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SEGNALI, SISTEMI E OPERATORI

Alla base dellelettronica c lo studio dei segnali, dei sistemi e del modo come i segnali si
propagano nei sistemi. Per rendere pi agevole la trattazione necessario introdurre dei metodi ma-
tematici.
1.1. Segnali
Un segnale una grandezza fisica, generalmente variabile nel tempo, cui si attribuisce un si-
gnificato.
Indichiamo con f(t) il segnale e con fm ed fM, rispettivamente i limiti finiti del segnale.
f f(t) f . m M
Se attribuiamo significato a tutti i valori che il segnale assume nell'intervallo in cui definito
diciamo che il segnale e analogico. Se, invece, attribuiamo senso solo ad un numero limitato di in-
tervalli, diciamo che il segnale numerico. Quando gli intervalli sono solo due allora il segnale
viene detto binario o digitale.
Ad un segnale volutamente prodotto possibile che si sovrapponga qualche altro segnale
non desiderato che, a seconda della sua origine, prende il nome di rumore o di disturbo. Un rumore
un segnale indesiderato che si sovrappone al segnale ed prodotto dallo stesso sistema che lo ma-
nipola. Un disturbo un segnale che si sovrappone all'interno del sistema stesso, ma proviene dal
suo esterno. Inoltre, un segnale, attraversando un sistema, pu venire deformato in modo non volu-
to. Si parla, in tal caso di distorsione. Le informazioni contenute in un segnale cui sovrapposto un
rumore od un disturbo o che deformato nell'attraversamento di un sistema possono non essere pi
intelligibili.
Consideriamo, per esempio, un sistema composto dallo spazio attraverso cui viaggia un se-
gnale televisivo, dallantenna ricevente e dal televisore. Il segnale, prodotto dal trasmettitore, emes-
so in modo teoricamente perfetto, nel viaggiare attraverso lo spazio per raggiungere il ricevitore,
viene modificato per la presenza di segnali elettrici di disturbo, come, ad esempio, le scariche atmo-
sferiche o quelle prodotte nei motori a scoppio o dalle spazzole di quelli elettrici. All'ingresso del
ricevitore presente sia il segnale che il disturbo. Inoltre, gli stessi componenti elettrici che costitui-
scono il televisore producono correnti e tensioni casuali che costituiscono il rumore. Per finire, poi-
ch il ricevitore non ideale, anche in assenza di rumore e disturbi, la qualit dell'immagine e del
suono non sarebbe mai perfetta a causa del fatto che i segnali, nell'attraversare il ricevitore non ven-
gono trasmessi idealmente ma sono deformati in modo indesiderato. In questo sta la distorsione.
Segnali, sistemi ed operatori

2
La Fig.1.2-1 mostra
due esempi di segnali come
sono stati trasmessi (sopra) e
modificati da disturbi, rumore
e distorsioni (sotto). Il segnale
di sinistra di tipo numerico,
quello di destra analogico.
evidente che, per questi effetti
indesiderati, la perdita di in-
telligibilit minore per i se-
gnali numerici che per quelli
analogici. Ma anche se questo
aspetto farebbe propendere
verso la scelta dei segnali
numerici per la trasmissione
dei dati, vi sono altri fattori
che, a seconda dei casi, fanno
scegliere un tipo di trasmis-
sione anzich l'altra. Per il
momento trascuriamo com-
pletamente la presenza del
rumore, dei disturbi e delle
distorsioni.
1.1.1 Segnali numerici o discreti
In Fig.1.1-2 sono mo-
strati due esempi di segnali
numerici. Il primo si riferisce
ad un segnale binario. Il se-
condo ad uno a quattro livelli.
Il significato dei due segnali
determinato dalle convenzioni
adottate. In un sistema sincro-
no, il valore numerico va con-
siderato ad intervalli regolari.
Se l'intervallo ha durata d, al-
lora il primo segnale assume
la successione di 1, 0, 0, 1, 0, 0, 0, 0, 1, 1, 1 etc e l'altro 2, 2, 4, 4, 2 , 3, 3, 3, 2, 2, , etc. Nel caso di
sistema asincrono il significato che si da al primo segnale 1, 0, 1, 0, 1 etc. Ed al secondo 2, 1, 2, 4,
2, 3, 2, 3 etc.
Nel passaggio di un segnale da un livello ad un altro esso prende dei valori che non vengono
definiti. Per esempio si pu scegliere, per un segnale binario, come livello di 0 la tensione fra 0 V e
0.8 V e come livello di 1 un segnale di tensione fra 2.4 V e 5 V. Quindi non viene attribuito alcun
significato alla tensione fra 0.8 V e 2.4 V
1.1.2 Segnali analogici
Ci occuperemo delle propriet generali dei segnali temporali. Studieremo, inoltre, alcuni e-
sempi di segnali analogici che hanno particolari caratteristiche e rivestono importanza fondamentale
nello studio della elettronica.
0 50 100 150 200
1
2
3
4
5
6
0 50 100 150 200
1
2
3
4
5
6
0 50 100 150 200
0
0.5
1
1.5
2
2.5
3
3.5
4
0 50 100 150 200
0
0.5
1
1.5
2
2.5
3
3.5
4
V V
V
t t
V
t t
(a)
(b)
(c)
(d)

Fig.1.1-1
V
0 20 40 60 80 100
t
(b)
0 20 40 60 80 100
0
1
2
3
4
5
6
V
t
(a)
0
1
2
3
4
5
6
d d

Fig.1.1-2
Segnali, sistemi ed operatori

3
1.1.2.1 Segnali impulsivi
Una definizione qualitativa dice che un impulso un segnale che diverso da zero solo per
un limitato intervallo di tempo. La Fig.1.1-3 mostra alcuni esempi di segnali impulsivi. In ordine, da
sinistra a destra e dall'alto in basso, sono mostrati un impulso rettangolare, un impulso esponenziale
prima crescente e poi decrescente, un impulso sinusoidale, un treno d'oscillazioni di ampiezza co-
stante, un treno d'oscillazioni di ampiezza variabile ed un impulso bipolare.
Definiamo contenuto c di un impulso f(t) in un intervallo t0t1:
c f t dt
t
t
=

( ) .
0
1
[1.1-1]
Definiamo energia e di un impulso f(t) nello stesso intervallo
e f t dt
t
t
=

2
0
1
( ) . [1.1-2]
Si intende che l'intervallo pu essere tutto l'asse dei tempi. Cio - < t < +. In tal caso si parla
semplicemente di contenuto e energia senza specificare altro. Una definizione pi accurata di im-
pulso dice che la sua energia deve essere non zero e finita.
Di un impulso pos-
sibile definire alcuni altri pa-
rametri. La Fig.1.1-4 ci con-
sente di illustrare meglio le
relative definizioni. Si defini-
sce ampiezza VM il valore as-
soluto del massimo assoluto,
mentre la differenza fra mas-
simo e minimo prende il no-
me di valore picco-picco e si
indica con Vpp. Il tempo di sa-
lita ts il tempo che impiega
0 50 100 150 200
0
1
2
3
4
5
0 50 100 150 200
-10
-5
0
5
10
0 50 100 150 200
-10
-5
0
5
10
0 50 100 150
0
2
4
6
8
10
200 0 50 100 150 200
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1.2
0 50 100 150 200
0
0.5
1
1.5
2
V
V
t
t
V
t
t
V
V V
t
t
(a) (b) (c)
(d) (e) (f)

Fig.1.1-3
0 50 100 150 200
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1.2
V
t
D
ts
td
(a) (b)
0 50 100 150 200
0
1
2
3
4
5
t
V
Vpp
VM

Fig.1.1-4
Segnali, sistemi ed operatori

4
il segnale a salire dal 10% al 90% del suo valore finale. Il tempo di discesa td il tempo che impie-
ga il segnale a scendere dal 90% al 10% del suo valore iniziale. La durata D il tempo in cui il se-
gnale si mantiene al di sopra del 50% del suo valore Vpp.
1.1.2.2 Segnali periodici
Un segnale periodico f(t) si ripete allo stesso modo nel tempo. Per esso deve essere
f(t) =f(t+T) per ogni t > 0 [1.1-3]
con T costante.
Il pi piccolo valore di T prende il nome di periodo. Il suo inverso la frequenza e rappre-
senta il numero di periodi contenuti in un secondo. La Fig.1.1-5 mostra alcuni esempi di segnali pe-
riodici, nell'ordine un onda sinusoidale, un onda a dente di sega ed un onda quadra.
Questa volta se si facesse il calcolo del contenuto e dell'energia si troverebbe, in genere, un
valore infinito. Nel caso di segnali periodici meglio parlare di contenuto medio come il contenuto
in un periodo diviso lo stesso periodo. Spesso si preferisce usare i termini valor medio o valore in
continua. Il valor medio di un segnale f(t) viene indicato con <f> oppure fmed. Pertanto
f f
T
f t dt
T
f t dt med
t
t T T
=< >= =
+

1 1
0
( ) ( ) . [1.1-4]
Se dal segnale f periodico viene sottratto il suo valor medio fmed si ottiene il suo valore al-
ternato fa il cui valor medio ovviamente nullo.
Consideriamo solo un periodo. Possiamo definire tempo di salita, tempo di discesa. Inoltre
possiamo parlare, come nel caso dei segnali impulsivi, di ampiezza e del valore picco-picco. In
Fig.1.1-6 illustrato l'esempio di un segnale periodico V di cui viene mostrato il valor medio Vmed
ed il valore alternato Va. Dalle definizioni
f(t) =fmed + fa(t) [1.1-5]
Invece di energia, per i segnali periodici, ha senso parlare di potenza media:

0 50 100 150 200
-6
-4
-2
0
2
4
6
8
10
0 50 100 150 200
-30
-25
-20
-15
-10
-5
0
t
V
t
V
(a) (b)
T
T
0 50 100 150 200
2
2.5
3
3.5
V
t
(c)
T

Fig.1.1-5
0 50 100 150 200
-10
-5
0
5
10
15
20
t
V
0 50 100 150 200
-10
-5
0
5
10
15
20
t
Vmed
0 50 100 150 200
-15
-10
-5
0
5
10
15
Va
t

Fig.1.1-6
Segnali, sistemi ed operatori

5
< = = >
+

f
T
f t dt
T
f t dt
t
t T T
2
1 1
2 2
0
( ) ( ) [1.1-6]
Una definizione pi accurata di segnale periodico dice che la sua potenza media deve essere non ze-
ro e finita. Cio
0
1
2 2
0
< < < > =

f
T
f t dt
T
( )
Consideriamo la potenza media di un segnale f a partire dal suo valor medio e dal suo valore
alternato. Utilizziamo la [1.1-5]. Si ha
<f
2
> = <(fmed+fa)
2
> = <fmed
2
+2fmedfa+fa
2
> = fmed
2
+2fm<fa>+<fa
2
> = fmed
2
+<fa
2
>,
cio <f
2
> = fmed
2
+<fa
2
>. [1.1-7]
La potenza media di un segnale periodico la somma della potenza della componente media e della
potenza media di quella alternata.
Per finire definiamo valore efficace la radice quadrata della potenza media. Cio:
f f
T
f t dt ef
T
= < > =

2
1
2
0
( ) . [1.1-8]
Pi avanti daremo senso alle parole valore efficace. Adoperando le definizioni precedenti e la [1.1-
7] si ha fef
2
= fmed
2
+faef
2
. [1.1-9]
Il valore efficace di un segnale si ottiene a partire dal suo valor medio e dal valore efficace della so-
la componente alternativa secondo la [1.1-7].
Somma di pi' segnali periodici di periodo diverso
Uno dei problemi che si pu incontrare nello studio dei segnali periodici la determinazione
del periodo quando il segnale la somma di pi segnali periodici di diverso periodo. Siano f(t) e
h(t) due funzioni periodiche di periodo rispettivamente Tf = Nf/Df e Th = Nh/Dh , dove Nf, Df, Nh e
Dh sono interi. Sia MD il m.c.m fra Df e Dh . Allora potremo scrivere
T
N M D
M
f
f D f
D
=

e T
N M D
M
h
h D h
D
=

.
Sia MN il m.c.m. tra NfMD/Df e NhMD/Dh . Il periodo comune ai due segnali
T c = MN/MD. [1.1-10]
La Fig.1.1-7 mostra un segnale periodico di periodo T1, un segnale periodico di periodo T2 e il se-
gnale somma di periodo Tc.
0 100 200 300 400 500
-30
-20
-10
0
10
20
30
0 100 200 300 400 500
-15
-10
-5
0
5
10
15
0 100 200 300 400 500
-15
-10
-5
0
5
10
15
(a)
(b)
(c)
t
V
t
V
T1
T2
V
t
T

Fig.1.1-7
Segnali, sistemi ed operatori

6
1.1.2.3 Segnali casuali
Ad una importante categoria appartengono i segnali casuali o random. Essi non sono de-
terministici. Tuttavia di essi possono essere date delle informazioni statistiche.
Consideriamo il segna-
le casuale di Fig.1.1-8a. Si os-
serva che la sua ampiezza
sostanzialmente compresa in
una fascia. Supponiamo di
campionare, cio misurare, il
valore V che il segnale assume
ad intervalli di tempo regolari
e molto stretti. Costruiamo
una figura, detta spettro
d'ampiezza, in cui, in funzio-
ne di V mettiamo il numero di
volte N(V) che il segnale assume il valore V V (V la precisione con cui eseguiamo la misura).
meglio normalizzare al numero di misure complessive NT. Si ottiene qualcosa di simile alla
Fig.1.1-8b. La quantit N(V)/NT rappresenta la probabilit p che la tensione assuma un valore di V
V. Per essere pi precisi la figura riporta la densit di probabilit dell'ampiezza.
Se il segnale numerico, come quello mostrato nella Fig.1.1-9a, lo spettro assume la forma
riportata nella Fig.1.1-9b. Si nota che, questa volta, sull'asse delle ascisse non si mette la tensione V,
ma il valore assegnato f alla variabile nell'intervallo. Inoltre non detto che gli intervalli siano tutti
eguali ma essi dipendono da quale senso si attribuito alla funzione. chiaro che se del segnale di
Fig.1.1-9a si facesse lo spettro delle ampiezze assumendolo come continuo si otterrebbe una figura
differente come quella di Fig.1.1-9c.
Per un segnale numerico si avr: pi
i

=1. [1.1-11]
Si pu definire il valore medio < = >

f p f i i
i
, [1.1-12]
ed laltezza quadratica media < = >

f p f i i
i
2 2
. [1.1-13]
Si possono estendere le precedenti ai segnali continui ottenendo:
pdv

= 1; [1.1-14]
il valore medio < = >

f pfdv; [1.1-15]
p

Fig.1.1-8
0 1 2 3 4 5
0
0.02
0.04
0.06
0.08
0.1
0 1 2 3 4 5
0
0.05
0.1
0.15
0.2
0.25
0.3
0.35
f V
(b) (c)
P P
0 20 40 60 80 100
0
1
2
3
4
5
t
V
(a)

Fig.1.1-9
Segnali, sistemi ed operatori

7
e laltezza quadratica media < = >

f pf dv
2 2
. [1.1-16]
Alcuni processi stazionari, come, ad esempio il rumore possono essere descritti da funzioni
probabilistiche. In tal caso il suo valore efficace corrisponde alla varianza e lo spettro dampiezza
del segnale una gaussiana.
1.1.2.4 Segnali complessi
Un segnale il cui valore istantaneo un numero complesso un segnale complesso. Esso
pu essere scritto come
f = Re + jIm. [1.1-17]
Il suo complesso coniugato f
*

f
*
= Re - jIm. [1.1-18]
La parte reale e l'immaginaria possono essere ricavate come
Re = (f+f
*
)/2. [1.1-19]
j Im = (f-f
*
)/2. [1.1-20]
Il segnale complesso pu anche essere espresso in forma trigonometrica come
f= |f| (cos + j sen ). [1.1-21]
Ed il modulo quadro |f|
2
= ff
*
= Re
2
+ Im
2
, [1.1-22]
e l'argomento = arctg(Im/Re). [1.1-23]
Lenergia e nellintervallo t0t1
e f dt
t
t
=

| | ,
2
0
1
[1.1-24]
e la potenza media p
T
f dt
T
dt
T T
= =

1 1
2
0 0
| | ( ) R + I e
2
m
2
[1.1-25]
1.1.2.5 Operazioni sui segnali
Sui segnali si possono eseguire diversi tipi di operazioni. Cominciamo ad occuparci di quel-
le che riguardano la variabile indipendente. Facciamo rilevare che questa pu essere una qualunque
grandezza fisica, anche se considereremo quasi sempre il tempo.
Cambio della scala dei tempi
Il cambio della scala dei tempi comporta una sostituzione della variabile t con il termine t/a.
Il fattore di scala , dunque, a. In Fig.1.1-10 sono mostrate le conseguenze del cambio di scala su di
0 50 100 150 200
0
0.5
1
1.5
(c)
V
t
a = 2/3 a = 2
0 50 100 150 200
0
0.5
1
1.5
(a)
V
t
0 50 100 150 200
0
0.5
1
1.5
(b)
V
t
T3
= 100 s T1= 50 s T2 = 33.3 s

Fig.1.1-10
Segnali, sistemi ed operatori

8
una onda a dente di sega. In pratica, a seconda che a sia maggiore o minore di 1 si ha una dilatazio-
ne od una compressione della figura nel senso dellasse delle ascisse. Nulla cambia, invece nel sen-
so dellaltro asse.
Traslazione della variabile tempo
Una traslazione del
tempo di una quantit di una
f(t) si ottiene sostituendo alla
variabile t la variabile t-. La
funzione traslata viene indica-
ta con v(t-). In Fig.1.1-11
mostrato un esempio di un
impulso traslato proprio della
quantit .
Operazioni sui segnali e loro propriet
Un sistema pu essere studiato come una scatola nera, Blocco, che esegue una determinata
operazione sul segnale.
In generale definiamo i(t) l'ingresso del blocco e u(t) la
sua uscita. Se siamo in assenza di rumore, disturbi o distor-
sioni si dice che il sistema ha effettuato una operazione o tra-
sformazione sul segnale. Se teniamo conto della presenza di
rumore, disturbi e distorsioni, quello che abbiamo in ingresso
il segnale, mentre all'uscita otterremo il segnale modificato
dalla presenza di rumore, disturbi e distorsioni, oltre che, evi-
dentemente, dalloperazione che il blocco deve eseguire. Il blocco viene rappresentato come un ret-
tangolo con frecce entranti ed uscenti. Le entranti si riferiscono alle variabili dingressi o cause, le
uscenti a quelle duscita o effetti. In Fig.1.1-12 mostrato una rappresentazione di un generico
blocco.
Moltiplicazione per una costante
Se un blocco da come
uscita una replica dell'ingres-
so, a parte un fattore di scala
k, (positivo o negativo), si di-
ce che esso esegue la molti-
plicazione per una costante k.
La relazione fra lingresso e
luscita del blocco moltiplica-
tore viene espressa dalla rela-
zione
u(t) = ki(t). [1.1-26]
La Fig.1.1-13 mostra un segnale d'ingresso e l'uscita moltiplicata per 2. Nella stessa figura rappre-
sentato il blocco moltiplicatore.
Linearit'
Un blocco lineare soddisfa a queste due condizioni:
PROPORZIONALIT;
SOVRAPPONIBILIT.
La prima propriet dice che un blocco lineare, applicando all'ingresso un segnale k volte superiore,
fornisce una uscita k volte pi grande. La sovrapponibilit corrisponde al fatto che, in un blocco o
0 50 100 150 200 250 300
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1.2
0 50 100 150 200 250 300
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1.2
(a) (b)
V V
t t

t1 t1

Fig.1.1-11
i(t) u(t)
B

Fig.1.1-12
0 50 100 150 200
0
2
4
6
8
10
0 50 100 150 200
0
2
4
6
8
10
(a) (b)
V V
t t
k = 2
i(t) u(t)
i(t) u(t)
k

Fig.1.1-13
Segnali, sistemi ed operatori

9
un sistema lineare, l'uscita che si ottiene applicando all'ingresso la somma di due segnali e la somma
delle uscite che si otterrebbero applicando separatamente, una alla volta, i singoli segnali.
Formalmente:

u k i(t k u i(t
u i t i t u i t u i t
[ )] [ )]
[ ( ) ( )] [ ( )] [ ( )]
.
=
+ = +

1 2 1 2
[1.1-27]
Somma
Un blocco pu anche avere pi ingressi. Un caso interessante quello del blocco sommato-
re. La [1.1-28] esprime la funzione realizzata dal blocco sommatore mostrato sotto.
u t i t i t ( ) ( ) ( ) = + 1 2 [1.1-28]
La Fig.1.2-14 mostra l'operazione eseguita da un sommatore sui due segnali i1 e i2.
Derivazione
L'operatore che esegue la derivazione dell'ingresso i(t) e fornisce una uscita u(t)
u t
di(t
dt
( )
)
, = [1.1-29]
prende il nome di derivatore.
Nella Fig.1.1-15 un segnale
mostrato, insieme con la sua
derivata. L'uscita positiva o
negativa secondo che la fun-
zione cresce o decresce.
Un blocco pu eseguire
la derivata n-esima sul segnale.
In tal caso la funzione ingres-
so-uscita u t
d i(t
dt
n
n
( )
)
. = [1.1-30]
Integrazione
L'operatore che ese-
gue l'integrale del segnale
d'ingresso i(t) fornisce una
uscita u(t) tale che
u t i(t dt
o
t
( ) ) . =

[1.1-31]
Il blocco corrispondente un
integratore. Nella Fig.1.1-16
0 50 100 150 200 250 300
0
0.5
1
1.5
2
2.5
3
3.5
0 50 100 150 200 250 300
0
0.5
1
1.5
2
2.5
3
3.5
300 0 50 100 150 200 250
0
0.5
1
1.5
(a) (b)
(c)
V V V
t t
i
1
(t) i2(t)
u(t)
t
u(t)
z i2(t)
i
1
(t)

Fig.1.1-14
0 50 100 150 200 250 300
0
0.02
0.04
0.06
0.08
0.1
(a)
V
t
i(t)
0 50 100 150 200 250 300
0
0.05
0.1
0.15
0.2
(b)
V
t
u(t)
i(t) u(t)
di( t
dt
)

Fig.1.1-15
0 100 200 300 400
0
0.02
0.04
0.06
0.08
0.1
(a)
V
t
i(t)
0 100 200 300 400
0
2
4
6
8
10
(b)
V
t
u(t)
i(t) u(t)


Fig.1.1-16
Segnali, sistemi ed operatori

10
mostrato un esempio di integrazione di un segnale.
Ritardo
Un blocco ritardatore esegue la funzione definita da
u(t) = i(t-). [1.1-32]
Il risultato dell'operazione stato gi mostrato nella Fig.1.1-11.
Smorzamento
Molto spesso si incontrano segnali smorzati. Essi vengono ottenuti mediante un operatore
detto smorzatore definito dalla [1.1-33]
f(t) = i(t)e
-t
. [1.1-33]
Nella Fig.1.1-17 mostrato un esempio di smorzamento. Un'onda sinusoidale applicata all'ingres-
so del blocco smorzatore che da in uscita una oscillazione smorzata.
Convoluzione
La convoluzione fra due segnali f(t) e h(t) o fra un segnale ed una funzione del tempo, viene
definita come
y t t t fh t f h t d ( ) ( ) ( ) ; =

[1.1-34]
Il significato e l'importanza della convoluzione saranno evidenti pi avanti.
Nella Fig.1.1-18, a sinistra mo-
strato il blocco che esegue la convoluzione
fra due segnali. A destra riportato il
blocco che esegue la convoluzione del se-
gnale f(t) con la funzione h(t).
Correlazione
Siano f(t) e h(t) due segnali. Definiamo funzione di correlazione fh() in un intervallo t0t1
t t fh
t
t
f t h t dt ( ) ( ) ( ) ; = +

0
1
[1.1-35]
E, analogamente t t hf
t
t
h t f t dt ( ) ( ) ( ) ; = +

0
1
[1.1-36]
Se l'intervallo illimitato, allora almeno uno dei due segnali deve essere un impulso per evi-
tare che diverga. In tal caso
0 50 100 150 200
-10
-5
0
5
10
0 50 100 150 200
0
2
4
6
8
10
-10
0 50 100 150 200
-5
0
5
10
(a) (b) (c)
V V
t t
i(t)
u(t)
t
e
t
i(t) u(t)
e
t

Fig.1.1-17
u(t)
y
f(t)
h(t)
u(t)
[h(t)]
y
f(t)
(a)
(b)

Fig.1.1-18
Segnali, sistemi ed operatori

11
t t fh f t h t dt ( ) ( ) ( ) ; = +

t t hf f t h t dt ( ) ( ) ( ) . = +

[1.1-37]
Se i segnali sono periodici conveniente scegliere per intervallo il periodo e
t t fh
T
T
f t h t dt ( ) ( ) ( ) ; = +

1
0
t t hf
T
T
f t h t dt ( ) ( ) ( ) . = +

1
0
[1.1-38]
Nel caso di segnali complessi le funzioni di correlazione sono definite come
t t fh f t h t dt ( ) ( ) ( ) ;
*
= +

t t hf f t h t dt ( ) ( ) ( ) .
*
= +

[1.1-39]
Se i segnali complessi sono anche periodici
t t fh
T
T
f t h t dt ( ) ( ) ( ) ;
*
= +

1
0
. dt ) t ( h ) t ( f
T
1
) (
T
0
*
hf

+ = [1.1-40]
Quando i segnali sono reali, per calcolare fh() si trasla f(t) a sinistra di . Si sarebbe otte-
nuto lo stesso risultato traslando a destra h. E dal momento che
f t h t dt f t h t dt ( ) ( )) ( ) ( ) , + =


t t
allora fh() = hf(-) [1.1-41]
Nel caso dei segnali complessi
, dt ) t ( h ) t ( f dt ) t ( h ) t ( f
* *



= +
allora fh() = hf
*
(-) [1.1-42]
Autocorrelazione
Se le due funzioni sono identiche si definisce la funzione di autocorrelazione come la corre-
lazione fra le due funzioni identiche e si indica con f(). Ovviamente:
t t f
t
t
f t f t dt ( ) ( ) ( ) ; = +

0
1
[1.1-43]
t t f f t f t dt ( ) ( ) ( ) ; = +

[1.1-44]
t t f
T
T
f t f t dt ( ) ( ) ( ) ; = +

1
0
[1.1-45]
t t f f t f t dt ( ) ( ) ( ) ;
*
= +

[1.1-46]
t t f
T
T
f t f t dt ( ) ( ) ( ) .
*
= +

1
0
[1.1-47]
valide, in ordine, per segnali qualunque, per segnali impulsivi, per segnali periodici reali, per segna-
li complessi e per segnali complessi periodici.
Una osservazione da fare su f(0). Da quanto detto finora chiaro che per le [1.1-43], [1.1-
44], [1.1-46], rappresenta l'energia del segnale, mentre per le [1.1-45] e [1.1-47] la potenza media.

Segnali, sistemi ed operatori

12
I coefficienti di correlazione
Sia c un coefficiente numerico per il quale moltiplichiamo h(t). Sottraiamo a f(t) la quantit
ch(t). Si ottiene un segnale f(t)- ch(t) la cui energia nell'intervallo t0t1 , secondo la [1.1-2] [f(t)-
ch(t)]
2
. Il valore cfh di c che minimizza l'energia di f(t)- ch(t)
[MAS]

cfh = fh(0)/h(0) [1.1-48]
e prende il nome di coefficiente di correlazione di h(t) rispetto ad f(t) nell'intervallo t0t1. Esso dice
quante volte si deve sottrarre h(t) da f(t) per ottenere un segnale ad energia minima. In modo analo-
go si definisce il coefficiente di correlazione chf di f(t) rispetto ad h(t). Analogamente esso
chf = hf(0)/f(0) [1.1-49]
Le due espressioni precedenti sono valide in generale, indipendentemente dal tipo di segnale, se rea-
le o complesso, se periodico o no e se il coefficiente viene calcolato in un intervallo limitato o no.
Tutto va bene, purch per si adoperino, di caso in caso, le opportune espressione.
Nella Fig.1.1-19 sono mostrati due segnali impulsivi. Le figure accanto mostrano i segnali
differenza e le rispettive energie minime.
In modo pi generale si pu definire il coefficiente di correlazione fra la f(t+) e la h(t). Cio
si calcola la correlazione fra la f(t) traslata di e la h(t). Ovviamente il coefficiente di correlazione
non pi costante ed assume la forma
cfh()= fh()/h(0), chf()= hf()/f(0), [1.1-50]
ancora una volta valide in generale, indipendentemente dal tipo di segnale usando la definizione che
di volta in volta si applica a .
Ortogonalit
Un segnale f(t) ortogonale ad un segnale h(t), in un intervallo t0t1, se il coefficiente di
correlazione cfh nullo. Ci significa, che il tentativo di estrarre da f(t) un segnale cfhh(t) ed otte-
nerne uno di energia o potenza media minima fallisce. Per essere cfh = 0, dalla [1.1-50], deve essere
fh
t
t
t
t
hf f t h t dt h t f t dt ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) . 0 0 0 0
0
1
0
1
= = = = =


0 50 100 150 200 250 300
0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0 50 100 150 200 250 300
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
0 50 100 150 200 250 300
-0.2
0
0.2
0.4
0.6
0.8
0 50 100 150 200 250 300
-1
-0.5
0
0.5
1
0 50 100 150 200 250 300
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
0 50 100 150 200 250 300
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
(a) (b) (c)
(d) (e) (f)
f
h
f-cfhh
h-chff
(f-cfhh)
2
(h-chff)
2
cfh = 0.19
chf = 1.97
Efh = 0.38
t t t
t t t

Fig.1.1-19
Segnali, sistemi ed operatori

13
Come f non contenuto in h anche il viceversa vale. Non si pu estrarre ne f(t) da h(t) ne h(t) da
f(t). A secondo che dei casi, l'energia del segnale somma eguale alla somma delle energie dei sin-
goli segnali. Oppure, per segnali non impulsivi, la potenza media del segnale somma eguale alla
somma delle potenze medie dei singoli segnali.
L'efficienza di correlazione
Per i segnali reali si definisce, l'efficienza di correlazione
E c c fh fh hf
fh
f
hf
h
fh
f h
( ) ( ) ( )
( )
( )
( )
( )
[ ( )]
( ) ( )
, t t t
t

t

= =

=
0 0 0 0
2
[1.1-51]
in cui si fatto uso della [1.1-41].
Per i segnali complessi, invece
E c c fh fh hf
fh
f
hf
h
fh
f
fh
h
fh
f h
( ) ( ) ( )
( )
( )
( )
( )
( )
( )
( )
( )
| ( )|
( ) ( )
,
*
t t t
t

t

= =

= =
0 0 0 0 0 0
2
[1.1-52]
in cui si utilizzata la [1.1-42].
Il motivo per cui si esegue il prodot-
to cfh()chf(-) sta nel fatto che spostare a
destra la f(t) di corrisponde a fare altret-
tanto a sinistra con la h(t).
Le ampiezze dei due segnali non
hanno alcuna importanza, ai fini del calcolo
dell'efficienza di correlazione, solo le loro
forme incidono su tale efficienza. Efh()
corrisponde alla somiglianza fra le funzioni
f ed h traslate di . Efh() varia con . All'i-
stante M in cui Efh(M) massima, la repli-
ca di h traslata di M assomiglia a f al mas-
simo.
L'efficienza un numero positivo
non superiore ad 1. Se Efh(M) unitaria,
significa che, a parte una costante moltipli-
cativa, il segnale h, traslato di M identico
a f. Efh() = 0 per ogni vuol dire che i due
segnali non hanno proprio niente in comu-
ne. In questo caso si dicono scorrelati.
Per aiutare a comprendere meglio
quanto finora stato detto sono riportati al-
cuni esempi.
La Fig.1.1-20 relativa a due im-
pulsi, uno rettangolare, l'altro sinusoidale.
La Fig1.1-20c mostra i due coefficienti di
correlazione, mentre l'ultima figura fa vede-
re l'efficienza di correlazione. Il massimo si
ha quando i due impulsi si sovrappongono
al meglio ed del 41.2-2 %.
1
2
3
4
5
6
1000 0 500
0
0.5
1
1.5
2
2.5
3
3.5
1000 0 500
0
0.5
1
1.5
2
2.5
0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
1000 0 500 1000 0 500
(a) (b)
f h
chf() cfh()
E
hf
() E
fh
()
E = 41%
t t
t
t

Fig.1.1-20
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
0
0.5
1
1.5
2
2.5
3
0
0.5
1
1.5
2
2.5
3
3.5
0
2
4
6
8
1000 0 500
1000 0 500
1000 0 500
1000 0 500
(a)
(b)
(c)
(d)
f h
chf()
E
hf()
Efh()
E = 100%
t
t
t
t
cfh()

Fig.1.1-21
Segnali, sistemi ed operatori

14
La Fig.1.1-21 si riferisce alla correla-
zione di due impulsi sinusoidali di eguale
forma ma traslati e di diversa ampiezza. Le
due funzioni di correlazione sono identiche
ed anche i coefficienti di correlazione lo so-
no, a parte un fattore di scala. L'efficienza di
correlazione diventa unitaria quando pro-
prio il ritardo fra i due impulsi e questi, a par-
te un coefficiente, sono proprio sovrapponibi-
li.
La stessa cosa stata fatta in Fig.1.1-
22 con due impulsi unipolari simili traslati e
di segno contrario.
Per quanto riguarda l'efficienza di au-
tocorrelazione di qualunque segnale essa
massima per = 0, ovviamente.
Modulazione di ampiezza
Dato un segnale vm = VMgm(t), [1.1-53]
con ampiezza VM, detto segnale modulante ed un segnale periodico sinusoidale di frequenza fp ed
ampiezza VP vp = VPcos(2fpt), [1.1-54]
detto portante. Si dice segnale modulato in ampiezza il segnale
vam = Vp[1+magm(t)]cos(2fpt), [1.1-55]
ma 1 viene detto indice di modulazione.
Nella Fig.1.1-23a mostrata l'onda portante. Nella Fig.1.1-23b
il segnale modulante che un dente di sega e nella Fig.1.2-23c il se-
gnale modulato. Si nota bene che l'effetto della modulazione di fare
variare l'ampiezza della portante cos come varia il segnale modulante.
Un blocco che esegue la modulazione d'ampiezza viene rappresentato nella Fig.1.1-24.
Modulazione di frequenza
Dato un segnale
vm = VMgm(t), [1.1-53]
con ampiezza VM, detto segnale modulante ed un segnale perio-
dico sinusoidale di frequenza fp ed ampiezza VP
vp = VPcos(2fpt), [1.1-54]
detto portante. Si dice segnale modulato in frequenza il segnale
vfr = Vpcos {2fp[1+mfgm(t)]t]}, [1.1-56]
mf 1 viene detto indice di modulazione.
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1000 0 500 1000 0 500
1000 0 500 1000 0 500
(b)
f h
Ehf()
Efh()
E = 100%
t
t
-1.2
-1
-0.8
-0.6
-0.4
-0.2
0
-3
-2.5
-2
-1.5
-1
-0.5
0
(a)
chf()
t
t
0
0.5
1
1.5
2
2.5
3
3.5
cfh()

Fig.1.1-22
am

Fig.1.1-23
u(t)
AM
Vp
Vm

Fig.1.1-24
fr

Fig.1.1-25
Segnali, sistemi ed operatori

15
Un blocco che esegue la modulazione d'ampiezza viene rap-
presentato come a lato. La Fig.1.1-25. mostra l'effetto della modula-
zione di frequenza sugli stessi segnali di Fig.1.1-23. La frequenza del-
la portante diminuisce quando il segnale modulante negativo, mentre
cresce quando positivo.
1.1.2.6 Segnali fondamentali
Definiamo alcuni segnali fondamentali. La loro importanza basilare, anche se si tratta di
pure astrazione teoriche.
Gradino unitario
La Fig.1.1-27a rappresenta un gradino unitario. Esso viene definito come
g t ( ) . =
>

1 0
0 0
per t
per t
[1.1-57]
Nella Fig.1.1-27b c' la
rappresentazione di un gradino
unitario traslato di . Esso de-
finito come
g t ( ) . =
>

t
t
t
1
0
per t
per t
[1.1-58]
Il gradino unitario par-
ticolarmente importante per rappresentare i segnali discontinui. Sommando ad un segnale continuo
un gradino di ampiezza a ritardato di si produce una discontinuit al segnale continuo con un salto
pari ad a al tempo .
Impulso unitario o
Prendiamo in considerazione un impulso come quello
rappresentato in Fig.1.1-28. La sua ampiezza, nell'intervallo d,
1/d ed zero altrimenti. L'impulso ha dunque una area unitaria.
Viene definito impulso (funzione delta di Dirac) l'impulso che
si ottiene al limite quando d tende a zero. Dunque
o o ( ) ( ) . t dt t dt
0 0
0
1

+

= = [1.1-59]
Per convenzione rappresentiamo la funzione delta come una bar-
retta all'istante in cui avviene. Nella stessa Fig.1.2-28 mostrata
una (t-).
Applichiamo una delta ad un integratore. Si ha
o o o ( ) ( ) ( ) ( ), t dt t dt t dt g t
t
0 0
0
0
1 0
0 0


= = =
>

=
per t
per t

che non altro che il gradino unitario. Poich, quindi, il gradino l'integrale della delta, segue, ba-
nalmente, che la delta la derivata del gradino.
Esponenziale complesso
I segnali esponenziali sono di estrema importanza. Studieremo, per ora, in generale, i segnali
esponenziali complessi. Sia un numero complesso
= 0 + j0. [1.1-60]
u(t)
FM
Vp
Vm

Fig.1.1-26
0 50 100 150 200
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1.2
t
V
(a) (b)
0 50 100 150 200
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1.2
t
V

Fig.1.1-27
0 50 100 150 200
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1.2
t
V
d
t
(t-)

Fig.1.1-28
Segnali, sistemi ed operatori

16
Definiamo un esponenziale complesso unitario come
e t e
t
( ) =
p
per t >0 [1.1-61]
Usando le formule di Eulero l'esponenziale complesso esprimibile in un'altra forma:

( )
e t e e e e e t j t
t j t t j t t
( ) (cos sen ). = = = = +
+ p o o o

0 0 0 0 0
0 0 [1.1-62]
L'importanza del segnale esponenziale complesso sta nel fatto che la derivazione o l'integra-
zione di un esponenziale complesso comporta soltanto la moltiplicazione o la divisione per dello
stesso esponenziale. Inoltre se o 0 oppure 0 sono nulli si ottengono particolari segnali, come ve-
dremo pi avanti.
Un altro segnale esponenziale complesso molto importante il coniugato del precedente che
si indica con e
*
(t).

( )
e t e e e e e t j t
t j t t j t t * *
( ) (cos sen ). = = = =
p o o o

0 0 0 0 0
0 0 [1.1-63]
Applicando le definizioni si ha:
e t e t e t j t e t j t e
t t t
( ) ( ) (cos sen ) (cos sen ) ,
*
= + =
o o o

0 0 0
0 0 0 0
2

cio e e e
t o0
=
*
. [1.1-64]
Il prodotto dell'esponenziale complesso e del suo coniugato da il coefficiente esponenziale reale.
1.1.2.7 Segnali derivati dai fondamentali
A partire dai tre segnali fondamentali possibile costruirne tanti altri. Descriveremo alcuni
fra i pi importanti.
Impulso unitario largo D
Un impulso unitario largo D pu essere ottenuto per differenza fra
due gradini di cui il secondo ritardato di D. Pertanto
f(t) = g(t)-g(t-D) [1.1-65]
mostrato nella Fig.1.1-29.
Rampa unitaria
Integrando un gradino unitario si ha la rampa unitaria definita come
f(t) = t per t>0[ 1.1-66]
mostrata nella Fig.1.1-30.
Esponenziale decrescente
Un segnale che si incontra molto spesso l'esponenziale decrescen-
te. Esso si ha dalla [1.1-62] per 0 = 0 e per 0 = - < 0. Allora
f(t) = e
-t
per t>0 , [1.1-67]
o che lo stesso da
f(t) = g(t) e
-t
[1.1-68]
ed mostrato nella Fig.1.1-31.
Esponenziale divergente
Sempre dalla [1.1-62] per 0 = 0, ma, al contrario, per > 0, dalla
[1.1-62] si ottiene un esponenziale divergente. Si ha
f(t) = e
t
per t>0, [1.1-69]
o che lo stesso da
f(t) = g(t) e
t
[1.1-70]
0 50 100 150 200
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1.2
t
V
D

Fig.1.1-29
0 50 100 150 200
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1.2
t
V

Fig.1.1-30
0 50 100 150 200
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1.2
t
V

Fig.1.1-31
t
V
0 20 40 60 80 100
0
2
4
6
8
10
12
14

Fig.1.1-32
Segnali, sistemi ed operatori

17
mostrato nella Fig.1.1-32.
Sinusoide smorzata
La semidifferenza dell'esponenziale complesso e del suo coniugato da il seno smorzato, a
parte lunit immaginaria j a dividere. Infatti dalle [1.1-62] e [1.1-63]
e e
j
e t j t e t j t
j
t t

=
+
*
(cos sen ) (cos sen )
2 2
0 0
0 0 0 0
o o


cio
e e
j
e t
t

=
*
sen
2
0
0
o
per t>0. [1.1-71]
mostrato nella Fig.1.1-33.
Cosinusoide smorzata
Se, invece, si esegue la semisomma dell'esponenziale complesso e
del suo coniugato si ha il coseno smorzato. Infatti, analogamente al caso
precedente, e utilizzando ancora le [1.1-62] e [1.1-63]
e e e t j t e t j t
t t
+
=
+ +
*
(cos sen ) (cos sen )
2 2
0 0
0 0 0 0
o o


cio
e e
e t
t
+
=
*
cos
2
0
0
o
per t>0. [1.1-72]
mostrato nella Fig.1.1-34.
Oscillazione sinusoidale divergente
Nel caso in cui 0 risultasse positivo si avrebbero oscillazioni di-
vergenti come quelle mostrate in Fig.1.1-35.
Seno unitario
La [1.1-71], nel caso di smorzamento nullo, da il segnale seno mo-
strato nella figura 1.1-36
f(t) = sen 0t per t>0. [1.1-73]
Coseno unitario
Analogamente la [1.1-72], nel caso di smorzamento nullo, da il se-
gnale coseno mostrato nella figura 1.1-37.
f(t) = cos 0t per t>0. [1.1-74]
t
V
0 50 100 150 200
-1
-0.5
0
0.5
1

Fig.1.1-33
t
V
0 50 100 150 200
-1
-0.5
0
0.5
1

Fig.1.1-34
t
V
0 50 100 150 200
-50
0
50

Fig.1.1-35
t
V
0 50 100 150 200
-1
-0.5
0
0.5
1

Fig.1.1-36
t
V
0 50 100 150 200
-1
-0.5
0
0.5
1

Fig.1.1-37
Segnali, sistemi ed operatori

18
1.2. Le equazioni differenziali
La trattazione delle equazioni differenziali, pur essendo molto importante, esula dagli scopi
di questa trattazione. Pertanto si rimanda ai testi specializzati
[BO],[SA],[SP1]
senza entrare nei partico-
lari. Vengono soltanto ricordati i risultati relativi ad alcuni casi semplici di equazioni differenziali
che sono pi comunemente incontrati nello studio dei sistemi elettronici.
1.2.1 Equazioni differenziali lineari omogenee a coefficienti costanti
Cominciamo dalle equazioni differenziali lineari omogenee a coefficienti costanti. Un si-
stema descritto dalla seguente equazione differenziale lineare omogenea a coefficienti costanti
a
d y
dx
i
n
n
i
n
,0
0

= [1.2-1]
si dice anche di ordine n poich l'equazione differenziale relativa di ordine n.
Il calcolo fornisce gli strumenti per determinare la soluzione. Si chiama polinomio caratteri-
stico il polinomio
P n a s d i
i
i
n
( ) ,
,
=

0
[1.2-2]
le cui radici si hanno per
a s i
i
i
n
,
.
0
0

=
Se questa ha n radici p1, p2, ..., pn distinte allora la soluzione della [1.2-1]
y = c1 e
p
1
x
+ c2 e
p
2
x
+...+ cn e
p
n
x
. [1.2-3]
Se una sua radice pj ha molteplicit r, allora, in corrispondenza, la [1.2-3] avr sempre n termini di
cui r sono e
p
j
x
, xe
p
j
x
,...+ x
r-1
e
p
j
x
.
Ad ognuno degli n termini associata una costante arbitraria da determinare in base alle
condizioni al contorno e cio delle
y
d y
dx
k
k
k
0
0
= . [1.2-4]
1.2.2 Equazioni differenziali lineari non omogenee a coefficienti costanti
In questo caso l'equazione da risolvere del tipo
a
d y
dx
z x i
n
n
i
n
,
( )
0

= [1.2-5]
Il sistema ancora di ordine n.
La soluzione della [1.2-5] ancora la [1.2-3] con l'aggiunta di un integrale particolare che
dipende dalla z(x). Si rimanda ai citati testi di calcolo per un approfondimento di questo argomento.
Tuttavia vale la pena di ricordare che se z(x) , per es., un polinomio, allora un integrale particolare
sar un altro polinomio. Se, per es., z(x) una funzione del tipo sen x o cos x allora l'integrale
particolare sar qualcosa del tipo Asen x + Bcos x. Nel caso di un seno od un coseno smorzato,
si avr, invece, un integrale particolare del tipo e
x
(Asen t + Bcos t).
Segnali, sistemi ed operatori

19
1.3. La trasformata di Steimetz
Una trasformazione di una funzione f(x) in un altra F(y) consiste nellapplicare un operatore
che fa corrispondere ad una funzione f(x) nel dominio della variabile x una funzione F(y) nel domi-
nio della variabile y. In elettronica le trasformazioni si usano per facilitare lo studio dei circuiti.
Cominciamo a descrivere un operatore che trasforma una funzione periodica sinusoidale in
un numero complesso. Tale operatore prende il nome di Trasformata di Steimetz.
Consideriamo un vettore rotante A con pulsazione , fase iniziale ed ampiezza AM. Le ci-
tate formule di Eulero ci consentono di descrivere il vettore in forma esponenziale o trigonometrica:
A A t j t M = + + + [cos( ) sen( )], A A e M
j t
=
+ ( )
].

[1.3-1]
Calcoliamo la derivata di A.
dA
dt
A t j t j A t j t j A M M = + + + = + + + = [ sen( ) cos( )] [cos( ) sen( )] .Quindi

dA
dt
j A = . [1.3-2]
La trasformata di Steimetz consente di calcolare la derivata di un segnale
sinusoidale periodico di pulsazione semplicemente moltiplicando per j
la sua rappresentazione complessa. Nella Fig.1.3-1 mostrata la rappre-
sentazione schematica del vettore A e della sua derivata. La derivata
sfasata in anticipo di 90 rispetto al vettore A.
Calcoliamo l'integrale di A.
Adt A t j t dt
A
t j t d t
t
M
t
M
t
0 0 0

= + + + = + + + = [cos( ) sen( )] [cos( ) sen( )] ( )



= + + = + + + =
A
t j t
A
j
t j t
A
j
M M





[sen( ) cos( )] [cos( ) sen( )]
Allora Adt
A
j
o
t

[1.3-3]
La funzione integrale si ottiene dividendo per j. La cosa era prevedibile
dal momento che in fondo siamo in presenza di segnali esponenziali com-
plessi. Nella Fig.1.3-2 mostrata la rappresentazione schematica del vetto-
re A e del suo integrale. Questa volta lintegrale sfasato in ritardo di 90
rispetto al vettore A.
Adoperiamo la trasformazione di Steimetz per il calcolo di tensioni
e correnti applicate a componenti come resistori, condensatori ed induttori.
In una rete elettrica il rapporto V I fra le trasformate di Steimetz di tensione e corrente vie-
ne indicato con il simbolo Z e prende il nome di impedenza. Il suo inverso Y Z = 1 viene chiamato
ammettenza.
Un resistore definito dalla legge di Ohm. v la tensione ai suoi capi, i la corrente che
l'attraversa. Cio:
R
v
i
= , [1.3-4]
R la resistenza del resistore e si misura in Ohm.
dA
dt
j A =
A

Fig.1.2-1
Adt
A
j
t
0

A

Fig.1.2-2
Segnali, sistemi ed operatori

20
Pertanto la tensione ai capi v = R i [1.3-5]
Se la corrente sinusoidale di ampiezza IM e pulsazione con fase iniziale
i I t j t M = + + + [cos( ) sen( )] Z M Z M [1.3-6]
quindi
v Ri RI t j t V t j t v M M = = + + + = + + + = [cos( ) sen( )] [cos( ) sen( )] Z M Z M Z M Z M
Applicando la trasformazione di Steimetz
V RI = [1.3-7]
che si poteva ottenere direttamente dalla [1.3-5].
Un condensatore definito dal rapporto fra la carica q accumulata
dalle sue armature e la differenza di potenziale v che si stabilisce fra le
stesse. Dunque:
C
q
v
= [1.3-8]
C la sua capacit e si misura in Farad.
Se applichiamo una differenza di potenziale variabile ad un condensatore di capacit C scor-
re una corrente
i
dq
dt
d Cv
dt
C
dv
dt
= = = ,
cio i C
dv
dt
= . [1.3-9]
Per quanto detto prima, applicando la [1.3-2],
, V C j I = [1.3-10]
o anche V
j C
I =
1
Z
. [1.3-11]
L'impedenza del condensatore, che ha le dimensioni di una resistenza,

V
I
Z
j C
XC = = =
1
Z
, [1.3-12]
e viene chiamata reattanza del condensatore ed indicata con XC. Il suo
inverso la suscettanza.
Il modulo e l'argomento della reattanza sono, rispettivamente,
X X
C
C C = = | | ,
1
Z
[1.3-13]
e arg( ) . XC = S 2 [1.3-14]
Questo significa che, aumentando la frequenza o la capacit, la corrente
nel condensatore aumenta, e che il vettore V in ritardo di 90 sul vetto-
re I , vedi Fig.1.2-4
In modo analogo una induttore definito dal fatto che una variazione di corrente al suo in-
terno produce ai suoi capi una caduta di potenziale data da
v L
di
dt
= , [1.3-15]
L linduttanza dellinduttore e si misura in Henry.
Applicando la [1.3-2] si ha
V j LI = Z . [1.3-16]
L'impedenza dellinduttore, che ha le dimensioni di una resistenza,
V
I
M

Fig.1.2-3
V XC = I
I

Fig.1.2-4
Segnali, sistemi ed operatori

21
, X L j Z
I
V
L = = = [1.3-17]
La reattanza dellinduttore ed indicata con XL.
Il modulo e l'argomento della reattanza sono, rispettivamente,
X X L L L = = | | , Z [1.3-18]
e arg( ) , XL = S 2 [1.3-19]
Questo significa che, aumentando la frequenza o la capacit, la corrente
nellinduttore diminuisce, e che il vettore V in anticipo di 90 dal vettore
I , vedi Fig.1.2-5.
Due componenti sono in serie se sono attraversati dalla
stessa corrente. Ovviamente la tensione ai capi la somma delle
tensioni sui singoli componenti. Supponiamo di mettere in serie
una resistenza R ed un elemento reattivo X come in Fig.1.2-6a.
Sar:
V V V RI XI R X I R X = + = + = + ( ) . [1.3-20]
Per quanto riguarda il modulo e la fase, dalla Fig1.2-6b:
| | | | | | | | V V V I R X I Z R X = + = + =
2 2 2 2
. [1.3-21]
M = = arctg arctg
V
V
X
R
X
R
. [1.3-22]
Due componenti sono in parallelo se hanno i
terminali in comune e quindi sino sottoposti alla stessa
tensione. Naturalmente la corrente complessiva la
somma delle singole correnti. Supponiamo di mettere in
parallelo una conduttanza G ed un elemento reattivo di
suscettanza S come in Fig.1.2-7a. Sar:
V Y V ) X G ( V S V G I I I S G = + = + = + = . [1.3-23]
Per quanto riguarda il modulo e la fase, dalla Fig1.2-7b:
| Y | | V | S G | V | I I | I |
2 2 2
S
2
R = + = + = . [1.3-24]
M = = arctg arctg
V
V
S
G
S
G
. [1.3-25]

V XL = I
I

Fig.1.2-5
+
-
+
-
+
-
R
X
V
I
VR
Vx
I
V
VR
Vx
(a)
(b)

Fig.1.2-6
(a)
+
-
G V
I
IG IS
S
(b)
V
I
IG
IS

Fig.1.2-7
Segnali, sistemi ed operatori

22
1.4. La trasformata di Laplace
Data una funzione f(t), nulla per t 0, ad un solo valore, si definisce Trasformata di Lapla-
ce , dt e ) t ( f ) s ( F )] t ( f [
st

= = L [1.4-1]
in cui s la variabile complessa s = + j, [1.4-2]
quando L() assolutamente convergente.
Da ora in poi ndicheremo per brevit con la lettera minuscola una funzione della variabile
indipendente e con la stessa lettera, per maiuscola la sua trasformata di Laplace e viceversa. Quin-
di nel seguito, ad es.:
f(t) F(s);
f1(t) F1(s);
fp(t) Fp(s);
che supporremo tutte trasformabili insieme alle loro derivate n-esime ed alle loro funzioni integrali.
Si fa notare che, se si eseguono trasformate di funzioni non nulle solo per t>0, del tutto indifferen-
te mettere come limite inferiore zero oppure -=. Infatti
F s f t e dt f t e dt f t e dt f t e dt
st st st st
( ) ( ) ( ) ( ) ( ) , = = + =



0
0 0
0 0
se f(t) non nulla solo per x>t. E allora, dal momento che considereremo soltanto funzioni non nul-
le solo per t > 0 potremo sempre dire che
F s f t e dt
st
( ) ( ) . =


0
[1.4-3]
1.4.1 Propriet fondamentali
Prima di applicare la trasformata di Laplace ai circuiti elettronici necessario mostrare alcu-
ne sue propriet fondamentali.
La trasformata di Laplace un operatore lineare
Siano f1(t) e f2(t) due funzioni che hanno come trasformate F1(s) e F2(s). Vogliamo calcolare
la trasformata della loro somma. Applicando la definizione [1.4-3], dal momento che l'integrale di
una somma eguale alla somma degli integrali delle funzione componenti la somma, si ha sempli-
cemente
L(f1+f2) = L(f1) + L(f2) = F1+F2. [1.4-4]
Inoltre dalla definizione di trasformata risulta evidente che:
L(k1f1) = k1L(f1) = k1F1; L(k2f2) = k2L(f2) = k2F2; [1.4-5]
ed anche L(k1f1+ k2f2) = k1L(f1)+ k2L(f2) = k1F1+ k2F2. [1.4-6]
Il che stabilisce che la trasformata di Laplace un operatore lineare.
Trasformata della derivata
Calcoliamo la trasformata della derivata della funzione f(t) che ha come trasformata F(s).
Applichiamo la definizione [1.4-3]
), 0 ( f ) s ( sF fdt e s ) 0 ( f dt ) f se ( f e df e dt e
dt
df
)
dt
df
(
0
st
0
st
0
st
0
st
0
st
= + = = = =

L
valida se
t
st
e f
,
lim
.


= 0 [1.4-7]
Segnali, sistemi ed operatori

23
In tal caso ). 0 ( f ) s ( sF
dt
df
=

L [1.4-8]
La trasformata della derivata di una funzione si calcola moltiplicando per s la relativa trasformata e
sottraendo il suo valore iniziale.
Nel seguito ci interesser ricordare che se vale la [1.4-7]
. df e ) 0 ( f ) s ( sF
dt
df
0
st

= =

L [1.4-9]
Trasformata della derivata i-esima
Dimostreremo, con il metodo induttivo, che per la derivata i-esima vale
, f s ) s ( F s )
dt
f d
(
1 n
0 , k
k
0
1 k n n
n
n


= L [1.4-10]
dove, in analogia alla [1.2-4] f
d f
dt
k
k
k
0
0
= . [1.4-11]
Abbiamo visto che per n = 1 la [1.4-10] verificata. Supponiamo che sia anche vera per n-1.
Cio . f s ) s ( F s
dt
f d
2 n
0 , k
k
0
1 k n 1 n
1 n
1 n

L
Applicando a quest'ultima ancora la [1.4-8]:
. f s ) s ( F s
dt
f d
f s ) s ( F s s
dt
f d
dt
d
dt
f d
1 n
0 , k
k
0
1 k n n
0
1 n
1 n 2 n
0 , k
k
0
1 k n 1 n
1 n
1 n
n
n


L L
Che non altro che la [1.4-10].
Trasformata della funzione integrale
Determiniamo la trasformata della funzione integrale ( ) ( ) t f t dt
t
=

0
della funzione f(t) che
ha come trasformata F(s). Ovviamente (0) = 0. Inoltre d/dt = f.
Dalla [1.4-8] ; dt ) t ( f s ) 0 ( ) ( s
dt
d
t
0

= =

L L L e ). s ( F ) f (
dt
d
= =


L L
Eguagliando le due espressioni
.
s
) s ( F
dt ) t ( f
t
0
=

L [1.4-12]
La trasformata dellintegrale di una funzione si calcola dividendo per s la relativa trasformata.
Trasformata di un segnale ritardato
Si pu esprimere la trasformata di un segnale ritardato in funzione della trasformata del se-
gnale originario. Consideriamo la f(t) e la stessa funzione ritardata di At. Impieghiamo la definizio-
ne [1.4-3] per determinare la trasformata.
. dt e ) t t ( f dt e ) t t ( f dt e ) t t ( f )] t t ( f [
t
st
t
0
st
0
st


+ = = L
Poniamo t = t-At. Allora la precedente diventa
. d e ) ( f e d e ) ( f 0 )] ( f [
0
s t s
0
) t ( s



+
= + = L
Segnali, sistemi ed operatori

24
Dunque ) s ( F e )] t t ( f [
t s
= L [1.4-13]
Quindi la trasformata del segnale ritardato di At si ottiene da quella del segnale non ritardato sem-
plicemente moltiplicando per e
-sAt
. Un ritardo At nel dominio del tempo corrisponde ad un fattore
moltiplicativo e
-sAt
in quello di s.
Teorema del valore iniziale
Riprendiamo la [1.4-9].
sF s f e df
st
( ) ( ) , =

0
0

e determiniamo il limite di entrambi i termini per s=:
lim[ ( ) ( )] lim[ ( )] ( ) lim .
, ,
,
s s
st
sF s f sF s f e df
s

= =

=

0 0 0
0

Cio
f sF s
s
( ) lim[ ( )],
,
0 =

[1.4-14]
che consente di ricavare il valore iniziale di una f(t) a partire dalla sua F(s). Ricordiamo che, pero,
la [1.4-9], e quindi la [1.4-14], valgono quando vale la [1.4-7].
Teorema del valore finale
In modo analogo, ma questa volta il limite si esegue per s0:
lim[ ( ) ( )] lim[ ( )] ( ) lim lim( ) lim ( ) ( ).
, , ,
,
, s s s
st st
s
t
sF s f sF s f e df e df df f t f
0 0 0
0
0
0 0
0 0 0 = =

= = =



Cio lim ( ) lim[ ( )];
, , t s
f t sF s

=
0
[1.4-15]
che permette di ricavare il valore finale di una f(t) a partire dalla sua F(s). Si intende che la validit
della [1.4-15] dipende da quella della [1.4-7].
Cambio della scala dei tempi
Abbiamo gi visto cosa succede quando si scalano i tempi. Vediamo cosa succede della tra-
sformata. Riprendiamo la definizione [1.4-3]
L[ ( )] ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ). f t a f t a e dt f t a e ad t a a f x e d x aF as
st sat a sax
= = = =



0 0 0

Quindi
L[ ( )] ( ). f t a aF as = [1.4-16]
Per a = -1
L[ ( )] ( ). f t F s = [1.4-17]
Moltiplicazione per esponenziale complesso
Molto spesso si incontrano segnali moltiplicati per esponenziali complessi, perci molto
comodo conoscere il modo di determinare la trasformata di tali segnali in modo semplice. Adope-
riamo la definizione di trasformata di Laplace:
L[ ( ) ] ( ) ( ) ( ) ( ).
( )
f t e f t e e dt f t e d t F s a
at st at s a t

= = = +

0 0
0

Segnali, sistemi ed operatori

25
Cio L[ ( ) ] ( ). f t e F s a
at

= + [1.4-18]
Si fa notare che l'espressione precedente valida comunque sia a, positivo o negativo, reale o com-
plesso. Discuteremo pi avanti il senso di a negativo o complesso. In altri termini, il calcolo si ese-
gue semplicemente sostituendo in F(s), dappertutto a s, s+a.
1.4.2 Trasformate dei segnali fondamentali e dei loro derivati
A questo punto utile calcolare le trasformate dei segnali fondamentali e dei loro derivati.
Gradino unitario
Riprendiamo la definizione [1.1-57] del gradino unitario ed applichiamo la definizione di
trasformata [1.4-3]
.
s
1
e
s
1
s
) st ( d
e dt e ) t ( g )] t ( g [
o
st
0
st
0
st
= =

= =


L
Allora
s
1
) s ( G )] t ( g [ = = L [1.4-19]
Delta
Per calcolare la trasformata della o possiamo tenere conto che essa la derivata del gradino.
Applicando, allora la propriet della trasformata della derivata, espressa dalla [1.4-9], ad un gradino
si ha:
( ) . 1 0
s
1
s ) 0 ( g )] t ( g [ s
dt
) t ( dg
= = =

= L L L
Dunque ( ) 1 = L . [1.4-20]
Esponenziale complesso
Un segnale formalmente molto interessante l'esponenziale complesso definito dalla [1.1-
61] che, si pu anche scrivere in modo solo apparentemente diverso come e t g t e
t
( ) ( ) =
p
. Ricor-
diamo che g(t) il gradino unitario diverso da zero soltanto per tempi positivi come definito dalle
[1.1-57] e [1.1-59]. Il calcolo della trasformata immediato. Applicando la propriet della moltipli-
cazione per un esponenziale complesso descritta dalla [1.4-18] e tenendo presente che la trasformata
di un gradino data dalla [1.4-19] si ha direttamente:
.
s
1
] e ) t ( g [ )] t ( e [
t


= =

L L [1.4-21]
Esponenziale decrescente
Nel caso di esponenziale reale: f t g t e
t
( ) ( ) . =


o

In modo diretto usando la [1.4-21] .
s
1
] e ) t ( g [
t

+
=

L [1.4-22]
Impulso largo D
La [1.1-65] lespressione di un impulso unitario largo D. Impiegando la [1.4-19] che si ri-
ferisce alla trasformata di un gradino e la [1.4-13] che da la trasformata di un segnale ritardato
.
s
e 1
s
e
s
1
)] D t ( g ) t ( g [
sD sD

= = L
Cio .
s
e 1
)] D t ( g ) t ( g [
sD

= L [1.4-23]
Segnali, sistemi ed operatori

26
Rampa unitaria
La trasformata di una rampa unitaria pu essere calcolata in molti modi. Per esempio si pu
tener conto che essa l'integrale di un gradino unitario. Pertanto, applicando la [1.4-12] alla [1.4-
19] si ha:
.
s
1
s
[g(t)]
dt ) t ( g ) t ( f
t
0
2
= =
L
[1.4-24]
Sinusoide unitaria
Per calcolare la trasformata del segnale sinusoidale unitario definito dalla [1.1-56] appli-
chiamo la definizione. Pertanto:
( ) . dt e t cos e t sen
s
1
) e ( d t sen
s
1
dt e t sen t sen
0
st
0
st
0
st
0
st
=

= = =

L
{ } = +

= + +

= +


1
0 1
0
2
0
0
2
s s
t d e
s
t e t e dt
s
t
st st st





cos ( ) cos sen (sen ) . L
Quindi ( ) ), t sen ( t sen s
2 2
= L L
ed ancora ( ) . t sen ) s (
2 2
= + L
Per finire ( ) .
s
t sen
2 2
+

= L [1.4-25]
Cosinusoide unitaria
Poich
d
dt
t t t (sen ) sen cos , = segue checos (sen ).

t
d
dt
t =
1
Per il calcolo della
trasformata del coseno, conviene utilizzare la propriet della derivata data dalla [1.4-8]. Allora:
( ) ( ) ]. 0 sen t sen s [
1
t sen
dt
d 1
t cos

= L L L
Pertanto ( ) .
s
s
s
s
1
t cos
2 2 2 2
+
=
+

= L [1.4-26]
Sinusoide smorzata
Applicando la propriet [1.4-18] degli smorzamenti alla trasformata [1.4-25] del seno si ha
direttamente .
) s (
) e t sen (
2 2
t

+ +

=

L [1.4-27]
Cosinusoide smorzata
Analogamente, a partire dalle [1.4-26] applicata alla [1.4-18]:
.
) s (
s
) e t (cos
2 2
t
+ +
+
=

L [1.4-28]

1.4.3 Operazioni sui segnali e Trasformata di Laplace
Convoluzione
Abbiamo gi definito con la [1.1-34] la convoluzione fra due funzioni f(t) e h(t) come
Segnali, sistemi ed operatori

27
y t t t fh t f h t d ( ) ( ) ( ) . =


Vediamo di determinare la relazione tra la trasformata della convoluzione e quella delle singole
funzioni. Sia Ifh(s) la trasformata di Laplace di yfh(t). Per definizione
L[ ( )] ( ) ( ) ( ) , y t t t fh fh
st
t s f h t d e dt = =


I
che si pu calcolare scambiando per prima cosa le variabili d'integrazione. Allora
Ifh
st s x
s h t e dt f d h x e f d ( ) ( ) ( ) [ ( ) ] ( ) ,
( )
=


t t t t t
t
dx
dove si posto x=t-t nellintegrale interno. Il termine esponenziale pu essere separato in due parti,
una delle quali non dipende dalla variabile d'integrazione dell'integrale interno, e pu, quindi, essere
posta al di fuori di questi. Cio
Ifh
sx s
s h x e dx f e d ( ) ( ) ( ) . =


t t
t

L'integrale interno non dipende da t e pu essere portato fuori dal segno del primo integrale e cio
Ifh
sx s
s h x e dx f e d ( ) ( ) ( ) , =


t t
t

che per la definizione [1.4-1] della trasformata di Laplace da:
Ifh s F s H s ( ) ( ) ( ) = [1.4-29]
Il processo di convoluzione fra due funzioni nel dominio del tempo corrisponde a quello di
moltiplicazione nel dominio di s delle relative trasformate.
Si noti che la [1.4-29] pu essere anche scritta come:
I I fh hf s F s H s H s F s s ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ). = = = [1.4-30]
Correlazione
La correlazione fra due funzioni reali f(t) e h(t) e data dalla [1.1-37]
t t fh f t h t dt ( ) ( ) ( ) . = +


Applicando la definizione di trasformata e indicando con 1fh(s) la trasformata della correlazione
fh(t) fra i due segnali f(t) e h(t)
L[ ( )] ( ) ( ) ( ) y t t t fh fh fh
st st
t s e dt f t h d e dt = = = +


1 .
Scambiamo le variabili d'integrazione. Allora
1fh
st
s f t e dt h d ( ) ( ) ( ) = +


t t t
Poniamo x = t+t nellintegrale interno. Si ha dx = dt. Allora la precedente diventa
1fh
s x sx s
s f x e dx h d f x e dx h e d ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ,
( )
=



t t
t t t t
In questultima il termine esponenziale stato separato nelle due parti e quella indipendente da x
stata portata al di fuori dallintegrale in dx. Inoltre, poich il termine in parentesi quadra non dipen-
Segnali, sistemi ed operatori

28
de dalla variabile d'integrazione , pu essere portato fuori dall'integrale in d. Allora
, d e ) ( h dx e ) x ( f ) s (
s sx
fh


=
e applicando la definizione della trasformata di Laplace:
1fh s F s H s ( ) ( ) ( ). = [1.4-31]
Nel caso di segnali complessi si sarebbe trovato
1fh s F s H s ( ) ( ) ( ).
*
= [1.4-32]
Autocorrelazione
L'autocorrelazione del segnale f(t) stata definita dalle [1.1-43][1.1-47]. Per il calcolo del-
la sua trasformata conviene applicare le due precedenti definizioni e tenere presente che f(t) = h(t).
Indicando con f(t) e 1f(s), rispettivamente lautocorrelazione e la sua trasformata si ha
) s ( F ) s ( F ) s ( f = [1.4-33]
per f(t) reale. Altrimenti, nel caso di f(t) complessa
1f s F s F s ( ) ( ) ( ).
*
= [1.4-34]
1.4.4 L'antitrasformata di Laplace
L'antitrasformata di Laplace di una funzione F(s) quell'operatore che a partire dalla F(s)
ci consente di ricavare la f(t) di cui la F(s) la Trasformata secondo Laplace.
Si pu dare una definizione in termici analitici dell'antitrasformata. Tuttavia quanto gi detto
sufficiente. In effetti per trovare l'antitrasformata di una F(s) ci si aiuta con tabelle come quelle
proposte nell'Appendice 1 e le si adopera alla rovescia.
1.4.5 Le equazioni differenziali lineari non omogenee a coefficienti costanti
Le equazioni differenziali lineari a coefficienti costanti di particolare importanza si possono
risolvere facilmente usando la trasformata di Laplace. Discutiamo di due casi.
I Tipo
Cominciamo dalle equazioni differenziali lineari del tipo descritte dalla [1.2-5] relativa ad
un sistema di ordine n.
a
d y x
dx
z x i
n
n
i
n
( )
( ).
,0

= [1.2-5]
Applicando la [1.4-10] e trasformando entrambi i membri
a s Y s s y Z(s i
n n k k
k
n
i
n
( ) ).
,
,


1
0
0
1
0

cio Y s
Z(s
a s
a s y
a s i
i
i
n
i
i k
k
i
k
i
n
i
i
i
n
( )
)
.
,
, ,
,
= +

0
1
0
1
0
0
0
[1.4-35]
Abbiamo gi chiamato P s a s d i
i
i
n
( )
,
=

0
[1.2-4]
Segnali, sistemi ed operatori

29
polinomio caratteristico. Poniamo Y s a s y i
i k
k
i
k
i
n
' ( )
, ,
=


1
0
1
0
0
[1.4-36]
la [1.4-35] pu essere scritta semplicemente come
Y s
Z s
P s
Y s
P s d d
( )
( )
( )
'( )
( )
. = + [1.4-37]
La risposta Y(s) del sistema data da due termini, il primo dipende dall'eccitazione, il secondo dalle
condizioni iniziali. Entrambi i termini, inoltre, dipendono da come fatto il sistema attraverso il po-
linomio caratteristico Pd(s). Il termine funzione dall'eccitazione applicata prende il nome di risposta
forzata mentre l'altro, relativo alle condizioni iniziali si chiama risposta libera.
II Tipo
In questo caso l'equazione differenziale da risolvere la
a
d y x
dx
b
d z x
dx
i
n
n
i
n
i
m
n
i
m
( ) ( )
.
, , 0 0

= [1.4-38]
Applicando la [1.4-10], riordinando e riscrivendo opportunamente si ha:
Y s
b s
a s
Z(s
b s z
a s
a s y
a s
i
i
i
m
i
i
i
n
i
i k
k
i
k
i
m
i
i
i
n
i
i k
k
i
k
i
n
i
i
i
n
( ) ) .
,
,
, ,
,
, ,
,
= + +

0
0
1
0
1
0
0
0
1
0
1
0
0
0
[1.4-39]
Dove z
k
0
ha il significato analogo alla [1.2-4], pero per la z. Cio
z
d y
dx
k
k
k
0
0
= . [1.4-40]
Posto P s b s n i
i
i
m
( )
,
=

0
[1.4-41]
e definito il polinomio caratteristico Pd(s) con la [1.2-4] e Y(s) con la [1-4-36]. Poniamo
Z' s b s z i
i k
k
i
k
i
m
( ) .
, ,
=


1
0
1
0
0
[1.4-42]
Allora la [1.4-39] essere scritta semplicemente come
Y s
P s
P s
Z s
Z' s
P s
Y s
P s
n
d d d
( )
( )
( )
( )
( )
( )
'( )
( )
. = + + [1.4-43]
Questa volta la risposta Y(s) del sistema formato da tre termini, il primo due dipendono
dall'eccitazione applicata al sistema, il terzo dalle condizioni iniziali del sistema. Tutti, daltra parte,
dipendono da come fatto il sistema attraverso il polinomio caratteristico Pd(s).
1.4.6 Poli e zeri
Vedremo dopo l'importanza che i due polinomi Pn e Pd hanno nella determinazione del com-
portamento del sistema cui sono applicate le eccitazioni e di cui si vuole sapere la risposta. Intanto
chiamiamo poli le radici di Pd(s) e zeri le radici di Pn(s) e li indichiamo rispettivamente con pi e zi.
Ricordiamo che un polinomio di grado n ha n radici, non sempre tutte distinte, non sempre tutte rea-
li. Per ogni radice complessa esiste la corrispondente coniugata.
1.4.7 Sviluppo delle funzioni razionali fratte in frazioni parziali
Dalle [1.4-37] e [1.4-43] si vede che, nei sistemi governati da equazioni differenziali a coef-
ficienti costanti, se la trasformata dell'eccitazione esprimibile sotto forma di rapporto fra polinomi,
Segnali, sistemi ed operatori

30
questa si pu esprimere anche essa sotto forma di un rapporto di polinomi. Per motivi che vedremo
successivamente opportuno formalizzare tale rapporto fra polinomi come una somma di frazioni
parziali.
Sia R(s) una funzione rapporto fra due polinomi a coefficienti reali con il denominatore di
ordine n. Se il grado del numeratore m < n allora
R s
b s
a s
i
i
i
m
i
i
i
n
( ) .
,
,
=

0
0
[1.4-44]
Se il grado q = m + n n del numeratore di una F(s) allora
F s c s
b s
a s
P s R s i
i
i
q n
i
i
i
m
i
i
i
n
( ) ( ) ( ).
,
,
,
= + = +

0
0
0
q - n [1.4-45]
Con R(s) si indicato genericamente una frazione polinomiale con denominatore di grado n e nu-
meratore di grado m <n.
Il termine Pq-n(s) un polinomio di grado q-n immediatamente antitrasformabile. Il proble-
ma che ci interessa quello di ricavare l'antitrasformata del termine R(s).
Siano pi le radici del denominatore, ognuna delle quali ha molteplicit ni, per un totale di r
radici distinte, in modo che sia
n n i
i
r
,
.
1

= [1.4-46]
Allora sar possibile scrivere l'espressione di R(s) in modo che siano evidenti le radici e cio
R s
b s
a s
b s
a s p
i
i
i
m
i
i
i
n
i
i
i
m
n i
ni
i
r
( )
( )
,
,
,
,
,
= =

0
0
0
1
[1.4-47]
che si pu riscrivere come R s
c
s p
ik
i
ni
k
ni
i
r
( )
( )
,
, ,
=


1 1
[1.4-48]
nella quale c
ni k
d
ds
s p F s ik
ni k
ni k
i
ni
s pi
=

=
1
( )!
( ) ( ) . [1.4-49]
La dimostrazione di questa propriet rintracciabile in
[DI]
.
1.4.8 Sistemi stabili e instabili
Supponiamo di avere un sistema isolato a riposo, con condizioni iniziali nulle. Applichiamo
un ingresso z(t) impulsivo, cio un segnale con energia non illimitata. Se, una volta che l'impulso
finito, passato un transitorio pi o meno lungo, il sistema si rimette nelle condizioni iniziali esso si
dice stabile. Altrimenti il sistema instabile. Facciamo vedere che la parte reale dei poli di un si-
stema determina se il sistema stabile o no.
Per semplicit studiamo un sistema che ha un solo polo p, cio con una F(s)= k/(s-p), che a
riposo abbia una uscita y(t) = 0. Applichiamo al suo ingresso una (qualunque impulso pu essere
immaginato come la sommatoria di non unitarie e traslate l'una rispetto all'altra). Per la [1.4-35]
Segnali, sistemi ed operatori

31
l'uscita y(s)=k/(s-p) cui corrisponde una y(t) =ke
pt
. Essendo presente soltanto un polo esso reale.
Se il polo negativo, allora lim ( ) lim
, , t t
pt
y t ke

= = 0 ed il sistema ritorna allo stato iniziale. Se, inve-
ce, positivo, la soluzione diverge per t ed il sistema non stabile. Le cose non cambiano se i
poli sono pi di uno, purch ce ne sia almeno uno positivo ed il sistema non stabile. Nel caso di
poli complessi la stabilit del sistema dipende soltanto dal segno della parte reale dei poli. Se essa
positiva luscita del sistema diverge. La differenza che in questo caso l'uscita diverge oscillando.
Non possibile nel caso dei sistemi instabili applicare il teorema del valore finale perch non
soddisfatta la [1.4-7].

Segnali, sistemi ed operatori

32
1.5. La serie di Fourier
Abbiamo gi utilizzato la trasformata di Steimetz per lo studio del comportamento di com-
ponenti in regime di correnti e tensioni alternative sinusoidali. La comodit dello strumento ci spin-
ge ad aumentare il campo dello possibili applicazioni. Si pu facilmente dimostrare che la trasfor-
mata di Steimetz un operatore lineare. Pertanto essa immediatamente applicabile al caso in cui le
correnti o le tensioni siano somme di pi componenti comunque sinusoidali. Vedremo che il suo
campo dapplicazione ben vasto
1.5.1 Serie di Fourier Trigonometrica
Si pu dimostrare
[SA]
che un segnale periodico f(t) di qualunque natura e di periodo T e-
sprimibile con la somma di una serie di componenti. Lo sviluppo, da chi lo ha proposto, prende il
nome di Serie di Fourier. La rappresentazione fondamentale
v(t a a k t b k t k k
k
n
) ( cos sen )
,
= + +

0
1
[1.5-1]
con k intero positivo.
Al periodo T corrisponde la pulsazione = 2/T detta anche pulsazione fondamentale. La
frequenza f = 1/T = /2 prende anche essa il nome di frequenza fondamentale. Alle componenti
di pulsazioni k o frequenza kf con k > 1 si danno il nome di k-esima armonica.
Il termine a0 il valor medio e pertanto
a
T
v t dt v d
t T
t T
0
2
2
1 1
2
0
0
0
0
= =

+

( ) ( ) .
/
/
r
o o
o r
o r
[1.5-2]
I coefficienti ak e bk sono i coefficienti di correlazione fra la funzione v(t) e le funzioni f(t)
= cos kt e h = sen kt. Calcoliamo ak. Dalla [1.1-48] ak = cvf = vf(0)/f(0) in cui
vf
t T
t T
T
v t k t dt ( ) ( )cos( ) ;
/
/
0
1
0
0
2
2
=

e f
t T
t T
T
k t dt ( ) cos ( ) ;
/
/
0
1 1
2
2
2
2
0
0
= =


ricavate, per = 0, dalle [1.1-38] e [1.1-45] rispettivamente. Pertanto
a
T
v t k t dt v k d k
vf
f
t T
t T
= = =


r
o o o
o r
o r
( )
( )
( )cos( ) ( )cos( ) .
/
/
0
0
2 1
0
0
0
0
2
2
[1.5-3]
In modo analogo, utilizzando h(t), invece di f(t) si ha che bk = cvh = vh(0)/h(0) in cui
vh
t T
t T
T
v t k t dt ( ) ( )sen( ) ;
/
/
0
1
0
0
2
2
=

e h
t T
t T
T
k t dt ( ) sen ( ) ;
/
/
0
1 1
2
2
2
2
0
0
= =


pertanto b
T
v t k t dt v k d k
vh
h
t T
t T
= = =


r
o o o
o r
o r
( )
( )
( )sen( ) ( )sen( ) .
/
/
0
0
2 1
0
0
0
0
2
2
[1.5-4]
Se n limitato la serie composta da un numero finito di termini e si dice finita. Altrimenti
la serie si dice infinita. Alle volte una serie infinita viene troncata ad un numero finito di termini
commettendo un certo errore.
Consideriamo insieme i due termini relativi alla k-esima armonica. La loro somma
sk = akcos kt + bksen kt. [1.5-5]
Poniamo pk k k a b = +
2 2
, [1.5-6]
cui viene dato il nome di modulo o ampiezza della k-esima armonica.
Segnali, sistemi ed operatori

33
Allora s
a
k t
b
k t k t k k
k
k
k
k
k k = +

= + p
p

p
p cos sen sen( ), [1.5-7]
in cui sen ,
p
k
k
k
a
= [1.5-8]
e cos ,
p
k
k
k
b
= [1.5-9]
o anche k
k
k
a
b
= arctg . [1.5-10]
k prende il nome di fase iniziale.
Ricordiamo che < >= sen cos , 1 2 0
.
per 0
0 per 1/2
cos cos sen sen
2 1
2 1
2 1 2 1


=
>= < = > <
Un segnale periodico di frequenza f ortogonale a tutti i segnali sinusoidali tranne quelli che hanno
frequenze pari alla fondamentale od a una delle armoniche. Cio, non possibile estrarre da un se-
gnale periodico di frequenza f altro che segnali sinusoidali di frequenza kf con k intero. E, inoltre,
le varie componenti armoniche di diversa frequenza di un segnale periodico sono fra di loro tutte
ortogonali.
1.5.2 Serie di Fourier Esponenziale
Consideriamo la serie v(t c e k
jk t
k n
n
) ,
,
=


[1.5-11]
con c
T
v t e dt v e d k
jk t
t T
t T
jk
= =

+

1 1
2
0
0
0
0
2
2
( ) ( ) .
/
/

o
o r
o r
r
o o [1.5-12]
Il termine relativo allindice -k e cio c-k si ottiene dalla precedente cambiando il segno di k e que-
sto
comporta che c-k = c
*
k. [1.5-13]
Sommiamo i due termini della serie relativi agli indici +k e -k:
c e c e e
T
v t e dt e
T
v t e dt k
jk t
k
jk t jk t jk t
t T
t T
jk t jk t
t T
t T

+ = +

+

1 1
0
0
0
0
2
2
2
2
( ) ( ) .
/
/
/
/

Utilizzando le identit di Eulero, dopo una serie di passaggi che qui vengono tralasciati, la prece-
dente diventa
k k k
t jk
k
t jk
k s t senk b t k cos a = e c e c = + +


che risulta essere identica alla [1.5-5]. Inoltre, il termine per k = 0
c
T
v t dt v d
t T
t T
0
2
2
1 1
2
0
0
0
0
= =

+

( ) ( ) .
/
/
r
o o
o r
o r
[1.5-14]
Allora le [1.5-1] e [1.5-11] rappresentano la stessa v(t). Mentre, per, i coefficienti a0, ak e bk
sono numeri reali, i coefficienti ck sono numeri complessi. La forma [1.5-11] prende il nome di Se-
rie Esponenziale. Anche se di non immediata comprensione tuttavia pi compatta e richiede un
sola espressione per l'unico coefficiente. La comodit dell'uso della forma esponenziale sta nel fatto
che le operazione di moltiplicazione, divisione, derivazione ed integrazione vengono fortemente fa-
cilitate se la serie di Fourier in forma esponenziale. Per contrasto, se la serie viene espressa dalla
[1.5-1] si dice che si sta usando la forma trigonometrica.
Segnali, sistemi ed operatori

34
1.5.3 La rappresentazione di Bode
Una funzione del tempo che pu essere espressa con componenti sinusoidali viene rappre-
sentata graficamente in pi modi. I pi usati sono quelli di Bode e di Nyquist.
Un modo molto compatto di rappresentare le componenti del segnale mediante i cosiddetti
diagrammi di Bode. Si tratta di due diagrammi cartesiani distinti, uno per il modulo e l'altro per
l'argomento, di ogni singola componente. Sulle ascisse vengono poste le frequenze o le pulsazioni.
Il modulo viene spesso rappresentato in scala logaritmica, mentre la fase in scala lineare. In realt si
preferisce rappresentare 20 Log del modulo e viene espresso in dB (decibel). In effetti, invece di di-
segnare i singoli punti corrispondenti alle varie armoniche si preferisce rappresentare le armoniche
con delle barrette di altezza proporzionale al modulo od alla fase rispettivamente. La figura che rap-
presenta il modulo prende anche il nome di spettro del segnale.
Se il segnale non ha componenti con negative, come, per esempio, nel caso dello sviluppo
in serie trigonometrica di un segnale reale periodico, conviene usare per le la scala logaritmica.
Per spiegare bene questa questione meglio riferirsi ad un esempio. In Fig.1.5-1a mostrata
un funzione periodica a dente di sega di periodo T ed ampiezza VM che si pu esprimere come
v(t) = 2VM/T (t+i T) per -T/2+i T < t < T/2+i T [1.5-15]
con i intero qualunque. Senza eseguire i calcoli si vede che a0 nullo. Calcoliamo ak con la [1.5-3]
a
V
T
k d
V
T
k d
V k
k
k
k
k
M M M
= = = + =



2 2
0
2 2
r
o

o o
r
o o o
r
o o o
r
r
r
r
r
r
cos cos
cos sen
. [1.5-16]
Mentre bk va calcolato con la [1.5-4]
b
V
T
k d
V k
k
k
k
k
M M
= = =

2
2 2
r
o

o o
r
o o o
r
r
r
r
sen
sen cos

= + =
V
k
k k
V
k
M M
k
r
r r r r
r
2
2
1 [ cos( ) cos( )] ( ) .
Dunque b
V
k
k
M
k
=
+
2
1
1
r
( ) . [1.5-17]
In base alle [1.5-6] il modulo di ogni singola componente
0 1 2 3 4
-0.5
0
0.5
10 20 30 40 50 60
0
0.05
0.1
0.15
0.2
0.25
0.3
10 20 30 40 50 60
0
0.5
1
1.5
2
2.5
3
3.5
4
-60 -40 -20 0 20 40 60
0
0.02
0.04
0.06
0.08
0.1
0.12
0.14
0.16
0.025
0.05
0.075
0.1
30
210
60
240
90
270
120
300
150
330
180
0
*
0.15
0.125
(a)
(b) (c)
(d) (e)
V(t)
t
T = 1 sec
pk | |
0

ck | |
0
Re( ) ck
Im( ) ck
= 0.628 rad/sec 0

0
V = 1 V pp
V = 1 V pp
VM = 0.5 V
-60 -40 -20 0 20 40 60
-2
-1.5
-1
-0.5
0
0.5
1
1.5
2
(f) arg( ) c
k
0

Fig.1.5-1
Segnali, sistemi ed operatori

35
p
r
k
M V
k
=
2
. [1.5-18]
Per la [1.5-8] sen k = 0, mentre per la [1.5-9]
cos k = (-1)
k+1
[1.5-19]
e quindi l'argomento , alternativamente 0 e . Le [1.5-18] e [1.5-19] sono rappresentate nelle
Fig.1.5-1b e Fig.1.5-1e, rispettivamente.
Se la [1.5-15] si sviluppa con la serie esponenziale, si trova
c
jV
k
k
k
M
= ( ) . 1
r
[1.5-20]
Questa volta bisogna rappresentare le componenti per k sia positivo che negativo. I diagrammi di
Bode non possono essere utilizzati allo stesso modo perch non si pu fare il logaritmo per < 0.
Allora si usa una scala lineare per le pulsazioni.
Le Fig.1.5-1c e Fig.1.5-1f mostrano i diagrammi di Bode della serie esponenziale. Dal mo-
mento che per la [1.5-13] c-k = c
*
k, segue che |ck| = |c-k| e la rappresentazione del modulo simme-
trica rispetto all'asse delle ordinate. Una ulteriore conseguenza della [1.5-13] che arg(ck) = -arg(c-
k) e la figura corrispondente simmetrica rispetto l'origine. Queste propriet dei diagrammi di Bode
nella forma complessa sono del tutto generali e non valide soltanto per il segnale a dente di sega.
1.5.4 La rappresentazione di Nyquist
In effetti, se si usa la serie esponenziale pi opportuno ricorrere alla rappresentazione di
Nyquist. Per ogni componente viene rappresentato sul piano immaginario il vettore di ampiezza |ck|
e argomento arg(ck). La rappresentazione pi compatta ma si perde la corrispondenza con la fre-
quenza, a meno di indicare, sulla figura, accanto ad ogni vettore, la corrispondente frequenza. Per
quanto detto precedentemente a proposito della rappresentazione di Bode della serie esponenziale, il
diagramma di Nyquist simmetrico rispetto l'asse reale. La Fig.1.5-1d rappresenta il diagramma di
Nyquist del segnale periodico a dente di sega dell'esempio precedente. Si tratta di una successione
di vettori, di ampiezza decrescente e di fase alternativamente di +90 e -90.

Segnali, sistemi ed operatori

36
1.6. L'integrale di Fourier
Riprendiamo la [1.5-11] e vi inseriamo il valore di ck della [1.5-12]. Inoltre indichiamo con
0 = 2/T0 la pulsazione fondamentale e supponiamo che la serie sia infinita. Senza togliere nulla
alla generalit facciamo t0 = 0. Si ha
. e
2
dt e ) t ( v e dt e ) t ( v
T
1
) t ( v
t jk
0
, k
2 / T
2 / T
t jk t jk
, k
2 / T
2 / T
t jk
0
0
0
0
0

0

0
0
0



Indichiamo con = k0 la pulsazione di ogni componente. La precedente diventa
v t v t e dt e
j t
T
T
j t
( ) ( ) ,
/
/
,
=

1
2
0
0
2
2
0
r



nella quale appartiene all'insieme dei numeri interi positivi e negativi multipli di 0. Ricordiamo
che la serie di Fourier di un segnale periodico di pulsazione 0 formato da un insieme discreto di
componenti. La distanza fra le componenti 0. Se aumentiamo il periodo, 0 diminuisce e le righe
dello spettro si infittiscono. A parit di valore efficace aumentando il periodo aumentano le righe
ma diminuisce l'altezza di ogni riga. Quando il periodo diventa molto grande 0 diventa molto pic-
cola e lo spettro tende al continuo con ampiezze molto piccole. Al limite, se T0 tende all'infinito, 0
diventa infinitesimo ed il numero di componenti della serie diventa infinito. La sommatoria va so-
stituita con l'integrale ed al posto di 0 bisogna usare d. Pertanto per T0 la precedente si ri-
scrive come
v t v t e dt e d
j t j t
( ) ( ) . =


1
2r


[1.6-1]
che prende il nome di integrale di Fourier. Dal momento che T0 il segnale non pi periodi-
co. Inoltre perch l'integrale di Fourier converga occorre che v(t) abbia energia finita.

Segnali, sistemi ed operatori

37
1.7. La Trasformata di Fourier
Nella [1.6-1] l'integrale interno una funzione complessa di che prende il nome di Tra-
sformata di Fourier. Per convenzione indichiamo con la lettera corrispondente corsiva maiuscola la
trasformata di Fourier, oppure con il simbolo F[v(t)]. Per cui
. dt e ) t ( v ) ( )] t ( v [
t j



= = V F [1.7-1]
Ma, allora, l'integrale di Fourier pu essere riscritto come

= d e ) (
2
1
) t ( v
t j
V [1.7-2]
che l'antitrasformata di Fourier. Le due espressioni sono analoghe a parte il segno dellesponen-
ziale ed il fattore 1/2.
A titolo d'esempio calcoliamo la Trasformata di Fourier di un impulso largo D ed alto VM
come quello di Fig.1.7-1. Si ha
=

=

= = =




2
e e jV 2
e
j
V
dt e V dt e ) t ( v ) (
2 / D j 2 / D j
M
2 / D
2 / D
t j
M
2 / D
2 / D
t j
M
t j
V
=
2
2
jV
j D
M

( sen ).
Cio .
2 D
2 D sen
D V ) ( M

= V [1.7-3]
Si noti che V() reale. Nella stessa Fig.1.7-1 sono riportati i diagrammi di Bode relativi a V().
Questa volta lo spettro non pi rappresentato a righe ma, essendo uno spettro continuo, con una
linea ininterrotta.
1.7.1 La Trasformata di Fourier e quella di Laplace
Se si confrontano le [1.4-1]e [1.7-1] si nota come la differenza nelle definizioni delle due
trasformate sta nell'esponente: -st nella trasformata di Laplace, -jt in quella di Fourier. Dal mo-
mento che per la [1.4-2], s = +j, banale constatare che.
F[v(t)] = V() = L[v(t)]|
s=j
= V(s)|
s=j
[1.7-4]
e le propriet della trasformata di Fourier sono ricavabili da quelle di Laplace purch si ponga s =
j. Naturalmente si pu anche passare dalla trasformata di Fourier a quella di Laplace semplice-
mente sostituendo a j la variabile s = +j.
Poich sono state ricavate le trasformate di Laplace di un bel po di segnali non si ritiene di
doverlo fare anche per le trasformate di Fourier. Tuttavia per mostrare il metodo calcoleremo anco-
ra la trasformata di Fourier dell'impulso di Fig.1.7-1a. Quest'impulso rettangolare largo D si pu ot-
(a) (b) (c)
D
V(t)
t
|V( )|
0 2r/D
0

VM
0 20 40 60 80 100
0
1
2
3
4
5
6
7
-600 -400 -200 0 200 400 600
-2
-1.5
-1
-0.5
0
0.5
1
1.5
2
-600 -400 -200 0 200 400 600
0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
D VM ( )

Fig.1.7-1
Segnali, sistemi ed operatori

38
tenere come differenza tra due gradini di ampiezza VM traslati fra di loro di D. Cio
v(t) = VM [g(t+D/2) - g(t-D/2],
e trasformando V s V
e e
s
M
sD sD
( ) .
/ /
=

2 2

Applicando direttamente la [1.7-4]

2 D
2 D sen
D V
2 D sen
V 2
j
e e
V ) j ( M M
2 / D j 2 / D j
M

=

V
che la [1.7-3] gi trovata.
Un altro esempio si pu fare con
un esponenziale come quello di Fig.1.7-
2a che esprimibile come
v(t) = VMe
-t/
per t>0. [1.7-5]
Questa, per la [1.4-22], ha come tra-
sformata
V s V s M ( ) / ( ). = +1 t [1.7-6]
Allora, in modo diretto
). 1 j /( V ) ( M + = V [1.7-7]
I diagrammi di Bode della [1.7-
7] sono mostrati nelle Fig.1.7-2b e
Fig.1.7-2d. La Fig.1.7-2c rappresenta il
diagramma di Nyquist relativo al mede-
simo segnale. Facciamo vedere che
una circonferenza. Calcoliamo le due
parti reali e immaginarie della [1.7-7]:
;
1
/ V
x )] ( Re[
2 2
M
+

= = V .
1
V
y )] ( Im[
2 2
M
+

= = V
Quindi x y V
V
V x M
M
M
2 2 2
2 2
2 2 2
2
2 2
2
1
1 1
+ =
+
+
=
+
=
t
t t
t
[ ]
,
che l'equazione del cerchio di raggio VM/2 con il centro sull'asse delle x, passante dall'origine e
rappresentato in Fig.1.7-2c. Per negativa e, in valore assoluto, crescente, il vettore sta nel semi-
piano a parte immaginaria negativa e si sposta dall'origine. Per crescente e positiva, il vettore si
riavvicina all'origine spostandosi nel semipiano a parte immaginaria positiva.
1.7.2 La convoluzione nel dominio del tempo
Riprendiamo la [1.4-30] relativa alla trasformata di Laplace della convoluzione fra due se-
gnali g(t) e h(t). Applicando la [1.7-4] si ha che:
)]. t ( [ ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )] t ( [ hg gh = = = = = F Y G H H G Y F hg gh [1.7-8]
Teorema della convoluzione nel dominio del tempo: la trasformata della convoluzione di due
funzioni nel dominio del tempo il prodotto delle trasformate delle due funzioni nel dominio del-
le pulsazioni. Applicando la definizione di antitrasformata la precedente si pu scrivere come::
)] ( ) ( [ d e ) ( ) (
2
1
d ) t ( h ) t ( g ) t (
t j
gh =

= =



H G F H G
1
[1.7-9]
che pu anche essere letta come la convoluzione di due funzioni nel dominio del tempo
lantitrasformata del prodotto delle relative trasformate.
(a) (b)
(d)
V(t)
-1 -0.5 0 0.5 1
x 10
7
-1.5
-1
-0.5
0
0.5
1
1.5
-1 -0.5 0 0.5 1
x 10
7
0
1
2
3
4
5
6
x 10
-6
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1
x 10
-5
0
1
2
3
4
5
t

| |
V( )

( )
VM
(c)
Re
Im
0 1 2 3 4 5 6
x 10
-6
-3
-2
-1
0
1
2
3
x 10
-6

VM

Fig.1.7-2
Segnali, sistemi ed operatori

39
1.7.3 La convoluzione nel dominio delle pulsazioni
Siano g(t) e h(t) due funzioni che hanno le trasformate G() e H(). Si definisce convolu-
zione fra le due trasformate
. dx ) x ( ) x ( ) (


= H G Cgh [1.7-10]
Si pu dimostrare, con un processo del tutto simile a quello della sezione 1.4.3, per appli-
cato alle antitrasformate, che per lantitrasformata della Cgh() vale la
)], ( [ ) ( ) t ( g ) t ( h 2 ) t ( h ) t ( g 2 ) ( )] ( [
1 1 1 1
= = = = =

hg hg gh gh C F Y Y C F [1.7-11]
o anche
. d e ) (
2
1
d e ) (
2
1
) t ( g ) t ( h ) t ( h ) t ( g
t j t j



= = hg gh C C [1.7-12]
Teorema della convoluzione nel dominio delle pulsazioni: lantitrasformata della convoluzione di
due funzioni nel dominio delle pulsazioni il prodotto delle due funzioni nel dominio del tempo.
Applicando la definizione di trasformata si ha una forma diversa:
)]. t ( h ) t ( g [ dt e ) t ( h ) t ( g dx ) x ( ) x (
2
1
) (
2
1

t j
F H G Cgh = =


[1.7-13]
E cio: la convoluzione nel dominio delle pulsazioni fra le trasformate di due funzioni, a parte un
fattore 2, la trasformata del prodotto delle due funzioni.
1.7.4 Il Teorema di Parseval
Se t una variabile non necessariamente reale, v(t) pu essere complessa. Allora si pu fare
la trasformata della sua funzione coniugata v
*
(t) ponendo nella definizione di trasformata [1.7-1] al
posto di j, -j. Quindi
). ( dt e ) t ( v ) ( )] t ( v [
* t j * * *
= = =

V V F [1.7-14]
Ovviamente se f(t) reale non esiste alcuna differenza fra la v(t) e la sua coniugata v
*
(t) e solo per
questo caso di funzione reale
). ( ) (
*
= V V [1.7-15]
Se nella [1.7-13] si pone = 0:
; dx ) x ( ) x (
2
1
dt ) t ( h ) t ( g


= H G
La variabile x provvisoria e sparisce con lintegrazione, allora si pu mettere al suo posto .
. d ) ( ) (
2
1
dt ) t ( h ) t ( g


= H G
Se h(t) = g
*
(t), ; d ) ( * ) (
2
1
d ) ( * ) (
2
1
dt ) t ( g ) t ( g
*


=

G G G G
in quanto, per la [1.7-14], G*() = G*(-).
Cio ; d ) (
2
1
dt ) t ( g
2 2


=

G
Nel caso di segnale reali il modulo per la funzione del tempo superfluo. Allora il primo membro
della [1.7-15] assume laspetto dellenergia di un segnale impulsivo, vedi [1.1-2]. Pertanto, utiliz-
zando un segnale v(t), invece che una generica funzione g(t), si ha:
Segnali, sistemi ed operatori

40
. d | ) ( |
2
1
dt ) t ( v e
2 2

= =



V [1.7-16]
Teorema di Parseval: lenergia di un segnale 1/2 larea della curva |V()|
2
. Il grafico di |V()|
2
da lo spettro denergia e la funzione |V()|
2
prende il nome di densit spettrale denergia.
Abbiamo gi definito la potenza media di un segnale periodico v(t) come
< = = >
+

v
T
v t dt
T
v t dt
t
t T T
2
1 1
2 2
0
( ) ( ) . [1.1-6]
Nel caso di segnali periodici si pu dimostrare che il teorema di Parseval assume la forma
[BAH]

[ ]
< = = = + + = + >
+


v
T
v t dt c
a
a b
a
t
t T
k
k
k k
k
k
k
2
1
4 4
2
2 0
2
2 2
1
0
2
2
1
( ) ( ) ( ) ( ) ( );
, , ,
p [1.7-17]
e cio la potenza media pu essere calcolata a partire dallo spettro. Anche qui ck()
2
la densit
spettrale denergia ed il suo grafico lo spettro denergia.
1.7.5 La funzione di correlazione ed il Teorema di Wiener-Kintchine
Consideriamo un segnale v(t) che ha come trasformata di Fourier V(). La sua funzione di
autocorrelazione v(t). Si dimostra che
[BAH]


2
v | ) ( | )] t ( [ = V F [1.7-18]
Cio la densit spettrale di energia di un segnale la trasformata della funzione di autocorrelazione
dello stesso segnale. In ci consiste il Teorema di Wiener-Kintchine
1.7.6 Dallo spettro di un segnale impulsivo al corrispondente del periodico
Il treno nT costituito da 2n+1 impulsi distanziati fra di loro di T0, mostrato in Fig.1.7-3a,
dato da
o o n
k n
n
T t kT =

( )
,
0 [1.7-19]
Calcoliamo la trasformata di Fourier di questo segnale periodico
. ) T k cos( 2 1 ) e e ( 1 e ) kT t ( ) T (
n
1 , k
0
n
1 , k
T jk T jk
n
n , k
T jk
n
n , k
0 n
0 0

+ = + + = =

F
Questa somma stata calcolata come
[BAH]

.
) 2 / T ( sen
] T ) 2 / 1 n [( sen
) T (
0
0
n

+
= F [1.7-20]
F(nT) periodica di periodo T0 = 2/0. La Fig.1.7-3a mostra una 2T0. La Fig.1.7-3b rappresenta
la F(2T). Le successive Fig.1.7-3c, Fig.1.7-3d e Fig.1.7-3e sono relative alle F(10T), F(20T) e
F(40T), rispettivamente. All'aumentare di n le componenti di F(nT) si addensano attorno ai valori
k0. Il massimo si ha comunque per = k0 ed 2n+1. Per n molto grande lo spettro tende ad es-
sere contenuto in una zona limitata attorno alle pulsazioni k0 e il massimo sale in corrisponden-
za. Vedi Fig.1.7-3f
Per n , nT T ed il treno di impulsi si trasforma in un segnale periodico composto
da infinite traslate fra di loro di T0 che si pu esprimere come
o o

T t kT
k
( )
,
0 [1.7-21]
Con il simbolismo adottato quando n , F(nT) F(T)
Segnali, sistemi ed operatori

41

Si pu dimostrare che
[BAH]

. ) k (
) 2 / T ( sen
] T ) 2 / 1 n [( sen
, n
lim ) T (
, k
0 0
0
0

= F [1.7-22]
Le componenti dello spettro si hanno solo in corrispondenza ai valori k0 ed il massimo in
corrispondenza tende all'infinito come era sospettabile da quanto detto precedentemente. Ogni
componente una 0(-k0) mostrata in Fig.1.7-3f.
Inoltre si pu fare vedere che
[BAH]

sen[( / ) ]
sen( / )
.
/
/
n T
T
d
T
+
=

1 2
2
2 0
0
2
2
0
0
0
0

[1.7-23]
che , quindi l'area della curva di Fig.1.7-3b compresa in un intervallo T0. Ci vale anche quando n
. L'area di ogni impulso 0(-k0) sempre 0.
Eseguiamo ora la convoluzione fra un impulso v(t) ed una . Per le propriet della si ha:
y t o t t o v t v t d v t ( ) ( ) ( ) ( ). = =

[1.7-24]
Se la convoluzione viene eseguita fra un impulso v(t) ed una traslata di T0 cio una (t-T0)
si ha, analogamente
y t o t t o v t v t T d v t T ( ) ( ) ( ) ( ). = =

0 0 [1.7-25]
Il risultato importante che la convoluzione tra una traslata di T0 ed un impulso v(t) una replica
dell'impulso traslato di T0. Nella Fig.1.7-4a mostrato un impulso esponenziale. Nella Fig.1.7-4b la
convoluzione con una traslata di T0, cio la v(t-T0).
Se si esegue la convoluzione fra un impulso v(t) ed una T si ottiene, quindi, un segnale
periodico che chiamiamo vT(t) composto da un numero infinito di impulsi v(t) ognuno traslato ri-
2T
o
(a) (b)
(e) (f)
(c)
(d)
T
0 0
0 0
-20 -10 0 10 20 -20 -10 0 10 20
0
20
40
60
80
100
-20 -10 0 10 20
0
10
20
30
40
50
-20 -10 0 10 20
0
5
10
15
20
25
-20 -10 0 10 20
0
2
4
3
1
5
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1
x 10
-5
0
0.5
1
1.5
2
2.5
3

t


0
20T o F( )
2T
o F( )
10T
o F( )
40T o
F( )
0
T o
F( )
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1

Fig.1.7-3
Segnali, sistemi ed operatori

42
spetto al precedente di T0. Cio si ha una funzione con periodo T0. In Fig.1.7-4c mostrata questa
convoluzione vT(t) che pu essere scritta come
v t t T T v ( ) ( ). , = yo [1.7-26]
La sua trasformata, per la [1.7-4], ed applicando la [1.4-29] per la trasformata della convoluzione
[ ] [ ] ). ( ) ( ) ( ) t ( ) t ( v T T v , T T = = = V F V F F [1.7-27]
Per avere la VT() basta fare il prodotto fra la V() e la F(). In altre parole, le componenti dello
spettro sono di pulsazione k0. Il modulo della VT() si ottiene da quello della V() moltiplicando-
lo per 2/0. Per quanto riguarda lesempio il diagramma degli argomenti non cambia perch
largomento della [1.7-13] dappertutto nullo. La Fig.1.7-4d mostra il modulo di V() e la Fig.1.7-
4g l'argomento. Le Fig.1.7-4e e Fig.1.7-4h sono relative alla F(T). Le ultime due figure e cio la
Fig.1.7-4f e la Fig.1.7-4i mostrano modulo e argomento della VT() rispettivamente.
1.7.7 Lo spettro di un segnale modulato in ampiezza
Nel 1.1.2.5 abbiamo discusso la modulazione dampiezza. Il processo di modulazione di un
segnale portante vp = VPcos(pt) con un segnale modulante vm = VMgm(t), produce un segnale mo-
dulato vam = Vp[1+magm(t)] cos(pt) = Vp[1+magm(t)] cos(pt) = Vp[cos(pt) + magm(t) cos(pt)]. La
modulazione ha aggiunto alla portante il termine Vpmagm(t) cos(pt) = Vpmagm(t) (e
-j
0
t
+ e
j
0
t
)/2 =
Vp/2magm(t) (e
-j
0
t
+ e
j
0
t
) = Vp/2ma[gm(t) e
-j
0
t
+ gm(t) e
j
0
t
]. La Fig.1.7-5a mostra la trasformata
Gm() di gm(t). Mentre nella Fig.1.7-5b le due componenti a -p e +p di cos(pt) sono mostrate.
Esse, in effetti, sono le (+p) e (-p), rispettivamente. I due termini che compaiono nella rela-
(a) (c)
(d) (e) (f)

(g)
t

-20 -10 0 10 20
0
1
2
3
4
5
-20 -10 0 10 20
0
1
2
3
4
5
-20 -10 0 10 20
0
1
2
3
4
5
x 10
7
-1.5
-1
-0.5
0
0.5
1
1.5
x 10
7
0
1
2
3
4
5
6
x 10
-6
x 10
7
-1.5
-1
-0.5
0
0.5
1
1.5
x 10
7
x 10
-6
-20 -10 0 10 20
-20 -10 0 10 20
-20 -10 0 10 20
-20 -10 0 10 20
-1.5
-1
-0.5
0
0.5
1
v(t) = v v(t-T) = vT vT(t) = T,v
|
V
()| |
V
T
()| |F(
T)|
arg[
V
()] arg[
V
T
()]
arg[ F(
T)]
t
(h) (i)
(b)
-20 -10 0 10 20
-20 -10 0 10 20

T = 10 s 0
0
2
6
4
8
0
0.1
0.2
0.5
0.4
0.3
0.6

Fig.1.7-4
Segnali, sistemi ed operatori

43
zioni precedenti, e cio gm(t) e
-j
p
t
e gm(t) e
j
p
t
non sono altro che il prodotto di due funzioni del tem-
po. Nel 1.7.3 si visto che la trasformata del prodotto delle due funzioni la convoluzione nel
dominio delle pulsazioni fra le trasformate di due funzioni, a parte un fattore 2. Quindi al termine
gm(t) e
-j
p
t
corrisponde la convoluzione nel dominio delle pulsazioni fra le trasformata Gm() e
(+p). Analogamente al termine gm(t) e
j
p
t
corrisponde la convoluzione nel dominio delle pulsa-
zioni fra le trasformata Gm() e (-p). Ricordiamo quanto visto nel paragrafo 1.7.6 espresso dal-
la [1.7-24] e cio che la convoluzione di una generica funzione del tempo con una (t-T0) traslata di
T0 riproduce la medesima funzione, ma traslata di T0. Questa propriet analoga nel dominio di :
la convoluzione di una generica funzione di con una (-0) traslata di 0 riproduce la medesima
funzione, ma traslata di 0. A questo punto molto semplice ricostruire lo spettro del segnale mo-
dulato. Esso mostrato in Fig.1.7-5c. Alle righe corrispondenti alla portante si sono aggiunte, per
ognuna delle righe lo spettro della modulante centrato sulle righe. Questo spettro di modulante ha
ampiezza Vp/2ma.
Se, invece di usare la rappresentazione esponenziale si usa quella trigonometrica si trova il
risultato della Fig,1.7-5e. Ancora una volta alla frequenza della portante, la cui ampiezza resta inal-
terata si aggiungono due bande laterali ognuna della quale la riproduzione di Gm ma centrate sulla
p. Nella modulazione linformazione da trasmettere nella modulante. La portante fornisce soltan-
to il supporto, come dice la stessa parola. La potenza associata alla portante non cambia con la mo-
dulazione, dato che la sua ampiezza rimasta inalterata. Per ognuna delle frequenze delle due bande
laterali si aggiunge una potenza (Vp/2ma)
2
= (Vpma)
2
/4. Questa potenza viene data dal processo di
modulazione. Poich lindice di modulazione non pu superare lunit la massima potenza che con-
tiene linformazione , per ogni banda, Vp
2
/4. La trasmissione della modulazione dampiezza poco
efficiente perch il rapporto fra la potenza del segnale che contiene linformazione e quella che agi-
sce da vettore non supera 2 Vp
2
/4/Vp
2
= 1/2. Un miglioramento di questo rapporto si ha se la portan-
te viene, in qualche modo, attenuata o addirittura soppressa. In questo caso si parla si trasmissione a
portante soppressa. Inoltre, dal momento che ognuna delle due bande laterali non altro che la re-
plica traslata della Gm(), sufficiente trasmettere una sola di esse e risparmiare potenza senza per-
dere informazione. In questo caso si parla si trasmissione a banda laterale unica.

