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Paolo DAlessandro

Leggere Hegel oggi

Versione cartacea edita da Cuem, Milano, 1992

INDICE

INTRODUZIONE O.1 O.2 O.3 Il punto di vista di una interpretazione Linguaggio e scrittura La lettura della pagina hegeliana

p. 4 p. 5 p. 8 p. 14

PARTE PRIMA I.1 I.2 I.3 I.4 La Fenomenologia dello spirito La Prefazione Il contesto storico-culturale generale Il clima culturale e filosofico del tempo

p. 23 p. p. p. p. 24 30 33 39

PARTE SECONDA II.1 II.2 II.3 La verit intesa come processo Boccio, fiore, frutto: la verit della pianta Assoluto, Soggetto, Sostanza

p. 48 p. 49 p. 55 p. 64

PARTE TERZA III.1 III.2 Principi logici. La mediazione dialettica Negativit e morte

p. 79 p. 80 p. 91

CONCLUSIONI Dialettica ed ermeneutica BIBLIOGRAFIA

p. 101 p. 102 p. 111

INTRODUZIONE

O.1. Il punto di vista di una interpretazione "Non difficile a vedersi come la nostra et sia un'et di gestazione e di trapasso a una nuova era; lo spirito ha rotto i ponti col mondo del suo esserci e rappresentare, durato fino a oggi; esso sta per calare tutto ci nel passato e versa in un travagliato periodo di trasformazione. Invero lo spirito non si trova mai in condizione di quiete, preso com' in un movimento sempre progressivo. Ma a quel modo che nella creatura, dopo lungo placido nutrimento, il primo respiro, -in un salto qualitativo,- interrompe quel lento processo di solo accrescimento quantitativo, e il bambino nato; cos lo spirito che si forma matura lento e placido verso la sua nuova figura e dissolve brano a brano l'edificio del suo mondo precedente; lo sgretolamento che sta cominciando avvertibile solo per sintomi sporadici: la fatuit e la noia che invadono ci che ancora sussiste, l'indeterminato presentimento di un ignoto, sono segni forieri di un qualche cosa di diverso che in marcia [] Che il vero sia effettuale come sistema, o che la sostanza sia essenzialmente Soggetto, ci espresso in quella rappresentazione che enuncia l'Assoluto come Spirito, - elevatissimo concetto appartenente all'et moderna e alla sua religione. Soltanto lo spirituale l'effettuale; esso : -l'essenza o ci che in s; ci che ha riferimento e determinatezza, l'esser-altro e l'esser-per-s;- e ci che in quella determinatezza o nel suo esser fuori di s resta entro se stesso; ossia esso in e per s.- Ma questo essere in s e per s lo dapprima per noi o in s: la sostanza spirituale.[] Lo spirito che si sa cos sviluppato come spirito, la scienza. Questa ne la realt effettuale, ed quel regno che esso si costruisce nel suo proprio elemento"* I due passi ora letti sono tratti da Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Sistema della scienza, parte I, la Fenomenologia dello spirito del 1807. Cosa vien detto? Potremmo gi cominciare a rispondere con i nostri attuali 'mezzi di bordo', i quali per risulterebbero del tutto inadeguati. E' indispensabile un lungo lavoro di ricerca, prima di poter arrischiare una spiegazione di questa, come anche di altre pagine significative dell'opera del grande pensatore tedesco. Bisogna disporsi in un atteggiamento adeguato nei confronti del testo hegeliano. La difficolt di comprensione, in realt, ci induce all'irritazione e al tempo stesso all'attrazione: siamo spontaneamente portati a un'impressione negativa, ipotizzando confusione, assurdit e astrazioni l dove si arresta la nostra possibilit di comprensione, come anche, e contraddittoriamente, a un giudizio positivo, perch pensiamo di trovarci dinanzi alla profondit abissale di un pensiero che tenta di esprimere la novit rivoluzionaria di quel che non mai stato detto. Il testo esige rispetto, si fa rispettare. E' opportuno pertanto all'inizio mantenersi a distanza, saper pazientare, prima di accostarsi a esso e iniziarne la lettura. Si esige partecipazione vigile e critica; ci sta a significare che bisogna accettare il coinvolgimento nella lettura che Hegel stesso pedagogicamente richiede, perch ciascuno faccia l'esperienza di pensiero che lui stesso andato facendo, al tempo stesso per con
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Hegel, Prefazione alla Fenomenologia dello spirito, vol I, trad. it. di E. De Negri, Firenze, La Nuova Italia, 1967, 11 [] 25; d'ora in avanti con il simbolo () verr indicato il capoverso del testo hegeliano.

capacit reattiva sempe all'erta, anche se non bisogna nascondere il fatto che oltremodo difficile non essere presi e posseduti dal vortice del movimento concettuale, invischiati e 'rapiti' in esso. "Leggere Hegel, oggi" pu stare a significare naturalmente e semplicemente il dato di fatto: noi leggiamo il testo hegeliano. Sta per a significare anche che vogliamo, possiamo e dobbiamo leggere. Queste tre interpretazioni dell'infinito 'leggere' non sono affatto in alternativa, dal momento che si ritiene che coesistano volont, possibilit e necessit. Il desiderio, la volont di accostarsi al testo hegeliano sono sorretti infatti e confortati sia dalla possibilit, dal fatto che nonostante le difficolt pure siamo in grado di farlo, sia dall'urgenza, per il dovere che incombe e la necessit a farlo. Leggere tutto questo: leggiamo, perch vogliamo e al tempo stesso possiamo e dobbiamo. Chi l'Autore, 'oggetto' della nostra esperienza di lettura? Un grande della storia del pensiero occidentale, un autentico monumento: l''Aristotele tedesco', come lo ha definito Bauchmann, un suo discepolo. Ci troviamo di fronte a un pensatore, con cui prima o poi bisogna fare i conti. Si badi bene: come tutti i grandi, Hegel invade e pervade la nostra vita intellettuale, anche se noi non lo conosciamo ancora o lo vogliamo ignorare. Sanno bene ci e sono costretti a constatarlo proprio i suoi stessi oppositori, che si sentono in dovere di confrontarsi con il suo pensiero, con l'idea magari di prendere definitivamente congedo da lui. "Leggere Hegel, oggi": con tale precisazione intendiamo ora dare una particolare coloritura all'esperienza che s'intende proporre. Sottolineiamo infatti l'attualit di una lettura, nel suo aspetto teoretico, piuttosto che in quello storico-filosofico. A tal proposito il sottotitolo della ricerca suggerisce qualcosa di specifico, di determinato, qualcosa che mediante la lettura sta a differenziare noi da altri lettori di altri tempi e di altri contesti. Il sottotitolo, infatti, ci colloca in un contesto, il nostro, e da esso intende parlare. Il sottotitolo suona cos: "I principi della dialettica, alla luce della filosofia ermeneutica". Cos' un contesto? Con-testo quel che di necessit accompagna sempre il testo da leggere, la condicio sine qua non possibile l'atto stesso e l'esperienza di lettura. Con-testo l'io che legge: esso un textum, una trama di segni significanti correlati l'un l'altro, che fa da griglia per la comprensione del testo-altro, che ci si trova a leggere (nel nostro caso, quello dello Hegel). Vediamo ora di caratterizzare quello che ci sembra essere il contesto particolare e specifico di noi-lettori, qui e ora. Esso in-formato (non nel senso dell'informazione, ma di quello della formazione, naturalmente) dai principi portanti della filosofia ermeneutica
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L'ermeneutica pu essere considerata, come suggerisce Vattimo, la koin filosofica del nostro tempo; l'espressione 'alla luce di..." sta dunque a indicare il punto di vista da cui ci si pone, ovvero il carattere obbligato e destinale del nostro pensiero, il carattere relativo e condizionante del nostro stesso pensare. Da esso non possiamo in alcun modo fare astrazione, nell'intento del tutto illusorio di porci 'allo stato puro' di ricezione, essendo in certo qual senso divenuti tabula rasa, rispetto al da-conoscere. Cerchiamo ora di dire in termini generalissimi qual sia il contesto da cui ci si pone. Con-testo la formazione culturale del tempo storico in cui si vive; il nostro
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Questo perlomeno il nostro convincimento. Non qui possibile fornirne la dimostrazione, per la quale si rinvia a Testo Contesto Interpretazione, Milano, Cuem, 1989, passim.

contesto, il contesto di noi che vogliamo-possiamo-dobbiamo leggere Hegel oggi, qual ? Qual la nostra cultura, lo spirito proprio del tempo storico in cui ci troviamo a vivere? Con diretto riferimento a quello che sar il nostro Autore, proviamo a rispondrere: il contesto caratterizzato da antihegelismo, in forza (a causa) dell'ermeneutica. Si pensi infatti alla diffidenza per la particolare concezione della storia, la quale viene dichiarata 'compiuta', per la conseguente e asserita fine del pensiero, come anche alla diffidenza nei confronti della stessa dialettica, ovvero del processo che condurrebbe proprio alla 'fine' della storia. Oggi noi siamo e ci sentiamo antihegeliani, anche in quanto nella humus propria della filosofia ermeneutica.2 E' pur vero, per, che Hegel alle radici della nostra esperienza filosofica; egli il 'cominciamento' di essa. Dire ci ancora troppo poco. Al termine del nostro itinerario di ricerca si dovrebbe evidenziare come Hegel sia alle radici dello stesso far-filosofia. egli costituisce la radicalit del pensiero, dal momento che non possiamo non riconoscere che il suo modo-di pensare sia da porre a fondamento di ogni sapere3 . Chiariamo ora quale sar l'oggetto privilegiato cui si rivolgeremo. Cos' che verr illuminato alla luce della filosofia ermeneutica? cosa verr studiato dal particolare 'luogo' di osservazione costituito dal punto di vista, che contraddistingue il nostro tempo storico? L'analisi verter sui 'principi della dialettica'. La dialettica, naturalmente, non un'invenzione di Hegel. Essa viene teorizzata da Platone nel Sofista, permane poi e s'impone in forme diverse nella storia del pensiero occidentale 4. Hegel rappresenta al tempo stesso il punto di confluenza e di arrivo di varie istanze di pensiero e il punto di partenza per una concezione della dialettica che proprio da lui prende nuovo slancio e vigore. Proprio alla sua dialettica si rifanno vari pensatori del nostro tempo, sia pure di diversa estrazione culturale e magari su posizioni ben differenziate. Con la sua dialettica Hegel costituisce il modo stesso di pensare della modernit: la categoria del 'moderno' deriva da lui5 Chiarire l'oggetto-dialettica imporr un certo lavoro. Non sar infatti sufficiente far riferimento a un unico, seppure importantissimo concetto che potr essere evidenziato dalla pagina hegeliana (quello di Aufheben), ma si dovr vedere come una serie, una
2 Cos' 'noi'? Hegel risponderebbe: noi, che io, io che noi (, come si sa, la definizione di Geist proposta nelle pagine conclusive della sez. Autocoscienza della Fenomenologia). 'Noi' ciascuno di noi, ciascun singolo 'io', che si accinga alla lettura, a compiere l'esperienza teoretica alle prese con questo 'grande' della filosofia. 3 Si sta qui considerando Hegel in toto? Senza alcun dubbio, no. Non si fa infatti riferimento all'individuo-Hegel, intendendo per 'individuo' quella particolare testa pensante e non soltanto naturalmente il coacervo di elementi che costituiscono la storia psicologico-sociale di ciascuno. L'individuo appartiene infatti al suo tempo e in e per esso consummatum est, compiuto e risolto. Alle radici del nostro essere, in quanto radicalit di posizione nel delineare il fondamento stesso del pensiero, il testo hegeliano. Esso non risulta essere 'figlio del suo tempo', e pertanto consumato in e per esso, se, dove e quando in esso trova espressione la 'cosa stessa' (die Sache selbst) del pensiero: al di qua dell'individualit cogitante pi o meno geniale, s'impone nel testo l'elemento universale, il concetto, inteso quale 'universale concreto'. 4 Si pensi, a esempio, al sic et non di Abelardo, al metodo stesso utilizzato da Tommaso nella Summa e, tanto per far riferimento alla mistica tedesca, cui il 'romantico' Hegel trae ispirazione costante, al ritrovare il no nel s e il s nel no di Bhme. 5 Cfr. Habermas, J., Il discorso filosofico della modernit, Bari, Laterza,1987, passim.

costellazione di termini e di concetti facciano acquisire al metodo e ai contenuti del testo preso in esame particolari significati. La costellazione di concetti, il reticolo concettuale, una specie di struttura, che sta a chiarire il senso che acquista in Hegel la dialettica, e al tempo stesso ne all'origine: sono i principi appunto della sua dialettica 6 Vediamo ora di stabilire cosa abbiamo intenzione di leggere di Hegel. In particolare la nostra attenzione si fermer su un testo: la Fenomenologia dello spirito del 1807, da cui abbiamo tratto la citazione iniziale. Vogliamo delineare pertanto i 'principi' della dialettica hegeliana, analizzando questo testo e niente altro. Meglio ancora: si potr anche far riferimento ad altri testi, che precedono o che seguono, ma sempre facendo perno su quest'opera del 1807. Non poi nostra intenzione leggere tutta la Fenomenologia, ma decidiamo sin d'ora di limitare la lettura a una sola parte, a un solo capitolo. Proveremo infatti a prendere in considerazione unicamene la Prefazione (Vorrede) alla Fenomenologia. VorRede il discorso pre-posto, posto avanti: essa contraddice il suo stesso essere, il suo significato etimologico, dal momento che al contrario viene scritta-dopo. Questo fatto comporta tutta una serie di questioni teoriche di rilievo, di cui dovremo occuparci, mostrando come si possa leggere il testo ponendolo in stretta connessione con le conclusioni stesse cui Hegel perviene. La Vorrede poi in certo qual modo un testo autonomo, che possiede un doppio senso: di chiudere un discorso, quello proprio del testo fenomenologico, che rappresenta il punto di maturazione del giovane Hegel, e di anticiparne un altro, quello della logica, che giunger a maturazione per soltanto dopo qualche anno, nel 1812. Il testo pu cos essere considerato quale esergo dell'intera opera, tanto vero che quel che in realt avvia il discorso pi propriamente fenomenologico l'Introduzione (Einleitung). E' un testo a se stante, un'opera completa in s e per s, che proprio perch tale pu essere letta separatamente dalla stessa Fenomenologia .

0.2. Linguaggio e scrittura Si potrebbe pensare sia giunto il momento di aprire il testo, e invece opportuno astenersi dal farlo. Si detto che esso deve essere trattato con rispetto, mantenendosi a rispettosa distanza; si dovr cominciare a desiderarne la lettura, perch incuriositi, attirati e provocati da tutta una serie di elementi, che ci informano, ci mettono di fronte a difficolt e ostacoli, e al tempo stesso ci sollecitano a superare le une e gli altri Aumenta di certo il ripetto per il testo, e di pari passo la constatazione della difficolt della lettura, e di qui, per provocazione e per reazione, la rinnovata volont di cercare di farne comunque un'esperienza che ci permetta di coglierne il senso, se proviamo a dare ora qualche ragguaglio circa il linguaggio in Hegel, distinguendo nel nostro discorso tre parti interconnesse: anzitutto facendo riferimento al linguaggio nell'intera sua opera, poi a quello della Fenomenologia, mostrando per sommi capi i
6 Il frutto del lavoro di ricerca che ci proponiamo sar quello di avere la possibilit di orientarsi nella pagina hegeliana, avendo acquisito ormai familiarit con tutta una serie di concetti tipici, unici e originari, come pure tratti dall'uso del linguaggio corrente, ma con senso ormai diverso dall'usuale.

problemi storiografici ed ermeneutici connessi a quest'opera, alla sua stessa composizione, e finalmente affrontando l'esame dei problemi specifici della Prefazione, con la posizione particolare e il senso che viene ad acquisire. I. Parola e discorso in Hegel. Hegel ben consapevole di proporre un linguaggio filosofico del tutto nuovo, che sconvolge il 'sano intelletto umano'. Il novum costituito dal suo tentativo reiterato di presentare la cosa stessa del pensiero, e prima ancora la realt, nell'atto stesso del suo movimento. La dialettica, che come avremo modo di vedere coincide con il movimento stesso, si insinua cos nel linguaggio, tende a muoverlo, ricevendo al tempo stesso movimento: proprio nell'esposizione concettuale viene a realizzarsi cos la rappresentazione del reale. Scrive al proposito un attento lettore della Fenomenologia: "Il linguaggio di Hegel spezza la grammatica comune soltanto perch esso deve esprimere ci che non stato mai letto e per il quale la grammatica vigente non offre alcuna possibilit"7 Tramite questa forzatura, questa 'violenza' operata sulla grammatica, avviene lo sconvolgimento dei concetti usuali statici e fissi, il cui senso pu essere stabilito una volta per tutte. Tali concetti, quando vengono assunti da Hegel nell'espressione si 'convertono' alla cosa, nel tentativo di mimesis della realt. E' questo un atto di creazione, nel senso forte del termine. Detto diversamente, Hegel cerca di purificare le forme astratte della filosofia occidentale, di ridare a essa nuova vita, "togliendo (durch das Aufheben) i pensieri determinati e solidificati". Egli cos ben consapevole che " peraltro assai pi difficile rendere fluidi i pensieri solidificati, che rendere fluida l'esistenza sensibile"8 Accade pertanto che i concetti del senso comune, che Hegel utilizza a piene mani, e quelli del vocabolario tecnico filosofico acquistino anima e vita proprie. Si manifestano cos nuovi significati; meglio ancora un senso nuovo li permea e li trasforma: il concetto tende infatti a progredire in un proprio e autonomo sviluppo, nell'attimo in cui si crede illusoriamente di poterlo cogliere finalmente con l'esattezza e la precisione delle idee chiare e distinte di cartesiana memoria, in una tanto sospirata definizione. Il concetto cresce tra le mani e sotto gli occhi di colui che lo sta generando e finisce cos con lo sfuggire al controllo del suo stesso creatore9. Analizzando la Vorrede avremo modo di constatare come Hegel sia convinto che la filosofia debba cercare di rappresentare (darstellen) non tanto quel che chiaro, persino matematizzabile, quanto piuttosto quel che vero. Risulta essere 'chiaro' l'oggetto che si para davanti (Gegen-stand), dall'altra parte contra-opposto al soggetto conoscente; esso fermo e inerte, 'alcunch di positivizzato e morto'. Il fenomeno-vita, invece, 'sorge e passa'; non semplicemente oggettivo, dal momento che coinvolge lo stesso soggetto conoscente: la sua esistenza viene a essere coincidente con la vita stessa che tende a presentare. Accade allora che il soggetto in
E. Bloch, Dialettica e speranza, Firenze, Vallecchi, 1967, p.97. Hegel, Fenomenologia dello spirito, vol.I, p.27. (D'ora in avanti con la sigla FdS, seguita dal numero di pagina, tra parentesi nel testo). 9 E' la distanza, la dif-ferenza, che si stabilisce di fatto tra l'intenzionalit di colui che dice, di un autore, e il suo stesso detto, in testo.
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movimento, nell'atto proprio di comprensione e di rappresentazione, cerca di cogliere "il movimento della vita della verit", ovvero "il trionfo bacchico del vero" (FdS, 37 s.). E' proprio a questo livello, qui e ora, che viene a collocarsi la parola e il linguaggio di Hegel. Affidiamoci ora al giudizio di Ernst Bloch: la caratteristica peculiare della sua parola costituita, di necessit, proprio in forza e per necessit del tentativo che si sforza di compiere, da "ambiguit verbale, stridente, ingannatrice, demoniaca"; i concetti sono fluidi, perch "in Hegel, come nel paesaggio in movimento, le cose si modificano incessantemente [], la ragione diventa follia"; quello hegeliano viene cos definito in ultima analisi "un linguaggio da pazzi o abracadabra"10. In questo suo tentativo prometeico di strappare alla vita il suo segreto e di tradurlo in concetti comunicabili, che facciano trasparire l'essere della Cosa in movimento, Hegel sembra perdersi, nella difficolt a comunicare il suo stesso pensiero. Prendiamo ora in considerazione le testimonianze pi significative al proposito di alcuni suoi discepoli. Cominciamo da quella di Karl F. Ferdinand Sietze: "la manifesta difficolt di espressione di Hegel potei spiegarmela solo ammettendo che in una certa misura pensasse solo per sostantivi, che nella considerazione di un oggetto le relazioni gli apparissero pi o meno come figure che entravano in azione reciprocamente e che egli traducesse solo in seguito queste azioni in parole []. A causa di tali particolari costruzioni Hegel dovette fare attenzione a come scriveva, per evitare errori di grammatica. Questo non perch non ne conoscesse le regole, ma perch doveva per prima cosa tradurre il contenuto dei suoi pensieri, dimodoch in una certa misura ogni lingua [anche la propria!] gli sembrava una lingua straniera"11. Addirittura sconcertante appare la testimonianza del magistero hegeliano da parte di H. C. Hotho, il quale fa riferimento a Hegel che insegna a Berlino, nel pieno ormai della maturit: "egli se ne stava seduto con il corpo rilassato, il capo chino e come di malumore e continuando a parlare sfogliava i lunghi quaderni in folio, cercando avanti e indietro, su e gi; il continuo raschiarsi la voce e tossire disturbava il fluire del discorso; ogni proposizione se ne stava a s, messa fuori con sforzo, districandosi dalle altre; ogni parola, ogni sillaba si liberava solo dopo una lotta, per passare da una voce vuota di toni metallici al largo dialetto svevo, come se ognuna fosse la cosa pi importante per attingere infine un accento stupendamente risolutivo. Un'eloquenza che fluisce via tutta liscia presuppone che si sia arrivati a una completa padronanza dell'oggetto [], la sua invece doveva provocare i pensieri pi potenti dal pi riposto fondo delle cose e se quelli [i pensieri] dovevano operare con l'energia del vivente dovevano pure, anche dopo una meditazione e rielaborazione di anni, ricrearsi in lui in una loro vivente presenza"12. Prosegue poi ancora lo stesso discepolo nei suoi Studi sulla vita e sull'arte: "balbettando al principio egli procedeva con sforzo, ricominciava da capo, si fermava di nuovo in sospeso, parlava e rifletteva intensamente, la parola esatta sembrava dovesse mancare del tutto ed ecco che improvvisamente veniva con certezza infallibile, sembrava comunissima e invece era inimitabilmente appropriata, inusitata eppure l'unica corretta;

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E. Bloch, Dialettica e speranza, pp.98, 104, 107. in K. Rosenkranz, Vita di Hegel, Firenze, Vallecchi, 1966 p.377. 12 Cit. in Th. W. Adorno, Tre studi su Hegel, Bologna, il Mulino, 1971, pp. 150 s.
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sembrava che il concetto pi appropriato e autentico dovesse poi seguire e invece era gi stato espresso, inavvertitamente, ma nel modo pi completo possibile. Ora che si era chiarito il significato di una proposizione si attendeva fiduciosamente di andare avanti. Invano. Il pensiero invece di procedere si girava e rigirava pressappoco con le stesse parole sempre al medesimo punto. Ma se l'attenzione affaticata si rilassava un momento distraendosi e poi, dopo qualche minuto, ritornava di colpo e atterrita al discorso, ecco che, a sua punizione, si trovava tagliata fuori []. E cos, riassumendo sempre con cura ci che precedeva, per sviluppare attraverso pi profonde trasformazioni, il momento susseguente, nell'accentuarsi della scissione traendo sempre pi ricche oscillazioni la mirabile onda di pensieri avanzava accavallandosi e faceva impeto, lottando, ora frantumandosi, ora riprendendo con ampio avvolgimento a volte indugiando, ora ricapitolando in un balzo; ma sempre inarrestabile, verso la meta"
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Vediamo di commentare ora queste testimonianze. Sietze sostiene anzitutto che Hegel ha difficolt addirittura a comunicare il proprio pensiero. Egli si trova a pensare 'per sostantivi': ci sta a significare che viene posto in atto un pensare concreto, mentre il linguaggio comunicativo si serve nella generalit dei casi di elementi astratti, quali sono gli aggettivi, gli avverbi, i pronomi. Si va poi pi a fondo, relativamente a questa prima indicazione, sostenendo che Hegel intende proporre la rappresentazione di un oggetto concreto, della realt effettuale (Wirklichkeit). Hegel si troverebbe cos nell'impossibilit di considerare la 'semplicit' della Cosa-da-rappresentare, dal momento che la cosa-oggetto sempre un 'tutto complesso e strutturato'; essa al crocevia di relazioni, da intendere quali forze, che entrano in azione e in movimento proprio nell'atto stesso della rappresentazione in figure. Nella sua comunicazione il filosofo tedesco ha cos da risolvere un grosso problema di traduzione. Deve cio dire il movimento relazionale, l'agire della Cosa, rappresentare a parole, concettualmente, l'azione di forze che sono in gioco, nella costituzione dell'oggetto. La conseguenza inevitabile cui si giunge che il linguaggio, anche nella forma della propria stessa lingua materna, risulta essere inadeguato al compito che gli si propone. La testimonianza di Hotho conferma quella di Sietze. In particolare offre un'immagine addirittura sconcertante di Hegel-maestro. Il discepolo chiarisce infatti quali fossero le conseguenze dei problemi che Hegel aveva a comunicare il suo pensiero, durante la lezioni, nell'atto del magistero accademico. Siamo cos portati a immaginare il Nostro in una rappresentazione che rasenta il comico: si rischiara la voce, intramando il discorso con colpi di tosse, quasi a prender tempo, dal momento che le parole, addirittura le sillabe stesse stentano a venir fuori; quando finalmente l'espressione viene alla luce, essa caratterizzata dal dialetto svevo. Nota poi Hotho come il discorso possa fluire correntemente e privo di ostacoli solo a patto che si abbia totale padronanza dell'oggetto da rappresentare. Nel caso di Hegel ci non si verifica quasi mai. Egli intende infatti evocare i pensieri dalla profondit abissare delle cose stesse e dal momento che i pensieri, proprio per la loro aderenza alle cose, debbono rappresentare in una sorta di ri-creazione la vita stessa, anche dopo anni di speculazione la difficolt a rappresentare il movimento del pensiero torna sempre a proporsi, se vero che la vita si rinnova continuamente e imprevedibilmente.

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Ibidem, pp. 164 s.

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Durante le lezioni di Hegel a Berlino si in presenza solo di imbarazzanti balbettii e di oscurit? Certo che no. Il fatto che il discorso procedesse con sforzo l'indice di un'intensa riflessione. Proprio in forza di essa all'improvviso ecco che Hegel perviene come d'incanto a esprimere la parola giusta, quella parola tanto faticosamente cercata. Essa viene tratta dal linguaggio comune: all'apparenza insulsa, insignificante, dal momento che non ha mai avuto cittadinanza filosofica; non appartiene neppure alla lingua ufficiale, eppure risulta chiaramente, nell'occasione, l'unica possibile. E' il concetto pi appropriato l e in quel momento. A questo punto ci si aspetterebbe la prosecuzione ormai spedita del discorso, il suo fluire ormai senza indugi e senza intoppi ulteriori; e invece il pensiero torna a impastoiarsi con le stesse espressioni, che ripetute non lo fanno affatto procedere. Accade naturalmente che gli studenti si distraggano (pare che addirittura...dormissero): a sua punizione l'attenzione affaticata viene tagliata fuori dalla possibilit stessa di comprendere il risultato che, improvviso come un lampo, l'onda dei pensieri arriva di tanto in tanto a conseguire. II. Il linguaggio della scrittura. Nello scrivere Hegel tende a riprodurre una parola stentata, ma prima ancora naturalmente il movimento concettuale a essa retrostante. Come ha difficolt nel parlare, allora, mostra di averne di maggiori ancora nella comunicazione scritta. I suoi testi vengono definiti da Adorno degli anti-testi, allo stesso modo in cui si parla di antimateria in fisica. I suoi libri sono semplici annotazioni delle lezioni, dunque in strettissima correlazione con la parola viva del discorso orale (e abbiamo gi visto che discorso!). Hegel pubblica cos solo in minima parte le sue opere, la maggior parte delle quali opera redazionale dei suoi discepoli. E' lapidario il giudizio di Adorno: La Fenomenologia solo a stento un libro, la Logica gi non lo pi. La scrittura hegeliana strettamente interconnessa al suo pensiero, ne dipendente. Non perci possibile interpretare il suo pensiero senza un'adeguata chiarificazione relativa alla terminologia, al linguaggio. Koyr, a esempio, indica l'enorme difficolt che si ha nel tradurre Hegel, dal momento che il francese una lingua astratta, mentre il tedesco hegeliano concreto; Hyppolite diviene traduttore di Hegel, proprio perch spinto, nel suo commentario alla Fenomenologia, a chiarire i concetti hegeliani: il traduttore alle prese con i termini, ma prima e pi ancora con il pensiero dell'autore; De Negri, traduttore italiano della Fenomenologia, convinto che la comprensione del pensiero di Hegel non sia questione di lessico, di terminologia, ma di intelletto14 Fatte queste precisazioni, cerchiamo di andare pi a fondo nell'argomento. La scrittura calco della parola parlata, ri-produzione, per quanto possibile il pi fedele, dell'oralit15. Anzitutto il linguaggio scritto di Hegel ha i caratteri tipici del gesto dell'insegnamento, anche se abbiamo avuto modo di notare la difficolt che il Nostro

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Tutto ci sta a significare che ogni lettore di Hegel, ovvero chiunque intenda cimentarsi con il suo pensiero, finisce con il tentare di tradurlo, per interpretarlo. Questo vuol dire allora venire alle prese con la sua terminologia, persino con le espressioni gergali del dialetto svevo. 15 Di qui in avanti seguiremo soprattutto Th. W. Adorno, Tre studi su Hegel, passim.

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aveva di 'porgere' a lezione: c' pertanto preponderanza dell'espressione orale, tipica della lezione e/o della conferenza, rispetto allo stile e alla struttura di un testo scritto. Hegel adopera pertanto i termini del linguaggio non filosofico in modo congiunturale e occasionale, sia per quel che riguarda i singoli termini, sia per le classi di parole. Alcune stratificazioni di significato rimangono costanti, altre acquistano invece senso solo in relazione al contesto inusitato in cui vanno a inserirsi. Il linguaggio filosofico di Hegel, quello suo proprio e caratteristico, si modella dunque su quello comune e ingenuo. Altra importante considerazione riguarda lo stile. Hegel non fa mai 'spettacolo', servendosi di artifici retorici. Per lui il linguaggio essenzialmente mezzo di comunicazione; tende pertanto ad andare alla sua essenza, puntando al contenuto e rifuggendo qualsiasi attenzione alle forme, alla retorica e allo stile di una lingua. Al proposito, noto il suo giudizio negativo nei confronti della lingua 'ricca di spirito' dei pensatori francesi16 Nel testo di Hegel si di fronte a una indifferenza stilistica. La sua prassi linguistica "obbedisce a un'immagine leggermente arcaicizzante, per la quale la parola orale avrebbe un primato su quella scritta; quale la custodisce chi rimane ostinatamente attaccato al suo dialetto"17 Un'osservazione di Horkheimer per noi sconcertante: soltanto ci conosca il dialetto svevo pu confidare di riuscire un giorno a comprendere rettamente Hegel. Naturalmente una sentenza dal carattere provocatorio, cui non si pu dar credito alla lettera: se cos fosse, dovremmo chiudere il testo tutti, compresi gli stessi compatrioti odierni dello Hegel, dal momento che si parla di dialetto svevo del tempo di Hegel e neppure dei nostri giorni. La provocazione di Horkheimer ci mette per sull'avviso delle modalit proprie di espressione del Nostro e delle difficolt che s'incontrano accostandosi a lui. Hegel si serve del dialetto. Non scrive mai professionalmente, non si cura dell'espressione tecnico-filosofica, tantomeno di quella retorica che si adatti alla circostanza. Egli diffida infatti dell'espressione linguistica che tende a imporsi, facendo quasi violenza, con strumenti retorici, in forza di quel suo potere che confida sulle capacit persuasive delle forme e dello stile, piuttosto che sui contenuti concettuali. Si pu mettere in luce ancora un'altra caratteristica, in stretto rapporto con quel contenuto 'in movimento' che egli si proponeva di rappresentare: le sue pubblicazioni sono definite "film del pensiero, piuttosto che testi"18. Come l'occhio non addestrato non riuscir mai a fissare i singoli fotogrammi di un film, cos com' possibile farlo invece con un'immagine in quiete, con una fotografia, altrettanto capita per i suoi testi. Egli scrive, cercando di 'copiare' quel che accade nel processo produttivo concettuale; la sua scrittura cos una forma di mimesis, di calco, una scrittura per gesti, l dove tende proprio a ri-produrre espressioni del linguaggio comune, anche cadute in disuso, a rispecchiare quel deposito di gesti, che il dialetto svevo. In questa sua attivit di trascrizione della lingua parlata dialettale e al tempo stesso di produzione di pensiero, Hegel finisce per depotenziare i singoli concetti e li

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Cfr. Fenomenologia , vol.II, p.73. Th. W. Adorno, Tre studi, p.148. 18 Ibidem, p.152.

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maneggia come se fossero dei quadri, cui stata tolta l'immagine che in origine stavano a rappresentare19. E' a questo punto che viene richiesto l'intervento del lettore, che diviene cos partecipe dell'atto di ri-creazione del processo speculativo. Scrive infatti Adorno che "dal lettore Hegel si attende un duplice comportamento []; deve lasciarsi andare, farsi portare dalla corrente, senza costringere ci che momentaneo a indugiare e fermarsi [si pensi ai film del pensiero][]; d'altro lato si deve anche perfezionare un procedimento di osservazione intellettuale, atto a rallentare il tempo nei punti nebulosi". E si aggiunge poi che "quasi mai i due procedimenti riescono al medesimo atto di lettura"20.

0.3. La lettura della pagina hegeliana Con l'ultima osservazione relativa alla scrittura per gesti siamo pervenuti al momento conclusivo del nostro discorso sul linguaggio hegeliano, concernente la lettura. S'intende ora mostrare la difficolt di una lettura, a causa di una simile scrittura e al tempo stesso fornire indicazioni utili a coloro che intendano accostarsi al testo hegeliano. A complemento di quanto gi si detto, ci affidiamo ancora ad Adorno: come si deve leggere Hegel, l'Oscuro?21 Le opere di Hegel sono disseminate di ostacoli all'intelligenza del testo. Tante opere di filosofia sono naturalmente di difficile comprensione, ma Hegel sembra rappresentare un caso speciale, a se stante. Il compito del lettore non tanto quello, in prima istanza, di ervenire all'esatta considerazione del tenore delle parole, in vista del rinvenimento del senso resente, ma ancor prima di stabilire se effettivamente un senso ci sia. Sta di fatto che nessuna ermeneutica, a distanza di quasi due secoli, su alcuni punti controversi riuscita a stabilirlo in modo incontrovertibile. Per Hegel, caso unico in assoluto nella cerchia dei grandi del pensiero occidentale, a volte non si pu nemmeno stabilire in modo convincente e unanime di cosa si stia discorrendo22. Detto questo, per quelli che sono i casi limite, eccezionali, si dovr poi fare un discorso generale per gli scritti di Hegel globalmente intesi. Nessun passo, nessuna parola mai comprensibile, senza possedere la conoscenza globale di tutta la costruzione concettuale dell'intero capitolo. Ipotizziamo qui una lettura gi avvenuta. Si perviene al punto in cui il senso rimane oscuro: non si riesce a comprendere di che si tratti, o almeno non tutto risulta ancora chiaro. Nel caso di Hegel non si deve procedere senza che in qualche modo, almeno provvisoriamente, si sia colmato il vuoto-di-senso. Come? Mediante la struttura

I concetti della lingua corrente vengono svuotati del loro significato usuale, in vista di un utilizzo in accezione del tutto nuova. 20 Viene qui ipotizzata e auspicata, proprio nel tentativo di superare le difficolt di comprensione del testo, una duplice attivit di lettura, che grosso modo sta a corrispondere ai due atteggiamenti complementari, che si assumono dinanzi all'opera hegeliana il coinvolgimento partecipativo e la vigilanza critica. 21 Cfr. in particolare Th.W.Adorno, Skoteinos. Come si debba leggere, in Tre studi. 22 Si faccia qui riferimento ad alcune 'figure' della Coscienza, come pure a certi 'momenti' dello Spirito.

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di senso globale dell'intero contenuto della filosofia hegeliana23. Il senso che rimane in sospeso o il vuoto di senso il carattere peculiare, intrinseco della filosofia hegeliana, della scrittura del pensiero di Hegel: infatti in pieno accordo con la dottrina della verit, secondo la quale il vero (Wahre) non lo si afferra mai in modo esaustivo in una tesi particolare, dal momento che non esiste enunciato che riesca a contenerlo in modo adeguato. Tale il contenuto del pensiero hegeliano. La forma espositiva della sua scrittura commisurata a questo principio; nulla pertanto si pu in realt comprendere al di fuori dell'intero discorso: leggeremo, infatti, che solo 'il vero l'intero'. Detto ci, c' per subito da considerare un problema immediatamente insorgente: l'intero ha vita, ha una sua vita, unicamente e soltanto nei suoi singoli momenti, ovvero, per richiamarci all'ermeneutica, la comprensione ha da fare i conti con il rapporto che intercorre tra tutto e parti, tra tutto e sue parti costituenti24 Troviamo cos scritto: "per intendere Hegel con Hegel occorre seguire la scomposizione dei suoi momenti, che si mediano l'un l'altro e insieme si contraddicono. Chi non sia gi a parte dell'intero complessivo si preclude l'intelligenza di Hegel [] Occorre cio sempre aver presente, anche se solo provvisoriamente, quel che Hegel vuole nel suo tendere oltre [oltre la filosofia del suo tempo], e chiarirselo poi retrospettivamente"25 Hegel spesso accusato di scarsa chiarezza. E' un'accusa di stampo positivistico che viene attivata dalla constatazione dei vuoti-di-senso, o del senza-senso. Il concetto di chiarezza, nato in ambito filosofico, si ritorce oggi a boomerang dall'ambito delle scienze a quello del pensiero. Le scienze credono infatti di dover custodire la 'chiarezza' come un dogma, proprio quella 'chiarezza e distinzione' che secondo Cartesio deve contraddistinguere l'idea filosofica. Ma quand' che ipotizzabile la chiarezza dell'idea, quel supremo ideale che da Cartesio porta sino a Kant? La norma ideale della chiarezza valida solo sino a che si presuppone un oggetto da conoscere disposto a lasciarsi fissare nell'atto della rapresentazione dal soggetto conoscente. E' la scolastica adaequatio intellectus et rei. Il soggetto, per servirsi di una metafora, sarebbe una sorta di macchina fotografica, che preesiste alla cosa (la quale d'altro canto rispetto lui stesso autonoma e indipendente) e la fissa in un'immagine percettiva e mentale, l'idea. Per Hegel le cose non stanno certo cos. Soggetto e oggetto non hanno verit propria nell'autonomia e indipendenza l'uno dall'altro, ma si costituiscono nel loro esserci in una relazione reciproca: "grazie alla sua relazione con l'oggetto in s mosso, anche il soggetto si muove"26 e si costituisce nel movimento e come movimento. Questa risulta essere la tesi centrale della Fenomenologia hegeliana.
Per ottenere ci ci si pu naturalmente affidare a strumenti generali di lavoro quali sono gli articoli di enciclopedia e gli stessi manuali. 24 Si tratta di porre in gioco il circolo ermeneutico, che si articola nella dialettica comprensione/precomprensione, o anticipazione di senso (cfr. il gi citato Testo Contesto Interpretazione). E' interessante notare qui come si possa (e si debba) fare riferimento al nostro punto di vista antihegeliano, che per indirettamente si rif proprio a Hegel, nell'intento di impostare i suoi stessi principi metodologici. 25 Th. W. Adorno, Tre studi, p.118. 26 Ibidem, p.126.
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Tutto questo fa s che l'idea stessa di chiarezza e distinzione diventi una vera e propria anticaglia, un criterio valido soltanto per un soggetto e un oggetto statici. La filosofia di Hegel, e la teoretica in generale, si pone in evidenza in un paradosso: tenta di dire il non chiaro, non circoscritto, quel che recalcitra sempre alla cosificazione. Questa della filosofia hegeliana sembra essere una richiesta davvero paradossale, in considerazione del fatto che il linguaggio, mediante la grammatica e la logica, tende a ridurre il reale proprio a un processo di reificazione. La filosofia di Hegel si propone cos di sovvertire il normale procedimento di elaborazione linguistica: il suo discorso filosofico, infatti, forza le procedure proprie dell'instaurazione di una lingua. Il linguaggio della sua filosofia per essenza, allora, un antilinguaggio, contrassegnato in modo contraddittorio dal marchio della sua stessa impossibilit e inattingibilit. Spesso di un testo si dice che una 'tessitura'27. Per il discorso di Hegel tale metafora risulta imprecisa. Parlando infatti di 'tessitura', di trama pi o meno evidente o nascosta che sia, di reticolo concettuale, se da una parte vero che ci si discosta senz'altro dall'idea di un discorso che si esplicita in progressione lineare, dall'altra pur vero per che viene soppresso, o perlomeno non tenuto in debita considerazione, l'elemento dinamico. E invece dinamismo e staticit28 risultano essenziali a pari titolo nel discorso filosofico. Benjamin parla al proposito di una 'dialettica in stasi', che pu essere paragonata all'esperienza che fa l'occhio quando analizza una goccia di acqua non pi 'a vista', ma mediante uno strumento ottico di precisione qual un microscopio: quel che appare a occhio nudo immobile si rivela nell'essenza, in un'essenza che si constata nascosta, un brulichio di molecole, ovvero materia in movimento. Un passo famoso della Prefazione rappresenta chiaramente tale infrastruttura del reale e dello stesso linguaggio scritto: "l'apparenza un sorgere e un passare che n sorge, n passa, ma che in s costituisce l'effettualit e il movimento della vita della verit. Per tal modo il vero il trionfo bacchico, dove non c' membro che non sia ebbro; e poich ogni membro nel mentre si isola altrettanto immediatamente si risolve -il trionfo altrettanto la quiete trasparente e semplice. Nel tribunale del movimento non sussistono n le singole figure dello spirito, n i pensieri determinati; ma essi, come sono momenti negativi e dileguanti, cos anche sono positivi e necessari" (FdS, 37-8). Con la 'dialettica in stasi' da intendere cos il movimento nella quiete di una struttura, ovvero il movimento della quiete dell'intero. Ci sta a significare che quella rappresentazione della dinamica del pensiero hegeliano, secondo cui il movimento del concetto non altro che il processo che conduce da un concetto all'altro, solo un aspetto parziale di quel che in realt avviene dinanzi alla pagina hegeliana, al cospetto della scrittura dello Hegel. Il movimento che si in grado di constatare non soltanto quello, di per s epidermico e superficiale, che permette di porre in evidenza l'avvento del diverso nel passaggio da uno schema concettuale all'altro: si pensi al passaggio da una sezione
'Testo', latino textum, deriva da texere che significa 'tessere, intessere, intramare'. L'elemento statico risiede nell'esser-detto in un linguaggio, che di necessit naturalmente provvisto di logica e di grammatica.
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all'altra della Fenomenologia, come anche a quello da una figura all'altra della Coscienza o da un momento all'altro della manifestazione dello spirito. Il movimento la dynamis, che si giunge a evidenziare, interna a ciascun concetto, all'apparenza delle cose in quiete, statico e ossificato, come anche interna alla stessa totalit, cui quel singolo concetto appartiene, anche se fenomenologicamente e in primissima istanza anche l'intero risulta essere immobile29. Quale ultimo punto della lunga analisi introduttiva concernente il linguaggio di Hegel, vediamo ora di operare qualche considerazione, che riguardi pi da vicino il leggere, il nostro leggere. Cercheremo cio di considerare il testo, in relazione al suo potenziale lettore. E' naturale che in tale considerazione non si potr prescindere dal far riferimento allo stesso autore, dal momento che la lettura un'attivit che mette in gioco di necessit tre polarit: Emittente Messaggio Destinatario AUTORE TESTO LETTORE30. A seconda della teoria della conoscenza che si fa valere, ci troviamo di fronte a due concezioni della lettura nettamente distinte. Anzitutto va detto, con una prima e superficiale osservazione, che in quanto nella volont di leggere il soggetto potenzialmente conoscente attivo, perch decide di leggere, prende in mano un testo e finalmente fa scorrere le pagine sotto i suoi occhi. Chiediamoci, per, cosa ac-cade in realt quando si fa esperienza vera e propria di lettura. Possiamo rispondere in due modi ben distinti: la lettura pu infatti avvenire secondo la teoria della conoscenza del semplice rispecchiamento, o piuttosto secondo una teoria della conoscenza di produzione31. Vediamo di chiarire la distinzione tra le due teorie della conoscenza e di conseguenza tra le due possibili letture. Nel primo caso il lettore risulta attivo, opera nella lettura e per la lettura sin quando non apre il libro e lascia scorrere il testo; a questo punto egli diviene puramente ricettivo di un messaggio, che dall'autore gli proviene, attraverso la mediazione del testo. L'esperienza di lettura viene cos a coincidere e a corrispondere, nella sua essenza, all'attivit dell'autore (intenzione, scopo, idea e pensiero), che, a distanza, mediante lo strumento della scrittura, comunica qualcosa al lettore. Il compito del lettore sar allora quello di farsi ricettivo al meglio, ovvero di non porre ostacoli di sorta all'acquisizione del messaggio e alla comunicazione: ma questo sta a significare allora che egli ha da essere in-attivo, del tutto passivo, in quanto si fa specchio fedele rispetto alla parola scritta. Nel secondo caso, invece, si parte dal convincimento proprio della filosofia ermeneutica heideggeriano-gadameriana che lo 'specchio' non mai terso, non pu mai venire a corrispondere a uno strumento 'ingenuo'. Il lettore, ovvero il soggetto potenzialmente conoscente, insomma, non pu mai essere considerato quale tabula rasa.
29 Si ponga qui mente alla metafora della goccia d'acqua: all'apparente immobilit della sua struttura si pu contrapporre il brulichio di molecole, rilevabile per soltanto a una lettura pi attenta. 30 Nel nostro caso, naturalmente: Hegel Fenomenologia noi stessi. 31 Si veda al proposito la parte istituzionale del programma di esame di Istituzioni di filosofia, da preparare su Il pensiero e il linguaggio dell'inconscio, Milano, Cuem, 1991.

