare nel discorso pubblico o nelle negoziazioni con le controparti per rimpallare responsabilit o avallare pretese destraneit. Scendendo nel dettaglio delle cause dei problemi di sicurezza, viene ribadito dagli osservatori che alcuni compiti lavorativi sono intrinsecamente rischiosi, dunque, per quante precauzioni si possano prendere permane una soglia ineliminabile dincertezza. La vaga definizione di questa soglia diviene per un alibi per il fatalismo, o un semplice pretesto per giustificare prassi irregolari e abitudini rischiose. Questo problema amplificato dalla coesistenza di differenti modelli culturali, che mal si conciliano con la sensibilit su questi temi faticosamente conquistata in Italia. il caso della presenza di immigrati, la cui maggiore visibilit inevitabilmente si associa, agli occhi degli osservatori, ad una contestuale lievitazione del rischio. La stessa nozione di sicurezza va relativizzata, visto che nella realt dorigine degli immigrati la soglia di tolleranza di condotte a rischio in genere molto pi elevata. Lattuazione delle politiche di contrasto del lavoro irregolare incontra resistenze quando a livello organizzativo si innesca un processo di selezione avversa dei lavoratori, che premia selettivamente nellassegnazione di mansioni pi pericolose e meno sicure ma spesso pi remunerative i soggetti che hanno maggiore propensione al rischio e alti tassi di sconto, cio una forte preferenza per i pagamenti immediati. Lalterata propensione al rischio un concetto culturale, che nelle societ plurietniche si ricollega a percezioni e inclinazioni differenziate, come quelle riscontra-

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te in alcune tipologie di lavoratori extracomunitari. Il principio richiamato per giustificare queste prassi quello di dignit differita: le cerchie di riconoscimento che contano non sono quelle dei colleghi di lavoro, o dei cittadini del paese ospitante, ma quelli di parenti e concittadini rimasti nel paese di origine, che della loro esperienza lavorativa hanno riscontro soltanto in termini di rimesse a casa. allinterno di queste comunit geograficamente distanti che il lavoratore prevede di reinserirsi fisicamente al termine dellesperienza lavorativa allestero. Questultima, per quanto malsana, rischiosa o dequalificante, allora vista come provvisoria e dignitosa, purch redditizia. Nella descrizione dei testimoni si determina una catena di condizioni che, simile a un piano inclinato, spinge inesorabilmente limmigrato, specie se irregolare, verso situazioni a rischio sicurezza: condizione di bisogno economico/ristretto orizzonte temporale/eventuale irregolarit residenziale minore potere contrattuale nei rapporti col datore di lavoro/dignit differita turni di lavoro spossanti e accettazione di mansioni pi pericolose accresciuto rischio di incidenti e di malattie professionali. Un tema che continuamente riaffiora nella ricerca il collegamento tra un ambiente di lavoro nel quale i rischi sono contenuti in misura ragionevole e gli investimenti nella qualit dei processi produttivi, che nel corso del tempo pu accrescere la capacit competitiva dellimpresa che vi investe. La qualit superiore dei processi e dei prodotti offerti dalle imprese si traduce in una reale crescita di competitivit, che non si affida al doping dellincerto risparmio reso possibile da irregolarit del lavoro, ma sullo sviluppo di reali competenze, professionalit, abilit dei lavoratori: in sintesi, sugli investimenti in capitale umano e organizzativo Il settore delle costruzioni presenta alcune specifiche criticit che discendono dai suoi profili caratteristici, come la frammentazione degli interventi nella catena di subappalti. In questo campo i problemi della sicurezza si legano a doppio filo a quelli dellirregolarit. Il lavoratore invisibile al sistema contributivo e previdenziale il soggetto al quale pi spesso, volente o nolente, non sono assicurati i diritti alligiene, alla salute e alla minimizzazione del rischio nelladempimento delle sue mansioni, che vengono invece assicurati ai suoi colleghi in regola; anche il soggetto che avr minori, o meglio, nessun incentivo a reclamarli. La polverizzazione del settore in micro-imprese, nel settore edilizio e negli appalti, trasforma la concorrenza in spietata lotta per la sopravvivenza, che nella peggiore delle ipotesi spinge alla ricerca di spazi per la compressione dei costi