(a)

0
0

(b)

0
(c)
(
+

p )
(
-

p )
(d)

0
0

(d)

0
(e)
p
|
Gm()|
|Vp()|
|Vam()|
|Gm()|
|
Vp()|
|
Vam()|

Fig.1.7-5
Segnali, sistemi ed operatori

44
1.8. Sistemi a dati campionati
Nel paragrafo 1.1 stato fatto vedere che linfluenza del rumore, dei disturbi e delle distor-
sioni inferiore quando il segnale da trasmettere numerico. Tuttavia spesso linformazione di
tipo analogico. Per sfruttare questa propriet dei segnali numerici si esegue una coppia di trasfor-
mazioni sul segnale analogico. Per primo lo si mette in forma numerica, poi lo si trasmette e, alla
fine viene riconvertito in forma analogica. La Fig.1.8-1 illustra questo processo.
Loperazione di conversione del segnale da analogico a numerico prevede una prima opera-
zione che prende il nome di campionatura (sampling). Il segnale analogico f(t) viene osservato ad
intervalli regolare. Teoricamente immaginabile di trasformare il segnale analogico in due modi ot-
tenendo:
Segnali tempo discreti: definiti soltanto in istanti discreti di tempo equispaziati, mentre non risulta-
no definiti al di fuori di detti istanti. Sono normalmente ottenuti dal campionamento di segnali tem-
po continui.
f(nT0) = f(t)|
t=nT0
, n = 0, 1,2 ... [1.8-1]
T detto periodo di campionamento. In altri termini il segnale pu essere immaginato come una
sequenza di valori numerici che rappresentano i valori che la funzione f(t) assume agli istanti di
campionamento. In Fig.1.8.2a c una tensione v(t) campionata in Fig.1.8-2b.
Segnali Sample&Hold : sono segnali definiti in ogni istante, ma che variano solo ad intervalli di
tempo discreti.
fSH(t) = f(nT0)|, nT t n(T0+) [1.8-2]
In questo caso il segnale definito in tutti gli intervalli. Per, il segnale sample&hold mantiene
(hold) il valore assunto allistante del campionamento per un intervallo di tempo < T0, mentre
nullo per il tempo T0-. In Fig.1.8.2c la tensione della Fig.1.8-2a sample&held.
Comunque sia stato campionato il segnale esso viene quantizzato. Infatti il segnale numeri-
co non pu assumere qualunque valore a piacere, ma soltanto dei valori discreti. Quindi la funzione
campionata viene trasformata dalla quantizzazione perdendo in precisione in ragione della larghez-
za dellintervallo di quantizzazione. Supponiamo, che il segnale da trattare sia nellintervallo 0-1.6
V. Se quantizziamo a 16 livelli, la sequenza corrispondente al segnale campionato dellesempio
della Fig.1.8-2 assume i valori 0, 0, 0, 0, 0, 6, 9, 11, 11, 10, 9, 8, 7, ecc. Ma se la campionatura fosse
soltanto a 4 livelli i valori sarebbero 0, 0, 0, 0, 1, 2, 2, 2, 2, 2, 2, 1, ecc. Evidente risulta la perdita di
precisione di questa quantizzazione troppo larga rispetto la precedente.
i(t)
u(t)
Analogica/Numerica
Conversione
Conversione
Numerica/Analogica Trasmissione

Fig.1.8-1
0 50 100 150 200
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1.2
t
V(nT)
(b)
0 50 100 150
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1.2
t
(c)
V (t) SH
200 0 50 100 150 200
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1.2
t
V/t)
(a)
t

Fig.1.8-2
Segnali, sistemi ed operatori

45
Il processo di quantizzazione seguito da un ultimo processo che si chiama di codifica (en-
coding). La codifica fa corrispondere ad un valore numerico della grandezza quantizzata un insieme
di grandezze secondo un opportuno codice. Per esempio si pu adoperare una codifica binaria e la
precedente sequenza, corrispondente alla quantizzazione a 16 livelli sarebbe: 0000, 0000, 0000,
0000, 0000, 0110, 1001, 1011, 1011, 1010, 1001, 1000, 0111, etc. Questo un codice binario puro.
Tuttavia esistono numerosi modi di codificare che spesso sono usati per diminuire i possibili errori
di codifica e per permettere in fase di ricezione di correggere eventuali errori introdotti nella tra-
smissione.
Lintero processo di campionatura, quantizzazione e codifica viene spesso chiamato conver-
sione Analogica/Digitale.
1.8.1 Il campionamento ideale istantaneo
Il campionamento ideale istantaneo consente di ottenere il segnali tempo discreti. Immagi-
niamo di avere una sequenza di equidistanziate di T0. Cio una T gi definita nel 1.7.6 come
o o

T t kT
k
( )
,
0 [1.7-21]
la cui trasformata F( ( ) ( ).
, ,
o o
r
o
r

= =

T) k
T
k
T
k k
0 0
0 0
2 2
[1.7-22]
rappresentata in Fig.1.8-2a. Se moltiplichiamo la v(t) da campionare per la T otteniamo la funzio-
ne campionata ad intervalli regolari T0 che :
v T v t T v t t kT v t t kT S
k k
( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )
, ,
0 0 0 = = =


o o o [1.8-3]
La trasformata di v(t) V(), rappresentata in Fig.1.8-2b, che supponiamo abbia una banda limitata
a B, cio V() = 0 per || > B. La propriet della convoluzione nel dominio delle pulsazioni stu-
diata nel 1.7.3 e cio
)]. t ( h ) t ( g [ ) (
2
1
F Cgh =

[1.7-13]
Applicata alla [1-8-3] da: . v S C F V F

= = =
2
1
] T ) t ( v [ ) T ( )] T ( v [ 0 0 S
Ricordiamo che il processo di convoluzione fra una (-0) ed una funzione V() da la stes-
sa funzione ma traslata di 0 e cio V(-0). Dal momento che la trasformata F[T] data dalla
[1.7-22] una successione di (-k0) di ampiezza costante 0, il risultato complessivo del proces-
so di sampling nel dominio delle pulsazioni che la trasformata VS() della funzione campionata
vS(t) una successione illimitata di repliche della V()che si ripetono con cadenza 0. Nella
(a)

0
F(o
T)
2
0 0

0
2
0

(b)

|
V
()|
0

(c)
0

0
2 2
0 0

0 < 2B
0

B
|V()| S

Fig.1.8-2
Segnali, sistemi ed operatori

46
Fig.1.8-2c mostrato di il caso in cui la
0 > 2B. [1.8-4]
possibile ricuperare linformazione contenuta nel segnale campionato filtrando tutte le componen-
ti che superano B. Nella stessa figura mostrato con una linea tratteggiata un filtro che svolge
questa funzione del segnale campionato dato che ha una banda passante B < p < 0.
Nel caso in cui questa relazione non verificata il risultato mostrato nella Fig.1.8-3c. Que-
sta volta nessun filtro buono a ricostruire la banda originaria perch c sovrapposizione parziale.
In questo caso si ha un fenomeno che si chiama aliasing.
La conclusione di questo discorso si pu enunciare con il limite di Nyquist: la frequenza di
campionamento deve essere almeno il doppio della massima frequenza contenuta nel segnale.
1.8.2 Il campionamento ideale con mantenimento
Nei sistemi reali quello che avviene e che il segnale, catturato allistante kT0, rimane al va-
lore campionato per un tempo T0. Se si fa la convoluzione fra un impulso i(t), largo , e la fun-
zione campionata vS(T0) data dalla [1.8-3], si ottiene la funzione campionata e mantenuta vSH(T0).
Cio:
v T i t v T u t u t v t t kT SH S
k
( ) [ ( ), ( )] [ ( ) ( )], ( ) ( ) .
,
0 0 0 = =

y y t o [1.8-4]
Ricordiamo la propriet ricavata in 1.7.2 che alla convoluzione nel dominio del tempo fra due fun-
zioni corrisponde il prodotto delle relative trasformate nel dominio di . Si tratta di moltiplicare la
trasformata V() dellimpulso largo data dalla [1.7-3] e rappresentato nella Fig.1.8-4a, per la tra-
sformata VS() dellimpulso campionato come quello Fig.1.8-2c. Questa ultima, con una differente
scala rispetto la precedente, ma eguale a quella della Fig.1.8-4a, per far vedere un intervallo 60,
(a)

0
F(o
T)
2
0 0

0
2
0

(b)

|
V
()|
0

0
(c)
0

0
2
B
2
0 0

B
0 < 2B
|V()| S

Fig.1.8-3
(c)
|V ()| SH
|V()| S
(b)
0 < 2B

0
2 2
0 0

0
3
0 0
3
(a)
| | V( )

0
2 2
0 0

0
3
0 0
3
0 < 2B

0
2 2
0 0

0
3
0 0
3

Fig.1.8-4
Segnali, sistemi ed operatori

47
ridisegnata in Fig.1.8-4b. La [1.7-3] ponendo D = si scrive come:
.
2
2 sen
V ) ( M

= V
Il risultato della moltiplicazione fra le due trasformate e cio la VSH() riprodotto in Fig.1.8-4c. Il
confronto con la Fig.1.8-2c ci dice immediatamente che il risultato diverso. Non solo i lobi laterali
vengono compressi, ma anche la zona compresa nel rettangolo tratteggiato che corrisponde al filtro
di ricostruzione del segnale analogico non la stessa nei due casi. Loperazione di sampling, dun-
que modifica lo spettro del segnale filtrato introducendo una distorsione non lineare del segnale. Di
questo bisogna tenere conto. Poich la distorsione avviene perch si sta moltiplicando per la V(),
sufficiente, prima del campionamento, moltiplicare per la funzione inversa in modo da avere una
predistorsione che poi verr compensata dalla distorsione del sampling ed holding.
Esistono due metodi per soddisfare il limite di Nyquist al fine di evitare laliasing: o aumen-
tare la frequenza di campionamento o ridurre la banda. In generale questa ultima soluzione che si
adotta filtrando a monte la banda del segnale con un filtro, che per quanto detto prende il nome di
filtro di antialiasing. Il filtro fa si che la massima frequenza del segnale da campionare soddisfi il
limite di Nyquist.
In Fig.1.8-5a mostrato un generico sistema di trasmissione e ricostruzione di dati campio-
nati e mantenuti. Al filtro antialiasing segue il filtro predistortore che serve per compensare la di-
storsioni dovuta allholding. Quindi il segnale viene campionato e mantenuto e dopo la conversione
in numerico il segnale, opportunamente posto su portante, viene trasmesso. Il segnale ricevuto viene
convertito daccapo in analogico e successivamente filtrato in modo da prelevare soltanto il primo
lobo.
Un modo leggermente diverso quello di Fig.1.8-5b nella quale non si mette il filtro di pre-
distorsione a monte ma un filtro equalizzatore a valle che ha la stessa funzione del predistorsore ma
sui dati ricevuti, anzich su quelli trasmessi.



i(t)
u(t)
Antialiasing
Filtro
Predistortore
Filtro
Sample &
Hold
Trasmissione
Conversione
Numerica
Analogica
Filtro
di ricostruzione
Conversione
Numerica
Analogica
i(t)
u(t)
Antialiasing
Filtro Sample &
Hold
Trasmissione
Conversione
Numerica
Analogica
Filtro
di ricostruzione
Conversione
Numerica
Analogica
Equalizzatore
Filtro
(a)
(b)

Fig.1.8-5
Segnali, sistemi ed operatori

48
BIBLIOGRAFIA

[AL] - Alberigi Quaranta, Rispoli - Elettronica - Zanichelli - 1962
[BAH] - Baher - Analog & Digital Signal Processing - J.Wiley - 1990
[BAR] - Barabaschi, Tasselli - Elementi di Servomeccanismi e Controlli - Zanichelli - 1966
[BO] - Bononcini - Esercizi di Analisi Matematica - CEDAM - 1961
[CA] - Cadzow, Van Landingham - Signals, Systems, and Trasforms - Prentice Hall - 1985
[CH] - Chang - Fundamental Handbook of Electronics and Computer Engineering - J.Wiley
[DE] - Desoer, Kuh - Fondamenti di Teoria dei Circuiti - Angeli -1990
[DI] - Di Stefano, Stubberud, Williams - Regolazione Automatica - Etas Libri - 1974
[FO] - Fodor - Nodal Analysis of Electric Networks - Elseviere - 1988
[KW] - Kwakernaak, Sivan - Modern Signals and Systems - Prentice Hall - 1991
[MAS] - Mason, Zimmermann - Electronic Circuits, Signals, and System - J.Wiley - 1964
[MAR] - Magrab - Computer Integrated Experimentation - Springere-Verlag - 1991
[MOS] - Moschytz - Linear Integrated Networks - Van Nostrand
[OTN] - Otnes, Enochson - Applied Time Series Analysis - J.Wiley - 1978
[SA] - Sansone, Conte - Lezioni di Analisi Matematica - CEDAM - 1959
[SP1] - Spiegel - Manuale di Matematica - Etas Libri - 1974
[SP2] - Spiegel - Trasformata di Laplace - Etas Libri - 1976
[HP] - The Fundamental of Signal Analysis - Hewlett Packard - Appl.Note 243 - 1982






Baher - Analog & Digital Signal Processing - J.Wiley - 1990
Barabaschi, Tasselli - Elementi di Servomeccanismi e Controlli - Zanichelli - 1966
Cadzow, Van Landingham - Signals, Systems, and Trasforms - Prentice Hall - 1985
Desoer, Kuh - Fondamenti di Teoria dei Circuiti - Angeli -1990
Di Stefano, Stubberud, Williams - Regolazione Automatica - Etas Libri - 1974
Falcone - Elettronica generale - Siderea - 1968
Kaufman, Seidman -Electronic Sourcebook for Technicians and Engeneers Mc Graw Hill 1988
Kwakernaak, Sivan - Modern Signals and Systems - Prentice Hall - 1985
Mason, Zimmermann - Electronic Circuits, Signals, and System - J.Wiley - 1964
Odian, Visentin - Corso di Elettronica - CNEN LNF 63/49- 1963
Ramo, Whinnery - Fields and Waves in Modern radio - J.Wiley -1953
Spiegel - Trasformata di Laplace - Etas Libri - 1976
Terman - Radiotecnica ed Elettronica - McGraw Hill





ELEMENTI DI CIRCUITO E RETI ELETTRICHE

In questo capitolo trattiamo gli elementi di circuito lineari cio quelli cui applicabile il
principio di sovrapposizione degli effetti.
2.1. Componenti elettrici ideali
Un componente elettrico un dispositivo dotato di terminali o nodi. Fra questi terminali c'
una differenza di potenziale e dagli stessi terminali passa una corrente. Una rete un insieme di
componenti fra di loro interconnessi in modo da avere terminali in comune. In effetti prenderemo in
considerazioni gli elementi ideali.
2.1.1 Bipoli
Un bipolo un insieme di componenti elettrici accessibili da due nodi. In
Fig.2.1-1 diamo la rappresentazione grafica di un bipolo. V la tensione ai capi del bi-
polo, I la corrente nel medesimo. Un bipolo si dice elementare quando costituito da
un solo componente.
Un bipolo si dice passivo se la relazione fra la tensione ai suoi capi e la corrente
nel bipolo dipende soltanto dal bipolo stesso. Si definisce impedenza del bipolo il rap-
porto fra la trasformata della tensione e quella della corrente con condizioni iniziali nul-
le.
2.1.1.1 Bipoli elementari passivi
I bipoli elementari passivi ideali sono i resistori, i condensatori e gli in-
duttori dei quali abbiamo discusso diffusamente nel 1.3. Nella figura a lato
sono mostrati i simboli che sono usati per indicare questi componenti
2.1.1.2 Bipoli attivi
Un bipolo si dice attivo se contiene al suo interno almeno un bipolo elementare attivo. Un
bipolo elementare si dice attivo quando non soddisfa la condizione della definizione dei bipoli ele-
mentari passivi. Per esso non possibile definire una impedenza. I bipoli attivi sono i
generatori di tensione e di corrente.
2.1.1.2.1 Generatori indipendenti di tensione
il bipolo a fissare la tensione VG ai suoi capi, indipendentemente dalla corrente
che lo attraversa. In questo caso il bipolo un generatore ideale di tensione VG. La rela-
zione I-V non dipende soltanto dal bipolo ma anche dal circuito in cui il generatore in-
serito. Il simbolo grafico relativo mostrato nella Fig.2.1-3
V
I
+
-

Fig.2.1-1

R
C
L

Fig.2.1-2
V
I
+
-
+
-
G

Fig.2.1-3
Elementi di circuito e reti elettriche 50
2.1.1.2.2 Generatori indipendenti di corrente
Oppure il bipolo stabilisce la corrente IG erogata, indipendentemente dalla tensione
che si manifesta ai suoi capi. In questo caso il bipolo un generatore ideale di corrente
IG. La Fig.2.1-4 mostra il simbolo grafico del generatore di corrente.
2.1.1.2.3 Generatori dipendenti
Un generatore di tensione dipendente fornisce ai suoi capi una tensione VG funzione
di un'altra tensione o di una corrente in un altro ramo della rete.
Se VG = k VAB [2.1- 1
la f.e.m. del generatore proporzionale alla differenza di potenziale fra i punti A e B di una rete.
Siamo davanti ad un generatore di tensione dipendente da una tensione.
Se, invece, VG = h Ir [2.1-2]
la f.e.m. del generatore proporzionale alla corrente Ir in un ramo r di una rete. Si tratta di un gene-
ratore di tensione dipendente da una corrente.
Un generatore di corrente dipendente fornisce una corrente IG funzione di una tensione o di
una corrente in un altro ramo della rete. Ancora una volta abbiamo due casi possibili.
Quando IG = f VAB [2.1-3]
la corrente del generatore proporzionale alla differenza di potenziale fra i punti A e B di una rete.
Siamo davanti ad un generatore di corrente dipendente da una tensione.
Se, IG = g Ir [2.1-4]
la corrente del generatore proporzionale alla corrente Ir in un ramo r di una rete. Si tratta di un ge-
neratore di corrente dipendente da una corrente. I simboli grafici dei generatori dipendenti sono i-
dentici a quelli degli indipendenti.
Un bipolo non elementare si dice attivo se contiene almeno un generatore di tensione o di cor-
rente. Altrimenti, dal momento che contiene soltanto elementi passivi, si dice passivo.
2.1.2 Connessione fra bipoli
Ci sono due modi di collegare fra di loro due bipoli: in serie e in parallelo.
2.1.2.1 Bipoli in serie
Nella connessione serie (vedi Fig.2.1-5) fra i due bipoli comune la corrente.
Chiamiamo V1 e V2 le tensioni, rispettivamente su Z1 e Z2. Allora
V = V1+V2 = Z1I+Z2I = (Z1+Z2) I = Z I,
cio Z = Z1+Z2. [2.1-5]
Cio, due impedenze in serie si comportano come una unica impedenza pari alla
somma delle singole impedenze. Allora la corrente nella serie
.
Z Z
V
I
2 1 +
= [2.1-6]
2.1.2.2 Partitori di tensione
Possiamo determinare anche le cadute sulle due impedenze. Si ha
V
Z Z
Z
Z
Z Z
V
Z I V
2 2 1
1
1
1
1 1
+
=
+
= = [2.1-7]
e . V
Z Z
Z
Z
Z Z
V
Z I V
2 2 1
2
2
1
2 2
+
=
+
= = [2.1-8]
Queste due ultime espressioni possono essere riscritte come:
V
+
-
I
G

Fig.2.1-4
I
+
-
+
-
+
-
V
V
1
V2
1 Z
2 Z

Fig.2.1-5
Elementi di circuito e reti elettriche 51

2 Z Z
Z
V
V
1
1 1
+
= [2.1-9]
e
V
V
Z
Z Z
2 2
1 2
=
+
. [2.1-10]
La tensione complessiva V viene ripartita sulle due impedenze secondo i due rapporti dati dalle
[2.1-9] e [2.1-10], detti rapporti di partizione. Si dice che il circuito serie costituisce un partitore di
tensione.
2.1.2.3 Bipoli in parallelo
Nella connessione parallelo, vedi Fig.2.1-6, fra i due bipoli comu-
ne la tensione. Chiamiamo I1 e I2 le correnti, rispettivamente, in Z1 e Z2.
Allora
, V
Z
1
Z
1
Z
V
Z
V
I I I
2 1 2 1
2 1

+ = + = + =
in cui Z
Z Z
Z Z
Z Z
Z Z =
+
=
+
=
1
1 1 1 2
1 2
1
1 2
2
|| . [2.1-11]
In effetti
1 1 1
1 2 Z Z Z
= + ,
o anche Y = Y1+Y2. [2.1-12]
Cio due ammettenze in parallelo si comportano come una unica ammettenza pari alla somma del-
le singole ammettenze
2.1.2.4 Partitori di corrente
Possiamo determinare anche le correnti nelle due impedenze del parallelo.
I
Z Z
Z
Z
Z
I
Z
V
I
2 1
2
1 1
1
+
= = = [2.1-13]
e . I
Z Z
Z
Z
Z
I
Z
V
I
2 1
1
2 2
2
+
= = = [2.1-14]
Queste due ultime espressioni possono essere riscritte come:

2 Z Z
Z
I
I
1
2 1
+
= [2.1-15]
e
I
I
Z
Z Z
2 1
1 2
=
+
. [2.1-16]
La corrente complessiva I viene ripartita fra le due impedenze secondo i due rapporti dati dalle
[2.1-15] e [2.1-16], detti ancora una volta, rapporti di partizione. Si dice che il circuito parallelo
un partitore di corrente.
2.1.3 Doppi Bipoli
Un Doppio Bipolo (DB) un elemento di circuito accessibile da
due coppie di nodi. Ognuna di queste coppie di nodi costituisce una porta.
Pertanto il DB viene spesso chiamato circuito 2-porte. Indichiamo con V1
e V2 le tensioni delle porte di sinistra e destra, rispettivamente, come mo-
strato in Fig.2.1-7, e con I1 e I2 le correnti relative alle due porte. Si faccia
attenzione al senso che convenzionalmente viene assegnato alle correnti
ed alla polarit delle tensioni.
Poich si sta parlando solo di elementi lineari considereremo soltanto DB lineari.
Un DB definito dalle relazioni fra le due tensioni e le due correnti delle porte. Due di que-
I
+
-
V
I2
1 Z 2 Z
I1

Fig.2.1-6
I1
1 V
+
-
I2
2 V
-
+
DB

Fig.2.1-7
Elementi di circuito e reti elettriche 52
ste possono essere assunte come cause e le altre due risulteranno gli effetti relativi. In altre parole
due possono essere assunte come variabili indipendenti e le altre due saranno le variabili dipenden-
ti. Dal momento che abbiamo quattro variabili, si hanno
4
2
6

= possibili scelte di coppie di va-


riabili indipendenti. Considereremo solo quattro di queste 6 possibilit.
Quando le variabili indipendenti sono le due correnti, le tensioni sono una combinazione li-
neare di queste correnti ed i coefficienti di pro-
porzionalit (parametri) hanno le dimensioni di
impedenze. In tal caso si dice che si sta usando la
configurazione a parametri Z. Scriviamo allora
.
I Z I Z V
I Z I Z V
2 22 1 21 2
2 12 1 11 1

+ =
+ =
[2.1-17]
La figura accanto mostra il circuito equivalente
del DB con parametri Z.
Se le variabili indipendenti sono le due tensioni, le correnti sono una combinazione lineare
di queste tensioni ed i parametri hanno le dimen-
sioni di ammettenze. La configurazione viene det-
ta a parametri Y.
.
V Y V Y I
V Y V Y I
2 22 1 21 2
2 12 1 11 1

+ =
+ =
[2.1-18]
Accanto mostrato il circuito equivalente del DB
con parametri Y.
Quando le variabili indipendenti sono la tensione V2 e la corrente I1, le altre due variabili
sono una combinazione lineare di queste ed i pa-
rametri hanno tutte dimensioni diverse. Si tratta
dei parametri h.
.
V h I h I
V h I h V
2 22 1 21 2
2 12 1 11 1

+ =
+ =
[2.1-19]
Il circuito equivalente del DB a parametri ibridi
mostrato accanto.
Guardando le espressioni si realizza che
h11 ha le dimensione di una impedenza, h22 quelle di una ammettenza mentre h12 ed h21 sono adi-
mensionate. Poich i parametri non hanno tutte le stesse dimensioni si dice che essi sono ibridi.
Nel caso che si scelgono come variabili
indipendenti la tensione V1 e la corrente I2, le altre
due variabili sono una combinazione lineare di
queste ed i parametri non hanno dimensioni egua-
li. Si tratta dei parametri k il cui circuito equiva-
lente mostrato accanto
.
I k V k V
I k V k I
2 22 1 21 2
2 12 1 11 1

+ =
+ =
[2.1-20]
k11 ha le dimensione di una ammettenza, k22 quelle di una impedenza mentre k12 ed k21 sono adi-
mensionate. Anche questa volta i parametri non hanno tutte le stesse dimensioni e quindi vengono
anche essi chiamati ibridi.
Per comodit introduciamo ' come il determinante della matrice quadrata che si ottiene con
I1
1 V
+
-
I2
2 V
-
+
+
-
11 Z 22 Z
1 I 21 Z 12 Z 2 I
+
-

Fig.2.1-8
I1
1 V
+
-
I2
2 V
-
+
1 V 21 Y
12 Y 2 V
22 Y 11 Y

Fig.2.1-9
I1
1 V
+
-
I2
2 V
-
+
+
-
11 h
1 I 21 h 12 h 2 V
22 h

Fig.2.1-10
I1
1 V
+
-
I2
2 V
-
+
+
-
11 k
1 V 21 k
22 k
12 k 2 I

Fig.2.1-11
Elementi di circuito e reti elettriche 53
la rappresentazione scelta. Usiamo come pedice z, y, h o k a seconda che si usi una rappresentazione
oppure un altra. Per esempio
'h = h11h22 - h12h21. [2.1-21]
Si pu far vedere che nel caso di doppio bipolo passivo Z12 = Z21 o Y12 = Y21 e se il qua-
drupolo passivo anche simmetrico anche Z11 = Z22 o Y11 = Y22
[DE],[CO]
.
2.1.3.1 Trasformazioni di rappresentazioni
Per ogni rete si pu scegliere, a piacere, una qualunque delle rappresentazione dei DB descritte
precedentemente. Fra i parametri di una configurazione e quelle di una altra, relative alla stesso DB,
esistono delle relazioni. Noti i parametri in una qualunque configurazioni possibile ricavare quelli
di un'altra. In Appendice 2 una tabella riassume queste relazioni fra le varie configurazioni.
2.1.3.2 Mutua induzione ed i trasformatori ideali
La mutua induzione si esercita fra circuiti attraversati da correnti fra i quali c' accoppia-
mento magnetico. Cio quando il flusso dell'induzione magnetica prodotto dalla corrente che circo-
la in un ramo di un circuito si concatena con parti di altri rami dello stesso o di un altro circuito.
Perch l'accoppiamento avvenga necessario che i rami concatenati si comportino da induttanze.
L'insieme dei due componenti fra di loro accoppiati prende il nome di trasformatore. Il simbolo
grafico quello della figura a lato.
Un trasformatore un particolare DB per il quale si ha
.
dt
dI
L
dt
dI
M V
dt
dI
M
dt
dI
L V
2
2
1
2
2 1
1 1

+ =
+ =
[2.1-22]
L1 e L2 sono le induttanze degli induttori di Fig.2.1-12. M, detto
coefficiente di mutua induzione, anch'esso misurato in Henry, esprime l'effetto che la variazione
di corrente in uno degli induttori produce sull'altro.
Applicando la trasformata di Laplace e considerando nulle le condizioni iniziali
.
I sL sMI V
sMI I sL V
2 2 1 2
2 1 1 1

+ =
+ =
[2.1-23]
Quindi il trasformatore immediatamente descrivibile come un DB con i parametri Z.
Se si applica la trasformata di Fourier
.
L j M j
M j L j
2
1

+ =
+ =
2 1 2
2 1 1
I I V
I I V
[2.1-24]
Se tutto il flusso prodotto da uno degli avvolgimenti si concatena tutto con laltro, senza al-
cuna dispersione si ha il massimo MMax di mutua induzione. Si pu dimostrare che
. L L M 2 1 Max = [2.1-25]
Si definisce il coefficiente daccoppiamento k il rapporto fra il coefficiente di mutua induzione e
quello massimo. Cio:
.
L L
M
M
M
k
2 1
Max
= = [2.1-26]
2.2. Reti Elettriche
Un insieme di dispositivi ed apparecchiature interconnesse tra di loro in modo da consentire il
passaggio di cariche elettriche viene indicato come rete o circuito elettrico. In questa parte ci occu-
I1
1 V
+
-
I2
2 V
-
+
L1 2 L
M

Fig.2.1-12
Elementi di circuito e reti elettriche 54
piamo dei metodi per risolvere le reti. Cio dei modi con i quali possibile conoscere i valori delle
tensioni e delle correnti in ciascuna parte del circuito.
2.2.1 Teorema di Thevenin
Nella Fig.2.2-1a rappresentata una generica rete elettrica lineare R che obbedisce al prin-
cipio di sovrapposizione. Supponiamo che al suo interno ci siano ri rami il cui i-esimo abbia un ge-
neratore di tensione Vi e rj rami il cui j-esimo abbia un generatore di corrente Ij. Consideriamo i no-
di A e B. Sul nodo A sia l'impedenza ZG. Sia I la corrente che esce da A e che, quindi scorre in ZG.
Applichiamo il principio di sovrapposizione degli effetti tenendo in conto, ad una ad una, le cause.
Quando consideriamo il generatore Vi cortocircuitiamo tutti gli altri generatori di tensione e apria-
mo tutti quelli di corrente e quando consideriamo il generatore di corrente Ij apriamo tutti gli altri
generatori di corrente e cortocircuitiamo tutti quelli di tensione. Ogni generatore produce fra i nodi
A e B una VAB proporzionale alla causa che lo ha generato. Sommando tutti gli effetti si ha:
. I k V h Z I V
j i r
1 j
j j
r
1 i
i i G AB

= =
+ + = [2.2-1]
estesa a tutti gli i e j. Poniamo
, I k V h V
j i r
1 j
j j
r
1 i
i i V

= =
+ =
la precedente espressione si scrive . Z I V V G V AB = [2.2-2]
VV viene detta tensione a vuoto. Infatti, se fra i terminali A e B non viene posto alcunch, in ZG non
scorre corrente e VAB coincide con la Vv. Se cortocircuitiamo A e B la corrente Icc (detta corrente di
cortocircuito) che scorre in ZG
I
V
Z
cc
V
G
= . [2.2-3]
Vista dai nodi A e B la rete si comporta come un generatore di tensione di forza elettromo-
trice Vv e impedenza interna ZG o che lo stesso come un generatore di corrente di valore Icc con
una impedenza interna in parallelo ZG.
Le Figg.2.2-1b e c mostrano i circuiti equivalenti della rete R visti tra A e B. Il primo usa un
generatore di tensione e l'altro quello di corrente. Tuttavia i due circuiti sono del tutto equivalenti.
Quanto detto si pu esprimere nel seguente Teorema di Thevenin: una rete elettrica qua-
lunque, da due qualsiasi nodi, pu essere considerata semplicemente come un generatore di ten-
sione con in serie l'impedenza ZG o un generatore di corrente con in parallelo la stessa impeden-
za ZG. La f.e.m. del generatore la tensione a vuoto fra i due punti. La corrente del generatore
la corrente di cortocircuito fra i nodi A e B. L'impedenza ZG quella vista tra i nodi A e B quan-
do vengono cortocircuitati i generatori indipendenti di tensione ed aperti quelli indipendenti di
correnti.
I
AB V
+
-
+ -
j I
i V
G Z
R
B
A
(a)
+
-
G Z
I
AB V
+
-
B
A
V V
(b)
G Z
I
AB V
+
-
B
A
cc I
(c)

Fig.2.2-1
Elementi di circuito e reti elettriche 55
2.2.1.1 Impedenza interna e generatori dipendenti
Il Teorema di Thevenin pu fare compiere errori grossolani quando si in presenza di gene-
ratori dipendenti. Infatti bisogna fare distinzione fra i generatori dipendenti e gli indipendenti. Per
spiegare quanto detto usiamo l'esempio della Fig.2.2-2a. Se non si distingue fra i generatori dipen-
denti ed indipendenti si sarebbe tentati di dire che l'impedenza interna ZG = R.
Le cose vanno in modo differente. Cominciamo a calcolare la Icc. Per fare ci osserviamo
che (Fig.2.2-2b) cortocircuitando A e B il generatore dipendente k VAB nullo. Quindi nulla an-
che la IR e l'unica corrente fra i due nodi cortocircuitati la I1. Quindi Icc = I1. Calcoliamo adesso la
tensione a vuoto VV. La corrente I1 la somma delle correnti degli altri due rami, cio: I1 = IR + h
IR IR = I1/(1+h). La tensione a vuoto si pu calcolare dalla somma del generatore k VV e la ca-
duta su R. Cio VV = k VV + R IR VV = R IR/(1-k). Sfruttando la precedente: VV = R I1/[(1+h)(1-
k)]. Dal rapporto fra la tensione a vuoto e la Icc si determina che la Zeq = R/[(1+h)(1-k)].
In effetti la Zeq si poteva calcolare pi rapidamente eliminando i generatori indipendenti. Si
ha il circuito di Fig.2.2-2c in cui IR = (VAB - k VAB)/R = (1-k) VAB/R. Quindi -I = h IR + IR =
(1+h)(1-k) VAB/R. E il rapporto fra VAB e -I da direttamente lo stesso risultato precedente.
2.2.2 Teorema di Millmann
Fra i due nodi A e B di una
rete siano connessi k rami. Ogni i-
esimo di questi rami, per il Teore-
ma di Thevenin, pu essere sempli-
ficato in un generatore Ii di corren-
te ed una ammettenza in parallelo
Yi. Ii la corrente di cortocircuito
dell'i-esimo ramo (Fig.2.2-3). Allo-
ra la tensione fra i due terminali
la somma delle correnti di corto-
circuito di tutti i rami per l'impe-
denza complessiva della rete. Poich i rami sono in parallelo, l'impedenza equivalente offerta dai
rami

1
Z
Y
eq
k
k
=

. [2.2-4]
E la tensione fra i due morsetti V
I
Y
AB
k
k
k
k
=

. [2.2-5]
Che esprime il cosiddetto Teorema di Miller che si pu anche formulare a come: la tensione ai ca-
I
AB V
+
-
B
A
+
-
R hI
R
R I
AB kV
1 I
(a)
R hI
R
R I
cc I 1 I
(b)
I
AB V
+
-
B
A
+
-
R hI
R
R I
AB kV
(c)

Fig.2.2-2
1
Y
AB V
+
-
B
A
2
Y I
i i
Y
k
Y
k
I I
1 I2

Fig.2.2-3

Elementi di circuito e reti elettriche 56
pi di rami connessi in parallelo la sommatoria delle correnti di cortocircuito dei rami divisa la
sommatoria delle ammettenze degli stessi rami.
2.2.3 Teorema di Miller
Una rete elettrica sia divisibile in
due reti distinte connesse fra di loro da
una impedenza Z collegata fra due
punti 1 e 2 come mostrato in Fig.2.2-
4a. Se si conosce il rapporto k = V2/V1
la rete si pu dividere in due reti fra di
loro non connesse. Infatti la corrente
che scorre in Z
,
Z
V
) k 1 (
Z
V
V
V
1
Z
V
Z
V V
I
1
1 1
1
2 1 2 1
1 = =

=
con Z
Z
k
1
1
=

. [2.2-6]
Analogamente ,
Z
V
k
1
1
Z
V
V
V
1
Z
V
Z
V V
I
2
2 2
2
1 2 1 2
2 =

=
in cui . Z
1 k
k
Z2

= [2.2-7]
L'effetto di Z viene ricondotto a
quello di due impedenze connesse
ai nodi 1 e 2 come mostrato in
Fig.2.2-4b.
Il teorema di Miller ha un
duale e cio: una impedenza con-
nessa in serie ad un nodo, pu es-
sere eliminata riportando due op-
portune impedenze in serie agli al-
tri due nodi (Fig.2.2-5a).
Poniamo h = -I2/I1, con I1 e
I2 le correnti che entrano, rispetti-
vamente nei nodi 1 e 2. L'impeden-
za da eliminare connessa fra il nodo 3 ed il nodo N. Si ha
( ) , Z I V Z h 1 I V Z
I
I
1 I V Z ) I I ( V V 1 1 13 1 13
1
2
1 13 2 1 13 N 1 + = + =

+ + = + + =
Quindi Z1 = (1-h) Z. [2.2-8]
Analogamente , Z I V Z
h
1
1 I V Z 1
I
I
I V Z ) I I ( V V 2 2 23 2 23
2
1
2 23 2 1 23 N 2 + =

+ =

+ + = + + =
in cui . Z
h
1 h
Z2

= [2.2-9]
Il circuito equivalente della rete in cui l'effetto di Z riportato dalle due impedenze Z1 e Z2 mo-
strato nella Fig.2.2-5b.

I1
1 V
+
-
I2
2 V
+
-
Z
I1
1 V
+
-
1 Z
I2
2 V
+
-
2 Z (a)
(b) 1 2 1 2

Fig.2.2-4
I1
1 V
+
-
I
V
2
2
+
-
Z
(a)
1 2
3
N
(b)
I1
1 V
+
-
1
I
V
2
2
+
-
2
N
1 Z 2 Z

Fig.2.2-5

Elementi di circuito e reti elettriche 57
2.2.4 I Grafi
Se per il momento prescindiamo dalla vera natura dei singoli componenti della rete ma rap-
presentiamo soltanto la loro presenza con un tratto di linea fra due nodi otteniamo quello che viene
comunemente detto il grafo della rete. In Fig.2.2-6 sono rappresentati una rete elettrica ed il relati-
vo grafo. Non che dal grafo si possono ricavare tutte le propriet della rete. Tuttavia alcune pro-
priet sono ricavabili immediatamente dalla struttura del grafo.
Cominciamo definendo come nodo semplice un punto di giunzione fra solo due elementi
differenti. Ad esempio i nodi 4 e 6 della Fig.2.2-6. Un nodo si dice complesso se il punto di giun-
zione di almeno tre elementi. Ad esempio i nodi 1, 2, 3 e 5 della stessa figura. Ogni linea che unisce
due nodi complessi prende il nome di ramo. C' un ramo tra i nodi 1 e 2. Non un ramo quello tra i
nodi 3 e 4 e neppure quello tra i nodi 5 e 4. Da ora in poi i nodi complessi saranno semplicemente
chiamati nodi.
Quando sono presenti circuiti magnetici possibile che ci siano parti della rete non connesse
direttamente. In tal caso si dice che la rete ha parti separabili. La rete di Fig.2.2-6c ha due parti se-
parabili.
Una linea chiusa di un grafo si dice maglia.
Indichiamo con n il numero di nodi complessi, con r il numero di rami e con p il numero di
parti separabili. Se da un grafo eliminiamo un ramo alla volta, cos da aprire, ogni volta, una ma-
glia, finche, alla fine, non se ne abbia pi alcuna, ma, tuttavia tutti i nodi complessi rimangano con-
nessi, si ottiene uno scheletro del grafo. Per ogni grafo non c' un solo scheletro. In Fig.2.2-7a ri-
disegnato il grafo della Fig.2.2-6b senza mostrare i nodi semplici. Le altre figure 2.2-7 sono alcuni
possibili scheletri dello stesso grafo.
Lo scheletro di una rete di n nodi e di una sola parte separabile di n-1 rami. Infatti per uni-
re n nodi occorrono solo n-1 collegamenti. Qualsiasi altro collegamento chiude una maglia e non si
ha pi uno scheletro. Nel caso di una rete con p parti separabili semplice convincersi che il relati-
vo scheletro fatto di n-p rami. Questa propriet indipendente dalla scelta che si fa per lo schele-
tro di una rete.
Una volta scelto lo scheletro, i rami della rete o sono fra gli s che costituiscono lo scheletro
della rete o fra quelli rimossi per ottenere lo scheletro, che sono m, e che sono anche detti rami di
maglia. Per quanto detto prima si ha che
s = n - p. [2.2-10]
Se in totale c'erano r rami, cio r = s + m segue che
(c)
(a)
1
+ -
+ -
a Z c Z
d Z
e Z
f Z g Z
2
3 4 5
6
Ee
Eg
b Z
(b)
1
2
3
4
5
6
Fig.2.2-6
(a)
1
2
3
5
(b)
1
2
3
5
(c)
1
2
3
5
1
2
3
5
(d)

Fig.2.2-7
Elementi di circuito e reti elettriche 58
m = r - s = r - n + p. [2.2-11]
2.2.5 Le leggi di Kirchhoff
Per la risoluzione dei circuiti elettrici rivestono importanza fondamentale le leggi di Kir-
chhoff.
2.2.5.1 La legge di Kirchhoff per le maglie
Consideriamo una maglia con r rami. In generale nell'i-esimo ramo della maglia circola una
corrente Ii e c' un generatore di f.e.m. Ei ed una impedenza in serie Zi. Qualora fossero presenti ge-
neratori di corrente Iicc occorre trasformarli applicando il teorema di Thevenin. Cio
. I Z E icc i i = [2.2-12]
Se ci sono r rami, faranno parte della maglia r nodi. Siano 1, 2, ..i, ..r i nodi della maglia. La
differenza di potenziale fra il nodo i-esimo e il nodo i+1-esimo
Vi+1-Vi = Ei - ZiIi. [2.2-13]
Per primo bisogna assegnare un verso arbitrario alla corrente di maglia. Nell'esempio di Fig.2.2-8 il
senso scelto arbitrariamente per la corrente di maglia I mostrato con un cerchietto con freccia in-
terno alla maglia. Le tensioni sono positive se tendono a fare scorrere correnti concordi a quelle di
maglia e le correnti sono positive nella stessa ipotesi. Nellesempio citato Eb positiva mentre Ed
negativa. Ic negativa e Ia positiva.
Il nodo r-esimo collegato al primo dal r-esimo ramo per
chiudere la maglia. Per questo ramo si ha
V1-Vr = Er - ZrIr. [2.2-14]
Sommiamo la [2.2-13] sui primi r-1 rami. Si ha
), I Z E ( ) V V (
1 r
1 , i
i i i
1 r
1 , i
i 1 i


+ =
Cio . I Z E V V
1 r
1 , i
i i
1 r
1 , i
i
1 r
1 , i
i
1 r
1 , i
1 i


+ =
Il primo membro si riduce a Vr -V1 perch tutti i termini intermedi si elidono. Sommando con la
[2.2-14] si ha:
. I Z E I Z E = 0 = V V V V r r r
1 r
1 , i
i i
1 r
1 , i
i r 1 1 r + +



In conclusione . I Z = E
r
1 . i
i i
r
1 , i
i

[2.2-15]
che esprime la legge di Kirchhoff per le maglie: in una maglia la sommatoria delle forze elettro-
motrice dei generatori nei vari rami eguaglia la sommatoria delle cadute di potenziale sulle im-
pedenze dei vari rami.
2.2.5.2 La legge di Kirchhoff per i nodi
Prendiamo ora in considerazione il nodo cui affluiscono r rami. Assumiamo
positive le correnti che entrano nel nodo e negative quelle che ne escono. Nell'esempio
della Fig.2.2-9, I1 e I3 sono positive, I2 e I4 sono negative.
La legge di Kirchhoff per i nodi afferma che la sommatoria delle correnti che
entrano nel nodo nulla:
Ii
i
r
,
.
1

= 0 [2.2-16]
La legge di Kirchhoff per i nodi segue direttamente dalla conservazione della carica. Infatti la rela-
1
+ -
a Z c Z
2 3
4
b Z
+
-
Ed
Eb
Zd
a I
c I
I

Fig.2.2-8
1 I
2 I
4 I
3 I

Fig.2.2-9
Elementi di circuito e reti elettriche 59
zione precedente stabilisce che in ogni nodo la sommatoria delle cariche che in intervallo di tempo
entrano nel nodo eguale a quelle che ne escono e cio nel nodo le cariche non si producono ne si
distruggono.
2.2.5.3 Risoluzione delle reti elettriche con il metodo dei nodi
Per la risoluzione della rete si applica la legge di Kirchhoff ai nodi. Per spiegare il metodo
bene riferirsi ad un esempio. Prendiamo una rete con n nodi e una parte separabile. Adottiamo un
nodo, per esempio il nodo n, come nodo di riferimento. Le tensioni degli altri n-1 nodi saranno rife-
rite a questo nodo. Basta conoscere le tensioni degli n-1 modi per avere risolto la rete. Se, invece, ci
sono p parti separabili, per ognuna di esse si prende uno dei suoi nodi come riferimento. Si immagi-
nano tutti i nodi di riferimento fittiziamente connessi insieme, per esempio a massa, e le tensioni
necessarie per risolvere la rete sono il numero di rami s dello scheletro date dalla [2.2-10] e cio so-
no n-p. C' da dire, per, che se nella rete ci sono generatori di tensione bisogna trasformarli in ge-
neratori di corrente.
Il circuito di Fig.2.2-6a, applicando il Teorema di
Thevenin, ridisegnato in Fig.2.2-10 con generatori di cor-
rente invece che di tensione. Inoltre, invece delle impeden-
ze sono mostrati i loro inversi e cio le ammettenze. In es-
so si posto Ig = Eg/Zg e Ie = Ee/Ze. Dal momento che p = 1
e n = 4 il numero di tensioni incognite n-p = 3. Scriviamo
le equazioni delle correnti ai nodi applicando la [2.2-16] e
prendendo come riferimento il nodo 1.
Al nodo 2 V2Ya+(V2-V3)Yb+(V2-V5)Yd = 0,
mentre al nodo 3 V3Yc+(V3-V2)Yb-Ie+(V3-V5)Ye = 0,
ed al nodo 5 V5(Yf+Yg) -Ig +(V5-V3)Ye +Ie +(V5-V2)Yd = 0.
Riordinando V2(Ya+Yb+Yd)-V3Yb -V5Yd = 0;
-V2Yb +V3(Yb+Yc+ Ye)-V5Ye = Ie;
-V2Yd -V3Ye+V5(Yd+Ye+Yf+Yg) = Ig- Ie.
La matrice Y dei coefficienti simmetrica rispetto la diagonale principale
[MAS]
. Ed
Y =
+ +
+ +
+ + +

Y Y Y Y Y
Y Y Y Y Y
Y Y Y Y Y Y
a b d b d
b b c e e
d e d e f g






Questa della simmetria una propriet generale valida per tutte le reti.
Chiamiamo V il vettore delle tensioni da ricavare e I il vettore dei termini noti:
V =

V
V
V
2
3
5
I =


I
0
e
g e I I

Il sistema si pu riscrivere in modo simbolico come
I = VY [2.2-17]
e pu essere risolto applicando le note regole di Kramer.
2.2.5.4 Risoluzione delle reti elettriche con il metodo delle maglie
Si pu adottare un altro metodo per la risoluzione dei circuiti che richiede la presenza sol-
tanto di generatori di tensione. Questa volta si tratta di determinare la corrente delle maglie. Scelto
a piacere uno scheletro, l'aggiunta di uno qualunque dei rami rimossi per ottenere lo scheletro chiu-
de una delle maglie. Assumiamo come corrente di maglia proprio la corrente di questo ramo. Que-
sta corrente circola anche negli altri rami della maglia. Per ogni ramo aggiunto si ha una diversa
maglia con una differente corrente di maglia. Quindi in ogni ramo della rete passa una corrente che
d Y
5
1
a Y
2
3
Ig
Ie
b Y
Yf c Y
e Y
g Y

Fig.2.2-10
Elementi di circuito e reti elettriche 60
una combinazione lineare delle correnti di maglia. Il numero m di maglie indipendenti dato dalla
[2.2-11].
Per far capire meglio come applicare il metodo, prendiamo sempre come esempio la rete di
Fig.2.2-6 ripresa in Fig.2.2-11a. Scegliamo lo scheletro della Fig.2.2-7b riportato in Fig.2.2-11b. I
rami soppressi per ottenere lo scheletro sono quelli in cui stanno le impedenze Zc, Zd, Ze e Zg e per-
tanto le correnti di maglia le chiameremo Ic, Id, Ie e Ig, a seconda del ramo soppresso. Scegliamo le
maglie come nella Fig.2.2-11a in cui sono indicati i versi arbitrari assegnati alle correnti di maglia.
Cominciamo con il consi-
derare la maglia 1-2-3-1. La cor-
rente di maglia Ic incontra l'impe-
denza complessiva Za+Zb+Zc. Essa
determina, allora una caduta di po-
tenziale Ic(Za+Zb+Zc). Ma nella
stessa maglia circola la corrente Id,
nel ramo Za, determinando una ca-
duta -ZaId. Inoltre la corrente Ie
circola in (Za+Zb) producendo una caduta di potenziale -Ie(Za+Zb). Ig non circola nella maglia in
studio. Non sono presenti generatori nella maglia. Allora per questa maglia si ha:
Ic(Za+Zb+Zc)-IdZa-Ie(Za+Zb) = 0.
Nella maglia 1-5-2-1 la corrente Ic circola nel ramo di Za e produce una caduta -IcZa. La cor-
rente di maglia Id passa nelle impedenze Za, Zd e Zf e produce una caduta Id(Za+Zb+Zf). Ie attraversa
le impedenze Za+Zf dando una caduta di potenziale Ie(Za+Zf). Per finire, la corrente Ig scorre solo in
Zf e da una caduta IfZf. Anche in questa maglia non ci sono generatori. Si ha
-IcZa+Id(Za+Zd+Zf)+Ie(Za+Zf)+IgZf = 0.
Nella maglia 1-5-3-2-1 Ic circola nei rami Za e Zb e da una caduta -Ic(Za+Zd). Id passa nelle
impedenze Za e Zf e produce una caduta Id(Za+Zf). La corrente di maglia Ie attraversa le impedenze
Za, Zb, Ze e Zf causando una caduta Ie(Za+Zb+Ze+Zf). E per finire Ig scorre solo in Zf e determina
una caduta IfZf. In questa maglia c' il generatore di tensione Ee. Quindi
-Ic(Za+Zb)+Id(Za+Zf)+Ie(Za+Zb+Ze+Zf)+IgZf = Ee.
Nella maglia 1-5-1 Ic non circola mentre Id scorre in Zf e da una caduta IdZf. Ie attraversa
l'impedenza Zf determinando una caduta di potenziale IeZf. Infine la corrente di maglia Ig fluisce in
Zf e Zg e produce una caduta If(Zf+Zg). In questa maglia c' il generatore di tensione Eg ma inserito
in modo da spingere la corrente in verso opposto a quello di quella di maglia. Allora
IdZf+IeZf+Ig(Zf+Zg) = -Eg.
Ricapitolando:
Ic( Za+Zb+Zc)-IdZa-Ie(Za+Zb) = 0;
-IcZa+Id( Za+Zd+Zf)+Ie(Za+Zf)+IgZf = 0;
-Ic(Za+Zb)+Id(Za+Zf)+Ie(Za+Zb+Ze+Zf)+IgZf = Ee;
IdZf+IeZf+Ig(Zf+Zg) = -Eg.
Anche questa volta la matrice Z del sistema simmetrica rispetto la diagonale
[MAS]
:

+
+ + + + +
+ + +
+ + +
=
g f f f
f f e b a f a b a
f f a f d a a
b a a c b a
Z Z Z Z 0
Z Z Z Z Z Z Z ) Z Z (
Z Z Z Z Z Z Z
0 ) Z Z ( Z Z Z Z
Z
Chiamiamo I il vettore delle correnti da ricavare e V il vettore dei termini noti. Cio:
(a)
1
+ -
+ -
a Z c Z
d Z
e Z
f Z g Z
2
3 4 5
6
Ee
Eg
b Z
(b)
1
2
3
5
c I
d I
e I
g I

Fig.2.2-11
Elementi di circuito e reti elettriche 61
I =

Ic
d
e
g
I
I
I
V =



E
0
0
e
g E

Il sistema si pu riscrivere in modo simbolico come
V = IZ [2.2-18]
e risolvere praticamente applicando le regole di Kramer.
2.3. Connessioni fra bipoli ed un doppio bipolo
utile ridurre a soltanto un doppio bipolo DB' una rete in cui sia presente un doppio bipolo
DB ed un bipolo esterno. A seconda di come il bipolo esterno connesso al DB pi conveniente
usare una rappresentazione del DB oppure un altra.
Se si ha una impedenze in serie al DB su una porta conviene usare una rappresentazione che
per tale porta abbia come variabile indipendente la corrente e come variabile dipendente la tensione.
Pertanto, se si mette un bipolo in serie all'ingresso si usa o la rappresentazione a parametri Z o quel-
la a parametri h. Se, il bipolo in serie si mette sull'uscita, allora conviene adoperare la rappresenta-
zione a parametri Z oppure quella a parametri k. Se si hanno ammettenze in parallelo alla porta ,
invece, pi conveniente una rappresentazione che per tale porta abbia come variabile indipendente
la tensione e come variabile dipendente la corrente. Allora, quando si mette un bipolo in parallelo
all'ingresso si deve usare la rappresentazione a parametri Y o k. Se il bipolo si mette sull'uscita allo-
ra pi opportuno usare la rappresentazione Y o h.
Per giustificare la validit pratica di quanto affermato ci rifacciamo ad alcuni esempi. Con-
sideriamo il caso di un doppio bipolo con due impedenze ZA e ZB connesse in serie come mostrato
in Fig.2.3-1. evidente che se la rappresentazione del doppio bipolo DB quella a parametri Z si
pu inglobare il tutto in un unico doppio bipolo DB', ancora a parametri Z, per il quale
Z'11 = ZA + Z11, Z'12 = Z12, Z'21 = Z21, Z'22 = ZB + Z22. [2.3-1]
I
1
1
V
+
-
I
2
2
V
-
+
+
-
11
Z
22
Z
1
I
21
Z
12
Z
2
I
+
-
I
1
1
V
+
-
I
2
2
V
-
+
'
'
'
'
B
Z A
Z

Fig.2.3-1
I
1
1
V
+
-
I
2
2
V
-
+
+
-
1 V 21
Y
12
Y
2 V
22
Y 11
Y
I
1
'
B
Y
A
Y
I
2
'
B
Y

Fig.2.3-2
Elementi di circuito e reti elettriche 62
Colleghiamo ora, invece, ad un DB, due ammettenze YA e YB in parallelo, alle due porte,
come rappresentato nella Fig.2.3-2. Se si usano per il DB i parametri Y si pu semplificare il tutto
come un unico doppio bipolo DB', anche esso a parametri Y, e per il quale
Y'11 = YA + Y11, Y'12 = Y12, Y'21 = Y21, Y'22 = YB + Y22. [2.3-2]
Nel caso di impedenza ZA in serie all'ingresso e di ammettenza YB in parallelo all'uscita,
come quella di Fig.2.3-3 conviene partire da una rappresentazione a parametri ibridi del DB ed arri-
vare ad una altra rappresentazione DB' ancora a parametri ibridi. In tal caso
h'11 = ZA + h11, h'12 = h12, h'21 = h21, h'22 = YB + h22. [2.3-3]
Il caso opposto di ammettenza YA in parallelo all'ingresso e di impedenza ZB in serie all'u-
scita e lasciato come esercizio.
interessante il caso
relativo ad una impedenza Ym
fra il nodo d'ingresso e d'uscita
della Fig.2.3-4. Partiamo dalla
rappresentazione a parametri
Y:

I Y V Y V
I Y V Y V
1 11 1 12 2
2 21 1 22 2
= +
= +

.
Per le correnti I1' e I2' si
pu scrivere:

I Y V Y V Y V V Y Y V Y Y V
I Y V Y V Y V V Y Y V Y Y V
m m m
m m m
1 11 1 12 2 1 2 11 1 12 2
2 21 1 22 2 2 1 21 1 22 2
' ( ) ( ) ( )
' ( ) ( ) ( )
.
= + + = + +
= + + = + +


Ed il DB' ha i parametri
.
; Y Y ' Y
; Y Y ' Y
; Y Y ' Y
; Y Y ' Y
m B 22
m 21 21
m 12 12
m A 11

+ =
=
=
+ =
[2.3-4]
Studiamo ora il caso in cui
una impedenza Zm connessa in se-
rie ad entrambe le porte come nella
Fig.2.2-16. Utilizziamo la rappre-
sentazione a parametri Z. Cio
V Z I Z I
V Z I Z I
1 11 1 12 2
2 21 1 22 2
= +
= +

.
I1
1 V
+
-
I1
1 V
+
-
'
'
A Z
I2
2 V
-
+
I2'
B Y
+
-
11 h
1 I 21 h 12 h 2 V
22 h

Fig.2.3-3

I
1
1
V
+
-
I
2
2 V
-
+
1 V
21 Y
12 Y
2 V
22 Y
11 Y
I '
1 I '
2
m Y

Fig.2.3-4
I
2
2
V
-
+
+
-
11
Z
22
Z
1
I
21
Z
12
Z
2
I
+
-
m
Z
I
1
1
V
+
-
+
-
1
V
'
+
-
2 V'

Fig.2.3-5
Elementi di circuito e reti elettriche 63
Nella Zm circola la somma di I1 e I2 e la caduta ai suoi capi Zm(I1+I2). Allora
V Z I Z I Z I I
V Z I Z I Z I I
m
m
1 11 1 12 2 1 2
2 21 1 22 2 1 2
' ( )
' ( )
,
= + + +
= + + +


V Z Z I Z Z I
V Z Z I Z Z I
m m
m m
1 11 1 12 2
2 21 1 22 2
' ( ) ( )
' ( ) ( )
.
= + + +
= + + +


Ed il DB' ha i parametri
Z'11 = ZA + Ym, Z'12 = Z12 + Zm, Z'21 = Z21 + Zm, Z'22 = ZB + Zm. [2.3-5]
2.3.1 Le funzioni di rete
Applichiamo una sorgente ad una delle porte, che chiamiamo ingresso. Per esempio adope-
riamo un generatore di tensione Vg con una impedenza Zg. Connettiamo all'altra porta una impe-
denza utilizzatrice Zu. Si dice che il DB pilotato dal generatore e caricato dall'utilizzatore. Usiamo
il pedice i (input) per indicare le grandezze relative alla porta cui si applica un generatore e con il
pedice o (output) quelle relative alla porta in cui si inserisce un carico. Il tutto mostrato nella
Fig.2.3-6.
Sulla porta d'ingresso
V V Z I i g g i = . [2.3-6]
Sull'altra porta I
V
Z
o
o
u
= . [2.3-7]
Definiamo le funzioni di rete. Si chiama amplifi-
cazione di tensione AV il rapporto
A
V
V
V
o
i
= . [2.3-8]
Invece l'ammettenza d'ingresso Yi
Y
I
V
i
i
i
= . [2.3-9]
Si chiama amplificazione di corrente AI il rapporto
A
I
I
I
o
i
= . [2.3-10]
Usando le due precedenti espressioni e la [2.3-7] si ottiene
. A
Y
Y
A
Z
Z
V
V
Z
Z
V Y
Z V
A V
i
u
V
u
i
i
o
u
i
i i
u o
I = = =

= [2.3-11]
Da cui anche A
Z
Z
A v
u
i
I = . [2.3-12]
Il circuito d'ingresso il partitore di tensione rappresentato in
Fig.2.3-7. L'amplificazione di tensione AVg riferita alla f.e.m del gene-
ratore
.
Y Y
Y
A
Z Z
Z
A
V
V
V
V
V
V
A
g i
g
V
g i
i
V
g
i
i
o
g
o
Vg
+
=
+
= = = [2.3-13]
Se pilotiamo con un generatore di corrente Ig, sempre con una
impedenza interna Zg, si pu definire l'amplificazione di corrente riferi-
ta al generatore AIg come
Ii
i V
+
-
+
-
g Z
Io
o V
-
+
u Z
g V

Fig.2.3-6
Ii
i V
+
-
+
-
g Z
g V i Z

Fig.2.3-7
Elementi di circuito e reti elettriche 64
A
I
I
Ig
o
g
= . [2.3-14]
Il circuito equivalente dingresso rappresentato in Fig.2.3-8. C' un
partitore di corrente. Dunque
.
Z Z
Z
A
I
I
I
I
A
g i
g
I
g
i
i
o
Ig
+
= = [2.3-15]
Per quanto riguarda l'uscita, possiamo applicare Thevenin e rap-
presentare il DB come un generatore dipendente dall'ingresso con l'impedenza interna Zo. L'impe-
denza d'uscita definita secondo il teorema di Thevenin come il rapporto fra la tensione applicata
alla porta d'uscita e la corrente nella porta d'uscita quando si elimina il generatore d'ingresso. Cio
si cortocircuita il generatore di tensione o si apre quello di corrente. Nel caso di pilotaggio con un
generatore di tensione Vg
Z
V
I
o
o
o
Vg
=
=0
. [2.3-16]
Mentre nel caso del generatore di corrente Ig

Z
V
I
o
o
o
Ig
=
=0
. [2.3-17]
Dal momento che l'impedenza d'ingresso va calcolata aprendo il generatore di corrente o cortocir-
cuitando quello di tensione all'ingresso, allora essa dipende solo dal DB e dalla Zg.
A seconda di come si preferisce pilotare l'ingresso, se cio con un generatore di tensione o
con uno di corrente, si calcola nei due casi o la f.e.m. VoV del generatore di tensione o la corrente di
cortocircuito Iocc, rispettivamente
Nel caso di pilotaggio in tensione con il generatore di f.e.m. Vg ricaviamo dalla [2.3-13] che
Vo= AVgVg. Allora
. V k A lim V V A lim V g m
, Zu
g g
, Zu
oV Vg Vg = = =

[2.3-18]
in questo caso conviene rappresentare il doppio bipolo caricato come nella Fig.2.3-9a.
Se si pilota in corrente con il generatore Ig ricaviamo dalla [2.3-14] che Io = AIgIg. Allora
. I h A lim I I A lim I g m
0 , Zu
g g
0 , Zu
occ Ig Ig = = = [2.3-19]
questa volta pi opportuna la rappresentazione del doppio bipolo caricato come nella Fig.2.3-9b.
Ii
i V
+
-
+
-
g Z
g I
i Z

Fig.2.3-8
Io
o V
-
+
u Z
+
-
g V m k
Ii
i V
+
-
+
-
g Z
g V i Z
o Z
(a)
Io
o V
-
+
u Z
Ii
i V
+
-
i Z
g I m h o Z
g Y
g I
(b)
Io
o V
-
+
u Z
+
-
g I m Z
Ii
i V
+
-
i Z
o Z
g Y
g I
(c)
Io
o V
-
+
u Z
Ii
i V
+
-
+
-
g Z
g V i Z
g V m Y o Z
(d)

Fig.2.3-9
Elementi di circuito e reti elettriche 65
Ricordiamo che per il teorema di Thevenin
VoV = ZoIocc. [2.3-20]
Pertanto, utilizzando la [2.3-19], questa si pu riscrivere come
VoV = ZoIocc = ZohmIg = ZmIg. [2.3-21]
in questo caso conviene rappresentare il doppio bipolo caricato come nella Fig.2.3-9c.
Riapplicando la [2.3-20] alla [2.3-18]
Iocc = VoV/Zo = kmVg/Zo = YmVg. [2.3-22]
in questo caso conviene rappresentare il doppio bipolo caricato come nella Fig.2.3-9d.
2.3.1.1 Una applicazione con i parametri Y
Calcoliamo le funzioni di rete utilizzando per il DB i parametri Y. Riprendiamo le [2.1-18].
.
V Y V Y I
V Y V Y I
2 22 1 21 2
2 12 1 11 1

+ =
+ =
[2.1-18]
Per il generatore vale la g 1 g 1 Y I V V = [2.3-23]
e per il carico . V Y I 2 u 2 = [2.3-24]
Dalla seconda delle [2.1-18] e da questultima si ricava
-YuV2 = Y21V1+Y22V2,
cio -(Yu+Y22) V2 = Y21V1.
Ma allora .
Y Y
Y
V
V
A
22 u
21
1
2
V
+
= = [2.3-25]
Riprendiamo la prima delle [2.1-18]. Utilizzando la definizione di AV [2.3-8] si ha
I1 = Y11V1+Y12V2 = Y11V1+Y12AVV1,
per cui l'ammettenza d'ingresso
Yi = Ii/Vi = Y11+Y12AV. [2.3-26]
Questa pu essere scritta in forma esplicita dei parametri del DB e dell'utilizzatore sostituendovi
lespressione [2.3-26] della AV. Perci
Y Y Y
Y
Y Y
Y Y
Y Y
i
u
y u
u
=
+
=
+
+
11 12
21
22
11
22
'
. [2.3-27]
Anche l'amplificazione di corrente [2.3-11] pu essere espressa in forma esplicita. Impie-
ghiamo le [2.3-25] e le [2.3-27]
.
Y Y ) Y Y ( Y
Y
Y A Y
Y
A Y Y
A
Y
Y
A
Y A
12 21 22 u 11
u
12 V 11
u
V 12 11
V
u
i
V
u I
+ +

=
+

=
+
= = [2.3-28]
Per finire .
Y Y
Y Y
A
u 1 y
21 u
I
+
= [2.3-29]
Possiamo anche calcolare l'amplificazione riferita al generatore in forma esplicita. Usiamo le
[2.3-13] in cui sostituiamo le [2.3-25] e [2.3-27]
.
) Y Y ( Y Y Y
Y Y
Y +
Y Y
Y Y
Y
Y Y
Y
Y Y
Y
A A
22 u g 11 u y
g 21
g
22 u
11 u y
g
22 u
21
g i
g
V Vg
+ + +
=
+
+
+
=
+
= [2.3-30]
Per determinare l'impedenza d'uscita bisogna cortocircuitare il generatore Vg. Allora la cor-
rente I1 passa nell'ammettenza Yg e per la tensione V1 si ha I1 = -YgV1, che sostituita nella prima
delle [2.1-18] da -YgV1 = Y11V1 + Y12V2, da cui si ricava (Yg+Y11)V1 = -Y12V2.
Infine . V
Y Y
Y
V 2
11 g
12
1
+
= [2.3-31]
Sostituiamo nella seconda delle [2.1-18]
Elementi di circuito e reti elettriche 66
2
11 g
11 g 22 21 12
2 22 2
11 g
21 12
2 22 1 21 2 V
Y Y
) Y Y ( Y Y Y
V Y V
Y Y
Y Y
V Y V Y I
+
+ +
= +
+
= + =
e finalmente .
Y Y
Y Y
I
V
Z
g 22 y
11 g
2
2
o
+
+
= = [2.3-32]
Per rappresentare il DB come nella Fig.2.3-9a bisogna calcolare la VoV. Per fare ci sosti-
tuiamo la [2.3-30] nella [2.3-18]:
,
) Y Y ( Y Y Y
Y Y
lim V A lim V V
22 u g 11 u y
g 21
0 , Yu
g
0 , Yu
g oV Vg
+ + +
= =
cio , V k
Y Y
Y Y
V V g m
22 g y
g 21
g oV =
+
= [2.3-33]
con .
Y Y
Y Y
k
22 g y
g 21
m
+
= [2.3-34]
2.3.1.2 Una applicazione con i parametri h
Riprendiamo le [2.1-19]: .
V h I h I
V h I h V
2 22 1 21 1
2 12 1 11 1

+ =
+ =
[2.1-19]
Per il generatore vale la , I Z V V 1 g g 1 = [2.3-35]
e per il carico 2 u 2 I Z V = [2.3-36]
Dalla seconda delle [2.1-19] e dalla [2.3-36] si ricava
I2 = h21I1-h22I2Zu,
cio (1+Zuh22)I2 = h21I1.
Ma allora .
h Z 1
h
I
I
A
22 u
21
1
2
I
+
= = [2.3-37]
Riprendiamo la prima delle [2.1-19]. Per la definizione di AI ed usando la [2.3-36]
V1 = h11I1 + h12V2 = h11I1-h12AIZuI1,
e, allora Z
V
I
h h A Z i I u = =
1
1
11 12 . [2.3-38]
O anche
u 22
11 h u
u 22
u 21
12 11 i
Z h 1
h Z
Z h 1
Z h
h h Z
+
+
=
+
= [2.3-39]
Per determinare in forma esplicita la AV sostituiamo nella [2.3-8] le [2.3-37] e [2.3-38]. Si
ha
,
Z h 1
h Z
h Z 1
h
Z
Z
A
Z A
u 22
11 h u
22 u
21
u
i
i
u V
+
+
+
= =
cio A
h
h Y
V
h u
=
+
21
11 '
. [2.3-40]
Calcoliamo l'amplificazione riferita al generatore in forma esplicita. Sostituiamo nella [2.3-
13] le [2.3-39] e [2.3-40]. Si ha
A A
Z
Z Z
h
h Y
Z h
h Z
Z h
h Z
Z
h
h Y
Z h
Z h Z h Z
Vg V
i
i g h u
u h
u
u h
u
g
h u
u h
u h g u
=
+
=
+

+
+
+
+
+
=
+

+
+ + +
21
11
11
22
11
22
21
11
11
11 22
1
1
1 '
'
'
'
'
' ( )
,
Quindi .
h Z Z ) h Z (
h
A
h 22 g u 11 g
21
Vg
+ + +
= [2.3-41]
Per rappresentare il DB come nella Fig.2.3-9a bisogna calcolare la VoV. Per fare ci sosti-
Elementi di circuito e reti elettriche 67
tuiamo la [2.3-41] nella [2.3-18]:
,
h Z Z ) h Z (
h
lim V A lim V V
h 22 g u 11 g
21
, Zu
g
, Zu
g oV Vg
+ + +
= =


. V k
h Z
h
V V g m
h 22 g
21
g oV =
+
= [2.3-42]
.
h Z
h
k
h 22 g
21
m
+
= [2.3-43]
Per calcolare l'impedenza d'uscita cortocircuitiamo Vg. Pertanto, la tensione V1 - ZGI1. U-
tilizzando la prima delle [2.1-19]
V1 = -ZgI1 = h11I1 + h12V2,
cio (Zg + h11)I1 = -h12V2,
infine . V
h Z
h
I 2
11 g
12
1
+
= [2.3-44]
Sostituendo nella seconda delle [2.1-19]
. V
h Z
h h
h V h V
h Z
h
h I 2
11 g
12 21
22 2 22 2
11 g
12
21 2

+
= +
+
=
Quindi Y
I
V
h
h h
Z h
o
g
= =
+
2
2
22
21 12
11
. [2.3-45]
2.3.1.3 Una applicazione con i parametri Z
Riprendiamo le [2.1-17]: .
I Z I Z V
I Z I Z V
2 22 1 21 2
2 12 1 11 1

+ =
+ =
[2.1-17]
Per il generatore vale la V V Z I g g 1 1 = , [2.3-35]
e per il carico 2 u 2 I Z V = [2.3-36]
Dalla seconda delle [2.1-17] e dalla [2.3-36] si ricava
-ZuI2 = Z21I1 + Z22I2,
cio (Zu + h22)I2 = -Z21I1.
Ma allora A
I
I
Z
Z Z
I
u
= =
+
2
1
21
22
. [2.3-46]
Riprendiamo la prima delle [2.1-17]. Sostituendo in questa il valore di I2 che si pu ricavare
dalla [2.3-46] V Z I
Z Z
Z Z
I
u
1 11 1
12 21
22
1 =

+
,
e, allora Z Z
Z Z
Z Z
i
u
=
+
11
12 21
22
. [2.3-47]
AV pu essere sempre calcolato adoperando lespressione generale [2.3-12]. Il calcolo della
funzione esplicita lo lasciamo come esercizio.
Il doppio bipolo si presenta come perfettamente simmetrico. Pertanto scambiando nella [2.3-
47] Z11 con Z22 e Z12 con Z22 e Zu con Zg si scrive immediatamente limpedenza duscita:
Z Z
Z Z
Z Z
o
g
=
+
22
12 21
11
. [2.3-48]
2.3.1.4 Potenza
La differenza di potenziale fra due punti il lavoro che bisogna compiere per trasportare una
carica unitaria fra i due punti. Quindi il lavoro che si compie per trasportare una carica q attraverso
una differenza di potenziale V
Elementi di circuito e reti elettriche 68
L = qV. [2.3-49]
La rapidit con cui questo trasporto viene fatto da la potenza elettrica:
. I V
dt
q d
V
dt
V q d
dt
dL
P = = = = [2.3-50]
Se la corrente, che per il momento immaginiamo continua, attraversa un resistore R, la po-
tenza che in esso si dissipa :
.
R
V
I R I V P
2
2
= = = [2.3-51]
Supponiamo, invece che la corrente ) t cos( I i M = sia sinusoidale monocromatica e che at-
traversi una impedenza Z composta da una resistenza R ed una reattanza X. Ai capi dellimpedenza
si manifesta una tensione ). t cos( V v M + = Abbiamo visto nel 1.3 che il legame fra corrente i e
tensione v in questo caso fornito dalle relazioni [1.3-20] - [1.3-22].
| Z | I X R I V M
2 2
M M = + = .
R
X
arctg = .
La potenza istantanea vi mentre quella media, di maggiore interesse, in genere :
= + = =

T
0
M M
T
0
dt ) t cos( I ) t cos( V
T
1
dt i v
T
1
P
= =

T
0

M M
dt ) t cos( )] sen( ) t sen( ) cos( ) t [cos(
T
I V

. dt ) t sen( ) t cos( ) sen( dt ) t ( cos ) cos(
T
I V
T
0

T
0

2
M M

=


Il calcolo porta a . cos
2
I V
P
M M
= [2.3-52]
Se X = 0, cio, se il circuito ha solo resistori, VM/IM = R e M= 0. Allora, in questo caso
P
V I V
R
R I M M M M
= = =

2 2 2
2 2
[2.3-53]
Se chiamiamo valore efficace di tensione e di corrente alternata sinusoidale V V ef M = 2 e
, 2 I I M ef = rispettivamente, la relazione precedente relativa alla potenza media dissipata nella re-
sistenza

2
Mef
2
ef
ef ef I R
R
V
I V P = = = [2.3-54]
analoga alla [2.3-51]. Adesso si comprende il senso del nome valore efficace. Esso rappresenta il
valore di una corrente alternata sinusoidale che dissipa una potenza eguale a quella di una cor-
rente continua nella stessa resistenza. Si noti anche che se limpedenza non ha parte resistiva la
potenza dissipata nulla. Il che significa che la potenza si dissipa unicamente nelle parti resistive di
un circuito
Nel caso che limpedenza abbia una parte reattiva, al calcolo della potenza media, vedi [2.3-
52], prende anche parte un termine cos M che assume per questo il nome di fattore di potenza e vie-
ne spesso indicato con PF. Se c parte reattiva il fattore di potenza inferiore ad 1. Esso esprime
quanta parte della potenza media fornita allimpedenza si dissipa nella parte resistiva. Per una im-
pedenza da cui ci si aspetta un comportamento resistivo il PF dovrebbe avvicinarsi quanto pi ad 1,
mentre per una impedenza da cui ci si aspetta un comportamento reattivo il PF dovrebbe avvicinarsi
quanto pi ad 0.

Elementi di circuito e reti elettriche 69
2.3.1.5 Adattamento dimpedenza
Vogliamo ora trattare il problema della potenza trasferita da un generatore Vg con impeden-
za interna Zg = Rg + jXg ad un carico Zu = Ru + jXu. Ma la potenza nel carico si dissipa soltanto nel-
la sua parte resistiva Ru. La potenza media in :
.
jX R jX R
R
V
Z Z
R
V R I V I P
2
u u g g
u
2
gef
2
u g
u
2
gef u
2
ef uef ef
+ + +
=
+
= = =
evidente che, per quanto riguarda la parte reattiva il massimo della potenza sul carico si ha se le
due reattanze sono eguali ed opposte, cio se Xg = - Xu. In queste condizioni la precedente diventa:
.
) R R (
R
V P
2
u g
u
2
gef
+
= [2.3-55]
Per trovare il valore di Ru che massimizza questa potenza basta derivare
la precedente rispetto a Ru e imporre che la derivata sia nulla. Si ha
. 0
) R R (
) R R ( R 2 ) R R (
V
dR
dP
4
u g
u g u
2
u g
2
gef
u
=
+
+ +
=
La soluzione di questa equazione Ru = Rg. Quindi se le reattanze di ca-
rico ed impedenza interna sono eguali ed opposte e le resistenze, invece,
sono eguali si ha il massimo di potenza sul carico che , per la [2.3-55]
.
R 4
V
) R 2 (
R
V P
u
2
gef
2
u
u
2
gef = = [2.3-56]
Poich le due impedenza sono eguali la potenza erogata dal generatore il doppio di quella del ca-
rico ed il sistema ha un rendimento del 50% ma la potenza sul carico la massima possibile.
2.3.1.6 Quadrupoli come adattatori dimpedenza
Spesso non possibile ottenere direttamente ladattamento dimpedenza fra carico e genera-
tore perch le relative impedenze non sono eguali e non si possono modificare. Si pu ovviare
allinconveniente interponendo fra generatore e carico un doppio bipolo che adatti il suo ingresso al
generatore e la sua uscita al carico. In questo caso si dice che si sta lavorando su impedenze imma-
gini.
Riprendiamo le espressioni relative al calcolo delle impedenze dingresso e duscita, per e-
sempio, quelle calcolate utilizzando i parametri Z. Per imponiamo la condizione dimpedenza im-
magine sia dingresso che duscita. Quindi dalle [2.3-47] e [2.3-48]:

Z Z Z
Z Z
Z Z
Z Z Z
Z Z
Z Z
i g
u
o u
g
= =
+
= =
+

11
12 21
22
22
12 21
11
.
che si possono riscrivere come
Z Z
Z Z
Z Z
Z Z
Z Z
Z Z
u
g
u
g
+ =

=
+

22
12 21
11
22
12 21
11
.
Eseguendo una volta la somma ed una volta la differenza termine a termine si ottiene:

+
=

+
+
=
11
2
11
2
g
21 12
11 g
21 12
11 g
21 12
22
g
2
11
2
g
21 12
11 g
21 12
11 g
21 12
u
Z
Z Z
Z Z
2
Z Z
Z Z
Z Z
Z Z
Z 2
Z
Z Z
Z Z
2
Z Z
Z Z
Z Z
Z Z
Z 2

=
11
2
g
2
11
21 12
22
g
2
g
2
11
21 12
u
Z
Z Z
Z Z
Z
Z
Z Z
Z Z
Z

I
u
V
+
-
+
-
g Z
V
u Z
g

Fig.2.3-7
Elementi di circuito e reti elettriche 70
e per rapporto fra queste due: .
Z
Z
Z
Z
11
22
g
u
= [2.3-57]
Risostituendo nelle due ultime espressioni si ottiene:
.
Z
Z Z
Z Z Z
Z
Z Z
Z Z Z
22
21 12
11 11
2
g
11
21 12
22 22
2
u

=
[2.3-58]
Determiniamo le impedenze dingresso e duscita a vuoto ed in cortocircuito:
Z Z Z iV
Z
i
u
= =

lim
,
11 ; Z Z Z oV
Z
o
g
= =

lim
,
22 ,
Z Z Z
Z Z
Z
ic
Z
i
u
= = lim
,0
11
12 21
22
; Z Z Z
Z Z
Z
oV
Z
o
g
= = lim
,0
22
12 21
11
.
Confrontando rapidamente queste espressioni con le [2.3-58] si vede che queste si possono scrivere
come:
.
Z Z Z
Z Z Z
iV iV g
oc oV u

=
=
[2.3-59]
Infine si pu ricavare unaltra espressione che lega i parametri del doppio bipolo alle due
impedenze esterne. Si pu ricavare il prodotto Z12Z21 dalle [2.3-58]
.
Z
Z Z
Z
Z
Z Z
Z Z Z
11
2
g
2
11
22
22
2
u
2
22
11 21 12

=

= [2.3-60]
In pratica, per ottenne che il doppio dipolo adatti sia in ingresso che in uscita, due condizio-
ni sono state fissate e quindi si trovano due relazioni una per il rapporto fra due parametri e laltra
per il prodotto degli altri due. Quindi il problema permette di sceglierne altre due ancora.
Nel caso di quadrupolo simmetrico Z11 = Z22 e Z12 = Z21 le due impedenze immagini coinci-
dono, e prendono il nome di impedenza caratteristica Z0 il cui valore facile calcolare
. Z Z Z
2
12
2
11
2
0 = [2.3-61]
2.3.1.7 Quadrupoli iterativi
Un caso interessante quando il quadrupolo interposto, dal punto di vista delle impedenze
dingresso e duscita, come se non ci fosse. In tal caso la sua impedenza duscita deve essere e-
guale a quella del generatore e quella dingresso identica a quella di carico. In tal caso si dice che si
in condizioni di impedenza iterativa.
Imponiamo la condizione dimpedenza iterativa sia dingresso che duscita. Quindi dalle
[2.3-47] e [2.3-48]:

Z Z Z
Z Z
Z Z
Z Z Z
Z Z
Z Z
i u
u
o g
g
= =
+
= =
+

11
12 21
22
22
12 21
11
. [2.3-62]

che si possono riscrivere come
Z Z
Z Z
Z Z
Z Z
Z Z
Z Z
u
u
g
g
11
12 21
22
22
12 21
11
=
+
=
+

. dalle quali si ricava


21 12 11 g g 22 22 u u 11 Z Z ) Z Z )( Z Z ( ) Z Z )( Z Z ( = + = + [2.3-63]
ed ancora ) Z Z Z ( Z ) Z Z Z ( Z g 11 22 g u 22 11 u =
Elementi di circuito e reti elettriche 71
cio ) Z Z )( Z Z ( Z Z u g 11 22
2
g
2
u + =
In definitiva Z Z Z Z u g = 22 11 [2.3-64]
Anche questa volta si trovano due relazioni soltanto per i quattro parametri e la scelta di due
, quindi, libera.
2.4. Connessioni fra doppi bipoli
I doppi bipoli possono essere interconnessi in modo vario. Si pu procedere nei modi gi no-
ti per determinare il comportamento delle reti in cui sono presenti DB interconnessi fra di loro. Ma
si pu arrivare a delle semplificazioni per alcuni casi particolari che ci accingiamo a trattare.
2.4.1 Connessione in parallelo
Se i DB sono in parallelo (Fig.2.4-1),
le tensioni delle porte corrispondenti sono
identiche. conveniente usare le tensioni
come variabili indipendenti e le correnti co-
me dipendenti e lavorare con i parametri Y. I
doppi bipoli sono descritti dalla [2.1-18]:
,
V Y V Y I
V Y V Y I
a 2 a 22 a 1 a 21 a 2
a 2 a 12 a 1 a 11 a 1

+ =
+ =

.
V Y V Y I
V Y V Y I
b 2 b 22 b 1 b 21 b 2
b 2 b 12 b 1 b 11 b 1

+ =
+ =

Per le tensioni e le correnti possiamo
scrivere:
I1 = I1a + I1b; I2 = I2a + I2b; V1 = V1a = V1b; V2 = V2a = V2b.
Allora: = + + + = + = b 2 b 12 b 1 b 11 a 2 a 12 a 1 a 11 b 1 a 1 1 V Y V Y V Y V Y I I I
, V ) Y Y ( V ) Y Y ( 2 b 12 a 12 1 b 11 a 11 + + = +
e = + + + = + = b 2 b 22 b 2 b 21 a 2 a 22 a 2 a 21 b 2 a 2 2 V Y V Y V Y V Y I I I
. V ) Y Y ( V ) Y Y ( 2 b 22 a 22 1 b 21 a 21 + + = +
E quindi ,
V Y V Y I
V Y V Y I
2 t 22 t 1 t 21 2
2 t 12 1 t 11 1

+ =
+ =

in cui Y11t = Y11a + Y11b; Y12t = Y12a + Y12b; Y21t = Y21a + Y21b; Y22t = Y22a + Y22b. [2.4-1]
2.4.2 Connessione in serie
Dal momento che i DB sono in serie,
Fig.2.36, le correnti delle porte corrispon-
denti sono identiche. Allora conveniente
utilizzare proprio le correnti come variabili
indipendenti e quindi scegliere la rappresen-
tazione a parametri Z. I due DB sono de-
scritti dalla [2.1-17]. Quindi:
;
I Z I Z V
I Z I Z V
a 2 a 22 a 1 a 21 a 2
a 2 a 12 a 1 a 11 a 1

+ =
+ =

.
I Z I Z V
I Z I Z V
b 2 b 22 b 1 b 21 b 2
b 2 b 12 b 1 b 11 b 1

+ =
+ =

Per le tensioni e le correnti possiamo
scrivere
+
- -
+
+
- -
+
V1
V2
I1
1a V 11a Y
1a I
11b Y
1b V
2a I
22a Y
1b I
2b V
2a V
2 I
2b I
22b Y
Y21a 1a V
Y21b 1b V
12a Y 2a V
12b Y 2b V
+
-
+
-

Fig.2.4-1
1a V
1a I
1b V
2a I
1b I
2b V
2a V
2b I
V1
I1
+
-
V2
2 I
+
-
+
- -
+
+
-
+
-
+
- -
+
+
-
+
-
11a Z
11b Z 22b Z
Z21a 1a I
22a Z
Z21b 1b I
12a Z 2a I
12b Z 2b I

Fig.2.4-2
Elementi di circuito e reti elettriche 72
V1 =V1a + V1b; V2 = V2a + V2b; I1 = I1a = I1b; I2 = I2a = I2b.
In modo analogo al caso precedente si ottiene
.
I Z I Z V
I Z I Z V
2 t 22 1 t 21 2
2 t 12 1 t 11 1

+ =
+ =

in cui Z11t = Z11a + Z11b; Z12t = Z12a + Z12b; Z21t = Z21a + Z21b; Z22t = Z22a + Z22b. [2.4-2]
2.4.3 Connessione serie-parallelo
In questo caso i due quadrupoli sono
connessi in modo da avere gli ingressi in se-
rie e le uscite in parallelo, Fig.2.4-3. Le cor-
renti delle porte d'ingresso sono eguali, cos
come le tensioni delle porte d'uscita. op-
portuno utilizzare i parametri h. definiti nel-
la [2.1-19]. Allora:
;
V h I h I
V h I h V
a 2 a 22 a 1 a 21 a 2
a 2 a 12 a 1 a 11 a 1

+ =
+ =

.
V h I h I
V h I h V
b 2 b 22 b 1 b 21 b 2
b 2 b 12 b 1 b 11 b 1

+ =
+ =

Per le tensioni e le correnti possiamo scrive-
re
V1 =V1a + V1b; V2 = V2a = V2b I1 = I1a = I1b; I2 = I2a + I2b.
In modo analogo ai casi precedenti si ottiene
.
V h I h I
V h I h V
2 t 22 1 t 21 1
2 t 12 1 t 11 1

+ =
+ =

in cui h11t = h11a + h11b; h12t = h12a + h12b; h21t = h21a + h21b; h22t = h22a + h22b. [2.4-3]
2.4.4 Connessione parallelo-serie
Gli ingressi sono in parallelo e le u-
scite in serie come nella Fig.2.2-4. Le ten-
sioni delle porte d'ingresso sono eguali, ed
anche le correnti di quelle d'uscita. Allora
conviene usare i parametri k. I due doppi
dipoli sono descritti dalla [2.1-20]
;
I k V k V
I k V k I
a 2 a 22 a 1 a 21 a 2
a 2 a 12 a 1 a 11 a 1

+ =
+ =

.
I k V k V
I k V k I
b 2 b 22 b 1 b 21 b 2
b 2 b 12 b 1 b 11 b

+ =
+ =

In base a quanto detto :
I1 = I1a + I1b; I2 = I2a = I2b; V1 = V1a = V1b; V2 = V2a + V2b.
In modo analogo si ottiene .
I k V k V
I k V k I
2 t 22 1 t 21 2
2 t 12 1 t 11 1

+ =
+ =

in cui k11t = k11a + k11b; k12t = k12a + k12b; k21t = k21a + k21b; k22t = k22a + k22b. [2.4-4]
2.4.5 Connessione in cascata
In questo caso, Fig.2.2-4, l'uscita del primo doppio bipolo connessa all'ingresso del se-
1a V
1a I
1b V
2a I
1b I
2b V
2a V
2b I
V1
I1
+
-
V2
2 I
+
-
+
- -
+
+
- -
+
+
-
+
-
11a h
1a I 21a h 12a h 2a V
22a h
11b h
1b I 21b h 12b h 2b V
22b h

Fig.2.4-3
1a V
1a I
1b V
2a I
1b I
2b V
2a V
2b I
V1
I1
+
-
V2
2 I
+
-
+
- -
+
+
-
+
- -
+
+
-
11a k
1a V 21a k
22a k
12a k 2a I
11b k
1b V 21b k
22b k
12b k 2b I

Fig.2.4-4
Elementi di circuito e reti elettriche 73
condo. Per cui
I2a = -I1b; V2a = V1b; V1 = V1a; I1 = I1a; V2 = V2b; I2 = I2b. [2.4-5]
Per ricavare un bipolo che descriva complessivamente i due bipoli in cascata bisogna eliminare, ap-
punto, le variabili intermedie e, cio, I2a, I1b, V2a e V1b. A seconda dei parametri utilizzati per de-
scrivere i due doppi bipoli e di quelli che si vogliono utilizzare nel doppio bipolo complessivo si fa-
ranno le opportune operazioni.
Come esempio eseguiamo il lavoro quando il primo doppio bipolo descritto con i parame-
tri k data dalle [2.1-20] ed il secondo con i parametri h data dalle [2.1-19]. Cio
;
I k V k V
I k V k I
a 2 a 22 a 1 a 21 a 2
a 2 a 12 a 1 a 11 a 1

+ =
+ =
.
V h I h I
V h I h V
b 2 b 22 b 1 b 21 b 2
b 2 b 12 b 1 b 11 b 1

+ =
+ =

Volendo, come descrizione finale quella dei parametri Y, cio le [2.1-18].
Utilizzando le [2.4-5] le due precedenti espressioni diventano:
;
I k V k V
I k V k I
b 1 a 22 1 a 21 a 2
b 1 a 12 1 a 11 1

=
=
[2.4-6]
.
V h I h I
V h I h V
2 b 22 b 1 b 21 2
2 b 12 b 1 b 11 a 2

+ =
+ =
[2.4-7]
Per confronto fra la seconda delle [2.4-6] e la prima delle [2.4-7] si ottiene
k21aV1 - k22aI1b = h11bI1b + h12bV2,
cio (k22a + h11b)I1b = k21aV1 - h12bV2,
dunque .
h k
V h V k
I
b 11 a 22
2 b 12 1 a 21
b 1
+

= [2.4-8]
E questa, sostituita nella prima delle [2.4-6]
=
+
+
+
+
=
+

= 2
b 11 a 22
b 12 a 12
1
b 11 a 22
a 21 a 12 b 11 a 22 a 11
b 11 a 22
2 b 12 1 a 21
a 12 1 a 11 1 V
h k
h k
V
h k
k k ) h k ( k
h k
V h V k
k V k I
. V
h k
h k
V
h k
h k
2
b 11 a 22
b 12 a 12
1
b 11 a 22
b 11 a 11 Ka
+
+
+
+
=
Cio , V Y V Y I 2 t 12 1 t 11 i + = [2.4-9]
con Y
k h
k h
t
Ka a b
a b
11
11 11
22 11
=
+
+
'
; Y
k h
k h
t
a b
a b
12
12 12
22 11
=
+
. [2.4-10]
Analogamente sostituendo la [2.4-8] nella seconda delle [2.4-7]:
2 b 22
b 11 a 22
2 b 12 1 a 21
b 21 2 b 22 b 1 b 21 2 V h
h k
V h V k
h V h I h I +
+

= + =
. V
h k
k h
V
h k
k h
V
h k
h h ) h k ( h
V
h k
k h
2
b 11 a 22
a 22 b 22 2 h
1
b 11 a 22
a 21 b 21
2
b 11 a 22
b 12 b 21 b 11 a 22 b 22
1
b 11 a 22
a 21 b 21
+
+
+
+
=
+
+
+
+
=
Cio 2 t 22 1 t 21 2 V Y V Y I + = [2.4-11]
con ;
h k
k h
Y
b 11 a 22
a 21 b 21
21
+
= Y
h k
k h
h b a
a b
22
2 22 22
22 11
=
+
+

'
. [2.4-12]
Come si vede anche se concettualmente semplice alle volte pu essere complicato deter-
1a V
1a I
1b V
2a I
1b I
2b V
2a V
2b I
V1 V2
2
I
+
- -
+
+
-
+
- -
+
+
-
1 I
11a
k
1a V 21a k 12a k 2a I
11b
h
1b I 21b h 12b h 2b V
22b
h
22a k

Fig.2.4-5
Elementi di circuito e reti elettriche 74
minare i parametri equivalente di DB in cascata. meglio procedere in altro modo. Pi avanti ve-
dremo come fare.
Elementi di circuito e reti elettriche 75
BIBLIOGRAFIA

[AL] - Alberini, Quaranta, Rispoli - Elettronica - Zanichelli - 1962
[BA] - Battistini, Nencioni - Eletttrotecnica - Le Monnier - 1984
[CH] - Chen - The Analysis of Linear Systems - McGraw Hill - 1966
[CO] - Connors - Networks - Arnold - 1972
[DE] - Desoer, Kuh - Fondamenti di Teoria dei Circuiti - Angeli -1990
[FA] - Falcone - Elettronica generale - Siderea - 1968
[FO] - Fodor - Nodal Analysis of Electric Networks - Elseviere - 1988
[KA] - Kaufman, Seidman -Electronic Sourcebook for Technicians and Engeneers - Mc Graw
Hill - 1988
[MAR] - Magrab - Computer Integrated Experimentation Springer -Verlag - 1991
[MAS] - Mason, Zimmermann - Electronic Circuits, Signals, and System - J.Wiley - 1964
[MOS] - Moschytz - Linear Integrated Networks - Van Nostrand









La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari

Ci occupiamo ora delle trasformazioni che le reti elettriche lineari producono sui segnali, ma
solo di sistemi semplici, anche se lo studio di sistemi pi complessi viene fatto allo stesso modo.
3.1. La risposta impulsiva di un sistema lineare
Consideriamo un sistema line-
are H. Siano i(t) e u(t), rispettivamen-
te, lingresso e luscita del sistema.
Applichiamo, allistante iniziale un
impulso o(0)

unitario come quello
mostrato in Fig.3.1-1a. La risposta
h(t) del sistema a questa o(0) la chia-
miamo risposta impulsiva, Fig.3.1-
1b. Applicando un impulso unitario
o(t1) allistante t1 si ottiene, come ab-
biamo visto in 1.7-5, una uscita h(t-
t1) che ha la stessa forma di h(t) ma
traslata di t1. Questo vale per un sistema invariante nel tempo. Ci occuperemo soltanto dei sistemi
lineari invarianti nel tempo. Nel resto del capitolo ometteremo di specificarlo.
In un sistema reale la risposta h(t-t1) non si pu avere prima dellistante t1 di occorrenza
dellimpulso eccitante. Infatti nessun sistema fisico pu predire quando verr eccitato. Inoltre, sup-
porremo che il sistema sia stabile, cio che, passato un tempo sufficientemente lungo, la risposta
vada a zero.
Applichiamo due impulsi o(t1) e o(t2) agli istanti t1 e t2, di differenti ampiezze i1(t1) e i2(t2),
come quelli in Fig.3.1-2a. Luscita u(t) la sovrapposizione delle due uscite che si avrebbero appli-
cando singolarmente i due ingressi. Il processo mostrato nelle Fig3.1-2b e c. Nella prima si vedo-
o
(
0
)
h
(
t
)
t t
(a)
(b)

Fig.3.1-1
i1(t1)
u1(t1)
u2(t2)
i2(t2)
i
(
t
)
u
(
t
)
u
(
t
)
t t1 t2
t1 t2 t1
(a) (b) (c)
t t

Fig.3.1-2
78 La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari
no le risposte ai due impulsi, nella seconda la loro sovrapposizione, cio luscita del sistema.
Possiamo ampliare il discorso per ottenere la risposta del sistema ad un qualunque ingresso.
Un segnale i(t) come, ad esempio, quello di Fig.3.1-3a pu essere approssimato dalla sommatoria di
tanti impulsi o, ognuno spostato dal precedente di una quantit infinitesima dt e di ampiezza pari a
i(t). In Fig.3.1-3b mostrato uno di questi impulsi di ampiezza pari a i(t1), largo dt1 che si ha
allistante t1. Luscita corrispondente a questo impulso , come sempre:
) t (t h dt (t) i (t) du 1 1 = .
Luscita complessiva pu essere determinata sommando tutti i contributi dovuti alle risposte del si-
stema ad ognuno degli impulsi larghi dt1 nei quali lingresso pu essere suddiviso. In effetti pi che
sommatoria bisogna fare lintegrale. Pertanto si ha:
1 1 1 dt ) t h(t ) i(t ) t ( u


= . [3.1-1]
La Fig.3.1-3c mostra la risposta alleccitazione di un sistema che ha la solita risposta impulsiva h(t)
della Fig.3.1-1b.
3.1.1 La convoluzione e la deconvoluzione
Se si confronta lultima espressione trovata con la [1.1-34] si riconosce immediatamente
loperatore convoluzione. Pertanto, la convoluzione fra risposta impulsiva di un sistema e il se-
gnale dingresso fornisce luscita del sistema tempo-invariante

.
Risulta adesso evidente limportanza della convoluzione. Riprendiamo per ricordarle alcune
propriet della convoluzione. Il processo di convoluzione fra due funzioni i(t) ed h(t) nel tempo cor-
risponde al processo di moltiplicazioni fra le relative trasformate di Laplace o di Fourier:
( ) ) s ( H ) s ( I s U = ; [3.1-2]
( ) ) ) H( I( U = . [3.1-3]
Ovviamente, note luscita e la risposta impulsiva, con la deconvoluzione possibile determinare
leccitazione del sistema. Ma questa propriet adoperata soltanto utilizzando le trasformazioni.
Se si considera come ingresso una o unitaria e si applicano la [3.1-2] o la [3.1-3], dal mo-
mento che la corrispondente trasformata unitaria, si riconosce che la H(s) e la H() non sono altro
che le trasformate della risposta impulsiva del sistema.
Le [3.1-2] e [3.1-3] sono le [1.4-30] e [1.7-8] applicate a i(t), u(t), e h(t).
3.1.2 La funzione di trasmissione
Le precedenti espressioni possono essere riscritte come:

( )
) s ( I
s U
) s ( H = , [3.1-4]
i
(
t
)

i
(
t
)

u
(
t
)

t
t t
d t1
t1
(a) (b)
i(t1)
(c)

Fig.3.1-3
La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari 79

e
( )
( )

=
I
U
H ) ( . [3.1-5]
Le funzioni H(s) e H() prendono il nome di funzioni di trasmissione. Esse esprimono il
rapporto fra le trasformata della risposta e quella delleccitazione di un sistema lineare invariante
nel tempo oppure, che lo stesso, la trasformata della risposta impulsiva del sistema.
Tutto ci si pu sfruttare per ricavare la risposta di un sistema lineare tempo-invariante ad
un segnale, purch si conosca la funzione di trasmissione H(s) o H() e la trasformata I(s) o I()
del segnale. Basta infatti moltiplicare H(s) per I(s) o H() per I() ed ottenere la trasformata della
risposta. Lantitrasformazione consentir di ritrovare la risposta temporale del sistema alleccitazio-
ne i(t).
Riepilogando, per determinare la risposta di un sistema ad una eccitazione:
si calcola la funzione di trasmissione del sistema;
si calcola la trasformata dellingresso;
si moltiplica la funzione di trasmissione per la trasformata dellingresso ottenendo la trasforma-
ta della risposta, definita gi come risposta forzata nel Cap.1;
si esegue lantitrasformazione e si ottiene la risposta temporale.
Nel primo capitolo ci siamo gi occupati di trasformate ed antitrasformate e sappiamo come
impiegarle correttamente e velocemente.
3.2. I diagramma delle funzioni di trasmissione
A questo punto indispensabile riprendere ed approfondire quanto abbiamo detto nel 1.5.3
riguardo la rappresentazione di Bode della trasformata di Fourier F().
Ricordiamo che il modulo di F() viene rappresentato logaritmicamente, cio si fa un grafi-
co di G = 20 Log|F()| rispetto a Log . G viene misurato in decibel (dB) e viene comunemente
chiamato guadagno. La rappresentazione logaritmica di una funzione porta come conseguenza che,
se essa esprimibile in forma fattorizzata, il grafico pu essere ottenuto sommando comodamente i
contributi dei singoli fattori, per la nota propriet del logaritmo del prodotto. Largomento rappre-
sentato da un secondo grafico. Vale ancora la propriet che, se la relativa funzione di trasmissione
fattorizzabile, il grafico si ricava sommando facilmente il contributo allargomento dei singoli fatto-
ri. Ci a causa di elementari propriet dei numeri complessi. Lo studio che segue riguarda soltanto
funzioni fattorizzabili. Esse conterranno solo costanti reali, poli o zeri nulli o no, poli e/o zeri com-
plessi coniugati. Le radici possono anche avere molteplicit superiore allunit.
In generale una funzione siffatta esprimibile come:
( )
( ) ( )
( ) ( )
( ) .
) p j (
) z j (
j k
p j p j
z j z j
j k ) (
n
1 i
i
m
1 i
i
q
n 1
m 1
q

=
=


=


= F
k una costante reale; z1, z2,..zm sono gli zeri non nulli, reali o non; p1, p2,..pn sono i poli non nulli,
reali o non; q un intero che esprime la molteplicit della radice ed il suo segno, se positivo indica
che si tratta di zero, se negativo, invece, si tratta di polo.
I poli e gli zeri hanno le dimensioni di pulsazioni. Chiamiamo zi e pi i valori corrispon-
denti a zi e pi, rispettivamente. Cio
zi = - zi e pi = - pi. [3.2-1]
80 La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari
Se si pone

=
=
=
=

=
n
1 i
p
m
1 i
i z
n
1 i
i
m
1 i
i
B
i
i
k
p
z
k k [3.2-2]
la precedente si esprime come ( )
( )
( )

=
=
+
+
=
n
1 i
p
m
1 i
z
q
B
i
i

j 1
j 1
j k ) ( F . [3.2-3]
kB prende il nome di costante di Bode ed anche essa reale.
Per, se abbiamo radici complesse coniugate conviene accoppiare i relativi termini. In tal
caso, alla coppia corrisponde un termine del tipo . s 2 s
2
n n
2
+ + Ricordiamo che questo termine
da radici complesse coniugate se 0 ) (
n
n
2
n < , cio se o < 1.
Nel caso di radici complesse coniugate -r e -r
*
, i due termini corrispondenti nella [3.2-3]
possono esprimersi come
n
2
n
2
2 *
2
*
*
*
j 2 1
r
) r r ( j r
r r
) j r )( j r (
) r j )( r j 1 (

=
+ +
=
+ +
= + +
in cui n, cio il modulo della radice prende il nome di pulsazione naturale mentre o Re(r)/|r|
s 1 viene chiamato coefficiente di smorzamento o pi semplicemente smorzamento.
Supponiamo che la funzione di trasmissione contenga q radici nulle, zr zeri reali, pr poli rea-
li, zc coppie di zeri complessi coniugati e pc coppie di poli complessi coniugati. In questo caso la
[3.2-3] pu riscritta come:
( )
( )
( )
,
j 2 j 1
j 2 j 1
j k ) (
r c
i
i
i
2
i
i
i
c
i
i
i
2
i
i
r
i
p
1 i
p
1 i
q
np
p
np
1
q
p
z
1 i
q
nz
z
nz
1
q
z
1 i
z
q
B


= =

+
= F [3.2-4]
o, in forma pi sintetica,
( ) ( ) . j 2 j 1 j k ) (
c c
i
i
i
2
i
i
r r p z
1 i
q
n n
1
q
p z
1 i
i
q
B

+
=

+
=

+ = F [3.2-5]
q o qi indicano la molteplicit della radice. Inoltre, a seconda del segno di q e di qi si avr zero o
polo. Se il segno positivo, la radice uno zero, altrimenti un polo. Il significato dei simboli delle
[3.2-4] e [3.2-5] sembra che non necessita di ulteriori spiegazioni.
3.2.1 La costante di Bode
Il caso della costante di
Bode molto semplice. Il relati-
vo diagramma dei guadagni
una retta orizzontale allaltezza
20 Log|kB|. Quando |kB| supera
lunit, G positivo e siamo in
presenza di amplificazione. In-
vece se |kB| < 1, G negativa e si
parla di attenuazione. In Fig.3.2-
1a sono mostrati entrambi i casi.
0
-20
-40
-60
20
40
60
G
(dB)
1 .1 10

amplificazione
attenuazione
(a)

0
-90
-180

1 .1 10
B k >0
B k <0
(b)

Fig.3.2-1
La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari 81

Per quanto riguarda lo sfasamento esso sar 0 oppure 180 a seconda che kB sia positiva o negati-
va. In Fig.3.2-1b sono rappresentati tutti e due i casi.
3.2.2 Radici nulle
Il termine (j)
q
relativo alle q radici nulle corrisponde, come abbiamo gi detto, a zeri o poli
nulli a seconda del segno di q. Il termine relativo al guadagno da
( ) . Log q 20 j Log 20 G
q
= = [3.2-6]
Una decade un intervallo che ha i due estremi luno dieci volte laltro. In un grafico che
sulle ascisse ha x = Log spostarsi di una decade significa spostarsi esattamente di una unit. Infat-
ti x = Log10 - Log = Log10/ = 1. Allora nel diagramma di Bode la funzione [3.2-6], cio
, x q 20 Log q 20 G = = una retta con pendenza 20q dB/dec che passa dal punto = 1, G = 0. Se
q positivo (zeri), le rette hanno pendenza positiva altrimenti, nel caso dei poli (q < 0), la pendenza
negativa. La Fig.3.2-2a mostra il guadagno per 1, 2 e 3 zeri e per 1, 2 e 3 poli.
Per quel che riguarda la
fase:
( ) = = 90 q j arg
q
[3.2-7]
cio ogni zero nullo introduce
uno sfasamento di 90, ed ogni
polo nullo introduce uno sfasa-
mento di -90. La Fig.3.2-2b
mostra lo sfasamento per 1, 2 e 3
zeri e per 1, 2 e 3 poli.
3.2.3 Radici reali
Consideriamo adesso il termine della [3.2-5] relativo alle radici reali e cio del ti-
po( )
q
a j 1 + . Si ha:
( ) ( ) . 1 Log q 20 j 1 Log 20 G
2
a a
q
+ = + = [3.2-8]
Il comportamento dipende dal rapporto /a. Per /a << 1 = G = 0, ed il diagramma una se-
miretta orizzontale. Per /a >> 1 = . Log q 20 G a = In questa zona si ha una semiretta con
pendenza di 20q dB/decade. Ancora una volta la pendenza sar positiva o negativa a secondo che si
tratti di zeri o di poli. Inoltre la molteplicit delle radici implica la rapidit della pendenza. Le due
semirette di intersecano per a. Per questo motivo a viene chiamata pulsazione dangolo. La
curva costituita dalle due semirette prende il nome di rappresentazione asintotica. In effetti, alla
pulsazione dangolo si ha q 3 2 Log q 20 G = dB, e la curva effettiva differisce da quella asintoti-
0
-20
-40
-60
20
40
60
G
(dB)
un polo
due poli
tre poli
uno
due zeri
tre zeri
1 .1 10

(a)
un polo
due poli
tre poli
uno
due zeri
tre zeri
90
180
270
0
-90
-180
-270

1 .1 10

(b)

Fig.3.2-2
0
-20
-40
-60
20
40
60
G
(dB)
un polo
due poli
tre poli
due zeri
tre zeri
/
a 1 .1 10
uno
(a)

unpolo
duepoli
tre poli
uno
duezeri
tre zeri
.01 .1 1 10 100
/
a
90
180
270
0
-90
-180
-270

(b
)

Fig.3.2-3
82 La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari
ca di 3 q dB. La Fig.3.2-3a si riferisce a 1, 2 e 3 zeri e 1, 2 e 3 poli. Sono mostrate sia la rappresen-
tazione effettiva che quella asintotica. Si pu dimostrare che, se invece di usare la curva effettiva si
usa al suo posto quella asintotica, si ha un errore che massimo proprio alla pulsazione dangolo
ma che gi praticamente trascurabile a pulsazioni di un fattore 4 pi grandi o pi piccole di quelle
dangolo.
In questo caso di radici reali largomento () un termine del tipo
. arctg q ) ( a = [3.2-9]
Per /a 0
,
0. Per /a 1, = 45q. Per finire, per /a =, 90q. Se
ci si sposta di una decade a destra e a sinistra rispetto la pulsazione dangolo si trova: = ) 10 ( a a
, 7 . 5 q 10 1 tg arc q
o
= e
o
3 . 84 q 10 arctg q ) 10 ( a a = . La curva dellargomento si pu rappre-
sentare schematicamente con una spezzata. Una semiretta orizzontale a 0 fino a a/10. Poi un seg-
mento inclinato di 45q/dec che passa da 45q alla pulsazione dangolo e che finisce alla pulsazione
10a. Qui la fase di 90q. Segue una semiretta orizzontale 90q. Anche questo tipo di rappresen-
tazione prende il nome di rappresentazione asintotica.
Le due rappresentazioni effettiva ed asintotica sono mostrate nella Fig.3.2-3b per il caso di
1, 2 e 3 zeri e di 1, 2 e 3 poli. Anche questa volta, se invece della curva effettiva si usa quella asin-
totica, si commette un certo errore che massimo una decade prima e dopo della pulsazione
dangolo e vale, in valore assoluto 5.7 q.
3.2.4 Radici complesse coniugate
Consideriamo adesso il termine
q
n
2
n ] j 2 1 [ + derivante dalle radici complesse
coniugate cio. E pi comodo adoperare la variabile z = /n. Quindi il termine in questione e del
tipo

q 2
] z j 2 z 1 [ + [3.2-10]
Anche questa volta il comportamento dipende dal rapporto fra /n. Ma anche o influisce sul dia-
gramma.
Calcoliamo il guadagno:
. z z ) 1 2 ( 2 1 Log q 10 z j 2 z 1 Log q 20 ] z j 2 z 1 [ Log 20 G
4 2 2 2 q 2
+ + = + = + = [3.2-11]
E per z << 1, G = 0. Si tratta di una semiretta orizzontale. Mentre per z >> 1, ) z ( Log q 40 G = .
Questa una semiretta che ha pendenza di 40q dB/decade che positiva o negativa a seconda che si
tratti di zero o polo. La pendenza, in assoluto, aumenta con la molteplicit. Le due semirette si in-
tersecano nel punto z = 1, cio per n, dove entrambe assumono il valore G = 0. Tuttavia, que-
sta volta, la pulsazione naturale non una pulsazione dangolo. Infatti, nei pressi della pulsazione
naturale non abbiamo solo pochi dB di differenza e le cose vanno in modo pi complicato ed impor-
tante. In altre parole limitarsi al grafico asintotico troppo semplicistico.
Per capire meglio come vanno le cose nellintorno di n cerchiamo i punti estremanti
del guadagno. E sufficiente derivare largomento del logaritmo della [3.15] rispetto a z. La derivata
si annulla per 0 )] 2 1 ( z [ z 4
2 2
= . Per z = 0 il caso di nessun interesse dato che per z 0 il
diagramma piatto. Mentre laltro caso da, come punto estremante

2
0 2 1 z = [3.2-12]
Il punto z0 reale (cio in questo caso si ha un massimo o un minimo vero) se . 7 . 0 2 1 < La
Fig.3.2-4 mostra ci che avviene per il caso di q = -1 (una sola coppia di poli complessi coniugati).
Il massimo compare appunto quando si soddisfa tale condizione.
La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari 83

La pulsazione 0, che si ricava dalla [3.2-12] e cio
2
n 0 2 1 = [3.2-13]
la pulsazione di risonanza, per questo valore si ha il massi-
mo (se si tratta di un polo) e il minimo (se si tratta di uno ze-
ro). Se lo smorzamento sufficientemente piccolo la pulsa-
zione di risonanza coincide con quella naturale, altrimenti se
ne discosta sempre pi man mano che o si avvicina a
2 1 < . Nella Fig.3.2-4 si vede questo comportamento.
Adesso calcoliamo il valore che il guadagno assume
alla risonanza. Sostituendo la [3.2-12] nella [3.2-11] si ottiene
( ) = ) 1 2 ( Log q 20 z G
2
0 [3.2-14]
Per dare un idea di cosa significhi la [3.18] facciamo un esempio relativo ad una coppia di
poli (q = -1) con
3
10 5

= . Si trova G(z0) = -20Log(2510
-3
) = 40 dB. E 40 dB corrispondono ad
una amplificazione di 100. La Fig.3.2-4 mostra bene questo fenomeno che si esalta abbassando lo
smorzamento. A questo punto si capisce perch non possibile utilizzare il diagramma asintotico se
non per smorzamenti molto vicini allunit.
Il caso relativo ad un solo zero mostrato a lato. La fi-
gura e la simmetrica della precedente rispetto allasse delle
pulsazioni.
Ora determiniamo la zona di frequenza in cui il guada-
gno e dentro 3 dB dal massimo (poli), in questo caso la zona
prende il nome di banda passante, o -3 dB dal minimo (zeri).
Ricordiamo che 3 dB corrispondono ad un fattore 2 . Cio,
alla pulsazione di taglio, il guadagno sar 3 dB minore se la
banda passante interna alla zona e, quindi, nel mezzo c un
massimo (caso dei poli). Altrimenti, nel caso dello zero,
allinterno c un minimo e il guadagno alle pulsazioni di ta-
glio sar di 3 dB superiore al minimo. Indichiamo con sq il
segno di q. Utilizzando la [3.2-11] e la [3.2-14] e chiamando zt il valore corrispondente alle pulsa-
zioni di taglio si ha:
+ = + + dB sq 3 ) 1 2 ( Log q 20 ] z z ) 1 2 ( 2 1 [ Log q 20
2 4
t
2
t
2
=

q
2 2
4
t
2
t
2
2 Log q 20 2 Log sq 20
) 1 ( 4
z z ) 1 2 ( 2 1
Log q 20 = =

+ +

=

q
2 2
t
2
t
2
2
) 1 ( 4
z z ) 1 2 ( 2 1
4
=

+ +


Svolgendo i conti e supponendo che o sia abbastanza piccolo rispetto a uno, per cui le due
pulsazioni di taglio inferiore t1 e superiore t2 non differiscono di molto da 0 si trova
=


1 2 2
B q
0 0
1 t 2 t
[3.2-15]
Nel caso dei poli questa zona la banda passante. Essa si restringe con lo smorzamento ed il picco,
in corrispondenza, sale. Il tutto abbastanza evidente nella Fig.3.2-4. Nel caso degli zeri, invece,
questa risulta essere una zona rigettata.
Se si determina la pendenza delle curve alle pulsazioni di taglio si trova
10 1 .1 / n
G
(dB)
0
-20
-40
20
40
10
30
-10
-30
= 1 o
= . 707 o
= . 1 o
=. 005 o
o = . 2
o = . 5
Fig.3.2-4
10 1 .1
/n
= 1 s
= .707 s
= .1 s
=.005 s
s = .2
s = .5
G
(dB)
0
-20
-40
20
40
10
30
-10
-30

Fig.3.2-5
84 La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari

q
2
1 2 q 20
) ( dLog
dG
q
n
t

=

=
. [3.2-16]
dove il segno negativo per t1 < 0 < t2. Si vede molto bene nella Fig.3.2-4 che la pendenza
notevolissima nella zona della risonanza.
Lespressione dellargomento segue immediatamente dalla [3.2-10]:
.
z 1
z 2
tg arc
2

= [3.2-17]
Per z 0, 0 e 0. Per z = 1, n e 90q. Per z =, = e 180q.
Calcoliamo lo sfasamento alle pulsazioni di taglio nel
caso di o << 1 per cui 1 2 B n << .
. 2 z 1 1 z
B
1 t 2 t
n
1 t n n 2 t
n
1 t 2 t
n
+ =

+
=

[3.2-18]
Si pu ritenere che le due pulsazioni di taglio siano simmetri-
che rispetto a quella naturale ed allora 1 t 2 t z 1 1 z .
Quindi alla pulsazione di taglio inferiore
( ) . q 45 2 1 arctg q
z 1
z 2
arctg q
2
1 t
1 t

=
Mentre alla pulsazione di taglio superiore
( ) . q 135 2 1 arctg q
z 1
z 2
arctg q
2
2 t
2 t
+

=
Se si calcola la pendenza della curva degli sfasamenti alla risonanza si ha:

( )
( )

