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Edizioni HACKMED.ORG
P e r u g i a
Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez 1
http://www.hackmed.org Neuroanatomia - Sbobinature Prof. R.Donato hackmed@hackmed.org
Il sistema nervoso (S.N.) è il sistema più nobile che abbiamo in quanto senza questo
sistema non riusciremmo a percepire la realtà esterna, a programmare ed eseguire
movimenti, ad avere una vita di relazione, né a regolare la funzione dei visceri.
Da un punto di vista anatomico possiamo dividere il S.N. in due parti topografiche.
Il SNC è posto dentro una teca ossea costituita da neurocranio e canale vertebrale,
mentre il SNP è quella parte di SN che si trova al di fuori della teca. Queste due parti sono
in ogni modo connesse sia anatomicamente sia funzionalmente.
Il SN somatico è quella parte di SN (centrale o periferico) che ha a che fare con il soma in
senso lato, dove per soma intendiamo i muscoli scheletrici, la cute e la mucosa vicino alla
cute.
dendrite assone
PERIFERIA SNC
2 3
direzione dell’impulso---->
dove l’1 è il pirenoforo o corpo cellulare di un neurone a cui segue un prolungamento (che
non è ne assone ne dendrite) il quale, dopo un brevissimo tragitto si divide a “T” per dare
due branche:
Noi uomini abbiamo gli archi riflessi semplici ma in genere abbiamo circuiti più complessi.
Sempre rifacendoci all’esempio della lampadina è possibile modulare l’intensità di luce
introducendo nel circuito un reostato. Allo stesso modo è possibile modulare una risposta
introducendo tra neurone sensitivo e neurone motore uno o più neuroni.
MUSCOLO
Moltiplicato all’ennesima potenza questo è quello che abbiamo nel nostro SNC, un
sistema complicato ma che regola il rapporto tra neurone sensitivo e neurone
effettore,tale per cui noi siamo caratterizzati da una gamma vastissima di movimenti
possibili.
Quindi la possibilità di modulare risposte è proporzionale alla complessità del sistema che
regola il passaggio dell’ informazione dal neurone sensitivo al neurone motore, ossia dal
sensore all’effettore.
TRONCO DELL’ENCEFALO
DIENCEFALO
TELENCEFALO
CERVELLETTO
Il Cervelletto appartiene al primo livello gerarchico perché è l’organo che presiede alla
coordinazione del movimento, attività fondamentale per lo svolgimento delle normali
funzioni della vita. Se ho una lesione al cervelletto non riesco a stare in piedi, non riesco
più a seguire una traiettoria di movimento in maniera fluida. Infatti, siccome sono
cosciente di tale mia incapacità, spezzetto il movimento in tanti piccoli movimenti
alternando un movimento complessivo a ruota dentata.
Il terzo livello gerarchico è costituito dal tronco dell’encefalo il quale rappresenta il luogo
di passaggio di tutte le vie di comunicazione che dalla periferia vanno verso la corteccia e
viceversa.
Il secondo motivo d’importanza del tronco dell’encefalo è che in tale sede abbiamo il
CENTRO CARDIO RESPIRATORIO vale a dire un gruppo di neuroni che regolano la
frequenza e la forza di contrazione del cuore e la frequenza e la profondità del respiro.
Se si rompono le vertebre cervicali (il collo) di una persona essa muore istantaneamente
sia perché si lesiona il midollo spinale ma soprattutto perché si interrompe la
comunicazione tra centro cardio-respiratorio e centri sottostanti.
Il terzo motivo dell’importanza del tronco dell’encefalo è che da questo si dipartono delle
vie dirette verso il basso dette VIE DI MOVIMENTO o DI MOTO.
Alcune parti del tronco dell’encefalo hanno delle comunicazioni privilegiate con il
cervelletto.
LOBI CEREBRALI
Abbiamo già visto come la corteccia cerebrale sia sollevata in circonvoluzioni e giri al fine
di aumentare la superficie. Osservando un emisfero lateralmente possiamo osservare
DUE SCISSURE: una scissura va dall’alto in basso e un po’ in avanti ed è detta
SCISSURA CENTRALE O DI ROLANDO.
La seconda scissura è quasi perpendicolare alla prima ed è detta SCISSURA LATERALE
DI SILVIO.
La massa di cervello posta al davanti della scissura di Rolando prende il nome di LOBO
FRONTALE. La massa di cervello posta dietro la scissura di Rolando e sopra la scissura
di Silvio ma anche al di sotto della scissura di Silvio viene divisa in tre lobi mediante un
piccolo artificio:prolunghiamo idealmente la scissura di Silvio(posteriormente) con una
specie di ipsilon “ ----< “ e otteniamo:
un LOBO PARIETALE, che è quella parte di telencefalo posta dietro la scissura centrale,
sopra la scissura laterale di Silvio e al davanti del prolungamento ideale superiore della
scissura di Silvio.
Un LOBO OCCIPITALE che è quella parte di telencefalo compreso tra le due branche
immaginarie della ispsilon costituita.
Un LOBO TEMPORALE che è quella parte di telencefalo che si trova sotto la scissura di
Silvio e al davanti del prolungamento ideale inferiore della scissura di Silvio.
Questi aggettivi (frontale, parietale, occipitale e temporale) derivano dal rapporto
anatomico e topografico che esiste tra questi lobi e le varie ossa del neurocranio.
IL MIDOLLO SPINALE
Se seguiamo un gruppo di queste radicole che fanno capo allo stesso ganglio spinale
capiamo che vanno a finire ad un pezzo ben preciso di MS che prende il nome di
NEUROMERO.
Quindi IL MS E’ LA SUCCESSIONE DI UNA SERIE DI NEUROMERI. OGNI
NEUROMERO E’ UN SEGMENTO DI MS CUI FANNO CAPO GRUPPI BEN DEFINITI DI
RADICOLE CHE A LORO VOLTA FANNO CAPO AD UNA COPPIA DI GANGLI SPINALI
(UNO DI DX E L’ALTRO DI SIN).
In realtà LE RADICOLE POSTERIORI SONO COSTITUITE DA FIBRE CHE ENTRANO
NEL MS e siccome tutto ciò che entra nel MS è sensitivo allora queste radici sono dette
RADICI SENSITIVE.
Tagliando queste radici si ottiene una paralisi sensitiva per cui il soggetto non prova
alcun tipo di sensazione tattile, dolorifica, termica e propriocettiva.
Anche dal davanti del MS emergono delle radici che però non fanno capo ad alcun
ganglio.
Il taglio di queste radici provoca una paralisi motoria.
Le radici anteriori sono dette radici motorie.
Dall’unione, al di fuori del canale vertebrale (teca ossea), delle radici motorie (o anteriori)
e delle radici sensitive (o posteriori) si hanno i NERVI SPINALI che sono quindi NERVI
MISTI ad eccezione del primo nervo spinale, ESCLUSIVAMENTE MOTORIO, in quanto il
primo neuromero ha solo radici anteriori.
Alcuni nervi spinali convergono a formare PLESSI (es: plesso brachiale) mentre altri
rimangono singoli (es: nervi intercostali).
Ogni neuromero dovrebbe corrispondere ad una vertebra, questo è vero con una
eccezione:I NEUROMERI CERVICALI SONO 8 A FRONTE DI SETTE VERTEBRE
CERVICALI. Il nervo C1 esce dall’alto tra l’osso OCCIPITALE e la prima vertebra
cervicale o Atlante.
Un’altra cosa che possiamo vedere dalla FIG1 è che il MS finisce tra L1 e L2 mentre il suo
numero di neuromeri è pari al numero delle vertebre + uno e si può inoltre osservare la
presenza di coppie di gangli per ogni vertebra.
Il fatto che andando da C1 in giù l’asse centrale delle radici si inclina tanto che, verso L2,
tale asse diventa verticale. Ciò significa che le radici (anteriore e posteriore) devono
percorrere un certo tragitto verticali dentro il canale vertebrale prima di arrivare al proprio
ganglio.
Al di sotto di L1 il canale vertebrale contiene solo RADICI ANTERIORI E POSTERIORI.
La matassa di fibre sotto L1 è definita CAUDA EQUINA. La conseguenza pratica
dell’’esistenza della cauda equina è che sotto L1 non ho più midollo spinale e questo
permette di fare la PUNTURA LOMBARE che viene fatta tra L2-L3 o tra L3 ed L4.
Inoltre non c’è rischio di ledere la cauda equina perché le radici di destra sono separate
da quelle di sinistra per cui in mezzo c’è una zona deserta.
I GANGLI SPINALI CONTENGONO ANCHE I CORPI CELLUALRI O PIRENOFORI DEI
NEURONI GANGLIARI SPINALI O SENSITIVI OLTRE CHE ALLE FIBRE.
I NEURONI GANGLIARI SPINALI SONO NEURONI PSEUDOUNIPOLARI in quanto
sembrano neuroni ad un unico polo ma in verità non lo sono.
Il loro corpo dà infatti origine ad un unico prolungamento che, dopo un breve tragitto, si
divide a “T” con una branca che va in periferia ed una branca che va al centro, ossia al
MS ossia con una branca centrifuga ed una branca centripeta.
DENDRITE ASSONE
Corrente
Dato però che la corrente percorre un assone a senso unico ed obbligato, allora avremo
che, essendo il flusso unidirezionale le due branche non sono omologhe comportandosi
l’una da dendrite e l’altra da assone.
Un’altra conseguenza dell’organizzazione del ganglio è che il pirenoforo non viene
innervato da niente ( secondo alcuni autori ci sarebbero in verità degli interneuroni).
Se osserviamo una sezione trasversale vediamo che il MS non occupa tutto lo spazio che
ha a disposizione. Questo dipende dal fatto che la teca ossea è rivestita da una
membrana di tessuto connettivo detta DURA MADRE. Alla dura madre si applica un’altra
membrana detta ARACNOIDE (dal
greco ARACNOS = RAGNO)
Il MS è a sua volta avvolto da una
terza membrana detta PIA MADRE.
L’insieme di DURA MADRE,
ARACNOIDE E PIA MADRE
costituisce le MENINGI ossia UN
INVOLUCRO CHE AVVOLGE IL MS
E L’ENCEFALO E CHE PROTEGGE
IL MS E L’ENCEFALO.
Mentre l’aracnoide è incollata alla
dura madre, non lo è la pia madre.
Lo spazio tra aracnoide e pia madre
è detto SPAZIO SUB-ARACNOIDEO
e contiene:
Tale liquido forma una specie di CUSCINETTO IDRICO posto intorno al MS che
impedisce al MS stesso di venire a contatto con le superfici ossee, fungendo da
AMMORTIZZATORE.
Quindi il liquor ha la funzione di proteggere il MS e l’encefalo dai mini traumi.
Abbiamo detto che con la puntura lombare non c’è rischio di ledere qualche elemento
della cauda equina. Questo perché per tutto il canale vertebrale esistono dei legamenti
disposti frontalmente che vanno dalla parete laterale alla faccia laterale del MS a destra e
a sinistra e che si chiamano LEGAMENTI DENTICOLATI perché sono come i denti di un
pettine.
Questi legamenti, che sono dipendenze della dura e dell’aracnoide, fissano latero-
lateralmente il MS ed inoltre rappresentano una barriera per cui le radici posteriori sono
separate fisicamente da quelle anteriori ed inoltre fissano tali radici nel luogo in cui stanno
impedendo loro di spostarsi verso il centro.
Il risultato è che gli elementi della cauda equina sono tutti spostati lateralmente e quindi
non si trovano nel mezzo dove viene fatta la puntura.
Se facciamo una sezione trasversa di MS vediamo, oltre alle radici posteriori e a quelle
anteriori, due solchi dai quali entrano le radici posteriori e dai quali escono le radici
anteriori. Chiameremo SOLCO VENTRO LATERALE il solco da cui esce la radice
anteriore e SOLCO DORSO LATERALE quello da cui entra la radice posteriore. In oltre
osservando la sezione trasversa vediamo una parte centrale più scura che ha la forma di
“H” o di farfalla, circondata da una massa di sostanza bianca detta SOSTANZA BIANCA.
La sostanza grigia è tale, ossia è grigia, perché vi si concentrano i corpi cellulari dei
neuroni spinali ossia i pirenofori che sono relativamente grandi. Le fibre che si hanno
dentro la sostanza grigia sono amieliniche in quanto sono costituite da dendriti che per
definizione sono amielinici e da assoni amielinici.
La sostanza bianca è tale perché non contiene pirenofori ma contiene fibre che per la
maggioranza sono mieliniche.
La sostanza grigia si organizza macroscopicamente in DUE CORNA ANTERIORI CORTE
E LARGHE e/in DUE CORNA POSTERIORI LUNGHE E SOTTILI (raggiungono il solco
dorso laterale).
Queste 4 corna sono unite dalla COMMESSURA GRIGIA (la barretta dell’H).
La COMMESSURA GRIGIA presenta centralmente un canalino detto CANALE
CENTRALE O EPENDIMALE che contiene il LIQUOR.
La sostanza bianca è organizzata in CORDONI (O FUNICOLI) e precisamente da 6
cordoni, 3 a dx e 3 a sn:
2 CORDONI POSTERIORI che sono le due regioni cuneiformi di sostanza bianca che
sono comprese tra il solco dorso mediano e i solchi dorso laterali
2 CORDONI ANTERIORI che si estendono dalla scissura ventro-mediana ai solchi
ventro-laterali
2 CORDONI LATERALI compresi tra i solchi ventro-laterali e quelli dorso-laterali, che
sono i più grandi.
Questo è logico se pensiamo che una radice sensitiva a livello di S1, per esempio, deve
salire per tutto il MS per arrivare ai centri superiori dove deve essere programmata una
risposta a tale sensazione.
Quindi a livello di C1 troveremo anche le fibre che salgono dai neuromeri inferiori.
Lo stesso discorso vale per le vie discendenti di moto: al livello di C1 passeranno sia le
vie che si fermano a C1 che quelle che vanno a S5.
3. NEURONI MULTIPOLARI dal cui pirenoforo si diparte un solo assone ma, dal polo
opposto a questo si dipartono molti dendriti che si ramificano. Questo tipo è il più
diffuso.
Inoltre sappiamo che da un neurone origina un solo assone ma ciò non significa che un
neurone innerva una sola cellula effettrice in quanto l’assone, ad una certa distanza dal
pirenoforo da cui origina, può ramificarsi.
QUESTO CI PERMETTE DI INTRODURRE IL CONCETTO DELLA CONCENTRAZIONE
DELL’INFORMAZIONE E DELL’AMPLIFICAZIONE DEL MESSAGGIO.
Per quanto riguarda il concetto della concentrazione dell’informazione, dobbiamo tener
presente che un neurone può avere un numero elevato di dendriti che possono ricevere
informazioni da un altrettanto elevato numero di altri neuroni (sinapsi asso-dendritica) e
quindi può rappresentare un LUOGO DI CONVERGENZA DI IMPULSI.
Dall’altra parte dello stesso neurone parte un solo assone che però può dare vari rami che
vanno a reclutare altrettanti neuroni amplificando l’informazione (DIVERGENZA
DELL’INFORMAZIONE).
Quindi abbiamo 2 piramidi simmetriche, speculari, unite per l’apice nel quale è posto il
neurone, che rappresentano da un lato la convergenza dell’impulso che dalla base va
verso l’apice della piramide e la divergenza dello stesso dall’apice alla base della seconda
piramide.
CONVERGENZA DIVERGENZA
Bisogna anche sottolineare che NON ESISTONO NEURONI CHE NON INNERVINO
QUALCHE COSA. GLI STESSI NEURONI SECRETORI VANNO A CONTATTARE, CON
IL LORO ASSONE, UN CAPILLARE.
Il bersaglio di un neurone può essere un altro neurone, una fibra muscolare striata, una
fibrocellula muscolare liscia, una ghiandola endocrina oppure una ghiandola esocrina.
Per prendere contatto con la cellula bersaglio, l’assone finisce con un bottone sinaptico a
valle e ad una certa distanza dal quale si trova il bersaglio.
La membrana del bottone è detta membrana pre-sinaptica mentre quella del bersaglio è
detta membrana post-sinaptica.
Lo spazio tra queste due membrane è lo spazio sinaptico.La membrana presinaptica ha
un macchinario, enzimatico e non, che permette di far fondere le vescicole presinaptiche,
ognuna delle quali contiene un quanto di neurotrasmettitore, con la membrana
presinaptica e di rilasciare il neurotrasmettitore nello spazio sinaptico.
D’altro canto la membrana post sinaptica possiede specifici recettori per il
neurotrasmettitore rilasciato ed un corredo enzimatico in grado di distruggere il
neurotrasmettitore una volta che ha agito.
La trasmissione dell’eccitazione dall’elemento pre sinaptico a quello post sinaptico
avviene quindi mediante una sostanza chimica ed è per questo detta SINAPSI CHIMICA.
Esistono anche sinapsi elettriche che sono state trovate però solo negli invertebrati e nei
pesci.
La nostra specie proprio perché ha sinapsi chimiche, si è evoluta per introdurre una
CERTA LATENZA nel passaggio dell’informazione dall’elemento presinaptico a quello
post sinaptico: ESISTONO LATENZE MISURABILI NEGLI EVENTI DEL SISTEMA
NERVOSO.
Il motivo per cui è stata introdotta tale latenza è il seguente: benché il passaggio di
informazione all’interno del SN possa essere sufficientemente veloce (va da 20cm/sec a
circa 200cm/sec), gli effettori, come ad esempio i muscoli scheletrici che devono compiere
i movimenti, per come sono istologicamente fabbricati, non possono rispondere alle
sollecitazioni nervose altrettanto velocemente: LA LATENZA DEGLI EVENTI
CONTRATTILI E’ DI GRAN LUNGA SUPERIORE RISPETTO ALLA VELOCITA’ DI
PASSAGGIO DELLO STIMOLO DALLA CORTECCIA AL MUSCOLO.
Questo perché gli eventi biochimici alla base dell’accorciamento del sarcomero sono più
lenti rispetto agli eventi elettrici alla base della trasmissione dell’impulso. Nonostante la
presenza delle sinapsi chimiche si ha disuguaglianza tra conduzione dell’impulso e
contrazione, figuriamoci se le sinapsi fossero state elettriche.
2)INIBIZIONE RETROGRADA
3)INIBIZIONE PRESINAPTICA
In questo tipo di inibizione l’assone del neurone inibitore prende contatto con il bottone
presinaptico di un neurone eccitatorio.
Tale contatto fa si che il bottone presinaptico non si depolarizzi, anzi si iperpolarizzi: non
si ha trasmissione del segnale perché non si liberano le vescicole del neurotrasmettitore
dal bottone presinaptico.
4) CIRCUITO DISINIBITORIO
Questo tipo di inibizione consiste nell’inibizione di un neurone inibitore. Per avere un
circuito disinibitorio sono necessari almeno quattro neuroni in serie ed è indispensabile
che il primo ed il quarto neurone siano eccitatori, mentre il secondo ed il terzo inibitori. Se
il neurone “1” eccita il “2” questo, essendo inibitorio, va ad inibire “3” che essendo
inibitorio non viene attivato e quindi non va ad inibire 4 che così può scaricare.
1 2 3 4
Questo meccanismo è alla base dei circuiti di connessione tra corteccia e nuclei della
base i quali sono indispensabili per l’apprendimento motorio (come ad esempio,
l’imparare ad andare in bicicletta) e per riportare alla mente lo schema motorio appreso
ogni qualvolta è necessario (ad esempio, anche dopo 10 anni che non vado più in
bicicletta sono in grado di rifarlo in quanto ho memorizzato lo schema motorio dell’andare
in bicicletta).