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superflui o derogabili, tra cui quelli per la sicurezza dei lavoratori. Queste micro-imprese marginali, dai confini organizzativi labili e incerti (utilizzano spesso in modo informale persone legate da vincoli di parentela), e dagli assetti mutevoli, sviluppano una competitivit al ribasso, coerentemente con il modello di aggiudicazione degli appalti, che conduce ad abbassare gli standard di sicurezza, visti come elemento penalizzante rispetto ai concorrenti pi spregiudicati. Anzich rischiare investendo nellinnovazione, i soggetti privi di capitali e con minori capacit di accesso al credito hanno un preciso interesse a rischiare cancellando o indebolendo i diritti alla salute e allincolumit dei propri dipendenti, puntando e spesso vincendo sulla scarsa incisivit dei controlli. I fattori di rischio del lavoro agricolo sono legati al tipo prevalente di propriet e di conduzione delle imprese, a carattere familiare, che favorisce un atteggiamento pi disinvolto riguardo alle regole di sicurezza, il cui rispetto spesso non rivendicato n imposto proprio a causa del vincolo parentale. Viene poi segnalato da alcuni testimoni la moltiplicazione di competenze ad attivit (servizi alla persona, servizi al territorio, tutela dellambiente, forestazione, gestione di tratti stradali) delle quali si fanno carico gli operatori del settore agricolo, pur senza adeguata preparazione e conoscenza delle tecniche di lavoro e dei macchinari. Nel lavoro domestico o dei servizi alla persona allopera un meccanismo di distorsione percettiva che fa illusoriamente ritenere meno pericolose le mansioni svolte tra le mura di casa, o in un contesto familiare. A questo si associa lazzeramento del rischio di coinvolgimento in attivit ispettive e sanzioni. In alcuni contesti di lavoro, il condizionamento delle cerchie sociali di riferimento finisce per stigmatizzare il rispetto scrupoloso delle regole, ritenuto indice di scarso coraggio e disponibilit a fronteggiare con fermezza gli incerti del mestiere. Nessun intervistato ha riscontrato unassociazione tra lesistenza di particolari valori sociali la ricerca di una buona reputazione, il riconoscimento e la pressione sociale e il rispetto scrupoloso delle regole sulla sicurezza, n da parte dei lavoratori, n da parte degli imprenditori. Al contrario, alcuni testimoni segnalano che la riprovazione della cerchia di colleghi va paradossalmente a colpire i soggetti che con le loro condotte richiamano lattenzione sui pericoli rimossi. Un potente meccanismo di pressione sociale crea conformit verso i modelli pi spavaldi di comportamento, per quanto difformi dal dettato normativo. Le motivazioni economiche sono richiamate pi di frequente per giustificare lallentamento dellattenzione verso la sicurezza da parte degli imprenditori. Ridurre i costi mantenendo elevati ritmi produttivi la priorit di fronte alla quale

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ogni altra istanza passa in secondo piano. La questione della sicurezza viene concepita come somma di adempimenti obbligati. Negligenza e disattenzione sono i fattori reputati pi rilevanti, in concorso con la fatalit, nel rischio di infortuni per i lavoratori, soprattutto quelli specializzati o esperti. Si tratta di un dato allapparenza controintuitivo, visto che il rischio dinfortunio non viene associato tanto allinesperienza, ma alla pratica acquisita, che induce a unindebita e azzardata confidenza con mansioni pericolose. Lelemento di rischio, in queste circostanze, si riallaccia a una distorsione cognitiva che, attraverso la consuetudine, spinge il lavoratore a sopravvalutare la propria capacit di gestire situazioni difficili. Le politiche di prevenzione dovrebbero offrire strumenti di formazione e di aggiornamento per modificare queste credenze, ma i potenziali destinatari proprio per il loro atteggiamento di fondo in genere non sono ricettivi o disponibili. Questa rappresentazione, che in ultima analisi richiama la nozione di fatalit come causa di fondo del problema, rischia di consolidare un paradigma culturale di interpretazione del fenomeno che stempera responsabilit e inadempienze degli attori, rafforzando un senso di inevitabilit per infortuni e morti. La scarsa attenzione dei lavoratori non per una spiegazione di per s, in quanto riconducibile anchessa a una pluralit di fattori, che si legano tra laltro alle condizioni materiali del lavoro, allo status dei lavoratori, ai limiti dei loro percorsi di formazione e informazione. Un ulteriore fattore di rischio viene individuato nellinesperienza dei neoassunti, costretti dalle nuove forme di flessibilit contrattuale ad adattarsi a mansioni estremamente differenziate senza aver ricevuto formazione adeguata da parte delle agenzie interinali o di altre strutture. C unampia convergenza nel ritenere un successo linnalzamento della soglia di attenzione nei confronti di questi temi, prima limitata a cerchie ristrette di addetti ai lavori, e oggi entrata stabilmente nel dibattito e nellagenda pubblica. Le politiche locali hanno assecondato il disegno di riforma della regolazione avviata dai governi nazionali, e ormai giunto a esiti ritenuti soddisfacenti. Il trend positivo nella riduzione degli infortuni, riscontrabile anche su scala provinciale, conferma poi il consolidarsi di una differente chiave di lettura dei problemi del lavoro, caratterizzata dalla sensibilit ai diritti alla sicurezza dei lavoratori, specie da parte delle amministrazioni pubbliche. Tra le cause virtuose rivendicate da diversi testimoni vi proprio lefficacia di alcune politiche formulate ed attuate a livello locale. Alcune insidie si nascondono per nei processi di sensibilizzazione e nella presa di coscienza dei propri diritti alla salute e alla salvaguardia dai pericoli da