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Assieme al testo che gli si para davanti, e prima ancora -se cos si pu dire, forzando un po' i termini del nostro discorso- del testo-oggetto-da conoscere, egli deve considerare il testo-soggetto-conoscente, che egli stesso . Ogni testo vien letto infatti in (da) un contesto, ovvero da un punto di vista, da un orizzonte di comprensione. Ci sta a significare che le informazioni, che all'apparenza delle cose si ricevono del tutto passivamente, passano di necessit attraverso la griglia concettuale di colui che legge. Tale griglia la relazione segnica costitutiva dell''io' del lettore; nell'esperienza di lettura avviene l'intramarsi di segni con altri segni: quelli provenienti dal testo e quelli propri dell'io. La trama che va a costituirsi produzione di conoscenza, propria dell'esperienza di lettura, ed attraverso essa che si perviene alla comprensione di quel che l'autore ha scritto, in uno con quel che ha voluto dire, scrivendo. In questo secondo caso viene evidenziata ed esaltata l'attivit del lettore, mentre tende a rimanere in ombra quella dell'autore, avvenuta una volta per tutte32. Vediamo qual il tipo di lettura che vien richiesto dal testo stesso di Hegel. Stabilendolo, si avr modo nel contempo di definire il rapporto che intercorre tra l'autore-Hegel e noi-lettori. L'intera filosofia hegeliana (e non soltanto, pertanto, la Fenomenologia) impegnata nello sforzo costante e reiterato di tradurre in concetti l'esperienza spirituale, ovvero quella del Geist. All'apparenza delle cose, ed Hegel stesso sembra esserne del tutto convinto nell'impostare il proprio lavoro di ricerca, il tradursi della vita stessa in concetti semplicemente da descrivere, prendendo atto di quel che ac-cade, che accade nel testo stesso di Hegel naturalmente. Ma le cose non stanno proprio cos. Una pi attenta lettura ci mostra infatti come il Nostro fosse consapevole che l'esperienza dello spirito pu essere espressa soltanto nell'atto del suo prodursi ed essa ha pertanto bisogno di essere ri-attivata ogni qualvolta fa mostra di s nel testo scritto. L'esperienza del Geist pu essere com-presa, dunque descritta concettualmente, perch 'afferrata'33, solo a patto che venga colta nell'attivit che la ri-produce, ovvero nell'esperienza di lettura, in cui il Geist stesso si pensa (nel senso che viene pensato, ma anche nel senso che pensa se stesso). Proviamo a operare un approfondimento di quanto gi detto. L'esperienza sempre in credito nei confronti del concetto che la rappresenta, che opera almeno il tentativo per farlo: c' distanza e discrepanza tra la dynamis vitale e quella concettuale, insomma. Ogni operazione logica presente nel testo hegeliano (e qui il riferimento pi alla Logica che alla Fenomenologia) dev'essere allora ricondotta al suo nucleo originario e originale di esperienza. Avviene un confronto e si constata la di-ferenza. Di qui nasce l'esigenza dell'attivit da parte del lettore. A tale proposito vediamo cosa suggerisce Adorno: "l'equivalente di tale esperienza [il nucleo originario] nel lettore l'immaginazione. Se questi volesse meramente constatare che cosa significa un passo o addirittura inseguire la chimera di indovinare cosa mai l'autore abbia voluto dire, gli si volatizzerebbe il contenuto della cui certezza filosofica egli va perdutamente in cerca. Nessuno pu estrarre da Hegel pi di
32 Dandolo alle stampe, l'autore rende pubblico un testo, che sta a rappresentare la sua parola moltiplicata; sempre il medesimo discorso, che per si rivolge a diversi lettori con possibilit di vari punti di vista, ovvero con diverse possibili attivit che fanno seguito a quella originaria e creativa dell'autore. 33 La lingua tedesca ha modo di mettere bene in luce quel che si sta dicendo, dal momento che 'concetto' Begriff, dal verbo begreifen, che significa 'afferrare'.

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quanto vi immetta. Il processo dell'intendere la progressiva autocorrezione di simili proiezioni attraverso il confronto con ci che sta scritto. La cosa stessa (die Sache selbst) contiene, come legge della sua forma, l'aspettativa di una fantasia produttiva del lettore"34 Si parla di immaginazione e di fantasia produttiva del lettore nell'atto di lettura, e cio si sta dicendo che la produzione di conoscenza durante la lettura di un testo fondamentalmente opera di fantasia. Il lettore compie allora una sua specifica attivit, da distinguere nettamente da quella di creazione e di immaginazione, e pertanto di produzione, dell'autore del testo. Adorno giunge addirittura a sostenere che di un testo noi finiamo col leggervi proprio quel che vi immettiamo, e ancora che la cosa stessa del pensiero attende il suo completamento dall'attivit specifica del lettore35. Tutto questo risulta troppo forte; viene pertanto mitigato da una seconda considerazione: la comprensione e l'interretazione, secondo la prospettiva filosofica propria dell'ermeneutica, da ricercare nel confronto sempre in actu exercito tra quel che stato scritto e il prodotto dell'attivit del lettore. La comprensione/interpretazione cos ricreazione di un testo dato. Di conseguenza, se le cose stanno proprio cos, non ha alcun senso cercare di inseguire la chimera del 'vero significato' di un passo, considerando tale significato, intuitivamente e di necessit (intendendolo come unico), come rispecchiante in toto l'intenzionalit autorale, la mens auctoris (nel nostro caso: quel che Hegel ha in verit voluto dire)36. Teorizziamo ora quello che l'esercizio pratico della lettura. Leggiamo un testo e incontriamo difficolt di comprensione; ci normale soprattutto quando non si ha dimestichezza con la particolare terminologia del suo autore, ma pu ancora capitare anche quando si gi esperti. Nel caso di difficollt perfettamente inutile cercare di comprendere i singoli passi, che risultano oscuri, accettando di porsi sul piano della controversia, magari di tipo storiografico. Quel che si deve fare, invece, rileggere, considerando per quel passo come il tassello di una visuale d'impianto, che prende in considerazione la globalit del pensiero hegeliano. E' pertanto dal punto di vista della totalit che s'indaga sul singolo passo, giungendo cos a constatare come in effetti nel particolare contesto situazionale il testo di Hegel si sia discostato da quelle che erano le intenzioni stesse dell'autore, posto naturalmente che queste ultime siano da collegare alla totalit e posto poi che la totalit non debba essere corretta dalla comprensione ulteriore delle sue parti com-ponenti, come si visto nel caso del rinvio tutto/parti relativo al circolo ermeneutico. Scrive al proposito Adorno: "pi importante di ci che aveva in mente ci di cui parla; dal programma si deve ricostruire la situazione di fatto e impostare il problema, per procedere a pensarvi in modo indipendente"37.
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Th.W.Adorno, Tre studi, p.173. Tutto questo a motivo della discrepanza, di cui sopra si detto, tra l'accadere dell'esperienza dello spirito e la sua rappresentazione concettuale. 36 Per 'vero' non deve pertanto intendersi l'unico possibile. Se 'il vero infatti l'intero', risiede nella totalit, la mens auctoris rappresenta soltanto un aspetto della verit, che ha bisogno di confrontarsi con altri aspetti complementari, per potersi avvicinare al suo compimento e definitivo completamento. 37 Th.W.Adorno, Tre studi, p.163.

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Il 'programma' viene a coincidere con l'intentio auctoris, con il suo voler-dire, mentre la 'situazione di fatto' corrisponde al suo detto/scritto. Tra l'uno e l'altra viene a stabilirsi una tensione, che d luogo a un pensiero che si rende autonomo rispetto a quello stesso dell'autore. Il comprendere si inserisce pertanto nella fraglia, nel frammezzo (Zwischen) che si arriva a constatare tra esperienza e concetto, tra quel che sollecita al discorso filosofico e il discorso stesso quale si presenta nel testo. Cerchiamo di caratterizzare ulteriormente l'esperienza di lettura, quella che oggi ci riguarda pi da vicino. Quando si legge Hegel bisogna considerare, specie nel caso della Fenomenologia, che il suo non un pensiero argomentativo, ma dialettico38. L'unico modo per comprendere allora quello di seguire la via delle (libere) associazioni: "si pu leggere Hegel solo associativamente; ci di cui si deve fare il tentativo di lasciare che a ogni passo del testo entrino nel giro tante possibilit dell'intenzionato, tante relazioni ad altro, quante sono quelle che si affollano e premono. La prestazione della fantasia produttiva consiste non da ultimo, in questo"39. Il pensiero associativo di cui qui si parla ha il suo fundamentum in re nella stessa filosofia hegeliana, nei suoi risultati contenutistici. Il Geist , infatti, non mai un oggetto staticamente e univocamente inteso. Nella Fenomenologia, a esempio, Hegel propone all'inizio di prospettare una scienza dell'esperienza che la coscienza fa, poi, per, a tale rappresentazione dell'esperienza della Coscienza si intrama il sapere relativo all'intera storia umana, ovvero la scienza dell'Autocoscienza universale. Nella Logica, poi, la storia, costituita dalle figure o momenti dello Spirito fenomenologico, viene prospettata attraverso la dottrina delle categorie logiche, con il massimo grado di astrazione. Comunque, per, non c' mai stata una scelta da parte di Hegel, che possa dirsi definitiva. Egli oscilla, infatti, da un aspetto all'altro incessantemente, sia nella Fenomenologia, sia nella Logica. Pertanto le sue considerazioni sistematiche ricevono sempre nuova linfa da quelle storico-sociali, cos come quelle pi propriamente storiche ricevono effettiva spiegazione solo da considerazioni sistematiche. Accade allora che per comprendere nella nostra lettura passi oscuri bisogna sottoporsi a un andirivieni tra passi diversi nel medesimo testo, come anche tra passi di testi diversi, antecedenti o seguenti, rispetto a quello in questione. Questo significa leggere Hegel 'associativamente' e mediante 'relazioni ad altro'. Dinanzi a questa particolare lettura Adorno parla della necessit, dell'urgenza del compito di redigere per tutti i testi hegeliani un catalogo delle invarianti, per riuscire a stabilire il nesso che esse hanno con la dynamis del pensiero, con il movimento dialettico che sempre serpeggia nel testo40. Lo stabilire le invarianti e soprattutto il significato che

Nel primo caso il senso, pur costituendosi in progress, trova modo di coagularsi nei singoli momenti, e proprio perch tale, ovvero coagulo 'in quiete', pu essere colto in distinzione e chiarezza ideali; nel secondo caso, invece, il senso si colloca costantemente nello 'scarto' dovuto al movimento sempre in atto, da rappresentare. 39 Th.W.Adorno, Tre saggi, pp.175-6. 40 Le 'invarianti' sono gli elementi del discorso che mantengono inalterato il significato, ovvero hanno significato costante in diversi contesti. Qui viene auspicata la catalogazione e la schedatura dei termini hegeliani, nella considerazione dei 'loci' in cui essi vanno a collocarsi e soprattutto delle relazioni che vengono a stabilirsi in ciascun 'locus' tra i diversi concetti. Qualcosa di simile gi stato fatto per l'opera di Tommaso d'Aquino con l'Index Thomisticus, lavorando per trent'anni circa con elaboratori elettronici.

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acquisiscono e che fanno acquisire nei topoi41, in cui si collocano importante per riuscire ad andare oltre il pensiero di Hegel stesso, oltre l'intenzionalit esplicita e consapevole di un pensiero. La libert che pu e deve concedersi il lettore-filosofo nei confronti del testo di Hegel consiste pertanto nel fare associazioni, procedendo proprio alla conoscenza di invarianti e mostrando come esse spesso si annidino nel testo e ne determinino il senso, senza che neppure Hegel possa averne piena avvertenza42. Tutto questo accade anche quando si prova (e spesso lo si deve fare) a far interagire il motivo generale della filosofia hegeliana, l'universale concreto del pensiero, con la lettera del singolo passo, ancora ostinatamente oscura e pertanto da chiarire; in questo caso il senso viene in soccorso, creando le condizioni perch possa emergere una possibile significazione, tenendo sempre in debito conto, per, che il passo in questione pu sempre rappresentare una 'prospettiva non ortodossa', senza la quale tuttavia non si in grado di procedere verso l'Intero. Con Hegel ci troviamo in presenza del movimento del libero pensiero, che pu essere colto solo a patto che venga posto in atto nella lettura/interpretazione un libero gioco, costituito dalle associazioni. Bisogna fare per una importante precisazione. Le associazioni possibili devono rispettare due criteri: la fecondit, che viene attinta dalla fantasia produttiva del lettore, e al tempo stesso la fedelt al contesto hegeliano: si badi bene, sia a quello complessivo, sia a quello del singolo passo, da cui ha origine la propria lettura. La lettura che viene qui consigliata pertanto un procedere per sperimentazioni: "lasciare che facciano irruzione interpretazioni possibili, suggerirle, portarle a contrasto col testo e coi precedenti di interpretazione gi assicurati [quello dello stesso autore e quelli di altri dopo di lui, in una tradizione pi o meno lunga di pensiero]. Il pensiero che necessariamente si allontana dal dettato deve contrarsi di nuovo in esso"43. Leggere Hegel a livello di sperimentazione significa perci vigilare, perch il proprio criterio di lettura sia fatto valere persino su Hegel stesso; la lettura risulter allora una partecipazione vigile e critica all'esperienza hegeliana della interpretazione della realt. Si noti bene, per, che non c' da distinguere un atto di comprensione da uno di giudizio critico, come se si trattasse di attivit indipendenti. Il comprendere pu essere anche infatti attivit critica rivolta al compreso e prima ancora al da-comprendere. In pratica, allora, nel caso del testo hegeliano, non cattivo lettore colui che segna il libro con glosse a margine. C' naturalmente sempre il rischio di lasciarsi andare a ciarle e a vacuit, con presunzione e leggerezza, ma se si riesce a compenetrare ed equilibrare interpretazione e critica si perviene all'effettiva lettura teoretica e ai suoi specifici frutti. Concludendo, perci, leggere Hegel non comporta affatto un atteggiamento distaccato e 'oggettivo' nei confronti del suo testo; chi cerca di dire quale sia il suo

41 Per topos s'intende qui il 'luogo', ovvero lo spazio di localizzazione teorica di un testo, costituito di una rete concettuale propria, con caratteri distintivi. 42 La libert creativa dell'autore entra cos in secondo piano, conculcata quasi dalla necessit della forza stessa delle parole, ovvero della Cosa del pensiero. S'impone all'intenzione dell'autore e alla stessa precomprensione del lettore un senso, che risultava per ambedue inconsapevole (per un approfondimento di tali problemi, si veda Il pensiero e il linguaggio dell'inconscio). 43 Th.W.Adorno, Tre studi, p.179.

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pensiero non pu infatti fare a meno di essere partecipe, dal momento che ne risulta di necessit coinvolto44.

44 Ci avviene proprio a causa di un invito costante a riflettere dinanzi ai vuoti-di-senso e alle contraddizioni, che ci si parano dinanzi, che stanno a testimoniare del movimento della cosa stessa del pensiero.

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PARTE PRIMA

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I.1. La Fenomenologia dello spirito Le caratteristiche del linguaggio considerate a proposito della filosofia di Hegel in generale, per quel che concerne l'insegnamento orale, come pure per quel che riguarda l'opera omnia, trovano conferma in uno dei suoi testi pi complessi ed enigmatici: System der Wissenschafts: Ernst Teil: Die Phnomenologie des Geistes. I problemi storiografici, concernenti le intenzioni dell'autore, nascono sin da un chiarimento preliminare relativo al titolo stesso dell'opera. Anzitutto esistono esemplari del tetso nei quali alla Vorrede, che avrebbe dovuto costituire la Prefazione all'intero sistema della scienza, segue il seguente titolo: I. Scienza della fenomenologia dello spirito; in altri esemplari dell'opera, sempre del tempo di Hegel, troviamo invece il titolo: Parte prima. Scienza dell'esperienza della coscienza; infine in altri ancora ambedue i titoli. Cos' accaduto? In un primo tempo Hegel fa pubblicare il titolo "Scienza dell'esperienza...", poi chiede che venga soppresso e sostituito da quello contenente l'espressione "fenomenologia". Tale disposizione non verr eseguita in modo puntuale per tutti gli esemplari, cosicch in alcuni rimase il titolo che secondo l'Autore era da sopprimere. In un primo tempo, perci, Hegel crede di dover parlare di una 'scienza dell'esperienza', ipotizzando come 'soggetto' in causa e parte attiva la Coscienza; in un secondo si fa riferimento piuttosto a una 'scienza della fenomenoogia'; in questo caso quel che si manifesta, il 'soggetto' della manifestazione, e oggetto del sapere, invece lo Spirito. Proprio a causa del doppio titolo e pi ancora, naturalmente, per problemi di contenuto, un critico, lo Hring, nel 1930 cerca di comporre la controversia. L'indagine sulla storia della genesi dello scritto produce un risultato a suo giudizio sorprendente. La Fenomenologia45 non sarebbe cresciuta in modo organico, secondo un piano accurato e meditato, coltivato a lungo, ma sotto la pressione di motivi interni ed esterni, in un periodo di tempo incredibilmente breve; tale stesura si sarebbe poi andata definendo pezzo a pezzo, in vista della stampa, nel corso della quale poi l'intenzionalit autorale non sarebbe rimasta sempre la stessa. Pertanto non solo il nome, ma anche il contenuto e la dimensione dell'opera sono divenuti quello che attualmente sono proprio nel corso e in forza di una scrittura in vista della stampa. Da introduzione al Sistema quale doveva essere, la FdS perci passata a essere un pezzo del sistema stesso, e infine un'opera del tutto autonoma, indipendente. Il merito indubbio di Hring stato quello di aver cominciato a leggere la FdS come un 'palinsesto', ovvero mostrando come sotto il testo ne esista un altro pi antico, immediatamente leggibile, che di necessit ha da essere preso in considerazione. Il suo limite invece quello di sostenere che l'opera sarebbe divenuta quella che senza una vera e propria progettazione, perch scritta di getto: le intenzioni di Hegel, insomma, sarebbero state tradite da problemi del tutto esteriori e pertanto estranei di per s alla speculazione. Se la tesi sostenuta da Hring corrispondesse alla realt dei fatti, noi dovremmo individuare una sorta di frattura all'interno del testo. E invece Hoffmeister, l'editore della
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D'ora in avanti con la sigla FdS.

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FdS, e Hyppolite, suo traduttore ed eminente commentatore46 non ritengono di poter individuare alcun 'punto di rottura'. L'opera rappresenta quindi la 'scienza dell'esperienza della coscienza' e al tempo stesso la 'fenomenologia dello spirito'. Si arriva cos a sostenere che la 'scienza dell'esperienza della coscienza', ovvero la forma originaria che rispecchia l'intenzionalit autorale, ha dovuto diventare, strada facendo, una 'fenomenologia dello spirito'. Non allora per motivi estrinseci che avvenuto il cambiamento di 'pelle', ma motivi teoretici intrinseci al contenuto stesso dell'opera hanno imposto quella che pu essere considerata una vera e propria 'conversione'47. A prescindere dalle intenzioni di Hegel, su cui si dovr tornare, diciamo subito che Hring non nel vero quando sostiene che Hegel scrisse la FdS in un tempo estremamente breve. Meglio, posto che si possa sostenere che la stesura avvenne in tempi brevi (e in questo i motivi esteriori hanno avuto certo un peso determinante), ci non significa affatto che il contenuto non sia stato meditato, che Hegel non abbia pensato a sufficienza l'impianto teoretico della sua opera, a tal punto da produrre un ibrido, un testo contraddittorio. Scrive Pggeler: "Hegel non ha formulato il progetto di scrivere un'introduzione al sistema sulla base di una decisione improvvisa; questo piano maturato viceversa lentamente negli anni della sua attivit di Jena"48. Il periodo di incubazione e di preparazione cos di qualche anno; nasce l'idea dell'impianto di un'opera sistematica, sin da quando Hegel prende le distanze da Kant e da Fichte negli scritti della filosofia dello spirito jenese e in quelli precedenti49. Risulta per noi preziosa, al poposito, la testimonianza del Rosenkranz, il quale sostiene che Hegel sviluppa "nelle sue introduzioni alla logica e alla metafisica il concetto dell'esperienza che la coscienza compie di se stessa. Da qui sorse dal 1804 in poi la trama della fenomenologia, in cui tuttavia rifluivano i risultati pi maturi dei suoi studi di allora"50. Proviamo ora a ricostruire, anche se brevemente, la storia di quegli anni. Nel 1801 Hegel si trasferisce a Jena e inizia l'insegnamento universitario, a fianco dell'amico Schelling. A partire dall'agosto 1802 egli annuncia ai suoi uditori, a pi riprese, l'imminente pubblicazione del suo sistema, o almeno di una parte di esso, la prima. Il libro non fece, per, la sua apparizione. Nel gennaio 1807 scrive a Schelling di aver a lungo sperato di potergli inviare 'qualcosa' del suo lavoro; ora era in attesa della fine della stampa: "si tratta solo

Cfr. la celebre Genesi e struttura della 'Fenomenologia dello spirito' di Hegel, Firenze, La Nuova Italia, 1972. 47 Avremo per modo di vedere come proprio l'idea che Hegel aveva di scrivere un sistema gli imponeva sin dall'inizio del suo itinerario di ricerca pi che un discorso relativo alla Coscienza, quello che riguarda lo Spirito. 48 O.Pggeler, Hegel e l'idea di una fenomenologia dello spirito, Napoli, Guida, 1986. 49 Tali scritti non vengono mai pubblicati da Hegel; essi vengono dati alle stampe solo nel 1907 dal Nohl sotto il titolo di Jugendschriften, conosciuti anche come Scritti teologici giovanili, dal carattere proprio del loro contenuto. 50 K.Rosenkranz, Vita di Hegel, p.218. Quanto segue, a chiarimento dei prodromi della FdS, tratto dalla stessa fonte.

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dell'inizio, sebbene sia abbastanza voluminoso per un inizio". A cose fatte, dunque, Hegel ritiene di dover giudicare la FdS il 'cominciamento' rispetto al sistema compiuto. Schelling gli risponde: "attendo con ansia di ricevere la tua opera che finalmente viene alla luce. Che cosa dovr nascere quando la tua maturit avr anche il tempo per far maturare i suoi frutti! Ti auguro soltanto una situazione di tranquillit e di tempo libero per portare a compimento opere cos solide e che si pongono, per cos dire, al di sopra del tempo". A maggio Hegel annuncia il prossimo invio della FdS e scrive cos a Schelling: "sono curioso di sapere che cosa dirai dell'idea di questa prima parte, che propriamente l'introduzione, giacch non sono andato oltre l'introduzione, in mediam rem". Hegel si scusa poi per il fatto che l'opera avrebbe bisogno di rielaborazione in pi parti e per la "sproporzione delle ultime parti". Vediamone ora la suddivisione. Anzitutto c' da rimarcare un fatto singolare: Hegel designa il Sapere assoluto (absolute Wissen), nel capitolo conclusivo della sua opera, come Autocoscienza universale. Questo fatto riveste particolare rilievo nell'economia del contenuto; fa pensare infatti che l'obiettivo finale sia conseguito, in certo qual senso sin dalla sezione della FdS intitolata appunto 'Autocoscienza'. Una conferma di ci, anche se indiretta, si trova nello stesso indice dell'opera: A. Coscienza; B. Autocoscienza; C. [di per s privo di titolo]51. In un primo tempo, pertanto, la scienza dell'esperienza della coscienza giungeva solo sino all'autocoscienza universale, che veniva concepita come sapere assoluto, e non conosceva ancora i capitoli relativi a ragione, spirito e religione. Occupiamoci ora dell'interesse per la Fenomenologia e nel contempo cerchiamo di venire a capo di alcune questioni che riguardano gli intenti di Hegel e dei risultati effettivamente conseguiti in questa sua opera, proprio facendo riferimento ai risultati della filologia e della storiografia sul suo testo. Anzitutto c' da dire che la FdS non sempre stata al centro degli interessi hegeliani come lo oggi, soprattutto dal dopoguerra in avanti. Non stata infatti la FdS ad attirare a Hegel un'ampia cerchia di discepoli. A Heidelberg e a Berlino Hegel non rinnega la Fenomenologia, ma certo non la pone pi
A torto, allora, l'editore inserisce il titolo 'Ragione', dal momento che 'Ragione' non il titolo dato da Hegel a un'intera sezione, ma a una sottosezione, e cio a C(A.A). Con maggiore esattezza, allora, con Lasson si potrebbe denominare C.con 'Soggetto assoluto', avendo nel suo interno le seguenti sottosezioni: C(A.A): Ragione; C(B.B): Spirito; C(C.C): Religione; C(D.D): Spirito assoluto. 52 A livello teoretico-speculativo, lo stato di Entzweiung dovuto a una sopravvalutazione della funzione dell'intelletto kantiano. Si faccia qui opportuno riferimento al testo del giovane Hegel sulla Differenza tra i sistemi filosofici di Fichte e di Schelling. 53 Cfr. riflessioni analoghe sul suo tempo storico da parte di Schiller nelle Lettere sull'educazione estetica dell'uomo, con un'anticipazione delle tematiche hegeliane e dello stesso concetto basilare per la dialettica di aufheben, quale superamento della scissione, per un ritorno all'indistinta totalit originaria. 54 Sin dall'ultima parte del periodo svizzero, troviamo tra le carte hegeliane estratti dei passi di mistici tedeschi (Meister Eckart e Tauler, su tutti), ma se vero che egli si abbandona alla gnosi, pur vero per che si fa strada in lui "il concetto dello spirito, in quanto concetto totale che sfugge sostanzialmente a ogni rappresentazione" (K.Rosenkranz, Vita di Hegel, p.122). Hegel giunger cos a sostenere nella Vorrede, prendendo le distanze dallo spirito romantico che pervade le sue primissime riflessioni, che se pure vero che l'amore esprime bene il concetto di Dio, lo spirito da considerare ancora pi profondo e pi 'serio' di esso.
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alla base delle sue lezioni. Non sa neanche pi assegnarle un posto preciso nell'ambito del sistema, mentre in un primo tempo aveva pensato a un 'cominciamento' dello stesso. D'altra parte nemmeno prende le distanze da essa. Nell'Enciclopedia d il titolo di 'Fenomenologia' a un capitolo secondario, sostenendo poi che la filosofia kantiana, incentrata ancora e soltanto sull'Io coscienziale, contiene "solo determinazioni della fenomenologia, non della filosofia dello spirito". In tal modo finisce per svalutare il termine stesso di 'fenomenologia'. A ci si appoggiano quei critici, i quali credono di non dover apprezzare la FdS, in quanto risulterebbe opera poco riuscita. Seguiamo ora, prima di qualsiasi altra, la testimonianza del Rosenkranz, facendo particolare riferimento al suo momento di incubazione. Partito da problemi ben determinati e da bisogni concreti, Hegel innalza la sua formazione all'universale e a un'indagine sui principi, sino a ipotizzare un discorso filosofico complessivo. Gradualmente nasce cos in lui l'esigenza di creare un suo sistema. Tutto questo matura sin dagli anni trascorsi a Berna e a Francoforte, prima dell'esperienza di studio e di insegnamento davvero decisivi di Jena. E' nota la lettera del 2 novembre 1800 a Schelling: "nella mia formazione scientifica, che era partita dai bisogni pi subordinati degli uomini, dovevo essere spinto necessariamente alla scienza e l'ideale dell'et giovanile doveva insieme trasformarsi nella forma riflessa, in un sistema". I bisogni subardinati, di carattere religioso, politico, economico, lo hanno portato a cogliere la precariet fondamentale che vive l'uomo nello stato di 'scissione' (Entzweiung), uno stato di estraneazione/alienazione, tipico dell'et moderna52 Hegel confida di poter superare tale stato, non tanto con la religione, quanto piuttosto con la filosofia, che innalza l'uomo da 'vita finita' a 'vita infinita', apportando nel mondo la "vivente unitariet dal molteplice stesso come sua figura", alla quale d il nome di Geist. Il bisogno della filosofia viene cos a coincidere con quello di riconciliazione e riunificazione della vita degli uomini con la restaurazione della totalit, ossia ricostituendo il frantumato intero53. Il sistema cui tende Hegel, il giovane Hegel almeno, cos anzitutto una 'filosofia dello spirito', in cui l'esistenza trova la riconciliazione nell'unit della totalit54. Pi avanti, dovendo prendere in considerazione la genesi della FdS, Rosenkranz sostiene che in essa e per essa avviene una crisi del sistema, appunto la cosiddetta crisi fenomenologica. Se vero infatti che Hegel perseguiva l'intento della creazione di un sistema, altrettanto vero che la stesura dell'opera del 1807 rappresenta qualcosa di diverso rispetto a un'opera sistematica. Perch si parla di 'crisi'? Rosenkranz vede nel progetto di un sistema la meta, nelle intenzioni dell'autore, dello sviluppo del pensiero hegeliano. Dal momento che la FdS del 1807 non pu, a suo avviso, essere inquadrata in tale sviluppo, si costretti a parlare di 'crisi'. E' pertanto vero che la FdS ha un indubbio significato nel divenire della filosofia hegeliana e della filosofia tout court, ma altrettanto vero che in essa Hegel isola, con la Coscienza, un solo momento del sistema, e lo privilegia; probabilmente per motivi pedagogici lo tratta preliminarmente. L'ipotesi stessa dell'elaborazione di un sistema filosofico entra cos in crisi, poich un solo momento di esso stato ampliato in modo del tutto ingiustificato.

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Dopo quella del Rosenkranz, consideriamo ora altre testimonianze. Anzitutto quelle di contemporanei di Hegel (di discepoli e non, di coloro che apprezzano la sua opera e di quelli che la osteggiano), poi di critici posteriori. MICHELET. Secondo M. il fatto che Hegel parli della FdS come di uno dei suoi 'viaggi di scoperta' avrebbe un preciso significato: l'opera appartiene s allo sviluppo del pensiero del filosofo tedesco, ma non all'opera vera e propria compiuta, ovvero al sistema. Si sottolinea, infatti, come nella FdS si debba constatare l'estrema 'povert di categorie logiche'. GABLER. E' un altro allievo di Hegel, che si contrappone all'interpretazione del Michelet. La FdS sarebbe una propedeutica alla filosofia vera e propria del sistema compiuto. essa il 'cominciamento' puramente soggettivo della filosofia hegeliana. Scrive difatti G. che "esiste un duplice cominciamento delle scienze, cio uno puramente soggettivo, che serve a innalzare il pensiero conoscente del principiante al punto di vista della Cosa stessa e alla conoscenza del suo concetto generale e uno oggettivo, che il cominciamento della cosa stessa, che si sviluppa a partire dal e in conformit con il suo concetto"55. HINRICHS. Allievo di Hegel, ritiene che il nodo centrale della FdS sia la questione del metodo. Egli lo pone in collegamento diretto con la psicologia, e difatti presenta, a suo avviso interpretando al meglio la FdS, "uno sviluppo psichico della conoscenza" inteso come "metafisica dello spirito". Hegel avrebbe liberato la psicologia dalle 'forze e facolt', senza per riuscire a cogliere come effettive forme di conoscenza le determinazioni dello spirito. BACHMANN. E' uno dei primi allievi di Hegel, il quale crede in seguito all'insegnamento ricevuto che la filosofia possa diventare scienza, mediante un metodo rigoroso. In una recensione alla FdS egli arriva a definire Schelling il 'moderno Platone' e Hegel 'l'Aristotele tedesco'. In un secondo tempo per si pone in atteggiamento critico, sostenendo che nell'Enciclopedia, ultima esposizione del sistema, Hegel deve rinunciare alla Fenomenologia come a un'opera ormai insostenibile. In essa in fondo l'autore non riuscito a trovare un metodo, nonostante quello fosse l'intento che perseguiva. HAYM. E' autore dell'opera Hegel und sein Zeit, del 1857. Per H. la FdS non costituisce un intero, n un'opera univoca, ma qualcosa di incompleto e di ibrido. La sua opinione scaturisce da una polemica brillante sul piano letterario. Sar notevole l'influenza del suo giudizio estremamente negativo su altri critici posteriori. Hegel non sarebbe riuscito a sfuggire alla metafisica e finirebbe cos col favorire la restaurazione dell'antica societ. Egli ha mescolato filosofia trascendentale e storia. Sin dall'Introduzione promette una prova psicologico-trascendentale del Sapere assoluto; nella scienza dell'esperienza della coscienza l'anima deve purificarsi sino a diventare spirito. Ci si trova cos dinanzi all'analisi della coscienza, ma non appena si oltrepassa la soglia dell'autocoscienza ci s'imbatte in figure storiche, ovvero nei momenti dello spirito. Scrive Haym: "la FdS diviene pertanto un palinsesto: al di sopra e tra le righe del primo testo, ne scopriamo un secondo". Egli non ha preso sul serio questa sua acuta definizione. E cio, non ha in realt neppure provato a leggere la FdS per quel che , ovvero proprio come un palinsesto. Tantomeno, assieme ad altri discepoli e avversari di Hegel, si chiede il motivo per cui ci
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Cit. in O.Pggeler, Hegel e l'idea, p.187.

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si trova di fronte a un'opera di tale particolare fattura: come cio Hegel si sia trovato ad articolare il suo discorso in un unico testo, mediante per due ben distinte scritture. Non indaga neppure in tale direzione, perch ritiene di aver individuato, proprio nella 'figura' del palinsesto, il grosso limite dell'opera hegeliana. La sua osservazione (la FdS un palinsesto) vuole essere un'obiezione diretta e grave a Hegel, che cos si conclude: "per dirla in breve: la FdS una psicologia gettata nella confusione e nel disordine della storia e una storia scompigliata dalla psicologia". MARX. Giudica la FdS il 'vero luogo di nascita' e il segreto della filosofia hegeliana, ovvero della dialettica. La grandezza di Hegel sta nel fatto che "intende l'autoprodursi dell'uomo come processo, l'oggettivarsi come un opporsi, come alienazione e soppressione di questa alienazione". Diversi pensatori (Kojve, Lukacs, Bloch) oggi cercano nello Hegel della FdS la fondazione antropologico-esistenziale della concezione dialettica e rivoluzionaria della storia, che Marx ha semplicemente abbozzato. HEIDEGGER. Inizia qui, anche se soltanto per un semplice cenno, il confronto tra l'ermeneutica e la dialettica. Precisiamo subito, per, che il confronto sar per lo pi implicito, dal momento che dovr e potr essere interpretato solo al termine del nostro itinerario di ricerca. Si potr cio comprendere cosa dice l'ermeneutica di Hegel e della dialettica, proprio riconsiderando il modo in cui colui che dice ha creduto di dover presentare Hegel e la dialettica56. Il confronto avverr anche naturalmente nel mentre la rete concettuale di noilettori andr a impigliarsi ai nodi delle rete segnica del testo hegeliano. Avremo allora modo di far notare: 1. elementi di chiara convergenza, mostrando in questo caso come Hegel precorra l'ermeneutica (e prima ancora la fenomenologia) e di essa possa dirsi addirittura l'ispiratore; 2. elementi di netta divergenza: 2.1. soltanto apparenti. L'ermeneutica cio ha interpretato in un certo modo la dialettica, ma tale interpretazione non risulta in linea col pensiero hegeliano. Non solo, ma in alcuni casi addirittura si scoprir come elementi all'apparenza in opposizione siano invece garanti del funzionamento stesso dei principi della filosofia ermeneutica; 2.2. effettivi, reali. Avremo modo di constatare lo scarto e la differenza tra un modo di concepire la Cosa del pensiero e l'altro. Fatta questa premessa, ci limiteremo ora a considerare un testo heideggeriano di una certa importanza, dedicato a Hegel, in particolare proprio alla FdS, ed esprimeremo nei suoi confronti una critica decisa, tanto da finire per escluderlo, almeno per il momento dalla nostra lettura. Nel saggio su Il concetto hegeliano di esperienza 57 Heidegger crede di poter chiarire il senso del concetto di 'esperienza'(Erfahrung) nella FdS, prendendo in
Tutto questo, perch il con-testo di noi-lettori-oggi, come si gi avuto modo di chiarire, legato a doppio filo alla filosofia ermeneutica. 57 Cfr. M.Heidegger, Il concetto hegeliano di esperienza, in Sentieri interrotti, Firenze, La Nuova Italia, 1968, pp.103-190, in cui viene proposta la lettura dell'Einleitung, con commento testuale, capoverso per capoverso.
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considerazione soltanto l'Introduzione (Einleitung). L'intento heideggeriano quello di afferrare l'idea di 'fenomenologia' presente in Hegel, ma affidandosi unicamente all'Introduzione non pu certo pensare di conseguire pienamente l'obiettivo. Anche se fosse riuscito a chiarire il senso di alcuni concetti, quali 'coscienza', 'fenomeno', 'esperienza', dovremmo subito aggiungere che tale chiarimento relativo unicamente a una parte, e una parte che costituisce probema storiograficamente e teoreticamente parlando: non si perci certi che i significati che vengono conseguiti siano quelli che effettivamente sono poi in gioco in tutta la FdS, men che mai in tutta l'opera di Hegel. L'Introduzione costituisce infatti semplicemente e soltanto una sorta di commento a un titolo dell'opera che Hegel fa cadere, a opera compiuta, sostituendolo con quello definitivo di Fenomenologia dello spirito. Volendo essere drastici, se Hegel avesse voluto dare compattezza alla sua opera, eliminando da essa elementi non omogenei, avrebbe dovuto non solo togliere il titolo 'scienza dell'esperienza della coscienza', ma anche l'intera Introduzione, che lo spiega, dal momento che nel corso della stesura l'opera acquista caratteri che poco hanno a che fare, in fondo, con gli intenti originari. E' per tali motivi che Hegel nella Vorrede e nella conclusione della FdS, nel capitolo sul Sapere assoluto, ha spiegato di nuovo l'idea della sua opera, determinandone i concetti fondamentali. Ma allora, molto pi opportunamente, Heidegger avrebbe dovuto commentare la Prefazione, per pervenire all'idea di 'fenomeno' e di fenomenologia, piuttosto che l'Introduzione, che pi propriamente gli offre un'idea di 'scienza dell'esperienza che la coscienza fa'. Fermiamo qui non soltanto le considerazioni su Heidegger, interprete di Hegel, ma anche quelle relative alla 'fortuna' della FdS.

I.2. La Prefazione Possiamo ora aprire finalmente il testo, confrontandoci con esso, cos come si presenta a noi oggi nella taduzione italiana, che intende essere 'calco' fedele dell'edizione tedesca dell'Hoffmeister. L'edizione italiana dell'opera che stiamo considerando ha un frontespizio cos concepito: G.W.F.Hegel, Fenomenologia dello spirito, trad.it. di E. De Negri, ma a fianco opportunamente viene riportato il frontespizio della prima edizione tedesca del 1807: System des Wissenschaft von Ge.Wilh.Fr. Hegel, Professor del Philosophie zu Jena Ernster Theil, die Phnomenologie des Geistes Bamberg und Wrzburg bey J.A. Gbhardt, 1807 Segue la Vorrede (Prefazione), pp. 2-61, ovvero 72; a p. 62 troviamo: Parte Prima; Scienza dell'esperienza della coscienza (nell'ed. Hoffmeister: Erster Theil.