=
+
+
=

=
= =
=
q
434 . 0
z 2 ) z 1 (
z 1 z 2

10 ln
q
z dz 10 ln
z 1
z 2
arctg q d
q
dLogz
z 1
z 2
arctg q d
) ( dLog
d
1 z
2 2
2
1 z
2
1 z
2
n
t
[3.2-19]
che molto grande se o molto piccolo. La Fig.3.2-6 mostra il diagramma di Bode degli sfasamen-
ti per gli stessi valori di o riportati nelle due precedenti figure per q = -1 a vari valori di o.
3.2.5 Il caso generale
Nei casi gi studiati baster prendere i risultati gi ottenuti e modificare soltanto le scale del-
le ascisse, adattandole alle opportune a o n. Invece, se dobbiamo studiare un caso del tipo de-
scritto dalla [3.2-5] dobbiamo applicare quanto detto riguardo la sommabilit dei diagramma dei
singoli termini. Per intenderci me-
glio il caso di fare un esempio.
Prendiamo in esame una funzione
che ha un kB = 1000, uno zero nul-
lo ed uno a fz = 1 MHz, un polo fp
a 1 kHz ed una coppia di poli
complessi coniugati con frequenza
naturale fn =10 kHz e o = 0.1. La
relativa funzione di trasmissione :
.
j 2 ) j 1 (
j 1
j k ) (
n n
1 p
z
B
p
2

+
+
= F
10 1 .1 /
n
= 1 o
= .707 o
= .1 o
o = .2
o = .5
=.005 o
0
-30
-60
-90
-120
-150
-180


Fig.3.2-6

.1 1 10 100 1k 10k 100k 1M 10M 100M
f
(Hz)
(k)
(0)
(p)
(z)
(n)
(c)
(p)
(p)
(z)
(z)
(n)
(n)
(c)
(c)
(c)
(c)
(0) (0)
0
90
-90
-180
-270

(b)

Fig.3.2-7
La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari 85

Le Fig.3.2-7 mostrano come viene tracciato il diagramma completo. Sono segnati con (k), (0), (z),
(p) e (n) i grafici relativi ai vari termini, nello stesso ordine in cui sono stati dati. Il risultato com-
plessivo, contrassegnato con (c), si ottiene in un modo semplice che non richiede alcun commento.
3.2.6 Il diagramma di Nyquist
Lo studio delle funzioni di trasmissione riveste particolare importanza nel caso dei sistemi
reazionati nei quali, a causa dinstabilit, potrebbero insorgere oscillazione. In questo caso lanalisi
viene fatta meglio se si possono utilizzare i diagramma di Nyquist, invece che quelli di Bode.
Ricordiamo che si tratta di diagramma polare. Esso va tracciato per sia positiva che nega-
tiva. Inoltre il grafico non mostra il variare rispetto alla pulsazione in modo esplicito. Perci nor-
male uso indicare con delle frecce lo spostarsi del punto descrivente il diagramma rispetto . Trat-
teremo qui soltanto pochi casi semplici in modo diretto.
Una costante reale rappresentata da un punto
sullasse reale che sar a destra o a sinistra dellorigine a
seconda del suo segno.
Uno zero nullo, avendo parte reale nulla, viene rap-
presentato dallasse positivo immaginario. La fase, per
pulsazioni positive, positivaa. Per cui al variare di il
punto corrispondente si allontana asintoticamente
dallorigine. La Fig.3.2-8a mostra il diagramma di Nyquist
dello zero nullo.
Nel caso del polo nullo, per pulsazioni positive cre-
scenti, largomento va dallinfinito a zero mentre la fase
fissa pari a -90. Allora il diagramma sul semiasse im-
maginario negativo ed il punto sale con . Per negative la fase 90 ed il
punto si allontana dallorigine muovendosi sul semiasse immaginario positivo
man mano che sale verso lo zero. La Fig.3.2-8b si riferisce a questo caso con
kB unitario.
Uno zero reale non nullo ha come diagramma una retta parallela allasse
immaginario. Se la costante di Bode kB unitaria la distanza da questo asse
unitaria. La Fig.3.2-9 mostra questo caso.
Consideriamo ora il caso di un polo reale non nullo. Posto a x = e Re
e Im, rispettivamente, la parte reale e quella immaginaria della F() si ha
( )
2
x 1
jx 1
jx 1
1
+

=
+
= F e da questa possiamo scrivere:
2
e
x 1
1
R
+
= e
2
m
x 1
x
I
+
= . Eliminando la x si trova e
2
m
2
e R I R = + . Nel piano Re/Im questa lequazione di un
cerchio di diametro unitario e con centro nel punto (1/2,0). Il diagramma di Nyquist in Fig.3.2-
10a. Il cerchio viene percorso in senso orario a partire dal punto (0,0) in cui = .
Consideriamo ora il caso di un polo reale con uno zero nullo. Facendo le stesse posizioni del
caso precedente si trova lequazione dello stesso cerchio. Il senso di percorrenza sempre quello
orario solo che questa volta si parte dal punto (1,0). La Fig.3.2-10b mostra questo cerchio.
Re
Im

j
F()
=
oo -

=
oo

=
o

=
Re
Im
F()
=

j 1/
oo

=
oo -

=
o

=
o

=
(a) (b)

Fig.3.2-8
Re
Im
F()
=
j 1 +
oo
=
oo -
=
o
=
1
Fig.3.2-9
86 La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari
Un altro caso che si potrebbe trattare quello
di una coppia di zeri complessi coniugati. Ma quasi
sempre ci si trova davanti a casi ben complicati che
non possono essere trattati in modo assolutamente
generale. In effetti esistono dei programmi di calco-
lo assistito che aiutano nella determinazione del dia-
gramma di Nyquist, per esempio SPICE o
MATLAB. Si pu ottenere il diagramma di Nyquist
a partire da quello di Bode ricavandolo per punti.
Alla fine si aggiunge la parte simmetrica rispetto
allasse reale per considerare le pulsazioni negative.
3.3. Sistemi con un solo polo: circuiti R-C e R-L
Studiamo sistemi molto semplici con un numero limita-
to di radici. Le propriet fondamentali delle funzioni trasfor-
mate e quindi delle risposte dei sistemi dipende principalmente
dal numero dei poli e se sono reali o complessi. Cominciamo
dai sistemi con un solo polo che, ovviamente, non pu che es-
sere reale. I circuiti R-C e R-L della Fig.3.3-1 sono di tale ti-
po. Lunico parametro che conta la costante di tempo. Questi sistemi sono anche detti sistemi del
primo ordine perch possiedono soltanto un polo.
3.3.1 Soltanto il polo
Chiamiamo VC la tensione sul condensatore, VL quella sullinduttore, VR quella sulla resi-
store e Vi la tensione complessiva applicata al circuito.
Le cose sono differenti a seconda che utilizzi come tensione duscita la caduta sullelemento
resistivo o su quello reattivo. Avremo comunque un solo polo dovuto allunica costante di tempo
del circuito che RC per il circuito R-C e L/R per il circuito R-L.
Consideriamo, il circuito R-C della Fig.3.3-1a. La tensione duscita VC si calcola applicando
le propriet dei partitori di tensioni espresse dalle [2.1-9]

+
=
+

=
+
=
+
= =
s 1
1
1 s
1 1
sC 1 R
sC 1
X R
X
V
V
) s ( F
C
C
i
C
, con t RC. [3.3-1]
Se luscita la tensione VR del circuito di Fig.3.14b si ha:

+
=
+

=
+
=
+
= =
s 1
1
1 s
1 1
sL R
R
X R
R
V
V
) s ( F
L i
C
, con t L/R. [3.3-2]
La funzione di trasmissione F() :
a j 1
1
) (
+
= F , con a 1/t. [3.3-3]
I diagramma di Bode si disegnano riportando dalla
Fig.3.2-3 i tracciati per q = -1 e tarando lasse delle pulsazioni
tenendo presente il valore di a. La figura mostra due decadi at-
torno a a sia per il grafico dei guadagni (G) che per quello dello
sfasamento () sia nella forma asintotica che effettiva. Il circuito
si comporta come un filtro passa-basso. La pulsazione corrispon-
dente al polo si ha per a = 1/t, cio per la frequenza di taglio ft
= 1/2rt. Per quanto riguarda il diagramma di Nyquist esso
Im
Re Re
Im

F()
=

j 1 + /

a
1

=
oo

=
oo -

=
o

F()
=

j 1 + /

j
/

a
oo

= o

=
oo -

=
1 1
1/2 1/2
(b)
(a)

Fig.3.2-10
L
V
u
C
+
-
V
i
V
u
R
+
-
Vi
R
(a)
(b)

Fig.3.3-1
0
-5
-10
-15
-20
G
(dB)
0
-15
-30
-45
-60
-75
-90
a a /10 a 10

G

Fig.3.3-2
La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari 87

quello gi mostrato nella Fig.3.2-10a.
3.3.1.1 La risposta alla delta
La risposta alla o si ottiene moltiplicando la F(s) per la trasformata della o, che, come si ri-
corda unitaria. Se la o di ampiezza Vp:
p p C V
1 s
1

1
V ) ( ) s ( F ) s ( V
+
= = L .
Antitrasformando

= =
t
p
C
1
C e
V
V ) t ( )] s ( v L . [3.3-4]
Si tratta di un esponenziale decrescente con costante di tempo t ed ampiezza Vp/t. Un esempio
mostrato sotto
Nel caso del circuito R-C limpulso applicato carica il
condensatore istantaneamente. Successivamente questi si scarica
con la costante di tempo del circuito. Nel caso del circuito R-L
linduttore impedisce allistante zero il passaggio della corrente
opponendosi con una forza controlettromotrice pari alla tensione
applicata ed immagazzinando energia nel campo magnetico. Ma
la corrente fluisce subito dopo tendendo a zero. Quando la cor-
rente costante linduttanza non si oppone pi e ai suoi capi non
c pi caduta di potenziale.
3.3.1.2 La risposta al gradino
La risposta al gradino g(t) si ottiene moltiplicando la F(s) per la trasformata G(s) del gradi-
no, cio 1/s. Se laltezza del gradino Vp:
( ) . p p p p C
1 s
1
s
1
V V
s
1

1 s
1

1
V
s
1

1 s
1

1
V s G ) s ( F ) s ( V

+
=
+

=
+

= =
Antitrasformando . ) e 1 ( V ) t (
t
p C v

= [3.3-5]

Questa volta si ha un esponenziale che tende a Vp con costante di
tempo t. Un esempio mostrato accanto.
3.3.1.3 La risposta alla rampa
La risposta alla rampa r(t) si ottiene moltiplicando la F(s) per la trasformata R(s) della ram-
pa, cio 1/s
2
. Se la rampa sale con Vp Volt/sec si ha:
( ) .
2
p p
2
p C
1 s
1
s
1
s
V V
s
1

1 s
1 1
V s G ) s ( F ) s ( V

=
+

= =
Adoperando le tavole per antitrasformare:
). e t ( V ) t (
t
p C v

+ = [3.3-6]
In uscita si ha una rampa come quella dellingresso ma traslata, a
regime, di t. Dopo un transitorio di 2-3 costanti di tempo la ri-
sposta sale con la stessa velocit delleccitazione. Un esempio il-
lustra quanto detto nella Fig.3.3-5.
3.3.1.4 La risposta al segnale sinusoidale
La risposta allimpulso sinusoidale unitario t sen si ottiene moltiplicando la F(s) per la re-
0 20 40 60 80 100
t ( s)
0
10k
20k
30k
40k
50k
60k
V
V = 1 V p
= 15.9 s t

Fig.3.3-3
0 20 40 60 80 100
t ( s)

V = 1 V p
= 15.9 s
t
.2
.4
.6
.8
1
V
0

Fig.3.3-4
0 20 40 60 80 100
t ( s)
= 15.9 s t
.2
.4
.6
.8
1
V
0
p V = 10kV/s
Vi
Vu

Fig.3.3-5
88 La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari
lativa trasformata che
2 2
s +

. Se lampiezza del segnale VM si ha:


( )
M
2 2
a
2
a
a
M
2 2
C V
s
s
1 s 1
V
s 1 s
1

1
) s ( V

+

+
+

+

=
+

= ,
che stata determinata applicando le regole per lo sviluppo delle funzioni razionali fratte in frazioni
parziali. Utilizzando la tabella delle trasformate di Laplace si ottiene:

( )

+


=
t
a
2
a
a
M C e cos t sen
1
V ) t ( v . [3.3-7]
Il segnale composto da tre termini. Due termini sinusoidali e cosinusoidali di pulsazione
ed un esponenziale decrescente con costante di tempo t. Laspetto della risposta dipende essenzial-
mente dal rapporto fra la pulsazione del segnale applicato e quel-
la dangolo del circuito.
Se << a lunico termine importante quello sinusoi-
dale e la [3.3-7] si riduce a:
. t sen V ) t ( M C v
Se = a la [3.3-7] si semplifica nella
]. [ v ) 90 t sen( e
2
V
) t ( a
t
M
C +

= [3.3-8]
A parte un piccolo transitorio che si esaurisce nel giro di una se-
mionda si ha un segnale sinusoidale, vedi lesempio in Fig.3.3-6.
Nel caso in cui >> a si ha:
). cos e ( V ) t (
t
a
M C v


= [3.3-9]
Il transitorio impiega un bel po, rispetto al periodo, ad esaurirsi.
Il valore medio del segnale scende a zero con la costante di tem-
po t. Il risultato mostrato nella Fig.3.3-7.
3.3.2 Un polo ed uno zero nullo
Questa volta consideriamo come uscita la tensione VR del circuito R-C di Fig.3.3-1a In tal
caso si ha:

+

=
+
=
+
=
+
= =
s 1
s
1 s
s
sC 1 R
R
X R
R
V
V
) s ( F
C i
R
. con t RC. [3.3-10]
e
a
a
j 1
j
) (
+

= F , con a = 1/t. [3.3-11]
Un risultato analogo si ottiene considerando la tensione sullinduttanza nel circuito R-L di
Fig.3.3-1b. Lespressione la medesima ma la costante di tempo
t = L/R.
Per ricavare i diagramma di Bode della funzione di tra-
smissione basta sommare quelli relativi ad uno zero nullo, di
Fig.3.2-2 e quello relativo ad un solo polo reale con pulsazione
dangolo a di Fig.3.2-3. Bisogna, al solito, stare attenti alla tara-
tura dellasse delle pulsazioni. La Fig.3.3-8 mostra due decadi at-
torno a a, sia per il grafico dei guadagni (G) che per quello del-

0 20 40 60 80 100
t ( s) = 15.9 s t
1
V
0
.5
-.5
-1
V = 3V M f= 50KHz = fa

Fig.3.3-6

0 20 40 60 80 100 t ( s)
= 15.9 s t
1
V
0
.5
-.5
-1
f = 100kHz M V = 50V f = 4KHz a

Fig.3.3-7

0
-5
-10
-15
-20
G
(dB)
90

75
60
45
30
15
0
a a /10 a 10

G

Fig.3.3-8
La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari 89

lo sfasamento (). Sono mostrati sia il grafico asintotico che quello effettivo. Il circuito un filtro
passa-alto. La pulsazione dangolo a = -1/t, corrisponde alla frequenza di taglio ft = 1/rt. Quello
di Nyquist gi stato mostrato nella Fig.3.13b.
3.3.2.1 La risposta alla delta
Con una o di valore

VP:
. V
1 s
1

1
1 V
s 1
s
V ) ( ) s ( F ) s ( V p p p R

+
=
+

= = L
Quindi ). e ( V ) t (
t
p R v

= [3.3-12]
La risposta mostrata a lato. Comincia con una ampia
o Vp cui segue un esponenziale negativo decrescente con costante
di tempo t e ampiezza Vp/t. Nel circuito R-C alla rapida variazio-
ne il condensatore si comporta inizialmente da corto circuito e la
tensione dellimpulso cade tutta sulla resistenza. Poi il condensa-
tore prende a caricarsi con la costante di tempo t e quindi sulla re-
sistenza si ha un esponenziale, ma negativo. Nel circuito R-L la
tensione indotta sullinduttore allistante iniziale produce nel resi-
store una corrente che tende a zero man mano che il campo ma-
gnetico perde la sua energia.
3.3.2.2 La risposta al gradino
Con un gradino alto Vp:
. p p R V
1 s
1
V
s
1

1 s
s
) s ( V
+
=
+
=
Allora

= =
t
p R
1
R e V )] s ( V [ ) t ( v L . [3.3-13]
Questa volta si ha un esponenziale decrescente di ampiezza VP
che si annulla con la solita costante di tempo come mostrato
accanto.
3.3.2.3 La risposta alla rampa
Se la rampa ha una pendenza di Vp Volt/sec:

( ) . p p
2
p R
1 s
1
s
1
V V
s
1

1 s
s
V s G ) s ( F ) s ( V

=
+
= =
Antitrasformando: ) e - (1 V )] s ( V [ ) t (
t
p R
1
R v

= = L [3.3-14]
Dopo un transitorio di 2-3 t la risposta va al valore costante Vp.
Il caso esemplificato nella Fig3.3-11. Questa volta sono mostra-
te sia lingresso che luscita.
3.3.2.4 La risposta al segnale sinusoidale
Applichiamo un segnale sinusoidale di ampiezza VM:
M
2 2
a
2
2
a
a
M
2 2
a
R V
1 s
1
s
s

) ( 1
V
s s
s
) s ( V

+
+
+

=
+

+
=
0 20 40 60 80 100
t ( s)
.2
.4
.6
.8
1
V
0
= 15.9 s t V = 1 V p

Fig.3.3-9

0 20 40 60 80 100
t ( s)
.2
.4
.6
.8
1
Vu
0
= 15.9 s t
V = 1 V p
Fig.3.3-10
1
0
.25
.5
.75
0 20 40 60 80 100
t ( s)
= 15.9 s t V = 1 V p /s
100
25
50
75

Vi
V i
V u
Vu/t

Fig.3.3-11
90 La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari
calcolata con le regole per lo sviluppo delle funzioni razionali fratte in frazioni parziali. Eseguendo,
quindi, lantitrasformazione:

+
+

=

=
t
a
2
a
a
M R
1
R e t sen t cos
) ( 1
V )] s ( V [ ) t ( v L .[3.3-15]
Il segnale composto da tre termini. Due termini sinusoidali e
cosinusoidali di pulsazione ed un esponenziale decrescente
con costante di tempo . 1 a = Ancora una volta la risposta di-
pende dal rapporto fra la pulsazione del segnale applicato e
quella dangolo del circuito.
Se << a . ) e t cos ( V ) t (
t
M R v

= [3.3-16]
A parte un piccolo transitorio che si esaurisce nel giro di una se-
mionda siamo davanti ad un segnale cosinusoidale. La Fig.3.3-12
mostra un esempio
Se e a t sen V ) t ( M R v = .
Se >> a



=
t
M R
e
) t sen( V ) t ( v . [3.3-17]
Stavolta il segnale duscita impiega un po meno di un periodo
per assestarsi come si vede nellesempio accanto.
3.3.3 Un solo polo ed uno zero non nullo
I quattro circuiti accanto hanno un so-
lo polo ed uno zero non nullo. Vedremo che,
a due a due, i circuiti sono equivalenti, a parte
le costanti di tempo. Vi e Vu sono la tensione
applicata al circuito e quella duscita, rispetti-
vamente.
3.3.3.1 Il polo precede lo zero
Cominciamo dal circuito di Fig.3.3-14a. Luscita e sulla serie R-C.
) s ( F k
1 s
1 s
R R
R
s 1
s 1
k
sC 1 R R
sC 1 R
X R R
X R
V
V
) s ( F 1 0
p
z
1 p
z
B
1 C 1
C
i
U
=
+
+

+
=
+
+
=
+ +
+
=
+ +
+
= = , [3.3-18]
con 1 kB =
R R
R
k
1
0
+
= RC z = < tp = (R+R1)C, [3.3-19]
per cui z 1/tz > p 1/tp. [3.3-20]
Se analizziamo il circuito di Fig.3.27b con luscita su R:

) s ( F k
1 s
1 s
R R
R
1 s
1 s
k
sL R
sL R
R
R
X || R R
R
V
V
) s ( F 1 0
p
z
1 p
z
B
1
1
L 1 i
U
=
+
+

+
=
+
+
=
+
+
=
+
= =
, [3.3-21]
con kB = 1
R R
R
k
1
0
+
=
1
z
R
L
= <
1
p
R || R
L
= , [3.3-22]
ed ancora z 1/tz > p 1/tp. [3.3-23]
k0

il valore che la funzione di trasmissione assume per s = e F1(s) eguale per i due casi di-
scussi.

0 20 40 60 80 100
t ( s)
1
Vu
0
.5
-.5
-1
M
V = 20V = 1 s t f = 10kHz

Fig.3.3-12
0 20 40 60 80 100
t ( s)
1
V
0
.5
-.5
-1
f = 50kHz t = 4 s M V = 1.7V

Fig.3.3-13
Vu
R
R1 +
-
L
Vi
C
+
-
R
R1
Vi
Vu
C
+
-
R
R1
Vi
Vu
L
+
-
R
R1
Vu
Vi
(a) (b)
(c)
(d)
Fig.3.3-14
La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari 91

Nelle figure accanto sono
mostrati i diagramma di Bode e
di Nyquist relativi sia alla [3.3-
18] che alla [3.3-21]. Lesempio
relativo ad un caso in cui la di-
stanza polo-zero di due decadi.
Pertanto non si ha interferenza,
nel diagramma dei guadagni, fra
gli effetti delle due radici, men-
tre quello delle fasi risulta un po
smussato nella zona centrale. Se la distanza fra le due radici fosse minore lo smussamento cresce-
rebbe. Ed anche quello dei guadagni potrebbe esserne influenzato. Il circuito si comporta da filtro
passa-basso di qualit inferiore al semplice circuito R-C o R-L. La bont del filtraggio migliora al-
lontanando il polo dallo zero. Il diagramma di Nyquist in senso orario e parte dal punto (k
0
,0) che
relativa a = -=.
3.3.3.2 Lo zero precede il polo
In questo caso bisogna studiare i circuito delle Figg.3.3-14c e d. Cominciamo da quello con
il condensatore. Luscita su R
) s ( F k
1 s
1 s
k
sC 1 || R R
R
X || R R
R
V
V
) s ( F 1 0
p
z
B
1 C 1 i
U
=
+
+
=
+
=
+
= = , [3.3-24]
con
1
B
R R
R
k
+
= 1 k0 = C R || R 1 p = < tz = R1C, [3.3-25]
per cui p = 1/tr > z 1/tz. [3.3-26]
Nel circuito di Fig.3.3-14d luscita e sulla serie R-L:
) s ( F k
1 s
1 s
k
sL R R
sL R
X R R
X R
V
V
) s ( F 1 0
p
z
B
1 L 1
L
i
U
=
+
+
=
+ +
+
=
+ +
+
= = , [3.3-27]
con
1
B
R R
R
k
+
= 1 k0 =
1
p
R R
L
+
= <
1
z
R
L
= , [3.3-28]
ed ancora p = 1/tr > z 1/tz [3.3-29]
Questa volta k0 unitario. La F1(s), apparentemente sempre la stessa delle [3.3-18] e [3.3-21], ma
le posizioni dei poli rispetto a quelle degli zeri differiscono.
I diagramma di Bode e di Nyquist sono nella Fig.3.3-16. Le considerazioni riguardo la di-
stanza fra le radici ed il suo effetto sulla smussatura dei grafici fatta nel precedente paragrafo val-
gono anche adesso. Il circuito
un filtro passa-alto di qualit in-
feriore al semplice circuito R-C
o R-L. Anche questa volta la
capacit di filtrare migliora al-
lontanando il polo dallo zero. Il
diagramma di Nyquist si percor-
re in senso orario a partire dal
punto (1,0) per = -=.

G

G
(dB)
0
10
20
30
40
0
-15
-30
-45
-60
-75
-90

a
a/10
a 10
a 100 a /100
-
-
-
-
(a)

Im
1/2
Re

=
oo

=
oo -

=
o

=
1
(b)

Fig.3.3-15

a
a/10
a 10
a 100
a /100

0
15
30
45
60
75
90
G
(dB)
0
10
20
30
40
-
-
-
-
(a)

Im
1/2
Re

=
oo

=
oo -

=
o

=
1
(b)

Fig.3.3-16
92 La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari
3.3.3.3 Le risposte ai segnali fondamentali
Come abbiamo gi detto le funzioni di trasmissioni [3.3-18], [3.3-21], [3.3-24] e [3.3-27]
sono identiche. Soltanto che nelle prime due tz < tp mentre nelle altre due allinverso. Inoltre k0 <
1 nelle prime due e 1 nelle altre.
La risposta ad una o di altezza Vp
pp
p
p z
p 0 p
p
z
0 U V
1 s
1 1
1 V k V
1 s
1 s
k ) s ( V

+

+ =
+
+
=

p
p t
0 U V ] [ v e ) p 1 z 1 ( k ) t (

+ = [3.3-30]

Luscita la somma di una o alta k0Vp e di un esponen-
ziale che tende a zero con costante di tempo tp. Lesponenziale
di segno positivo o negativo a seconda che sia tz < tp o viceversa. La Fig.3.28 mostra questa rispo-
sta nei due casi.
Se, invece, lingresso un gradino:
p
p
z p
z
p
p 0
p
p
z
0 U V
1 s
1
s
V k
s
V
1 s
1 s
k ) s ( V

+

+

=
+
+
=

Dunque
p
t
z
p
z
p
0 U V k v
p
e 1 ) t (


=
[3.3-31]
Questa volta si ha un esponenziale che tende a p z p p 0V k a
partire da un valore k0Vp. La costante di tempo , al solito, tp. Il
valore finale sar superiore o inferiore a quello iniziale a secondo
di chi sia superiore se tz o tp. La Fig.3.3-18 mostra questa rispo-
sta.
3.3.3.4 La risposta ai segnali sinusoidali
La risposta allimpulso sinusoidale unitario t sen si ottiene moltiplicando la F(s) per la re-
lativa trasformata che
2 2
s +

. Se lampiezza del segnale VM si ha



( )
M
2 2
p z
2
z p
p
p z
2
p
2
0 M
2 2
p
z
0 C V
s
s
1 s
k V
s 1 s
1 s
k ) s ( V

+
+ +
+
+

+

=
+

+
+
=


che stata determinata applicando le regole per lo sviluppo delle funzioni razionali fratte in frazioni
parziali. Utilizzando la tabella delle trasformate di Laplace si ottiene:
( ) ( ) M z p
z p
2
t
p z
2
p
2
0 u V t cos t sen e k ) t ( v

+
+
+

=

. [3.3-32]
Il segnale composto da tre termini. Un esponenziale che tende a svanire, con costante di tempo tp.
E due termini sinusoidali e cosinusoidali di pulsazione . Laspetto della risposta dipende dal pro-
dotto della costante di tempo del circuito e della pulsazione del segnale applicato.
3.4. Sistemi con 2 poli reali e distinti: circuiti R-C e R-L
Questa volta lo studio del circuito pi complicato. Per avere due poli occorre che esistano
almeno due elementi resistivi e due elementi reattivi. Se questi ultimi sono di tipo differente pro-
babile che i due poli siano complessi coniugati. Di tale caso ci occuperemo pi avanti. Nella figura
sotto ci sono due casi. Tratteremo, a titolo desempio il circuito (a).
Indichiamo con XB la serie fra RB e CB. Si ha:
t (ns)
0 100 200 300 400 500
=159ns tp
1
0
V
u
.5
1
.5
-
-
1.5
2
tp tz =2
tp tz= 4/3
V = 500nV p

Fig.3.3-17
t (ns)
0 100 200 300 400 500
=159ns tp
1
0
V
u
2
tp tz =3
tp tz=3
V =2V p
3
4
5
6

Fig.3.3-18
La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari 93


s
s
R
sC
s 1
sC
C sR 1
sC
1
R X R Z
B
B
B
B
B
B B
B
B C B B B
+
=
+
=
+
= + = + = , [3.4-1]
con
B
B
1

= . [3.4-2]
Chiamiamo Z il parallelo fra ZB e XC
A
. Per Z possiamo scrive-
re:

( )
( )
,
s s
s R
s
s
R ||
sC
1
Z || X Z
m B
B B m B
B
A
B CA
+ +
+
=

+
= = [3.4-3]
con .
R C
1
B A
m = [3.4-4]
Per determinare la tensione su CA basta osservare che si davanti al partitore formato da Z e da RA.
Pertanto:

D
) s (
s ) ( s
) s (
) ( s
) s ( R
R
) ( s
) s ( R
Z R
Z
V
V B A
B A m B A
2
B A
m B A
B B m
A
m B A
B B m
A i
CA +
=
+ + + +
+
=
+ +
+
+
+ +
+
=
+
= . [3.4-5]
Per brevit sono stati saltati i passaggi. Inoltre si posto

A A
A
R C
1
= e
B B
B
R C
1
= . [3.4-6]
D il polinomio di secondo grado
( ) B A m B A
2
s s D + + + + = [3.4-7]
che successivamente analizzeremo.
A questo punto semplice trovare lespressione della tensione ai capi della capacit CB. In-
fatti la serie RB-CB agisce da partitore della tensione su CA. Pertanto


( ) ( )
( ) D s R sC
s
D
s
Z
X
D
s
V
V
V
V
V
V B A
B B B
B A
B
C B A
C
C
i
C
i
C B
A
B A B
=
+

+
=
+
= = . [3.4-8]
Se si vuole trovare lespressione della tensione ai capi della resistenza RB dobbiamo ancora
trattare il partitore RB-CB , ma la tensione duscita su RB. Quindi

D
s
) s ( R
sR
D
) s (
Z
R
D
) s (
V
V
V
V
V
V A
B B
B B A
B
B B A
C
R
i
C
i
R
A
B A B
=
+

+
=
+
= = . [3.4-9]
La tensione su RA pu essere determinata in modo agevole dal partitore costituito dalla stes-
sa RA e dallimpedenza Z. Dopo qualche passaggio:

( )
D
s s
V
V Z
i
RA +
= , [3.4-10]
in cui m B z + = . [3.4-11]
Calcoliamo adesso i poli delle funzioni di trasmissione:

( )
,
2
4
p
B A m B A m B A
2 1
2
+ + + +
=

[3.4-12]
cui corrispondono le pulsazione dangolo

2
4 B A m B A m B A
2 1
2
+ + + +
=

. [3.4-13]
Da semplici considerazioni si vede che le due radici sono reali e distinte, infatti
(a)
(b)
+
-
Vi
R
A
+
-
Vi
C
B
R
A
L
B
R
B
R
B
C
A
L
A

Fig.3.4-1
94 La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari
( ) ( ) ( ) B A m m
2
B A B A
2
m B A 2 4
2
+ + + = + + > 0.
Chiamiamo 1 la minore e 2 la maggiore delle due pulsazioni di taglio. Dato che non si
possono trattare tutti i casi possibili ci limiteremo a studiare solo alcuni casi particolari. Supporre-
mo, che fra ogni due delle tre pulsazioni A, B e m esistano almeno due decadi di differenza.
Si nota che la [3.4-13] simmetrica rispetto a A, B. Per ora considereremo A << B
ma, scambiandole fra di loro il discorso non cambia. Quindi i casi che potremo avere sono:
1. A << B << m, B << A << m;
2. A << m << B, B << m << A;
3. m << A << B, m << B << A.
Nel primo caso, A << B << m
( )
( ) m
B A
B A
0
B A m
B A
0
B A
B A m m B A m m
1
B A
2
B A
2 2
4 4
4
d 2
4 d
2
4

=


e m 2 .
Scambiando A con B non cambia nulla. Le due ultime espressioni rimangono valide. Data la re-
lazione fra le pulsazioni si vede che la pulsazione di taglio inferiore veramente molto piccola e
certamente pi bassa della pi piccola fra A e B. Invece la pulsazione di taglio superiore prati-
camente la pi grande fra le tre.
Nel secondo caso, cio se A << m << B:
( )
A A
0
B A B
B
A
0
A
B A B B B A B B
1
A
2
A
2 2
4 4
4
d 2
4 d
2
4





=

=


e B 2 .
Scambiando A con B, cambiano fra di loro i valore delle pulsazioni di taglio. La pulsazione di
taglio inferiore la pi piccola fra A e B mentre quella superiore laltra.
Infine, nel terzo caso, ossia se m << A << B:
( )
A A
0
B A B
B
A
0
A
B A B B B A B B
1
A
2
B
2 2
4 4
4
d 2
4 d
2
4



=


e B 2 .
Il risultato finale praticamente lo stesso del caso precedente.
In base a quanto detto si pu concludere che i praticamente si hanno soltanto due alternative
e la differenza riguarda soltanto la pulsazione di taglio inferiore 1:
a) se m la pi alta fra le tre:
m
B A
1



;
b) altrimenti 1 la pi piccola fra A e B.
La pulsazione di taglio supe-
riore sempre la pi alta delle tre.
Nella TAV.3.4-I mostrato
quello che avviene assegnando alcuni
valori alle varie frequenze in gioco.
ovvio che se fra le frequenze di cui
sopra non ci sono almeno due decadi i
risultati saranno intermedi. Nei casi
che tratteremo useremo le frequenze
riportate nella tavola. Il simbolo della
prima colonna riportato nei grafici
TAV.3.4-I
Curva 1
KHz
100
KHz
10
MHz
f1 f2
[1] fA fm fB fA fB
[2] fB fm fA fB fA
[3] fB fA fm fAfB/fm fm
[4] fm fA fB fA fB
[5] fA fB fm fAfB/fm fm
[6] fm fB fA fB fA
La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari 95

delle prossime quattro figure per indicare a quale caso ci si riferisce.
3.4.1 Soltanto i due poli
La funzione di trasmissione relativa alla tensione su CB quella che esibisce soltanto due
poli. Per comodit la riprendiamo
.
D V
V B A
i
CB
= [3.4-14]
Nelle ipotesi precedenti per le quali vale la Tav.3.4-I facile disegnare i diagramma di Bode nei sei
casi possibili. Ogni riga della tavola si riferisce alla curva specificata. Le curve relative sono mo-
strate in Fig.3.4-2. In effetti, per la simmetria fra fA e fB sono soltanto tre casi diversi.
Negli esempi successivi adotteremo i valori sempre secondo la stessa tabella.
3.4.2 Due poli reali e distinti ed uno zero nullo
La funzione di trasmissione relativa alla tensione su RB contiene, ancora i due soliti poli. In
pi si nota la presenza di uno zero nullo.

.
D
s
V
V A
i
RB
=
[3.4-15]
Questo zero nullo modifica i diagramma della Fig.3.4-2 aggiungendo una pendenza di 20 dB/dec,
inoltre bisogna tener conto del fattore A. Cos le curve diventano differenti. Comunque imme-
diato costruire i diagramma di Bode in Fig.3.4-3 a partire da quelli di Fig.3.4-2.
3.4.3 Due poli reali e distinti ed uno zero non nullo
La funzione di trasmissione relativa alla tensione su CA stata gi determinata. La riscri-
viamo notando che, questa volta, lo zero non nullo, ma B.

( )
.
D
s
V
V B A
i
CA +
= [3.4-16]
Questo zero non nullo cambia i diagramma della Fig.3.4-2 aggiungendo una pendenza di 20 dB/dec
1 10 100 1k 10k 100k 1M 10M 100M
f (Hz)
0
-40
-80
-120
-160
G
dB
[1] [2]
[3] [5]
[4] [6]

1 10 100 1k 10k 100k 1M 10M 100M
f (Hz)
1G
0
-45
-90
-135
-180
[3] [5]
[1] [2] [4] [6]


Fig.3.4-2
1 10 100 1k 10k 100k 1M 10M 100M
f (Hz)
0
-40
-80
-120
-160
G
dB
[5] [1]
[3][4]
[4] [1]
[6] [2]
[2][3]
[6] [5]
[3][4]
[2][6]
[2]
[3]
[1][5]
[4] [6]

1 10 100 1k 10k 100k 1M 10M 100M
f (Hz)
1G
0
-45
-90
45
90

[3] [5] [1] [2] [4] [6]



Fig.3.4-3
96 La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari
a partire da B. E facile a partire da questa figura trovare la Fig.3.4-4 relativa a VCa. Per le curve 1,
2, 4 e 6 lazione dello zero annulla quello di un polo e cos come se ci fosse soltanto un polo.
3.4.4 Due poli reali e distinti e due zeri di cui uno nullo
Riprendiamo la funzione di trasmissione relativa alla tensione su RA.

( )
.
D
s s
V
V Z
i
RA +
= [3.4-17]
Questa volta gli zeri sono due di cui uno nullo di valore Z. Ancora una volta, a partire dalla
Fig.3.4-2 relativamente facile costruire la Fig.3.4-5. Tranne che per la curva 2 lazione dello zero
elimina leffetto di un polo.
Bisogna tenere presente che poich i due poli sono reali la risposta contiene degli esponen-
ziali con costanti di tempo corrispondenti a questi poli. Il tipo di risposta dipende, come noto, an-
che dalleccitazione applicata. Non crediamo sia particolarmente utile dilungarci per trovare le ri-
sposte ai vari segnali fondamentali.
3.5. Sistemi con due poli complessi coniugati: i circuiti risonanti
Nei circuiti che contengono elementi reattivi di
tipo differente possibile avere poli complessi coniuga-
ti. Consideriamo i casi pi semplici dei circuiti R-L-C
serie e parallelo delle Fig.3.5-1. Questi circuiti, quando
hanno i poli complessi coniugati prendono il nome di
circuiti risonanti, e sono particolarmente importanti.
3.5.1 Circuiti risonanti serie
Determiniamo limpedenza offerta dal circuito R-L-C serie alla corrente del generatore Vi
1 10 100 1k 10k 100k 1M 10M 100M
f (Hz)
0
-40
-80
-120
-160
G
dB
[3]
[1] [5]
[4]
[1]
[6] [2]
[5]
[1]
[3] [5]
[3] [4]

[5]
1 10 100 1k 10k 100k 1M 10M 100M
f (Hz)
1G
0
-45
-90
45

[1] [2] [4] [6]


[4]
[5] [4] [1]
[4] [6] [2]
[3]
[1]
[3][6] [2]
[3][5]
[1]
[6] [3] [5] [2] [3]
[5]
[5]
[4]
[1]
135

Fig.3.4-4

1 10 100 1k 10k 100k 1M 10M 100M
f (Hz)
0
-40
-80
-120
-160
G
dB
[3] [5]
[2]
[4]
[2] [6]
[1]
[2] [4]
[6]

1 10 100 1k 10k 100k 1M 10M 100M
f (Hz)
1G
[3] [5]
[1] [2] [4] [6]
[2]
[4] [6]
[2] [4]
[1] [2]
[4]
[6]
[3] [1] [5] [4] [5] [1] [3]
[6] [2]
0
-45
45
90

135


Fig.3.4-5

+
-
Vi
R
C L
(a)
Ii
C
L R
(b)

Fig.3.5-1
La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari 97

,
s
LC 1 L R s s
L
sC
1
sL R X X R ) s ( Z
2
C L
+ +
= + + = + + = [3.5-1]
le cui radici sono
( )
,
R C
L 4
1 1
L 2
R
2
LC 4 L R L R
p
2
2
2 1

=

= [3.5-2]
complesse coniugate se . 1
L
C
2
R

R C
L 4
1
2
< < [3.5-3]
Conviene riscrivere le radici come , 1
R C
L 4
j 1
L 2
R
p
2
2 1

= [3.5-4]
per quanto detto nel 3.2 a proposito delle radici complesse coniugate r e r
*
,
n
2
n
2
2 *
2
*
*
*
j 2 1
r
) r r ( j r
r r
) j r )( j r (
) r j )( r j 1 (

=
+ +
=
+ +
= + +
La pulsazione naturale il modulo della radice, cio:
,
C L
1
1
R C
L 4
1
L 2
R
1
R C
L 4
j 1
L 2
R
2 2
n = + =

= [3.5-5]
Mentre il coefficiente di smorzamento o il rapporto fra la parte reale del numero complesso cam-
biata di segno ed il modulo, cio, per la [3.5-3]
. 1
L
C
2
R

LC 1
L 2 R ) p ( R
n
1 e
< = =

= [3.5-6]
Se le radici sono reali, se o = 1 sono anche distinte. Lo studio, in questo caso stato gi fat-
to. Si tratta di un circuito risonante con smorzamento cos grande, che non riesce ad oscillare.
Se, invece, le radici sono complesse coniugate la [3.5-1] pu essere riscritta come

s
s 2 s
C
L
s
s
2
C
L
s
1 s 2 ) s (
C
L
) s ( Z
n
2
n n
2
n
n
2
n
n n

+ +
=

+ =

+ +
= [3.5-7]
Nel dominio di :
( )
jz
z j 2 z 1
C
L
j
j 2 1
C
L
) (
2
n
n
2
n +
=

+
= Z [3.5-8]
in cui si adottato ancora n z = . [3.5-9]
Le funzioni di trasmissioni relative alle tensioni sui vari elementi del circuito sono quindi

2
n n
2
n
n
n
R
s 2 s
s 2
s
s
2
C
L
R
) s ( Z
R
) s ( F
+ +

=

+
= = ; [3.5-10]

2
2
n n
2
n
n
n
C
s 2 s
s
s
2
C
L
sC 1
) s ( Z
sC 1
) s ( F
+ +

=

+
= = ; [3.5-11]

2
2
n n
2
n
n
L
s 2 s
s
s
s
2
C
L
sL
) s ( Z
sL
) s ( F
+ +
=

+
= = . [3.5-12]
Tutte e tre le funzioni hanno due poli complessi coniugati, ma, mentre la tensione sul con-
densatore non ha zeri, quella sul resistore ha uno zero nullo e quella sullinduttore, addirittura, ne ha
due. Per capire meglio il comportamento conviene studiare i diagrammi di Bode relativi. Allora ri-
scriviamo le espressioni corrispondenti alle [3.5.10], [3.5-11] e [3.5-12] nel dominio di :
98 La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari

( )
;
z j 2 z 1
z j 2
j 2 j
j 2
) (
2
n n
2
n
R
2
+

=
+ +

= F [3.5-13]

( )
;
z j 2 z 1
1
j 2 j
) (
2
n n
2
n
C
2
2
+
=
+ +

= F [3.5-14]

( )
( )
.
z j 2 z 1
jz
j 2 j
j
) (
2
2
n n
2
L
2
2
+
=
+ +

=

F [3.5-15]
3.5.1.1 La tensione sul condensatore: soltanto i due poli
Cosa avviene sul condensatore descritto dalla [3.5-14]. Il caso gi stato studiato nel
.3.2.4. La funzione di trasmissione gi stata mostrata nelle Fig.3.2-4. e 3.2-6. Se o abbastanza
piccolo il circuito un filtro che ha una banda passante molto stretta data dalla [3.2-18] alla pulsa-
zione di risonanza n.
3.5.1.2 La tensione sul resistore: oltre i due poli anche uno zero nullo
La funzione di trasmissione la [3.5-13] che, rispetto alla precedente ha in pi uno zero nul-
lo. La conseguenza che si pu costruire il grafico del guadagno a partire da quello della Fig.3.2-4
aggiungendo leffetto del polo che dato da una retta con pendenza 20dB/dec che passa dal punto
(1,0). In Fig.3.3-7a mostrato il risultato. Per quanto riguarda largomento basta considerare che
leffetto di uno zero nullo di traslare di 90 verso lalto. Il risultato mostrato nella Fig.3.3-7b.
3.5.1.3 La tensione sullinduttore: oltre i due poli anche due zeri nulli
Questa volta la funzione di trasmissione la [3.5-15] che, rispetto alla precedente ha in pi
un altro zero nullo. Perci, ora bisogna aggiungere una retta che passa dallo stesso punto, ma la cui
pendenza di 40 dB/dec. Largomento, a causa dei due zeri nulli sale addirittura di 180. Il risultato
finale mostrato nelle Fig.3.4-8. Si tratta di un filtro passa-banda se lo smorzamento piccolo al-
trimenti di un passa-alto.
1 0 1 .1 / n
G
( d B )
0
- 2 0
- 4 0
-6 0
= 1 o
= . 1 o
o = .2
o = .5
= . 0 0 5 o
( a )
= .7 0 7 o

1 0
1 . 1 /
n
= 1 o
= . 7 0 7 o
= . 1 o
o = . 2
o = . 5
= . 0 0 5 o

0
- 3 0
- 6 0
- 9 0
3 0
6 0
9 0
( b )

Fig.3.4-7
1 0 1 . 1 / n
G
( d B )
0
- 2 0
- 4 0
2 0
4 0
1 0
3 0
- 1 0
- 3 0
= 1 o
= . 7 0 7 o
= . 1 o
o = . 2
o = . 5
= . 0 0 5 o
( a )



1 8 0
1 5 0
1 0 .1
/ n
1
0
1 2 0
9 0
6 0
3 0
( b )
o = 0 . 5
o = 0 . 1
o = 0 . 2
o = 0 . 0 0 5
o = 0 . 7
o = 1

Fig.3.4-8
La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari 99

3.5.2 Circuiti risonanti parallelo
I circuiti risonanti serie e parallelo sono duali, e quanto stato detto per le tensioni, nel cir-
cuito risonante serie, si pu passare alle correnti. Lammettenza del circuito di Fig.3.5-1b

s
LC 1 C G s s
C sC
sL
1
G S S G ) s ( Y
2
C L
+ +
= + + = + + = , [3.5-16]
con radici complesse coniugate se
1
C
L
2
G
LC
4
C
G
2
< = <

[3.5-17]
n

la stessa della [3.5-5]. La [3.4-16] pu essere riscritta come
.
s
s
2
L
C
) s ( Y
n
n

+ = [3.5-18]
3.5.3 Sovratensione e sovracorrente
Applichiamo la legge di Kirchoff al circuito di Fig.3.5-1a, Vi = VL + VC + VR. Alla risonan-
za, se o << 1, z = /n 1, e dalle [3.5-13], [3.5-14] e [3.5-15] si ricava VL = jVi/2o = jQVi, VC =
-jVi/2o = -jQVi, VR = Vi. Dove . 1 2 1 Q >> = Nella [3.5-19], Vi e VR sono eguali. Anche VC e VL
sono eguali in modulo ma opposte. Inoltre, i moduli di VC e VL sono Q volte la tensione del gene-
ratore. Le cadute di potenziale sugli elementi reattivi sono maggiori del segnale applicato. Per que-
sto motivo Q si chiama coefficiente di sovratensione. In un circuito risonante parallelo si ha un fe-
nomeno simile per le correnti, cio, alla risonanza, le correnti negli elementi reattive, eguali fra di
loro in modulo, ma in opposizione di fase, sono Q volte pi alte di quelle fornite dal generatore. In
questo caso Q il coefficiente di sovracorrente.
3.5.4 La risposta alla o
Applichiamo un impulso o ampio Vp al circuito della Fig.3.5-1a per trovare, adesempio, la
tensione sulla resistenza. La [3.5-10] si pu riscrivere come
p
2
n
2
n
n
p
n n
2
n
R V
) 1 ( ) s (
s 2
V
s 2 s
s 2
) s ( V
2 2
+ +

=
+ +

=
che, se o << 1, si approssima come:
, V
) s (
s 2
) s ( V p
n
2
n
n
R
2
+ +


cio
. V
) s ( ) s (
s
2 V
) s (
s
2 ) s ( V p
2
n
2
n
n
2
n
2
n
n
n p
n
2
n
n n
n R
2

+ +


+ +
+
=
+ +
+
=
La cui antitrasformata si calcola dalle [3.4-15] e [3.5-5]. Si tratta di una oscillazione smorzata di
ampiezza Vp R/L, pulsazione n

e costante di tempo di smorzamento 2L/R.
[ ] ( ) p
L 2
Rt
p
t
n n p
t
n n n R V e LC t cos
L
R
V e t cos 2 V e t sen t cos 2 ) t ( V
n n


= .
3.6. Banda passante e frequenza di taglio
I casi trattati finora sono semplici e con non pi di due poli distinti sempre abbastanza lon-
tani. Per sistemi con pi poli la trattazione relaativa abbastanza complessa e poco importante dal
punto di vista analitico, ma interessante per i risultati. In genere si possono soltanto utilizzare e-
spressioni approssimate.
100 La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari
3.6.1 Frequenze di taglio identiche in circuiti disaccoppiati.
Se la costante di tempo relativa ad ogni polo ts, cui corrisponde una frequenza di taglio
fts=1/2rts, se i poli sono n, allora la frequenza di taglio superiore ftsn diventa
[FA]

. 1 2 f f
n
ts tsn = [3.6-1]
Analogamente se la costante di tempo interessa la frequenza di taglio inferiore
. 1 2 f f
n
ti tni = [3.6-2]
3.6.2 Poli e Zeri noti
Se esistono m poli zj (zj)e n zeri pj (pj), allora per la frequenza di taglio superiore si ha
[SS]

. ) ( 1 ) ( 1 2 1 f
2
m
zj
2
n
pj ts

= [3.6-3]
Mentre quella di taglio inferiore
. 2 ) ( ) ( f
m
2
zj
n
2
pj ti =

[3.6-4]
Se un polo d dominante, e cio il pi piccolo nel calcolo della frequenza di taglio superiore o il
pi alto in quella inferiore allora la frequenza di taglio quella corrispondente come si pu facil-
mente ricavare dalle precedenti e cio
. 2 1 f d t = [3.6-5]
pi piccolo o pi grande significa almeno un fattore 4.
3.6.3 Poli e zeri non facilmente calcolabili.
Si pu ricorrere al metodo delle costanti di tempo
[SS],[GRA]
. Se in un circuito ci sono n con-
densatori, si calcolano le costanti di tempo tj associate con ognuna delle n capacit, quando tutte le
altre sono aperte (nel caso di calcolo della frequenza di taglio superiore) oppure in corto (nel caso di
calcolo della frequenza di taglio inferiore). La costante di tempo tj il prodotto della capacit Cj per
la resistenza vista ai capi della stessa capacit nelle condizioni gi specificate per le altre capacit.
Le frequenza di taglio, purch ci sia almeno un polo dominante, possono essere approssimativamen-
te calcolate come
; 2 1 f
n
j ts

[3.6-6]
e . 2
1
f
n
i
ti

[3.6-7]
3.6.4 Tempi di salita.
Il tempo di salita corrispondente alla risposta ad un segnale a gradino nel caso di sistemi con
soltanto poli semplici che danno risposte di tipo esponenziale pu essere calcolato in funzione della
frequenza di taglio superiore come
. f 35 . 0 t ts s = [3.6-8]
In generale, se un sistema composto da i differenti sistemi in cascata ognuno con il suo tempo di
salita tsi, il tempo di salita complessivo tst pu essere approssimato da
. t t
n
2
si st

[3.6-9]
Per n sistemi identici . n t t
2
si st [3.6-10]
La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari 101

3.7. Le linee di trasmissione ideali
Le linee di trasmissione
sono dei dispositivi atti al tra-
sporto di segnali ad alta fre-
quenza. Gli esempi pi noti so-
no i cavi coassiali e le linee bi-
filari come quelle usati per tra-
sportare i segnali dalle antenne
ai ricevitori. In figura sono mo-
strati due pezzetti di linee di tra-
smissione. La parte superiore della figura rappresenta un cavo coassiale. Un conduttore interno
inserito in un cilindro isolante a sua volta ricoperta da una guaina di conduttore intrecciato detto
calza. Una guaina isolante ricopre il tutto sia per isolare elettricamente che per riparare il cavo
dalle ingiurie del tempo ed atmosferiche. Laltro disegno mostra una linea bifilare. Due conduttori
identici sono affogati in un isolante in modo che la distanza fra i due conduttori sia costante.
3.7.1 Le linee di trasmissione senza perdite
Una linea di trasmissione si comporta da doppio
dipolo. Ma mentre in un doppio bipolo come quelli gi
studiati gli elementi di circuito che danno origine alle sue
propriet sono concentrate in veri e propri componenti,
nel caso della linea di trasmissione essi sono distribuiti in
modo uniforme in tutta la linea. Essa, pertanto, prende il
nome di dispositivo a costanti distribuite. Lo studio di una
linea inizia dal prendere in considerazione un elemento in-
finitesimo della stessa, lungo dx, considerato sempre come
un doppio bipolo. La Fig.3.7-2a schematizza questo com-
portamento per quella che noi chiamiamo una linea di tra-
smissione ideale senza perdite. Ad una delle porte del
doppio bipolo applicata una tensione V ed entra una cor-
rente I, sullaltra porta la tensione differisce di dV e la cor-
rente di dI.
Il comportamento della linea di trasmissione ideale senza perdite determinato dal fatto che
fra i due fili che compongono la linea, inevitabilmente si produce un effetto capacitivo essendo i
due fili affacciati. Inoltre la corrente, nellattraversare lelemento infinitesimo di linea sottoposta
alla legge di Lenz. Indichiamo con C la capacit per unit di lunghezza in F/m e con L linduttanza
per unit di lunghezza in H/m. Linduttanza Ldx e la capacit Cdx del tratto infinitesimo di linea
sono rappresentate in Fig.3.6.2b
3.7.1.1 Lequazione delle onde
La caduta di potenziale dV lungo il tratto di linea infinitesimo lungo dx . dx
x
V
dV

= Que-
sta caduta di potenziale determinata dalla legge di Lenz cio proporzionale alla derivata della
corrente rispetto al tempo secondo linduttanza del tratto dx che Ldx. Cio:
.
t
I
Ldx dx
x
V
dV

= [3.7-1]
Luso delle derivate parziali dovuto la fatto che le due grandezze in esame sono funzioni dipen-
denti sia della posizione lungo la linea che dallistante.
(a)
(b)

Fig.3.7-1
I I+dI
V
+
-
V+dV
-
+
I+dI
V
+
-
V+dV
-
+
C

dx
L

dx
dx
(b)
(a)

Fig.3.7-2
102 La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari
Daltra parte anche la corrente entrante e quella uscente differiscono di dI per la presenza
della capacit che ne dirotta una parte verso massa. Ricordiamo che la corrente in un condensatore
proporzionale alla derivata rispetto al tempo della tensione ai suoi capi. La costante di proporziona-
lit la capacit dello stesso condensatore. Quindi
.
t
V
Cdx dx
x
I
dI

= [3.7-2]
Eliminando sia dalla [3.7-1] che dalla [3.7-2] il differenziale dx:
,
t
I
L
x
V

[3.7-3]
e ,
t
V
C
x
I

[3.7-4]
che sono le equazioni che determinano il comportamento della linea.
Deriviamo la prima rispetto a x e la seconda rispetto a t:

x t
I
L
x
V
2
2
2

e .
t
V
C
x t
I
2
2 2


Sostituendo la seconda nella prima:
.
t
V
LC
x
V
2
2
2
2

[3.7-5]
In modo analogo, se si deriva la prima rispetto a t e la seconda rispetto a x si ottiene:
.
t
I
LC
x
I
2
2
2
2

[3.7-6]
Posto .
LC
1
v = [3.7-7]
Le espressioni precedenti si riscrivono come:
;
t
V
v
1
x
V
2
2
2 2
2

[3.7-8]
e .
t
I
v
1
x
I
2
2
2 2
2

[3.7-9]
Queste espressioni differenziali prendono anche il nome di equazione dei telegrafisti.
Non per nulla semplice risolvere il sistema di equazioni differenziale alle derivate parziali.
Tuttavia si pu facilmente verificare che la soluzione di entrambe data dalla combinazioni di due
qualunque funzioni Fd(z1) e Fr(z2) delle due variabili z1 = t-x/v e z2 = t+x/v. Prendiamo in conside-
razione la tensione V. Per essa :
). z ( F ) z ( F
v
x
t F
v
x
t F V 2 r 1 d r d + =

+ +

= [3.7-10]
Calcoliamo le derivate prime e seconde della precedente espressione rispetto entrambe le variabili
indipendenti:
;
dz
dF
dz
dF
t
z
dz
dF
t
z
dz
dF
t
V
2
r
1
d 2
2
r 1
1
d
+ =

[3.7-11]
;
dz
F d
dz
F d
t
z
dz
F d
t
z
dz
F d
dz
dF
dz
dF
t t
V
2
2
r
2
2
1
d
2
2
2
2
r
2
1
2
1
d
2
2
r
1
d
2
2
+ =

[3.7-12]
;
dz
dF
dz
dF
v
1
dz
dF
v
1
dz
dF
v
1
x
z
dz
dF
x
z
dz
dF
x
V
2
r
1
d
2
r
1
d 2
2
r 1
1
d

= + =

[3.7-13]
;
dz
F d
v
1
dz
F d
v
1
v
1
x
z
dz
F d
x
z
dz
F d
v
1
dz
dF
dz
dF
x v
1
x
V
2
2
r
2
2
1
d
2
2
2
2
r
2
1
2
1
d
2
2
r
1
d
2
2


La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari 103

cio .
t
V
v
1
dz
F d
dz
F d
v
1
x
V
2
2
2 2
2
r
2
2
1
d
2
2 2
2

+ =


In questultima si fatto uso della [3.6.12]. Questa espressione proprio la [3.7-8].
La funzione Fd ha la propriet di assumere lo stesso valore per x = v t. Si tratta di un segnale
che si propaga lungo la linea con velocit v espressa dalla [3.7-7]. Pi precisamente si tratta di una
onda che si sposta nel senso delle x crescenti con velocit v. Fd londa diretta. La funzione Fr ha
la propriet di assumere lo stesso valore per x = -v t. Questa onda si sposta in senso inverso ma
sempre con la stessa velocit v. Fr londa riflessa.
Eguagliando fra di loro i secondi membri delle [3.7-3] e [3.7-13]
.
dz
dF
dz
dF
v
1
t
I
L
2
r
1
d


Integrando rispetto al tempo si ottiene:
)], z ( F ) z ( F [
L
C
v
x
t F
v
x
t F
vL
1
I 2 r 1 d r d =

=
cio , I I
Z
) z ( F
Z
) z ( F
I r d
0
2 r
0
1 d
+ = = [3.7-14]
con .
C
L
Z0 = [3.7-15]
Z0 prende il nome di impedenza caratteristica della linea.
In ogni punto il rapporto fra londa di tensione e quella di corrente diretta Z0. Anche il rap-
porto fra londa di tensione e quella di corrente riflessa ha lo stesso valore Z0. Il segno negativo di-
pende unicamente dalle convenzioni per le corrente che positiva se viaggia nel verso delle x cre-
scenti.
Alla luce di quanto detto la [3.7-10] si pu riscrivere come
V = Vd + Vr [3.7-16]
E la [3.7-14] come
. I I
Z
V
Z
V
I r d
0
r
0
d
+ = = [3.7-17]
Vediamo ci che accade quando la linea termina e ai suoi capi si applica una impedenza di
carico ZL. Su di esso VL = ZLIL e vale la [3.7-16] che riscriviamo come VL = Vd + Vr e la [3.7-17]
che diventa IL = Id + Ir. Tenendo presente quanto detto e cio che Vd/Id = Z0 e Vr/Ir = -Z0 si ha:
0 r L 0 d L r L d L L L r d L Z V R Z V R I R I R I R V V V = + = = + =
dalla quale si ricava
.
Z Z
Z Z
V
V
0 L
0 L
d
r
L
+

= = [3.7-18]
pL prende il nome di coefficiente di riflessione.
Sostituendo Vd = pLVr in VL = Vd + Vr si ottiene

0 L
L
d
0 L
0 L
d L d d L d r d L
Z Z
Z 2
V
Z Z
Z Z
1 V ) (1 V V V V V V
+
=

+ = + = + = + =
cio .
Z Z
Z 2

V
V
0 L
L
d
L
L
+
= = [3.7-19]
tL il coefficiente di trasmissione.
104 La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari
3.7.1.2 Risposta di una linea ad un impulso breve
Studiamo ci che avviene se si applica ad una linea un generatore che fornisce un impulso
rettangolare alto Vg che dura tg come quello in alto a sinistra nella Fig.3.7-3a. In tutto questo para-
grafo e nel successivo supporremo, se non altrimenti specificato, che tutte e tre le impedenze e cio
Zg, quella del generatore, Z0, quella caratteristica e ZL, quella di carico siano puramente resistive.
Linea infinita
Il generatore ha impendenza interna
nulla (Zg = 0). Allingresso, cio per x = 0, ap-
plichiamo limpulso allistante t = 0. Esso non
si propaga istantaneamente sulla linea, come
siamo abituati a pensare, ma con una velocit
vdata dalla [3.7-7]. Poich la linea infinita
lunica onda che viaggia quella diretta, in
quanto la riflessa ha bisogno, per essere pro-
dotta, di arrivare alla fine della linea, ma ci
richiede un tempo illimitato. Anche la compo-
nente di corrente sar solo quella diretta e cio
Vg/Z0. Anche questa onda di corrente si propaga con la stessa velocit. Nella Fig.3.7-3c e Fig.3.7-
3d sono mostrate le situazioni allistante d per la tensione e per la corrente, rispettivamente.
Limpulso si sposta verso destra e allistante d ha raggiunto il punto x = vd.
Linea chiusa sulla sua impedenza caratteristica
Consideriamo ora una linea lunga l (Fig.3.7-4). Sia D = l/v il ritardo fra lapplicazione
dellimpulso allinizio della linea e listante in cui londa diretta arriva alla fine. Da questo momen-
to, finch non sar esplicitamente dichiarato, si supporr che la durata tg dellimpulso sia molto bre-
ve rispetto a D. Analogamente d =x/v il ritardo fra lapplicazione dellimpulso alla linea ed il
momento in cui londa diretta perviene al punto x. Limpedenza caratteristica il rapporto, in ogni
punto fra la tensione e la corrente dellonda diretta. Se guardiamo lespressione del coefficiente di
riflessione pL definito con la [3.7-18] ci accorgiamo che quando ZL = Z0 esso nullo. Ci vuol dire
che la componente riflessa nulla. Londa, arrivata sul ca-
rico viene totalmente assorbita senza riflessione. Si dice
che la linea adattata. Ma se non c onda riflessa la linea
si comporta come se fosse infinita. La situazione, del tutto
simile al caso precedente stata gi illustrata in Fig.3.7-3.
Linea in corto circuito
Questa volta la linea lunga l e di impedenza caratteristica Z0 ha lestremit in corto come
mostrato nella Fig.3.5-5a. Laspetto interessante landamento temporale. Nellipotesi che il gene-
ratore usato sia ideale ci aspettiamo che la cor-
rente tenda ad un valore illimitato, dal momen-
to che la linea in corto. Le cose vanno in mo-
do diverso. Applicando, allistante iniziale
limpulso di tensione, londa di tensione diretta,
e cio limpulso, si propaga sempre con la soli-
ta velocit v arrivando al corto dopo un tempo
D = l/v. Essendo ZL = 0 il coefficiente di rifles-
sione pL = -1. Quando limpulso arriva alla
fine si produce unonda riflessa che, per quanto

x = 0
I(d)
x
Vg
x
x = v d
I=Vg/Z0
Vg
V(d)
x
Vg
V
t
tg
Istante t = d
(a)
(d)
(c)
(b)

Fig.3.7-3
Vg
Z0
l

Fig.3.7-4

x =vd
Vg
l
V(vd)
t d 2D+d
2D-d
4D-d
Vg
4D+d
6D-d 8D-d 10D-d 12D-d
6D+d 8D+d 10D+d
I(vd)
t
Vg/Z0
(a)
(c)
(b)

Fig.3.7-5
La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari 105

detto del coefficiente di riflessione, eguale ed opposta alla diretta e cio un impulso eguale ed op-
posto a quello del generatore. Questa onda riflessa si propaga in verso contrario e quando arriva sul
generatore questi con la sua impedenza interna nulla produce unaltra riflessione completa che ri-
balta questonda e la fa ripartire dopo un tempo 2D dallistante dapplicazione dellimpulso. Da
questo istante in poi il tutto si ripete e si ricomincia unaltra volta. Pertanto sulla linea viaggiano
impulsi Vg che vanno e vengono impiegando fra andata e ritorno 2D. Dal momento che la linea
priva di perdita il fenomeno illimitato nel tempo. Nel punto x della linea tale che x =vd si nota un
fenomeno periodico con periodo 2D per il quale prima passa un impulso positivo verso destra e poi
uno eguale ed opposto, ma verso sinistra, vedi Fig.3.7-5b.
Per quanto riguarda la corrente ricordiamo che allonda impulsiva diretta di tensione Vg cor-
risponde una corrente impulsiva diretta Id alta Vg/Z0 e lunga tg. Allonda di tensione riflessa Vr = -
Vg corrisponde una corrente riflessa Ir = -(-Vg /Z0) = Vg/Z0. Dal punto di vista temporale le cose so-
no simili per la tensione e la corrente soltanto che limpulso riflesso di corrente dello stesso segno
del diretto. Nel punto x della linea si ha passaggio dello stesso impulso di corrente una volta in un
senso e una volta nellaltro, vedi Fig.3.7-5c.
Generatore adattato
Le cose sono differenti se il generatore ha una sua impe-
denza interna. Il caso pi semplice da trattare quando esso a-
dattato cio la Zg pari allimpedenza caratteristica Z0 (Fig.3.7-
6a). Applicando il solito impulso, per leffetto di partizione fra
limpedenza della linea e quella interna, esso si presenta dimez-
zato allingresso e cio Vg/2. Questo impulso, per, nellandare e
tornare si comporta come nel caso precedente. A parte la diffe-
renza dampiezza, per, laltra novit che esso, tornato
allingresso trova limpedenza del generatore che adattata alla
linea e viene perfettamente assorbito. Il risultato che si ha un
comportamento come quello del caso precedente ma limitato a
soltanto un intervallo temporale 2D. In Fig.3.7-6b mostrato il
comportamento in questo caso. Per quanto riguarda la corrente non sembra sia il caso di soffermar-
ci. La Fig.3.7-6c va vedere quello che avviene.
Generatore non adattato
Se, per, non si ha adattamento si avr rifles-
sione anche al generatore. Il coefficiente di rifles-
sione relativo si pu esprimere come:
.
Z Z
Z Z
V
V
0 g
0 g
r
d'
g
+

= = [3.7-20]
Londa incidente sul generatore Vr, quella riflessa
la nuova onda diretta Vd. Nellipotesi gi fatta di
impedenze tutte resistive il coefficiente di riflessio-
ne del generatore un numero in valore assoluto
non superiore ad uno ma il cui segno dipende da chi
fra Zg e Z0 pi grande. Pertanto il segnale riflesso
Vr sar un impulso sempre largo tg ma di segno e-
guale od opposto a quello che lo produce secondo
dei casi. Anche la sua altezza potr variare secondo
il modulo del coefficiente di riflessione. In ogni caso gli impulsi di tensione che arrivano alla fine
della linea, dove c il corto, saranno riflessi e capovolti senza cambiare dampiezza. Nella Fig.3.7-

I(Vd)
t
Vg/2Z0
V(vd)
t
x =vd
d
2D-d
Vg/2
l
Vg
Z0
(a)
(c)
(b)

Fig.3.7-6

x =vd
V(vd)
t
Vg/4
6D-d 8D-d 10D-d
d
2D+d
2D-d 4D-d
4D+d 6D+d 8D+d 10D+d
Z0 = 3Zg
V(vd)
x =vd
t
3Vg/4
Zg = 3Z0
2D-d
10D+d d 2D+d
4D-d
4D+d
6D+d 8D+d
6D-d 8D-d 10D-d
l
Vg
Zg
(a)
(c)
(b)

Fig.3.7-7
106 La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari
7b mostrata la tensione per Zg = Z0/3 mentre nella Fig.3.7-7c quella per Zg = 3Z0. Nei due casi
il coefficiente di riflessione pg sar -0.5 e 0.5 rispettivamente. Ogni volta che londa riflessa dal cor-
to torna al generatore viene rinviata dimezzata e capovolta o no secondo quanto detto. La determi-
nazione delle correnti lasciata come esercizio.
Linea aperta
Trattiamo ora il caso duale di linea lunga
l ed aperta allestremit cui applicato il solito
impulso alto Vg e lungo tg (Fig.3.7-8a). Essendo
ZL = il coefficiente di riflessione dovuto al
carico aperto pL = 1. Londa di tensione, una
volta arrivata sul carico, si riflette senza capo-
volgersi. Quando, poi, ritorna tornando indietro,
arriva sul generatore trova la sua impedenza
nulla e quindi si ha una riflessione come per le
linee in corto, per, questa volta sul generatore.
Riparte, quindi un impulso ancora alto Vg ma
capovolto. Questultimo sul carico riflesso
senza essere capovolto e ritorna sul generatore
dove capovolto ancora una volta e cos via. Si
ha un comportamento periodico come quello
descritto nella Fig.3.7-8b per il punto x = vd. Il
comportamento della corrente lasciato come
esercizio anche se mostrata in Fig.3.7-8c. In periodo del fenomeno 4D. In Fig.3.7-8d anche
mostrata la tensione allestremo aperto. Anche questo un segnale periodico di periodo 4D.
Generatore adattato
Discutiamo del caso in cui il generatore ha una sua impedenza
interna pari allimpedenza caratteristica Z0 (Fig.3.7-9a). Il generatore
adattato alla linea. Per la partizione fra limpedenza della linea e quella
interna limpulso allingresso della linea si dimezza in altezza ed quin-
di Vg/2. I fenomeni, finch le onde di tensione e corrente non arrivano al
generatore sono del tutto eguali al caso precedente. Per, a questo punto
ladattamento dimpedenza produce lassorbimento dei segnali ed il fe-
nomeno finisce. La medesima figura mostra il comportamento di V(vd)
ed I(vd), ispettivamente nelle Fig.3.7-9b e Fig.3.7-9c.
Il caso in cui limpedenza del generatore qualunque lasciato
come esercizio pu essere dedotto dal caso analogo con linea in corto.
3.7.1.3 Risposta di una linea ad un impulso molto lungo
Trattiamo ora brevemente ci che avviene quando
la durata dellimpulso tg grande rispetto a D = lv. Appli-
chiamo limpulso alto Vg con un generatore dimpedenza
interna Zg ad una linea aperta (ZL = 0), Fig.3.7-10a. Stu-
diamo per ora quello che avviene allingresso della linea
per x = 0. A causa della partizione fra Z0 e Zg la tensione Vi
allistante dapplicazione dellimpulso salta a kVg con k
dato dal rapporto di partizione Z0/(Z0 + Zg). Londa si pro-
paga e dopo un tempo D arriva allestremit della linea do-
x =vd
Vg
l
t
Vg/Z0
I(vd)
V(l=vD)
t D
3D
Vg
5D
9D
11D 7D
(a)
(d)
(c)
V(vd)
t
d
2D+d
2D-d
4D-d
Vg
4D+d
6D-d
8D-d
10D-d
12D-d 6D+d
8D+d
10D+d
(b)

Fig.3.7-8

l
Vg
Z0
V(vd)
t
d
2D+d
2D-d
Vg/2
I(vd)
t
Vg/2Z0
x = v d
(a)
(c)
(b)

Fig.3.7-9

kVg
l
Vg
Zg
2D
V(0)
t
Vg
4D 6D 8D 10D 12D 14D 16D
2D
V(0)
kVg
t
Vg
4D 6D 8D 10D 12D 14D 16D
(a)
(c)
(b) Z0 < Zg
Z0 > Zg

Fig.3.7-10
La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari 107

ve per la mancanza di carico viene completamente riflessa. Quindi viaggia allindietro anche una
onda riflessa di altezza anche essa pari a kVg, che nellandare indietro verso il generatore, si somma
allonda diretta di eguale altezza raddoppiando, man mano che avanza il fronte della tensione.
Allistante 2D londa riflessa arriva allingresso della linea. Pertanto in quellistante la tensione li
2kVg. Ma questonda riflessa incontra limpedenza del generatore e subisce una riflessione con co-
efficiente di riflessione dato dalla [3.7-20]. Allistante t = 2D la tensione complessiva allingresso
sar quanto cera prima pi questa onda riflessa e cio 2kVg+k pgVg = k(2+pg)Vg. Questa nuova on-
da riflessa dal generatore viaggia verso lestremo aperto dove, quando arriva, viene riflessa sovrap-
ponendosi a quando cera prima e di dirigendosi verso il generatore ed il processo riprende. Mentre
la riflessione sul carico fatta con pL = 1 quella sul generatore con pg data dalla [3.7-20]. Quindi,
allingresso dopo n riflessioni e cio dopo un tempo nD si avr una tensione . kV 2 V
n
0
n
g g i

= Se n
sufficientemente grande e anche tg
. V V
Z Z Z Z
Z Z
Z Z
Z
2 V
Z Z
Z Z
1
1
Z Z
Z
2
1
1
kV 2 g kV 2 V g g
0 g 0 g
0 g
0 g
0
g
0 g
0 g
0 g
0
g
g
0 , n
n
g i =
+ +
+

+
=
+

+
=

= =


In sostanza se limpulso sufficientemente lungo la tensione dingresso si assesta al valore
della f.e.m. del generatore. In caso contrario si ferma ad un valore intermedio fra kVg e Vg. La ten-
sione allingresso della linea allistante t
2D-
= 2D Vi|
2D-
= 2kVg ed immediatamente dopo,
allistante t
2D+
Vi|
2D+
= k(2+pg)Vg. Se Zg > Z0, k < 1/2 e pg positivo. In questo caso la tensione
allingresso della linea dopo la prima riflessione e cio a t
2D-
= 2D inferiore a Vg/2 ma per effetto
del coefficiente pg > 1 subito dopo e cio a t
2D+
tende a salire. Dopo innumerevoli riflessioni, se la
durata dellimpulso sufficientemente grande, arriva fino a Vg. Se Zg < Z0, k > 1/2 pg negativo.
In questo caso la tensione allingresso della linea dopo la prima riflessione e cio a t
2D-
= 2D supe-
riore a Vg /2 e per per effetto del coefficiente pg negativo subito dopo e cio a t
2D+
tende a scendere.
Se limpulso sufficientemente lungo scende fino a Vg. Nella Fig.3.7-10b e Fig.3.7-10c sono mo-
strati i due casi per impulso pi lungo di 16D. Naturalmente, una volta che limpulso finisce, con un
proceso inverso la tensione va a zero. Si ha un andamento complessivo che, a gradini, simula la ca-
rica e scarica di un condensatore attraverso una resistenza.
Lo studio del comportamento di una linea in corto lasciata al lettore.
3.7.1.4 Risposta di una linea ad un gradino
Studiamo quello che avviene quando applicando ad una linea un gradino di tensione. Con-
sidereremo soltanto i casi relativi a linea infinita, in corto ed aperta con generatore adattato e no. Lo
studio delleffetto di un carico differente lasciato al lettore. In effetti si pu desumere facilmente il
comportamento dal caso studiato di impulso molto lungo. In questo caso molto lungo significa illi-
mitato
Linea infinita
Allingresso, cio per x = 0, della linea di impeden-
za caratteristica Z0 applichiamo un gradino Vg allistante t
= 0 (Fig.3.7-11a). La tensione si propaga non istantanea-
mente sulla linea, ma con una velocit vdata dalla [3.7-7].
Nella Fig.3.7-11b mostrato il fronte donda che si sposta
verso la destra e che allistante d ha raggiunto il punto x =
vd. Poich la linea infinita lunica onda che pu viaggiare
quella diretta, in quanto la riflessa ha bisogno, per essere
prodotta, di arrivare alla fine della linea, ma ci richiede un
Vg
Vg
x = 0
I(d)
V(d)
x
x
x
x = vd
I=Vg/Z0
(a)
(c)
(b)

Fig.3.7-11
108 La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari
tempo illimitato. Essendo lunica componente di tensione quella diretta, anche la componente di
corrente sar quella diretta e cio Vg/Z0. Anche questa onda di corrente si propaga con la stessa ve-
locit. Allistante d la tensione del tratto di linea fino a x = vd Vg e al di la di questo punto essa
nulla ed anche per la corrente si ha lo stesso comportamento e cio Vg/Z0 fino al punto in cui arri-
vato il fronte donda e zero dopo, Fig.3.7-11c.
Linea chiusa sulla sua impedenza caratteristica
In questo caso non ci sono riflessioni sul carico. La linea
adattata. Se lunga l, Fig.3.7-12a, per d < l/v londa viaggia ed il
fronte sta nel punto l = vd. A partire dallistante D = l/v essa la-
scia tutta la linea carica alla tensione Vg del gradino applicato ed
in essa scorre la corrente costante Vg/Z0. La situazione illustrata
in Fig.3.7-12b e Fig.3.7-12c.
Linea in corto circuito
La linea lunga l con lestremo in
corto mostrata in Fig.3.7-13a. Il gene-
ratore ha impedenza interna nulla. inte-
ressante il comportamento temporale. La
corrente tende ad un valore illimitato ma
ci avverr gradualmente. Il coefficiente
di riflessione pL = -1. Applicando a t =
0 il gradino di tensione Vg, londa di ten-
sione diretta si propaga sempre con la so-
lita velocit percorrendo la linea in un
tempo D = l/v. Si ha una corrente Vg/Z0.
Si produce unonda riflessa eguale ed opposta alla diretta. Questa onda si propaga in verso contrario
annullando, nel suo cammino la tensione diretta. A questa onda di tensione inversa corrisponde una
corrente (Vg/Z0). Man mano che londa si propaga verso il generatore, non solo lazzeramento
della linea si sposta ma anche la corrente che questo zero si porta con se e che la somma della cor-
rente dovuta alle due onde dirette e riflessa. Allora la corrente a sinistra del fronte Vg/Z0 e a destra
e 2V/Z0. Una volta che londa arriva al generatore questi rimanda una onda di tensione e quindi di
corrente che si sommano alle precedenti. Risultato: nellintervallo 2D < t < 3D una nuova onda di
tensione Vg si sposta verso destra, ed una corrente Vg/Z0 si somma alla 2Vg/Z0. La forma della ten-
sione in un punto interno alla linea a distanza x = vd mostrata in Fig. 3.6-13b. La corrente del ge-
neratore cresce di 2Vg/Z0 ogni 2D come mostrato in Fig.3.7-13c.
Le cose sono diverse se il generatore ha una sua impedenza in-
terna non nulla. Il caso pi semplice da trattare se essa pari allim-
pedenza caratteristica Z0 (Fig.3.7-14a), cio se il generatore adattato
alla linea. Questa volta la tensione allinizio della linea non pi Vg,
ma a causa della partizione fra limpedenza della linea e quella interna,
parte da Vg/2. Le onde di tensione e di corrente dirette sono, rispetti-
vamente Vg/2 e Vg/2Z0. Quando arrivano al corto si ha lo stesso effetto
del caso precedente: unonda di tensione riflessa che man mano che si
sposta verso il generatore annulla la diretta ed una di corrente che, in-
vece, rafforza la precedente che diventa, in tal modo Vg/Z0 man mano
che dal corto si sposta verso il generatore. Ma, ora, arrivati allestremo
cui applicato il generatore, ladattamento del generatore alla linea fa si che nessuna ulteriore ri-
flessione si produca. Da questo istante allingresso della linea la tensione che era stata Vg/2 va a ze-
ro (Fig.3.7-14b) e la corrente rimane costante pari a Vg/Z0 (Fig.3.7-14c). La tensione allingresso
Vg
V(d)
x
Vg
Z0
I=Vg/Z0
x = 0
I(d)
x
x = vd
(a)
(c)
(b)

Fig.3.7-12
5Vg/Z0
I(vd)
t
x = 0
3Vg/Z0 Vg/Z0
4D 2D 6D
V(vd)
t
x =vd
Vg
Vg
l
d 2D-d 2D+d 4D-d 4D+d 6D+d
(a)
(c)
(b)

Fig.3.7-13
l
Vg
Z0
I(0)
t
x = 0
Vg/Z0
Vg/2Z0
2D=2l/v
V(0)
t
Vg/2
(a)
(c)
(b)

Fig.3.7-14
La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari 109

della linea costante per il tempo D = 2l/v che impiega londa a percorrere la linea nei due sensi. In
questo modo possibile produrre un impulso di tensione di durata definita. Ovviamente la corrente
nel cortocircuito zero finch non arriva londa ma poi rimane costante e pari a Vg/Z0.
Linea aperta
Trattiamo ora il caso duale di linea aperta cui
applicato il gradino (Fig.3.7-15a). Il coefficiente di
riflessione dovuto al carico aperto p = 1. Londa di
tensione arrivata sul carico si riflette senza capovol-
gersi e si somma alla diretta. Nel punto posto a di-
stanza x dallingresso la sua tensione nulla fino
allistante d = x/v quando arriva londa diretta. Ri-
mane a Vg finche non arriva londa riflessa ed allora
diventa 2Vg. Londa riflessa si sposta verso il genera-
tore e, quando arriva su di esso, trova la sua impe-
denza nulla e quindi si ha una riflessione come per le
linee in corto, per, questa volta sul generatore. Ri-
parte, quindi unaltra onda capovolta ed alta Vg che si somma a quanto c sulla linea. Per cui sulla
linea finisce con il viaggiare ancora una volta una onda che complessivamente Vg. La forma della
tensione in un punto della linea a distanza x = vd mostrata in Fig. 3.6-15b. Per quanto riguarda la
corrente allingresso inizialmente dato che c solo onda diretta Vg/Z0. Ma londa riflessa di ten-
sione produce unonda riflessa di corrente che opposta a quella diretta e quindi, quando arriva
allingresso della linea, la corrente in quel punto si annulla. La linea preleva dal generatore un im-
pulso di corrente lungo 2D/v, Fig.3.7-15c. La tensione alluscita, invece, ovviamente dopo un tem-
po D/v si mantiene costante e pari a Vg.
Generatore adattato
Sia il generatore adattato alla impedenza caratteristica Z0 della
linea (Fig.3.7-16a). Per la partizione fra la linea ed il generatore la ten-
sione allingresso, allistante dapplicazione del gradino Vg/2. Anche
stavolta si hanno unonda di tensione e di corrente che si propagano
verso destra e che sono, rispettivamente Vg/2 e Vg/2Z0. Quando londa
di tensione arriva alla fine della linea dove non c alcun carico si pro-
duce unonda riflessa della stesso segno ed altezza che nel tornare in-
dietro la rafforza. Quando essa arriva al generatore viene assorbita to-
talmente a causa delladattamento. La tensione dingresso assume la
forma della Fig.3.7-16b: dallistante 2D = 2l/v in poi in tutta la linea c la tensione Vg. La corrente
quando arriva alla fine della linea viene riflessa capovolta rispetto alla diretta ma della stessa am-
piezza. Nel propagarsi allindietro si annulla la corrente man mano che si sposta verso il generatore.
Quando londa riflessa arriva allingresso non c pi corrente. Quindi la corrente del generatore
un impulso lungo 2D e alto Vg/2Z0 (Fig.3.7-16c).
3.7.1.5 Risposta di una linea ai segnali sinusoidali
Riprendiamo le due espressioni da cui iniziata la trattazione e cio le [3.7-3] e [3.7-4]. Se
si lavora con segnali sinusoidali possiamo utilizzare le propriet della derivata rispetto al tempo che
ci consente di trovare la derivata di una funzione sinusoidale soltanto moltiplicando per j. A que-
sto punto poich lunica derivata che compare rispetto la posizione si pu utilizzare la derivata to-
tale invece che la parziale perch lunica che compare. Quindi:
Vg
l
I(vd)
t
x = 0
Vg/Z0
2D = 2l/v
4D
2D
V(vd)
t
d 2D-d 2D+d 4D-d 4D+d
x = vd
2Vg Vg
(a)
(c)
(b)

Fig.3.7-15
l
Vg
Z0
V(0)
t
Vg/2
Vg
2D =2l/v
I(0)
t
x = 0
Vg/2Z0
(a)
(c)
(b)

Fig.3.7-16
110 La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari
, I L j
dx
dV
= [3.7-21]
e , V C j
dx
dI
= [3.7-22]
che sono le equazioni che determinano il comportamento della linea.
Deriviamo la prima rispetto la posizione e sostituiamo nella seconda:
V. V
v
V C L
dx
dI
L j
dx
V d
2
2
2
2
2
2
=

= = = [3.7-23]
Analogamente deriviamo la seconda rispetto la posizione e sostituiamo nella prima:
I. I C L
dx
dV
C j
dx
I d
2 2
2
2
= = = [3.7-24]
in cui .
v

= [3.7-25]
detta costante di fase.
La soluzione della [3.7-23] del tipo
, e c e c V V V
x j
2
x j
1 r d

+ = + = [3.7-26]
che sostituita nella [3.7-21]
, I L j e jc e jc
dx
dV
x j
2
x j
1 = + =

cio . I L e
v
c e
v
c
x j
2
x j
1 =



Dunque
x j
0
2
x j
0
1
x j
2
x j
1 r d e
Z
c
e
Z
c
e
L
LC
c e
L
LC
c I I I

= = + = [3.7-27]
nella quale Z0 sempre espressa dalla [3.7-15].
Le [3.7-26] e [3.7-27] si possono scrivere in modo formale come le [3.7-16] e [3.7-17] nelle
quali:
.
Z
) x ( V
e
Z
c
) x ( I
Z
) x ( V
e
Z
c
) x ( I

e c ) x ( V
e c ) x ( V
0
r
x j
0
2
r
0
d
x j
0
1
d
x j
2 r
x j
1 d

= =
= =

=
=


[3.7-28]
Le funzioni esponenziali complesse che compaiono nelle espressioni precedenti sono esprimibili
tramite le formule di Eulero come somme di termini in coseno e seno dellangolo x. Questo signi-
fica che si ripetono ogni x = 2r. La minima distanza
i = 2r/ 2rv/ = 2rv/2rf =v/f. [3.7-29]
per la quale il comportamento della linea si ripete prende il nome di lunghezza donda ed unica-
mente legato alla velocit di propagazione delle onde ed alla frequenza del segnale applicato.
Determiniamo il comportamento della linea lunga l applicando
un carico ZL ed alimentando con un generatore sinusoidale di ampiezza
Vg, frequenza f ed impedenza interna Zg. Per comodit fissiamo lo zero
della linea sul carico e il generatore a l, come mostrato nella figura
accanto. Chiamiamo VdL, VrL, IdL e IrL i valori delle ampiezze sul carico
delle onde dirette e riflesse di tensione e di corrente, rispettivamente.
Dalle 3.6-28 si ricava:

=
=

=
=
0
rL
rL
0
dL
dL
2 rL
1 dL
Z
V
I
Z
V
I

c V
c V
[3.7-30]
l Zg
ZL
0
x
V
-l
Vg
(a)
(b)

Fig.3.7-17
La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari 111

e le [3.7-28] possono essere riscritte come:
.
Z
V
e
Z
V
e I ) x ( I
Z
V
e
Z
V
e I ) x ( I

e V ) x ( V
e V ) x ( V
0
r
x j
0
rL
x j
rL r
0
d
x j
0
dL
x j
dL d
x j
rL r
x j
dL d

= = =
= = =

=
=


[3.7-31]
Ovviamente, in ogni punto della linea

, e V e V ) x ( V
x j
rL
x j
dL

+ = [3.7-32]
e . e I e I ) x ( I
x j
rL
x j
dL

+ = [3.7-33]
Se si calcola il rapporto fra lampiezza dellonda riflessa e quella diretta sul carico si trova,
agendo in modo simile a quanto fatto nel 3.6.11 che

.
Z Z
Z Z
V
V
0 L
0 L
dL
rL
L
+

= =

del tutto eguale alla [3.7-18]
Possiamo calcolare limpedenza dingresso della linea determinando il rapporto fra le due
espressioni [3.7-32] e [3.7-33] per x = -l
,
0
l j
rL 0
l j
dL
l j
rL
l j
dL
l j
rL
l j
dL
l j
rL
l j
dL
l
l
i
Z e V Z e V
e V e V
e I e I
e V e V
| I
| V
Z



+
=
+
+
= =
cio ,
e V e V
e V e V
Z Z
l j
rL
l j
dL
l j
rL
l j
dL
0 i

+
= [3.7-34]
o anche .
e e
e e
Z Z
l j
L
l j
l j
L
l j
0 i



+
= [3.7-35]
Sostituendo a pL il valore precedentemente ricavato questa si pu riscrivere come
) e e ( Z ) e e ( Z
) e e ( Z ) e e ( Z
Z
e ) Z Z ( e ) Z Z (
e ) Z Z ( e ) Z Z (
Z
e
Z Z
Z Z
e
e
Z Z
Z Z
e
Z Z
l j l j
0
l j l j
L
l j l j
0
l j l j
L
0
l j
0 L
l j
0 L
l j
0 L
l j
0 L
0
l j
0 L
0 L
l j
l j
0 L
0 L
l j
0 i






+ +
+ +
=
+
+ +
=
+

+
=
cio .
l sen jZ l cos Z
l sen jZ l cos Z
Z Z
L 0
0 L
0 i
+
+
= [3.7-36]
Consideriamo ora quello che avviene lungo la linea. In ogni punto si ha una sovrapposizione
di due segnali sinusoidali della stessa frequenza e cio londa diretta e quella riflessa. I punti in cui
si sommano in fase o in opposizione di fase corrispondono a massimi e minimi, rispettivamente.
Chiamiamo VM e Vm le tensioni in questi punti. Si ha
VM = |Vd| + |Vr| [3.7-37]
e Vm = |Vd| - |Vr| [3.7-38]
Il rapporto donda stazionaria S il rapporto fra
il massimo ed il minimo nella linea:
.
V
V
S
m
M
= [3.7-39]
Per la definizione di coefficiente di riflessione, e tenendo
presente le ultime tre espressioni si trova facilmente che
.
| | 1
| | 1
S

+
= [3.7-40]
La figura accanto mostra il valore in ogni punto
Vg
l
(a)
(b)
|Z(x)|
0 -0.5 -1 -1.5 -2
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1.2
1.4
1.6
1.8
2
x/
i
Z
(
x
)
/
Z
0
ZL/Z0 = 2
ZL/Z0 = 0.5
-80
-60
-40
-20
0
20
40
60
80
(c)
Arg(Z)
0 -0.5 -1 -1.5 -2
0 x/
i
ZL/Z0 = 10
ZL/Z0 = 0.5

Fig.3.7-18
112 La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari
dellimpedenza della linea, normalizzata a quella caratteristica. stata rappresentato solo un tratto
pari a due lunghezze donda. I due grafici si riferiscono a due valori diversi di ZL. Nella Fig.3.7-18b
mostrato il modulo per ZL/Z0 = 0.5 e 2. Si noti come il comportamento del modulo sia periodico
con periodo i/2. La distanza fra un massimo ed un minimo , per, soltanto i/4. Nella Fig.3.6.18c
mostrato largomento per ZL/Z0 = 0.5 e 10: anche questa volta landamento ha periodo i.
Se si fa lo stesso discorso con le correnti, a causa del segno negativo che compare avanti al
termine relativo allonda riflessa, si deduce che il massimo delle correnti si ha dove si ha il minimo
delle tensioni e viceversa. In questi punti i rapporti tensione/corrente sono puramente resistivi e
massimi o minimo, rispettivamente. Un calcolo rapido porta a concludere che in questi punti sar
ZM = SZ0 e Zm = Z0/S. [3.7-41]
Nella Fig.3.6.18b questo risultato evidente.
Linea a quarto donda
Trattiamo il caso di una linea lunga un quarto donda o che lo stesso, nel caso in cui sia
priva di perdite, un quarto d'onda pi un numero intero di mezze lunghezze d'onda. In tale caso l =
2r/i (i/4 + n i/2) = r/2 + n r. Pertanto e
-jl
= -j e e
jl
= j. Allora dalla [3.7-35]

L
2
0
L
L
0
L
L
0 i
Z
Z
1
1
Z
j j
j j
Z Z =
+

=
+

= [3.7-42]
Se Zi ZL si pu usare una linea a quarto donda per adattare limpedenza fra carico e generatore.
La linea adatta generatore a carico per i segnali la cui frequenza corrisponde a i/4 +n i/2, cio per
, n
2
l
v
f 2
l
v
l +

=
Cio per f = (n/2+1/4) v/l. [3.7-43]
Linea a mezzonda.
Sia, invece, la linea lunga mezza lunghezza donda o che lo stesso, nel caso in cui sia priva
di perdita, un numero intero di mezze lunghezze d'onda. In tale caso l = 2r/i ni/2 = n r. Pertanto
e
-jl
= e
jl
. Allora dalla [3.7-35]
. Z
1
1
Z Z L
L
L
0 i =

+
= [3.7-44]
Una linea a mezzonda si comporta come un quadrupolo iterativo. In pratica come se non ci fosse
per le frequenza per cui essa a mezzonda cio la cui frequenza corrisponde a ni/2, cio per
, n l
v
f 2
l
v
l =

=
Cio per f = nv/2l. [3.7-45]
Linea in corto.
Applichiamo ad una linea in corto un segna-
le sinusoidale (Fig.3.7-19). Chiamiamo |Vd| e |Vr|
le ampiezza delle onde dirette e riflesse. Nel corto,
cio per x = 0, |Vd| + |Vr| = 0. Allora la [3.7-26] si
trasforma in
, x sen | V | j 2 ) e e ( | V | ) x ( V d
x j x j
d = =

[3.7-46]
Ricordiamo che lespressione precedente
descrive il comportamento spaziale della linea.
Punto per punto si ha una tensione sinusoidale di
frequenza f la cui ampiezza dipende dalla posizione
Vg
l
(a)
V
(b)
(c)
I
i/2 i 3i/2
x
2i 0
i/2 i 3i/2
x
2i 0

Fig.3.7-19
La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari 113

secondo le [3.7-32], in generale, ma nel caso particolare dalla [3.7-46]. La Fig.3.7-19b mostra in un
certo istante la situazione della tensione lungo la linea nel suo tratto terminale. Ovviamente per x =
0, V = 0.
Eseguendo il calcolo per la corrente descritta dalla [3.7-28] si ottiene:
. x cos
Z
| V |
2
Z
) e e ( | V |
e
Z
| V |
e
Z
| V |
) x ( I
0
d
0
x j x j
d
x j
0
r
x j
0
d
=
+
= =


[3.7-47]
Punto per punto si ha una corrente sinusoidale di frequenza f la cui ampiezza dipende dalla
posizione secondo la [3.7-47]. La Fig.3.7-19c mostra in un certo istante la situazione della corrente
lungo la linea nel suo tratto terminale. Per x = 0, I = |Vd|/Z0.
Una serie dosservazioni possono essere fatte. Ogni tratto di linea lungo i/2 si comporta allo
stesso modo. La tensione sannulla sia alla fine della linea che ogni i/2. Essa ha un massimo a i/4
dalla fine ed il massimo si ripete ogni i/2. La corrente mostra un comportamento duale: essa mas-
sima dove la tensione minima ed nulla dove la tensione ha un massimo. Inoltre la relazione di
fase fra tensione e corrente di uno sfasamento costante di 90, come indicato dal fattore j della
[3.7-46]. In modulo il rapporto fra il massimo della tensione, 2Vd, e quello della corrente 2Vd/Z0,
limpedenza caratteristica. Se la linea lunga l si comporta come una impedenza jZ0 tg l che pu
essere di tipo capacitivo o induttivo a secondo della lunghezza l. Ogni i/4 il comportamento si ca-
povolge. Il rapporto donda stazionaria illimitato.
Linea aperta.
Studiamo ora il caso della linea aperta in regime
segnale sinusoidale (Fig.3.7-20). Chiamiamo |Id| e |Ir|
le ampiezza delle onde di corrente dirette e riflesse. Al-
la fine della linea, cio per x = 0, |Id| + |Ir| = 0. Allora
la [3.7-27] si trasforma in
, x sen | Id | j 2 ) e e ( | Id | ) x ( I
x j x j
= =

[3.7-48]
e c1 = c2. Allora per la tensione si ha
), e e ( Z | I | e Z | I | e Z | I | ) x ( V
x j x j
0 d
x j
0 r
x j
0 d

+ = =
cio . x cos | I | 2 ) x ( V d = [3.7-49]
Il comportamento duale al caso precedente. La Fig.3.7-20 illustra la situazione e non riteniamo
opportuno dilungarci in ulteriori spiegazioni.
3.7.2 La carta di Smith
Il comportamento di una linea priva di perdite pu essere determinato a partire dalla carta di
Smith
[SM]
mostrata in Fig.3.7-21. Spiegamone luso. Usiamo lespressione z(x) della impedenza
della linea in un punto x, normalizzata a quella caratteristica e cio:
z(x)=Z(x)/Z0 = Re(x) + jIm(x).
Z(x) limpedenza della linea a distanza x dal carico. La carta di Smith un diagramma polare che
rappresenta il coefficiente di riflessione come funzione di z(x). Si tratta di due famiglie di circonfe-
renze ortogonali parametrizzate. Il parametri sono Re e Im, rispettivamente. Una linea priva di perdi-
te con un coefficiente di riflessione |pL| o che la stessa cosa con rapporto di onde stazionarie S
rappresentato da un circonferenza c con centro O nel centro del diagramma e la cui lunghezza
normalizzata a |pL|.
Le distanze x lungo la linea fra i due punti P1 e P2 in c sono proporzionali allangolo o =
P1P2. Cio

V
(a)
(b)
I
i/2 i 3i/2
x
2i
0
i/2 i 3i/2
x
2i 0

Fig.3.7-20
114 La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari
.
180 4
x

= [3.7-50]
Le [3.7-41] suggeriscono che nei punti di massi-
mo e di minimo limpedenza di linea puramen-
te resistiva e il rapporto con la Z0 S e 1/S, ri-
spettivamente. In Fig.3.7-22 mostrato il cerchio
il cui raggio un terzo del cerchio massimo e
quindi |pL| = 1/3 = 0.33. A questo coefficiente di
riflessione per la [3 .6-40] corrisponde un rap-
porto donda stazionaria
2
333 . 0 1
333 . 0 1
| | 1
| | 1
S =

+
=

+
= indicato sul cerchio.
Esso a destra tocca il cerchio in cui Re = S = 2
nel punto M ed a sinistra in m cio quello in cui
Re = 1/S = 0.5. I punti sul cerchio Im = 0 (che di
fatto lasse orizzontale) dunque sono quelli del
massimo, a destra e del minimo, a sinistra.
I punti del cerchio di un dato rapporto donda stazionaria corrispondono alle impedenze of-
30
60
90
120
210
240
270
300
330
180 0
0.0417
0.083
0.5
0.4583
0.417
0.375
0.333
0.2917
0.25
0.208
0.1667
0.125
Im = -0.125
Im = -0.25
Im = -0.5
Im = -1
Im = -2
Im = -4
Im = -8
Im = -16
Im = 0.125
Im = 0.25
Im = 0.5
Im = 1
Im = 2
Im = 4
Im = 8
Im = 16
R
e

=

0
.
1
2
5
R
e

=

0
.
2
5
Re = 0.5
Re = 1
Re = 2
Re = 4
Re = 8
Re = 16
R
e

=

0
Im = 0
V
e
r
s
o

i
l

c
a
r
i
c
o
V
e
r
s
o

i
l

g
e
n
e
r
a
t
o
r
e
M m
P1
P2
O
S= 2
150

Fig.3.7-22
30
60
90
120
210
240
270
300
330
180 0
0.0417
0.083
0.5
0.4583
0.417
0.375
0.333
0.2917
0.25
0.208
0.1667
0.125
Im = -0.125
Im = -0.25
Im = -0.5
Im = -1
Im = -2
Im = -4
Im = -8
Im = -16
Im = 0.125
Im = 0.25
Im = 0.5
Im = 1
Im = 2
Im = 4
Im = 8
Im = 16
R
e =
0
.1
2
5
R
e =
0
.2
5
Re = 0.5
Re = 1
Re = 2
Re = 4
Re = 8
Re = 16 R
e =
0
Im = 0
V
e
r
s
o

i
l

c
a
r
i
c
o
V
e
r
s
o

i
l

g
e
n
e
r
a
t
o
r
e
150

Fig.3.7-21
La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari 115

ferte dalla linea lungo i suoi punti. Quando ci si scosta dallasse reale limpedenza della linea acqui-
sta una parte immaginaria. Spostandoci di un quarto di lunghezza donda da un punto di massimo si
arriva ad un punto di minimo e viceversa. Il tratto sulla circonferenza di un fissato rapporto donda
stazionario compreso fra i punti dellasse reale corrisponde a i/4, come abbiamo gi visto nella
Fig.3.7-18b. Tutti i punti della carta del semipiano superiore corrispondono ad impedenze induttive,
quelle della parte inferiore ad impedenze capacitive. Lo spostamento lungo la circonferenza di dato
S in senso orario corrisponde ad avvicinarsi al generatore, altrimenti ci si avvicina al carico.
Per comprendere meglio lutilit e luso della carta di Smith opportuno fare un esempio.
Sia Z0 = 50 O. Supponiamo che il carico sia costituito da una resistenza di 26.5 O ed una induttan-
za LL di 0.158 H. Il generatore sinusoidale sia a frequenza di 10 MHz e la velocit di propagazione
sia di 200

10
6
m/s. Alla frequenza di f = 10MHz corrisponde, vedi la [3.7-29], una lunghezza donda
i = v/f = = 200

10
6
/10

10
6
= 20 m. Ci significa che la reattanza induttiva del carico di XL =
2rLLf = 6.280.158

10
-6
10

10
6
= 10 O. Allora zL(x)=ZL(x)/Z0 = 0.53+j 0.2. Sulla carta di Smith
questo il punto P1. Il coefficiente di riflessione sul carico si pu calcolare dalla [3.7-18] ma si pu
determinare direttamente dalla carta misurando la lunghezza del raggio OP1 che 0.333 del raggio
massimo e langolo corrispondente si legge in 150. Cio pL = 0.333

(cos150+j sen150) = -0.289
+ j 0.166.
Supponiamo che la linea sia lunga x = i/8, cio = 2.5 m. Ricordiamo che secondo la [3.7-
50] questo significa spostarsi di 90 verso il generatore. Ci vuol dire che il generatore posto nel
punto che sta sempre sul cerchio di |pL| = 0.333 su cui sta anche P1 ma 90 verso il generatore e cio
nel punto P2 nel quale o = 60. Cio di p = 0.333

(cos 60 + j sen 60) = 0.167 + j 0.282. Nel punti
P2 si pu ricavare dalla carta di Smith zi(i/8) = ZL(i/8)/Z0 = 1.15 +j 0.72. Che corrisponde ad una
impedenza di (57.5 + j 36) O. Se il cavo fosse altri 60 lungo, e cio i/12, in metri 20/12 = 1.666,
e cio in totale 4.166 m, limpedenza del cavo sarebbe puramente resistiva e pari a Z0S = 502 = 100
O. Se, invece fosse altri i/4 metri lungo e cio ancora altri 5 metri, in totale quindi 9.166 m
limpedenza dingresso sarebbe Z0/S = 25 O. Tutto quanto riguarda le lunghezze poteva essere ri-
cavato osservando il cerchio esterno della carta, tarato in lunghezze donda.
3.7.3 Linea con perdite
Dire che la linea ha un comportamento de-
scritto soltanto dallinduttanza e dalla capacit spe-
cifica , in effetto, troppo semplicistico. Bisogna
tenere conto anche delle componenti resistive. I
conduttori hanno una loro resistivit che si pu e-
sprimere con una resistenza R per unit di lunghez-
za. Inoltre il dielettrico non completamente iso-
lante ed ha delle perdite esprimibili con una con-
duttanza G per unit di lunghezza. Pertanto il cir-
cuito equivalente che tiene conto delle perdite quello della figura accanto.
La caduta di potenziale dV lungo il tratto di linea infinitesimo lungo dx quella provocata
dallinduttanza e dalla resistenza. Cio:
. RIdx
t
I
Ldx dx
x
V
dV

= [3.7-51]
Anche la corrente entrante e quella uscente differiscono di dI per la presenza della capacit e delle
conduttanza che ne dirottano una parte verso massa. Quindi
. GVdx
t
V
Cdx dx
x
I
dI

= [3.7-52]
V
+
-
I+dI
V+dV
-
+
C

dx
L

dx R/2

dx
G/2

dx G/2

dx
R/2

dx

Fig.3.7-23
116 La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari
Eliminando sia dalla [3.7-51] che dalla [3.7-52] il differenziale dx:
, RI
t
I
L
x
V

[3.7-53]
e , GV
t
V
C
x
I

[3.7-54]
che sono le equazioni che determinano il comportamento della linea.
Con un procedimento simile a quello del paragrafo precedente si ottiene:
, -ZI RI - I L j
dx
dV
= = [3.7-55]
e , -YV GV - V C j
dx
dI
= = [3.7-56]
in cui Z = R+jL e Y = G + jC [3.7-57]
Anche stavolta deriviamo la prima rispetto la posizione e sostituiamo nella seconda:
V V Y Z
dx
dI
Z
dx
V d
2
2
2
= = = [3.7-58]
Analogamente deriviamo la seconda rispetto la posizione e sostituiamo nella prima:
I I YZ
dx
dV
Y
dx
I d
2
2
2
= = = [3.7-59]
in cui . j ) C j G )( L j R ( YZ + = + + = = [3.7-60]
o, la parte reale di y, la costante dattenuazione e , la parte immaginaria di y, sempre la co-
stante di fase, anche se non pi esprimibile, in generale , con la [3.7-25].
La soluzione della [3.7-58] del tipo
; e c e c V
x
2
x
1

+ = [3.7-61]
che sostituita nella [3.7-55]
, I Z ) e c e c (
dx
dV
x
2
x
1 = + =

cio ). e c e c (
Z
ZY
I
x
2
x
1

=
Dunque
0
x
2
0
x
1
x
2
x
1
Z
e c
Z
e c
) e c e c (
Z
Y
I


= = [3.7-62]
nella quale Z0 non pi espressa dalla [3.7-15]. Ma:
.
) C j G (
) L j R (
Y
Z
Z0
+
+
= = [3.7-63]
Utilizzando la [3.7-60] la [3.7-61] si pu riscrivere come:

x j x
2
x j x
1 e e c e e c V

+ = [3.7-64]
che molto simile alla [3.7-23] per le linee senza perdite. I fattori moltiplicativi in cui compare la
costante dattenuazione tengono conto delle perdite lungo la linea.
La carta di Smith pu ancora essere adoperata se si tiene presente che non ci si pu spostarsi
pi lungo un cerchio di S = costante, ma per effetto dellattenuazione introdotta dal coefficiente o
bisogna muoversi lungo spirali di raggio che diminuisce man mano secondo e
-2ox
.
3.7.3.1 Linee non distorcenti
Un caso particolarmente interessante quando fra le costanti della linea vale la
. r
C
L
G
R
2
= = [3.7-65]
La linea prende il nome di linea non distorcente. In questo caso le [3.7-60] e [3.7-63] diventano
La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari 117

.
v
j RG LC j RG C
C
L
j G
G
R
) C j G ( r ) C j G )( Cr j Gr ( YZ
2 2

+ = + = + = + = + + = =
Quindi . RG = [3.7-66]
mentre costante di fase sempre data dalla [3.7-25].
Invece la [3.7-63] diventa
.
C
L
r
) C j G (
) Cr j Gr (
Y
Z
Z
2 2
0 = =
+
+
= = [3.7-67]
Limpedenza caratteristica puramente resistiva ed lo stessa delle linee prive di perdite.
3.7.3.2 Linee con piccole perdite
Un altro caso importante si ha per linee con piccole perdite. Se R << L e G << C i para-
metri caratteristici della linea possono essere ricavati in forma approssimata come
Quindi ;.
2
GZ
Z 2
R
2
C L G
C L 2
R 0
0
+ = + [3.7-68]
.
v

[3.7-69]
.
L 2
R
C 2
G
j 1
C
L
Z0

+ = [3.7-70]
in questultima compare una parte immaginaria tanto pi trascurabile quanto vengono soddisfatte le
condizioni di linea con piccole perdite oppure anche se ci si avvicina alla condizione [3.7-65] di li-
nea non distorcente.
3.7.3.3 Propagazione di segnali non monocromatici
La velocit di propagazione delle onde data dalla [3.7-7]. In questa espressione compaiono
le costanti distribuite della linea. Purtroppo queste costanti sono leggermente dipendenti dalla fre-
quenza. Nel caso che il segnale che si propaga lungo la linea monocromatico non sorge alcun pro-
blema. Diverso , invece, il caso in cui il segnale abbia un suo spettro. Infatti le componenti alle va-
rie frequenze viaggeranno a diversa velocit ed arriveranno alla fine della linea dopo ritardi diffe-
renti. In altri termini il segnale alluscita della linea non sar pi proporzionale a quello dingresso,
ma distorto da questo fenomeno di dispersione temporale. Linconveniente limitato soltanto se lo
spettro del segnale copre una zona ridotta di frequenze.
3.7.4 Connessioni fra pi linee
Nelluso pi comune una linea viene direttamente connessa fra generatore ed utilizzatore.
Tuttavia esistono numerosi casi in cui le cose vanno in modo differente. In particolare si possono
usare le linee sia per adattare impedenze che per smistare un segnale su pi linee o per raccoglierlo
da pi generatori. In tutto questo paragrafo le linee sono considerate o prive di perdite o molto cor-
te, in modo da poterne trascurare le attenuazioni.
3.7.4.1 Connessione per adattamento dimpedenza
Il caso gi visto della linea a quarto donda si utilizza per adattare un generatore di impe-
denza Zi ad un carico ZL con impedenza differente. Una linea lunga i/4 adatta le due impedenze se
la sua impedenza caratteristica soddisfa la [3.7-42], cio se . Z Z Z L i 0 = Lallungamento della linea
di un numero intero di mezze lunghezze donda non modifica la situazione.
Una linea lunga l in corto si comporta come una impedenza jZ0 tg l che pu essere di tipo
capacitivo o induttivo a secondo della lunghezza l. Ogni i/4 il comportamento si capovolge. Essa
118 La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari
pu essere impiegata per evitare che dal carico non a-
dattato ritornino sul generatore onde riflesse. Conside-
riamo la Fig.3.7-24a. ZL Z0. Si hanno onde riflesse.
Se, per, in un punto opportuno della linea a distanza l1
dal carico si inserisce un tratto di linea in corto, di lun-
ghezza l2 si fa in modo che londa riflessa prodotta da
questo tratto di linea in corto sia esattamente eguale,
ma opposta, allonda riflessa dal carico. Il risultato
complessivo e che nel tratto a monte della connessione
londa sia progressiva. La situazione mostrata in
Fig.3.7-24b in assenza delladattamento. Dato che il ca-
rico non adattato si ha un certo coefficiente di rifles-
sione diverso da uno ed un rapporto di onda staziona-
ria. Si notano le posizioni dei massimi e minimi lungo la linea. Se per, nel punto opportuno, si in-
serisce la linea in corto di cui si gi detto, landamento della tensione lungo la linea quello di
Fig.3.7-24c. Lampiezza costante fino al punto di connessione e non ci sono riflessioni verso il
generatore. Si intuisce che limpedenza del tratto di linea in corto deve essere eguale ed opposta alla
parte reattiva dellimpedenza della linea nello stesso punto. chiaro che il comportamento del si-
stema, per linee prive di perdita non si modifica aggiungendo un numero intero di mezze lunghezze
donda in qualunque parte del sistema. Un modo egualmente efficace si pu ottenere inserendo li-
nee aperte.
3.7.4.2 Connessione a stella
Alle volte necessario smistare un segnale da un
cavo a pi cavi. Non possibile eseguire una connessione
derivando direttamente due cavi da un altro. Infatti i due
cavi in parallelo darebbero impedenza dimezzata rispetto
la caratteristica. E quindi si avrebbero riflessioni alla
connessione. Un metodo che si pu adottare quello del-
la cosiddetta connessione a stella. Questa consente lo
smistamento da un cavo verso n cavi. Per spiegare quello
che si fa bene studiare la connessione con resistenze mostrata in Fig.3.7-25. Calcoliamo
limpedenza vista dai due morsetti A e B: si ha, . 2 / ) Z Z ( Z Z 0 AB + + = Se si vuole che limpedenza
vista fra questi due termini sia eguale a quella caratteristica bisogna che sia Z0 = Z + (Z + Z0)/2 =
3Z/2+ Z0/2. Da cui Z = Z0/3. Se, allora, si adotta la soluzione della Fig.3.7-25b si ottiene la soluzio-
ne per n =2. Naturalmente da qualunque parte arrivi il segnale esso viene totalmente assorbito data
la situazione totalmente simmetrica. Si pu usare questa configurazione anche per sommare due se-
gnali provenienti da due linee diverse in una sola linea. Tuttavia c da dire che loperazione di di-
visione del segnale non indolore. Sempre riprendendo la Fig.3.7-25a e considerando che
limpedenza della linea che alimenta la rete a stella ha limpedenza caratteristica Z0 si pu vedere
che il segnale che arriva allingresso delle due altre linee attenuato di rispetto alla f.e.m del ge-
neratore che pilota la prima linea.
3.7.4.3 Connessione a triangolo
Un altro metodo quello della cosiddetta connessione a
triangolo. Per spiegare quello che si fa bene studiare la
connessione con resistenze mostrata nella figura accanto.
Essendo la struttura simmetrica non passa corrente
nellimpedenza fra i punti C e D. Allora si vede che Z
deve essere eguale a Z0 se si vuole che limpedenza fra A
l1
Vg
Zg
ZL
l2
(b)
(c)
V
i/2 i 3i/2
x
2i 0
V
i/2 i 3i/2
x
2i 0
(a)

Fig.3.7-24
(a)
Z
Z0
Z0
Z
Z
Z0
(b)
Z
Z0
Z0
Z
Z
Z0
Z0
Z0
A
B

Fig.3.7-25
(a)
Z
Z0
Z0
Z
Z
Z0
Z
Z0
Z0
Z0
Z0
Z0
(b)
Z
Z0
Z
Z
B
D
C
A

Fig.3.7-25
La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari 119

e B sia Z0. Infatti limpedenza vista dai due morsetti A e B . 2 / ) Z Z ( Z 0 AB + = Se Z = Z0 si soddisfa
la condizione imposta. Anche in questo caso il sistema introduce attenuazione

120 La trasmissione dei segnali nei sistemi lineari


BIBLIOGRAFIA
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L A FI SI CA DEI DI SPOS L A FI SI CA DEI DI SPOSI I T I VI T I VI


Per la conoscenza del comportamento dei dispositivi elettronici indispensabile riprendere i fon-
damenti fisici che li riguardano.
4.1. Elementi di struttura della materia
La prima cosa da fare e rivedere i concetti fondamentali ed elementari di struttura della materia.
4.1.1 La struttura dell'atomo
L'atomo di un elemento caratterizzato da un nucleo centrale e da
elettroni che ruotano attorno ad esso.
Fornendo energia, in qualche modo, ad un atomo, questi si eccita,
assorbendola. Ma in un secondo momento questa energia viene riemessa
sotto forma di fotoni. Ogni elemento emette un ben preciso insieme di fre-
quenze, detto spettro. Nella Fig.4.1-1 mostrato lo spettro di emissione
dell'idrogeno ricavato sperimentalmente dai ricercatori.
Poich ,
c
h h E

[4.1-1]
ad ogni fotone emesso corrisponde una precisa energia, anche essa rappre-
sentata nello spettro. h la costante di Plank, n n la frequenza del foto-
ne, c la velocit della luce nel vuoto e l l la lunghezza donda del
fotone. Le costanti fisiche che pi ci interessano sono tabulate in App.4.1
La spiegazione di questo fenomeno legata alla natura della mate-
ria, e cio il suo essere insieme onda e corpuscolo. Gli elettroni rotanti at-
torno all'atomo debbono soddisfare l'equazione di Shedringer e la relazio-
ne di De Broglie. Studiando il problema con i metodi della meccanica quan-
tistica si ricava che gli elettroni possono avere valori di energia solo ben de-
finiti e discreti. Altri valori sono proibiti. Lelettrone ruota attorno al nucleo
nel potenziale coulombiano che pu avere soltanto certi livelli energetici
permessi, E cio:
,
n h 8
q m Z
E
2 2 2
0
4
0
2
n

[4.1-2]
dove n un intero positivo, Z il numero atomico, m0, -q, h, e e0 sono, rispettivamente, la massa
dellelettrone, la sua carica, la costante di Planck e la costante dielettrica del vuoto. I valori ottenuti da que-
sta espressione per Z = 1, e cio per latomo didrogeno, corrispondono ai livelli energetici relativi alla
eV
0
5
10
15
Fuori dallatomo

Fig.4.1-1
La fisica dei dispositivi 122
Fig.4.1-1 fra i quali sono i salti energetici consentiti. A temperatura vicino allo zero assoluto soltanto il livel-
lo pi basso occupato. Ad ogni n corrisponde un orbita che, in una prima approssimazione, pu essere
considerata circolare e di raggio rn
, nm
Z
53 . 0
n
Z q m 4
h
n r
2
2
0
2
2
2
n

[4.1-3]
Aumentando n, le orbite diventano pi larghe, la distanza dal nucleo diventa superiore e l'energia dell'elet-
trone sempre pi piccola. Per n d , E d 0, il che corrisponde all'elettrone definitivamente allontanato
dal nucleo.
Nel caso di atomi con Z > 1 la situazione diventa pi complicata. A temperature ordinarie gli Z e-
lettroni occupano le orbite con n pi piccolo.
Per gli elettroni vale il principio di esclusioni di Pauli che afferma che non possibile che elettro-
ni in qualche modo interagenti abbiano la stessa energia. In effetti gli elettroni oltre al movimento di rivolu-
zione attorno al nucleo hanno un movimento di rotazione su se stesso, detto spin. Possono coesistere sol-
tanto due elettroni con la stessa energia ma con spin s = opposto. In realt la situazione pi complicata
e senza entrare in maggiori dettagli diciamo che bisogna considerare altri due numeri quantici oltre a n e s.
Per questa trattazione si rimanda a testi specializzati. Ci comporta che con n = 1, 2, 3, 4, possono e-
sistere fino a orbite con al massimi 2, 8, 10, 18, elettroni per orbita. Gli elementi che hanno lultima
orbita completa sono particolarmente stabili e sono in effetti i gas nobili.
Avviciniamo due atomi. Gli elettroni dell'orbita con n maggiore e quindi pi esterni, sono quelli me-
no legati al proprio nucleo e sono pi distanti da esso. Sono questi a risentire anche dellazione del campo
coulombiano dellaltro nucleo. Pertanto la loro energia si modifica leggermente. Poich in ogni caso la di-
stanza di un elettrone dal nucleo di un atomo vicino e molto superiore a quella dellatomo di appartenenza
linterazione modesta e lenergia varia soltanto di poco. In tal modo viene soddisfatto il principio
desclusione di Pauli. Ai fini della determinazione delle propriet elettriche soltanto gli elettroni appartenenti
allorbita pi esterna ci interessano.
In accordo con quanto detto la dipendenza
della energia di ionizzazione dal numero a-
tomico. Tale energia quella necessaria per e-
strarre l'elettrone pi periferico e portarlo lonta-
no dalla zona d'influenza del nucleo.
I gas nobili, con la loro struttura particolar-
mente stabile, mostrano la massima energia di
ionizzazione. I metalli, che hanno tendenza a li-
berarsi con facilit degli elettroni, hanno, invece,
la minore energia di ionizzazione. In Fig.4.1-2
mostrata lenergia di ionizzazione degli atomi
neutri rispetto al numero atomico.
4.1.2 La teoria delle bande nei solidi
Nei solidi cristallini la vicinanza tra gli atomi dei vari elementi che li costituiscono stabilisce una forte
interazione fra le varie parti del solido con regole ben precise. Le strutture ripetitive che si vengono a de-
terminare dipendono dalla composizione del solido stesso. Tipiche note sono la struttura cubica (fosforo),
quella cubica a corpo centrato (sodio), quella a diamante (carbonio, silicio, germanio), la zincoblenda (ar-
seniuro di gallio), quella cubica a faccia centrata (alluminio, oro). Si tratta sia di metalli che di semicondutto-
ri.
0 10 20 30 40 50 60 70 80 90
0
5
10
15
20
25
eV
Z

Fig.4.1-2
La fisica dei dispositivi 123
Alle righe, in energia, degli spettri atomici, corrispondono i soli livelli energetici permessi agli elet-
troni degli atomi isolati. Avvicinando gli atomi essi interagiscono. Se gli atomi sono dello stesso elemento, il
principio di esclusione di Pauli impedisce che i livelli energetici restino gli stessi. Si ha uno scorrimento dei
livelli l'uno rispetto all'altro. Consideriamo il livello energetico En pi esterno che quello ad essere interes-
sato allinterazioni con gli atomi vicini nel cristallo. Se N atomi dello stesso elemento interagiscono il livello
En di partenza si divide in N livelli differenti nei quali possono stare fino a 2N elettroni (a causa dello spin
c il fattore 2). Se N sufficientemente grande, come avviene in cristallo, anche se piccolissimo (un cubet-
to di silicio di lato 1 mm contiene circa 10
10
atomi) si produce un continuo di livelli detto Banda di Ener-
gia. Qualcosa di analogo avviene per i solidi costituiti da pi elementi diversi. Per ogni solido cristallino si
ha una ben precisa forma della banda, ricavabile con i metodi della meccanica quantistica. Non ci inoltre-
remo in questa trattazione. Piuttosto ne utilizzeremo i risultati.
Sono gli elettroni dell'orbita pi esterna ad essere implicati nelle reazioni chimiche. Pertanto essi
prendono il nome di elettroni di valenza. Quando lultima orbita molto parzialmente occupata
lelemento tende a perdere elettroni ed un metallo. Se, invece quasi totalmente piena tende a catturarli
e si tratta di un non-metallo. Come abbiamo gi detto se lultima orbita piena lelemento stabile e si
tratta di gas nobile.
I livelli energetici inferiori vengono occupati dagli elettroni di valenza. Questi livelli competono
agli elettroni dellultima orbita che ruotano attorno allatomo e partecipano al legame con gli atomi vicini
potendosi muovere soltanto fra di loro. Essi determinano una banda, detta Banda di Valenza. I livelli e-
nergetici superiori della Banda di Conduzione sono per gli elettroni che nel cristallo stanno a distanza
molto grande dallatomo e possono vagare allinterno del reticolo cristallino. E pertanto possono, even-
tualmente, partecipare alla conduzione. anche possibile che esista una zona di energie vietate detta gap
oppure banda proibita. Nessun elettrone del solido pu avere energie comprese in questo intervallo.
Tuttavia se ad un elettrone della banda di valenza viene fornita energia sufficiente a superare il gap esso
passa in banda di conduzione e pu partecipare alla conduzione.
La situazione dei livelli energetici che si crea nel solido esclusivamente determinata dal passo reti-
colare e dalla composizione chimica e metallurgica del cristallo. Tuttavia tre comportamenti tipici possono
essere rilevati. L'energia necessaria per portare gli elettroni dalla banda di valenza a quella di conduzione
notevole negli isolanti. Il gap alto. Invece nei semiconduttori basso. Nei metalli, invece, non c' confine
fra le due bande e l'energia del reticolo sufficiente ad allontanare elettroni dal nucleo. Una grande quantit
vaga allinterno del reticolo e pu partecipare alla conduzione.
Nei tre casi, la situazione pu essere rappresentata come in Fig.4.1-3. In ordine, da sinistra a de-
stra, un metallo come l'alluminio, un semiconduttore come il silicio ed un isolante come l'ossido di silicio.
++
+
Al
++
+
Al
++
+
Al
++
+
Al
++
+
Al
++
+
Al
++
+
Al
++
+
Al
++
+
Al
Si
O
O Si
Si
O
O Si
Si
Si Si
Si Si
Si
Si
Si Si

Fig.4.1-3
La fisica dei dispositivi 124
Anticipiamo sinteticamente quello che pi avanti sar discusso in dettaglio. Ci aiutiamo con la
Fig.4.1-4.
Nei conduttori le due bande si sovrappongono e gli elettroni di valenza formano un mare di elettroni
liberi all'interno del reticolo.
Il gap dei semiconduttori piccolo. Anche a temperatura ambiente elettroni saltano dalla banda di
valenza a quella di conduzione. Ma, per ogni elettrone libero, si produce, in banda di valenza, una mancan-
za di elettrone, detta lacuna. La valenza non pi satura dell'atomo che ha perso l'elettrone pu essere satu-
rata da un elettrone di un atomo vicino, che a sua volta, ora manca di un elettrone e quindi, adesso, la lacu-
na si spostata su questo altro atomo. Si ha, allora, uno spostamento della mancanza dell'elettrone. co-
me se una carica, con la stessa quantit di carica di un elettrone, ma di segno opposto, si fosse spostato dal
secondo atomo al primo. Nei semiconduttori la corrente, pu essere portata sia dagli elettroni che dalle la-
cune (positive).
Negli isolanti gli elettroni di valenza costituiscono un forte legame con gli elettroni degli atomi pros-
simi. necessaria una energia elevata per rompere questi legami e mandare elettroni in banda di conduzio-
ne. Il gap molto alto. A basse temperature, con campi elettrici modesti, non possibile fare saltare agli
elettroni il gap ed il materiale isolante. Se si alza di molto la temperatura, oppure si applica un campo elet-
trico superiore alla rigidit dielettrica, l'isolante perde le sue propriet. Anche la presenza di imperfezioni re-
ticolari nel cristallo, introducendo livelli nella banda proibita, abbassa le propriet di isolamento dei materiali
dielettrici.