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parte dei lavoratori, tanto stranieri che italiani. La sindacalizzazione, lapertura di sportelli, linteressamento e lazione di informazione/formazione rischiano infatti di produrre un effetto imprevisto, incentivando datori di lavori pi spregiudicati a privilegiare limpiego di manodopera clandestina, o di soggetti che gi beneficiano di prestazioni assistenziali. estremamente improbabile, infatti, che questi ultimi denuncino agli organi di controllo le condizioni irregolari per la sicurezza o altre violazioni delle norme sul lavoro. Il salto di qualit, ora che lapparato normativo consistente, non pu che derivare dallaffermarsi di un diverso modello di organizzazione dei rapporti nel mondo del lavoro. Ladesione a quelle regole, in altri termini, trova nellassetto formale di regolazione, con i suoi meccanismi di controllo (pure da perfezionare), una componente decisiva, ma non determinante. Il successo delle politiche di prevenzione e formazione alla sicurezza dipende dalla maturazione di cerchie sociali di riconoscimento nellambiente di lavoro, cos come nella comunit dellimportanza dei diritti alla sicurezza, dalladesione diffusa ai valori di rispetto e di dignit della persona ad essi sottesi, ma anche dal consolidarsi di incentivi istituzionali per le imprese ad investire nellinnovazione e nel miglioramento qualitativo dei processi produttivi. * Nel sesto capitolo abbiamo affrontato il tema del lavoro irregolare con riferimento alla realt della provincia di Pisa, inserendo la stessa nellambito della caratterizzazione che il fenomeno presenta a livello nazionale in termini di diffusione geografica e settoriale. I fattori facilitanti la diffusione del fenomeno, di natura ambientale, valgono tanto per il contesto nazionale quanto per quello locale. Tra i principali fattori di spinta verso forme di lavoro nero o grigio possiamo ricordare: (a) crescente presenza di immigrati, spesso irregolari; (b) crisi economica, che spinge molti a svolgere una seconda attivit in nero percepita, sia come integrazione del reddito ufficiale, sia come eventuale tutela in caso di perdita delloccupazione principale, (c) crescente precarizzazione delle mansioni lavorative; (d) crescente richiesta di servizi alla persona, in conseguenza sia di un mutato modello familiare che vede la donna sempre pi impegnata fuori casa che dellinvecchiamento della popolazione. Vi sono poi alcune attivit aventi caratteristiche peculiari stagionalit in agricoltura, non stanzialit in edilizia, ad esempio che incoraggiano il ricorso a forme di lavoro irregolare. In altri tipi di mercato la mancanza di un contratto regolare percepita come assoluta normalit: quanto accade nel caso del

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lavoro domestico, ossia del lavoro di riordino della casa (appannaggio pressoch esclusivo di italiane), cosa ben diversa da quello della badante, tipicamente svolto da donne straniere e tendenzialmente caratterizzato da una regolarit comunque molto parziale. Per quel che concerne i settori oggetto di unindagine pi approfondita, sono state rilevate alcune caratteristiche di fondo per il contesto della provincia di Pisa: Agricoltura: il nero totale si ha (quasi) esclusivamente in relazione alle operazioni di raccolta che non richiedono alcuna specializzazione e che sono normalmente svolte da lavoratori stranieri; il fenomeno tende ad assottigliarsi in provincia come conseguenza della riduzione delle opportunit (a parte vite ed olivo, le coltivazioni che richiedono manodopera di questo tipo, in particolare ortaggi, stanno quasi scomparendo) e di una contestuale meccanizzazione delle lavorazioni. Un aspetto interessante emerso nella ricerca la presenza di nero sotto forma di scambio in natura, vale a dire del pagamento in nero per una prestazione lavorativa, anzich in denaro, mediante fornitura di un bene (una sorta di baratto al nero). La forma di irregolarit pi diffusa nel settore agricolo ancora rappresentata dalla sotto-dichiarazione delle giornate effettuate: molto frequente che sulla base di un accordo tra le parti vengano dichiarate allInps un numero di giornate tali da consentire al lavoratore di ottenere eventuali trattamenti di integrazione al reddito o, nel caso dei pensionati, tali da non creare problemi di cumulo con la pensione (problema poi venuto meno con labolizione del divieto di cumulo tra reddito da lavoro e pensione introdotta dalla legge 133/2008). Proprio il fenomeno del lavoro nero dei pensionati appare particolarmente presente tra le aziende agricole pisane: si tratta di persone portatrici di elevate professionalit di cui c carenza nel mercato del lavoro e di cui le aziende hanno assolutamente bisogno. Particolarit specifiche presentano il settore agrituristico e quello della forestazione. Nel primo caso si ha unirregolarit diffusa, dovuta anche allapplicazione del lavoratore a mansioni differenti da quelle per le quali stato assunto, una situazione che si ritiene potrebbe essere superata mediante un accordo con il sindacato in termini di un salario unico con riferimento a casi di multi-funzionalit. Per la forestazione i problemi maggiori derivano dai subappalti che culminano talvolta nella presenza di squadre di lavoratori stranieri disposti a lavorare in condizioni estreme, fino ad arrivare (come accaduto in un caso riportatoci nel corso di unintervista) a dormire nel bosco.

