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Analisi del XXVI canto Siamo nellottava bolgia, dove sono puniti i consiglieri dei frodi, che si trovano

interamente coperti di fiamme, in relazione allagire copertamente, che proprio dei fraudolenti in generale. Dante attraversa questo cerchio osservando le fiamme che ricoprono i puniti e, ad un tratto, si accorge della presenza di una fiamma biforcuta, e, incuriosito, domanda a Virgilio il motivo di ci. Il maestro gli spiega che i puniti di quella fiamma sono Ulisse e Diomede. Ulisse conosciuto da tutti come lastuto per eccellenza, anche se un'altra caratteristica che da imputargli linesauribile sete di conoscenza; egli condannato in questa bolgia per aver incoraggiato i compagni a sfidare Dio insieme a lui, con parole fraudolente. Dante mette in maggior rilievo la sete di conoscenza di Odisseo, probabilmente perch si rispecchia nelleroe che dopo la caduta di Troia and vagabondo per Seguir virtute e canoscenza, rinunciando alla propria patria e alla propria famiglia; allo stesso modo il poeta fiorentino, pur di non tradire se stesso rinnegando il suo passato, aveva rinunciato a rientrare in patria, pur sapendo che non solo lui sarebbe caduto in disgrazia, ma anche i figli. Ulisse e Diomede sono messi nella stessa fiamma (che Dante paragona a quella che si divise mentre bruciava i corpi di Eteocle e Polinice, i due fratelli che si uccisero vicendevolmente) perch il poeta li vuole insieme a vendetta come a lira, ricordando poi due celebri episodi in cui i due furono complici di frodi: il primo lepisodio del cavallo di Troia, il secondo lepisodio in cui i due eroi nascosero in Sciro Achille sotto abiti femminili. Lunione di questi due personaggi nella stessa fiamma rimanda al V canto, dove troviamo Paolo e Francesca che scontano insieme la loro pena. Inoltre anche il fatto che in sia soltanto Ulisse a parlare (non direttamente con Dante ma con Virgilio) rimanda sempre al canto dei due innamorati, nel quale il dialogo tra Dante e Francesca, mentre Paolo piange; anche se, nel caso di Paolo, la figura dellinnamorato, seppur silenziosa, sembra non essere messa in secondo piano, mentre in questo caso la figura di Diomede praticamente assente. La presenza di coppie di dannati allinterno dellinferno non unica di questi due canti, infatti nel XXXIII canto troviamo un altra coppia di dannati: il conte Ugolino e larcivescovo Ruggieri, anche se loro due non sono uniti ne da Amore ne da un sentimento di fedelt reciproca, ma da un odio profondo, a tal punto che uno rode selvaggiamente la testa dellaltro, in una scena di cannibalismo che tra le pi crudeli, forse, di tutta lopera. Godi, Fiorenza: con questa sarcastica invettiva verso la propria citt, Dante inizia questo canto: sono spesso presenti, allinterno dellopera, invettive verso altre citt italiane,come quella contro Pistoia (XXV c.), quella contro Pisa (XXXIII) o Genova (XXXIII), ma questa la sola contro Firenze, alla quale il poeta predice gravi castighi, e si agura anche che questi accadano presto. Dalla lettura di questo canto possiamo dedurre che la versione dellOdissea che conosceva Dante ai tempi della scrittura della Commedia diversa dalla versione ai noi nota: a noi infatti nota la versione nella quale Ulisse, dopo ventanni di viaggio, riesce a tornare a casa, dove avviene lo scontro con i Proci. Questa differenza la dobbiamo al fatto che la comune cultura al tempo di Dante non si estendeva anche ad una conoscenza del latino, se non nelle regione del sud Italia, quindi il testo dellOdissea era noto al poeta solo per mezzo di sunti medievali; una traduzione dellopera verr fatta qualche anno pi tardi, su ordine di Boccaccio, da Leonzio Pilato, appunto calabrese. Inoltre

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