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Wissenschaft der Erfahrung des Bewusstsein); p. 64: Introduzione (Einleitung); p. 79: A. Coscienza (Bewusstsein) etc. Questo l'ordine, la disposizione delle parti e dei titoli riportati fedelmente dal De Negri, seguendo l'edizione tedesca, ma questo non certo l'ordine di stesura dell'opera hegeliana, l'ordine di successione cronologica dello scritto in questione. Consideriamo ora la cronologia della scrittura: TITOLO: cfr. frontespizio in tedesco, riportato dal De Negri nell'ed. italiana parte I: Scienza dell'esperienza della coscienza EINLEITUNG CORPUS dell'intera opera, cos come ci pervenuta VORREDE parte I: La Fenomenologia dello spirito Operando un confronto con quel che si detto circa il piano dell'opera, facciamo ora qualche utile osservazione. La cronologia rispecchia fedelmente l'intenzionalit autorale, rispondendo all'interrogativo: cosa voleva scrivere il giovane Hegel? Essa, cio, mostra in atto gli intenti, lo scopo, un progetto, tale quale viene annunciato, come si visto, a Schelling e da questi incoraggiato. Gli intenti risultano per solo parzialmente riusciti. Chiediamoci se Hegel realizzi lo scopo di scrivere una prima parte del sistema, che concerne l'esperienza della coscienza. Tale obiettivo non sembra realizzato a pieno, dal momento che nell'atto della scrittura ac-cade qualcos'altro. La cronologia rispecchia anche quel qualcos'altro rispetto agli intenti iniziali. La cronologia mette cos in luce la discrepanza e la distanza teoretica che si possono e si devono stabilire tra la mens auctoris e il testo, e il linguaggio stesso della scrittura. Di qui nasce il tentativo da parte di Hegel, a cose fatte, ovvero a percorso teoretico ormai compiuto, di correzione di tiro, mostrando non pi gli intenti, quanto piuttosto il portato concettuale ormai 'autonomo' del libro, della sua scrittura: Hegel modifica allora il titolo stesso della sua opera54bis e, soprattutto, inserisce una Prefazione. Diciamo ora due parole di inquadramento relativamente all'Einleitung e alla Vorrede. INTRODUZIONE. E' il testo che d l'indicazione di quel che avrebbe dovuto essere l'opera secondo il progetto originario. Risulta superata dai fatti, ovvero dalla stesura definitiva, d'altra parte, per, riveste ancora una grande importanza. Quel che troviamo scritto in essa ha ancora per noi un senso, dal momento che rispecchia perlomeno un lungo tratto del cammino teoretico percorso da Hegel in quegli anni. L'Einleitung, insomma ci introduce adeguatamente alle prime due sezioni dell'opera, anche se naturalmente non sembra pi adeguata a rappresentare il resto dell'opera, proprio quando nell'ultima pagina della sez. Autocoscienza si fa strada la 'figura' dello Spirito. A questo punto infatti potremmo dire che ha inizio un'altra opera, nell''opera, la vera e propria 'fenomenologia dello spirito', anche se pur sempre vero che Hegel ben consapevole che l'intero cammino gi percorso potrebbe essere rivisitato alla
La Prima Parte non pi ormai 'scienza dell'esperienza della coscienza', ma 'fenomenologia dello spirito'.
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luce di questo 'evento', ovvero della comparsa sulla scena esperienziale della Coscienza della realt dello Spirito. Tutto questo lo leggiamo proprio nell'ultimo capoverso dell'Einleitung: "l'esperienza che la coscienza fa di s non pu, secondo il concetto dell'esperienza stessa, comprendere in s meno dell'intero sistema della coscienza, ossia l'intero regno della verit dello spirito []. Sospingendo la coscienza se stessa verso la sua esistenza vera raggiunger un punto nel quale depone la sua parvenza di essere inficiata di alcunch di estraneo, che solo per lei ed come un altro o dove l'apparenza diviene eguale all'essenza, dove, quindi, la presentazione della coscienza coincide proprio con questo punto della scienza dello spirito propriamente detta; e dove infine, nel cogliere questa sua essenza, la coscienza medesima seguir la natura dello stesso sapere assoluto" ( 17). PREFAZIONE. Questo testo riveste particolare importanza perch tiene conto di quel mutamento sostanziale avvenuto di fatto durante la stesura dell'opera. Esso rispecchia pi fedelmente, assieme al titolo nuovo e definitivo attribuito alla 'prima parte' del sistema, il contenuto del testo hegeliano. Infine tiene conto della metamorfosi del soggetto 'logico' all'interno del complesso lavoro. La Vorrede considera cio la storia concettualmente intesa, anche quella relativa alle vicende della stessa coscienza, ma naturalmente non si limita a esse. Si sostiene che la storia storia spirituale, ovvero storia dello Spirito: nel susseguirsi di vicende, di fatti e di ac-cadimenti, lo Spirito l'assoluto protagonista. Detto questo, la Vorrede non ignora, per, che l'esperienza, persino quella che sembra essere appannaggio della sola e semplice 'coscienza sensibile' e/o percettiva, torna sempre a proporsi, meglio a riproporsi, anche quando lo spirito sembra giunto alla sua pi alta e definitiva manifestazione nel concetto assoluto o autocoscienza universale, ovvero nel momento del sapere assoluto, che il sapere s da parte dello Spirito. Volendo ricapitolare quanto sinora detto, si avr che mentre l'Einleitung fa perno sulla Coscienza, interessata a mostrare l''esperienza che la coscienza fa', la Vorrede invece ha quale punto di riferimento principale, anche se non esclusivo, lo Spirito: essa indica perci le sue manifestazioni in una 'fenomenologia dello spirito'. Senza dubbio siamo in presenza di due differenti operazioni teoretiche, anche se i due testi sono accomunati dalla medesima attenzione al concetto di 'scienza', il sapere filosofico nella considerazione del passaggio da filo-sofia a sapienza, ovvero a scienza sia per la Coscienza, sia per lo Spirito. Inoltre in ambedue gli scritti, naturalmente, la scienza hegeliana, tesa alla ricerca della verit, tutt'una con la dialettica, colta nella realt, prima ancora che nel concetto e/o nel metodo. Nella nostra lettura ci sforzeremo di esaminare il testo, proprio seguendo le indicazioni di Haym, come un palinsesto, il filigrana, nel tentativo di rendere manifesto uno scritto latente in quello che trova espressione in superficie, nel detto esplicito. In altre parole valuteremo l'intersecarsi di due scritture e/o di due sensi inclusi nella medesima scrittura, compresenti, coinvolgentesi reciprocamente, e mai escludentesi.

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Leggeremo pertanto la Vorrede, che ha quale 'soggetto' lo Spirito, ma che fa riferimento anche alla Coscienza55bis Ci occuperemo anzitutto di due aspetti: del contesto storico-culturale generale in e per cui Hegel scrive la Prefazione, e del clima culturale e filosofico specifico, dunque speculativo, che il giovane Hegel respira, soprattutto a Jena, e da cui intende ora prendere le distanze con un'autonoma proposta teoretica. In seguito proveremo a operare una distinzione in parti della Vorrede56bis

I.3. Contesto storico-culturale generale L'intonazione generale dell'intera opera traspare a chiare lettere da un passo iniziale della Prefazione: "non difficile a vedersi come la nostra et (Zeit) sia un'et di gestazione (Geburt = nascita) e di trapasso a una nuova era; lo spirito ha rotto (i ponti) con il mondo, durato sino a oggi (der bisherigen Welt), del suo esserci (Dasein) e rappresentare (Vorstellen) e sta per calare (zu versenken =immergere, sprofondare) tutto ci nel passato e versa in un travagliato periodo di trasformazione (in der Arbeit seiner Umgestaltung = nel lavoro della sua trasformazione)"( 11)57bis. Quanto ora letto pu essere utilmente suddiviso in due sezioni, con distinti soggetti logici, su cui fanno perno le varie espressioni: la nostra et (unser Zeit), ovvero il tempo storico che si vive al presente, e lo spirito (Geist). Sul proprio tempo, e cio su eventi, cronaca e cultura, Hegel esprime un giudizio: un tempo di Geburt e di bergang. Pi avanti verr meglio definita la valenza di tale giudizio, con cui si indica al tempo stesso una 'nascita' (una novit e-veniente) e un

Nella nostra lettura dovremo pertanto spiare il momento in cui tale riferimento avviene, sia esplicitamente che implicitamente. In questi casi, e poi ogni qualvolta se ne presenter l'occasione, si dovrebbero compiere brevi incursioni nell'Einleitung, nell'intento di offrire un chiarimento al senso di quell'esperienza che la coscienza va facendo e che proprio mediante il quale vien permesso il manifestarsi dello spirito. Si torni al proposito al 17 dell'Introduzione su citato. 56bis Una distinzione di difficile realizzazione. Ci verr in soccorso l'Hoffmeister, l'indice elaborato dallo stesso Hegel e un po' di buon senso. Operata una distinzione di massima, leggeremo per il testo con un occhio rivolto alla successione lineare degli argomenti, con un altro che tende a considerare piuttosto la messa in luce di alcuni concetti-chiave: il loro sorgere, il pervenire nello stato dell'akm, l'entrare nell'ombra. L'indagine teoretica di questo tipo avrebbe bisogno di chiarimenti, che potrebbero essere cercati sia nelle Jugendschriften, sia nella Grande logica del 1812. 57bis Le precisazioni terminologiche rivestono particolare importanza, specie in un testo complesso qual quello hegeliano. Qui come anche in altre occasioni si far riferimento alle espressioni tedesche, operando cos qualche precisazione rispetto alla traduzione del De Negri. Cos facendo si avr modo di sottolineare l'importanza del rispetto del linguaggio proprio della scrittura dello Hegel e al tempo stesso la forza delle parole e dei concetti nella loro specifica, autonoma funzione all'interno del testo.

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'passaggio', una transizione e trasformazione graduale a un periodo diverso, rispetto a quello precedentemente vissuto. La seconda parte del passo letto per un verso spiega quel che sta accadendo, per un altro impone all'attenzione un protagonista sulla scena del proprio tempo. E cio vien fuori un 'soggetto', cui si deve attribuire la nuova nascita e al tempo stesso il momento di transizione: lo Spirito. Si dice difatti che lo spirito 'rompe' con il mondo, fa sprofondare tutto nel passato e infine si applica nel lavoro di trasformazione. Stabilito il protagonismo dello spirito, chiediamoci ora cosa sia per Hegel Geist. Non possiamo pretendere di ottenere sin d'ora una risposta esaustiva, ma si pu certo marcare il fatto che a questa entit si debbano in certo qual senso le tre distinte e complementari attivit legate a doppio filo agli eventi nascita-trapasso. Lo spirito rompe con il mondo. Ci sta a significare che il Geist, generalmente, intrattiene un sodalizio con die Welt. Geist e Welt sono cio tutt'uno (si parla infatti di 'spirito del mondo'), senonch il tempo di Hegel vede la frattura tra i due, per iniziativa, se cos si pu dire, dello Spirito. La frattura avviene sia a livello di semplice e immediata esistenza (Dasein), sia a livello di espressione culturale e concettuale della storia, ovvero una rottura nella rappresentazione (Vorstellung) stessa degli eventi. Lo spirito sta per sprofondare ci (Es) nel passato. Anzitutto Es sta a significare sia il Dasein, sia la Vorstellung, ovvero il mondo tale quale esiste e viene rappresentato e da cui lo spirito ha voluto prendere le distanze. Tale mondo appartiene ormai al passato. Il testo dice 'sta per', in quanto si tratta pur sempre della nostra era, che si coniuga ancora al presente. Infine abbiamo letto che lo spirito 'si applica nel lavoro della sua trasformazione'. Qui si precisa che la sua attivit non spontanea, istintiva, di tipo 'naturale', ma implica lavoro: un'attivit razionale. E' il lavoro che lo spirito esplica, in vista della sua stessa trasformazione. Tale precisazione fa pensare a qualcosa che senza alcun dubbio anticipa quel che segue: nella natura dello spirito il trasformarsi, il cambiar pelle. Pertanto lo spirito lavora con una sola finalit, che quella di realizzarsi nel cambiamento, di realizzare se stesso, attuando la propria trasmutazione di forma. In questo passo Hegel riprende la diagnosi relativa al proprio tempo, gi formulata negli anni prejenensi. Mentre per nel passato sottolineava lo stato di Entzweiung, qui si intravvede un significato positivo, compreso nel giudizio relativo a quel che sta accadendo. Si aggiunge anzi subito dopo che il frantumarsi del precedente mondo spirituale e la nascita nuova che viene preannunciata non sono affatto eventi accidentali, ma appartengono all'essenza stessa dello spirito, in quanto trovano radice proprio nella sua costituzionale irrequietezza. Troviamo infatti scritto: "invero lo spirito non si trova (ist) mai in condizione di quiete (Ruhe), preso (begriffen) com' in un movimento sempre progressivo"58. Con l'espressione 'die Geist ist' si stabilisce l'essere proprio dello spirito, il quale 'inquietudine', Un-ruhe. Tale stato caratterizzato come movimento (Bewegung), che non avviene casualmente e sporadicamente, ma con metodo e rigore, in un accrescimento costante e certo.

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Hegel spiega poi meglio con una metafora59, concernente la vita del neonato: lo spirito a-venire tale quale il piccolo appena nato. Troviamo scritto: "ma a quel modo che nella creatura (Kind) dopo un lungo placido nutrimento il primo respiro, in un salto (Sprung) qualitativo, interrompe quel lento processo di solo accrescimento quantitativo e il bambino nato; cos lo spirito che si forma (bildende) matura lento e placido verso la sua nuova figura (Gestalt) e dissolve brano a brano l'edificio del suo mondo precedente; lo sgretolamento che sta cominciando avvertibile solo per sintomi sporadici: la fatuit e la noia che invadono ci che ancor sussiste, l'indeterminato presentimento di un ignoto, sono forieri di un qualche cosa di diverso che in marcia. Questo lento sbocconcellarsi che non alterava il profilo dell'intero (Ganz) viene interrotto dall'apparizione che, come un lampo, d'un colpo, mette innanzi la piena struttura (Gebilde) del nuovo mondo" ( 11). La metafora proposta indica il parallelismo tra Kind e Geist. Il Kind la creatura, un bambino appena nato. Se volessimo definirlo diversamente, potremmo dire: il nato dell'uomo, non-ancora-uomo. Quel che qui viene in luce, e da ci nasce il parallelismo, l'indicazione del trapasso da uno status all'altro, dalla vita nel seno materno, vissuta durante la gestazione, a quella autonoma, dopo la nascita. Nel primo stadio, quello della vita intrauterina, si alla presenza di un accrescimento puramente quantitativo; a esso segue l'evento-nascita, caratterizzato e segnato da un grido che indica una rottura netta (trauma della nascita) con lo stadio precedente e al tempo stesso il passaggio a uno seguente. Si cos introdotti nel secondo stadio ed avvenuto un 'salto' veramente qualitativo, per il mutamento davvero essenziale rispetto allo stadio precedente. A questo punto, e in modo anche letterariamente molto valido, viene introdotto l'altro elemento in gioco nella metafora: 'il bambino nato; cos lo spirito si forma'. La nuova formazione (Bildung) e figura (Gestalt) che lo spirito va assumendo pertanto paragonabile al mutamento qualitativo, ovvero di essenza, che avviene al momento della nascita. Per Hegel dunque il mondo spirituale del tutto rinnovato che va imponendosi un evento da considerare al tempo stesso in modo negativo e positivo. Esso segna infatti l'imporsi di una struttura del tutto rinnovata, ma tale im-posizione ha un prezzo da pagare: essa dissoluzione del mondo impostosi precedentemente. Lo sgretolamento di quel che precede avviene in modo nascosto, cos come nascostamente si nutre e cresce il Kind durante la gestazione, avvertibile soltanto per sintomi: fatuit, noia e sentimento dell'ignoto. Lo sbriciolarsi di certezze, relative al mondo che sta passando, non per in

Tratteggiando nell'Introduzione i caratteri del linguaggio e della scrittura hegeliani, si gi detto dell'uso del dialetto svevo e dunque di espressioni della lingua corrente, piuttosto che di quelle tipiche di un linguaggio filosofico specialistico; tutto questo nel tentativo reiterato di dire l'indecidibile, di rappresentare la vita stessa nel suo movimento e nel medesimo tempo lo spirito nel suo progredire vitale. Qui poi cominciamo a prendere atto dell'uso costante di espressioni plastiche e di metafore.

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grado di nientificare la fisionomia dell'Intero, che permane nella sua unit, dal momento che riesce ancora una volta a imporre la sua struttura60. Il 1 settembre 1806 con espressioni del tutto analoghe Hegel concludeva le sue lezioni di filosofia speculativa: "noi viviamo in un'epoca importante, in un fermento in cui lo spirito ha fatto un balzo (Sprung), uscito dalla sua figura (Gestalt) precedente e ne acquista una nuova. L'intera massa delle rappresentazioni (Vorstellungen) dei concetti che abbiamo avuto sinora, le catene del mondo, si sono dissolte e sprofondano come un'immagine di sogno. Si prepara una nuova sortita dello spirito. La filosofia deve soprattutto salutare il suo apparire (Erscheiung) e riconoscerla"61. Torniamo ora alla Vorrede. Hegel prosegue rilevando come il primo apparire della nuova figura dello spirito abbia tanto poco di realt, quanto quella che possiede il neonato. Il neo-nato, infatti, il piccolo dell'uomo non-ancora-uomo, e cio uomo, s, potentialiter, ma non ancora actu: in esso noi crediamo di poter riconoscere al presente quell'essere umano compiuto che av-verr. Analogamente nell'epoca moderna si al cospetto di 'sintomi', di vario genere, ma anche specificamente teorico-speculativi, che impongono di pensare alla nascita di una nuova forma dello spirito. Tale forma, per, non ha ancora realt piena (vollkommene Wirklichkeit), essa da-venire. Volendo chiarire Hegel propone poi altre due metafore: "il primo sorgere inizialmente una immediatezza (Unmittelbarkeit) o il suo concetto62. Quanto poco un edificio compiuto quando le sue fondamenta (Grund) sono gettate tanto poco il concetto dell'intero (Begriff des Ganzen) che stato raggiunto l'intero stesso. Quando noi desideriamo vedere una quercia nella robustezza del suo tronco, nell'intreccio dei suoi rami e nel rigoglio delle sue fronde, non siamo soddisfatti se al suo posto ci venga mostrata una ghianda; similmente la scienza corona del mondo dello spirito, non compiuta al suo inizio (Anfang)" ( 12). Mettiamo ora a confronto le analogie ricavabili dalle due metafore. Anzitutto si possono delineare due proporzioni del tipo: le fondamenta stanno all'edificio come il concetto dell'intero sta all'intero; e ancora la ghianda sta alla quercia, cos come l'inizio della scienza sta alla scienza. Di qui possiamo passare a stabilire con Hegel che l'intero concepito concettualmente sta all'intero inteso realmente, come l'inizio della scienza sta alla scienza pienamente dispiegata. C' da aggiungere che quel che si possiede soltanto 'concettualmente' lo spirito neo-nato, ovvero la nuova forma/figura dello spirito. Questa l'inizio del sapere scientifico e filosofico, che tende a comprendere al termine del suo processo la totalit del mondo spirituale. Il mondo spirituale nuovo che Hegel vede albeggiare soltanto incipiente; non solo, ma si aggiunge qui che lo stesso inizio, cui si assiste, non affatto 'semplice', in quanto risulta essere
La struttura infatti Gebilde dello spirito bildende, che si sta formando. Cit. in K.Rosenkranz, Vita di Hegel, p.230. 62 'Immediatezza' quel che si d inizialmente, ma ancora in astratto. Con tale concetto si sta a indicare una forma non ancora sottoposta al movimento processuale del reale, e pertanto qualcosa che si possiede semplicemente come concetto astratto, non realiter.
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"il prodotto di un vasto sovvertimento di molteplici forme di civilt (Bildungsformen); il prezzo (Preis = anche 'premio') di una via molto intricata e di una non meno grave fatica []; tale cominciamento l'intero che dalla successione nonch dalla sua estensione tornato in se stesso; il concetto semplice di quell'intero, ma divenuto". L'inizio/cominciamento esso stesso dunque 'intero'63, ma esso ha un 'passato' dalla cui successione tornato 'in s': ora si prospetta soltanto come concetto semplice, divenuto tale, in quanto allo sbocco di una successione. E' concetto dell'intero, ma non rappresenta ancora la sua realt. Prosegue cos e si conclude il testo: "peraltro la realt (Wirklichkeit) di questo intero semplice consiste nel processo (besteht darin = consiste in questo, che), per cui quelle precedenti figurazioni (Gestaltungen) ora fattesi momenti (Momenten) si sviluppano e si danno una nuova figurazione (Gestalt) e ci nel nuovo elemento nel senso che si venuto sviluppando"( 12). Il termine 'processo' non di Hegel, ma stato inserito dal traduttore, quale logica conclusione di quel che si sostiene quando si spiega in cosa consista la realt dell'intero. Afferma Hegel, infatti, che le manifestazioni e le rappresentazioni dell'intero precedente, ovvero del mondo spirituale impostosi e che va ora sgretolandosi, assumono la forma di momenti di una nuova figura, che appare nel nuovo elemento, ovvero nel semplice concetto dell'intero cos com' divenuto, mediante uno sviluppo di tipo processuale64. In un altro passo Hegel, insistendo sull'uso della metafora, dice lo stesso, introducendoci per nella sua terminologia pi caratteristica. Troviamo infatti scritto: "l'embrione in s (an sich) uomo, non lo tuttavia per s (fr sich); per s lo soltanto come ragione spiegata (gebildete Vernunft = ragione formata), che si fatta ci che essa in s. Soltanto quest' la sua relat (Wirklichkeit)" ( 21). L'embrione-di-uomo65 viene considerato in due modi distinti, da due punti di vista, ovvero possiede una duplice essenza: 'in s' esso gi-uomo, mentre 'per s' nonancora-uomo. E cio, l'embrione, in quanto dato e darsi primo ed immediato (Dasein) il suo an sich, mentre l'embrione in quanto capace di divenire, di svilupparsi, di progredire e di crescere, si esplica nel suo fr sich, si forma e si dispiega nella sua stessa ragion d'essere. Nel per s l'embrione gi dato si fa, si autoproduce, mettendo in movimento l'in s, sino a farlo pervenire a compiutezza di atto, da potenza che era, insomma lo realizza. Nel per s l'embrione di uomo perviene alla sua realt, ovvero diviene uomo.

Le pagine sinora considerate della Prefazione inserisconno la FdS negli interessi generali che Hegel aveva coltivato negli anni del suo soggiorno a Berna, Francoforte e
Nell'inizio gi presente potentialiter il Tutto, cos come nell'embrione e nella ghianda. Per il momento contentiamoci di queti brevi cenni; anticipiamo per senz'altro che si stanno qui delineando, anche se in forma ancora oscura, i caratteri della dialettica hegeliana. 65 Si badi bene, di uomo: una precisazione che risulter importante nell'economia della metafora proposta qui da Hegel.
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Jena. Sono i suoi interessi generali e non strettamente parlando speculativi: investono il mondo sociale, politico, economico nella totalit delle sue manifestazioni. Ed proprio questo il 'mondo spirituale' (o dello spirito), il connubio di spirito e di mondo, ovvero l'Intero. Su questa base la FdS riprende e sviluppa i grandi temi affrontati negli anni precedenti, in particolare nel Sistema dell'eticit e nella Realphilosophie, in generale poi anche nelle Jugendschriften. Tutti quei temi costituiscono il contesto entro cui l'opera si inserisce e in base alla quale va compresa66. Nello scritto su La costituzione della Germania, composto tra il 1801 e il 1803, Hegel denunzia le contraddizioni tra le strutture dello spirito tedesco e la realt storicosociale in atto. Si auspica pertanto la necessit che il mondo degli intellettuali si colleghi pi strettamente alla realt e ne diventi guida. In generale Hegel constata come la contraddizione si puntualizzi in una situazione di scissione, tale per cui gli uomini si trovano nella condizione di Privatmenschen, anzich di cittadini, in conformit con il caratteristico spirito germanico e con l'originario carattere tedesco. Al termine dello scritto si legge un appello: ormai tempo che la Germania si ricostituisca come stato, portando i suoi cittadini fuori dalla condizione di Privatmenschen; ci potr accadere solo mediante la promozione della reciproca integrazione nell'unit di uno stato, ricostituito secondo la necessit e secondo lo 'spirito' del tempo. Assieme a tale breve scritto Hegel elabora il Sistema dell'eticit. Di argomento analogo al precedente, non concerne pi soltanto la situazione tedesca, ma si pone da un punto di vista ben pi generale. Hegel si riallaccia alle prospettive degli economisti inglesi, avendo letto in traduzione tedesca La ricchezza delle nazioni di Adam Smith. Il punto di partenza l'individuo umano, il Privatmensch, considerato non come homo sapiens, n faber, ma come homo oeconomicus. Hegel intende mostrare mediante quali processi si passi dall'individuo alla costituzione dell'eticit, concepita come complesso di mutue relazioni tra individui che vivono in comunit67 il singolo individuo un essere semplicemente naturale, il quale in una primitiva condizione di bisogno (Bedrfniss) costretto a sottostare al 'sentimento della separazione'. Proprio in forza di esso, infatti, l'uomo si sente scisso da quel quid di cui ha necessit, ovvero l'altro-da-s, che pur a distanza si rivela costitutivo del s, e pi in generale da tutto l'ambiente circostante, che il sempre potenziale 'oggetto' del bisogno. La soddisfazione dell'individuo-uomo risiede nel godimento (Genuss), definito 'il sentimento come soppressione della separazione'. Si noti bene qui come per Hegel la soddisfazione non sia semplice appagamento di un particolare bisogno, ma rappresenti

66 Naturalmente, come si avr modo di constatare presto, la FdS giunge a proporre un discorso filosofico a conclusione della maturazione negli anni precedenti di tematiche speculative, concernenti la logica e la metafisica. Vero questo, il De Negri arriva paradossalmente a sostenere che la FdS pu a buon diritto essere considerata l'ultima opera di Hegel. In ci d'accordo, anche se con altre motivazioni, con Adorno, il quale sostiene che l'opera in questione la prima, ma anche l'unica, dunque l'ultima. 67 Si faccia qui opportuno riferimento al cammino della Bewusstsein nella FdS, come anche ai temi relativi al Geist, concepito come 'vivente unitariet' dei singoli individui umani nel Frammento dell'amore e nel Frammento di sistema.

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piuttosto l'indice che la separazione/scissione rispetto a quel che veniva sentito come altro-da-s e manifestata dal bisogno sia ormai tolta. Diversamente dall'animale, il quale nell'appagamento elimina s il bisogno, ma non si pone mai il problema della 'separazione', sotto la spinta del bisogno l'individuouomo, superando di volta in volta scissioni e separazioni, si avvia verso la realizzazione di un mondo, il mondo pi specificamente umano, che da intendere come civilt e come cultura. Per realizzarlo l'uomo lavora: per Hegel infatti il lavoro risulta essere il mezzo essenziale per la realizzazione dei bisogni elementari, ma soprattutto con il lavoro che l'uomo prende possesso del mondo circostante e lo trasforma, umanizzandolo. Si tratta poi dell'organizzazione del lavoro. Essa non riguarda pi naturalmente la semplice attivit di un singolo individuo, ma si costituisce proprio quale vita in comune dei singoli. Si delinea cos il 'noi', un universale di cui i singoli 'io', cio gli uomini individualmente intesi, sono i momenti costitutivi68. L'eticit si costituisce in questo quadro di assieme come assoluta eguaglianza dei diversi, dei singoli, nei reciproci rapporti, che si stabiliscono di volta in volta nelle forme di 'famiglia', 'popolo', 'stato'. Collegando tutto questo alla diagnosi che Hegel andava facendo sul proprio tempo storico, ci sta a significare che nella storia spirituale dell'Occidente la civilt umana non ha ancora raggiunto la meta dell'eticit, verso cui pure sembra spinta sin dalle sue origini. Eppure essa, in quanto telos verso cui l'umanit si muove, pur sempre presente: la necessaria meta e via di uscita dall'Entzweiung.

I.4. Il clima culturale e filosofico del tempo Vediamo anzitutto quale sia l'obiettivo che Hegel si propone con quest'opera. Viene dichiarato a chiare lettere in uno dei primi paragrafi della Vorrede: "collaborare a che la filosofia si avvicini alla forma della scienza, alla meta di poter deporre il suo nome di amore del sapere e di essere sapere effettuale, ecco ci che io mi son proposto" ( 5) La tensione (philein) al sapere (sophia), la filo-sofia deve pervenire al sapere reale (Wissen), ovvero alla scienza (Wissenschaft). L'intento qui indicato perci quello di elevare la filosofia a scienza; tale scopo viene chiarito in pi punti della Prefazione. Secondo il giudizio di Hegel, nella cultura filosofica del suo tempo i tentativi di rendere scientifica la filosofia non hanno sortito risultati soddisfacenti. E' il compito che si era prefisso Kant nella Critica della Ragion Pura, e che rimane sostanzialmente inadempiuto. Tutto questo da collegare alle critiche che sin dagli anni di Francoforte Hegel rivolge alla filosofia del tempo, impostata sulla 'riflessione', inclusa la filosofia della 'riflessione della soggettivit' (o dell'autocoscienza), nelle tre forme dominanti: kantiana, fichtiana, jacobiana. Quali sono i motivi per i quali tali filosofie non conseguirebbero l'obiettivo che si prefiggono? La filosofia della riflessione, muovendosi sotto il dominio dell'intelletto (Verstand), separa e distingue, divide e irrigidisce i concetti mediante le separazioni realizzate. Sin dalla Differenz, Hegel denunzia questo limite dell'intelletto e affida alla

Nella FdS in seguito alla 'dialettica del riconoscimento' ciascun 'io' tende a farsi riconoscere da altri 'io', con l'obiettivo di stabilire una unit nel 'noi', ovvero nel riconoscimento reciproco.

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ragione il compito di superare dal loro irrigidimento le separazioni, vincendo cos l'intellettualismo. Nella Prefazione, poi, valendosi anche degli approfondimenti della Logica di Jena, Hegel torna sull'argomento: riprende la critica dell'intelletto, del suo operare che porta al vuoto formalismo e riafferma decisamente la necessit di un intervento della agione. Tutto questo lo porta a rielaborare in modo nuovo rispetto ai pensatori del suo tempo il concetto stesso di scienza e a impostare ben diversamente il problema del rendere scientifica la stessa filosofia. Il concetto di 'scienza' risulta centrale nella Vorrede, comunque si voglia intendere l'intera opera; difatti in ogni caso Hegel intende la filosofia, ovvero la speculazione teoretica, come Wissenschaft, o 'scienza dell'esperienza della coscienza', o 'scienza della fenomenologia dello spirito'. Nel 27, infatti, leggiamo che "un tal divenire (werden) della scienza in generale o del sapere appunto ci che questa fenomenologia dello spirito presenta". Aggiunge poi Hegel, mostrando cos una stretta connessione tra l'esperienza della coscienza e la fenomenologia dello spirito, che "il sapere, come esso da prima, o lo spirito immediato (unmittelbare Geist) [cfr. 12 e 48] ci che privo di spirito (Geistlose), la coscienza sensibile (sinnliche Bewusstsein)". Cerchiamo ora di capir bene. Quando si parlato dello Spirito e del mondo spirituale che 'muta pelle', abbiamo visto che il Geist si muove, irrequieto e fa un balzo dall'una all'altra delle sue figure, ovvero si messa in luce la centralit del concetto di Bewegung, da collegare, come si vedr pi avanti, a quello di 'dialettica'. Ora, parlando di scienza, e vedremo come il discorso torner di necessit proprio allo spirito, si rivela centrale un concetto del tutto analogo: werden, divenire. Hegel non asserisce il Sein, l'essere staticamente inteso, della scienza, ma piuttosto il suo werden: di esso che tratta l'intera FdS. Inoltre si aggiunge che il sapere colto in quanto 'divenire' e al tempo stesso nel luogo del suo 'cominciamento' assieme spirito immediato e coscienza sensibile. Vediamo di comprendere bene. Quel che decisivo e determinante, e lo sar anche per comprendere lo stesso movimento dialettico, o divenire dello spirito, immediato (unmittelbar). anzitutto viene asserito che quando il sapere colto agli albori, in stato embrionale (si pensi qui alla metafora dell'embrione sopra riportata), viene a coincidere con lo 'spirito immediato'. Abbiamo gi incontrato tale concetto e si stabilito che l'immediatezza del 'primo sorgere' (cfr. 12) pu essere fatta corrispondere all''in s' (cfr. 21). Pertanto lo spirito in stato di immediatezza da considerare gi-dato o in-s, ma non ancora pienamente se stesso, ovvero dispiegato nel suo per-s. Hegel precisa difatti che lo status di 'cominciamento' del sapere ancora Geistlos, privo di spirito o spirituale solo potentialiter. Tale stato poi vien fatto coincidere con la figura della Coscienza, con lo stadio meno complesso di essa, quello della Coscienza sensibile. In conclusione, allora, lo spirito nel suo momento embrionale e la coscienza nella sua figura pi semplice per Hegel sono lo stesso. Il werden pertanto, e di qui lo stesso movimento dialettico, che riguarda il sapere e/o la scienza, il medesimo, sia che si considerino le cose dal punto di vista della coscienza, sia che lo si faccia da quello dello spirito69.
Qui si ha ancora una volta la prova dell'intersecarsi dei due itinerari, ovvero della doppia scrittura e della duplice intenzionalit esplicita e non presente nell'unico testo.
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Vogliano ora andare pi a fondo nel considerare cosa s'intenda per 'scienza': "soltanto come scienza o come sistema il sapere effettuale (wirklich) e pu esser rappresentato (und dargestellt werden kann)" ( 24). Qui anzitutto si sostiene che il sapere nella sua realt coincidente con la scienza e/o col sistema della scienza. Pertanto il sapere da considerare System70. Cosa s'intende per sciena/filosofia come sistema?, o meglio, cos' per Hegel la filosofia che tende a divenire sapere, e dunque scienza sistematica? La risposta si potr avere soltanto dopo aver letto l'intera Prefazione, ma la si pu anticipare brevemente leggendo un passo tratto dalla Differenz: "la filosofia come una totalit del sapere prodotta dalla riflessione diviene un sistema un intero organico di concetti, la cui legge suprema non l'intelletto, ma la ragione. L'intelletto ha da mostrare rettamente gli opposti della sua legge, il suo limite, il suo fondamento e condizione; ma la ragione unifica questi contraddicenti, li pone parimenti entrambi ed entrambi li toglie (aufhebt)"71. Qui si fa riferimento alla filosofia del tempo, caratterizzata come 'totalit del sapere prodotta da riflessione'; di essa si d una valutazione negativa, laddove per 'riflessione' bisogna intendere astrazione. La filosofia cos concepita deve trasformaarsi; essa deve divenire un sistema. Hegel intende qui per 'sistema' non una struttura puramente formale, da considerare staticamente, quanto piuttosto un intero (Ganze), un totum di concetti da intendere come unit vivente, organica. In tale considerazione da sottolineare il carattere essenziale del vivente, che implica movimento, crescita e sviluppo72. Tale filosofia sistematica ha una sua legge, condicio sine qua non della sua essenza: regolato dalla facolt della ragione (Vernunft), piuttosto che dall'intelletto (Verstand). Subito dopo vengono precisate quali siano le funzioni differenziate delle due facolt: l'intelletto separa, porta gli elementi del reale nella distinzione, infine considera le opposizioni. La ragione, invece, parte dal lavoro proprio dell'intelletto, compiendo un'operazione inversa, che quella di unificare gli elementi proposti in funzione contraddittoria; ricompone nell'unit (l'intero appunto come sistema) quel che risulta nella separazione e nella scissione. Hegel critica qui, come far poi ancora meglio nella FdS, le filosofie che a suo avviso, mossesi sulle orme del trascendentalismo kantiano, peccano tutte di astrazione, di intellettualismo e di formalismo. Esse riproducono concettualmente lo stato di Entzweiung del mondo moderno, ma non riescono a cogliere in esso i sintomi di una nuova vita, che si va imponendo nell'et del trapasso, delinendo al tempo stesso una rinnovata unit. E' l'unit che propone una nuova Gestalt dello Spirito e che si rappresenta nel suo sistema filosofico, in cui 'lavora' la forza unificante della ragione73

Non a caso che l'espressione sia stata sottolineata nel testo tedesco. E. De Negri, I principi di Hegel, Firenze, La Nuova Italia, 1949, p.42. 72 Al tempo stesso sono anche da considerare nascita e morte, quali limiti stessi di una vita; tutto quel che organico, infatti, ha un principium, uno sviluppo e una fine. Se per questa la concezione della filosofia di Hegel, si del tutto fuori dallo stereotipo di un pensiero che prospetta una visione eternizzante, proprio mediante la concezione del sistema. 73 Vedremo per come nella Vorrede venga rivalutata in seguito la funzione dell'intelletto, che viene stabilito quaale forza motrice indispensabile allo stesso movimento dialettico.
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Torniamo ora alla Prefazione. Abbiamo letto, come si ricorder, che "soltanto come scienza o come sistema il sapere effettuale e pu esser rappresentato" ( 24). Prendiamo ora un passo successivo: "soltanto lo spirituale l'effettuale (Wirkliche) [] Lo spirito, che si sa cos sviluppato come spirito, la scienza. Questa la sua realt effettuale (Wirklichkeit) e quel regno74 che esso si costruisce nel suo proprio elemento" ( 25). In un primo tempo si sostiene cos che la scienza sistematica quel sapere cui tende la filo-sophia hegeliana, il quale rappresentazione della realt nella sua vita concreta; poi vien detto che l'unica relt concreta quella che riguarda lo spirito. Pertanto quando lo spirito perverr all'autocoscienza, ovvero sar consapevole pienamente di s e del suo essere, nell'autocoscienza universale, esso potr dirsi totalmente com-preso (begrifft) nella scienza, in quanto sapere assoluto. Pu essere pertanto stabilito il seguente rapporto: Geist : Wirklichkeit = Wirklichkeit : Wissenschaft La realt, di conseguenza, in quanto termine medio di una tale proporzione, che pu e deve essere instaurata tra spirito e scienza, tutt'una con lo spirito, ovvero con il regno che lo spirito va costruendo nel suo stesso elemento, che sapere assoluto75 Pi avanti viene prospettato una sorta di motivo pedagogico, quando si fa cenno al rapporto che deve intercorrere tra scienza e singolo individuo: "l'individuo ha il diritto di pretendere che la scienza gli fornisca almeno la scala che conduce a quella superiore posizione (Standpunkt = punto di vista), indicandogliela in lui stesso. Il suo diritto si fonda su quella sua assoluta sufficienza a se stesso che egli sa di possedere in ogni figura (Gestalt) del suo sapere; ch in ogni figura, dalla scienza riconosciuta o meno, qualunque sia il contenuto, l'individuo la forma assoluta vale a dire la certezza di se stesso immediata, ed quindi, se si preferisce questa espressione, incondizionato essere" (26). Soffermiamoci brevemente su questo passo, su cui si torner quando dovremo occuparci del rapporto che intercorre tra coscienza individuale e scienza. Operiamo una lettura, distinguendo tre momenti. Anzitutto proviamo a correggere la traduzione, interpretando Standpunkt come 'punto di vista'. Vengono messi qui a confronto il sapere comune, del senso comune, e quello scientifico. Si sostiene allora che il singolo individuo ricercatore ha bisogno che la scienza gli fornisca il modo per poter accedere al punto di vista della scienza stessa. La metafora della scala d naturalmente l'idea che tale punto di vista sia da considerare 'superiore', ma noi potremmo dire semplicemente che si tratta di un punto di vista diverso. Viene poi fatta una precisazione di particolare importanza: tale Standpunkt non estraneo all'individuo in questione, dal momento che la scienza non deve far altro che indicarlo 'in lui stesso'. Si parla poi di un 'diritto' al sapere scientifico, che si fonda sull'autocoscienza ('autosufficienza'), ovvero sul fatto che in ciascuno stadio del sapere, in ogni figura
E' il 'regno dello spirito' del 17 dellEinleitung, in precedenza considerato. Sembra che qui Hegel ci autorizzi a considerare l'autoproduzione del sapere, prima ancora che l'autocoscienza. lo spirito lavora, dunque, su una materia prima gi data, essa stessa spirituale.
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l'individuo ha certezza di s e del suo mondo spirituale, mediante le proprie rappresentazioni. Infine il passo che stiamo considerando d una spiegazione di quel che precede: in ciascuna figura, anche in quelle rappresentazioni non riconosciute scientificamente, l'individuo risulta essere as-soluto e in-condizionato. Esso individuum (in-diviso) e in quanto tale si auto-pone, s'im-pone e si pro-pone nel suo essere, senza bisogno alcuno di 'giustificazione'. Teoreticamente parlando si potrebbe concludere che l'individuo risulta privo di fondamento. Vediamo con quali modalit ci venga sostenuto mediante la 'certezza di se stesso immediata'. Diciamo anzitutto che la 'certezza di s' (Gewissheit seiner selbst) da distinguere dall'autocoscienza (Selbstbewusstsein), dal momento che la prima rappresenta lo stadio iniziale del sapere, la seconda quello avanzato. Gewissen 'coscienza', cos come anche Bewusstsein76, ma che differenza passa allora tra 'coscienza certa' e 'coscienza'? Bewusstsein non soltanto 'coscienza', considerata nel suo stadio iniziale, semplicemente e soltanto come 'certezza-di-s', ma pi propriamente quell'essere che ha coscienza, ovvero l'essere (sein), che ha saputo (bewusst)77. Ci troviamo cos di fronte non pi a un individuo, inteso come essere incondizionato e assoluto, ma a un essere condizionato. Da cosa? dal sapere e dalla scienza. Tutto ci trova conferma nella precisazione che vien fatta con l'aggettivazione concernente la Gewissheit di s. Essa risulta essere 'immediata' (unmittelbare), e cio nel suo pro-porsi e im-porsi l'individuo nello stadio iniziale risulta essere collocato nel primo grado del sapere scientifico, ovvero nello status incipiente, dove risulta essere s senza condizioni e relazioni, ma al tempo stesso, ancor privo di spiegazioni, 'vuoto' di sapere effettivo. Qui preme ora aggiungere qualcosa che riguarda non tanto la considerazione dell'individuo nella 'certezza immediata di s', n dell'individuo durante il processo di apprendimento, quanto piuttosto di quel che pu essere in uno stadio avanzato del processo di conoscenza, quando ormai il sapere giunto a livelli tali da imporsi e da condizionare: esso im-pone e pro-pone le sue stesse condizioni. Leggiamo l'ultimo capoverso della Prefazione: "del resto in un'et [si pensi a quanto gi detto sull'et di tra-passo a un mondo spirituale nuovo], nella quale l'universalit dello spirito fortemente consolidata e la singolarit, come si conviene divenuta di tanto in tanto pi insignificante; in un'et in cui l'universalit fa gran conto di tutta la sua comprensione e dell'adunata ricchezza e la esige; soltanto minima (gering) pu essere la partecipazione (Ttigkeit = attivit) all'intera opera dello spirito assegnata all'individuo; cos questo [l'individuo] deve a maggior ragione obliare se stesso -il che, del resto, gi una conseguenza della natura della scienza- e divenire e fare quel che
Da una parte abbiamo: Gewiss = certo, Gewissheit = certezza e Gewissen = coscienza (morale); dall'altra: Bewusst = cosciente e Bewusstsein = coscienza. Questi termini derivano tutti dal verbo wissen (- wusste, gewusst); in particolare: Gewissen dall'infinito del verbo e Bewusst dal perfetto. 77 Nel caso poi della Selbstbewusstsein si tratter di quell'essere che ha saputo (e sa) se stesso.
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gli sar possibile; ma da lui si deve pretendere tanto meno, quanto meno egli pu aspettare da s e pu per s esigere" ( 72) Sono le ultime parole scritte da Hegel nella FdS e naturalmente rivestono particolare importanza. Nella nostra et, nel nostro tempo storico lo spirito s'impone con una sua nuova Gestalt (forma e/o figura). Il suo protagonismo fa s che il singolo risulti del tutto insignificante nell'economia della 'figura' stessa che il mondo moderno va assumendo. Detto ancora meglio, die neue Zeit caratterizzata dall'opera (Werke) propria dello spirito. La nuova Gestalt non sorge perci come d'incanto, ma allo sbocco di un lungo itinerario; essa e-viene a seguito di un processo di gestazione, che viene identificata all'attivit propria dello spirito78. Se vero che l'opera dello spirito, ovvero lo spirito in quanto operare, risulta centrale in un'epoca storica, altrettanto vero che proprio in forza di tale opera la partecipazione del singolo individuo risulta essere di ben scarso interesse. E' gering, infatti la Ttigkeit dell'individuo all'interno dell'operare generale e determinante dello spirito. Tale opera viene poi identificata alla scienza, ovvero al sapere assoluto. In essa l'individuo dimentica s, vien posto a distanza rispetto a quella certezza di s incondizionata e assoluta, che veniva proposta quale incipit del sapere stesso. Pertanto nella scienza, giunta nel suo stadio pi avanzato, l'attivit del singolo ricercatore non quasi da tenere pi in alcuna considerazione, poich quel che preme sottolineare, in quanto davvero decisivo e determinante, il rapporto che si stabilisce tra essa e lo spirito. Vediamo ora meglio, pi da vicino, tale rapporto, che possiede specifici, particolari caratteri. Leggiamo: "la scienza come presenta questo movimento formativo (bildende Bewegung) nel dettaglio del suo processo e nella sua necessit, cos presenta nella figurazione (Gestaltung) a lui propria ci che gi disceso a momento e propriet dello spirito. Meta la chiara penetrazione (Einsicht = vista-in; giudizio) dello spirito in ci che la scienza (Wissen = sapere)" ( 29). La scienza si presenta a due livelli distinti, ma ambedue necessari, in quanto complementari: il movimento di formazione (Bildung), ovvero il dispiegarsi del processo necessario che ne caratterizza l'essenza e che corrisponde alla storia di una scienza, e la formazione conseguita da una determinata figura (Gestaltung), intesa quale momento terminale del processo stesso, che sta a corrispondere a uno stato di scienza ed la propriet di quella che la configurazione attuale dello spirito. In conclusione, la meta del sapere scientifico data dal rapporto combinato del movimento di formazione con la formazione gi conseguita in una specifica figura. Non c' allora da considerare una formazione, anche se la pi avanzata, la quale rappresenta semplicemente il risultato, ma piuttosto il processo che ha permesso il determinarsi di questo risultato in uno con il risultato stesso; in ci consiste la completa e totale identificazione di Geist e di Wissen. Scopo della scienza mostrare cos la capacit che lo
78 Per Hegel lo spirito, come si detto, in forza delle indicazioni della pagina finale della sezione 'Autocoscienza', "Io che Noi, e Noi che Io"; ma pi avanti viene poi pi opportunamente e precisamente individuato come l'"operare (tun = fare) di tutti e di ciascuno".