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Edilizia: il lavoro nero totale, senza alcuna forma assicurativa, interessa tendenzialmente in maniera esclusiva gli immigrati presenti irregolarmente sul territorio per i quali di fatto il sommerso rappresenta la sola possibilit occupazionale. Per gli altri sono altre le tipologie di irregolarit pi diffuse: contratto part-time per prestazione di lavoro in realt full-time, lavoratori a partita Iva e fenomeno delle imprese individuali, spesso ex-dipendenti costretti ad aprire la partita Iva per poter continuare a lavorare in cantiere. Ci che spinge limprenditore edile a cercare, quando possibile, di non ricorrere al nero totale soprattutto il timore di eventuali incidenti che possono occorrere al lavoratore, in considerazione anche del fatto che proprio ledilizia rappresenta uno dei settori in tal senso pi insicuri. Emerge per un fenomeno preoccupante ma sottovalutato, se non del tutto ignorato, che quello dei lavoratori neo-comunitari che praticano in maniera sistematica il lavoro nero, soprattutto in edilizia: persone che partono con lobiettivo ben chiaro di lavorare qualche mese in Italia volutamente al nero per guadagnare di pi (non hanno alcun interesse per gli aspetti contributivi ed assicurativi), si organizzano per il viaggio in gruppo con piccoli bus, quindi ripartono dopo due o tre mesi, spesso gi daccordo con il datore di lavoro per un nuovo rapporto di tale natura di l allanno prossimo. Cura della persona/badanti: in questo settore si registra spesso un breve periodo iniziale in nero cui segue una regolarizzazione del rapporto. Un dato supportato da fonti diverse che nella maggior parte dei casi le badanti entrano in Italia inizialmente con un visto turistico che non consentirebbe loro di lavorare, lavorano in nero durante questo periodo, poi tornano nel paese di origine con la promessa di un contratto per rientrare e lavorare pi o meno regolarmente. Il pi o meno doveroso, se si tiene conto di una pratica tanto diffusa quanto nota: i contratti delle badanti sono tutti (o quasi) calibrati su di un numero di ore settimanali (24-25 in genere) sul quale le parti trovano un accordo conveniente per entrambe dal punto di vista economico e fiscale. La ricerca crescente da parte delle famiglie di un minimo di regolarit da rintracciarsi soprattutto nel timore di una successiva vertenza da parte dellex-badante; del resto risulterebbe molto difficile per una badante dimostrare in maniera certa di aver prestato pi ore di servizio rispetto a quelle previste nel contratto, ore che quando ci sono vengono ovviamente retribuite in nero. Un tipico caso di sommerso nel settore, a parte i casi di clandestinit, rappresentato dallassunzione in nero della sostituta della badante in regola durante il mese di ferie di cui questa ha diritto ogni anno.