TIPI DI INIBIZIONE
Il bottone presinaptico di un neurone inibitorio rilascia un neurotrasmettitore inibitorio nel
senso che questo, legandosi ai propri recettori presenti nella membrana post sinaptica,
produce una transitoria IPERPOLARIZZAZIONE, dell’elemento post sinaptico che non è
in grado, per un certo periodo (qualche msec), di rispondere ad uno stimolo che gli può
derivare per sinapsi con un secondo neurone che è disposto in parallelo.
Così se il neurone “C” è inibito da “B” esso non può rispondere allo stimolo eccitatorio che
gli deriva da “D” che è posto in parallelo con “C” perché tale stimolo trova una membrana
iperpolarizzata.
SENSIBILITA’
• SENSIBILITA’ TATTILE
• SENSIBILITA’ TERMICO-DOLORIFICA
• SENSIBILITA’ PROPRIOCETTIVA
SENSIBILITA’ ESTEROCETTIVA
Per capire che fine fa l’informazione (afferente) che entra nel MS, dobbiamo per prima
cosa descrivere come è organizzata la sostanza grigia del MS. I neuroni non sono infatti
dislocati a caso: TUTTA LA SOSTANZA GRIGIA DEL MS E’ ORGANIZZATA IN LAMINE
VERTICALI NELLE QUALI, FATTE ALCUNE ECCEZIONI, INDIPENDENTEMENTE DAL
NEUROMERO DOVE CI TROVIAMO, SI HA CHE OGNI LAMINA CONTIENE UN
CERTO NUMERO DI NEURONI CHE SONO IMPLICATI IN UNA BEN DEFINITA
ATTIVITA’. OGNI ANTIMERO (META’ NERUOMERO) CONTIENE 10 LAMINE CHE SI
ENUMERANO CON I NUMERI ROMANI (DA I A X).
Le lamine II e III sono costituite da interneuroni, la maggior parte dei quali sono inibitori,
che scaricano sulla lamina I o sulla V ossia sui neuroni che mediano la sensibilità
dolorifica.
Nella lamina IX sono contenuti esclusivamente MOTONEURONI SOMATICI ossia neuroni
i cui assoni innervano uno o più muscoli scheletrici.
La lamina VIII è molto complessa e sarà esaminata in seguito.
La lamina VII possiede oltre a neuroni che accolgono la sensibilità propriocettiva, un tipo
di motoneurone che fa parte del SN autonomo (che regola le attività viscerali) il cui
assone va a regolare l’attività della muscolatura liscia o l’attività secretiva di una ghiandola
endocrina o esocrina.
Tale motoneurone è detto quindi viscerale ed è localizzato nella regione laterale del corno
anteriore.
Nella lamina VII abbiamo anche un terzo tipo di neurone che in realtà è un interneurone,
solitamente inibitorio che va a scaricarsi sul motoneurone somatico (lamina IX), questo è
un esempio di inibizione retrograda. E’ il tipo di neurone più abbondante nella lamina VII.
Una volta che l’informazione sensitiva è arrivata a tali neuroni della sostanza grigia, questi
la trasmettono ai centri gerarchicamente superiori.
Per capire come questo avviene scegliamo un qualsiasi neuromero del midollo spinale ad
esempio S5. Osserviamo tale neuromero, vediamo un neurone pseudounipolare sensitivo
che manda il suo dendrite alla cute, in questo esempio è la cute perianale. Se ho prurito
all’ano (il prurito è una forma di sensibilità dolorifica protopatica) i miei recettori dolorifici
raccolgono tale stimolo e lo inviano al neurone pseudounipolare S5. Da tale neurone
parte un assone S5 che scarica alla lamina V a livello di un neurone dolorifico posto in
questa lamina.
Avviene che tale neurone manda il suo assone al corno anteriore controlaterale al confine
tra cordone anteriore e cordone laterale attraversando la commissura grigia.
L’incorciamento si fa davanti al canale ependimale, per cui al davanti di questo canale
abbiamo per tutta la lunghezza fibre che si incrociano e questo riveste una notevole
importanza nelle malattie di tale canale.
Quando tale assone è arrivato al limite tra
cordone anteriore e laterale
improvvisamente piega ad “L” e sale
percorrendo tutti i neuromeri da S5 a C1
senza interruzioni.
Si forma così una via la quale origina dal
MS (nell’esempio a sinistra) incrocia
controlateralmente (va a destra) e sale fino
a percorrere tutto il tronco dell’encefalo per
andare a finire al talamo (PARTE DEL
DIENCEFALO). Tale via è detta SPINO
TALAMICA perché un neurone del MS fa
sinapsi con un neurone talamico: LA
LAMINA DI SINISTRA ARRIVA AL
TALAMO DI DESTRA. I NEURONI
TALAMICI INVIANO POI I LORO ASSONI
ALLA CORTECCIA DX.
Da questo si deduce che:
1) IL DOLORE APPLICATO ALLA PARTE
SINISTRA DEL CORPO VIENE
SENTITO CON IL CERVELLO DESTRO
E VICEVERSA (LEGGE DELLA
CONTROLATERALITA’)
2) SE SUBISCO UN TRAUMA ALLA
COLONNA VERTEBRALE CHE TAGLIA
LA META’ DESTRA DEL MS, AD UN
CERTO LIVELLO AD ES. T9,ESSO
INTERROMPE TUTTA LA
COMUNICAZIONE TRA CERVELLO E
MS AL DI SOTTO DI T9.
Ciò significa che non avrò sensibilità nelle
zone innervate dai neuroni sotto a T9 (da
coccigeo 3 a T9 incluso) e quindi non
sentirò sensibilità dolorifica all’arto di
sinistra, al gluteo di sinistra, all’emitorace di
Abbiamo già accennato che la via spino talamica non è utilizzata dalla sensibilità tattile
epicritica. Abbiamo già detto che per sensibilità tattile epicritica (o discriminata) si intende
la possibilità di sentire come separati due stimoli tattili uguali, applicati su due punti vicini
della cute.
Se tocchiamo il dorso della persona con la punta delle due matite distanti circa 1cm,
contemporaneamente, a quella distanza sono in grado di distinguere i due stimoli. Se
uniamo le due punte (distanza max tra le punte 2-3 mm) allora non sono più in grado di
distinguere i due stimoli ma sento uno stimolo tattile unico. Se ora ripeto tale esperimento
a livello della guancia, delle labbra, della lingua o dei polpastrelli, allora sarò comunque in
grado di distinguere lo stimolo come duplice.
COME VIAGGIANO LA SENSIBILITÀ EPICRITICA E QUELLA PROPRIOCETTIVA
COSCIENTE ALLA CORTECCIA?
Se stimolo un recettore tattile strutturato (es. corpuscolo di Maisner) esso farà capo ad un
neurone gangliare il cui assone entra nel MS per le radici posteriori ed immediatamente si
biforca ad “L”:
1) La branca corta entra nel corno posteriore e fa sinapsi con un neurone nella lamina 4
e 5 da cui si diparte la via spino talamica descritta (sensibilità protopatica);
2) La branca lunga va a finire nel cordone posteriore dello stesso lato, piega ad “L” e sale
su per arrivare al tronco dell’encefalo. Tale via veicola la sensibilità epicritica.
È importante notare che il fascicolo gracile ed il fascicolo cuneato sono vie ipsilaterali. Ma
questo è vero fino ad un certo punto.
Tali vie salgono su fino a C1 e poi entrano nel tronco dell’encefalo. Nella parte PIU’
CAUDALE DEL TRONCO DELL’ENCEFALO OSSIA A LIVELLO DEL BULBO e
precisamente NELLA PARTE PIU’ DORSALE DEL BULBO , A DESTRA ED A
SINISTRA DELLA LINEA DI MEZZO ABBIAMO DUE GRUPPI DI NEURONI VICINI TRA
LORO (due a destra e due a sinistra) CHE COSTITUISCONO IL NUCLEO GRACILE ED
IL NUCLEO CUNEATO.
Per nucleo si intende un
raggruppamento di neuroni
implicati nella stessa
funzione.
Il nucleo gracile è più
mediale di quello cuneato.
Le fibre del fascicolo gracile
fanno sinapsi con i neuroni
del nucleo gracile, quelle
del fascicolo cuneato con i
neuroni del nucleo cuneato.
Però i neuroni di tali nuclei
danno origine ad assoni che
portano l’informazione a
livello del TALAMO
CONTROLATERALE. Infatti
OGNI ASSONE CHE
PARTE DA TALI NUCELI
PRIMA SI DIRIGE IN
REGIONE VENTRALE, POI
SI INCROCIA E QUINDI
SALE
CONTROLATERALEMENT
E.
Il tratto di fibra che si sposta
da regione dorsale a
regione ventrale è detta
FIBRA ARCIFORME
INTERNA.
Le fibre che dopo aver
incrociato salgono
controlateralmente vanno a
costituire un fascio che dal
bulbo va al talamo e che è
detto LEMNISCO
MEDIALE. Il termine
LEMNISCO (dal greco =
nastro) deriva dall’aspetto
nastriforme di tale fascio,
mentre il termine mediale si
riferisce sia al fatto che tale
fascio sale medialmente, sia al fatto che esiste un lemnisco laterale e trigeminale.
Quindi LE FIBRE DELLA SENSIBILITA’ TATTILE EPICRITICA E PROPRIOCETTIVA
COSCIENTE VANNO SEMPRE AL TALAMO CONTROLATERALE E QUINDI ALLA
CORTECCIA CONTROLATERALE.
L’incrocio però non avviene neuromero per neuromero ma sono le fibre del lemnisco
mediale che si incrociano. I neuorni talamici, a loro volta, mandano le informazioni, alla
corteccia cerebrale.
Per capire quale parte di corteccia è coinvolta bisogna sapere che la corteccia è stata
mappata da un medico tedesco (Brodmann) il quale, circa 70 anni fa, bsandosi su criteri
esclusivamente istologici, ha diviso la corteccia in circa 58 aree (a partire dal Vertex).
una lesione alle aree 3, 2, 1 al passaggio tra faccia laterale e faccia mediale
dell'emisfero, quel soggetto non avrà più sensibilità cosciente a livello della gamba
sinistra. Se faccio una lesione della stessa ampiezza (es. mezzo centimetro di diametro)
a livello della zona di corteccia corrispondente all'emifaccia in corrispondenza delle
labbra, l'individuo perderà la sensibilità dell'emilabbra di sinistra. Allora capiamo che NON
SOLO LA CORTECCIA CEREBRALE E' MAPPATA NEL SENSO CHE OGNI AREA
PRESIEDE AD UNA CERTA ATTIVITA' CEREBRALE MA ANCHE CHE NELL'AMBITO
DELLE AREE 3,2 E 1 (MA ANCHE DI ALTRE AREE COME VEDREMO) POSSIAMO
MAPPARE MEZZO SOMA IN MANIERA CHE UNA CERTA ZONA DI QUELL'AREA
RICEVA SENSIBILITA' DA UNA CERTA REGIONE DELL'EMISOMA
CONTROLATERALE ED UN'ALTRA ZONA DA UNA ALTRA REGIONE DELL'EMISOMA.
Una prima osservazione su tale distribuzione somatotopica è che c'è una sproporzione
enorme tra ciò che viene rappresentato in centro e ciò che è in periferia, ossia la
superficie cutanea della emifaccia è di gran lunga inferiore rispetto alla superficie cutanea
della mia coscia. In ciascuno di noi la superficie cutanea della coscia è rappresentata da
un cm² di corteccia mentre quella dell'emifaccia è rappresentata da molti cm² di corteccia:
ciò significa che NELLA CORTECCIA C'E' UN NUMERO RELATIVAMENTE PICCOLO
DI NEURONI CHE RICEVONO SENSIBILITA' DALLA COSCIA E UN NUMERO MOLTO
GRANDE DI NEURONI CORTICALI CHE RICEVE SENSIBILITA' DALL'EMIFACCIA.
Lo stesso discorso si applica alla mano, al piede, alla lingua, agli organi genitali. Questo
è un'altra dimostrazione del fatto che ALCUNE REGIONI DEL NOSTRO SOMA HANNO
UNA MAGGIOR SENSIBILITA' DI ALTRE. I motivi per cui il max di sensibilità l'abbiamo a
livello del polpastrello delle dita dipenda da:
Questo spiega il perché noi sentiamo gli oggetti con la mano da adulti, ma da neonati li
sentiamo con le labbra e la bocca (fino a circa 8-9 mesi) in quanto, delle zone delle aree
3, 2, 1, sono più sviluppate quelle che riguardano le labbra e la lingua che vengono
utilizzate dal bambino per memorizzare il mondo che gli sta attorno ancor prima di
memorizzare la propria tridimensionalità. Il bambino succhia (memoria genetica) già nella
pancia (si tratta di un riflesso).
Altro corollario è che UNA LESIONE PUNTIFORME (mezzo cm di diametro) DELLA
CORTECCIA DELLE AREE 3,2,1 nella zona dove è rappresentata la gamba,
provocherà un danno esteso della sensibilità della gamba.
Una lesione della stessa grandezza che riguarda la zona corticale dell'emifaccia provoca
solo un piccolo danno a livello della sensibilità della faccia.
Nell'ambito delle vie SPINO TALAMICHE CHE SALGONO, abbiamo delle fibre che
arrivano al talamo in maniera diversa da quelle della via spinotalamica. Tali fibre mentre
salgono vanno a scaricarsi su neuroni del tronco dell'encefalo (bulbo e ponte) che sono
neuroni sparsi (non raggruppati a formare un nucleo) che nell'insieme formano la
SOSTANZA RETICOLARE.
Si formano FIBRE SPINO-RETICOLARI. Anche tali neuroni reticolari poi proiettano nel
talamo ma in REGIONI DIVERSE rispetto alle vie SPINO TALAMICHE. Da tali regioni del
talamo, l'informazione si distribuisce ad un'area della corteccia cerebrale molto estesa con
lo scopo di attivare la corteccia ossia di metterla in guardia.
Lo sculaccione al bimbo al momento della nascita serve proprio ad attivare questa via.
Per lo stesso motivo, se un individuo non cosciente non risponde allo stimolo dolorifico,
allora è impedita l'attivazione della corteccia e quindi l'individuo sta molto male. Lo stimolo
dolorifico è, nella scala degli stimoli, l'ultimo degli stimoli da utilizzare, ma anche
nell'ambito dello stimolo dolorifico ci sono zone che se stimolate provocano più dolore: nel
maschio il massimo dolore si ottiene strizzando il testicolo e nella femmina il capezzolo.
Oltre alla via spino-reticolare che proietta alla corteccia si ha un'altra via spino-reticolare
che però si esaurisce prima di arrivare al talamo, scaricando a livello di un gruppo di
neuroni che si trovano attorno all'ACQUEDOTTO di SILVIO (canale che attraversa il
mesencefalo longitudinalmente) e che costituiscono la SOSTANZA GRIGIA
PERIACQUEDUTTALE. Abbiamo quindi una VIA SPINO-ACQUEDUTTALE.
I neuroni grigio-acqueduttali danno origine a degli assoni che trasmettono l'informazione
al midollo spinale attraverso una via discendente che fa stazione, in genere nella
sostanza reticolare del bulbo e da questa, attraverso la via RETCOLO-SPINALE, va a
finire nel corno POSTERIORE formando una specie di cortocircuito, in cui la corteccia è
by-passata.
Che cosa succede a livello del corno posteriore? Tali fibre vanno a stimolare interneuroni
delle lamie II e III (soprattutto la II) che sono per la maggior parte inibitorie che scaricano
nelle lamine I e V. Tali interneuroni vanno ad inibire a livello presinaptico la fibra del
neurone gangliare pseudo-unipolare bloccando la trasmissione della sensibilità dolorifica
e quindi il dolore.
Se fosse esattamente così non avrei più dolore dopo una frazione di secondo dallo
stimolo nocicettivo. In verità noi
normalmente non attiviamo questa via
che è geneticamente predeterminata ma
che, per la nostra salvaguardia, non deve
essere utilizzata. Ci sono però delle
circostanze in cui attiviamo questa via
perché è necessario che non sentiamo
dolore. Se ad esempio ricevo una
pistolettata alla mia gamba, cado a terra
dal dolore in condizioni normali. Se però
la pistolettata la ricevo mentre sto
salvando la vita di una persona, allora
non sento dolore fino a quando non ho
portato a termine il mio compito. Lo
stesso vale per i soldati che sono allenati
a non sentire il dolore in modo molto più
semplice vale anche per un calciatore
che è concentrato e motivato a giocare
nel momento in cui riceve un calcio e
quindi sente molto meno dolore. Ci
chiediamo allora quale struttura nervosa
va ad attivare questa via.
In realtà i NEURONI DEL GRIGIO
PERIACQUEDUTTALE RICEVONO
ANCHE IMPULSI DALL'IPOTALAMO
(che è una parte del diencefalo) CHE HA
L'IMPORTANTISSIMO RUOLO DI
REGOLARE E CONTROLLARE
Esiste una via locale di controllo della via del dolore tutta centrata a livello del MS, nota
come teoria del controllo a cancello.
Sperimentalmente possiamo osservare che se sbattiamo un gomito, istintivamente lo
massaggiamo. Il massaggio, che significa applicazione di uno stimolo tattile, in qualche
modo fa diminuire il dolore. Per spiegare questo evento empirico è stata elaborata tale
teoria: quando stimoliamo un recettore dolorifico la fibra afferente arriva al neurone
pseudounipolare gangliare
che emette una fibra che
entra nel corno posteriore del
MS e fa sinapsi con un
NEURONE DI PROIEZIONE
(della lamina I e della lamina
V) da cui partono le vie
spino-talamiche. É presente
però anche un'altra fibra
(mielinica) di calibro piuttosto
alto, che va a finire ad un
suo neurone di proiezione.
Il punto importante è che il
neurone di proiezione (della lamina I e V) viene innervato anche da un INTERNEURONE
INIBITORE ENCEFALINERGICO.
A sua volta questo interneurone viene eccitato, ad inibire, da una collaterale della fibra
che porta sensibilità tattile. Quindi se a seguito di uno stimolo dolorifico applico uno
stimolo tattile alla stessa regione, attraverso questa collaterale vado ad eccitare
l'interneurone inibitore che inibisce il neurone di proiezione che dovrebbe raccogliere il
dolore e trasportalo al talamo e farcelo sentire.
In realtà anche la fibra che veicola il dolore ha una collaterale la quale inibisce
tonicamente l'interneurone inibitorio il quale quindi non inibisce più il neurone di
proiezione che può scaricare dolore.
Madre natura ha fatto le cose in modo tale che ad ogni costo io debba sentire dolore. Il
dolore è fondamentale perchè ci dice che qualcosa non va. Anche in clinica il dolore è
fondamentale per capire la causa del dolore e quindi un antidolorifico deve essere usato
solo dopo che si è capito qual'è la causa del dolore.
Però il sistema di controllo a cancello ha il sopravvento perché lo stimolo tattile viaggia ad
una velocità di gran lunga superiore a quello dolorifico (almeno un ordine di grandezza) e
quindi la via del dolore è inibita dallo stimolo tattile che si applica.
Abbiamo già detto che le vie del fascicolo gracile e del fascicolo cuneato portano non solo
la sensibilità tattile discriminata epicritica ma anche la sensibilità propriocettiva cosciente.