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spirito possiede di intus-legere ( da intendere cos l'Einsicht) nel sapere, sino a quella coincidenza, che Hegel valuter nel capitolo conclusivo della FdS tra spirito e sapere assoluto. Proseguiamo nella lettura del 29. Hegel nota come si sia troppo spesso insofferenti nei confronti della difficolt che s'incontra nella ricerca scientifica. Infatti si pretenderebbe di conseguire i risultati scientifici, ovvero il raggiungimento di una meta, seppur privi dei mezzi idonei. E cio, il cammino (Weg) della scienza risulta lungo e tortuoso. Esso fatto di momenti importanti, in quanto necessari all'intero cammino. Hegel indica qui la necessit di rispettare l'intero percorso da compiere, seppure lungo, e d'altra parte la necessit di indugiare anche su ciascun momento, in quanto ciascuno realizza in s l'unit di una figura (Gestalt) individuale. Insomma s intero, un 'tutto', l'itinerario della scienza, ma anche un intero ciascun momento costitutivo di tale itinerario. In quanto intero, il momento individuale in-condizionato, assoluto e, poich determinato, anche concreto. Hegel prosegue poi mostrando come il processo debba essere percorso in ciascun individuo, anche se nell'individuo il processo risulta essere una ripetizione di quello gi avvenuto, pienamente realizzato dallo spirito del mondo. Proseguiamo la nostra lettura: "poich non solo la sostanza dell'individuo, ma addirittura lo spirito del mondo (Weltgeist) ha avuto la pazienza (Geduld)[in precedenza si parlato dell'insofferenza, Ungeduld, nei confronti di un lungo cammino da affrontare nella ricerca scientifica] di percorrere queste forme in tutta l'estensione del tempo e di prendere su di s l'immane fatica (ungeheure Arbeit) della storia universale (Weltgeschichte) per riplasmare quindi in ciascuna forma per quanto questa lo comportasse il totale contenuto di se stesso e poich lo spirito del mondo non avrebbe potuto attingere la coscienza di s con minore fatica evidente che, secondo la cosa (Sache), l'individuo non potr arrivare a comprendere (begreifen) la sua sostanza attraverso un cammino pi breve; tuttavia ha davanti a s una fatica (Mhe = pena) pi leggera, perch in s (an sich) tutto ci gi consummatum est (weil an sich dies vollbracht = perch ci in s giunto al compimento) - il contenuto gi la realt affievolita (getilgte = estinta, cancellata) nella possibilit, l'immediatezza gi forzata la figurazione (Gestaltung) gi ridotta alla sua abbreviazione, alla semplice determinazione di pensiero (Gedankenbestimmung)"( 29). Vengono cos posti a confronto due itinerari, quello del Weltgeist, che perviene all'autocoscienza universale e quello dell'individuo, e cio da una parte lo spirito del mondo e dall'altra la coscienza individuale. Potremmo dire meglio ancora che si tratta dello stesso itinerario, che viene percorso due volte e per il quale si richiede un atteggiamento di 'pazienza' alla presenza di un enorme lavoro da compiere. Lo sforzo e il compito della singola coscienza itinerante, il cammino proposto al ricercatore scientifico analogo a quello gi compiuto dallo spirito. La differenza una sola: se vero che il lavoro da compiere per un lungo cammino enorme, per il singolo

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la fatica senz'altro minore79. Quale pu essere il senso di quest'unica differenza? Il cammino intero gi dato an sich. Hegel apre qui una parentesi, nell'intento di spiegare il senso dell'an sich dies vollbracht. Quel che si possiede soltanto 'in s' mera possibilit, ovvero realt 'sbiadita', meglio ancora estinta; la pura immediatezza, la figura che corrisponde all'astrazione concettuale. Si tratta del 'cominciamento' ancora semplicemente astratto del processo80 Quel che assieme a Hegel ci preme qui sottolineare che per realizzare la filosofia come scienza e come sistema, ovvero un intero organico di concetti, c' bisogno di un enorme lavoro da parte dello spirito, e in seconda istanza di applicazione e di conseguente fatica da parte della singola coscienza durante il suo itinerario esperienziale81. Andiamo ora a leggere gli ultimi capoversi della Prefazione. Vien posto il problema di determinare quale sia la 'via regia verso la scienza'. Anzitutto la pi comoda quella di affidarsi al buon senso, leggendo recensioni di scritti filosofici e introduzioni, i quali offrono i 'principi generali dai quali tutto dipende'. Questa la via ordinaria al filosofare, quella della 'filosofia in maniche di camicia'. Esiste poi anche una via straordinaria, che invece quella di coloro che si ammantano di 'paramenti sacerdotali' e intendono comunicare pensieri eccelsi relativi all'Eterno e al Sacro, mediante "la genialit di idee profonde e originali e di sublimi lampi del pensiero"82. N la prima, n la seconda sono la 'via regia verso la scienza', ovvero corrispondono alla filosofia come scienza sistematica. Scrive cos Hegel: "pensieri veri e penetrazione (Einsicht)83 scientifica si possono guadagnare solo nel lavoro del concetto. Soltanto esso pu produrre (hervorvorbringen) l'universalit del sapere, la quale non gi la solita indeterminatezza e meschinit del senso comune, ma conoscenza coltivata (gebildete) e compiuta; non gi la peregrina generalit delle doti della ragione, corrompentesi con la pigrizia e la boria del genio, ma la verit prospettata a sua intima forma: verit suscettibile di essere posseduta da ogni ragione autocosciente" ( 70). Qui vien detto che l'Einsicht scientifico, la via regia alla scienza, caratterizzato dal lavoro. Infatti proprio il lavoro del concetto a produrre il sapere universale. Tale
Vengono dunque distinti qui i due termini: Arbeit e Mhe. Il cammino dato, ma non ancora realizzato, significa allora che esso non ancora realt per il singolo individuo, per ciascun singolo ricercatore, che ha da fare esperienza concreta del processo. 81 A conferma altrove troviamo scritto che "nello studio della scienza tutto sta quindi nel prendere su di s la fatica del concetto (Austrengung des Begriffes)" ( 58). 82 Anche altrove Hegel opera la critica della genialit, che imperversa a suo avviso nella filosofia, cos come nella poesia, nel tempo del romanticismo, ovvero nell'et dei poeti-filosofi e dei filosofipoeti. Egli precisa cos che il poeta geniale, quando produce qualcosa provvisto di senso, fa scadere i suoi versi in 'prosa triviale'; il pensatore geniale, poi, non fa che produrre discorsi strampalati: "cos oggi un natural filosofare che disdegna il concetto, stimandosi, proprio in grazia dell'essenza di esso, un pensare intuitivo e poetico, getta sul mercato una serie di arbitrarie combinazioni nate da una fantasia per la quale il pensiero solo un elemento di disorganizzazione: fantasticherie che non sono n carne, n pesce, n poesia, n filoosfia" ( 68). 83 Cfr. quel che vien detto sull'Einsicht dello spirito, nel Wissen, nel 29 gi considerato.
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lavoro, poi, non s'identifica n col senso comune, n con il colpo di genio, ovvero con il pensiero intuitivo. Con ci Hegel intende dire che la scienza, la filosofia come scienza, non affatto prerogativa di una lite privilegiata, come d'altro canto non di tutti, nell'affidarsi in modo superficiale e inconsistente a considerazioni indeterminate. Il lavoro del concetto produce la conoscenza piena che costituisce formazione (Bildung) e al tempo stesso la verit, che pu essere appannaggio di qualsiasi ragione, la quale sia in grado di pervenire a coscienza di s. Conclude pertanto Hegel: "io pongo dunque nell'automovimento del concetto ci mediante cui la scienza esiste: al qual proposito si potr osservare che i gi toccati e anche altri aspetti esteriori si discostano dal modo col quale il nostro tempo si rappresenta la natura e il carattere (Gestalt) della verit []. Penso inoltre che quanto nella filosofia del nostro tempo v'ha di buono pone il proprio valore nella scientificit; e se anche non tutti ne convengono, solo merc la scientificit il buono si mette, di fatto, in valore. Io posso quindi sperare che questo tentativo di rivendicare la scienza al concetto e di rappresentarla in questo peculiare elemento si far strada per (durch) l'intima verit della cosa (Sache)" ( 71). L'attivit di produzione scientifica, ovvero il far-filosofia, tutt'una con l'automovimento del concetto, lavoro del concetto che si produce con fatica. La scienza esiste, perci, solo in quanto produzione concettuale. Essa la rappresentazione della verit, che la filosofia del tempo di Hegel non riesce in alcun modo a conseguire. Dopo aver criticato i filosofi-poeti del suo tempo, e i romantici in genere, Hegel ritiene di dover per apprezzare il tentativo, peraltro votato al fallimento, che avviene nel suo tempo di voler dare valore scientifico alla filosofia. Gli altri pensatori non pervengono a un tale risultato; solo mediante il suo iter Hegel ritiene si possa pervenire a dire il concetto in modo scientifico e a rappresentare la scienza finalmente concettualmente, attraverso 'la verit della cosa stessa'. 'la verit della Cosa': si tratter di vedere cosa s'intenda con tale espressione. Anzitutto cos' la verit e il vero nella Vorrede, poi cosa s'intende per die Sache selbst del pensiero, per 'Cosa' concettualmente intesa.

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PARTE SECONDA

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II.1. La verit intesa come processo Diamo ora inizio alla lettura teoretica della Vorrede84. Torniamo al 71, dove abbiamo letto dell'automovimento del concetto, che costruisce la stessa scienza con il carattere della verit e in cui si sostiene che il tentativo di rivendicare la scienza al concetto pu farsi strada solo attraverso l'intima verit della cosa stessa. E' dunque nel movimento del concetto che la scienza trova una sua rappresentazione nella forma (Gestalt) della verit; cos mediante la verit della cosa che si pu far pervenire il concetto a un grado scientifico. La verit pertanto risiede nel movimento di s del concetto, che tutt'uno con la scienza. E' cos da considerare la verit e parallelamente la dialettica (o movimento) del concetto. Sono tutt'uno, in quanto la verit scientifica e/o filosofica risiede in tale dialettica. Si gi considerata la scienza come System, come unit organica di concetti; ora si coglie la verit, che in stretta connessione alla scienza. Scrive infatti Hegel che "la vera figura nella quale la verit esiste, pu essere soltanto il sistema scientifico di essa" ( 5), e pi avanti precisa che "la vera forma della verit viene dunque posta in questa scientificit; ci equivale ad affermare che nel concetto la verit trova l'elemento della sua esistenza" ( 6); insomma, la verit esiste solo come sistema85.
84 La Prefazione, naturalmente, pu essere letta anche in modo lineare, operandone una distinzione in parti che si susseguono in progress. C' per da precisare anzitutto che Hegel non ha operato una distinzione nel testo, e ci a motivo del fatto che la Vorrede, ancora pi che il resto della FdS viene scritta di getto, in tempi molto brevi; egli offre pertanto solo un sommario, in cui propone una ventina di capitoletti. Dobbiamo una divisione in parti all'editore Hoffmeister nel 1948. Questi distingue la Vorrede in quattro parti, ciascuna delle quali comprende tre capitoli. Vediamo come si articola tale distinzione, che naturalmente pu essere di qualche utilit per una guida nella lettura lineare: Prefazione. La conoscenza scientifica [il titolo di Hegel] 1 I. Il compito scientifico del tempo presente 6 1. La verit come sistema scientifico 7 2. La cultura del tempo presente 11 3. Il vero come principio e sua spiegazione 17 II. Lo sviluppo della coscienza in relazione alla scienza 17 1. Il concetto di Assoluto come soggetto 26 2. Il divenire del sapere 28 3. La formazione dell'individuo 36 III. La conoscenza filosofica 36 1. Vero e falso 41 2. La conoscenza storica e matematica 47 3. La conoscenza concettuale 58 IV. La necessit dello studio filosofico 58 1. Il pensare speculativo 67 2. Genialit e comune intelletto umano 71 3. Scrittore e pubblico Da parte nostra potremmo pensare a un'esemplificazione, riducendo le parti in questione a tre: 1-17: I. I compiti scientifici del tempo presente; 18-28: II. Lo sviluppo del sapere dalla coscienza alla scienza; 29-72: III. Il sapere scientifico-speculativo 85 Come si ricorder, avevamo gi letto che "soltanto come scienza o come sistema il sapere effettuale".

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Per cercare di comprendere cosa s'intenda per 'sistema' possiamo rifarci dapprima al sistema filosofico che Hegel andava elaborando in quegli anni. Esso ha il seguente schema: I. Logica e metafisica; II. Filosofia della natura; III. Filosofia dello spirito. Se si fa riferimento all' Enciclopedia, ovvero a uno schema del tutto simile, si avr: I. Logica; II. Filosofia della natura; III. Filosofia dello spirito. Cos delineato, il sistema risulterebbe un'organizzazione estrinseca, ovvero un incasellamento di contenuti filosofici, non dissimile da altri del tempo di Hegel. nella Prefazione Hegel intende per sistema tutt'altra cosa. Non uno schema esteriore, puramente formale, ma la connessione intrinseca e dinamica dei contenuti. Tale connessione nient'altro che un modo di dire la dialettica. Torniamo a un'espressione gi considerata, per tentarne un approfondimento: "io posso sperare che questo tentativo di rivendicare la scienza al concetto e di rappresentarla in questo suo peculiare elemento si far strada per l'intima verit della cosa" ( 71). Di qui siamo partiti per operare la considerazione relativa alla verit. Vediamo cosa dice Hegel di seguito, caratterizzando cos la verit e cominciando nel contempo a offrire di essa le sue specifiche coordinate: "dobbiamo persuaderci che la natura del vero quella di farsi largo quando atrrivato il suo tempo, e che solo allora appare (erscheint) quando il tempo venuto e che quindi non appare mai troppo presto, n trova un pubblico non maturo; dobbiamo anche persuaderci che l'individuo ha bisogno di questo evento (Effekts) per confermarsi in quella che ancora la sua convinzione solitaria (einsame Sache) e per esperire come un qualcosa di universale quella convinzione (berzeugung) che dapprima appartiene soltanto al singolo" ( 71). Il brano pu essere suddiviso in due parti. Vien detto anzitutto che la verit storica. Ogni verit ha cos il proprio tempo, come d'altra parte ogni tempo ha una sua verit. Tutto questo viene chiaramente detto contro ogni teoria che ipotizzi una o pi verit universali, valide eternamente (in ogni tempo e in ogni luogo), inossidabili e immutabili. Di qui la conseguenza, inevitabile: il vero appare soltanto quando il suo tempo venuto; esso si manifesta nel tempo opportuno, quando le condizioni risultano ottimali per la sua stessa ricezione da parte dei contemporanei. Insomma, solo in quanto maturo per il suo tempo, il vero si adegua perfettamente a coloro che abitano il suo tempo. Gli uomini di una determinata epoca sono cos perfettamente in grado di riconoscere e identificare la verit che giunta storicamente a maturazione. Il brano dice poi che la verit, che ac-cade nel tempo, un Effekt. Essa non un primum, ma un evento causato, che possiede una sua storia, che lo precede e a cui subordinato. Tale Effekt ha conseguenze distinte e complementari sul singolo individuo. Da una parte serve a confermarelo in ci che viene definito come einsame Sache, la Cosa solitaria, che da considerare in contrapposizione a die innere Wahrheit der Sache, di cui si parla poco prima86; dall'altra serve a far s che si possa fare esperienza proprio della

86 La 'verit della Cosa' appartiene al sapere scientifico gi dispiegato; qui si tratta della 'Cosa' dell'individuo, il quale non ancora si innalza alla scienza, e dunque alla verit universale. E' infatti 'certo di s', ma non ha ancora 'coscienza di s'.

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'Cosa' privata come di un universale, andando ben al di l del convincimento relativo al singolo S. Solo cos la verit riesce ad assumere i caratteri dell'universalit87. Cos' per Hegel la verit? Troviamo scritto: "non meno del comportamento raziocinante, allo studio della filosofia d'impaccio la non raziocinante presunzione di verit fatte. Chi le possiede pensa che non sia pi necessario ritornare su di esse; anzi, postele a fondamento, stima non solo di poterle esprimere, ma anche di poter con esse sentenziare e condannare. Per questo verso, urge che con la filosofia si ricominci a fare sul serio. Per tutte le scienze, le arti, le abilit, i mestieri si convinti che, per possederle, sia necessario impararle faticosamente ed esercitarle. Cos, mentre ciascuno, pur possedendo occhi e dita, se gli si mettano a disposizione cuoio e arnesi poi incapace di fare delle scarpe, -pare invece che, quanto alla filosofia, domini ora il pregiudizio che ciascuno sappia immediatamente filosofare e giudicare di filosofia, possedendo egli nella sua ragione naturale la misura a ci adatta" ( 67). Le verit gi date e gi fatte, quelle acquisite una volta per tutte acriticamente, sembrano possedere i caratteri di 'eternit'. Su di esse colui che le possiede non torna mai, le pone a fondamento del suo pensiero e con esse ritiene di poter essere garantito nel suo potere di giudizio. La vera filosofia, quella che 'fa sul serio', ignora tali verit. Per poterlo mostrare viene proposto il parallelo tra la filosofia com' da intendere e scienza, arti, mestieri. Tutti, afferma Hegel, siamo convinti che per poter possedere un sapere qualsiasi bisogna darsi da fare: indispensabile infatti imparare con fatica ed esercizio. Per la filosofia, invece, sembra si possa agire ben diversamente. Domina infatti il pregiudizio che essa possa essere esente da apprendimento e da esercizio faticoso. Nessuno avrebbe allora da far nulla per apprendere il 'mestiere' del filosofo, dal momento che inveterato il pregiudizio che 'ciascuno sappia immediatamente filosofare e giudicar di filosofia', proprio perch ciascuno possiede il lume della ragione. Si finisce, insomma, per far coincidere il possesso della filosofia con la mancanza assoluta di conoscenze, che vengono acquisite solo mediante ricerca e studio. intendendola cos, la filosofia coincide con il sapere formale e vuoto di qualsiasi contenuto. A questo punto torna a essere introdotto il concetto di verit: "si ben lontani dall'intendere che il nome di verit meritato solo da ci che la filosofia produce, anche se questo prodotto, secondo il contenuto, sia gi presente in qualche nozione o in qualche scienza; e che le altre scienze -tentino pure col raziocinio senza la filosofia quanto esse vogliono, -non sono in grado, senza di essa, di avere in loro n vita, n spirito, n verit" ( 67). Il passo ora letto pu essere suddiviso in tre momenti:

87 Ancora una volta Hegel ipotizza che debba ac-cadere al singolo individuo qualcosa che gi avvenuto. La 'Cosa' del singolo, la propria solitaria e individuale convinzione possono passare all'universalit, solo a patto di rispecchiare fedelmente quella verit del tempo storico che, maturata, ora appare nella sua pienezza.

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1. Le verit bell'e fatte, ereditate e assolutizzate, quelle proprie delle filosofie raziocinanti della riflessione e del formalismo, non sono in realt verit. Il nome stesso di 'verit' appropriato per un qualcosa che risulterebbe essere frutto di un'attivit di produzione, mentre invece le verit formali, bell'e pronte in quanto semplicemente date, risulterebbero essere 'da sempre' e in s esistenti. 2. In quanto prodotto, la verit magari gi presente, quale Kenntnis (nozione), nelle scienze, ovvero nel sapere non filosofico88. 3. Vero quel che precede, bisogna concludere che senza l'apporto della filosofia, mai le scienze potranno esibire la verit; non esiste cio la verit delle scienze, dal momento che esse non sono in grado di articolarsi in concetti, ma solo in nozioni. Nelle scienze la verit presente soltanto allo stato potenziale; la verit risulta essere prodotta, ma non viene riconosciuta come tale, ovvero rimane obnubilata, non-ancora scoperta. Perci la verit, che di per s frutto di produzione filosofica, pu e-venire anche nell'ambito del sapere pi specificamente scientifico, anche se soltanto a livello di inconsapevolezza. Solo in ambito pi propriamente filosofico, la verit assurge ad autocoscienza, a piena consapevolezza. Le verit fatte, di cui sopra, sono quelle messe a punto mediante il 'buon senso' comune. Hegel parla di un "natural filosofare che riesce tutt'al pi a fornire una retorica di verit banali". Queste non dicono nulla, ovvero son prive di concettualit e di qualsiasi senso, eppure si ha la presunzione di poter dire su qualcosa l'ultima parola, senza che si possa fare eccezione e senza poter ipotizzare progresso alcuno. Tali verit son quelle che da secoli troviamo in testi che non hanno bisogno di essere elaborati ulteriormente, tantomeno confutati: il catechismo, cio, e i proverbi popolari. Sono verit indeterminate, di cui si pu facilmente mettere in luce una verit opposta, alla quale non si potr far altro che accedere, finendo per nella pi grande confusione. Leggiamo quel che scrive Hegel contro il buon senso comune, che genera equivoci e problemi nel campo pi propriamente filosofico: "il senso comune fa appello all'oracolo interiore del sentimento (Gefhl), rompe ogni contatto con chi non del suo parere; esso costretto a dichiarare di non aver altro da dire a colui che non trovi e non senta in se stesso la medesima verit; -in altri termini, esso calpesta la radice dell'umanit. Questa infatti, per natura, tende ad accordarsi con gli altri; e la sua esistenza sta soltanto nell'istituita comunanza delle coscienze. Il non umano (Widermenschliche), l'animalesco consiste nel fermarsi nel sentimento (Gefhl) e nel dar contezza (mitteilen = comunicare, avvisare, informare) di s solo per mezzo di questo" ( 69)89 .
Qui si parla di 'nozione' e non di concetto (Begriff). Il Begriff infatti appannaggio solo del sapere filosofico: ci si appropria, si afferra (begrifft) la realt attraverso il lavoro di produzione concettuale della filosofia. 89 Qui, come anche altrove Hegel polemizza con la filosofia del cuore e del sentimento: quella di Schelling, di Novalis, di Schlegel e di Schleiermacher. Si esprime anche naturalmente contro il senso comune; si pensi al proposito quanto si trova scritto nella Differenz: "la filosofia tale solo in quanto diametralmente opposta all'intelletto e quindi ancor pi al sano intelletto umano o buon senso col che s'intende la limitatezza locale e temporale della razza umana". Il bersaglio
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Secondo la 'filosofia del sentimento' la comunicazione della verit, la sua stessa percezione e rappresentazione, avviene soltanto per simpatia90, dal momento che il sentimento comunica sempre e soltanto a un sentimento affine. Questo sta a significare che il sentire in grado di dire la verit soltanto al medesimo sentire. Nota cos Hegel che in tal modo si sta addirittura negando l'essenza stessa dell'uomo, la quale risiede proprio nel tentativo costante che si fa di trovare un accordo con altri diversi da noi, nell'intento di stabilire una comunit di coscienze, nello spirito comune. Tutto questo non avviene invece con la filosofia del sentimento, la quale limita l'accordo ai propri simili, a coloro che per natura posseggono il medesimo nostro 'sentire', e non tra diversi. Proprio perch tali filosofie sono contrarie alla stessa natura umana, fermarsi al puro sentimento e comunicare il prorpio 's' solo tramite esso sta a significare che non si riesce a pervenire a una definizione di verit per l'uomo, ma si rimane ancora legati alla sfera pre-umana, meglio a una sfera addirittura contraria alla stessa umanit (wiedermenschliche). Una volta che si stabilito l'atteggiamento critico nei confronti di certe tendenze filosofiche del tempo, vediamo ora come Hegel prospetti la verit autenticamente filosofica. Andiamo a leggerlo nelle pagine iniziali della Vorrede, l dove viene indicato anche la finalit dell'intero lavoro e s'intende mostrare il senso che assume teoreticamente la differenza dei sistemi filosofici che si sono succeduti nel tempo, e dunque delle diverse verit. Nella Prefazione l'Autore delinea lo scopo che si prefigge, l'occasione che lo ha spinto a scrivere e finalmente crede opportuno mostrare quale sia, a suo avviso, il rapporto che si pu stabilire, sui medesimi temi trattati, con altri pensatori che lo precedono e con i suoi stessi contemporanei. Tutto questo per potrebbe sembrare superfluo in uno scritto di carattere filosofico. Si tratterebbe infatti di delineare per cenni storici l'orientamento dei diversi pensatori, tentando di inquadrare le loro asserzioni circa il vero, "ma tutto ci non potrebbe aver valore alcuno per il modo nel quale da presentarsi (darzustellen) la verit filosofica" ( 1). Lo scopo di un trattato filosofico pertanto quello di indicare la verit, non quello di prospettare le dispute tra i diversi pensatori circa la verit stessa. E difatti Hegel aggiunge subito dopo: "siccome, per tacer d'altro, la filosofia essenzialmente nell'elemento dell'universalit, la quale chiude in s il particolare, pu sembrare in essa, pi che in altre scienze, che nel fine e nei risultati ultimi si trovi espressa la cosa stessa proprio nella sua perfetta essenza. Rispetto a questa essenza lo sviluppo dell'indagine dovrebbe costituire l'inessenziale" ( 1). Far filosofia significa riuscire a cogliere un universale, che da intendere come collegamento in unit di valori particolari e molteplici. L'universale si conseguirebbe quale finalit di una lunga ricerca: dunque la verit della Cosa stessa, scopo dichiarato di un'opera di filosofia, colta nella sua essenza, soltanto al termine di un itinerario di pensiero. Tutto il resto, ovvero tutto quel che non precisamente il punto di arrivo della
principale hegelinano resta per sempre l'atteggiamento romantico, nei suoi due aspetti: sentimentale e profetico-geniale. 90 'Simpatia' deriva da sym-pathein, ovvero 'sentire assieme'.

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ricerca, in-essenziale. Esso tale, almeno, rispetto a quel che viene invece dichiarato 'essenziale' ed legato allo scopo conseguito. Pertanto "la determinazione (Bestimmung) stessa del rapporto che un'opera filosofica crede di avere con altri tentativi riguardanti il medesimo soggetto (Gegenstand) introduce un interesse estraneo e offusca ci da cui dipende la conoscenza della verit" ( 2). Qui Hegel non prospetta naturalmente la sua opinione, quanto piuttosto quella del senso comune filosofico. Viene cos proposta una netta contrapposizione, potremmo dire, tra pensiero teoretico e riflessione relativa alla storia della filosofia. Viene infatti detto che volendo sottolineare l'aspetto della 'conoscenza della verit', in cui risiede lo scopo del filosofare, si sostiene che estraneo al contenuto di un'opera autenticamente filosofica il confronto con i rapporti che possono intercorrere tra il pensatore che attualmente elabora il proprio sistema e tentativi analoghi attuati al presente o nel passato. Proseguiamo nella lettura del testo: "quanto pi rigidamente l'opinione (Meinung) concepisce il vero e il falso come entit contrapposte (Gegensatz), tanto pi poi, in rapporto a un diverso sistema filosofico, si aspetta unicamente o approvazione o riprovazione e soltanto o l'una o l'altra sa vedere in una presa di posizione rispetto a quel diverso sistema stesso" ( 2). Il senso comune ritiene dunque di dover giudicare vero e falso come realt antanomiste. Verit/falsit divengono cos dei giudizi, che s'impongono quale approvazione o riprovazione degli stessi sistemi filosofici, diversi da quello che il pensatore va elaborando. Conclude pertanto Hegel che "non soltanto l'opinione riesce a farsi un concetto (begrifft) della diversit dei sistemi filosofici, quanto piuttosto nella diversit scorge pi la contraddizione che non il progressivo sviluppo (Entwicklung) della verit" ( 2). Al centro di queste ultime considerazioni il concetto di Meinung, opinione. Anzitutto si ha un concetto (Begriff) dei sistemi filosofici, ovvero si esprime un'ipotesi o un giudizio sulla pluralit/molteplicit dei sistemi del presente e del passato. A quale considerazione si perviene? essi risultano naturalmente diversi, dal momento che nessuno pu mai trovare coincidenza perfetta in un altro; e questo capita anche nel caso di sistemi appartenenti alla medesima 'scuola' di pensiero, o nel caso in cui s'intende addirittura 'ripetere' per filo e per segno il pensiero altrui. Su tale considerazione Hegel non sembra avere alcunch da obiettare. Egli ritiene infatti di poter concepire la diversit del tutto legittima; d'altra parte essa corrisponde in fondo all'evidenza stessa delle cose. Bisogna per che i diversi non siano posti in alternativa, come vero e falso, esatto ed errato, con un conseguente giudizio di approvazione da una parte e di riprovazione dall'altra. E cio, il diverso sistema non da intendere come alterit assoluta da escludere ed emarginare. L'errore in cui cade la Meinung non perci quello di constatare, com' d'altra parte doveroso, la diversit, ma piuttosto di vedere in essa soltanto la contraddizione, ovvero l'opposizione pura e semplice con gli opposti che si auto-escludono, in un processo caratterizzato dall'aut-aut. Cos' invece da considerare nella diversit, se non la contraddizione escludente e l'opposizione? di cosa indice la diversit, secondo il giudizio hegeliano? essa indice del 'progressivo sviluppo della verit'. I diversi sistemi non trovano corrispondenza alcuna nell'alternativa di vero e falso, esatto ed errato, giusto e scorretto, approvabile e non accettabile, ma sono polarit

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distinte, e al tempo stesso ugualmente necessarie e complementari, di una totalit, di un unicum, che possiamo con Hegel definire 'verit'. Tale totalit/verit si costituisce nella sua essenza come frutto di uno sviluppo formativo, che avviene per gradi.

II.2. BOCCIO, FIORE, FRUTTO: LA VERITA' DELLA PIANTA Nell'intento di spiegare in cosa consista tale sviluppo Hegel si avvale di un celeberrimo esempio. Anche qui, come abbiamo avuto modo di constatare altrove, viene utilizzata una metafora. Leggiamo: "il boccio dispare (verschwindet) nella fioritura (in dem Hervorbrechen der Blte) e si potrebbe dire che quello viene confutato da questa; similmente, all'apparire del frutto il fiore viene dichiarato una falsa esistenza (Dasein) della pianta e il frutto subentra al posto del fiore, come sua verit (als ihre Wahrheit). Tali forme non solo non si distinguono, ma ciascuna di esse dilegua anche sotto la spinta dell'altra, perch esse sono reciprocamente incompatibili. Ma in pari tempo la loro fluida natura ne fa momenti (Momenten) dell'unit organica (organischen Einheit), nella quale esse non solo si respingono, ma sono anzi necessarie l'una non meno dell'altra; e questa eguale necessit costituisce ora la vita dell'intero (Leben des Ganzen)" ( 2). Insegna Nietzsche che il linguaggio per sua stessa essenza metaforico. Tutti i linguaggi lo sono, anche quando all'apparenza non sembra; difatti la parola tende sempre a rappresentare altro-da se stessa e proprio in questo suo intento tras-pone, tras-ferisce, meta-phora (meta phero = porto altrove). Esistono per parti del linguaggio che potremmo a buon diritto definire 'metafore dimenticate', in quanto le parole e i concetti, cui da tempo ormai siamo abituati, sembrano dire tale quale la realt: in questo caso sembriamo dimenticare che si pur sempre in presenza di una rap-presentazione con inevitabile tras-posizione di senso. In altri casi, invece, l'aspetto metaforico risulta evidente, in quanto quel che viene detto del tutto inusuale per l'argomento che si sta trattando. Si hanno pertanto metafore implicite (quelle dimenticate e/o rimosse) e metafore esplicite. Quella che ci viene presentata da Hegel senz'altro una metafora esplicita91. Tale metafora possiede pregi, ma anche difetti. Essa tende a farci comprendere qualcosa cui difficilmente saremmo pervenuti mediante il linguaggio tecnico della filosofia. Questo capita soprattutto per il fatto che Hegel ritiene di dover proporre una concezione di verit-sistema-scienza-metodo ben distante da quella della tradizione del pensiero occidentale.

Si sta facendo filosofia e si adoperano espressioni plastiche, esempi che stimolano l'immaginazione e l'immaginario del lettore, nell'intento di spiegare meglio, di far comprendere qualcosa che l'autore ritiene difficile poter dire diversamente, ovvero con i mezzi a disposizione di tipo filosofico-specialistico, se vogliamo proprio con quelle che sono le metafore implicite della stessa filosofia.

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D'altro canto la metafora ha il difetto di risiedere essenzialmente in uno scarto di senso, con cui abbiamo costantemente a che fare. Accade cio che il senso, cui si dovrebbe pervenire92 tendenzialmente sfugge alla nostra presa. Non afferrato concettualmente; e cio la metafora si rivela sempre inadeguata al compito, non mai totalmente idonea a conseguire lo scopo per il quale viene esibita. Cosa accade? Esiste sempre un quid, che sfugge alla determinazione di senso, oppure un quid, che deborda rispetto al senso globale, cui si tende: lo 'scarto di senso'. Quanto detto riguarda tutte le metafore, indistintamente; pertanto le metafore hegeliane, e quella ora proposta in particolare, non sfuggono a questo 'destino'. La sua analisi ci porter cos dapprima a esplicitare il senso, ponendolo in relazione a quel che si va dicendo relativamente alla verit, al suo sviluppo progressivo, nella diversit dei sistemi filosofici, all'apparenza contraddittori. Questa prima analisi indurr a mostrare come per Hegel esista una strettissima connessione tra il concetto di verit e quello di dialettica. Arriveremo cos ad affermare che per Hegel la verit di natura dialettica93 Infine si cercher di mostrare, anche se brevemente, come esista la possibilit di fraintendimento della stessa dialettica hegeliana dell'Aufhebung, e del connesso concetto di 'verit', proprio a motivo dello scarto-di-senso implicito nella metafora in questione; insomma, a causa dell'accettazione acritica della metafora proposta, senza la considerazione del suo mai perfetto adeguamento alla realt-da-rappresentare. Chiediamoci, allora: fino a che punto questa metafora l'esatta rappresentazione di quel che Hegel intede per 'dialettica'? Distinguiamo quel che si letto in due parti distinte: in una prima Hegel prospetta quel che appare, in una seconda, dopo adeguato approfondimento, quel che . Per poter comprendere, ipotizziamo l'esperienza che pu fare di fronte a un albero un bimbo molto piccolo o anche un ipotetico extraterrestre, ovvero qualcuno che non sappia (ancora) come vanno le cose di questo nostro mondo. Poniamo cos, ad experimentum, il piccolo amico in tempi diversi davanti alla medesima pianta, a esempio a marzo, maggio e giugno. Nel primo tempo la pianta si presenta con foglie e boccioli; nel secondo con fiori; nel terzo con frutti. Cosa 'dicono' al bimbo queste tre esperienze? qual l'insegnamento che potr trarne? Singolarmente prese esse hanno questo significato: la pianta ha una sua 'verit', in tre momenti diversi, a seconda che sia in boccio, in fiore o in frutto; e questa considerazione viene fatta, senza ipotizzare alcuna connessione possibile tra i tre diversi momenti. D'altro canto, per, pur vero che le esperienze possono essere collegate tra loro: sono collegabili, dal momento che la pianta , anche se in tempi diversi, pur sempre la stessa. Tale seconda possibile considerazione pone in forse il risultato che si otteneva di primo acchito mediante l'analisi di esperienze distinte e separate. Ci s'imbatte cos in qualche difficolt di comprensione e si rischia di far confusione. Vediamo allora quale tipo di ulteriore riflessione Hegel propone, quando prova a col-legare le diverse esperienze. Cosa accade da un'esperienza all'altra?
92 E' il senso che secondo le intenzioni di colui che propone la metafora, l'autore del testo, nel nostro caso il filosofo, dovrebbe essere conseguito mediante la tras-posizione da un'immagine all'altra, attraverso la comparazione di due distinte rappresentazioni. 93 Di qui la riflessione di tipo logico, quale scolio, nell'intento di mostrare come tale affermazione debba essere coniugata con la proposta di un ripensamento sui principi di identit e di contraddizione.

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Dal primo al secondo tempo accade che il boccio scompare, lasciando il suo posto al fiore; potremmo allora dire che il fiore 'confuta' (cos come fa un sistema filosofico rispetto a un altro preesistente) il boccio. Dal secondo al terzo tempo accade invece che il fiore finisce per rappresentare un 'falso'94 rispetto al frutto; e cio il frutto subentra al fiore. Si potrebbe allora concludere che il frutto la 'verit' del fiore, in quanto sta a corrispondere al suo inverarsi, cos come il fiore la 'verit' del boccio. Legando poi assieme tempi diversi ed esperienze distinte nel tempo, si potr sostenere che di fronte all'accertato mutamento il fiore rappresenti se stesso, ma anche, rispetto a un tempo precedente, l'altro del boccio, ed infatti il boccio si tras-forma in fiore; il frutto, poi, rappresenta a sua volta se stesso, ma in relazione al tempo precedente della fioritura anche l'altro rispetto al fiore, ed infatti il fiore si tras-forma in frutto. E' qui posto in evidenza il processo di tras-formazione. Boccio, fiore e frutto sono infatti forme diverse. Detto questo, che risulta evidente per il fatto stesso che si sono avute esperienze distinte, c' da aggiungere dell'altro. Ciascuna forma scompare per far posto all'altra forma; lo scomparire di ciascuna dovuto anche alla spinta e sollecitazione della nuova forma, che tende a prendere il posto della precedente, a soppiantarla. Il posto dunque risulta essere unico, lo stesso per le tre forme, che sono in concorrenza tra di loro, a tal punto che ognuna tende ad affermarsi nell'esistenza (Dasein) a scapito dell'altra. Dal momento che il posto unico, l'una soppianta inesorabilmente la precedente; esse risultano infatti 'reciprocamente incompatibili' e non si avr mai pertanto nello stesso posto e nello stesso tempo un boccio e un fiore, un fiore e un frutto. Questa per l'apparenza delle cose. Ci non sta naturalmente a significare che non sia prorpio quel che ac-caduto sotto i nostri occhi e di cui abbiamo avuto modo di fare esperienza; d'altra parte, per, non significa neppure che sia tutto quel che capiti 'in realt', ovvero che corrisponda in tutto e per tutto alla realt della pianta. Per poter dire altro facciamo perno su una semplice considerazione: qualcosa vorr pur dire e significare il fatto che boccio-fiore-frutto insistano, seppure in tempi diversi, nello stesso topos. Vediamo cosa ci significhi. Anzitutto il frutto frutto di quel fiore, di cui abbiamo fatto esperienza precedentemente; e ancora, il fiore, di cui parliamo fiore di quel boccio, proviene proprio da esso. Il topos occupato in successione da boccio-fiore-frutto garantisce la 'stessit', seppure nella diversit. Boccio-fiore e fiorefrutto risultano allora 'lo stesso', in quanto legati e col-legati topologicamente. Proviamo ora a proporre tali considerazioni in modo diverso, delineando in ultima analisi lo stesso movimento dialettico, che qui adombrato. All'apparire del fiore corrisponde la negazione del boccio95 ; ci perch il fiore occupa un posto, precedentemente appartenuto al boccio. In questo caso, facendo una riflessione relativa al contesto cui fiore e boccio appartengono, si pu asserire che la pianta, ovvero il 'luogo' in cui avviene il cambio di guardia tra boccio e fiore, si realizza in pienezza e trova il suo senso d'essere nel fiore. Il processo ha poi un seguito, dal momento che il tempo passa e muta cos inesorabilmente le cose. All'apparire del frutto corrisponde la negazione del fiore. Anche in questo secondo caso si pu fare un diverso tipo di riflessione ed asserire che la pianta si realizza in pienezza solo nel frutto.