Conduttore
Isolante
Banda di conduzione
Gap
Banda di valenza
Semiconduttore

Fig.4.1-4
La fisica dei dispositivi 125
4.2. I metalli
Studiamo la distribuzione dell'energia poten-
ziale degli elettroni nei metalli. Si osservi la Fig.4.2-1.
Con A, B, C e D sono indicate le posizioni di equili-
brio dei quattro atomi pi esterni. A sta sulla superfi-
cie. Ogni atomo, con il suo campo coulombiano,
contribuisce all'energia potenziale. Un elettrone posto
al livello energetico E1 non ha energia sufficiente per
superare la barriera e resta vicino al nucleo. L'elet-
trone al livello E2 pu muoversi dentro il metallo co-
me se si trovasse su una superficie equipotenziale.
Esso si muove con velocit media pi elevata quanto
maggiore la sua energia. Quando si avvicina alla superficie il
campo degli atomi periferici lo ricaccia indietro. L'elettrone si
trova in una buca di potenziale. Per, se riesce ad acquistare
energia sufficiente, livello E3, supera la barriera offerta dalla su-
perficie ed esce dal metallo. Per schematizzare il comportamen-
to degli elettroni di un metallo si pu rappresentare il volume
dello stesso come una buca equipotenziale ma con una barriera
di potenziale alla sua superficie, come mostrato in Fig.4.2-2.
4.2.1 Distribuzione dell'energia degli elettroni liberi
Per determinare le propriet elettriche dei solidi ci interessa conoscere la situazione della concentra-
zione degli elettroni in funzione dell'energia.
Si definisce dn = r dE, [4.2-1]
dove dn il numero di elettroni per unit di volume la cui energia sta nell'intervallo dE di E. La quantit r
la densit degli elettroni in questo intervallo sempre per unit di volume. Questa densit pu essere ricavata
come il prodotto di due funzioni e cio
r = N(E) F(E). [4.2-2]
La funzione N(E) detta la funzione degli stati disponibili mentre la F(E) la funzione di proba-
bilit di occupazione di stati.
4.2.2 La densit degli stati
La funzione N(E) del numero degli stati disponibili,
per unit di volume, nei materiali conduttori
[SM]

, E ) E ( N [4.2-3]
con . ) ' m 2 (
h
4
2 3
e
3

[4.2-4]
me' la cosiddetta massa efficace dell'elettrone. Nel si-
stema M.K.S. g = 1.06 10
56
J
1/2
/m
3
. Per il campo di forza,
l'elettrone nel metallo come se galleggiasse in un mare e la
sua massa di poco differente da quella propria dell'elettrone
lontano dalla struttura cristallina. La densit degli stati di un
metallo rappresentata nella figura accanto.
A
B C
D
Dentro il metallo
Verso lesterno
E1
E3
E2

Fig.4.2-1
E
x
Fuori dal metallo
EB

Fig.4.2-2
0 0.5 1 1.5 2 2.5 3
0
1
2
3
4
5
6
7
8
x 10
46
E (eV)
N
(
E
)

(
c
m
-
3
)

Fig.4.2-3
La fisica dei dispositivi 126
4.2.3 La distribuzione di Fermi
Da considerazioni statistiche Fermi ha rica-
vato che la probabilit che un elettrone ha di
occupare uno stato a livello E
,
e 1
1
) E ( F
kT / ) E E ( F
+
[4.2-5]
k la costante di Boltzman, T la temperatura
assoluta e EF prende il nome di Livello di
Fermi. Poich per E = EF, F(E) = 1/2, indipen-
dentemente dalla temperatura, EF rappresenta
l'energia per la quale la probabilit di occupazio-
ne dello stato 0.5. La funzione di distribuzione
F(E) prende il nome di Funzione di Fermi.
La Fig.4.2-4 mostra la funzione di Fermi
per vari valori di T. Allo zero assoluto essa si
riduce ad una spezzata. La probabilit di avere elettroni a 0K, con energia superiore ad EF nulla, mentre
di averne con energia inferiore a EF unitaria. Nei metalli EF rappresenta la massima energia che un elettro-
ne pu avere a 0K.
4.2.4 La concentrazione degli elettroni liberi nei metalli
Allora, dalla [4.2-2], tenendo presenti le [4.2-3] e la [4.2-5]
,
e 1
E
) E ( F ) E ( N
kT / ) E E ( F
+

[4.2-6]
Poich per E = EF, F(EF) = 1/2, allora,
indipendentemente da T
,
2
E
) E (
F
F

[4.2-7]
Allo zero assoluto
,
E E per 0
E E per E
) E (
F
F

'

>
<
[4.2-8]
La Fig.4.2-5 mostra la distribuzione r in
un metallo come i tungsteno a 0 K, 1550 K e
3000 K. Si nota che, all'aumentare della tem-
peratura, solo gli elettroni pi energetici, cio
quelli con energia pi prossima ad EF, sono in-
teressati alle variazioni di energia. Sono essi che
si spostano da destra a sinistra nella figura.
Integrando la [4.2-1] si ottiene la concentrazione degli elettroni liberi cio il numero di elettroni libe-
ri per unit di volume
. dE ) E ( dn n
0 0


[4.2-9]
Tale concentrazione indipendente dalla temperatura. Quest'ultima fa solo variare la distribuzione energeti-
ca, non il numero degli elettroni liberi. Allora la concentrazione pu essere calcolata a 0 K. Quindi dalla
[4.2-8], tenendo presente che per E > EF, r (EF) = 0
-2 -1.5 -1 -0.5 0 0.5 1 1.5 2
0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
0.9
1
E-EF (eV)
F
(
E
)
0 K
300 K
600 K
900 K
1200 K
1500 K
1800 K
2100 K
2700 K
3000 K
2400 K

Fig.4.2-4
0 K
1500 K
3000 K
0 5 10 15
0
2
4
6
8
10
12
14
x 10
40
E (eV)
r r

(
c
m
-
3
)
EF
EW
EB
Tungsteno

Fig.4.2-5
La fisica dei dispositivi 127
. E
3
2
E
3
2
dE E n
2
3
F
E
0
E
0
2
3
F
F

[4.2-10]
Da questa .
2
n 3
E
3
2
F

,
_

[4.2-11]
Il livello di Fermi EF di un metallo pu essere determinata conoscendo la sua densit d, il numero di
elettroni l che ogni atomo libera, ed il suo peso atomico P. Poich il numero di Avogadro A = 6.02 10
23

il numero di atomi di un metallo contenuto in quantit di materia pari ad un peso atomico P si ricava che n =
A d l/P. Questa, sostituita nella [4.2-11] consente di ricavare il livello di Fermi nei metalli
Da questa .
P 2
l d A 3
E
3
2
F

,
_

[4.2-12]
Per esempio, nel tungsteno d = 18.8 10
3
Kg/m
3
, l = 2 e P = 184. Applicando le [4.2-10] e [4.2-11] si
ricava n = 1.23 10
23
/cm
3
, ed EF = 9 eV.
Torniamo un momento indietro e colleghiamo le due Figure 4.2-2 e 4.2-5. Si ottiene la Fig.4.2-6.
EW il potenziale destrazione. Mentre allo zero assoluto nessun elettrone pu uscire dalla buca di poten-
ziale, la probabilit che ci avvenga aumentando la temperatura diversa da zero e cresce con la stessa.
Questo fenomeno spiega l'emissione termoelettronica dei metalli utilizzata nei catodi dei tubi elettronici e nei
tubi a raggi catodici. Anche se leffetto sembra piccolo bisogna tenere presente la scala di r che ha un ran-
ge di 10
40
/cm
3
.
4.2.5 La conduzione nei metalli
La conduzione elettrica nei conduttori omogenei obbedisce alle leggi di Ohm. Ricordiamola.
V = I R,
V la differenza di potenziale applicata al conduttore, I la corrente che vi fluisce e R una costante che
si chiama resistenza del conduttore.
La resistenza di un conduttore legata ai parametri geometrici e fisici da
,
S
l
R [4.2-13]
0 K
1500 K
3000 K
0
5
10
15
0 2 4 6 8 10 12 14
x 10
40
E ( eV)
r
( cm
-3
)
E
F
E W
E
B
Tungst eno
0
5
10
15
E ( e V)
EF
E
W
EB
Ener gi a pot enzi al e
degl i el et t r oni l i ber i nel
met al l o nei pr essi del l a
super f i ci e
12. 7

1 0
40
el et t r/ cm
3
x
Di st anza dal l a
super f i ci e

Fig.4.2-6
La fisica dei dispositivi 128
nella quale r la resistivitdel materiale, l la sua lunghezza e S la sezione.
La resistivit, oltre che dal tipo di materiale,
dipende anche dalla temperatura. L'inverso della re-
sistivit viene detta conducibilited indicata con s.
s = 1/r [4.2-14]
Nella figura accanto mostrato il campo di variazio-
ne della conducibilit. Si noti il grande rapporto fra le
conducibilit dei conduttori e quella degli isolanti.
Sono ben 20 ordini di grandezza come minimo.
Consideriamo un conduttore omogeneo a sezione
costante S come quello mostrato nella Fig.4.2-8, ed ad esso
applichiamo una differenza di potenziale. Prendiamo ora due
sezioni perpendicolari alla direzione della corrente e distanti
fra di loro di dx. Sulla superficie a sinistra la tensione V,
mentre pi in la, a x+dx, la tensione V+dV. Per la conser-
vazione della carica elettrica la corrente la stessa fra le due
sezioni. Pertanto la caduta di potenziale fra le due superfici
.
S
dx
I
S
dx
I dV


Ne risulta un campo elettrico E tale che
.
S
I

dx
dV

[4.2-15]
Da cui I = s S E, [4.2-16]
o anche J = s E, [4.2.17]
in cui si posto J = I/S. [4.2-18]
J prende il nome di densit di corrente.
4.2.6 La mobilit degli elettroni nei metalli
Gli elettroni di conduzione in un metallo, per l'energia pos-
seduta, si muovono continuamente. In assenza di campo elettrico
l'energia fornita dalla temperatura. Si hanno movimenti a zigzag,
come quelli mostrati in Fig.4.2-9a perch gli elettroni, muovendo-
si, interagiscono ogni tanto con il reticolo. Una volta applicato un
campo elettrico il movimento caotico viene orientato. Gli elettroni,
pur muovendosi ancora a zigzag, vengono trascinati dal campo
elettrico (Fig.4.2-9b).
La velocit media degli elettroni lungo le linee del campo viene chiamata velocit di trascinamen-
to. Indichiamo con v(t) e a(t), rispettivamente, la velocit e l'accelerazione lungo la direzione del campo,
ma entrambe in verso opposto. Sia t t m il tempo medio fra due urti successivi che immaginiamo completa-
mente anelastici. Allora, lungo la direzione delle linee di forza, si ha un moto uniformemente accelerato con
accelerazione costante -a = -q E/m. Se l'urto completamente anelastico l'elettrone ogni volta ricomincia
con velocit nulla e all'instante t m dell'urto successivo sar v(t m) = -t m q E/m. La velocit media fra i due
urti, cio la velocit di trascinamento degli elettroni vn = -t m q E/2m. In effetti, pi che la massa dell'elet-
trone pi corretto utilizzare la sua massa efficace me'.
s s
(
W W
- 1 - 1
cm
-1
)
Semiconduttori
10
-30
10
-20
10
-10
10
0
10
10
Conduttori Isolanti

Fig.4.2-7
V
S
I
V + dV

Fig.4.2-8
E
vn
(a)
(b)

Fig.4.2-9
La fisica dei dispositivi 129
Dunque .
' m 2
q
v
e
m
n

[4.2-19]
E se si pone ,
' m 2
q
e
m
[4.2-20]
la [4.2-19] pu essere riscritta come
vn = -mE. [4.2-21]
La quantit mprende il nome di mobilit.
Se nel metallo la concentrazione di elettroni liberi n ed essi si spostano con velocit media vm si
ha una corrente
I = -q n vn S,
cio J = -q n vn = q n mE = s E. [4.2-22]
nella quale la conducibilit s
s = q n m. [4.2-23]
4.2.7 Conducibilit e temperatura
Aumentando la temperatura cresce l'agitazione
termica e diminuisce l'intervallo medio t m fra due urti.
Quindi anche la conducibilit e la mobilit diminuiscono
con la temperatura. Nella Fig.4.2-10 mostrata la
conducibilit di vari metalli. Ovviamente il comporta-
mento della resistivit linverso.
Se si definisce il coefficiente di temperatura del-
la resistenza come
,
RdT
dR
ctr [4.2-24]
si osserva che per i metalli tale coefficiente positivo.
Infatti, con la temperatura la conducibilit diminuisce, la
resistivit aumenta ed anche la resistenza. I metalli pi
usati come conduttori, come Ag, Cu, Al hanno resistivit r @ 27 C comprese fra 1.6 e 2.7 MW cm e
coefficienti di temperatura a temperatura ambiente fra 4100 e 4500 ppm/C. (ppm vuol dir parte per milio-
ne).
4.2.8 Il potenziale di contatto
Mettiamo a contatto due diversi materiali non isolanti A e B. Il livello di Fermi dei due materiali de-
ve coincidere dal momento che allo zero assoluto tutti gli elettroni debbono stare al disotto di esso. Allora,
fra i due materiali si manifesta una differenza di potenziale F AB dovuta ai diversi potenziali di estrazione.
Chiamiamo qF A e qF B, i lavori di estrazione dei due materiali. Allora
F AB = F A - F B. [4.2-25]
F AB detto potenziale di contatto. (Effetto Volta). Esso viene ottenuto perch si produce una diffusio-
ne di cariche mobili fra i due materiali. Se fra di essi se ne interpongono altri, la differenza VAB non cambia
(Legge dei materiali intermedi). Infatti, imponendo che il livello di Fermi costante in tutto il circuito si
ricava facilmente che il potenziale che si manifesta fra dei due materiali pi esterni dipende soltanto dai loro
lavoro di estrazione secondo la [4.2-25]. Tale potenziale elettrostatico non pu essere utilizzato per
produrre corrente. Infatti, connettendo i due materiali con un terzo conduttore la sommatoria di tutti i po-
tenziali di contatto si annulla.
s s

(
W W
-
1
c
m
-
1
)
T (K)
Ag
0 100 200 300 400 500 600
10
4
10
5
10
6
10
7
10
8
Au
Cu
Fe
Pt
Al

Fig.4.2-10
La fisica dei dispositivi 130
4.3. I semiconduttori
I materiali con gap basso, dell'ordine di 1eV, sono semiconduttori. I pi comuni sono il silicio, il
germanio e l'arseniuro di gallio. Nel resto della trattazione discuteremo essenzialmente di questi
semiconduttori. La TAV.4.3-1 riporta i parametri pi interessanti di questi materiali.
4.3.1 Il gap
L'altezza della banda proibita dipende
dallinterazione fra gli atomi nel solido e quindi funzione
del passo reticolare. Dato che con la temperatura i solidi
si dilatano, anche il gap varia con la temperatura. Pi
precisamente, salendo la temperatura, cresce il passo
reticolare. Da una serie di misure sono stati ricavati i dati
dai quali stato possibile determinare il comportamento
del gap con la temperatura mostrato nella Fig.4.3-1. Le
curve interessate sono marcate con 1.
Un fit abbastanza accurato da
,
T
T
) 0 ( E E
2
G G
+

[4.3-1]
nella quale EG(0) il gap a 0K e a e b so-
no dei coefficienti che si possono leggere
nella seconda, terza e quarta colonna della
TAV.4.3-2I. Tuttavia, per temperature ab-
bastanza alte, nella zona d'uso comune dei
semiconduttori, cio per T > 250K le cur-
TAV.4.3-1
Propriet dei materiali semiconduttori a 300 K
Ge Si GaAS SiO
2

Peso molecolare g 72.6 28.09 144.6 60.08
Densit degli atomi atomi/cm
3
4.4 10
22
5 10
22
2.2 10
22
2.3 10
22

Passo reticolare

5.6 5.53 5.65
Densit g/cm
3
5.32 2.33 5.32 2.27
Gap eV 0.67 1.11 1.4
NC stati/cm
3
1 10
19
2.8 10
19
4.7 10
17

NV stati/cm
3
6 10
18
1 10
19
7 10
18

ni cm-
3
2.4 10
13
1.5 10
10
1.8 10
6

Mobilit degli elettroni cm
2
/v sec 3900 1350 8600 isolante
Mobilit delle lacune cm
2
/v sec 1900 480 250 isolante
Costante di diffusione elettroni cm
2
/sec
3
98.8 33.8 430
Costante di diffusione lacune cm
2
/sec
3
46.6 13 13
Costante dielettrica relativa 16.3 11.7 12 3.9
Rigidit dielettrica KV/cm 80 300 350 6000
Punto di fusione C 937 1415 1238 1700
Calore specifico J/g C 0.31 0.7 0.35 1
Conducibilit termica W/cm C 0.6 1.5 0.81 0.014

G
a
p

(
e
V
)
T (K)
GaAs
1
Si
2
Ge
0 100 200 300 400 500 600 700 800
0.5
0.6
0.7
0.8
0.9
1
1.1
1.2
1.3
1.4
1.5
1
2
1
2

Fig.4.3-1
TAV.4.3-2
EG(0) (V) a x 10
-4
b EG0 (V) c x 10
-4

GaAs 1.519 5.405 204 1.565 4.8
Si 1.16 7.02 1108 1.226 3.55
Ge 0.741 4.56 210 0.78 3.98
La fisica dei dispositivi 131
ve della figura possono essere bene approssimate con le rette
EG = EG0 c T [4.3-2]
con EG0 e c variabili da materiale a materiale tabulate nella quinta e sesta colonna della medesima tavola.
Le medesime sono rappresentate nella Fig.4.3-1 e marcate con 2.
4.3.2 Semiconduttori intrinseci
Un semiconduttore si dice intrinseco se non contiene impurit,
o meglio, dato che ci praticamente impossibile, quando le impurezze
presenti danno un contributo irrilevante alla conduzione. Vedremo pi
avanti quello che significa.
La figura accanto fa vedere la struttura del cristallo di Si senza
impurezze schematicamente rappresentata in due dimensioni per sempli-
cit. In effetti la struttura del cristallo spaziale ed a diamante. Sono
rappresentati gli ioni nel reticolo e gli elettroni dei legami covalenti fra gli
atomi contigui. Fra due atomi ci sono due elettroni in compartecipazione.
4.3.2.1 Elettroni e lacune
Ogni atomo del reticolo crea legami con i quattro atomi vicini.
L'energia di legame abbastanza piccola ed anche a temperatura am-
biente qualche elettrone si allontana dal nucleo, diventa libero e pu
prendere parte alla conduzione. Contemporaneamente l'atomo da cui
fuoriuscito l'elettrone ha un legame covalente incompleto perch ora
manca un elettrone. Tale mancanza stata chiamata lacuna. La situazio-
ne illustrata nella Fig.4.3-3.
Anche la lacuna prende parte al processo di conduzione. L'ato-
mo cui manca una elettrone, cio quello dove la lacuna, attira un elet-
trone da uno di quelli vicini. E' facile che l'atomo saturi la sua valenza a
spese di un suo vicino che perde un elettrone. La lacuna si spostata dal primo al secondo atomo. Se non
c' campo lo spostamento avviene a caso. Come lelettrone libero vaga nello spazio interreticolare, come
gi descritto per gli elettroni di un metallo, anche la lacuna mobile vaga a caso, ancora a zigzag, per fra le
valenze degli atomi.
Anticipiamo un risultato che troveremo pi avanti e cio che nei semiconduttori puri, il livello di
Fermi sta circa a met della banda proibita fra EC (Livello inferiore della banda di conduzione ed EV (livello
superiore della banda di valenza.
La Fig.4.3-4 mostra
la situazione schematizzata
per i semiconduttore intrinse-
ci. Sono rappresentate le due
bande, di conduzione con li-
vello inferiore EC e di valenza,
col livello superiore EV sepa-
rate dal gap largo EG. EF sta a
met del Gap. Sulla stessa fi-
gura rappresentata la fun-
zione di Fermi. Nella Fig.4.3-
Si
Si Si
Si Si
Si
Si
Si Si

Fig.4.3-2
Si
Si Si
Si Si
Si
Si
Si Si
Elettrone
libero
Lacuna
mobile

Fig.4.3-3

0 K
0 0.5 1
F(E)
EF

EV
EC
EG
Banda di
Valenza
Banda di
Conduzione
E
300 K
600 K
0 0.5 1
F(E)
EF

EV
EC
EG
Banda di
Valenza
Banda di
Conduzione
E
0 K
Si

Si

(a)

300 K
600 K
0 0.5 1
F(E)
EF

EV
EC
EG
Banda di
Valenza
Banda di
Conduzione
E
0 K
Ge

(c)

(b)


Fig.4.3-4
La fisica dei dispositivi 132
4a quella a 0 K, mentre nella Fig.4.3-3b a 300 e 600 K. Entrambe queste figure si riferiscono al silicio
con un gap di circa 1.1 eV. La funzione di Fermi dice che a 0K la probabilit di avere elettroni con energia
superiore a EF nulla (Fig.4.3-4a). A tale temperatura gli elettroni stanno tutti in banda di valenza, riem-
piendo tutti gli stati di tale banda e lasciando completamente vuoti quelli possibili in banda di conduzione.
Non appena la temperatura sale, cambia la distribuzione di Fermi: vedi Fig.4.3-4b. La probabilit
che vi siano elettroni di energia superiore ad EC diversa da zero. Anche la probabilit di avere elettroni
con E < EV non pi comunque unitaria. La prima diminuisce man mano che la energia sale. La seconda
aumenta via via che l'energia scende.
Tutto questo vuol dire che qualche elettrone che sta pi in alto in banda di valenza pu saltare nella
parte bassa della banda di conduzione. La curva nella Fig.4.3-4b simmetrica rispetto al punto (0.5,EF).
Se la probabilit di occupare tutti gli stati nella parte superiore della banda di valenza non pi unitaria,
simmetricamente, la probabilit di occupare gli stati nella parte bassa della banda di con
nulla. Se chiamiamo ni e pi, rispettivamente, le concentrazioni di elettroni e di lacune nel semiconduttore in-
trinseco, abbiamo
ni = pi. [4.3-3]
Il pedice i sta per intrinseco.
Naturalmente poich il livello di Fermi comunque sempre a met Gap, per i semiconduttori con
Gap minore, a parit di temperatura, si avr una probabilit pi alta che il salto avvenga. Basta osservare la
Fig.4.3-4c relativa al germanio con Gap di circa 700 meV.
4.3.2.2 La concentrazione delle cariche mobili nei semiconduttori intrinseci
Abbiamo visto che dn = N(E) F(E) dE.
Nei metalli si assunto come livello zero quello pi basso in banda di conduzione. Nei semiconduttori il li-
vello pi basso in banda di conduzione non zero ma EC. Allora
. E E ) E ( N C [4.3-4]
Chiamiamo EFi il livello di Fermi nei semiconduttori intrinseci, per distinguerlo dagli altri casi. Allora


+


C
Fi
C E
kT / ) E E (
C
E
i dE
e 1
E E
dE ) E ( F ) E ( N n
nella quale si usata per la funzione di Fermi lespressione [4.2-5]
A temperatura ambiente (27C 300K), kT 0.026 eV. Dato che il livello di Fermi sta circa a
met del gap, per gli elettroni in banda di conduzione E - EFi > EG/2. Questa quantit superiore, per qua-
lunque dei semiconduttori principali, a non meno di 390 meV. Pertanto lesponente (E-EFi)/kT almeno
13. E quindi al denominatore della [4.2-5] il numero 1 trascurabile rispetto al termine esponenziale. Allo-
ra la precedente si approssima a
. dE e E E n
C
Fi
E
kT / ) E E (
C i



Il calcolo, usando lespressione [4.2-4] di g, porta a
. e
h
kT ' m 2
2 n
kT / ) E E (
2 3
2
e
i
Fi C

,
_


[4.3-5]
Nei semiconduttori il livello pi alto in banda di valenza non zero ma EV. Allora la funzione di di-
stribuzione degli stati disponibili
. E E ) E ( N V [4.3-6]
Per le lacune in banda di valenza, analogamente a quanto detto per gli elettroni in conduzione, E - EFi < -
EG/2 < 0 e lesponente (E-EFi)/kT < -13. Quindi, questa volta il termine esponenziale ad essere molto
piccolo. Se F(E) esprime la probabilit che un elettrone sia in banda di valenza, la probabilit che un elet-
La fisica dei dispositivi 133
trone abbia lasciato la banda di valenza e quindi sia una lacuna 1- F(E). Ma allora, usando la [4.2-5]
. e
e 1
e
e 1
1
1 ) E ( F 1
kT / ) E E (
kT / ) E E (
kT / ) E E (
kT / ) E E (
Fi
Fi
Fi
Fi

+

Procedendo in maniera analoga, per, cambiando opportunamente i limiti dintegrazione funzione di
densit degli stati, si ricava
. dE e E E dE )] E ( F - [1 ) E ( N p
V
Fi
V E
kT / ) E E (
V
E
i



I risultato finale
kT / ) E E (
2 3
2
l
i
V Fi
e
h
kT ' m 2
2 p

,
_


[4.3-7]
nella quale con ml' si indicata la massa efficace della lacuna.
Posto
2 3
2
e
C
h
kT ' m 2
2 N
,
_


[4.3-8]
e
2 3
2
l
V
h
kT ' m 2
2 N
,
_


[4.3-9]
le [4.3-5] e [4.3-7] si riducono, rispettivamente a

kT / ) E E (
C i
Fi C
e N n

[4.3-10]
e , e N p
kT / ) E E (
V i
V Fi
[4.3-11]
stata fatta una distinzione fra le due masse efficaci dell'elettrone e della lacuna. Esse sono legger-
mente diverse. Ci perch il comportamento delle particelle nei solidi descritto dalle leggi della meccanica
quantistica. Dare conto numerico di tale differenza esula dallo scopo di questa trattazione. In ogni caso, dal
punto di vista quantitativo trascurare questa differenza fra le masse non provoca sostanziali variazioni nei
risultati.
4.3.2.3 Il livello di Fermi negli intrinseci
A regime, per ogni elettroni libero si crea anche una lacuna.
Cio si produce una coppia elettrone-lacuna, e, come gi visto
nella [4.3.3] ni = pi. Sostituendo in quest'ultima le [4.3-10] e [4.3-
11]
kT / ) E E (
V i
kT / ) E E (
C i
V Fi Fi C
e N p e N n


da cui si ricava .
N
N
ln
2
kT
2
E E
E
C
V V C
Fi +
+
[4.3-12]
NC e NV, alla stessa temperatura, differiscono soltanto per
la massa efficace. Quindi ragionevole trascurare il secondo termi-
ne al secondo membro, e come abbiamo anticipato
.
2
E E
E
V C
Fi
+
[4.3-13]
Calcoliamo il prodotto ni pi alla stessa temperatura:
. e N N e N e N n p n
kT / ) E E (
V C
kT / ) E E (
V
kT / ) E E (
C
2
i i i
V C V Fi Fi C

Cio . e N N n p n
kT / ) E (
V C
2
i i i
G
[4.3-14]
Sostituendo per NC ed NV le [4.3-8] e [4.3-9]
germanio
silicio
arseniurio di gallio
0.5 1 1.5 2 2.5 3
10
6
10
8
10
10
10
12
10
14
10
16
10
18
10
1000/T
3.5 4
ni (cm
-3
)
20

Fig.4.3-5
La fisica dei dispositivi 134
kT / ) E (
2 3
2
l
2 3
2
e
2
i i i
G
e
h
kT ' m 2
2
h
kT ' m 2
2 n p n

,
_

,
_



e . e ) ' m ' m ( ) kT (
h
2
4 n
kT / ) E ( 2 3
l e
3
3
2
2
i
G

,
_



, e T C n p n
kT / ) E ( 3
0
2
i i i
G
[4.3-15]
in cui . ) ' m ' m (
h
2
k 4 C
2 3
l e
3
2
0
,
_


[4.3-16]
La [4.3-15] confermata sperimentalmente. La Fig.4.3-5 mostra l'andamento di ni per i semicon-
duttori pi comuni.
4.3.3 Semiconduttori drogati
Se in un semiconduttore intrinseco si introducono quantit opportune di altre sostanze che modifica-
no la concentrazione di almeno una delle cariche mobili, si dice che il semiconduttore drogato.
I semiconduttori del IV gruppo, come il Ge ed il Si vengono drogati con sostanze del III o del V
gruppo.
4.3.3.1 Impurit donatrici
Studiamo quello che avviene se limpurit appartiene al V gruppo. Per esempio introduciamo fosfo-
ro (P) nel Si. L'atomo di fosforo si collochi nel reticolo in una posizione che dovrebbe essere occupata da
un atomo di Si. Si dice che l'impurezza lo ha sostituito. Invece, se l'impurezza si trova in un'altra posizione,
viene detta interstiziale. La Fig.4.3-6a mostra il solito schema bidimensionale semplificato con il semi-
conduttore drogato con una sostanza pentavalente in modo sostituzionale. Al centro posto latomo di fo-
sforo circondato da atomi di silicio da ogni parte.
Il fosforo ha 5 elettroni nell'orbita di
valenza. Quattro di loro formano legame
con i quattro atomi di germanio vicini, il
quinto elettrone non legato con alta ener-
gia. Bastano appena 0.045 eV per allonta-
narlo dall' atomo di fosforo. Allora si produ-
ce un elettrone libero. Tuttavia, questa
volta, non si crea anche una lacuna. Infatti
rimasto l'atomo di fosforo carico positivo,
ma non mobile. La debole energia di questo
ione positivo non capace di strappare
elettroni dagli atomi di Si vicini. Quindi il fo-
sforo ha dato luogo ad un elettrone libero
ed ad uno ione positivo immobile nel reticolo. L'introduzione dellimpurit ha prodotto un livello possibi-
le ED in banda proibita, appena pi sotto della banda di conduzione (Fig4.3-6b). Se nel semiconduttore
sono presenti solo sostanze pentavalenti, ci sono, allora, pi elettroni liberi che lacune. Infatti alle coppie
prodotte per effetto termico si aggiungono elettroni dovuti al drogaggio. Dal momento che le cariche nega-
tive sono in quantit superiore queste vengono dette cariche maggioritarie. In un semiconduttore drogato
con sostanze pentavalenti, gli elettroni sono le cariche maggioritarie, mentre le lacune sono le cariche mino-
ritarie. Dato che le cariche maggioritarie sono cariche negative, il semiconduttore cos drogato prende il
nome di semiconduttore n.

(a)

Si
Si
P
Si Si
Si
Si
Si Si
Elettrone
libero
Ione
positivo
immobile

EG
Banda di
Valenza
Banda di
Conduzione
(b)

EC
EV
E
ED
0.045 eV
Livello del
donore fosforo

Fig.4.3-6
La fisica dei dispositivi 135
4.3.3.2 Impurit accettrici
Il drogaggio pu essere eseguito con impurit trivalenti. La Fig.4.3-7a serve per spiegare l'effetto in
tale caso. stato usato come drogante il boro.
L'impurezza satura le valenze di tre dei
quattro atomi vicini. Ma viene a mancare un e-
lettrone per saturare la valenza del quarto. Cio
si determina una lacuna che si satura a spese di
qualche atomo vicino. E nella zona che com-
prende l' atomo di boro la situazione diventa
stabile, ma, c' un elettrone in pi che prati-
camente inchiodato e deve stare in quella zona.
Si creato, nella banda proibita, un l ivello
permesso EA appena al di sopra della banda di
valenza (Fig.4.3-7b). Gli elettroni di questa
banda, con poca energia, passano in questi livelli lasciando lacune mobili nella banda di valenza.
Drogando con sostanze trivalenti, le lacune sono le cariche maggioritarie, mentre gli elettroni sono le
minoritarie. Le maggioritarie sono cariche positive ed il semiconduttore viene detto p.
Poich le impurit pentavalenti donano elettroni mentre le trivalenti li accettano, le prime vengono
dette impurit donatrici (donori) le seconde accettrici (accettori). Indicheremo con ND e NA, rispetti-
vamente, le concentrazioni delle impurezze donatrici ed accettrici. possibile che in un semiconduttore sia-
no presenti entrambe le impurezze.
4.3.3.3 I livelli energetici dei droganti
Nella Fig.4.3-8 sono mo-
strati i livelli energetici delle impu-
rezze. Per ogni materiale, la figura
divisa in due parti dal livello di
Fermi al centro del gap. Nella
parte superiore del gap sono in-
dicate le energie Ei necessarie, i
donatori, perch un elettrone salti
in banda di conduzione. Nella
parte inferiore del gap sono indi-
cate le energie Ei necessarie, per
gli accettori, perch un elettrone
dalla banda di valenza occupi il
livello introdotto dall'accettore nel
gap.
preferibile usare mate-
riali che abbiano basse Ei. La
scelta dell'elemento migliore, nei
vari casi, dipende anche forte-
mente dalle propriet metallurgi-
che delle leghe fra i semicondut-
tori ed i droganti.

EV
EA
(a)

Si
Si
B
Si Si
Si
Si
Si Si
Ione
negativo
immobile
Lacuna
mobile

EG
Banda di
Valenza
Banda di
Conduzione
(b)

EC
E
0.045 eV

Fig.4.3-7
0.66ev
1.12ev
1.42ev
GaAs
Si
Ge

Fig.4.3-8
La fisica dei dispositivi 136
4.3.3.4 La legge d'azione di massa
Le [4.3-10] e [4.3-11] sono state calcolate supponendo che le energie degli elettroni in banda di
conduzione o delle lacune in banda di valenza fossero tali che EFi - E superasse largamente kT che a 27 C
e di 26 meV. Il livello di Fermi nei semiconduttori drogati non resta pi a met del gap. Tuttavia, malgrado
ci, la condizione precedente sempre verificata, come vedremo pi in l, e, anche nei semiconduttori dro-
gati sono valide espressioni simili alla [4.3-10] e [4.3-11]. Cio
. e N n
kT / ) E E (
C
F C
[4.3-17]
, e N p
kT / ) E E (
V
V F
[4.3-18]
Moltiplicando le due espressioni si ottiene la cosiddetta Legge d'azione di massa. Si procede in
modo analogo a quanto stato fatto per ricavare la [4.43]. Cio
, e T C n np
kT / E 3
0
2
i
G
[4.3-19]
con C0 dato dalla [4.3-16]. Cio il prodotto np indipendente dal drogaggio e dipende, oltre che
dal semiconduttore, anche e solo dalla temperatura.
4.3.3.5 Il livello di Fermi dei semiconduttori drogati
Pur se il prodotto delle due concentrazioni non varia, variano i due fattori: con il drogaggio si sposta
il livello di Fermi. In ogni caso, dalle [4.3-17] e [4.3-18]
,
n
N
ln kT E E
C
F C [4.3-20]
e ,
p
N
ln kT E E
V
V F [4.3-21]
Cerchiamo di capire cosa succederebbe se tutti gli stati disponibili venissero occupati. Per esempio,
in un semiconduttore n, al massimo, nn = NC e dalla [4.3-20] si vede che il livello di Fermi sale ad EC. Ana-
logamente, in un p, al massimo pp = NV ed il livello di Fermi scende a EV. Concludendo:
EV < EA < EF < ED < EC. [4.3-22]
Riferiamoci, al solito, al caso di drogaggio non degenere. Quando si introducono impurezze si ag-
giungono atomi ad un solido elettricamente neutro, ognuno dei quali neutro. Quindi, alla fine, il solido dro-
gato comunque neutro. Pertanto la sommatoria di tutte le cariche, prese in valore e segno, deve essere
nulla. Prendiamo il caso pi generale in cui esistono entrambi i tipi di drogante in un semiconduttore non
degenere. All'interno di un volume V si avranno VNA ioni negativi immobili e VND ioni positivi immobili
bilanciati da Vp lacune e Vn elettroni liberi. La carica positiva nel volume, cio q V (ND + p) equilibra
quella negativa q V (NA + n). Cio
q V (ND + p) = q V (NA + n)
Dividendo tutta l'espressione precedente per q V e ordinandola in modo diverso
ND - NA + p n = 0.
Dalla [4.3-19] np = ni
2
, e facendo sistema con la precedente si ottiene ND - NA + p ni
2
/p = 0. Cio
p
2
(ND - NA)p ni
2
= 0. Da quest'ultima si ricava
.
N N
n 2
1 1 ) N N ( n 4 ) N N ( N N p
2
D A
i
D A
2
i
2
D A D A
1
1
]
1

,
_

+ + + + [4.3-23]
Da ora in poi aggiungeremo alle concentrazioni delle cariche un pedice che serve ad indicare il tipo di dro-
gaggio effettuato. Ed allora pp e nn sono le concentrazioni maggioritarie, rispettivamente, di elettroni nell'n e
di lacune nel p, mentre pn e np sono le concentrazioni minoritarie, rispettivamente, di lacune nell'n e di elet-
troni nel p.
La fisica dei dispositivi 137
Supponiamo che sia NV >> NA - ND >> 2ni > 0, [4.3-24]
il materiale (non degenere) drogato p, e la radice nell'espressione [4.3-23] si approssima a 1. Allora, u-
sando le notazioni introdotte:
pp NA - ND, [4.3-25]
e dalla [4.3-19] np = ni
2
/(NA - ND). [4.3-26]
Facciamo un esempio. Studiamo il silicio a 300 K. Prendiamo alcuni valori dalla TAV.4.3-1. Sia
NV = 10
19
/cm
3
mentre ni = 2.4 10
13
/cm
3
. Droghiamo con NA - ND = NV = 10
16
/cm
3
. E usiamo le ultime
due e la [4.3-21] pp NA - ND = 10
16
/cm
3
, np = ni
2
/(NA - ND) = (2.4 10
13
)
2
/10
16
/cm
3
= 5.76 10
10
/cm
3
,
. meV 180 ) 10 / 10 ln( 26 ) p / N ln( kT E E
16 19
V V F Il livello di Fermi si pone a circa un sesto nel gap.
Se si aumenta ancora il drogaggio con NA, il livello di Fermi si avvicina sempre pi alla parte superiore del-
la banda di valenza.
Ovviamente se si considera un drogaggio in cui
NC >> ND NA >> 2ni > 0 [4.3-27]
allora il materiale (non degenere) drogato n e, in modo analogo,
nn ND NA, [4.3-28]
e pn >> ND
2
/nn. [4.3-29]
Determiniamo ci che avviene del livello di Fermi nei semiconduttori drogati. Consideriamo gli elet-
troni. Dalla [4.3-12] e dalla [4.3-20] si ha ,
N
N
ln
2
kT
2
E E
n
N
ln kT E E E
C
V V C
n
C
C Fi F
+

cio .
n
N N
ln kT
2
E
E E
n
V C G
Fi F [4.3-30]
Finche il materiale non degenera nn
ND NA. Aumentando il drogaggio, quindi, il
secondo termine al secondo membro nella
[4.3-30] diminuisce. Se tutti gli stati disponibili
nella banda di conduzione venissero occupati,
nn = NC NV e questo termine si avvicine-
rebbe a zero. Quindi, aumentando il drogag-
gio, il livello di Fermi si sposta verso l'alto e si
avvicina al limite inferiore della banda di con-
duzione. Capovolgendo la [4.3-15] si ha
. e n N N
kT / E 2
i V C
G
[4.3-31]
che sostituita nella [4.3-30], dopo qualche
passaggio da
.
n
n
ln kT E E
i
n
Fi F [4.3-32]
Ovviamente, se non si droga, nn = ni ed il livello di Fermi non si sposta.
Sostituendo nella [4.3-31] la [4.3-15]si ricava
.
T C
n
ln
2
kT
2
E
E E
3
0
2
n G
Fi F + [4.3-33]
Il termine con il logaritmo tende ad annullarsi con T: diminuendo la temperatura il livello di Fermi tende a
EG/2. Tuttavia, se questa troppo bassa, i donatori non forniscono elettroni e la precedente espressione
perde di significato. Ma ci avviene anche alle alte temperature. Infatti tutto stato ricavato nella ipotesi
che sia |EFi - E| > kT, ma quando, ad alta T, questa condizione non vale pi, anche la [4.3-32] non pi

10
13
10
14
10
15
10
16
10
17
0
100
200
300
400
500
600
700
T
i

(

C
)

ND(cm
-3
)
GaAs
Si
Ge

Fig.4.3-9
La fisica dei dispositivi 138
applicabile. Ad alte temperature aumenta ni ed il semiconduttore tende sempre pi a diventare intrinseco.
Data una concentrazione di drogante, si dice temperatura intrinseca Ti(N) quella temperatura
alla quale c' la stessa concentrazione di cariche mobili che se fosse drogato con impurezze di pari concen-
trazione. La Fig.4.3-9 mostra il grafico della temperatura intrinseca per Ge, Si e GaAs. Il grafico non al-
tro che la figura 4.3-5 con gli assi scambiati e graficata in funzione di T invece che di 1000/T.
Quanto detto a proposito del livello di Fermi
confermato da risultati sperimentali. La Fig.4.3-10 mo-
stra il comportamento del livello di Fermi nel silicio dro-
gato con fosforo o con boro in diverse concentrazioni.
Quando il comportamento del materiale si avvicina a
quello intrinseco il livello di Fermi si sposta a met del
gap.
Per concludere proponiamo una sintesi schema-
tica in Fig.4.3-11. La prima colonna mostra le bande ed
i vari livelli energetici. Nella seconda rappresentata la
densit degli stati N(E), nella terza la funzione di Fermi
F(E) e nell'ultima la distribuzione delle concentrazioni
delle cariche mobili. La prima riga illustra la situazione
nel caso di semiconduttore intrinseco, la seconda riga
per il materiale n e lultima per il materiale p.

-200 -100 0 100 200 300 400 500
-0.6
-0.4
-0.2
0
0.2
0.4
0.6
10
12

10
13

10
15

10
15

10
16

10
16

10
17

10
17

10
12

10
13

10
14

10
14

10
18

10
18

Gap
Gap
fosforo
boro
E
F
-
E
F
i

(
e
V
)

Banda di valenza
Banda di conduzione
T (C)

Fig.4.3-10

(b)

(d) (c)
ED
1 0 0.5
EG

Banda di valenza
Banda di conduzione
EF
F(E)

N(E)
E

E

E

E

1
0 0.5
EG

EF
F(E)

N(E)
E

E

E

E

0
0.5
EG

EF
F(E)

N(E)
E

E

E

E

EA
0.045
eV
0.045
eV
(a)

EV
EC
EV
EC
EV
EC
Livello
dellaccett
ore
Livello
dell
donatore
NA
ND
ni
pi
pp
nn
np
pn
Banda di conduzione
Banda di conduzione
Banda di valenza
Banda di valenza

Fig.4.3-11
La fisica dei dispositivi 139
Con il drogaggio si creano stati che vengono facilmente occupati. Il livello di Fermi si sposta o ver-
so l'alto negli n, o verso il basso, nei p. Come risultato le concentrazioni dei due portatori si squilibrano.
4.3.3.6 Concentrazione delle cariche mobili nei semiconduttori drogati
Se la concentrazione del drogante bassa, a temperature sufficientemente alte, ognuno degli atomi
di impurezze fornisce una carica mobile. Per esempio se ND la concentrazione del donatore e V il vo-
lume del semiconduttore, allora, NDV elettroni sono forniti dal drogante.
Se la concentrazione del drogante
diventa eccessiva il semiconduttore diventa
degenere. Se la concentrazione del drogante
si avvicina o supera quello degli stati dispo-
nibili il livello di Fermi esce dal gap e va, a
seconda dei casi in banda di valenza o di
conduzione. Le conseguenze di questo fatto
sono alla base del funzionamento dei diodi
Tunnel.
Tuttavia, quando il semiconduttore
non degenere, perch tutti gli atomi di
drogante liberino elettroni necessario for-
nire una certa energia. A temperatura trop-
po bassa ci riesce soltanto in parte. Quan-
titativamente ci dipende dal livello energeti-
co del drogante. Tanto pi vicino ad EC
tanto minore sar la temperatura a cui tutte
le impurezze liberano gli elettroni. Wolfstirn
[WO]
ha mostrato che la concentrazione di elettroni liberi anche
per effetto del drogaggio ha una espressione del tipo
.
e 5 . 0 1
1
1 N n
kT / ) E E (
D n
D F

,
_

+


[4.3-34]
ED il livello energetico dei donatori.
Lenergia minima richiesta ad un elettrone per saltare dal livello di donatore in banda di conduzione
eD = EC - ED. Per il calcolo dellesponente al denominatore procediamo come segue: EF - ED = EF
EFi + EFi EC + EC ED = EF EFi EG/2 + eD. Utilizzando la [4.3-32] lesponenziale a denominatore
diventa:
kT / ) e 2 E (
n i
kT / ) e 2 E ( kT / ) E E ( kT / ) E E ( D G D G Fi F D F
e n n e e e

. Sostituendo questo valore nella [4.3-34]
e ricavando nn, dopo alcuni passaggi omessi si trova:
.
2
e n N 8 e n e n
n
kT / ) e 2 E (
i D
kT / ) e 2 E ( 2 2
i
kT / ) e 2 E (
i
n
D G D G D G
+ +
[4.3-35]
In Fig.4.3-12 mostrato ci che avviene quando si droga il silicio con la stessa concentrazione di diverso
tipo. Lantimonio che ha un livello di soltanto 39meV al disotto di EC e nn diventa ND a circa a 125 K,
mentre il bismuto che ha un livello pi profondo fino a 69meV ha bisogno allincirca di 150 K per fare lo
stesso.
Un calcolo simile pu essere svolto per le lacune al livello EA usando per la loro concentrazione
lespressione
[WO]

.
e 25 . 0 1
1
1 N p
kT / ) E E (
A p
A F

,
_

+


[4.3-36]

2 4 6 8 10 12 14 16 18
10
13
10
14
10
15
10
16
10
17
Arsenico
ec =54 meV

Bismuto
ec =69meV
ND = 10
15
cm
-3

regione intrinseca
regione di congelamento
regione di saturazione
Fosforo
ec =45meV
Antimonio
ec =39meV

1000/T
n
i

(
c
m
-
3
)

SILICIO

Fig.4.3-12
La fisica dei dispositivi 140
4.4. Il trasporto delle cariche nei semiconduttori
Per gli elettroni dei metalli stato gi trovato la velocit di trascinamento e la mobilit degli elettroni
con le [4.2-19] e [4.2-20]. Anche nei semiconduttori valgono le stesse espressioni. Ma, oltre gli elettroni ci
sono le lacune.
Indichiamo con il pedice n le grandezze relative agli elettroni e con il pedice p quelle relative alle la-
cune. Allora:
; v n n [4.4-1]
;
' m 2
q
e
me
n

[4.4-2]
; v p p [4.4-3]
.
' m 2
q
l
ml
p

[4.4-4]
La differenza nel segno fra le [4.4-1] e [4.4-3] giustificata dal fatto che la velocit di trascinamento di e-
lettroni e lacune sotto lo stesso campo elettrico sono in verso opposto.
4.4.1 Mobilit
La mobilit degli elettroni pi alta di quella delle lacune, a pari condizioni. I primi, infatti, possono
muoversi nello spazio interreticolare, mentre le seconde solo fra i legami interatomici.
4.4.1.1 Mobilit e concentrazione
La mobilit delle cariche funzione della con-
centrazione. Quando questa aumenta diminuisce il li-
bero cammino medio fra due urti ed anche il corri-
spondente tempo medio fra i due urti. La Fig.4.4-1
mostra il modo di variare della mobilit nei vari tipi di
semiconduttore, al variare del drogaggio a temperatu-
ra ambiente. interessante notare che, in ogni caso la
mobilit nei materiali drogati n superiore a quelli dei
p. Ma mentre per germanio e silicio si ha un rapporto
contenuto fra 2 e 3, per larseniuro di gallio il rapporto
arriva a circa 30. La mobilit del GaAs tipo n note-
volissima, pi di due volte pi alta di quella del silicio.
4.4.1.2 Mobilit e temperatura
Nei metalli ogni elettrone pu essere deviato dagli atomi tutti egualmente ionizzati, tanto pi, quanto
maggiore lagitazione termica. Nei semiconduttori si hanno due meccanismi diversi di deviazione che con-
tribuiscono a cambiare il tempo medio fra due urti. Uno di essi ancora dovuto all'agitazione termica, men-
tre l'altro determinato dalla presenza delle impurezze e relativi ioni che attirano o respingono, deviandole,
le cariche mobili.
La meccanica statistica consente di determinare i due effetti sulla mobilit. Il primo termine tende a
farla diminuire con la temperatura come T
-3/2
, mentre l'altro tende a farla crescere come T
3/2
.
Possiamo dare una spiegazione semplice di ci. A bassa temperatura l'agitazione termica piccola,
gli elettroni sono lenti ed il loro cammino viene influenzato molto dal campo degli ioni immobili. Se sale di
poco la temperatura, aumenta la velocit delle cariche mobili le quali sono influenzate meno della azione de-

10

14
10

15
10

16
10

17
10

18
10

19
10

2
10

3
10
4
m m (cm
2
/V sec)
Ge n
GaAs n
Si p
GaAs p
Concentrazione del drogante (cm
-3
)
Si n
Ge p

Fig.4.4-1
La fisica dei dispositivi 141
gli ioni fissi. Allora la mobilit a bassa temperatura sale con essa. Leffetto aumenta con il numero di ioni
presenti e quindi con la concentrazione. Ad alta temperatura l'agitazione la causa principale che diminui-
sce il tempo medio fra due urti. Se cresce la temperatura sale lagitazione e diminuisce il tempo medio fra
due urti e quindi la mobilit. Quindi non ha molta importanza se il semiconduttore sia drogato o no. L'effetto
degli ioni trascurabile, data l'energia delle cariche mobili.
La Fig.4.4-2 mostra l'andamento della mobilit nel silicio al variare della temperatura, per vari dro-
gaggi. A sinistra il drogaggio con donatori, a destra con accettori, Si nota che alle alte temperature le
pendenze delle curve tendono a confondersi. Una espressione valida soltanto per temperature al di sopra di
25 C : . cT

[4.4-5]
Il coefficiente a sperimentalmente ha fluttuazioni importanti rispetto a 3/2 predetto dalla teoria. Pi preci-
samente si ha an
Si
= 2.5; ap
Si
= 2.7; an
Ge
=1.66; ap
Ge
= 2.33; an
GaAs
= 1; ap
GaAs
= 2.1.
4.4.1.3 Resistivit e conducibilit dei semiconduttori
Applicando una differenza di potenziale ad un semiconduttore si ha un movimento degli elettroni
verso il punto a potenziale pi alto e delle lacune verso quello a potenziale pi basso. Il verso convenziona-
le della corrente coincide quello del movimento delle lacune. Gli elettroni, negativi, si spostano in verso op-
posto alle lacune. Quindi entrambe le cariche partecipano alla corrente con contributi dello stesso segno.
Estendendo la [4.2-23] si ha s = q (n mn + p mp) [4.4-6]
e la resistivit .
) p n ( q
1
p n +
[4.4-7]
Consideriamo un semiconduttore drogato. La conduzione essenzialmente dovuta alle cariche
maggioritarie. Per un tipo n si ha
sn = q n mn [4.4-8]
e la resistivit .
qn
1
n
n

[4.4-9]
Mentre per un p sp = q p mp, [4.4-10]
e la resisistivit .
qp
1
p
p

[4.4-11]
Un semiconduttore di tipo n, a parit di
drogaggio e temperatura, conduce leggermente
meglio del p per effetto della mobilit superiore
degli elettroni.
- 50 0 5 0 100 150 200
1 0
2
1 0
3
T ( C)
mobi l i t di l acune ( cm
2
/ V sec)
- 50 0 5 0 100 150 200
1 0
2
1 0
3
T ( C)
mobi l i t di el et t r oni ( cm
2
/ V sec)
NA = 10
19
/ cm
3
N A = 10
17
/ cm
3
NA = 10
16
/ cm
3
NA = 10
18
/ cm
3
NA = 10
14
/ cm
3
ND = 10
19
/ cm
3
ND = 10
17
/ cm
3
ND = 10
16
/ cm
3
N D = 10
18
/ cm
3
N D = 10
14
/ cm
3

Fig.4.4-2

GaAs p
10
14
10
16
10
18
10
20
10
-4
10
-3
10
-2
10
-1
10
0

10
1

10
2
N (cm
-3
)
R
e
s
i
s
t
i
v
i
t

W W

c
m

GaAs n
Ge p
Ge n
Si p
Si n

Fig.4.4-3
La fisica dei dispositivi 142
Se cresce la concentrazione la resistivit diminuisce. La resistivit a 300 K dei soliti semiconduttori
verso la concentrazione delle impurezze mostrata nella Fig.4.4-3. L'andamento abbastanza lineare per
tutto il campo.
4.4.1.4 Resistivit, conducibilit e temperatura
Combinando gli effetti termici sulla mobilit e sulla concentrazione delle cariche mobili si ottiene
l'andamento della conducibilit. La Fig.4.4-4 si riferisce a silicio di tipo p, a titolo desempio. Nella figura a
sinistra mostrata la concentrazioni di lacune, sia per materiali intrinseci che per drogati. Quella centrale
la Fig.4.4-2 estesa fino a 600 C. Dal momento che Logs = Logn + Logm+ Logq, sommando i due gra-
fici, a parte la costante Log q, si ottiene la figura a destra che rappresenta il comportamento della conduci-
bilit con la temperatura.
Il comportamento delle curve facilmente spiegabile alla luce di quanto detto finora. A basse tem-
perature prevale l'andamento estrinseco e la conducibilit dipende dalla concentrazione. Ad alta temperatu-
ra il comportamento intrinseco ed indipendente dalla concentrazione.
4.4.2 La diffusione dei portatori
Un campo elettrico fa muovere le cariche per trascinamento. Ma questo non l'unico meccanismo
che pu dar luogo a movimento di cariche. Se la concentrazione delle cariche mobili non uniforme si ha la
diffusione. Le cariche mobili tendono a spostarsi dalle zone dove la concen-
trazione superiore verso quelle dove pi bassa. Il meccanismo del tutto
simile a qualunque altro processo di diffusione, a parte che a diffondere sono
particelle cariche e non neutre.
Per spiegare questo fenomeno semplifichiamo la trattazione conside-
rando un caso unidimensionale. Cio immaginiamo che la concentrazione delle
cariche mobili vari solo lungo una dimensione. Come mostrato in Fig.4.4-5.
L'estensione al caso tridimensionale da risultati sostanzialmente eguali, ma con
calcoli pi complicati.
Per l'agitazione termica, gli elettroni si muovono a caso. Vediamo ci che avviene nella zona tra le
due superfici di eguale sezione S, poste a x ed a x+D Dx, con Dx molto piccolo, nelle quali le concentrazioni
sono rispettivamente p(x) e p(x+D Dx). Poich il moto della diffusione del tutto casuale, le lacune che sono
comprese nel volumetto SDx, con concentrazione praticamente costante e pari a p(x), vanno met verso la
destra e l'altra met verso sinistra. Verso destra si spostano S Dx p(x)/2 lacune. Dall'altro volumetto posto

T (C)
500 -100 0 100
200 300 400
10
4

10
6

10
8

10
10

10
12

10
14

10
16

10
NA =10
19
/cm
3

N
A
=10
17
/cm
3

N
A
=10
16
/cm
3

N
A
=10
18
/cm
3

NA =10
14
/cm
3

Concentrazione
di lacune (cm
-3
)
E la Fig.4.3-12 per
Materiale p
capovolta rispetto
alle ascisse
Intrinseco
mobilit di lacune
(cm
2
/V sec)
T (C)
NA=10
18
/cm
3

NA=10
19
/cm
3

E la Fig.4.4-2

10
1

10
2
10
3

500 -100 0 200 300 400
NA=10
17
/cm
3

NA=10
16
/cm
3

NA=10
14
/cm
3

Conducibiilit
(W W
-1
cm
-1
)
T (C)
NA=10
19
/cm
3

10
-2

10
-1

10
0

10
1

500 -100 0 100
200 300 400
NA=10
16
/cm
3

N
A
=10
17
/cm
3

NA=10
18
/cm
3

NA=10
14
/cm
3

Drogante As
Drogante As
Drogante As

Fig.4.4-4

x
x+Dx
p(x)
p(x+Dx)
x
p

Fig.4.4-5
La fisica dei dispositivi 143
pi a destra di Dx, in cui la concentrazione p(x+Dx), se ne spostano, analogamente, per verso l'altra
parte, una quantit SDx p(x+Dx)/2. Quindi il numero netto di lacune che passano il volumetto nel senso
crescente delle x dato S Dx p(x)/2 - S Dx p(x+Dx)/2. Poich Dx molto piccolo, possiamo supporre che
p(x) vari di poco nell'intervallo considerato ed lecito fare lapprossimazione p(x+Dx) p(x)+Dx dp/dx.
Pertanto la carica netta che attraversa il volumetto :
.
dx
) x ( p d

2
x
S q
2
) x x ( p
2
) x ( p
x S q
2
) x x ( p x S
2
) x ( p x S
q
2


1
]
1

+

1
]
1


Se le cariche impiegano un tempo Dt per attraversare lo spessore Dx allora la densit di corrente
.
dx
) x ( p d

t 2
x
q J
2
p

La quantit Dx stata scelta arbitrariamente. Se prendiamo per Dx la distanza media


fra due urti xlm, Dt diventa il tempo medio fra due urti t ml. Allora:
,
dx
) x ( p d
D q
dx
) x ( p d

2
x
q J p
ml
2
lm
p

[4.4-12]
con .
2
x
D
ml
2
lm
p

[4.4-13]
La costante Dp prende il nome di costante di diffusione delle lacune.
Operando in modo simile con la concentrazione non uniforme di elettroni si ottiene
,
dx
) x ( n d
D q J n n [4.4-14]
nella quale stato posto .
2
x
D
me
2
em
n

[4.4-15]
La costante Dn la costante di diffusione degli elettroni.
Il diverso segno nella [4.4-12] rispetto la [4.4-14] dipende dal differente segno delle cariche che
stanno diffondendo.
4.4.2.1 L'equazione di Einstein
Dal momento che nelle costanti di diffusione compaiono il cammino medio fra due urti ed il relativo
tempo medio, si intuisce che questo termine deve dipendere dalla agitazione termica e dalla mobilit. Par-
tendo da considerazioni statistiche Einstein ha dimostrato che:
. V
q
T k

D

D
T
n
n
p
p

[4.4-16]
Il termine kT/q ha la dimensione di una tensione e viene chiamato equivalente in tensione della
temperatura. A temperatura ambiente prende il valore di circa 26 mV.
4.4.3 L'equazione della densit di corrente
In un semiconduttore i due processi di diffusione e di trascinamento possono coesistere. Allora, per
la densit di corrente a causa degli elettroni si avr:
,
dx
n d
D n q J n n n
1
]
1

+ [4.4-17]
e per le lacune .
dx
p d
D p q J p p p
1
]
1

[4.4-18]
Se si hanno entrambi i tipi di cariche mobili
.
dx
p d
D
dx
n d
D q
dx
p d
D p
dx
n d
D n q J p n p p n n
,
_

+
,
_

+ + [4.4-19]
La fisica dei dispositivi 144
che lequazione della densit di corrente in un semiconduttore.
4.4.4 I processi che determinano la concentrazione delle cariche mobili
Le concentrazioni delle cariche mobili in un semiconduttore dipendono da drogaggio e temperatura.
questa che fornisce l'energia per la creazione di coppie o per eccitare i donatori o gli accettori. Tuttavia
possibile avere altre cause di produzione di cariche mobili. Per esempio, se si illumina il solido con luce di
frequenza sufficientemente alta, si possono creare coppie in eccesso rispetto a quelle prodotte per il solo
effetto termico.
In assenza di altre cause, la concentrazione delle cariche il risultato dinamico di due fenomeni
contrapposti. La ricombinazione delle cariche mobili di tipo diverso e la generazione delle coppie elet-
troni-lacune. Quando si ha una ricombinazione si cede energia da parte delle cariche mobili, mentre con la
generazione le cariche mobili acquistano energia. La temperatura sceglie il valore di questo equilibrio dina-
mico. Nel caso di altre sorgenti denergia anche queste contribuiscono a determinare il punto dequilibrio.
Consideriamo i fenomeni che avvengono in un volumetto dV di
sezione S e spessore dx di materiale semiconduttore, ad esempio di tipo
p (Vedi Fig.4.5-1). Supponiamo che fra i due processi di generazione e
ricombinazione non ci sia equilibrio perch una qualche causa esterna sta
fornendo energia al cristallo e si ha produzione di coppie. Se la corrente
che entra nel volumetto I quella che esce differisce di dI. Le due cor-
renti non possono pi essere eguali.
Dal momento che siamo in un materiale di tipo p, se immaginiamo
di essere in quello che viene chiamato regime di bassa iniezione, cio
nel quale la variazione di concentrazione delle cariche maggioritarie sia
trascurabile, invece non lo quello delle cariche minoritarie. Pertanto il
conto che segue fatto per le cariche minoritarie che, nel semiconduttore
p sono gli elettroni.
Chiamiamo G il rate di generazione, cio il numero di coppie pro-
dotte in un secondo in un volume unitario. Analogamente chiamiamo R il
rate di ricombinazione. La variazione della carica QG, nel volume V, nel tempo, per effetto della ricombi-
nazione e dQG/dt = -q G V. Il volumetto dV = Sdx da un contributo infinitesimo dIG = d(dQG/dt) = -q G S
dx. Analogamente leffetto della ricombinazione un contributo dIR = d(dQR/dt) = -q R S dx. Se la genera-
zione prevale sulla ricombinazione, si ha carica in eccesso e tale carica esce dal volumetto. Come abbiamo
gi detto la corrente che entra non la stessa di quella che esce. La variazione netta di carica nel tempo, nel
volume SdV d(dQ/dt) = -q S dx dnp/dt. Questa variazione netta di carica si pu calcolare come differen-
za fra gli effetti della generazione e della ricombinazione. E poich questi non si equilibrano, si ha una diffe-
renza di corrente dI. Allora
d(dQ/dt) = -q S dx dnp/dt =-q G S dx + q R S dx - dI.
Dividendo per q S dx .
qdx
dJ
dt
dn n p
+ R G [4.5-1]
Valida per i materiali p. Analogamente se si considerano le lacune in un materiale n si pu trovare:
.
qdx
dJ
dt
dn p p
R G [4.5-2]
Si noti il segno differente dellultimo termine nel secondo membro delle due precedenti espressioni dovuto
al diverso tipo di cariche mobili esaminate.
x x+dx
p(x)
S
I
I+dI

Fig.4.5-1
La fisica dei dispositivi 145
In un semiconduttore in equilibrio i due processi di generazione e di ricombinazione si equilibrano: G
= R e non c' accumulazione di cariche e le concentrazioni n e p sono uniformi. Supponiamo il semicondut-
tore drogato e non degenere e studiamo, per esempio, un materiale p. Sappiamo che pp = NA e np =
ni
2
/NA. La probabilit di avere una ricombinazione proporzionale sia al numero di elettroni che a quelle
delle lacune. Pi precisamente, la ricombinazione proporzionale al prodotto delle due concentrazioni. E
dipende dalla temperatura secondo una funzione crescente a(T).
Cio R = a(T) n p. [4.5-3]
Quindi, in equilibrio G(T) = R(T) = a(T) n p.
Cio n p = ni
2
= G(T)/a(T) [4.5-4]
Aggiungiamo il pedice o alle concentrazioni per indicare il loro valore in equilibrio. Per cui pp0 = NA
e np0 = ni
2
/NA.
4.4.4.1 Tempo di vita delle cariche minoritarie
Supponiamo, senza cambiare la temperatura T, di aumentare la generazione in qualche modo. Cio
la generazione diventi G' + G(T). Ci sar un aumento sia di n che di p. Se il semiconduttore isolato, da es-
so non sfugge alcuna corrente e allora I = J = 0. Supponiamo, inoltre di essere in regime di bassa iniezione,
cio che la variazione di concentrazione di lacune sia irrilevante, dato che il semiconduttore di tipo p e p =
NA. Invece notevole la variazione della concentrazione delle cariche minoritarie. Allora
), n n ( p ) T ( a ' ) p n p n )( T ( a ' ) p n n )( T ( a ' '
dt
dn
p 0 p 0 p 0 p p 0 p 0 p p p
2
i
p
+ + + + G G G R G G
cio , ' ) ( '
n n
'
dt
dn
n
p 0 p p
U G R G G G +

+ [4.5-5]
dove si posto . p ) T ( a
1
0 p
n

[4.5-6]
Il termine U = G - R prende il nome di rate di ricombinazione netto delle cariche minoritarie.
Quindi il rate di ricombinazione netto in un semiconduttore di tipo p
cio .
n n
n
0 p p

U [4.5-7]
Analogamente in un n .
p p
p
0 n n

U [4.5-8]
con . n ) T ( a
1
0 n
p

[4.5-9]
Evidentemente per il semiconduttore n si pu scrivere una espressione simile alla [4.5-5]
, ' ) ( '
p p
'
dt
dp
p
n 0 n n
U G R G G G +

+ [4.5-10]
t n e t p prendono il nome di tempo di vita media delle cariche minoritarie.
A regime, finche c' la generazione addizionale G', dnp/dt = 0 e
,
n n
'
n
0 p p

G [4.5-11]
cio '. n n n 0 p p G + [4.5-12]
Supponiamo che ad un certo istante, che assumiamo come istante iniziale, si tolga la causa che ha
prodotto la generazione addizionale G'. Dalla [4.5-5] .
dt
n n
dn
n 0 p p
p

Integrando . c
dt
n n
dn
n 0 p p
p
+



La fisica dei dispositivi 146
Cio ln (np np0) = -t/t n + c. Per t = 0, np(0) = np0 + t nG' e
ln(t nG') = c. Quindi ln(np - np0) - ln(t nG') = - t/t n, ed infine
np = np0 + t nG' e
-t/t
n
, [4.5-13]
che mostrata in Fig.4.5-3. La concentrazione in eccesso np - np0
tende a zero con costante di tempo pari alla vita media dei portatori
minoritari.
Nel semiconduttore di volume V il numero di elettroni in ec-
cesso prima che G andasse a zero era era t nG'V. Successivamen-
te, istante per istante, le cariche in eccesso diventano
V (np - np0) = V t nG' e
-t/t
n
, [4.5-14]
Dando tempo sufficiente tutte le cariche in eccesso si ricombineranno. Quindi, integrando il numero di cari-
che in eccesso nel tempo e dividendo per il loro numero si ottiene il tempo di vita medio, cio
. dt e V ' dt e ' V n
0
t
n
0
t
n
n n



G G [4.5-15]
ed giustificato il nome di tempo di vita medio dei portatori minoritari.
Ovviamente lo stesso discorso pu farsi per le lacune in un materiale n. Il loro tempo di vita medio
t p.
4.4.4.2 I meccanismi di ricombinazione
In un semiconduttore drogato il tempo di vita media dei portatori minoritari dipende dalla concen-
trazione delle maggioritarie e dalla temperatura e dalla eventuale presenza di altre impurezze. I processi
con i quali le cariche si ricombinano appartengono a tre principali categorie: ricombinazione diretta, ri-
combinazione mediante trappole e ricombinazione di superficie.
4.4.4.3 La ricombinazione diretta
La Fig.4.5-2 utile per spiegare questo meccanismo di
ricombinazione. Un elettrone libero cade direttamente in un livello
vuoto in banda di valenza con un unico salto. Nel fare ci una
energia superiore ad EG viene liberata. Questa si pu avere sotto
forma di un fotone che si sposta dentro il reticolo e contribuisce
all'energia del solido. Oppure l'energia si pu trasferire diretta-
mente ad un elettrone od ad una lacuna producendo una carica
mobile fortemente energetica, che, in genere, distribuisce la sua
energia in eccesso alle altre cariche mobili della stessa banda. In-
fine, si pu avere trasferimento diretto di energia sotto forma di
un fonone: cresce l'oscillazione degli atomi attorno alle loro posi-
zioni di equilibrio.
Il processo di ricombinazione diretto pu anche avvenire
in due fasi. Un elettrone libero, passando nei pressi di una lacuna mobile, viene da essa attirata, ma senza
ricombinarsi immediatamente. Si forma un insieme di due cariche mobili che per un po' sopravvive. Tale in-
sieme prende il nome di eccitone. Finche l' eccitone esiste, esso immagazzina l'energia, ma alla fine, quando
scompare, si ha la ricombinazione definitiva e la sua energia viene ceduta.
4.4.4.4 I centri di ricombinazione
La presenza di opportune impurezze produce livelli intermedi fra le bande, nella parte centrale del
gap, vedi Fig4.3-8. Queste impurezze sono chiamate trappole. Il salto fra le bande pu avvenire in due
np0
t
n
np
t
n
G


Fig.4.5-3
EV
EC
E
G
Banda di
Valenza
Banda di
Conduzione
E
Fotone
fonone
Carica mobile
eccitata

Fig.4.5-2
La fisica dei dispositivi 147
passi successivi usando il livelli della trappola come gradino intermedio. Si possono avere quattro distinte
possibilit. Lelettrone pu cadere dalla banda di conduzione nel livello ET permesso della trappola. L'elet-
trone intrappolato pu risalire in banda di conduzione a partire dalla trappola oppure cadere in quella di
valenza ricombinandosi definitivamente. Infine, un elettrone pu saltare nella trappola provenendo dalla
banda di valenza con ci lasciando una lacuna mobile. Queste quattro possibilit sono rappresentate sche-
maticamente nellordine descritto in Fig.4.5-4.
Sia NT la concentrazione delle trappole e FT la relativa
frazione occupata da elettroni. V il volume del semiconduttore.
Pertanto si avranno NTFTV elettroni che occupano trappole.
Il rate Rn di occupazione delle trappole da parte degli elet-
troni che provengono dalla banda di conduzione proporzionale
alla loro concentrazione n ed alla frazione di trappole libere 1 - FT.
Cio
Rn = kn n (1 FT). [4.5-16]
Si tratta di un processo che tende a diminuire la concentrazione
delle cariche mobili ed quindi una ricombinazione. Se FT zero,
cio se tutte le trappole sono vuote, kn = Rn/n che rappresenta il
rate di ricombinazione per elettrone ed evidentemente proporzio-
nale alla concentrazione NT delle trappole.
Il rate Gn di emissione degli elettroni dalle trappole verso la
banda di conduzione proporzionale alla frazione di trappole oc-
cupate
Gn = kn FT. [4.5-17]
un processo di generazione perch tende ad aumentare la concentrazione delle cariche mobili.
Per ogni elettrone che dalla banda di conduzione cade in una trappola ce n' un altro che sfugge
dalla trappola e va in banda di conduzione. Allora Gn = kn FT = kn n (1 FT) = Rn.
Da cui si ricava .
F
F 1
n k ' k
T
T
n n

[4.5-18]
La frazione FT di trappole occupate si determina dalla funzione di Fermi, data dalla [4.2-5]. Cio
.
e 1
1
F
kT / ) E E (
T
F T
+
Ricordiamo che il livello di Fermi varia con la concentrazione delle cariche mobili.
A regime avremo una concentrazione n0 ed una frazione di trappole occupate FT0
,
e 1
1
F
kT / ) E E (
0 T
0 F T
+

EF0 il livello di Fermi a regime.
Il rate di occupazione delle trappole deve essere eguale al rate di emissione degli elettroni, allora, a
regime, abbiamo una espressione analoga alla [4.5-18]. Da cui si ricava
. n k e N k e e N k e n k
F
F 1
n k ' k T n
kT / ) E E (
C n
kT / ) E E ( kT / ) E E (
C n
kT / ) E E (
n
0 T
0 T
n n
T C 0 F T 0 F C 0 F T


[4.5-19]
nella quale si fatto uso della [4.3-17]. nT rappresenta la concentrazione di elettroni in banda di conduzio-
ne che si avrebbe se il livello di Fermi coincidesse con quello delle trappole, cio
. e N n
kT / ) E E (
C T
T C
[4.5-20]
Se per qualche motivo c' produzione in eccesso, Gn supera Rn, ed il rate netto di ricombinazione
degli elettroni U n = Gn - Rn = kn n (1 - FT) - kn'FT,
EV
EC
E
Cattura di un
elettrone
P
r
i
m
a
ET
Banda di Valenza
Banda di Conduzione
Banda di Valenza
Banda di Conduzione
D
o
p
o
Emissione di
un elettrone
Cattura di una
lacuna
Emissione di
una lacuna
EC
EV
ET
EG
E
EG
EC
EV
ET
E

Fig.4.5-4
La fisica dei dispositivi 148
cio U n = Gn - Rn = kn [n (1 - FT) nT FT]. [4.5-21]
Analogamente per il rate Gp di intrappolamento degli elettroni che provengono dalla banda di va-
lenza cio per il rate di generazione delle lacune ed per il rate Rp di ricombinazione delle lacune da parte
degli elettroni provenienti dalle trappole si trovano espressioni simili alle precedenti e cio
U p = Gp - Rp = kp [p FT pT(1-FT)]. [4.5-22]
pT rappresenta la concentrazione di elettroni in banda di valenza che si avrebbe se il livello di Fermi coinci-
desse con quello delle trappole. Ossia
. e N p
kT / ) E E (
V T
V T
[4.5-23]
Chiamiamo n0 e p0 le concentrazioni in equilibrio, che pertanto sono legate dalla legge dazione di massa
espressa dalla [4.3-19]. Anche se non si in equilibrio, cio se n e p non coincidono con n0 e p0 il rate
netto di ricombinazioni degli elettroni non pu essere diverso da quello delle lacune. Cio
U n = kn [n (1 - FT) nT FT] = U p = kp [p FT pT(1-FT)]. [4.5-24]
Ed allora possiamo ricavare la probabilit FT doccupazione delle trappole. Si ha
,
e 1
1
) n n ( k ) p p ( k
p k n k
F
kT / ) E E (
T n T p
T p n
T
F T
+

+ + +
+
[4.5-25]
Sostituendo la precedente nella [4.5-24], dopo qualche passaggio, si ottiene
,
) n n ( k ) p p ( k
) ni p n ( k k
T n T p
2
n p
p n
+ + +

U U U [4.5-26]
nella quale si fatto uso delle [4.3-4], [4.3-20] e [4.3-23].
Se si ha eccesso n e p sono diversi da n0 e p0 e FT differente dal valore FT0 dequilibrio,
,
e 1
1
) n n ( k ) p p ( k
p k n k
F
kT / ) E E (
T 0 n T 0 p
T p 0 n
0 T
0 F T
+

+ + +
+
[4.5-27]
L'eccesso di generazione determina un rate di ricombinazione netto superiore a zero.
Supponiamo che lo scostamento dall'equilibrio e la concentrazione NT delle trappole non siano ec-
cessive. Ci significa che n = n0 + Dp e p = p0 + Dp perch Dn = Dp. Allora la [4.5-26] si pu riscrivere
come
.
) n n n ( k ) p p p ( k
) p p n ( k k
p
) n n n ( k ) p p p ( k
] ni ) p p )( n n [( k k
T 0 n T 0 p
0 0 n p
T 0 n T 0 p
2
0 0 n p
+ + + + +
+ +

+ + + + +
+ +
U [4.5-28]
Ovviamente al posto di Dp si pu mettere Dn. La [4.5-28] ha la stessa forma delle [4.5-7] e [4.5-8].
Allora: ,
n p

U
dove t il tempo di vita medio delle cariche, che
,
) n p n ( k ) p p p ( k
) p p n ( k k 1
T 0 n T 0 p
0 0 n p
+ + + + +
+ +

[4.5-29]
In un semiconduttore n, molto drogato, a regime n0 molto pi grande di nT, di p0 e di nT, ed an-
che di Dp, perch, come vedremo fra poco, opportuno che il livello delle trappole sia verso la met del
gap. Se possibile ritenere che le due costanti kp e kn siano dello stesso ordine, dalla precedente possi-
bile calcolare il tempo di vita media t p0 delle cariche minoritarie che sono le lacune e la precedente si ridu-
ce a 1/t p0 kp. Con ipotesi analoghe per un semiconduttore p molto drogato si pu approssimare il tempo
di vita medio a 1/t n0 kn. t n0 e t p0 sono i tempi di vita relativi a semiconduttori molto drogati o, che lo
stesso, a casi in cui leffetto delle trappole irrilevante e pertanto possono essere attribuiti alla ricombina-
zione diretta. In base a quanto detto [4.5-29] si pu riscrivere come
La fisica dei dispositivi 149
.
) n p n ( ) p p p (
p p n 1
T 0 0 p T 0 0 n
0 0
+ + + + +
+ +

[4.5-30]
Se, come abbiamo gi detto, il livello di iniezione abbastanza basso, Dp << n0 + p0 e si ha
.
p n
n n
p n
p p
p n
) n n ( ) p p (
p n
0 0
T 0
0 p
0 0
T 0
0 n
0 0
T 0 0 p T 0 0 n
+
+
+
+
+
+

+
+ + +
[4.5-31]
A parit di temperatura e concentrazione del drogante, la vita media degli elettroni inferiore a
quella delle lacune. Questo fatto dovuto alla minore mobilit delle lacune rispetto agli elettroni e quindi alla
pi bassa probabilit di intercettare, nel medesimo intervallo di tempo, trappole.
La Fig.4.5-5 mostra come varia la vita media delle cariche
mobili al variare del livello di Fermi, cio della concentrazione del dro-
gante, per un determinato valore di ET. Ma mano che EF sale si va dal
p molto drogato, EF EV, fino all'n molto drogato (EF EC) passando
per lintrinseco, EF = EFi. Il tempo di vita media varia, quindi, da t n0 a
t p0, passando per il massimo che si ha in prossimit dell'intrinseco. I
valori sperimentali dei due tempi di vita sono abbastanza simili e quindi
lipotesi fatta su kp e kn corretta.
Per diminuire al massimo la vita media bisogna fare in modo
che le trappole diano un livello a met gap circa. Il livello di ricombinazione degli elettroni eguale a quello
delle lacune. Se le trappole fossero molto alte nel gap, la ricombinazione degli elettroni sarebbe facilitata,
ma contrastata quella delle lacune e quindi, questa, predominando, determinerebbe il tempo di vita che ri-
sulterebbe grande. Se le trappole fossero ad un livello troppo basso, si avrebbe esattamente il contrario.
Sarebbero gli elettroni ad avere pi difficolt a ricombinarsi e rallenterebbero il processo. Se il livello ET,
invece, a met del gap, i due processi hanno stesse probabilit di avvenire e la vita media diminuisce. Per-
tanto le sostanze che si introducono per controllare il tempo di vita media sono quelle che introducono livelli
energetici a circa met del gap. Un candidato molto interessante loro come si pu vedere dalla Fig.4.3-
8.
Ci sono altri modi, oltre al citato, con i quali si vengono a formare i centri di ricombinazione. Le im-
purezze interstiziali, ad esempio, introducono altri livelli nel gap. La posizione di questi livelli determina se
l'impurezza si comporter da donore, accettore o trappola. Il bombardamento con particelle ad alta energia
provoca danno al reticolo. Particolarmente dannose sono le particelle neutre che riescono a penetrare sen-
za difficolt il campo elettrico dellatomo. Alcuni atomi vengono spostati dalla loro posizione e si comporta-
no come le impurezze interstiziali. Trappole vengono anche prodotte dalla presenza di dislocazioni. Si
tratta di zone del cristallo che hanno diverso orientamento del reticolo. Al loro contorno ci sono valenze
non sature che introducono livelli nel gap.
4.4.4.5 Stati e ricombinazione superficiale
Gli atomi che stanno sulla superficie del semiconduttore non ne hanno altri da tutti i lati, per cui non
riescono a saturare tutte le valenze. Si producono livelli intermedi nel gap, tutti concentrati sulla superficie, e
che agiscono come centri di ricombinazione. La densit superficiale di tali stati sembrerebbe dovere essere
eguale a quella degli atomi del semiconduttore, dell'ordine di 10
15
/cm
2
. Invece risulta sensibilmente inferio-
re, e cio al massimo 10
11
/cm
2
. Il fatto che la superficie esterna del semiconduttore si ossida in presenza
di aria e una grande quantit di legami degli atomi superficiali vengono saturati e non diventano trappole.
Addirittura, se si ossida ad alta temperatura, si pu scendere a densit di stati superficiali fino a 10
10
/cm
2
.
Questa operazione di ossidazione delle superfici prende il nome di passivazione ed particolarmente im-
portante per impedire che le correnti di perdita nei dispositivi assumano valori molto alti.
EV EC
EFi
ET
t p0
t n = t p
EF
t n0
t t
p
n
intrinseco

Fig.4.5-5
La fisica dei dispositivi 150
4.6. L'equazione di continuit e le sue applicazioni
Tenendo conto di quanto detto finora relativamente ai materiali drogati, dalle [4.5-1], [4.5-5] e
[4.5-7] si ricava
,
x q
J n n
'
t
n n
n
0 p p p

G [4.6-1]
Analogamente, dalle [4.5-2] [4.5-8] e [4.5-10]

x q
J p p
'
dt
p p
p
0 n n n

G [4.6-2]
Le correnti Jn e Jp sono state calcolate gi e sono date dalle relazioni [4.4-17] e [4.4-18]. Sosti-
tuendole nelle [4.6-1] e [4.6-2], rispettivamente, si ottengono le seguenti espressioni valide per le cariche
minoritarie:
,
x
n
D n
x
n n
'
t
n p
n n p
n
0 p p p
1
]
1

G
cio .
x
n
D
x

n
x
n n n
'
t
n
2
2
n n p
p
n
n
0 p p p

G [4.6-3]
E ,
x
p
D p
x
p p
'
t
p n
p p n
p
0 n n n
1
]
1

G
Ossia, ,
x
p
D
x

p
x
p p p
'
t
p
2
n
2
p p n
n
p
p
0 n n n

G [4.6-4]
Le ultime espressioni prendono il nome di equazioni di continuit.
Ricordiamo che tutto quanto stato determinato in condizioni di basse iniezioni, cio in modo che
la concentrazione dei portatori maggioritari sia praticante invariata.
4.6.1 Iniezione di cariche da una superficie
Un semiconduttore , per esempio, illuminato da una parte
su una sola faccia come nella Fig.4.6-1. A regime si avr un ecces-
so di cariche minoritarie sulla faccia. All'interno, a profondit suffi-
ciente non c' pi eccesso. Se il semiconduttore di tipo n, sulla
faccia illuminata la concentrazione delle lacune pn(0) rispetto ad
una concentrazione pn0 pi bassa in profondit. Da momento che la
concentrazione non uniforme, si ha diffusione dalla parete ester-
na verso l'interno, e se all'interno non esiste generazione addizionale
e non viene applicato campo elettrico, non c' neanche variazione
di concentrazione a regime. In tal caso l'equazione di continuit che
regola il comportamento delle cariche minoritarie si riduce a
,
x
p
D
p p
0
2
n
2
p
p
0 n n


o anche . 0
D
p p
x
p
p p
0 n n
2
n
2

[4.6-5]
La relativa equazione caratteristica ha le radici
.
L
1
D
1
p p p
t

t [4.6-6]
La quantit Lp prende il nome di lunghezza di diffusione ed esprime la distanza media percorsa dalle ca-
pn0
Lp = p P D
x
pn(0)
pn(x)
luce

Fig.4.6-1
La fisica dei dispositivi 151
riche minoritarie in eccesso in un semiconduttore prima di ricombinarsi.
La soluzione generale della [4.6-5]
, e B e A p - p
p p x/L -x/L
n0 n + [4.6-7]
Le condizioni al contorno fissano che per x = 0, pn = pn(0), mentre per x , pn pn0. Applicandole
alla precedente si ottiene A = pn(0) pn0 e B = 0. Quindi la soluzione
pn pn0 = [pn(0) pn0] e
-x/L
p
, [4.6-8]
rappresentata nella Fig.4.6-1.
La concentrazione non uniforme e si pu calcolare la corrente di diffusione dalla [4.4-12]
, ]e p - (0) [p
L
D
q J
p x/L -
n0 n
p
p
p
cio , e D ] p - (0) [p q J
p -x/L
p p n0 n p [4.6-9]
La corrente massima sulla faccia e diminuisce con legge esponenziale. Ad una distanza di circa 3Lp essa
praticamente nulla.
Si pu calcolare il percorso medio di una lacuna prima di ricombinarsi. Per fare ci basta integrare
tutto l'eccesso di carica dato dalla [4.6-8] e dividere per leccesso sulla faccia. Evitiamo di eseguire i conti,
d'altra parte abbastanza semplici. Il risultato che il percorso medio proprio la lunghezza di diffusione Lp.
Pertanto la lunghezza di diffusione Lp lo spazio che in media percorre una carica minoritaria
lacuna in un semiconduttore di tipo n, prima di ricombinarsi.
Omettiamo il caso del semiconduttore p, perch del tutto analogo.
4.6.2 Iniezione di cariche da una superficie con rimozione della carica allinterno
Pu essere interessante determinare ci che avviene se, invece, con un qualche mezzo, ad una di-
stanza W inferiore a Lp, viene rimossa la carica in eccesso. La soluzione generale ancora la [4.6-7], ma
cambiano le condizioni al contorno, cio, questa volta, si ha
che per x = W, pn = pn0. Non eseguiamo i calcoli che sono
simili a quelli del caso precedente. Comunque si pu trovare
.
sh W/L
W)/L - (x sh
] p - (0) [p p - p
p
p
n0 n n0 n [4.6-10]
Il tutto rappresentato nella Fig.4.6-2.
Anche qui, applicando sempre la [4.4-11], si pu
calcolare la corrente. Alla distanza W dalla superficie
.
sh W/L
p - (0) p D
q J
p
n0 n
p
p
W
p

[4.6-11]
interessante notare che la corrente, oltre che dipendere
dalleccesso di cariche minoritarie sulla superficie, dalle ca-
ratteristiche del materiale e dalle condizioni fisiche, dipende anche dalla distanza a cui la carica rimossa.
Minore lo spessore di semiconduttore percorso dalle cariche pi grande la corrente raccolta.
4.6.3 Profilo di concentrazione superficiale
Supponiamo di produrre generazione in eccesso in tutto il semiconduttore e di volere studiare quel-
lo che avviene in superficie, dove la velocit di ricombinazione superiore. Per questo fatto si ha un richia-
mo di cariche mobili, di entrambi i tipi, dall'interno del conduttore. Dato che la vita media inferiore in su-
perficie, le cariche mobili in questa zona sono in concentrazione inferiore e, per diffusione, altre cariche
mobili vengono dall'interno e si ricombinano. La superficie agisce come centro di attrazione delle cariche
pn0
Lp =
p P D
x
pn(0)
pn(x) luce
W
W

Fig.4.6-2
La fisica dei dispositivi 152
mobili che qui vengono a ricombinarsi. La corrente netta nulla, per, poich per ricombinarsi devono ve-
nire tanti elettroni quante lacune. La Fig.4.6-3 mostra il il semiconduttore illuminato sulla faccia. Vediamo di
determinare la curva delle concentrazioni. Studiamo il fenomeno a regime in un semiconduttore n. Sia G' il
rate di generazione addizionale in tutto il semiconduttore. Dal momento che siamo a regime, pn non varia
nel tempo. E poi non applichiamo campo elettrico. Allora la [4.6-4] si riduce a,
, 0
x
p
D
p p
'
2
n
2
p
p
0 n n

G o anche
,
D
'
D
p p
x
p
p p p
0 n n
2
n
2
G

[4.6-12]
La concentrazione cambia solo vicino la superficie.
Nel volume a profondit sufficiente essa diventa uniforme.
Dunque, dalla precedente espressione
pn( ) - pn0 = t pG' [4.6-13]
La corrente di diffusione, nella zona superficiale, ha lo
scopo di equilibrare l'effetto dell'eccessiva ricombinazione.
Pertanto, sulla superficie, cio a x = 0, la corrente di diffusione proporzionale all'eccesso pn0 - pn(0).
Quindi, prendendo per la corrente di diffusione la relazione [4.4-12], ma tenendo conto che essa ha il ver-
so delle x decrescenti si ha
)]. 0 ( p p [ v q
x
p
D q n 0 n r
0 x
n
p


La costante di proporzionalit vr ha le dimensioni di una velocit e prende il nome di velocit di ricombina-
zione superficiale. Dividendo entrambi i membri della precedente per -qDp si trova:
.
D
p ) 0 ( p
v
x
p
p
0 n n
r
0 x
n

[4.6-14]
L'equazione caratteristica dell'omogenea associata alla [4.6-12] ha come radici le [4.6-6]. Ope-
rando opportunamente si trova che la soluzione della [4.6-12] , ' e B e A p - p p
x/L -x/L
n0 n
p p
G + +
nelle quali A e B sono costanti che si determinano in funzione delle condizioni al contorno [4.6-13] e [4.6-
14].
La prima delle due, imponendo che nel volume pn( ) - pn0 = t pG', che un valore finito, stabilisce
che B deve essere nulla. Allora l'espressione precedente si riduce a
'. e A p - p p
-x/L
n0 n
p
G + [4.6-15]
Derivando rispetto a x e sostituendo nella [4.6-14]
.
D
p ) 0 ( p
v
L
A
x
p
p
0 n n
r
p
0 x
n

cio
.
D
p ) 0 ( p
L v A
p
0 n n
p r

Per x = 0, dalla [4.6-15] pn


pn0 = A + t p G che combinata con la precedente,
porta a .
L D v
v '
A
p p r
r p
+

G
In definitiva la [4.6-15],
dopo alcuni passaggi si riduce a
. e
L v
v
1
'
p ) x ( p
Lp x
p r p
r p
p
0 n n

G
[4.6-16]
A causa della ricombinazione superficiale, la
luce
x
pn(x)

Fig.4.6-3
V r/Vp
x/Lp
0 1 2 3 4 5
0
0. 2
0. 4
0. 6
0. 8
1
0
0. 01
0. 1
1
10
>100
pn (x)-pn0
t t p G G


Fig.4.6-4
La fisica dei dispositivi 153
differenza di comportamento si estende dalla superficie soltanto per poche lunghezze di diffusione Lp. La
portata del fenomeno funzione del rapporto vr/vp in cui con vp si indica Lp/t p. La Fig.4.6-4 mostra il rap-
porto fra il difetto in superficie della concentrazione ed il suo eccesso all'interno Gt p, rispetto a x/Lp pa-
rametrizzato da vr/vp in. Si vede bene che dopo tre Lp praticamente non cambia pi nulla.
Mentre nel volume l'eccesso Gt p,, per x dello stesso ordine di Lp, il secondo termine del secon-
do membro della [4.6-16] non trascurabile. La sua importanza cresce con l'avvicinarsi alla superficie do-
ve
.
v v
v
' p ) x ( p
p r
r
p 0 n n
+
G [4.6-16]
E cio se la velocit di ricombinazione superficiale cresce, la superficie si svuota sempre pi.
4.6.4 Iniezione localizzata istantanea
Iniettiamo carica in eccesso in una zona molto ri-
stretta, al limite puntiforme, in un tempo brevissimo. Per e-
sempio con un laser di opportuna lunghezza donda che
emette un impulso di luce brevissimo su una fibra ottica ap-
poggiata in un punto del semiconduttore, che supporremo
drogato di tipo n, come quello mostrato in Fig.4.6-5a.
Supponiamo anche, che con un generatore si applichi una
tensione V che nel verso indicato produca un campo elet-
trico costante E.
Dopo lapplicazione dellimpulso nel punto x = 0,
lequazione di continuit [4.6-4] diventa
.
x
p
D
x
p p p
'
t
p
2
n
2
p
n
p
p
0 n n n

G
Se il campo elettrico nullo la soluzione
. p e
t D 4
Ne
) t , x ( p 0 n
t D 4 x
p
p t
n
p
2
+



[4.6-17]
N la densit superficiale di cariche prodotte dallimpulso.
Si suppone che esse siano state prodotte come una d. Il
profilo delleccesso di lacune sono gaussiane che nel tempo si schiacciano, come mostrate in Fig.4.6-5b.
Se, per, il campo elettrico non nullo le cariche in eccesso sono trascinate con velocit v = mpE verso
lelettrodo negativo e la soluzione diventa
. p e
t D 4
Ne
) t , x ( p 0 n
t D 4 ) vt x (
p
p t
n
p
2
+



[4.6-18]
In questo caso le gaussiane si spostano con la velocit v. La Fig.4.6-5c mostra il comportamento del di-
spositivo. La corrente del generatore ha la forma dellimpulso di cariche in eccesso pu essere impiegata
per determinare la posizione del punto di applicazione dellimpulso luminoso se nota la velocit di deriva.
Su questo principio si fondano alcuni rivelatori detti a deriva. Se il tempo di vita medio delle lacune
reso sufficientemente grande rispetto al tempo dattraversamento del dispositivo, le cariche iniettate non
fanno in tempo a ricombinarsi e dunque la misura dellintegrale della corrente anche una misura della cari-
ca iniettata. In un rivelatore di particelle in questo modo si pu anche determinare la carica rilasciata da una
particella che attraversa il rivelatore. Tempo di vita media grande significa niente trappole e bassa concen-
trazione di cariche maggioritarie, cio il materiale poco drogato e molto resistivo. Se, invece nota la posi-
zione del punto e listante dapplicazione, misurando il tempo che il segnale ci mette ad emergere dopo a-
-2 0 2 4 6 8 10
-2 0 2 4 6 8 10
t= 0
t1
t1
t2
t2
t4
t3
t4
vt1
vt2
vt3
vt4
t= 0
pn(x,t)-pn0
pn(x,t)-pn0
x
x
luce
x
Materiale tipo
E
V
(a)
(c)
(b)

Fig.4.6-5
La fisica dei dispositivi 154
vere percorso il semiconduttore, possibile, noto il campo elettrico, ricavare la mobilit.
4.7. Misure dei parametri fisici dei materiali semiconduttori
Molti altri metodi sono usati per le misure dei parametri dei semiconduttori. Ne vogliamo ricordare,
in particolare due, uno dei quali si basa su un effetto particolarmente utile, anche in altre applicazioni.
4.7.1 Effetto Hall
Quando una corrente I posta in un campo magnetico trasversale B B z z , sulle cariche in moto che la
compongono agisce la forza di Lorentz che dipende dalla velocit, dalla loro carica e dal campo B stesso.
In modo pi preciso tale forza espressa da
FL = q v.Bz. [4.7-1]
Consideriamo
quello che avviene nel
blocchetto di materiale
della Fig.4.7-1. La cor-
rente ha la direzione ed il
verso delle x decrescenti.
Il campo magnetico Bz
ortogonale a I ed ha il
senso delle z crescenti.
Se le cariche in moto so-
no positive, vanno nello
stesso verso della cor-
rente e dalla forza di Lo-
rentz sono spinte verso il
basso. Se sono negative,
vanno in verso contrario
alla corrente e sono spin-
te comunque sempre verso il basso, dato la loro carica negativa. Dunque la parte inferiore del blocchetto si
polarizza positivamente o negativamente, a seconda che le cariche in moto siano positive o negative. Se,
invece, il materiale del campione un semiconduttore intrinseco entrambe le cariche sono spinte verso la
stessa faccia e non si nota nulla. La polarit acquistata da una faccia, quindi, serve per capire quali cariche
siano maggioritarie. Dallo studioso che lo ha scoperto, questo fenomeno prende il nome di effetto Hall.
La migrazione delle cariche verso le facce del blocchetto non illimitata. Esse si caricano e fra di
loro si manifesta un campo elettrico che si oppone alla forza di Lorentz. A regime questa equilibra la forza
prodotta dal campo elettrico. E dato che v e B sono ortogonali q Ey = q v Bz da cui
Ey = v Bz [4.7-1]
Siano h lo spessore del conduttore e L la sua larghezza. Il potenziale VH a cui si caricano le facce,
detto potenziale di Hall, tale che
,
dQ
dVol
L h
I
dQ
Sdx
Sdt
dQ

dt
dx
v
h
V
z z z z y
H
B B B B
cio ,
p q L
I
V
z
H
B
se le cariche mobili sono soltanto lacune. Oppure ,
n q L
I
V
z
H
B
se le cariche mobili
sono soltanto elettroni.
Il segno della tensione di Hall indica il tipo di cariche maggioritarie. A questo punto, una volta de-
+
I
M
x
y
z
B B
z
h
L
Ex
-
VH

Fig.4.7-1
La fisica dei dispositivi 155
terminato il tipo, possiamo porre c la concentrazione delle cariche mobili indipendentemente se di tipo n o
p. e le due espressioni precedenti possono essere sintetizzate nellunica espressione
,
L
I
R
c q
1
L
I
| V |
z
H
z
H
B B
[4.7-2]
nella quale abbiamo posto .
I
L
V
c q
1
R
z
H H
B
[4.7-3]
RH prende il nome di costante di Hall e dipende soltanto dalla concentrazione . Allora
.
R
1
c q
H

[4.7-4]
Poich in un materiale p sp = q p mp, utilizzando la [4.7-2] e la definizione di conducibilit:
mp =spRH. [4.7-5]
Si pu scrivere l'analoga espressione per sn
mn =snRH. [4.7-6]
In genere .
R
1
c q
H

[4.7-7]
Con s la conducibilit e mla mobilit delle cariche maggioritarie.
Nel dire che tutte le cariche si muovono con la stessa velocit non si considerano fenomeni statistici,
sempre presenti per via della temperatura. In effetti, se ne tiene conto, si trova che le due espressioni sono
da correggere con un fattore 3p/8. Cio
,
L
I
R
c q L
I
| V |
z
H
z
H
B B
[4.7-8]
e .
I
L
V
c q
1
8
3
R
z
H H
B

[4.7-9]
Ma tutto quanto gi detto non cambia.
Una importantissima applicazione delleffetto Hall riguarda i cosiddetti sensori Hall. Sono delle
piastrine di semiconduttori sottile a temperatura e drogaggi controllati. Riferiamoci ancora alla Fig.4.7-1.
Misurando la tensione che si manifesta fra le due facce opposte quando passa corrente fissa possibile de-
terminare il campo magnetico trasversale Bz. I sensori di Hall sono dei misuratori di campo magnetico.
4.7.2 Misure di conducibilit
La conducibilit si misura con
una certa facilit quella della con il me-
todo delle quattro punte, vedi
Fig.4.7-2
[SM1]
. Le quattro punte sono
ben appoggiate sulla superficie del semi-
conduttore sottile di spessore h e sono
equidistanziate su una stessa retta. Fa-
cendo passare una corrente I fra le due
punte esterne si misura la differenza di
potenziale V fra quelle interne. Si ha
.
I
V
h
54 . 4 1

[4.7-10]
A questo punto facile determinare le propriet principali. Dalla misura di Hall si determina il tipo di
semiconduttore e la costante di Hall, da quella della conducibilit, la medesima e la mobilit.
I
h
I
V

Fig.4.7-2
La fisica dei dispositivi 156
4.8. Materiali isolanti
Fino a questo punto ci siamo occupati di materiali conduttori, in cui non c gap oppure semicon-
duttori, con basso gap. Intendiamo adesso occuparci di quellimportante classe di materiali ad alto gap det-
ti anche materiali dielettrici o isolanti.
4.8.1 Il campo elettrico
Fra due cariche elettriche Q1 e Q2 (Fig.4.8-1) si manifesta una forza che dipende dalla loro distan-
za secondo la legge di Coulomb:
.
r 4
Q Q
F
2
2 1

[4.8-1]
La costante e al denominatore prende il nome di costante dielettrica o
permettivit. La costante dielettrica del vuoto viene indicata con e0 ed il
suo valore 8.85 pF/m. I materiali isolanti sono caratterizzati dalla loro co-
stante dielettrica che spesso viene rapportata a quella del vuoto ed sem-
pre superiore ad essa. Viene definita costante dielettrica relativa er del
materiale
e = e0 er. [4.8-2]
In una zona di spazio ove esistono cariche elettriche si crea dunque un campo di forze detto anche
campo elettrico. Il campo elettrico E in un punto viene definito come la forza che si esercita su una carica
unitaria posta nel punto. Se Q1 un coulomb, allora una carica puntiforme Q produce a distanza r un cam-
po che dalla [4.8.1] :
.
r 4
Q
Q
F
E
2
1
[4.8-3]
Il campo elettrico viene misurato in V/m.
In effetti il campo elettrico un vettore con intensit dato dalla precedente e verso r r che unisce le
due cariche e che punta dalla carica positiva verso la negativa. Quindi
.
r
r
r 4
Q
E
2

[4.8-4]
Nel caso di molte cariche Qi disposte in una zona di spazio il campo elettrico prodotto in un punto
dello spazio :

i
i
i
2
i
i
i
i
i
2
i
i
r
r
r
Q
4
1
r
r
r 4
Q
E [4.8-5]
ri la distanza fra il punto in esame e il punto ove posta la carica Qi.
4.8.2 La densit del campo elettrico
Dallespressione precedente si vede che il campo dipende dal materiale secondo la permittivit. Si
pu definire il vettore densit del flusso elettrico indipendente dal materiale come
. E E D r 0 [4.8-6]
Per una carica puntiforme la densit del flusso elettrico
.
r
r
r 4
Q
E D
2

[4.8-7]
La densit del flusso elettrico si misura in coulomb/m
2
. Valori della costante dielettrica per i vari materiali
sono mostrati nella Tav.4.8-1
Q
1
Q2
r
F
F
E

Fig.4.8-1
La fisica dei dispositivi 157
4.8.3 Il Teorema di Gauss
Su tutti i punti di una sfera di raggio r con al centro una carica Q, Fig.4.8-2, la densit del flusso e-
lettrico costante, punta verso lesterno della sfera, se la carica Q positiva. Moltiplicando per la superfi-
cie della sfera la densit del flusso elettrico sulla sua superficie si ottiene il flusso f (D)S elettrico uscente dal-
la sfera che, nel caso di carica puntiforme, per la precedente risulta semplicemente f (D)S = Q.
Si pu studiare quello che avviene quando invece di una carica
c un insieme di cariche distribuite in un qualunque modo, Si pu dimo-
strare
[AM]
, in modo analogo, che il flusso del campo elettrico che e-
sce da una superficie S chiusa dovuta ad una distribuzione di ca-
riche pari alla sommatoria delle cariche racchiuse allinterno
della superficie S stessa. Questa affermazione costituisce il teorema di
Gauss. Nessuna ipotesi deve essere fatta sulla forma e dimensioni della
superficie lunica cosa che conta che essa sia chiusa contenga al suo
interno le cariche.
Nel caso di distribuzione continua r (V) = dq/dV della carica il
Teorema di Gauss non cambia nella sostanza. Ancora una volta il flusso
elettrico che esce da una superficie S chiusa dovuta ad una distribuzione continua di cariche pari a tutta la
carica nel volume V racchiuso allinterno della superficie S stessa. Quanto detto si pu esprimere come:
. dV ) V ( ) D (
V
S

[4.8-8]
e per il teorema della divergenza
[AM]
:
. D div [4.8-9]
Che esprime il teorema di Gauss sotto forma differenziale. Per la relazione [4.8-6] fra D e E:
. E div

[4.8-10]
che un modo alternativo di esprimere il teorema di Gauss.
4.8.4 Il potenziale elettrico
Il lavoro infinitesimo dL che il campo elettrico E compie per spostare una carica fra due punti di-
stanti l d il prodotto scalare
. l d x F dL [4.8-11]
in base alla definizione di lavoro. Ovviamente se a spostare la carica agisce una forza esterna il lavoro che
essa compie, per il principio di conservazione dellenergia, . l d x F dL Se la carica su cui il campo a-
gisce unitaria il lavoro compiuto su di essa dalla forza esterna viene chiamato potenziale elettrico V. In
base a questa definizione di potenziale ed a quella di campo elettrico, in modo analogo
. l d x E dV [4.8-12]
Nel caso di spostamento finito fra due punti A e B bisogna sommare tutti i contributi infinitesimi per
spostarsi lungo la linea che congiunge i due punti A e B per ottenere la differenza di potenziale VBA fra i due
punti.
. l d x E V
B
A
BA