Esiste anche una sensibilità propriocettiva non cosciente che arriva al cervelletto (grande
coordinatore del movimento). Noi abbiamo fondamentalmente 2 vie (almeno così diciamo
per ora) che dal midollo spinale portano sensibilità propriocettiva non cosciente al
cervelletto: la via spino cerebellare dorsale e la via spinocerebellare ventrale. La
sensibilità propriocettiva non cosciente si origina a livello degli stessi recettori periferici da
dove si origina la s. propriocettiva cosciente (vale a dire terminazioni nelle capsule
articolari, fuso neuromuscolare e organo muscolo tendineo di Golgi).
L'assone che veicola tale sensibilità propriocettiva entra per la radice posteriore e scarica
su un neurone della lamina VI e VII (neuroni della sensibilità propriocettiva). Tale neurone
dà origine ad un assone che fa una di queste due cose:
1) Si dirige verso la parte più dorsale del cordone laterale (dello stesso neuromero) e a
tale livello piega ad L salendo al cervelletto che raggiunge tramite il PEDUNCOLO
CEREBELLARE INFERIORE. Tale via è detta appunto SPINOCEREBELLARE
DORSALE perché occupa la parte più dorsale del cordone laterale.
2) Si scarica controlaterlamente (nello stesso neuromero), piega ad L, sale su e incrocia
nuovamente a livello del PEDUNCOLO CEREBELLARE SUPERIORE, tramite il quale
giunge al cervelletto ipsi laterale. Tale via non percorre solo il midollo spinale ma
anche quasi tutto il tronco dell'encefalo (bulbo e ponte), arriva nel mesencefalo e poi
piega per andare al cervelletto. Prende il nome di via SPINOCEREBELLARE
VENTRALE (o crociata) perché decorre centralmente nel cordone laterale.
VIE DISCENDENTI
Infatti disponiamo di tante vie di moto le quali, per definizione, sono discendenti. Tra
queste vie ne abbiamo una (una a dx ed una a sn) che è la principale via di movimento e
che chiameremo per ora CORTICO SPINALE perché nasce da neuroni della corteccia e
senza interrompersi viaggia nel MS e, neuromero per neuromero, va a scaricarsi
fondamentalmente ma non esclusivamente, ai motoneuroni della lamina IX dai quali
partono assoni che innervano i muscoli. Tale via è caratterizzata da una sola sinapsi ed è
tanto importante che se la tagliamo, nei giorni successivi al taglio, perdiamo
completamente la capacità di contrarre i muscoli (è la via piramidale).
Sulla base di quanto è stato detto sembrerebbe che l'unico significato della via cortico
spinale sia quello di andare a portare un ordine di movimento ad un motoneurone che
innerva un determinato muscolo, in realtà una frazione di tale via non si scarica su
motoneuroni della lamina IX ma su neuroni delle lamine IV, V (tatto e dolore) e VI e VII
(sensibilità propriocettiva). Abbiamo quindi un altro esempio di una via discendente (ossia
che viene dalla corteccia) la quale si scarica su neuroni sensitivi per regolare l'attività di
scarica di tali neuroni. Questa via è detta cortico-spino-cerebellare. Si tratta di una
specie di cortocircuito: la corteccia attraverso la stessa via che dovrebbe portare l'ordine
di movimento, fa in modo che arrivino le informazioni tattili più utili in quel momento ai fini
dell'esecuzione di quel movimento. Oppure, ed è la stessa cosa, la corteccia per far
arrivare al cervelletto le informazioni propriocettive più utili, in quel momento, ai fini del
movimento.
Notiamo che attraverso la via spinocerebellare dorsale arrivano al cervelletto le
informazioni propriocettive generate immediatamente un attimo prima del movimento
compiuto: il cervelletto deve essere informato della conseguenza dell'atto motorio appena
eseguito. Tale via non arriva alla corteccia e quindi le informazioni che veicola non sono
processate dalla corteccia.
La via spino cerebellare ventrale, invece, porta al cervelletto informazioni, dallo stesso
pezzo di soma, che hanno subito il vaglio della corteccia attraverso la via cortico spinale,
ossia quella che contestualmente porta l'ordine di movimento.
Ogni movimento che facciamo è inserito in una sequenza motoria, ad esempio il
camminare è una sequenza di passi. Per fare il passo successivo la corteccia e
soprattutto il cervelletto devono sapere quale è stata la conseguenza del passo
precedente. Inoltre il cervelletto deve sapere anche, in anticipo, quale è il programma di
movimento ideato dalla corteccia. É per questo che l'informazione che proviene dal
muscolo e che viaggia attraverso la via spino cerebellare ventrale è modificata dalla via
cortico spinale e si crea così un circuito cortico spino cerebellare. Questo spiega perchè
le due vie spino cerebellari non sono uguali e quindi non c'è ridondanza: la via spino
cerebellare dorsale veicola al cervelletto informazioni propriocettive non coscienti che non
vengono processate dalla corteccia, mentre la spino cerebellare ventrale veicola
informazioni propriocettive incoscienti che però sono processate dalla corteccia attraverso
il circuito cortico spino cerebellare.
La via cortico spinale non è l'unica via discendente che controlla le lamine IV, V, VI e VII.
Un'altra via discendente che svolge tale funzione di controllo parte dalla corteccia e fa
stazione in un nucleo del mesencefalo detto nucleo rosso da cui diparte la via RUBRO
SPINALE per cui è detta via cortico rubro spinale che scarica come quella cortico spinale.
Anche in tal caso non si tratta di ridondanza. Quindi in sintesi abbiamo 2 vie discendenti le
quali hanno il compito di regolare il flusso di informazioni che devono tornare alla
corteccia o al cervelletto.
antagonisti per cui madre natura ha inventato un meccanismo che serve a spegnere
momentaneamente l'attività del motoneurone alfa tonico dei muscoli antagonisti ai fini di
facilitare l'azione del muscolo agonista il quale deve vincere la forza di gravità.
4. Questo meccanismo è innescato proprio dalla 4° collaterale la quale scarica su un
interneurone inibitore della lamina VII il quale è eccitato ad inibire gli alfa
motoneuroni (tonici) che innervano il muscolo antagonista. In definitiva viene
momentaneamente azzerato il tono del muscolo antagonista.
5. Infine, la 5° collaterale della fibra propriocettiva si incrocia controlateralmente a
livello del corno anteriore e va ad attivare una serie di eventi che sono ad esempio:
se decido di stare su un solo arto recluto i muscoli di quell'arto ma anche quelli dell'altro
arto che dovranno avere il comportamento opposto: se fletto il quadricipite di destra sul
bacino devo estendere quello di sinistra (sistema dei pesi e dei contrappesi).
Fino ad ora abbiamo parlato della sollecitazione passiva del fuso ma in realtà siamo
dotati di un meccanismo e di una struttura che ci permette di stirare attivamente il fuso.
Per capire tale meccanismo bisogna conoscere la struttura del fuso neuromuscolare. Il
fuso neuromuscolare è una struttura fusiforme di 1, 2 mm di lunghezza costituita da una
membrana esterna (perimisio) che delimita un fascio di 10- 20 mini fibre muscolari striate
(fibre intrafusali) che sono parallele tra loro e alle fibre del muscolo (fibre extrafusali). Le
fibre intrafusali si inseriscono o al tendine del muscolo o ai poli della capsula connettivale.
Nel fuso si distinguono due poli e un equatore.
Allora noi abbiamo un doppio sistema di contrarre i muscoli, uno che parte dalla corteccia
e che contrae una sola sinapsi (due in realtà: all'alfa e alla placca motrice); un altro che è
multisinapsi che però è incentrato sul gamma motoneurone e che rappresenta una sorta
di servomeccanismo (amplificazione)
All'equatore del fuso o meglio all'equatore di ogni singola fibra arriva il dendrite di una
grossa fibra nervosa propriocettiva, il quale dendrite circonda la fibra muscolare
formandole attorno una spirale, formando la così detta terminazione anulospirale.
Accade che quando il fuso si stira l'equatore collassa ossia diminuisce di diametro e
questo funge da stimolo meccanico che viene raccolto dalle terminazioni anulospirali
innescando tutti i meccanismi descritti.
Ora passiamo a rispondere alla domanda: PERCHE' MADRE NATURA HA INVENTATO
UN SISTEMA COSI COMPLESSO?
La risposta è duplice:
1) In realtà noi non possediamo soltanto la via cortico spinale (Piramidale) per muoverci
ma possediamo almeno altre sei vie discendenti di moto che provengono da nuclei
che si trovano nel tronco dell'encefalo che, a loro volta, sono eccitati da vie che
vengono, in genere, dalla corteccia cerebrale o dal cervelletto. Tali vie nel loro insieme
costituiscono il sistema extrapiramidale. Quindi noi abbiamo 2 sistemi discendenti di
moto: la via principale di moto, la via piramidale, ed il sistema extrapiramidale. Sia la
via piramidale che quelle extrapiramidali si scaricano sia ad alfa motoneuroni che a
gamma motoneuroni. In genere c'è una prevalenza delle vie extrapiramidali a
scaricarsi sui gamma motoneuroni e una prevalenza delle vie piramidali a scaricarsi su
alfa motoneuroni fermo restando che ogni tipo di motoneurone riceve entrambe le vie.
Questo è importante perchè grazie al fatto che i gamma motoneuroni ricevono fibre
che sono soprattutto extrapiramidali noi organizziamo sequenze motorie complesse
Lo stiramento del fuso è registrato dalle terminazioni anulospirali della fibra sensitiva
che fa capo ad un neurone pseudounipolare di un ganglio spinale il cui assone entra
nel midollo spinale dove si divide in 5 branche.
1) Una sale sotto forma di fascicolo gracile o cuneato che va alla corteccia
controlaterale ( via del LEMNISCO MEDIALE)
2) Una va a neuroni della lamina VI e VII per dare origine alle vie cerebellari
(l'informazione va al cervelletto ipsi laterale)
3) Una scarica ad alfa motoneuroni della lamina IX che innervano il muscolo il cui
fuso è stato stirato (riflesso miotatico). Tale riflesso serve a mantenere il tono
normale dei muscoli che è estensivo per l'arto inferiore e flessorio per l'arto
superiore. Serve anche a rendere possibili contrazioni riflesse del muscolo allorché
venga aumentata la resistenza.
4) Una collaterale si scarica su un interneurone inibitore della lamina VII che va ad
inibire l'alfa motoneurone del muscolo antagonista a quello il cui fuso è stato stirato
.
5) La quinta collaterale va dall'altra parte del midollo, e va a scaricare sugli alfa della
lamina IX producendo gli effetti opposti: viene eccitato l'antagonista ed inibito
l'agonista. Ciò consente il mantenimento della postura e quindi dell'equilibrio.
1) avvisare la corteccia ed il cervelletto che un muscolo è più lungo di prima e che quindi
è aumentata la resistenza;
2) adeguare la forza di contrazione del muscolo alla resistenza applicata (valigia più
pesante di quello che avevamo pensato all'inizio);
3) capire che un certo peso non riuscirò mai a tirarlo su, ossia se siamo in grado di
sollevare un certo peso. Questo è importante ai fini di comportamenti in quanto se una
persona si ostina a voler tirare su un peso enorme questo ci fa capire che la sua
personalità è alterata.
Un secondo organulo, l'organo muscolo tendineo del golgi, è invece posto in serie rispetto
al muscolo, ossia alla giunzione miotendinosa.
Tale organulo è sensibile all'aumento di tensione che si sviluppa in un muscolo che si sta
contraendo. Esso registra le variazioni di potenza nella contrazione muscolare dicendo
che il muscolo si è accorciato rispetto a prima (il muscolo sviluppa potenza se si accorcia)
Quindi la contrazione del muscolo mette in tensione l'organulo del golgi. Tale tensione è
registrata dalla fibra afferente propriocettiva la quale entra nel midollo e si divide in quattro
rami:
1) un ramo prende la via del fascicolo gracile o cuneato ( al cervello)
2) un secondo da origine alla vie spino cerebellari (al cervelletto)
3-4) il terzo ed il quarto si scaricano a livello degli alfa motoneuroni (il terzo attiva un
interneurone inibitore mentre il quarto attiva il motoneurone attraverso una catena di
disinibizioni) creando però l'effetto opposto rispetto a quello creato dalla fibra afferente
che deriva dal fuso neuromuscolare nei confronti del muscolo agonista ed antagonista.
Il risultato è che se si eccita l'organulo di Golgi in un muscolo che si sta contraendo, tale
muscolo si rilascia mentre si contrae il suo antagonista.
I neurofisiologi hanno pensato che tale meccanismo servisse ad impedire un eccesso di
contrazione di un muscolo ai fini di evitare la lacerazione ossia lo strappo del muscolo
stesso.
È probabile che l'organo di Golgi serva anche a questo ma sicuramente serve ad un
qualcosa di più banale. Per capirlo facciamo un esempio. Immaginiamo di alzare una
valigia che pensiamo essere piena che in verità è vuota. La forza che imprimiamo
inizialmente è troppo grande rispetto al peso che effettivamente devo alzare; una tale
forza viene subito riaggiustata in base al carico che effettivamente sto alzando. Questo
aggiustamento è il risultato della messa in tensione dell'organulo di Golgi il quale (con i
rami ascendenti della fibra sensitiva) avvisa la corteccia ed il cervelletto che la resistenza
è troppo bassa rispetto alla potenza ed inoltre (con gli altri 2 rami) mette in atto un riflesso
che rilascia il muscolo che si sta contraendo e contrae l'antagonista di questo. Quindi:
mentre il fuso neuromuscolare ci indica se la potenza è adeguata alla resistenza, l'organo
muscolo tendineo del Golgi ci dice se la resistenza è adeguata alla potenza, ma in
particolare ci dice che la potenza è troppo rispetto alla resistenza.
Dobbiamo infine fare 2 puntualizzazioni:
1) la prima riguarda i neuroni delle lamine VI e VII dai quali si dipartono le vie
spinocerebellari dorsale e ventrale. Abbiamo detto che i neuroni della lamina VI e VII
che danno origine alla spino cerebellare ventrale subiscono il controllo di vie
discendenti: la via cortico spinale e la via cortico rubro spinale. In realtà il midollo
spinale è un centro di riflessi: la circuiteria degli interneuroni configura dei minicircuiti
locali del tipo interruttore lampadina. Lungo il midollo abbiamo quindi vie di riflesso le
quali quando vengono attivate, danno sempre risposte stereotipe. Tali risposte
stereotipe sono però regolate dalla corteccia direttamente attraverso la via cortico
TRONCO DELL'ENCEFALO
Il nucleo che è allungato tra bulbo e ponte è il nucleo del nervo ipoglosso (XII) che innerva
i muscoli della lingua. Il nucleo che si trova sul ponte è il nucleo del nervo abducente (VI)
che andrà ad innervare il muscolo retto esterno dell'occhio.
Nel mesencefalo abbiamo un nucleo davanti al collicolo inferiore esso è il nucleo del
nervo trocleare o patetico (IV) che innerva il muscolo obliquo superiore dell'occhio. Il
nucleo che si trova davanti al collicolo superiore è il nucleo dell'oculomotore comune (III)
che innerva i muscoli dell'occhio.
Sempre in posizione dorsale ma un po’ più lateralmente rispetto ai nuclei sin qui descritti
abbiamo tre nuclei: uno nel bulbo e 2 nel ponte che sono sempre costituiti da motoneuroni
alfa e gamma soltanto che sono fisicamente separati da quelli descritti ( per un motivo
embriologico). Il nucleo che si trova nel bulbo è il nucleo ambiguo. Qui abbiamo alfa e
gamma motoneuroni che appartengono al X ed al IX nervo cranico ossia al vago ed al
glossofaringeo: abbiamo i motoneuroni del vago che diventeranno nervi laringei ed i
Ritornando ai nuclei motori viscerali abbiamo che quello più caudale,disposto in parte nel
bulbo ed in parte nel ponte, è il nucleo MOTORE DORSALE DEL VAGO.
Tale nucleo è detto motore perché costituito da neuroni motori viscerali,dorsale perché si
trova in posizione dorsomediale,del vago perchè le fibre pregangliari che emergono da
tale nucleo diventano una parte importante del X nervo cranico.
Sempre nel bulbo,in posizione più craniale abbiamo un piccolo nucleo detto NUCLEO
SALIVATORIO INFERIORE.
Le fibre pregangliari di tale nucleo diventano parte integrante del IX nervo
cranico(“glossofaringeo”)ed innervano la parotide(da qui “salivatorio”).
A seguire, nella parte più caudale del ponte, abbiamo il NUCLEO SALIVATORIO
SUPERIORE. Se stimoliamo questo nucleo otteniamo una varietà di effetti:
-secrezione delle ghiandole sottomascellari,sottolinguale e salivari minori (ossia
scialorrea).
-abbondante secrezione nasale(rinorrea)
-abbondante lacrimazione.
A causa di ciò, tale nucleo può essere diviso in 2 parti:
-NUCLEO SALIVATORIO propriamente detto,le cui fibre diventeranno parte del VII
nervo cranico;
-NUCLEO NASO-MUCO-LACRIMALE, le cui fibre diventeranno anch’esse parte del VII
nervo cranico ma avranno diversi neuroni gangliari (parasimpatici);
Nel mesencefalo abbiamo un ultimo nucleo motor viscerale,situato all’altezza del colllicolo
superiore,molto vicino al nucleo del III nervo cranico: il NUCLEO DI EDINGER-
WESTPHAL o oculomotore accessorio. Le fibre innervano,con l’interposizione di un
ganglio il muscolo sfintere della pupilla ed il muscolo ciliare, intervenendo
nell’adattamento dell’occhio alla visione da vicino.
NUCLEI SENSITIVI
Il più grande nucleo sensitivo che attraversa tutto il tronco dell’encefalo è il NUCLEO DEL
TRIGEMINO (V), dove abbiamo neuroni che corrispondono alle lamine I,II,III,IV,V,VI,VII.
Esso può essere,a sua volta,suddiviso in 3 nuclei:
-il tratto più craniale prende il nome di NUCLEO MESENCEFALICO DEL V; riceve le
informazioni propriocettive non coscienti dirette al cervelletto che provengono dai muscoli
e dall’unica articolazione che abbiamo a livello craniale.
-a seguire abbiamo quella parte di nucleo che si trova nel ponte:NUCLEO SENSITIVO
PRINCIPALE DEL V,esso riceve la sensibilità propriocettiva cosciente e tattile epicritica
che si origina nello splancnocranio.
- l’ultima parte di tale nucleo che percorre tutto il bulbo è detta NUCLEO DEL TRATTO
SPINALE DEL V; i neuroni di tale nucleo ricevono tutta la sensibilità termico-dolorifica
(protopatica ed epicritica) e la sensibilità tattile protopatica che si genera a livello dello
splancnocranio.
Più medialmente abbiamo un’ampia area(che comprende grossa parte del bulbo ed una
parte del ponte)costituita da 4 nuclei a destra e 4 nuclei a sinistra detti NUCLEI
VESTIBOLARI:essi ricevono la sensibilità cinestesica proveniente dal nervo vestibolare,la
quale viene percepita dall’orecchio interno,ma si genera con gli spostamenti attivi e
passivi del capo.
Noi utilizziamo tale sensibilità per aggiustare il tono dei muscoli antigravitari al fine di
ottenere l’equilibrio e la postura quando ruotiamo il capo.