Il fiore la 'falsa esistenza' della pianta; questo pu essere detto naturalmente solo rispetto al frutto. 95 Hegel asserisce infatti che il boccio scompare, che il fiore confuta il boccio.

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Tutto quel che precede pu essere poi inteso anche in altro modo, complementare; il rovescio della stessa medaglia, la sua verit. L'apparire del fiore s negazione del boccio, ma ne anche la conservazione, dal momento che se vero che il fiore sostituisce il boccio nella costituzione di essenza della pianta, pur vero che lo preserva dall'annullamento totale, dalla nientificazione, in quanto pro-viene da esso, frutto/prodotto della sua trasformazione. Il fiore, insomma, con-tiene in s, 'in memoria', il boccio, poich deriva da esso: fiore infatti di quel particolare e unico boccio, il suo inverarsi e realizzarsi, la sua verit. Analogamente bisogner dire per il rapporto che intercorre tra frutto e fiore. Concludendo, il rapporto che pu e deve essere stabilito tra boccio/fiore e fiore/frutto, e pertanto tra boccio-fiore-frutto, duplice e complementare: di negazione e al tempo stesso di affermazione nella conservazione. Hegel designa tale rapporto doppio col sostantivo Aufhebung e col verbo aufheben l'attivit corrispondente, che permette al tempo stesso negazione e conservazione, ovvero il superamento nella diversit, ma senza annullamento, anzi con la conservazione di quel che viene superato96. Consideriamo ora la seconda espressione del testo letto, che permette di andare oltre la prima lettura della metafora: "ma in pari tempo la loro fluida natura ne fa momenti dell'unit organica, nella quale esse non solo non si respingono, ma sono anzi necessarie l'una non meno dell'altra; e questa eguale necessit costituisce ora la vita dell'intero". Si dice qualcosa che tende a integrare e a mutare abbastanza radicalmente la prospettiva che si era andata imponendo. Si parla ancora di boccio-fiore-frutto e, interpretando quanto gi detto, si sottolinea la loro natura fluida. Posseggono cio una natura cangiante, proprio perch sono forme che si propongono in una relazione dinamica l'una all'altra. Il mutamento di prospettiva avviene nella considerazione di un ormai mutato punto di vista. Mentre in precedenza il punto di vista era di volta in volta dato da ciascuna forma, in relazione alla pianta e/o in relazione ad altra forma precedente o seguente, ora invece si assume quale punto di vista quello della pianta. Hegel centra l'attenzione sull'unit organica, secondo la quale quegli aspetti che in un primo tempo erano da considerare forme, con propria autonomia, anche se in relazione reciproca, ora divengono momenti, in quanto sono ormai da rapportare a un tutto. Proprio in quanto tali, essi non risultano pi in opposizione, ma sono anzi necessari, alla pari, senza pi alcun privilegio gerarchico l'uno sull'altro, e la necessit che li col-lega costitutiva della vita stessa dell'intera pianta. La pianta pertanto un intero vivente e un'unit organica, solo in quanto e perch presenta i tre momenti, conseguenti, complementari e necessari, del boccio, della fioritura e del fruttificare97. Chiediamoci ora: dov' che risiede la verit?

96 Si tenga presente, per, che il concetto di Aufhebung non appare in questa pagina hegeliana. Per noi questa assenza rappresenta una sorta di spia. Potrebbe significare che Hegel, tutto sommato, era ben consapevole che in fondo l'esempio/metafora che sta qui delineando non in grado di proporre in modo esaustivo la rappresentazione del movimento dialettico dell'aufheben. 97 Si parla qui della pianta come di un'unit organica; analogamente nella Differenz si letto che un sistema scientifico-speculativo una 'unit organica di concetti'.

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Quando Hegel propone la metafora, abbiamo letto come il frutto sia la verit del fiore, e abbiamo avuto modo di aggiungere che il fiore stesso rappresenta la verit del boccio. E' allora vero che la 'verit' corrisponde a singole forme/momenti di un intero, o le cose stanno diversamente? La verit risiede non tanto in un determinato momento o in quello che potrebbe risultare privilegiato in quanto momento 'finale'98, quanto piuttosto nella vita della pianta, intesa come totalit e unit organica. Pertanto l'autentico dispiegarsi della pianta nella sua verit non risiede n nel fiore, rispetto al boccio, n nel frutto, rispetto al fiore, ma nell'intero (Ganze), che costituito da boccio-fiore-frutto, organicamente uniti dall'intrinseca necessit del loro duplice rapporto stabiito precedentemente in boccio-fiore e in fiore-frutto. Detto ancora meglio, la verit nell'intero, costituito dall'intrinseco movimento per cui un momento passa di necessit nel secondo e si tras-forma in esso; il secondo poi, nel terzo e cos via di seguito, ad infinitum. La verit della pianta non perci n il boccio, n il fiore, n il frutto, ma la vita reale e concreta, che nel suo ciclo prima sboccia, poi fiorisce e infine fruttifica. Torniamo ora a considerare il motivo per cui Hegel ha proposto questa metafora celebre che abbiamo cercato di spiegare e di commentare. Si partiti da una considerazione relativa alla diversit dei sistemi filosofici, al fatto che essi non sembrano essere nella contrapposizione, pur essendo evidentemente distinti, e infine al fatto che la diversit pu essere interpretata come il 'progressivo sviluppo della verit'. La metafora su cui ci siamo a lungo soffermati ha alcuni insegnamenti non di poco conto da far valere. Anzitutto i diversi e molteplici sistemi risultano forme/momenti di un'unica verit. essi non sono affatto nella contrapposizione insanabile di vero/falso, anche se di fatto l'uno tende a soppiantare l'altro, sottraendogli il posto e l'autorit stessa. La verit relativa a un particolare sistema scientifico-speculativo, non cos ipotizzabile come realizzata in un unico sistema e identificantesi totalmente in esso, senza residuo alcuno, ma quale intero organico costituito dal susseguirsi e dal porsi in relazione di diversi sistemi. Cos intesa, la verit lo sviluppo progressivo e graduale, cos com' tale la vita stessa di una pianta; tale sviluppo, poi, non alcunch di accidentale, bens si svolge per un'intrinseca necessit, secondo il rapporto di negazione e di conservazione tipico del movimento stesso dell'Aufhebung99. Vediamo ora, anche se molto brevemente, quali siano le considerazioni di tipo logico cui Hegel era gi giunto. La verit va qui collegata ai principi di identit e di contraddizione. Nella Differenz Hegel sostiene che dal punto di vista dell'intelletto, del
Nel nostro caso sarebbe il frutto, se vero che la pianta viva solo in quanto in grado di dare frutti. 99 Si consideri bene a questo punto l'inopportunit di definire la dialettica dell'aufheben mediante la nota ripartizione di tesi-antitesi-sintesi. E' veramente difficile, infatti, 'tradurre' la metafora della pianta con questa terminologia in uso corrente nei manuali di storia della filosofia. A esempio si dovrebbe dire che il fiore sintesi del boccio (= tesi) e della sua negazione (= antitesi). L'antitesi, allora, in quanto negazione di un dato, non sarebbe qualcosa di esterno a esso, e dunque alla tesi, ma la negativit sua (il Dasein ha in s il principio del proprio annientamento), ovvero intrinseca alla tesi ed pertanto quel che impone e rende necessario il trapassare della tesi stessa (il boccio) nel nuovo momento (del fiore), che sintesi rispetto ai precedenti momenti, ma poi ancora nuovamente e a sua volta la tesi, anche se ancora priva di intrinseca negativit.
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'puro' e solo intelletto, si pu esprimere da una parte l'identit, dall'altra la scissione. L'intelletto insomma esprime in un principio l'unit e in un altro la molteplicit. I principi in questione sono: A = A, espressione principe di unit e di identit; A = non-A, oppure A = B, espressione di molteplicit e di contraddizione. A = A manifestazione di un pensare assoluto, o di un pensare l'Assoluto, che Hegel rifiuta come espressione della ragione, dal momento che con essa non si pensa l'intero, cos come egli crede di doverlo intendere; anzi ci si priva, proprio con l'assolutizzazione del principio stesso di identit, della possibilit stessa di pervenire a concepire la 'vita stessa dell'intero', ovvero l'unit nella molteplicit. A = A la tipica formula con cui Schelling concepisce l'Assoluto, inteso come identit nella quale tutte le molteplici apparenze del mondo diventano in-differenti. Hegel conserva naturalmente il principio di identit, ma non lo assolutizza, ne mostra il 'movimento' interno e lo lega indissolubilmente al principio di contraddizione. Leggiamo nella Differenz: "in A = A come principio di identit viene compiuto un atto di riflessione sul reciproco rapportarsi; e questo rapportarsi, questo esser uno, l'eguaglianza, contenuta in quella pura identit. A = A, espressione del pensare assoluto o della ragione, per la riflessione formale esprimentesi in termini d'intelletto, ha soltanto il significato dell'identit intellettualistica, dell'unit pura, cio di un'unit tale, in cui si astrae dall'opposizione. Ma la ragione non si trova espressa in questa unilateralit dell'unit astratta. Essa postula anche il porre di ci da cui nella pura eguaglianza veniva fatta astrazione, il porre l'opposto, l'ineguaglianza"100. Si sostiene qui che l'eguaglianza non mai pura. Essa sembra essere tale, perch da essa viene fatta da parte dell'intelletto opera di astrazione. La ragione, invece, ingloba nel principio di identit quel che non eguale, l'opposto e il contraddittorio. Vediamo come ci possa accadere. Con A = A viene asserita l'uguaglianza nel segno dell'uguale (=), ma i due 'A', appunto perch sono due, risultano ben distinguibili: sono distinti e diversi. Leggiamo, cos: "il primo A soggetto, il secondo oggetto; e l'espressione per la loro differenza A = non-A o A = B. Questo principio a sua volta contraddice il precedente"101. Da una parte dunque viene posto il primo 'A', dall'altra il secondo, il quale rispetto al primo il suo-non: non-A, e volendolo chiamare diversamente parleremo di 'B'. Ma allora abbiamo una coincidenza e una surdeterminazione con A = A e A = B, che potremmo rappresentare con A = AB, ovvero A, che implica/contiene B. Si pu esprimere la stessa cosa diversamente, non pi dal punto di vista del principio di identit, ma piuttosto da quello del principio di contraddizione. Scrive infatti Hegel: "entrambi i principi sono principi di contraddizione, ma in senso inverso [] non contraddizione"; in conclusione "questo rapporto di entrambi i principi l'espressione dell'antinomia"102. Passiamo ora rapidamente alla Logica di Jena, per poi tornare alla Vorrede. Troviamo scritto: "l'eguale a se stesso eguale a se stesso con indifferenza di fronte a ogni determinatezza: A = A, significhi questo A quel che esso voglia; esso posto in

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I principi di Hegel, p.46. Ibidem. 102 Ibidem, p. 48.

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questa autoeguaglianza, ma cos che l'autoeguaglianza non viene affetta dalla determinatezza e ha cancellato interamente l'esser-altro della determinatezza"103. In polemica con Schelling, Hegel qui sostiene che l'identit di A pu esser chiarita solo mediante altro-da A, ovvero con il diverso (non-A); altrimenti, continuando a sostenere semplicemente e soltanto che uguale a s, di A non abbiamo alcuna conoscenza, essendo all'oscuro di qualunque sua possibile determinazione. Pi avanti si precisa ulteriormente la cosa, proponendo un'esemplificazione: "l'albero albero [si pensi qui ad A = A], il nulla della conoscenza dell'albero. Come determinatezza l'albero non un riflesso in s, ma proprio il contrario []. L'albero , si aspetta che di esso venga detto qualche cosa, qualche cosa come un quid mantenentesi in una determinatezza, come un quid che rimane eguale a s nella determinatezza del predicato []. A ci sarebbe necessaria l'espressione della sua opposizione, nella quale andato e dalla quale esso si ripreso; esso rappresentato dall'opposizione; e precisamente rappresentato riflettentesi da lei, che posta in lui"104. Torniamo ora alla Prefazione, e in particolare alla sua metafora-guida. Anche l, come nel passo ora letto della Logica jenense, Hegel ci ha mostrato come non si possa stabilire la verit di un qualcosa nell'indeterminatezza del principio di identit. Infatti, nel voler dire la verit-di qualcosa, nel caso specifico della pianta, non si sostiene che pianta = pianta, cos come A = A, ma di volta in volta, di tempo in tempo si sostiene ora la pianta in boccio, ovvero che la verit della pianta nella sua specifica determinazione dell'essere in boccio, ora che la pianta in fiore, e cio la sua verit viene determinata dall'essere in fiore, e cos via dicendo. La pianta, dunque si presenta sempre come pianta determinata, cos come il primo 'A' corrisponde a un secondo 'A', che appunto perch secondo viene a essere considerato l'altro-da, ovvero nella ripetizione, e di necessit, il secondo A viene a differenziarsi dal primo. Ma in questo modo non abbiamo fatto altro che operare una distinzione tra l'intero (la pianta) e un suo momento (la pianta in boccio). Prendiamo ora in considerazione il momento della pianta-in-boccio. Essa corrisponde, secodo logica, al 'A'; A = A, ma il secondo A, ripetendo il primo, finisce col differenziarsene di stretta necessit. Come avviene ci? Il boccio contiene altro-da-s, il diverso, principio della differenza; esso il fiore, e pertanto il boccio risulta essere potentialiter la sua stessa negazione. Avremo allora, logicamente, che A = non-A. Boccio = boccio, naturalmente e immediatamente, ma anche: boccio = fiore, in potenza e mediatamente. Il boccio contiene in s, nella sua stessa essenza, il principio della sua negazione, principio di dissoluzione e di alterit, della sua tras-formazione e di conservazione. Il boccio, allora, = boccio + non-boccio (= fiore), cos come A = non-A, ovvero = B. D'altra parte vero che il fiore = fiore, ma pur vero che anche = frutto. Il fiore contiene in s la sua dis-soluzione e tras-formazione, pur nella conservazione. Il fiore = fiore + non-fiore (= frutto), cos come si visto in precedenza che B = non-B, ovvero = C. Si avr, pertanto, una sequenza di tal genere: A = A [principio di identit], ma anche e al tempo stesso: A = non-A = B [principio di contraddizione], e pertanto: A = B (B invera A), e poi di seguito:
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Ibidem, p. 54. Ibidem, p. 57.

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B=B B = non-B = C B = C (C invera B), e cos via, sino a un ipotetico Z=Z Z = non-Z [meglio ancora, w, omega, ovvero 'ultimo' di una ipotetica serie, che potrebbe identificare in A allora una sorta di principio, di primum a, alpha]. a e w troverebbero cos una coincidenza e una identit di essenza. Infatti avremmo: a = non-a (B) B (non-a) = non-B = C C (non-non-a) = D D (non-non-non-a) = E, e cos via. Possiamo qui constatare: 1. a, il primo elemento in assoluto della serie sempre presente in ciascun passaggio, sino all'ultimo, che porter alla fine del processo nel 'luogo' di w; 2. quel che permette il passaggio da una determinazione all'altra della serie il non, ovvero il principio di differenza e di contraddizione, la negazione come alterit. Essa la molla del processo, il suo motore propulsore; 3. w ingloba a: la fine e il fine con-tiene il suo stesso principio, il quale a sua volta anticipa la fine. w il totalmente altro-da a, ma poich il primo 'altro' di a lo stesso a ( coincidente con a), allora sar anche vero che w = a, come anche che a = w; 4. detto che il primo e l'ultimo della serie vengono a coincidere, proviamo ora a stabilirne la differenza: w in atto quel che a in potenza. In w, cos, a pienamente reso esplicito nell'uguaglianza a s, senza aver trascurato ogni possibile determinazione e perci dopo uno sviluppo da considerare ormai completo105. Proviamo ora a fare qualche considerazione finale. A lungo ci siamo soffermati sul secondo capoverso della Vorrede. Qual l'insegnamento che crediamo di aver ricavato? Sostanzialmente che la verit risiede nell'intero e che per essenza dialettica, dal momento che non si parla semplicemente di 'verit', ma piuttosto di 'progressivo sviluppo della verit'. Tutto questo lo abbiamo appreso attraverso una metafora, tratta dall'ambito naturale, da una metafora 'biologica', insomma. Si parlato infatti di verit quale vita dell'intero e il riferimento era alla vita di una pianta; dunque l'intero era un elemento-dinatura. Ma allora lo sviluppo e il processo, il movimento sono da intendere tali quali si presentano in natura. La dialettica che stata rappresentata, insomma, tutt'uno col movimento naturale delle cose, quel che capita all'interno dello sviluppo della realt. A questo punto proviamo a muovere qualche (timida) obiezione. Come si avuto modo di vedere, qui si sta parlando di 'spirito'. Anche se vero perci che il punto di partenza dell'indagine hegeliana sar la coscienza naturale, ovvero un elemento semplicemente di-natura, pur vero per che in essa gi attivo, in movimento, lo spirito immediato. Insomma, si fanno strada alcuni interrogativi: possiamo davvero pensare che il movimento tipico presente in natura (quello che nella sezione 'Coscienza' sar definito

La storia, pertanto, sfocerebbe in tal modo nella metastoria, al termine di un processo, che per sembra avere i caratteri dell'illimitatezza e della connessa infinit.

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il 'gioco delle forze' possa in modo adeguato rappresentare quel che accade allo spirito del mondo? Detto diversamente, l'Aufhebung, ovvero il dato-immediato negazione superamento della negazione con conservazione, il proprium dello spirito e/o dell'uomo (secondo l'interpretazione umanistico-esistenzialistica di Hegel), oppure dello spirito, perch prima ancora appartiene alla natura, che ontologicamente parlando precede lo spirito e di cui costituisce il fondamento? Quello proposto un ragionevole dubbio, legato a due interrogativi; esso nasce, proprio nel tornare alla metafora del boccio-fiorefrutto e all'insegnamento che da essa sembra provenire. Le cose stanno cos come le abbiamo viste nel nostro commento, proprio in forza della nostra stessa interpretazione. E cio siamo stati proprio noi a leggere il dato proveniente dall'esemplificazione metaforica in un determinato modo. Abbiamo creduto di dover 'vedere' dal nostro punto di vista, dalla nostra prospettiva. Da quale? come essa ha potuto influire sul dato di ricerca? Abbiamo umanizzato il dato semplicemente naturale della metafora oggetto di esame, si operato in vista di una spiritualizzazione della natura. Vediamo ora come ci possa essere accaduto. Per poter dire che il boccio con-tiene in s il fiore e che pertanto quando ac-cade il fiore, anzitutto c' negazione del boccio, ma al tempo stesso conservazione del negato, cosa si sostenuto? Anzitutto che il boccio in potenza altroda-s, proprio quell'alterit che pu esser considerata il suo naturale sviluppo; in secondo luogo, il fiore mantiene in s l'idea stessa del boccio; esso possiede 'in memoria' genetica il proprio principio, da cui proviene di necessit; questo vuol dire che non c' fiore senza un boccio che lo preceda. Ebbene, sia nel primo caso che nel secondo siamo in presenza di antropomorfizzazioni di puri dati naturali. Abbiamo cio attribuito erroneamente a degli accadimenti naturaali le caratteristiche degli eventi umani, dei fatti storico-spirituali. Nel primo caso, infatti, dal boccio al fiore si ipotizza una finalizzazione, cos com' finalistico l'operare tipico dell'uomo; nel secondo caso, dal fiore al boccio, ovvero a ritroso verso il proprio fondamento, si assiste a un processo di psichizzazione, con l'idea di una memoria naturale. Il ricordo e la continuit temporale sono cos attribuiti a elementi puramente naturali. E' avvenuto allora che la nostra prospettiva sia intervenuta per caratterizzare del suo stesso punto di vista e della sua specifica essenza quel che ac-cade in natura. In conclusione, la metafora servita in modo adeguato allo scopo, ma se essa vien presa troppo sul serio106 induce nella tentazione di un adeguamento esaustivo totalizzante, e pertanto in errore. Nel caso specifico, in cosa consiste l'errore cui Hegel indirizza, ma da cui egli stesso pu tirarci fuori? Hegel intende delineare il movimento di produzione dello spirito del mondo, lo spirito inteso quale 'operare di tutti e di ciascuno'; tale movimento viene caratterizzato come sviluppo progressivo, dialettico. Per poter chiarire le modalit stesse di tale movimento egli si affida alla rappresentazione naturale, come la pi semplice, la pi accessibile, a motivo dell'universalit dell'esempio. Accade per che tale rappresentazione non contenga degli elementi, che invece sono senz'altro presenti in ambito spirituale, sono elementi tipici dello spirito.

Quando si analizza il significato di una metafora dunque bisogna tener conto dello 'scarto di senso', che sempre esiste tra rappresentante e rapresentato.

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Insomma, la vita dell'intero, che Hegel intende rappresentare, coincide con lo spirito, il quale altro-dalla natura. Quando poi si parla di progresso e di sviluppo, si vuole intendere l'attivit di produzione spirituale, e pertanto 'artificiale', dovuta a lavoro, non certo un'attivit semplicemente naturale, ovvero consistente nello spontaneo portarfrutto che possibile constatare in natura. Pertanto, il movimento dialettico dell'Aufhebung sarebbe coincidente con l'attivit stessa dello spirito, di un lavoro che porta alla produzione; non esisterebbe invece una dialettica della natura107. Se la volessimo ipotizzare, lo faremmo 'per metafora'. Nel caso il nostro ragionamento avviene in senso traslato e si realizza cos una sorta di imperialismo culturale, con l'imposizione al movimento naturale dei caratteri propri di quello spirituale.

II.3. Assoluto, Soggetto, Sostanza Proseguiamo nella lettura del testo. Nel completare, almeno per i nostri scopi, il discorso relativo alla verit, constateremo com' indispensabile arrivare ad occuparci di altri concetti tipici hegeliani, quali sono quelli di Assoluto e di Soggetto. Leggiamo in 3. Ancora una volta Hegel critica coloro che credono di dover cogliere 'l'intimo significato di un'opera filosofica' nelle finalit e nei risultati della stessa opera, magari ponendosi in alternativa ad altri prodotti del proprio tempo. Tutto questo appare un 'lavoro serio', e invece un modo per mascherare una reale mancanza di disciplina. Precisa pertanto: "la cosa stessa (die Sache) non esaurita nel suo fine, bens nella sua attuazione; n il resultato l'intero effettuale; anzi questo il resultato con il suo divenire (Werden) per s il fine l'universale non vitale, cos come la tendenza il mero slancio (blosse Treiben) ancor privo di effettualit; e il nudo resultato la morta spoglia (Leichnam = cadavere), che ha lasciato dietro di s la tendenza".

Per l'approfondimento di tali tematiche, si vedano le tesi del Kojve in La dialettica e l'idea della morte nella Fenomenologia dello spirito di Hegel. Kojve sostiene: 1. che la dialettica dell'aufheben non affatto il metodo di Hegel, ma piuttosto con essa s'intende rappresentare la realt stessa; una dialettica del reale; 2. la realt coincidente con lo spirito e con l'essere proprio dell'uomo, secondo una chiave di lettura esistenzialistica e antropocentrica; non si ipotizza pertanto una 'dialettica della natura'; 3. nell'intento di spiegare quel che precede, si propone la centralit della negativit e dell'idea di morte, quale perno e motore del movimento dialettico. Spiega infatti Kojve che negativit-finitudine-morte, senza le quali non esiste aufheben, sono possibili solo per l'uomo, per un essere spirituale, e non si danno invece in natura, perch solo l'uomo l'essere che sa di dover morire, ovvero ben consapevole della propria finitudine. Il testo del Kojve notevole, anche per la lettura anti-idealistica che vien fatta di Hegel, sino a giungere addirittura ad articolare un'interpretazione ateistica e nichilistica. Bisogna per guardarsi dal lasciarsi prendere dalle sue spire; sembra, a esempio, che vengano troppo marcati i caratteri romantico-esistenzialistici della Fenomenologia, i quali stanno a sottolineare in modo privilegiato l'esperienza della coscienza, a scapito di quelli pi decisamente orientati a delineare una prospettiva di carattere ontologico, concernente la 'fenomenologia dello spirito'.

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Dovrebbe ormai essere chiaro quel che qui si vuol dire. E' centrale la considerazione della Cosa stessa; e in quanto essa viene considerata in relazione al pensiero (e ai sistemi filosofici), si tratta qui ancora della verit. Si sostiene cos che la sua essenza non trova alcuna corrispondenza nella finalit conseguita al termine di un lungo e faticoso processo, ma nel suo stesso farsi. L'intero reale non deve infatti essere semplicemente riconosciuto nel punto di arrivo di un processo, ma tutt'uno con tale punto, se per viene considerato assieme al movimento del divenire che a esso conduce. Chiediamoci ora: com' da considerare la finalit a se stante, indipendentemente dai passi da compiere necessariamente per portarsi a essa? e d'altro canto, com' da intendere il movimento che non riesce a conseguire una propria finalit? Sia l'una che l'altro non possono, in base a quanto detto, essere considerati in modo indipendente, con essenza autonoma. La finalit non ha infatti pienezza senza il movimento, cos come il movimento non ne possiede, se privo di finalit. Detto diversamente, il fine considerato da solo risulta essere un 'universale privo di vita'108, cos come la 'tendenza' verso la meta finale vuoto tendere109, privo di realt, cos come il nudo risultato di un processo una sorta di cadavere (altro-dalla vita), se non si tiene in debito conto la tendenza, che lo ha posto in essere. Hegel prosegue poi notando come la diversit, con la connessa molteplicit e pluralit di idee, di verit e di sistemi, un limite nella considerazione della Cosa. Capita infatti che proprio la diversit s'imponga l dove la Cosa stessa cessa d'essere, nel 'luogo' in cui essa non (non pi, oppure non ancora). Quando il pensiero si arrovella con il suo lavorio sul fine e sui risultati da conseguire finisce per dimenticare il suo stesso compito, ovvero il com-prendere la Cosa, che assieme finalit e movimento di attuazione di essa. Conclude Hegel: "invece di indugiare in essa [nella Cosa] e di obliarsi in essa, un tale sapere (Wissen) si attacca (greift) sempre a qualcosa di diverso (Andern) e resta presso di s, anzich essere presso di essa (bei der Sache) e abbandonarsi a essa" Il sapere, quello filosofico cos come pure quello scientifico, ha come suo compito precipuo quello di cogliere (com-prendere, begreifen) la Cosa stessa e di soffermarsi, una volta che questa compresa, unicamente su di essa. Questo il suo compito, questo pertanto quello che Hegel intende conseguire e realizzare nella stessa concezione della filosofia come scienza e nello stabilire i suoi obiettivi. Capita invece, e qui si prende ancora una volta posizione contro certe concezioni filosofiche del tempo, che il sapere comprenda sempre qualcosa di diverso (Andern = altro): si contenta pertanto di portare l'indagine sui dati molteplici dell'esperienza immediata e rimane su di essi. Il sapere resta

Per una considerazione del concetto di 'vita', quale determinante e caratterizzante l'intera Fenomenologia, si veda Marcuse, H., L'ontologia di Hegel e la fondazione di una teoria della storicit, Firenze, La Nuova Italia, 1969 109 Per 'tendenza' la lingua tedesca adopera due espressioni, con accezioni diverse: Istinkt, ovvero il movimento naturale che implica una meta necessitata e prefissata; e Trieb, ovvero la spinta naturale che non contiene di per s una meta (Trieb = pulsione, dal verbo treiben = pulsare, spingere).

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cio presso di s, anzich portarsi come dovrebbe sulla Cosa stessa110 e soggiornare in essa. A conclusione viene fatta un'ultima considerazione: "su ci che ha compattezza e intrinseco contenuto ben facile dar dei giudizi (beurteilen), pi difficile comprenderlo (zu fassen), il pi difficile produrre (hervorzubringen) la sua rappresentazione oggettiva (seine Darstellung), cosa che unifica ambedue [giudizio e comprensione]". Vengono qui distinte tre fasi del processo conoscitivo. Il sapere relativo a quel che possiede 'compattezza', ovvero unit, il sapere relativo alla Cosa, pu distinguersi infatti: a). nell'attivit del giudicare, affidata all'intelletto, che per divide e pone nella molteplicit; b). nell'attivit di comprensione, che si pu ipotizzare propria della ragione, che tende a offrire un'immagine unitaria; c). nell'attivit di produzione di una Darstellung, di una rap-presentazione della Cosa stessa, che tende a unificare le prime due attivit, ovvero a mostrare il prodotto di un lavoro combinato di intelletto e di ragione. Il quarto capoverso porta l'attenzione al 'pensiero della Cosa', che tutt'uno con la 'verit della Cosa'. In esso si pu mostrare ancora una volta come fosse sempre viva l'attenzione di Hegel ai problemi del suo tempo. Il suo pensiero concreto, anche quando si propone nell'astrazione e nella formalizzazione della logica111. Hegel infatti propone una rappresentazione concettuale della Cosa, non ignorando, n volendo mai dimenticare, che quel che importa sottolineare la Cosa, piuttosto che la sua rappresentazione. Vediamo ora di comprendere come ci avvenga. Si parla di cultura (Bildung), meglio ancora del suo inizio (Anfang), con cui ci si libera in certo qual senso dall'immediato della vita in-colta, non ancora cio disciplinata e strutturata e ordinata dal sapere. Si acquistano cos conoscenze di principi e prospettive di ricerca. C' per da notare come in questo inizio tutto rimanga ancora nel generico, tutto sia ancor privo cio del rigore scientifico112. E' cos che si pu conseguire un primo approccio al "pensiero della Cosa nella sua generalit". A questo punto per Hegel fa una precisazione, che serve appunto a mostrare l'aderenza che egli ha sempre voluto mantenere ai problemi concreti del mondo storico a lui contemporaneo. Troviamo infatti scritto: "ma questo inizio della cultura, prima di tutto, far posto al rigore della vita piena (erfllten Leben), che introduce all'esperienza della Cosa stessa; e quando poi il rigore del concetto (Ernst der Begriff)
110 La Cosa del pensiero proprio il superamento della molteplicit e della particolarit, in vista del raggiungimento dell'universalit. La Cosa l'intero, cui si giunge superando l'Entzweiung. 111 Si pu far riferimento qui, a esempio, alle glosse di Lenin alla Logica hegeliana, in cui si mostra come la pratica preceda sempre la teoria, persino nell'elaborazione del sillogismo (cfr. Quaderni filosofici, in Opere scelte, vol. III, Roma, Ed. Riuniti, 1973, pp. 303-900, passim). 112 Qualcosa di analogo viene sostenuto da L. Althusser, quando enuncia il 'passaggio' che avviene da ideologia a scienza. La produzione scientifica e-viene ed ha il suo vero e proprio 'cominciamento' facendo perno di necessit su una materia data preesistente. La scienza consiste dunque nel lavoro di produzione su dati che costituiscono la materia prima; essa l'ideologia, costituita da rappresentazioni e intuizioni, da 'visioni del mondo', che sono una sola cosa col 'sapere generico' cui fa riferimento Hegel. Su tali argomenti si veda Il pensiero e il linguaggio dell'inconscio, passim.

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sar disceso nel profondo della Cosa, allora quella cognizione e apprezzamento sapranno restare al posto che loro si conviene nella conversazione". Il 'ma' avversativo dell'inizio del passo ora letto da intendere come una correzione di tiro, se non proprio nel senso di una vera e propria contrapposizione. L'Anfang della Bildung preceduta da ben altro, che nulla ha di per s ancora a che fare con il sapere e con la cultura113. E cio, prima ancora di iniziare il processo culturale, indispensabile che s'imponga alla coscienza il rigore della vita piena, di una vita vissuta pienamente; col che si cos introdotti a fare esperienza della Cosa: si potr allora sostenere che l'esperienza che la coscienza fa ha per oggetto proprio la Cosa stessa. Qual l'insegnamento, quale l'indicazione pedagogica di questa pagina hegeliana? Primum vivere, deinde philosophari. Prima ancora di acquisire un sapere, anche se ancora generico, fatto di principi e di semplici prospettive di ricerca, bisogna vivere, facendo esperienza della Cosa stessa, della Wirklichkeit; poi la seriet della vita, l'impegno nel vivere la propria esistenza, trover un corrispettivo nella seriet del concetto. Con il concetto si cerca di concepire/afferrare (begreifen) la realt, immergendosi nella sfera abissale della Cosa, oggetto di esperienza114. Non ci rimane ora che leggere un ultimo passo della Prefazione, che fa riferimento alla verit della Cosa stessa, prima di passare ad altro. Mediante quest'ultima citazione avremo modo di constatare come tale argomento-altro non sia affatto da considerare poi totalmente-altro, in quanto la citazione in questione si lega mirabilmente proprio al problema della verit, tutt'una con esso. Troviamo scritto: "il vero (Wahre) l'intero (Ganze). Ma l'intero soltanto l'essenza (vollendende Wesen), che si completa mediante il suo sviluppo; dell'assoluto devesi dire che esso essenzialmente (wesentlich) resultato, che solo alla fine (am Ende) ci che in verit; e proprio in ci consiste la sua natura, nell'essere effettualit (Wirkliches), soggetto (Subjekt) o divenir-se-stesso (Sichselbstwerden)" Quello ora letto rappresenta un passo di capitale importanza nell'economia del testo della Vorrede. Rappresenta una sorta di 'microcosmo concettuale' di quel che il macrocosmo dell'intero pensiero hegeliano. Non torniamo sulla prima espressione, che vede la coincidenza della verit con l'intero, il cui senso dovrebbe essere ormai chiaro. Viene ancora meglio precisato subito dopo come debba essere inteso l'intero, e cio quel che si predica della verit.

113 Perlomeno non da confondere con la Bildung cos com' in genere intesa, in senso intellettualistico. Come invece la intende Hegel, di per s sarebbe pienamente integrata con quel che qui invece sembra venirle contrapposto. 114 L'ultima espressione ("allora quella cognizione e apprezzamento sapranno restare al posto che loro si conviene nella conversazione") desta qualche perplessit. Si dice che la conoscenza in tal modo conseguita deve mantenersi nel suo posto, nel posto giusto cio, che quello relativo alla Konversation. Sembrerebbe che qui 'conversazione', ovvero dialogo-discorsoargomentazione filosofica, in una parola la rappresenazione concettuale di cui si detto, sia da porre in secondo piano rispetto alla vita che si ha da vivere in pienezza e all'esperienza del reale, che di conseguenza si va facendo.

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Ganze ha un'essenza, ovvero una potenzialit a essere, e un'esistenza, e cio l'attualit dell'essere o essere effettivo. Hegel precisa infatti che l'intero quel che ha da essere solo quando la sua essenza trova attuazione nell'esistenza. Questo avviene soltanto attraverso il suo sviluppo, e cio: l'essenza, presente da sempre, sin dall'origine se cos si pu dire, nell'idea stessa anche se ancora astratta di intero e di verit, si realizza mediante un processo di sviluppo, che la porta all'esistenza e cos facendo d compimento e completezza all'essenza stessa. Tutto questo per era gi stato da noi acquisito. A questo punto del suo discorso Hegel fa intervenire altri protagonisti sulla scena (nella Darstellung = messa-in-scena) concettuale, che si va delineando: l'Assoluto e il Soggetto. Vediamo come ci avvenga. Il vero/intero, e cio la verit come totalit di un processo, l'Assoluto115. Qui Hegel sembrerebbe prospettare un momento in cui la verit pu e deve essere considerata de-finitiva. Non a caso, infatti, si sostiene che l'Assoluto risultato, che si d in verit (quale verit) soltanto alla fine116. Dunque l'assoluto una verit, meglio esso la verit, che pertanto da pensare quale de-finitiva, al termine di uno sviluppo e di un processo che viene ipotizzato come tutto gi compiuto. Inoltre la natura di questo Assoluto viene delineata come 'effettualit' (Wirkliches), 'soggetto' (Subjekt) e 'divenir-se-stesso' (Sichselbstwerden). Diciamo subito che al momento non tutto pu risultare chiaro di queste espressioni. Crediamo infatti di poter arrivare a comprendere la connessione tra la verit dell'Assoluto, inteso quale risultato del processo speculativo e la realt; e inoltre siamo anche in grado di capire come l'essenza dell'Assoluto risieda nel divenire: essa Werden e Bewegung al tempo stesso, come si visto. Meglio ancora, essa risiede nel Werden, che poi Sichselbstwerden117. Tutto quel che precede siamo ora in grado di comprenderlo. Al momento non siamo invece nella possibilit di afferrare il senso di quel 'soggetto', che al pari di 'risultato', 'realt' e 'verit', 'divenire' e 'movimento', identifica il Wesen di Spirito e/o di Assoluto. E' su questo che siamo ora indottti e provocati a ricercare. Prima di procedere apriamo qui una breve parentesi relativa al nostro punto di vista ermeneutico, che ci porter a recitare una sorta di mea culpa per un giudizio negativo rispetto alla dialettica hegeliana, emerso forse non proprio a ragion veduta. Prendiamo la critica che M. Heidegger muove al modo in cui il pensiero occidentale ha inteso la verit. Tale critica di per s non rivolta contro Hegel, ma dal momento che si sostiene la tesi secondo la quale l'oblio dell'essere, che viene perpetrato riguardo alla concezione della verit in tutta la filosofia occidentale, accomuna tutti i pensatori indistintamente, da Platone a Nietzsche compreso, si potr allora di logica conseguenza ipotizzare che il bersaglio di Heidegger possa essere anche Hegel stesso.

115 Non si era detto, per, che il vero, in quanto identit di s nel molteplice trova il suo compimento non in singoli momenti, ma nell'unit organica di essi, ovvero di tutti i singoli momenti? pertanto il vero sarebbe da considerare relativo, mai assoluto 116 Si badi bene che l'espressione am Ende viene sottolineata nel testo tedesco. 117 In fondo qui si sostiene che Geist giunge alla sua completa e totale autocoscienza (Selbstbewusstsein) attraverso la comprensione di se stesso, che sviluppo e al tempo stesso manifestazione e rappresentazione di s.

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Pertanto viene sottoposta a critica radicale la dottrina platonica della verit, la stessa che contraddistingue il pensiero hegeliano118. Facciamo riferimento ora a M.Heidegger, La dottrina platonica sulla verit. Come si evince dal titolo stesso, l'argomento concerne la 'verit', un tema rivelatosi centrale sinora nella nostra indagine relativa alla Vorrede, assieme al carattere scientifico e dialettico della filosofia. L'esame compiuto da Heidegger riguarda di per s Platone, ma con i dialoghi platonici si sta a indicare l'inizio della stessa esperienza filosofica occidentale. Siamo cio ai primordi della metafisica, che va appunto da Platone a Nietzsche, con la stessa strategia di pensiero, lo stesso modo di pensare. Perci quel che vien detto della verit in Platone, e per Platone, vale anche, e se possibile a maggior ragione, per Hegel. Cos' che vien detto? In Platone si assiste al modificarsi radicale della determinazione di essenza della verit: dalla sophia si passa alla philosophia, dal mythos al logos. Heidegger mostra ci attraverso la lettura del mito della caverna, con un'analisi al tempo stesso filologica e teoretica, che riesce nell'intento di delineare i momenti del passaggio da una concezione speculativa all'altra. Cosa vien dimostrato? Nella caverna119 avviene qualcosa, a livello rivelativo e al tempo stesso gnoseologico; tutto quel che accade merito della 'luce' del sole. Nella caverna, sostiene Heidegger, avviene un dis-velamento, meglio ancora si realizzano tutta una serie di rivelazioni: "disvelamento in greco si dice aletheia, termine che si traduce con 'verit'. E 'verit' significa da molto tempo per il pensiero occidentale la concordanza della rappresentazione pensante con la cosa: adaequatio intellectus et rei"120. Il problema che qui vien posto certo gnoseologico, ma anche etico e ontologico, dal momento che riguarda l'essenza stessa dell'uomo; infatti "i termini 'disvelato' e 'disvelamento' designano di volta in volta ci che di volta in volta apertamente presente nel luogo del soggiorno dell'uomo. Il 'mito', per, narra una storia relativa ai passaggi da un soggiorno all'altro [] quattro differenti modi di soggiornare [] che si fondano sulla diversit di ci che di volta in volta determinante come alethes, cio sul modo della verit che ogni volta domina"121. Punto decisivo dato dal fatto che l'essenza della verit venga legata all'esserci dell'uomo, considerato in diversit di 'stati'. Heidegger analizza da par suo il termine alethes nelle diverse forme che esso assume nel mito. Alethes rappresenta quel che si

Nel confronto tra ermeneutica e dialettica, ovviamente, si possono considerare anche elementi che accomunano, ponendo in risalto forti analogie. Si prenda a esempio l'avversione di Hegel alla speculazione intellettualistica, che trova corrispondenza nella critica serrata di Heidegger nei confronti degli esiti formalistici della logica moderna. Si faccia riferimento, al proposito, alla critica comune al metodologismo in filosofia di Hegel e di Heidegger, mostrato nel saggio di V.Verra su Dialettica ed ermeneutica contro metodologia, in Aa.Vv., La filosofia oggi tra ermeneutica e dialettica, Roma, Ed. Studium, 1987, pp. 71-94. 119 Il mito narra di uomini prigionieri in una caverna in catene, costretti a guardare rivolti verso un muro, su cui si proiettano delle immagini che provengono da soggetti che passano all'ingresso della caverna e che sono illuminati dal fuoco, ovvero dalla luce del sole. Si ipotizza una liberazione dai ceppi, con il conseguente movimento degli uomini ormai liberi verso l'esterno della caverna a contemplare ormai direttamente gli oggetti reali e poi persino il sole stesso. 120 M. Heidegger, La dottrina di Platone sulla verit, Torino, SEI, 1978, p.49. 121 Ibidem, pp.49-50.