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Dalla ricerca emerge che nel contesto pisano e toscano in generale i soggetti pi a rischio sono da rintracciare prevalentemente in extracomunitari, donne, percettori di indennit e sussidi, giovani coinvolti nelle diffuse forme di precariato. Sul piano settoriale, oltre a quelli sopra ricordati, risultano particolarmente esposti al fenomeno il commercio, il turismo, i servizi pubblici e la ristorazione da una parte, il mondo cooperativo dallaltra. In realt per quanto riguarda questultimo non di nero si deve parlare (pressoch del tutto assente) ma di irregolarit riconducibili alla qualificazione dei rapporti societari, che spesso mascherano rapporti di lavoro subordinato, nonch al frequente cambiamento della sola denominazione della cooperativa, fatto questo che rende pi difficoltosi gli accertamenti da parte degli organi ispettivi. Il territorio provinciale ha specificit produttive (la zona sud/Valdarno, con cuoio e pelli; la Valdera interessata dalla meccanica; la zona nord/Val di Cecina con la chimica, i soffioni boraciferi; una quarta area a Pisa-citt dove si trovano residui di vecchie attivit e ora spin-off dellUniversit, in particolare farmaceutica ed informatica), ma questo non sembra incidere direttamente sulla diffusione del fenomeno analizzato. In termini generali, secondo gli attori intervistati, ad incidere sulla presenza o meno del sommerso sono: la dimensione dellazienda (di norma le grandi aziende ben strutturate non ricorrono al lavoro nero perch non per loro economicamente conveniente e le espone a rischi inutili), la bassa specializzazione delle mansioni offerte al lavoratore, il progetto migratorio nel caso degli stranieri (la durata prevista della propria permanenza in Italia e la presenza o meno in loco della famiglia sono due fattori determinanti nellatteggiamento del lavoratore straniero nei confronti della regolarit della propria posizione lavorativa). Le motivazioni che spingono le parti a proporre (datore di lavoro) e ad accettare (lavoratore) condizioni di lavoro non regolare sono prevalentemente di natura economica/fiscale nel primo caso, dettate dal bisogno e dalla mancanza di alternative nel secondo, anche se in un contesto come quello pisano si riscontra talvolta un accordo strisciante tra le parti sulla questione orario/giornate da dichiarare. Anche la richiesta di esperienza da parte delle aziende e la contestuale diffusione del precariato tra i giovani residenti, presenti in forma massiccia in virt della natura di citt universitaria di Pisa, fanno s che da parte di questi soggetti lirregolarit sia percepita come una sorta di tassa di ingresso nel mondo del lavoro, accompagnata dalla speranza di una futura stabilizzazione. Il condizionamento delle cerchie sociali, cui si fatto riferimento per la questione della sicurezza, sembra meno significativa nel caso del sommerso, almeno per quanto riguarda il sistema economico toscano;225 al limite pu innescarsi un
225 La situazione probabilmente diversa nel meridione, dove la diffusione del lavoro nero presenta

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meccanismo quale quello appena illustrato per i giovani; la stessa famiglia, data la situazione generale del mercato del lavoro, potrebbe consigliare il giovane ad accettare qualsiasi tipologia contrattuale pur di cominciare. Si pensi in tal senso alluso distorto dei co.co.co. e dei contratti a progetto. Un discorso a parte va fatto per i lavoratori stranieri, per i quali necessario distinguere se si tratta di persone presenti regolarmente o meno nel nostro paese. Nel caso di assenza di un regolare permesso di soggiorno, lunica strada praticabile per guadagnare qualcosa, escludendo le attivit criminali, resta quella del lavoro nero. Se invece la presenza regolare la questione si fa pi articolata, perch ad una quota di nero per convenienza (guadagnare di pi significa mandare maggiori rimesse in patria) deve necessariamente accompagnarsi la possibilit per limmigrato di dimostrare di guadagnare quel minimo che possa loro garantire almeno di pagare un affitto e di mangiare; ci implica che queste persone devono essere assunti regolarmente, almeno per la quota del salario che copre approssimativamente questi costi. Si rileva, a livello locale, un dato positivo in termini di attivit coordinata di lotta al sommerso, con una fitta rete di rapporti che lega da una parte gli organi di natura istituzionale e dallaltra un insieme di associazioni che sul territorio offrono assistenza e consulenza ai lavoratori, in particolare a quelli immigrati. Lanello di congiunzione tra le due tipologie di rete rappresentato dalle amministrazioni locali, in particolar modo da quella provinciale, su cui ricadono le competenze in materia di politiche del lavoro e formazione professionale. Abbiamo visto come siano gli organi di vigilanza coinvolti (in particolare Inps, Inail e Dpl, in misura minore anche lAsl) a costituirsi come soggetti centrali della rete in entrata, ossia quelli nei cui riguardi vengono indirizzate le richieste di intervento, affiancati innanzi tutto dalla Provincia, che si pone nella posizione di maggiore espansivit (sembra cio che sia lattore che in qualche modo cerca di coinvolgere e di attirare allinterno nuovi soggetti rispetto a quelli gi presenti nella rete), e poi dai sindacati confederali e dallUnione industriali, unica tra le associazioni di categoria considerate che presenta un grado di coinvolgimento particolarmente intenso. Interessante notare poi come si sia assistito ad una sorta di divisione dei compiti allinterno della rete, con la Provincia che si caratterizza prevalentemente come gatekeeper (in via subordinata come consultant), la Dpl in posizione speculare (prevalentemente come consultant, in maniera pi marcata rispetto alla Provincia e in subordine come gatekeeper, questa volta con valori decisamente inferiori a quelli della Provincia) e lInps in funzione di coordinamento e di rappresentanza. Levoluzione del lavoro irregolare, nella percezione degli attori locali, preunincidenza ben superiore.