[4.8-13]
Nel caso di campo generato da carica puntiforme:
Q
S
r

Fig.4.8-2
La fisica dei dispositivi 158
,
r
dr
4
Q

r
dr

4
Q
r
rdr

4
Q
r
l d x r
r
1

4
Q
l d x
r
r
r 4
Q
l d x E V
B
A
B
A
B
A
B
A
2 3 2
B
A
2
B
A
AB



.
r
1
r
1
4
Q
V
B A
AB
,
_

[4.8-14]
Supponiamo di portare la carica unitaria allinfinito dove lazione del campo elettrico nulla. Il campo
compie un lavoro pari al potenziale in quel punto. Cio
.
r 4
Q
V
A
A

[4.8-15]
che rappresenta il lavoro che il campo elettrico compie sulla carica unitaria che stava a distanza rA da Q
per allontanarla definitivamente dalla sua zona dazione da dove era.
La [4.8-14] si pu scrivere come B A AB V V V ed indipendente dal cammino che si fa percor-
rere alla carica per spostarla fra i due punti ma dipende soltanto dal campo e dai due punti. Questa diffe-
renza di potenziale elettrico fra i punti A e B per brevit viene sempre chiamato differenza di poten-
ziale o tensione fra i due punti e viene misurata in Volt.
Le operazioni relative ai campi elettrici ed ai potenziali sono operazioni lineari. Pertanto nel caso di
campo elettrico generato da pi cariche Qi il potenziale in un punto del campo pari alla somma dei poten-
ziale che ogni singola carica genera nel punto. La carica Qi a distanza ri dal punto. Cio
.
r 4
Qi
V
i
i

[4.8-16]
La cosa vale anche nel caso di distribuzione non uniforme della carica, naturalmente si deve passare
dalla sommatoria allintegrale esteso al volume Vol in cui la carica
.
r
dVol
4
1
V
Vol

[4.8-17]
La carica potrebbe essere distribuita con una distribuzione non uniforme s(S) su una superficie. In
tale caso lintegrale va esteso alla superficie e quindi:
.
r
dS
4
1
V
S

[4.8-18]
Senza fare alcuna ipotesi sul come generato un campo elettrico, applicando la definizione [4.8-
12] di potenziale a due punti a distanza infinitesima l d , , l d x E dV ossia la componente del campo elet-
trico lungo la direzione l
.
l
V
El

[4.8-19]
Allora le componenti lungo i tre assi cartesiani sono
;
x
V
Ex

;
y
V
Ey

.
z
V
Ez

[4.8-20]
E ci si puo scrivere sinteticamente come
. V grad E [4.8-21]
Integrando la [4.8.12]:
c l d x E V +

[4.8-22]
il potenziale pu essere ricavato dal campo elettrico, a meno di una costante.
In un conduttore carico, nel quale non ci sia alcun passaggio di corrente, il campo allinterno nul-
La fisica dei dispositivi 159
lo, e non ci sono forze di natura elettrica che possono spostare cariche. Allora, dalla precedente, se il cam-
po nullo il potenziale costante. Questo significa che le cariche sono soltanto sulla superficie del condut-
tore. In altri termini il volume di un conduttore in quiete e carico un volume equipotenziale.
4.8.5 Il Teorema di Coulomb
Prendiamo in considerazione un conduttore carico con una densit superficia-
le di carica s = dQ/dS come quello mostrato in Fig.4.8-3. Tracciamo un tubo di for-
za del vettore densit del campo elettrico che abbia una sezione infinitesima dS ed
uno spessore dl pure esso infinitesimo, come quella mostrata in figura. La carica rac-
chiusa entro il volumetto dSdl Q

s

dS. Per il teorema di Gauss il flusso della densit
del campo elettrico lintegrale della carica racchiusa nel volumetto e cio
. dS dV ) V ( ) D (
V
S

Dalle parete laterali del tubo di forza, per definizione non


c flusso uscente ed il campo tangenti alle pareti. Allinterno del conduttore, che
un volume equipotenziale, non c campo elettrico e quindi il suo flusso nullo. Quindi lunico flusso esce
dalla superficie esterna dS ed quello calcolato prima. Il flusso di un generico vettore D attraverso una
superficie dS, per definizione e Dx dS. Nel nostro caso D e dS sono ortogonali ed allora DdS = s dS.
Pertanto D = s. Ne risulta il seguente Teorema di Coulomb: La densit del campo elettrico in un
punto infinitesimamente vicino alla superficie del conduttore proprio la densit di carica sulla
superficie.
Se poi la superficie del tubo di forza la si estende in modo finito fino al punto P1 e lo si chiude con
una superficie dS1 ancora ortogonale al tubo di forza si ha si ha che nel punto P1, D1 x dS1 = s dS = D dS.
Cio il prodotto della densit del campo elettrico per la sezione del tubo di forza costante in un tubo di
forza. Meglio se si esprime in forma vettoriale D x dS = s.
Allunghiamo il tubo di forza fino a raggiungere la superficie di un secondo conduttore sulla quale la
densit di carica superficiale sia s. Per il vettore D , uscente dalla superficie dS sar D = s e il flusso
uscente da dS sar D x dS. Siamo in un tubo di forza. Abbiamo gi visto che il prodotto della densit del
campo elettrico per la sezione del tubo di forza costante in un tubo di forza. Quindi poich il flusso di D
uscente da dS di entrante in dS e viceversa si conclude che D x dS = -D x dS e cio
s dS = -s dS [4.8-23]
dS e dS sono le aree staccate da un tubo di forza che congiunge due conduttori carichi
4.8.6 Lequazione di Poisson
Se riprendiamo la forma differenziale [4.8-10] del teorema di Gauss e la inseriamo nellespressione
[4.8-21] che lega il potenziale al campo elettrico. Per la relazione [4.8-6] fra D e E:
. V grad div ) V grad ( div E div

[4.8-24]
Questa espressione, alternativamente, pu essere scritta come
.
z
V
y
V
x
V
2
2
2
2
2
2

[4.8-25]
che prende il nome di Equazione di Poisson.
4.8.7 Il doppio strato
Un doppio strato costituito da due armature conduttrici parallele A e B a distanza d, separate da
un dielettrico omogeneo, sulle quali sono poste cariche con densit s s ma di segno opposto nei due strati,
s
D
P
dS

Fig.4.8-3
La fisica dei dispositivi 160
Fig.4.8-4. Si pu facilmente dimo-
strare, utilizzando il teorema di Cou-
lomb, che la densit del campo elettri-
co allinterno del dielettrico proprio
la densit di carica sulle armature. Il
campo allinterno delle armature, per
quanto abbiamo detto a proposito dei
conduttori carichi in quiete, nullo e
subisce una discontinuit allinterno
del dielettrico. Si pu calcolare la differenza di potenziale esistente fra le due armature. Applicando la
[4.8-13] e ricordando che allinterno del dielettrico il campo costante e
.
d
l d l d x
D
l d x E V
B
A
B
A
B
A
AB



[4.8-26]
Si pu anche determinare il potenziale allinterno del dielettrico dalla [4.8-22]
. x c c l d x
D
c l d x E V

+

[4.8-27]
Se larmatura A posta al potenziale VA allinterno del dielettrico il potenziale decresce da questo valore
con pendenza costante e pari a s/e fino ad arrivare allaltra armatura a distanza d al valore VB = VA -
sd/e. Nella Fig.4.8-4 mostrato il doppio strato e la situazione della densit del campo elettrico e del po-
tenziale.
4.8.8 Polarizzazione dei dielettrici
Lapplicazione di un campo elettrico ad un dielettrico crea una situazione al suo interno che viene
detta polarizzazione. Se la costante dielettrica del materiale in esame fosse eguale a quello del vuoto, la
densit del flusso elettrico sarebbe e0E, invece eE. La differenza eE - e0E il vettore detto polarizza-
zione dielettrica P. Il fatto che, sotto lazione delle forze elettriche applicate al dielettrico, in un qualche
modo, le cariche allinterno si riposizionano, contribuendo ad incrementare lo stesso campo elettrico appli-
cato. Si possono avere pi meccanismi con cui questi avvengono, anche simultaneamente. Il loro modo di
comportarsi dipende da vari aspetti che sono successivamente spiegati.
In Fig.4.8-5 sono mostrati le quattro possibilit. Da sinistra a destra i quattro meccanismi descritti
sono elettronico, ionico, di dipolo e di carica spaziale. Le figure in basso descrivono la situazione in
presenza di campo applicato, quelle di sopra senza. In assenza di campo elettrico esterno il centro di gravi-
t degli elettroni di valenza coincide con
la posizione del nucleo atomico e la cari-
ca complessiva nel punto come annulla-
ta. In presenza del campo gli elettroni so-
no attratti nel suo verso e questo baricen-
tro si sposta nella stessa direzione. Non
c pi equilibrio nel punto dove c il
nucleo. Leffetto complessivo prodotto
da queste cariche non pi equilibrato e di
aumentare il campo elettrico interno. Si
parla di polarizzazione elettronica. La
polarizzazione ionica produce lallun-
gamento delle distanze fra gli ioni costi-
tuenti la materia che vengono, cos a
l l
D=0
+s
D=0 D=
s
d
d d
s
V D
s
d/
e
VA
VB
- s

Fig.4.8-4
orbita
nucleo
Elettrone
di valenza
dipolo
coppie
di ioni
allungate
ioni
E
Dipolo
ruotato
Cariche
spostate

Fig.4.8-5
La fisica dei dispositivi 161
produrre un risultato simile al precedente. Se gli ioni, in qualche modo sono legati a coppie ed hanno le
coppie un certo orientamento che produce un momento di dipolo, in un campo elettrico tende ad allineare il
momento di dipolo facendo ruotare i dipoli come in figura. Si ha, in tal caso la polarizzazione di dipolo.
Lultimo caso si ha quando le cariche vengono realmente spostate in modo da spingersi verso le parti e-
sterne del dielettrico, come mostrato in figura. Si tratta della polarizzazione di carica spaziale.
Questi spostamenti di carica sono ottenuti
mediante lapplicazione di forze e quindi si com-
pie lavoro. Quando il campo si toglie la situazione
precedente si ripristina e lenergia accumulata dal
dielettrico viene restituita. Tuttavia la rapidit con
le quali le varie azioni posso essere ottenute non
la stessa. Cio c una inerzia delle diverse forme
di polarizzazione. La pi veloce e quella elettroni-
ca, dato che si tratta di spostare una massa pari a
quella degli elettroni. Negli altri casi le masse da
spostare sono pi grandi e cio sono ioni. Ruota-
re un dipolo meno rapido che allungarlo. Addi-
rittura la rapidit ancora inferiore nello spostamento di cariche. Questo fatto suggerisce che di fronte a ra-
pide variazioni del campo elettrico la polarizzazione non detta che resta costante. Quando si applica un
campo costante tutti gli effetti si sommano e la costante dielettrica assume il valore della costante dielettrica
relativa che quella definita in presenza di campo elettrico costante o come viene spesso detto in continua.
Se si fa variare il campo elettrico, per esempio alternativamente non detto che tutti i tipi di polarizzazione
si abbiamo., A frequenze relativamente basse le cariche che si dovrebbero spostare non hanno il tempo di
andare da una pare allaltra e quindi, ad un certa frequenza la polarizzazione per spostamento non ha pi
luogo e la costante dielettrica a questa frequenza diminuisce. Se si aumenta ancora la frequenza i dipoli non
riescono pi ad oscillare con la stessa frequenza del campo e la costante dielettrica diminuisce ancora. Al-
zando ancora la frequenza il movimento ad elastico delle coppie di ioni non ha pi luogo e la costante die-
lettrica diminuisce ancora. Rimane soltanto leffetto della polarizzazione elettronica anche questa a frequen-
za estreme sparisce e la costante dielettrica diventa quella del vuoto. Landamento qualitativo tipico della
costante dielettrico con la frequenza mostrato in Fig.4.8-6.
4.8.9 Rigidit dielettrica
Il fenomeno della polarizzazione del
dielettrico pu dar luogo ad un inconvenien-
te. Allaumentare del campo la polarizzazio-
ne aumenta e gli effetti di cui si discusso
incrementano di importanza. Lenergia ac-
cumulata con la polarizzazione si pu i m-
provvisamente liberare dando luogo a feno-
meni distruttivi e a passaggio di corrente.
Quando ci avviene si parla di rottura o,
allinglese di Breakdown. Il campo elettrico
corrispondente al Breakdown prende il no-
me di rigidit dielettrica. La rigidit dielet-
trica dipende dal materiale usato, ma anche,
dalle condizioni fisiche, di purezza. Anche la
sua forma geometrica ha un certo ruolo. Si
0
e e
0
e e
Polarizzazione da
carica spaziale
Polarizzazione di dipolo
Polarizzazione elettronica
Polarizzazione ionica
f

Fig.4.8-6
TAV.4.8-1
Propriet di alcuni materiali
Materiale e er Er r r
kV/cm W W cm
Vuoto 1
Aria 1.0006 31
Gomme varie 210 100200 10
11
+10
17

Resine termoindurenti 4.310 60100 10
11
+10
16

Resine termoplastiche 2.57 60100 10
13
+10
18

Ceramiche comuni 4.59 10100 10
12
+10
15

Vetri vari 3.87.2 10100 10
12
+10
15

Miche varie 5.4 15002000
Polimeri vari 2.18 1001800 10
13
+10
18

Oli per trasformatori 2-5 50300
La fisica dei dispositivi 162
possono, tuttavia dare, per i vari materiale dei valori approssimativi. Alcuni di questi sono dati nella
TAV.4.8-1.
4.8.10 Resistivit
La resistivit il valore da inserire nella [4.2-13], R = r l/S. Come logico aspettarsi, negli isolanti
questo valore normalmente molto alto. Tuttavia, a differenza dei conduttori, esso fortemente dipendente
da condizioni fisiche come umidit e temperatura. Nella TAV.4.8-1 sono mostrati valori di resistivit per al-
cuni materiali dielettrici.
4.8.11 Capacit
Trasportando su un conduttore isolato una carica Q bisogna compiere un lavoro. Il conduttore si
porta ad un certo potenziale. stata gi definita la capacit come il rapporto C = Q/V [1.3-8]. Il lavoro
compiuto per trasportare una carica Q attraverso il potenziale dV dL = Q dV. Pertanto il conduttore ca-
rico possiede una energia che pu essere riutilizzata nella scarica. Dalle definizioni di capacit C = Q/V si
ha dL = Q dV = C V dV. Un conduttore scarico ha energia nulla e per caricarlo alla tensione V si compie
un lavoro
. E
2
QV
C 2
Q
2
V
C CVdV dL L
2 2
V
0
L
0


[4.8-29]
che poi lenergia che il condensatore pu rilasciare nello scaricarsi.
La potenza necessaria per eseguire questo lavoro dipende dalla velocit con cui loperazione viene
fatta. Dalla definizione di potenza e dalla precedente:
.
dt
dV
CV
2
V
C
dt
d
dt
dL
P
2

,
_

[4.8-30]
La potenza necessaria per caricare il conduttore aumenta con la sua capacit e con la velocit con cui lo si
fa caricare.
La fisica dei dispositivi 163
4.9. Materiali magnetici
Altri materiali impiegati in elettronica sono quelli magnetici. Qui diamo una sintesi di alcune loro
propriet fondamentali rimandando ai testi di Fisica ed a quelli specializzati per maggiori approfondimenti. Il
magnetismo non si pu liquidare con poche cenni. Tuttavia, ai fini dellelettronica di base ci che conta sa-
pere il comportamento degli induttori e dei trasformatori. Pertanto ricorderemo qui soltanto le leggi di Lo-
rentz e quella di Lentz e la relazione fra campo ed induzione espresse dalla permeabilit. Infine ricorderemo
anche qual lenergia accumulata da un campo magnetico.
4.9.1 Il campo magnetico
In una zona di spazio c un campo magnetico se una carica elettrica ferma non risente di alcuna
forza ma una in moto si. Le cariche in moto provocano i campi magnetici e ne subiscono influenza. Ad e-
sempio fra due fili percorsi da correnti ci sono forze che dipendono dalla loro distanza e posizione e dalle
correnti nei due fili.
La legge di Lorenz da la forza che agisce sulla carica Q in moto con velocit . v Il vettore induzione
magnetico B viene definito dalla relazione
. B v Q F [4.9-1]
Linduzione magnetica si misura in Weber/m
2
.
Un filo lungo l , percorso da corrente I ed immerso nel campo magnetico di induzione B , subisce
analogamente una forza
. B l I F [4.9-2]
In effetti non si tratta che di una applicazione della precedente.
Il campo prodotto da una carica Q in moto con velocitvproduce a distanza r una induzione ma-
gnetica pari a
.
r 4
r v Q
B
3

[4.9-3]
Cos come il campo elettrico e linduzione elettrica sono legati fra di loro dalla costante dielettrica che
relativa al mezzo. Anche nel caso del magnetismo si parla di campo magnetico He di induzione magnetica
B legate fra di loro dalla permeabilit magnetica secondo la
. H B [4.9-4]
La permeabilit, come gi la costante dielettrica dipende dal mezzo, dalle condizioni fisiche e dalla frequen-
za. In pi bisogna ricordare la possibilit di fenomeni disteresi.
La permeabilit magnetica dei materiali, in analogia a quanto si fa per la costante dielettrica pu es-
sere riferita a quella del vuoto. Pertanto viene definita la permeabilit relativa mr di un materiale
0 r [4.9-5]
essendo mla sua permeabilit e m0 quella del vuoto.
I materiali magnetici si classificano in base alla permeabilit. I materiali che hanno permeabilit ma-
gnetica inferiore allunit sono detti diamagnetici. Quelli che la superano di poco sono i paramagnetici.
Si chiamano ferromagnetici quelli che hanno permeabilit sensibilmente superiore allunit. Per costruire
induttori, e trasformatori, spesso si usano i materiali ferromagnetici. Tuttavia esistono limitazioni al loro uso
perch le perdite in questi materiali possono essere rilevanti.

La fisica dei dispositivi 164
Come gi detto nel 1.3 in circuito elettrico nel quale circola una corrente variabile sorge una forza
controelettromotrice espressa dalla legge di Lentz [1.3-15]. Essa proporzionale alla velocit di variazione
della corrente secondo un coefficiente detto di autoinduzione che si misura in Henry. Tale coefficiente di-
pende sia dai fattori geometrici relativi alla forma del circuito sia dai materiali in cui il circuito magnetico sta.
Un circuito anche sensibile alle variazioni di corrente in un altro circuito prossimo. Ne abbiamo gi
parlato nel 2.1.3.2 a proposito dei trasformatori che, infatti, sfruttano questa propriet. Anche questa volta
in un circuito che risente della corrente di un altro circuito si genera una forza controelettromotrice propor-
zionale alla velocit di variazione della corrente del secondo circuito. La costante di proporzionalit detta
coefficiente di mutua induzione ed anche esso si misura in Henry. Tale coefficiente dipende sia dai fatto-
ri geometrici relativi alla forma del circuito sia dai materiali in cui il circuito magnetico sta. Delle propriet
degli induttori e dei trasformatori parleremo nel prossimo capitolo a proposito degli elementi reali.
Per produrre un campo magnetico bisogna compiere un lavoro. Se il campo prodotto da un in-
duttore L nel quale circola la corrente I lenergia accumulata dal campo pu essere calcolata come

2
I
L E
2
[4.9-6]
che poi lenergia che il condensatore pu rilasciare nello scaricarsi.
La potenza necessaria per eseguire questo lavoro dipende dalla velocit con cui loperazione viene
fatta. Dalla definizione di potenza e dalla precedente:
.
dt
dI
LI
2
I
L
dt
d
dt
dE
P
2

,
_

[4.9-7]
BIBLIOGRAFIA
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[SZ] - Sze Fisica dei dispositivi a semiconduttore Tamburini 1073
[WO] - Wolfstirn J. Phis. Chem. Solids. 16, 279, (1960)

DISPOSITIVI ELETTRICI
Finora abbiamo trattato i componenti elettrici senza tenere conto del fatto che in realt il
loro comportamento differente da quello descritto nei capitoli precedenti. Non possibile, in
genere, trascurare le differenze esistenti fra il loro comportamento ideale e quello reale. In questo
capitolo cercheremo di colmare questa lacuna. In effetti ci occuperemo degli aspetti pi
propriamente elettrici senza entrare eccessivamente nel dettaglio tecnologico per i quali si rimanda
a testi di tecnologia
[FL],[KA],[MO]
. Tratteremo, per, soltanto gli elementi passivi come resistori,
condensatori, induttori, trasformatori e linee di trasmissione
5.1 Resistori
Come abbiamo visto precedentemente il resistore gi stato definito dalla legge di Ohm, R
= V/I. La resistenza varia con la resistivit secondo la R = Ul/S. La conducibilit linverso della
resistivit. Per i materiali metallici questa dipende dalla concentrazione di cariche mobili e dalla
mobilit V = qnP. I resistori possono essere fissi o variabili. Il valore di questi ultimi pu essere
modificato manualmente agendo o su un alberino di regolazione, facendolo ruotare, o su una mano-
pola a slitta, spostandola lungo un segmento. Ci sono pure i resistori semifissi (detti anche
trimmer) il cui valore viene cambiato agendo con un cacciavite. Mentre resistori variabili servono
per comandi esterni da utilizzare dallutente, quelli semifissi sono per regolazioni iniziali ed in ge-
nere sono di competenza dei tecnici che conoscono e tarano lapparecchiatura. A secondo della mo-
dalit duso i resistori variabili prendono il nome di potenziometri e reostati. Nel primo caso si re-
golano tensioni, nel secondo correnti.
5.1.1 Parametri
I parametri fisici ed elettrici pi importanti vengono passati in rassegna in questo paragrafo,
senza entrare nei dettagli relativi ad ogni tipo di componente, cosa che verr fatta pi avanti.
Range di valori
Le caratteristiche costruttive e tecnologiche non consentono di costruire resistori di qualun-
que valore. Per esempio quelli a filo non possono essere di grande valore, pena una lunghezza del
filo eccessiva con induttanze parassita imponenti. Il valore nominale della resistenza quello che il
resistore ha a temperatura ambiente di 27C. Il valore nominale viene indicato stampato
sullinvolucro del resistore oppure identificato da un opportuno codice di colori.
Precisione e tolleranza
Quando due resistori si dicono eguali significa che il loro valore contenuto rispetto al
valore nominale dentro uno scarto possibile che prende il nome di tolleranza. Per essere pi precisi
il valore nominale il loro valore medio. Tolleranze tipiche per i resistori comuni sono 5%,
10% e 20%, mentre per quelle di precisione scendono fino a 0.1%. Una resistenza di valore
nominale di 10 K: con tolleranza del 10% garantita per un valore nellintervallo 911 k:. Le
fluttuazioni dal valore nominale sono fenomeni statistici con distribuzioni normali o gaussiane
[KN]
. Se la varianza della distribuzione V, entro 3V si hanno praticamente il 99.9% dei valori.
Una tolleranza del 10% significa una varianza di 3.3%. I processi tecnologici costano in ragione
della precisione da ottenere. Pertanto le tolleranze pi ristrette, in genere, costano di pi.
Dispositivi elettrici 166
Anche la tolle-
ranza viene indicata
stampata sullinvolucro
del resistore oppure i-
dentificato da un oppor-
tuno codice di colori. Le
tabelle 5.1-1 e 5.1-2 mo-
strano il codice di colore
valido non solo per resi-
stori ma spesso anche
per altri componenti
quali condensatori e in-
duttori.
Serie
Non si produco-
no resistori di qualunque
valore immaginabile. Si scelgono il numero di valori di resisten-
za in una decade. Per suddividere meglio lintervallo bene che
i valori vengano scelti con il criterio della progressione geome-
trica. Cio, il rapporto fra due valori consecutivi della serie costante. Si pu facilmente mostrare
che se En il numero di valori in una decade questo rapporto deve essere r = . 10
En
Per i resistori
comuni si hanno le serie E6 (20%) con r = , 47 . 1 10
6
E12 (10%) con r = 21 . 1 10
12
e E24 (5%)
con r = . 1 . 1 10
24
I valori effettivi sono solo approssimativamente scelti secondo la precedente re-
gola e vengono anzi arrotondati opportunamente. La tavola sottostante mostra i valori in una decade
di queste tre serie. I resistori di precisione appartengono alle serie E48 (2%), E96 (1%), E192 (0.5%).
e E384 (0.2%). e E768 (0.1%). Questo discorso vale anche per i valori di induttori e condensatori.
Coefficiente di temperatura
Nel 4.2.7 stato definito dalla [4.2-24]

il coefficiente di temperatura della resistenza come
ctr =dR/RdT. Dentro un campo di temperatura fissato un resistore ha un valore di resistenza
RT = R0[1+ctr(T-T0)]. [5.1-1]
R0 il valore della resistenza alla temperatura T0 e RT quello relativo alla temperatura T0. Normal-
mente con T0 si indica la temperatura ambiente di 27 C.
Il valore di Ctr varia di molto fra i vari tipi di resistore. Per avere resistori stabili in tempera-
tura non si usano metalli comuni ma leghe varie. La TAV.5.1-4 riassume i valori pi comuni. I resi-
stori comuni, detti anche ad impasto che sono i meno costosi hanno coefficienti di temperatura no-
tevoli. Resistori particolarmente stabili in temperatura sono quelli a costantana o manganina con Ctr
praticamente nullo.
Temperatura massima di funzionamento e potenza dissipabile
Se una resistore si surriscalda possono avvenire danni strutturali irreversibili che vanno da
una alterazione dei suoi parametri fisici fino alla sua distruzione. Il costruttore indica la potenza
TAV.5.1-1
Codice dei colori a quattro
barre
Barra
1
a
2
a
3
a
4
a
Colore Cifra Fattore Tolleranza
Nero
0 0 10
0

Marrone
1 1 10
1

Rosso
2 2 10
2

Arancio
3 3 10
0
K
Giallo
4 4 10
1
K
Verde
5 5 10
2
K
Blu
6 6 10
0
M
Viola
7 7
Grigio
8 8
Bianco
9 9
Oro
5%
Argento
10
-1
10%
Nessun
colore
10
-2
20%
TAV.5.1-2
Codice dei colori a cinque barre
Barra
1
a
2
a
3
a
4
a
Colore Cifra Fattore
Nero
0 0 10
0

Marrone
1 1 1 10
1
1%
Rosso
2 2 2 10
2
2%
Arancio
3 3 3 10
0
K
Giallo
4 4 4 10
1
K
Verde
5 5 5 10
2
K 0.5%
Blu
6 6 6 10
0
M
Viola
7 7 7
Grigio
8 8 8
Bianco
9 9 9
Oro
10
-1

Argento
10
-2

TAV.5.1-3
Valori delle serie standard
E6
1 1.5 2.2 3.3 4.7 6.8
E12
1 1.2 1.5 1.8 2.2 2.7 3.3 3.9 4.7 5.6 6.8 8.2
E24
1 1.1 1.2 1.3 1.5 1.6 1.8 2.0 2.2 2.4 2.7 3.0 3.3 3.6 3.9 4.3 4.7 5.1 5.6 6.2 6.8 7.5 8.2 9.1
Dispositivi elettrici 167
massima dissipabile che non deve essere mai superata. Essa dipende dalla capacit della resistore
di smaltire il calore senza elevare eccessivamente la sua temperatura. Quando passa corrente si ha
dissipazione di potenza con conseguente sviluppo di calore all'interno del dispositivo e la tempera-
tura al suo interno pi alta dell'esterno. Se il dispositivo riesce a smaltire il calore in modo effi-
ciente pu dissipare una potenza superiore. Il calore che si sviluppa all'interno viene trasmesso ver-
so l'esterno. La propriet di trasmissione del calore viene espressa dalla Resistenza Termica R.
Sia TR la temperatura della parte resistiva dove si sta sviluppando il calore per effetto della
potenza dissipata Pd. A regime termico la potenza dissipata eguale alla potenza Ps smaltita verso
l'esterno. Sia Ta la temperatura dell'ambiente in cui posto il resistore. Il salto termico fra linterno
e ambiente proporzionale a Ps e dipende dalla resistenza termica secondo la
Tj = R Ps + Ta. [5.1-2]
La R dipende sia dal dispositivo medesimo, sia dal modo in cui il calore viene rimosso dalla super-
ficie del contenitore.
Se chiamiamo Tc la temperatura a cui si porta la superficie esterna del resistore potremo
scrivere in modo analogo
Tc = RcaPs + Ta. [5.1-3]
nella quale Rca esprime, analogamente, la resistenza termica fra contenitore ed ambiente.
Eseguiamo la differenza fra le due precedenti:
Tj = (R - Rca)Ps + Tc = RjcPs, [5.1-4]
R = Rjc + Rca = Rja. [5.1-5]
La Rjc dipende solo da come il dispositivo riesce a trasmettere il calore dal suo interno alla superfi-
cie. Rca dipende dal modo con il quale si riesce a smaltire il calore dalla superficie. Se si ha a dispo-
sizione un radiatore esterno ideale, Rca pu essere assunto nullo. Se no, per diminuire Rca, si applica
il dispositivo su un radiatore metallico o, se non basta, si raffredda con circolazione di aria o acqua
forzata.
Tuttavia i resistori raramente montano dei dissipatori e quindi le caratteristiche di potenza
dissipata sono date in aria libera a 27C. Per i resistori viene definita la potenza nominale dissipa-
bile come la massima potenza che si pu dissipare al suo interno quando la temperatura ambiente e
27C senza che essa subisca variazione permanenti. Tuttavia se la temperatura esterna aumenta per
qualche motivo la potenza massima dissipabile diminuisce.
La figura accanto mostra, come esempio, le
curve di massima dissipazione di potenza per un
tipico resistore in aria libera. La potenza massima
dissipabile decresce di 1%/C. La temperatura
massima 125 C. La resistenza termica
linverso dellopposto della pendenza della delle
curva della figura. In generale landamento di que-
ste curve simile per tutti i dispositivi nei quali si
sviluppa potenza come i diodi ed i transistors. Ti-
pici valori di dissipazione massima per resistori
comuni sono 1/8 W, W, W, 1 W e 2 W. Per
resistori di potenza si arriva anche 100 W per uso
elettronico e ancora superiore per riscaldatori.
La capacit termica di un componente
lenergia necessaria per aumentare di un grado la sua temperatura. Pi precisamente
CT = 'T/'P. [5.1-6]
La costante di tempo termica il prodotto della capacit termica per la resistenza termica.
P
d
/P
dmax
(%)
0
0 25 50 75 100 125
T (C)
100
75
50
25

Fig.5.1-1
Dispositivi elettrici 168
Si pu dimostrare facilmente che la costante di tempo di un sistema termico caratterizza il sistema
dal punto di vista termico in modo analogo alla costante di tempo elettrica di un circuito RC.
Quello che conta per la potenza dissipabile la capacit di smaltire il calore. La potenza sia
sviluppata impulsivamente con un ciclo di durata c = tp/T che esprime il rapporto fra il tempo tp in
cui la potenza viene prodotta e quello complessivo T in cui pu smaltire il calore. In questo caso la
potenza istantanea pu essere superiore a quella nominale per linverso del ciclo di durata. Tutto ci
purch T non superi la costante di tempo termica della resistenza.
Nota la potenza massima dissipabile PdMax anche la tensione massima VMax applicabile al
resistore definita da . R P V dMax Max =
Coefficiente di tensione
Molti resistori non obbediscono in modo lineare alla legge di Ohm e il loro valore dipende
dalla tensione applicata. Si pu definire un coefficiente di tensione come cvr =dR/RdV. Dentro un
campo di tensioni fissato una resistore ha un valore di resistenza
RV = R0[1+cvr(V-V0)] [5.1-7]
R0 il valore assunto dalla resistenza alla tensione V0 e RV quello relativo alla tensione V0.
Il coefficiente di tensione peggiore quello relativo alle resistenze ad impasto. I migliori so-
no quelli delle resistenze di metalli depositati su supporti ceramici (cermet) e a quelle a strato di
carbone.
Stabilit
Una resistore nel tempo modifica il suo valore. In particolare lumidit e gli shock termici
sono responsabili di variazione. I costruttori definiscono la stabilit Cs come la variazione relativa
di resistenza (in ppm) dopo mille ore di funzionamento in condizioni definite e comunque
allinterno delle specifiche corrette.
Comportamento in frequenza
Un resistore un conduttore attraversato da corrente. Questa produce un campo magnetico
che si concatena con lo stesso conduttore. Questo comportamento pu essere
descritto da una induttanza parassita Ls in serie alla resistenza R del resistore.
Inevitabilmente esiste anche una capacit parassita che si pu immaginare in
parallelo. In Fig.5.1-2 mostrato il circuito equivalente di un resistore reale. A
questo punto, per, per descrivere il resistore non pi sufficiente la legge di
Ohm ma, invece, bisogna tenere conto della impedenza Z. Limpedenza com-
plessiva vista dai terminali del resistore
( )
,
s C L sRC 1
R sL 1
R
sL R
sC
1
sL R
sC
1
) X R ( || X Z
2
p s p
s
p
s
p
Ls Cp
+ +
+
=
+ +
+
= + = [5.1-8]
Limpedenza presenta uno zero -R/L e due poli. Se C / L 2 R > i due poli sono reali. Uno
dei due praticamente eguale allo zero e laltro 1/RCp. Per i resistori non avvolti o spiralizzati la
parte induttiva certamente trascurabile ed il comportamento tipico dellimpedenza in funzione del-
la frequenza mostra questo polo cui corrisponde la frequenza dangolo fr = 1/2SRCp. Quindi
lutilizzo dei resistori limitato ad una banda. Se poi si usano resistori non antinduttivi la banda
pu risultare abbastanza limitata. Grossolanamente Cp dipende solo dalla composizione e dalla di-
mensione del resistore, Quindi il prodotto Fr = frR = 1/2SCp, che potremmo definire come fattore di
merito del resistore, non cambia per resistori della stessa potenza, struttura e composizione.
Ls
Z
R
Cp

Fig.5.1-2
Dispositivi elettrici 169
Parametri addizionali per i resistori non fissi.
Per questi resistori interessa conoscere se la variazione viene ottenuta da un movimento an-
golare o lineare, se la legge di variazione lineare o no. Si costruiscono resistori a variazione linea-
re, logaritmica e secondo altre leggi matematiche. La variazione logaritmica, in genere, impiegata
per variare una grandezza cui interessata direttamente un senso umano, come per esempio il vo-
lume di uno strumento di riproduzione sonora.
5.1.2 Caratteristiche costruttive
Nella TAV.5.1-4 sono mostrati i principali parametri per i pi importanti tipi di resistori.
Una breve rassegna dei resistori parte dai resistori comuni detti anche ad impasto. Sono realizzati
con un impasto di carbone conduttore e di materiale isolante finemente macinati e con una resina
sintetica che agisce da collante una volta che viene polimerizzata a temperatura adeguata. Le dosi
relative e la grana dei componenti stabiliscono la resistivit media del materiale. A parit di dimen-
sione il valore dipende soltanto dalla composizione. Il principale vantaggio il costo modesto. Gli
inconvenienti sono lalto coefficiente di temperatura il rumore dovuto alle microscariche fra gra-
nelli conduttori non perfettamente a contatto. A causa di questultimo fatto sono anche poco stabili.
Vibrazioni e dilatazioni termiche introducono fluttuazione nei contatti fra i granuli e quindi micro-
scariche addizionali. I resistori ad impasto sono di bassa potenza, non superiore a 2 W. Il valore
della resistenza e la tolleranza vengono marcate sul corpo cilindrico del resistore usando il codice a
strisce con i colori della TAV.5.1-1. La prima e la seconda striscia rappresentano le prime due cifre
del valore della resistenza. La terza striscia il numero di zeri da aggiungere alle prime due cifre.
La quarta striscia, oro (5%), argento (1%) o mancante (29%) indicano la tolleranza sul valore no-
minale. I resistori ad impasto hanno uno scadente funzionamento in frequenza con il polo dominan-
te nella zona dai 100 KHz a 2 MHz inadatte, quindi, per le altissime frequenze. Pi basso il valore
resistivo, in genere, pi grande la banda. Il fattore di merito Fr dellordine di 10
11
10
12
.
Superiori sono i resistori a strato. Si deposita su un supporto isolante, generalmente cerami-
co, uno strato di materiale che costituir lelemento conduttivo. Il resistore viene rivestito con una
vernice isolante sulla quale, in qualche modo, sono indicate le caratteristiche. Si fanno sia resistori a
film sottile che a film spesso. I materiali usati per i resistori a film sottili sono leghe di metalli, il
carbone e lossido di stagno o di rutenio, quasi sempre depositati per evaporazione. I film spessi so-
no, per esempio, depositi di metallo e vetro finemente macinati su uno strato ceramico. Il tutto ri-
scaldato facendo saldare il metallo al substrato. Al solito le percentuali stabiliscono i valori. Si pos-
sono ottenere resistenze di buona precisione e buon coefficiente di temperatura. Il valore nominale,
oltre che dal materiale usato per il film, dipende dal suo spessore. Per ottenere valori alti si ricorre
alla spiralizzazione. Lo strato viene inciso a spirale in modo da aumentare la lunghezza della parte
resistiva e diminuire la sua sezione. Si possono ottenere resistenze di notevole precisione, fino a
0,05%. Ed ottimi coefficienti di temperatura. Questi resistori sono particolarmente stabili. Il com-
portamento in frequenza abbastanza buono. Il fattore di merito Fr dei resistori a strato di un or-
dine di grandezza superiore a quello dei resistori ad impasto. Mentre il coefficiente di temperatura
per i resistori a strato di carbone non particolarmente buono (500 ppm/C), si possono raggiun-
gere valori abbastanza contenuti (50 ppm/C) per quelle ad ossido di stagno e vetro-metallo. I re-
sistori di precisione possono essere realizzati in vetro-metallo con precisioni fino allo 0.1%. Parti-
colarmente buona linsensibilit dei resistori vetro-metallo alle condizioni ambientali. Limpiego
per la realizzazione dello strato di leghe come il Ni-Cr con opportuni additivi consente di ottenere
coefficienti di temperatura molto vicini allo zero.
I resistori cermet sono realizzati in modo simile depositando film spessi di metalli su sup-
porti ceramici e riscaldando in modo da fare saldare metallo e ceramica. I metalli usati sono di vario
tipo e si ottengono svariate categorie di cermet. Il riscaldamento fa si che la superficie esterna in
qualche modo diventa autoprotettiva perch si passiva. Servono, per la loro robustezza e resistenza
Dispositivi elettrici 170
allabrasione, anche per realizzare i resistori variabili. In questo caso un contatto striscia sul condut-
tore per permettere di variale il valore fra i terminali.
Avvolgendo un filo su un supporto isolante si ottiene il resistore a filo avvolto. Si usano va-
rie leghe come il Ni-Cr, la costantana e la manganina per ottenere bassi coefficienti di temperatura.
Questi resistori lavorano fino a 300C e possono essere utilizzati per fare resistori di elevata poten-
za. Si possono avere elevati valori di dissipazione di potenza fino alle migliaia di W per i resistori
che sia adoperano per scaldare, come quelle delle stufette domestiche. Sono ottenibili anche ottimi
valori di precisione e stabilit. Nei resistori di alto valore, per evitare grosse induttanze parassite, il
filo sottile si avvolge in doppio in modo che per ogni spira in un senso ce ne sia unaltra nellaltro
senso. facile ottenere resistori di elevata precisione perch questa dipende solo dalla tolleranza
delle dimensioni geometriche del filo da avvolgere.
Le tecniche di miniaturizzazione dei dispositivi elettronici ha portato a spingere verso
lestremo: quindi prima le resistenze multiple in chip ed ora i componenti a montaggio superficiale.
Le reti resistive sono realizzate con un film spesso depositato su un unico supporto isolante quasi
sempre ceramico. Si ottengono simultaneamente pi resistori su un unico dispositivo fornito, quindi
di pi di due terminali. Il deposito viene eseguito secondo un ben preciso schema topologico,
pattern. Spessore, larghezza, lunghezza del pattern e tipo di materiale depositato determinano il va-
lore dei resistori. I materiali usati per il deposito sono metalli o ossidi finemente polverizzati me-
scolati con vetro anche esso sotto forma di polvere. Riscaldando si forma il resistore vetro-metallo
sul supporto ceramico che assicura stabilit e buone prestazioni anche ad alta temperatura. I resisto-
ri vengono poi incollati allinterno di un opportuno contenitore con i contatti elettrici. Si hanno di-
verse forme che vanno dai SIL (Single-In-Line) con una fila di contatti in linea ai DIL (Dual-In-
Line) e cio due filari di contatti paralleli ad altre forme pi o meno complesse. Recentemente si sta
usando, sia per le reti resistive che per resistori di tipo comune un contenitore che prende il nome
SMD (Surface Mounting Device). Questo un contenitore ultraminiaturizzato utilizzato per molte
TAV.5.1-4
Caratteristiche principali dei resistori
Ctr @
27C
Range Pnom @
Tmax
Tolleranza Propriet
particolari
Tipo
ppm/C Ohm W C %
Resistori ad impasto 1500 1100M 1/82 130 5,10,20 Costo
metallico 20 15M 1/201 125 0.1,0.2,0.5 Precisione
comuni 200 4.31.5M 1/85 5,10,20 Amb.,Costo
vetro- semiprecise 100 11.5M 1/82 1,2,5 Amb.,Costo
metalliche precise 50 11M 1/101 0.1,0.2,0.5 Precis., Ctr
Resistore di fisse 500 105M 1/42 165 5,10 Costo
a strato carbone variabili <2000 1002M 70 Costo
di ossido comuni 200 4.32.5M 1/820 150 Affidabilit
di stagno semiprecise 50 4.31.5M 1/82 150 Stabilit,Ctr
di ossido di rutenio 350 .1100M 1/82
Ni-Cr 150 .1100M 1/82 300
Ni-Cr-Al 30 .1100M 1/82 300
costantana (Cu-Ni) 350 .1100M 1/82 300 Durata
Resistori manganina(Cu-Mn) 350 .1100M 1/82 300
a filo molded 350 0.12.4k 2 Ctr
inca- di precisione <20 .11M 1/201 145 0.5,1,2
psulati ultraprecisione <10 .11M 1/201 145 0.1,0.2,0.5 Precis., Ctr
variabili (potenziometri) 20 10100k Precis., Ctr
in plastica conduttiva 350 .1100M 1/82
Cermet: depositi su comuni 150 1010M 1/43 175 Stabilit
supporto ceramico variabili 250 5002M Fino a 12 W 175
film spesso 200 1010M < 2 W/Chip 125 Costo
Reti incapsulate film sottile 50 101M < 2 W/Chip 125 Prestazioni
Dispositivi elettrici 171
altre categorie di dispositivi elettronici che ha i contatti tutti sulla faccia inferiore senza fili da inse-
rire in fori e che consente, quindi un montaggio sulla superficie di una scheda stampata appoggian-
do direttamente i componenti sulla scheda. La saldatura dei componenti, una volta appoggiati al po-
sto giusto viene eseguita in una unica soluzione da una saldatrice a velo.
Per quanto riguarda i resistori variabili essi sono realizzati con molti dei materiali usati per
quelli fissi. Il tipo pi comune quello rotativo costituito da un resistore fisso con due terminali
allestremo. Sulla parte resistiva striscia un contatto che pu essere spostato ruotando un alberino. Il
materiale generalmente il carbone e lo strato pu essere uniforme o no dando origine a resistori
lineari o logaritmici. Il difetto principale di questi sistemi e che le continue rotazioni portano
allabrasione del materiale resistivo. Alla lunga si formano delle zone con contatti malsicuri che,
nel caso di controllo di volume danno luogo al caratteristico crepitio dovuto a cattivo contatto. Un
altro tipo il resistore a slitta in cui il contatto viene fatto scorrere lungo una retta anzich lungo un
arco di cerchio. I meno costosi resistori variabili sono quelli a strato di carbone. Migliori, ma pi
costosi sono quelli a strato metallico. Un miglioramento ulteriore si ottenuto con le plastiche con-
duttive. Si tratta di materiali polimeriche contenenti percentuali variabili di carbone finemente ma-
cinato e stampati per termocompressione su supporti isolanti. Queste plastiche sono particolarmente
resistenti allabrasione e consentono di ottenere resistori variabili di particolare durata ed affidabili-
t. Inoltre si ottiene anche una ottima risoluzione nel senso che, anche piccole variazioni della posi-
zione del cursore producono variazione della resistenza.
Una soluzione particolarmente felice a met strada fra il cermet e la plastica conduttiva. Si
ottengono cos i cosiddetti trimmers che sono fatti spesso a molti giri. La variazione viene ottenuta
girando con un cacciavite una vite senza fine che fa spostare il contatto molto gradualmente sul re-
sistore. Si ottiene una demoltiplica che permette regolazioni molto fini. Il vantaggio della risoluzio-
ne data dalle plastiche conduttive si aggiunge a quella della durata dovute ai cermet.
Altri tipi di resistori variabili si realizzano a filo metallico. Questa volta il contatto mobile
striscia sulla superficie del filo avvolto con moto che pu essere sia rotativo che a slitta. Per, se il
contatto si muove lungo tutto il filo non ci sono problemi particolari di risoluzione. Invece, quasi
sempre il filo avvolto ad elica sul supporto mentre il contatto segue la lunghezza del resistore. Il
risultato che il valore della resistenza varia a salti spostandosi il contatto da spira a spira. I resisto-
ri a filo sono quasi sempre adoperati per le elevate potenze.
Dispositivi elettrici 172
5.2 Condensatori
La funzione principale del condensatore di accumulare cariche e di ridarle al momento op-
portuno. Esso costituito da due superfici conduttrici affacciate, dette armature con un dielettrico
interposto. Applicando una differenza di potenziale fra le armature nel dielettrico si manifesta un
campo elettrico. Quindi le cariche di segno positivo tendono a spostarsi verso larmatura a potenzia-
le pi basso e quelle negative, al contrario, verso laltra. In tal modo il dielettrico si polarizza. La
capacit del condensatore, misurabile in Farad, gi stata definita dalla C = Q/V.
Alcune strutture sono par-
ticolarmente importanti. Trattere-
mo il caso delle armature a facce
piatte e parallele e di quelle a ci-
lindri coassiali affacciati. Calco-
liamo la capacit di un condensa-
tore a facce piane e parallele, co-
me quello di Fig.5.2-1a, di super-
ficie S, con un dielettrico spesso d di costante dielettrica H. Siano Q le cariche sulle armature sulle
quali si ha una densit di carica V = Q/S. Si tratta di un doppio strato con ai capi la tensione ricavata
nel 4.8.7 e cio, V = Vd/H. Il rapporto V/V H/d, per cui la capacit
.
d
S
d
S
V
S
V
Q
C r 0 = =

= = [5.2-1].
Eseguiamo il calcolo per un condensatore con facce cilindriche, come quello della Fig.5.2-
1b, lunghe l e di raggi rA (raggio esterno dellarmatura interna) e rB (raggio interno dellarmatura
esterna). Portiamo Q cariche positive sullarmatura esterna. Adoperiamo la [4.8-13]:
.
r
r
ln
l 2
Q
r log
l 2
Q
r
dr
l 2
Q
dr
rl 2
Q
dr dr
D
r d x E V
A
B
r
r
r
r
r
r
r
r
r
r
r
r
AB
A
B
B
B
A
B
A
B
A
B
A
B


=

=

=

=

= =


Allora .
) r r ln(
l 2
V
Q
C
A B AB

= = [5.2-2]
In realt molti condensatore sono realizzati con una striscia di dielettrico di spessore d di
larghezza L e lunghezza l sulle cui facce, in qualche modo sono fissate o depositate superfici metal-
liche conduttrici. Per limitare gli ingombri il tutto viene arrotolato nel senso della lunghezza e la
capacit complessiva sempre descritta approssimativamente dallespressione del condensatore a
facce piane e parallele in cui la superficie S = lL.
Si noti che se rA il raggio esterno del condut-
tore interno di un cavo coassiale e rB il raggio inter-
no del conduttore esterno possibile calcolare la ca-
pacit per unit di lunghezza che diventa
.
) r r ln(
2
dl
dC
A B

= [5.2-3]
Un caso particolarmente importante riguarda
la capacit fra due fili cilindrici come quelli della fi-
gura a lato. La capacit
[RA]
.
.
) r 2 D ( cosh arc
l
C

= [5.2-4]
e la capacit per unit di lunghezza, utile per il calcolo del comportamento di una linea bifilare
rB
rA
l
d
(a)
(b)
S

Fig.5.2-1
2r
l
Pc
P
m
2r
l
Pc
I
I
D
I

Fig.5.2-2
Dispositivi elettrici 173
.
) r 2 D ( h arccos dl
dC
= [5.2-5]
5.2.1 Parametri
I parametri fisici pi importanti riguardano essenzialmente le propriet del dielettrico e cio
la costante dielettrica, la sua rigidit dielettrica e la sua propriet di isolamento definibile tramite le
perdite. importante il suo comportamento termico, ambientale ed in frequenza. Abbiamo discusso
diffusamente della costante dielettrica e della rigidit nel 4.8. Pertanto approfondiamo soltanto
quei temi non ancora affrontati.
Coefficiente di temperatura
La causa principale della variazione di capacit con la temperatura attribuibile agli effetti
termici sulla costante dielettrica. Tuttavia, in modo analogo a quanto fatto per i resistori si pu defi-
nire il coefficiente di temperatura come
ctc =dC/CdT. [5.2-6]
Dentro un campo di temperatura fissato un condensatore ha una capacit
CT = C0[1+ctc(T-T0)]. [5.2-7]
C0 il valore assunto della capacit alla temperatura T0 e CT quello relativo alla temperatura T0.
Normalmente con T0 si indica la temperatura ambiente di 27 C. La maggior parte dei materiali ha
un Ctc, a temperatura ambiente, positivo
5.2.2 Perdite nei condensatori
Se si applica una tensione continua ad un condensatore passa una
debole corrente perch un isolante offre una resitivit, anche se molto
alta, ma finita. La resistenza di perdita del condensatore , secondo la
[4.2-13] Rp = Ul/S. Essa pu essere immaginata in parallelo alla capacit
ideale senza perdite, cos come mostrato in Fig.5.2-3. Applicando una
tensione alternata Vsi ha la situazione descritta nella figura a lato. La
corrente di perdita P R R / V I = in fase con la tensione applicata, mentre
la corrente nella componente capacitiva V C j IC = sfasata di 90. Pertanto la corrente comples-
siva I ha un angolo di sfasamento M tale che C R I I tg P R C = = . Ricordiamo che il coseno di M
nel 2.3.1.4 stato definito come fattore di potenza. Per un buon condensatore le perdite debbono
essere limitate e langolo di sfasamento molto vicino a 90. Poich per i condensatori M molto
vicino a 90 si preferisce utilizzare langolo complementare G, detto anche angolo di perdita che
nei buoni condensatori molto piccolo. Ma le differenze fra gli angoli di perdita sono apprezzabili.
Pertanto il fattore di potenza cos M = sen G G tg G per quanto detto.
Per un condensatore a facce piane e parallele la capacit data dalla [5.2-1] mentre la resi-
stenza Rp =U

d/S. Allora

=

=

= =
1
S
d
d
S 1
C R
1
I I tg
P
C R [5.2-8]
Langolo di perdita migliora con la frequenza, con la co-
stante dielettrica e con la resistivit del dielettrico. In effetti
un circuito equivalente pi preciso dovrebbe anche tenere
conto della resistenza e dallinduttanza offerta dai condut-
tori e che sono mostrate accanto. Tuttavia, in genere
leffetto trascurabile.
Rp
C
I
V
IC
G
M
IR

Fig.5.2-3
R
p
C
R
s L
s

Fig.5.2-4
Dispositivi elettrici 174
Un modo alternativo di dare una indicazione sul comportamento pi o meno prossimo a
quello ideale tramite il coefficiente di bont. In un circuito nel quale passano correnti alternate a
frequenza f il coefficiente di bont , a parte un fattore 2S, il rapporto fra lenergia immagazzinata
nel circuito in un secondo e quella media dissipata nello stesso tempo, cio la potenza media. Cio:
.
media potenza
circuito nel ata immagazzin Energia
2 Q = [5.2-9]
In un condensatore con perdite lenergia immagazzinata in un periodo la massima energia elettro-
statica che secondo la [4.8-29] CVM
2
/2. VM lampiezza del segnale alternativo. Alla frequenza f
questa energia immagazzinata f volte in un secondo e quindi al numeratore della precedente va
fCVM
2
/2 = fCVeff
2
. La potenza media dissipata nel dielettrico Veff
2
/Rp. Allora la precedente diven-
ta
. C R
R V
fCV
2 Q p
p
2
ef
2
ef
= = [5.2-10]
Si vede perfettamente che il coefficiente di bont corrisponde alla tangente dello sfasamento tra ten-
sione e corrente e, a parte la piccola approssimazione di cui si detto,
. 1 Q [5.2-11]
Tuttavia per definire la bont dei condensatori si preferisce parlare dellangolo di perdita.
Rigidit dielettrica , tensione di rottura e tensione di lavoro
Leffetto della rigidit dielettrico di limitare la tensione applicabile al condensatore. Se R
la rigidit dielettrica e d lo spessore del dielettrico la tensione massima applicabile inferiore a
Rd per ragioni legate a problemi costruttivi ed a disomogeneit. La tensione massima applicabile
prende il nome di tensione di rottura ed la tensione che produce la perforazione del dielettrico
con scariche che quasi sempre possono essere distruttive. Tuttavia non bisogna mai lavorare in que-
ste condizioni. Per tale motivo il costruttore fornisce il parametro tensione nominale o di lavoro
che la tensione raccomandata applicabile al condensatore senza che alcun effetto nocivo si possa
manifestare. In generale la tensione di lavoro differente per le tensioni continue e le alternate.
Tolleranza
Vale lo stesso discorso fatto per le resistenze. Spesso valore e tolleranza sono indicate
sullinvolucro con lo stesso sistema del codice di colori utilizzato per i resistori.
Stabilit
Anche per i condensatori vale quanto detto per i resistori riguardo al valore della sua capaci-
t nel tempo. Essa varia con luso, specialmente per gli elettrolitici.
5.2.3 Caratteristiche costruttive
La TAV.5.2-1 riassume le principali caratteristiche dei vari tipi di condensatori. Ci sono
condensatori fissi e variabili. La classificazione primaria si pu fare in funzione del dielettrico uti-
lizzato. I condensatori che usano sottili fogli di mica resistono ad alte temperature ed a elevate ten-
sioni. Essi vengono realizzati accatastando pi fogli di mica e di stagno, oppure fogli di mica allu-
minizzati. Questa tecnica di depositare le armature direttamente sui dielettrici, invece di usare arma-
ture autoconsistenti limita lingombro e quindi anche il costo. Le armature conduttive vengono in-
terconnesse alternativamente fra di loro. Numerose plastiche, in fogli sottili, sono impiegati per rea-
lizzare condensatori, quasi tutti con lunghe strisce metallizzate arrotolate. Il basso costo, la possibi-
lit di realizzare valori precisi, il bassissimo angolo di perdita e la stabilit sono le loro caratteristi-
che pi importanti. Lumidit non gioca alcun ruolo sulle propriet dei dielettrici plastici. I conden-
satori ceramici a bassa costante dielettrica offrono prestazioni interessanti sia per la tensione di la-
voro che per il campo di frequenza. Si ottengono coefficienti di temperatura quasi nulli. Quelli ad
Dispositivi elettrici 175
alta costante dielettrica sono ben compatti e poco ingombranti ma non hanno alta tensione di lavoro
e buona stabilit perch temono lumidit. Anche il coefficiente di temperatura lascia a desiderare. I
condensatori a vuoto vanno bene per le alte tensioni ma sono voluminosi. I condensatori a vetro so-
no realizzati facendo cataste di sottilissimi fogli di vetro alternati con alluminio ed opportunamente
connesse fra di loro. Sono molto buoni per la stabilit ed il coefficiente di temperatura. La carta im-
pregnata di oli opportuni anche un ottimo dielettrico poco costoso ed adatto alle alte tensioni.
Un discorso a parte meritano i condensatori elet-
trolitici. Lelettrolita un sale di alluminio o tantalio.
Quelli polarizzati hanno i segni + e - marcati per indicare
la polarizzazione da applicare. Uninversione della pola-
rizzazione produce la distruzione del condensatore. Il
condensatore prodotto realizzando attorno ad un ano-
do, con un processo, appunto elettrolitico, uno strato sot-
tilissimo dossido dalluminio o di tantalio, che , per
lappunto, isolante ed ha una buona costante dielettrica.
Si ottengono spessori di dielettrico molto ridotti e quindi capacit notevolissime a parit
dingombro. In figura sono mostrate in modo schematico le due versioni di elettrolitico polarizzato
o no. Si noti che laltra armatura, il catodo, costituita dallelettrolita e dal metallo che a contatto
con il medesimo.
I condensatori variabili sono usati quasi esclusivamente per realizzare circuiti risonanti.
Quindi hanno grandi applicazioni nei trasmettitori e nei ricevitori. Una volta la sintonia su una e-
mittente veniva per lo pi realizzata variando la capacit di un condensatore ad aria. Un pacco di
lamelle, distanti d luna dallaltra ed interconnesse alternativamente realizzano capacit di valore
relativamente elevate. Le lamelle dispari possono ruotare attorno ad un asse e si affacciano alle la-
melle pari. La capacit funzione della posizione dellasse. Trimmers possono anche essere realiz-
zati con altri dielettrici.
5.3 Induttori
Linduttore lelemento di circuito che sfrutta la legge di Lentz. Gli induttori vengono ado-
perati nei circuiti elettronici sia per realizzare circuiti risonanti che come elementi di blocco per
impedire che in un ramo di circuito passino correnti a frequenza elevata.
5.3.1 Induttori con semplici strutture geometriche
Il valore dellinduttore dipende dalla sua forma, dal materiale di cui fatto e da quello del
materiale circostante e nel caso in cui il conduttore di cui fatto di materiale magnetico anche

Catodo
Strato di
dielettrico
Elettrolita e
distanziatore
Anodo

Fig.5.2-5
TAV.5.2-1
Caratteristiche principali dei condensatori
Ctc Range VL Tolleranza Angolo di perdita
ppm/C Farad Volt % o/oo
Di precisione 10 0.1p100k 5050k 0.25, 0.5, 1, 2
mica Alluminizzata 50 1p100kp 50100k 1, 2, 5
plastici 200 20p400kp 3010k 0.5, 1, 2 <5
Basso H -1k1k 0.1p10k < 6 k 5, 10, 20 <30
ceramici Alto H -20k10k 0.1p1k 100 -20+100 <80
aria 200 6p25kp .2k45k
vetro 200 0.1p10k 2530k 5
carta <2000 100p200kp 50200k 10, 20 <25
Alluminio <4000 0.1P8000P 3700 -20+100
elettrolitici Tantalio <6000 <100kP 1600 5, 10, 20
Dispositivi elettrici 176
dalla relativa permeabilit. Nel resto del paragrafo mostreremo alcuni esempi di valori di induttanza
relativi a tipi semplici. Per i casi di induttori di forme pi complesse, come le spire rettangolari, gli
avvolgimenti multispira e quelli nido dape si rimanda ai testi specializzati
[FI], [MO]
.
Conduttore cilindrico rettilineo
Per esempio linduttanza di un conduttore cilindrico
rettilineo, lungo l, fatto di materiale di permeabilit Pc im-
mersa in un mezzo di permeabilit Pm
[MO]

.
8
l
1
r
l 2
ln
2
l
L
c m

= [5.3-1]
Se il conduttore non di materiale magnetico, come per e-
sempio il rame o lalluminio, la sua permeabilit quella
del vuoto, cio P0 =12.56 H/m. Il secondo termine, ad altis-
sime frequenza, a causa di un effetto di cui parleremo pi
avanti, detto effetto pelle, trascurabile. In tal caso linduttanza diventa
[MO]

. 1
r
l 2
ln
2
l
L
m

= [5.3-2]
Conduttori cilindrici rettilinei paralleli attraversati dalla stessa corrente nei due versi
Due conduttori identici, della stessa forma
del caso precedente, sono paralleli e a distanza D
fra i loro assi, come nella figura accanto e sono at-
traversati da una corrente I nei due sensi. In tal ca-
so linduttanza complessiva
[MO]

.
4
l
l
D
r
D
ln
l
L
c m

= [5.3-3]
Per i conduttore di materiale non magnetico, si usa
la permeabilit del vuoto P0. Quando sussiste
leffetto pelle si trova una espressione leggermente
differente
[RA]
e cio:
.
r 2
D
h arccos
l
L
m

= [5.3-4]
Si pu calcolare linduttanza per unit di lunghezza importante per il calcolo dei parametri
delle linee bifilari. Dalla precedente si ha:
.
r 2
D
h arccos
dl
dL m

= [5.3-5]
Conduttori cilindrici coassiali
In questo caso i due conduttori sono coassiali ed uno interno allaltro e sono attraversati dal-
la stessa corrente I nei due sensi. Il caso del conduttore interno non cavo corrisponde allinduttanza
della linea coassiale come quella del 5.1. Con le notazioni della figura si trova
[MO]

.
r
r
1
r r
r r 3
4 r
r
ln
r r
r
r
r
ln
2
l
L
2
1
m
c
2
3
2
4
2
3
2
4
m
c
3
4
2
3
2
4
2
3
m
c
2
3 m

[5.3-6]
Per i conduttore di materiale non magnetico, si usa la permeabilit del vuoto P0. Quando sussiste
2r
l
Pc
P
m

Fig.5.3-1
2r
l
Pc
P
m
2r
l
Pc
I
I
D
I

Fig.5.3-2
Dispositivi elettrici 177
leffetto pelle la precedente si semplifica
in
[RA]

.
r
r
ln
2
l
L
2
3 m

= [5.3-7]
Anche in questo caso utile conoscere
linduttanza per unit di lunghezza inte-
ressante per determinare le prestazioni
delle linee coassiali. Essa :
.
r
r
ln
2 dl
dL
2
3 m

= [5.3-8]
Spira circolare
Una spira circolare di raggio R, fatta con filo di
raggio 2r offre una induttanza di
.
4
R
2
r
R 8
ln R L
c
m

+

= [5.3-9]
Al solito il secondo termine si azzera se la spira non di
materiale magnetico.
Solenoide ad un solo strato
Un solenoide un con-
duttore avvolto a spirale. Siano
N le sue spire: Se esso suffi-
cientemente lungo, cio se l >>
R, assumendo che sia fatto da N
spire, la sua induttanza
l
R
N L
2
2
m = [5.3-10]
altrimenti si ricorre alla cosid-
detta formula di Nagaoka
[MO]
.
5.3.2 Effetto Pelle
In un conduttore di sezione uniforme, attraversato da corrente continua, la densit di corren-
te uniforme. Ma se la corrente alternata le cose cambiano. Ogni elemento infinitesimo dS di se-
zione interessato da una densit di corrente che cresce spostandosi dal centro del conduttore verso
la periferia. Leffetto pi marcato con la frequenza. Ci perch ognuno dei fili di sezione dS con i
quali si pu immaginare di suddividere il conduttore interessato al campo magnetico variabile
prodotto dai fili corrispondenti alle sezione circostanti. Il campo magnetico, per induzione, produce
una forza elettromotrice che si oppone al passaggio di corrente. Il conduttore di sezione dS pi in-
terno concatenato al massimo con tutto il flusso prodotto dal rimanente conduttore. Le sezioni dS
pi periferiche risentono di meno delleffetto perch pi distanti. Il risultato che linterno del se-
miconduttore offre una impedenza pi alta della periferia. Perci la densit di corrente decresce ver-
so linterno e con la frequenza. A frequenze sufficientemente alte soltanto la superficie del condut-
tore partecipa alla conduzione. Questa la ragione perch, ad esempio, gli induttori di altissima fre-
quenza possono essere realizzati con tubi anzich con fili e che i dipoli delle antenne Yagi, per e-
sempio quelle televisive, interessate ad altissime frequenze possono anche essere fatte con tubi an-
zich con metallo pieno. Sempre leffetto pelle responsabile del peggioramento dei resistori ad al-
r2
r1
r3
r4
P
m
I
I
I
l
Pc

Fig.5.3-3
P
m
I
Pc
H
2r
R

Fig.5.3-4
P
m
I
Pc
H
2r
R
l

Fig.5.3-5
Dispositivi elettrici 178
ta frequenza perch, anche in questo caso la loro impedenza aumenta in queste condizioni.
La resistenza di un conduttore di raggio r per effetto pelle dipende approssimativamente dal-
la frequenza secondo la
] r 1 [ R R 0 + = [5.3-11]
in cui R0 il valore in continua P e V sono rispettivamente permeabilit e conducibilit del condut-
tore. Ad altissima frequenza per ridurre la resistenza dovuto alleffetto pellicolare si usa argentare le
superfici dei conduttori o realizzarli con una treccia di fili nei quali le propriet di simmetria rispet-
to al centro del filo non valgono pi.
5.3.3 Capacit distribuite
Cos come inevitabile che un induttore presenti anche una
resistenza, dal momento che realizzato con un conduttore, non si
pu fare a meno di capacit parassite. La cosa abbastanza eviden-
te nel caso di induttori realizzati con pi spire. Fra spira e spira ci
sono superfici affacciate separate da dielettrici. In genere, inoltre,
per minimizzare lingombro le spire si fanno quanto pi addensate
possibili e sono soltanto separate dallo strato di vernice per evitare
che i fili nudi vadano in cortocircuito. In effetti le superfici affac-
ciate non sono soltanto fra le spire contigue ma anche fra quelle
non direttamente affacciate. Il valore delle capacit parassite di-
pende dalla forma delle spire, da come esse sono distribuite ed av-
volte, dal dielettrico interposto, dallo spessore dello strato di verni-
ce, dalla sezione del filo. Non ci interessa in particolare determina-
re il valore delle capacit parassite dal momento che questo calcolo estremamente laborioso,
quanto conoscerne la presenza ed il loro effetto.
Le capacit parassite sono particolarmente alte nel caso di bobine a pi strati. Tuttavia le co-
se cambiano a seconda del modo come gli strati vengono avvolti. La Fig.5.3-7a e b mostra i due ca-
si possibili relativi ad una semplice bobina a due strati di quattro spire ciascuno. Si possono avvol-
gere gli strati cambiando ogni volta il senso dellavvolgimento, una volta da sinistra a destra e
laltra da destra a sinistra come mostrato nella Fig.5.3-7a, oppure gli strati possono essere avvolti
comunque sempre nello stesso verso come mostrato nellaltra. Nella figura i numeri allinterno dei
conduttori indicano lordine dellavvolgimento. Le capacit fra le spire adiacenti sono in genere su-
periori a quelle fra le spire che si vedono in diagonale, perch queste sono pi distanti. Allora, come
si pu osservare nel semplice esempio di una bobina a due strati di due spire ciascuna della figura
(c) e (d), anche se non vengono presentati calcoli in proposito, tuttavia la capacit complessiva ri-
sutlta essere differente ed inferiore per il caso di spire avvolte comunque sempre nello stesso sen-
so. Inoltre unaltra considerazione importante fa preferire questa soluzione. Ogni spira ha una cadu-
ta di potenziale 'V. N spire producono una caduta N'V e fra due spire adiacenti avvolte nello stes-

Fig.5.3-6
(a)
1 2 3 4
8 5 6 7
(b)
8 5 6
1 2 3 4
7
1
(c)
2
3 4
1
(d)
2
3 4

Fig.5.3-7
Dispositivi elettrici 179
so verso la differenza di potenziale costante e pari a N'V. Se, invece si avvolgono in senso alter-
nato alcune spire hanno differenze di potenziale fino a 2N'V e ci pu introdurre effetti di scarica
attraverso il sottile strato di isolante.
5.3.4 Circuito equivalente
A questo punto abbastanza semplice sintetizzare quanto
abbiamo detto in un circuito equivalente. La resistenza propria del
filo, che tiene conto anche delleffetto pellicolare rappresentata
dalla resistenza Rs. Le capacit parassite sono rappresentate dalla
Cp. Le perdite nei materiali dielettrici e, come vedremo pi avanti,
anche in quelli magnetici per effetto delle correnti parassite dette
anche correnti di Foucault, sono simulate da Rp. Nel 3.5.2 ab-
biamo visto che, a parte Rs, si tratta di un circuito risonante parallelo la cui ammettenza data dalla
[3.5.16]. Pertanto limpedenza complessiva diventa

1 R / sL sLC
sL
R Z
p
s
+ +
+ = [5.3-12]
Nel dominio di Z questa espressione pu essere scritta come:
eq seq
2
n
2
n
2
n
2
n
2
n
2
n
p s L j R
) 2 ( ] ) ( 1 [
) ( 1
L j
) 2 ( ] ) ( 1 [
) 2 (
R R + =
+

+
+

+ = Z [5.3-13]
con Zn e V definite dalle [3.5-5] e [3.5-17], rispettivamente. Se si vuole che gli effetti parassiti sia-
no trascurabili bene non utilizzare linduttore a frequenze vicine a quelle naturali. Infatti, a questa
frequenza la parte resistiva dellinduttore diventa Rs + Rp molto grande mentre quella induttiva tra-
scurabile e il suo comportamento si snatura. Detto questo si comprende che gli induttori da utilizza-
re alle alte frequenze debbono avere frequenza naturale quanto pi alta possibile rispetto a quelle
duso, almeno 10 volte pi grandi. Ci comporta la necessit di ridurre al minimo le capacit paras-
site adottando, per esempio tecniche davvolgimento particolare, come quelle a nido dape in cui i
fili sono avvolti come nei rocchetti di lana per diminuire al massimo le capacit parassite fra spira e
spira.
5.3.5 Correnti di Foucault
Per limitare le dimensioni degli induttori ed ottenere elevato valore di induttanza si impie-
gano nuclei ferromagnetici ad alta permeabilit. Tuttavia il nucleo ferromagnetico anche condut-
tore. Allora si creano nel nucleo corrente indotte che aumentano con la frequenza con un esponente
che va da 1.5 a 2. Queste correnti, dette di Foucault, peggiorano le propriet dellinduttore. Infatti
per effetto Joule si ha produzione di calore con perdite di energia. La resistenza equivalente paralle-
lo Rp del circuito della Fig.5.3-8 diminuisce. Per limitare linconveniente si possono utilizzare di-
verse tecniche. Bisogna aumentare la resistenza offerta dal nucleo al passaggio delle correnti paras-
site. La cosa che sembra pi banale e quella di limitarle aumentando la resistivit del materiale co-
stituente il nucleo magnetico. Ma si pu inoltre realizzare il nucleo con dei lamierini di ferro tra lo-
ro isolati da vernici non conduttrici. Se non basta si possono usare nuclei fatti da impasti di polveri
di ferro e materiali isolanti compressi. In tal modo ogni granulo di ferro isolato dagli altri e le cor-
renti non riescono a passare limitando le perdite. Tuttavia da altissime frequenza anche questo non
basta e non si possono usare nuclei ferromagnetici se non a prezzo di un grave deterioramento delle
propriet dellinduttore.
5.3.6 Isteresi magnetica
Il valore dellinduttanza dipende dalla permeabilit magnetica del mezzo che usato come
nucleo. Per molti materiali questa permeabilit dipende soltanto dalla frequenza e dalla temperatura.
Se si vuole ridurre le dimensioni degli induttori conviene adottare soluzioni che prevedano nuclei di
R
p
C
p
Rs
L

Fig.5.3-8
Dispositivi elettrici 180
materiali ferromagnetici. Tuttavia si hanno ulteriori effetti indesiderati in questo caso. Il campo
magnetico in questi materiali agisce in un modo abbastanza simile a quello che fa il campo elettrico
cio producendo fenomeni di polarizzazione magnetica. Per produrre un campo magnetico, per e-
sempio con una corrente elettrica in un induttore, bisogna fornire energia al campo. Non sempre,
per, togliendo la causa che lo ha prodotto lenergia viene restituita. Alle volte il materiale resta
magnetizzato e cio il campo magnetico non c pi ma il materiale rimane magnetizzato a causa
della polarizzazione del materiale. In questo consiste il fenomeno dellisteresi magnetica. Inoltre
ogni ciclo disteresi comporta una perdita di energia sotto forma di calore nel materiale proporzio-
nale allarea della curva disteresi.
Applicando un campo magnetico ad un
materiale ferromagnetico linduzione magnetica
cresce, anche se non in modo lineare. Il materia-
le si magnetizza. Tuttavia se si aumenta ecces-
sivamente il campo la magnetizzazione non au-
menta pi ed il materiale si dice che saturo.
La Fig.5.3-6 mostra quello che avviene appli-
cando un campo magnetico, per esempio avvol-
gendo attorno al materiale magnetico delle spire
e facendole attraversare da corrente. In tal modo
H proporzionale alla corrente. Se il campo
nullo ed il materiale non mai stato magnetiz-
zato allaumentare di H, cio di I, cresce B, an-
che se in modo non lineare, tratto A-B. Tuttavia,
se H cresce di molto, B si stabilizza ad un valo-
re detto di saturazione, tratto B-C. La relazione B(H) descritta dalla parte di curva fra i punti A e C e
prende il nome di curva di prima magnetizzazione. Se ora si toglie H, B non va a zero, la relazione
B(H) ora descritta dal tratto C-D. Linduzione B = Mr corrispondente al punto D dovuta al fatto
che il materiale ferromagnetico si lasciato magnetizzare ed diventato un magnete permanente.
Non facciamo pi passare corrente e non produciamo campo magnetico, ma esiste una magnetizza-
zione residua Mr. Per smagnetizzare completamente il materiale ferromagnetico bisogna applicare
una corrente di segno inverso che produce un campo magnetico Hc di senso inverso detto campo
coercitivo che corrisponde al punto E della curva. Linduzione magnetica diventa nulla ed il nucleo
si smagnetizza. Se continuiamo ad aumentare il campo magnetico con una corrente dello stesso se-
gno di quella che ha prodotto il campo magnetico coercitico si arriva ancora alla saturazione, punto
F. Da qui il tratto F-G-H-C non ha bisogno di spiegazione: la descrizione identica a quella del tratto
C-D-E-F. Se ora si riprende a diminuire I co-
me si fatto precedentemente a partire da C
la curva descritta ancora C-D-E-F-G-H-C.
Questa curva prende il nome di curva
disteresi. Larea compresa allinterno della
curva disteresi proporzionale allenergia
spesa per percorrerlo. Pertanto materiali con
curve pi strette danno luogo a perdite infe-
riori.
Nella figura accanto le due curve si
riferiscono a due materiali differenti. Quella
a tratto continuo di un materiale a bassa
isteresi, per esempio un ferro dolce, adatto
alluso di induttori e trasformatori, mentre
laltro un acciaio buono per realizzare
-5000 5000
-2
1.5
-1
0.5
0
0.5
1
1.5
2
x 10
C
0
8
F
B
A
E
H
c
G
D
-H
c
H
-M
r
M
r
B

Fig.5.3-9
-5000 5000
-2
-1.5
-1
-0.5
0
0.5
1
1.5
2
x 10
0
8

Fig.5.3-10
Dispositivi elettrici 181
magneti permanenti.
Nelle relazioni che consentono di calcolare il valore delle induttanza compare la permeabili-
t. Ma nel caso dei materiali ferromagnetici questo valore, che dalla [4.9-4] il rapporto fra indu-
zione e campo, non assolutamente costante. In questo caso, meglio, conviene parlare di permeabi-
lit incrementale, intesa come il rapporto fra variazione dellinduzione e quella del campo che lha
prodotta. La permeabilit incrementale corrisponde alla tangente trigonometrica della curva
disteresi, punto per punto, ed evidentemente superiore nei tratti lontani dalla saturazione.
Leffetto dipendente dai materiali e dalla frequenza. Allaumentare della frequenza la capacit del
campo di polarizzare peggiora. Invece la temperatura addolcisce i materiali. Un magnete permanen-
te, riscaldato opportunamente pu perdere completamente le sue propriet. Il calore fornisce
lenergia che rimette le cose al punto di partenza.
5.3.7 Coefficiente di Bont
Abbiamo gi definito del 5.1.2.2 il coefficiente di bont tramite la [5.2-9]. Ricordiamo che
esso da una indicazione sul comportamento pi o meno prossimo a quello ideale.
In un induttore con perdite, lenergia immagazzinata in un periodo la massima energia e-
lettromagnetica che secondo la [4.9-5] LIM
2
/2, dove IM lampiezza del segnale alternativo. Alla
frequenza f questa energia immagazzinata f volte in un secondo e quindi al numeratore della pre-
cedente va fLIM
2
/2 = fLIeff
2
. La potenza media dissipata per le perdite Ieff
2
Rs. Per la [5.2-9]:
.
R
L
R I
fLI
2 Q
s s
2
ef
2
ef
= = [5.3-14]
Naturalmente, nel caso degli induttori bisogna tenere conto della loro complessit come descritto
nel 5.1.3.4. E pertanto pi opportuno riscrivere la precedente come
.
R
L
Q
seq
eq
= [5.3-15]
in cui i valori di Leq e Rseq sono quelli della [5.3-13].
Bisogna ricordare che la
resistenza serie del resistore di-
pende dalleffetto pelle che di-
pende dalla frequenza, come de-
scritto dalla [5.3-11]. Inoltre la re-
sistenza equivalente delle perdite
magnetiche Rp varia con la fre-
quenza perch leffetto delle cor-
rente parassite aumenta le perdite
e quindi aumenta il valore della
Rseq. Da questo si riconosce che il
coefficiente di bont
dellinduttore non una costante ma dipende dalla frequenza. A basse frequenze il numeratore
dellespressione del coefficiente aumenta con la frequenza in modo lineare mentre il denominatore
per leffetto pelle varia con la radice della frequenza. Ne segue che Q aumenta con la frequenza. Ad
alte frequenze, invece, le perdite aumentano considerevolmente e anche leffetto pelle continua a
giocare il suo ruolo. Il denominatore cresce pi di quanto non faccia il numeratore. Ne segue che in
questo campo di frequenze la pendenza di Q negativa. Pertanto esiste una zona in cui il coefficien-
te ha un massimo e questa la zona nella quale pi opportuno adoperare linduttore. La Fig.5.3-11
mostra un tipico andamento del Q di un induttore. chiaro che il miglioramento di Q si ha con tutti
gli accorgimenti che diminuiscono le perdite sia nel nucleo, sia nel dielettrico sia nel conduttore.

F (kHz)
Q
10
1
10
2
10
3
10
4
0
50
100

Fig.5.3-11
Dispositivi elettrici 182
5.3.8 Parametri pricipali
Coefficiente di temperatura
In generale la temperatura agisce sugli induttori tramite la dilatazione dei conduttori che de-
terminano modifiche alla geometria e quindi allinduttanza. Tuttavia un effetto secondario lo ha an-
che la variazione della resistivit che interessa leffetto pelle come evidenziato alla [5.3-11]. Ov-
viamente questo comporta che il coefficiente di temperatura dellinduttanza supera quello della di-
latazione lineare. A bassa frequenza, dove leffetto pelle inesistente praticamente i due coefficien-
ti di temperatura coincidono. Adoperando opportuni accorgimenti sia geometrici che tecnologici
possibile ottenere bassi coefficienti di temperatura. Per esempio adottando supporti isolanti a basso
coefficiente di dilatazione. Oppure realizzando linduttore con un deposito a film sottile sul suppor-
to a basso coefficiente di dilatazione. Una soluzione ottima di utilizzare particolari leghe e sup-
porti isolanti a bassissimo coefficiente di temperatura e filo intrecciato per diminuire leffetto pelle
e la sua influenza sul coefficiente di temperatura.
Stabilit
La temperatura pu produrre effetti anche notevoli sulla stabilit. Infatti le dilatazioni o del
supporto o dellavvolgimento possono determinare modifiche permanenti non prevedibili e in un
certo senso casuali al valore dellinduttanza che in corrispondenza dei cicli termici pu variare, an-
che pi volte, il suo valore.
Caratteristiche costruttive
Gli induttori possono, in prima approssimazione, essere classificati a seconda dellintervallo
di frequenza per i quali debbono essere adoperati e per la loro funzione. Due sono gli usi principali
degli induttori: come blocco per il passaggio delle componenti ad alta frequenza rispetto a quelle
alte oppure nei circuiti risonanti. Unaltra importantissima differenza risiede nella potenza che gli
induttori debbono gestire e cio se sono adoperati nei ricevitori o nei trasmettitori.
La frequenza essenzialmente determina il tipo di nucleo e di filo da usare. Per frequenze
modeste si possono usare induttori con nucleo in ferro dolce, ed i nuclei che realizzano circuiti ma-
gnetici chiusi in modo da diminuire la riluttanza e massimizzare. A frequenze pi alte il nucleo pu
essere costituito soltanto da ferriti ed il filo spesso filo di Litsz (filo intrecciato e ritorto) e spesso
avvolto a nido dape per limitare effetto pelle e capacit parassite. Ad altissime frequenze il nucleo
non pu essere impiegato per le perdite di Foucault. Inoltre spesso le bobine usate come blocco la-
vorano in prossimit della frequenza di risonanza propria per aumentare la capacit di bloccare le
componenti ad alta frequenza.
5.4 Trasformatori
Un trasformatore sostanzialmente costituito da due induttori avvolti in modo che il flusso
magnetico prodotto dalla corrente che circola in uno dei due avvolgimenti si concateni anche con
laltro, In tal modo, per la legge di Lentz su questo di induca una forza elettromotrice. A seconda
del campo di frequenza e della potenza che deve maneggiare il trasformatore pu avere nucleo in
ferro dolce, in ferrite o niente del tutto. Valgono per il trasformatore tutte le nozioni apprese per igli
induttori. Per i trasformatori ideali vale quanto detto nel 2.1.3.2.
chiaro che una trattazione approfondita dei trasformatori deve tenere conto di moltissimi
aspetti quali lapplicazione, la potenza in gioco, la frequenza, il tipo di corrente che deve passare
nel trasformatore e cos via. Ma non sembra di particolare interesse per questa trattazione analizzare
questi aspetti. Mentre i trasformatori di potenza sono studiati principalmente in elettrotecnica, quelli
di alta frequenza sono utilizzati essenzialmente in radiotecnica.
Dispositivi elettrici 183
5.5 Linee di trasmissione
Le linee di trasmissione hanno tre principali applicazioni. La prima riguarda il trasporto di
segnali a distanza fra antenne trasmittenti o riceventi e lapparato di telecomunicazione. Le linee
usate per queste applicazioni debbono avere basse perdite se non si vuole peggiorare il rapporto se-
gnale rumore, soprattutto se sono lunghe. Unaltra applicazione riguarda la propriet di una linea di
ritardare un segnale in modo preciso in funzione della sua lunghezza. In questo caso, a meno che
non si richieda un ritardo eccessi-
vo il problema dellattenuazione
non assume rilevanza particolare.
Infine luso della linea come for-
matore dimpulsi. Anche qui non
sembra avere rilevanza lattenua-
zione della linea.
Le linee pi spesso usate
sono i cavi coassiali, soprattutto
quando debbono trattare segnali
bassi da trasmettere a grande di-
stanza. Il conduttore esterno, rea-
lizzato con calza metallica intrec-
ciata, agisce da schermo nei con-
fronti di disturbi migliorando la
qualit del segnale trasportato.
Le linee di trasmissione
delle quali abbiamo discusso nel
3.6 hanno come principali carat-
teristiche i due parametri v e Z0
oltre che D e E. Il calcolo di que-
sti parametri, in generale, abba-
stanza complicato. Tuttavia alcuni casi pi semplici possono essere trattati e ricavate alcune pro-
priet generali, almeno per quanto riguarda impedenza caratteristica e velocit di propagazione. La
tavola sopra riporta per questi due casi i valori caratteristici
[RA]
. I parametri geometrici sono stati
gi definiti, ma per maggiore comodit sono stati riportate le sezioni delle linee nella stessa tavola.
In pi, nella tavola sono usati i seguenti parametri: Rs che la resistivit superficiale dei conduttori
dovuta alleffetto pelle; Dc e Dd che sono i due termini di attenuazione dovuti il primo alle perdite
nei conduttore e latra alle perdite nel dielettrico. Lattenuazione complessiva la loro somma
5.5.1 Linee senza perdite
Se le linee sono prive di perdite o non distorcenti possiamo calcolare agevolmente in due ca-
si abbastanza comuni e cio quelli relativi alle linee bifilari ed ai cavi coassiali la velocit di propa-
gazione v e limpedenza caratteristica Z0.
Linee Bifilari
Riprendiamo la Fig.5.3-2. I due conduttori immersi in un dielettrico omogeneo costituiscono
la linea bifilare. Per le linee bifilari senza perdite si possono calcolare limpedenza caratteristica e la
velocit di propagazione delle onde impiegando le [5.2-5] e [5.3-5] che danno la capacit e
linduttanza per unit di lunghezza. Inserendole opportunamente nella [3.6-7] e [3.6-15] si calco-
lano questi due parametri. Per la velocit di propagazione si ha:
TAV.5.1-1
Unit Cavo coassiale Linea bifilare

rB
rA


D
r

C F/m
) r r ln(
2
A B


) r 2 D ( h arccos


L H/m
.
r
r
ln
2 A
B m


r 2
D
h arccos
m


R :/m
.
r
1
r
1
2
R
B A
s


( ) 1 r 2 D
r 2 D
r
R
2
s


G mhos/m
) r r ln(
2
) r r ln(
2
A B A B


) r 2 D ( h arccos


Dc R/2Z0 linee con piccole perdite
Dd GZ0/2
D
RG
Linee non distorcenti
Dispositivi elettrici 184
.
1 ) r 2 D ( h arccos
) r 2 D ( h arccos LC
1
v
m m
=


= = [5.5-1]
Dal momento che il materiale usato come dielettrico un isolante, la sua permeabilit praticamen-
te quella del vuoto. Quindi, la precedente si pu approssimare come
,
c 1 1
v
r r r 0 0 m

= [5.5-2]
nella quale c rappresenta la velocit di propagazione nella linea bifilare con dielettrico il vuoto (o
laria) per i quali costante dielettrica e permeabilit magnetica relative sono unitarie. La linea che
ha come dielettrico il vuoto, o anche laria, ha, quindi, velocit di propagazione
s / m 10 3
10 4 10 85 . 8
1 1
c v
8
7 12
0 0

=

= =

[5.5-3]
che ovviamente la velocit di propagazione delle onde elettromagnetiche e quindi della luce, nel
vuoto.
Per quanto riguarda limpedenza caratteristica inserendolo le [5.2-5] e [5.3-5] nella [3.6-15]
.
) r 2 D ( h arccos ) r 2 D ( h arccos
) r 2 D ( h arccos
r 2
D
h arccos
C
L
Z
r
r
0
0 m m
0

= = [5.5-4]
Nel caso del vuoto o dellaria
.
) r 2 D ( h arccos
120
) r 2 D ( h arccos
10 85 . 8
10 4 ) r 2 D ( h arccos
Z
r r
12
7
r 0
0
0

[5.5-5]
Cavi coassiali
I parametri dei cavi coassiali senza perdite possono essere calcolati in modo analogo. Ci ri-
feriamo alla Fig.5.3-3 con rB raggio del conduttore esterno e rA quello dellinterno. La capacit per
unit di lunghezza si ricava dalla [5.2-3] mentre la [5.3-8] da linduttanza per unit di lunghezza.
Anche questa volta si sostituiscono nella [3.6-7] e [3.6-15] e si hanno v e Z0. Per v si ha
,
c 1
2
) r r ln(
) r r ln(
2
LC
1
v
r m
A B
A B m

=


= =
per gli stessi motivi della volta precedente. Si noti che questa espressione coincide con la [5.5.2].
interessante notare che la velocit di propagazione assume la stessa espressione in entrambi i casi
dipendendo soltanto da permeabilit e costante dielettrica. Il senso che la velocit di propagazione
non dipende dalla forma della linea. Riguardando le espressioni precedenti, poich qualunque mez-
zo ha costante dielettrica non inferiore a quella del vuoto, segue che le linee hanno velocit di pro-
pagazione delle onde inferiore a quella della luce nel vuoto.
Il calcolo dellimpedenza caratteristica porta a
,
2
r r ln
) r r ln(
2
r
r
ln
2 C
L
Z
A B
r
m
0
0
A B A
B m
0

= = [5.5-6]
che nel caso di vuoto o aria diventa
.
r r ln
60
2
r r ln
Z
r
A B
r
A B
0
0
0

= [5.5-7]
I cavi in aria hanno la massima velocit di propagazione e, a parit di dimensione la pi ele-
Dispositivi elettrici 185
vata impedenza caratteristica.
5.5.2 Le perdite nelle linee
Lattenuazione dipende principalmente dalla resistenza dei conduttori. Leffetto pellicolare
ha un contributo fondamentale. Per diminuirlo, dato che la corrente tende a passare prevalentemente
sulla loro superficie bisogna fare i diametri dei conduttori grandi e possibilmente ricoperti di mate-
riale con pi bassa resistivit, per esempio argento. Nei cavi bifilari bisogna fare r grande. In quelli
coassiali il conduttore interno che deve essere di grosso diametro. Ci comporta un aumento dei
costi, del peso del cavo e della sua rigidit meccanica.
Nei cavi con piccole perdite lattenuazione D = Dc + Dd = R/2Z0 + GZ0/2 data dalla [3.6-
68]. Il primo termine dovuto alla perdite nei conduttori, laltro nel dielettrico.
Nelle linee non distorcenti, per le quali vale la [3.6-65], cio R/G = L/C. lattenuazione da-
ta dalla[3.6-6], cio . RG =
Il parametro D lattenuazione per metro cio il rapporto fra le ampiezza V2 e V1 dellonda
progressiva ad un metro di distanza. Ci vale sia per londa diretta che per quella eventualmente ri-
flessa. Dalla [3.6-64], per esempio, per la diretta . e e ) metro 1 per x ( V V
x
1 2

= = = I costruttori
danno lattenuazione della linea in dB/m definita come 20Log
10
V2/V1. Pertanto lattenuazione
D
Db
(in dB/m) = 20 Log
10
V2/V1 = 20 Log
10
e
D
= 20 D

Log
10
e =8.686 D









Dispositivi elettrici 186
BIBLIOGRAFIA
[AM] - Amaldi Fisica Sperimentale II
[KN] - Knoll - Radiation Detection and measurement - J.Wiley
[KN] - Knoll - Radiation Detection and measurement - J.Wiley
[FA] - Falcone Elettronica generale e radioelettronica Siderea - 1968
[FI] - Fink, Christiansen Manuale di elettronica - Tecniche nuove 1987
[GE] - Gettys, Keller, Skove Fisica classica e moderna: Elettromagnetismo McGraw Hill,
1998
[KA] - Kaufman, Seidman Electronics Sourcebook - McGrawHill - 1984
[MO] - Montanari Tecnologia delle costruzioni elettroniche - Cupido - 1982
[RA] - Ramo, Whinnery - Field and waves in modern Radio - Wiley 1962
[TE] - Terman Radiotecnica ed elettronica CELI -

DI ODI SEMI CO DI ODI SEMI CO N N DUT T ORI DUT T ORI
Introduzione
Fino a questo momento ci siamo occupati di elementi o passivi o lineari. Da questo capitolo
in poi iniziamo a trattare i dispositivi a semiconduttori che sono fondamentali per lelettronica. So-
stanzialmente i dispositivi cui ci occupiamo si dividono in due categorie e cio i cosiddetti disposi-
tivi bipolari e quelli ad effetto di campo. In questo capitolo i occupiamo dei diodi bipolari cos
chiamati perch la corrente al loro interno affidato alle cariche di entrambe le
6.1. La giunzione P-N.
Realizziamo un semiconduttore nel quale siano state prodotte zone drogate di tipo differen-
te. La superficie di separazione delle due zone prende il nome di giunzione metallurgica. Il disposi-
tivo cosiffatto un diodo semiconduttore a giunzione. Le due zone p e n ottenute sono accessibili
da due terminali applicati a due strati metallici posti sulle due zone conduttrici, come, per esempio,
mostrato nella Fig. 6.1-1a. Esse sono lunghe, rispettivamente, lp e ln. Viene chiamato anodo il
terminale relativo alla zona p e catodo l'altro. Il comportamento del dispositivo siffatto dipende es-
senzialmente dal rapporto fra le concentrazioni dei droganti nelle due parti e dai loro profili. I profi-
li che si ottengono dai processi tecnologici non sempre sono definibili sotto forma analitica. Tutta-
via alcune approssimazioni fondamentali possono essere fatte. Qui ne discuteremo soltanto due e
cio la giunzione a profilo di concentrazione brusca detta anche giunzione a gradino e quella a pro-
filo di concentrazione lineare. Tuttavia molte giunzione effettivamente presentano profili meglio
descrivibili da andamenti gaussiani.
6.1.1 Giunzione a gradino non polarizzata
La Fig.6.1-1b mostra la concentrazione delle impurezze e quindi degli ioni, non necessaria-
mente eguali, nei pressi della giunzione. Si stanno supponendo concentrazioni diverse nelle due zo-
ne, ma uniformi. In questo caso si parla di giunzione a gradino. La situazione evidentemente ide-
ale. Nella zona p sono in maggioranza le lacune, con concentrazione pari a NA atomi/cm
3
, che sono
dette per questo cariche maggioritarie rispetto agli elettroni liberi che sono, invece, cariche minori-
tarie. Il discorso si capovolge nella zona n dove la concentrazione degli atomi droganti ND ato-
mi/cm
3
.
Le lacune della zona p diffondono nella zona n e viceversa, gli elettroni liberi della zona n
in quella p. L'effetto risultante mostrato nella Fig. 6.1-1c. Le cariche che sono maggioritarie in
una zona, attraversando la giunzione diventano minoritarie e hanno una grande probabilit di ri-
combinarsi con le cariche di tipo opposto che in quella zona sono maggioritarie. Ci avviene in
prossimit della giunzione. In questa zona si hanno un grande numero di ricombinazione e quindi
vengono lasciate scoperti gli ioni immobili. Tuttavia la diffusione delle cariche fra le due zone pro-
duce un accumulo di cariche di segno contrario da una parte e dall'altra che provoca un campo elet-
trico ed una barriera di potenziale che si oppone ad ulteriore diffusione. Si arriva ad una situazione
di equilibrio dinamico in cui ad ogni carica che si sposta in un senso per effetto della diffusione cor-
risponde una carica dello stesso tipo che il campo elettrico prodotto ricaccia indietro verso la zona
da cui era arrivata. Le due zone immediatamente vicine alla giunzione risultano praticamente svuo-
tate dalle cariche mobili. Pertanto il loro insieme prende il nome di zona di svuotamento. In tale
zona presente la carica spaziale relativa agli ioni immobili rimasti scoperti.
Diodi semiconduttori 188
Quanto detto mostrato in
dettaglio nella Fig.6.1-1. Il campo e-
lettrico determinato dal doppio strato
di ioni scoperti a cavallo della giun-
zione in Fig. 6.1-1d. A questo cam-
po corrisponde il potenziale della
Fig. 6.1-1e. La differenza di poten-
ziale che si viene a creare fra la zona
n e la zona p prende il nome di po-
tenziale intrinseco ed indicato con
VBi. Per finire la Fig. 6.1-1f fa vede-
re la situazione delle cariche mobili
in tutto il semiconduttore. I profili
non si presentano simmetrici perch
si immaginato di avere drogato pi
fortemente il materiale p rispetto alla
zona n. Il grafico semilogaritmo.
Le zone in cui sussistono ca-
riche mobili sono neutre e quindi la
densit di carica r r ed anche il campo
elettrico E sono nulli. Invece, le zone
svuotate, non conduttrici, ma non
neutre, sono sede di campo elettrico.
Andiamo nel dettaglio. Co-
minciamo con il determinare la lar-
ghezza delle zone svuotate. Lipotesi
di drogaggi uniformi consente un
calcolo semplificato. Dobbiamo ricordare che, mentre a cavallo delle giunzioni ci sono zone cari-
che, lontano da esse le due zone conduttrici p e n sono neutre. In condizioni di equilibrio in queste
zone neutre il campo elettrico deve essere nullo altrimenti ci sarebbe spostamento di cariche mobili
e quindi corrente. Un elettrone che dal materiale n va nel p lascia uno ione positivo scoperto nella
zona n e produce, ricombinandosi con una lacuna, uno ione positivo scoperto nella zona p. Quindi
il numero di ioni scoperti identico nelle due parti della giunzione. Gli ioni, in una approssimazione
ragionevole sono addensati a cavallo della giunzione. In effetti la situazione leggermente differen-
te ed il profilo di concentrazione delle cariche fisse non esattamente rettangolare ma ha un pen-
denza verso lesterno. Chiamiamo S la sezione del diodo, supposta costante, Wp e Wn gli spessori
delle zone svuotate, rispettivamente a sinistra e a destra della giunzione. Le carica scoperta nella
zona p q NAWpS, mentre nella zona n q NDWnS. Eguagliando i due termini si ricava
NAWp = NDWn . [6.1-1]
Nellipotesi fatte di drogaggi e sezione uniforme il problema pu essere studiato conside-
rando il caso unidimensionale lungo la direzione x della lunghezza del diodo. Inoltre fondamenta-
le lapprossimazione di completo svuotamento. Si suppone, cio, che nella zona compresa fra -Wp e
Wn non siano presenti cariche mobili. Inoltre, la densit dei portatori maggioritari salta bruscamente
al valore del drogante allesterno di questo intervallo. Poniamo lorigine degli assi nella giunzione
metallurgica dove la concentrazione salta bruscamente da NA a ND. Applichiamo l'equazione di
Poisson [4.8-25] ricavata nel 4.8.6. In tal caso la [4.8-25] si scrive come

)]. x ( n ) x ( p ) x ( c ) x ( c [
q ) x (
dx
d
dx
V d
i i
2
2
+


+

Con ci
-
(x) e ci
+
(x) si sono indicate le concentrazioni di ioni scoperti, nelle due zone. Per quanto det-
-60 -40 -20 40 60
0
0.5
1
-60 -40 -20 40 60
10
10
0
2
4
Giunzione metallurgica
Anodo Catodo
(a) n p
l
p
l
n
6
x 10
18
N (atomi/cm
3
)
N
A
N
D
x (nm)
x (nm)
x (nm)
x (nm)
-60 -40 -20 40 60
-6
-4
-2
0
x 10
5
E E
(V/cm)
-60 -40 -20 40 60
-60 -40 -20 0 20 40 60
-0.8
-0.4
0
0.2
x (nm)
V
-W
p
W
n
p
p
= N
A
n
n
= N
D
p
n
= n
i
2
/N
D
n
p
= n
i
2
/N
A
r r
(coul/cm
3
)
p, n (/cm
3
)
Giunzione metallurgica
(f)
(e)
(d)
(c)
(b)
VBi
0 20
0 20
E
max
0 20
0 20
Giunzione elettrica
-qN
A
qN
D
p(x)
n(x)
-W
p
W
n

Fig.6.1-1
Diodi semiconduttori 189
to ci
-
(x) = NA soltanto per Wp < x < 0 mentre nullo dappertutto. Analogamente ci
+
(x) = ND sol-
tanto per 0 < x < Wn e zero dappertutto. Trascurando, ovviamente, nelle zona svuotate di cariche
mobili la loro presenza, la precedente si pu scrivere come:
.
W x 0 per N
q
0 x W - per N
q
dx
d
dx
V d
n D
p A
2
2

'

< <

< <


Il campo elettrico nelle due zone si pu determinare integrando la precedente: Per Wp < x <
0, . c x
qN
c dx
qN
) x ( E
A A

La costante si calcola imponendo che per x = Wp il campo


si annulla. Allora c W
qN
0 p
A
+

, da cui . W
qN
c p
A

Quindi, per Wp < x < 0,


.
W
x
1 E
W
x
1
W qN
) W x (
qN
) x ( E
p
M
p
p A
p
A

,
_

+
,
_


con .
W qN W qN
E
n D p A
M

[6.1-2]
Invece per 0 < x < Wn, . c x
qN
c dx
qN
) x ( E
D D

La costante si calcola imponendo che per x


= Wn il campo si annulla. Allora c W
qN
0 n
D
+

, da cui . W
qN
c n
A

Quindi, per 0 < x < Wn


.
W
x
1 E
W
x
1
W qN
) W x (
qN
) x ( E
n
M
n
n D
n
D

,
_


,
_


Il coefficiente moltiplicativo comunque EM. Riepilogando
.
W x 0 per
W
x
1 E
0 x W - per
W
x
1 E
E
n
n
M
p
p
M

'

< <
,
_

< <

,
_

+
[6.1-3]
Il potenziale V(x) allinterno della zona di svuotamento si calcola integrando il campo che
non nullo solo nella zona di svuotamento:
.
2
W
W 2
x
x E dx
W
x
1 E dx E ) x ( V : 0 x Per W
p
p
2
M
x
W
p
M
x
W
p
p p
1
1
1
]
1


+ +

,
_

+

[6.1-4]
con V(0) =-EMWp/2.
.
2
W
W 2
x
x E ) 0 ( V dx
W
x
1 E ) 0 ( V dx E ) x ( V : W x 0 Per
p
n
2
M
n
M n
1
1
1
]
1

+ +
,
_

+

[6.1-5]
per x = Wn, .
2
W
E
2
W W
E V ) W ( V M
n p
M Bi n
+
[6.1-6]
Con W si indicata la profondit complessiva della zona svuotata.
La [6.1-1] si pu riscrivere come ,
N
N
W
W
A
D
n
p
cio ,
N
N N
W
W
W
W W
A
A D
n n
n p +

+
da cui
.
N N
N
W W
A D
A
n
+
Daltra parte, se nella [6.1-6] si sostituisce il valore di EM dato dalla [6.1-2] e
quindi il valore di Wn test ricavato si trova .
2
W
) N N (
N qN
2
W W qN
V
2
A D
A D n D
Bi
+

Da questa si deter-
Diodi semiconduttori 190
mina la larghezza della zona svuotata, legata alla tensione intrinseca da:
.
N
V
q
2
N N
N N
V
q
2
W
eq
Bi Si
A D
A D
Bi
Si

+
[6.1-7]
Se la giunzione non polarizzata la corrente netta attraverso la giunzione nulla, anche se si
ha un flusso continuo di cariche nei due sensi. La corrente di diffusione delle cariche dovuto al gra-
diente di concentrazione eguaglia la corrente di trascinamento dovuta al campo elettrico nella giun-
zione. Riprendiamo dal 4.4 lequazione della densit di corrente. Per le lacune, dalla [4.4-18]
0
dx
p d
D p q J p p p
1
]
1

[6.1-8]
e allora:
pdx
p d
V
pdx
p d

D
dx
dV
T
p
p

cio .
p
p d
V dV - T Ricordiamo che le cariche minoritarie
nelle due zone p e n sono, rispettivamente, pn0 = ni
2
/NA e np0 = ni
2
/ND. Integriamo fra Wp dove NA
= p(Wp) = e Wn dove .
N
n
) W ( p
D
i
n
2
.
p
p d
V dV
Wn
Wp -
T
Wn
Wp -

Quindi .
N N
n
ln V p ln V V
D A
i
T
W
W -
T Bi
2
n
p

.
n
N N
ln V V
2
i
D A
T Bi [6.1-9]
Il potenziale intrinseco si sarebbe potuto ricavare, con lo stesso risultata imponendo che la corrente
di elettroni nulla.
A questo punto, fissata la temperatura e scelti i drogaggi delle due zone risulta anche stabili-
ta la tensione intrinseca dalla precedente e quindi anche lo spessore complessivo dalla [6.1-7] e le
due parti in cui si suddivide nelle due zone tramite la [6.1-1].
Possiamo calcolare il profilo di concentrazione delle cariche mobili nel semiconduttore.
Cominciamo dalle lacune. Riprendiamo la [6.1-8] che pu essere riscritta come
dx
V p
dp
T


Integrando c dx
V p
dp
T
+


. Ricordiamo che il campo elettrico assume le forme [6.1-3] a seconda
di quale zona viene considerata. La costante c viene determinata imponendo che p(Wp) = NA e
p(Wn) = ni
2
/ND. Il risultato finale da
.
W x 0 per e
N
n
0 x W - per e N
) x ( p
n
W 2
) W x (
V

D
2
i
p
W 2
) W x (
V
A
n
2
n
T
M
p
2
p
T
M

'

< <
< <

+

Il profilo di concentrazione mostrato nella Fig.6.1-1f.
Per il profilo di concentrazione degli elettroni bisogna riprendere lespressione della densit
di corrente di elettroni data dalla [4.8-17] ed imporre che anche essa sia nulla. Si procede in modo
analogo, sempre utilizzando le espressioni del campo elettrico [6.1-3] e tenendo presente le condi-
zioni al contorno n(Wp) = ni
2
/NA e n(Wn) = ND. Il risultato finale da
.
W x 0 per e N
0 x W - per e
N
n
) x ( n
n
W 2
) W x (
V
D
p
W 2
) W x (
V

A
2
i
n
2
n
T
M
p
2
p
T
M

'

< <
< <


Diodi semiconduttori 191
Anche questo profilo di concentrazione mostrato nella Fig.6.1-1f. Se si osserva con attenzione la
figura si nota che il punto in cui le due concentrazioni di elettroni e lacune sono identiche non corri-
sponde alla giunzione metallurgica.
Nellesempio fatto in cui la concentra-
zione di accettori supera quella dei dona-
tori questo punto, detto anche giunzione
elettrica, si spinge allinterno della zona
n. Ovviamente se cambia la situazione la
giunzione elettrica si spinge nellaltro
senso.
Molto spesso il rapporto fra le
concentrazioni delle impurezze notevo-
le. In questo caso si possono usare e-
spressioni approssimate molto comode.
Per esempio se chiamiamo Nm la concen-
trazione pi piccola delle due lo spessore
della zona di svuotamento si riduce a
.
N
V
q
2
W
m
Bi
[6.1-10]
come si pu facilmente ricavare dalla
[6.1-7]. Nella Fig.6.1-2 sono mostrati il
potenziale intrinseco e la profondit della regione di svuotamento di un diodo a drogaggio asimme-
trico in funzione della concentrazione della zona meno drogata e a temperatura ambiente.
6.1.2 Giunzione graduale non polarizzata
La semplificazione introdotta
relativa alla giunzione a gradino non
molto realistica. Anche se molto
utile per capire il comportamento ba-
se di una giunzione perch i concetti
fondamentali rimangono. Tuttavia
bene tenere conto della possibilit
che, in vicinanza della giunzione me-
tallurgica il profilo di drogaggio vari
in qualche modo differente. In parti-
colare ci interessa, perch abbastanza
vicino alla realt il comportamento di
giunzioni in cui il profilo di drogag-
gio vari gradualmente.
In questo paragrafo, quindi, ci
occupiamo di questo caso. Tuttavia
non svilupperemo tutto il calcolo che
pu essere ritrovato nella bibliografia
citata. Le ipotesi di partenza sono che
il profilo di drogaggio vari gradual-
mente nella vicinanza della giunzio-
ne con una pendenza costante di m
(Atomi /cm
3
/cm) e che risulter
svuotata parte della zona con profilo di drogaggio variabile. In Fig.6.1-3a mostrato il profilo di
N=410
19
N=410
19
V
Bi
(Volt)
(a)
Si
Ge
GaAs
10
14
10
15
10
16
10
17
10
18
0
0.5
1
1.5
Concentrazione della zona meno drogata (N/ cm
3
)
W(
m m
m)
(b)
Ge
GaAs
Si
Concentrazione della zona meno drogata (N/ cm
3
)
10
14
10
15
10
16
10
17
10
18
10
-2
10
-1
10
0
10
1

Fig.6.1-2
n
p
E
max
N
A
N
D
x (nm)
x (nm)
x (nm)
x (nm)
V
W/2 -W/2
-qmW/2
Giunzione metallurgica
Anodo
Catodo
(d)
(c)
(b)
(a)
-800 -600 -400 -200 0 200 400 600 800
0
2
4
6
x 10
16
-800 -600 -400 -200 0 200 400 600 800
-0.01
0
0.01
-800 -600 -400 -200 0 200 400 600 800
-3
-2
-1
0
x 10
4
-800 -600 -400 -200 0 200 400 600 800
0
0.5
1
r r
(coul/cm
3
)
N (atomi/cm
3
)
V (Volt)
N
A
N=mx
qmW/2
V
Bi
N
D
E E
(V/cm)

Fig.6.1-3
Diodi semiconduttori 192
concentrazione di un diodo a drogaggio leggermente asimmetrico che, per, ha una giunzione in cui
il drogaggio varia uniformemente. Le cariche minoritarie attraversando le giunzione si ricombinano
e lasciano scoperte una zona in cui la concentrazione degli ioni cresce linearmente allontanandosi
dalla giunzione, vedi Fig.6.1-3b.
Questa volta l'equazione di Poisson da applicare nella zona di svuotamento
+


+
)] x ( n ) x ( p ) x ( c ) x ( c [
q ) x (
dx
d
dx
V d
i i
2
2

. x m
q
)] x ( n ) x ( p x m [
q


Il campo elettrico si ottiene inte-
grando questa espressione ed impo-
nendo che fuori dalla zona di svuo-
tamento, larga W, il campo elettrico
sia nullo, per le ragione dette anche
a proposito della giunzione a gradi-
no. Il conto porta che,
nellintervallo W/2 < x < W/2
1
1
]
1

,
_


2
M
W
x 2
1 E E
con .
2
W
2
m q
E
2
M

,
_

[6.1-11]
Integrando ulteriormente si trova
anche il potenziale intrinseco che
mostrato nella Fig.6.1-3d. Comun-
que esso .

12
qmW
V
3
Bi [6.1-12]
Daltra parte la concentrazione delle
impurezze ai confini della regione
di svuotamento e mW/2 da en-
trambe le parti. Allora possiamo uti-
lizzare una espressione approssimata ricavata dalla [6.1-9] nella quale la situazione della concen-
trazione delle impurezze ai confini della regione svuotata era NA e ND. Quindi, sostituendo sia a NA
che a ND mW/2 nella [6.1-9] si ottiene
.
2n
W m
ln V
n

2
W
m
2
W
m
ln V V
2
i
T
i
T Bi
2 2

,
_


Per trovare sia W che VBI bisognerebbe fare sistema fra le due ultime espressioni. Il sistema non
risolubile per via analitica. Tuttavia la via numerica lo consente. In Fig.6.1-4 landamento della ten-
sione intrinseca e della larghezza della zona di svuotamento in funzione del gradiente di concentra-
zione delle impurezze mostrato per i tre tipi differente di semiconduttore a T = 27 C.
Le giunzioni con profilo graduale non possono essere realizzate, tuttavia sono una buona
approssimazione per esempio per giunzioni brusche riscaldate eccessivamente per le quali, durante
il riscaldamento si ha una diffusione con redistribuzione che tende a smussare il profilo di concen-
trazione ed a renderlo lineare.
10
19
10
20
10
21
10
22
10
23
0
0.5
1
1.5
V
Bi
(Volt)
(a)
Si
Ge
GaAs
GradientediimpurezzeN(atomi/cm
3
/cm)
GradientediimpurezzeN(atomi/cm
3
/cm)
W(
m m
m)
(b)
Ge
GaAs
Si
10
19
10
20
10
21
10
22
10
23
10
-2
10
-1
10
0
10
1

Fig.6.1-4
Diodi semiconduttori 193
6.1.3 La polarizzazione diretta.
Applichiamo una tensione positiva VAK fra anodo e catodo, come mostrato in Fig.6.1-5a,
cio la zona p positiva rispetto la zona n. Si dice che si applicata una polarizzazione diretta.
Le considerazioni di questo paragrafo si riferiscono ad un diodo con giunzione a gradino. Le
ipotesi che si fanno per ottenere i risultati sono quelle del 6.1.1: entrambe le regioni siano unifor-
memente drogate; la zona di svuotamento sia completamente svuotata; le correnti che attraversano
le regioni resistive siano piccole in modo da potere trascurare le cadute di potenziale su queste parti
del dispositivo e pertanto la tensione VAK risulti tutta applicata ai capi della regione di svuotamento.
Queste semplificazioni portano ad un semplice risultato detto equazione di Shokley. Tuttavia il
comportamento reale differisce alquanto da quello che con questo metodo si pu ricavare. Discute-
remo pi avanti di miglioramenti che si possono fare a questo modello.
6.1.3.1 Diodi a base lunga
Per il momento incominciamo a discutere dei diodi in cui le lunghezze dellanodo e del ca-
todo siano sufficientemente pi grandi sia della zona di svuotamento che delle lunghezze di diffu-
sione in entrambe le zone. Questi diodi prendono il nome di diodi a base lunga per distinguerli da
quelli in cui questa condizione non verificata e che saranno discussi pi avanti.
Cominciamo a dare una prima spiegazione qualitativa di ci che accade con laiuto della
Fig.6.1-5 nella quale le curve tratteggiate rappresentano situazioni in cui non applicato potenziale
fra le due zone, mentre quelle a tratto continuo si riferiscono allapplicazione di VAK. La tensione
applicata si sottrae al potenziale intrinseco VBi. In Fig.6.1-5b illustrata la situazione del potenziale
nella zona della giunzione. Viene pertanto ridotto il campo nella zona di svuotamento, cio l'ostaco-
lo alla diffusione delle cariche dalla zona in cui sono maggioritarie verso l'altra. Ed allora nella vi-
cinanza della giunzione si ottiene un eccesso di portatori minoritari. In Fig. 6.1-5c mostrata la si-
tuazione delle cariche confrontata con quella che si ha in assenza di polarizzazione che rappresen-
tata tratteggiata. Per mantenere la
neutralit elettrica delle zone con-
duttrici vengono richiamate cariche
di segno contrario. Ad esempio le
lacune in eccesso nella zona n ri-
chiamano elettroni dalla zona a de-
stra. A regime la zona n provvede
a trasferire nella zona p gli elettro-
ni necessari a rimpiazzare quelli
che scompaiono per ricombinazio-
ne. Queste cariche provengono dal-
la batteria. Ci da luogo alla cor-
rente JAn. Analogamente JAp. In
questo caso, per, le lacune non ar-
rivano dalla batteria ma, come
ovvio sono elettroni che vanno
verso la batteria a chiudere il cir-
cuito per soddisfare il principio di
Kirkhoff. Nella zona di svuota-
mento si hanno contributi
significativi di entrambi i tipi di
portatori. La Fig. 6.1-5d mostra la
situazione delle densit di corrente
nel diodo.
Chiamiamo ancora -Wp e
Giunzione metallurgica
(d)
(b)
p, n (/cm
3
)
-60 -40 -20 0 20 40 60
10
x (nm)
p
p
= N
A
p
n
= n
i
2
/N
D
n(x)
-60 -40 -20 0 20 40 60
0
0.5
1
x (nm)
V (Volt)
V
Bi
Giunzione metallurgica
(c)
Giunzione elettrica
10
-60 -40 -20 0 20 40 60
10
x (nm)
J
Ap
n
n
= N
D
J
Ap
n
p
= n
i
2
/N
A
p(x)
n(x)
J
A (ma/m
2
)
Anodo Catodo
(a)
+
-
V
AK
n p
l
p
>>L
n
Giunzione elettrica
-W
p
L
p
L
n
W
n
Diffusionedi
lacune
Diffusionedi
elettroni
diffusione
danodo
neutra
di catodo
neutra
danodo
svuotamento
diffusione
di catodo
V
AK
V
Bi
-V
AK
J
An
J
An
l
n
>>L
p

Fig.6.1-5
Diodi semiconduttori 194
Wn la delimitazione della zona di carica spaziale. Allincirca all' esterno di tale zona si hanno zone
neutre conduttrici con cariche maggioritarie. La zona di carica spaziale non neutra ma svuotata di
cariche mobili. Leffetto della differente barriera di potenziale produce uno spessore totale della zo-
na di svuotamento diverso. Estendendo la [6.1-7] si pu scrivere:
.
N
V V
q
2
N N
N N
) V V (
q
2
W
eq
AK Bi Si
A D
A D
AK Bi
Si

[6.1-13]
La corrente di lacune nella regione di carica spaziale, per le ipotesi semplificative introdotte,
pu essere calcolata utilizzando lequazione di continuit ricavate nel 4.4.3 data dalla [4.4-18]
1
]
1


dx
) x ( p d
D ) x ( (x) p q ) x ( J p p Ap o che lo stesso
.
dx
) x ( p d
D
dx
) x ( V d
(x) p q ) x ( J p p Ap
1
]
1


I due termini della corrente sono molto grandi. La corrente totale di lacune, allinterno della zona di
carica spaziale, la differenza fra queste due correnti e risulta solo una frazione molto piccola di en-
trambe. Pertanto in una prima approssimazione la corrente di diffusione pu essere ritenuta eguale a
quella di trascinamento. Allora dalla precedente si ricava
dx
) x ( p d
D
dx
) x ( V d
(x) p p p cio
.
) x ( p
) x ( p d
) x ( V d
Dp
p

Usando la relazione di Einstein [4.4-16] .