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manifesta, cos come si manifesta. La 'cosa stessa' cos il fenomeno, quel che soggetto del phainomai. Tutto questo per soltanto un aspetto dell'idea di 'verit' quale viene prospettata nella Repubblica. Leggendo pi attentamente il mito della caverna, infatti, e operando in tal modo su di esso una lettura tra le righe, in filigrana, come direbbe Althusser122, si fa strada una concezione diversa della verit. Siamo in presenza di una diversa essenza della verit: "al posto del disvelamento, un'altra essenza della verit si fa luce e si spinge in primo piano", anche se il disvelamento continua a mantenere il proprio posto, tra mito e logos. Cosa succede? La luce del sole che in prima istanza rappresenta il 'mezzo' attraverso cui la Cosa si dis-vela, diviene essa stessa la verit disvelata, in quanto si caratterizza come 'idea', anzi come idea per eccellenza. Leggiamo al proposito cosa sostiene Heidegger: "il disvelamento viene nominato nei suoi diversi gradi, ma viene considerato solo in relazione al modo in cui rende accessibile nel suo aspetto (eidos) ci che appare e rende visibile ci che si mostra (idea) []. Il pensiero in senso proprio ha di mira l'idea []; l'idea non fa apparire qualcosa d'altro (dietro di lei), essa stessa ci che risplende, a cui importa solo del porprio risplendere"123. Prosegue poi il testo: "il disvelato viene concepito fin da principio e unicamente come ci che percepito nel percepire l'idea, comeci che conosciuto nel conoscere. Il noein e il nous (la percezione), nel senso che Platone per primo conferisce loro, acquistano un rapporto essenziale con l'idea". Heidegger finisce cos col concludere che il mito della caverna contiene la dottrina di Platone sulla verit, che ha la sua base "nel processo attraverso il quale l'idea prende il sopravvento sull'aletheia. Il mito d un'immagine di ci che Platone dice dell'idea tou agatou, lei stessa che sovrana in quanto accorda il disvelamento e nello stesso tempo la percezione di ci che il disvelato. L'aletheia cade sotto il giogo dell'idea []. Accade cos che l'essenza della verit rinuncia al suo carattere fondamentale di disvelamento"124. Non si tratta allora di cogliere quel che appare e si dis-vela in vari 'soggiorni', ovvero in status particolari, quanto piuttosto di saper guardare in modo giusto e pertanto riuscire a vedere e percepire in modo pi esatto. Perci "il passaggio da una condizione all'altra consiste nell'acquistare una vista pi esatta. tutto dipende dall'orthotes, dall'esattezza dello sguardo; in virt di tale esattezza il vedere e il conoscere divengono qualcosa di corretto []. Cos dalla preminenza dell'idea e dell'idein (vedere) sull'aletheia si origina un mutamento dell'essenza della verit; la verit diviene orthotes, l'esattezza del percepire e dell'enunciare"125. E' pertanto ben diverso l'atteggiamento dell'uomo nei confronti dell'essente. Il vero risulta ora adaequatio intellectus et rei, rispecchiamento, nel miglior modo possibile e secondo i canoni di esattezza e precisione (fotografica, matematico-formale), di quel

Cfr. le caratteristiche proprie della lettura seconda o sintomale, che va al di l del detto esplicito e consapevole. Si vedano al proposito le tematiche sviluppate nella parte istituzionale del corso. 123 M.Heidegger, La dottrina di Platone, pp.56-7. 124 Ibidem, pp.62-3. 125 Ibidem, p.163.

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che il percepito/conosciuto, con un'idea da sempre esistente, quale princeps analogatum126. Si pi vicini alla verit, quanto meglio viene rispecchiata un'essenza ideale, alla quale ci si avvicina per adeguamento progressivo. Tale essenza gi da sempre data. Insomma esiste l'oggetto da conoscere prima ancora del soggetto conoscente; l'oggetto cos semplicemente da ri-conoscere; tale riconoscimento, che avviene nel rispecchiare l'idea, la verit. Tutto ci, secondo Heidegger, attraversa l'intero pensiero occidentale, quale equivoco clamoroso. E' il fraintendimento dell'altra concezione della verit come aletheia/disvelamento. Lasciamo ora le considerazioni di Heidegger relative a Platone. Tutto quanto stato detto, essendo relativo a tutto il pensiero occidentale, corrispondendo alla concezione metafisica della verit, concerne anche Hegel. Poniamoci ora il quesito: veramente la critica heideggeriana, questa critica almeno alla concezione della verit riguarda anche Hegel? in che cosa lo riguarda? com' possibile dimostrare che lo Hegel che conosciamo intenda la verit come adaquatio, e non piuttosto come aletheia/disvelamento, o in altro modo ancora?127. Dopo questo excursus, torniamo ora al testo della Fenomenologia. Rileggiamo il 20, dove vien detto che il vero coincidente con l'intero e che l'Assoluto il risultato di uno sviluppo progressivo, che lo fa coincidere con la realt, con il soggetto e col suo stesso autosviluppo. In questa seconda parte della nostra ricerca avremo allora da precisare in che senso e in che modo la verit Assoluto e al tempo stesso Soggetto; cosa intenda insomma Hegel per Assoluto/Soggetto. Leggiamo al proposito il 17: "secondo il mio modo di vedere [], tutto dipende dall'intendere e dall'esprimere il vero non come sostanza, ma altrettanto decisamente come soggetto". Non soltanto si sostiene che il vero 'soggetto', ma anche che esso non sostanza. Questa di Hegel risulta essere una dichiarazione chiave, che tende a definire la messa a punto rispetto a Schelling e retrospettivamente a Spinoza, per quanto riguarda il concetto di Assoluto. SPINOZA. Com' noto, concepiva l'Assoluto come sostanza, intendendo per sostanza 'quod in se est et per se concepitur'. Cos intesa, la sostanza spinoziana unica e infinita e coincide pertanto con l'Assoluto, ovvero con Dio stesso. La sostanza si esplica poi attraverso infiniti attributi, due soli dei quali (cogitatio ed extensio) sono per noi conoscibili; gli attributi, a loro volta, si determinano in innumerevoli modi, cio negli individui, che sono da concepire come modificazioni dell'unica sostanza. In tale prospettiva si presentano serie difficolt. Tra le principali c' senza dubbio quella di conciliare la realt degli individui, ridotti a modificazioni dell'unica sostanza, con l'affermazione della realt dell'unica sostanza. Inoltre sussiste il problema dei
126 Si pensi qui al mondo iperuranico, con l'idea tou agatou o idea delle idee, intesa quale sommo Bene. 127 Si apre qui la possibilit di un lavoro di ricerca, nel confronto tra la dottrina della verit con cui intende polemizzare l'ermeneutica di Heidegger e la concezione della verit, collegata al movimento dialettico e al divenire, cos come viene prospettata nella Vorrede.

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rapporti tra gli attributi, in particolare tra spirito (cogitatio) e natura (extensio), nonostante il tentativo spinoziano di spiegarli, mediante il famoso principio dell'ordo et connexio rerum idem et unum est ac ordo et connexio idearum. Questi problemi sono sul tappeto nella cultura filosofica tedesca di fine '700 e inizio '800, in particolare prima con Fichte, poi con Schelling. SCHELLING. Nella prima fase del suo pensiero egli prospetta l'idea di una filosofia della natura. In essa vede una sorta di pietrificazione dello spirito e scorge nella vita del mondo un'odissea, attraverso cui lo spirito riemerge dalla propria pietrificazione, sino a diventare coscienza, ovvero tornare a essere spirito in senso pieno. Nello sviluppo ulteriore del suo pensiero Schelling abbandona le premesse fichtiane di un Io puro inteso quale principio spirituale pietrificato, e le sostituisce con l'Assoluto, inteso quale identit indifferenziata di spirito e di natura, conscio e inconscio, universale e particolare, soggetto e oggetto. In quanto identit indifferenziata, l'Assoluto di Schelling precede il sorgere delle differenze, anzi le esclude completamente da s. L'Assoluto non allora la totalit, o l'unit, delle differenze, ma la loro completa assenza. Nasce per il problema, tale quale per la Sostanza spinoziana, di spiegare come dall'Assoluto cos concepito possano derivare poi le differenze. Dapprima Hegel collabora strettamente con Schelling (si pensi agli anni di Jena), ma nella Vorrede mette in questione proprio l'Assoluto schellinghiano, provocando cos la rottura della collaborazione e dell'amicizia filosofica. Vediamo ora come ci sia accaduto. Sin dal 6, parlando del carattere scientifico della filosofia e della verit, che esiste soltanto all'interno diun sistema scientifico, possiamo leggere che essa trova nel concetto, e solo in esso, "l'elemento della sua esistenza". Questa concezione della verit, e dunque dell'intera filosofia, in aperta contraddizione con dei convincimenti presenti nel pensiero del proprio tempo. Si esige pertanto un chiarimento, anche se vien precisato che, prima ancora di qualunque dimostrazione, che potr avvenire a percorso fenomenologico compiuto, si tratta di un'asserzione che si contrappone ad altre asserzioni. Vediamo ora a quale concezione della filosofia ci si contrappone: "il vero esiste solo in ci o, piuttosto, solo come ci che vien chiamato ora intuizione (Anschauung), ora immediato sapere dell'Assoluto, religione, essere []; allora, prendendo di qui le mosse, per la rappresentazione (Darstellung) della filosofia si richiede proprio il contrario della forma del concetto" ( 6). La verit non sarebbe frutto di lavoro ('la fatica del concetto'), ma 'colpo di genio', intuizione; la verit verrebbe a coincidere nella sua forma suprema con un principio indiscutibile e indiscusso, cui si perviene mediante sentimento, mediante una sorta di feeling, che ci col-lega a esso. Conclude pertanto Hegel: "l'Assoluto deve venir non gi concepito, ma sentito e intuito; non il suo concetto, ma il suo sentimento e la sua intuizione debbono aver voce preminente e venir espressi"

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Inizia qui l'aperta polemica contro quello che per Hegel l'irrazionalismo romantico: contro Jacobi, Schleiermacher e Schelling. E difatti con le espressioni 'essere' e 'sapere immediato' si fa riferimento a Jacobi; con 'religione' e 'sentimento' a Schleiermacher; con 'intuizione' s'intende indicare l'organo di tutti i romantici, ma soprattutto di Schelling, nella contrapposizione all'intellettualismo kantiano. Quel che qui vogliamo per sottolineare soprattutto la nozione di 'Assoluto', non affidata all'elaborazione del concetto, non concepita, perci, ma al sentimento e all'intuizione. E' in gioco il problema gnoseologico. Cosa significa conoscere, cosa s'intende per verit? e su tutte, cos' la verit prima, quella relativa a un assoluto, principio primo e finalit di ogni conoscenza? Passiamo ora a considerare il 10. Hegel polemizza ancora una volta con coloro che non impostano scientificamente la filosofia. C' rinuncia al sapere scientifico per falsa modestia, pretendendo che l'eccitazione e il turbamento (tutt'uno col sentimento e con l'intuizione) siano qualcosa di pi elevato della stessa scienza. Prosegue poi il testo: "questo parlare da profeti crede di restarsene nel centro e nel profondo della cosa; getta uno sguardo sprezzante sulla determinatezza (il horos) e, a bella posta, si tiene a distanza dal concetto e dalla necessit come da quella riflessione che sta di casa soltanto nella finitezza" ( 10). Si ipotizza insomma una sostanza infinita, che 'vuota estensione' (si pensi qui all'extensio di spinoziana memoria) e 'intensit priva di contenuto', appunto perch non determinata. Tutto ci superficialit, ovvero 'falsa profondit', perch il sapere sostanziale, il sapere relativo alla sostanza e alla Cosa stessa, a-concettuale. Nel finale del capoverso poi leggiamo: "mentre si abbandonano all'incomposto fermentare della sostanza, costoro, imbrogliando la coscienza e rinunciando all'intelletto, si ritengono i Suoi, ai quali Iddio, durante il sonno, infonde saggezza; ma ci che durante il sonno essi effettivamente concepiscono e partoriscono altro non che sogno" ( 10). Notiamo qui la caratteristica di a-concettualit, ovvero di autentica irrazionalit, che assume la riflessione relativa all'Assoluto, inteso come Sostanza, unicamente e soltanto come tale; inoltre i pensatori che si affidano alla Sostanza quale principio primo e causa prima lo fanno ad alcune precise condizioni: anzitutto imbavagliano la coscienza, ovvero le impediscono di dire quale sia l'esperienza che essa fa128; in secondo luogo essi rinunciano all'intelletto, e cio al lavoro particolare che svolge questa facolt, nell'opera di distinzione e di determinazione. Detto diversamente, secondo Hegel i filosofi del suo tempo rinunciano addirittura a pensare, alla speculazione teoretica, nella misura in cui si pronunciano sull'Assoluto/Sostanza, senza offrire chiarimenti adeguati, con riflessioni che sembrano scaturire da una specie di rivelazione divina, da intuizioni di tipo mistico, non sottoposte al vaglio e alla disciplina della ragione. In appoggio a quanto gi detto, nel 7 Hegel stigmatizza con maggiore puntualit quelle che definisce le filosofie della edificazione. Per esse "il Bello, il Sacro, l'Eterno, la Religione, l'Amore sono l'esca ritenuta adatta a stuzzicar la voglia di abboccare; non il concetto,
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Sed contra la Fenomenologia hegeliana 'scienza dell'esperienza che la coscienza fa'.

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ma l'estasi; non la fredda e progressiva necessit della cosa, ma il turgido entusiasmo devon costituire la forza che sostiene e trasmette la ricchezza della sostanza". Bello, Sacro, Eterno, Amore, Essere sono tutte formule. Gli avversari vengono cos polemicamente tacciati di formalismo, in quanto adoperano forme concettuali ripetitive, prive di qualsiasi contenuto reale. Leggiamo pertanto: "tale formalismo vuol gabellare questa monotonia e l'universalit astratta per l'Assoluto [], noi vediamo ora attribuirsi ogni valore all'universale idea in questa forma dell'irrealt e assistiamo al dissolvimento di tutto ci che differenziato o determinato; o assistiamo piuttosto al precipitare di questi valori nell'abisso della vacuit, senza che questo atto sia conseguenza di uno sviluppo n si giustifichi in se stesso; il che dovrebbe tenere il posto della considerazione speculativa" ( 16). A questo punto viene inferto un colpo mortale all'amico Schelling e in genere alla cultura filosofica romantica del tempo, allo stesso passato speculativo di Hegel: "la considerazione della determinatezza di un esserci come si d nell'Assoluto, si riduce a dichiarare che se ne bens parlato come di un alcunch; ma che peraltro nell'Assoluto, nello A = A, non ci son certe possibilit, perch l tutto uno. Contrapporre alla conoscenza distinta e compiuta, o alla conoscenza che sta cercando ed esigendo il proprio compimento, questa razza di sapere, che cio nell'Assoluto tutto eguale -oppure gabellare l'assoluto per la notte nella quale, come si suol dire, tutte le vacche sono nere, tutto ci l'ingenuit di una conoscenza fatua" ( 16). L'Assoluto schellinghiano indistinto e indeterminato; esso risulta essere un universale astratto, da considerare al pari di una vera e propria irrealt, di un sogno. Esso, inteso come sostanza, ha s una determinazione, ma una sola; determinato come 'esserci' soltanto in quanto di esso si dice che se stesso. Si ricordi qui la formula A = A, che corrisponde al principio di identit e di eguaglianza. L'Assoluto (= A) viene qui determinato quale identico al proprio s (= A), senza alcun'altra possibilit di determinazione. In tale sua unica determinazione l'Assoluto uno ed tutto, al tempo stesso 129. Hegel intende invece stabilire una filosofia come scienza che si articoli in una conoscenza distinta e compiuta nella sua forma finale e definitiva, ovvero una conoscenza che si svolga in progress verso il proprio compimento. Tutto ci vuole essere in alternativa radicale a quel sapere che individua s l'assoluto, ma non riesce a cogliere in esso alcuna distinzione. Coloro che assumono tale sapere non sono in effetti 'pensatori', quanto piuttosto 'profeti', che si lasciano prendere dal sentimento, da entusiasmo e dall'estasi, quando s'imbattono in un Assoluto gi-dasempre dato e compiuto nella perfetta eguaglianza di s a s130.

Si ponga mente qui all'en panta eracliteo. Tutto accade nella 'notte nera', priva cio di qualsiasi luce dell'intelletto, che porti a separare, distinguere e determinare, per cui tutti gli elementi che potrebbero essere differenziati non lo sono e si annullano nella indifferenza dell'unico essere, il buio della notte appunto.
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Hegel crede cos di poter conseguire una conoscenza piena, compiuta e realizzata, mediante svariati elementi che entrano in combinazione nella formazione del tutto, mentre altri filosofi conseguono semplicemente una conoscenza vuota ('fatua'), in quanto si articola in un'unica forma astratta, priva di contenuti reali e concreti. A questo punto la nostra considerazione del testo ha modo e necessit di affrontare una tematica che potremmo definire in senso lato 'teologica'131. Torniamo a considerare il 17, che costituisce come si sta notando il vero e proprio fulcro della seconda parte della nostra indagine. Hegel parla della "concezione di Dio come unica sostanza". Dio stato concepito come tale da Alberto Magno, S. Tommaso, Cartesio, ma qui Hegel accenna evidentemente a Spinoza e allo spinozismo, che trova il naturale prolungamento in Schelling. Hegel prende poi in particolare le distanze da quella che definisce l'"immota sostanzialit". A essa viene contrapposta la 'sostanza viva': "la sostanza viva bens l'essere il quale in verit soggetto, o, ci che poi lo stesso, l'essere che in verit effettuale, ma soltanto in quanto la sostanza il movimento del porre se stesso o in quanto essa la mediazione del divenir-altro-da-s con se stesso" ( 18). Se proviamo a rileggere il 20, troveremo che la sostanza viva della stessa natura dell'Assoluto: effettualit, soggetto e divenir-se-stesso. In aggiunta qui si viene a chiarire come avvenga il processo del divenire. Rifiutata l'immediatezza e l'immobilit del dato immediato, la sostanza risulta essere il movimento di s, ovvero automovimento. Cosa sta a significare? essa mediazione, punto d'incontro e di interrelazione dialettica, tra s e altro da s132. Prosegue poi Hegel: "come soggetto essa la pura e semplice negatiivt, ed , proprio per ci, la scissione del semplice in due parti o la duplicazione
Filosofia e teologia sono sempre andate di pari passo, in combinazione e relazione reciproca nella storia del pensiero occidentale. Ci accaduto non soltanto per la filosofia medioevale, ovvero per quella che viene identificata come la 'filosofia cristiana', ma in fondo per qualsiasi pensatore teoretico-speculativo, che si ponga il problema, quando lo si pone seriamente e in profondit, di stabilire un'origine, una causa prima e un fondamento del mondo e del reale. Tutte le considerazioni sembrano portare immancabilmente, a volte insensibilmente e inconsapevolmente, a concepire la trascendenza rispetto alla realt di un Dio. Nella Gaia Scienza, ponendosi in atteggiamento critico nei confronti di tutta la tradizione del pensiero europeo, Nietzsche stigmatizza i pensatori che lo hanno preceduto: essi sono 'tutti teologi e padri della Chiesa'. Si badi bene, egli sta qui facendo riferimento a Hegel, Fichte e Schelling, ma anche a Feuerbach, Stirner, Marx La rottura con la tradizione metafisica avviene per Nietzsche con la negazione reale e non fittizia di Dio, quale fondamento e causa prima. 'Dio morto', come si sa, rappresenta la svolta anti-metafisica del pensiero occidentale; rappresenta il punto di autentico non-ritorno, anche se le conseguenze dell'annuncio dell'uomo folle della Gaia Scienza sono a tal punto incalcolabili che lo stesso Nietzsche rischia di non essere in grado di controllarne appieno la portata. Sono tutti teologi: tutti cio parlano di 'Dio', hanno un logos/discorso relativo a dio, a un Assoluto e a un fondamento da esibire. C' per da intendersi. E' il modo stesso di concepire Dio, che si differenzia. Come lo intende qui, nella Vorrede, e non nella Filosofia della religione, Hegel? certo in modo addirittura sorprendente. Hegel abbozza infatti una sorta di teologia negativa, meglio una teologia del negativo, o della negativit. 132 Si pensi allo A = A e ad A = B.
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opponente; questa, a sua volta, la negativit di questa diversit indifferente e della sua opposizione; soltanto questa ricostituentesi eguaglianza o la riflessione entro l'esser-altro in se stesso -non l'unit originaria come tale, n l'unit immediata come tale- il vero" Nella Logica, poi, troviamo scritto che "in Spinoza la sostanza e la sua assoluta unit ha la forma di una unit immobile, cio non mediantesi con s, la forma di una rigidezza nella quale il concetto della negativa unit del s, della soggettivit, non si tocca ancora"133. Il torto di Spinoza dunque fondamentalmente quello di non essere stato in grado di concepire la sostanza come soggetto, ovvero, il che per Hegel lo stesso, la sostanza come movimento-di-s, che provocato da mediazione con altro-da-s e da negativit. Se si concepisce la sostanza come unit rigida e immobile, come unit originaria e immediata, non si ha la verit, in quanto non si in grado di dare spiegazione alcuna del molteplice; non si riesce a ricondurre all'unit dell'unica sostanza i dati molteplici dell'esperienza. Se si vuole mantenere il concetto stesso di sostanza, bisogna che esso venga sottoposto a una profonda revisione. Si parla di 'sostanza viva': cosa s'intende? Alla concezione rigida della sostanza, semplice e immediata identit di s a s, si contrappone una concezione fluida, in cui viene a inserirsi di forza quel negativo, che diventa lo strumento essenziale del pensiero hegeliano, la sua chiave di volta134. La sostanza fluida/viva mostra la sua essenza, in quanto in grado di scindersi in prodotti particolari, ossia in quanto diviene altro da s. L'elemento scisso, infatti, altro-da, dal momento che non corrisponde pi all'astratta unit iniziale e originaria. I prodotti particolari sono fissati, positivizzati dall'intelletto, che ne fa esperienza nella loro determinatezza e finitudine. La fluidit sostanziale, ovvero la vita stessa della sostanza, porta i particolari, li con-tiene e li sollecita a estrinsecare la loro differenza; tale differenza al tempo stesso il limite dei particolari, che costituiscono il molteplice, ma anche il punto d'incontro nella relazione, che permette la ri-costituzione dell'unit. Sul limite, tramite differenza, i particolari sviluppano la loro opposizione, mediante la 'forza del negativo'. Essa la stessa fluidit (movimento e mediazione), che prosegue il suo lavoro e, dopo aver posto in movimento l'unit sostanziale, si oppone alla differenza ormai instaurata, alla duplicazione e moltiplicazione della sostanza in particolari differenti. La sostanza ritrova pertanto se stessa 'ricostituendosi eguaglianza' e operando 'la riflessione entro l'esser-altro in se stesso'. Nell'intento di approfondire quanto ora detto, facciamo un passo indietro. Tutto quel che si proposto relativo alla sostanza viva, in contrapposizione a quella statica e rigida, che s'identifica con l'unit originaria e immediata (cfr. 18), ma dobbiamo ricordare anche che si partiti da una considerazione del tipo: 'Dio come sostanza unica' ( 17), ovvero quel che concerne la sostanza per Hegel altrettanto valido per Dio stesso, la qual cosa permette di precisare ulteriormente i caratteri dell'istanza teologica hegeliana. Ci si trova cos di fronte a una concezione autenticamente rivoluzionaria di Dio.
Hegel, Scienza della logica, I, Bari, Laterza, 1974, pp.297-8. Si faccia riferimento qui ad A = non-A, ovvero al principio di contraddizione che scardina dall'interno quello di identit.
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Spinoza stato tacciato di a-teismo, avendo osato identificare Dio e natura (Deus sive natura); Hegel, che pure critica la sostanza spinoziana, la quale non 'soggetto', va in certo qual modo ben oltre. Egli finisce infatti per stabilire che Dio Spirito; sin qui siamo ancora all'interno di una concezione cristiana classica; ma sostiene anche che Dio 'sostanza viva', con tutte quelle caratterizzazioni che abbiamo avuto modo di vedere precedentemente. Riflettiamo ora su quest'ultima considerazione. Hegel si contrappone alla sostanza statica, la quale peraltro, essendo semper idem, sembrerebbe proprio quella che meglio potrebbe identificare un Dio, che immobile e immutabile. Se cos non fosse, ovvero se la sua natura implicasse movimento, Dio avrebbe in se stesso il germe della differenza, e pertanto si potrebbe finire col constatare in lui imperfezione. Saremmo nella contradictio in terminis, dal momento che Dio per essenza un essere perfettissimo. Dal momento che la sostanza hegeliana fluida, in movimento, e poich tale sostanza che viene equiparata a Dio, tutto quel che di essa vien detto dovr di necessit essere attribuito a Dio stesso. Quel che poi risulta pi rivoluzionario e sconvolgente rispetto alla tradizione del pensiero teologico-metafisico il fatto che nell'idea stessa di un Dio possa entrare a compiere la sua opera di dissoluzione e di autentica devastazione la forza del negativo. Di seguito troviamo conferma di tutto ci: "la vita di Dio e il conoscere divino potranno bene venire espressi come un gioco dell'amore con se stesso; questa idea degrada fino all'edificazione e addirittura all'insipidezza, quando mancano la seriet, il dolore, la pazienza e il travaglio (Arbeit) del negativo" ( 19). Hegel ricorda qui, naturalmente che Dio amore (cfr. Vangelo di Giovanni), cos come senz'altro gli presente che secondo la tradizione cristiana Spirito. L'amore un motivo dominante del romanticismo, e pertanto dello Hegel pre-fenomenologia. In esso, assieme alla bellezza e alla vita, Hegel con Hlderlin aveva intravisto un principio di unificazione universale. In un frammento giovanile dato alle stampe dal Nohl l'amore infatti presentato quale principio vitale di unificazione135. Si in presenza di una visione positiva, che permette di cogliere in un sentimento piuttosto che in facolt razionali l'elemento unificante della molteplicit del reale. Al contrario nella Vorrede, nel passo letto del 19, le cose sembrano stare ben diversamente. La vita di Dio, che tutt'una con la 'sostanza viva, pu s essere espressa con il 'gioco' (cfr. Schiller e Novalis) dell'amore, e cio condensata nell'espressione 'Dio Amore', o l'Amore Dio stesso, ma ci facendo si cade in un equivoco, e soprattutto in una prospettiva filosofica e teologica del tutto insoddisfacente.
135 Nel cosiddetto 'Frammento sull'amore' troviamo scritto: "unificazione vera, vero e proprio amore, hanno luogo solo tra viventi che sono eguali in potere []; l'amore esclude ogni opposizione: esso non intelletto, i cui rapporti lasciano agire il molteplice come molteplice e la cui unit stessa sono delle opposizioni; l'amore non ragione, che oppone senz'altro il suo determinare al determinato; l'amore non niente di limitante, niente di limitato, niente di finito; l'amore un sentimento, ma non un sentimento singolo []; l'amore toglie la riflessione, strappa ogni carattere di un estraneo e la vita trova se stessa senza ulteriore difetto. Nell'amore ancora il separato, ma non pi come separato: -come unificato; e il vivente sente il vivente" (I principi di Hegel, p.18).

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Cos' che manca, secondo Hegel? L'amore e la vita stessa possono certo essere identificati con Dio stesso, purch implichino il negativo, nei suoi caratteri specifici, di seriet, dolore, pazienza e lavoro136. Prosegue poi Hegel: "in s (an sich) quella vita l'intatta eguaglianza e unit con s, che non mai seriamente impegnata nell'esser altro e nell'estraneazione (Entfremdung) e neppure nel superamento (berwinden) di questa estraneazione. Ma siffatto in s l'universalit astratta, nella quale si prescinde dalla natura di esso di essere per s, e quindi in generale dall'automovimento della forma" ( 19). Siamo qui entrati nel pieno della terminologia hegeliana. An sich indica l'unit della sostanza, chiusa in s; essa non conosce altro-da-s, l'estraneo, e pertanto rimane nell'uguaglianza con se stessa. Non esiste infatti alcuna determinazione nell'unit sostanziale, che possa dar vita al particolare; an sich cos l'universalit astratta. Fr sich la negazione (die Negativitt) dell'universalit astratta; indica la scissione, la distinzione e la differenza, che in grado di creare i particolari. Fr sich nega l'an sich sostanziale e in tal modo pone in movimento quel che di per s statico. An und fr sich la negazione del fr sich; negazione dell'estraneazione e al tempo stesso dei particolari, che stabilisce una sorta di 'ritorno' all'unit sostanziale, con la riunificazione dei differenti/distinti nell'Intero (Ganze). Fr uns costituisce il punto di vista del filosofo, di Hegel stesso e di noi lettori che con lui intraprendiamo lo stesso cammino di ricerca filosofica. E' il punto di vista privilegiato, che sa gi quel che accadr: Hegel contrappone infatti quel che avviene fr die Bewusstsein, che fa esperienza specifica e individuale, con quel che avviene fr uns. L dove la Coscienza itinerante, nel cammino fenomenologico, fa esperienza della propria particolarit e individualit, 'noi', noi-filosofi, abbiamo la possibilit di valutare dall'alto del nostro punto di vista tale esperienza in modo diverso, proponendoci dalla parte del Geist stesso, che poi, l'intero, l'an und fr sich.

136 E' la 'forza del negativo', che in precedenza viene identificata alla condizione indispensabile perch esista il movimento e il divenire. Su tutto questo si dovr tornare, in particolare considerando la forza del negativo nella sua relazione all'Assoluto/Dio.

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PARTE TERZA

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III.1. Principi logici. La mediazione dialettica Siamo tornati a imbatterci in problemi di tipo logico, che Hegel ha per affrontato sin dai primi anni della sua formazione e che torner a proporre nella Grande Logica. Sono problemi strettamente connessi ai principi della dialettica, ovvero al principio di identit e a quello di contraddizione. L'an sich trova infatti corrispondenza nell'identit A = A; il fr sich nella contraddizione A = B (non-A); l'an und fr sich, nel ritorno all'unit A = AB. Cerchiamo ora di approfondire quello che il problema logico-dialettico della proposizione e del giudizio, con la lettura dei 61 e 62. Si parla della natura del giudizio e della proposizione, la quale risiederebbe nella differenza tra soggetto e predicato. Tale natura viene per distrutta nell'ambito della proposizione speculativa. Infatti la proposizione filosofica, se vero che per un verso mantiene la distinzione e differenza tra i due termini, per un altro determina il superamento della stessa distinzione, mediante il conseguimento di unit. Scrive difatti Hegel: "similmente nella proposizione filosofica l'identit di soggetto e predicato non deve annientare la loro differenza espressa nella forma della proposizione; anzi la loro unit deve risultare come armonia. La forma della proposizione il riapparire (Erscheiung) del senso determinato, cio l'accento che ne distingue (unterscheidet) l'avveramento (Erfllung) che pertanto il predicato esprima la sostanza, e che il soggetto s'immerga pur esso nell'universale, ecco l'unit, in cui l'accento si smorza" (61). La proposizione implica l'identit di soggetto e di predicato, i quali sono legati dall', ovvero dal segno di uguaglianza (=). Tutto questo non deve per farci dimenticare che prima ancora che uguaglianza e identit, quel che dev'essere evidenziato la differenza. L'unit pertanto uno status, che viene conseguito in seguito a movimento di distinzione/differenza. Essa cos da definire 'armonia', nella relazione e prima ancora nell'opposizione tra soggetto e predicato, ovvero armonia dei diversi. Subito dopo Hegel precisa quale sia la forma del giudizio, in cui si concretizza un determinato senso; esso corrisposnde a un accento che crea distinzione nel contenuto proprio della proposizione. Infine la forma della proposizione sta nel soggetto, che rappresenta l'universale astratto e nel predicato, che esprime la sostanza fluida in cui il soggetto trova il suo riconoscimento. Proseguiamo ora la nostra lettura, prendendo in considerazione di seguito il 62, dove Hegel cerca di esemplificare quanto detto, facendo di nuovo riferimento a Dio: "nella proposizione: Dio l'essere, predicato l'essere (Sein) ed ha un significato sostanziale, nel quale il soggetto si scioglie. Qui 'essere' non dev'essere il predicato, ma l'essenza; con ci Dio sembra cessar di essere ci che egli , mediante la posizione della proposizione, ovvero il soggetto fissato" ( 62). L'espressione 'Dio l'essere' composta da un soggetto e da un predicato. Essa costituisce pertanto un'uguaglianza (Dio = Essere), nella quale 'essere' forma sostanziale, cui il soggetto 'Dio' va a identificarsi.

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'Essere' inoltre rappresenta l'essenza stessa di Dio, al di l del fatto logico che ne costituisce semplicemente la predicazione, ovvero quel che si dice o che si pu dire di lui. Vero questo, da una problematica puramente logica si entra in una dinamica di tipo ontologico. Dio stesso allora, per la posizione assunta all'interno della proposizione, non pi il soggetto logico fissato, ovvero immobile, ma assume una sua dynamis proprio in forza dell'essenza che gli stata attribuita. Proviamo ora a considerare le cose da un altro punto di vista, mediante un esempio pi semplice. Si dice: Dio buono, meglio ancora la stessa Bont. Il predicato in questo caso dice qualcosa che specifica l'essere del soggetto; ancor di pi c' l'identificazione tra l'uno e l'altro. Al tempo stesso, per, il giudizio non risulta essere esaustivo; infatti il soggetto in questione, se vero che trova corrispondenza nel predicato proposto, pur vero per che in esso non pu trovare totale e completo appagamento. Di conseguenza, si avr: Dio Bont, ma pur altrettanto vero che Dio non Bont, e cio Dio non-Bont, in quanto, a esempio, anche l'Eterno, la bellezza, la Misericordia, la Provvidenza Insomma: A = non-A. Precisiamo ora quel che emerso, andando a un altro capoverso, dove troviamo scritto: "il bisogno di rappresentarsi l'Assoluto come soggetto si servito delle espressioni: Dio l'eterno o l'ordine morale del mondo o l'amore, ecc. In espressioni simili il vero bens posto all'incirca come soggetto, ma non ancora rappresentato come il movimento del riflettersi in se stesso. In una tale espressione si comincia con la parola: Dio; ma questo per s un suono privo di senso, un mero nome: soltanto il predicato dice quel che Dio , e ne il riempimento e il significato; il vuoto cominciamento diviene un effettuale sapere solo in una tal fine" ( 23). Dio amore, a esempio; significa che a Dio si applica una certa determinazione. Di per s in tale proposizione 'Dio' certo il soggetto logico della proposizione stessa, ma non ancora soggetto cos come crede di doverlo intendere Hegel, in quanto non ancora rappresentato in esso il movimento, che porta il suo stesso esserci a prender le distanze da s, mediante il suo esser-altro. Infatti l'espressione in questione, cos come altre analoghe con diverse determinazioni, fa perno sul soggetto logico 'Dio', che di per s un puro e semplice flatus vocis, non ancora un concetto. 'Dio', o anche 'Dio ', infatti, vuol dire tutto e al tempo stesso niente, perch nulla di determinato viene precisato ancora dell', ovvero dell'essere di Dio, neppure la sua determinazione di esistenza. In questa prima considerazione Dio ancora l'assoluto, inteso come universale astratto, privo di significato. Tale vuoto potr essere riempito solo se diviene un sapere reale e concreto, mediante il movimento di relazione con altro-da-s, ovvero con diverse e molteplici determinazioni: l'altro-da-Dio, che poi anche l'altro-di-Dio, ovvero Bont, eternit, Essere, Bellezza, ecc. Cerchiamo ora di ricapitolare quanto si andati dicendo. Dio non sostanza (contra Spinoza), come anche non Assoluto/sostanza (contra Schelling), ma

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Soggetto137. L'Assoluto insomma deve passare, secondo Hegel, da sostanza statica a sostanza viva; meglio, da sostanza a Soggetto. In forza di che avviene il passaggio? La risposta, che viene fuori dalla Vorrede e poi naturalmente da tutto lo sviluppo fenomenologico, netta e inequivocabile: il passaggio da sostanza a Soggetto, la trasmutazione di forma della Sostanza viva in Soggettivit, avviene per opera della Coscienza. Torniamo ora al nostro punto di partenza, leggendo il 17. Hegel stabilisce l il motivo per cui la concezione dell'unica sostanza incontr opposizioni al tempo in cui Spinoza la teorizz, e pi ancora i motivi teoretici per cui non possibile stabilire una identit tra Dio e/o l'Assoluto e la sostanza, di qui poi la caratterizzazione conseguente del Dio/Assoluto quale Soggetto. Leggiamo cos: "la concezione di Dio come unica sostanza indign quell'era in cui tale determinazione venne espressa, la ragione di ci stava nell'istinto il quale avverte come in tale concezione l'autocoscienza, invece di essersi mantenuta, andata a fondo" ( 17). Il Dio/sostanza manca cos di autocoscienza; di essa invece non risulta privo il Dio-Soggetto assoluto138. Approfondiamo quanto letto in quest'ultimo passo. Si potrebbe a buon diritto sostenere che in Hegel Dio = Spirito, quale Soggetto, ma perch possa essere concepito cos c' bisogno che si passi attraverso la coscienza e l'autocoscienza. Pertanto si potrebbe sostenere: in Hegel, prima139 ancora che Geist, Dio Bewusstsein, meglio ancora Selbstbewusstsein. Vediamo tutto questo, che naturalmente trova conferma proprio nel duplice movimento constatabile in tutta la Fenomenologia, movimento della Coscienza e dello Spirito assieme, nel 36. Scrive Hegel: "l'immediato esser determinato dello spirito, la coscienza, ha i due momenti del sapere e dell'oggettivit negativa del sapere. Mentre in questo elemento lo spirito si sviluppa e ostende i suoi momenti, ecco che a loro sopravviene quella opposizione, ed essi compaiono tutti quanti come figure della coscienza" Torniamo cos a considerare l'interconnessione e il rapporto tra Spirito e Coscienza. Anzitutto vien detto che la Coscienza tutt'uno con lo Spirito, ma, in quanto coscienza, questo viene considerato soltanto in una sua primissima, originaria e primordiale determinazione. Nel sapere immediato di s, che tutt'uno con quello della Coscienza sensibile, lo Spirito trova manifestazione in due momenti distinti e opposti: a). il 'sapere' stesso, che il soggetto ed da intendere quale momento positivo; b).

137 E' sostanza ancora la predicazione di Dio, quale 'universale astratto'; mentre 'soggetto statico' Dio quale soggetto logico della proposizione. 138 Tutto ci da collegare naturalmente al capitolo finale della Fenomenologia, che tratta appunto dell'autocoscienza dello Spirito, che si realizza e si compie nel Sapere assoluto. 139 La priorit da intendere in senso ontologico piuttosto che cronologico; di essenza e non temporale.

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l''oggettivit del sapere', che oggetto, da intendere invece quale momento negativo, in quanto opponentesi al soggetto conoscente140 . Proprio nell'elemento del sapere lo Spirito articola il suo proprio movimento fenomenologico; diviene dunque 'fenomeno'. Esso si manifesta, ma nel manifestare s non pu far altro che manifestare anche altro-da s. Tale sdoppiamento impone un'autentica con-versione, tale per cui Hegel ritiene di dover esibire un punto di vista ben diverso: quello della Coscienza. E' la coscienza itinerante, infatti, che fa esperienza dell'alterit, dell'opposizione e della scissione. Pertanto, quelli che sono definiti in un primo tempo i momenti dello spirito immediato sono una cosa sola con le figure della Coscienza, sono 'figurazioni' e forme che la Coscienza va di tempo in tempo assumendo nella sua singolare esistenza. A questo punto il discorso torna a cadere sulla Coscienza, la quale assume cos una posizione centrale nel testo: "la scienza di questo itinerario [quello del sapere, che prospetta lo scarto tra soggetto e oggetto] la scienza dell'esperienza che la coscienza fa; la sostanza, insieme col suo movimento vien considerata oggetto della coscienza. Essa non sa, n comprende se non ci che nella sua esperienza; infatti ci che nell'esperienza solo la sostanza spirituale e invero come oggetto del suo s" ( 36). E' messo qui in chiaro ancora una volta cosa intenda Hegel per filosofia come scienza. La speculazione sapere relativo all'esperienza che la Coscienza va facendo. Di pi, la Coscienza sa e comprende unicamente e soltanto quel che la riguarda, quel di cui in grado di fare diretta esperienza; essa altro non sa, non pu costitutivamente sapere, e pertanto quel che non passa per il tramite della sua presa diretta esperienziale, per la Coscienza, non esiste affatto. Ma cos' che essa sperimenta? qual l'oggetto di cui fa di volta in volta esperienza? Volendo dare una risposta unica, che tutto intende considerare, diciamo che la coscieza sperimenta la sostanza, ovvero quel che altrove stato identificato con l''universale astratto'. Non solo per essa; se cos fosse si rimarrebbe irretiti nei limiti propri delle filosofie del sentimento che colgono l'Assoluto in modo semplicemente intuitivo. A completamento bisogner allora dire che la Coscienza fa esperienza della sostanza in uno con il suo movimento, e cio della sostanza non pi considerata quale immediato immobile, ma divenuta ormai 'fuida', sottoposta cio al divenire dialettico. Volendo definire tale sostanza diversamente, si potr parlare di 'sostanza spirituale', in quanto la sostanza si ormai inverata, attraverso il movimento, come spirito e/o soggetto. Ma allora, il soggetto stesso si rivela, proprio in forza di quest'ultimo passaggio, come oggetto. La sostanza spirituale, infatti, risulter essere oggetto proprio del s, ovvero del soggetto in questione. Prosegue Hegel: "ma lo spirito diviene oggetto, poich questo movimento (Bewegung): divenire (werden) a s un altro, ossia oggetto del suo s, e togliere (aufheben) questo esser altro" ( 36).

140 La 'negativit' vien data dal fatto che l'oggetto risulta essere altro-dal soggetto; esso quel che il soggetto non . Si faccia qui riferimento al rapporto e alla distinzione che intercorre tra soggetto e predicato nella proposizione speculativa su considerata.