Al confine tra bulbo e ponte ,ma più nel ponte che nel bulbo,abbiamo 2 nuclei COCLEARI:
quello dorsale e quello ventrale(2 a dx e 2 a sn)i quali ricevono l’informazione uditiva da
parte della componente acustica del VIII.
Infine abbiamo,nel bulbo,un altro nucleo piuttosto grosso e lungo: il NUCLEO DEL
TRATTO SOLITARIO, esso riceve fondamentalmente tutta la sensibilità gustativa che è
veicolata dal 3 nervi:il VII, il IX ed il X.
Noi utilizziamo tale sensibilità gustativa in parte per i riflessi salivatori ed in parte per dare
informazione al talamo controlaterale ed alla corteccia.
Il nucleo del tratto solitario è, però, importante anche perché riceve informazioni dai
visceri, soprattutto da quelli cavi del tratto gastroenterico, ed innesca delle risposte
riflesse che servono a regolare l’attività di tali visceri (sensibilità introcettiva).
I nuclei qui descritti “hanno a che fare” con i nervi cranici ma non esauriscono tutta la
sostanza grigia del tronco dell’encefalo;infatti ci sono anche nuclei che non hanno a che
fare con i nervi cranici e che,a causa di ciò,sono chiamati NUCLEI PROPRI DEL
TRONCO DELL’ENCEFALO.
Alcuni già li abbiamo “incontrati”: il nucleo gracile,il nucleo cuneato ed il nucleo cuneato
accessorio,altro esempio è l’oliva inferiore del bulbo (NUCLEI PROPRI DEL BULBO).
Prendiamo in esame due sezioni trasversali del bulbo:una eseguita nel terzo inferiore
(A)ed una nel terzo superiore(B).
Se consideriamo la sezione traversa (A) notiamo che: (DISEGNO)
• il canale ependimale è centrale
• dorsalmente a questo canale,da medio a lato, abbiamo una prima coppia di
protuberanze che sono i 2 tubercoli gracili(clave),
• più lateralmente abbiamo i 2 tubercoli cuneati
• ancora più lateralmente abbiamo i 2 TUBER CINEREUM: questi sono i rilievi
formati dal nucleo del tratto spinale del V che sta attraversando il bulbo.
• ventralmente abbiamo 2 piramidi
• dietro le piramidi ci sono i 2 lemnischi mediali, l’uno accanto all’altro, formati dalle
fibre che derivano dal tubercolo gracile e cuneato (FIBRE ARCIFORMI) che dopo
essersi incrociate salgono al talamo controlaterale.
Lo spazio che rimane sarà riempito in parte da altre fibre ascendenti come quelle spino-
cerebellari.
Una sezione traversa ci da’ l’immagine di un foglio di lamiera ondulata piegata a ferro di
cavallo.
• Dorsalmente, da medio a lato, troviamo i nuclei dell’ipoglosso, il nucleo dorsale del
vago ed il nucleo del tratto solitario;
• in posizione dorso-laterale,tra l’oliva e le fibre del peduncolo cerebellare inferiore,
troviamo i NUCLEI VESTIBOLARI.
• Dal solco preolivare emerge il XII n.c., le cui fibre originano dal nucleo
dell’ipoglosso e passano lateralmente rispetto al lemnisco mediale, tra la piramide
e l’oliva. Questo è un rapporto anatomico importante perchè la stragrande
maggioranza dei malati neurologici lo sono per i per problemi di vascolarizzazione
che può essere comune nella zona della piramide.
• Altri nervi quali il IX,X e XI hanno fibre che emergono dal solco retroolivare.
NERVO IPOGLOSSO(XII)
NERVO VAGO(X)
Il X n.c.(VAGO) provvede non soltanto alla innervazione di regioni della testa ma discende
fino ai visceri per formare dei plessi intorno a questi: è il più importante nervo
parasimpatico.
Questo nervo è misto in quanto contiene sia fibre motrici che fibre sensitive ed, in
particolare, ha 2 componenti motrici:
-fibre motor-somatiche
-fibre motor-viscerali
e 2 componenti sensitive:
-sensibilità generale
-sensibilità gustativa speciale
aumento delle secrezioni gastroenteriche, un aumento della peristalsi intestinale fino alla
diarrea, ma anche una intensa broncocostrizione (crisi asmatiche) ed una intensa
secrezione bronchiale.
Il vago innerva anche ganglietti presenti nel plesso cardiaco che, con fibre postgangliari,
vanno a modulare la frequenza di contrazione cardiaca.
La stimolazione del nucleo dorsale del vago produce bradicardia(diminuisce sia la
frequenza che la forza di contrazione cardiaca).
La frequenza cardiaca può diminuire al punto tale da portare a svenimento il soggetto.
La componente motor-viscerale del vago è detta, pertanto, NERVO CARDIO-PNEUMO-
ENTERICO.
L’ipertono vagale è una situazione al limite con l’organico ed è funzionale: non è una
malattia ma un comportamento del soggetto che utilizza più del dovuto questa
componente vagale. Il soggetto sta apparentemente molto male: ha una respirazione
superficiale perché “ha fame d’aria”, sente le gambe deboli a causa della bradicardia, fino
allo svenimento, ed inoltre ha disturbi gastroenterici.
Tali disturbi sono “nervosi”, in realtà è una malattia mentale perché in qualche modo la
corteccia riesce ad influire sull’attività del SNA.
NERVO GLOSSOFARINGEO(IX)
Il IX n.c. raccoglie la sensibilità dell’orecchio medio, della lingua e del faringe e provvede
alla motilità dei muscoli del faringe. (DISEGNO)
Anche questo è un nervo misto:
contiene 2 componenti motrici: somatica e viscerale,
e due componenti sensitive: viscerosensitiva e gustativa.
1. Come per il vago anche per il glossofaringeo la componente motorsomatica si
trova nel NUCLEO AMBIGUO e le fibre provenienti dagli alfa motoneuroni vanno
ad innervare:
-il muscolo costrittore del superiore e medio del faringe e lo stilojoideo;
-i muscoli dell’istmo delle fauci.
2. La componente motor-viscerale parasimpatica si identifica con il NUCLEO
SALIVATORIO INFERIORE,le cui fibre pregangliari vanno a finire in un ganglio
parasimpatico detto GANGLIO OTICO, perché è vicino all’orecchio, posto subito
all’esterno delle loggia parotidea. Con le sue fibre postgangliari, tale ganglio
innerva sia gli acini della parotide sia le cellule mioepiteliali a canestro che
circondano l’acino e lo “spremono” (sono cellule stellate).
3. Una prima componente sensitiva è speciale ed è una sensibilità gustativa che fa
capo a papille gustative che si trovano nel terzo posteriore del dorso della lingua.
Anche in tal caso l’informazione gustativa va al nucleo del tratto solitario e quindi al
talamo controlaterale.
4. La componente di sensibilità generale portata dal IX proviene dal meato uditivo
esterno(come per il X), ma soprattutto dalla mucosa dell’istmo delle fauci e questo
è importante per la genesi del riflesso del cosiddetto ”conato di vomito”.
Quest’ ultimo è un riflesso motorio irrefrenabile perché è protettivo e porta alla chiusura
improvvisa dell’istmo delle fauci ed alla contrazione dei muscoli costrittori del faringe con
conseguente conato che respinge verso l’uscita il materiale estraneo che è
momentaneamente entrato.
Tale riflesso è utilizzato in clinica per essere sicuri di aver eseguito correttamente un
tampone faringeo.
NERVO VESTIBOLO-COCLEARE(VIII)
RADICE VESTIBOLARE
Le fibre della radice vestibolare non
vengono da un ganglio organizzato ma da
neuroni disseminati nel fondo del meato
acustico interno( vestibolo dell’orecchio
interno)che nel loro insieme costituiscono il
GANGLIO VESTIBOLARE DI SCARPA.
L’azione di tali neuroni diventa
componente vestibolare dell’VIII che entra
nell’angolo ponto cerebellare del bulbo,
parte craniale, e va a scaricarsi nei nuclei
vestibolari che sono 4 a dx e 4 a sn.
1. mediante una via ascendente,i nuclei proiettano al talamo e da qui alla corteccia
temporale:qui percepiamo la posizione del capo e gli spostamenti che il capo ha
subito,anche se minimi;
3. Dai nuclei vestibolari si dipartono degli assoni che si spingono verso la linea di
mezzo e si dividono a T con una branca che sale ed una che scende.
-La branca discendente prende il nome di VIA VESTIBOLO SPINALE MEDIALE ed è una
via bilaterale.Tale via è mediale a quella laterale e decorre nel corno anteriore.
Questa via bilaterale si ferma a livello dei neuroni cervicali, in realtà dei primi neuromeri
toracici, e quindi ha a che fare con i movimenti dell’arto superiore e del collo (in minima
parte del tronco) e serve per l’aggiustamento del tono ed il ripristino della postura
(l’equilibrista necessita dell’uso delle braccia per tenersi in equilibrio e camminare sulla
fune).
-La branca ascendente è diretta al ponte e prende il nome di fascicolo longitudinale
mediale: essa è deputata alla regolazione del movimento coniugato degli occhi sul piano
orizzontale e verticale.
Altro sintomo è l’IPERPNEA che,però ,non dipende dal tono ortosimpatico:il più
importante muscolo respiratorio è il diaframma innervato dal nervo frenico che origina
dal centro frenico situato a livello dei neuromeri C2,C3,C4 nel M.S.
Per vomitare è necessario aumentare la pressione addominale in modo tale che lo
stomaco venga “schiacciato” (come il cartone del latte) e questo è possibile flettendo il
tronco sul bacino: vengono, quindi, interessati i muscoli ileo-psoas, il muscolo
quadrato dei lombi e tutta la parete addominale. Possiamo immaginare che sia la via
reticolo spinale ad attivare questo complesso muscolare.
Questa lunga sequela di sintomi sono tipici dell’iperattività del sistema ortosimpatico
che viene attivato in molte occasioni: paura, emozione,…..
Probabilmente è un meccanismo di difesa volto a tenere il self-control, che ci protegge
da dannosi stress e sollecitazioni. Naturalmente ci si può adattare anche a questa
reazione che non sarà più un deterrente.
A soffrire il mal d’auto non sono i bambini piccolissimi perché i nuclei vestibolari non
sono ancora sviluppati, ma quelli che sanno già camminare e stare in piedi.
Anche la lettura in macchina facilita il mal d’auto: gli occhi perdono i riferimenti
spaziali.
RIFLESSO SALIVATORIO
È centrato nel bulbo ed in parte nel ponte:ogni qualvolta ci mettiamo una sostanza,
sapida o non, in bocca, iniziamo a salivare per via riflessa. Nella lingua ci sono sia
recettori gustativi che esterocettivi(tattili e dolorifici);la sensibilità gustativa è raccolta
da 3 nervi:il VII, il IX ed il X n.c.
La sensibilità gustativa va al nucleo del tratto solitario mentre la sensibilità
esterocettiva che viene dalla lingua va al nucleo del V; una parte di sensibilità
gustativa ed esterocettiva raggiunge la sost. reticolare che recluta soprattutto il
NUCLEO SALIVATORIO INFERIORE che innerva la parotide, a secrezione totalmente
sierosa (la saliva è liquida, per poter “impastare”), ma stimola anche il nucleo dorsale
del vago al fine di aumentare la secrezione gastrica.
I nuclei pontini rappresentano una grande percentuale del piede del ponte,ossia
comprendono molti neuroni che ricevono ed inviano molte fibre.
I nuclei pontini rappresentano la stazione obbligata di una grande via di
comunicazione tra corteccia e cervelletto: LA VIA CORTICO-PONTO-CEREBELLARE
(di dx e di sn).
Questo fa sì che la corteccia informi il cervelletto su:
a) cosa ha intenzione di fare sul piano motorio(VIA FRONTO-PONTO-
CEREBELLARE);
b) che informazioni esterocettive, propriocettive e speciali ha assunto ed elaborato (in
questo modo il cervelletto può coordinare più efficacemente il movimento nello spazio
e nel tempo).
Tale via parte dalla corteccia parietale, dalla corteccia temporale ed in parte da quella
occipitale, per comunicare al cervelletto controlaterale quale è la situazione
spaziotemporale in cui deve verificarsi il movimento che il cervelletto deve coordinare,
come è disposto il soma in qualsiasi sua parte e quali sono gli stimoli tattili ricevuti in
quel momento.
Il quinto nervo cranico trasporta fibre sensitive per la cute e la mucosa della faccia e fibre
motrici per i muscoli masticatori, il muscolo miloioideo, il ventre anteriore del digastrico,
per il muscolo tensore del velo palatino e il muscolo tensore del timpano; si tratta quindi di
un nervo misto.
Nucleo masticatorio del V: nel ponte è situato il nucleo masticatorio del V. Si tratta di un
gruppetto di motoneuroni le cui fibre vanno ad innervare i muscoli masticatori-fonatori, ma
anche i muscoli della regione sopraioidea e il tensorio del palato.
(I muscoli masticatori fonatori sono il massetere, i due pterigoidei e il temporale).
Grande nucleo sensitivo del V: nel ponte abbiamo anche un parte del grande nucleo
sensitivo che nel suo insieme riceve tutta la sensibilità somatica estero e propriocettiva
che si origina a livello dello splancocranio. Questo è un nucleo molto importante sia dal
punto di vista della vita vegetativa che dal punto di vista della vita di relazione; è il più
grosso nucleo che abbiamo. Le grandi dimensioni stanno a significare che ci sono molti
neuroni: siccome c’è una proporzione diretta fra il numero di neuroni di un nucleo e la
densità di recettori a livello periferico, fra numero di neuroni e rapporto di innervazione, si
capisce l’importanza di questo nucleo.
Si ha quindi un unico e grosso ganglio sensitivo detto ganglio semilunare di Gasser, il
quale ha la particolarità di essere l’unico ganglio che si trova dentro la scatola cranica.
Al nucleo principale del V arriva la sensibilità tattile discriminata e propriocettiva cosciente
che poi va al talamo controlaterale e alla corteccia. Al nucleo del tratto spinale del V va la
sensibilità tattile protopatica e tutta la termico dolorifica; questo nucleo si chiama così
perché il V nervo entra apparentemente a metà della faccia laterale del ponte (a destra e
a sinistra): mentre le fibre destinate al nucleo principale trovano tale nucleo alla stessa
altezza, le fibre dirette al tratto bulbare-spinale del quinto devono percorre tutto un tratto
discendente per andare a finire sui neuroni del nucleo del tratto spinale del V; queste fibre
si chiamano “tratto spinale del V”.
Le fibre che provengono dalla zona A vanno a finire nella parte bulbare di tale nucleo; le
fibre della zona B vanno a finire nel terzo medio a livello del primo e secondo neuromero
spinale cervicale; quelle dalla zona C vanno a finire nella parte più caudale del nucleo del
tratto spinale del V, a livello del secondo e terzo neuromero cervicale.
Questo significa che c’è una distribuzione somatotopica diversa rispetto alla distribuzione
periferica del V.
L’informazione termico dolorifica e tattile protopatica viene indirizzata:
A) al talamo controlaterale e corteccia (dove c’è la rappresentazione somatotopica della
emifaccia corrispondente)
B) viene utilizzata per innescare dei riflessi, quello della retrazione e quello
dell’ammiccamento.
Riflesso della retrazione: se ci arriva qualcosa sul volto di cui non conosciamo la natura
noi retraiamo il capo e mettiamo in atto una sequenza motoria che avviene nello spazio e
nel tempo: l’informazione arriva alla sostanza reticolare che recluta i muscoli estensori del
capo (neuromeri cervicali); se lo stimolo supera un livello soglia sono reclutati anche i
neuromeri che stimolano i muscoli dell’arto inferiore, e il riflesso comporta anche
l’esecuzione di un passo indietro. Tutto questo avviene infatti grazie al fatto che la lamina
VIII è una lamina associativa.
Riflesso dell’ammiccamento: consiste nel serrare le palpebre momentaneamente per
proteggere la congiuntiva (mucosa dell’occhio) e la cornea (mezzo diottrico più
importante). Si testa in clinica per valutare lo stato di coscienza e il livello di una lesione
cerebrale (se è alta o abbastanza bassa da interessare anche il nucleo del VII o
eventualmente anche il centro cardiorespiratorio) con uno stimolo breve e improvviso in
prossimità delle palpebre. Il paziente serra il muscolo costrittore della palpebra in maniera
bilaterale perché l’informazione va a reclutare i due nuclei motori del settimo.
E’ estremamente importante sapere l’altezza della lesione perché al centro del bulbo
esiste il centro cardiorespiratorio bulbare; se viene compresso il soggetto muore in pochi
minuti (traumi cranici anche banali, con emorragie lievi che comprimono il tronco verso il
basso); se non si decomprime con una manovra chirurgica il soggetto è destinato a
morire: l’assenza del riflesso di ammiccamento può indicare una lesione bassa che rischia
di interessare questa zona.
CERVELLETTO
Il cervelletto è una massa encefalica posta dietro il tronco dell’encefalo, sotto ai lobi
occipitali dei due emisferi cerebrali, nella fossa cranica posteriore.
E’ un organo molto importante (allo stesso livello gerarchico dei nuclei della base) perché
controlla l’equilibrio, la postura e la coordinazione fine dei movimenti.
E’ costituito da due metà simmetriche e, nel complesso, ha una forma ovoidale; presenta
in superficie numerosi solchi e qualche scissura (due o tre). Due solchi adiacenti
delimitano una lamella o folia.
Come nel telencefalo la parte più estrema del cervelletto è detta corteccia cerebellare: al
di sotto di essa c’è un’asse di sostanza bianca, immersi nella quale si trovano i nuclei
profondi. Se guardiamo il cervelletto dal davanti e dal basso vediamo che la faccia
ventrale è concava, tanto è vero che prede il nome di ilo del cervelletto, perché essa si
adatta ai due veli midollari del quarto ventricolo.
Dalla stessa angolazione si nota che il cervelletto è costituito da una struttura mediana a
forma di “C” che prende il nome di verme del cervelletto. Tale struttura si continua negli
emisferi cerebellari, i quali sono uniti fra di loro dal verme. Il verme, come tutto il
cervelletto, presenta in sezione mediana delle lamelle, ognuna delle quali fatta da una
superficie esterna di corteccia cerebellare, regolarmente ripiegata (come il bavero di una
giacca) e l’asse della lamella è un ramo di sostanza bianca che viene dalla parte profonda
del cervelletto.
Tale immagine e’ anche detta ”arbor vitae” perché somiglia ad un tronco con i rami. La
lamella è l’insieme del ramo di seconda-terza generazione con la sua corteccia.
E’ possibile anche vedere delle scissure che dividono il verme in una serie di lobuli (circa
10); il lobulo dietro al velo midollare inferiore (parte anteriore del verme, versante inferiore,
vicino all’ilo) si chiama nodulo. Il lobulo dietro al nodulo si chiama uvula, mentre il
piccolissimo lobulo dietro al velo midollare superiore è detto lingula. Tutti e tre sono in
prossimità dell’ilo e del quarto ventricolo. Sembra che dal nodulo venga fuori una parte di
emisfero cerebellare che somiglia alla pianta del papiro: queste due formazioni (una per
lato) sono chiamate flocculi.
• Sul piano funzionale l’archicerebellum ha a che fare con l’attività vestibolare: vale a
dire che ci serve per regolare grossolanamente il tono dei muscoli antigravitari, ci
permette di mantenere la postura, il movimento coniugato degli occhi sul piano
orizzontale, eccetera.