) x ( p
) x ( p d
V
) x ( V d
T
Integriamo
allinterno della zona di svuotamento, fra -Wp e Wn. Si ha: .
) x ( p
) x ( p d

V
) x ( V d
n
p
n
p
W
W
W
W
T


Quindi
) W ( p
) W ( p
ln
V
) W ( V ) W ( V
p
n
T
p n


. Ai capi della zona di svuotamento si ha una tensione VAK VBi.
Ed allora
) W ( p
) W ( p
ln
V
V V
p
n
T
Bi AK

cio
T Bi T AK T Bi T AK V V V V
A
V V V V
p n e e N e e ) W ( p ) W ( p

. Abbiamo
gitrovato il potenziale intrinseco VBi con la [6.1-9]. Sostituendola nella precedente:

T AK T AK T AK V V
0 n
V V
D
2
i
D A
2
i
V V
A n e p e
N
n
N N
n
e N ) W ( p . [6.1-14]
In assenza di polarizzazione diretta p(Wn) = pn0. Leffetto della polarizzazione di aumentare la
concentrazione delle cariche minoritarie come si vede dalla relazione precedente. A destra della zo-
na di svuotamento e cio per x = Wn leccesso di lacune che di determinato con lapplicazione del
potenziale VAK
). 1 e ( p p e p p ) W ( p ) W ( p
T AK T AK V V
0 n 0 n
V V
0 n 0 n n n n [6.1-15]
Eseguendo lo stesso calcolo per gli elettroni si troverebbe
). 1 e ( n n e n n ) W ( n ) W ( n
T AK T AK V V
0 p 0 p
V V
0 p 0 p p p p
Chiamiamo dpn(x) e dnp(x) leccesso di cariche minoritarie nelle regioni al di fuori della re-
Wn per x -Wp. La regione a destra di Wn
neutra e priva di campo elettrico. Non ci sono cause che producono generazione addizionale e a re-
gime, la concentrazione nelle zone neutre non cambia nel tempo. Allora si pu usare lequazione di
continuit [4.6-4]. In queste ipotesi semplificative essa si riduce a , 0
x
) x ( p
D
p ) x ( p
2
n
2
p
p
0 n n


cio ,
x
) x ( p

D
) x ( p
2
n
2
p p
n

e ricordando la [4.6-6] essa diventa .


x
) x ( p

L
) x ( p
2
n
2
2
p
n

Lp la lunghezza
di diffusione delle lacune. La soluzione generale stata gi calcolata nel 4.6.1 ed la [4.6-7], cio:
Diodi semiconduttori 195
. e B e A (x) p
p p x/L -x/L
n + [6.1-16]
Per x , pn pn0 cio dpn() = 0. Da cui B = 0. Invece per x = Wn, per la [6.1-15]
). 1 e ( p ) W ( p
T AK V V
0 n n n Allora . e ) 1 e ( p A
p n T AK L W V V
0 n

Per finire:
.
)
e ) 1 e ( p ) x ( p
p n T AK L W x ( V V
0 n n

[6.1-17]
Nella zona n, a destra di Wn in cui il semiconduttore neutro si ha un profilo di concentrazione
con un eccesso dato dalla precedente rappresentato in scala logaritmica nella Fig.6.1-5c. Dal mo-
mento che la concentrazione delle cariche minoritarie non costante si ha corrente per effetto di dif-
fusione. Poich il campo elettrico nella stessa zona nullo non c corrente di deriva e la densit di
corrente si pu calcolare come
. e ) 1 e (
D
qp e ) 1 e ( p
L
D
q
dx
) x ( dp
qD ) x ( J
p
n
T
AK
p
n
T
AK
L
W x
V
V
p
p
0 n
L
W x
V
V
0 n
p
p n
p Ap


Se la zona svuotata piccola pu essere trascurata la ricombinazione delle cariche nella stessa zona,
supposta, quindi, completamente svuotata, e la densit di corrente costante. Il suo valore s
calcolare determinandola al limite della zona di svuotamento dalla precedente per x = Wn. Si ha
). 1 e ( p
D
q ) W ( J
T AK V V
0 n
p
p
n Ap


Un calcolo analogo eseguito per la densit di corrente di elettroni ci consente di calcolarla
allaltro limite della zona di svuotamento. Si ricava:
). 1 e ( n
D
q ) W ( J
T AK V V
0 p
n
n
p An


Anche questa corrente rimane praticamente costante allinterno della zona di svuotamento. La den-
sit di corrente totale, al suo interno , quindi, la somma delle due precedenti:
). 1 e ( n
D
p
D
q ) 1 e ( n
D
q p
D
q ) W ( p J ) W ( J J
T AK T AK V V
0 p
n
n
0 n
p
p
V V
0 p
n
n
0 n
p
p
p An n Ap A
1
]
1


1
]
1

+
Ponendo
1
]
1

+
1
]
1

+
1
]
1

n A
n
p D
p
2
i 0 p
n
n
0 n
p
p
0 p
n
n
0 n
p
p
S
L N
D
L N
D
qn n
L
D
p
L
D
q n
D
p
D
q J [6.1-18]
). 1 e ( J J
T AK V V
s A [6.1-19]
che da la densit di corrente nel diodo. Il profilo della densit di corrente nelle varie zone mostrato
nella Fig.6.1-5d.
Per un diodo di sezione S la corrente IA nel diodo si pu ricavare dalla precedente ponendo
Is = JsS [6.1-20]
come ). 1 e ( I I
T AK V V
s A [6.1-21]
che la cosiddetta equazione di Shockley. Vedremo pi avanti le ragioni per cui il coefficiente Is
prende il nome di corrente inversa di saturazione.
Si osserva il dettaglio della Fig.6.1-5d che descrive la densit di corrente nelle varie zone
del diodo. Si possono distinguere cinque zone, da sinistra a destra: 1) la zona neutra dellanodo; 2)
la zona di diffusione dellanodo; 3) la zona di svuotamento a cavallo della giunzione; 4) la zona di
diffusione del catodo; 5) la zona neutra del catodo.
Nella zona di svuotamento la corrente composta da due componenti di ampiezza diversa
perch dipendendo dalla differenza di drogaggio fra catodo ed anodo e sono dovute agli elettroni
che si recano verso lanodo e le lacune che si spostano verso il catodo. Queste correnti procedono
praticamente indisturbate nella zona che, essendo svuotata non da praticamente effetti di ricombina-
zioni, almeno in prima approssimazione, di queste cariche che transitano.
Diodi semiconduttori 196
Le correnti nelle due zone di diffusione, sia di anodo che di catodo si comportano in modo
simmetrico. Per esempio la corrente nella zona di diffusione del catodo dovuta alle lacune che si
ricombinano provenendo dalla zona di svuotamento. Questa componente diminuisce esponenzial-
mente con la distanza dal confine della zona di svuotamento secondo la loro lunghezza di diffusio-
ne. Dopo poche lunghezze di diffusioni Lp non c pi corrente di diffusione di elettroni. Inoltre nel-
la stessa zona stanno transitando elettroni che si recano verso lanodo. Una parte di essi sar la cor-
rente costante allinterno della zona di svuotamento che produrr la diffusione nellanodo, laltra
parte quella relativa alla ricombinazione con lacune, nella stessa zona di diffusione di catodo che
provengono dallanodo.
La corrente nelle due zone neutre dovuta ad elettroni nel catodo e a lacune nellanodo. Gli
elettroni che si spostano nel catodo provengono, attraverso il contatto metallico dalla batteria. Ri-
cordiamo che una lacuna, di fatto la mancanza di un elettrone e il suo spostamento in un verso si-
gnifica, di fatto, che un elettrone si sposta in verso opposto. Allora, le lacune che si spostano
nellanodo, verso la giunzione, al contatto metallico dellanodo, sono elettroni che dalla zona neutra
vanno verso la batteria. In tal modo lintero percorso della corrente, sia dentro il diodo che attraver-
so il circuito esterno giustificato.
Naturalmente la corrente complessiva costante in tutto il diodo. Quindi, andando da sini-
stra verso destra nella zona neutra dellanodo si ha una corrente di lacune costante finch non si ar-
riva nella zona di diffusione danodo dove la corrente di lacune diminuisce mentre contemporanea-
mente sale quella di diffusione degli elettroni. Il mini-
mo della prima ed il massimo della seconda si hanno
per x = -Wp. Da questo punto fino allaltro estremo del-
la zona di svuotamento, per x = Wn, le cose restano
immutate. Ora nella zona di svuotamento del catodo la
corrente di diffusione delle lacune decresce con x se-
condo la lunghezza di diffusione delle lacune e man
mano cresce la corrente
La caratteristica ideale di un diodo nella zona di
polarizzazione diretta, data dalla [6.1-21] rappresenta-
ta dalla curva di Fig. 6.1-6.
Ricordiamo che a temperatura ambiente VT
come abbiamo visto nel 4.4.2.1, di circa 26 mV. Se VAK > 4 VT il termine e
V
AK
/V
T

>> 1

e la cor-
rente gi per VAK > 100 mV sale esponenzialmente con VAK. In tal caso la [6.1-21] pu essere sem-
plificata in
. e I I
T AK V V
s A [6.1-22]
Riprendiamo il discorso che riguarda la densit corrente inversa di saturazione e cerchiamo
di determinare linfluenza che ha su di essa il materiale. Nella
TAV.6.1-I, seconda colonna, sono mostrati i valori che si desu-
mono, applicando le [6.1-18] e [6.1-20] per questo parametro
nel germanio, silicio e nellarseniuro di gallio a drogaggi inter-
medi con tempi di vita dei portatori minoritari dellordine dei
ns. Non ovviamente possibile considerare tutti i casi. Sappia-
mo che questi tempi dipendono dalle trappole. La conclusione
che si pu trarre dai valori della tavola la grande disparit. Si
vede che quella dellarseniuro di gallio la pi piccola e che
quella del germanio considerevolmente pi alta.
IA (ma)
VAK (Volt)
Polarizzazione
diretta
0
5
10
15
20
) 1 e ( I I
T AK V V
s A
0 VAK >
0.6 0.4 0.2

Fig.6.1-6
TAV.6.1-I
Corrente di saturazione per un
diodo di sezione S = 0.1 mm
2
.
NA = 10
16
/cm
3
; ND = 10
17
/cm
3
;
a T = 300C
calcolata misurata
Ge 1.5 nA
Si 2.5 10
-3
fA
GaAs 8 10
-7
fA
1.5 pA
Diodi semiconduttori 197
6.1.3.2 Diodi a base corta
Tutto quanto detto precedentemente implica
che la lunghezza delle zone neutre sia sufficiente
perch le cariche minoritarie che provengono dalla
zona dove sono maggioritarie e attraversano la giun-
zione abbiano spazio sufficiente per ricombinarsi e
cio che la lunghezza di diffusione sia sufficiente-
mente piccola rispetto la lunghezza della zona neu-
tra. Se, invece, tale condizione non verificata si
parla di diodi a base corta, che sono quei diodi per i
quali almeno uno di queste condizioni venga verifi-
cata. E cio che sia o Lp >> ln oppure Ln >> lp od
anche entrambe. Nella figura a lato, le curve tratteg-
giate rappresentano situazioni in cui non applicato
potenziale fra le due zone, mentre quelle a tratto
continuo si riferiscono allapplicazione di VAK.
Nei diodi a base corta la ricombinazione nel-
le zone neutre poco favorita dalla piccola dimen-
sione della medesima. Tenendo conto del fatto che
c una zona a cavallo della giunzione svuotata la
larghezza effettiva delle due zone neutre non ln ma
ln = ln Wn per il catodo e lp = lp Wp per lanodo.
In effetti ci vale anche per i diodi a base lunga ma
in questi lo spessore della zona svuotata trascura-
bile rispetto agli spessori di anodo e catodo.
Non necessario sviluppare tutto come per i diodi a base lunga. Ricordiamo che la parte ini-
ziale di un esponenziale si pu approssimare espandendo in serie di Tayor e arrestandosi al termine
di primo grado. Allora, dalla [6.1-16] per la zona di catodo, leccesso di concentrazione diventa
.
L
W x
B A (x) p
p
n
n

+
Al limite della zona di svuotamento, cio per x = Wn vale sempre la [6.1-15]. Mentre leccesso di
cariche minoritarie si annulla sul catodo dove i portatori minoritari si ricombinano, come abbiamo
gi visto nel 4.6.2. Tuttavia adesso la condizione riguardo le lunghezze ancora pi stringente.
Applicando queste condizioni al contorno alla precedente si ha
,
' l
W x
1 ) 1 e ( p ) x ( p
n
n
V V
0 n n
T AK

,
_



mostrata in Fig.6.1-7b e che vale per x Wn. Poich la corrente di diffusione proporzionale al
gradiente delle cariche minoritarie e questa varia linearmente nel catodo ovvio che la corrente ri-
sulta costante in tutto il catodo. Applicando la [4.4-12]
. J ) 1 e ( p
' l
D
q
dx
) x ( dp
qD ) x ( J Ap
V V
0 n
n
p n
p Ap
T AK

Lo stesso discorso applicato alla zona di anodo porta a
. J ) 1 e ( n
' l
D
q
dx
) x ( dn
qD ) x ( J An
V V
0 p
p
n p
n An
T AK

La corrente complessiva, costante in tutto il dispositivo la somma delle due precedenti e quindi
. J ) 1 e ( p
' l
D
n
' l
D
q J J J An
V V
0 n
n
p
0 p
p
n
Ap An A
T AK

,
_

+ +
riportata in Fig.6.1-7c. Anche in questo caso la precedente si scrive come la [6.1-19] ponendo
Giunzione metallurgica
p, n (/cm
3
)
n
p0
= n
i
2
/N
A
(b) p
p
= N
A
10
10
n
n
= N
D
p
n0
= n
i
2
/N
D
0 100
x (nm)
p(x)
n(x)
(c)
Diffusionedi
elettroni
-100
l
n
l
p
J
An
J
Ap
J
A
Diffusionedi
lacune
-W
p
W
n
-100 0 100
x (nm)
l
n
l
p
neutra
danodo
svuotamento
neutra
di catodo
Anodo
Catodo
(a)
n p
l
p
<< L
n
+ -
V
AK
l
n
<< L
p
drift

Fig.6.1-7
Diodi semiconduttori 198

1
]
1

+
,
_

+
' l N
D
' l N
D
qn p
' l
D
n
' l
D
q J
n D
p
p A
n
2
i 0 n
n
p
0 p
p
n
s [6.1-23]
Si noti che lespressione [6.1-18] e questultima sono analoghe. Cambiano le lunghezze da inserire
nei denominatori. Per i diodi a base lunga si mettono le lunghezze di diffusione, per quelle a base
corte le lunghezze effettive delle zone neutre. Ovviamente se il diodo ha soltanto una regione a base
corta e laltra lunga cambia la corrente inversa di saturazione che risulta una mescolanza fra le
due espressioni [6.1-18] e [6.1-23].
Per un diodo di sezione S lespressione della corrente sempre la [6.1-21] e per la corrente
inversa di saturazione vale ancora la [6.1-20]. Quindi lequazione di Shockley sempre valida pur-
ch si stia attenti ad inserire il valore corretto della corrente inversa di saturazione.
6.1.4 La polarizzazione inversa.
Se l'anodo viene reso nega-
tivo rispetto al catodo si parla di
polarizzazione inversa. Il compor-
tamento del diodo in tali condi-
zioni illustrato dalla Fig 6.1-8.
Le curve a tratto continuo sono
relative allapplicazione alla ten-
sione inversa, confrontate con
quelle tratteggiate che sono relati-
ve allassenza di polarizzazione.
Riprendiamo lo studio dei diodi a
base lunga. Questa volta, l'appli-
cazione di una tensione inversa
aumenta la barriera di potenziale
(Fig. 6.1-8b). Ci determina un
allargamento della zona di svuo-
tamento evidente in Fig.6.1-8c,
prodotto da un difetto di cariche
minoritarie nei pressi della zona di
svuotamento, visibile in Fig.6.1-
8d. L'applicazione della polarizza-
zione inversa tale da favorire il
passaggio delle cariche minorita-
rie attraverso la giunzione. Sono
queste cariche responsabili della
corrente inversa. gi sufficiente
una debolissima polarizzazione inversa (pi di 100 mV) per impedire il passaggio delle cariche
maggioritarie e favorire quello delle minoritarie.
Se si fa lo stesso ragionamento del 6.1.3.1 si trova il difetto di cariche minoritarie ai limiti
della zona di svuotamento. Lespressione del tutta eguale. Il che significa che se si determina la
corrente delle lacune dovuta al gradiente di concentrazione si trova ancora la stessa precisa espres-
sione trovata in quel paragrafo. Tutto ci sta a significare che, anche se VAK < 0 valgono sempre le
[6.1-19] e [6.1-21]. Se andiamo nel dettaglio ci accorgiamo che nella [6.1-21] il termine esponen-
ziale trascurabile rispetto allunit gi per VAK < -4VT l -100 mV. In tali condizioni IA l -Is co-
stante. Per tale motivo la Is prende il nome di corrente inversa di saturazione.
Nella Fig.6.1-9 mostrata la caratteristica completa di un diodo che soddisfa lequazione di
Shockley. Per comodit le due scale delle correnti riferite alla polarizzazione diretta ed inversa sono
Giunzione metallurgica
(b)
Anodo Catodo
(a)
- +
V
AK
n p
l
p
l
n
p, n (/cm
3
)
p
p
= N
A
p
n
= n
i
2
/N
D
(d)
10
-60 -40 -20 0 20 40 60
10
x (nm)
n
n
= N
D
n
p
= n
i
2
/N
A
p(x)
n(x)
(e)
-60 -40 -20 0 20 40 60
10
x (nm)
n(x)
J
Ap
J
An
-J
A
Giunzione elettrica
-W
p
L
n
L
p W
n
Diffusione di
elettroni
diffusione
danodo
neutra
di catodo
neutra
danodo
svuotamento
diffusione
di catodo
-60 -40 -20 40 60
-0.8
-0.4
0
0.2
x (nm)
r r
(coul/cm
3
)
(c)
0 20
-qN
A
qN
D
-60 -40 -20 0 20 40 60
0
0.5
1
x (nm)
V
V
Bi
V
AK
V
Bi
-V
AK

Fig.6.1-8
Diodi semiconduttori 199
differenti, ci perch altrimenti la curva della corrente inversa si confonderebbe con lasse delle
tensioni. Le curve I-V prendono il nome caratteristiche statiche
Il comportamento in polarizzazione inversa
dei differenti tipi di diodi, oltre che dipendere da
drogaggio e da temperatura, come lequazione di
Shockley fa intendere, dipende anche da altri fattori
di cui discuteremo. Nella Fig.6.1-10 sono mostrate
le caratteristiche in scala logaritmica in condizioni
di polarizzazione inverse di diodi al Ge, Si e GaAs
calcolati in base allequazione di Shockley. I valori
di drogaggio e di area e tempo di vita dei portatori
minoritari sono quelli usati per determinare la
TAV.6.1-I. A causa della forte differenza nel gap
fra i vari semiconduttori si hanno molte minoritarie
nel Ge, meno nel Si ed ancora meno nel GaAs. E
quindi le caratteristiche inverse che soddisfano
lequazione di Shockley sono, a parit di temperatu-
ra pi alte nel Ge e pi basse nel GaAs con valori
intermedi nel Si.
Le caratteristiche possono essere suddivise in due intervalli. Finch la tensione inversa sta
dentro 3+4VT la corrente inversa varia da zero fino a Is. Per | VAKr| > 4 VT il termine esponenziale
trascurabile e la corrente non dipende pi dalla tensione applicata ma soltanto dalla temperatura.
6.1.4.1 Perdite di superficie
In effetti il comportamento reale della corrente inversa abbastanza diverso da quanto pre-
detto dallequazione di Shockley. Le correnti inverse misurate dei diodi reali con le caratteristiche
di drogaggio eguali a quelle con le quali sono state ricavate quelle ideali della Fig.6.1-10 sono mo-
strate nella Fig.6.1-11. Per prima cosa la zona piatta, dovuta alla corrente inversa per |VAKr| > 4VT,
si ha soltanto per alte temperature. Inoltre anche il comportamento con la temperatura alquanto
differente dal quello che si potrebbe prevedere in base alla equazione di Shockley. Ma di questo ef-
fetto parleremo in modo dettagliato pi avanti nel 6.1.7 Per ora limitiamoci ad osservare le caratte-
ristiche inverse ad alte temperature. Questa volta queste, per quanto riguarda le tensioni applicate,
possono dividersi in tre zone. Le prime due, per tensioni relativamente basse sono le stesse del caso
precedente. Invece la parte relative alle alte tensioni alquanto differente. La corrente inversa cre-
sce rapidamente con la tensione. In realt questa rapida variazione di corrente per tensioni inverse
elevate comune a tutte le temperature. Interviene un ulteriore effetto che tratteremo successiva-
mente nel 6.1.9.
IS
IAf (ma)
-15
-10
-5
0
5
10
15
20
-4 -3 -2 -1
0
1
V (Volt)
IAr (fa)
Polarizzazione
diretta
Polarizzazione
inversa
) 1 e ( I I
T AK V V
s A

Fig.6.1-9
10
-10
10
-8
10
-6
10
-15
10
-10
10
-5
10
-15
10
-10
10
-5
VAKr
10m 100m 1 10 100
IAr
VAKr
10m 100m 1 10 100
IAr
VAKr
10m 100m 1 10 100
IAr
T = -50C
T = -25C
T = 0C
T = 25C
GaAs
T = 25C
T = 50C
T = 75C
T = 100C
T = 150C
T = 200C
T = 300C
T = 250C
T = 25C
T = 50C
T = 75C
T = 100C
T = 150C
T = 200C
T = 250C
Ge
Si

Fig.6.1-10
Diodi semiconduttori 200
Possiamo spiegare subito linclinazione delle caratteristiche inverse pi accentuata nella zo-
na delle basse temperature. Cominciamo a discutere la zona in cui la tensione applicata e dentro po-
che decine di mV. Il termine esponenziale non trascurabile e la corrente inversa tende a Is. Quan-
do la tensione inversa sufficientemente alta rispetto a VT, essendo negativa, il termine esponenzia-
le risulta costante e la corrente diventa Is. Tuttavia, malgrado la bont dei procedimenti tecnologici
usati, esistono altri motivi perch corrente riesce a saltare la giunzione. Per esempio, come abbiamo
gi visto, la superficie esterna di un semiconduttore pi conduttrice del substrato a causa dei le-
gami insaturi degli atomi superficiali. Lungo la parete del diodo passa una debole corrente, trascu-
rabile in polarizzazione diretta ma non in inversa. E come se, in parallelo al diodo, ci fosse una
grossa resistenza nella quale il passaggio di corrente dipende solo dal suo valore assoluto della ten-
sione applicata. Le dimensioni laterali del diodo assumono importanza. A parit di tutto la corrente
inversa di Shockley aumenta con larea mentre questa di superficie con il perimetro e cio con la
radice dellarea. Diodi di dimensioni simili hanno corrente di perdita superficiali analoghe. Nella
TAV.6.1-I, terza colonna, sono mostrati i valori misurati. Poich le corrente inverse di saturazione,
a parit di condizioni sono molto piccole nel GaAs, piccole nel Si e grandi nel Ge, questa corrente
agisce relativamente in modo pi pesante nel GaAs, un po meno nel Si e praticamente pochissimo
nel Ge. Leffetto evidente nella Fig.6.1-11. Esso sempre pi evidente abbassando la temperatura
in quanto questa produce una diminuzione esponenziale delle cariche minoritarie e quindi della cor-
rente inversa di saturazione calcolata secondo Shockley mentre agisce poco sulla corrente superfi-
ciale. La zona centrale delle caratteristiche inverse, in condizioni di temperatura identiche, per e-
sempio a temperatura ambiente, quasi orizzontale nel Ge, molto inclinata nel Si e ancora di pi
nellGaAs. Ad alta temperature, invece le cariche minoritarie aumentano esageratamente e la cor-
rente superficiale diventa trascurabile e le caratteristiche ridiventano piatte nella zona centrale.
Per finire, a questo punto chiaro che una espressione pi ragionevole che tenga conto an-
che dell'effetto delle perdite non soltanto attraverso la giunzione possa essere scritta come:
. V G ) 1 e ( I I AK
V V
s Ar
T AK
+ [6.1-24]
dove G la conduttanza molto piccola dovuta a questo effetto.
6.1.4.2 Effetti di generazione nella regione di svuotamento nella polarizzazione inversa
Ma ancora un altro effetto, che stato trascurato nella trattazione di Shockley, deve essere
preso in considerazione. Il fatto che nella regione di svuotamento il prodotto delle concentrazioni
np << ni
2
. Allora la medesima regione sede di un fenomeno di generazione che tende a riportare le
condizioni dequilibrio. Le lacune e gli elettroni prodotti escono dalla zona di svuotamento sotto
leffetto di campo incrementando le corrispondenti correnti che risultano, dunque maggiori di quan-
to ci si aspetti.
10
-10
10
-8
10
-6
10
-10
10
-8
10
-6
10
-4
10
-10
10
-8
10
-6
10
-4
VAKr
10m 100m 1 10 100
Ir
VAKr
10m 100m 1 10 100
IAr
VAKr
10m 100m 1 10 100
IAr
T = -50C
T = -25C
T = 0C
T = 25C
GaAs
T < 100C
T = 150C
T = 200C
T = 300C
T = 250C
T = 25C
T = 75C
T = 100C
T = 150C
T = 200C
T = 250C
Ge
Si

Fig.6.1-11
Diodi semiconduttori 201
Per descrivere meglio il comportamento riprendiamo quanto detto nel 4.5. Il rate di ricom-
binazione dato dalla [4.5-26]. Nelle condizioni di svuotamento np << ni
2
e il rate di ricombina-
zione si pu scrivere come .
) n n ( k ) p p ( k
ni k k
T n T p
2
n p
+ + +
U Se si fa uso delle [4.5-20] e [4.5-23] per
nT e pT e si utilizzano le espressioni per ni e pi [4.3-10] e [4.3-11], la precedente diventa

0
i
kT E E
n
kT E E
p
i n p
kT E E
i n
kT E E
i p
2
i n p
2
n
e k e k
n k k
e n k e n k
n k k
T Fi Fi T T Fi Fi T


+

+


U [6.1-25]
con .
k k 2
e k e k
n p
kT E E
n
kT E E
p
0
T Fi Fi T
+

La costante t 0 detta tempo di vita efficace nella zona di svuotamento. Al fine di ottenere le mi-
gliori prestazioni, i livelli energetici delle trappole stanno circa a met del gap. Allora, i due termini
esponenziali sono praticamente unitari e la precedente si semplifica in:
.
k k 2
k k
n p
n p
0
+
[6.1-26]
Per quanto detto nel paragrafo 4.5.1.3 a proposito delle due costanti kp e kn questa si pu appros-
simare come
.
2
0 n 0 p
0
+

Il segno negativo nella [6.1-25] sta ad indicare che non si tratta di ricombinazione ma di ge-
nerazione. Se la zona di svuotamento e spessa W e larga S, quanto la sezione del diodo, la corrente
complessiva derivante dalla generazione nel volume Igen = qniWS/2t 0. Allora la densit corrispon-
dente
Jgen = qniW/2t 0 [6.1-27]
Pertanto la corrente di saturazione Js nella polarizzazione inversa si pu trovare come somma dei
due effetti e cio quella derivante dalla diffusione nelle due zone neutre e da quella di generazione
nella zona di svuotamento. La prima componente data dalla [6.1-18] o dalla [6.1-23] a seconda
della lunghezze di anodo e catodo mentre quella di generazione e la [6.1-27]. Ovviamente bisogna
comunque tenere conto delleffetto di dispersione superficiale. Sommando
.
2
W
qn
L N
D
L N
D
qn ' J
0
i
n A
n
p D
p
2
i S

+
1
]
1

+
Mentre il primo termine costante il secondo aumenta con lo spessore della zona di svuota-
mento e cio con la polarizzazione inversa applicata. Vedremo pi avanti nel 6.1.9.3 che la W au-
menta come VAKr
1/2
o VAKr
1/3
a seconda che la giunzione sia brusca o graduale. Allora la tensione
applicata agisce facendo variare la G che non per niente costante. G aumenta con la polarizzazio-
ne inversa. E la pendenza delle caratteristiche inverse aumenta.
Nel germanio a temperature ambiente ni grande ed il termine di diffusione pi importante
di quello di generazione e le caratteristica inversa abbastanza orizzontale. Invece, nel silicio e an-
cor pi nel arseniuro di gallio a temperatura ambiente ni piccola e leffetto della componente di
generazione si fa sentire e le curve sono pi pendenti con la tensione inversa. Tutto questo abba-
stanza evidente nella Fig.6.1-11. Mentre il germanio ha una caratteristica pendente fino a 50 C,
per il silicio e larseniuro di gallio la pendenza si manifesta fino a 75 o 150 C nei due casi. Ad alte
temperature ni predomina e tutte le caratteristiche tendono ad essere piuttosto costanti ed indipen-
denti da VAK, almeno finch questa non diventa eccessiva e si manifestano nuovi fenomeni che sa-
ranno spiegati pi avanti.
Per concludere la corrente inversa pu essere divisa in due parti, quella che scavalca la giun-
zione dalla superficie e quella che lattraversa nel substrato. Questultima ha due componenti la par-
te che riguarda la diffusione nella zona neutra e quella di generazione nella zona svuotata
Diodi semiconduttori 202
6.1.5 Effetti del secondo ordine in polarizzazione diretta.
Leffetto della conduttanza G del paragrafo precedente importante per caratteristiche in-
verse, perch esso si confronta con correnti debolissime, soprattutto per Si e GaAs, ma esso non ha
lo stesso ruolo per polarizzazione diretta. Infatti, in questo caso, per tensione applicata sufficiente-
mente alta rispetta a VT, entra in gioco il termine esponenziale che moltiplica Is e il termine GVAK
diventa inefficace. Inoltre la corrente di generazione di cui si discussa nel precedente paragrafo
non c pi. Allora indifferente applicare la [6.1-24] o lequazione di Shockley. Riprende molta
importanza la corrente IS. Poich, a parit di drogaggio, temperatura e area del diodo la corrente in-
versa di saturazione cresce, andando dallGaAs al Si al Ge, la tensione da applicare per avere la
stessa corrente nei tre diodi diminuisce nei tre casi. Grosso modo si tratta di tre curve simili ma tra-
slate rispetto lasse delle tensioni di 300+400mV. Consideriamo due diodi D1 e D2 con correnti in-
verse di saturazione (soltanto la parte che attraversa la giunzione) IS1 e IS2. Applichiamo tensioni di
polarizzazioni grandi rispetto a VT. Si pu trascurare lunit nellequazione di Shockley. Allora, per
avere la stessa corrente IA nei due diodi deve essere
. I I ln V V V 2 s 1 s T 1 AK 2 AK
Per esempio confrontando due diodi analoghi al Ge e al Si:
. mV 523 10 5 . 2 10 5 . 1 ln 9 . 25 I I ln V V V
18 9
sSi sGe T AKGe AKSi


Mentre per due diodi analoghi al Si ed al GaAs:
mV 210 10 8 10 5 . 2 ln 9 . 25 I I ln V V V
122 18
sGaAs sSi T AKSi AKGaAs


Quindi la distanza fra le curve Ge-Si di circa 500 mentre lo di 200 mV per le Si-GaAs.
Tuttavia la descrizione della corrente diretta con lequazione di Shockley troppo semplifi-
cata. Bisogna tenere conto di altri effetti che vengono discussi in questo paragrafo.
6.1.5.1 Corrente di ricombinazione nella zona di svuotamento nella polarizzazione diretta
Ai limiti della regione di svuotamento le cariche minoritarie sono in eccesso. Calcoliamo
usando la [6.1-14]: . e n N e
N
n
) W ( n ) W ( p
T AK T AK V V 2
i D
V V
D
2
i
n n Nello stesso modo si pu calcolare che
: e n N e
N
n
) W ( p ) W ( n
T AK T AK V V 2
i A
V V
A
2
i
p p leccesso di carica ad entrambi gli estremi ed anche an-
che allinterno della regione di svuotamento costante. Mentre nella zona dellanodo leccesso di
elettroni, in quella del catodo di lacune. A met giunzione i due eccessi sono eguali. In ogni caso
in tutta la regione di svuotamento
[GU]
. n e n np
2
i
V V 2
i
T AK
>> Quindi,
n = p = nie
V
AK
/2V
T

Dal momento che in questa regione c eccesso di cariche si ha effetto di ricombinazione con rate
dato dalla [4.5-26]. Nelle condizioni dette np >> ni
2
e esso si scrive
.
) e e ( n k ) e e ( n k
) 1 e ( ni k k
) n n ( k ) p p ( k
) ni np ( k k
kT E E V 2 V
i n
kT E E V 2 V
i p
V V 2
n p
T n T p
2
n p
T Fi T AK Fi T T AK
T AK

+ + +

+ + +

U Si fatto uso delle


[4.5-20] e [4.5-23] per nT e pT e delle [4.3-10] e [4.3-11] per ni e pi. Se, come gi detto, il livello
delle trappole prossimo a quelli di Fermi dellintrinseco, allora i due termini esponenziali sono
praticamente unitari e la precedenti diventa: .
1 e
1 e
2
n
1 e
1 e
n
k k
k k
T AK
T AK
T AK
T AK
V 2 V
V V
0
i
V 2 V
V V
i
n p
n p
+

+
U La costante
t 0 data dalla [6.1-26] stata gi definita tempo di vita efficace nella zona di svuotamento. In pola-
rizzazione diretta VAK > 4 VT e gli esponenziali diventano grandissimi per cui si pu trascurare
lunit sia a numeratore che a denominatore e quindi

T AK V 2 V
0
i
e
2
n

U
Diodi semiconduttori 203
Il diodo di sezione S e la zona di svuotamento spessa W. La corrente complessiva deri-
vante dalla ricombinazione nel volume Iric = qniWS/2t 0 e
V
AK
/2V
T
. Allora la densit corrispondente
Jric = qniW/t 0 e
V
AK
/2V
T

La densit di corrente diretta Jf si pu trovare come somma dei due effetti e cio quella derivante
dalla diffusione nelle due zone neutre e da quella di ricombinazione nella zona di svuotamento. La
prima componente data dalla [6.1-18] o dalla [6.1-23] a seconda della lunghezze di anodo e cato-
do mentre quella di ricombinazione e la [6.1-23].
. e
2
W
qn e
L N
D
L N
D
qn ' J
T AK T AK V 2 V
0
i
V V
n A
n
p D
p
2
i Af

+
1
]
1

+ [6.1-28]
Consideriamo dispositivi con eguali drogaggi a parit di temperatura. I due termini della
precedenti espressione possono essere scomposti in tre parti: uno in cui compare ni, dipende dal ma-
teriale, il secondo soltanto dai materiali e dalle trappole ed il terzo dalla tensione applicata. A parte
il fatto che, come gi detto, le caratteristiche dovrebbero essere grosso modo traslate luna rispetto
laltra, nella direzione delle tensioni, ci aspettiamo curve con pendenze differenti. Tracciando le
curve in scala semilogaritmica non avremo pi rette parallele. Il germanio ha praticamente rette con
pendenze VAK/VT. Mentre Si e GaAs hanno due pendenze differenti una pi bassa VAK/2VT a basse
tensioni e VAK/VT a tensioni pi elevate.
In ogni caso a seconda che prevalga la corrente di diffusione o quella di generazione la cor-
rente diretta si pu approssimare come
. e I I
T AK V V
s Af

[6.1-29]
Il coefficiente h, detto coefficiente demissione, assume il valore fra 1 e 2 a seconda che la corrente
sia pi dovuta alla diffusione oppure alla generazione. Quando entrambi i fenomeni sono confronta-
bili, h sta nellintervallo 1+2.
Poich leffetto della temperatura di aumentare ni, le curve di Si e GaAs tendono, ad alte
temperature, a raddrizzarsi come quelle del Ge.
6.1.5.2 Effetti di alta iniezione
Gummel
[GU]
ha mostrato che la concentrazione dei portatori ai lati della giunzione polarizza-
ta deve soddisfare la condizione di quasi-equilibrio:

T AK V V 2
i p p n n e n ) W ( n ) W ( n ) W ( n ) W ( p .
Questa relazione stata dimostrata, per esempio, nel 6.1.3.1 ed la [6.1-14]. Inoltre, essa valida
anche allinterno della zona di svuotamento
[GU]
. Il prodotto delle due concentrazioni si mantiene co-
stante spostandosi lungo la zona per varia il loro rapporto. Nellanodo pi grande pn, nel catodo
np.
Se, a causa di una grande tensione applicata la corrente cresce molto, pu avvenire che al-
meno in una delle zone del semiconduttore la concentrazione dei portatori minoritari iniettati superi
quella delle maggioritarie. Si dice, allora che si in condizioni di alta iniezione. Per esempio ci
avvenga nella zona p. Per mantenere la neutralit della zona deve essere pp = np + NA np. Se, ap-
punto np supera NA, leffetto dellalta iniezione non soltanto di aumentare la concentrazione delle
minoritarie ma anche quella delle maggioritarie. Ma, se n = p dalla precedente si ricava

T AK V 2 V
i n n e n ) W ( n ) W ( p .
Da quanto detto nel paragrafo precedente evidente che in questa condizioni di alta corrente il suo
andamento non sar esponenziale con VAK/VT ma con VAK/2VT. Anche se il significato di h diffe-
rente lespressione generale [6.1-29] pu ancora essere adoperata. Esso varia gradualmente da 2
nella zona dove prevale la ricombinazione a 1 nella zona dove pi importante la diffusione a
ancora 2 nella zona delle alte iniezioni.
Diodi semiconduttori 204
6.1.5.3 Resistenza di estensione
C un ultimo effetto che si ha a correnti ancora
pi grandi. La caratteristica anodica, per VAK sufficiente-
mente grande, si discosta dall'esponenziale. La corrente
risulta pi piccola di quanto previsto. Ci dovuto al fatto
che le due zone neutre di anodo e di catodo offrono una
resistenza complessiva RDD che determina una caduta di
potenziale interna alle zone neutre pari a RDDIA. Allora
alla giunzione non viene pi applicata la VAK ma una ten-
sione VAK RDDIA. In tal senso la espressione [6.1-22]
pi correttamente espressa alle alte correnti da:
. e I I
T
T
A DD AK
V
V
I R V
s A

[6.1-30]
L'abbassamento della caratteristica dovuto alla RDD evi-
dente soltanto nella parte pi alta. Infatti solo se la corrente alta la corrente produce un sensibile
caduta che determina leffetto visibile. Nella zona delle alte correnti notevole la differenza di i n-
clinazione. Lo scostamento della curva rispetto allequazione di S
proprio la caduta di cui sopra. Leffetto pu essere ridotto drogando pi pesantemente le zone neu-
tre per diminuire la loro resistivit.
6.1.5.4 Le caratteristiche reali dei diodi
A questo punto le caratteristiche reali dei diodi simili possono essere effettivamente mostra-
te. La Fig.6.11-13a le mostra in scala lineare. Mentre evidente leffetto della resistenza
destensione gli altri effetti non lo sono altrettanto. Se, per, si passa ad una rappresentazione semi-
logaritmica, come fatto nella Fig.6.1-13b, saltano immediatamente allocchio. Si vede, inoltre,
che le caratteristiche non sono proprio tanto parallele. Ma soprattutto rimarchevole la presenza
delle varie zone e delle diverse pendenze. La zona (a) quella in cui leffetto del termine unitario
nellequazione di Shockley si fa sentire. Con (b) marcato il tratto di caratteristica in cui prevale
leffetto di ricombinazione nella zona di svuotamento e la corrente prevalentemente sale come e-
V
AK
/2V
T
. La zona della corrente di diffusione in cui la dipendenza dalla corrente come e
V
AK
/V
T
mar-
cata con (c). Leffetto delle alte iniziezioni in (d). Qui la corrente varia ancora una volta come e-
V
AK
/2V
T
. Per finire leffetto della resistenza destensione in nel tratto (e).
Al fine di far ben comprendere la differenza che esiste fra un diodo reale ed uno ideale e
quindi vedere la validit delle approssimazioni di Shockley nella Fig.6.1-18 sono mostrate con la
V (Volt)
IA (ma)
0
5
10
15
20
V
g g
V
s s
0.6 0.4 0.2 0
IARDD
T
T
A DD AK
V
V
I R V
s A e I I


Fig.6.1-12
V (Volt)
IA (ma)
V
g g
V
s s 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
I
A
R
DD
A = 0.1mm
2
Is = .7
m
A
NA = 10
15
/cm
3
I s = 9.5fA
Is = 3 10
-4
fA
ND = 10
16
/cm
3
t = 1
m
s
t = 2.5
m
s
t = 0.1ns
GaAs
Ge
Si
T = 27 C
V (Volt)
IA (ma)
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1
10
-8
10
-6
10
-4
10
-2
10
0
10
2
Is = 9.5fA
Is = 3 10
-4
fA
ND = 10
16
/cm
3
t = 1
m
s
t = 2.5
m
s
t = 0.1ns
GaAs
Ge
Si
Is = .7
m
A
NA = 10
15
/cm
3
T = 27 C
A = 0.1mm
2
T AK V V
e
T AK V V
e
T AK V V
e
T AK V 2 V
e
T AK V 2 V
e
T AK V 2 V
e
T AK V 2 V
e
I
A
R
DD
I
A
R
DD
I
A
R
DD
(c)
(b)
(a)
(c)
(b)
(d)
(e)
(c)
(d)
(e)
(d)
(e)

Fig.6.1-13
Diodi semiconduttori 205
linea a tratto continuo le caratteristiche a tem-
peratura ambiente di un diodo al silicio reale,
confrontate con quelle che si troverebbero se
si adoperasse lapprossimazione di Shockley.
Sono rappresentate sia le caratteristiche diret-
te che quelle inverse, per comodit ribalt ate.
abbastanza evidente che la relazione di
Shockley conserva una discreta validit nella
zona delle correnti medie. E la due caratteri-
stiche si confondono. Ma, sia per correnti alte
che per basse lapprossimazione ardua. In-
fatti, in tale caso bisogna usare modelli pi
accurati che la semplice relazione di Sho-
ckley. Per quanto riguarda la corrente inversa
non solo la caratteristica pi alta ma anche
con una pendenza maggiore data si da G che
dalla corrente di generazione. Nelle caratteri-
stiche reali anche rappresentata una zona
marcata con (g) della quale parleremo prossimamente.
6.1.6 La tensione di soglia e quella di saturazione.
In elettronica il termine molto grande viene generalmente riferito ad un fattore almeno 100.
Una corrente 100 volte pi piccola, nello stesso elemento, viene spesso considerata trascurabile.
Consideriamo un diodo per la quale la corrente diretta pu essere approssimativamente e-
spressa dalla [6.1-29]. Determiniamo quale relazione esiste fra le due tensioni da applicare affinch
le due correnti corrispondenti stiano nel rapporto 100. : IF = e
V
AK2
/hV
T
e IF/100 = e
V
AK1
/hV
T
. Facendo il
rapporto si trova agevolmente che deve essere VAK2 VAK1 = hVT ln 100 4.6 hVT. A temperatura
ambiente VT e circa 26 mV e quindi a seconda del coefficiente di emissione sia 1 o 2 sar 120 mV <
VAK2 VAK1 < 240 mV. Si sta supponendo di utilizzare un qualunque tratto della caratteristica diret-
ta e pertanto il coefficiente demissione pu essere sia 1 che 2 ma anche un valore intermedio se il
tratto di caratteristica a cavallo di due zone con h differente.
Questa regola generale vale anche se si considera la massima corrente IMax che il diodo pu
sopportare in polarizzazione diretta. In tale caso si dice che il diodo in saturazione e la corrispon-
dente tensione applicata quella di saturazione Vs. Sempre adoperando la [6.1-29] si ha che Vs =
hVT ln IMax/Is. La tensione Vg che fa passare una corrente 100 volte pi piccola di quella di satura-
zione prende il nome di tensione di soglia. Per quanto detto prima, trascurando eventuali effetti
dovuti alla resistenza destensione,
120 mV < Vs Vg < 240 mV [6.1-31]
Il fenomeno abbastanza evidente quando le carat-
teristiche si rappresentano in scala lineare. Infatti in
Fig.6.1-13a si vede bene. Correnti inferiori a 1 ma sono
inapprezzabili sulla scala di 100 mA. Sono anche mostrati
i due valori di soglia e saturazione per il transistor a sili-
cio. Approssimativamente la tensione di soglia per Ge
200 mV, per il Si 600 mV e per il GaAs 900 mV.
Nellesempio della Fig.6.1-13b si ricavano la differenza fra saturazione e soglia se cambia
lintervallo di correnti da utilizzare. La TAV.6.1-II mostra i risultati. La differenza sale con la cor-
rente perch entra in gioco sia il coefficiente demissione che la resistenza destensione.
I
A
/I
s
10
-4
10
-6
10
-8
10
-10
10
12
10
14
V (Volt)
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1
Silicio
T = 27 C
T AK V V
e
T AK V 2 V
e
T AK V 2 V
e
(b)
(c)
(d)
(e)
(g)
(f)
10
-2
10
-0
Inversa ideale
Inversa reale
Breackdown
Diretta ideale
Diretta reale

Fig.6.1-18
TAV.6.1-II
IF (A) Ge Si GaAs
10m+1m 100 120 140
Vs Vg 100m+10m 110 140 180
(mV) 1m+100m 160 200 300
Diodi semiconduttori 206
6.1.7 Effetti termici
Il comportamento dei materiali dipende dalla temperatura. I semiconduttori in particolare,
come visto nel Cap.5. In questo paragrafo tratteremo in dettaglio questa questione.
6.1.7.1 Il coefficiente di temperatura della Is.
Il coefficiente di temperatura della Is viene definito come .
dT
I ln d
dT I
dI s
s
s
Consideriamo la zo-
na di correnti in cui il principale apporto dovuta alla diffusione. In tal caso la corrente inversa di
saturazione proporzionale alla seconda potenza della concentrazione intrinseca. Inoltre dipende
anche dalla lunghezza di anodo e catodo o dalle lunghezze di diffusioni delle cariche minoritarie ol-
tre che dalle costanti di diffusioni. Tuttavia ci che varia pi fortemente con la temperatura pro-
prio la concentrazione intrinseca. Utilizzando il valore che stato trovato nel 3.3.2.3 e sostituendo-
lo nella precedente si ricava:
. T
V
V
3
TV
V
T
3
dT
e T ln d
dT
n ln d
dT
I ln d
dT I
dI
T
G
T
G
kT / ) E ( 3 2
i s
s
s
G

,
_

+ +

[6.1-32]
A 300 K si trova dalla precedente un coefficiente di temperatura di Is di circa +20%/ C per il
GaAs, +16%/ C per il silicio e di +10%/ C per il germanio. Per le ragioni dette prima alla Is del
Si e del GaAs contribuiscono anche componenti pi insensibili alla temperatura che tuttavia sono
presenti, anche se con minore contributo, nel germanio dovute sia alla corrente di generazione che
alla dispersione superficiale. Pertanto in effetti i coefficienti di temperatura sono leggermente pi
bassi. Quindi la validit della [6.1-32] non assoluta. Le Fig. 6.1-11 confermano grosso modo
quanto detto. Se il coefficiente di temperatura della corrente di saturazione si calcola a temperatura
superiore si trovano valori ancora pi piccoli. In tutti i tipi di semiconduttori il coefficiente di tem-
peratura pu essere approssimato a circa +7%/ C . Poich 1.07
10
2 si dice che la Is raddoppia,
all'incirca, per ogni 10 gradi di variazione di temperatura.
6.1.7.2 Effetto termico sulla VAK.
Per VAK > 4VT per la corrente del diodo possiamo usare la [6.1-29] , e I I
T E AK V N V
s Af da cui
VAK = hVT ln(IAf/Is). Calcoliamo di quanto deve essere variata la VAK se cambia la temperatura per-
ch la corrente rimanga immutata:

,
_

Af Af Af Af I
s
T
s
Af T
I
s Af T
I
s Af T
I
AK
dT
I ln d
V
I
I
ln
dT
dV
)] I ln I (ln V [
dT
d
dT
)] I / I ln( V [ d
dT
dV

.
dT I
dI
V
T
V
dT I
dI
V
T
V
V
V
Af Af I
s
s
T
AK
I
s
s
T
T
T
AK

,
_

,
_


Utilizzando la [6.1-32] .
T
V V 3 V
dT
dV 0 G T AK
I
AK
Af

[6.1-33]
Calcoliamo tale coefficiente per le caratteristiche riportate in Fig.6.1-13b a diversi valori di
TAV.6.1-III Ge Si GaAs
IA (A) 10 m 1 m 10 m 10 m 1 m 10 m 10 m 1 m 10 m
VAK (mV) 288 237 136
h 1 1 1 2 1.5 1 2 1.5 1
VG0 (mV) 670 1110 1340
dT
dVAK
(mV/C)
-1.53 -1.70 -2.04 -2.6 -2.23 -1.92 -1.99 -2.01 -1.74
> <
dT
dVAK
(mV/C)
-1.8 -2.2 -1.9
Diodi semiconduttori 207
corrente sia nella zona di alte correnti che in quello delle medie e basse in modo da vedere leffetto
del coefficiente demissione. Il calcolo, eseguito per tutti e tre i tipi di semiconduttore da i risultati
riportati nella TAV.6.1-III. I valori calcolati possono essere riassunti in un unico valore approssima-
to, facile da ricordare e cio che per tutti i semiconduttori per mantenere costante la corrente diretta
bisogna diminuire di circa 2 mV per ogni grado di aumento della temperatura.
6.1.8 Resistenza differenziale o dinamica.
Se ad un diodo applichiamo una tensione VAK passa una corrente IA. Prende il nome di resi-
stenza differenziale
.
dI
dV
r
A I
A
AK
a [6.1-34]
Se la calcoliamo nella zona di corrente dirette per VAK sufficientemente grande si pu utilizzare la
[6.1-29]. Determiniamo il suo inverso ga che prende il nome di conduttanza differenziale:
Si ha .
V
I
e
V
I
dV
e dI
dV
dI
g
A A
T AK
A
T AK
A
I
T
A
I
V V
T
s
I
AK
V V
s
I
AK
A
a

[6.1-35]
Quindi
.
I
V
r
A I
A
T
a
[6.1-36]
La resistenza differenziale dipende solo dal punto di la-
voro. La Fig.6.1-19 mostra il significato geometrico di ra. Il co-
efficiente angolare della retta (s) tangente alla caratteristica del
diodo nel punto IA la conduttanza differenziale. Pi inclinata
la caratteristica minore la resistenza differenziale.
La resistenza differenziale si definisce per tutte le ten-
sioni applicate, sia dirette che inverse. Se riguardiamo la
Fig.6.1-18 ci rendiamo conto come essa vari, non soltanto fra
regione e regione ma anche nellambito della stessa regione,
Per polarizzazione inversa essa relativamente grande, a meno
che non si usino tensioni molto elevate per le quali la caratteri-
stica si inerpica molto rapidamente. Per distinguere la resisten-
za differenziale della zona diretta da quella della zona inversa si
usano, spesso i due simboli rf e rr, rispettivamente.
6.1.9 Il fenomeno della rottura.
Le caratteristiche inverse gi proposte
in Fig.6.1-11 mostrano una rapida variazione
di pendenza per tensioni inverse piuttosto alte.
In Fig.6.1-20 una unica caratteristica inversa
mostrata a titolo esemplificativo. Si nota che
la corrente inversa, applicando una tensione
inversa BV, detta tensione di rottura (Brea-
kdown Voltage), rapidamente cresce. Si dice
che il diodo andato in rottura. Se non si limi-
ta la corrente IA, in tali condizioni, la potenza
sviluppata BV$IA pu superare la massima dis-
sipabile portando alla distruzione del diodo.
VAK
I
A
(ma)
0 0.2 0.4 0.6 0.8
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
Si
DIA
DVAK
(s)

Fig.6.1-19
VAK (Volt)
IA(ma)
IBV
BV

Fig.6.1-20
Diodi semiconduttori 208
6.1.9.1 Effetto valanga.
Supponiamo che le due regioni siano debolmente drogate. In polarizzazione inversa la zona
di svuotamento penetra molto nelle regioni neutre. La tensione VAK si localizza attraverso la zona
suddetta. Le cariche minoritarie, che non sono poche, dato che il drogaggio leggero, sono spinte
ad attraversare la zona proprio per presenza della VAK. Pertanto le cariche minoritarie attraversano
tale zona accelerando sotto l'influsso della tensione. Data la larghezza della zona probabile che
qualcuna di queste cariche interagisca con qualcuno degli atomi del reticolo del semiconduttore ce-
dendo ad esso energia sufficiente per la creazione di coppie elettroni-lacune. In tal caso nella stessa
zona vengono ad essere prodotte, non per effetto termico, cariche mobili che anche esse contribui-
scono alla corrente inversa, aumentandola. Tale fenomeno si accentua con la tensione. Se la zona
sufficientemente larga o la tensione abbastanza alta possibile addirittura che qualcuna delle cari-
che che transita produca anche pi di una coppia e che ognuna di quelle prodotte anche essa possa
generare coppie secondarie. Si ha, allora, il cosiddetto effetto valanga. La tensione BV alla quale
questo fenomeno comincia ad accadere prende il nome di tensione di valanga.
6.1.9.2 Effetto Zener.
Completamente differente il meccanismo che porta alla rottura nel caso che il drogaggio
sia molto sostenuto. La zona svuotata stretta ed sede di un intenso campo elettrico legato sia alla
tensione applicata che allo spessore limitato. Tale campo produce una polarizzazione della zona ed
eventualmente un effetto di scarica. Se il drogaggio sufficientemente elevato o la tensione inversa
abbastanza alta si ha l'effetto di rottura per campo elettrico detto effetto Zener. La tensione BV alla
quale questo fenomeno comincia ad accadere prende il nome di tensione di Zener o pi generica-
mente di rottura. Il campo produce un salto diretto di elettroni dalla banda di valenza a quella di
conduzione con creazione di coppia elettrone-lacuna.
6.1.9.3 La tensione di rottura e la valanga
Cominciamo a calcolare la tensione di rottura per i diodi con giunzione brusca. Generaliz-
ziamo il ragionamento fatto nel 6.1.1 per ricavare la relazione fra il potenziale di barriera ed il
campo elettrico massimo al suo interno al caso in cui si applica un potenziale inverso VAK = -VAKr.
Con un procedimento simile a quello impiegato per ricavare la [6.1-6] si troverebbe che VBi VAK
= VBi +VAKr = -EMW/2 = |EM|W/2. La larghezza della giunzione si calcola dalla [6.1-7] estendendo-
la alla tensione VBi +VAKr. Per semplicit conviene considerare un drogaggio asimmetrico. Chia-
miamo NB quello relativa alla zona meno drogata. Lo spessore della zona svuotata, da questa esten-
sione della [6.1-13] risulta
. N ) V V ( q 2 W B AKr Bi + [6.1-37]
Facciamo sistema fra queste due relazioni trovate ed eliminiamo fra di loro W. Si trova che VBi +
VAKr = EM
2
e/2qNB. Sia Ec il campo elettrico critico che in grado di assicurare la rottura per effetto
di valanga. Quando il campo elettrico massimo nella giunzione raggiunge questo campo critico la
tensione applicata quella di rottura BV. Facendo lipotesi che questa sia sufficientemente pi alta
della tensione intrinseca si ricava:
.
qN 2
E
BV
B
2
c
[6.1-38]
La tensione di rottura cresce diminuendo il drogaggio.
Facciamo lo stesso ragionamento per i diodi con giunzione graduale. Il campo massimo
stato calcolato dalla [6.1-11] come .
2
W
2
m q
| E |
2
M

,
_

Applicando una tensione di polarizzazione


inversa VAKr la [6.1-12] si pu estendere come
Diodi semiconduttori 209
.
12
qmW
V V
3
AKr Bi

+ [6.1-39]
Eliminando fra queste due espressioni W e trascurando il potenziale intrinseco VBi rispetto alla ten-
sione inversa applicata si ricava il legame fra VAKr e EM, cio: . E
m q
2
3
4
V
3
M AKr

La tensione ap-
plicata quando il campo elettrico massimo nella giunzione raggiunge il campo critico Ec quella di
rottura BV.
. E
m q
2
3
4
BV
3
C

[6.1-40]
Il campo elettrico critico dipende dal gap del tipo di semiconduttore. Esso esprime il campo
elettrico che riesce a produrre coppie elettroni lacune e quindi legato allenergia necessaria per far
fare un salto di gap allelettrone in banda di valenza ed , quindi, anche funzione della temperatura.
Inoltre esso varia di non pi di un fattore 4, per tutti i tipi di semiconduttore, al variare del drogag-
gio della zona meno drogata crescendo con il drogaggio
[SZ2]
. Tenendo conto di tutti questi fatti sono
state ricavate delle espressioni approssimate valide per tutti i semiconduttori e cio:
Per le giunzioni brusche .
N 10
) 1 . 1 E (
60 BV
3
4
B
16
2
G
1
1
]
1

[6.1-41]
Per le giunzioni lineari .
10 ) 3 / m (
) 1 . 1 E (
60 BV
2
5
20
3
G
1
1
]
1

[6.1-42]
EG espresso in eV, NB in cm
-3
e m in cm
-4
.
Le espressioni precedenti sono approssimate ma hanno un buon accordo con i dati sperimen-
tali. In Fig.6.1-21a mostrato landamento della tensione di rottura nei vari tipi di semiconduttori
con giunzione brusca mentre in Fig.6.1-21b riportata la tensione di rottura per giunzioni con dro-
gaggio variabile linearmente. Le curve tratteggiate si riferiscono alle espressioni [6.1-41] e [6.1-42].
Le curve a tratto continuo ai dati sperimentali. evidente laccordo con i dati sperimentali almeno
per drogaggi maggiori di 10
16
/cm
3
e per gradienti superiori a 10
22
/cm
4
. A bassi valori invece il fe-
nomeno si ha per effetto di campo e quindi lapprossimazione peggiore. Il fatto che le espressio-
ni precedenti sono state ricavate assumendo il comportamento a valanga. Quando il drogaggio o il
gradiente sono alti lo spessore della zona di svuotamento, a parit di tensione inversa pi piccola e
la strada percorsa dalle cariche inferiore e perci pi difficile che si abbiano urti. Pertanto serve
un po pi di tensione per produrre la rottura. Se poi si sale molto in drogaggio allora la rottura u-
10
14
10
15
10
16
10
17
10
18
10
-1
10
0
10
1
10
2
10
3
10
4
BV (V)
GaAs
Si
Ge
NB (cm
-3
)
10
19
10
20
10
21
10
22
10
23
10
24
10
0
10
1
10
2
10
3
BV (V)
m (cm
-4
)
GaAs
Si
Ge

Fig.6.1-21
Diodi semiconduttori 210
nicamente legata al campo inverso e le espressioni di cui abbiamo detto non hanno pi validit e le
curve si incurvano verso lalto come evidente nelle due figure. Fino a circa 10
16
/cm
3
leffetto pre-
valente la valanga mentre a partire da 10
17
/cm
3
lo Zener. Ma i due effetti coesistono comunque
con maggiore accentuazione a secondo del drogaggio.
6.1.9.4 Il coefficiente di moltiplicazione
Il fenomeno della rottura non cos improvviso come si detto. La corrente nella regione
inversa, nelle vicinanza della rottura, sale pi di quanto ci si aspetti per effetto della moltiplicazione.
Se con I indichiamo la corrente che si avrebbe se non ci fosse leffetto della valanga, la corrente in-
versa IAr, nei pressi della rottura M volte I con M, detto coefficiente di moltiplicazione dato da
.
) BV V ( 1
1
M
c
AKr
[6.1-43]
c un esponente che varia da 1.5 a 10. Esso pi basso se prevale leffetto valanga e pi alto se lo
Zener. Inoltre dipende anche dal tipo di materiale impiegato. Tanto pi alto M tanto pi brusco il
ginocchio. Da ci segue che la pendenza della caratteristica nella zona di rottura superiore per i
diodi Zener che per quelli a valanga. Ci comporta che la resistenza dinamica in questa regiore , in
generale pi elevata per i diodi a valanga rispetto a quella dei diodi ad effetto Zener.
6.1.9.5 Diodi Zener.
In effetti, qualunque sia la causa che ha determinato il rapido aumento della corrente, e cio
per valanga o per zener si parla comunque di tensione di rottura.
I diodi per i quali prevalentemente curato l'aspetto della rottura, prendono il nome, in ger-
go, di diodi Zener. Se si vuole essere pi precisi si pu dire che se a drogaggi molto alti o molto
bassi prevalgono gli effetti di campo o di valanga, rispettivamente. Per drogaggi intermedi i due ef-
fetti coesistono. Il parametro principale di uno Zener la tensione di Zener, altri parametri sono la
corrente di ginocchio, la massima corrente, la potenza massima dissipabile, il coefficiente di tempe-
ratura della tensione di Zener e la resistenza differenziale nella zona di rottura indicata con rz.
6.1.9.6 Coefficiente di temperatura degli Zener.
Nei diodi poco drogati, cio quelli a valanga, con la temperatura diminuisce il libero cam-
mino medio e quindi si hanno interazioni in uno spazio pi piccolo. Ma lenergia cinetica che una
carica acquista fra due urti successivi ora non pi sufficiente a produrre coppie con la stessa pro-
babilit di prima. Quando aumenta la temperatura perch il fenomeno della valanga avvenga, bis o-
gna allargare la zona di svuotamento. Infatti, anche se il libero cammino medio minore aumenta il
numero medio di urti e quindi risale la probabilit di creare coppie. L'allargamento della zona di
svuotamento ottenuto aumentando la tensione inversa. Quindi con la temperatura cresce la tensio-
ne di rottura. Nei diodi in cui prevale leffetto Zener, invece, con la temperatura incrementa l'ener-
gia del reticolo e gli atomi sono mediamente pi eccitati. sufficiente una tensione minore per dare
luogo alla rottura. Quindi con la temperatura diminuisce la tensione di Zener. Se con ct =
DBV/(BVDT) indichiamo il coefficiente di temperatura della tensione di
rottura si vede che esso negativo nei diodi Zener e positivo in quelli a
valanga. Si sa gi che i due effetti coesistono per drogaggi intermedi, ed
allora il ct varia gradualmente da valori negativi a positivi. In particolare
gli Zener al silicio da 4.8 a 6 V possono avere coefficiente nullo.
Nella Fig.6.1-22 sono indicati i simboli usati per un diodo qua-
lunque (b) ed uno espressamente progettato per sfruttare l'effetto di rot-
tura (c).
(a)
Anodo
Catodo
n
p
(b)
(c)

Fig.6.1-22
Diodi semiconduttori 211
6.1.9.7 Zener compensati.
Determiniamo ora il coefficiente di temperatura della serie, mostrata in Fig.6.1-23a, di due
diodi Zener D1 e D2 che hanno tensioni di rottura e coefficienti di temperatura rispettivamente
BV1 e BV2 e ct1 e ct2. Se la corrente che li attraversa sopra il ginocchio per entrambi si ha:
VDt = VD1 + VD2 = BV1 + BV2 = BVt .
Dalla definizione di coefficiente di temperatura si pu ricavare quello ct t della serie dei due. :

t
2
2 t
t
1
1 t
2
2
t
2
1
1
t
1
t
2 1
t
t
tt
BV
BV
c
BV
BV
c
BV
BV
dT BV
dBV
BV
BV
dT BV
dBV
dT BV
) BV BV ( d
dT BV
dBV
c + +
+

cio:
t
2
2 t
t
1
1 t tt
BV
BV
c
BV
BV
c c + [6.1-44]
Se i due diodi hanno coefficienti di temperatura dello stesso segno il coefficiente della serie mantie-
ne il segno. Nel caso di coefficienti di segno opposto il coefficiente di temperatura potr essere sia
positivo che negativo o addirittura nullo. In questo caso dovr evidentemente essere:
.
BV
BV
c
c
1
2
2 t
1 t
[6.1-45]
Combinando opportunamente pi Zener possibile realizzare coef-
ficienti di temperatura nulli quando si vuole una tensione di rottura elevata.
Si possono combinare in serie anche uno Zener ed un diodo connessi come
in Fig. [6.1-23b e cio lo Zener in polarizzazione inversa al disopra del gi-
nocchi e il diodo in polarizzazione diretta. La VAK di un diodo polarizzato
direttamente ha un coefficiente di circa -2 mV/C. Se lo si mette in buona
conduzione la tensione ai suoi capi circa quella di saturazione datae nel
6.1.6 e cio 200 mV per Ge, 600 mV per il Si e 900 mV per il GaAs. A
queste tensioni corrispondono coefficienti di temperatura approssimativa-
mente di ctGe = -0.1%/C e ctSi = -0.3%/C. ctGaAs = -0.45 %/C. Per piccole
correzione di Zener con coefficiente positivo questa pu essere una valida
soluzione. I costruttori producono Zener compensati in un contenitore unico direttamente.
6.1.10 Effetto del drogaggio sulle caratteristiche
Aumentando il drogag-
gio diminuisce la concentra-
zione delle cariche minoritarie
ed il tempo di vita media e la
corrente inversa diminuiscono.
La costante di diffusione non
cambia con il drogaggio. Nella
Fig.6.1-24 mostrato leffetto
che sulle caratteristiche ha il
drogaggio. Nel caso di nessun
drogaggio, cio di materiale
intrinseco, il dispositivo si
comporta da resistore. Man
mano che aumenta il drogag-
gio si nota asimmetria fra pola-
rizzazione diretta ed inversa e
questa asimmetria cresce con il
drogaggio. La tensione di soglia e di saturazione aumentano e le correnti inverse diminuiscono. Per
quanto riguarda la tensione di rottura gi stato detto tutto nel paragrafo precedente. In figura le
curve sono indicate con un numero progressivo che aumenta con laumentare del drogaggio.
(a)
(b)
D
z2
D
z1
D
D
z

Fig.6.1-23
I
Af
(ma)
-15
-10
-5
0
5
10
15
20
0
1
V (Volt)
Polarizzazione
diretta
Polarizzazione
inversa
(1)(2)
(3)
(4)
(5)
(1)
(2)
(3)
(4)
(5)

Fig.6.1-24
Diodi semiconduttori 212
6.1.11 Capacita' di un diodo
Tutto quanto detto finora vale se applichiamo tensioni e correnti continue. Le cose cambiano
non appena proviamo a cambiare rapidamente queste grandezze. Entrano in gioco degli effetti se-
condari principalmente dovute ad effetti capacitivi. Le cose sono molto differenti se consideriamo
polarizzazione diretta od inversa. Per comodit semplifichiamo lo studio considerando diodi asim-
metrici. Per esempio sia la zona danodo molto pi drogata di quella del catodo. Cio NA >> ND.
6.1.11.1 Capacita' di diffusione.
Studiamo ci che avviene in polarizzazione diretta. Leffetto capacitivo sta nel fatto che il
processo di diffusione produce un eccesso di cariche minoritarie nei pressi della giunzione. Una va-
riazione della tensione applicata produce una cambio in questo eccesso di cariche ma non istantane-
o. Una variazione di tensione DVAK ne produce una della carica immagazzinata nelle zone a ridosso
della giunzione pari a DQd. Il rapporto DQd/DVAK definisce una capacita Cd. Per via della causa che
la ha determinata si parla di capacit di diffusione. Riprendiamo lespressione [6.1-17] che da l'ec-
cesso di concentrazione dpn di cariche minoritarie in ogni punto nella zona n:
.
)
e
I
I
p
)
e ) 1 e ( p ) x ( p
p n p n
T AK
L W x (
s
A
0 n
L W x (
V V
0 n n

Leccesso Qd si ottiene integrando in tutto il ca-
todo. Cio: . L
J
I
qp dx
)
e
J
I
qp dx
)
e
I
I
p qS dx ) x ( p qS Q p
s
A
0 n
l
W
L W x (
s
A
0 n
l
W
L W x (
s
A
0 n
l
W
n d
n
n
p n
n
n
p n
n
n




Nel caso di diodo asimmetrico la corrente inversa di saturazione dalla [6.1-18] si approssima in
0 n
p
p
S p
L
D
q J . Sostituendo nella precedente ed utilizzando la [4.6-6] si ottiene semplicemente
. I L
p qD
I
qp Q A p
2
p
0 n p
A
0 n d [6.1-46]
Ricordiamo lespressione [6.1-34] della resistenza differenziale: la capacit di diffusione diventa:
.
r dV
dI
dV
dQ
C
a
p
AK
A
p
AK
d
d

[6.1-47]
Le ultime espressioni sono valide per diodi fortemente asimmetrici. Ma restano valide in ge-
nerale purch a t p o t n si sostituisca un tempo di vita effettivo t e che tiene conto del tempo di vita
delle cariche minoritarie in entrambe le zone. Esse dicono che la capacit di diffusione proporzio-
nale alla corrente diretta ed al tempo che in media una carica minoritaria sopravvive come tale
nella zona. Nei diodi a base corta questo tempo il tempo di transito tt delle cariche minoritarie.
Concludendo: la capacit di diffusione proporzionale alla corrente e dipende dal tempo di vita ef-
fettivo o da quello di transito, a secondo dei casi.
6.1.11.2 Capacita' di transizione.
In polarizzazione inversa lo spessore della zona svuotata dipende dalla tensione ai suoi capi.
Aumentando la tensione si allarga la zona di svuotamento ed aumentano gli ioni scoperti in tale zo-
na. Questi ioni sono come le cariche immagazzinate sulle armature di un condensatore. Tuttavia il
rapporto la carica relativa e la tensione ai capi della zona di svuotamento VBi VAK = VBi + VAKr
non costante. VAKr la tensione inversa applicata. Definiamo, perci, anche in questo caso una
capacit Ct , detta di transizione. Sia Qi la carica complessiva di questi ioni. Ct = DQi/D(VBi + VAKr).
La capacit di transizione significativamente differente se la giunzione graduale o bru-
sca. Trattiamo per primo questo caso. Consideriamo, per semplicit, ancora una volta, quello che
avviene se il drogaggio della giunzione brusca asimmetrico. Allora possiamo utilizzare risultati
del 6.1.9.3. Il legame tra la tensione sulla giunzione e lo spessore della zona di svuotamento dato
dalla [6.1-37] che pu essere capovolta come . W 2 qN V V
2
B AKr Bi + Daltra parte in un diodo di
sezione S, la zona svuotata spessa W praticamente tutta nella zona meno drogata con drogaggio
Diodi semiconduttori 213
NB. La carica complessiva dovuta agli ioni scoperti Qi = qNBSW. Differenziando entrambe queste
espressioni si ha: WdW qN ) V V ( d B AKr Bi + e dQi = qNBS dW. Eseguendo il rapporto
.
W
S
) V V ( d
dQ
C
AKr Bi
i
t

+
[6.1-48]
formalmente eguale all'espressione della capacit di un condensatore con armature piane e parallele.
Per, in questultimo W fisso, mentre in questo caso dipende dalla tensione applicata come stabili-
to dalla [6.1-37]. Sostituendo nella precedente questultima si ricava
.
) V / V 1 (
V 2 qN S
W
S
C
2 / 1
Bi AKr
Bi B
t
+

[6.1-49]
In Fig.6.1-22 mostrato il comportamento di un diodo a giunzione brusca polarizzato inversamente.
La capacit fatta con Silicio di S = 500x500 mm
2
, nellintervallo di tensioni utilizzato, varia di un
fattore 3 al massimo. La concentrazione di drogante nel catodo costante e pari a ND = 1.7
10
15
/cm
3
.
Sia ora la giunzione graduale come quella trattata sempre nel 6.1.9.3. La relazione fra la
tensione sulla giunzione e lo spessore della zona di svuotamento data dalla [6.1-39], cio
. 12 qmW V V
3
AKr B + La zona di svuotamento larga W, met per ogni zona del semiconduttore.
Allora la carica dovuta agli ioni scoperti con giunzione graduale Qi =1/8 qm S W
2
. Differenziando
entrambe queste espressioni si ha: dW W 4 qm ) V V ( d
2
AKr B + e dQi = q/4 mS WdW. Eseguendo il
loro rapporto si trova ancora una volta la [6.1-48]. Per, questa volta la relazione fra la tensione di
giunzione e la larghezza della zona svuotata non pi quella di prima ma e data dalla [6.1-39]. So-
stituendo nella precedente si ottiene finalmente
.
) V / V 1 (
V 12 qm S
C
3 / 1
Bi AKr
3
Bi
2
t
+

[6.1-50]
In Fig.6.1-22 mostrato il comportamento di un diodo a giunzione graduale polarizzato inversa-
mente. La capacit realizzata con Varicap al si-
licio di S = 500x500 mm
2
, nellintervallo di ten-
sioni utilizzato, varia di un fattore 2 al massimo.
La concentrazione nel catodo varia gradualmen-
te con m = 1.7 10
21
/cm
3
. A distanza x0 = 1 mm
dalla giunzione la concentrazione ND(x0) = 1.7
10
15
/cm
3
eguaglia quella del diodo precedente a
giunzione brusca.
Le due espressioni della capacit di tran-
sizione possono essere generalizzate come:
.
) V / V 1 (
C
C
Bi AKr
0 t
t

+
[6.1-51]
con 2 qN S C B 0 t e
3
Bi
2
0 t V 12 qm S C e a
= 1/2 e 1/3, rispettivamente nei due casi. VBi,
come noto dellordine di 1 V e dipende dal
tipo di semiconduttore e dal drogaggio.
6.1.11.3 Diodi VARICAP.
Come si pu ben vedere dalla figura precedente non ci sono grandi differenze di comporta-
mento nei due casi. La capacit varia poco con la tensione e non rende il comportamento del diodo
particolarmente interessante.
In effetti si potrebbero generalizzare i risultati precedenti a drogaggi con qualsiasi profilo.
0 1 2 3 4 5 6 7 8
0
5
10
15
20
25
30
35
m = 0
Silicio
VAKr (V)
Ct (pF)
m = 1
m = -1.5
brusca
iperbrusca
graduale
S (100x100
m
m
2
)
S (500x500
m
m
2
)

Fig.6.1-22
Diodi semiconduttori 214
Diodi realizzati con profili di concentrazioni particolari per ottenere variazioni ben precise della
capacit prendono il nome di diodi VARICAP.
Ricordiamo che nella zona di catodo, molto pi drogata, la larghezza della zona di svuota-
mento trascurabile e pertanto W sostanzialmente soltanto nellanodo. Assumiamo che il profilo
di drogaggio sia normalizzato al drogaggio alla profondit x0. Potremo scrivere che il drogaggio del
catodo
.
x
x
) x ( N N
m
0
0 D D
,
_

[6.1-52]
x la distanza dalla giunzione. Si potrebbe dimostrare, applicando lo stesso procedimento usato in
altri casi, a partire dal teorema di Poisson, che lo spessore della zona svuotata e la capacit di trans i-
zione sono:
2 m
m
0
Bi 0 D
Bi AKr
x
V ) 2 m ( ) x ( qN
) V / V 1 (
W +
+
+
[6.1-53]
2 m
Bi AKr
m
0 Bi 0 D
1 m
t
) V / V 1 (
x V ) 2 m ( ) x ( qN
C
+
+
+
+
[6.1-54]
Molto interessante, per le applicazioni che si fanno sono i diodi con giunzione, cosiddetta
iperbrusca, nella quale la concentrazione dei donatori nel catodo varia in modo inverso, cio decre-
scendo dalla giunzione verso la zona neutra. Tecniche di crescita epitassiale consentono di realizza-
re un profilo di drogaggio di questo tipo. Nella Fig.6.1.23a sono mostrati in scala logaritmica profili
di drogaggio del catodo dei diodi descritti in questo paragrafo. Si suppone che il profilo sia descritto
dalla [6.1-52]. Diodi con drogaggio uniforme hanno m = 0 mentre quelli a giunzione lineare hanno
m = 1. La giunzione iperbrusca della figura ha m = -1.5. La larghezza W della zona di svuotamento
data dalla [6.1-53]. Mentre nelle giunzioni graduali o brusca questo spessore varia di poco con la
tensione inversa, la giunzione iperbrusca ha una variazione della regione di svuotamento violento
con la tensione, come si vede dalla Fig.6.1-23b. Nella Fig.6.1-22 mostrato il comportamento di un
diodo realizzato con giunzione iperbrusca, sempre con m=-1.5 per la quale vale la [6.1-54]. In que-
sto esempio il diodo con giunzione iperbrusca ha una area un po pi piccola degli altri due, in mo-
do da avere pi o meno lo stesso valore Ct0. Per si fatto in modo, che a distanza x0 = 1 mm dalla
giunzione la concentrazione ND(x0) = 1.7 10
15
/cm
3
eguaglia quella che hanno nella stessa posizione
entrambi i diodo precedenti. Si noti che questa volta la stessa variazione di tensione inversa sta pro-
ducendo una variazione della capacit di un fa ttore circa 80, rispetto al fattore 2-3 del caso dei pre-
cedenti profili. Se si pone nella [6.1-54] m = -1.5 si vede che la Ct dipende da (1+VAK/VB)
-2
. Cio si
pu ancora adoperare la [6.1-51] con a = 2. Nel paragrafo 6.3-10 vedremo come sfruttare questo ti-
po di Varicap.
)
0 0.5 1 1.5 2
10
13
10
14
10
15
10
16
10
17
10
18
m = 0
Silicio
N
D
(cm
-3
)
x (
mm mm
)
m = 1
m = -1.5
brusca
iperbrusca
graduale
W ( nm)
m=0
Silicio
ND(cm- 3)
x( mm VAKr (V)
Ct( pF) Ct -0.5 (pF-0.5 )
m=1 m = -1.5
brusca iperbrusca
graduale
S(500x500mm2)
0 1 2 3 4 5 6 7 8
10
1
10
2
10
3
10
4
W (nm)
m = 0
Silicio
V
AKr
(V)
m = 1
m = -1.5
brusca
iperbrusca
graduale

Fig.6.1-23.
Diodi semiconduttori 215
6.1.12 Diodi fortemente drogati: Tunnel e Backward
Per quanto detto nel paragrafo 6.1.9, il comportamento dei diodi in polarizzazione inversa
dipende fortemente dal drogaggio. In questo paragrafo ci occuperemo dei diodi fortemente drogati
nei quali il drogaggio si avvicina oppure supera addirittura, il drogaggio degenere. Una ipotesi che
sar sempre verificata in tutto il paragrafo che il drogaggio sia simmetrico. Ricordiamo che un se-
miconduttore degenere quando la concentrazione delle impurezze supera la concentrazione dei li-
velli disponibili. Per il semiconduttore n, ND > NC, e per il p, NA > NV, sono le condizioni perch il
materiale si dica degenere.
6.1.12.1 Diodi Backward
La tensione di rottura si abbassa con il drogaggio.
Diodi con drogaggio pesantissimi e simmetrici presentano
una regione di svuotamento sottilissima ed il campo neces-
sario per ottenere la rottura si ha con basse tensioni. Il diodo
conduce meglio, addirittura con polarizzazione inversa che
diretta. Un diodo del genere prende il nome di diodo inverso
o Backward. In Fig.6.1-24 mostrata la caratteristica tipica
di un diodo Backward. evidente che esso conduce meglio
con una polarizzazione inversa che con una diretta.
6.1.12.2 Diodi Tunnel
Aumentando ulteriormente il drogaggio in modo che la concentrazione di accettori e di do-
natori siano entrambi superiori alla concentrazione degli stati disponibili si realizzano i cosiddetti
diodi tunnel. Il meccanismo di funzionamento di un tale diodo identico a quello gi noto soltanto
per tensioni dirette sufficientemente elevate rispetto alla soglia. Sia in regione inversa che sotto so-
glia si hanno comportamenti differenti legati ad un nuovo meccanismo di conduzione che prende il
nome di effetto tunnel.
Il drogaggio degenere porta al due
conseguenze estremamente importanti. La
prima che lo spessore della zona di svuo-
tamento, in assenza di polarizzazione [6.1-
7] estremamente sottile, laltra che il
livello di Fermi nel n va in zona di condu-
zione e quello della p va in banda di va-
lenza [4.3-20] e [4.3-21]. Inoltre il poten-
ziale intrinseco si avvicina al gap [6.1-9].
Inserendo in questultima le [4.3-10] e
[4.3-11] per NA = NV e ND = NC si trova
che VBi proprio EG/q. Cio il potenziale
intrinseco supera il gap se il drogaggio
degenere. In Fig.6.1.25 sono rappresentati
sia lo spessore della zona di svuotamento
che il potenziale intrinseco per silicio a
300K in funzione del rapporto fra con-
centrazione di drogante e stati disponibili.
Si fa lipotesi di drogaggio simmetrico. In-
fatti in questo caso la zona di svuotamento penetra in entrambi i semiconduttori di poco. La zona
colorata corrisponde a drogaggio non degenere. Nella zona degenere si noti che lo spessore della
zona di svuotamento scende al disotto 250 . Consideriamo in questo paragrafi soltanto diodi con
drogaggio degenere simmetrico per il quale W sia molto piccolo.
Polarizzazione
inversa
-10
-5
0
5
10
0
1
VAK (Volt)
Polarizzazione
diretta
IAr (ma)
IAf (ma)

Fig.6.1-24

10
-8
10
-6
10
- 4
10
-2
10
0
10
2
10
0
10
1
10
2
10
3
10
4
10
5
0
10
1
10
2
10
3
10
4
10
5
10
V
B

(
m
V
)

NA/NV = ND/NC
W

(
n
m
)
degenere
Silicio a 300 K

Fig.6.1-25
2
i
D A
T Bi
n
N N
ln V V
kT / ) E E (
C i
Fi C
e N n

kT / ) E E (
V i
V Fi
e N p

Diodi semiconduttori 216


Per spiegare il meccanismo di funzionamento di un diodo tunnel non sufficiente la mecca-
nica classica ma necessario ricorrere alla meccanica quantistica. Pertanto necessario fare una
premessa che alla base della teoria sui diodi tunnel portata avanti da Esaki
[ES]
e Hall
[HA]
.
Consideriamo la parte a sinistra della
figura a lato. Studiamo quello che avviene se-
condo la meccanica classica. Una particella di
massa m nella regione (b) con una energia E.
Una particella per stare nella regione (a) di alte
energie ha necessit di possedere una energia
superiore allenergia EB della barriera. Pertan-
to, se lenergia della particella E < EB la par-
ticella confinata nella regione (b). Essa pu stare dappertutto nella regione (b) e da nessuna parte
nella regione (a). In modo analogo, se si osserva la parte destra della stessa figura si deve trarre la
medesima conclusione. La particella di energia E < EB confinata nella regione (b1). Essa, non a-
vendo, energia sufficiente per saltare la barriera di potenziale pu soltanto stare nella zona (b1).
Anche se potesse stare nella zona (b2) perch il suo livello energetico lo consentirebbe, tuttavia non
capace di saltare, ne attraversare la barriera perch essa troppo alta.
Per capire, quello che avviene in realt ci si pu aiutare con un esempio. La barriera sia una
siepe molto fitta che un cavallo non riesce a saltare perch altissima. Se la siepe sottile il cavallo
ci passa in mezzo senza saltarla.
Se la barriera sufficientemente stretta una particella che ha un livello energetico permesso
in entrambe le zone b(1) e (b2) ha una probabilit diversa da zero di attraversare, non di saltare la
barriera. In ci consiste leffetto tunnel. Applicando lequazione di Shoedringer alla regione (b2) si
trova che la probabilit che la particella m possa stare in un punto a distanza x dalla barriera pro-
porzionale a e
-x/x
0
. La costante x0 dipende soltanto da costanti fisiche e dalla differenza EB E fra
lenergia della barriera e da quella della particella. Per essere pi precisi: . ) E E ( m 32 h x B
2
0 h
la costante di Plank. Allora se lo spessore W della barriera sufficientemente piccolo rispetto a x0,
anche se lenergia della particella non le consente il salto, tuttavia la particella pu attraversare la
stessa. La probabilit dattraversamento aumenta assottigliandola ed evident emente superiore per
particelle di energia pi alta. Man mano che una particella ha energia sempre pi vicina a quella ne-
cessaria per saltarla aumenta anche la probabilit di attaversarla. Se, per, la barriera ha spessore
grande rispetto a x0 la probabilit diventa piccolissima e, in accorda anche con la meccanica classi-
ca, la particella costretta nella regione (b1) .
Nella figura Fig. 6.1-27a mostrato il
diagramma a bande del semiconduttore in as-
senza di potenziale applicato. Con EB si indi-
cato lenergia qVBi potenziale della barriera
[6.1-9]. Dal momento che, nella zona n
++
il li-
vello di Fermi sta sopra il livello EC lintervallo
EF EC una zona permessa e pertanto anche a
temperature bassissime pieno. Viceversa, nel-
la zona p
++
lintervallo EV EF in banda di va-
lenza vuoto. Si rammenti che lo spessore del-
la zona di svuotamento ancora pi piccolo di
quello dei diodi Backward che pur avendo dro-
gaggi pesantissimi non arrivano ad essere de-
genere.
Lapplicazione di una tensione inversa VAKr anche modesta fra anodo e catodo abbassa tutti i
livelli energetici di questultimo della quantit Er =qVAKr. La Fig.6.1-27b mostra la nuova situazio-
zona
(b) di
bassa
energia
E
x
E
m
E
B
zona
(a) di
alta
energia
W
zona
(b1) di
bassa
energia
E
x
E
m
EB
zona
(a) di
alta
energia
zona
(b2) di
bassa
energia

Fig.6.1-27.
E
C
p
++
EG
E
V
E
G
EC
E
V
W
banda di
valenza
stati
vuoti
EF
n
++
banda di
conduzione
stati
pieni
E
B
> E
G
EF
E
r
E
C
p
++
EG
E
V
E
G
EC
E
V
W
banda di
valenza
stati
vuoti
E
F
n
++
banda di
conduzione
stati
pieni
E
B
> E
G
EF
tunnel
(a)
(b)

Fig.6.1-27.
Diodi semiconduttori 217
ne. Si ha una corrente sensibile. Infatti la rottura per cam-
po avviene facilmente per tensioni inverse anche piccole
dato le dimensioni ridottissime di W. Leffetto pi spin-
to di quello del diodo Backward. La caratteristica inversa
ancora pi vicina allasse delle correnti. Elettroni in
banda di valenza della zona p marcata nera nella figura
saltano direttamente nella banda di conduzione della zona
n come mostrato della freccia. Gli stati di provenienza
di questi elettroni sono quelli compresi fra i due livelli di
Fermi nelle due zone. La differenza fra questi due livelli
VAKr = Er/q. Alzando la polarizzazione inversa il dislivello
fra le due regioni cresce. Aumentano anche gli stati dai
quali possono provenire elettroni per tunnel, cio la zona
marcata nera diventa pi consistente. La singola probabilit non cambia di molto, ma aumentando
gli elettroni che possono attraversare la giunzione aumenta la corrente i nversa come mostrato nel-
la Fig.6.1-28a. Il diodo tunnel, in polarizzazione inversa si comporta come un ottimo resistore.
Vediamo quello che succede, invece in polarizzazione diretta. La spiegazione viene aiutata
dalla Fig.6.1-29. Applichiamo una debole polarizzazione VAKf = Ef/q tale che il livello di Fermi nel
catodo non superi il livello EV. Per effetto di questa debole polarizzazione la barriera si abbassa un
po, pur essendo sempre pi grande del gap, dando origine ad una struttura delle bande come quella
della Fig.6.1-29a. Questa volta si vede che esistono nel catodo degli stati occupati nella banda di
conduzione cui corrispondono livelli energetici identici, ma vuoti e disponibili nella banda di valen-
za dellanodo. Per gli stessi motivi detti prima la probabilit che elettroni attraversino la giunzione
diversa da zero dando luogo a corrente di elettroni che dal catodo vanno verso lanodo. Ci corri-
sponde ad una corrente convenzionale positiva. La corrente di tunnel proporzionale allarea nera
che rappresenta gli stati disponibili in banda di conduzione nel catodo cui corrispondono stati vuoti
nellanodo. Se innalziamo ancora la polarizzazione diretta in modo da portare il livello EC del cato-
do al valore di EF dellanodo e corrispondentemente il valore di EV nellanodo a quello di EF nel ca-
todi, si ha la massima possibilit di stati occupati da elettroni nella zona del catodo cui corrispon-
dono stati disponibili vuoti nellanodo (Fig.6.1-29b). Allora la corrente di tunnel sar massima. La
corrente, aumentando la polarizzazione diretta da 0 fino a Ef = qVAkf = Ep = q Vp cresce da 0 fino ad
un valore che chiamiamo Ip. Ci chiaramente rappresentato nella Fig.6.1-28a. Facciamo crescere
ancora il potenziale VAKf al di la del valore Vp. In modo che il livello EC del catodo sia comunque
al disotto di EV dellanodo. La barriera si abbassa ulteriormente, ma la zona nera da cui possono
venire elettroni dal catodo per trovare stati disponibili nellanodo diminuisce (Fig.6.1-29c). La cor-
rente di tunnel decresce rispetto la corrente di picco come chiaramente indicato in Fig.6.1-28a. Se
si fa salire ancora tensione si abbassa ulteriormente la barriera e la corrente decresce. Quando la
tensione applicata, come nel caso di Fig.6.1-29d talmente alta che il livello EC nel catodo supera
-10
-5
0
5
10
0
VAK (Volt)
IAr (ma)
IAf (ma)
1
-10
-5
0
5
10
0
VAK (Volt)
IAr (ma)
IAf (ma)
1
Vpp Vv
Iv
Ip
Vp
Corrente
di tunnel
Corrente di
diffusione
Corrente
di tunnel

Fig.6.1-28
EC
p
++
E
G
EV
E
G
EC
E
V
W
banda di
valenza
stati
vuoti
E
F
n
++
banda di
conduzione
EB > EG
E
F
Ef
(a)
tunnel
(b)
EC
p
++
E
G
EV
EG
E
C
E
V
W
banda di
valenza
stati
vuoti
E
F
n
++
banda di
conduzione
EB= EF-EV
E
F
E
f
=E
p tunnel
(d)
EC
p
++
E
G
EV E
C
E
V
W
banda di
valenza
stati
vuoti
E
F
n
++
banda di
conduzione
EF
E
f
>E
px
E
G
EB > EG
(c)
E
C
p
++
E
G
E
V
E
G
E
C
EV
W
banda di
valenza
stati
vuoti
EF
n
++
banda di
conduzione
E
B
> E
G
E
F
tunnel E
f
>E
p

Fig.6.1-29.
Diodi semiconduttori 218
quello EV nellanodo non pi possibile il fenomeno del tunnel e la corrente di tunnel va a zero. Il
tutto chiaramente rappresentato nella Fig.6.1-28a.
Tuttavia questa descrizione del diodo tunnel non com-
pleta. Accanto alla corrente diretta dovuta al tunnel c la norma-
le corrente dovuta alle cariche minoritarie che, quando la barriera
si abbassa sufficientemente, riescono a saltare, non attraversare
la giunzione. Questa la corrente descritta da Shockley ed ha il
classico andamento esponenziale visibile in Fig.6.1-28b (linea
tratteggiata). Quindi la corrente in polarizzazione diretta data da
due componenti, una che ha un picco Ip per la tensione Vp molto
piccola e laltra che il classico andamento esponenziale. La som-
ma di queste due componenti da la corrente complessiva nel tunnel che la linea a tratto continuo
della Fig.6.1-28b. In Fig.6.1-30 sono mostrati i simboli elettrici convenzionali dei vari tipi di diodi.







Anodi
Catodi
Diodo
comune
Diodo
tunnel
Diodo
Zener

Fig.6.1-33
Diodi semiconduttori 219
6.2 Giunzioni metallo-semiconduttore
Riprendiamo quanto detto nel 4.2.8 a
proposito del contatto fra due materiali non iso-
lanti. Questa volta per consideriamo un materiale
metallico con potenziale di estrazione F M e lo
mettiamo a contatto con un materiale semicondut-
tore, in genere drogato.
A sinistra, nella figura accanto mostrata
la struttura a bande del metallo isolato dal semi-
conduttore. mostrato il livello di Fermi ed
lenergia destrazione qF M del metallo che, ricor-
diamo, lenergia minima necessaria per
portare al di fuori del metallo un elettrone
che ha proprio lenergia di Fermi. La
TAV.6.1-I mostra i potenziali destrazioni
di alcuni metalli che ci interessano per il loro impiego in microelettronica.
Nella stessa Fig,6.2-1, a destra , invece, mostrata la situazione per un semiconduttore di Si-
licio di tipo n (drogaggio ND = 10
18
/cm
3
) ancora isolato dal metallo. Lenergia destrazione qF S del
semiconduttore varia con il drogaggio in quanto con esso si sposta il livello di Fermi. Una quantit,
che, invece, non cambia la cosiddetta affinit elettronica c. Essa tale che qc la differenza fra il
livello energetico minimo E0 di un elettrone al di fuori del semiconduttore e il livello inferiore della
banda di valenza. Questa quantit dipende unicamente dal materiale e non dal suo drogaggio. Per
esempio, per il silicio e cSi = 4.05 V.
Se il potenziale destrazione del semiconduttore supera quello del metallo vuol dire che, in
media, gli elettroni del metallo hanno necessit di minore energia per uscire dal metallo rispetto
agli elettroni del semiconduttore. Quindi essi hanno mediamente energie superiori a quelli del se-
miconduttore. Nel caso inverso, come per esempio per lAu (F Au = 4.70V) ed il Silicio drogato n,
cSi = 4.05V < F Si < cSi + GapSi/2 =4.05V + 0.56V = 4.61 V ed in ogni caso F M - F Si > 0. Allora
esistono elettroni, nel semiconduttore con energie superiori a quelle del metallo. La Fig.6.2-1 si rife-
risce proprio a questo esempio. Ovviamente questo soltanto uno dei casi possibili. Infatti il semi-
conduttore pu essere sia n che p e, a seconda del suo drogaggio e del metallo che si prende in esa-
me si avr il segno di F M .
6.2.1 Diodi Schottky metallo-n
Finch lAu ed il Si n non sono interagenti la Fig.6.2-1
descrive il loro comportamento. Ma non appena si mettono a
contatto, per definizione, il livello di Fermi, in assenza di po-
larizzazione esterna, diventa comune a tutto il dispositivo. Le
cose sono differenti a seconda che utilizziamo materiali con
potenziale destrazione superiore o inferiore allaffinit ele t-
tronica del semiconduttore e se questi n o p. Nella figura ac-
canto mostrato quello che avviene per Au ed il Si n (ND =
10
18
/cm
3
) che ha una affinit elettronica inferiore al potenziale
destrazione del metallo (4.70 > 4.05). Cio VB = F M - c > 0. Se tralasciamo, per il momento
linterfaccia fra i due materiali e ci mettiamo a distanza sufficientemente grande facile disegnare
questa figura a partire della precedente. Infatti, dovere porre i livelli di Fermi allo stesso valore si-
gnifica slittare il diagramma a banda del semiconduttore del potenziale di contatto qVBi =
E
F
E
C
E
V
E
G
Silicio n
banda di
valenza
banda di
conduzione
4.05eV < q
FS
< 4.61eV
q
c
= 4.05eV
E
F
-2
-1
0
1
2
3
4
5
q
FM
= 4.70eV
metallo
-2
-1
0
1
2
3
4
5
E
0
Au

Fig.6.2-1
TAV.6.1-I: Potenziale destrazione
Metallo Mg Al Ag Cu Au Ni Pt
F M 3.7 4.2 4.31 4.52 4.70 4.74 5.65 Volt
QV
Bi
= 557meV
E
C
E
V
Silicio n
banda di
valenza
banda di
conduzione
q
FS= 4.14eV
q
c
= 4.05eV
-2
-1
0
1
2
3
4
5
q
FM= 4.70eV
metallo
Au
E0
EF
EG
qVB= 650meV
X (nm)
V
ND = 10
18
/cm
3
-20 0 20 40 60

Fig.6.2-2
Diodi semiconduttori 220
q(F M - F S). Questo risultato si ottiene perch elettroni dal semiconduttore vanno nel metallo dato
che, come gi detto, essi hanno, in media energia superiore a quelli del metallo. Pertanto questoul-
timo si carica negativamente rispetto al semiconduttore. Ricordiamo che ci dipende unicamente
dalla differenza dei potenziali di contatto. Per studiare quello che avviene allinterfaccia comincia-
mo a vedere che il livello E0 a sinistra pi alto che a destra e allinterfaccia si raccorda
gradualmente. Dal momento che laffinit elettronica un propriet del semiconduttore, se gue che
anche il livello EC allinterfaccia segue la curva di E0 e per la propriet del Gap anche EV ha lo
stesso andamento. Le bande si piegano come mostrato qualitativamente nella figura. Il potenziale di
contatto VBi dipende anche dal drogaggio del semiconduttore mentre il brusco salto VB delle bande
allinterfaccia soltanto dalla differenza fra il potenziale di contatto e dellaffinit, quindi solo dalla
scelta AuSi o altri materiali. Pi avanti daremo dettagli qualitativi in ipotesi semplificative.
Per il momento approfondiamo quanto avviene
nellesempio del contatto Au-n. Pi avanti prenderemo in esa-
mi altri tipi di drogaggi e di materiali. Nella Fig.6.2-3 sono
mostrate anche la carica e il campo elettrico alla giunzione
Metallo-semiconduttore Cominciamo con il determinare la
larghezza delle zone svuotate. Lanalisi viene condotta in mo-
do molto simile a quanto fatto per le giunzioni p-n con dro-
gaggio a gradino. Lipotesi di drogaggio uniforme e di concen-
trazione di donatori molto superiore a quella degli elettroni in-
trinseci consente un calcolo semplificato. possibile trascura-
re le cariche minoritarie nel silicio. Un elettrone che dal mate-
riale n va nel metallo lascia uno ione positivo scoperto nella
zona n. Una volta passato nel metallo esso si localizza
allinterfaccia dove la densit di carica diventa molto grande e
estremamente sottile. In pratica una d. Il numero di ioni sco-
perti nella zona n identico alla numero di elettroni nel metal-
lo allinterfaccia. Chiamiamo S, costante, la sezione del diodo,
e Wn lo spessore della zona svuotata. Qui la carica scoperta
Q = qNDWnS e la densit r = qND. Applichiamo l'equazione
di Poisson [4.8-25] nel semiconduttore e con le approssima-
zioni semplificative si ha: N
q
dx
d
dx
V d
D
2
2

per 0 < x <


Wn. Integrando la precedente si determina il campo elettrico. Evitiamo di entrare nel dettaglio dei
calcoli. Il metodo identico a quello applicato nel 6.1.1. Si ricava

,
_

,
_


n
M
n
n D
n
D
W
x
1 E
W
x
1
W qN
) W x (
qN
) x ( E con .
W qN
E
n D
M

Il potenziale VBi fra


le due zone, si calcolare integrando il campo che non nullo solo nella zona di svuotamento e quin-
di si ottiene una espressione analoga alla [6.1-6] cio .
2
W qN
2
W
E V
2
n D n
M Bi

Quindi la larghezza
della zona svuotata , analogamente alla [6.1-10], .
N
V
q
2
W
D
Bi
n

Quindi il campo elettrico massimo


allinterfaccia . V
qN
2 E Bi
D
M


evidente, allora che un siffatto dispositivo si comporta come un un diodo con lanodo nel
metallo ed il catodo nel semiconduttore. Il diodo Metallo-Semiconduttore prende anche il nome di
diodo Schottky. Ancora una volta la spiegazione del suo comportamento abbastanza semplice. In
assenza di polarizzazione la corrente netta ovviamente nulla, ma, in effetti essa il risultato di due

qVBi = 557meV
EC
EV
Silicio n
banda di
valenza
banda di
conduzione
qFS= 4.14eV
qc = 4.05eV
-2
-1
0
1
2
3
4
5
qFM = 4.70eV
metallo
Au
E0
EF
EG
qVB = 650meV
X (nm)
V
N
D
= 10
18
/cm
3

-20 0 20 40 60
Q = -qNDWnS
Q = qNDWnS
r r
x
r = qND
EM
x
Wn= 27nm
Wn
E
anodo catodo

Fig.6.2-3
Diodi semiconduttori 221
processi dinamici. Da una parte elettroni del metallo che, per questioni puramente statistiche, hanno
energie superiori a EF + EB = EF + qVB e che, quindi attraversano linterfaccia, verso il semicon-
duttore, dallaltra, ancora elettroni del semiconduttore che riescono a saltare il potenziale intrinse-
co VBi. Come si vede le due correnti sono di elettroni entrambe. In presenza di polarizzazione, l a-
sciando inalterata la temperatura, una delle due correnti, quella del metallo non cambia, perch VB
la differenza costante fra il potenziale di estrazione del metallo e laffinit del silicio. Laltra cor-
rente, invece, con la polarizzazione VAK applicata varia. Lostacolo agli elettroni del semicondutto-
re per passare nel metallo non pi VBi ma VBi VAK. Come vedremo fra poco landamento della
corrente molto simile a quella di un diodo p-n con delle differenze importanti che andremo a di-
scutere successivamente.
In assenza di potenziale applicato la corrente dal semiconduttore al metallo pu essere calco-
lata a partire dalla conoscenza della concentrazione superficiale degli elettroni allinterfaccia. Guar-
dando le Figg.6.2-2 e 6.2-3 si vede che allinterfaccia la differenza fra il livello di Fermi ed ECin
proprio qVB. Pertanto la concentrazione degli elettroni allinterfaccia , secondo la [4.3-20], nin =
NC e
-(E
Cin
-E
F
)/kT
= NC e
-V
B
/V
T
. Guardiamo ora ECb - EF nel bulk, lontano dallinterfaccia. qVB = qVBi
+ ECb EF. Sostituendo nella precedente si ottiene nin = NC e
-V
Bi
/V
T
e
-(E
Cb
-E
F
)/V
T
. E questa, sempre per la
[4.3-20], proprio nin = ND e
-V
Bi
/V
T
. La corrente dal n al metallo proporzionale a nin. In assenza di
polarizzazione la corrente di elettroni proveniente dal metallo identica a questa che abbiamo cal-
colato e che va in senso inverso. Le due correnti, eguali ed opposte, proporzionali a queste concen-
trazioni, decrescono esponenzialmente con il potenziale intrinseco. Chiamiamo ISM = ISS queste due
correnti. Il secondo pedice si riferisce al metallo od al semiconduttore. Si pu ritenere che queste
correnti siano proporzionali alla concentrazione di elettroni allinterfaccia e cio : ISM = ISS = k ND
e
-V
Bi
/V
T
. Quando polarizziamo, per, mentre laltezza della barriera per gli elettroni dal metallo rima-
ne sempre VB, quella per gli elettroni dal semiconduttore diventa VBi VAK . Allora, mentre la cor-
rente dal metallo rimane sempre ancora ISM quella dal semiconduttore cambia diventando k ND e
-( V
Bi

V
AK
)/V
T
. Allora la corrente complessiva che la differenza fra le due IA = k ND e
-( V
Bi
V
AK
)/V
T
- k ND e
-
V
Bi
/V
T
= k ND e
-V
Bi
/V
T
(e
V
AK
V
T
1). In altri termini
IA = ISM (e
V
AK
/V
T
1). [6.2-1]
con ISM = k ND e
-V
Bi
/V
T
[6.2-2]
che assume il significato di corrente inversa di saturazione per analogia a quanto detto in 6.1.
Queste espressioni, che si riferiscono ad un diodo ideale metallo-semiconduttore, sono suffi-
cientemente approssimate. Un calcolo pi accurato fa concludere che la corrente inversa di satura-
zione non esattamente quella calcolata ma ha una leggera dipendenza dalla tensione applicata, an-
che se questa dipendenza, dal punto di vista pratico, pu essere ragionevolmente trascurata. Questo
calcolo tiene conto sia del corrente di diffusione dovuta al gradiente di concentrazione degli elettro-
ni che al campo elettrico che si viene a manifestare. Ricordiamo lequazione della densit di corren-
te:

1
]
1

+
1
]
1

+
1
]
1

+
dx
n d
dx V
V nd
qD
dx
n d
D
dx
V d
n q
dx
n d
D n q J
T
n n n n n n [4.4-17]
Si fatto uso della relazione di Einstein [4.4-16]. V il potenziale nella zona di svuotamento. La
soluzione di questa espressione per la giunzione metallo-semiconduttore nelle condizioni specificate
dalla Fig.6.2-3 con potenziale applicato fra anodo e catodo della stata ricavata come
[SZ2]
.
JA = JS (e
V
AK
/ V
T
1). [6.2-3]
Con
T B V V
D AK Bi
T
C n
S e
N ) V V ( q 2
V
N qD
J

[6.2-4]
Ovviamente la dipendenza di JA da VAK duplice. C sia il termine esponenziale nella [6.2-3] che
quello sotto radice per la sua corrente di saturazione nella [6.2-4]. Tuttavia leffetto della variazione
di Js per la VAK trascurabile rispetto allinfluenza del termine esponenziale per cui si pu tranquil-
lamente usare una espressione approssimata delle precedente. Cio:
Diodi semiconduttori 222
JA = JS. (e
V
AK
/hV
T
1). [6.2-5]
Con Js indipendente dalla tensione e h un coefficiente demissione simile a quello della [6.11-29]
che per i diodi metallo-semiconduttori ha il valore approssimativo 1.02+1.15. In questo modo, an-
che per i metallo semiconduttori pu essere utilizzata la [6.1-29]. Quindi
). 1 e ( I I
T AK V V
s A

[6.1-29]
In Fig.6.2-4 sono mostrate le caratteristiche di diodi simili, con stesse dimensioni. Si confrontino i
due diodi al silicio quello con metallo semiconduttore e quello p-n. molto interessante il fatto che
la tensione di soglia del primo sia notevolmente inferiore a quello del diodo p-n.
6.2.2 Diodi Schottky metallo-p
Unaltra possibilit, per avere un diodo Schottky di
eseguire un contatto metallo-p con F S > F M. La figura accan-
to riporta la situazione per un contatto Al-p. Il drogaggio di
NA = 0.5

10
18
/cm
3
. Il livello di Fermi, in assenza di polarizza-
zione esterna, diventa comune a tutto il dispositivo. Il poten-
ziale di contatto risulta F M c (EG/2+VT ln(NA/ni) = 4.2
4.05 [1.12/2+ .0259 ln(.5 10
18
/1.5 10
10
)] = -859 mV. Questa
volta il semiconduttore p si carica negativamente rispetto al
metallo perch da questi elettroni vanno nel semiconduttore.
In tal modo, allinterfaccia Al-p, nel semiconduttore si crea
una zona svuotata dalle lacune che vengono neutralizzate da-
gli elettroni del metallo. Invece allinterfaccia nel metallo si
crea uno strato molto sottile di cariche positive dovute alla
mancanza di elettroni. Perch lacune dal metallo possano an-
dare nel semiconduttore debbono superare una barriera VB =
EG (F M - c) = 1.12 - (4.2 - 4.05) = 970 mV. A questo pun-
to i ragionamenti che si sono fatti per il diodo Schottky Au-n
valgono, in modo duale per il diodo Schottky Al-p. Bisogna
soltanto ricordarsi che lanodo, questa volta il metallo e non
il semiconduttore. Il diagramma a bande, la situazione di ca-
riche allinterfaccia ed il campo elettrico sono mostrati nella
figura a lato,.
Si parte, ancora una volta, dallequazione di Poisson
V (Volt)
IA (ma)
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
I
A
R
DD
A = 0.1mm
2
Is = .7
m
A
I s = 9.5fA
Is = 3 10
-4
fA
ND = 10
16
/cm
3
GaAs
Ge
Si
T = 27 C
Al-n
I s = 2nA
NE = 1.066
V (Volt)
IA (ma)
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1
10
-8
10
-6
10
-4
10
-2
10
0
10
2
Is = 9.5fA
Is = 3 10
-4
fA
ND = 10
16
/cm
3
t = 1
m
s
t = 2.5
m
s
t = 0.1ns
GaAs
Ge
Si
Is = .7
m
A
NA = 10
15
/cm
3
T = 27 C
A = 0.1mm
2
T AK V V
e
T AK V V
e
T AK V V
e
T AK V 2 V
e
T AK V 2 V
e
T AK V 2 V
e
T AK V 2 V
e
I
A
R
DD
I
A
R
DD
I
A
R
DD
(c)
(b)
(a)
(c)
(b)
(d)
(e)
(c)
(d)
(e)
(d)
(e)
T AK V V
e
T E AK V N V
e
Al-n
Is = 2nA
NE = 1.066

Fig.6.2-4
Q = qN
A
W
p
S
Q = -qN
A
W
p
S
x
r
= -qNA
E
x
W
p
E
C
EV
Silicio p
banda di
valenza
banda di
conduzione
-2
-1
0
1
2
3
4
5
q
FM
= 4.2eV
metallo
Al
qVB = 970meV
X (nm)
V
NA = 0.510
18
/cm
3
r r
E0
-20 0 20 40 60 80 100
q
FS
= 5.059eV
q
c
= 4.05eV
E
F
W
p
= 47 nm
E
G
E
M
qV
Bi
= 859meV
catodo anodo

Fig.6.2-5
Diodi semiconduttori 223
N
q
dx
d
dx
V d
A
2
2

e si ricava il campo elettrico per 0 < x < Wp. Si trova

,
_


p
M
W
x
1 E ) x ( E con
.
W qN
E
p A
M

Per il potenziale fra le due zone questa volta assumiamo come riferimento quello del
semiconduttore ed allora per il potenziale VBi fra le due zone si ottiene una espressione analoga alla
[6.1-6] cio .
2
W qN
2
W
E V
2
p A p
M Bi

Quindi la larghezza della zona svuotata , analogamente alla


[6.1-10], .
N
V
q
2
W
A
Bi
p

Allora il campo elettrico massimo allinterfaccia . V


qN
2 E Bi
A
M


Per la corrente si pu ricavare sempre la stessa espressione [6.2-1] per con la corrente in-
versa di saturazione
ISM = k NA e
-V
Bi
/V
T
[6.2-4]
Anche stavolta, se si fa un calcolo che tenga conto dei processi di diffusione in modo preciso
si ottiene una espressione della densit di corrente data dalla [6.2-3] con

T B V V
A AK Bi
T
V p
S e
N ) V V ( q 2
V
N qD
J


[6.2-5]
Si pu fare lo stesso discorso per il diodo Schottky metallo-n e trovare che leffetto della variazione
di Js per la VAK trascurabile rispetto allinfluenza del termine esponenziale per cui si pu tranquil-
lamente usare una espressione approssimata delle precedente. Cio:
JA = JS(e
V
AK
/hV
T
1). [6.2-6]
Con Js indipendente dalla tensione e h coefficiente demissione e pu essere utilizzata la [6.1-29].
6.2.3 Contatti Ohmici
Nei due paragrafi
precedenti abbiamo di-
scusso dei due casi di con-
tatto metallo-n con
F M > F Si > 0 e contatto
metallo-p con F S > F M. Si
visto che il comporta-
mento di queste giunzioni
simile a quello della
giunzioni p-n con qualche
leggera differenza. In que-
sto paragrafo ci accingia-
mo a vedere la situazione
duale e cio quella relativa
a contatti contatto metallo-
p con F M > F Si > 0 e con-
tatto metallo-n con F Si >
F M. Vedremo che questo
contatto non pone alcun
problema al passaggio del-
la corrente e per questo si
parla di contatto ohmico.
Nella Fig.6.2-6 sono rappresentate le situazioni per contatti Al-n
-
e Ni-p
-
. Si tratta di drogaggi molto
Accumulazione
di elettroni
r r
x
E
M
x
E
x
E
x
E
C
E
V
Silicio p
-
banda di
valenza
banda di
conduzione
-2
-1
0
1
2
3
4
5
q
FM
= 4.74eV
metallo
Ni
qV
B
= 690meV
X (
m m
m)
V
NA = 10
12
/cm
3
r r
E
0
q
FS
= 4.719eV
q
c
= 4.05eV
E
F
E
G
E
M
qV
Bi
= 21meV
-5 0 5 10
qV
Bi
= -180meV
E
C
EV
Silicio n
-
banda di
valenza
banda di
conduzione
-2
-1
0
1
2
3
4
5
q
FM= 4.20eV
metallo
Al
E
F
E
G
qV
B
= 150meV
X (
m m
m)
V
ND = 10
14
/cm
3
-1 0 1 2 3 4
q
c
= 4.05eV
E
0
q
FS
= 4.382eV
Accumulazione
di lacune

Fig.6.2-6
Diodi semiconduttori 224
leggeri. Questo fa si che il livello di Fermi, lontano dalla giunzione non molto differente da quello
intrinseco. Prendiamo in considerazione quello che avviene per il contatto Al-n
-
. Risulta, almeno
nellesempio in esame, VBi = F M c (EG/2-VT ln(ND/Ni) = 4.2 4.05 [1.12/2 - .025.9
ln(10
14
/1.5 10
10
)] = -180 mV. Che il potenziale di contatto sia negativo vuol dire che la situazione
rispetto al contatto rettificante si capovolta. il semiconduttore n ad essersi caricato negativamen-
te perch elettroni dal metallo si sono spostati al di la della giunzione. Naturalmente questi elettroni
provengono dallinterfaccia dove si ha una mancanza di elettroni come carica fissa. Come si pu
vedere le dimensioni della barriera sono notevoli, ma, tuttavia, essa bassa ed invertita tale da non
opporre nessuna difficolt al passaggio degli elettroni. Mentre nel contatto rettificante la barriera
positiva e nel semiconduttore allinterfaccia si ha uno svuotamento e quindi una carica positiva fissa
di ioni dovuti ai donatori non neutralizzati, nel contatto ohmico allinterfaccia si ha un eccesso di
cariche maggioritarie, elettroni.
Con ragionamenti simili si determina il comportamento di un contatto non rettificante fra un
metallo ed un semiconduttore p. Nella stessa Fig.6.2-6 mostrato lesempio relativo al contatto Ni-
p. La barriera tale da non ostacolare il passaggio delle cariche ed il contatto non rettificante.
6.2.4 Contatti tunnel
Unultima considerazione va fatta a proposito dei contatti metallo-semiconduttore quando il
drogaggio diventa pesantissimo ed, al limite, il semiconduttore diventa degenere. Prendiamo in e-
same, ad esempio, un contatto Al-n
++
. Drogando pesantemente il silicio al contatto con lalluminio,
al limite di solubilit, che di circa 210
19
/cm
3
, si arriva ad uno spessore della zona di svuotamento,
in assenza di polarizzazione dellordine di 30. Non ha pi molta importanza laltezza della barrie-
ra ma solo il suo spessore. Applicando polarizzazioni sia dirette che inverse la corrente non ha alcu-
na difficolt a passare la giunzione. O la scavalca, per polarizzazioni dirette, relativamente anche
modeste o la trapassa per polarizzazioni inverse. Si parla, allora di contatto tunnel. Ed quello che
bisogna fare, ogni volta che si vuole connettere un terminale al silicio. Non basta fare un deposito
metallico, ma bisogna che il metallo penetri allinterno del semiconduttore in modo pesante in mo-
do da realizzare una lega con concentrazione elevatissima.
6.2.5 Conclusioni
Per concludere la discussione sui diodi Schottky
si pu affermare che, in presenza di giunzioni rettifican-
ti essi si comportano abbastanza similmente ai diodi p-n
con due principali differenze dovute al fatto che la cor-
rente essenzialmente dovuta ai portatori maggioritari e
che la tensione di soglia seriamente pi bassa dei dio-
di al silicio. La prima questione porta al fatto che non
c leffetto di immagazzinamento di carica nella pola-
rizzazione diretta e quindi, come vedremo nel 6.3.9, essi sono pi veloci di quelli a giunzione. La
seconda considerazione ha diversi risvolti importanti. La prima che essi dissipano meno potenza, la
seconda che le tensioni dalimentazioni posso essere abbassate.
Il simbolo grafico del diodo Schottky mostrato nella Fig.6.2-7, insieme a quelli degi altri
diodi di cui si discusso.