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Vien detto che lo Spirito coincide con l'oggetto, di cui la Coscienza fa esperienza, in quanto trova corrispondenza in tutto e per tutto nel movimento della sostanza. Anzi lo Spirito movimento141. Consideriamo ora in cosa consista il movimento proprio dello Spirito. Di esso vengono poste in luce due fasi distinte, ma complementari; meglio ancora, tre momenti, che comportano due fasi per il passaggio da un momento all'altro. I momenti in questione sono quelli relativi al S (an sich), all'altro-da-S (fr sich) e di nuovo al S (an und fr sich); nell'espressione ora letta sono poi da sottolineare i concetti di Bewegung, Werden e Aufheben. I tre termini risultano sinonimi; e pi precisamente, si parla di Bewegung, distinta in due fasi: a). il Werden del soggetto, che dal s passa all'altro-da-s, ovvero c' sdoppiamento del s in un altro se stesso, che l'oggetto che gli si oppone; b). l'Aufheben, che consiste nel 'superamento' e al tempo stesso in una 'conservazione' del momento precedente, attraverso una seconda fase in cui l'esser-altro viene annullato, ovvero avviene la ri-conciliazione della frattura e opposizione di soggetto e di oggetto, in vista del conseguimento di una superiore unit, che riconduce al momento iniziale del S. Tutto questo l'esperienza che la coscienza fa, ovvero il movimento dello spirito, la sua fenomenologia. Lo ribadisce Hegel, a conclusione: "ed esperienza vien detto appunto quel movimento dove l'immediato (Unmittelbare), il non-sperimentato, cio l'astratto appartenga esso all'essere sensibile o al semplice solo pensato- si viene alienando e poi da questa alienazione torna a se stesso; cos soltanto ora, dacch anche propriet della coscienza, l'immediato presentato nella sua effettualit e verit" (36). Si torna qui a proporre il punto di vista della Coscienza; meglio, si opera una riflessione su quelli che sono da considerare due stati della Coscienza, da distinguere nettamente: lo status pre-esperienziale, e cio la situazione che si vive 142 prima di qualsiasi esperienza e che ne la condizione stessa di possibilit, e lo status relativo all'esperienza propriamente detta, che corrisponde a una situazione ben diversa, che la Coscienza vive 'in prima persona' solo dopo aver fatto esperienza. Prendiamo ora in attenta considerazione i due diversi 'stati'. 1. Situazione pre-esperienziale. Si nel non-ancora sperimentato, ovvero si d l'immediato. A livello conoscitivo siamo ancora in presenza di astrazione. Hegel recisa, infatti, che tale immediato/astratto pu appartenere indifferentemente o alla pura e semplice sfera della sensibilit, o anche a quella della conoscenza, ma a una conoscenza non ancora del tipo scientifico-filosofico. Hegel parla di un 'semplice che solo pensato (gedachten)'. Vediamo ora meglio cosa egli intenda. Troviamo scritto: "il noto in genere appunto perch noto (bekannt), non conosciuto (erkannt). Quando nel conoscere (erkennen) si presuppone alcunch come noto e lo si tollera come tale, si
141 Esso il movimento della sostanza; proprio in forza del movimento infatti che la sostanza stata definita 'spirituale', come si ricorder. 142 Si dice 'si vive' e non che la Coscienza vive, in quanto, quando la Coscienza vive, ha gi cominciato di fatto a sperimentare.

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finisce con l'illudere volgarmente s e gli altri; allora il sapere, senza nemmeno avvertire come ci avvenga non fa un passo avanti, nonostante il grande e incomposto discorrere che esso fa" ( 31). Hegel distingue cos due tipi di sapere: quello relativo al bekennen e quello che concerne l'erkennen. Diciamo anzitutto che il 'noto' di cui si parla corrisponde al semplice soltanto pensato, di cui si tratta nel capoverso che si sta considerando143. Quel che in questo modo noto, non ancora conosciuto. L'Erkennen deve invece presupporre qualcosa gi-da-sempre dato, il 'noto' appunto, che potremmo a buon diritto identificare con il senso comune144. Una cosa poi presupporre ci, altra cosa naturalmente limitarsi a ci. Limitato al noto, il sapere illude e inganna. Prosegue poi il testo: "senza ponderazione, il soggetto e l'oggetto, ecc., Dio, la natura, l'intelletto, la sensibilit, ecc. vengon posti a fondamento come noti (werden umbesehen als bekannt = diventano come noti senza averli visti) e come qualcosa che ha valore sicuro, e costituiscono dei punti fissi per l'andata e il ritorno; il movimento corre su e gi tra questi punti che restano immoti (umbewegt) e ne sfiora soltanto la superficie" ( 31). Limitandosi a quel che di primo acchito noto, senza ulteriore, doveroso e necessario approfondimento, che avviene mediante quello che altrove delineato come il movimento dialettico della proposizione e/o del giudizio (cfr. 61 e sg.), si rimane al cospetto dell'immediato, comunque esso sia inteso, ideologicamente, per fede, o secondo il buon senso comune. Siamo di fronte alla proposizione di un Assoluto: Dio, o natura, o Intelletto, o sensibilit. Tale Assoluto considerato come un valore certo; di esso non si fa questione alcuna, pur essendo semplicemente bekannt, ma anche umbesehen, ovvero non considerato con propria visione; di esso, insomma, non se ne fa ancora un'esperienza propria, personale. Nel noto poi si accertano dei punti fissi, dai quali si opera un certo movimento; tale movimento per pura apparenza, in quanto si svolge soltanto superficialmente. Quel che constata Hegel nell'immediato e astratto, semplicemente bekannt, dunque la sostanziale immobilit, dovuta al fatto che tali punti di riferimento, irrinunciabili e assunti a fondamento dalle teorie filosofiche, non sono per scandagliati in realt dal lavoro del concetto. 2. Situazione esperienziale. L'esperienza anzitutto Bewegung. Quel che entra in movimento reale ed effettivo mediante l'esperienza l'immediato, che invece viene considerato immoto dal senso comune ideologico e fideistico.

Il verbo bekennen significa 'confessare, professare' (- Partei = aderire a un partito; - Religion = professare una fede. Bekenntnis, dunque, significa 'confessione', 'professione di fede'. Bekannt significa 'noto', 'conosciuto', in quanto saputo e accettato, cos come si acquisisce una nozione da un partito o da una religione, ovvero la conoscenza acritica e arazionale che s'impone per ideologia e/o per fede religiosa. 144 Si faccia qui riferimento a tutte quelle informazioni e conoscenze, anche scientifiche, che caratterizzano il nostro sapere quotidiano, quel sapere che ci permette di vivere. Tutto ci di per s non implica ancora 'lavoro del concetto'.

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Come avviene il movimento? la risposta a tale interrogativo vede la centralit di un concetto tipico di Hegel (e in seguito di Marx): Entfremdung, estraneazione. Il movimento dell'esperienza consiste nel fatto che l'immediato si va estraniando e poi da tale estraneazione torna a s145. Come si ricorder abbiamo gi incontrato (cfr. 19) il concetto di Entfremdung in riferimento alla 'vita di Dio', che per evitare di essere considerata in modo insipido e semplicemente edificante, deve implicare seriet, dolore, pazienza e lavoro del negativo, ovvero impegnarsi nell'estraneazione e nel suo successivo superamento. Qui si torna sul medesimo concetto, che viene per ora sostenuto per qualunque punto fisso di riflessione teoretica, per qualsiasi fondamento filosofico. Fare esperienza da parte della Coscienza implica il sottoporre quel che da sempre dato come noto a un lavoro che lo porta a uscire fuori di s, fuori dal proprio immoto S, per ri-conoscere in S l'altro-da-s (Andersein), ovvero l'estraneo (Fremd). Ci non per sufficiente per pervenire alla conoscenza. L'esperienza completa solo in forza di un ulteriore movimento, di ritorno dall'estraneazione, di ritorno al S stesso, da cui si era partiti e da cui ci si era distaccati. Esperienza implica cio un recupero del Selbst, dopo aver sperimentato in esso l'alterit, l'estraneit, il diverso e il differente. Vediamo di considerare ora le conseguenze di tale chiarimento teoretico circa l'esperienza della Coscienza, relativamente ai punti fissi, ai fondamenti che le filosofie esibiscono. A questo punto, ovvero in seguito a questo movimento di 'andata' e di 'ritorno', che da considerare gi avvenuto, l'immediato non pi tale, perch ormai passato attraverso il crogiuolo dell'alterit. Esso ancora se stesso, ma ormai attraverso la mediazione di qualosa che altro rispetto al S. Insomma, l'immediato non pi solo 'semplice pensato', ovvero 'noto', ma ormai conosciuto e saputo. E' cos avvenuta la dialettica 'circolare' della verit, che dall'universale astratto, attraverso il concreto lavoro che avviene nell'esperienza, perviene di nuovo all'universale, questa volta per concreto, in quanto determinato nei suoi elementi costitutivi. Si cos pervenuti alla Wirklichkeit e alla Wahreit, nella constatazione ancora una volta che 'il vero l'intero': esso comprende la totalit del processo dialettico, ovvero del movimento del divenire. Torniamo a considerare le cose dal punto di vista del Geist146. Proprio in conseguenza dell'esperienza che la Bewusstsein fa, abbiamo che il vero corrisponde al reale; proprio l'esperienza della Coscienza che ci permette di pervenire concettualmente a questa considerazione finale. Detto diversamente, l'esperienza della Coscienza ci porta a concepire la verit, che una sola cosa con la realt. D'altro canto per verit/realt

145 Con l'esperienza la Coscienza si aliena da s, nell'altro-da-s, costituito dall'oggetto di cui essa fa esperienza. 146 Come si sar certamente notato, si assiste a un vero e proprio andirivieni, in avanti e indietro da Bewusstsein a Geist e viceversa; da un capoverso all'altro e all'interno del medesimo capoverso. Spesso poi la lettura e l'interpretazione di un passo che riguarda esplicitamente uno dei due 'soggetti' del discorso hegeliano, implicitamente e tra le righe concerne anche l'altro. Si faccia riferimento a quanto detto sopra nell'Introduzione, relativamente ai problemi di eccezionalit di scrittura e di conseguenza di lettura presenti nella Fenomenologia e in particolar modo nella Vorrede.

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nella loro interezza e totalit corrispondono al Geist. Pertanto la Bewusstsein nella sua esperienza concepisce il Geist stesso147. Leggiamo ora, a ulteriore conferma: "che il vero sia effettuale solo come sistema o che la sostanza sia essenzialmente soggetto ci espresso in quella rappresentazione che enuncia l'assoluto come spirito -elevatissimo concetto appartenente all'et moderna e alla sua religione. Soltanto lo spirituale l'effettuale" ( 25). L'assoluto viene rappresentato come Spirito: la considerazione culminante della religione cristiana, che infatti sostiene che Dio spirito. Com' possibile, per, tradurre ci speculativamente? Hegel prova a dirlo a suo modo: la verit, intesa come sistema, ovvero come intero, realt, e la sostanza coincide per la sua stessa essenza, almeno per il pensiero moderno, al soggetto. Contro le filosofie del sentimento e dell'intuizione, si visto come l'Assoluto non corrisponda alla sostanza, ma al soggetto, ovvero a una sostanza fluida, dal momento poi che, cos concepito, l'assoluto s'identifica al tempo stesso sia con la realt, sia con lo spirito; ma allora avremo che lo Spirito viene a coincidere con la realt. Si dice poi ancora di pi: soltanto lo spirito, con i suoi caratteri di Assoluto, di sostanza fluida colta nel suo movimento articolato e quale intero compiuto, reale148. La realt dello Spirito viene poi distinta in tre momenti, che corrispondono ai momenti della dialettica e del movimento del divenire: 1. l'essenza, che tutt'una con l'an sich; 2. l'essere-determinato, o esser-altro, che corrisponde al fr sich; 3. il ritorno al S, permanendo la determinatezza, che trova corrispondenza nell'an und fr sich. Inoltre il momento finale del divenire compiuto dello spirito a sua volta ha due aspetti: a). dapprima semplicemente e unicamente fr uns, inteso come sostanza spirituale; b). poi deve divenire quel che gi per noi, ma anche per se stesso. Scrive cos Hegel: "esso deve essere ci anche per se stesso, deve essere il sapere dello spirituale e il sapere di s come spirito, ossia deve essere a s come oggetto e, nel medesimo tempo, deve essere anche immediatamente come oggetto tolto, riflesso in se stesso [] Questo oggetto per s soltanto per noi, in quanto mediante lui stesso vien generato il suo spirituale contenuto; ma in quanto l'oggetto medesimo per s anche per se stesso, ecco che questa autogenerazione, il puro concetto, a lui parimente l'elemento oggettivo, dove esso ha il suo essere determinato: per tal modo nel suo essere determinato esso per se stesso oggetto in s riflesso" ( 25). Sono qui da acquisire due nuovi elementi, relativi all'autocoscienza e all'autogenerazione. Tramite l'esperienza che la coscienza va facendo, noi sappiamo e conosciamo lo Spirito, ma pur vero che prima ancora del nostro stesso conoscere lo
147 E' un altro modo per dire quanto gi sostenuto: la Coscienza nella sua singolare esperienza ripete un itinerario che lo Sopirito ha gi percorso, ovvero la scienza dell'esperienza della Coscienza tutt'una con la scienza della fenomenologia dello spirito. 148 Se vero questo, cosa dire della Coscienza individuale? Non avrebbe realt a se stante. Che senso ha, per, parlare di Spirito, senza coscienza, dal momento che si avuto modo di notare in precedenza come tra i due ci sia sempre interconnessione?

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Spirito che si ri-conosce. Hegel parla infatti del 'sapere di s dello spirito', ovvero dell'autocoscienza, quel sapere per il quale il soggetto ha se stesso quale oggetto. C' da dire dell'altro. L'oggetto 'spirituale', la sostanza spirituale, che il concetto della conoscenza scientifica, prodotto dallo stesso spirito. Lo spirito, cio, prima ancora che 'sapere-di-s' produzione-di-s, ovvero autogenerazione (Selbsterzeugen). Conclude cos Hegel: "lo spirito che si sa cos sviluppato come spirito la scienza. Questa ne la realt effettuale, ed quel regno che esso si costruisce nel suo proprio elemento" ( 25)149. Si propone uno stretto collegamento tra realt e verit, tra essere e pensiero. Pertanto il regno dello spirito, che realt effettuale, si costituisce nel suo elemento, fondato sulla produzione concettuale/scientifica. Vediamo di precisare ancora meglio tutto ci, analizzando il 65. Si parla della differenza tra il pensare speculativo e quello non speculativo. Solo nella proposizione speculativa si produce il concetto. Tale produzione avviene in forza dell'elemento effettualmente speculativo, che agisce nella proposizione stessa. Tale elemento dato dal movimento dialettico: "solo esso l'elemento effettualmente speculativo; e solo l'enunciazione del movimento medesimo rappresentazione (Darstellung) speculativa []. La proposizione deve esprimere ci che il vero ; ma esso essenzialmente soggetto, solo il movimento dialettico, ritmo autoproducentesi che si spinge oltre e ritorna in se stesso" ( 65). Qui si torna di nuovo a parlare di autoproduzione, cos come in precedenza di autogenerazione. Il vero soggetto e al tempo stesso Assoluto (il Geist), in quanto risultatoprodotto di un movimento, del divenire del processo dialettico. Vediamo ora come ci accada. Meglio, come accade ci lo si gi visto; ora dobbiamo precisare in forza di quale elemento il processo dialettico tale, ovvero quel che da sempre inteso assolutamente e staticamente possa essere concepito in movimento. Inoltre bisogner precisare cosa ci implichi di nuovo. Qualcosa lo si gi considerato; si tratta di operare ora opportuni approfondimenti. Torniamo, per farlo, al 20150. Come si ricorder ne abbiamo gi affrontato la lettura. Si era cos determinato che il vero l'intero, che perviene alla sua essenza attraverso uno sviluppo di s; esso l'Assoluto, che pertanto risultato di un processo. E' poi se stesso soltanto al termine e quale finalit di un movimento processuale e progrediente. Infine, come si ricorder, si era stabiita la natura del'Assoluto: esso realt, soggetto e divenire di s.
149 Si noti che questo passo gi stato letto, eppure ora acquista per noi un altro significato, in forza di elementi acquisiti strada facendo nel nostro cammino. 150 Perch possa essere letto un testo va scomposto e ri-composto, in forza e ein funzione di quelli che vengono ritenuti i suoi punti-forza. Si realizza cos un andirivieni nella lettura da un passo all'altro, da un capoverso a un altro, o anche solo tra le diverse e distinte parti di uno stesso capoverso; nel far ci si opera una contestualizzazione, ma il pi delle volte il contesto viene addirittura ignorato. E' questa una lettura teoretica, che tiene conto naturalmente di quella di tipo storicistico e lineare, ma non intende mai puntare unicamente su di essa nella ricerca del significato di un testo .

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Sinora abbiamo avuto modo di considerare il senso dell'essere-soggetto, piuttosto che sostanza, da parte dell'Assoluto; ora vediamo di chiarire ulteriormente, di precisare in che senso sia da intendere il divenire-di-s del soggetto/Assoluto. Anzitutto c' da precisare che pu sembrare contraddittorio che l'Assoluto venga considerato quale punto culminante e finale di un processo151. Coloro che interpretano l'Assoluto quale Anfang, come principio e cominciamento, da cui ha origine ogni cosa, e dunque anche qualsiasi sapere, sono per Hegel in errore, perch enunciano una verit del tutto astratta, una verit relativa a un universale. A esempio, prendiamo in considerazione l'espressione 'tutti gli animali'. Essa, tanto per far riferimento a un punto importante della logica della proposizione gi considerata, enuncia qualcosa di noto, ma non ancora conosciuto. Con essa difatti non sappiamo ancora nulla degli animali, anche se con un 'colpo d'occhio' li abbiamo voluti considerare proprio 'tutti'. 'Tutti' s, ma ancora nessuno in particolare, nessuno in forma determinata. Pertanto degli animali, oggetto di discorso, non si sa praticamente e concretamente ancora nulla. L'espressione 'tutti gli animali' pu cos essere intesa come semplice cominciamento, ma non pu rappresentare certo la scienza degli animali, la zoo-logia. Lo stesso dicasi per Dio, l'Assoluto. Si sta qui dicendo, insomma, che tutti i 'cominciamenti', i principi primi e i punti fermi della riflessione metafisica posseggono le medesime caratteristiche. Detti con immediatezza intuitiva, essi sono e restano espressioni, solo all'apparenza dense di significato. Di fatto, sono termini privi di qualunque concettualit. Proseguiamo ora la nostra lettura: "ci che pi di tali parole [Dio, l'Assoluto], e sia pure il passaggio a una sola proposizione, contiene un divenir-altro (Anderwerden) che deve venire ripreso, ossia una mediazione (Vermittlung). Della mediazione peraltro si ha un sacro orrore, come se, quando ci si limiti ad affermare che essa non niente di assoluto e non si trova nell'Assoluto, si debba rinunciare alla conoscenza assoluta" ( 20). Cos' che permette di andare oltre il puro e semplice cominciamento? cos' che permette a termini di per s privi di significato di assumere su di s il carico concettuale, ovvero la determinazione della predicazione? Hegel risponde con la 'mediazione'152. Prendiamo uno degli esempi proposti. Il 'divino' (Dio o Assoluto, che sia) da universale astratto si fa concreto mediante una particolare determinazione, che gli viene da quel che di esso predicato. La predicazione implica per il divenir-altro del soggetto logico della proposizione e al tempo stesso una conciliazione, con relazione/rapporto, e una mediazione con esso153. Della mediazione si ha 'orrore', perch si teme che con essa si
151 As-soluto (da absolutum) significa 'sciolto' da qualsiasi condizionamento; se l'Assoluto, pertanto, sottosta, deve sottostare, a un processo, proprio da esso che di necessit viene condizionato. 152 E' la Vermittlung, che indica la 'conciliazione', 'negazione', il 'mettere in comunicazione'. 153 Si visto infatti come nella proposizione avvenga l''armonia' dei differenti, e cio coesistano identit e differenza.

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debba rinunciare all'Assoluto e a una conoscenza assoluta, dal momento che implica relazione e prima ancora e soprattutto alterit.Pi avanti poi Hegel chiarisce i termini della questione, da una parte tenendo fermo il concetto di Soggetto/Assoluto, dall'altra caratterizzando le modalit proprie del divenire dialettico di esso. Leggiamo: "ma in effetto quel sacro orrore deriva dall'ignoranza della natura della mediazione e della stessa conoscenza assoluta154. Infatti la mediazione non altro che la moventesi eguaglianza con s o la riflessione in se stesso, il momento dell'Io che per s, la negativit pura abbassata alla pura astrazione, il divenire semplice. L'Io o il divenire in generale, questo atto del mediare, in virt della sua semplicit appunto l'immediatezza che in via di divenire nonch l'immediato stesso" ( 21). Si sostiene che la mediazione al tempo stesso negativit e divenire. Colta in riferimento al S, essa 'per s', l'Io che passa dall'an sich al fr sich. Pertanto l'atto della mediazione, che, si noti bene, vien fatto coincidere con l'Io stesso, con-tiene sia l'immediato, e cio il cominciamento, sia l'immediato in divenire, ovvero che comincia a modificare il suo stesso punto di partenza, che mette in movimento il punto fisso che si trovava a occupare e a essere. In precedenza per era stato detto che il passaggio dal primo principio ancora vuoto di significato al sapere avviene mediante il 'divenir altro'; si era sostenuto cio che l'altro con cui ci si pone in relazione e con cui necessaria la conciliazione il predicato della proposizione155. Di conseguenza, volendo e dovendo tenere unite entrambe le considerazioni, avremo che il divenir-altro viene a coincidere col divenir-semplice, o divenire in generale; d'altra parte, il divenire in generale viene fatto coincidere con l'Io, che risulta essere attivit di mediazione. E' allora nell'Io, e nell'Assoluto colto nel cominciamento, che avviene la mediazione. Avevamo d'altra parte gi considerato come il vero debba essere rappresentato come "il movimento [divenire] del riflettersi in se stesso del soggetto" ( 23).E' allora vero che la mediazione di cui si sta trattando, e pertanto la stessa negativit (il non di non-A) e il divenire dialettico (ovvero il movimento), da considerare come il divenir-altro-da-s certo, ma dello stesso S: il divenire interno al s e all'Io. L'Io, inteso quale Assoluto cominciamento, pertanto, coglie l'alterit, la propria alterit, che in grado di porlo in movimento, in se stesso, e mai al di fuori di s156.
Qui Hegel tende perci a mostrare, prendendo le distanze da qualsiasi interpretazione equivoca di sorta, qusale siano le caratteriztiche essenziali della Vermittlung, e prima ancora dell'Anderswerden, le quali sono poi quelle che permettono il sapere assoluto, o il sapere dell'Assoluto, piuttosto che ostacolarlo. 155 Si pensi all'espressione 'il divino '. Bont, Bellezza, Provvidenza, Essere, Misericordia, Sapienza, ecc. rappresentano 'altro' rispetto al divino: sono altro-da e al tempo stesso altro-di. Dio stesso poi diviene per altro, nella predicazione che vien fatta di s, nell'attribuzione di una ben precisa determinazione: questo il sapere concettuale di Dio, relativo al divino. 156 Le filosofie della riflessione non comprendono tutto quel che precede, ovvero come l'alterit sia implicata nella stessa identit, e cio il principio di eguaglianza con-tenga in se stesso quello di contraddizione; si giunge a non riconoscere la funzione di quella facolt che per Hegel fondamentale, la ragione. Essa interpreta la scissione tra soggetto e oggetto, immediato e determinazioni, che avviene nella proposizione, scissione che frutto come si sa della facolt
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III.2. Negativit e morte A questo punto Hegel prosegue con una precisazione, per noi di particolare importanza: "il gi detto pu anche venir riespresso cos: la ragione l'operare conforme a un fine (zwekmssige Tun)" ( 22). Si visto come la ragione superi la scissione, la differenza e l'alterit, per ricondurre all'unit e alla totalit organica del reale. Qui si sta aggiungendo che il suo Tun157 finalizzato. La ragione imbriglia il movimento dialettico, avendo di mira uno scopo, una finalit. Il fine, poi, si precisa, non affatto esterno, ma interno all'essenza naturale stessa della realt: "operare conforme a un fine, essendo questo [il fine] l'immediato, il quieto, l'immoto che esso stesso motore; cos tale immoto soggetto; la sua forza a muovere, presa in astratto l'esser-per-s o la pura negativit. E il risultato ci stesso che il cominciamento, soltanto perch il cominciamento fine; oppure l'effettuale ci che il suo concetto, soltanto perch l'immediato come fine ha dentro di lui il s o la pura effettualit. Il fine attuato o l'effettuale esistente movimento, divenire giunto al suo dispiegamento, ma proprio questa inquietudine il s; ed esso uguale a quella immediatezza e a quella semplicit del cominciamento, perch il risultato, perch ci che tornato in se stesso; -ma ci che tornato in se stesso appunto il s; e il s l'eguaglianza e la semplicit che si rapportano a s" ( 22). Questa un'attenta e precisa considerazione concernente la finalit, legata strettamente al Soggetto. Vien detto che la finalit del movimento dialettico presente sin dal momento pre-esperienziale, nel topos immediato e immoto, nella quiete del cominciamento158; d'altro canto poi la finalit, pur essendo immobile, provoca movimento essa stessa: motore immobile di una dialettica. Concludendo, allora, la finalit Soggetto del divenire, forza che muove e spinge; essa viene a coincidere perfettamente con la negativit del fr sich. Date le premesse ora fatte, si perviene a delle conseguenze di un certo rilievo. Il risultato del processo viene a coincidere con l'Anfang, dal momento che la finalit presente sin dal luogo originario e la finalit coincide col termine dello stesso processo; dal momento poi che al termine dello sviluppo dialettico si consegue la rappresentazione
dell'intelletto, come 'momento positivo dell'Assoluto', piuttosto che semplicemente e soltanto come 'semplice negativit'. 157 Il verbo tun significa 'fare', 'agire', 'operare'. Si tenga presente che il Geist nella Fenomenologia sar definito 'operare (tun) di tutti e di ciascuno'. Lo Spirito risulta essere pertanto un''operazione razionale'. 158 L dove nessuna esperienza ancora data, la finalit risulta essere la possibilit remota di uno sviluppo e soprattutto della conclusione dello stesso.

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della realt, questa tutt'una col fine, che viene conseguito e che riconducibile all'immediato e riconoscibile pertanto sempre in esso. Infine la finalit, proprio per il suo identificarsi col divenire stesso, concepita da Hegel quale inquietudine (Unruhe); essa infatti 'in-quiete', in quanto soggiorna nell'immobilit immediata propria del cominciamento, ma al tempo stesso in-quieta, in quanto motore del processo teso allo sviluppo e al conseguimento del termine. Cominciamento e risultato vengono cos a coincidere, essendo il punto essenziale che li congiunge, identificabile alla finalit del Soggetto, che il S, che ritorna in se stesso, nella perfetta eguaglianza col proprio s. Abbiamo cercato di approfondire il senso che acquista in Hegel il movimento e il divenire di S dell'Assoluto. Si cos constatato come esso sia dovuto alla mediazione, alla negativit e all'esser-altro; tutto ci la molla della dialettica, ovvero il suo 'motore'. 'Motore' anche per chiamata la finalit implicita nel processo, dal suo inizio sino alla fine. Si poi visto come la ragione abbia il compito di unificare, di operare il ritorno all'unit organica del S, all'an und fr sich, dallo stato di scissione e di separazione, ma prima ancora si tratta di considerare attentamente il fr sich e ancor prima qualcosa che porti alla rottura all'interno del S immediato, che conduce alla separazione nel S tra s e altro-da-s. Di cosa si tratta? Lasciamo ancora una volta la parola a Hegel, considerando i 37 e 32. Troviamo scritto: "l'ineguaglianza che nella coscienza ha luogo tra l'Io e la sostanza che ne l'oggetto, la loro differenza, il negativo in generale. Il negativo pu venir riguardato come la manchevolezza di entrambi; ma la loro anima, o ci che li muove entrambi; ragion per cui alcuni antichi ebbero a concepire il vuoto come motore, concependo s il motore come il negativo, ma questo non ancora come il S" (37). Tra il S e la sostanza, nell'opposizione che avviene nella Coscienza, tra il soggetto e l'oggetto, c' distanza, differenza e separazione: altrettanti modi per dire il negativo. Alla prima apparenza il negativo potrebbe apparire manchevolezza. Infatti il non di qualcosa, ovvero quel di cui un qualcosa o un qualcuno risulterebbe privo. Il negativo in questo caso sarebbe una decurtazione di essenza. Esiste invece una possibilit di giudicarlo positivamente. Esso sarebbe l'anima stessa e del soggetto e dell'oggetto, dal momento che crea per l'uno e per l'altro la distanza/separazione, ma nel contempo le condizioni stesse di una possibile relazione. Pertanto come gli antichi concepirono con Democrito il vuoto, cos noi, con Hegel, assumiamo il negativo e il nulla come motore, in accezione perci decisamente positiva. Andiamo ora a considerare il 32. Qui Hegel tratta dell'analisi di una rappresentazione. In precedenza si stabilita, come si ricorder, la distinzione tra noto e conosciuto (bekennen ed erkennen), e si detto che il conoscere implica una rappresentazione che non solo contempli il movimento da un punto all'altro del gi noto, ma che elabori anche al suo interno una distinzione, che il frutto della particolare determinazione offerta dalla predicazione.

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Scrive poi Hegel: "l'analisi della rappresentazione, come di solito era condotta, non consisteva in altro che nel togliere la forma nel suo esser-nota. Scomporre una rappresentazione nei suoi elementi originari un ritornare ai suoi momenti, i quali per lo meno non hanno la forma della rappresentazione trovata, ma costituiscono l'immediata propriet del S. Una tale analisi giunge bens solo a pensieri che, anch'essi, sono determinazioni note salde e ferme. Ma questo separato, questo stesso ineffettuale, un momento essenziale; infatti, sol perch il concreto si separa e si fa effettuale, esso ci che muove s" ( 32). In un primo tempo viene qui delineato quel che accade comunemente nell'analisi logica di una proposizione da parte delle filosofie del tempo. Si scompone la rappresentazione in momenti originari, se cos si pu dire, per una sorta di recupero del S nella sua immediatezza. Quale conseguenza si avranno dei pensieri, che costituiscono le determinazioni proprie di quel che noto, ma risultano essere di per s in-effettuali. Sin qui la critica hegeliana. Hegel ammette poi che proprio quel che lo scisso, il separato e l'in-effettuale momento essenziale di un processo, ovvero del divenire stesso del movimento. Senza la scissione, dunque, non c' realt, non c' scienza. La Wirklichkeit, infatti, nella sua concretezza, il movimento, che avviene prorpio in forza di quel che separato e scisso, e senza del quale non potrebbe assolutamente accadere. Proviamo a dirlo diversamente. La realt per Hegel si costituisce nel suo proprio essere mediante delle ir-realt, e cio l'essenza prende forma in forza di elementi di per s in-essenziali. Abbiamo gia visto come il vero coincida con l'intero, la realt sia cio da considerare corrispondente alla totalit di un processo, che avviene in virt del movimento di elementi che considerati da soli sono da ritenere alla lettera ir-reali. Perci, i singoli elementi/momenti, statici e ineffettuali, considerati in relazione reciproca e tesi a costituire un'unit organica, risultano determinanti ed essenziali. La loro determinazione serve a costituire cos l'essenza dell'Intero. La conseguenza di quel che si andati dicendo che acquista importanza davvero decisiva l'attivit del separare/distinguere, posto che proprio in forza del separatodistinto-scisso si pu pervenire alla compiutezza del processo del divenire. Tale attivit da ritenere d'importanza capitale non in assoluto, ma in relazione al processo stesso. E' a questo punto che Hegel tesse l'elogio dell'intelletto, facolt cui si deve l'attivit del separare: "l'attivit del separare (Ttigkeit des Scheidens) la forza (Kraft) e il lavoro (Arbeit) dell'intelletto, la pi mirabile e pi grande, o meglio la potenza assoluta (absoluten Macht)" ( 32). Hegel torna di nuovo alla carica nella polemica sempre aperta e mai composta con i contemporanei. Ipotizza che si possa considerare la sostanza come un 'circolo che riposa

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in s chiuso'; esso ha s i suoi elementi/momenti, ma questi si costituiscono in unit, mediante una relazione immediata, che non suscita alcuna meraviglia159. Insomma, Hegel precisa che in fondo in questa considerazione delle cose quel che conta l'unit sostanziale; tale unit che realmente esistente con una propria specifica determinazione. Di qui la conseguenza: se la totalit ad avere determinazione, l'unica ad averla, mentre le parti/elementi non ne posseggono alcuna. La considerazione di Hegel sull'importanza fondamentale dell'attivit dell'intelletto, che distingue e separa all'interno di una unit originaria, ben differente. Rispetto alla sostanza e alla sua essenziale unit, i separati e scissi, ovvero gli elementi/momenti, sono s l'accidentale, ma con funzioni e autonomia propri, dovuti a una ben precisa determinazione, che li pone in essere. Leggiamo: "ma che l'accidentale ut sic (als solches = qua tale), separato dal proprio ambito, che ci che legato, nonch reale solo nella sua connessione con altro, guadagni una propria esistenza determinata e una sua distinta libert, tutto ci l'immane potenza (die ungeheure Macht) del negativo; esso l'energia del pensare (Denkens) del puro Io" ( 32). Si considera qui l'accidentale als solches, e cio proprio in quanto inessenziale, considerato come il separato. Esso quel che in grado di acquistare realt, solo mediante il legame, la connessione e la relazione con altro-da-s. Nonostante questa sua condizione, questo particolare status, esso acquista una 'esistenza determinata' e specifica, una libert rispetto a quel qualcosa d'altro, cui legato e connesso, e da cui si separa. L'esistenza determinata e la libert di essenza sono dovute all'attivit dell'intelletto. Troviamo difatti stretta corrispondenza tra l'intelletto inteso quale absoluten Macht e die ungeheure Macht des Negativen, di cui si parla qui. L'intelletto l'energia, la forza, la potenza, in una parola attivit di lavoro160 Torniamo a leggere: "tutto ci l'immane potenza del negativo; esso l'energia del pensare, del puro Io". il testo prosegue poi con un termine, che da una parte sembra fare da contrappunto a quel che precede, dall'altra intende chiarire quanto gi detto: 'la morte (Tod)". All'apparenza delle cose sembra che Hegel d'improvviso intenda dire altro; una riflessione pi attenta dimostra invece che egli vuole rendere esplicito il senso che ha da acquistare nel suo pensiero il 'negativo', la mediazione e l'attivit propria dell'intelletto a esso connessa strettamente. Leggendo ora un ultimo passo hegeliano, crediamo di poter riuscire a chiarire aspetti decisivi dell'essere dialettico: "la morte (Tod), se cos vogliamo chiamare quella irrealt, la pi terribile cosa; e tener fermo il mortuum, questo ci a cui si richiede la massima forza" Cos' la morte? nell'economia del testo hegeliano, del passo ora letto, un concetto che va a riassumere e a spiegare quel che immediatamente precede. D'altro
159 Non ci si meraviglia infatti di un tutto/unit, che possa essere distinto in parti, semprech si consideri l'idea di unit come originaria; nel qual caso la relazione stessa tra le parti si darebbe infatti ab origine. 160 Si ricordi qui opportunamente come il 'lavoro', la 'fatica' del concetto, vista precedentemente, siano da collegare proprio all'energia del pensare (Denken).

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canto, la morte negazione. Di cosa? Della vita e di tutto quel che vivente; negazione di essenza, negazione del reale, e difatti ir-realt (Unwirklichkeit). In quanto tale la morte risulta essere terribile. Segue, per, subito dopo una precisazione. Nonostante sia tale, e perci da evitare, si sostiene anche che c' da 'tener fermo' (festzuhalten) il 'morto' (das Tode); Hegel parla di un'esigenza e di una necessit: bisogna che lo si fissi e lo si immobilizzi, e pertanto in quanto tale permanga in-essere. Per realizzare ci si esige una forza molto grande (die grsste). Di Kraft si parlato poco fa: essa forza e lavoro, ovvero forza-lavoro e al tempo stesso attivit dell'intelletto. Nel passo letto, d'altro canto, torna a proporsi il contrasto e la relazione di morte-vita. Si ripropone cos la metafora che ha caratterizzato la prima parte del nostro lavoro di ricerca, quando con Hegel si cercato di caratterizzare il concetto di verit161. Inoltre il concetto di 'vita' centrale, per la sua capacit di superare le scissioni, le differenze e le contraddizioni nelle riflessioni del giovane romantico Hegel, assieme a quello di amore. Qui si torna a esso, ma con una precisazione molto importante, che ne altera decisamente il significato. Infatti, l'accostamento a morte, come altro-dalla vita, nelle intenzioni di Hegel vuole portare a una considerazione ormai totalmente diversa delle cose. Leggiamo per intero il testo, per poi commentarlo: "la bellezza senza forza (die kraftlose Schnheit) odia l'intelletto, perch questo le attribuisce dei compiti che essa non in grado di assolvere. Ma non quella vita che inorridisce (schent = si adombra, teme, scansa) dinanzi alla morte, schiva [rimane pura da] della distruzione (Verwstung = devastazione) anzi quella che sopporta la morte e in essa si mantiene (sich erhlt) la vita dello spirito. Esso [lo spirito] guadagna la sua verit solo a patto di ritrovare s nell'assoluta devastazione (Zerrissenheit = disunione, smembramento). Esso questa potenza (Macht), ma non alla maniera stessa del positivo che non si d cura del negativo: come quando di alcunch noi diciamo che non niente (nichts) o che falso (Falsch), per passare poi sbrigativamente a qualcos'altro; anzi lo spirito questa forza (Macht = potenza), sol perch sa guardare in faccia il negativo e soffermarsi presso di lui162. Questo soffermarsi la magica forza (Zauberkraft = magico potere), che volge (umkehrt = rovescia, rivolta, capovolge) il negativo nell'essere" ( 32). E' un passo-capolavoro. Vediamo di comprenderlo. Perch, anzitutto, Hegel sostiene che la bellezza, priva di forza, odia l'intelletto? Abbiamo visto come l'intelletto nella sua peculiare attivit sia forza-lavoro; pertanto l'attivit intellettiva risulta essere incompatibile con una visione delle cose di tipo contemplativo. C' un modo di considerare la realt, allora, che potremmo definire di tipo

Si faccia riferimento alla 'vita' dell'intero e all'unit organica rappresentata dalla vita della pianta. 162 Si ricordi quanto detto precedentemente a proposito della necessit di tener fermo il mortuum.

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estetizzante e intuitivo al tempo stesso, che implica la visione-contemplazione, agli antipodi con la considerazione razionale delle cose. Quel che qui vien detto richiama il 19, a suo tempo considerato: la vita di Dio diviene espressione insipida e priva di senso, quando risulta priva di qualsiasi determinazione, ovvero quando 'mancano la seriet, il dolore, la pazienza e il lavoro del negativo'163. Subito dopo Hegel precisa a cosa vuol fare riferimento quando parla di bellezza, che deve inglobare in s anche la forza. Parla perci di vita, ma di 'vita' in senso del tutto particolare. E' la vita stessa del Geist. Tutto quel che segue infatti una determinazione di essenza dello Spirito e del suo processo vitale. La vita dello spirito definita cos al tempo stesso in positivo e in negativo: non quella che teme il confronto con la morte, intesa come pura devastazione dell'esistente; quella che 'sopporta la morte', ovvero la accetta, sino a inglobarla addirittura in se stessa. Prosegue poi il testo sostenendo: 'e in essa si mantiene', che sta appunto a corrispondere al tenere 'fermo il mortuum', conservandolo. La vita con-tiene in se stessa, anche se apparentemente in forma contraddittoria, la morte. Solo a questo patto la vita reale, ed una cosa veramente seria. Tutto questo viene avvalorato e confermato subito dopo, quando vien detto che lo spirito acquista la sua verit e si invera, solo a patto che colga in s lo smembramento, la decomposizione e la dissoluzione, insomma la propria morte164. Viene infine detto che lo spirito potenza. Con tale termine non s'intende qualcosa di semplicemente positivo, ma qualcosa che accetta il negativo e lo fa addirittura proprio. Non si tratta perci di considerare le cose da un punto di vista 'manicheo', nella contrapposizione tradizionalmente insolubile e insanabile tra vero e falso, positivo e negativo, essere e nulla, liquidando in modo davvero sbrigativo tutto quel che risulta dalla parte del falso-negativo-nulla, perch lo spirito potenza, proprio in quanto e perch ingloba in se stesso la negativit, ovvero l'altro da s. In analogia con quel che si visto in precedenza, come l'intelletto potenza assoluta, cos il negativo potenza immane. Difatti lo spirito potenza, proprio perch si confronta con il negativo e ha la forza di soggiornare presso di lui. 'Soffermarsi (verweilen) nel negativo': questa l'attivit che la potenza dello spirito realizza e che permette la trasmutazione sostanziale del negativo stesso, la con-versione e il capovolgimento nell'altro da s. Tutto ci sta a significare che il nulla diviene essere; nulla ed essere non risultano pi in opposizione insanabile, inconciliabili tra loro, ma sono in una relazione costitutiva per entrambi. Tale relazione il divenire (Werden, come anche Bewegung)165. L'Essere Nulla: la vita con-tiene la morte stessa. Detto diversamente, con riferimento a quanto abbiamo appreso precedetemente: Tutto (Ganze) Divenire.