• Il paleocerebellum, invece, coordina l’attività dei muscoli degli arti, del tronco e del
collo, ossia fa in modo che, durante una sequenza motoria, i muscoli si
contraggano nella giusta sequenza.
Il neocerebellum, invece, è implicato nella coordinazione dei movimenti fini, dovunque
essi accadano.
molecolare avremo una serie di fibre tutte parallele fra loro (da cui il nome di fibre
parallele) e all’asse della lamella.
Una sezione perpendicolare dell’asse della lamella ci permette di vedere le cellule di
Purkinje, e una serie di puntini che sono le sezioni trasverse di tali fibre parallele, che
fanno sinapsi sia sulla cellula stellata, che dei canestri, che sulla cellula del Purkinje.
La cellula dei piccoli granuli, con tale organizzazione, recluta tutte le altre cellule.
Il quinto ed ultimo neurone si trova anch'esso nello strato granulare e prende il nome di
cellula dei grandi granuli. É una cellula piuttosto grossa con un notevole albero
dendritico, il quale si spinge anch'esso nello strato molecolare e un corto assone, il quale
si ramifica e fa sinapsi con le cellule dei piccoli granuli.
Anche questa cellula è inibitoria.
Quindi, in conclusione, nella corteccia cerebellare abbiamo un'unica cellula eccitatoria: la
cellula a piccoli granuli.
La cellula dei piccoli granuli innerva, eccitandole, tutte le altre cellule ( stellate, canestro,
grandi granuli e purkinje). L'unico assone che lascia la corteccia cerebellare è quello della
cellula del purkinje il quale, però, non abbandona il cervelletto. Le cellule dei grandi
granuli (o di Golgi) hanno come bersaglio la stessa cellula dei granuli da cui è stata
eccitata. Questo significa che se nella cellula dei grandi granuli c'è una lampada che si
accende se arriva uno stimolo tramite la fibra muscoide, questa si accende ma dopo un
attimo si spegne nonostante che la fibra muscoide stia scaricando perchè il granulo
eccita, tra le altre cose, la cellula di golgi che spegne subito per un attimo, la cellula dei
piccoli granuli che quindi funziona ad intermittenza se viene stimolata costantemente (è
un modo di produrre pause).
Zaza, Margot, Rekoj, Hystamina, Elminister, Hackero, Chico Mendez 56
http://www.hackmed.org Neuroanatomia - Sbobinature Prof. R.Donato hackmed@hackmed.org
NUCLEI PROFONDI
Si trovano nella sostanza bianca del cervelletto ( nell'asse midollare). Essi ricevono dalla
periferia sia collaterali delle fibre rampicanti sia collaterali delle fibre muscoidi e quindi, se
il cervelletto non avesse la corteccia cerebellare, l'attivazione di una rampicante o di una
muscoide si tradurebbe in un'eccitazione del nucleo profondo.
Gli assoni dei nuclei profondi del cervelletto sono gli unici che abbandonano il cervelletto
e quindi mandano informazioni fuori. Se il cervelletto non avesse questi nuclei sarebbe
inutile, poiché l'informazione non uscirebbe fuori dal cervelletto stesso. Questi nuclei
profondi sono quattro per lato: il nucleo profondo proprio dell'archicerebellum, ossia
quello che si trova nel nodulo cerebellare, prende il nome di NUCLEO DEL TETTO (o
fastigium). Esso riceve esclusivamente dalle cellule di purkinje dell'archicerebellum e
dalle fibre muscoidi che vengono dai nuclei vestibolari, ma anche dalle fibre rampicanti
che vengono dall'oliva, la quale si scarica a tutto il cervelletto.
Nel paleocerebellum abbiamo 2 nuclei profondi per lato che prendono il nome di
NUCLEO GLOBOSO e NUCLEO EMBOLIFORME. Anche questi nuclei ricevono
esclusivamente dalle cellule del purkinje della corteccia del paleocerebellum, ricevono
fibre rampicanti dall'oliva e ricevono fibre muscoidi che provengono, per esempio, dalle
vie spinocerebellari ( ventrale e dorsale e cuneocerebellare), dalla formazione reticolare,
dal nucleo mesencefalico del quinto, e anche una parte di informazione direttamente dalla
corteccia, che non fa stazioni nei nuclei basilari del ponte, ma fa stazione in quei piccoli
nuclei che abbiamo sistemato tra le 2 piramidi del bulbo.
Infine, nel neocerebellum c'è un unico grande nucleo che si chiama NUCLEO DENTATO
(perché somiglia molto all'architettura dell'oliva inferiore, tipo lamiera ondulata), il quale
riceve soltanto da Purkinje del neocerebellum, riceve ovviamente le fibre rampicanti che
provengono dall'oliva e riceve fondamentalmente la via cortico ponto cerebellare. Esso
non riceve nulla direttamente dalla periferia, quello che sa lo sa perchè glielo dice la
corteccia cerebellare.
Ora abbiamo tutti gli elementi per trarre una serie di informazioni: l’organizzazione
modulare della corteccia cerebellare e questa compartimentalizzazione delle afferenze, ci
deve far pensare che ogni pezzettino di corteccia cerebellare e del nucleo profondo
corrispondente, ha a che fare con un certa parte del soma (distribuzione somatotopica dei
neuroni). Ad esempio, la corteccia della regione periferica inferiore e caudale dell'emisfero
cerebellare di destra, ha a che fare con i movimenti delle dita del piede, mentre la regione
laterale, intermedia tra caudale e rostrale, ha a che fare con i movimenti della mano.
Allora capiamo perché è modulare, visto che ogni parte del cervelletto ha un suo territorio
di competenza (riceve da e invia a).
Ogni cellula di Purkinje ha un numero enorme di sinapsi, ma non tutte queste vie vengono
attivate contemporaneamente: avrà un certo numero di fibre dalle cellule dei canestri e da
quelle stellate (inibitorie) e un certo numero da quelle dei piccoli granuli (eccitatorie). Il
risultato è che quella cellula in un dato istante verrà inibita o eccitata a seconda della
somma algebrica che riceve in quell’istante. Se la somma è positiva, allora la cellula di
Purkinje verrà eccitata ad inibire i neuroni dei nuclei profondi di sua competenza, i quali
non scaricheranno in uscita.
Viceversa se la somma è negativa.
Il risultato è che la corteccia cerebellare ha l’unica e importante funzione di modulare
l’attività di scarica dei nuclei profondi. Se aggiungiamo questo alla distribuzione
somatotopica di questo circuito modulare, si capisce come fa il cervelletto a regolare il
tono muscolare e la coordinazione dei movimenti.
Dalle aree corticali frontali, parietali, temporali e una piccola area occipitale, partono dei
fasci discendenti che fanno sinapsi a livello dei nuclei basilari del ponte, ma anche dei
gruppetti di neuroni fra le piramidi bulbari, costituendo quindi i fasci cortico-pontini, che
sono due per lato. Il fascio che proviene dalle aree frontali è un unico fascio
topograficamente distinto, e si chiama fascio frontopontino o di Arnold. Quello che
proviene invece da tutte le altre aree corticali è un unico fascio chiamato fascio parieto-
occipito-temporo-pontino o di Türk.
Questi sono dei fasci enormi. I nuclei pontini scaricano poi al cervelletto controlaterale
(neo e in parte anche paleocerebellum, ma non all’archicerebellum); le fibre viaggiano
attraverso il peduncolo cerebellare medio (fibre a senso unico e obbligato).
Allora capiamo che questi due fasci (vie cortico-ponto-cerebellari) rappresentano la
principale via di comunicazione fra corteccia e cervelletto.
Attraverso queste vie, la corteccia comunica istante per istante con il cervelletto, al quale
fornisce le seguenti informazioni:
Il fascio di Arnold che viene dalla corteccia frontale invia al cervelletto due cose:
Per questo, con tale fascio, il cervelletto viene a sapere quali sono le intenzioni della
corteccia da un punto di vista motorio (se così non fosse non potrebbe coordinare il
movimento).
Dicevamo prima che l’oliva inferiore ha un ruolo molto importante, tramite le fibre
rampicanti, come regolatore della funzione del cervelletto, scaricando con una frequenza
bassa e costante su questo.
Possono tuttavia esserci dei momenti in cui tale frequenza varia: le variazioni di frequenza
di scarica si hanno al fine di correggere l’attività cerebellare.
Il cervelletto ha un suo particolare circuito di autocontrollo: una parte di informazione che
dai nuclei profondi va al nucleo rosso, non va al talamo e alla corteccia, ma va all’oliva
inferiore che scarica di nuovo sulla corteccia cerebellare. Si ha una specie di cortocircuito
CEREBELLO-RUBRO-OLIVO-CEREBELLO, che avrebbe la funzione di resettare il
cervelletto, ossia di controllo delle funzioni. Questo circuito di auto controllo serve affinché
il cervelletto possa correggere errori di interpretazione o di scarica alla corteccia.
Il cervelletto, però, non regola il movimento esclusivamente proiettando alla corteccia, ma
ha anche una sua capacità, proprio grazie al fatto che scarica ad una certa parte del
nucleo rosso (soprattutto il paleocerebellum), di regolare gruppi di neuroni del tronco
dell’encefalo, da cui si dipartono vie discendenti che noi abbiamo chiamato VIE
EXTRAPIRAMIDALI, come per esempio la stessa VIA RUBRO-SPINALE e le VIE
RETICOLO-SPINALI, che provengono dalla sostanza reticolare del bulbo e del ponte.
Qui, però, il cervelletto coordina l’attività di scarica di tali neuroni in maniera stereotipa.
Tali vie determinano un tipo di movimento base, ossia stereotipo, che è molto importante
affinché l’eventuale ordine che poi dovesse arrivare dalla corteccia con la via cortico-
spinale possa essere eseguito in maniera corretta.
Noi abbiamo, quindi, una base del movimento assicurata dalle vie extrapiramidali, ma
anche dal movimento riflesso, dopo stimolazione del fuso neuromuscolare, dalle vie
vestibolo-spinali, che vanno a reclutare particolari motoneuroni (alfa o gamma).
Noi possiamo arricchire tale movimento stereotipo con ordini di movimento ben precisi e
focali che abbiamo elaborato attraverso la corteccia e che mandiamo giù attraverso la via
principale del movimento (piramidale).
MESENCEFALO
delle dismetrie a causa dell’interruzione della principale via di comunicazione tra corteccia
e cervelletto (fasci di Arnold e Türk).
Dalla parte più caudale del mesencefalo (dorso) emerge il 4° nervo cranico che si incrocia
con il controlaterale; dalla faccia ventrale del mesencefalo (dalla profondità della fossa
interpeduncolare) emerge il 3° nervo cranico o oculomotore comune.
Il mesencefalo, nella sua parte più craniale, è abbracciato da ventre a dorso, dal TRATTO
OTTICO, che contiene una parte della via ottica.
Infine, annesse alla parte dorsale del mesencefalo, ai lati della lamina dei corpi
quadrigemini, abbiamo una coppia di formazioni piuttosto grosse chiamate CORPI
GENICOLATI (che significa inginocchiati), uno LATERALE e uno MEDIALE, i quali non
sono formazioni mesencefaliche bensì diencefaliche.
Il corpo genicolato mediale è un nucleo importante della via acustica (sordità se distrutto)
mentre il corpo genicolato laterale è un nucleo importante della via ottica. Questi corpi
genicolati, insieme, costituiscono il METATALAMO (meta = al di là).
NUCLEO ROSSO: è un nucleo che ha un ruolo abbastanza strategico nell’economia
generale delle vie di moto per il fatto che viene a trovarsi in una specie di crocevia tra
telencefalo e cervelletto.
Esso è composto di due parti:
1. la parte più craniale, filogeneticamente più nuova, è detta parvicellulare (perché i
neuroni sono piccoli);
2. quella più caudale, filogeneticamente più antica, è chiamata magnicellulare (perché i
neuroni sono un po’ più grandi).
Abbiamo detto che il nucleo rosso è implicato nella via di risposte dal cervelletto alla
corteccia (cerebello-rubro-talamo-cortico). In realtà il cervelletto scarica al nucleo rosso
“parvi” (quello più nuovo). Sta di fatto però che il cervelletto scarica anche alla parte
filogeneticamenta più vecchia, ossia alla magnicellulare del n. rosso. Quindi il cervelletto
manda al n. rosso due categorie di fibre: una è destinata a fare stazione con la parte
craniale del n. rosso e da qui al talamo e quindi alla corteccia (serve a far sì che il
cervelletto possa comunicare con la corteccia); l’altra va alla parte magnicellulare, da qui
si dipartono VIE RUBRO-SPINALI, attraverso le quali il cervelletto regola ciò che accade
a livello del midollo spinale (attività motorie stereotipe). Una di queste è la VIA
CEREBELLO-RUBRO-SPINALE.
Il nucleo rosso scarica però anche al COMPLESSO OLIVARE INFERIORE (via cerebello-
rubro-olivo). Abbiamo parlato dell’importanza della VIA CEREBELLO-RUBRO-OLIVO-
CEREBELLO e abbiamo detto che questa è un sistema anatomico che serve a resettare
e a controllare le pulsazioni base del cervelletto.
Ma da tale nucleo partono anche fibre che scendono a livelli più bassi (VIA CEREBELLO-
RUBRO-OLIVO-SPINALE). Il risultato è che il nucleo rosso non si trova soltanto come
stazione intermedia della via di proiezione dal cervelletto alla corteccia, ma anche nella
via di proiezione dal cervelletto ai distretti più bassi (leggasi midollo spinale, tronco
dell’encefalo, etc.). Il cervelletto può essere visto come regolatore di attività
extrapiramidali. Il nucleo rosso, ma soprattutto la parte magnicellulare (più vecchia) riceve
DIRETTAMENTE DALLA CORTECCIA e quindi abbiamo una VIA CORTICO-RUBRO e
da qui RUBRO-SPINALE. Quindi il nucleo rosso si configura come un vero e proprio
nucleo extrapiramidale: riceve dalla corteccia e scarica al midollo spinale.
Infine il nucleo rosso riceve anche in piccolissima parte dai NUCLEI DELLA BASE e da
qui l’informazione viene riverberata all’oliva e al cervelletto.
Ricapitolando:
SI TROVA LUNGO LA VIA CHE DAL CERVELLETTO VA ALLA CORTECCIA (unica
via in salita);
SI TROVA SOPRATTUTTO LUNGO VIE DISCENDENTI (cerebello-rubro-olivo-
spinale, cerebello-rubro-spinale);
postgangliari dirette ad un muscolo liscio che abbiamo nel polo anteriore dell’occhio, il
muscolo DILATATORE DELLA PUPILLA. Questo, contraendosi, aumenta il calibro della
pupilla: entra più luce. La pupilla è un foro scavato nell’iride dell’occhio, il cui diametro può
variare (da zero a qualche millimetro), permettendo la regolazione della quantità di luce
che entra. Nell’iride abbiamo due muscoli:
1. il dilatatore della pupilla, con fibre disposte come i raggi di una ruota di bicicletta
2. il costrittore della pupilla, con fibre circolari.
Il muscolo dilatatore della pupilla è innervato dal ganglio cervicale superiore, il quale viene
attivato dalle fibre del centro ciliospinale, le quali a loro volta sono attivate, quasi sempre
ma non sempre, dal collicolo superiore. Questo è un RIFLESSO VISCERALE che NON
POSSIAMO CONTROLLARE E CHE SI INNESCA TUTTE LE VOLTE CHE C’E’ UN
ABBASSAMENTO DI INTENSITA’ DI LUCE.
Tale informazione di diminuzione di intensità di luce è presa dalla retina (diminuzione
della quantità di energia luminosa), portata ai collicoli superiori e da qui la via discendente
tetto-spinale laterale attiva il centro ciliospinale, innescando la risposta della dilatazione
della pupilla.
Sulla pupilla sono centrati, per ora, due riflessi:
1. uno somatico, la rotazione del capo in direzione dello stimolo visivo;
2. l’altro viscerale, la dilatazione della pupilla.
La dilatazione della pupilla noi l’abbiamo certamente allorché diminuisce la quantità di
luce ma possiamo averla anche, indipendentemente dall’intensità di luce, se stiamo
facendo esperienza di un ipertono ortosimpatico come, per esempio, se siamo impauriti o
particolarmente emozionati. Il significato di tale dilatazione è che deve entrare più luce
perché dobbiamo vederci meglio per poterci difendere.
Ci sono altri due riflessi incentrati sul collicolo superiore.
Osservando una sezione sagittale del mesencefalo possiamo vedere che al collicolo
superiore arrivano le fibre che derivano dalla retina e che innescano il riflesso di
dilatazione pupillare quando si abbassa la luce, ma la stessa via porta, direttamente alla
regione del tetto del mesencefalo, fibre che provengono dalla retina e che vengono
utilizzate per il riflesso opposto: al passaggio da un ambiente poco illuminato ad uno
molto illuminato, dobbiamo ridurre il calibro della pupilla, altrimenti restiamo abbagliati
dalla luce. Tali fibre vanno a finire ad un piccolo nucleo che si trova nel tetto del
mesencefalo, al davanti del collicolo superiore, chiamato NUCLEO PRE-TETTALE (pre =
al davanti). Ovviamente ne abbiamo uno a dx e uno a sn.
Tale nucleo pre-tettale va a scaricarsi al NUCLEO PARASIMPATICO ASSOCIATO AL III
NERVO CRANICO (NUCLEO DI EDINGER-WESTPHAL), il quale dà origine a fibre
pregangliari lunghe, le quali viaggiano nel III nervo cranico e vanno a scaricarsi ad un
piccolo ganglio parasimpatico posto nel cavo orbitario, vicino al polo anteriore dell’occhio,
chiamato GANGLIO CILIARE, da cui si dipartono fibre postgangliari corte che vanno a
scaricarsi al muscolo costrittore della pupilla. Anche questo è un riflesso che non
possiamo controllare (non passa per la corteccia), è un riflesso che avviene anche se
siamo decorticati.
La via è: retina - (nervo ottico) - nucleo pretettale - nucleo di Edingher-Westphal - (III
nervo cranico) - ganglio ciliare - (nervi ciliari brevi) - muscolo costrittore della pupilla.
Un 4° riflesso visivo è centrato sulla corteccia cerebrale visiva ma l’informazione arriva al
collicolo superiore per innescare il RIFLESSO DI ACCOMODAZIONE DEL
CRISTALLINO.
Per mettere a fuoco gli oggetti disponiamo del cristallino, il quale è una lente biconvessa
che noi deformiamo allo scopo di avvicinare o allontanare il fuoco anteriore (il fuoco
posteriore rispetto a questa lente è fisso e si trova sulla retina). Tale dispositivo è azionato
da un muscolo controllato indirettamente dal collicolo superiore: muscolo ciliare.
PEDUNCOLO CEREBRALE
Abbiamo già detto che esso contiene esclusivamente fibre discendenti: la via cortico-
spinale, il fascio di Arnold ed il fascio di Türk.
Concentriamoci sulla via cortico-spinale.
È intuitivo pensare che, come ci sono fibre discendenti che dalla corteccia vanno ai
motoneuroni spinali, ci devono essere fibre che dalla corteccia vanno ai nuclei
motorsomatici dei nervi cranici. Dobbiamo quindi parlare correttamente di una VIA
CORTICO-SPINALE e di una CORTICO-NUCLEARE.