Anodi
Catodi
Diodo
comune
Diodo
tunnel
Diodo
Zener
Diodo
Schottky

Fig.6.2-7
Diodi semiconduttori 225
6.3 Applicazioni dei diodi a giunzione
Polarizziamo un diodo tramite una resistenza RL come in Fig.6.3-1a. La corrente IA comune a
tutti gli elementi. Il generatore e la resistenza sono descritti da:
VAK = VDD RLIA [6.3-1]
mentre per la corrente IA del diodo a secondo delle approssimazioni fatte e delle condizioni di
funzionamento vana presa una delle espressioni ricavati nei paragrafi precedenti.
Per trovare le condizioni di funzionamento dovremmo fare sistema fra le [6.3-1] e lespressione
della IA. Dal punto di vista geometrico ci corrisponde a trovare il punto comune alle due curve descriventi
le due parti del circuito. Sul piano IA-VAK (Fig.6.3-1b) il diodo rappresentato dalla solita caratteristica.
La [6.3-1] lequazione della retta di carico. Sul piano IA-VAK essa interseca l'asse delle VAK a VDD e
quello delle correnti a VDD/RL. Le coordinate (VAK,IA) del punto comune alle due curve, detto punto di
lavoro o di funzionamento sono la tensione sul diodo e la corrente nel circuito. Se la VDD varia di
dVDD, portandosi a vDD si avranno, in corrispondenza variazioni dIA e dVAK in modo che..
VAK + dVAK = VDD + dVDD - RL(IA + dIA) [6.3-2]
o, con variazioni sufficientemente piccole ma finite:
vAK = VAK + DVAK = VDD + DVDD - RL(IA + DIA) = vDD - RLiA , [6.3-3]
nella quale con le lettere minuscole sono indicati i valori istantanei delle grandezze.
Le variazioni sufficientemente piccole di variabili da ora in poi le indichiamo con le corrispondenti
variabili minuscole corsive. Cio, per esempio
vak = DVAK; vdd = DVDD; i a = DIA; [6.3-4]
ed allora la [6.3-3] si pu riscrivere come:
vAK = VAK + vak = VDD + vdd - RL(IA + i a) = vDD - RLiA, [6.3-5]
Se non avessimo applicato la VDD, ma solo una variazione vdd avremmo scritto:
vak = vdd - RLi a= vdd - vR. [6.3-6]
Confrontando la [6.3-1] e la [6.3-6] con la [6.3-5] si vede che quest'ultima si pu ottenere diret-
tamente applicando il principio di sovrapposizione alla rete composta dai generatori VDD e vdd e dalla resi-
stenza RL. Lo stesso non pu essere sempre fatto con il diodo. Infatti questi non un componente lineare e
per esso non valido il principio di sovrapposizione. Tuttavia, se la corrente e la tensione variano di poco il
diodo si pu ritenere una resistenza di valore ra, come gi visto nel 6.1.8 il cui valore, dipende dal punto
di lavoro secondo la [6.1-33]. Ma ci valido solo per le variazioni. In altre parole:
vak = ra i a [6.3-7]
che analoga alla [6.1-31], per riscritta per variazioni sufficientemente piccole tali che ra possa ritenersi
pressoch costante.
Le due relazioni [6.3-6] e [6.3-7] possono essere rappresentate nel circuito equivalente di Fig.6.3-

VDD
+
RL
+
-
V
R

VAK
-
Caratteristica
statica
0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

0
0.4
0.8
1.2

VAK (V)
I A (mA)
VAK IARL
Ia
Retta di carico
A
VDD
IA
vDD
+
RL
+
-
vR
vAK
-
i a
ra
Carat teristica
dinamica
Caratteristica
statica
0
0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2
0

0.4
0.8
1.2
VAK (V)
IA (mA)
IA
A
A
B B
(b)
(a)
(c)
(d)
Fig.6.3-1
Diodi semiconduttori 226
1c, valido per variazioni sufficientemente piccole. Il diodo, in queste condizioni si comporta da resistenza ra.
La [6.3-5] pu essere scritta come:
vAK = vDD - RLia, [6.3-8]
che rappresenta un fascio di rette parallele alla statica di coefficiente angolare -1/RL. Un paio di queste ret-
te di questo fascio sono rappresentate in Fig.6.3-1d. Se per ogni valore di VDD si traccia il corrispondente
valore di IA, la curva che si ottiene si chiama caratteristica dinamica, ed rappresentata tratteggiata nel-
la stessa figura. A corrisponde ad A e B corrisponde a B.
Per sintetizzare: se ci si trova di fronte a segnali variabili sufficientemente piccoli si deve:
a. calcolare il punto di lavoro, tracciando la retta di carico statica;
b. disegnare le rette di carico statiche estreme del fascio di rette, cio quelle corrispondenti alle variazioni
di VDD pi grandi;
c. se la pendenza della caratteristica all'intersezione con queste rette non molta diversa da quella del
punto di lavoro si pu calcolare il comportamento dinamico, cio quello alle variazioni con il modello
del diodo fatto da una resistenza di valore ra;
d. se la condizione precedente non verificata allora il comportamento del circuito analizzabile solo con
la curva dinamica mostrata in Fig.6.3-1d.
6.3.1 Modello del diodo linearizzato a tratti.
Riprendiamo quanto detto ne
6.1.6 a proposito di soglia e satura-
zione e riguardiamo le Figg.6.1-12 e
6.1-13a. Se i segnali applicati sono
sufficientemente grandi pu essere ab-
bastanza comodo schematizzare la ca-
ratteristica di un diodo come in
Fig.6.3-2 con due semirette che han-
no come punto in comune P(Vg,0) con
inclinazioni corrispondenti a RR e RF a
sinistra ed a destra, rispettivamente, del
punto di discontinuit. I valori di RR e RF, alle volte possono essere approssimati da Rr e Rf definite nel
6.1.8. La semiretta a sinistra coincide con la caratteristica inversa nella regione di VAK negative. L'altra
approssima abbastanza bene la caratteristica del diodo per correnti abbastanza alte. La zona peggio ap-
prossimata quella nei dintorni di Vg. Quando questa approssimazione accettabile si adopera il modello
linearizzato a tratti. Di Rr RR si gi detto a proposito della resistenza dinamica in polarizzazione in-
versa. La RF si ricava direttamente dalla figura.
6.3.2 Limitatori.
Un impiego comune dei diodi nei circuiti limitatori i quali limitano, tosano una parte del segnale.
Chiamiamo VR una tensione continua di riferimento. In Fig.6.3-3 mostrato un limitatore che taglia la parte
di segnale d'ingresso superiore a VR + Vg. Si esemplificato con un segnale d'ingresso sinusoidale. Finch
l'ingresso non supera di Vg la tensione VR praticamente non passa corrente nel circuito e non avendosi ca-
duta sulla resistenza la tensione di uscita coincide con quella d'ingresso. Si sta trascurando la resistenza RR
e ci corretto se RR >> R (condizione verificata molto spesso). Non appena comincia a passare corren-
te, il diodo si approssima alla resistenza RF e per le variazioni la rete si comporta come un partitore con un
rapporto di partizione RF/(RF + R). In figura anche mostrata la caratteristica di trasferimento che da la re-
lazione fra l'uscita e l'ingresso che una spezzata con una discontinuit a VR + Vg e con pendenza unitaria a
pendenza RF
V
AK
(V)
IA (mA)
-2 -1.5 -1 -0.5 0 0.5 1
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1.2
Caratteristica
linearizzata
a tratti
pendenza RR
V
g g
V
s s
+
-
RF
V
g g
RR
(a)
(b)
(c)
A
A
K
K

Fig.6.3-2
Diodi semiconduttori 227
sinistra del punto di discontinuit mentre a destra essa RF/(RF + R). Una sinusoide viene trasferita inalte-
rata per tensioni sotto la discontinuit ma invece viene compressa al di sopra. ovvio che se RF << R la
pendenza a destra molto piccola e la compressione notevole. In figura si nota una smussatura dovuta
alleffetto di RF. Se questa fosse ancora pi piccola la discontinuit sarebbe ancora pi ne tta.
La Fig.6.3-4 mo-
stra quello che avviene se si
inverte il diodo. Si ottiene
un altro limitatore che taglia
la parte bassa del segnale
d'ingresso e cio quella che
pi bassa di VR - Vg.
In Fig.6.3-5 sono
mostrati i comportamenti di
quattro limitatori elementa-
ri. A parte delle leggere dif-
ferenze dovute alla tensione di soglia, delle quali in figura non si tenuto conto, esse sono a due a due
eguali.
Mettendo insieme i due casi relativi alle Fig.6.3-3 e 6.3-4 si ottiene un limitatore a due livelli indi-
-4 -2 0 2 4
0
0.5
1
T
vi
+
-
+
-
R
D
VR
vi
+
-
vo
T
0 0.5 1
0
2
4
V VR+V
g
vi
pendenza
unitaria
pendenza
R
F
/(R
F
+R)
VR+V
g
-4 -2 0 2 4
-4
-2
0
2
4 vo
vi
-4
-2

Fig.6.3-3
-4 -2 0 2 4
0
0.5
1
T
vi
+
-
+
-
R
D
VR
vi
+
-
vo
pendenza
unitaria
pendenza
R
F
/(R
F
+R)
VR-V
g
-4 -2 0 2 4
-4
-2
0
2
4
vo
vi
T
0 0.5 1
-4
-2
0
2
4
vo
VR-V
g
vi

Fig.6.3-4
(a)
+
-
+
-
+
-
R
D
VR
vi vo
(c)
+
-
+
-
R
D
VR
vi
+
-
vo
(b)
D
+
-
+
-
R
VR
vi
+
-
vo
+
-
+
-
R
VR
vi
+
-
vo (d)
D
VR-V
g
T
0 0.5 1
vo
vi
T
0 0.5 1
vo
vi
V
R
T
0 0.5 1
vo
vi
T
0 0.5 1
vo
vi VR

Fig.6.3-5
+
-
R
D1
vi
+
-
vo
D2
T
vi
-5 0 5
0
0.5
1
pendenza
unitaria
pendenza
R
F
/(R
F
+R)
vo
vi
-5 0 5
-5
0
5
BV+V
g
-(BV+V
g)
T
-(BV+V
g)
vo
BV+V
g
0 0.5 1
-5
0
5
vi

Fig.6.3-7
vR1-V
g
vR2+V
g
T
vi
-4 -2 0 2 4
0
0.5
1
pendenza
unitaria
pendenza
R
F
/(R
F
+R
)
vo
vi
-4 -2 0 2 4
-4
-2
0
2
4
T
vo
0 0.5 1
-4
-2
0
2
4
vi
+
-
+
-
R
D1
VR1
vi
+
-
vo
D
2
VR2
+
-

Fig.6.3-6
Diodi semiconduttori 228
pendenti che serve a selezionare solo una parte centrale del segnale di ingresso e che rappresentato nella
Fig.6.3-6.
Si possono risparmiare i generatori di riferimento impiegando diodi Zener connessi in modo op-
portuno. In Fig.6.3-7 c' un esempio di un limitatore a due livelli simmetrici che limita a t(BV + Vg). Se i
due Zener hanno diverse tensioni di rottura oppure si usa soltanto uno Zener si possono avere limitatori a
due livelli diversi o ad un solo livello, rispettivamente.
6.3.3 Diodi di blocco
Un'altra applicazione importante dei diodi per impedire che la ten-
sione in un punto possa sorpassare un certo valore. Trascurando le cadute
sui diodi, la tensione vo del dispositivo rappresentato in figura non pu an-
dare al di la dei valori -VR2 e +VR1. L'applicazione pi comune quella di
proteggere gli stadi dingresso o duscita dei circuiti integrati. I diodi cos
impiegati prendono il nome di diodi di blocco.
6.3.4 Il raddrizzamento delle tensioni alternate.
Il trasporto dellenergia elettrica dai luoghi dove prodotta a quelli in cui viene impegnata si fa qua-
si sempre sotto forma di tensione e corrente alternata sinusoidale. In questo modo possibile trasportare
grosse potenze con basse correnti nei cavi della rete elettrica e limitare la potenza dissipata e la sezione dei
cavi. Ma nei circuiti elettronici servono quasi sempre le tensioni continue e non sempre opportuno ricor-
rere alle batterie. Un raddrizzatore consente di ottenere una tensione continua a partire da una alternativa.
Elemento fondamentale del raddrizzatore il diodo.
6.3.4.1 Raddrizzatore ad una semionda.
In Fig.6.3-9a mostrato il pi semplice raddrizzatore realizzabile. Il trasformatore usato consente
di applicare alla serie del diodo e dell'utilizzatore una tensione alternata v di ampiezza VM.
Semplifichiamo il problema eseguendo alcune approssimazioni e cio trascuriamo il comportamento
reattivo e resistivo del trasformatore, la tensione di soglia e la resistenza inversa del diodo. Sia RF la resi-
stenza diretta del diodo del modello linearizzato a tratti. Nel circuito passa una corrente di ampiezza IM nel-
la semialternanza positiva della tensione d'ingresso. Quando questa si inverte non passa pi corrente. Le
Figg.6.3-9b e c mostrano l'andamento di tensione e corrente nella rete.
Se v = VM sena, con a = wt, la tensione al secondario del trasformatore, allora per la corrente
si ha:



2 per 0 i
0 per sen I i M
[6.3-9]
con ). R R ( V I F L M M + [6.3-10]
+
-
vo
VR1
VR2
Dispositivo

Fig.6.3-8
t
T
v VM
(b)
t
i
T/2
IM
Im
(c)
RL
+
-
+
-
v
+
-
vo
VD
vi
(a)
i

Fig.6.3-9
Diodi semiconduttori 229
dato che il diodo in conduzione si comporta da resistenza RF. Il valor medio Im della corrente sinusoidale
per la definizione [1.1-4]
, d sen
2
I
t d t sen I
T
1
0 dt t sen I
T
1
idt
T
1
idt
T
1
idt
T
1
I
0
M
0
M
2 / T
0
M
T
2 / T
2 / T
0
T t
t
m

+

+ +
quindi .
I
cos
2
I
I
M
0
M
m



[6.3-11]
Mentre il valore efficace, definito dalla relazione [1.1-8]
, t td sen
T
I
0 dt t sen I
T
1
dt i
T
1
dt i
T
1
dt i
T
1
I
0
2
2
M
2 / T
0
2 2
M
T
2 / T
2
2 / T
0
2
T t
t
2
ef

+

+ +
quindi .
2
I
4
2 sen
2 2
I
d sen
2
I
I
M
0
M
0
2
M
ef

[6.3-12]
Ovviamente il valore medio ed il valore efficace della tensione sul carico sono rispettivamente:
VLm = VM/p, [6.3-13]
VLef =VM/2. [6.3-14]
Nella figura accanto mostrata la caduta sul diodo. Quando es-
so conduce viene assimilato alla resistenza RF. Il valore medio VDm della
tensione sul diodo si ricava immediatamente tenendo presente che il va-
lore medio di v nullo e allora VDm l -VLm, dal momento che la parte
positiva normalmente trascurabile.
Se RL richiede troppa corrente la VLm si abbassa e la [6.3-13]
non pi valida. .
R R
V
I
L F
M
m
+

E dato che VLm = RLIm:


.
I V R
V
I
m Lm F
M
m
+

Cio: . V R I V Lm F m M + Per finire


. R I V V F m M Lm [6.3-15]
cui corrisponde il modello equivalente di Fig.6.3-11a. Nellaltra figura mostrata la retta corrispondente
allespressione precedente che prende il nome di caratteristica di regolazione. Il diodo deve potere
sopportare una tensione inversa pari a VM ed una corrente di picco di IM. Alla corrente media ed alla ten-
sione media sul carico corrisponde una po-
tenza Pm = ImVLm = (IM/p)
2
RL. La poten-
za dissipata nel circuito pu essere calcola-
ta come Pdt = Ief
2
(RL + RF) poich la
corrente circola in RL ed in RF. Allora, dal-
la [6.3-12] Pdt = Ief
2
(RL + RF) = (IM/2)
2

(RL + RF)
Chiamiamo hc = Pm/Pdt il rendi-
mento di conversione, cio la capacit del raddrizzatore di convertire parte della potenza in gioco nel cir-
cuito in potenza data da componenti continue. Si ha:
hc = [(IM/p)
2
RL / IM
2
/4 (RL + RF)] = (4/p
2
)/(1+RF/RL) = 0.41/(1+RF/RL) [6.3-16]
mentre il rapporto tra Ief e Im
Ief/Im = VLef/VLm = p/2 l 1.57. [6.3-17]
Nel 1.2.2 abbiamo visto che se ad una tensione vL variabile sottraiamo il suo valore medio VLm
otteniamo la sola componente alternativa vLa. Cio vLa. = vL - VLm. Calcoliamo allora il valore efficace
IMRF
t
vD
VM

Fig.6.3-10
RL
+
-
Im
Rf
VLm
VM/
p
VM/
p
VL
I
Pendenza -R
L
(b)
(a)

Fig.6.3-11
Diodi semiconduttori 230
VLaef della tensione alternativa sul carico. Utilizziamo la relazione [1.1-7]: VLef
2
= VLm
2
+ VLaef
2
. Quindi
. V V V
2
Lm
2
Lef Laef [6.3-18]

che vale comunque siano le forme di VLaef e VLef .Chiamiamo ripple r il rapporto tra il valore efficace del-
la componente alternativa della tensione sul carico ed il corrispondente valor medio. Pi piccolo il ripple
tanto pi spianata risulta la tensione sul carico. Dalla [6.3-18]:
, 1
V
V
V
V V
V
V
r
2
Lm
Lef
Lm
2
Lm
2
Lef
Lm
Laef

,
_

[6.3-19]
che nel caso in questione 21 . 1 1 ) 57 . 1 ( r
2
e la componente alternativa sovrasta quella continua.
6.3.4.2 Raddrizzatore a due semionde.
In Fig.6.3-12a mostrato un raddrizzatore a doppia semionda o ad onda intera. Questa volta la
corrente nel carico passa continuamente grazie al fatto che, alternativamente, ognuno dei due diodi pola-
rizzato direttamente e, quindi, conduce. Sia la tensione che la corrente sono fenomeni periodici con periodo
T/2. Nelle Figg.6.3-112b e c sono mostrate le correnti nei due diodi e quella nel carico. Ovviamente la ten-
sione sul carico ha la stessa forma della corrente. Pertanto la corrente i nel carico pu essere espressa da:
sen I i M [6.3-20]
con ). R R ( V I F L M M + [6.3-21]
I valori medio ed efficaci si possono calcolare su mezzo periodo e quindi:
, d sen
I
t d t sen I
T
2
tdt sen I
T
2
I
0
M
2 /
0
M
2 / T
0
M m



quindi . I 2 I M m [6.3-22]
Mentre il valore efficace
. t td sen
T
I 2
0 dt t sen I
T
2
dt i
T
2
I
0
2
2
M
2 / T
0
2 2
M
2 / T
0
2
ef


+
quindi .
2
I
4
2 sen
2 2
I
d sen
I
I
M
0
M
0
2
M
ef

[6.3-23]
Ovviamente il valor medio ed il valore efficace della tensione sul carico sono rispettivamente:
VLm = 2VM/p, e . 2 I V M ef [6.3-24]
Come per il caso precedente, se si tiene conto del carico .
R R
V 2
I
L F
M
m
+

E la caratteristica di regolazione

t
t
t
(c)
(b)
id1
IM
IM
id2
i
T/2
T/2
T/2 T
VD
RL
+
-
v
+ -
vo
+
-
vi
(a)
i
D1
D2

Fig.6.3-12
Diodi semiconduttori 231
. R I V 2 V F m M Lm [6.3-25]
Il circuito equivalente e la caratteristica di
regolazioni sono nella Fig.6.3-13. Si noti
come la pendenza la stessa del caso di
una sola semionda. Cambia soltanto la ten-
sione equivalente che il doppio.
Dal punto di vista delle compo-
nenti continue sul carico si ha una potenza media: Pm = ImVLm = (2IM/p)
2
RL. La potenza dissipata nel cir-
cuito pu essere calcolata come Pdt = Ief
2
(RL + RF) = IM
2
/2 (RL + RF) ed allora:
hc = [(2IM/p)
2
RL / IM
2
/2 (RL + RF)] = (8/p
2
)/(1+RF/RL) = 0.81/(1+RF/RL) [6.3-26]
Ed il rapporto tra Ief e Im
Ief/Im = . 1 . 1 ) 2 ( ) 2 1 ( V V I I Lm Lef m ef [6.3-27]
Per quanto riguarda il ripple, dalla [6.3-19] , 48 . 0 1 ) 11 . 1 ( r
2
nettamente miglior che nel caso
precedente
Nell'istante di massima conduzione dei diodi, sul carico, connesso al catodo c' VM mentre sul-
l'anodo dell'altro diodo c' -VM. Quest'ultimo diodo, allora, sottoposto ad una tensione inversa di 2VM.
Rispetto al raddrizzatore ad una semionda il diodo deve potere sopportare una tensione inversa doppia.
Per il valore medio della tensione e della corrente nel carico sono raddoppiati.
Se si vuole eseguire un confronto fra i due raddrizzatori me-
glio farlo a parit di tensione media e corrente media nel carico. La RL
la stessa. La tavola accanto mostra il comportamento nei due casi per
quanto riguarda IM e VM da usare. La potenza media sul carico, per ipo-
tesi, la stessa nei due casi mentre dimezza la potenza complessiva nel
secondo caso tanto che il rendimento di conversione raddoppia come si
pu osservare dalle [6.3-26] e [6.3-16] ed il ripple passa da 1.21 a 0.48
pi che dimezzandosi. La tensione risulta molto pi spianata. Per quanto detto impiegando due diodi, inve-
ce che uno, si ottengono prestazioni migliori, in generale, ed ognuno dei due diodi attraversato da met
della corrente anche se deve avere una tensione di rottura doppia.
6.3.4.3 Il ponte Graetz
Un altro raddrizzatore ad onda intera che
ha i pregi ma non i difetti del precedente mo-
strato in Fig.6.3-14. Si tratta del raddrizzatore a
ponte di Graetz. La corrente, nella semionda
positiva passa attraverso i due diodi dispari, men-
tre nellaltra in quelli pari. Questa volta la tensione
inversa su ogni diodo la met del raddrizzatore
ad onda intera del paragrafo precedente. Tutto il
resto praticamente identico a parte il fatto che
la resistenza equivalente , ovviamente 2RF e che
bisogna utilizzare 4 diodi e non 2. Tuttavia questo
fatto praticamente non aumenta i costi perch il
ponte si vende come un unico dispositivo integra-
to.
RL
+
-
Im
Rf
VLm
2VM/
p
2VM/
p
VL
I
Pendenza -R
L
(b)
(a)

Fig.6.3-13
TAV.6.3-I
Una
semionda
Onda
intera
IM pIm pIm/2
VM RLpIm RLpIm/2
D1
RL
i
+
-
v
+
-
vi
D2
D4
D3

Fig.6.3-14
Diodi semiconduttori 232
6.3.5 Spianamento delle tensioni raddrizzate
Tutti i raddrizzatori precedentemente mostrati
hanno ondulazioni pesanti. Si possono migliorare le
prestazioni aggiungendo componenti. Una semplice
soluzione adottabile consiste nel mettere in serie al ca-
rico una opportuna induttanza L. Questa, opponendosi
alle variazioni di corrente, tende a fare pi costante
l'andamento della corrente e quindi della tensione sul
carico. Linduttanza, per deve essere di valore eleva-
to e quindi con nucleo in ferro e molte spire. Ci signi-
fica costo elevato e rendimento basso. Si preferisce,
invece una soluzione che impiega, invece che induttori
in serie condensatori in parallelo al carico.
6.3.5.1 Spianamento con filtro capacitivo
Un altra possibile soluzione quella di mettere
in parallelo al carico una opportuna capacit, come,
per esempio, mostrato in Fig.6.3-16. Se la capacit
sufficientemente alta essa agisce da volano per la
corrente nel carico. Ogni volta che un diodo polariz-
zato direttamente la corrente che passa va anche a ca-
ricare la capacit. Nellintervallo di tempi in cui nessun
diodo lascia passare corrente il condensatore a for-
nire le cariche accumulate alla resistenza di carico. La
necessit di usare capacit di valore elevato fa si che si
debbono quasi sempre adoperare condensatori elet-
trolitici
Nella Fig.6.3-17a mostrato l'andamento del-
la tensione sul condensatore di un raddrizzatore ad una
semionda senza carico. Una volta che il condensatore viene caricato alla tensione massima esso non perde
pi cariche e la tensione rimane agganciata a VM. La Fig.6.3-17b descrive il comportamento della tensio-
ne sul condensatore quando il carico preleva una corrente di valor medio Im, per in un raddrizzatore ad
onda intera con filtro capacitivo. Ora, appena un diodo si spegne e prima che l'altro si accenda, il con-
densatore si scarica attraverso il carico RL con costante di tempo t = RLC. Se t abbastanza grande il
condensatore non si scaricato completamente prima che l'altro diodo riprenda a condurre. Come si os-
serva, la tensione sul carico risulta livellata in modo sufficiente. Ma mentre la corrente nel carico ha la stes-
sa forma della tensione sul carico stesso, diverso il discorso relativo alla corrente nei diodi. Infatti essi
conducono solo nel breve intervallo di tempo durante il quale il diodo acceso. La Fig.6.3-17c illustra
l'andamento della corrente nel diodo.
Con le notazioni della Fig.6.3-17b, Vr l'ampiezza della tensione di ripple. Se la scarica avviene in
modo abbastanza lento, cio, se T/2 < t , il tratto di scarica del condensatore pu essere assimilato ad una
retta. Allora, dato che C = DQ/DV = ImDt/Vr e Dt, se la scarica abbastanza lenta, praticamente coincide
con T/2. Allora:
vD
R
L
+
-
v
+
-
v
o
+
-
v
i
(a)
i
D
1
D
2

Fig.6.3-15
vD
RL
+
-
v
+
-
vo
+
-
vi
(a)
i
D1
D2

Fig.6.3-16
Diodi semiconduttori 233
Vr ImT/2C = Im/2fC. [6.3-28]
e dato che Im = Vm/RL l'ondulazione
Vr/Vm = 1/(2fRLC). [6.3-29]
Dalla Fig.6.3-17b:
Vm = VM - Vr/2 = VM - Im/4fC. [6.3-30]
che la caratteristica di regolazione. Il raddrizzatore con il filtro di spianamento di comporta come un gene-
ratore di tensioni continue di f.e.m = VM e resistenza interna 1/4fC.
Nella doppia semionda la durata di conduzione il tempo fra t1 e T/4. Trascurando la RF rispet-
to la RL, la tensione sinusoidale risulta applicata al parallelo fra C e RL. Pertanto la corrente sinusoidale,
nellintervallo da t1 a T/4 ha una ampiezza

2 2
L M P ) C ( R 1 V I + [6.3-31]
ben pi grande della corrente massima VM/RL che si avrebbe in assenza del condensatore.
L'ondulazione della tensione pu essere approssimata con un segnale a dente di sega di valore
picco-picco pari a Vr e di periodo T/2 che descritta da va = 2Vrt/T. Il corrispondente valore efficace
12
V
4 3
T
T
4
T
V 2
3
t
T
2
T
V 2
dt t
T
2
T
V 2
dt
T
t V 2
T
2
V
r
3
3
r
4 / T
4 / T
3
r
4 / T
4 / T
2
r
4 / T
4 / T
2
r
aef

,
_



[6.3-32]

12 C fR 2
1
12 V
V
V
V
r
L m
r
m
aef
[6.3-33]
Dalla figura e utilizzando la [6.3-29] Vm = ImRL = VM-Vr/2 = VM - Vm/4fRLC . E quindi:
C fR 4 1 1
V
V
L
M
m
+
, da cui
fC 4 1 R
V
R
V
I
L
M
L
m
m
+
. Confrontando questultima con la IP data dalla
[6.3-31] si ricava:

2
L L
M
2 2
L L M
m
P
) C fR 2 ( 1 ) fC R 4 1 1 (
V
) C ( R 1 ) fC 4 1 R ( V
I
I
+ +
+ +

Usando il valore del ripple ricavato con la [6.3-33]
12 ) r ( 1 ) 3 r 1 (
I
I
2
m
P
+ + [6.3-34]
che se r <<1 si semplifica in
1
r
91 . 0
12 r I
I
m
P
>>

[6.3-35]
Quindi pi livellata deve essere la tensione duscita maggiore dovr essere la corrente che ogni diodo dovr
sopportare anche se per un piccolo intervallo.

t
VM
vL
T/2 T
t
I
M

i
T/2 T
(b) (c)
3T/2 2T
t
1

T/4
t = RLC
IP
t1
T/4
Vr
t

T
v VM
(a)
Tensione
dingresso
Tensione
sul diodo
vD = v-vo
2VM

Fig.6.3-17
Diodi semiconduttori 234
6.3.6 Circuiti di aggancio.
Riguardiamo un momento la Fig.6.3-
17a che descrive il comportamento delle tensioni
sui vari componenti di un raddrizzatore ad una
semionda con filtro capacitivo, nel caso di carico
aperto. La tensione d'uscita, una volta caricato il
condensatore al massimo VM, resta costante.
Nella parte bassa della stessa figura disegnata
VD = V - Vc. Se si prende come uscita questa
VD si vede che essa non altro che la tensione
d'ingresso traslata di VM. Il picco di questa ten-
sione viene agganciato allo zero.
Se in serie al diodo si mette un riferimento VR, come mostrato in Fig.6.3-18a, l'uscita viene aggan-
ciata a VR. Tale circuito prende il nome di circuito d'aggancio e serve per traslare una tensione in modo
che il suo picco VM si fissi a VR. (vedi Fig.6.3-18b).
6.3.7 Stabilizzatore di tensione con diodo Zener.
I diodi Zener vengono comunemente impiegati per stabilizza-
re la tensione ai loro capi. La stabilizzazione avviene, dentro certi limiti,
sia nei confronti della tensione continua che alimenta lo stabilizzatore che
rispetto le variazione di corrente nel carico. Prendiamo in esame la figura
sopra. Se si applica Thevenin ai terminali dello Zener si ottiene il circuito
equivalente di Fig.6.3-19b. In Fig.6.3-20, invece, rappresentata una
possibile retta di carico. Si vede che, trascurando la resistenza dinamica
dello Zener, e purch la corrente nello stesso non scenda mai al di sotto
della IBV che la corrente di ginocchio della caratteristica del diodo Ze-
ner, la tensione d'uscita si mantiene costante entro ampi margini di varia-
zioni di V, R o RL. Se, invece, si tiene anche conto della resistenza di-
namica rz del diodo Zener nella zona di rottura, si pu studiare il circuito
di Fig.6.3-19c che valido solo per le variazioni. Posto, secondo le con-
venzioni del 6.3, v = DV e vo = DVo, risulta:

R
R || R || r
R || R r
r
R R
R L z
L z
z
L
L
o v v v
+ +
[6.3-36]
e se , come facile che avviene rz << R||RL
R
rz
o v v [6.3-37]
La precedente espressione ha valore finch il punto di lavoro P non scende al disotto del ginocchio
G in cui la corrente nello Zener IBV. Da considerazioni di natura geometrica sulla Fig.6.3-20 deve essere
+
-
+
-
C
D
VR
vi
+
-
vo
t
v VM
(b)
VR
2VM
vo
vi
(a)

Fig.6.3-18
RL
R
DZ
(a)
+
-
+
-
vo
v
DZ
+
-
+
-
Vo
V
RL
R+RL
R RL
(b)
rz
(c)
R RL
+
-
D
Vo
+
-
D
V
RL
R+RL

Fig.6.3-19

IZ
V/R
ID
V RL
R+RL
IBV
Vo
BV
G
P
B
C
Pendenza -1/R||RL

Fig.6.3-20
Diodi semiconduttori 235
quindi . BV L
L
L
I R || R / BV
R R
R
V >

,
_

+

Dal triangolo rettangolo BCP si ricava L z o
L
L
R || R I V
R R
R
V
+
e dal segmento PG
) I I ( r BV Vo BV Z z . Combinandole insieme :

L z
BV z
L
L
Z
R || R r
I r BV V
R R
R
I
+
+
+
[6.3-38]
che comunque senza mai superare la corrente massima IzP sopportabile dallo Zener per evitare la distru-
zione del medesimo. Quindi
. I
R || R r
I r BV V
R R
R
I I zP
L z
BV z
L
L
Z BV <
+
+
+
< [6.3-39]
Allora V > BV(1 + R/RL) + RIBV. [6.3-40]
6.3.7.1 Spianamento con diodo Zener.
Per migliorare le prestazioni di
livellamento dei raddrizzatori si posso-
no sfruttare i diodi Zener. Infatti, se la
tensione V del circuito precedente la
tensione vc ai capi del condensatore C
di spianamento del raddrizzatore, nulla
cambia concettualmente. In Fig.6.3-21
mostrato un raddrizzatore con filtro
di spianamento con capacit e Zener.
Chiamiamo, come abbiamo fatto nel
6.3.5.1, DVc = Vr la variazione pic-
co-picco della tensione a dente di sega ai capi del condensatore, VM l'ampiezza della tensione di alimenta-
zione del raddrizzatore, che se Rf trascurabile coincide con il massimo della tensione su C e Vcm il valor
medio della tensione su C che, in accordo alla [6.3-30]
Vcm = VM - Vr/2. [6.3-41]
La tensione ai capi di R Vc BV ed in media VRm = VM - Vr/2 BV con una corrente
IRm = (VM - Vr/2 BV)/R [6.3-42]
Si sta trascurando la piccola variazione della tensione Vo dovuta a rz. Il condensatore cede carica alla resi-
stenza RL nel tempo T/2. Pertanto si ha la scarica Vr in questo intervallo in modo che
2Vr/T = IRm/C, [6.3-43]
cio IRm = 2fCVr, e allora: IRm = (VM - Vr/2 BV)/R = 2fCVr, dalla quale si ricava:
Vr = 2(VM - BV)/(1+4fRC). [6.3-44]
Perch la stabilizzazione abbia luogo necessario che:
VM -Vr > BV cio VM - BV > Vr = 2(VM - BV)/(1+4fRC).
da cui: 4fRC > 1. [6.3-45]
Dalla [6.3-37] il calcolo del ripple presto fatto:
DVo = Vrrz/R = 2(VM - BV)/(1+4fRC)rz/R; [6.3-46]
cui corrisponde un valore efficace . 12 V V o oef Cio:
vD
+
-
v +
-
vi
D1
D2
RL
R
DZ
+
-
vo
C

Fig.6.3-21
Diodi semiconduttori 236
[ ] 12 /R 4fRC)r BV)/(1 - 2(V V z M oef + [6.3-47]
e, dato che, trascurando rz porta a Vom = BV. Allora

3 4fRC) (1
1
1 -
BV
V
R
r
12 BV
/R 4fRC)r BV)/(1 - 2(V
V V r
M z z M
om oef
+

,
_

+
[6.3-48]
Si ottengono ottimi spianamenti senza che sia pi necessario usare grosse capacit che obbligano a grandi
correnti di picco.
6.3.8 Rivelazione di segnali modulati in ampiezza
Nel 1.2.5 abbiamo presentato un segnale modulato in ampiezza. Esso utilizzato per trasporta-
re informazioni a bassa frequenza usando una portante. Limpiego pi comune, ma non lunico, per tra-
sportare segnali audio trasmessi dalla radio nella banda AM 500-1500 kHz o per il la parte video di un
segnale televisivo. Linformazione contenuta nel segnale modulante. Supponiamo che la sua banda sia li-
mitata alla frequenza massima fMM. Sia fp >> fMM la frequenza della portante. Se si vuole estrarre
linformazione necessario un processo inverso alla modulazione detto rivelazione o demodulazione. La
rivelazione pu essere ottenuta semplicemente con un raddrizzatore seguito da un filtro di spianamento con
costante di tempo t tale che fMM << 1/t << fp. Nella Fig.6.3-22 mostrato il circuito di rivelazione. La
costante di tempo t = RC deve soddisfare la condizione suddetta. Nella parte (b) della figura mostrato il
segnale modulato, mentre nella parte (c) leffetto del raddrizzamento e del filtro di spianamento. Se la co-
stante di tempo troppo bassa (t 1) il condensatore non ce la fa a svolgere la sua funzione di volano e la
tensione quella tratteggiata. Se, invece troppo alta, t 2, nel tempo corrispondente al periodo della modu-
lante il segnale non riesce a seguirlo. Il valore che soddisfa la condizione suesposta marcato con t 3. La
parte segnata pi marcata il segnale rivelato. Il fatto che esso non sia pi perfettamente sinusoidale come
dovrebbe non ha alcuna importanza. Infatti oltre il segnale modulante esso contiene delle componenti a fre-
quenza della portante o superiore che gli amplificatori audio o video successivi provvederanno ad eliminare
perch esterni alla loro banda non contenendo informazioni utili.
6.3.9 La commutazione nei diodi semiconduttori
Un diodo commuta quando dalla saturazione passa all'interdizione
o viceversa. Per determinare il comportamento del diodo applichiamo al
circuito della figura a lato un generatore in grado di fornire, una tensione Vi
= VF o -VR in grado di polarizzare il diodo bene in saturazione o
allinterdizione, rispettivamente, senza per, arrivare alla rottura. Suppo-
niamo che il tempo in cui applicata la tensione VF o VR sia sufficiente per
portare il circuito a regime. Supponiamo, per semplicit, in prima appros-
simazione, di potere trascurare Vs rispetto a VF. La Fig.6.3-24 mostra la
tensione del generatore applicata alla serie del diodo e della resistenza. La situazione deleccesso di carica
R
+
-
C
+
-
Vo
VD
Vi
(a)
t
t
Vi Vo
t
1
t
2
t
3

Fig.6.3-22
RL
-
+
vo
i
+
vi
-

Fig.6.3-23
Diodi semiconduttori 237
sul catodo, la corrente nel diodo e da tensione ai suoi capi.
Partiamo dal diodo bene in saturazione con una corrente IF V/RL (Fig.6.2-24b). Nel catodo c
un eccesso di cariche minoritare pn - pn0. Allistante t1 la tensione dingresso viene commutata in un tempo
idealmente nullo. Per il diodo non riesce a seguire la commutazione allistante portandosi in interdizione.
Occorre in un tempo non nullo detto tempo di recupero inverso trr. Questo tempo ha due componenti.
Una prima parte, tstr, detta tempo di immagazzinamento inverso serve per rimuovere la carica in ec-
cesso fina ad annullarla. Questo tempo dipende dal tempo di vita effettivo delle cariche minoritarie. Inoltre
esso sar tanto pi elevato quanto pi il diodo spinto in saturazione. Esso dipende anche dalla tensione
inversa applicata. Pi essa elevata, pi rapidamente verr rimossa la carica accumulata nella capacit di
diffusione. Una volta che leccesso di carica rimosso il diodo va in interdizione e la tensione ai suoi capi
tende alla tensione inversa applicata con una costante di tempo t t dipendente dalla capacit di transizione.
Grossolanamente essa arriva a regine dopo 3 costanti di tempo cio 3t t .
Quando un diodo polarizzato inversamen-
te ed improvvisamente la polarizzazione viene ca-
povolta serve un tempo di ricupero diretto trf.
Anche adesso le cose avvengono in due tempi diffe-
renti. Per primo bisogna rimuovere la carica Ct VR
accumulata sulla capacit di transizione. Questo ri-
chiede un tempo di immagazzinamento diretto
tstf. Una volta che questa carica si annullata e la
tensione sul diodo zero bisogna portarlo in condu-
zione. Si tratta di accumulare le cariche su Cd. La
commutazione si ritiene avvenuta quando si porta
alla saturazione.
Si pu fare una analisi quantitativa del feno-
meno
[GRA],[MI2]
. Cominciamo dalla commutazione
ON-OFF. In polarizzazione diretta, ai lati della
giunzione c' leccesso di carica che bisogna rimuo-
vere e la tensione sul diodo dellordine di quella di
saturazione con corrente approssimativamente
VF/RL se VF >> Vs. Non appena viene invertita la
polarizzazione questo eccesso tende a diminuire e la
corrente va nel diodo in senso inverso senza altra
limitazione che la resistenza RL, posta in serie al diodo. Finch l'eccesso non va a zero la corrente fluisce
allo stesso modo, approssimativamente -VR/IR perche supponiamo che VR >> Vs.
In un diodo in cui c un eccesso di carica Q essa pu cambiare nel tempo se passa una corrente i.
La variazione dQ/dt della carica in eccesso la differenza fra la corrente nel diodo i e la ricombinazione. La
corrente di ricombinazione, per quanto detto nel 6.1-11.1 proporzionale alle cariche in eccesso e di-
pende dal tempo di vita effettivo t e. Allora dQ/dt = i Q/t e. O anche .
Q
dt
dQ
e
+ i Nel momento in cui
eseguiamo la commutazione comincia la rimozione della carica. La tensione sul diodo piccola rispetto alla
tensione inversa VR applicata e la corrente nel diodo limitata soltanto dalla RL ed -IR. Allora la pre-
cedente si scrive come: R
e
I
Q
dt
dQ

+ e la variazione della carica in eccesso .


I Q
dt
dQ
e
e R

+
Con un
vi
i
0
pn- pn0
vd
-VR
0
tt r
t1
t1
VF
-IR = -VR/RL
tstr
trr
trf
t1
tstr
t1
IF = VF/RL
tstr
Is
vs
tt f
tstf

Fig.6.3-24
Diodi semiconduttori 238
passaggio si ottiene .
dt
I Q
dQ
e e R

+
Il risultato dellintegrazione da . Ae I Q
e t
e R

+ Listante iniziale
viene scelto quello di commutazione. In questo istante la carica immagazzinata, per quanto visto per la [6.1-
43] Q = IFt e. Imponendo questa condizione iniziale si ricava t e(IF + IR) = A. Allora la carica accumulata
nelle regioni di svuotamento . e ) I I ( I Q
e t
R F e e R

+ + Il tempo di immagazzinamento inverso tstr neces-
sario ad annullare la carica accumulata si ricava da questultima imponendo Q = 0. Si ottiene facilmente tstr
= t e ln(1 + IF/IR).
Una volta che la carica in eccesso viene rimossa il diodo comincia ad
essere polarizzato inversamente e la tensione ai suoi capi scende verso la ten-
sione VR dato che praticamente non scorre pi alcuna corrente. Adesso esso
si comporta come una capacit di transizione Ct con in parallelo la resistenza
molto grande Rr, alimentato tramite la RL dalla tensione VR. Rr la resistenza
del diodo polarizzato inversamente. La Fig.6.3-25 mostra il circuito equivalen-
te in queste condizioni. Se, come normale, Rr >> RL, la costante di tempo
interessata alla carica di Ct , praticamente t t = Ct RL. Grossolanamente si pu
ritenere che la tensione sul diodo va a regime dopo un tempo 3t t . Il tempo di
recupero inverso trr complessivamente richiesto per portare un diodo in con-
duzione al regime di polarizzazione inversa, dunque:
trr tstr + 3t t = t e ln(1 + IF/IR) + 3t t . [6.3-49]
Determiniamo ora il tempo di recupero diretto. Commutando la tensione dingresso da -VR a VF
per primo si rimuove la carica Ct VR accumulata sulla capacit di transizione. Il circuito equivalente sem-
pre quello della Fig.6.3-25. Nelle stesse ipotesi semplificative la costante di tempo sempre t t . Si tratta di
un condensatore, inizialmente carico a VR la cui tensione tende a VF con la costante di tempo detta. Allo-
ra, assumendo come istante iniziale quello della commutazione dellingresso Vd = VF - (VF + VR)e
-t/t
t
.
Questa tensione si annulla per tstf = t t ln(1 + VR/VF) t t ln(1 + IR/IF).
A partire da questo istante il diodo procede verso la conduzione e e va in saturazione. Arriver a
regime quando si sar immagazzinata la carica Q = IFt e. Sempre trascurando la piccola caduta sul diodo
rispetto la tensione VF applicata, la corrente che scorre praticamente IF = VF/RL. Il discorso simile a
quello fatto per calcolare il tempo di recupero inverso. La relazione da adoperare , questa volta,
F
e
I
Q
dt
dQ

+ da riscrivere come .
I Q
dt
dQ
e
e F


Da questa .
dt
I Q
dQ
e e F


Per finire
. c
t
) I Q ln(
e
e F +

O anche . Ae I Q
e t
e F

Listante iniziale t2 viene scelto quello di commutazio-
ne. In questo istante non c carica immagazzinata. A regime, come gi detto, la carica immagazzinata sar
Q = IFt e. Imponendo questa condizione finale si ha -t eIF = A. Allora landamento della carica accumulata
nelle regioni di svuotamento ). e 1 ( I Q
e t
F e

Quindi il processo cresce con costante di tempo t e.
Il tempo di recupero diretto trf complessivamente richiesto per portare un diodo in conduzione dal
regime di polarizzazione inversa, dunque:
trf tstf + 3t e = t t ln(1 + IR/IF) + 3t e. [6.3-50]
Come facile vedere i due tempi dimmagazzinamento dipendono dal rapporto IF/IR. Quello inverso di-
pende dal tempo di vita effettivo delle cariche minoritarie che si pu diminuire aggiungendo impurezze che
agiscono da trappole. Quello diretto, a parte la RL dipende dalla capacit di transizione (6.1.11.2) che
funzione della sezione del diodo e del drogaggio. Se si vuole migliorare la velocit di commutazione bisogna
introdurre trappole, fare diodi di piccola area e poco drogati.
+
-
+
-
Vd
Vi
RL
Rr
Ct

Fig.6.3-25
Diodi semiconduttori 239
Le quattro figure mostrano il comportamento del tempo di recupero. Grosso modo si vede che
quello inverso prevale su quello diretto se rt supera t e. Tuttavia le cose dipendono dal rapporto fra le due
correnti dirette ed inverse. Il tempo di recupero inverso prevale se IR grande rispetto IF. Tuttavia se si
considera il tempo complessivo per eseguire le due commutazioni si pu osservare dalla figura che possi-
bile trovare un valore del rapporto fra le due correnti che minimizza questa somma. Il valore del rapporto
fra le due correnti che ottimizza il tempo complessivo di recupero funzione del rapporto fra il tempo di vi-
ta efficace delle cariche minoritarie e la costante di tempo t r. Questo rapporto aumenta con RL.
Naturalmente in questo discorso non si sta tenendo conto delle resistenze destensione che posso-
no peggiorare le cose
Ricordiamo che, come abbiamo gi osservato nel 6.2.5 i diodi Schottky presentano tempi di
commutazioni ben pi brevi di quelli p-n.
6.3.10 Applicazioni dei varicap
Una notevole applicazione dei diodi Varicap si usa per modificare una frequenza di risonanza. Poi-
ch questa dipenda da L e da C variando una di queste due si ottiene la variazione della frequenza. Tuttavia
luso di dispositivi nei quali, la variazione ottenuta meccanicamente non consigliata se si debbono effet-
tuare variazioni spesso, come avviene quando si vuole cambiare sintonia in un apparecchio ricevitore. Il di-
spositivo meccanico subisce usura e col tempo va sostituito. , invece, conveniente sfruttare elementi come
i diodi Varicap che non abbiano a subire inconveniente dallinvecchiamento.

0

50

100

10

-2

10

0

10

2

10

-2

10

0

10

2

10

-2

10

0

10

2

0

50

100

10

0

10

1

10

2

10

3

0

50

100

0

50

100

Rapporto fra corrente
diretta ed inversa
che ottimizza la
somma dei
tempi
di
ricupero
(t t tr+t t tf )/t t t
t t e/t t t RL
t t rr/t t rf
Ir
=I
F

t e
=100t t

t t
=t e

t t=100t e
IF=100IR
IR
=100I
F

t t rr/t t rf
I I R/IF
I I R/IF
t t e/t t t RL
t t
=100t e

t e=0
I I R/IF

Fig.6.3-26
Diodi semiconduttori 240
Consideriamo lo schema di princi-
pio di Fig.6.3-27a. Un diodo Varicap
polarizzato inversamente, tramite una in-
duttanza di Valore L, da un generatore di
tensioni continue VD. Ig un generatore di
corrente variabile con una resistenza inter-
na Rg. La capacit di blocco Cb ha la fun-
zione di impedire che correnti continue
possano passare nel generatore Ig ma, nel-
lo stesso tempo, di consentire che le correnti variabili da questo generatore vadano nel diodo e
nellinduttore. Il generatore VD, per i segnali un cortocircuito. In Fig.6.3-27b mostrato il circuito equi-
valente. Con Rt si indicato il parallelo fra la resistenza di perdita dellinduttore Rp, quella del generatore
Rg e la resistenza differenziale Rr del diodo polarizzato inversamente. Si tratta di un circuito risonante paral-
lelo come quello descritto nel 3.5.2
Ricordiamo i risultati pi importanti trovati nel 3.2.4 a proposito dei sistemi con due poli comples-
si coniugati e nel 3.5 a proposito dei circuiti risonanti. Il coefficiente di smorzamento
,
C
L
R 2
1
t
[3.5-17]
che supporremo molto piccolo in modo che la frequenza di risonanza coincida con wn e cio
,
C L
1
0 n [3.5-5]
e la larghezza di banda sia, quindi molto piccolo in modo che il circuito esalti le frequenze molto vicine a
quelle di risonanza e rigetti il resto.
Utilizziamo un Varicap con giunzione iperbrusca (6.1.11.3) con m =-1.5 per la quale la capacit
varia come la [6.1-48] nella quale a = 2. Questultima si pu riscrivere come
.
) V / V 1 (
C
C
2
B D
0 t
t
+
[6.3-51]
Sostituendo nella [3.5-5]:

0 t
B D
0 n
C L
V / V 1+
[6.3-52]
e la frequenza di risonanza varia linearmente con la polarizzazione applicata.
Nella Fig.6.3-28 mostrato landamento di Ct
-0.5
per tre tipi di Varicap. Si vede che quello con
giunzione iperbrusca (m = -1.5) ha un andamento lineare e che per effetto della sua capacit, in un intervallo
di tensioni di 8 V si ha una variazione un fattore 9, cui corrisponde una variazione di frequenza di risonanza
dello stesso fattore, Con diodi con giunzioni lineari o brusche questo fattore ben misero, nellesempio di
figura soltanto 1.5 circa!
Lo schema di principio della Fig.6.3-27a applicato, come abbiamo gi detto per variare la sinto-
nia in un apparecchio ricevente. Ad ogni tensione applicata al diodo corrisponde una frequenza di sintonia.
Se si memorizzano le tensioni corrispondenti si bloccano le posizioni corrispondenti ai canali o alle stazioni
trasmittenti. Per esempio prendiamo in esame un ricevitore televisivo moderno. La memorizzazione viene
realizzata in una RAM (memoria a sola lettura) che memorizza una codifica digitale della tensione corri-
spondente. Ogni volta si sceglie un canale la codifica della tensione digitale viene prelevata, convertita in
tensione analogica e inviata a polarizzare il diodo che cambia la sua capacit e quindi la frequenza
doscillazione e dunque sceglie il canale. Questa memoria viene alimentata anche se il televisore spento,
purch sia connesso alla rete. In questo modo la memoria non si cancella ed ogni volta che si sceglie il ca-

Rt
Ct Ig

L
(b)
Rg
Cb
Ig

L
D
VD
+
-
(a)

Fig6.3-27
Diodi semiconduttori 241
nale si ritrova la solita selezione. Poich la corrente
richiesta da questa memoria molto piccola, in pa-
rallelo alla sua alimentazione si mette un grosso
condensatore elettrolitico. Anche se la tensione di
rete viene a mancare la memoria alimentata dalla
tensione accumulata dal condensatore e la sintonia
non si perde. Una mancanza della tensione di rete,
per un tempo limitato non produce la perdita della
sintonia. Se per, si parte per le vacanze e si stac-
ca la rete dallimpianto, dopo un certo tempo, va-
riabile da pochi giorni a qualche settimana, il con-
densatore si scarica e si perdono le memorizzazio-
ne e bisogna rifare la programmazione.
Unaltra applicazione fatta per il controllo
automatico della sintonia. Nella [6.3-52] si vede che la frequenza di risonanza oltre che dalla VD dipende
da parametri fisici e geometrici dei componenti usati. Una variazione, per esempio della temperatura pu
cambiare VB o L o Ct0 e la sintonia non va pi bene. Alla tensione fissa memorizzata per il canale si ag-
giunge una piccola tensione positiva o negativa tale che essa massimizza luscita del circuito risonante. Que-
sto sistema prende il nome di controllo automatico di guadagno e ci aiuta a bloccare la sintonia dei canali
anche se cambino, di poco i parametri fisici dei dispositivi. Lo stesso sistema utilizzato quando si cerca di
sintonizzare i canali. Si preme un pulsante ed il TV cambia la sintonia finche ritrova un canale. successo
che si trovata la tensione per cui luscita del circuito risonante ha un massimo. Premendo un altro pulsante
questa tensione viene inviata ad una posizione della memoria di sintonia e quindi memorizza.
Una volta la memorizzazione della sintonia veniva realizzata meccanicamente con un sistema di leve
e posizionatori. Linconveniente era che i sistema erano costosi, poco affidabili e di poca durata.
Una ultima applicazione dei Varicaps pu essere quella che consente la modulazione di frequenza
cambiando la tensione sul Varicap con lampiezza del segnale modulante.

0 1 2 3 4 5 6 7 8
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1.2
1.4
1.6
1.8
m = 0
Silicio
VAKr (V)
Ct
-0.5
(pF
-0.5
)
m = 1
m = -1.5
brusca
iperbrusca
graduale
S (100x100
m
m
2
)
S (500x500
m
m
2
)

Fig6.3-28
Diodi semiconduttori 242
BIBLIOGRAFIA
[AL] - Allen, Holberg - CMOS Analog Circuit Design - Holt 1987
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[SZ2] - Sze, Gibbon Avalanche Breakdown in abrupt and linearly graded p-n junctions Appl. Ph.
Lett., 8, 111 (1966)

T RANSI ST OR BI POL ARE A GI U T RANSI ST OR BI POL ARE A GI U N N Z I ONE Z I ONE

Un transistor bipolare a giunzione un dispositivo semiconduttore costituito da tre regioni
alternativamente drogate, dette, in ordine emettitore, base e collettore. Le tre regioni sono
accessibili dallesterno mediante dei contatti metallici che portano a dei terminali. La regione
centrale (base) fra le due esterne e sempre di drogaggio differente dalle altre due. Inoltre, e questa
la condizione perch il transistor abbia buone prestazioni, essa poco drogata e soprattutto sottile. Il
dispositivo prende il nome di bipolare, perch la corrente che passa dovuta alle cariche di
entrambe le polarit ed a giunzione perch esso formato dalle due giunzioni che separano le tre
regione gi dette. Dalle parole inglesi Bipolar Junction Transistor si ricava lacronimo BJT.
7.1 Transistor bipolare a giunzione
In Fig.7.1-1 mostrata schematicamente
la struttura di un transistor bipolare a giunzione
di tipo n-p-n ideale. Lo spessore della base lb sia
sottile nel senso gi definito nel 6.1.3.2. Per
quanto riguarda emettitore e collettore i loro
spessori siano sufficientemente grandi rispetto
alle rispettive lunghezze di diffusioni. Soltanto
la base corta.
7.1.1 Transistor ideale con drogaggi a gradino
Come nel capitolo precedente trattiamo il caso ideale di un transistor con drogaggi uniformi
e con giunzioni a gradino e sezione costante. Lesempio di cui ci occupiamo relativo ad un tran-
sistor n-p-n con drogaggi rispettivamente NDE, NAB e NDC. Il primo pedice si riferisce al tipo di dro-
gante, il secondo alla zona dove si fa il drogaggio. Per lo studio del transistor ideale supporremo la
base sia drogata molto meno delle altre due zone, cio: NDE >> NAB e NDC > NAB.
7.1.1.1 Transistor non polarizzato.
Cominciamo a descrivere quello che avviene in un transistor non polarizzato. Non dobbiamo
ricominciare tutto da principio. Possiamo riprendere quanto fatto per i diodi nel 6.1.3.2 ricordan-
doci che, per quanto detto a proposito dei drogaggi e degli spessori, bisogna considerare diodi che
hanno una regione sottile ed una spessa e quindi lavorare simultaneamente con diodi a base lunga
ed a base corta.
Nella Fig.7.1-2 sono mostrate la concentrazione dei droganti, la carica spaziale, la concen-
trazione dei portatori, il potenziale ed il campo elettrico per un transistor nel quale la concentrazione
del drogante pu ritenersi uniforme nelle varie zone. Le ipotesi riguardo i drogaggi di questo esem-
pio, ma non valide comunque in ogni caso, sono NDE >> NDC > NAB. Non sono applicate polarizza-
zioni. Lesempio suppone la seguente situazione di NAb = 10
17
/cm
3
, lb = 400 nm, NDe = 10
19
/cm
3
, le
= 2 mm, NDc = 5$10
17
/cm
3
, lc = 300 mm, Lnb = 300 nm, Lpe = 18 nm, Lpc = 80 nm. Queste ultime tre
sono le lunghezze di diffusione delle cariche minoritarie, rispettivamente in base, nellemettitore e
nel collettore.
La notevole asimmetria dei drogaggi fra le regioni di emettitore o collettore e quella di base
fa si che la zona di svuotamento sprofondi di pi nella regione di base. Inoltre, dato che l'emettitore
emettitore
collettore
n+ p
n+
l
c
l
e
l
b
base
Transistor n-p-n

Fig.7.1-1
Transistor bipolari a giunzione 244
pi drogato del collettore, il potenziale intrinseco relativo della giunzione base-emettitore (B-E),
VBibe = 936.8 mV, supera quello dellaltra giunzione VBibc = 858.9 mV. Gli spessori delle zone
svuotate a cavallo delle due giunzione, andando dallemettitore verso il collettore sono, rispettiva-
mente, WEe = 1.1 nm e WBe = 110 nm e, WBc = 96.7 nm e, WCc = 19.3 nm. Chiamiamo spessore
effettivo la parte di un semiconduttore eccetto la quella svuotata. Pertanto, dato gli spessori
dellesempio, mentre gli spessori effettivi di e-
mettitore e di collettore variano in modo insigni-
ficante lo spessore effettivo di base lb = lb WBE
VBC = (400 110 97.7) nm = 192.3 nm di-
venta abbastanza pi piccolo dello spessore della
base.
La Fig.7.1-2a mostra la concentrazione
dei materiali droganti, supposta a gradino. La
Fig.7.1-2b la situazione delle cariche immobili a
cavallo delle giunzioni dovute allo svuotamento.
Si noti la zona svuotata demettitore molto sottile
ma con una elevata concentrazione di carica. La
situazione del campo elettrico rappresentata
nella Fig.7.1-2c. Il passaggio delle cariche mag-
gioritarie attraverso le due giunzioni ostacolato
dai due campi elettrici, massimi in corrisponden-
za delle giunzioni metallurgiche. Il fatto che i
due campi corrispondenti alle due giunzioni sono
di segno contrario non deve trarre in inganno: gli
elettroni che voglio andare dallemettitore verso
la base trovano un campo che si oppone andando
nel segno delle x crescenti. Analogamente quelli
che dal collettore vogliono andare verso la base
trovano un campo sempre contrario, ma nel sen-
so delle x decrescenti. La situazioni dei potenzia-
li illustrata nella Fig.7.1-2d. Lostacolo al pas-
saggio di corrente inferiore per la giunzione
base-collettore (B-C) che non per laltra. Infine,
la situazione di entrambe le cariche mobili si pu vedere nella Fig.7.1-2e.
Quando il transistor viene polarizzato si possono avere tre casi distinti:
a) entrambe le giunzioni sono polarizzate direttamente: saturazione;
b) entrambe le giunzioni sono polarizzate inversamente: interdizione;
c) una delle giunzioni e polarizzata direttamente e laltra inversamente: polarizzazione attiva.
Questa, come vedremo pi avanti, sar diretta o inversa a seconda che ad essere polarizzata di-
rettamente sia la giunzione B-E o laltra.
essenziale, per il buon funzionamento del transistor, che il drogaggio di base sia tale che
lo spessore effettivo della base non polarizzata sia inferiore alla lunghezza di diffusione LD delle ca-
riche minoritarie nella regione di base stessa. Quindi la base sottile e poco drogata.
Se la base non soddisfa quest'ultimo requisito, il dispositivo pu essere considerato, in una
prima approssimazione, come due diodi contrapposti aventi i due
anodi oppure i due catodi in comune, rispettivamente, per l'n-p-n e
per il p-n-p. In tal caso un modello del transistor potrebbe essere
quello di Fig.7.1-3 per il transistor n-p-n. In realt le cose stanno
in un modo molto differente che ci accingiamo a spiegare.
(a)
N (atomi/cm
3
)
x (nm)
(c)
(b)
Collettore
x (nm)
x (nm)
x (nm)
qN
Dc
E
maxbc
W
pbc
-400 -300 -200 -100 0 100 200 300 400 500
10
18
-400 -300 -200 -100 0 100 200 300 400 500
0
0.05
0.1
0.15
-400 -300 -200 -100 0 100 200 300 400 500
-1
0
1
2
3
x 10
5
n(x)
p(x)
-400 -300 -200 -100 0 100 200 300 400 500
-1
-0.5
0
-400 -300 -200 -100 0 100 200 300 400 500
10
0
10
10
N
Ab
Base
n
p
E E
(V/cm)
r r
(coul/cm
3
)
p, n (/cm
3
)
(e
(d)
Emettitore
N
De
qN
De
-qN
Ab
-qN
Ab
W
nbc W
nbe
N
Dc
W
pbe
l
b
E
maxbe
VBibc
VBibe
NE
n
i
2
/N
E n
i
2
/N
C
n
i
2
/N
B
NB
NC
n

Fig.7.1-2
IE IC
IB B
C E

Fig.7.1-3
Transistor bipolari a giunzione 245
7.1.1.2 Polarizzazione in regione attiva.
Per comprendere il funzionamento del transistor bene cominciarne a studiare il funziona-
mento in regione attiva diretta, cio con la giunzione B-E polarizzata direttamente e quella B-C in-
versamente. Per il momento supporremo VBE maggiore della tensione di soglia del diodo B-E e
|VBC| > 4VT.
Una spiegazione abbastanza semplificata si pu tentare immediatamente. Ad un primo su-
perficiale esame sembrerebbe che la giunzione polarizzata direttamente, cio la giunzione B-E, si
lascia attraversare da corrente, mentre l'altra no. Le cose stanno in modo completamente differente.
La polarizzazione diretta B-E fa passare attraverso questa giunzione una corrente IE prevalentemen-
te costituita da elettroni (le lacune iniettate dalla base sono molto poche rispetto gli elettroni iniettati
dallemettitore). Questi elettroni, che costituiscono essenzialmente la corrente demettitore, se la ba-
se fosse sufficientemente larga si ricombinerebbero nella medesima con le sue lacune, come in un
normale diodo a base lunga. Per mantenere la neutralit della base un numero eguale di ele ttroni
dovrebbero entrare dal terminale di base. Invece laltra giunzione, polarizzata inversamente, trascu-
rando la corrente inversa di saturazione non sarebbe attraversata da alcun corrente. Si avrebbe,
quindi IE = IB e IC = 0.
Invece, gli elettroni, in base, trovano difficolt a ricombinarsi, data il suo modesto spessore e
la scarsa concentrazione di lacune. Soltanto una loro frazione che arriva dallemettitore riesce a ri-
combinarsi e, per mantenere la neutralit della base deve essere rimpiazzata da elettroni che pro-
vengono dal terminale di base dando luogo ad una corrente di base IB. La maggior parte della cor-
rente IE, non riuscendo a ricombinarsi, raggiunta la regione svuotata B-C trova un campo elettrico
che spinge gli elettroni ad attraversare questa giunzione dando luogo alla corrente IC. Si ricordi che
le cariche minoritarie hanno facilit ad attraversare una giunzione polarizzata inversamente. Per-
tanto, in una prima semplice approssimazione, si ha IC = aIE. E dato che IE = IC + IB, IB = (1 - a)IE.
Il coefficiente a, molto prossimo allunit nei transistor, esprime lincapacit della base di produrre
ricombinazioni delle cariche che provengono dallemettitore. Se nessun elettrone riuscisse a ricom-
binarsi in base si avrebbe IC = IE, IB = 0 e dunque a = 1. Il coefficiente a, detto anche amplifica-
zione statica di corrente a base comune, tanto pi prossimo allunit quanto pi la base stretta
e poco drogata. Possiamo riassumere quanto detto con:
.
I I I
I ) 1 ( I
I I
C B E
E B
E C

+


[7.1-1]
Per quanto riguarda il transistor n-p-n le cose
vanno come illustrato nella figura accanto. La
corrente convenzionale (che segue il senso in-
verso di quella degli elettroni) entra dal collettore e dalla base ed esce dallemettitore.
A questo punto bene dare spiegazioni pi accurate. Una ipotesi va fatta per il rapporto fra
gli spessori delle varie zone e le rispettive lunghezze di diffusione delle cariche minoritarie. Questo
rapporto, per la zona di base lb/Lnb < 1. Siamo in presenza, nella regione B-E, nella zona di base,
di un comportamento gi studiato nel 6.1.3.2 per i diodi a base corta. In effetti il rapporto bisogna
farlo con lo spessore effettivo della base che, per effetto degli svuotamenti delle zone vicino alle
giunzioni, pi piccolo dello spessore della base. Per la regione demettitore, nellesempio mostra-
to, questo rapporto le/Lpe maggiore di uno, ma, spesso, soprattutto nei transistors integrati,
lemettitore poco spesso ed possibile che la lunghezza di diffusione delle cariche minoritarie
nella regione demettitore sia superiore al suo spessore. Anche in questo caso si in presenza di un
comportamento della zona B-E dalla parte dellemettitore del tipo diodo a base corta. Bisognerebbe
sempre tenere conto dello spessore effettivo dellemettitore diminuito rispetto a quello geometrico.
emettitore
collettore
n+ p
n+
base
Transistor n-p-n
I
E
I
C
=
a
I
E
I
B
=(1-a)I
E
l
B
H
L

Fig.7.1-4
Transistor bipolari a giunzione 246
Discuteremo pi avanti le implicazioni delleventuale sottigliezza dellemettitore che un argomen-
to importante per i transistors bipolari integrati.
Riprendiamo a tale scopo lesempio del transistor descritto dalla Fig.7.1-3. La situazione, a
causa delle polarizzazioni, viene modificata come descritto nella Fig.7.1-5. Nellesempio in que-
stione sono applicate VBE = 0.7 V e VBC = - 8 V. Illustriamo ora la figura. A causa della polarizza-
zione inversa della giunzione B-C diminuisce lo spessore effettivo di base lb'. Per la larghezza della
zona di svuotamento in presenza di polarizzazione e con giunzione a gradino vale la [6.1-13],
.
N
V V
q
2
W
eq
Bi Si
Con V si indica la tensione applicata alla giunzione. Questa espressione pu es-
sere anche utilizzata ponendo V = 0 per giunzioni non polarizzate. In tal modo essa si riduce alla
[6.1-7]. Per le due giunzioni allora sar
eqBE
BE Bibe Si
BE
N
V V
q
2
W

e .
N
V V
q
2
W
eqBC
BC Bibc Si
BC

sem-
plice calcolare le variazioni relative delle due zone svuotate che saranno rispettivamente
1
V
V
1
W
W
Bibe
BE
BE
BE

e . 1
V
V
1
W
W
Bibc
BC
BC
BC

Ricordando che nella zona attiva le due giunzioni


sono polarizzate luna direttamente e laltra inversamente si ha una piccola diminuzione della zona
svuotata demettitore ed un grande incremento di quella di collettore. Anche se la parte di regione
svuotata verso lemettitore diminuisce in larghezza perch si sta applicando polarizzazione diretta,
la zona WBc aumenta molto di pi per effetto dello svuotamento prodotto dalla polarizzazione in-
versa della regione B-C.
Nellesempio fatto si erano trovate WBe =
110 nm e WBc = 97.7 nm. Applicando, come gi
detto, VBE = 0.7 V e VBC = - 8 V le due variazioni
relative diventano rispettivamente 49% e 221%.
Ricordando la situazione che si aveva prima di
applicare le polarizzazioni e che le due zone a ca-
vallo di una giunzione si restringono o allargano
nella stessa proporzione si ha lb = lb WBE VBC
= (400 1100.51 97.73.21) nm = 30.3 nm.
La base effettiva si riduce di tanto e certamente il
suo spessore inferiore alla lunghezza di diffusio-
ne degli elettroni che nellesempio 300 nm.
Per il campo massimo valgono sempre del-
le espressioni del tipo [6.1-2]. Quindi si produce
un abbassamento del campo nella regione B-E ed
un innalzamento nella regione B-C, con le stesse
proporzioni delle variazioni delle zone di svuota-
mento.
Nel nostro esempio il campo nella giun-
zione B-C si riduce del 49% e aumenta del 221%
nellaltra giunzione, come mostrato in Fig.7.1-5b.
Ovviamente la barriera di potenziale diminuisce
sulla prima giunzione ma aumenta e di moltissimo sullaltra, vedi Fig.7.1-5c.
Leffetto della polarizzazione diretta quella di incrementare la concentrazione delle cariche
minoritarie appena fuori la zona di svuotamento e viceversa di abbassarla per le polarizzazioni in-
verse. Ricordiamo quello che stato trovato nel 6.1.3.1. Leccesso o il difetto di cariche minorita-
rie allestremo della zona di svuotamento descritto dalla [6.1-15] e successiva. In generale si pu
scrivere per questa concentrazione di cariche minoritarie cmi in presenza di una polarizzazione V:
(a)
(b)
(c)
(d)
-400 -300 -200 -100 0 100 200 300 400 500
0
0.05
0.1
0.15
-400 -300 -200 -100 0 100 200 300 400 500
-4
-2
0
x 10
5
-400 -300 -200 -100 0 100 200 300 400 500
0
5
10
-400 -300 -200 -100 0 100 200 300 400 500
10
0
10
10
x (nm)
(c)
(b)
Collettore
x (nm)
x (nm)
x (nm)
qN
Dc
E
maxbc
n(x)
p(x)
Base
n p
E E
(V/cm)
r r
(coul/cm
3
)
p, n (/cm
3
)
V
Emettitore
qN
De
-qN
Ab
-qN
Ab
W
nbc
W
nbe
W
pbe
l
b
E
maxbe
NE
n
i
2
/N
E
n
i
2
/N
C
C
NC
n
l
b

W
pbc
p(x)
n(x)

Fig.7.1-5
Transistor bipolari a giunzione 247
). 1 e ( c c
T V V
min min [7.1-2]
Descriviamo quello che avviene in generale delle cariche mobili in un n-p-n polarizzato in
zona attiva. Cominciamo dagli elettroni. Questi, maggioritari nellemettitore hanno una concentra-
zione NE fino quasi al limite della zona svuotata demettitore, dove, in realt, sono un po meno
perch provvedono alle ricombinazioni con le lacune proveniente dalla base. Subito nella base la l o-
ro concentrazione diminuisce. Si ha diffusione di elettroni nella base dove, almeno nella zona di
svuotamento della giunzione B-E sono di pi del dovuto. Al limite di questa zona, secondo la [7.1-
2] ni
2
/NABe
V
BE
/V
T
, pi alta per il fattore esponenziale rispetto quella minoritaria ni
2
/NAB. Sempre
nella base, ma al limite dellaltra zona di svuotamento, per la [7.1-2], le cariche minoritarie sono
ni
2
/NABe
V
BC
/V
T
. Basta che la polarizzazione inversa sia di 4-5 VT per assicurare una diminuzione di
un fattore almeno 100 degli elettroni in questo punto. Se poi si applica una polarizzazione pari a
VTln (ni
2
/NAB) la concentrazione in questo punto si praticamente a zero. A destra della zona di
svuotamento di collettore, gli elettroni, cariche maggioritarie hanno concentrazione NDC. Nella zona
svuotata la concentrazione varia esponenzialmente da praticamente zero a NDC. Nella base effettiva,
che per quanto detto per il rapporto con la lunghezza di diffusione degli elettroni, una base corta,
la concentrazione non varia in modo esponenziale come descritto dalla [6.1-17]. Si pu fare il ra-
gionamento fatto nel 4.6.2 e trovare che allinterno della base effettiva la concentrazione delle ca-
riche minoritarie varia come il seno iperbolico del rapporto fra la distanza dal limite della zona di
svuotamento di emettitore nella base e la lunghezza di diffusione degli elettroni nella stessa[4.6-10].
Cio:
( ) .
) /L ' (l sh
] x)/L - W ' [(l sh
1 e
N
n
(x) n
nB B
nB Be B
V V
B
2
i
B
T AK
+
[7.1-3]
Tuttavia, per quanto gi detto nel 6.1.3.2 per i diodi a base corta questa concentrazione si pu rit e-
nere lineare e cio semplicemente:
.
' l
W x
1 e
N
n
) x ( n
b
Be
V V
B
2
i
B
T AK

,
_


+ [7.1-4]
Per le lacune, minoritarie nellemettitore, bisogna fare un discorso analogo. Lontano dalla
giunzione la concentrazione ni
2
/NE, ma quando ci si avvicina al bordo della regione svuotata B-E
cresce. Al limite della zona di svuotamento c un incremento ni
2
/NEe
V
BE
/V
T
. Se lemettitore suf-
ficientemente lungo il profilo di concentrazione delle lacune nella zona non svuotata demettitore
varia esponenzialmente con |x/LpE|. Altrimenti, in modo analogo ai diodi a base corta, lincremento
della concentrazione delle lacune minoritarie sar lineare fino ad arrivare a zero sul terminale
demettitore. Nella base, a ridosso della zona di svuotamento della giunzione B-E, le cariche mag-
gioritarie sono meno per effetto della diffusione verso lemettitore, e cio sono NBe
-V
BE
/V
T
. Poi la
loro concentrazione risale fino a NB al limite dellaltra zona di svuotamento, quella della giunzione
B-C. Nel collettore, a distanza sufficiente dalla base, la concentrazione delle lacune diventa ni
2
/NC.
Immediatamente a ridosso della giunzione B-C, nel collettore essa ni
2
/NCe
V
BC
/V
T
, molto piccola
anche per polarizzazioni inverse modeste. Allora, nella zona di svuotamento della giunzione B-C,
nella parte della base c un forte gradiente di questa concentrazione che cade violentemente verso
lo zero per poi risalire verso ni
2
/NC.
La situazione per quanto riguarda le cariche mobili, relativa allesempio finora descritta
illustrata nella Fig.7.1-5d.
Definiamo, a questo punto, un nuovo parametro del transistor aT, detto coefficiente di tra-
sporto della corrente delle cariche minoritarie in base, come il rapporto fra la corrente di elettroni
che lasciano la zona non svuotata della base per andare nel collettore e quelli che vi arrivano
dallemettitore. O che lo stesso fra la corrente iniettata in base e quella che va in collettore. Cio:
Transistor bipolari a giunzione 248
.
J
J
I
'
I
Be
B Be
Be
B Be
W x
nB
' l W x
nB
W x
nB
l W x
nB
T

+

Se la sezione uniforme i rapporti fra correnti o le loro densit sono gli stessi. La densit di corren-
te che proviene dallemettitore proporzionale al gradiente di concentrazione degli elettroni a ri-
dosso della giunzione B-E per x = WBe, mentre quella che va al collettore proporzionale al gra-
diente di concentrazione degli elettroni a ridosso della giunzione B-E per x = WBe + lB. La costante
di proporzionalit , secondo la [4.4-14] qDn, identica per entrambe. Se si assume il profilo di con-
centrazione lineare dato dalla [7.1-4] il gradiente indipendente dal punto e aT = 1. Ci si avvicina a
questa condizione quanto pi la base stretta e poco drogata perch la lunghezza di diffusione (che
dipende anche dal drogaggio) si deve confrontare con lo spessore effettivo.
In realt meglio non adoperare la [7.1-4] ed invece ottenere aT applicando la relazione sui
rapporti dei gradienti data dalla [7.1-3]
.
) /L ' (l cosh
1
) /L ' (l sh ] x)/L - W ' cosh[(l L qD
) /L ' (l sh ] x)/L - W ' cosh[(l L qD
nB B nB B
W x
nB Be B nB n
nB B
' l W x
nB Be B nB n
T
Be
B Be

+
+

+
[7.1-5]
Da questa sempre evidente quello che abbiamo detto a proposito di drogaggio e spessore, ma non
si ha che aT unitaria ma un valore pi realistico. Nellesempio portato finora, con le polarizzazio-
ni applicate si ottiene che aT =0 .995.
Nellipotesi di base sottile e poco drogata lespressione precedente si pu sviluppare in serie
di potenze del rapporto lB/LnB e ottenere:
.
L
' l
2
1
1
2
nB
B
T

,
_

[7.1-6]
Le due espressioni precedenti sono valide soltanto se il drogaggio della base uniforme. Vedremo
pi avanti che, certamente nei transistors integrato questa condizione non verificata e quindi le
due espressioni assumono soltanto un interesse qualitativo.
7.1.1.3 Lefficienza demettitore
Se si vuole calcolare il coefficiente di amplificazione statico a base comune a bisogna con-
siderare che la corrente demettitore non fatta soltanto di elettroni che diffondono nella zona non
svuotata della base. Una piccola parte degli elettroni che provengono dallemettitore si ricombina
nella zona svuotata della giunzione e, quindi, non pu fare parte di quella frazione di corrente che
va verso il collettore. Inoltre una piccola componente della corrente di emettitore costituita da l a-
cune che dalla base vanno nellemettitore. Anche questa componente non partecipa alla corrente di
collettore.
Riprendiamo, allora la definizione del coefficiente di amplificazione statica a base comune e
cio
.
I
I
h
E
C
FB [7.1-7]
a ed hFB sono due simboli intercambiabili. La corrente IE pu essere calcolato dalle sue due compo-
nenti elettroniche e cio quella relativa alla diffusione in base ed alla ricombinazione nella zona di
svuotamento e da quella di lacune dovuta alla la diffusione nellemettitore. Pertanto si pu determi-
nare a come:
,
I I I I 1
I
'
I
I I I
'
I
I
I
h
Be BE Be Ee
Be B Be
BE Ee Be
B Be
W x
nB
W
ric
W x
nB
W x
pE
W x
nB
l W x
nB
W
ric
W x
pE
W x
nB
l W x
nB
E
C
FB

+

+
+ +

+ +


Transistor bipolari a giunzione 249
cio ,
I I I I 1
1
T T
W x
nB
W
ric
W x
nB
W x
pE
Be BE Be Ee

+ +


[7.1-8]
dove
Be BE Be Ee W x
nB
W
ric
W x
nB
W x
pE I I I I 1
1

+ +
[7.1-9]
lefficienza dellemettitore. Essa esprime la capacit dellemettitore di iniettare cariche nella re-
gione di base del transistor, al di la della zona di svuotamento. Sono queste le sole cariche che pos-
sono, con un fattore aT, passare nel collettore.
Determiniamo lefficienza demettitore. Nel capitolo precedente abbiamo visto che le due
componenti della corrente inversa di saturazione dovute alla diffusione si ricavano dalla [6.1-18] o
dalla [6.1-23] a seconda della lunghezza della regione interessata. Per il calcolo della corrente poi,
bisogna ricorrere alle [6.1-20] e [6.1-21]. In effetti, poich nella ragione attiva la giunzione B-E
ben polarizzata al di sopra della soglia, si pu utilizzare la [6.1-22] al posto della [6.1-20] e trascu-
rare lunit rispetto allesponenziale. Inoltre, nel caso di zone corte, al posto di Lp o Ln si metteran-
no lE o lB, rispettivamente. Per ora calcoliamo il tutto quando anche lemettitore corto, ma basta
sostituire a lE, Lp per avere il risultato valido anche per emettitore lungo. Detto tutto ci, utilizzan-
do le [6.1-20], [6.1-22] e [6.1-28]:
T BE
Ee
V V
E DE
n
2
i
W x
pE e
' l N
S D
qn I

e . e
' l N
S D
qn I
T BE
Be
V V
B AB
n
2
i
W x
nB

S la
sezione uniforme del dispositivo. Per la componente dovuta alla ricombinazione nella zona di svuo-
tamento vale la [6.1-28]. In un transistor normale il tempo di vita efficace t 0 praticamente il tempo
di vita delle cariche minoritarie in base, data la situazione dei drogaggi, vedi la [6.1-26]. La corrente
di ricombinazione nella zona svuotata
T BE T BE
BE
V 2 V
n
BE
i
V 2 V
0
BE
i
W
ric e
2
S W
qn e
2
S W
qn I

. Sostituendo
nella [7.1-9]: .
e
D n 2
W ' l N
D
D
' l
' l
N
N
1
1
T BE V 2 V
n n i
BE B AB
n
p
E
B
DE
AB

+ +
[7.1-10]
o anche .
e
D n 2
W ' l N
D
D
Don
Acc
1
1
T BE V 2 V
n n i
BE B AB
n
p
E
B

+ +
[7.1-11]
AccB e DonE sono il numero complessivo di accettori e di donatori dei drogaggi di base o
demettitore.
Una prima osservazione va fatta se lemettitore non corto, nella [7.1-10] al posto della lE
va sostituta la Lp, ma i discorsi che faremo successivamente vanno quasi tutti bene, almeno qualita-
tivamente. La seconda osservazione che va fatta una anticipazione dei risultati del paragrafo suc-
cessivo e che cio tanto pi si avvicina a 1 tanto migliore il transistor. In questo senso allora si ri-
conosce che bisogna massimizzare sia g che aT. Cominciamo da questultimo. Prendiamo
lespressione approssimata [7.1-6]. La base effettiva va fatta piccola rispetto la lunghezza di diffu-
sione delle cariche minoritarie che aumenta se si diminuisce il drogaggio. Quindi base stretta e poco
drogata. Lefficienza dellemettitore migliora quanto pi atomi di drogante abbiamo messo in emet-
titore rispetto a quelli inseriti nella base. Quindi ancora una volta, base stretta e poco drogata.
7.1.1.4 L'effetto amplificatore del transistor.
Riprendiamo un momento le [7.1-1]. Eliminando la IE: IC = a(IB + IC), (1-a)IC = aIB, quindi
, I h I I
1
I B FE B F B C

[7.1-12]
nella quale si posto .
1
hFE F

[7.1-13]
e prende il nome di amplificazione statica di corrente a emettitore comune.
Transistor bipolari a giunzione 250
L'espressione [7.1-12] mostra come una corrente IB possa controllare una corrente IC b volte
pi grande. In ci consiste l'effetto amplificatore del transistor. Se a molto vicino all'unit, b o
hFE, una quantit molto grande che varia da un minimo di 10, per i transistors di potenza a basso
a, fino a valori dell'ordine delle migliaia. Questo fatto spiega linteresse per avere il parametro a
quanto pi vicino possibile allunit.
Possiamo invertire la precedente ottenendo
. 1 1
1 1
T
F

[7.1-14]
Lapprossimazione valida solo per i transistors con bF molto grande. In tale caso la [7.1-10] si pu
approssimare come
T BE V 2 V
n p i
BE B AB
n
p
E
B
DE
AB
e
D n 2
W ' l N
D
D
' l
' l
N
N
1

e la precedente diventa
,
L
' l
2
1
1 e
D n 2
W ' l N
D
D
' l
' l
N
N
1 1 1
1
2
nB
B
V 2 V
n p i
BE B AB
n
p
E
B
DE
AB
T
F
T BE
1
1
]
1

,
_


1
]
1


che si riduce a . e
D n 2
W ' l N
D
D
' l
' l
N
N
L
' l
2
1 1
T BE V 2 V
n n i
BE B AB
n
p
E
B
DE
AB
2
nB
B
F

+ +

,
_

[7.1-15]
Il bF cresce con il rapporto fra la lunghezza di diffusione delle cariche minoritarie nella base e il suo
spessore effettivo, cresce anche migliorando il rapporto fra il numero di atomi di droganti
nellemettitore rispetto a quelli della base e migliora aumentando il tempo di vita delle cariche mi-
noritarie nella base e con la polarizzazione diretta. Per finire, a parit di tutto il resto, poich la co-
stante di diffusione degli elettroni superiore a quella delle lacune, gli n-p-n amplificano di pi dei
p-n-p.
7.1.1.5 La stabilit del parametro b b.
Il parametro bF dipende da a. Differenziando la [7.1-13]
( )
( )
( ) .
d
1
) 1 ( 1
1 d
1
1 d
d
1
1 1
1
ln d ln d
d
F
F F
2
F
F
F

+
+

[7.1-16]
dal che si vede che anche una piccola variazione di a si ripercuote amplificata per (1+bF) su bF.
Poich, come vedremo pi avanti, a dipende, oltre che da fattori ambientali e tecnologici, anche
dalle condizioni di funzionamento, il parametro bF fortemente influenzato da tutti questi parame-
tri, molto pi di quanto non lo sia a.
7.1.1.6 Polarizzazione all'interdizione.
Se entrambe le giunzioni sono ben polarizzate inversamente scorrono le correnti inverse di
saturazione delle due giunzioni. Si hanno comportamenti simili a quelli di due diodi contrapposti. Si
dice che il transistor interdetto o spento. Pi avanti, nel 7.1.6.1, torneremo a discutere in maggio-
re dettaglio di tale condizione di funzionamento.
7.1.1.7 Polarizzazione in saturazione.
Se polarizziamo entrambe le giunzioni al di sopra della soglia avviene la saturazione. Questa
volta entrambe le giunzioni richiamano cariche nella regione di base e queste cariche, per la mag-
gior parte quelle provenienti dall'emettitore, un po meno quelle provenienti dal collettore, prose-
guono senza ricombinarsi verso le altre regioni. Allora l'effettiva corrente IE la differenza fra la
corrente che la VBE tende a mandare in base e la frazione di corrente che proviene del collettore. E
anche la corrente netta IC la differenza fra la corrente che la VBC tende a mandare in base e la fra-
zione di corrente che proviene del emettitore. A questo punto si pu vedere che o la IC o la IE po-
Transistor bipolari a giunzione 251
trebbero essere negative. In ogni caso la VCE, essendo la differenza fra le tensioni VBC e VBE, en-
trambe superiori alla soglia, una tensione piuttosto piccola. E se si vuole che la corrente IE sia po-
sitiva serve che la VBE superi la VBC e quindi la debole VCE positiva. Per il momento accontentia-
moci di queste spiegazioni in attesa di approfondimenti successivi che saranno date nel 7.1.6.2.
7.1.2 Transistor reali
In effetti questa situazione finora ipotiz-
zata di drogaggi e di geometrie non realistica.
Generalmente i drogaggi non sono a gradino. In
particolare la regione di base ha spesso profili di
drogaggi decrescenti verso il collettore ed anche
lemettitore ha un profilo decrescente verso la
base. Anche il profilo di concentrazione del col-
lettore molto vario, con drogaggi generalmente
pi contenuti nella vicinanza delle giunzione e
pi pesanti verso il contatto elettrico. La Fig.7.1-
6a si riferisce al profilo di drogaggio di un tran-
sistor n-p-n drift . La concentrazione nella base non uniforme ed il potenziale nella base non co-
stante ed allora presente un campo elettrico, anche nella zona di base non svuotata, che favorisce
lo scorrimento delle cariche minoritarie verso la regione di collettore. Questo fatto, vedremo pi a-
vanti oltre ad aumentare la e quindi bF, migliora il comportamento in frequenza. Anche la forma
preposta nella Fig.7.1-1 non realistica. Una delle geometrie pi comuni quella del transistor pla-
nare-epitassiale, come quella mostrata nella Fig.7.1-6b. La forma dell'emettitore e del collettore
tale da massimizzare l'efficienza di raccolta della corrente da parte del collettore. In particolare, in
genere la sezione della giunzione B-E inferiore a quella B-C. Gli aspetti tecnologici e geometrici
nella costruzioni dei diodi e dei transistor sono dettagliatamente discussi nel Cap.9.
7.1.3 Il modello di Ebers-Moll.
Nel 7.1.1.1 abbiamo definito il funzionamento diretto come la condizione per la quale il
transistor ha la giunzione B-E polarizzata direttamente e laltra inversamente. Questo modo di ope-
rare, in effetti, prende il nome di polarizzazione attiva diretta, per distinguerlo dalla polarizzazione
attiva inversa nella quale la situazione si capovolge: la giunzione B-C polarizzata direttamente e
quella B-E, invece, inversamente. I parametri relativi alle due differenti condizioni di funzionamen-
to in zona attiva vengono specificati aggiungendo un pedice: F (dalliniziale della parola inglese
Forward, diretta) e R (dalla iniziale della parola inglese Reverse, inversa). Tuttavia, poich quasi
sempre si lavora in polarizzazione attiva diretta, se non si usano pedici ci si riferisce automatica-
mente ai parametri relativi alla polarizzazione attiva diretta. Nel paragrafo precedente il simbolo a
in effetti doveva essere scritto come aF, mentre il pedice stato gi aggiunto al guadagno statico di
corrente, bF.
Si gi detto che il modello rap-
presentato in Fig.7.1-3 non adatto per
un transistor a base corta perch non si
tiene in alcun conto della corrente aFIE
che va verso il collettore. In Fig.7.1-7a si
vede un primo modello che da conto
della aFIE. Il comportamento della giun-
zione B-E simulato dal diodo a sinistra
nel quale passa una corrente IF che coincide con la IE, se laltra giunzione lasciata aperta. Leffetto
transistor fornito dal generatore dipendente aFIF = aFIE. aF l'a di cui abbiamo parlato sinora. E
le [7.1-1] le riscriviamo:
(a)
N
x
2
10
19
16
10
.5 5-10 m m m m m m
strato
epitassiale n +
p
10
21
10
17
emettitore
base
collettore
n
+
substrato n
+
2 2 m m
Substrato n+
SiO2
Strato epitassiale n
T
B
T
E
Strati
diffusi
contatti
di base
contatto di emettitore
n
+
p
+
W
B
E
W
(b)

Fig.7.1-6
IE IC
IB
IF
a
FIF
IR
B
C E
(a)
IE IC
IB
IF
a
RIR
IR
B
C E
(b)

Fig.7.1-7
Transistor bipolari a giunzione 252
.
I I I
I ) 1 ( I ) 1 ( I
I I I
C B E
F F E F B
F F E F C

+


[7.1-16]
Immaginiamo di invertire entrambe le polarizzazioni cio di polarizzare direttamente la
giunzione B-C ed inversamente la giunzione B-E. Quindi stiamo polarizzando nella regione attiva
inversa. Un modello del tutto simmetrico al precedente rappresentato nella Fig.7.1-7b. Il compor-
tamento della giunzione B-C simulato dal diodo a destra in cui scorre una corrente IR che coincide
con la -IC, se laltra giunzione lasciata aperta. Leffetto transistor fornito dal generatore dipen-
dente aRIR = -aRIC. aR il coefficiente di amplificazione statica di corrente a base comune nella
configurazione attiva inversa. Pertanto per questo circuito equivalente valgono le
.
I I I
I ) 1 ( I ) 1 ( I
I I I
C B E
R R C R B
R R C R E

+


[7.1-17]
aR dice quanta della corrente dal collettore va in emettitore in polarizzazione attiva inversa. In un
transistor assolutamente simmetrico i due a sarebbero eguali. Invece il profilo di drogaggio non u-
niforme nella base e l'efficienza di raccolta delle cariche da parte del collettore rendono volutamen-
te il parametro aF molto vicino a 1 mentre l' aR 0.1+0.8 ma tipicamente intorno a 0.5.
Un modello completo del transistor mostrato nella Fig.7.1-8 ed ottenuto fondendo i due
modelli della Fig.7.1-7 ed applicabile comunque siano pola-
rizzate le due giunzioni. Dai proponenti il modello prende il
nome di Ebers-Moll. Per le due espressioni precedenti non so-
no pi valide, ma in loro luogo si ha:
.
I I I
I ) 1 ( I ) 1 ( I
I I I
I I I
C B E
R R F F B
R F F C
R R F E

+
+


[7.1-18]
Si fa notare che le correnti IF e IR controllate dalle giunzioni B-E e B-C possono essere e-
spresse da:



) 1 e ( I I
) 1 e ( I I
T
BC
T
BE
V
V
CS R
V
V
ES F
. [7.1-19]
IES e ICS sono le correnti inverse di saturazione delle giunzioni B-E e B-C, rispettivamente.
Muller e Kamis
[MU]
hanno dimostrato che vale la relazione di reciprocit
aF IES = aR ICS = IS [7.1-20]
indipendentemente dalla forma e dai drogaggi dei transistors bipolari. IES e ICS sono le correnti in-
verse di ognuna delle giunzioni quando laltra non polarizzata.
Le [7.1-18], assieme alle [7.1-19] permettono di determinare correnti e tensioni nel transi-
stor. Infatti dalle quattro relazioni dette si possono ricavare

) V , V ( I I
) V , V ( I I
BC BE C C
BC BE E E
. [7.1-21]
In effetti si preferisce avere:

) V , I ( I I
) V , V ( I I
BC E C C
BC BE E E
, [7.1-22]
IE IC
IB
IF
a
FIF
IR
B
C E
a
RIR

Fig.7.1-8
Transistor bipolari a giunzione 253
e per fare ci ricaviamo dalla prima delle [7.1-18] la IF
IF = IE + aR IR. [7.1-23]
e la sostituiamo nella seconda. Allora si ha:



R R F E F C
R R F E
I ) 1 ( I I
I I I
[7.1-24]
da utilizzare, comunque assieme alle [7.1-19].
7.1.4 Le caratteristiche dei transistors bipolari
Un modo comune per sintetizzare il comportamento dei transistor e quello di fornire dei gra-
fici in cui viene mostrato landamento delle correnti e delle tensioni. Poich il transistor un doppio
bipolo non possibile mostrare il suo comportamento con un solo grafico, ma ne sono necessari
due, uno dei quali prende il nome di caratteristica dingresso e laltro di caratteristica duscita.
7.1.4.1 Le caratteristiche a base comune.
Sostituendo nelle ultime espressioni le [7.1-19] si ottiene:



) 1 e ( I ) 1 ( I I
) 1 e ( I ) 1 e ( I I
T
BC
T
BC
T
BE
V
V
CS R F E F C
V
V
CS R
V
V
ES E
, [7.1-25]
nelle quali compaiono esplicitamente le tensioni alle giunzioni e le correnti inverse di saturazione
dei diodi B-C e B-E. La corrente IC viene considerata come corrente d'uscita del dispositivo che
pilotato dalla corrente d'ingresso IE (vedi la seconda relazione). Entrambe le correnti dipendono dal-
le tensioni VBE e VBC. Poich queste due tensioni sono riferite allo stesso terminale di base si dice
che le [7.1-25] sono le espressioni relative alla configurazione a base (BC), il cui andamento mo-
strato in Fig.7.1-9, per un transistor ideale. La figura a sinistra la caratteristica d'ingresso, mentre
quella a destra la caratteristica d'uscita.
A questo punto definiamo in modo pi esatto i tre modi di funzionamento, cio saturazione,
interdizione e lineare, cui corrisponde il funzionamento in regione attiva diretta e studiamo il rela-
tivo comportamento.
Cominciamo dalla regione attiva definita da |VBE| > 4VT e |VBC| > 4VT ma con la giunzione
B-C polarizzata inversamente. In tali condizioni le [7.1-25] diventano:

+
+
E F CS R F E F C
V
V
ES CS R
NV
V
ES E
I I ) 1 ( I I
e I I e I I
T
BE
T
BE
[7.1-26]
0
1
2
3
4
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6
-1 -0. 5 0 0.5 1 1.5 2
-6
-4
-2
0
2
4
6
I
C
(mA)
V
CB
(V)
V
BE
(V)
V
CB
= -0. 67
IE = 5mA
V
CB
= 0
V
CB
>0
IE = 4mA
IE = 3mA
IE = 2mA
IE = 1mA
IE = 0mA
Caratteristica dingresso
Caratteristica duscita
I
E
(mA)
Base Comune
I
S
= 10 fA
a a
F = 0. 99
a aR
= 0. 3

Fig.7.1-9
Transistor bipolari a giunzione 254
nelle quali si tenuto conto che ICS e IES sono dello stesso ordine e che se |VBE| > 4VT il termine
moltiplicativo della IES molto pi grande di 1. Pertanto anche il termine aRICS si pu trascurare,
cosi come, anche nellaltra, si pu non tenere conto di (1-aFaR)ICS. La prima delle due espressioni
la caratteristica d'ingresso cio la solita caratteristica diretta di un diodo che ha una corrente inversa
di saturazione pari a IES. Si pu constatare che in questa espressione la IE indipendente da VCB e la
caratteristica d'ingresso, per |VCB| > 4VT unica, come si pu osservare
nella Fig.7.1-9.
La seconda delle [7.1-26] corrisponde, nel primo quadrante del-
le caratteristiche d'uscita, Fig.7.1-9, ad una famiglia di rette parallele
all'asse delle VCB, parametrizzata da IE. Il circuito di Fig.7.1-10 equi-
valente alle [7.1-26] rappresenta il modello di Ebers-Moll quando il
transistor lavora in regione attiva.
Se anche la giunzione B-E polarizzata inversamente, con |VBE| > 4VT il transistor inter-
detto e le [7.1-25] diventano:
,
I ) 1 ( I ) 1 ( I ) 1 ( I ) 1 ( I ) 1 ( I
I ) 1 ( I I I I I
CS R CS R F CS F R CS R F ES F F C
ES F ES F ES CS R ES E

+ +
+ +
[7.1-27]
e dati i valori degli a e delle correnti inverse di saturazione entrambe le correnti risultano molto de-
boli, comunque inferiori alle correnti inverse di saturazione delle singole giunzioni. Inoltre tutte e
due le correnti sono, in realt, entranti dai corrispondenti terminali. Le caratteristiche relative sono
nel terzo quadrante delle caratteristiche d'ingresso e nel quarto quadrante di quelle d'uscita.
La condizione di saturazione si ha quando entrambe le giunzioni sono ben polarizzate al di
sopra della tensione di soglia con entrambe le correnti di collettore ed emettitore positive. Pertanto
nelle [7.1-25] i termini in cui compaiono gli esponenziali superano largamente l'unit e allora:



T
BC
T
BC
T
BE
V
V
CS R F E F C
V
V
CS R
V
V
ES E
e I ) 1 ( I I
e I e I I
[7.1-28]
Se la tensione VCB si alza troppo possibile che la IE diventi negativa. Ci avverr se <
T
BE
V
V
ESe I
, e I
T
BC
V
V
CS R cio se CS R
V
) V V (
ES I e I
T
BC BE
<

, cio
VBE - VBC = VCE < VT ln(aF) l 0. [7.1-29]
Si fatto uso della relazione di reciprocit. Allora per VCB che varia da 0 fino a -VBE la cor-
rente IE diminuisce dal valore che ha per |VCB| > 4VT fino ad annullarsi. Le curve relative in
queste condizioni sono nel secondo quadrante delle caratteristiche duscita. Addirittura la IE pu in-
vertirsi se la giunzione B-C polarizzata pi fortemente della B-E. La caratteristica d'ingresso in
Fig.7.1-9 mostrata per VCB 0.1+10 V e poi quella per VCB = 0 che pi bassa della precedente.
Inoltre rappresentata soltanto la parte positiva della caratteristica dingresso con VCB = -0.67.
Questa va a zero per VBE = 0.67 ed andrebbe a valori negativi per VBE ancora pi piccola.
Un discorso analogo pu essere fatto per la IC rappresentata nelle caratteristiche d'uscita.
Che essa possa diventare negativa lo si capisce dal fatto che qualora la giunzione B-C fosse pola-
rizzata direttamente di pi rispetto a quella B-E, la corrente proveniente dalla base uscirebbe pi dal
collettore che dall'emettitore rendendo la IC negativa. Ed allora il termine esponenziale che compare
nella seconda delle [7.1-28] raggiungerebbe perfino superando aFIE e cos la IC si invertirebbe. Ci
avviene se , e I ) 1 ( e I e I
T
BC
T
BC
T
BE
V
V
CS R F
V
V
CS R
V
V
ES F <

,
_

cio , e I e I
T
BC
T
BE
V
V
CS
V
V
ES F < da cui
1 e
T
BC BE
V
) V V (
R <

. Quindi la corrente di collettore si inverte per
VBE - VBC = VCE < -VT ln(aR). [7.1-30]
che a temperatura ambiente non supera il valore di 60 mV per i transistors con aR pi piccolo.
IE
IC
IB
IF a
FIF
B
C
E

Fig.7.1-10
Transistor bipolari a giunzione 255
In saturazione, se VBC aumenta, da una parte diminuisce IE, dall'altra aumenta il secondo
termine della IC nella [7.1-28] e quindi la IC comincia ed essere inferiore al valore assunto nella re-
gione attiva. Ci si nota nella caratteristica d'uscita in cui la IC diminuisce con VCB quando questa
tensione si avvicina a VBE (vedi il secondo quadrante delle caratteristiche d'uscita della Fig.7.1-9).
Addirittura la IC si inverte se soddisfatta la [7.1-30] ci mostrato nella figura nel terzo qua-
drante della caratteristica duscita.
7.1.4.2 Le caratteristiche ad emettitore comune.
Se intendiamo pilotare il transistor dalla base e prelevare la corrente dal collettore appli-
chiamo tensioni fra base ed emettitore e fra collettore ed emettitore. Allora si parla di configurazio-
ne ad emettitore comune (EC) e possiamo scrivere delle espressioni analoghe alle [7.1-22]; cio:

) V , I ( I I
) V , V ( I I
CE B C C
CE BE B B
. [7.1-31]
che sono rappresentate in Fig.7.1-11. Al solito a sinistra c' la caratteristica d'ingresso ed a destra
quella d'uscita.
Per trovare le espressioni esplicite corrispondenti alle [7.1-31] ricordiamo che con la [7.1-
13] abbiamo definito come .
1
hFE F

opportuno a questo punto distinguere. E cio



F
F
FE F
1
h

e .
1
h
R
R
RE R

[7.1-32]
Da cui
F
F
FB F
1
h
+

e .
1
h
R
R
RB R
+

[7.1-33]
Sostituendo nelle [7.1-18]:
.
1
I
1
I

1
I
I
1
1
I
1
I I
1
I
1
I
1
I
1
I
I
1
I
1
1
I
1
I I
R
R
R
R
R
F
F
F R
R
R
F
F
F
R F
F
F
C
R
R
R
F
F
F
F
F
R
R
R
F
F
F
R
R
R
F E

+

+

+

+
+

+

+
+
+

+
+



Se si pone
F
F
BE
1
I
I
+
e
R
R
BC
1
I
I
+
[7.1-33]

le precedenti espressioni si riscrivono come:
IE = IBE + bFIBE - bRIBC;
I
C
(mA)
VCE(V) V
BE
(V)
V
CE
= 0. 1 V
V
CE
= 0
V
CE
> 0.1V
Caratteristica dingresso
Caratteristica duscita
I
B
(
m m
A)
Emettitore Comune
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6
0
10
20
30
40
50
-1 0 1 2 3 4 5
-1
0
1
2
3
4
5
6
IB = 40 mA
IB = 30 mA
IB = 20 mA
IB = 10
m
A
IB = 0 mA
IB = 50 mA
I
S
= 10 fA
a a F
= 0. 99
a a
R
= 0. 3

Fig.7.1-11
Transistor bipolari a giunzione 256
IC = bFIBE - bRIBC - IBC.
Nelle quale conviene introdurre la quantit
IM = bFIBE - bRIBC, [7.1-34]
ed ottenere, in definitiva: .
I I I I I
I I I
I I I
BC BE C E B
BC M C
M BE E

+

+
[7.1-35]
E per le [7.1-19] e [7.1-33]
.
) 1 e ( I ) 1 e (
1
I
1
I
I
) 1 e ( I ) 1 e (
1
I
1
I
I
T
BC
T
BC
T
BE
T
BE
V
V
BCS
V
V
R
CS
R
R
BC
V
V
BES
V
V
F
ES
F
F
BE

[7.1-36]
IBES e IBCS sono le correnti inverse dei due diodi del modello ad emet-
titore comune presentato in Fig.7.1-12a. La Fig.7.12-1b solo rigira-
ta, per comodit perch c labitudine di mostrare i circuiti con gli
ingressi a sinistra e le uscite a destra.
La caratteristica dingresso EC si spiega in modo abbastanza
semplice anche ricollegandosi a quanto detto per il BC. Perch il
transistor sia in regione attiva serve che la VBE superi la soglia della
giunzione B-E e che laltra giunzione non sia polarizzata direttamen-
te e quindi VCE sia anche soltanto leggermente positiva. Se poi VCE
fortemente positiva la IB non ne praticamente influenzata e va come
la corrente in un diodo. Nella [7.1-36] abbiamo ricavato che la cor-
rente di base la somma delle IBE e IBC. Questa ultima componente
diventa trascurabile, quando VBE supera la soglia se |VBC| > 4VT, ma
con polarizzazione inversa. Dunque, basta che VBC sia almeno 100 mV e quindi VCE 100 mV pi
alta di VBE che la componente IBC trascurabile e la corrente sia quella del diodo B-E. Quando, in-
vece questa condizione non pi verificata il transistor va in saturazione e laltra componente della
corrente di base prende consistenza. Allora la corrente di base pi alta, a parit di VBE, di quando
il transistor in regione attiva. In figura si vede una prima caratteristica per VCE = 0, il che vuol dire
che le due giunzioni sono polarizzate allo stesso modo e la corrente di base, pur avendo un anda-
mento esponenziale, pi alta di quella che si ha in regione attiva. Basta poi che la VCE superi qual-
che centinaia di millivolt che essa diventi indipendente da VCE.
Le caratteristiche duscita mostrano come la corrente di collettore, purch VCE superi il valo-
re di cui abbiamo parlato sia costante e proporzionale a IB secondo bF. Il primo tratto di caratteristi-
ca, per valori di VCE piccoli, quello in cui linfluenza della giunzione B-C polarizzata direttamente
si fa sentire portando il transistor in saturazione. Allora la corrente IM risente delleffetto negativo di
IBC. Pi bassa la VCE, pi importante questo effetto. Addirittura, per VCE negativa, questa com-
ponente della corrente di collettore supera laltra e la corrente di collettore diventa negativa, come si
pu osservare dalla coda delle caratteristiche nel terzo quadrante delle caratteristiche duscita.
Un modello molto semplificato si pu ricavare per la regione attiva. Ricordiamo che ci si-
gnifica giunzione B-E ben polarizzata al disopra della soglia e laltra decisamente allinterdizione.
Allora si pu trascurare leffetto del diodo B-C ed eliminarlo dal circuito equivalente. Inoltre, in
queste stesse condizioni il generatore IM diventa semplicemente bFIB ed il modello semplificato di
Ebers-Moll, valido soltanto in regione attiva quello di Fig.7.1-12c. Allora si pu sintetizzare
, e I e
1
I
e I I I I
T BE T BE T BE V / V
ES F
V / V
F
ES
F
V / V
BES F BE F B F C
+

e per la [7.1-20] IC = IS e
V
BE
/V
T
. [7.1-37]

IE
IC
IB
IBE IBC
B
C E
IM
(a)
IE
IC
IB
IBE
IBC
B
C
E
IM
(b)
IC
IBE = IB
B
C
E
bFIB
(c)

Fig.7.1-12
Transistor bipolari a giunzione 257
Per la regione attiva, tuttavia, si pu fare un calcolo pi preciso. Infatti, inserendo la [7.1-34]
nella seconda delle [7.1-35], IC = IM - IBC = bFIBE (bR + 1)IBC = bFIBE + bFIBC (bF +bR + 1)IBC =
bFIB (bF + bR + 1)IBC. A questo punto, se siamo in regione attiva, la giunzione B-C ben polariz-
zata allinterdizione e nella seconda delle [7.1-36] si pu trascurare il termine esponenziale e quindi
IBC = -IBCS = -ICS/(bR + 1). Sostituendo nella precedente, dopo alcuni semplici passaggi si arriva a
, I ) 1 )( 1 ( I ) 1 (
1
I
I I CS R F F B F F R
R
CS
B F C + + + +
+
+
cio 0 CB F B F C I ) 1 ( I I + + [7.1-38]
con . I ) 1 ( I CS R F 0 CB [7.1-39]
Ricordiamo che IS = aFIES IES che la corrente inversa di saturazione della giunzione base-
emettitore che si pu ritenere quella di un diodo a base corta fortemente asimmetrico. Allora che IS
si pu ricavare dalla [6.1-23] come:
.
N
S
D qn
' l N
S
D qn J S I
B
B
B
2
i
B B
B
B
2
i s B s
q
[7.1-40]
SB, DB, NB, lB e NBq sono la sezione, la costante di diffusione delle cariche minoritarie, la concen-
trazione delle cariche maggioritarie e la concentrazione per area del drogante, il tutto relativo alla
base.
Tutto quanto detto finora per i transistors n-p-n vale per
i transistors p-n-p. C' da osservare che, ovviamente, le correnti
e le tensioni vanno tutte cambiate di segno, e, inoltre, bisogna
invertire fra loro le parole lacune ed elettroni. Le Figg.7.1-13a e
7.1-13b mostrano, rispettivamente, i simboli elettrici dei Transi-
stors Bipolari a Giunzione (BJT) di tipo n-p-n e p-n-p. La diffe-
renza fra i due simboli sta nel senso della freccia dellemettitore.
Questa indica il senso convenzionale della corrente nel termina-
le.
7.1.5 Il Modello di Gummel-Pohn
Il modello di Ebers-Moll eccessivamente semplicistico. Per avere un modello pi accurato
bisogna fare altre considerazioni. Esso deve essere opportunamente integrato per dare piena spiega-
zione del comportamento del transistors. Una cosa da osservare e che i parametri aF e aR non sono
costanti, ma dipendono da varie cose come le tensioni di polarizzazione, le correnti delle giunzioni
e la temperatura, oltre che dai parametri tecnologici propri del transistor e cio concentrazione e di-
stribuzione dei drogaggi e geometrie del dispositivo.
7.1.5.1 L'effetto Early.
Per primo studiamo leffetto che ha la polarizzazione sui parametri aF e bF. Riprendiamo
quanto detto nel 7.1.2 a proposito del coefficiente di trasporto aT. Trascuriamo, per ora il fatto che
aF dipenda anche dallefficienza dellemettitore g. Ricordiamo che aT espressa dalla [7.1-5] e che,
quindi, dipende dal rapporto fra lo spessore effettivo di base lB e la lunghezza di diffusione delle
cariche minoritarie nella medesima base. In realt lo spessore effettivo di base non costante, ma,
per effetto delle polarizzazioni applicate, tende a variare. La polarizzazione diretta B-E tende un po-
co ad aumentarlo, ma la polarizzazione inversa B-C a diminuirlo. Pertanto, fissata la polarizzazione
diretta al disopra della soglia, in realt lo spessore effettivo di base diminuisce con la polarizzazione
inversa della giunzione B-C. Questo fenomeno della modulazione dello spessore di base prende il
nome di effetto Early dallo studioso che per primo ha analizzato questo tipo di comportamento.
Per un transistor ideale con drogaggi a gradino, lo spessore di base diminuisce con la radice
della tensione VBC applicata. Non si pu applicare una tensione che svuoti completamente la base
(a)
IC
IB
IE
VCE
VBE
(b)
IC
IB
IE
VCE
VBE
n-p-n p-n-p

Fig.7.1-13
Transistor bipolari a giunzione 258
perch, come sar visto nel 7.1.7 interviene prima la tensione di rottura. Sia lB la parte di base che
rimane, una volta sottratta la zona svuotata a cavallo della giunzione demettitore. Per quanto detto
nel 6.1.3, usando la [6.1-13] lo spessore effettivo della base lB(CB), per effetto della zona di svuo-
tamento B-C diminuisce secondo la Bibc CB B ) V ( B V V 1 k l ' l CB + . Per semplicit si posto
. k
qN
V 2
N N
N
eqBC
Bibc Si
AB Dc
Dc

+
Ponendo VCB = 0 si ricava lB(0) = lB k e quindi
). V V 1 1 ( k ' l ' l Bibc CB ) 0 ( B ) V ( B CB + + [7.1-41]
Chiamiamo tensione di Early VA linverso della derivata del logaritmo dello spessore effet-
tivo rispetto alla VCB, per VCB = 0:
Per i transistor a giunzione brusca, applicando la definizione alla [7.1-41]
.
' l 2
V k
V V 1 2
V k
' l
1
dV
' dl
' l
1
V
1
) ( B
Bibc
0 V
Bibc CB
Bibc
) V ( B
0 V
) CB
) V ( B
) V ( B A 0
CB
CB
CB
CB
CB

1
1
]
1

+

1
]
1

[7.1-42]
E la tensione di Early VA = -2lB(0)VBibc/k [7.1-43]
che dipende dai drogaggi e dallo spessore della base. Allora la precedente espressione dello spesso-
re effettivo pu essere riscritta in funzione della tensione di Early come
[ ]. V V ) V V 1 1 ( 2 1 ' l ' l A Bibc Bibc CB ) 0 ( B ) V ( B CB + [7.1-44]
Per quanto detto a proposito di aF, dimi-
nuendo lB, con la tensione VCB, essa aumenta.
Lo spessore disponibile per la ricombinazione
delle cariche minoritarie diminuisce. Natural-
mente lincremento di aF produce un aumento
anche di bF.
Nella Fig.7.1-14a mostrato quello che
avviene in un transistor ideale con. NAb = 5

10
18
/cm
3
, NDe = 10
21
/cm
3
, NDc = 10
18
/cm
3
, Lnb =
5mm. Lo spessore della base 500nm, ma per
effetto della diffusione anche senza polarizza-
zioni esso ridotto a circa 480 nm. Utilizzando
la [7.1-5] e trascurando lefficienza dellemetti-
tore, nelle condizioni dellesempio sono stati ri-
cavato aF e bF applicando la [7.1-5]. Questi pa-
rametri sono rappresentati nelle Fig.7.1-14b e
7.1-14c con curva a tratto continuo.
Una approssimazione della [7.1-44] si pu ottenere per piccolo VCB sviluppandola in serie di
potenze ed arrestandoci al primo termine. In tal caso si ha:
. ' l ) V / V 1 ( ' l
0 V
B A CB ) V ( B
CB
CB

[7.1-45]
Nei transistor reali le cose vanno in modo simile. Il valore assoluto lo si usa in perch
lespressione sia valida sia per gli n-p-n che per i p-n-p. Ricordiamo che la [7.1-6] una corretta
approssimazione della [7.1-5] solo se lo spessore effettivo di base piccolo rispetto la lunghezza di
diffusione e ci tanto pi vero man mano che aumenta la VCB. Da ci si deduce che se si sostitui-
sce nella [7.1-6] la precedente si ha una espressione non valida per VCB basse. Una formula appros-
simata abbastanza corretta che tiene anche conto, anche dellefficienza dellemettitore
,
V V ) 1 ( 1 A CB 0 F
0 F
F

[7.1-46]

(a)
l
B

(c)
(b)
a aF
V
CB
(V)
b bF

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
300
400
500
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
0.98
1
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
10
1
10
2
10
3
V
CB
(V)
V
CB
(V)
V
A
(V)

17V
-1
nB B ) /L ' (l cosh
[7.1-5]

Fig.7.1-14
Transistor bipolari a giunzione 259
con .
I
I
0 V
E
C
0 F
CB
[7.1-47]
Se si sostituisce la [7.1-46] nella [7.1-13] si trova
,
V V 1 A CB
0 F
F

[7.1-48]
con .
I
I
0 V
B
C
0 F
CB
[7.1-49]
La [7.1-48] si pu approssimare come
) V V 1 ( A CB 0 F F + [7.1-50]
o anche ] V ) V V ( 1 [ A BE CE 0 F F + che per polarizzazione attiva e VCE grande rispetto alla VBE si
riduce a ). V V 1 ( A CE 0 F F + [7.1-51]
Moltiplicando tutta lespressione per IB si ottiene, per solo per la regione attiva:
, I ) V V 1 ( I I B A CE 0 F B F C + [7.1-52]
Che sul piano delle caratteristiche duscita corrisponde ad un fascio di rette con centro il punto (0,-
VA) e pendenza dIC/dVCE= bF0IB/VA.
Utilizzando la [7.1-46] e la [7.1-50] si ottengono i grafici che nella stessa Fig.7.1-14 sono
tratteggiati. Come si vede mentre lapprossimazione di aF buona soltanto per piccole tensioni, in-
vece quella di bF abbastanza accurata. Nella Fig.7.1-15 sono mostrate come le caratteristiche del
transistor ideale finora considerato si trasformano se si tiene conto di una tensione di Early di 20V.
Riprendiamo la [7.1-52] e utilizziamo il procedimento per ricavare la [7.1-37]: si ha
IC bF0(1 + |VCE /VA|) IB = bF0(1 + |VCE /VA|) IBES e
V
BE
/V
T
,
o anche IS(1 + |VCE /VA|) e
V
BE
/V
T
[7.1-53]
con la Is gi calcolata come
q B
B
B
2
i s B BES 0 F s
N
S
D qn J S I I [7.1-54]
che si pu ritenere, anche se molto approssimativamente, una costante del transistor.
Il valore di bF0 pu essere calcolato dividendo lintercetta sullasse delle IC della retta corri-
spondente ad una certa IB per il valore della IB stessa. Per esempio, nella figura, per IB = 40 mA
lintercetta corrisponde al punto P con IC = 3.6 mA. Quindi bF0(IB=40 mA) = 3.6 mA/40 mA = 90.
P
I
C
(mA)
Caratteristica duscita
Emettitore Comune
IB = 40 mA
IB = 30
m
A
IB = 20
m
A
IB = 10 mA
IB = 50 mA
V
A
-3
V
CE
(V)
IB = 0 mA
0 3 6 9 12 15
-1
- 21 - 18 - 15 - 12 -9 -6
0
1
2
3
4
5
6
7
8

Fig.7.1-15
Transistor bipolari a giunzione 260
7.1.5.2 Le resistenze d'estensione
La corrente di base, per arrivare al terminale relativo, deve attraversare la base per tutta la
sua lunghezza. Nel fare ci incontra una resistenza RBB', detta resistenza di estensione di base, non
trascurabile, soprattutto ad alte correnti IB. Ci dovuto al fatto che:
a) la conducibilit della base, dato il modesto drogaggio, scadente;
b) la sezione di attraversamento piccola (dipende dallo spessore effettivo di base);
c) la lunghezza della base, in proporzione, molto grande.
bene rifarsi ad un esempio concreto come quello di
un transistor integrato planare la cui sezione mostrata nella
Fig.7.1-16. La sezione della base HL, lB lo spessore. La
corrente di base entra dal terminale e si propaga nel senso
indicato in figura. Quindi RBB non localizzata in un punto
preciso ma distribuita lungo la lunghezza della base. Per-
tanto la tensione che agisce sulla giunzione B-E pi alta
nei punti pi vicini al terminale di base e pi bassa in quelli
pi lontano. E dal momento che la densit di corrente in un
punto della base proporzionale esponenzialmente alla ten-
sione sulla giunzione in quel punto, si capisce che quella vi-
cino al terminale pu essere sensibilmente superiore rispetto
ai punti pi lontani. Cos si ha un addensamento della cor-
rente, crowding, nella zona del terminale. Agli effetti pratici conta pi della sezione H L laltezza
H della base. Lo spessore effettivo non pu ritenersi costante lungo tutta la lunghezza della base,
perch lo spessore della zona svuotata B-E, punto per punto, dipende dalla tensione che c, in quel
punto. Un aumento della tensione applicata al terminale B produce un aumento della corrente di ba-
se e quindi una maggiore caduta di potenziale nei punti pi distanti, nei quali lo spessore di base si
assottiglia facendo aumentare la RBB. Si comprende, quindi, che questa resistenza funzione della
IB. In effetti essa dipende anche dalla tensione VCE, perch leffetto Early modula il suo spessore,
ma questo aspetto meno rilevante della dipendenza di RBB dalla IB. Ai fini pratici un modello del
transistor immagina che la base effettiva sia localizzata in un punto B e la sua tensione sia quella
che realmente agisce sulla giunzione.
Un calcolo di RBB del transistor di figura riportato da De Castro
[DE]
. Posto
), V V 1 (
H l
L
qN 2
1
H l
L
qN 2
1
R A CE
) 0 ( ' B nB AB ' B nB AB
B +


e ), I ( X
V
R
) V , I ( X B
T
B
CE B
De Castro ricava .
2 X Xtg
X sen
X
ln
2
R
R
B
) I , V ( ' BB B CE [7.1-55]
X una funzione che dipende dalla forma geometrica dai drogaggi, dalla tensione sullaltra giun-
zione C-E, ma soprattutto dalla corrente di base. Si fatto uso della [7.1-45]. NAB e mnB sono dro-
gaggio e mobilit delle cariche minoritarie in base.
La tensione che effettivamente agisce sulla giunzione minore di quelle applicate in base a
causa della caduta RBB'IB che si fa notare soprattutto ad alte correnti. Il terminale di base verr , nel
modello, sempre indicato con il simbolo B, mentre la base effettiva dove si immagina ci sia la giun-
zione con B.
Anche per le zone neutre di collettore e di emettitore debbono essere considerate, soprattutto
in regime di alte correnti, le resistenze di tali zone che sono praticamente indipendenti dalle tensioni
applicate e che prendono il nome di RCC e REE.
Substrato n
+
Collettore
I
B IE
IC
Base p+
Emettitore n++
H
lB
L
Collettore n-

Fig.7.1-16
Transistor bipolari a giunzione 261
7.1.5.3 La dipendenza di b bF da IC.
Quando, nel 6.1.5.4 si discusso delle caratteristiche
dei diodi reali si constatato che non era pi sufficiente
lequazione di Shockley per descriverne il comportamento. Si
visto che le caratteristiche sono caratterizzate da ben quattro
zone. Per esempio, nei diodi al silicio a basse correnti, quando
prevale leffetto di ricombinazione nella zona di svuotamento,
la corrente sale come e
V
AK
/2V
T
. Segue la zona in cui prevale la
diffusione nelle zone neutre e la corrente varia come e
V
AK
/V
T
.
Nella zona ad alta iniezione riprende ad andare come e
V
AK
/2V
T
.
Infine ad altissime correnti essa dominata dalleffetto delle
resistenze destensione. Tutto ci era stato sintetizzato dicen-
do che la corrente in un diodo va come e
V
AK
/hV
T
dove h il co-
efficiente demissione variabile da 1 a 2 a secondo della zona.
Poich la giunzione B-E si comporta da diodo,
landamento della corrente demettitore in un transistor dis-
simile a quella anodica riportata nella Fig.6.1-13. Apparente-
mente anche corrente di base e di collettore dovrebbero avere
una andamento simile. Le cose vanno in un modo diverso.
Lefficienza dellemettitore peggiora per effetto di corrente di
ricombinazione nella zona svuotata. A basse correnti in cui
c effetto di ricombinazione nella zona di svuotamento c
anche effetto di diffusione. La componente della corrente di
diffusione quella che viene moltiplicata per aT. Laltra com-
ponente, quella di ricombinazione fluisce solo fra base ed emettitore e non partecipa alla corrente
del collettore abbassando lefficienza g dellemettitore. Dunque, la IC che dipende soltanto dalla
componente di diffusione , anche a basse correnti, proporzione a e
V
BE
/V
T
, mentre la IB proporzio-
nali a e
V
BE
/N
E
V
T
(h = NE un po meno di 2) perch c anche leffetto della ricombinazione. In so-
stanza, la parte di corrente che non prende parte alla diffusione in base e quindi partecipa alla IB,
abbassa g e quindi aF e, infine anche bF. A medie correnti questo effetto sparisce e lefficienza
dellemettitore risale e la IB diventa proporzionale a e
V
BE
/V
T
. Questo discorso cambia per la zona di
alte iniezioni
[WE]
. Infatti, leffetto dellalta iniezione quello di aumentare le concentrazioni dei
portatori sia maggioritari che minoritarie nelle zone iniettate. Quindi aumenta la corrente di diffu-
sione in queste zone. Allora per quanto detto prima lefficienza dellemettitore non cambia e quindi
la IB resta ancora proporzionale e
V
BE
/V
T
mentre dovendo essere la IE proporzionale a e
V
AK
/N
F
V
T
(h = NF
circa 2)lo anche la IC. Ovviamente, nella zona delle pi alte correnti prevale leffetto delle resi-
stenze destensione e le caratteristiche pendono ancor di pi. Nella Fig.7.1.16 sono mostrate le due
correnti IB e IC in un n-p-n al silicio. Tralasciamo la zona per |VBE| < 200 mV nella quale il transi-
stor lavora, come vedremo pi avanti, sotto soglia.
Per concludere: nella due zone in cui pre-
sente la corrente di ricombinazione o leffetto di alta
iniezione non tutta la IB prende parte al processo di
amplificazione. Ci pu essere ben modellato da un
secondo diodo fra B-E eguale al primo, ma la cui
corrente non venga amplificata. Tenendo presente
quanto detto finora, un nuovo modello, pi accurato
di quello di Ebers-Moll, possibile. La Fig.7.1-18
mostra tale modello. Si notino le tre resistenze RBB, RCC e REE e la presenza, in parallelo al diodo
ove scorre la corrente IBE, di un altro diodo in cui scorre la corrente IBE. Il generatore bFIBE.