Quel che l era il 'travaglio (Arbeit) del negativo, qui il 'lavoro (Arbeit) dell'intelletto. Si pensi a quanto di analogo si detto nella considerazione delle determinazioni che specificano e differenziano l'indeterminato e l'assoluto. Anche in quel caso la determinazione altro-dal-s, che specifica il S, e ci facendo prende le distanze da esso, ne decreta la finemorte. 165 Si ponga mente alle prime pagine della Logica del 1812, in cui proprio questo viene mostrato.
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Sono emerse nella nostra lettura strette analogie tra la vita dello Spirito, il negativo e la morte. Possiamo ora provare a mostrare altri nessi con quel che esposto in altro contesto della Fenomenologia, nella sezione "Autocoscienza", dove come si sa si pu segnare l'atto di nascita della storia, proprio nel passaggio da Selbstbewusstsein a Geist, pi particolarmente a 'Spirito oggettivo'. E cio, si pu stabilire l'atto di nascita dello Spirito stesso, l'inizio in piena autonomia della sua vita166. Il Geist nasce dalla lotta per il riconoscimento tra due Autocoscienze, ciascuna delle quali tende a che l'altra riconosca il suo S. Se il riconoscimento fosse reciproco, avremmo quale conseguenza l'affermarsi dello Spirito assoluto ( quel che si prospetta nel capitolo finale della Fenomenologia). In un primo tempo, per, il riconoscimento non tale. Accade infatti che le due autocoscienze assumano nella lotta un comportamento differente. La lotta (Kampf) infatti ha caratteristiche ben precise: essa 'lotta per la vita e per la morte', ovvero diremmo 'all'ultimo sangue'. Cosa accade allora? La descrizione viene delineata in una delle pagine pi significative e profonde senz'altro della Fenomenologia, ma anche dell'intera filosofia moderna occidentale, pagina in cui si stabilisce l'atto di nascita dell'essere storico, mediante il costituirsi del rapporto intersoggettivo. Le due autocoscienze, nella situazione specifica sopra ricordata, assumono atteggiamenti diversi, dai quali derivano due status ben distinti: da una parte il Signore (Herr), dominatore e vincitore, dall'altra il Servo (Knecht), dominato e vinto. Si stabilisce cos tra i due una relazione di dipendenza e di indipendenza, altra cosa rispetto al 'riconoscimento reciproco' cui si tendeva: solo il Signore, di per s, ottiene il riconoscimento, anche se in forma particolare e limitata, come si vedr. Avviene cos che il Kampf trova una sua soluzione con la caratterizzazione antitetica delle due Autocoscienze. Quale il motivo di questa soluzione? a cosa si deve? Le due Autocoscienze si trovano nella lotta all'ultimo sangue dinanzi a un rischio mortale: il rischio di erdere la propria vita. Dinanzi a tale rischio esse reagiscono in modo ben diverso l'una dall'altra. La prima Autocoscienza accetta di correrlo, nello sprezzo totale per la vita; la seconda invece lo rifiuta, perch troppo attaccata alla propria esistenza. Poniamo ora al testo hegeliano un interrogativo: cos' che determina la distinzione tra Herr e Knecht, in ultima analisi? La paura di poter morire della seconda autocoscienza; meglio l'Angst167 dinanzi alla possibilit e al rischio di morte. La seconda autocoscienza rinuncia a lottare e ha cos termine la lotta: si sottomette alla prima autocoscienza, che d'altro canto non lotta pi non avendo alcun motivo per farlo, ed entra al suo servizio. Una vita si assoggetta cos a un'altra vita. Per tali considerazioni vediamo ora di stabilire cosa sia per Hegel la Morte. Risulta essere negazione assoluta, Signora assoluta (absolute Herr)168. D'altro canto il
Cfr. FdS, I, pp. 141 ss. E' 'angoscia' e non semplice 'paura' (Furcht) quella che Hegel ci prospetta in questa pagina. 168 Nessuna Autocoscienza servile pu liberarsi allora dal giogo, dallo stato di dipendenza e di soggezione, dal momento che non ci si pu liberare dall'absolute Herr, dalla stessa 'possibilit di morire', costitutiva dell'essere del Leben stesso. Vero questo, per, l'assoggettamento non sarebbe semplicemente e soltanto rispetto a un'altra Autocoscienza, quanto piuttosto rispetto alla
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Signore viene da Hegel definito negative Macht, reine Negation, absolute Negation. Ma allora possibile stabilire, in base alle indicazioni hegeliane, un filo diretto di corrispondenza tra Tod e Herr, cos come tra Herr e Tod: Signore e/o Morte hanno in comune la Negativit/negazione stessa. Possiamo stabilire che il Signore un vero e proprio necroforo, apportatore di morte, l dove il Servo, avendo temuto il rischio mortale durante la lotta, invece tutt'uno con il Leben. Veniamo ora a un altro punto. L'Angst risulta legata alTod; d'altra parte altrove Hegel mostra come l'Angst sia tutt'una col movimento dialettico teso a un ritorno all'unit dallo stato di scissione. Nell'Introduzione (cfr. 8), infatti, si mostra come la coscienza debba superare i suoi limiti, andare al di l di essi, dal momento che subisce la 'violenza del guastarsi di ogni appagamento limitato'. Lo status in cui si trova la Coscienza viene identificato all'Angst, che 'non trova pace' (nicht Ruhe), cio nell'inquietudine (Unruhe). Cosa sta a significare? L'Angst, l'angoscia direttamente connessa alla morteSignora assoluta, la molla e il propulsore del processo dialettico, che proprio per questo suo carattere risulta essere elemento antropogenetico. L'Angst mette in movimento, Bewegung. e difatti lo Spirito per sua natura in-quieto (unruhe). Se vero allora che l'Angst da collegare al movimento del Leben e d'altro canto che l'autocoscienza servile tutt'una con la Vita stessa, allora Hegel in grado di mostrare come le parti debbano invertirsi. Soltanto apparentemente e superficialmente si stabilita una verit storica gerarchica, come si visto in precedenza con il Signoredominatore-vincitore da una parte e il Servo-dominato-vinto dall'altra. La sostanza delle cose sembra a questo punto essere ben diversa. La Storia, la vita stessa dello Spirito, un processo che viene garantito non tanto dall'attivit di quella autocoscienza che ha avuto il sopravvento nella lotta, quanto piuttosto da quella che caratterizza l'autocoscienza soccombente. La Storia non sarebbe opera di vincitori, ma di vinti. L'attivit di cui qui si parla infatti il lavoro (Arbeit). Esso risulta il carattere specifico del Servo, il mezzo -l'unico- con cui egli esplica il suo servizio (Dienst). E' dinanzi alla vita che il comportamento delle due Autocoscienze diverse varia169: mentre il Signore, che vede caratterizzata la sua esistenza da 'desiderio' (Begierde), ovvero da una tensione verso la vita e le cose del mondo, ed ottiene 'appagamento' (Befriedigung) mediante il consumo dei prodotti del lavoro servile, il Servo, non potendo appropriarsi dei prodotti del proprio lavoro ormai appartenenti al Signore, possiede una Begierde 'tenuta a freno'. Egli ha un rapporto col mondo, con la natura e con il Leben diretto, a differenza di quello del Signore che risulta indiretto, in quanto necessariamente mediato dall'attivit lavorativa del servo; la sua costituzione di essenza risiede nell'attivit di Arbeit, mediante la quale tras-forma le cose naturali, ovvero fa storia. L'operare (Tun) del Servo, infine, al tempo stesso 'servizio' (dienen) e 'formazione' (Bildung); la sua attivit lavorativa insomma s rivolta all'altro-da-s,

Signora assoluta, cui tutti si sottoposti, in qualunque status ci si venga a trovare, Signore e Servo, nella piena coscienza come pure nella inconsapevolezza. 169 Tale comportamento varia, per, solo in seguito a un diverso atteggiamento che si avuto dinanzi alla Morte, durante la lotta.

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nell'assoggettamento, ma anche, al tempo stesso e con eguale forza, rivolta anche al proprio S170. Facciamo ora un'ultima osservazione per quel che riguarda il rapporto tra la vita del Geist, la morte e il divenire dialettico (werden). L'osservazione pu e deve essere fatta nella cosiderazione di elementi teologico-mistici, che trapassano la filosofia hegeliana, Hegel setsso volente o nolente, consapevole o inconsapevole che fosse. Scrive al proposito il De Negri171: "'incarnazione' in tedesco [in teologia] si dice Menschenwerdung [= divenir-uomo]. E' il verbum caro factum est [= o logos Xarx egeneto, ovvero la Parola si fatta carne. E' un mistero teologico di primaria importanza, come si sa]; senonch Menschenwerdung un'espressione molto pi concettuale che non incarnatio. Il mistero del farsi-uomo, concettualizzato sempre pi dalla teologia rotestante si presenta allo Hegel come problema del fieri o divenire (werden) dello spirito172. Il problema del fieri o werden si specifica nell'interpretazione del mediatore e del modo della mediazione"173. E' qui prospettato un problema teo-logico, relativo a Dio e all'Assoluto. In Dio si ipotizzano Bewegung e Werden al tempo stesso174. Siamo di fronte alla necessit di por mano alla spiegazione del mistero pi alto del Cristianesimo, quel che pone la lettura/interpretazione teologica ai limiti di una prospettiva a-tea. I principi della dialettica dell'Aufhebung vengono applicati a Dio. Si propone cos un'affermazione dell'esistenza di Dio, ma segue subito dopo la sua negazione, e infine la negazione della negazione precedente, che trova sbocco in una superiore affermazione. Anzitutto Dio 'puro Spirito', il cui status di 'purezza' implica la considerazione di un Essere ante tempus, antecedente la storia, da ipotizzare prima della creazione del mondo. Cosa implica il fatto che uno spirito puro sia da considerare in fieri, cosa significa il werden del Geist? E' il mistero stesso della Trinit e dell'Incarnazione, ma anche, al tempo stesso, della vita, della morte, e poi ancora della vita al di l della morte, nella resurrezione. Traducendo nei termini tipici hegeliani, che De Negri riconduce abilmente alla mistica tedesca, si avr: an sichfr sichan und fr sich. Vediamo ora con quali modalit.
Il Servo della Fenomenologia hegeliana per essenza 'lavoratore'; ma questa risulta essere anche la definizione del sottoposto nella societ industriale e capitalistica. Gli scritti giovanili di Jena, d'altro canto, testimoniano come Hegel avesse ben presente nell'elaborazione del suo pensiero la Ricchezza delle nazioni di A. Smith. 171 Cfr. l'Introduzione a I principi di Hegel, dal titolo Teologia e storicismo, in cui viene sostenuta la tesi secondo la quale dalla mistica tedesca di Silesius e Bhme passarono nella teologia protestante e nella teologia filosofica tedesca un rilevante numero di concetti. E' una sorta di laicizzazione della teologia, anche se poi tutti indistintamente, come ha ben compreso nel suo radicalismo nichilistico Nietzsche, rimangono 'teologi e padri della Chiesa', anche se ormai sotto mentite spoglie. 172 Lo hegelismo, poi, ha inteso il werden come sviluppo, progresso, non senza una deformazione evoluzionistico-positivistica, e lo ha cos rescisso dalla fonte teologica alla quale in sede di critica storica bisogna ricondurlo. 173 I principi di Hegel, p. XVIII. 174 In precedenza abbiamo visto che Hegel prospetta qualcosa di analogo, quando parla della necessit che nella vita di Dio siano introdotti la seriet, il dolore, la pazienza e il lavoro del negativo.
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Dio (il Padre, generatore del processo) il S, nella realt dell'immobilit e dell'immediatezza dell'Assoluto. Egli entra in movimento, il che sta a significare che non possiede di per s 'essere': non , ma diviene. Presso di S, Dio nella pienezza dell'Essere, ma tale essere viene negato dal movimento: il principio dell'a-teismo implicito nella visione cristiana del mondo e della considerazione dei rapporti che intercorrono tra Dio e il mondo. Si in presenza della negazione della divinit, intesa come semper idemi immutabile. Dio diviene uomo (il Figlio, generato dal movimento del Padre). Questi la negazione della divinit as-soluta, il com-promesso con l'uomo e con il mondo creato. Dio che diviene l'elemento di mediazione e di relazione con altro-da-s. Accade cos che dal Selbst si pervenga, mediante negazione, all'alterit: la Menschenwerdung, che significa s 'incarnazione', ma indica al tempo stesso qualcosa di diverso e di pi: il divenire-uomo, ovvero 'mortale', e pertanto sta a rappresentare la negazione radicale del vivente, il suo annichilimento175. La negazione di S da parte di Dio, infatti, arriva alle ultime conseguenze: la divinit assume la foma umana sino a pervenire all'accettazione radicale della finitudine nella morte, e addirittura nella morte di un uomo-che-non- nemmeno pi tale, la morte del Servo (usque ad mortem, mortem autem crucis, troviamo nella Scrittura). Finalmente, l'ultimo momento, quello della negazione della negazione. E' la negazione della stessa morte per una vita che va oltre, la vita del Risorto e dello Spirito (lo Spirito Santo della dogmatica cristiana). La vita di Dio, dopo aver accettato in pieno il 'lavoro del negativo' si ristabilisce nella sua pienezza: il ritorno a s del S, dopo essere passato ad altro-da-s, subendo il processo di annullamento totale nella morte.

L'uomo l'unico vivente, infatti, che sa di poter (dover) morire. L'essenza dell'uomo dunque quella di 'esser mortale'.

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CONCLUSIONI

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Dialettica ed ermeneutica Torniamo ora brevemente a considerare il titolo della nostra ricerca, volendo comprendere cosa sia accaduto durante il nostro itinerario. Si trattava di 'leggere Hegel', in particolare un testo hegeliano che appare particolarmente significativo per poter comprendere quali siano i 'principi della dialettica', ovvero gli elementi base per potersi dire bene introdotti a quella che la filosofia hegeliana, il suo specifico. Si era poi aggiunto che tutto ci avrebbe dovuto accadere 'alla luce della filosofia ermeneutica', volendo cos dare caratterizzazione all''oggi'. L'ermeneutica, allora, voleva (e doveva) rappresentare nel progetto iniziale di ricerca il punto di vista della lettura della Vorrede. Si poteva far valere il punto di vista dell'ermeneutica sulla dialettica e su Hegel in generale in modi diversi. 1. In confronto diretto. Si prova a leggere gli autori dell'ambito filosofico ermeneutico, mostrando come essi si pongano il problema della dialettica hegeliana, si confrontino con essa, accogliendola o prendendone le distanze176. 2. In confronto indiretto. Dopo aver esaminato il senso che acquistano nella pagina hegeliana alcuni concetti chiave, ovvero quelli che sembrano essere i principi dela dialettica, si opera uno spostamento nel campo proprio dell'ermeneutica e, esaminando gli stessi concetti, si mostrano analogie, differenze e/o contrapposizioni. Si pongono cio in dialogo e a confronto teorie e pensieri, anche l dove di per s il confronto non esiste. 3. Nella prospettiva di chi legge. Con Hegel bisogna prima o poi confrontarsi, se si ha interesse e intenzione a fare un'autentica esperienza di pensiero. Da Hegel, e in particolare dalla Fenomenologia, tanti di noi hanno iniziato la propria ricerca; poi si passati a tutt'altro, nell'intento di fare resistenza e di opporsi al 'sistema' hegeliano, sino a sfociare in una immersione totale nella filosofia ermeneutica (Heidegger, Gadamer, Ricoeur, Pareyson). Rileggere Hegel oggi significa allora tornare a un testo conosciuto, ma dovendolo ormai inserire in un altro con-testo; l'occhio stesso di chi legge risulta modificato, a causa di una prospettiva che col tempo andata cambiando. Oggi si legge pertanto Hegel, con una comprensione e ancor prima con una anticipazione di senso di tipo ermeneutico. Dei tre punti su esposti, certamente si perseguito il terzo: non avremmo potuto farne a meno. Si letto e commentato Hegel, e in particolare i principi della dialettica esposti nella Vorrede, con 'occhio' ermeneutico177. Vediamo ora quali possano essere gli elementi che certificano tale punto di vista. Se ne possono evidenziare almeno tre.

176 Al proposito avrebbe potuto essere di estremo interesse affrontare la lettura dei saggi heideggeriani su Il concetto hegeliano di esperienza (da Holzege) e Identit e differenza; o anche alcuni paragrafi dell'opera di Gadamer Verit e metodo, con il concetto di 'esperienza' fenomenologica hegeliana in primo piano e con la dialettica colta in stretta connessione al dialogo socratico-platonico, teso a costituire il fondamento del logos ermeneutico. 177 Bisogna subito precisare, per, che non soltanto la precomprensione ermeneutica quella che entrata in funzione nella nostra lettura: assieme a essa, anche quella marxiana, quella freudiana e quella di stampo strutturalista. Comunque quella ermeneutica senza alcun dubbio la dominante.

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1. Anzitutto la lunga Introduzione relativa al linguaggio178. Si parlato a lungo del linguaggio di Hegel, poi della scrittura, delle difficolt quasi insormontabili a descrivere il pensiero in movimento, e, di qui, l'estrema difficolt a leggere e comprendere cosa il filosofo tedesco intenda dire. Sia l'attenzione estrema al linguaggio, sia nel contempo la ritrosia e il pudore dinanzi a una lettura frettolosa che non tenga conto di tutte le possibili difficolt sono i caratteri che risultano particolarmente significativi per identificare il nostro lavoro secondo le movenze tipiche di un'indagine di tipo ermeneutico. 2. Qualcosa relativamente all'ermeneutica lo si detto in itinere. Lo si detto, perch Hegel stesso lo poneva in luce, ma anche e spesso andando oltre il detto intenzionale hegeliano. Si colto un qualcosa quale nascosto -non esplicito, un non-detto all'interno del detto. Vediamo di cosa si tratti. Abbiamo cercato di mettere in luce come il testo hegeliano della Vorrede sia una sorta di palinsesto. Esso pu (e deve) essere letto pertanto mediante due registri, due chiavi ermeneutiche, a seconda che il protagonista, il 'soggetto' della dialettica concettuale che si attiva nella scrittura hegeliana sia la coscienza che fa esperienza, oppure lo spirito che si manifesta. La pagina di Hegel, pertanto, in alcuni suoi passi o in alcuni capoversi, pu essere considerata double face. Alle difficolt di lettura dovute al linguaggio particolarissimo adoperato, si aggiunge quella di un testo il cui senso deve essere colto come prodotto di un processo di surdeterminazione. Esso risulta determinato due volte, in vista del chiarimento relativo a un momento dello Spirito, come pure e al tempo stesso, nello stesso topos, a una figura della Coscienza. Si ipotizza pertanto una lettura in filigrana, nel tentativo di intravedere 'tra le righe', al di l di quel che si coglie di primo acchito, nei vuoti teorici. E' solo cos che si perviene alla comprensione di quelle indicazioni di senso che riguardano il movimento della Coscienza, l dove si parla explicite dello Spirito, e viceversa la dialettica che porta allo Spirito, l dove si evidenzia il protagonismo della Coscienza. 3. Un altro elemento che caratterizza il punto di vista di stampo ermeneutico nella nostra lettura della Vorrede consiste nel particolare metodo adoperato per porre in evidenza i principi della dialettica hegeliana, ovvero quegli elementi che possono essere considerati elementi chiave per poter comprendere il pensiero stesso di Hegel nella Fenomenologia. Anzitutto abbiamo riconosciuto che possibile cogliere nel testo una successione ordinata di pensieri, nonostante tutti i problemi derivanti dalla stesura dello stesso di getto, e pertanto abbiamo dovuto riconoscerre che possibile una lettura lineare e 'cronologica' (storico-filosofica), che prenda naturalmente le mosse dal primo capoverso, per giungere alla fine del 72, cercando di superare le difficolt di interpretazione e di significati, che man mano si presentano. L'ipotesi che sottende tale metodo di lettura che il testo abbia un suo movimento di sviluppo in progress. Eppure tale percorso, per il quale avremmo potuto avere sostegno di autorevolissimi commentatori hegeliani, non stato seguito. Si preferito infatti in cammino teoretico ed ermeneutico al tempo stesso, che ha privilegiato i nuclei tematici e prima ancora i concetti-guida. L'intento stato quello di mostrare come tali concetti
L'attenzione al linguaggio centrale, come si sa, in tutta la filosofia contemporanea, ma argomento specifico e peculiare proprio nell'ermeneutica.
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possano modificarsi, assumendo caratteri differenziati a seconda dei con-testi, in cui vanno di volta in volta a collocarsi. Il senso dei concetti, che si cercato di volta in volta di mostrare, viene chiarito solo a patto che si mostri la relazione degli stessi con quel che precede, oppure anche, seppure solo per rapidi cenni, con quel che segue. Oltre a ci, per e soprattutto, si inteso mostrare come tali concetti vengano caratterizzati diversamente con determinazioni e specificazioni di volta in volta distinte, a seconda della connessione (Verbindung) che essi hanno modo di realizzare con altri concetti, con cui entrano nella rappresentazione (Darstellung) concettuale. Insomma, il valore di senso, o valore concettuale, logico-linguistico, non si determina mai univocamente, ma acquista i caratteri propri del movimento, nella misura in cui si mostra come le diverse determinazioni, che sono dovute a una trama concettuale diversificata (altro textum) in cui i concetti in questione vanno a inserirsi, chiariscono per quale via si possa giungere a un senso compiuto totalizzante e al tempo stesso testimoniano una sorta di in-quietudine (Un-Ruhe), che concerne la 'cosa stessa' del pensiero. E' cos che la ripetizione di un concetto, anche se avviene nella medesima pagina dello Hegel, ci dar pure l'indicazione dello stesso concetto, mai per di un concetto uguale, calco e copia conforme del precedente179. Vediamo ora di considerare il confronto possibile indiretto tra ermeneutica e dialettica180. Qualcosa lo si gi visto durante la nostra ricerca, quando si indicata la via di una verifica relatica al concetto di 'verit'181. Si propone ora, qui di seguito, un'altra possibilit di confronto, ancor pi significativa, dal momento che vorrebbe prendere in considerazione i principi dialettici, considerati nella loro totalit. Cerchiamo di chiarire quali siano, proponendo uno schema: Bewegung morte ASSOLUTO (vita di) DIO VERITA' REALTA' SOGGETTO Aufhebung Werden Tutto questo ha ormai per noi un significato 'intuitivo', che pu essere colto con un semplice colpo d'occhio, dal momento che si insistito molto sulla interconnessione e
Si pensi qui alla distinzione tipicamente heideggeriana tra das Selbe e das Gleiche Non ci possibile andare a leggere i testi dell'ermeneutica, ma possiamo ugualmente fare qualcosa, nell'intento di impostare un confronto. 181 Come si ricorder, il rapido excursus nel testo di Heidegger relativo alla Dottrina di Platone sulla verit ha mostrato come l'ermeneutica ponga in questione la verit cos com' concepita nell'intero pensiero occidentale, Hegel compreso, naturalmente. Un'ipotesi di lavoro da perseguire sarebbe quella di verificare sino a che punto le critiche heideggeriane colgano nel segno, se si considera per il concetto di vero e di verit quale emergono nella Vorrede.
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finalit

Bewusstsein

Geist

mediazione

negativo

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dipendenza di determinati concetti e sul fatto che altri attraversino la rete concettuale che si pu stabilire in modo tale da attribuire a essi un senso specifico e un movimento. Posto che lo schema qui proposto riesca a sintetizzare al meglio i principi della dialettica di Hegel, quali possono essere considerati, chiediamoci, i punti di contatto e di concordanza con l'ermeneutica? Nonostante le obiezioni che vengono portate in genere a Hegel e che si potrebbero leggere in testi a esempio heideggeriani, sembra proprio di poter affermare che il movimento dialettico debba essere proposto come l'unico modo in cui si possa intendere il processo del divenire storico, in qualunque prospettiva filosofica ci si muova, dunque anche dal punto di vista dell'ermeneutica182. Anche una teoria ermeneutica accetterebbe dunque il processo dialettico, assumendone il movimento, il divenire, con tutto quel che ne consegue: differenza, alterit e negativit, con un'eccezione per: l'ermeneutica, come tutte le cosiddette 'filosofie della differenza', rifiuterebbe tendenzialmente la possibiit stessa del compimento e della totalizzazione del processo stesso. Quel che viene rifiutata cio l'assolutizzazione, ovvero la possibilit di concepire una Verit assoluta183. Abbiamo d'altra parte appreso dal testo hegeliano della Vorrede, come si ricorder, in linea con quel che qui si va dicendo, che vero e falso, positivo e negativo, soggetto e oggetto non si danno mai assolutamente, ma, pur essendo all'apparenza delle cose in contrapposizione insanabile, sono relativi l'uno all'altro e tra di loro. Eppure abbiamo anche incontrata un'altra affermazione decisiva e fondamentale: il Vero risiede solo nell'Intero, ovvero nella totalit del processo completamente esplicitato. Chiediamoci: fino a che punto questa affermazione ha una sua effettualit, una sua relizzazione storica, tale per cui, con Hegel dovremmo ipotizzare la 'fine della storia', o la 'fine concettualmente intesa' della stessa? Non dovremmo forse pensare invece a una ipotesi non confermata, e mai di per s confermabile nella realt delle cose e degli eventi, dal momento che la coscienza costretta a fare esperienze sempre finite e non le mai possibile un'esperienza in-finita, ovvero totalizzante e assoluta, che possa dire la parola 'fine' al movimento del divenire? Siamo proprio sicuri che Hegel abbia optato per la prima soluzione, quando ha parlato della verit come di un Intero? ovvero, mai possibile che egli fosse certo di poter concepire la fine del processo storico? Ora, il fatto di aver tanto insistito sulla 'potenza del negativo' e sull'idea stessa di morte, quale 'motore' della dialettica, fa pensare che Hegel fosse invece ben consapevole della finitudine di ogni sperienza relativa alla coscienza, la qual cosa per entrerebbe in rotta di collisione con la vita dello Spirito che, pur dovendo farsi carico, cos come la vita di Dio d'altro canto, del Negativo e della Morte, pure si realizza come Assoluto184.

182 Si pensi, a esempio, all'importanza che Gadamer in Verit e metodo accorda allo Spirito oggettivo hegeliano, al concetto di Ehrfahrung e soprattutto al dialogo-dialettica che, a suo avviso, viene a spiegare la storia intesa come Wirkungsgeschichte, ovvero 'storia degli effetti', o 'storia delle determinazioni storiche'. 183 Verit ab-soluta quella sciolta da relazioni e/o da condizionamenti di qualunque genere, ovvero scissa da condizionamenti, che le possano venire imposti dal con-testo e/o dal punto di vista. 184 Si tenga conto al proposito della lettura esistenzialistica, che fa perno su elementi 'romantici' molto vivi nella Fenomenologia, che fa il Kojve, il quale arriva a negare tutta quell'interpretazione di Hegel, che viene a noi suggerita dalla volgata dell'hegelismo.

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Veniamo ora a proporre un confronto con l'ermeneutica, ma in una posizione di 'rottura', ovvero con una prospettiva di pensiero i cui principi posseggono, a nostro avviso, una carica davvero dirompente e devastante nei confronti della filosofia metafisica in generale e della dialettica hegeliana in particolare. Non senz'altro tale l'ermeneutica di Heidegger, tantomeno quella di Gadamer. Prendiamo allora le mosse da F.Nietzsche, a buon diritto da considerare il 'padre' dell'ermeneutica nella sua concezione moderna185. In che senso, per, Nietzsche pu essere considerato agli albori dell'ermeneutica contemporanea? L'esperienza di pensiero nietzscheana si potrebbe far coincidere con il 'prospettivismo', che delinea la possibilit/necessit di ipotizzare infinite interpretazioni186 possiamo considerare il punto di partenza della filosofia nietzscheana, e in particolare del suo prospettivismo nell'annuncio profetico dell'uomo folle dell'aforisma 125 della Gaia Scienza, il quale pone i suoi uditori increduli ed esterrefatti dinanzi a un fatto di cui sino a quel momento non hanno avuto notizia, ma gi da tempo ormai accaduto: la morte di Dio. Dinanzi a tale evento gli uomini tutti sono posti davanti all'eterno precipitare nell'abisso di uno spazio vuoto di un 'infinito nulla'; noi vaghiamo nell'infinito nulla. Dio morto, dunque, ma subito dopo Nietzsche aggiunge: 'Dio resta morto'. Il fatto non risulta momentaneo o provvisorio, ma definitivo. Quale la conseguenza? Tutto precipita nel non-senso ed destinato a rimanervi stabilmente, senza possibilit alcuna di recupero, dovuto a espedienti di sorta, con la sostituzione del Dio scomparso. L'uomo ha creduto ingenuamente di potersi sostituire a Dio (si pensi all'antropocentrismo e all'umanismo ateistici), facendosi perno su cui continuano a ruotare i cardini del mondo, non rendendosi conto, per, che nulla di stabile c' pi ormai, cui ci si possa affidare. Vaghiamo in un infinito nulla. Si 'gettati nell'orizzonte infinito'. Nell'aforismo 124 viene descritto metaforicamente lo stato di 'gettatezza' (Geworfenheit); Nietzsche descrive l'uomo nell'oceano infinito, privo di qualsiasi punto di riferimento stabile, rassicurante. Si prova il senso genuino di poter essere, di poter andare dovunque, senza alcuna costrizione a un determinato itinerario/percorso. Al di l della metafora, quale significato attribuire all'aforisma? Cosa stanno a indicare l'infinito e la mancanza di determinazione che a esso si accompagna? Troviamo una risposta nell'aforisma 374, dal titolo "Il nostro nuovo infinito". Scrive infatti
Tra l'interpretazione idealistica e quella esistenzialistica, quale posizione prendere? Diciamo anzitutto, a scanso equivoci, che se vero che l'interpretazione idealistica non tiene conto di alcuni elementi presenti nel testo hegeliano, che possono senza alcun dubbio funzionare come correttivi per l'ermeneutica stessa del testo, pur vero che la prospettiva esistenzialistica si trova di fronte all'impossibilit di dare spiegazione di alcuni concetti, i quali mal si combinano con la visione di assieme dei principi hegeliani della dialettica, la quale vorrebbe proporsi come antitetica a quella 'classica'. 185 Esiste infatti un'ermeneutica antica, che fonda le sue radici nell'esegesi biblica, ma anche negli stessi Dialoghi platonici, ovvero esiste l'ermeneutica da quando l'uomo ha avuto a che fare con testi scritti. Inoltre, a nostro avviso, la filosofia ermeneutica contemporanea che vien fuori dalla linea di pensiero Schleiermacher-Dilthey-Heidegger-Gadamer, deve tanto sia all'ermeneutica antica, sia al 'padre' fondatore di quella moderna, ma non in grado di mantenere fermo nelle proprie istanze e prospettive il radicaismo nietzscheano. 186 Cfr., al proposito, il mio Testo Contesto Interpretazione, soprattutto l'Introduzione.

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Nietzsche: "io penso che oggi per lo meno siamo lontani dalla ridicola presunzione di decretare dal nostro angolo che solo a partire da questo angolo si possono avere prospettive. Il mondo piuttosto divenuto per noi ancora una volta 'infinito'; in quanto non possiamo sottrarci che esso racchiuda in s infinite interpretazioni"187. Da 'oggi', ovvero dall'annuncio 'Dio morto', non pi possibile considerare il proprio punto di vista sulla realt e sul mondo come unico. Non si danno pi interpretazioni univoche e definitorie, derivanti da un punto di vista di necessit parziale, ma che sia stato privilegiato come esclusivo. Infatti il mondo e la realt possono essere de-finiti una volta per tutte e in modo ab-solutamente vero, solo a patto che si dia un Dio (e/o un Uomo, ovvero un Assoluto, un soggetto, cui ogni cosa possa essere assoggettata), un Essere che di esso sia da considerare l'a e l'w, il principio e la (il) fine, il fondamento, perch nella possibilit di diritto e di fatto di indicarne il senso e la finalit ultimi (o primi). Dal momento che con il 'Dio morto' si constata la perdita di ogni centro, di qualsiasi punto di riferimento e di qualunque valore, non c' pi possibilit alcuna di definizione della verit del mondo e si affidati alle infinite interpretazioni. Nietzsche va poi oltre, soprattutto negli scritti a noi pervenuti frammentari della cosiddetta "Volont di potenza"188: "che il valore del mondo stia nella nostra interpretazione (e che forse in qualche luogo siano possibili interpretazioni diverse da quelle meramente umane); che finora le interpretazioni siano state tutte valutazioni prospettivistiche, in virt delle quali noi nella vita, ossia nella volont di potenza ci conserviamo per lo sviluppo della potenza; che ogni elevazione degli uomini comporti il superamento delle interpretazioni pi ristrette; che ogni rafforzamento mai raggiunto, ogni allargamento di potenza apra nuove prospettive e imponga di credere a nuovi orizzonti, tutte queste cose si ritrovano ovunque nei miei scritti"189. Anzitutto non si parla qui semplicemente di 'mondo', ma piuttosto del 'valore del mondo', e cio della sua verit. Essa tale in quanto un valore, valutabile e ponderabile, da considerare secondo una unit di misura. Da cosa valutato? quale 'strumento' ne determina il peso/valore, e in ultima analisi la 'verit'? Per Nietzsche il mezzo di valutazione l'interpretazione, la nostra interpretazione. Di conseguenza: "il mondo che in qualche modo ci interessa falso, ossia non una realt, bens un'invenzione e un arrotondamento di una magra somma di osservazioni; esso 'fluido', come qualcosa-chediviene, come una falsit che si sposta sempre di nuovo e che non si avvicina mai alla verit, perch non c' una verit"190. Non esiste dunque una realt del mondo, ma solo una sua 'invenzione', una sua trovata dovuta a noi stessi, che stabiliamo di volta in volta quel che il nostro interesse, considerando le cose semplicemente in relazione a noi, alle nostre esigenze, alle nostre pratiche quotidiane. Colto cos, il mondo un 'falso', perch non esiste corrispondenza alcuna tra esso, inteso come rappresentazione valutativa attribuita mediante riduzione e 'arrotondamento' e una supposta 'cosa in s', di kantiana memoria. Non c' verit del mondo, e di
F. Nietzsche, Gaia scienza, in Opere di F. N., vol. V, tomo, II, Milano, Adelphi, 1965, p.254. Soprattutto in questi scritti, ma non soltanto, se vero che le sue affermazioni sul prospettivismo, come lui stesso riconosce, sono rilevabili un po' in tutte le sue opere. 189 F. Nietzsche, Frammenti postumi 1885-87, in Opere, vol.VIII, tomo I, p.1O1. 190 Ibidem, p.102
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conseguenza una qualsiasi verit relativa a un quid di mondo, intesa come adaquatio intellectus et rei. Inoltre il mondo un falso, un'interpretaione valutativa che non viene mai stabilita una volta per tutte. Essa si fonda infatti su punti di vista, su prospettive che si slargano sempre pi in orizzonti di senso di volta in volta, di tempo in tempo, da individuo a individuo, pi ampi. Pertanto la valutazione legata a un processo, che si snoda ad infinitum191. Il valore legato a noi, a noi uomini, ma il 'noi' dev'essere inteso pi precisamente come le 'nostre prospettive'. Di qui nasce l'antisoggettivismo di Nietzsche, che caratterizza poi l'ermeneutica e l'intero pensiero contemporaneo. Quando Nietzsche dice, infatti, che il mondo 'inventato' dalle nostre interpretazioni, quel che da sottolineare di tale espressione non tanto il 'nostro', quanto piuttosto la valutazione e l'interpretazione stessa. Nietzsche esprime il dubbio: "che forse in qualche luogo siano possibili interpretazioni diverse da quelle meramente umane". Vediamo allora di chiarire in cosa si possa identificare il topos, in cui pu maturare un'interpretazione che non collimi perfettamente con quella umana. In un altro frammento dell'88 il filosofo tedesco deride l'ingenuit dei fisici, che s'ingannano quando credono in un 'mondo vero', uguale per tutti. Essi non si rendono conto che i loro elaborati sono semplicemente il frutto della 'logica del prospettivismo della coscienza'. La scienza risulta infatti essere un''immagine soggettiva del mondo'. In seguito si sostiene che proprio perch non coglie il soggettivismo relativo all'immagine del mondo che va producendo, il fisico trascura l'essenza del prospettivismo, che non consiste affatto nella volont del soggetto di costruire e d'imporre valori dal suo limitato punto di vista. Nietzsche parla cos "del necessario prospettivismo, in virt del quale ogni centro di forza -e non solo l'uomo- costruisce il resto del mondo, a partire da se stesso, cio lo misura, lo modella, lo forma secondo la sua forza []; il prospettivismo solo una forma complessa della specificit. la mia idea che ogni corpo specifico aspira ad affermare la sua signoria e ad estendere la sua forza su tutto lo spazio (e la sua volont di potenza), respingendo tutto ci che si oppone al suo espandersi"192. Cosa sta a significare tutto ci? L'essenza della concezione prospettivistica nietzscheana non risiede nel soggetto umano. Senza alcun dubbio, e Nietzsche stesso non si sente naturalmente di negarlo, il 'noi' pur sempre partecipe del processo ad infinitum dell'interpretazione, ma non in modo esclusivo, n con una posizione di centralit. Tale processo infatti attivo dovunque in ogni centro di forze (e il 'noi' risulta essere un centro di forze tra gli altri). Sar allora pur vero che il soggetto, il noi-umano-soggettivo interpretante, ovvero in grado di valutare e pertanto cogliere la verit del mondo, ma solo in quanto da intendere quale 'agente', quale elemento in un contesto ben pi ampio di quel che possa essere la soggettivit e la coscienza. Fermiano qui la nostra indagine. In base a tali considerazioni vediamolo allora quali possano essere i caratteri del processo del prospettivismo e dunque dell'ermeneutica, cogliendo tali caratteri in netta opposizione, per quel che possibile,
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Cfr. le 'interpretazioni infinite', in seguito alla 'morte di Dio'. F. Nietzsche, Frammenti postumi, 1888-89, in Opere, vol. VIII, III, 162-3.

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con quelli tipici del movimento dialettico hegeliano. Dichiarare la 'morte di Dio' significa aver negato de-finitivamente (Dio resta morto) il Fondamento, la Causa prima e la finalit ultima di un processo, di qualsiasi processo che tenda a render conto del divenire del mondo e della storia. Se volessimo ora provare a dare una definizione di Realt dal punto di vista dell'ermeneutica, dovremmo parlare di un 'processo senza soggetto e senza fine (i)'193. Dalla verit di questa definizione, dimostrabile proprio a partire da una riflessione teoretica radicale che prenda spunto e fondamento dal 'Dio morto', deriva di necessit l'antisoggettivismo della filosofia contemporanea in generale e della filosofia ermeneutica in particolare. Tale definizione, poi, della storia e dell'e-venire delle cose del mondo (del divenire stesso), risulta in netta antitesi con i principi della dialettica hegeliana, che abbiamo imparato a riconoscere nella lettura della Vorrede. Se vero infatti che la Bewegung e il Werden sono tutt'uno col processo storico e ne costituiscono la Wirklichkeit e la Wahrheit, anche vero per che il processo deve essere fatto coincidere con la serie delle esperienze che la coscienza fa. non solo, ma la 'fenomenologia dello spirito' anche possibile soltanto nella misura in cui si possa ipotizzare un Soggetto del processo stesso, la necessit di un Soggetto, meglio se absoluto194, di un soggetto che ci garantisca la verit/realt delle cose. Si pensi qui a Cartesio. Nel suo itinerario speculativo si chiede: chi mi assicura che quel che conosco delle cose del mondo abbia una corrispondenza (adaequatio) nella realt delle cose stesse e non sia parto puro e semplice della mia immaginazione? chi mi garantisce che io non venga ingannato da un diavoletto tentatore o sia cos fuorviato come capita con i sogni durante il sonno? Cartesio, come si sa, risponde e trova rassicurazione in Dio stesso, il quale per essenza non pu essere mentitore. Hegel, in fondo, recepisce tale insegnamento, questa via di uscita dal dubbio e da una impasse teoretica; lo recepisce Hegel, cos come un po' tutto il pensiero moderno, che fa perno sul Soggetto quale principio e fondamento, e che da Cartesio pertanto indubbiamente prende le mosse195. Si ricordi qui, naturalmente quel che a suo tempo si letto e commentato della Vorrede: "a mio modo di vedere, la sostanza da intendere come soggetto". Un'ultima parola relativa al problema del 'senza fine (i)'. Tale espressione sta a significare due cose ben distinte. Anzitutto 'senza termine alcuno', mentre invece nel processo hegeliano sembra si possa stabilire un momento di chiusura e di conclusione. Si parla spesso di una 'fine della storia', di un momento di sbocco del movimento dialettico, con una coscienza pienamente dispiegata e con uno spirito totalmente manifesto, l dove, naturalmente, Coscienza e Spirito risultano essere i 'soggetti' del processo.

193 E' la definizione di storia che L. Althusser crede di poter ricavare dalla 'scienza dell'economico' di Marx, ma tale definizione, a nostro parere, pu scaturire solo da una lettura degli scritti di Marx, operata da un punto di vista (inconsapevole?) di tipo nietzscheano, come ho cercato di mostrare altrove (cfr. Darstellung e soggettivit, passim). 194 D'altra parte il Soggetto tende sempre ad assumere i caratteri di assolutezza, sia che si tratti di Dio, sia che si tratti dell'uomo. 195 Cfr. M.Heidegger, L'epoca dell'immagine del mondo, in Sentieri interrotti, pp.71 ss.

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In secondo luogo l'espressione significa 'senza finalit', privo di teleologia. In questo caso viene negato quello che abbiamo creduto di poter evidenziare come elemento portante ed essenziale del processo dialettico hegeliano. Si visto infatti come la finalit del movimento dialettico sia da considerare presente addirittura nello stesso processo preesperienziale, nella quiete del cominciamento; come poi la finalit provochi il movimento dialettico stesso, sia a esso interna, quale suo 'motore'; e infine come la finalit sia il soggetto stesso, coincida perfettamente col soggetto del divenire, in quanto forza che muove, il per s, la negativit stessa196. Nel concepire il processo 'senza finalit' il pensiero ermeneutico, poi, sembra accogliere l'insegnamento di Spinoza, piuttosto che quello di Hegel. Nell'Appendice al primo libro dell'Ethica, dopo aver spiegato la natura di Dio e le sue propriet, Spinoza infatti tende a rimuovere i pregiudizi che negano a suo avviso la possibiit di cogliere la concatenazione delle cause naturali. Tutti i pregiudizi, egli scrive, "dipendono da questo soltanto, che cio tutti gli uomini comunemente suppongono che tutte le cose naturali agiscano per un fine, e anzi asseriscono come cosa certa che lo stesso Dio dirige a un certo fine tutte le cose -dicono infatti che Dio ha fatto tutte le cose per l'uomo, e l'uomo perch adorasse lui- per questo considerer dapprima soltanto questo pregiudizio, cercando cio in primo luogo la causa per cui i pi vi si adagino e tutti, per natura, siano cos propensi ad accoglierlo"197. Un'ultima notazione. Data la particolare struttura della pagina hegeliana, di cui si a lungo parlato, toccare un solo elemento della rete concettuale significa veder modificato di necessit il senso di tutti gli altri, i quali non solo fanno da contorno a quell'unico, ma che, a loro volta, contribuiscono in modo determinante a significarlo. Ancor di pi capita, naturalmente, quando un concetto, e di non secondaria importanza come sono quelli di Soggetto o Finalit, addirittura escluso dalla struttura concettuale. Nel caso ci si trova di fronte a un pensiero autenticamente 'altro'. Chiediamoci, allora: come si pu continuare a sostenere che il processo dialettico (quello hegeliano, in particolare) e il processo di tipo ermeneutico siano lo stesso? Tale interrogativo chiude la nostra indagine, ma al tempo stesso la apre a ulteriori riflessioni, a testimonianza proprio di un pensiero in-quieto ed errabondo, in cui tutti siamo e diveniamo.

E' l'inquietudine del S che ritorna a s; la fine contenuta nel principio e nell'origine, in quanto telos . 197 B. Spinoza, Etica, dimostrata secondo l'ordine geometrico, Torino, Boringhieri, 1973, p. 58.

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