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senta dinamiche contraddittorie. Un cambiamento sembra essersi verificato, soprattutto a seguito delle modifiche della regolazione, che in alcuni contesti e secondo alcuni testimoni ha indotto una riduzione del lavoro nero vero e proprio. Allo stesso tempo, le medesime norme sembrano aver creato condizioni per una crescente precariet e irregolarit del lavoro, fattori che determinano situazioni pi opache, difficili da identificare e contrastare con gli strumenti tradizionali. Questa situazione potrebbe aggravarsi a seguito del contributo di altre variabili di carattere generale, come il peggioramento della crisi economica e il diffondersi del lavoro immigrato, fenomeni che creano contingenti esigenze individuali difficili da conciliare con la piena regolarit delle rispettive posizioni lavorative. Da ultimo, ma non meno importante, stato colto un nesso normalmente non percepito tra lavoro irregolare e rischio usura: ad essere particolarmente esposti a questo rischio sono infatti coloro che non avendo un reddito ufficialmente dichiarato sufficiente a prestare garanzie non hanno accesso al credito bancario. Leconomia sommersa e il lavoro nero generano dunque unaccresciuta domanda di credito sommerso, che a sua volta finisce per strozzare le stesse attivit economiche in difficolt o per mettere in crisi bilanci familiari. * Nel settimo capitolo sono stati analizzati i principali aspetti negativi, le esperienze giudicate favorevolmente e le proposte di soluzione rispetto ai temi della sicurezza nei luoghi di lavoro e del lavoro irregolare, in base alla informazioni ricavate dalla descrizione degli osservatori privilegiati intervistati durante la nostra ricerca. Inoltre, abbiamo riportato le esperienze pi interessanti che si sono svolte in Italia e le proposte di soluzione avanzate da altri attori, in differenti contesti territoriali. Alla fine possiamo rilevare i seguenti punti pi significativi, in alcuni casi controintuitivi: 1. Dalla nostra analisi incrociata di criticit indicate e proposte di soluzioni, avanzate dai singoli attori, non sembra esservi alcun legame logico. In pratica, gli attori che indicano problemi non avanzano proposte conseguenti. La stessa caratteristica si registra quando gli attori riportano esperienze realizzate nella lotta ai due fenomeni: anche per questo manca un legame logico tra esperienze realizzate e proposte di soluzioni avanzate. Sembra dunque che tra gli attori coinvolti nelle politiche non si siano sviluppati adeguati meccanismi di valutazione/apprendimento, capaci di dare valore alle esperienze realizzate e di cogliere gli aspetti pi rilevanti delle criticit riscontrate.

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2. Le proposte di soluzione che insistono in ambito culturale sono molto pi frequenti delle criticit dello stesso tipo riportate dai nostri interlocutori. Questa osservazione si lega a quella del punto precedente: linsistenza dei nostri attori nel proporre soluzioni di tipo culturale non sembra avere una logica consequenziale rispetto alle problematicit riscontrate, a meno che la mancanza di una cultura adeguata per il rispetto delle norme per la sicurezza o la regolarit del lavoro non sia considerata come naturale e quindi, visto che viene considerata come un dato di fatto scontato e inesorabile, neanche meritevole di essere citata. 3. Quando analizziamo le cose fatte, le istituzioni locali riportano un numero di esperienze realizzate (soprattutto per quanto riguarda la sicurezza) superiore (specialmente nel campo della formazione-informazione-prevenzione) rispetto alle criticit riportate o rispetto alla proposte avanzate. Inoltre le istituzioni locali citano le esperienze realizzate pi di quanto non facciano gli altri attori: ci si pu chiedere se questo sia segnale della giustificazione e valorizzazione del lavoro svolto, oppure di una mancata comunicazione o collaborazione tra soggetti diversi. 4. Le valutazioni che riguardano le esperienze passate hanno in alcuni casi segno opposto. Per alcuni attori certe esperienze rientrano nella categoria delle criticit, per altri delle esperienze positive, e ci particolarmente frequente nel giudizio relativo ai cambiamenti normativi. La stessa differenza di valutazioni si registra nel campo delle proposte, sebbene meno frequentemente. Al contrario, il consenso tra i vari attori totale laddove propongono di svolgere interventi di tipo culturale, il pi delle volte finalizzati alla sensibilizzazione delle coscienze oppure allinserimento culturale dei lavoratori immigrati. 5. Le critiche pi severe degli effetti della legge Bossi-Fini sullimmigrazione provengono dagli imprenditori. 6. C una tendenza generalizzata a proporre le medesime soluzioni per il tema della sicurezza e per quello del lavoro irregolare. Questo vero soprattutto quando si fa riferimento ai miglioramenti da apportare ai meccanismo di controllo o alle proposte di intervento di tipo culturale. In pratica i due temi vengono vissuti come coessenziali luno allaltro. * Non si entra nello specifico della vasta gamma di strumenti, esperienze particolari e proposte di intervento avanzate dagli attori e presenti nella letteratura, per i quali si rimanda ai contenuti del settimo capitolo. Una considerazione