Ciò significa che nella parte più craniale del tronco dell’encefalo, a dx e a sn, le vie che
vengono dalla corteccia motrice ci sono tutte e sono tutte entrate nel mesencefalo dove
abbiamo, nella parte più craniale, il 100% delle fibre. Appena però questa via entra nel
peduncolo abbiamo che il 100% delle fibre cortico-spinali vanno giù fino al bulbo senza
interrompersi mentre delle fibre cortico-nucleari, le prime cominciano a staccarsi perché
arrivano a destinazione (nucleo del III e nucleo del IV che sono i due nuclei motorsomatici
del mesencefalo). Quindi, nel peduncolo cerebrale del mesencefalo, parte caudale, non
abbiamo più il 100% delle fibre cortico-nucleari. Nel ponte abbiamo il nucleo masticatorio
del V, il nucleo abducente (VI) e il motore del VII. L’ultimo contingente di fibre si
interrompe al nucleo del XII nervo cranico. A questo punto le fibre cortico-nucleari sono
state tutte impegnate per cui, al di sotto del nucleo dell’ipoglosso, abbiamo solo fibre
cortico-spinali.
La via cortico-spinale la troviamo nelle piramidi bulbari di dx e di sn: a livello della parte
più craniale di ciascuna piramide il 70 – 80 % delle fibre si incrocia con l’altro. Il luogo
della piramide dove avviene l’incrocio del 70 – 80 % delle fibre cortico-spinali prende il
nome di DECUSSATIO PIRAMIDUM. Quindi la CORTECCIA MOTORIA DI DX
CONTROLLA L’EMISOMA DI SN E VICEVERSA.
Quindi la LEGGE DELLA CONTROLATERALITA’ RIGUARDA SIA LA SENSIBILITA’
ESTEROCETTIVA E PROPRIOCETTIVA COSCIENTE, SIA LA CAPACITA’ MOTORIA.
Il 20 – 30 % di fibre cortico-spinali che non si incrocia a livello della decussatio piramidum,
si incrociano neuromero per neuromero.
Il fascio di fibre cortico-spinali che si incrociano a livello della decussatio è chiamato VIA
CORTICO-SPINALE LATERALE perché nel midollo spinale, già a C1, si ritrovano nel
cordone laterale. È chiaro che la via cortico-spinale di dx proviene dal cervello di sn e
viceversa.
Invece il fascio di fibre cortico-spinali che non incrociano a tale livello lo chiamiamo VIA
CORTICO-SPINALE ANTERIORE o VENTRALE perché nel midollo spinale si trova nel
cordone anteriore.
Vediamo cosa accade alle fibre della VIA CORTICO-NUCLEARE.
Per tutti i nuclei motor-somatici, tranne l’ipoglosso e una parte del nucleo del VII, che ha a
che fare con i muscoli al di sotto della rima labiale (labbro inferiore, mento, etc.), VALE LA
LEGGE DELLA BILATERALITA’ DELL’INNERVAZIONE, ossia i nuclei III, IV, V, VI, parte
del VII hanno una DOPPIA INNERVAZIONE ossia RICEVONO FIBRE SIA DALLA VIA
CORTICO NUCLEARE DI DX CHE DA QUELLA DI SN.
Per il XII e la parte del VII che innerva i muscoli al di sotto della rima labiale vale la
LEGGE DELLA CONTROLATERALITA’, ossia ognuno di questi nuclei è innervato dal
fascio controlaterale, per cui un danno a tale fascio dà un segno neurologico
controlaterale. Ad esempio se si ha un danno al fascio cortico-nucleare che innerva il XII
nucleo di dx allora, nel tirar fuori la lingua, questa guarderà a sinistra, ossia verso il luogo
della lesione.
VIA ACUSTICA
COLLICOLI INFERIORI
Immaginiamo di applicare uno stimolo acustico all’orecchio di destra. Tale stimolo
sensitivo è raccolto dal dendrite di un neurone gangliare il cui assone va a scaricarsi a
livello dei nuclei cocleari (in questo caso di dx). La maggior parte delle fibre che si
dipartono dai nuclei cocleari si incrocia controlateralmente, sempre a livello del ponte, per
andare a scaricare ad uno dei due piccoli nuclei:
1. nucleo olivare superiore;
2. nucleo del corpo trapezoidale;
entrambi nuclei propri del ponte.
Da questi nuclei si diparte una via che sale e che è diretta fondamentalmente al collicolo
inferiore (nel tetto del mesencefalo). Una piccola percentuale di fibre che si dipartono dai
nuclei cocleari di dx, però, rimane ipsilaterale e sale su al proprio collicolo inferiore (quello
di destra).
La via che va dai nuclei olivare superiore e del corpo trapezoidale al collicolo inferiore si
chiama LEMNISCO LATERALE (perché sta ai lati).
È chiaro che tale lemnisco laterale conterrà anche fibre dai nuclei cocleari oltre che dai
nuclei olivare superiore e del corpo trapezoide.
Lungo il lemnisco laterale c’è un gruppetto di neuroni che costituiscono il NUCLEO DEL
LEMNISCO LATERALE che rappresenta una stazione intermedia delle fibre del lemnisco
laterale. Senonché, neuroni del nucleo del lemnisco laterale di dx e di sn, si scambiano
fibre. Quindi se applico uno stimolo uditivo a dx, tale informazione mi va a sn (al collicolo
inferiore) ma anche a dx. E mi va a sn e a dx non soltanto per via delle connessioni
principali, ma anche a causa di questa commesura che unisce i due nuclei dei lemnischi
laterali (ulteriore amplificazione).
Anche i neuroni dei due collicoli si scambiano fibre e quindi di nuovo l’impulso viaggia a dx
e a sn e viene ulteriormente amplificato.
Dopo di che, le fibre del collicolo inferiore vanno a scaricarsi al CORPO GENICOLATO
MEDIALE (ai lati del tetto del mesencefalo). Da qui l’informazione arriva all’area corticale
41 – 42 che è l’AREA UDITIVA PRIMARIA DEL LOBO TEMPORALE.
Il dato di fatto fondamentale è che lo stimolo uditivo applicato a dx viene sentito da tutte e
due le cortecce e così lo stimolo uditivo applicato a sn. E siccome c’è uno scambio di fibre
a livello di tutte le stazioni (a livello dei nuclei cocleari, a livello dei nuclei del lemnisco
laterale, a livello dei nuclei olivare superiore e del corpo trapezoidale ed a livello dei
collicoli), questo evento, associato al fatto che entrambe le cortecce sentono il suono, ci
permette la cosiddetta STEREOACUSIA, ossia la CAPACITA’ DI SENTIRE IN 3
DIMENSIONI. Riusciamo in questo modo a distinguere da dove viene il suono.
I collicoli inferiori non sono soltanto un luogo essenziale della via acustica, sono anche un
luogo di RIFLESSI UDITIVI.
Noi siamo fabbricati per spostare il capo e gli occhi nella direzione dell’origine di un suono
in via riflessa. Nel senso che l’informazione che arriva all’orecchio di dx (e dopo un po’
anche all’orecchio di sn) arriverà un po’ prima alla corteccia di sn, un po’ dopo alla
corteccia di dx, ma comunque arriva ai collicoli, i quali sono in grado di indurre un riflesso
motore di rotazione del capo verso la fonte del suono. Affinché questo avvenga è
necessario che ci sia una VIA TETTO-SPINALE che si diparta dai collicoli inferiori, la
quale vada a reclutare i motoneuroni dei nervi che si occuperanno della rotazione del
capo (sternocleidomastoideo e trapezio). Anche tale riflesso ha una funzione di protezione
perché il suono può essere quello di un banale bicchiere che cade e si rompe, ma anche
quello dello scoppio di una bombola di gas.
Alla rotazione del capo si aggiunge quella degli occhi, la quale presuppone l’intervento dei
collicoli superiori; in effetti esistono fibre che connettono il collicolo inferiore a quello
superiore.
Come se non bastasse, succede che l’informazione che è arrivata alle aree 41 e 42
(uditive primarie), viene proiettata in basso seguendo la via a ritroso (corteccia – corpo
genicolato mediale – collicoli inferiori – nuclei più bassi) con il significato di VIA DI
CONTROLLO che permette di controllare due cose:
1. con tale via riusciamo, volendo, a bloccare il riflesso uditivo. Se ad esempio sentiamo
un suono che ci è familiare, non necessariamente giriamo il capo in direzione di
questo, ma continuiamo a fare quello che stiamo facendo;
2. l’informazione giunge ai nuclei cocleari e da questi all’organo dell’udito. In tal modo
tale via riesce anche a controllare il flusso di informazioni uditive che sta arrivando in
quel momento, agendo direttamente sulle cellule cappellute dell’organo di Corti, che
sono i recettori veri.
Ad esempio, se siamo immersi nella lettura, siamo così presi che possiamo non sentire
una persona che ci chiama: in tal caso blocchiamo l’afflusso di informazioni uditive
attraverso questa via discendente.
Abbiamo già detto che nel mesencefalo c’è una quota di sostanza reticolare che è quella
che usiamo per “STARE SVEGLI”. Tale sostanza è stata scoperta dal neurofisiologo
MORUZZI negli anni ’50.
La condizione di veglia non è un fenomeno passivo, cioè “sto sveglio perché non dormo”:
il dormire e lo “stare sveglio” sono due attività separate e distinte e tutte e due vanno
innescate, ossia, vi è sostanza reticolare apposita ed in più anche ipotalamo e talamo si
occupano di questo.
Se la sostanza reticolare di Moruzzi viene distrutta, si perde la condizione di veglia: non si
dorme ma si va in coma.
IL TELENCEFALO
Abbiamo già detto che ciascun emisfero ha un mantello a corteccia che forma una serie di
circonvoluzioni (sostanza grigia) e avvolge un mare sottostante di sostanza bianca che si
chiama CENTRO SEMIOVALE. In questo mare di sostanza bianca sottocorticale abbiamo
delle isole di sostanza grigia e abbiamo anche una parte di diencefalo. Infatti, più o meno
al centro di ciascun emisfero cerebrale, abbiamo il Talamo.
I nuclei di sostanza grigia sottocorticale sono chiamati NUCLEI DELLA BASE. Questi
nuclei sono separati e distanti ma, tranne uno, funzionalmente interconnessi. Essi hanno
un ruolo strategico nel movimento e in particolare sono indispensabili per:
1. IMPARARE AD ESEGUIRE NUOVE SEQUENZE MOTORIE (es: andare in bicicletta);
2. RIESEGUIRE UNA SEQUENZA MOTORIA UNA VOLTA CHE L’ABBIAMO
IMPARATA.
Dalla figura possiamo vedere un grosso nucleo profondo della base che è chiamato
NUCLEO LENTICOLARE in quanto ha la forma di una lente biconvessa nelle tre
dimensioni dello spazio. Ne abbiamo uno a dx e uno a sn.
Il nucleo lenticolare è il più grosso dei nuclei della base ma in verità esso è costituito da 3
nuclei:
1. Putamen (parte più laterale)
2. globo pallido esterno (medio)
3. globo pallido interno (mediale)
Abbiamo poi un 4° nucleo chiamato NUCLEO CAUDATO: in questa sezione vediamo solo
la testa del nucleo caudato che si trova avanti e medialmente rispetto al nucleo
lenticolare. Questo nucleo si chiama caudato perché ha la forma di una “C” aperta in
avanti, distribuita sul piano sagittale: la parte anteriore della “C” si chiama testa del
caudato. In realtà questa “C” si trova tutt’intorno al talamo, ossia il talamo è incastrato
nella “C” del nucleo caudato. Tale “C” va indietro ed in alto, gira intorno al talamo e poi gli
passa sotto; durante questo decorso diviene sempre più sottile in modo che si parla di
testa del caudato (parte davanti al talamo), corpo del caudato (sopra il talamo), coda del
caudato (sotto il talamo).
C’è un altro nucleo più piccolo, ma anch’esso visibile ad occhio nudo, che viene a trovarsi
sotto al talamo e che per questo è chiamato NUCLEO SUBTALAMICO DI LEWIS.
Tra i nuclei della base dobbiamo anche considerare sostanza grigia collocata in
prossimità del nucleo subtalamico e che prende il nome di ZONA INCERTA e anche un
altro gruppetto di neuroni chiamati CAMPI DI FOREL.
Un ultimo nucleo si trova all’esterno del nucleo lenticolare, tra questo e la corteccia,
chiamato CLAUSTRO, di cui si sa molto poco.
La SOSTANZA BIANCA che viene a trovarsi tra i nuclei prende diversi nomi a seconda
della sua posizione.
È detta CAPSULA INTERNA la parte che viene a trovarsi tra testa del caudato e
lenticolare e tra talamo e lenticolare. Possiamo dividerla in un braccio anteriore (tra
caudato e lenticolare) ed in un braccio posteriore (tra talamo e lenticolare). Entrambi
questi bracci si prolungano verso la corteccia. Dato che questi due bracci tra loro formano
un angolo ottuso aperto all’esterno, chiameremo il passaggio tra i due bracci GINOCCHIO
DELLA CAPSULA INTERNA.
È detta CAPSULA ESTERNA la sostanza bianca posta tra PUTAMEN e CLAUSTRO.
Infine è detta CAPSULA ESTREMA la parte di sostanza bianca che si trova
immediatamente sotto la corteccia, ossia la SOSTANZA BIANCA SOTTOCORTICALE.
La capsula estrema è composta soprattutto di fibre mieliniche che vanno da un’area
corticale ad un’altra vicina.
La capsula esterna è in genere costituita da fibre che collegano aree corticali lontane
tra loro (es: l’area occipitale con quella frontale).
Allora il cervelletto, a differenza dei nuclei della base, riesce a proiettare al tronco
dell’encefalo (nucleo rosso, sostanza reticolare, oliva inferiore).
Quindi: MENTRE I NUCLEI DELLA BASE CI SERVONO PER MEMORIZZARE
SEQUENZE MOTORIE, RIPRODURLE AL BISOGNO E QUINDI, IN QUALCHE MODO,
PARTECIPANO ALLA PROGRAMMAZIONE DEL MOVIMENTO, IL CERVELLETTO
INTERVIENE SOPRATTUTTO NELL’ESECUZIONE DEL MOVIMENTO.
Tale equivoco nasce dal fatto che il dato della clinica mi dice che ce faccio una lesione
alla via CORTICO-SPINALE, nell’immediato (ore o giorni) ho sicuramente una paralisi
motoria controlaterale mentre, se ho una lesione delle vie extrapiramidali, non ho paralisi
motoria ma problemi nella esecuzione. In base a questi due quadri clinici diversi si dice
che la via piramidale serve per iniziare il movimento ecc. e le vie extrapiramidali per
rendere possibili gli automatismi del movimento.
Questi due sistemi discendenti agiscono invece in maniera concertata.
I nuclei della base sono necessari per apprendere nuove sequenze motorie e per
ripeterle. Noi passiamo la nostra vita a memorizzare schemi motori ed a riprodurli, a
creare circuiti funzionali che ci permettano di semplificare una sequenza motoria e, quindi,
di automatizzarla e poi riprodurla. I nuclei della base sono a tal fine assolutamente
indispensabili.
Come abbiamo visto nell’immagine precedente, quando l’informazione è passata per i
nuclei della base, da qui va al talamo e dal talamo va alla corteccia; essa risponde con
tutte le vie discendenti a sua disposizione e non soltanto con la cortico-spinale.
Qualsiasi nostro movimento complesso ha bisogno dell’integrità di tutti e due i sistemi
discendenti.
SOSTANZA NERA
Se distruggo la sostanza nera, soprattutto la parte compatta di questa, ho una malattia
invalidante che si chiama MORBO DI PARKINSON o paralisis agitans.
Questa dizione spiega i due segni clinici fondamentali del Morbo di Parkinson: la rigidità
del movimento (che non è paralisi) ed il tremore a riposo. Il parkinsoniano ha grosse
difficoltà sia ad iniziare il movimento che ad arrestarlo.
La rigidità (che solitamente inizia da una parte del soma ma poi progredisce) riguarda tutti
i muscoli per cui il parkinsoniano ha un atteggiamento tipico.
Se sta in piedi ha un atteggiamento curvo e poi trema: gli tremano la testa, le braccia, le
mani e le dita (come se contasse dei soldi). Il tremore è un eccesso di movimento ed è
irreprensibile, smette di tremare allorché compie un movimento. Il parkinsoniano non
riesce però a compiere un movimento in maniera fluida e veloce come fa una persona
sana. Questo dipende dalla rigidità motoria.
Tale rigidità riguarda anche i muscoli mimici: il parkinsoniano ha sempre la stessa
espressione, triste, depressa; questo avviene un po’ perché è realmente depresso, ma
soprattutto perché ha difficoltà a sorridere, data la rigidità dei muscoli facciali.
Possiamo quindi affermare che LA LESIONE DELLA SOSTANZA NERA CAUSA
FONDAMENTALMENTE IPOCINESIA, CIOE’ MINORE QUANTITA’ TOTALE DI
MOVIMENTO.
SE QUESTO E’ VERO ALLORA IN CONDIZIONI NORMALI LA SOSTANZA NERA
AGISCE COME ACCELERATORE DEL MOVIMENTO.
NUCLEO CAUDATO
Un’altra ipercinesia è il cosiddetto Ballo di San Vito che, in termini medici, è detto Coréa
Minor (corea in greco significa ballo) in cui, in maniera imprevedibile, irrefrenabile e non
finalizzata, il soggetto muove l’arto superiore e quello inferiore, quasi a mimare il passo di
una danza.
La Coréa Minor consegue ad una lesione del n. caudato per cui in condizioni normali
anche il n. caudato appartiene alla CATEGORIA DEI FRENATORI.
Possiamo quindi affermare che NUCLEO SUBTALAMICO e NUCLEO CAUDATO SONO
FRENATORI DEL MOVIMENTO mentre LA SOSTANZA NERA COMPATTA ed, entro
certi limiti, IL PALLIDO INTERNO SONO ACCELERATORI DEL MOVIMENTO.
Quindi i nostri movimenti automatici, ma anche quelli che hanno una componente di
volontarietà, dipendono dall’equilibrio delle attività del freno e dell’acceleratore, che
devono essere perfettamente regolati.
(D2) e l’altra di tipo eccitatorio (D1). Il fatto è che la sostanza nera (in particolare quella
compatta), scarica in maniera tonica sui suoi bersagli (ossia inibisce il talamo con una
frequenza costante). Il talamo può scaricare al corpo striato oppure scaricare alla
corteccia prefrontale e anche premotoria.
Anche la corteccia è connessa direttamente con il nucleo subtalamico (il quale è fatto di
neuroni eccitatori) il quale riceve dal pallido esterno e proietta al pallido interno.
È chiaro che abbiamo un flusso di informazione che ha la funzione di interrompere
l’azione inibitoria del pallido interno e della sostanza nera sul talamo, il quale è sempre
tenuto sotto freno dai due nuclei e, quindi, non può scaricare e dare via libera alla
corteccia.
Il circuito che dalla corteccia va a finire al pallido interno ed alla sostanza nera ha la
funzione di ridurre, ogni tanto, l’attività frenante. Questo si verifica ogni volta che
dobbiamo iniziare un’azione o compiere un atto motorio.
Nel parkinson succede che viene distrutta la sostanza nera ed in particolare è interrotta la
via inibitoria allo striato (D2). Con la distruzione della sostanza nera compatta (che è
quella maggiormente compromessa) viene soprattutto ad interrompersi la via di inibizione
del nucleo subtalamico (via pallido esterno) il quale è eccitato ad eccitare i nuclei pallido
interno e SNr (i nuclei inibitori) che aumenteranno la loro scarica inibitoria al talamo il
quale non risponde più, causando la rigidità.