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finale sembra comunque opportuna. Le politiche di prevenzione e di contrasto del lavoro irregolare, per produrre effetti duraturi, devono incidere su tre dimensioni interrelate. Da un lato, lespansione della sfera di diritti sociali, civili, di cittadinanza, allassistenza e alla previdenza, alla sicurezza e alligiene sui luoghi di lavoro, ecc. legalmente e socialmente riconosciuti agli individui, in modo particolare ai soggetti appartenenti alle fasce sociali pi deboli. Questo processo di espansione dei diritti ha quale premessa logica lesistenza di unadeguata cornice di regolazione statale, ma i diritti corrispondenti devono prima di tutto essere conosciuti e assicurati di fatto nel loro concreto, quotidiano esercizio. Entrano in gioco allora gli attori istituzionali che su scala locale, adattando la propria azione a settori economici e categorie sociali specifiche (immigrati, giovani, donne, ecc.), formulano ed attuano una serie di azioni, programmi e misure concertate volte ad accrescere e migliorare linformazione sui contenuti dei diritti, la sensibilizzazione sulla loro importanza per la qualit della vita e del lavoro, i servizi di consulenza e assistenza in eventuali controversie legali relative al loro mancato riconoscimento. Occorre dunque rinforzare i meccanismi istituzionali e comunicativi in grado di avvicinare alla consapevolezza dei loro diritti i destinatari delle politiche per il contrasto al lavoro irregolare. Soltanto nel passaggio dalla dimensione dellastratta formulazione giuridica a quella sostanziale dei valori e del riconoscimento sociale dei diritti individuali si comprende la rilevanza dellaspetto culturale del problema del lavoro irregolare, riconosciuto pressoch da tutti gli attori, ma purtroppo di solito in termini vaghi e inconsistenti. Lemergere di una cultura del lavoro regolare passa infatti attraverso laffermarsi di cerchie sociali che riconoscano la centralit dei diritti individuali e sociali che ad essa si associano, sancita da credenze e valori interiorizzati. La seconda dimensione quella dellespansione delle sfera di opportunit di crescita e maturazione individuale, di progresso tecnologico e organizzativo, di creativit e miglioramento competitivo, ecc. per i protagonisti delluniverso nascosto del lavoro irregolare, che possiamo associare, in linea di massima, ad una prospettiva di sviluppo potenziale del contesto economico di riferimento come bussola delle politiche di contrasto e prevenzione. Queste ultime devono allora farsi carico di percorsi di istruzione, formazione e stabilizzazione delle condizioni professionali, in grado di moltiplicare le occasioni affinch gli attori economici, nel loro ruolo di imprenditori, lavoratori autonomi o dipendenti, trasferiscano in modo duraturo nel contesto delle relazioni economiche visibili e regolari aspirazioni personali, competenze e abilit precedentemente maturate. Le politiche di formazione del capitale umano in contesti innovativi, la creazione di reti di solidariet che accompagnino i processi di emersione, listituzione di canali di accesso privilegiato al credito o al micro-credito per