Il nucleo subtalamico è un nucleo eccitatorio ma eccita dei nuclei che sono inibitori, per
questo la sua azione è frenante.
Viceversa, nel caso di distruzione del nucleo subtalamico, viene a mancare l’azione
eccitatoria sui nuclei inibitori (Pi e SNr) e quindi la frequenza di scarica inibitoria
diminuisce al di sotto di un valore soglia, tanto da avere un eccesso di movimento.
A livello della circonvoluzione precentrale (che appartiene al lobo frontale) abbiamo l’Area
4 o Area Motrice Primaria e al davanti di questa abbiamo l’Area 6 o Area Premotoria.
sottolenticolare, abbiamo soprattutto la via acustica e una parte della via ottica mentre, nel
prolungamento retrolenticolare, abbiamo la grossa parte della via ottica. In entrambi i
prolungamenti abbiamo tutto il fascio di Türk (fascio parieto-temporo-occipito-pontino). Se
facciamo una lesione a livello retrolenticolare abbiamo dismetrie ( cervelletto e corteccia
non comunicano), ma anche problemi visivi (riduzione del campo visivo e talora
allucinazioni visive).
TALAMO
Ciascun talamo è una formazione del diencefalo che somiglia ad un ovoidale. Possiamo
immaginare due uova coricate con i due assi che convergono in un punto anteriore. È
una massa grigia molto grossa costituita da un numero elevato di nuclei che stanno
insieme. Tale massa grigia è attraversata da una lamina midollare di sostanza bianca,
detta lamina midollare interna, la quale va da dietro in avanti ma, verso l’avanti, si biforca
disegnando una “y”. A causa di ciò, distinguiamo i nuclei talamici in tre gruppi
fondamentali:
-gruppo anteriore;
-gruppo mediale;
-gruppo laterale.
In aggiunta abbiamo che i
nuclei mediali si continuano
medialmente a formare una
specie di commessura grigia
che si unisce a quella del
talamo controlaterale. Tale
parte di talamo prende il nome
di nuclei mediani o della linea
di mezzo.
Inoltre i nuclei laterali vanno
distinti in dorsali e ventrali.
Il polo posteriore del talamo,
che filogeneticamente è la parte più nuova, è un grosso nucleo chiamato Pulvinar.
Abbiamo poi un gruppetto di nuclei nella faccia laterale del talamo a livello della lamina
midollare esterna che avvolge la superficie laterale del talamo.
I vari nuclei talamici hanno connessioni in va e vieni con precise regioni della corteccia
cerebrale.
I nuclei talamici anteriori sono collegati, in va e vieni, con una regione della corteccia
cerebrale che sta tutt’intorno al corpo calloso (e quindi lungo le faccie mediali di ciascun
emisfero). Tale corteccia pericallosa è molto importante al fine delle nostre risposte
emotive istintuali.
Al di là della lamina midollare
interna abbiamo i nuclei
mediali, i quali sono tutti
connessi con il lobo frontale
ed in particolare con la
corteccia prefrontale.
Ancora più medialmente
abbiamo i nuclei della linea
mediana che proiettano a
livello del polo anteriore.
Si tratta di regioni importanti che hanno a che fare con la memoria genetica.
Poi abbiamo i nuclei laterali (distinti in dorsali e ventrali) ed in aggiunta abbiamo il Pulvinar
che è connesso ad un’ampia regione della corteccia, in parte temporale, in parte
occipitale ed in parte parietale, la quale viene a trovarsi tutt’intorno al punto in cui finisce
la scissura di Silvio. Questa regione si chiama Area associativa sensitiva. Essendo il
pulvinar la parte di talamo filogeneticamente più nuova, tale area, essendo connessa con
questo, è implicata in attività filogeneticamente nuove quali il linguaggio.
La zona dei nuclei lateroventrali proietta sulla regione della corteccia che sta a cavallo
della scissura di Rolando (la corteccia somestesica primaria e l’area 4).
La corteccia somestesica primaria riceve dai nuclei ventro laterali posteriori (ossia le vie
spinotalamiche, lemniscomediale, lemniscotrigeminale).
Poi abbiamo, al davanti, il nucleo ventro laterale intermedio, il quale è connesso quasi
esclusivamente con l’area 4. Questo è quel nucleo talamico che riceve dal cervelletto per
proiettare alla corteccia.
Infine, i nuclei ventro laterali anteriori sono connessi quasi esclusivamente con l’area 6
(area premotoria).
Questi sono quei nuclei talamici che ricevono dai
nuclei della base (soprattutto da Pallido interno e
Sostanza Nera) e proiettano alla corteccia.
• I nuclei mediali sono connessi con: lobo frontale, corpo striato, sostanza grigia
periacqueduttale e sostanza reticolare del tronco encefalico. Intervengono
nell’integrazione di informazioni olfattive, viscerali e somatiche (personalità e tono
affettivo).
• I nuclei laterali ventrali si distinguono in anteriori, intermedi e posteriori.
- I posteriori ricevono i lemnischi spinale, mediale, trigeminale e le vie gustative;
proiettano alla corteccia somestesica.
- Gli intermedi ricevono dal cervelletto (nucleo dentato, globoso e emboliforme) e dal
pallido. Proiettano alla corteccia motoria e premotoria. Intervengono nell’esecuzione del
movimento.
- Gli anteriori ricevono dal corpo striato, dalla formazione reticolare ascendente e dai
nuclei talamici non specifici. Proiettano alla corteccia premotoria e motoria. Intervengono
nella programmazione dei movimenti.
• I nuclei talamici laterali dorsali ed il Pulvinar sono filogeneticamente nuovi e sono
connessi, in doppio senso, con la corteccia parietale non-somestesica e con l’area
di Wernicke. Intervengono nel controllo del dolore cronico, del moto degli occhi e
dell’articolazione del linguaggio tramite l’elaborazione dei poli sensitivi.
• I nuclei non specifici si distinguono in reticolari, della linea di mezzo, ed
intralaminari.
- I reticolari ricevono da tutta la corteccia e dalla sostanza reticolare del tronco encefalico,
e proiettano alla corteccia (attivazione o allarme).
- I nuclei della linea di mezzo ricevono dalla sostanza reticolare del tronco encefalico, dal
cervelletto, dal corpo striato dell’ipotalamo, e proiettano a parte della corteccia limbica.
Memoria genetica.
- I nuclei intralaminari ricevono da strutture del tronco encefalico (lemnischi e sostanza
reticolare) e proiettano ai nuclei talamici vicini.
IPOTALAMO
Si trova sotto al talamo e rappresenta la parte inferiore ed il pavimento del diencefalo, con
il chiasma ottico, il tuber cinereum che si prolunga ad imbuto nell’infundibolo (peduncolo
ipofisario) e i corpi mammillari.
E’ un insieme di nuclei che rappresentano la struttura nervosa di controllo di tutte le
attività nervose vegetative e di quasi tutte le attività chimiche (ormoni). Attraverso questi
molteplici nuclei l’ipotalamo è implicato nelle seguenti attività di regolazione:
controlla la fame ( si può avere bulimia e anoressia);
controlla la sete: l’ipotalamo detta i tempi, soprattutto per la secrezione dell’ormone
antidiuretico o ADH;
regola la temperatura corporea (è il nostro termostato) un po’ sotto ai 37° C;
controlla una serie di metabolismi (metabolismo energetico);
controlla, tramite l’ipofisi, eventi ciclici: sia il ritmo circadiano, sia cicli più lunghi come il
ciclo ovarico ( o ciclo uterino o ciclo mestruale);
l’ipotalamo, attraverso connessioni con altre strutture, regola anche alcuni aspetti di base
della personalità, ossia l’aggressività o la docilità e, quindi, ha un ruolo nel determinare le
risposte emotive istintive;
infine l’ipotalamo ha un ruolo anche nella memoria recente.
Per le risposte viscerali l’ipotalamo deve poter comunicare con i nuclei parasimpatici
craniali, con la colonna dei neuroni ortosimpatici (da C8 a L3) del m.s. e anche con il
parasimpatico sacrale.
A tal fine, l’ipotalamo si serve di due vie discendenti:
Con tali due sistemi efferenti l’ipotalamo controlla tutto il sistema nervoso vegetativo.
Esempio: se sentiamo freddo è perché il calore che dissipiamo dalla cute non è sufficiente
rispetto a quello che sarebbe necessario per compensare la temperatura esterna. Il
freddo viene sentito con i recettoti del freddo che stanno sulla cute, soprattutto sulla parte
dorsale del corpo. L’informazione “freddo” va alla corteccia (via talamo) dove elabora tale
informazione come freddo.
Una quota di tale informazione, che viaggia con la via spinotalamica, si ferma alla
sostanza reticolare e arriva all’ipotalamo, il quale viene informato che sto sentendo
freddo.
L’ipotalamo, attraverso una o entrambe le vie di cui dispone, attiva l’ortosimpatico per
innescare la risposta al freddo: viene ridotto l’afflusso di sangue alla cute mediante la
vasocostrizione periferica. Inoltre si ha l’orripilazione (pelle d’oca): la contrazione del
muscolo piloerettore fa si che vengano spremute le ghiandole sebacee che si trovano fra
bulbo pilifero e muscolo, così il grasso si stratifica sopra la cute e funge da isolante
termico.
Nell’animale, quando i peli sono dritti, tra l’uno e l’altro si dispone l’aria, che è un buon
isolante. Nella nostra specie la piloerezione ha un significato di “comunicazione non
verbale”. Se vediamo una persona orripilata e non è freddo, allora pensiamo che è sotto
un’emozione particolarmente intensa (intensa risposta ortosimpatica) e se questa persona
sta male, allora tale risposta ortosimpatica può essere la conseguenza o di un’emorragia
intensa, o di un infarto, o di un’edema polmonare acuto ecc. ossia ha una situazione di
emergenza.
VIA OTTICA
Proprio al davanti del peduncolo ipofisario abbiamo una struttura ad “H” che è una parte
della via ottica. Questa parte della via ottica viene a trovarsi alla base del telencefalo, al
davanti del peduncolo ipofisario e quindi all’altezza più o meno della sella turcica.
Dalla parte posteriore dell’occhio si diparte il nervo ottico (II nervo cranico).
L’occhio è sostanzialmente un recettore speciale: la retina è costituita, tra l’altro, di
fotorecettori sensibili alle onde elettromagnetiche di una certa lunghezza d’onda (da 400 a
800 nm.).
L’occhio si trova nel cavo orbitario che è una fossa piramidale, con la base in avanti e
l’apice indietro. All’apice di questo cavo orbitario abbiamo il foro ottico attraverso cui il
nervo ottico abbandona il cavo orbitario ed entra nella scatola cranica. Proprio al davanti
del peduncolo ipofisario sembra che i due nervi ottici si avvicinino così tanto tra di loro da
fondersi (barretta orizzontale dell’ “H”).
In realtà accade che una quota delle fibre del nervo ottico di dx si incrocia con una quota
delle fibre del nervo ottico di sx.
Le fibre che si incrociano provengono da una precisa regione della retina: si incrociano le
fibre che derivano dalla regione più mediale della retina. Il risultato è che abbiamo una
regione anatomica, dove avviene l’incrociamento parziale dei nervi ottici, chiamata
Chiasma dei nervi ottici. Al di là del chiasma abbiamo una struttura nervosa (una a dx e
una a sx) che è fatta per metà di fibre ipsilaterali e per metà di fibre controlaterali. Tale
struttura si chiama Tratto ottico ( di dx e di sx) perché, dal punto di vista della
composizione, abbiamo fibre ipsilaterali e controlaterali.
Le fibre del tratto ottico, per grossa parte, circondano il mesencefalo dal davanti
all’indietro, e vanno a finire al corpo genicolato laterale ( di dx e di sx), un nucleo
metatalamico che si trova ai lati del mesencefalo. Dai corpi genicolati laterali si dipartono
fibre che vanno ad un’area della corteccia occipitale che si chiama Area calcarina. Per cui
queste fibre le chiamiamo genicolo-calcarine, ma anche radiazioni ottiche o visive.
Tali fibre vanno all’area 17, che è l’area visiva primaria, dove abbiamo la percezione della
luce o degli oggetti luminosi.
Una minoranza di fibre che costituisce il tratto ottico, non va al corpo genicolato laterale,
ma si scarica direttamente o al nucleo pretettale o al collicolo superiore . Le fibre che
arrivano al nucleo pretettale vanno ad entrambi i nuclei di Edinger-Westphal: tale via ci
permette la riduzione del calibro della pupilla (riflesso parasimpatico).
Il riflesso di rotazione del capo usa, soprattutto, la via tetto spinale laterale, per andare a
scaricarsi sul centro ciliospinale ortosimpatico per il riflesso di dilatazione della pupilla.
Le fibre che si scaricano al nucleo pretettale non vengono dagli stessi fotorecettori delle
fibre che si scaricano al collicolo superiore infatti, il nucleo pretettale viene attivato quando
c’è un eccesso di luce, mentre il collicolo superiore viene attivato quando c’è un difetto di
luce.
Cerchiamo di capire il significato dell’incrociamento delle fibre del nervo ottico a livello del
chiasma.
Noi possiamo dividere ciascuna delle nostre retine (quella di dx e quella di sx) in una metà
temporale, che è quella laterale che guarda verso l’osso temporale, e una metà nasale,
che è quella mediale che guarda verso il naso; avremo: retina temporale e retina nasale.
Ad incrociarsi a livello del chiasma sono le fibre nasali, ossia quelle che vengono dalla
retina nasale.
Quindi, mentre il nervo ottico è fatto di fibre temporali e nasali ipsilaterali, il tratto ottico è
fatto di fibre temporali ipsilaterali e nasali controlaterali.
La retina la dobbiamo immaginare come una coppa di champagne ma un po’ più lunga in
quanto rappresenta i 5/7 di una sfera.
Le dimensioni della retina sono minori delle dimensioni dell’occhio, abbiamo infatti tutta
una serie di lenti (responsabili del potere diottrico dell’occhio, che ci permettono la messa
a fuoco), si tratta di strutture trasparenti che devono far passare la luce.
Nel polo anteriore dell’occhio abbiamo anche la pupilla (è un diaframma che regola la luce
in entrata).
I raggi luminosi che devono colpire la retina devono passare attraverso la pupilla. La luce
che passa per la pupilla (luce riflessa da un certo oggetto) va a colpire una certa regione
della retina.
Se l’oggetto si trova davanti al naso il raggio di luce riflessa va a colpire la Retina
temporale mentre se un oggetto si trova esternamente la luce riflessa dallo stesso
colpisce la Retina nasale.
Allora la retina temporale ci serve per vedere gli oggetti davanti al naso e la retina nasale
per vedere gli oggetti all’esterno.
Se metto l’oggetto all’estremo del campo visivo di dx sarà colpito l’estremo anteriore della
retina nasale di dx mentre, spostando l’oggetto via via più medialmente, saranno colpiti
punti della retina nasale sempre più vicini al polo posteriore dell’occhio.
Se metto un oggetto davanti al naso lo vedo con la retina temporale di entrambi gli occhi.
Ricapitolando quindi un oggetto posto nel campo visivo centrale (di 110-120 gradi) viene
visto da entrambe le retine temporali mentre nei campi visivi di dx e di sx un oggetto è
visto da ogni singola retina nasale (quella di dx a dx e quella di sx a sx).
Il risultato è che la possibilità di vedere un oggetto posto nel campo visivo anteriore con
entrambe le retine temporali, mi permette una visione stereoscopica, ossia mi permette di
vedere in tre dimensioni e quindi di calcolare se un soggetto o un oggetto è più vicino a
me di un altro.
La visione stereoscopica è tipica degli animali predatori, mentre gli animali preda non
hanno la visione stereoscopica ma hanno un campo visivo molto più ampio.
C’è una piccolissima regione della retina, che coincide con il polo geometrico posteriore
dell’occhio (che è quindi in asse rispetto al foro pupillare), detta fovea centralis, in cui la
retina, in particolare quella temporale, ha una prevalenza di un tipo particolare di recettori
luminosi che sono i coni, da cui dipende la nostra acuità visiva, la nostra capacità di
vedere i colori e che noi usiamo quando c’è luce. Tutto il resto della retina temporale e
nasale è caratterizzato, per la maggioranza, dalla presenza dei bastoncelli, che noi
utilizziamo per la visione crepuscolare. Questi sono molto più numerosi dei coni.
Ora capiamo perché passiamo la vita a girare il collo e gli occhi: dobbiamo fare in modo
che l’oggetto che ci interessa vedere cada nella fovea centrale degli occhi. La fovea
centrale della macula lutea (cioè fossa centrale della macchia gialla) è la regione dove
abbiamo la massima concentrazione dei coni che ci permettono la visione diurna, la
visione dettagliata e la visione dei colori.
Abbiamo visto come la retina temporale mantiene le sue fibre ipsilaterali mentre la retina
nasale incrocia le sue fibre.
Così il tratto ottico di dx porterà temporali di dx e nasali di sx e il tratto ottico di sx
l’opposto.
Quando l’immagine arriva a stamparsi alla corteccia allora, alla corteccia di dx arrivano
immagini che stavano nell’emicampo visivo di sx (campo temporale di dx e nasale di sx).
Viceversa, le immagini dell’emicampo di dx si stampano sulla corteccia di sx.
Il cervello di dx vede il campo visivo di sx e viceversa.
L’informazione va alla corteccia occipitale che è percorsa dalla scissura calcarina. L’area
visiva primaria (la 17) viene a trovarsi immediatamente sotto e sopra la scissura calcarina.
A sandwich rispetto all’area 17 abbiamo l’area 18 o area visiva secondaria. Poi abbiamo
un’altra area visiva l’area 19 ancora a sandwich. Per cui, partendo dalla scissura
calcarina, avremo sopra 17-18-19 e sotto 17-18-19.
Mentre l’area 17 è l’area visiva primaria, le aree 18 e 19 sono aree visive secondarie,
dove noi interpretiamo ciò che vediamo in base all’esperienza.
RIFLESSI CORTICALI
I riflessi di miosi (max costrizione) e di midriasi (max dilatazione) della pupilla sono riflessi
vegetativi che noi non possiamo arrestare.
Mentre il collicolo superiore è sede di riflesso visivo vegetativo (dilatazione della pupilla),
non è il centro di riflesso motorio di rotazione del capo. Infatti la sede di tale riflesso è
l’area 17 della corteccia. Però esistono fibre dell’area 17 (ma anche della 18 e della 19),
fibre cortico tettali, le quali vanno a regolare le attività di scarica dei neuroni del collicolo
superiore(così anche di quelli del collicolo inferiore) ai fini della rotazione del capo. Questo
è importante nell’esame obbiettivo di un soggetto obnubilato nel quale, se non risponde a
stimoli visivi quali lo spostamento di un dito, significa che c’è un danno corticale:
l’informazione non arriva alla corteccia.
Sempre sulla corteccia è centrato un altro riflesso, apparentemente vegetativo, che ci
permette di adattare gli occhi alla visione da vicino.
Abbiamo già detto che, a livello del polo anteriore dell’occhio, esiste una lente naturale
biconvessa, il cristallino, i cui fuochi tendono ad avvicinarsi se aumentiamo la convessità
della lente: una lente più biconvessa diventa più convergente. Il tutto serve a far arrivare
sulla retina un’ immagine puntiforme. Quello che si sposta è il fuoco anteriore. Allora per
poter vedere un oggetto vicino rispetto a prima, considerando che, naturalmente, l’occhio
è adattato alla visione da lontano, con il cristallino sempre biconvesso, non avendo il
minimo spessore, devo aumentare la convessità del cristallino. Questo è la conseguenza
della contrazione del muscolo ciliare, il quale fa collassare l’equatore del cristallino,
aumenta il diametro antero-posteriore e quindi la convessità, soprattutto quella anteriore.