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le categorie sociali pi svantaggiate e a rischio sono alcuni esempi dei possibili strumenti di policy con i quali trasformare la lotta al lavoro irregolare in volano per una crescita di competitivit nel sistema economico. Soltanto in questa prospettiva, infatti, le spese per ligiene, la sicurezza e per la regolarizzazione dei dipendenti cessano di essere viste come voci al passivo dei bilanci aziendali, trasformandosi in forme di investimento che, passando per un miglioramento della qualit dei processi produttivi, cio condizioni superiori di organizzazione e di trattamento dei lavoratori, diventano opportunit di crescita concorrenziale e di innovazione. Vi infine la dimensione dellespansione della sfera di relazioni tra i molteplici attori istituzionali e non coinvolti nella formulazione, attuazione e valutazione delle politiche di prevenzione e contrasto del lavoro irregolare. Facciamo qui riferimento non tanto ai contenuti eventuali, ma anche alle caratteristiche dei processi di formazione delle politiche. Come si avuto modo di rilevare, il disegno istituzionale prevede unampia rete di soggetti, secondo la catena discendente Cabina di regia-Comitato nazionale-Commissioni-Cles-tutori, cui tanto in sede centrale che localmente sono delegate funzioni di studio, analisi, elaborazione e garanzia di adempimento delle previsioni normative, comprendente soggetti pubblici, parti sociali, esperti. Gli attori in alcuni casi interagiscono bilateralmente, in altri congiuntamente attraverso sedi informali, tavoli decentrati e svariati organismi di coordinamento. Questo assetto istituzionale ha una matrice partecipativa, mirante a valorizzare le risorse relazionali, di informazione, conoscenza e consenso di cui sono portatori i promotori e gli stakeholders delle politiche. Ma naturalmente un assetto istituzionale cos articolato e stratificato presenta rilevanti costi e problemi di coordinamento orizzontale e verticale, tra organismi del medesimo o di differente livello, pubblici e privati. Occorre allora garantire appropriate azioni di manutenzione istituzionale, finalizzate a migliorare la conoscenza della natura dei problemi e degli esiti delle politiche, lefficienza dei canali di comunicazione tra i soggetti coinvolti, la qualit dei processi decisionali che li interessano, la condivisione di esperienze e idee. Il nostro auspicio che questa ricerca abbia fornito un contributo per quanto piccolo e circoscritto in questa direzione.

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Appendice. Elenco delle interviste


Sigla di codifica Soggetto intervistato Data intervista Tipo di intervista P: di persona; T: per telefono; M: compilato questionario via mail P P P

ist1 ist2 ist3

Referente Progetto AgrImpiegoProvincia Pisa Provincia Pisa- Assessore Provincia Pisa- Dirigente Dipartimento territorio- Servizio edilizia, sicurezza e impianti Responsabile Centri impiego Provincia Pisa Provincia Pisa- Assessore Dirigente medico presso lUnit funzionale prevenzione, igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro Usl 5 Zona Val dEra Direttore Inail Pisa Ex-direttore Inps Pisa Direttore facente funzioni Inps Pisa Direttore Dpl Pisa Presidente Anmil Pisa Segretario Ust Cisl Pisa, Responsabile Sicurezza Segretario generale provinciale Uil Pisa Segretario generale provinciale Cgil Pisa Responsabile lavoro privato Cobas Pisa Segretario di categoria Fai-Cisl Pisa Segretario di categoria Flai-Cgil Pisa Direttrice+operatrice sportello Acli Pisa Cassa edile Pisa Presidente e 2 vicepresidenti (intervista congiunta)

21/07/08 08/08/08 03/10/08

ist4 ist5 contr1

21/10/08 04/11/08 16/07/08

P P P

contr2 contr3 contr4 contr5 contr6 sind1 sind2 sind3 sind4 sind5 sind6 sind7 asscat1

24/07/08 31/07/08 07/08/08 22/08/08 23/10/08 17/07/08 15/07/08 22/07/08 13/10/08 14/10/08 13/10/08 04/09/08 06/08/08

P P P M P M P P P P P P P

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Sigla di codifica

Soggetto intervistato

Data intervista

Tipo di intervista P: di persona; T: per telefono; M: compilato questionario via mail P P P P P

asscat2 asscat3 asscat4 asscat5 assoc1

assoc2 assoc3 datl1 datl2 datl3 lav1 lav2 lav3 lav4 lav5 lav6 lav7

Referente sicurezza Cia Pisa Direttore Aema Pisa Direttore Confagricoltura- Unione provinciale degli agricoltori di Pisa Direttore Confindustria-Unione industriale Pisa Associazione Batik Pisa Vicepresidente e operatrice (intervista congiunta) Caritas diocesana Pisa - direttore Misericordia Pisa - Operatore del Centro ascolto prevenzione usura Direttore azienda agricola Esercente macchine agricole Famiglia Lavoratore edilizia Lavoratore edilizia Badante Badante Badante Operaio azienda agricola Lavoratore settore forestazione

26/08/08 16/09/08 25/09/08 23/10/08 11/12/08

22/07/08 09/01/09 27/10/08 20/10/08 08/10/08 22/09/08 22/09/08 25/09/08 28/09/08 07/10/08 27/10/08 17/10/08

P P P P P P P P P P P P

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Felici Editore
Finito di stampare nel mese di marzo 2009

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