Questo dipende dal nucleo di Edinger-Westphal. Noi adattiamo l’occhio alla visione da
vicino quando vogliamo vedere qualcosa da vicino. Questo è sì un riflesso, ma è un
riflesso complesso, in quanto dobbiamo aumentare la biconvessità del cristallino, ma
dobbiamo anche convergere gli occhi (altrimenti vedo un’immagine sdoppiata).
Questo succede grazie ai muscoli scheletrici, per esempio i retti interni, i quali ovviamente
non dipendono da Edinger-Westphal ma dal nucleo motore del III, il quale non è reclutato
da fibre del tratto ottico, ma dalla corteccia: in parte corteccia visiva e in parte corteccia
frontale. Allora, mentre io convergo gli occhi (riflesso centrato a livello della corteccia), la
solita area 17, scaricandosi con fibre cortico-tettali sia al nucleo pretettale, sia al collicolo
superiore, riesce a modulare e scatenare il riflesso di accomodazione (far allungare il
diametro antero-posteriore del cristallino). Dobbiamo anche tener conto che, ogni
qualvolta adattiamo la visione da vicino, dobbiamo ridurre la quantità di luce e quindi il
diametro della pupilla, questo perché quello che noi vediamo è luce riflessa e l’intensità di
un fascio di luce costante diminuisce via via che ci allontaniamo dalla fonte secondo il
quadrato della distanza essendo questo un cono. Se l’oggetto si avvicina, la luce riflessa
dall’oggetto che colpisce le mie retine e che entra nel foro pupillare, risulta aumentata, per
cui devo ridurre il calibro della pupilla per non rimanere abbagliato.
Quindi, ogni volta che guardiamo un oggetto da vicino, accadono 3 cose:
1. convergenza dei globi oculari(dipende dalla corteccia);
2. aumento del diametro antero-posteriore del cristallino (dipende dalla corteccia);
3. riduzione del calibro della pupilla (involontario).
Quest’ultimo è assolutamente indipendente dalla volontà essendo solo una questione di
luce mentre gli altri due dipendono dalla corteccia (è il centro di questi riflessi), in
particolare la corteccia visiva.
Tale corteccia va poi a reclutare il collicolo superiore attraverso vie cortico-tettali oppure,
tramite vie cortico-corticali, l’informazione passa dall’area visiva alla corteccia frontale, in
un’area che si chiama 8, la quale poi si occuperà di determinare la vera e propria
convergenza.
AREE ASSOCIATIVE
Nella nostra specie meno del 50% della superficie corticale è dedicata alle aree
cosiddette primarie e secondarie (sensitive , uditive, visive e motorie).
Questo vuol dire che la più grossa parte della corteccia cerebrale apparentemente non ha
nulla a che fare con aree primarie e secondarie. Essa nell’insieme costituisce le cortecce
associative le quali, dal punto di vista anatomico, hanno questa caratteristica: nulla
ricevono direttamente dalla periferia e nulla mandano direttamente a centri gerarchici più
bassi.
Sono tre:
1. corteccia associativa sensitiva;
2. corteccia associativa prefrontale;
3. corteccia associativa limbica.
ad usare verbi all’infinito). Che cosa accade se la lesione è nei posti corrispondenti a dx di
un individuo con emisfero dominante di sx?
Se ho una lesione alla corrispondente area di Wernicke a dx non percepisco la musicalità
nella voce del mio interlocutore(ossia la prosodia). Se ho una lesione alla corrispondente
area di Broca a dx sono io a non avere più musicalità nella voce, ossia sono aprosodico e
quindi parlerò con voce monotonale, fredda, che non esprime sentimento.
SISTEMA LIMBICO
corteccia cerebrale che nell’insieme è corteccia del sistema limbico. Limbico è un termine
che viene dal latino limbus e significa cintura, limite circolare di una città.
Questa corteccia è una parte piuttosto primitiva, ossia ce l’hanno tutti, ed è
particolarmente sviluppata negli animali più bassi della scala zoologica, negli animali
cosiddetti “macrosmatici”, ossia dotati di un apparato olfattorio molto sviluppato. In parte
questa corteccia è più nuova, specialmente la regione frontale. A questa corteccia,
specialmente all’estremo frontale rivolto verso il temporale, va a finire il I nervo cranico
(l’olfattorio) e questa è un’eccezione alla regola che vuole che nulla arrivi alla corteccia
senza essere prima passato per il talamo.
In qualche modo, il nervo olfattorio con il bulbo olfattorio, chiude una specie di circuito (la
“C” formata dalla corteccia limbica) e va a scaricare in prossimità della parte
filogeneticamente più nuova della corteccia limbica, ma anche a strutture del lobo
temporale. Oltre che la corteccia, il sistema limbico possiede anche alcuni nuclei
sottocorticali.
La corteccia limbica ci serve per attuare comportamenti emotivi istintivi e per capire la
situazione di pericolo.
Negli animali quali il gatto, il bulbo olfattorio è in proporzione più grosso di tutta la
corteccia libica; nel gatto è in proporzione maggiore che nella nostra specie.
Questo ha un senso perché tali animali basano tutta la loro vita di relazione sull’olfatto.
Nella nostra specie, invece, l’olfatto ha un minor significato perché noi ci siamo evoluti e
abbiamo costruito altra corteccia, la quale non ha soppiantato la corteccia limbica, ma ha
aggiunto qualcosa che ci permette il discernimento, l’esame della realtà, il giudizio e la
scelta. Questo è un comportamento superiore: questo lo posso fare e questo no, questo
non lo devo fare ecc.
Noi abbiamo anche il sistema limbico che un po’ ci serve, tramite l’olfatto, per riconoscere
gli odori avversi ( quelli che ci spingono ad allontanarci) ma anche i profumi che ci
attraggono.
Non è quindi un caso che il nervo olfattorio vada direttamente alla corteccia frontale
(entorinale) per ridurre ritardi sinaptici, ma anche per evitare modificazioni
dell’informazione a livello del talamo, perché l’informazione deve essere processata
immediatamente. Arriva altrettanto rapidamente alla corteccia temporale perché in tale
corteccia è depositata la memoria genetica (per grossa parte) e anche la memoria
dichiarativa o esplicita che si riferisce alla memoria dei fatti o degli eventi.
Questa parte di corteccia temporale è la circonvoluzione dell’ippocampo che è corteccia
temporale piuttosto in superficie, o circonvoluzione paraippocampica più l’ippocampo, il
quale è sempre un pezzo di corteccia temporale, verso la faccia mediale del lobo, ma che
è tutta pieghettata ( a mo’ di soffietto di mantice di fisarmonica) a sembrare un nucleo
sottocorticale.
L’ippocampo è il luogo anatomico dove è depositata la memoria genetica, ma anche
quella recente dichiarativa. Senza ippocampo non abbiamo o abbiamo ridotta memoria
istintuale e soprattutto non abbiamo memoria recente. Questo è quello che succede via
via che invecchiamo: si perde la memoria recente, prima la memoria del tempo e poi
anche la memoria spaziale per cui, ad esempio, se esco non riesco a ritrovare la starda di
casa. Ho invece memoria di ricordi antichi in quanto la memoria di fatti e eventi del
passato non si trova nell’ippocampo ma nella corteccia prefrontale.
Se non c’è memoria non possono esserci nemmeno sentimenti, quanto meno i sentimenti
strutturati.
Le strutture sottocorticali che fanno parte del sistema limbico si possono osservare
seguendo le fibre che si dipartono dall’ippocampo. Nell’ippocampo abbiamo neuroni i cui
assoni vanno indietro, in alto e poi girano intorno al talamo e vanno a finire in un nucleo
dell’ipotalamo chiamato corpo mammillare. La massa di fibre che dall’ippocampo vanno al
corpo mammillare prende il nome di fornice (il quale passa a ponte intorno al
talamo):abbiamo la gamba del fornice, il corpo del fornice e, davanti al talamo, la colonna
del fornice che va a finire al corpo mammillare. I corpi mammillari sono una coppia di
strutture mammellonate poste dietro al chiasma ottico. I due fornici sono paralleli l’uno
all’altro.
In aggiunta abbiamo un altro nucleo sottocorticale che appartiene al sistema limbico, che
sta davanti alla testa dell’ippocampo ( a mo’ di cappello) e che si chiama amigdala. Le
due amigdale (di dx e sx) si trovano nel lobo temporale verso il polo anteriore e sono tra di
loro interconnesse (commessura anteriore). Amigdala deriva dal greco e significa
mandorla.
L’amigdala riceve direttamente informazioni olfattorie ma anche, in qualche modo,
informazioni visive ed uditive. Inoltre era noto da tempo il suo fondamentale ruolo nel
complesso generale delle risposte emozionali, ma la conferma definitiva si è avuta sei o
sette anni fa allorché, ad un gruppo di ricercatori americani, è capitato di poter osservare
una donna con una lesione bilaterale dell’amigdala. Questa donna aveva problemi
apparentemente di personalità (sembrava apatica), ma in realtà era incapace di
riconoscere l’espressione di paura sul volto di un interlocutore. Da qui l’ipotesi
dell’importanza dell’amigdala per l’analisi fine dell’espressione del volto che indica
espressione di paura. Riconoscere tale espressione è importante ai fini del mantenimento
della nostra incolumità.
Tornando al corpo mammillare, questo è un nucleo ipotalamico e, quindi, questo spiega
perché, al ricordo di un certo evento abbiamo una variazione dell’attività dei visceri. Infatti,
anche dal corpo mammillare si dipartono il fascio ipotalamo-spinale oppure il fascicolo
longitudinale dorsale che va a reclutare i nuclei, in parte parasimpatici e in parte
ortosimpatici, per dare le risposte vegetative. Inoltre è sempre ipotalamo quello che regola
l’attività ipofisaria, con tutto quello che ne consegue. Proprio nell’ipotalamo troviamo
quello che è il vero mediatore tra gli eventi che stanno avvenendo ( ossia la realtà che ci
circonda) e l’attività dei nostri visceri, ovviamente con l’interposizione di strutture corticali
o sottocorticali. Lo schema che segue rappresenta la circuiteria anatomica che sta alla
base di quello che abbiamo detto.
Prima analizziamo il circuito caratterizzato dalle frecce doppie: si chiama circuito di Papez
(leggi Papès). Tale ricercatore messicano, intorno al 1937, formulò l’ipotesi che l’attività
del sistema limbico (questo nome si deve a lui) fosse dovuta ad una sorta di circuito
chiuso della seguente natura: da circonvoluzione pericallosa all’ippocampo, il quale
trasmette al corpo mammillare il quale, oltre che a scaricare all’ipotalamo, scarica anche
ai nuclei talamici anteriori, i quali proiettano a livello del giro del cingolo; abbiamo quindi
un circuito chiuso nel quale gira l’informazione e questo serve per consolidare la memoria
che si riferisce ai fatti e agli eventi.
In realtà però, tale circuito è ampliato in quanto il giro del cingolo è reclutato dalle varie
corteccie associative le quali scaricano alla circonvoluzione pericallosa e quindi innescano
tale processo, ma, dalla circonvoluzione pericallosa, l’informazione torna alla corteccia
associativa, soprattutto alla corteccia prefrontale ed in più, l’informazione che tramite
l’ippocampo è arrivata all’ipotalamo, viene proiettata alla corteccia prefrontale, che è
quella che ci permette il giudizio. Allora, intorno al circuito di Papez, vi è un circuito più
grande che vede l’intervento delle corteccie associative e di altre strutture sottocorticali
che riproiettano alla corteccia prefrontale, da cui si diparte tutta la risposta motoria
ragionata.
A questo punto possiamo concludere affibiando ai due emisferi cerebrali attività comuni e
attività differenziate sulla base di ciò che è stato detto, ossia nel caso che l’emisfero
dominante sia quello di sx.
Sono comuni le attività visive, le attività uditive e l’orientamento spaziale, anche se c’è
una prevalenza del ruolo dell’emisfero di dx nel caso della stereoagnosia (orientamento
spaziale): io conosco me ed il mondo come strutture tridimensionali e riesco a collocare
gli oggetti ciascuno nel proprio spazio. Anche l’autoconsapevolezza è un’attività di
entrambi gli emisferi.
In generale possiamo dire che l’emisfero di sx è analizzatore-catalogatore, mentre quello
di dx è ordinatore, in quanto mette ordine occupandosi dello spazio. Per capire basta
pensare che una lesione della corteccia parietale a dx produce una sindrome detta
stereoagnosia. Io non ho più la percezione della tridimensionalità dello spazio e di me
stesso, per cui trascurerò tutto il mio emisoma di sx ma anche lo spazio che ho davanti a
sx.
SISTEMA LIQUORORIALE
Abbiamo detto come il midollo spinale non è a contatto con la teca ossea in quanto ci
sono tre membrane concentriche che sono le meningi: la dura, applicata al periostio della
parete, l’aracnoide, aderente alla dura e la pia, adesa al midollo spinale ed in mezzo lo
spazio subarocnoideo che contiene il liquor.
Tutto questo si ripropone tale e uguale nel neurocranio dove il liquor svolge la solita
funzione di ammortizzatore idraulico. Dobbiamo ora spiegare:
1. chi produce il liquor;
2. in quale direzione va il liquor;
3. dove va a finire il liquor e da dove esce, in modo da non far aumentare la pressione
endocranica.
Per poter rispondere alla prima domanda dobbiamo prima dire che l’acquedotto di Silvio a
sua volta si apre in un altro ventricolo, il III ventricolo che è a losanga, la quale è posta tra
i due talami, sopra all’ipotalamo (quindi nel diencefalo).
Dal III ventricolo si passa attraverso un forellino , il forame di Monrò, uno a dx e uno a
sx, in un’enorme cavità ventricolare che, in qualche modo, segue il disegno dell’emisfero
cerebrale (ossia ha la forma di una “C”). Questa cavità è detta ventricolo laterale (di dx e
In realtà il liquido che viene prodotto dai ventricoli laterali e dal III ventricolo e che poi,
tramite l’acquedotto di Silvio, va al IV ventricolo (dove viene anche prodotto) ha anche il
canale ependimale, dove però circola poco; fuoriesce attraverso un sistema di fori di cui
due pari e laterali, i due forami di Luschka, e uno impari, a livello del velo midollare
inferiore, il forame di Magendie ( leggi maghenti).
Da questi fori il liquido esce, più o meno, con la stessa velocità con cui viene prodotto (in
verità segue un andamento sinusoidale, come la glicemia tra un minimo ed un massimo)
e va a finire nello spazio subaracnoideo dove causerebbe un aumento di pressione e
quindi una compressione centripeta dell'encefalo (che poi è quello che succede
nell'emorragie subaracnoidee). Questo però non accade perché, a livello un po’ parietale
un po’ frontale abbiamo, proprio in prossimità della linea di mezzo, che le meningi dura
ed aracnoide sono evaginate in una serie di formazioni tipo "villo" chiamate
GRANULAZIONI ARACNOIDEE DI PACCHINI. Qui tali meningi pescano in un grosso
vaso venoso che percorre le meningi dal frontale all'occipitale e che si chiama SENO
SAGITTALE SUPERIORE. Il risultato è che il liquor che è stato formato grazie al plasma,
ritorna nel plasma. Con tale sistema regoliamo un flusso di acqua (liquor), manteniamo
costante la pressione e otteniamo il cuscinetto idraulico. Questo sistema ha dei punti
deboli:
• possibile ostruzione dell'acquedotto di Silvio: idrocefalo;
• possibile ostruzione dei forami di Magenti o di Luska: idrocefalo;
• se aumenta la pressione all'interno dello spazio subaracnoideo si ha il problema
inverso, ossia il collassamento centripeto, con compromissione ancora più veloce
della vita.
Il SNC endocranico è irrorato da 2 coppie di vasi principali: una coppia anteriore che sono
le 2 CAROTIDI INTERNE ed una coppia posteriore che sono le 2 ARTERIE
VERTEBRALI che, a loro volta, sono rami dell'arteria succlavia.
L'art. carotide interna, dal punto della biforcazione, sale su senza dare rami nel collo e
attraversa la base del cranio passando in un canale tortuoso, scavato nella rocca petrosa
dell'osso temporale, diretto in avanti e medialmente, detto FORO LACERO (o CANALE
CAROTICO).
Una volta all'interno della scatola cranica (ai lati del corpo dello sfenoide) dà origine ad
una serie di vasi.
L'ART. VERTEBRALE, invece, nasce dall'arteria succlavia, sale su (senza dare vasi nel
collo) percorrendo i primi sei fori trasversi delle vertebre cervicali ed arriva al gran forame
occipitale, gira indietro medialmente e passa dentro al gran forame occipitale, ponendosi
davanti al bulbo. Il circolo posteriore si anastomizza con il circolo anteriore a destra e a
sinistra in un modo del tutto particolare.
→ L’ARTERIA CEREBRALE ANTERIORE irrora la faccia mediale del lobo frontale e del
lobo parietale, irrora la corteccia ed anche un po’ di capsula estrema, sempre dal lato
mediale.
Quindi, tutt’intorno al chiasma dei nervi ottici e al peduncolo ipofisario (ossia nella regione
della faccia ventrale dell'’potalamo), abbiamo un circolo arterioso che si chiama
POLIGONO DI WILLIS il quale è costituito da 7 lati: i due lati posteriori sono le due art.
cerebrali posteriori, i due lati laterali sono le due art. comunicanti posteriori, i due lati
anteriori sono le due art. cerebrali anteriori e l’unico lato separato è il ramo comunicante
anteriore. Il poligono di Willis è molto importante per due ordini di motivi: il primo di natura
funzionale. Infatti, grazie al poligono di Willis, i circoli anteriore e posteriore sono
anastomizzati e il circolo di dx è anastomizzato con quello di sx. Però tale circolo non
corrisponde ad una anastomosi a pieno canale e questo perché il calibro dei rami
comunicanti è troppo piccolo, rispetto al calibro degli altri, per poter sostenere un grosso
afflusso di sangue in caso di ostruzione di uno dei vasi che fanno capo al circolo
anastomotico.
I vasi comunicanti hanno il compito di equilibrare le pressioni (dx e sx e avanti e dietro);
comunque un qualche compenso di circolo, soprattutto avanti e dietro, i rami possono
darlo. Se chiudiamo per un po’ di minuti un’art. carotide interna per togliere una placca,
vediamo che non c’è ischemia cerebrale per cui, per un po’, tale circolo anastomotico
riesce a compensare.
Una menzione a parte merita un piccolo vaso che nasce dall’art. cerebrale media o dalla
carotide interna, l’ARTERIA CORIOIDEA ANTERIORE, la quale irrora il braccio posteriore
della capsula interna e tutto il nucleo lenticolare. Tale arteria è particolarmente importante
perché è l’arteria che, statisticamente parlando, più frequentemente si occlude mettendo
K.O. il braccio posteriore della capsula interna ( causando sia paralisi motoria che
sensitiva controlaterale, perché nel braccio posteriore passano tutte le vie discendenti di
moto e le radiazioni talamiche posteriori che portano alla corteccia somestesica tutte le
informazioni esterocettive e propriocettive coscienti ).
CIRCOLO VENOSO