VBE(V)
-2
0.2 0.4 0.6 0.8 1
10
-12
10
-11
10
-10
10
-9
10
-8
10
-7
10
-6
10
-5
10
-4
10
-3
10
RBB
e
V
BE
/N
E
V
T

e
V
BE
/N
F
V
T

e
V
BE
/V
T

IC (A)
IB (A)

Fig.7.1-17
(a)
RBB
I
B
E
b
FIBE
B C
E
IB
B
I
B
E

REE
RCC
IE
IC

Fig.7.1-18
Transistor bipolari a giunzione 262
Un modello valido per qualunque polarizza-
zione si pu ottenere estendendo il discorso. Esso
rappresentato nella figura accanto e prende il nome di
modello di Gummel-Pohn dai suoi presentatori.
Se si esegue punto per punto il rapporto fra IC
e IB dalla Fig.7.1-17 si ottiene bF
[MA]
. Nella Fig.7.1-
20 mostrato il comportamento di bF o hFE al variare
della corrente di collettore. Nella zona dominata dalla
corrente di ricombinazione non lineare:

E E
T
BE
T E
BE
T
BE
N / 1 1
C
N / 1 1
V
V
V N
V
V
V
B
C
F FE ) I ( ) e (
e
e
I
I
h

.
Facendo il logaritmo di ambo i membri si
ottiene ln hFE = cost + (1-1/NE)ln IC. Nel
piano logaritmico della figura si tratta di
una retta di pendenza 1-1/NE 1/2. Que-
sta , dunque, linclinazione nella prima
parte della figura. Nella zona centrale le
due correnti variano con lo stesso espo-
nente e hFE si mantiene approssimativa-
mente costante. Calcoliamo quello che
avviene nella zona delle alte iniezioni:
( ) . I e
e
e
I
I
h
F
F
T F
BE
T
BE
T F
BE
N 1
C
N 1
V N
V
V
V
V N
V
B
C
F FE


,
_

Questa volta calcolando il logaritmo di ambo i


membri si ha ln hFE = cost + (1-NF)ln IC. Si tratta di una retta con pendenza 1-NF -1 nel piano lo-
garitmico della figura. Questa , dunque,
linclinazione nella ultima parte della figura. In
effetti la parte finale pende ancor di pi a causa
delle resistenze destensione.
Tutto ci significa che le caratteristiche
d'uscita non sono equidistanziate ma, a piccole
correnti IB, sono pi strette, per allargarsi au-
mentando IB e per tornare ad infittirsi ad alte
correnti. La Fig.7.1-21 mostra caratteristiche
duscita realistiche. Si fa notare che la caratteri-
stica per IB = 0 non sullasse ma sollevata di
(bF + 1)ICB0 come previsto dalla [7.1-38].
Per concludere il discorso su Gummel-
Pohn basta ricordare che tutte le espressioni pre-
cedentemente trovate in cui entra in gioco il
termine esponenziale vanno corrette aggiungen-
do il coefficiente demissione.
7.1.6 Approfondimenti
A questo punto, tenendo presente le precisazioni precedenti bene approfondire il comporta-
mento del transistor nelle altre sue zone di funzionamento e cio in interdizione ed in saturazione,
dal momento che per la regione attiva il discorso fatto ben dettagliato.
(b)
(a)
RBB
I
B
E
IM
B
C
E
IB
B
I
B
E

REE
RCC
IE
IC
I
B
C
I
B
C


Fig.7.1-19
2
10
-12
10
-10
10
-8
10
-6
10
-4
10
-2
10
-1
10
0
10
1
10
I
c

b bF
Pendenza 1-1/N
E -0.5
Pendenza 1-N
F
-1

Fig.7.1-20

Caratteristica duscita
Emettitore Comune
IB = 40 mA
IB = 30 mA
IB = 20 mA
IB = 10 mA
IB = 0 mA
IB = 50 mA
I
C
(mA)
0
1
2
3
4
5
6
7
V
CE
(V)
3 6 9 12 15

Fig.7.1-21
Transistor bipolari a giunzione 263
7.1.6.1 Interdizione.
Definiamo meglio un transistor interdetto quando la sua giunzione B-C risulta ben polarizza-
ta inversamente e non scorre corrente d'emettitore. Per i calcoli faremo riferimento alle [7.1-25] re-
lative alla configurazione a base comune e che per comodit vengono qui riportate con laggiunta
del coefficiente demissione:




) 1 e ( I ) 1 ( I I
) 1 e ( I ) 1 e ( I I
T
BC
T
BC
T
BE
V
V
CS R F E F C
V
V
CS R
V
V
ES E
, [7.1-56]
Queste, se la polarizzazione inversa della giunzione B-C tale che |VBC| > 4VT diventano:
CS R
V
V
ES E I ) 1 e ( I I
T
BE
+

, [7.1-57]
e CS R F E F C I ) 1 ( I I + , [7.1-58]
Cominciamo a calcolare quale corrente scorre in collettore se apriamo l'emettitore. In tal ca-
so IE = 0 e la [7.1-58] da:
0 CB CS R F C I I ) 1 ( I , [7.1-59]
come stato gi indicato nella [7.1-39].
A questo punto spieghiamo i significato dei tre pedici che si usano per indicare le correnti
inverse. I primi due indicano fra quali terminali scorre la corrente inversa. Il terzo indica la condi-
zione del terminale rimasto. Se il pedice 0 questi aperto, Se S (iniziale della parola inglese
short = corto) vuol dire che esso in corto con il terminale del secondo pedice. Se esso R vuol di-
re che fra il terzo terminale e quello del secondo pedice c una resistore di valore R. Pertanto ICB0
la corrente che scorre fra collettore e base quando lemettitore aperto.
Se invece cortocircuitiamo base ed emettitore abbiamo VBE = 0. Ed allora dalla [7.1-57]
CS R E I I che sostituita nella [7.1-58] da
CES CS CS R F CS R F C I I I ) 1 ( I I + , [7.1-60]
che rappresenta la corrente inversa di collettore con base in corto con lemettitore.
Consideriamo, invece, quello che avviene se apriamo la base. In questo caso IE = IC e dalla
[7.1-58] CS R F C F CS R F E F C I ) 1 ( I I ) 1 ( I I + + , da cui
. I
1
1
I I CS
F
R F
0 CE C


[7.1-61]
Il simbolo ICE0 indica la corrente inversa che scorre fra i due terminali di collettore e di emettitore
quanto l'altro, quello di base, aperto.
La corrente che scorre fra collettore ed emettitore quando sulla base c' una resistenza R
prende il nome di ICER. Se R = 0 diventa ICES, mentre se R si ha la ICE0. Pertanto evidentemen-
te:
ICB0 < ICES < ICER < ICE0, [7.1-62]
Confrontando le espressioni relative si trova che
( ) . I
1
1
I I I I 1 I CS
F
R F
0 CE CES CS CS R F 0 CB


< < [7.1-63]
Calcoliamo la tensione VBE sulla giunzione quando scorre la corrente ICE0. Dalla [7.1-61]
CS
F
R F
0 CE E C I
1
1
I I I


, che sostituita nella [7.1-57]: CS R
V
V
ES CS
F
R F
E I ) 1 e ( I I
1
1
I
T
BE
+


,
e tenuto conto della condizione di reciprocit: CS R
V
V
F
CS R
CS
F
R F
I ) 1 e (
I
I
1
1
T
BE
+




. Dopo una
serie di passaggi si arriva a :
Transistor bipolari a giunzione 264
.
1
1
1 ln V V
F
R
R
F
T BE
,
_

+ [7.1-64]
Per correnti molto deboli come quelle di cui stiamo parlando la probabilit di ricombinazio-
ne in base molto alta ed i relativi a si abbassano. In particolare gli a del germanio possono dimi-
nuire del 20%, mentre quelli del silicio perfino dell'80%. Se calcoliamo la tensione VBE che si loca-
lizza fra base ed emettitore a base aperta per transistors simili al germanio ed al silicio con aF =
0.99 e aR = 0.5 si trovano valori dell'ordine di 30+60 mV. Rifacendoci a quanto detto per i diodi, i
valori tipici per la tensione di soglia sono di 100 mV per il germanio e 500 mV per il silicio. In ge-
nere la regione attiva copre circa 100 mV per il germanio e 200 mV per il silicio.
7.1.6.2 Saturazione.
Prendiamo in esame il comportamento in saturazione che descritto dalle [7.1-28] che rico-
piamo dopo avere aggiunto il coefficiente demissione.




T
BC
T
BC
T
BE
V
V
CS R F E F C
V
V
CS R
V
V
ES E
e I ) 1 ( I I
e I e I I
[7.1-65]
Se sostituiamo nella seconda espressione la prima otteniamo:
. e I ) 1 ( e I e I e I ) 1 ( e I e I I
T
BC
T
BC
T
BE
T
BC
T
BC
T
BE
V
V
CS R F
V
V
CS R F
V
V
ES F
V
V
CS R F
V
V
CS R
V
V
ES F C

,
_




Cio . I e e e I e I I CS
V
V
V
V
R
V
V
CS
V
V
ES F C
T
BC
T
BE
T
BC
T
BE

,
_



[7.1-66]
Man mano che aumenta la tensione
della polarizzazione diretta VBC
aumenta il secondo termine e la
corrente IC scende rispetto al valore
della regione attiva. Le caratteristiche
finora proposte non mostrano bene il
dettaglio della saturazione. Le curve si
confondono. La Fig.7.1-22, invece,
riporta questa zona delle caratteristiche
d'uscita con espansa la scala della
tensione C-E in modo da evidenziare
quanto detto.
Possiamo fissare arbitrariamen-
te che il transistor comincia ad essere
in saturazione se la corrente il 95% del valore nella regione attiva per la corrispondente IB. Cio il
secondo termine della [7.1-66] deve essere al massimo il 5% del primo. Allora
T
BC
T
BE

V
V
V
V
R e e 05 . 0

dalla quale si ricava, nella zona con h =1:
VCE = VCESat = -VT ln (0.05aR), [7.1-67]
che assumendo un aR di 0.4 per il Ge e .1 per Si si ha, a temperatura ambiente, VCESat(Ge) = 100
mV e VCESat(Si) = 140 mV. Il valore calcolato ben d'accordo con i valori tipici dei transistors, se si
tiene conto dellapprossimazione su h, per il Si. I tal caso il valore tipico e di 200 mV.
7.1.7 Limiti di tensioni
Quando si parlato dei diodi si visto che non si possono applicare tensioni inverse grandi a
piacere, altrimenti il dispositivo va in rottura. Anche per le giunzioni del BJT qualcosa di simile si
ha, anche se, per effetto delle propriet amplificatrici del transistor le cose si complicano un po.

Caratteristica duscita
Emetti tore
Comune
IC (mA)
V
CE
( V)

-0.1 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5
- 2
- 1
0
1
2
3
4
5
I
B
= 40
m
A
I
B
= 30
m
A
I
B
= 20 mA
I
B
= 10
m
A
I
B
= 0
m
A
I
B
= 50
m
A

Fig.7.1-22
Transistor bipolari a giunzione 265
7.1.7.1 La tensione di rottura a base comune.
Cominciamo ad esaminare quello che avviene della ICB0 al variare della VCB. Poich
lemettitore aperto la giunzione B-C si comporta come un qualunque diodo polarizzato inversa-
mente. Se la tensione sale troppo si va in rottura. Sia BVCB0 la tensione che produce tale rottura.
Ricordiamo quanto detto nel 6.1.9 a proposito del coefficiente di moltiplicazione. Vale anche per
la BVCB0 una espressione del tipo [6.1-43]che riscriviamo adattata ai transistor come
.
) BV V ( 1
1
M
c
0 CB CB
[7.1-68]
Se lemettitore non aperto
scorre una corrente IE e quindi una IC
= aFIE. Nelle vicinanze della tensione
di rottura BVCB0 questa corrente viene
moltiplicata per il coefficiente di mol-
tiplicazione M nella zona di svuota-
mento. Allora come se il transistor
avesse un coefficiente di amplifica-
zione di corrente aF maggiore e cio
aF(VCB) = MaF [7.1-69]
Ci spiega linnalzamento delle carat-
teristiche alle tensioni vicine a quella
di rottura. La Fig.7.1-23 mostra
landamento delle caratteristiche a ba-
se comune che tengono conto anche degli effetti di moltiplicazione nella regione di svuotamento.
7.1.7.2 Le tensioni di rottura ad emettitore comune.
Evidentemente se aF varia con VCB anche il bF cambia anche esso. Possiamo quindi dire
che per tensioni alte
.
M 1
M
' 1
'
'
) V ( F
) V ( F
) V ( F
) V ( F
) V ( F
BC
BC
BC
BC
BC

[7.1-70]
e la corrente IC diventa illimitata se MaF = 1. Cio ,
1
) BV V ( 1
1
M
F
c
0 CB CB

da cui 1 - aF
=1/(1 + bF) = (VCB/BVCB0)
c
e cio VCB = BVCB0(1 + bF)
-1/c
. E poich le rotture avvengono per ten-
sioni alte VCB = BVCB0(1 + bF)
-1/c
= VCE - VBE VCE. E questa tensione quella che produce rottura
se applicata fra collettore ed emettitore. Dunque
BVCE BVCB0(1 + bF)
-1/c
. [7.1-71]
Per correnti molto deboli la probabilit di ricombinazione nella base grande e aF molto
piccolo. Dunque aF cresce con IE soprattutto a basse IE, per arrivare al valore quasi unitario in re-
gione attiva.
Ricordiamo la [7.1-62] ICB0 < ICES < ICER < ICE0. Usando gli stessi pedici abbiamo:
aFCB0 < aFCES < aFCER < aFCE0,
e corrispondentemente bFCB0 < bFCES < bFCER < bFCE0. [7.1-72]
La tensione che produce la rottura a base aperta prende il nome di BVCE0 e corrisponde ad
un aF relativamente alto e quasi eguale a quello della regione attiva ed allora, per la [7.1-71]:
BVCE0 = BVCB0(1 + bFCE0)
-1/c
BVCB0(1 + bF)
-1/c
.

[7.1-73]
Per transistors con bF = 100, BVCB = (10+65)% BVCB0.
La Fig.7.1-24 mostra, per l'appunto, che le tensioni di rottura sono nell'ordine descritto dalla

Base Comune
IE = 5 mA
m
IC(mA)
VCB(V)
BVCB0
15

0

5

10

0

1

2

3

4

5

IE = 1 mA
I
E
= 2 mA
mA
IE= 4 mA
IE = 3 mA
Caratteristica duscita

Fig.7.1-23
Transistor bipolari a giunzione 266
[7.1-72]. Tuttavia si nota anche che, una volta che si determinata la rottura, tranne che per BVCB0
la tensione VCE tende ad una tensione pari a BVCE0 detta anche tensione di sostenimento. Infatti,
una volta che si supera la relativa tensione di rottura, la corrente IE tende ad aumentare e anche aF e
quindi bF ed il fenomeno di rottura si regge con tensioni via via decrescenti fino a BVCE0 che corri-
sponde ad aF quasi unitario. L'asse delle correnti di Fig.7.1-24 stato espanso per esigenze grafi-
che. In effetti, praticamente, non appena si supera una delle BVCE la tensione scatta alla tensione di
mantenimento BVCE0 e la caratteristica in questa zona quasi verticale. Se poi, IB > 0, le caratteri-
stiche EC si rassomigliano a quelle del BC di Fig.7.1-23 come mostrato in Fig.7.1-25.
7.1.7.3 Il punch-through
Applichiamo la polarizzazione inversa alla giunzione B-C e determiniamo quando la regio-
ne di base si svuota completamente. Supponiamo, ancora una volta per semplicit, che i drogaggi
siano a gradino. Allora le penetrazione WB e WC nelle due zone svuotate rispettivamente della base
e del collettore sono inversamente proporzionale alle concentrazioni NB e NC dei droganti relativi;
cio WB/WC = NC/NB. Questa si pu scrivere come (WB+WC)/WC = W/WC = (NC + NB)/NC. W la
larghezza complessiva della zona svuotata della giunzione di B-C. Daltra parte, se supponiamo, per
semplicit, di potere trascurare la tensione intrinseca VBibc, rispetto alla tensione VBC applicata si
pu utilizzare la [6.1-13] opportunamente riscritta, per calcolare lo spessore W della zona svuotata.
La semplificazione corretta in presenza di tensione di rottura B-C elevata. Combinando
questultima con lespressione della zona svuotata: .
N
N N
W
N N
N N
V
q
2
W
C
B C
B
B C
B C
BC
Si +

+
Da questa,
dopo alcuni semplici passaggi si trova: .
N
N W
W
2
N qW
V
C
B B
B
Si
B B
BC

,
_

Se la base si svuota completa-


mente lo spessore della zona svuotata WB coincide con lo spessore di base lB. Allora la tensione che
svuota completamente la base
, V
N
N
l
2
N q
N
N l
l
2
N ql
V pt
C
B
B
Si
B
C
B B
B
Si
B B
BC

,
_

,
_

q q
con q N B = lBNB. [7.1-74]
q N B rappresenta la concentrazione delle impurezze nella base per unit darea estesa a tutto il vo-
lume. Questa tensione Vpt rappresenta la tensione da applicare alla giunzione per svuotare comple-
tamente la base. Essa prende il nome di tensione di punch-through.
Se si svuota del tutto la base, le due giunzione B-E e B-C sono connesse da una zona svuo-
tata abbastanza spessa nella quale si ha pu avere un processo di valanga. Se la tensione di punch-
through pi bassa della tensione BVCB0 possibile che la rottura della giunzione avvenga per sua
causa, anzich per la normale rottura. Ricordiamo quanto detto a proposito della tensione di rottura
e del drogaggio. Se i drogaggi sono troppo elevati la rottura si ha per effetto Zener ed bassa ed il
transistor non in grado di sopportare tensioni elevate. Allora necessario che almeno una delle
due zone sia a drogaggio basso. Analizziamo la [7.1-74] tenendo presente questa condizione e che
non vogliamo che la rottura avvenga per effetto del punch-through per non abbassare il limite di uti-
lizzo del transistor. Bisogna fare Vpt alto con lB basso. Dal momento che la base, per avere un buon
Caratteristica duscita
Emettitore Comune
I
C
(mA)
V
CE
(V) BV
CER
BV
CE0
BV
CES
BV
CB0
I
CE0
I
CES
I
CER

Caratteristica duscita
Emettitore Comune
I
C
(mA)
V
CE
(V)
BV
CER
BV
CE0
BV
CES
BV
CB0
I
B
= 0
I
B2
> I
B1
I
B1

Fig.7.1-24 Fig.7.1-25
Transistor bipolari a giunzione 267
bF, deve essere sottile, bisogna fare NB non troppo basso altrimenti Vpt prevale, dato il coefficiente
moltiplicativo N B. Dei due termini entro la parentesi il primo piccolo, per quanto detto, allora si
pu fare alto il secondo e migliorare Vpt facendo il collettore meno drogato della base. Quindi, fa-
cendo base sottile ma pi drogata del collettore e molto meno dellemettitore si ottiene una buona
efficienza dellemettitore, un buon bF, una tensione di rottura BVCB0 elevata che prevale su Vpt. Ba-
se sottile abbastanza drogata limita la resistenza destensione, con ci rendendo il transistor, fra
laltro, buono per le alte frequenze, come vedremo successivamente.
Quindi si realizzano i transistors
con drogaggi decrescenti, dallemettitore
verso il collettore, con fattori > 100 fra le
varie zone. Per esempio NDE 10
21
/cm
3
,
NAB 10
19
/cm
3
e NDC 10
16
/cm
3
. Tutta-
via se il collettore si fa cos poco drogato
esso potrebbe introdurre una resistenza
destensione notevole e peggiorare il com-
portamento del transistor. Si ricorre allora
ad un drogaggio differenziato del colletto-
re. Un primo strato, vicino alla giunzione
poco drogato, il suo spessore quanto basta perch non si svuoti prima della tensione di rottura
BVCB0. Il resto del collettore, che molto pi spesso, perch, circa lintero spessore del dispositi-
vo, molto pi drogato, in modo da minimizzare RCC. Ma di ci parleremo in maggiore dettaglio
nel Cap.9.
In linea con quanto le conclusioni di questo paragrafo quanto anticipato nel 7.1.2 a pro-
posito dei transistor reali. La Fig.7.1-6 stata ricopiata nella Fig.7.1-26 per comodit. La situazione
dei drogaggi quella descritta. Inoltre, rendendo il profilo di drogaggio della base non uniforme, ma
decrescente verso il collettore, come gi detto, si ottiene anche un migliore aT ed un limite di uso in
frequenza pi alto.
7.1.8 Limiti di temperatura, potenza e corrente
Ci occupiamo adesso dei problemi connessi con gli effetti termici dai quali derivano le mas-
sime potenze e le massime correnti che un dispositivo pu sopportare. Il discorso viene fatto per i
transistors bipolari, ma vale per dispositivi di qualunque tipo, sia passivi che attivi.
7.1.8.1 Limiti di temperatura
Vediamo i problemi che si hanno quando i dispositivi non si usano. Nei componenti ci sono
diverse connessioni fra materiale differenti. Sbalzi termici notevoli creano tensioni meccaniche do-
vute a differenti coefficienti di dilatazione termica che possono causare danni al dispositivo. Poich
queste connessioni sono fatte per lo pi con saldature che sono realizzate a temperature opportu-
namente alte i problemi sorgono quando si scende a temperature molto basse. Pertanto i costruttori
forniscono un limite inferiore di immagazzinamento che usualmente va dai -75 C a -50 C.
Per la massima temperatura bisogna tenere conto dei problemi connessi con le temperature
di fusione dei materiali usati per le saldature e le leghe. Ma c' anche un'altra ragione che limita la
temperatura massima che vale per i semiconduttori di ogni tipo. Ad alta temperatura aumenta la dif-
fusione delle sostanze contaminanti che produce un irreversibile peggioramento delle propriet e-
lettriche del dispositivo. Per migliorare questo aspetto le superfici esterne dei semiconduttori ven-
gono rese impermeabili con strati di ossido. Le massime temperature di stoccaggio arrivano fino a
125 C per il Ge e a 300 C per il Si.
Non si pu lavorare a temperature inferiori a quelle minime di stoccaggio. A bassa tempe-
rature alcune caratteristiche, come il bF, peggiorano. Spesso, per restringere la dispersione, viene
(a)
N
x
2
10
19
16
10
.5 5-10
m m m m m m
strato
epitassiale n +
p
10
21
10
17
emettitore
base
collettore
n
+
substraton
+
2 2
m m
Substrato n+
SiO2
Strato epitassiale n
T
B
T
E
Strati
diffusi
contatti
di base
contatto di emettitore
n
+
p
+
W
B
E
W
(b)

Fig.7.1-26
Transistor bipolari a giunzione 268
dato un limite minimo di funzionamento pi alto di quello di stoccaggio.
Le massime temperature di funzionamento sono anche legate al fatto che con la temperatu-
ra aumentano le cariche minoritarie e peggiorano reversibilmente tutte le caratteristiche delle giun-
zioni perch tutte le regioni tendono a diventare intrinseche. Grosso modo i costruttori danno tem-
perature massime di funzionamento per il Si 150200 C e per il Ge 85125 C.
7.1.8.2 Limiti statici alla dissipazione del calore
I limiti per i semiconduttori si riferiscono alle temperature delle giunzioni. In assenza di pas-
saggio di corrente il semiconduttore tutto alla stessa temperatura. La corrente sviluppa calore al-
l'interno del dispositivo con conseguente dissipazione di potenza e la temperatura al suo interno
pi alta dell'esterno. Se il dispositivo riesce a smaltire il calore in modo efficiente pu dissipare una
potenza superiore. La propriet di trasmissione del calore viene espressa dalla resistenza termica R.
Sia Tj la temperatura della giunzione dove si sta sviluppando il calore per effetto della potenza svi-
luppata Ps. A regime termico questa eguale alla potenza Pd dissipata o smaltita verso l'esterno. Sia
Ta la temperatura dell'ambiente in cui posto il semiconduttore. Il salto termico fra giunzione e
ambiente proporzionale a Ps e dipende dalla resistenza termica secondo la
Tj = RPs + Ta. [7.1-75]
R dipende sia dal dispositivo medesimo, sia dal modo in cui il calore viene rimosso dalla superficie
del contenitore. Se chiamiamo Tc la temperatura a cui si porta la superficie esterna del contenitore
potremo scrivere in modo analogo
Tc = RcaPs + Ta. [7.1-76]
nella quale Rca esprime, analogamente, la resistenza termica fra contenitore ed ambiente.
Eseguiamo la differenza fra le due precedenti: Tj = (R - Rca)Ps + Tc = RjcPs; cio:
R = Rjc + Rca = Rja. [7.1-77]
Rjc dipende solo da come il dispositivo riesce a trasmettere il calore dal suo interno alla superficie.
Rca dipende dal modo con il quale si riesce a smaltire il calore dalla superficie. Se si ha a disposi-
zione un radiatore esterno ideale Rca pu essere assunto nullo. Se no, per diminuire Rca, si applica il
dispositivo su un radiatore metallico o, se non basta, si raffredda con circolazione di aria o acqua
forzata.
7.1.8.3 Potenza massima dissipabile
La figura accanto
mostra, come esempio, le
curve di massima dissipa-
zione di potenza per transi-
stor TIP34. Si vede che con
un dissipatore ideale a 25 C
si pu arrivare fino ad 80 W.
La potenza massima decre-
sce di 0.64 W/C. La tempe-
ratura massima di giunzione
150 C. In assenza di qua-
lunque dissipatore la poten-
za massima di solo 3.5 W
e diminuisce di 28 mW/C.
La resistenza termica
linverso dellopposto della
pendenza della delle curva
della figura. In generale landamento di queste curve simile per tutti i dispositivi.
Di s s i pat or e i deal e:
R R
c a = 0 ;
Pe nde nz a 0 . 6 4 W/ C;
R R
j c =
1. 56 C/ W
Pd Ma x ( W)
80
3. 5
0 25 50 75 1 0 0 1 2 5 1 5 0
T ( C)
TI P3 4 PNP a l Si
I n Ar i a l i be r a ( @25 C) :
R R
j a = 3 5 . 7 C/ W;
Pe nde nz a - 2 8 mW/ C

Fig.7.1-27
Transistor bipolari a giunzione 269
7.1.8.4 Un modello termico.
Riguardando le espressioni dalla [7.1-75] alla [7.1-77] ci si
accorge che possibile fare una analogia fra le grandezze relative al-
le suddette espressioni e alcune grandezze elettriche. Con tali analo-
gie si pu costruire un modello elettrico che descrive il comporta-
mento termico. L'analogia fra potenziale, corrente, resistenza e, ri-
spettivamente, temperatura, potenza smaltita e resistenza termica. La
figura accanto mostra tale modello termico.
Dal modello si ricava:
Tj = RjcPs + RcaPs + Ta, [7.1-78]
che per la [7.1-77] si pu sintetizzare come
Tj = RjaPs + Ta. [7.1-79]
Abbiamo visto che per migliorare il raffreddamento
alle volte viene posto un dissipatore. In tal caso al modello
di sopra bisogna aggiungere la resistenza termica del dissi-
patore. Chiaramente la relativa resistenza termica Rda nel
modello va in parallelo alla Rca perch il dispositivo ha ora
due vie per smaltire calore verso l'ambiente e cio o diret-
tamente dal contenitore o tramite il dissipatore. Spesso
necessario isolare elettricamente il dissipatore dal conteni-
tore e ci introduce una resistenza termica addizionale che
quella fra contenitore e dissipatore e si indica con Rcd. Il
modello completo mostrato nella figura accanto.
7.1.8.5 Limiti dinamici alla dissipazione del calore
Finora ci si limitati a discutere dei problemi termici a regime in presenza di potenze dissi-
pate costanti. Ma cosa si pu fare nel caso in cui la potenza dissipata varia nel tempo. chiaro che
si pu superare il limite massimo di potenza se questo non avviene continuamente. In questo caso ci
si trova davanti a problemi di dissipazione dinamica e non detto che Pd eguale a Ps.
Il modello di Fig.7.1-29
pu essere completato come nella
figura accanto aggiungendo le
capacit termiche (in Joule/C)
che esprimono le propriet di
immagazzinamento del calore.
Nella figura sono evidenziate le
capacit termiche del materiale
interposto fra giunzione e conte-
nitore e le capacit termiche del
contenitore e del dissipatore e
dell'isolatore. Nell'analogia, a capacit e carica corrispondono, rispettivamente, capacit termica e
energia termica.
In effetti, approfondendo il problema, ci si accorge che il modello termico proposto ina-
deguato. Infatti non accurato rappresentare le resistenze termiche e le capacit termiche come
concentrate. Piuttosto pi corretto considerarle come distribuite. In Fig.7.1-31 rappresentato il
modello a costanti distribuite fra giunzione e contenitore.
Ps
Tj
Tc
Ta
R
jc
R
ca

Fig.7.1-28
Ps
Tj
Tc
Ta
R
jc
R
ca
Td
R
da
R
cd

Fig.7.1-29

Pd
Tj
Tc
Ta
Rjc
Rca
Td
Rda
Rcd
Ccd Cjc
Cca Cda

Fig.7.1-30
Transistor bipolari a giunzione 270
Applichiamo un gradino di potenza alla giunzione. Rappresentiamo il salto termico giun-
zione-contenitore in funzione del tempo. Se usiamo il modello a costanti distribuite non troviamo
il classico esponenziale che tende a PsRjc +
Ta con costante di tempo t jc = CjcRjc mo-
strato nella curva (a) della Fig.7.1-32,
ma, piuttosto, quello relativo alla curva
(b) della stessa figura, in cui la parte
iniziale fa vedere una pi rapida variazio-
ne della temperatura della giunzione. Il
tempo di salita per questo e circa del 10%
pi piccolo. La realt descritta molto
meglio dal modello a costanti distribuite.
7.1.8.6 L'impedenza termica
Generalizziamo il concetto di resistenza termica introducendo una nuova grandezza. Si de-
finisce impedenza termica Z mn(t) fra i due punti M e N il rapporto fra il salto termico fra i due punti
in questione all'istante t e la potenza continua Ps sviluppata a gradino che produce tale salto termico.
Per esempio fra giunzione e contenitore ,
P
) t ( T ) t ( T
) t (
s
c j
ic

Z [7.1-80]
mentre fra contenitore ed ambiente ,
P
) t ( T ) t ( T
) t (
s
a c
ca

Z [7.1-81]
Se potessimo adoperare il modello a costanti concentrate avremmo
), e 1 ( ) t (
jc / t
ic jc

R Z [7.1-82]
e ). e 1 ( ) t (
ca / t
ca ca

R Z [7.1-83]
Ovviamente le ultime due espressioni hanno l'andamento della curva (b) di Fig.7.1-32
Bisogna tenere conto che se si eseguito un buon contatto termico con l'isolatore elettrico
allora Rcd Rda. Inoltre, anche Ccd Cda oppure Ccd Cca. Pertanto se riguardiamo la Fig.7.1-30, la
parte relativa al modello fra contenitore ed ambiente pu ragionevolmente essere approssimato da
un gruppo Rca' - Cca' in cui: Rca' = Rca||(Rcd + Rda) e Cca' Cca + Cda, cui corrisponde una costante di
tempo t ca' = Cca'Rca'. In tal caso la [7.1-836] ha significato e pu essere riscritta come
). e 1 ( ' ) t ( '
' / t
ca ca
ca
R Z [7.1-84]
I costruttori forniscono la curva Z jc(t) con le quali possibile conoscere il comportamento tempo-
rale delle temperature nei dispositivi
[KO]
.
7.1.9 Effetti capacitivi.
Abbiamo visto 6.1.11.1 il comportamento capacitivo di una giunzione polarizzata. In pola-
rizzazione diretta e con diodo a base lunga e con giunzione asimmetrica vale la [6.1-46]: la carica
accumulata sulla giunzione Qd = t pIA, nella quale t p il tempo di vita delle cariche minoritarie
nella regione meno drogata e IA la corrente nel diodo. Questo discorso pu essere ripreso per discu-
tere delle capacit del transistor. Consideriamo la giunzioni B-E polarizzata direttamente, nella
prendiamo come esempio, al solito, il transistor n-p-n. Ricordiamo che gli effetti capacitivi sono ri-
spetto la base effettiva B e non rispetto il terminale di base B. Data lasimmetricit del drogaggio,
Tc
Ta
Pd
Tj

Fig.7.1-31
T
0.1D 0.1D
T
t t
= 0.89 RC = 0.89 RC
t t = RC = RC
t
(b)
(a)
D D
T
0.9D 0.9D
T

Fig.7.1-32
Transistor bipolari a giunzione 271
su di essa si accumulerebbe una carica data da una espressione simile alla [6.1-46], cio
. I Q E p d Tuttavia, la base del transistor corta e per quanto detto nei 6.1.11.1 lespressione cor-
retta si ha inserendo il tempo di transito t t delle cariche minoritarie in base. In tal modo
. I Q E te de [7.1-85]
valida anche per i diodi a base corta. t t e il tempo che impiegano le cariche minoritarie provenienti,
dall'emettitore ad attraversare la base. Infatti, se nella base penetra una corrente IE = dQ/dt, ed ogni
carica sta in base un tempo t t e, la relativa carica complessiva in base t t eIE. Possiamo anche defini-
re la capacit di diffusione Cde della giunzione B-E come: .
dV
dI
dV
dQ
C
E ' B
E
te
E ' B
de
de Polarizzando be-
ne in zona diretta si pu utilizzare per la corrente una espressione tipo la [6.1-29]. E allora la prece-
dente diventa
.
V
I
dV
dI
dV
dQ
C
T
E te
E ' B
E
te
E ' B
de
de

[7.1-86]
Ovviamente se invece si polarizza direttamente laltra giunzione si ha
.
V
I
dV
dI
dV
dQ
C
T
C tc
C ' B
C
tc
C ' B
dc
dc

[7.1-87]
t t c il tempo che impiegano le cariche minoritarie provenienti dal collettore ad attraversare la base.
I due tempi di transito sono diversi perch non solo l'emettitore ed il collettore sono drogati diffe-
rentemente oltre che asimmetrici, ma soprattutto la base non drogata uniformemente e il campo
interno dovuto al profilo di drogaggio accelera le cariche nella direzione B-E mentre le rallenta
nellaltra. Le capacit sono da riferire alla base effettiva B' anzich alla base metallurgica B.
Se invece una giunzione polarizzata inversamente vale quanto detto nel 6.1.11.2. stato
visto che in tal caso si parla di capacit di transizione e vale una espressione del tipo [6.1-51] che
riscriviamo per le due giunzioni del transistor come:
.
) V / V 1 (
C
C
) V / V 1 (
C
C
c
e
Bibc C ' B
0 tc
tc
Bibe E ' B
0 te
te

[7.1-88]
I simboli sembrano evidenti e non diamo ulteriori spiegazioni.
Se la giunzione ben polarizzata al-
l'interdizione significativa la capacit di tran-
sizione perch quella di diffusione trascura-
bile. Nella regione di saturazione, invece, con-
ta di pi quella di diffusione. Nella regione at-
tiva una delle due capacit quella di diffusio-
ne, mentre laltra quella di transizione. In
generale, opportuno tenere conto di entram-
be ed utilizzare un modello che, a secondo dei
casi utilizzi luna o laltra.
In base a quanto detto si pu aggiorna-
re il modello di Gummel-Pohn aggiungendo fra B' ed E e fra B' ed C le due capacit Cbe e Cbc. La
Fig.7.1-33 mostra questo modello completo integrato con le due capacit di valore
.
) V / V 1 (
C
V
I
C C C
) V / V 1 (
C
V
I
C C C
c
e
Bibc C ' B
0 tc
T
C tc
tc dc c ' b
Bibe E ' B
0 te
T
E te
te de e ' b

+
+

+
+
+

[7.1-89]
(b)
RBB
B
E
IB
REE
IE
(a)
I
B
E
IM
C
B
I
B
E

RCC
IC
I
B
C
I
B
C

CBE
CBC

Fig.7.1-33
Transistor bipolari a giunzione 272
7.1.9.1 Il tempo di transito
Determiniamo ora il tempo di transito. Consideriamo, per semplicit, un transistor con dro-
gaggio a gradino e struttura come quella di Fig.7.1-4. La densit di corrente nella base, essendo
stretta, si deve calcolare secondo quanto determinato nel 6.1.3.2. Per esempio in un n-p-n, essa
fatta di elettroni. La corrente inversa di saturazione si ricava dalla [6.1-23]:
' l N
D
qn J
B AB
n
2
i s . Si sono
utilizzate le notazioni definite per il transistor ed al posto della lunghezza lp dellanodo si inserito
lo spessore effettivo lBdella base. Per un transistor polarizzato in zona attiva valgono relazioni del
tipo [6.1-20] e [6.1-22], da adattare, naturalmente. Pertanto la corrente di elettroni nella base prove-
niente dallemettitore . Se
' l N
D
qn Se J I
T BE T BE V V
B AB
n
2
i
V V
s E La densit di corrente in un semicon-
duttore, in genere, data da due componenti, dovute agli elettroni ed alle lacune. Nel 4.2.6 si
trovata con la [4.2-22] lespressione relativa alla densit di corrente in un metallo J = qn vn, ovvia-
mente di elettroni. Anche se questa espressione era stata determinata per i metalli, essa resta valida
per la componente di elettroni in un semiconduttore. Nel caso del transistor n-p-n di cui stiamo oc-
cupandoci, la corrente nella base che si dirige verso il collettore di elettroni. Combinando i nsieme
le due ultime espressioni si ricava . Se
' l N
D
qn S
dt
dx
n q S v n q I
T BE

V V
B AB
n
2
i n E Da cui
.
e D qn
dx ' l N
n q dt
T BE V V
n
2
i
B AB
Integrando per tutto lo spessore effettivo di base lB si ottiene il tempo im-
piegato da un elettrone per attraversarla, cio il tempo di transito t t e degli elettroni provenienti
dallemettitore. Dunque . dx n
e D n
' l N

' l
0
V V
n
2
i
B AB
te
B
T BE
Se la base stretta landamento della concentrazio-
ne lineare decrescendo da AB
V V 2
i N e n
T AK
, che si ha alla fine della zona di svuotamento della giun-
zione B-E, fino a zero dallaltra parte. Quindi lintegrale al secondo membro larea del triangolo
che ha come base lB ed altezza questa concentrazione AB
V V 2
i N e n
T BE
. Allora
.
D 2
' l
' l
N 2
e n
e D n
' l N
dx n
e D n
' l N

n
2
B
B
AB
V V 2
i
V V
n
2
i
B AB
' l
0
V V
n
2
i
B AB
te
T BE
T BE
B
T BE

[7.1-90]
In conclusione il tempo di transito diminuisce non, come si poteva immaginare, in modo superfi-
ciale, in modo lineare con lo spessore di base ma con il suo quadrato.
Se si sostituisce lB che si pu ricavare da questa espressione nella [7.1-6] ricavata per ap-
prossimazione per aT, e valida solo per transistor di bF elevato, si ottiene molto semplicemente
. 1
D
D 2
2
1
1
L
' l
2
1
1
n
te
n n
n te
2
nB
B
T

,
_

[7.1-91]
Il fattore di trasporto migliora facendo piccolo il tempo di transito rispetto al tempo di vita media
delle cariche minoritarie.
Il tempo di transito stato calcolato in ipotesi realmente semplificative. La maggior parte
dei transistor hanno drogaggi di base non uniformi e di collettore, almeno nella parte pi vicina alla
base, addirittura inferiori a quelli di base. Questo fatto determina, come pi volte detto, un campo
elettrico interno alla base che produce una accelerazione delle cariche minoritarie che si spostano
verso il collettore dalla base e quindi un tempo di transito pi basso. E con questo si migliora anche
aT. Nel caso di transistor planari in cui la giunzione B-E ottenuta per diffusione, il profilo di dro-
gaggio di base decresce esponenzialmente nel senso dallemettitore verso il collettore. Chiamiamo
NBe e NBc le due concentrazioni nella base, rispettivamente a ridosso delle zone svuotate
demettitore e di collettore, e r = ln (NBe/NBc). Leffetto di questo profilo di concentrazione di pro-
durre un campo elettrico costante nella base di valore 2(r+e
-r
-1)/r
2
VT/lB che aumenta con il gra-
diente di concentrazione
[GR3]
. Conseguentemente anche il fattore di trasporto migliora. Si pu tro-
Transistor bipolari a giunzione 273
vare che esso diventa ,
R cosh R senh R 2 r
e
2 r
T
+
in cui .
L
' l
2
r
R
2
nB
B
2

,
_

,
_

Nel caso di drogag-


gio uniforme r nullo e si torna allespressione [7.1-5]. Per il tempo di transito bisogna correggere
la [7.1-90] che vale per drogaggi uniformi e che, per drogaggio esponenziale diventa
.
r
1 e r
D
' l

2
r
n
2
B
te
+

[7.1-92]
Nella figura accanto sono mostrati gli andamenti
di aT, bT (cio il beta che tiene conto solo del tra-
sporto) e t te in funzione di r per differenti valori
dello spessore di base. interessante vedere come
questo profilo di drogaggio, diminuendo il tempo
di transito rende pi difficile la ricombinazione
delle cariche minoritarie e quindi migliora il gua-
dagno di corrente e quindi bT. anche evidente
dalle figure come il rapporto fra spessore e di base
e lunghezza di diffusione incide su aT e b, mentre
non ha alcuna incidenza sul tempo di transito che
dipende solo dal drogaggio di base e dal suo gra-
diente.
Confrontando la [7.1-90] con la [7.1-92] si
vede che questultima si ottiene dalla precedente
moltiplicando per una funzione del gradiente.
Questa funzione, per i transistor ottenuti con dif-
fusione e con base stretta, inferiore allunit. Pertanto un profilo di drogaggio decrescente verso il
collettore migliora il tempo di transito.
Per aT vale ancora una espressione in cui entra il rapporto fra il tempo di transito ed il tempo
di vita come la [7.1-91], ma va corretta per leffetto del campo usando la [7.1-92]:

2
r
2
nB
B
2
r
n n
2
B
n
te
T
r
1 e r
L
' l
1
r
1 e r
2
D 2
' l
1 1
+

,
_



[7.1-93]
Confrontando la [7.1-6] con la [7.1-93] si pu fare lo stesso ragionamento fatto per il tempo di
transito concludere che per i transistors diffusi a base sottile per essi il fattore di trasporto prati-
camente unitario ed aF dipende essenzialmente dallefficienza g dellemettitore.
Polarizzando bene in zona diretta si pu utilizzare per la capacit di diffusione con la [7.1-
86] inserendo il valore del tempo di transito. Allora per la capacit di diffusione pu essere scritta in
funzione dello spessore di base effettiva come:
;
V
I
D 2
' l
dV
dI
dV
dQ
C
T
E
n
2
B
E ' B
E
te
E ' B
de
de

[7.1-94]
o
T
E
2
r
n
2
B
E ' B
E
te
E ' B
de
de
V
I
r
e 1 r
D
' l
dV
dI
dV
dQ
C

, [7.1-95]
Si utilizza la prima nel caso di drogaggio di base uniforme e laltra se il profilo di drogaggio e-
sponenziale.
Se il transistor polarizzato in zona attiva inversa le espressioni precedenti valgono purch
si consideri che questa volta ad agire un gradiente opposto. Pertanto baster sostituire r con r in
tutte le espressioni ed ottenere quelle relative alla polarizzazione attiva inversa. Questa volta la fun-
zione di r che va a moltiplicare superiore ad uno e, sia il tempo di transito, che a peggiorano.

(a)
(c)
(b)
a a
T
b bT

t t te
(ps)
V
CB
(V)
0 1 2 3 4 5 6 7
0.6
0.8
1
0 1 2 3 4 5 6 7
0
20
40
0 1 2 3 4 5 6 7
10
0
10
1
10
2
10
3
r = ln(N
Be
/N
Bc
)
r = ln(N
Be
/N
Bc
)
r = ln(N
Be
/N
Bc
)
l
B
= L
nB

l
B
= L
nB
/5
l
B
= L
nB
/3
l
B
= L
nB
/5
l
B
= L
nB
/3
l
B
=L
nB



Fig.7.1-34
Transistor bipolari a giunzione 274
dallemettitore verso il collettore rende aF sempre pi vicino ad uno e aR sempre pi lontano. Per il
tempo di transito inverso di ha:
.
r
e 1 r
D
' l

2
r
n
2
B
te
+ +
[7.1-96]
7.1.9.2 La dipendenza delle caratteristiche dalla temperatura.
Grande l'influenza che la temperatura esercita sulle caratteristiche di un transistors. Tuttavia
quasi tutti gli effetti possono essere ricondotti al comportamento termico di tre soli parametri e cio
ICB0, VBE e hFE. Calcoliamo l'influenza della temperatura nella regione attiva. Riprendiamo la [7.1-
38]
0 CB F B F C I ) 1 ( I I + + [7.1-38]
A corrente d'ingresso costante (IE o IB) la IC dipende dalla temperatura T tramite la ICB0. Per questo
parametro, che, ricordiamo, la corrente inversa di saturazione del diodo B-C ad emettitore aperto,
pu farsi lo stesso discorso relativo alla corrente inversa di un diodo, fatta nel 6.1.7.1 e pervenire
agli stessi risultati, ossia che esso ha un coefficiente di temperatura di circa 7%/C, cio che la ICB0
raddoppia ogni 10 C di aumento.
Per le caratteristiche d'ingresso ad emettitore comune serve conoscere la variazione di VBE
rispetto la temperatura a IE costante. Con semplici ragionamenti si trova, analogamente a quanto
avviene nei diodi, e che stato esposto nel 6.1.7.2 che, C / mV 2
dT
dV
t cos I
BE
E

per quasi tutti


transistors.
Ha una notevole importanza l'influenza che la temperatura esercita sulle caratteristiche di
uscita tramite l' hFE. Questo parametro cresce con la temperatura. Una espressione empirica appros-
simata valida per tutti i transistor che viene usata nella modellizzazione degli effetti termici
hFE(T1) = hFE(T2)$(T2/T1)
X
Tb
[7.1-97]
con XTb < 1 un coefficiente che varia da transistor a transistor. Normalmente lhFE rispetto al valore
a temperatura ambiente pu scendere di circa il 15% a -50 C e salire del 50% a 175 C. Grosso
modo si calcola che hFE vari di 0.2%/ C.
7.1.10 La dispersione delle caratteristiche.
Due transistor uguali non sono mai identici. La parola uguale significa che hanno sol-
tanto lo stesso nome. Se si ricavano le caratteristiche si trovano curve simili, ma non identiche.
Questo fatto prende il nome di dispersione delle caratteristiche. Il maggiore responsabile di questo
effetto il parametro aF. Infatti, una piccola differenza dello spessore di base e del suo drogaggio,
imputabile ai processi di fabbricazione, produce una qualche variazione di aF. Questa variazione,
sempre contenuta, non ha grande influenza sulle caratteristiche d'uscita a base comune ma ne ha una
notevole su quelle ad emettitore comune come abbiamo gi visto nel 7.1.15 con la [7.1-16]. Una
piccola variazione di aF produce una variazione (bF +1) volte pi grande su hFE. Allora, anche pic-
cole differenze costruttive possono condurre ad un notevole slittamento delle caratteristiche d'uscita
ad emettitore comune verso l'alto o il basso. Pertanto i costruttori danno per hFE tre valori hFEm, hFEt
e hFEM e cio, rispettivamente, il valore minimo, tipico e massimo di hFE per tutti i transistors egua-
li. Per ottenere minore dispersione bisogna usare tecnologie pi raffinate e quindi pi costose.
Questo discorso, valido nei dispositivi discreti, resta comunque valido fra dispositivi integrati nello
stesso chip, anche se per essi leffetto pi contenuto.


Transistor bipolari a giunzione 275
7.2 Regime dinamico in regione attiva
Ci occupiamo ora del comportamento dinamico del transistor.
7.2.1 Retta di carico e punto di lavoro.
Per fare funzionare un transistor e sfruttarne le propriet amplifi-
catrici bisogna opportunamente polarizzarlo. Per il momento trattiamo, in
modo preliminare, i problemi della polarizzazione che verranno affrontati
in modo pi ampio nei capitoli successivi al nono.
In Fig.7.2-1 mostrato un esempio di polarizzazione di un transi-
stor. Con due batterie VBB e VCC, tramite le resistenze RB e RC, si fissano
le condizioni di funzionamento statiche, cio il punto di lavoro. Proce-
diamo in modo analogo a quanto fatto per determinare il punto di lavoro
in un circuito con un diodo. Tuttavia, questa volta, bisogna tenere conto
che il punto di lavoro dipende sia dall'ingresso sia dall'uscita.
Per trovare il punto di lavoro d'ingresso Q(VBE,VCE,IB) si deve fa-
re sistema fra la retta di carico d'ingresso e la caratteristica d'ingresso, ri-
spettivamente:
VBE = VBB RBIB, [7.2-1]
IB = IB(VBE,VCE). [7.2-2]
Sorge, per, immediatamente un problema! Non c ununica caratteristica dingresso, ma
pi di una parametrizzate dalla VCE. Quanto la VCE? Fortunatamente, in zona attiva la caratteristi-
ca dingresso varia di pochissimo con la VCE e si pu fissarla arbitrariamente, almeno provvisoria-
mente, salvo verifica e correzione successiva. In Fig.7.2-2a tracciata la retta di carico dingresso.
Si constata che quanto detto riguardo la VCE vero dalla saturazione alla regione attiva. Pertanto il
punto di lavoro Q(VBE,IB,VCE) in un intorno molto limitato della retta di carico. La IB pu essere
scelta, per ora, in un punto intermedio di questo intervallo.
Ora determiniamo il punto di lavoro P(VCE,IC,IB) d'uscita, intersezione fra la retta di carico
d'uscita e le caratteristiche d'uscita, rispettivamente:
VCE = VCC RCIC, [7.2-3]
e IC = IC(IB,VCE). [7.2-4]
La retta di carico determina un unico punto P dal quale si leggono IC e VCE. Quest'ultimo dato pu
servire per una eventuale leggera correzione del punto di lavoro d'ingresso Q. In questo caso op-
portuno rivedere anche la posizione di P.
B
VBB
IB
+
-
+
-
RB
E
C
RC
VCC
IC

Fig.7.2-1
V
BE
(V)
V
CE
= 0.1 V
V
CE
= 0
V
CE
>0.1V
I
B
(
m m
A)
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6
0
10
20
30
40
50
0.7 0.8 0.9 1
R
B
=16 K
W
V
BB
=0.8 V Q
Q
D
V
BB
= 100mV
D
I
B
= 5
m
A

Carat t eri st i ca d usci t a
Emet t i t ore Comune
IB = 40 mA
I B = 30 mA
IB = 20 mA
I B = 10 mA
IB = 0 mA
IB = 50 mA
I
C
(mA)
0
1
2
3
4
5
6
7
V
CE
( V)
3 6 9 12 15
P
R
C
= 2K
W
P
D
V
CE
= 1. 2V

Fig.7.2-2
Transistor bipolari a giunzione 276
Si capisce ora bene come si possa ottenere una amplificazione di una eventuale variazione
DVBB. Se il punto di lavoro dingresso si sposta da Q a Q', produce una variazione DIB della corren-
te d'ingresso. Di conseguenza quello d'uscita si sposta da P a P'. La tensione sul collettore subisce
una variazione DVCE. Nell'esempio di Fig.7.2-2 una DVBB di 100 mV determina una variazione DIB
5 mA e quindi una DVCE 1.2 V con una amplificazione di 12 volte della variazione d'ingresso.
In effetti la distinzione fatta fra punto di lavoro Q dingresso e P duscita non solo frorma-
le: in effetti il punto di lavoro uno soltanto caratterizzato dalla quadrupla (IB, IC,VCE,VBE). Non
potendo disporre di diagrammi spaziali si fa ricorso ai due diagrammi con i due punti Q e P marcati
sulle due caratteristiche. Ma il punto uno solo caratterizzato dalla quadrupla (IB, IC,VCE,VBE).
7.2.2 Guadagno di corrente
Nel 7.1.1.4, con la [7.1-12] abbiamo definito lamplificazione statica di corrente ad emetti-
tore comune hFE = bF e nei paragrafi successivi abbiamo ricavate molte sue propriet. Un altro pa-
rametro estremamente importante lamplificazione dinamica di corrente ad emettitore comune

P
B
C
f fe
dI
dI
h [7.2-5]
che va calcolata in un opportuno punto di
lavoro P a VCE costante.
Molto spesso, per un vizio gerga-
le, la parola amplificazione sostituita
dalla parola guadagno. Non del tutto
corretto perch questultimo, in genere,
si riferisce ad una misura di rapporti e-
spressa in decibel. Tuttavia si far uso
indifferentemente dei due termini e sar
chiaro dal testo il suo significato. Per quanto riguarda hFE il suo comportamento rispetto a IC, studia-
to nel 7.1.5.3, stato mostrato nella Fig.7.1-18 che riportiamo nella Fig.7.2-3, curva (a).
Esiste una relazione fra le due amplificazioni di corrente che ricaviamo. Differenziamo, a
questo scopo, la [7.1-12]: , dI
I
I
dI d I dI dI C
C
F
F
C
B F F B B F C

+ + cio . dI
I
I
1 dI B F
C
F
F
C
C

,
_

Quindi

C
F
F
C
F
B
C
f fe
I
I
1

dI
dI
h


[7.2-6]
o anche: .
I
I
1
C
F
F
C
f
F

[7.2-7]
Se la pendenza di bF(IC) positiva, bf super bF, altrimenti linverso. In corrispondenza al massimo
i due coefficienti coincidono. La Fig.7.2-3 mette in luce questo aspetto. A sinistra del massimo di
bF, questi cresce con la IC, la pendenza positiva e bf, curva (b), supera bF. A destra del massimo
succede il contrario, ovviamente.
Pi avanti avremo bisogno della seguente espressione ricavabile dalla precedente:
.
I
I
C
F
B f F f


[7.2-8]
7.2.3 Analisi del regime dinamico
Riprendiamo a studiare il comportamento del transistor nella regione attiva. Utilizzeremo i
risultati del modello di Gummel-Pohn. Tuttavia, invece di inserire due diodi nel circuito equivalente

10
-12

10
-10

10
-8

10
-6

10
-4

10
-2

10
-1

10
0

10
1

10
2

I
c

b bF = = h
FE
b bf = = h
fe

(a)
(b)

Fig.7.2-3
Transistor bipolari a giunzione 277
useremo il coefficiente demissione h. Lanalisi pu essere svolta a partire da alcune espressioni gi
ricavate e che riportiamo in ordine, per comodit, e che rinominiamo opportuname nte:
la [7.1-34] IM = bFIBE - bRIBC; [7.2-9]
la prima delle [7.1-35] ; I I I M BE E + [7.2-10]
la seconda delle [7.1-35] ; I I I BC M C [7.2-11]
la terza delle [7.1-35] ; I I I I I BC BE C E B + [7.2-12]
la prima delle [7.1-36] ); 1 e ( I I
T
BE
V
V
BES BE [7.2-13]
che se si tiene conto del coefficiente demissione h viene modificata in
); 1 e ( I I
T
E ' B
V
V
BES BE

[7.2-14]
ed in regione attiva ); 1 e ( I I I
T
E ' B
V
V
BES BE B

[7.2-15]
la seconda delle [7.1-36] ); 1 e ( I I
T
BC
V
V
BCS BC [7.2-16]
la [7.1-37] IC = bFIBES e
V
BE
/hV
T
; [7.2-17]
la [7.1-50] ); V V 1 ( A CB 0 F F + [7.2-18]
o anche ); V V V 1 ( A E ' B CE 0 F F + [7.2-19]
la prima delle [7.1-89] ;
) V / V 1 (
C
V
I
C
e
Bibe E ' B
0 te
T
E te
e ' b

+
+

[7.2-20]
la seconda delle [7.1-89] .
) V / V 1 (
C
V
I
C
c
Bibc C ' B
0 tc
T
C tc
c ' b

+
+

[7.2-21]
Per distinguere B da B bisogna tenere conto della resistenza destensione di base per la qua-
le
VBE = VBE+ RBBIB, [7.2-22]
e per quanto abbiamo visto nel7.1.5.2
RBB = RBB(VCE,IB) [7.2-23]
La dipendenza da VCE , in genere trascurabile rispetto a quella pi importante rispetto la IB. Le al-
tre due resistenze destensione sono sostanzialmente indipendenti dalle polarizzazioni ed il loro va-
lore statico o dinamico non differisce. Pertanto si possono aggiungere direttamente al modello di-
namico senza ulteriori calcoli., Tuttavia, a meno che le correnti siano elevate, esse vengono nor-
malmente trascurate.
A causa della distinzione fra base e base effettiva, le caratteristiche ad emettitore comune
vengono meglio descritte da:
); V , V ( I I C ' B E ' B B B [7.2-24]
). V , V , V ( I I CE ' CB E ' B C C [7.2-25]
Ricavate dalla [7.1-31] e da
). I , V , V ( V V B CE E ' B BE BE [7.2-26]
Questultima la [7.2-22] .
Per ottenere la [7.2-24] si sostituiscono nella [7.2-12] le [7.2-13]e [7.2-16]:
). V ( I ) V ( I I I I C ' B BC E ' B BE BC BE B + + [7.2-27]
Mentre la [7.2-25] si ricava inserendo, con quello che ne consegue la [7.2-9] nella [7.2-11]
, I ) 1 ( I I I I I I I C R F C BC R F BC M C +
e quindi, in questultima le [7.2-14], [7.2-15] e [7.1-21]. Per finire
). V ( I ) 1 ( ) V ( I ) I , V , V ( I ) 1 ( I I C ' B C R E ' B C E ' B CE F C R F C + + [7.2-28]
Abbiamo preparato il necessario per studiare il comportamento dinamico nel punto di lavoro
come mostrato nel 7.2.1. A questo punto eseguiamo qualcosa di simile a quanto stato fatto nel
6.1.8 per determinare la resistenza differenziale del diodo e trovare il legame fra i parametri diffe-
Transistor bipolari a giunzione 278
renziali e le condizioni di funzionamento nel punto di lavoro. Pertanto calcoliamo il differenziale
delle tre espressioni [7.2-24], [7.2-25] e [7.2-26]. Cominciamo da questultima che in modo esplici-
to la [7.2-26] ed utilizziamo anche la [7.2-23]:
, dI R dI
I
R
I dV
V
R
I dV dI R dR I dV ) I R ( d dV dV ' BB B
P
B
' BB
CE
P
CE
' BB
E ' B ' BB ' BB E ' B ' BB E ' B BE +

+ + + +
cio . dI R
I
R
I dV
V
R
I dV dV B ' BB
P
B
' BB
CE
P
CE
' BB
E ' B BE
1
]
1

+
che si pu scrivere come . dI r dV g dV dV ' bb CE re E ' B BE + [7.2-29]
con . R I
I
R
r ' BB B
P
B
' BB
' bb +

[7.2-30]
Il significato del pedice P , ovviamente che la derivata va calcolata nel punto di lavoro sulle carat-
teristiche. rbb prende il nome di resistenza destensione di base differenziale.
Per quanto detto nel 7.1.5.2 la dipendenza di RBB da VCE molto meno importante rispetto
a quella di IB. Ed infatti essa normalmente trascurata. Pertanto invece della [7.1-29] adopereremo
lespressione approssimata
. dI r dV dV ' bb E ' B BE [7.2-31]
Differenziamo ora la [7.2-27] , dV
V
I
dV
V
I
dI C ' B
P
C ' B
BC
E ' B
P
E ' B
BE
B

che pu essere scritta come:


,
r
dV
r
dV
dI
c ' b
C ' B
e ' b
E ' B
B + [7.2-32]
nella quale
P
E ' B
BE
e ' b V
I

r
1

[7.2-33]
e
P
C ' B
BC
c ' b V
I

r
1

[7.2-34]
rbe la resistenza differenziale B-E mentre e rbc la resistenza differenziale B-C.
Differenziamo ora la [7.2-28]. Teniamo conto che nella regione attiva IBE IB:
+

+ + E ' B
P
E ' B
BE
F C ' B C R C E ' B CE F E ' B F C dV
V
I
) V ( dI ) 1 ( ) I , V , V ( d I ) V ( dI dI

+ +
1
]
1


+ ' CB
P
C ' B
BC
R E ' B
P
E ' B
BE
P
BE
B
P
B
C
P
C
F
E ' B
P
E ' B
F
CE
P
CE
F
dV
V
I
) 1 ( dV
V
I
I
I
I
I
I
dV
V
dV
V
I
. dV
V
I
dV
V
I
dV
V
I dV
V
I
I
I
V
I
V
I
' CB
P
C ' B
BC
' CB
P
C ' B
BC
R CE
P
CE
F
E ' B
P
E ' B
BE
P
C
F
f
P
E ' B
F
P
E ' B
BE
F


+
1
]
1


Il termine
P
C
F
f
I
I


dalla [7.2-8] bf - bF. Allora:
( )


+
1
]
1

' CB
P
C ' B
BC
E ' B CE
P
C ' B
BC
R CE
P
CE
F
E ' B
P
E ' B
BE
F f
P
E ' B
F
P
E ' B
BE
F C dV
V
I
) dV dV (
V
I
dV
V
I dV
V
I
V
I
V
I
dI
. dV
V
I
dV
V
I
dV
V
I dV
V
I
V
I
V
I ' CB
P
C ' B
BC
CE
P
C ' B
BC
R CE
P
CE
F
E ' B
P
C ' B
BC
R
P
E ' B
BE
f
P
E ' B
F

+
1
]
1


+
1
]
1



che si pu scrivere come: ,
r
dV
r
dV
dV g dI
c ' b
' CB
ce
CE
E ' B m C + + [7.2-35]
Transistor bipolari a giunzione 279
nella quale
P
C ' B
BC
R
P
E ' B
BE
f
P
E ' B
F
m
V
I
V
I
V
I g


[7.2-36]
e .
V
I
V
I
r
1
P
C ' B
BC
R
P
CE
F
ce


[7.2-37]
rb'c gi stata definita dalla [7.2-34]. Il parametro gm prende il nome di conduttanza mutua diffe-
renziale o trasconduttanza differenziale mentre rce la resistenza differenziale C-E.
7.2.4 I parametri ed il punto di lavoro.
Determiniamo il valore che assumono i parametri differenziali del transistor definiti dalle
[7.2-33], [7.2-34], [7.2-36] e [7.2-37]. Per fare ci terremo conto delle [7.2-14] e [7.2-15]. Trove-
remo la relazione fra i parametri e le condizioni di funzionamento del transistor nel punto di lavoro.
Cominciamo da rbc essa la resistenza differenziale della giunzione B-C polarizzata inver-
samente. Per essa vale quanto detto nel capitolo precedente a proposito della corrente inversa di sa-
turazione e allora essa molto grande, ma non infinita.
La resistenza differenziale collettore-emettitore rce data dalla [7.2-37]. Nella regione attiva
la variazione di VBE pu essere trascurata rispetto a quella di VCE e, usando la [7.2-19], trascurando
la tensione base-emettitore, dalla [7.2-37] si ha
.
r V
I
V
I
V
I
r
1
c ' b
R
A
0 F
P
C ' B
BC
R
P
CE
F
ce


[7.2-38]
Per quanto riguarda gm si usano la [7.2-19], la [7.2-14] trascurando lunit, per essere nella
regione attiva al di sopra della soglia, ed al solito la [7.2-34]. Dunque

ce e ' b
f
c ' b
R
e ' b
f
A
0 F
P
C ' B
BC
R
P
E ' B
BE
f
P
E ' B
F
m
r
1
r r r | V |
I
V
I
V
I
V
I g


[7.2-39]
in cui si fatto uso della precedente espressione di rce.
Se riguardiamo la [7.2-35] si vede che gm pu essere definito come
P
E ' B
C
m
V
I
g

calcolabile
indipendentemente differenziando la [7.2-17]. Cio
,
V
I
V
I
g
T
C
P
E ' B
C
m

[7.2-40]
Per quanto riguarda la rb'e, definita dalla [7.2-33] differenziando la [7.2-15] si ha:

T
B
P
E ' B
BE
e ' b V
I
V
I

r
1

[7.2-41]
In effetti non si tenuto conto della presenza, nel modello pi accurato, del secondo diodo fra base
ed emettitore che modella il comportamento della corrente di ricombinazione e che era stato intro-
dotto per spiegare meglio il comportamento effettivo di IB. Se si considera questo altro diodo si pu
ritenere la rb'e come il parallelo delle due rb'e1 e rb'e2, cio delle due resistenze differenziali dei due
diodi, ma in tal caso la [7.2-41] non pi valida anche se l'ordine di grandezza non cambia. Ve-
dremo fra poco come possibile calcolare rb'e.
Il secondo termine della [7.2-38] , in genere, trascurabile rispetto al primo. Infatti, anche se
la [7.2-41] approssimata, ricaviamo IB e la sostituiamo nella [7.2-38]. Si ottiene
.
r
r
V
V
r r V r
V
r V
I
r
1
c ' b
e ' b
R
0 F
A
T
e ' b
R
c ' b
R
A
0 F
e ' b
T
c ' b
R
A
0 F
ce
1
]
1


Il primo termine nella parentesi per un tipico transistor con bF = 100, bR = 0.5, VA = 100V, a tempe-
ratura ambiente dellordine di 10, il secondo termine , invece, il rapporto fra la resistenza diretta
Transistor bipolari a giunzione 280
ed inversa di due diodi che hanno approssimativamente le stesse dimensioni. Ci si pu, ragionevol-
mente aspettare che questo rapporto sia di molto piccolo. Pertanto, questo secondo termine trascu-
rabile rispetto al primo. Allora, considerare soltanto il primo termine di rce corretto e dunque:
.
I
V
I
V
r
C 0 F
A F
0 F
A
ce

[7.2-42]
Basta che sia la tensione di Early almeno 5V si ricava facilmente che gmrce >>1. Infatti dalle
[7.2-38] e [7.2-40] . 1
V
V
V
V
V
V
I
I
V
I
I
V

r g
1
A
T
A
T
F
0 F
A
T
C
0 F
A
0 F
C
T
ce m
<<



Allora .
r
1
g
ce
m >> [7.2-43]
Con questa approssimazione la [7.2-39] si riduce
.
r
g
e ' b
f
m

[7.2-44]
.
g
r
m
f
e ' b

[7.2-45]
Torniamo al discorso della determinazione di rb'e. Si ricava sperimentalmente bf, gm si calco-
la dalla [7.2-40], rbe si determina dalla [7.2-45]. In tal modo si supera la difficolt di conoscere le
prestazioni del secondo diodo del modello di Gummel-Pohn.
Riepilogando: nel punto di lavoro si determinano sperimentalmente o perch forniti dal
costruttore b bf e b bF. Allora gm si calcola dalla [7.2-40]. Per rbe si usa la [7.2-45] e per la rce la [7.2-
42], valide nella regione attiva. Per quanto riguarda gli altri due parametri, e cio r e rbc non
possono essere calcolati, ma sono forniti dal costruttore, Spesso, per, il loro effetto viene trascu-
rato, in particolare, quello di rbc.
7.2.5 Il modello a P P o di GIACOLETTO.
Tutto quanto detto nei paragrafi precedenti vale per variazioni infinitesime. Supponiamo di
eseguire variazioni DIB, DIC, DVCE, DVBE, DVBE attorno al punto di lavoro, sufficientemente picco-
le, ma finite, tali che i parametri rbb', rb'e, rb'c, rce e gm possano ritenersi costanti. Si pu passare, ap-
prossimando, da differenziali a variazioni piccole purch soddisfacenti tale condizione. Se per con-
venzione, come abbiamo gi fatto nel capitolo precedente, indichiamo queste variazioni con le cor-
rispondenti variabili corsive le espressioni [7.2-31], [7.2-32] e [7.2-35] possono essere scritte come:
.
r r
g
r r
r
c ' b
' cb
ce
ce
e ' b m c
c ' b
' cb
e ' b
e ' b
b
b ' bb e ' b be

+ +


v v
v i
v v
i
i v v
[7.2-46]
A questo punto sufficiente
aggiungere le capacit Cb'e e Cb'c e-
spresse dalle [7.2-20] e [7.2-21] per
avere il comportamento del transistor
alle variazioni.
Le espressioni precedenti cor-
rispondono al circuito equivalente della Fig.7.2-4 nella quale sono anche state aggiunte le capacit
Cb'e e Cb'c. Ovviamente il modello valido soltanto nella regione attiva. Dal nome del proponente, il
modello prende il nome di circuito equivalente di Giacoletto o dall'aspetto topologico alle volte
rbb
B
E
C
B
rbc
Cbe
rce
Cbc
i
b
i
c
i
e
gm
v
be
+
-
+
-
+
-
v
be
v
b'e
v
ce

Fig.7.2-4
Transistor bipolari a giunzione 281
viene chiamato circuito equivalente a P P .
7.2.6 I parametri ibridi.
I parametri del circuito di Giacoletto sono sette e cio rbb', rb'e, rb'c, rce, gm, Cb'e e Cb'c. Quando
gli effetti delle capacit possono essere trascurati, cio a bassa frequenza, si pu descrivere il tran-
sistor con solo 4 parametri indipendenti. Per le variazioni il transistor un doppio bipolo e si pu
utilizzare un modello qualunque. Per esempio, scegliendo i parametri h si possono scrivere le:

+
+
ce oe b fe c
ce re b ie be
h h
h h
v i i
v i v
[7.2-47]
nel quale il secondo pedice sta ad indicare la connessione ad emettitore comune. I quattro parametri
prendono il nome di:
hie: resistenza differenziale d'ingresso con uscita in corto;
hre: coefficiente di controreazione di tensione con ingresso aperto;
hfe: coefficiente di amplificazione di corrente con uscita in corto;
hoe: conduttanza differenziale d'uscita con ingresso aperto.
I parametri ibridi dipendono dal punto di lavoro. Dal confronto tra le [7.2-46] e le [7.2-47] si
possono ricavare agevolmente le seguenti relazioni:

c ' b e ' b
e ' b
c ' b e ' b m fe
c ' b e ' b ' bb ie
r r
r
r || r g h
r || r r h
+

+

c ' b e ' b
e ' b m
ce
oe
c ' b e ' b
e ' b
re
r r
1 r g
r
1
h
r r
r
h
+
+
+
+

[7.2-48]
e, poich nella regione attiva
rb'e << rb'c, [7.2-49]
e normalmente avviene che bf = gmrb'e >>1 [7.2-50]


+
f e ' b m fe
e ' b ' bb ie
r g h
r r h

c ' b
f
ce
oe
c ' b
e ' b
re
r r
1
h
r
r
h
[7.2-51]
Conoscendo i parametri resistivi del modello a P possibile calcolare i parametri ibridi. Per fare il
viceversa necessario determinare precedentemente gm dalla [7.2-80] e complessivamente:


m fe e ' b
T C m
g / h r
V / I g

) h g h r
) h g h /( 1 r
h / h g r
fe m ie ' bb
re m oe ce
re f m c ' b
[7.2-52]
Trascurando l'effetto di rbb', rb'c
e hre le [7.2-64] si riducono
alle:


ie e ' b
oe ce
c ' b
m fe e ' b
T C m
h r
h / 1 r
r
g / h r
V / I g
[7.2-53]
che corrispondono al circuito
a tre parametri di Fig.7.2-5a. Alcune volte possibile trascurare anche l'effetto del parametro rce. In
tal caso si semplifica ulteriormente il modello come in Fig.7.2-5b.
ic i b
hie
C
rbc
rce
gmvbe
+
-
B
+
vbe vce
= hfib
-
E
ie
hie
C
rbc
ic
gmvbe
+
-
B
ib
+
-
v
be
v
ce
= hfib
-
E
ie
(a)
(b)

Fig.7.2-5
Transistor bipolari a giunzione 282
7.2.7 Il fattore di merito
molto importante conoscere il limite di frequenza cui un transistor pu utilmente lavorare.
Si tratta di vedere fino a quando esso in grado di amplificare. Ai fini di determinare una graduato-
ria fra i transistors, dal punto di vista del loro comportamento in frequenza, viene utilizzato un pa-
rametro che prende il nome di Fattore di Merito e si indica con F. Esso il valore assoluto del pro-
dotto guadagno-larghezza di banda del transistor quando questi viene usato in un amplificatore che
ha in cascata un identico stadio e quando il valore della resistenza di carico tenda a zero
[DE]
. Dal
momento che questo parametro serve per valutazioni comparative fra transistor diversi, alcune sem-
plificazioni sono fatte ai modelli. In particolare per i BJT vengono trascurati gli effetti di rbb e di
rbc.
Consideriamo un BJT connesso ad Emettitore Comune (EC), cio con ingresso applicato fra
base ed emettitore ed uscita prelevata fra collettore ed emettitore, come in
Fig.7.2-6. Per quanto detto nel 7.2.5 relativo al modello di Giacoletto pos-
siamo ricopiare la Fig.7.2-4, aggiungendo la resistenza di carico RC. Ci
stato fatto in Fig.7.2-7a. Per, ai fini della determinazione del fattore di me-
rito dobbiamo trascurare sia leffetto di rbb che di rbc. Allora il circuito e-
quivalente si semplifica come in Fig.7.2-7b. Inoltre dobbiamo connettere
luscita dello stadio con uno stadio identico come fatto in Fig.7.2-7c.
Poniamo R = rce||RC||rbe. Con Ci si indica la capacit d'ingresso del
secondo stadio che, per le ipotesi fatte, identica a quella del primo. Il cir-
cuito equivalente duscita del primo transistor e dingresso del secondo, allo-
ra si riduce a quello di Fig.7.2-7d. La tensione duscita si ottiene moltipli-
cando la corrente del generatore -gmVi per limpedenza complessiva che
R||Ci. Allora .
R sC 1
R g
X || R g ) s ( V ) s ( V
i
m
C m i o i
+

L'amplificazione il rap-
porto fra le tensione di base del secondo e del primo stadio. Cio

i
m
i
o
C sR 1
R g
(s)
(s)
(s) A

v
+

v
v
. [7.2-54]
E da questa, banalmente, si possono scrivere le
R g
V
V
A m
0 s
i
o
0 v

, [7.2-55]
e
i
sup
C R 2
1
f

. [7.2-56]
o I
o V
i V
VCC
Ii
+
-
RC

Fig.7.2-6
vi = vbe
ce r
B
R C
C
+
-
vbe
B'
bb' r
b'e C
b'c C
r b'e
+
-
+
-
(a)
vo = vce
C
B
(b)
ce r R C
b'e C
b'c C
+
-
+
-
vi vo
gmvbe
gmvbe1
ce r R C
C1 B2
B1
b'e C
b'c C
+
-
(c)
+
-
ce r R C
C2
b'e C
b'c C
+
-
vo2 vi1
vo1 = vi2
gmvbe2
i i = i b i L i o = i c
(d)
gmvi R Ci
+
-
vo

Fig.7.2-7
Transistor bipolari a giunzione 283
La capacit d'ingresso Ci pu essere determinata dal primo stadio applicando il teorema di Miller
Ci = Cbe + Cbc( 1-Av0) = Cbe + Cbc( 1+gmR). [7.2-57]
Per un BJT la figura di merito

( ) [ ] ( ) c ' b e ' b
m
m c ' b e ' b
m
0 R
i
m
0 R
sup 0 v
0 R
C C 2
g
R g 1 C C 2
g
lim
C R 2
R g
lim f A l lim F
+

+ +



. [7.2-58]
Se poniamo Ciss = Cbe+Cbc, [7.2-59]
la precedente diventa
iss
m
C 2
g
F

. [7.2-60]
Ciss di la capacit d'ingresso con uscita in corto. Si pu definire la capacit d'uscita con ingres-
so in corto Crss. Dalla Fig.7.2-4 si vede che essa Cbc. Se il transistor polarizzato nella regione at-
tiva la capacit della giunzione B-E prevale numericamente sullaltra. Allora la precedente diventa
.
V
V
' l
D
V
V
I
V
' l
D 2
V
I
2
1
C 2
g
F
T
E ' B
te
F
2
B
n
T
E ' B F
E
E ' B
2
B
n
T
C
iss
m

[7.2-61]
si fatto uso delle [7.1-94] e [7.2-40]. Questa espressione stata calcolata per giunzione brusca, tut-
tavia lultima relazione valida in ogni caso perch il tempo di transito delle cariche minoritarie in
base tiene conto degli effetti dovuti a giunzioni differenti.
Una importante considerazione concerne lo spessore di base. Il fattore di merito aumenta
con linverso del suo quadrato. Dunque chiaro limportanza della sua riduzione per il prodotto
guadagno-banda passante. Infine lesempio si riferiva ad un n-p-n e pertanto compare la costante dii
diffusione Dn degli elettroni. Per un p-n-p comparirebbe quella delle lacune Dp. Poich questa pi
piccola si ha che, a parit di condizioni geometriche e tecnologiche gli n-p-n hannpo un fattore di
merito pi grande di circa 2 volte dei p-n-p.
7.2.8 Assunzioni semplificative
Ricordiamo intanto le espressioni che impiegheremo spesso e che sono valide semplifica-
zioni per i transistor bipolari in regione attiva.
Se si ben al di sopra della soglia:

T
BE
V
V
BES B e I = I

[7.2-62]
e I I C F B = . [7.2-63]
Il guadagno di corrente dipende dalla tensione di collettore secondo la
( ) A CE 0 F F V V 1+ [7.2-64]
bF0 funzione della corrente di collettore come gi visto. Si trascurato VBE rispetto la VCE. Natu-
ralmente se VCE abbastanza piccola rispetto la tensione di Early VA, allora bF approssimativa-
mente bF0. Pertanto nella regione attiva, trascurando la caduta base-emettitore:
( )
. e V V 1 I = I
T
BE
V
V
A CE 0 F BES C

+ [7.2-65]
Per la [7.1-54] IS = IBESbF0 e la precedente espressione si scrive:
( ) . e I e V V 1 I = I
T
BE
T
BE
V
V

0 F
F
S
V
V
A CE S C

+ [7.2-66]
Ci serviranno pi avanti le formule inverse:

( )
;
V V 1 I
I
ln V = V
A CE 0 F BES
C
T BE
+
[7.2-67]
oppure
( )
;
I
I
ln V =
V V 1 I
I
ln V = V
F S
0 F C
T
A CE S
C
T BE

+
[7.2-68]
o semplicemente .
I
I
ln V V
S
C
T BE [7.2-69]
Transistor bipolari a giunzione 284
Spesso, soprattutto a basso VCE leffetto Early potr essere trascurato e allora:
. e I I
T
BE
V
V
S C

[7.2-70]
Se si pu porre h = 1 allora:
e ( ) ; e V V 1 I = I
T
BE
V
V
A CE 0 F BES C + [7.2-71]
approssimabile come ( ) ; e I e V V 1 I = I
T
BE
T
BE
V
V

0 F
F
S
V
V
A CE S C

+ [7.2-72]
. e I I
T
BE
V
V
S C [7.2-73]
Se si pu trascurare lefficienza g dellemettitore aF aT e ricordano la [7.1-93] che dice
che aT = 1 t n/t t e:
.
1
=
te
n
F
F
F

[7.2-74]

BIBLIOGRAFIA
[AN] - Antognetti, Massobrio - Semiconductor Device Modeling with SPICE- McGraw-Hill
1988
[DE] - De Castro - Teoria dei dispositivi a semiconduttore - Patron 1983
[EA] - Early - Effects of Space-Charge Layer Widening in Junction Transistors - Proc. IRE,
40, 1401, 1952
[EB] - Ebers, Moll - Large-signal Behavior of Junction transistors - Proc IRE, 42, 1761, 1954
[GI] - Giacoletto - The Study and Design of Alloyed-Junction Transistors - IRE Convention
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[GR1] - Gray, Pederson - Elementary Circuit Properties of Transistors -J. Wiley 1966
[GR2] - Gray, Dewitt, Boothroyd, Gibbons - Phisical Electronics and Circuits Models of Tran-
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[GR3] - Grove - Fisica e tecnologia dei dispositivi a semiconduttore - Angeli 1967
[KO] - Koppe Rectifier Diodes Philips Application Handbook - 1969
[MA] - Massobrio - Modelli dei Dispositivi a Semiconduttore - Angeli 1986
[MI1] - Millman - Circuiti e Sistemi Microelettronici - Boringheri 1985
[MI2] - Millman, Taub - Circuiti ad impulsi e digitali - Bizzarri - 1967
[MO] - Montanari - Tecnologie delle costruzioni elettroniche - V2 - Cupido 1983
[MU] - Muller, Kamis - Dispositivi Elettronici nei circuiti integrati - Boringheri 1977
[SEA] - Searle, Boothroyd, Angelo, Pederson Elementary cicuit properties of Transistors
J.Wiley - 1966
[SED] - Sedra, Smith Microelectronic Circuits Oxford Un. Press - 1998
[SZ] - Sze Fisica dei dispositivi a semiconduttore Tamburini 1973
[TE] - Texas Instrument Staff- The Transistor & Diodes Data Book Texas - 1974
[TH] - Thornton, DeWitt, Gray, Chenette - Characteristics and Limitation of Transistors - J.Wiley
1966
[WE] - Webster On the variation of BJT beta - Proc IRE, 42, 1914, 1954

I T r a n s i s t o r a d Ef f e t t o d i Ca mp o I T r a n s i s t o r a d Ef f e t t o d i Ca mp o

I transistor di cui ci siamo occupati nei precedenti capitoli hanno due caratteristiche essen-
ziali. La prima che il controllo della corrente d'uscita affidata alla corrente d'ingresso. L'altra
che entrambi i tipi di cariche mobili concorrono alla corrente nel dispositivo. Inoltre sono presenti le
giunzioni che determinano il comportamento dei dispositivi. Per questi motivi sono stati anche
chiamati Transistors Bipolari a Giunzione o BJT (Bipolar Junction Transistors).
Nei Transistors ad Effetto di Campo (Field Effect Transistors: FET), invece, il passaggio
della corrente dovuto solo ad un tipo di carica mobile ed il controllo della corrente d'uscita dipen-
de da una tensione d'ingresso, piuttosto che da una corrente d'ingresso. Questa tensione d'ingresso
determina un campo elettrico in una zona del semiconduttore ed questo campo che controlla la
corrente nel dispositivo. A seconda che questa zona sia una giunzione o una zona isolante si hanno
due differenti tipi di FET dei quali ci occuperemo diffusamente.
8.1 Transistors ad effetto di Campo a Giunzione: JFET
Nel lontano 1952 Shockley
[SH1]
propose il primo
transistor FET a giunzione ed in seguito Dacey e Ross lo
descrissero
[DA1],[DA2]
. I JFET moderni sono prodotti con
strutture molto complesse. In Fig.8.1-1 mostrata la se-
zione di un JFET a canale n realizzato con la tecnica
planare-epitassiale. Per comodit di studio, per, ci rife-
riremo alla Fig.8.1-2 in cui illustrato schematicamente
un JFET a canale n.
Ai lati di un blocchetto tipo n, poco drogato, so-
no realizzati due contatti rettangolari, di altezza H e lar-
ghi W, detti source e drain. Il source il terminale da
cui le cariche penetrano nel dispositivo ed il drain
quello dal quale esse escono. Sulle facce superiori ed in-
feriori ci sono due zone p, ancora larghe W, ma la cui lunghezza L inferiore a quella Lt del bloc-
chetto. I contatti sulle superfici esterne di queste zone, fra loro connessi, sono detti gate. Chiamia-
mo canale la zona di semiconduttore su cui si affaccia il gate. Applichiamo una piccola differenza
di potenziale VDS fra il drain ed il source, con il drain positivo rispetto al source. Polarizziamo il
gate con una VGS nulla. Il canale si comporta, grosso modo, come un resistore di resistenza
q n W H
L
W H
L
R
n
ch

.
Mentre il resto della zona n ha una resistenza
q n W H
L L
R R
n
t
SS DD

+
RDD e RSS sono le resistenze delle zone n al di fuori del canale, e a ridosso, rispettivamente, del
drain e del source. Ciascun punto della zona n a potenziale non inferiore a quello del gate e la

n
Silicio

SiO

2
p
+
Gate
superiore Source Drain
inferiore Gate
p
+
L
W
H
Fig.8.1-1
I transistors ad effetto di campo 286
giunzione di gate risulta polarizzata inversamente.
La corrente inversa, trascurabile, fluisce attraverso
di essa. La corrente di drain :
I
V
R
V
R R R
D
DS
DS
DS
ch DD SS

+ +
.
Se immaginiamo di potere trascurare, per qualche
motivo per ora ancora non specificato, RDD + RSS,
la corrente di drain risulta:
DS n D
ch
DS
D V
L
H
N W q
R
V
I [8.1-1]
Il potenziale si distribuisce, in tali condi-
zione, in modo uniforme nel canale. Ad esempio a
met canale la tensione VDS/2.
Comunque, la polarizzazione inversa, che di fatto si viene a trovare sulla giunzione di gate,
fa si che essa tenda a svuotarsi. L'avere supposto che VDS sia piccola significa solo che la zona di
svuotamento insignificante. Se, per, la tensione VDS non pi tanto piccola, questa zona si allar-
ga. Data l'asimmetria del drogaggio delle due zone, essa penetra maggiormente nel canale, restrin-
gendolo. E lo spessore disponibile per la conduzione non pi H ma h, variabile, e la [8.1-1] rima-
ne ancora valida, purch al posto di H si metta h.
Vogliamo studiare il comportamento del canale, lungo il medesimo, spostandoci dal punto
in cui comincia, per y = 0, vicino al source, fino al suo altro estremo, dalla parte del drain, per y =
L. Poich il potenziale V(y), all'interno del canale, aumenta con y, si ha che la polarizzazione inver-
sa della barriera cresce con y. Come conseguenza il canale si restringe di pi a destra che a sinistra,
come mostrato in Fig.8.1-2. Con aumenti ulteriori di VDS si pu arrivare ad una strozzatura (Pinch-
Off) totale del canale. Il canale si chiude, si produce una zona svuotata al suo interno e la corrente
continua ad attraversare questa zona a causa del campo elettrico. Poich il canale strozzato la sua
resistenza molto alta e praticamente tutta la VDS cade sul canale. Un aumento di tale tensione non
fa pi crescere la corrente di drain. Si dice che il JFET in saturazione. In effetti, si ha qualcosa di
simile a quello che avviene nella zona fra collettore e base di un BJT polarizzato nella regione atti-
va. Tale zona svuotata e la carica iniettata dall'emettitore che non si ricombina in base viene spinta
dal potenziale ad attraversare tale zona. Aumentando la VDS si ha un aumento della zona strozzata,
ma con risultati trascurabili sulla corrente.
8.1.1 Le caratteristiche statiche del JFET
La Fig.8.1-3 mostra le caratteristiche teo-
riche semplificate del JFET. Guardiamo una qua-
lunque delle curve. Si distinguono tre zone.
A basse tensioni il JFET si comporta cir-
ca come una resistenza (il cui valore dipende
dalla VDS) e corrente e tensioni sono fra loro
proporzionali. Questa zona di funzionamento
viene detta lineare. Man mano che si alza la ten-
sione ci si avvicina al pinch-off. La resistenza
del canale sale, la corrente cresce meno di quan-
to non faccia la tensione e la curva si flette.
Quando si arriva al pinch-off, il canale si chiude
e la corrente non sale pi. Sulla caratteristica il
punto di pinch-off non su di un ginocchio a-
guzzo ma la curva piuttosto smussata. La zona

Source
y
H
Gate
+ -
- +
n
W
h=H - 2s(y)
Gate L
p
+
Lt

Drain
p
VDS
V
GS

p

Fig.8.1-2
VGS=-0.2V
BVDG = 5.8 V ID (mA)
VDS (V)
JFET canale n
b
= IDSS/(Vto)
2
= 1.25 mA/V
2
IDSS= 5mA
VGS=-0.4V
VGS=-0.8V
VGS=-0.6V
VGS=-1V
VGS=-1.2V
VGS=-1.4V
VGS=-1.8V
VDSsat
VGS=0V
Vto=-2V

Fig.8.1-3
I transistors ad effetto di campo 287
interessata detta di saturazione.
Aumentando troppo la tensione del drain, fra il punto del canale pi vicino al drain ed il gate
si localizza una tensione eguale a quella di rottura di tale giunzione: la corrente attraverso la mede-
sima sale bruscamente e poich essa esce dal drain anche la corrente ID sale quasi verticalmente.
Siamo nella zona di rottura.
L'affermazione che si fatta riguardo la resistenza RDD + RSS e cio che essa possa essere
trascurata prende corpo man mano che cresce la VDS. Infatti, se supponiamo che Lt e L non siano
molto differenti, non appena il canale comincia a stringersi la parte Rch di RDS diventa prevalente
rispetto a RDD + RSS che pu, ovviamente, essere trascurata.
8.1.1.1 Le tensioni di pinch-off e di saturazione
stato gi mostrato nel 6.1.11.2 che in una giunzione asimmetrica, con drogaggio unifor-
me, lo spessore S della zona svuotata legato alla tensione inversa VJ ai capi della medesima dalla
relazione

2
D
J s
2
N
q V

[8.1-2]
La zona n, molto meno drogata della p, ha una concentrazione di donatori ND. Per effetto della di-
stribuzione del potenziale lungo il canale, la tensione sulla giunzione nei vari punti non uniforme.
Indichiamo con VBi il potenziale intrinseco. Secondo la [6.1-9] si ha:
.
n
N N
ln V V
2
i
D A
T Bi

[8.1-3]
Chiamiamo V(y) il potenziale nel canale, rispetto al source, a distanza y dal suo inizio. Nel
punto y la tensione Vj(y) ai capi della zona di svuotamento risulta superiore a quella intrinseca VBi
per effetto della tensione VCG(y) localizzata fra canale e gate. Chiamiamo V(y) la tensione nel punto
y del canale. Allora Vj(y) = VCG(y) + VBi = V(y) -VGS +VBi. Lo spessore s(y) della zona svuotata
tale che

2
D
GS Bi J ) y ( s
2
N
q V V ) y ( V ) y ( V

+ . [8.1-4]
Dato che V(y) non costante, neanche s(y) lo . Dalla precedente si ricava
. V V ) y ( V
N q
2
) y ( s GS Bi
D
+

[8.1-5]
La zona svuotata risulta pi ampia verso il drain dove V(y) superiore. Man mano che ci si sposta
verso il source, lungo il canale, tale spessore diminuisce con V(y). E poich il canale si assottiglia
da entrambe le parti, per come realizzato il JFET di Fig.8.1-2, l'altezza h(y) del canale disponibile
per la conduzione non resta costante, ma, in ogni punto h(y) = H 2s(y). Se s(y) = H/2 il canale si
chiude completamente. Allora si dice che il canale strozzato e si raggiunge il pinch-off. Per otte-
nere la strozzatura bisogna aumentare la tensione VDS. Ci determina l'aumento di V(y). In partico-
lare, dato che V(y) pi alta vicino al drain, la strozzatura incomincia proprio in tale zona e preci-
samente per y = L. Quando il canale si strozza, la tensione VDSsat che determina la strozzatura viene
detta di saturazione. Dalla [8.1-4]:

+
8
H N
q
4
H
2
N
q ) L ( s
2
N
q V V V
2
D
2
D
2
D
GS Bi DSsat , [8.1-6]
o anche .
8
H N
q V V V
2
D
Bi GS DSsat

+ Rendendo VGS pi negativa, VDSsat diminuisce. Le caratteristi-


che teoriche di un JFET a canale n di Fig.8.1-3 mostrano tale aspetto.
Quando il canale strozzato, fra gate e drain c' la tensione
I transistors ad effetto di campo 288


8
H N
q
n
N N
ln V
8
H N
q V V V V
2
D
2
i
D A
T
2
D
Bi DSsat GS GD ,
che prende il nome di tensione di Pinch-off ed indicata con VP. Cio


8
H N
q
n
N N
ln V V V V
2
D
2
i
D A
T DSsat GS P . [8.1-7]
Verr comodo pi avanti avere ricavato da questa che
P Bi
2
D
V V
8
H N
q

. [8.1-8]
In un JFET a canale n tale tensione negativa perch la tensione inversa sul diodo G-D.
VP dipende soltanto dalle caratteristiche geometriche, tecnologiche e dalla temperatura. Ovvia-
mente:
VDSsat = VGS - VP. [8.1-9]
Fissata VGS, aumentando la VDS, senza per arrivare alla rottura, la corrente rimane costante.
La strozzatura si estende verso il source, ma la corrente iniettata passa attraverso il canale svuotato.
E esattamente come la corrente di collettore fa ad attraversare la zona B-C svuotata anche essa di
un BJT polarizzato in regione attiva.
8.1.1.2 La corrente di drain nella zona lineare
Vediamo ora di determinare la corrente nel dispositivo. Consideriamo la zona lineare, cio
con il canale non ancora strozzato. Si gi visto che il canale largo h(y) = H 2s(y). Sia dR la re-
sistenza offerta da uno straterello dy nel canale. Indichiamo con ID la corrente che fluisce. Si avr:
( )
( ) [ ] y s 2 H W N q
dy
I dR I y dV
n D
D D

. [8.1-10]
Utilizzando la [8.1-5]: ( ) ( )
W N q
dy
I y dV V V y V
N q
8
H
n D
D GS Bi
D

1
]
1

. Tenendo presente la
[8.1-8] e ponendo

L
H W
N q G n D 0 [8.1-11]
la precedente espressione si riduce a
L
dy
G
I
) y ( dV
V V
V V ) y ( V
1
0
D
P Bi
GS Bi

1
]
1

+
. Integrando tra 0 (do-
ve V(y) = 0) e L (in cui V(y) = VDS) si ha .
L
dy
G
I
) y ( dV
V V
V V ) y ( V
1
L
0
0
D
L
0
P Bi
GS Bi


1
]
1

+
Quindi
0
D
L
0
3
P Bi
GS Bi
P Bi
G
I
V V
V V ) y ( V
) V V (
3
2
) y ( V

,
_

+
, e da questa si ricava l'espressione analitica delle
curve teoriche della Fig.8.1-3

'

1
1
]
1

,
_

,
_

+

3
P Bi
GS Bi
3
P Bi
GS Bi DS
P Bi DS 0 D
V V
V V
V V
V V V
) V V (
3
2
V G I , [8.1-12]
che per valida per VDS VDSsat.
8.1.1.3 La corrente di drain nella zona di saturazione
L'espressione precedente stata ricavata nell'ipotesi che il canale non sia completamente
chiuso. Se, al limite, si pone VDS = VDSsat, si ottiene la corrente di saturazione:
I transistors ad effetto di campo 289

'

1
1
]
1

,
_

,
_

+

3
P Bi
GS Bi
3
P Bi
GS Bi DSsat
P Bi DSsat 0 Dsat
V V
V V
V V
V V V
) V V (
3
2
V G I ,
e da questa, dopo alcuni passaggi, utilizzando la [8.1-9] si ha

1
1
1
1
1
]
1

,
_

3
P B
GS B
P B
GS B
0
P Bi
Dsat
V V
V V
2
V V
V V
3 1 G
3
V V
I [8.1-13]
che vale per VDS = VDSsat.
8.1.1.4 Lo spegnimento, il turn-off e la tensione di soglia
Se nella precedente si pone VGS = VP, la corrente IDsat va a zero. I transistor spento (Turn-
off). Rendere VGS ancora pi negativa non fa crescere la IDsat. La caratteristica per VGS = VP lasse
delle tensioni della Fig.8.1-3. Allora la tensione di Pinch-off anche la tensione di Turn-off. Cio:
VP = Vto. [8.1-14]
Pertanto in seguito indicheremo indifferentemente con VP o Vto la tensione di pinch-off e quella di
turn-off. La tensione di turn-off viene anche chiamata tensione di soglia.
8.1.1.5 La tensione di rottura
Quanto detto fino adesso vale se attraverso la giunzione di gate non passa corrente. Appa-
rentemente sembra che basti applicare VGS non positive per ottenere queste condizioni. Per, se la
VDS diventa eccessivamente alta si ha un fenomeno di rottura. Ci perch, per x = L, la tensione VJ,
che in quel punto VDG, diventa eguale alla tensione di rottura BVDG della giunzione. Allora circola
corrente fra gate e drain e la ID tende a diventare illimitata. In queste condizioni la tensione VDS che
ha determinato la rottura prende, ovviamente, il nome di tensione di rottura BVDS.
Alla rottura, per la maglia D-G-S si pu scrivere:
BVDS = BVDG + VGS. [8.1-15]
Dal momento che la BVDG non dipende altro che dalle caratteristiche fisiche e geometriche
della giunzione, essa, a temperatura costante, non muta. Pertanto, se cambia la VGS, varia anche la
tensione di rottura. Si osservino le caratteristiche di Fig.8.1-3. Si conferma che man mano che la
VGS diventa pi negativa, la BVDS diminuisce.
8.1.1.6 Espressione approssimata della ID: la zona lineare
Riprendiamo la [8.1-12] e consideriamo solo la parte pi bassa delle caratteristiche, cio
quelle relative a
VDS VBi - VGS.
Se si sviluppa la [8.1-12] in serie di potenze nell'intorno di VDS = 0 e ci si limita al termine di primo
grado si ottiene
DS
0 t Bi
GS Bi
0 D V
V V
V V
1 G I

,
_

[8.1-16]
che approssima molto bene la curva nel primissimo tratto quando il canale non praticamente ri-
stretto dalla VGS.
Se, invece, si vuole rappresentare la curva nella zona che precede la saturazione conviene
sviluppare in serie di Taylor ma prendendo anche il termine di secondo grado. Si avr, allora, una
espressione del tipo ID aVDS - bVDS
2
= (a - bVDS)VDS. Il canale si strozza alla saturazione e la
corrente rimane costante. Allora la ID deve avere un massimo per VDS = VDSsat. In quel punto la de-
rivata prima si annulla e a - 2bVDSsat = 0, o anche a = 2bVDSsat. Quindi ID b(2VDSsat - VDS)VDS.
Ma, dalla [8.1-9] VDSsat = VGS - Vto, ne segue
I transistors ad effetto di campo 290
ID = b[2 (VGS - Vto) - VDS]VDS. [8.1-17]
8.1.1.7 Espressione approssimata della ID: la zona di saturazione
Chiamiamo IDSS la corrente di saturazione per VGS = 0. In tali ipotesi, dalla [8.1-9] VDS =
VDSsat = -Vto e quindi IDSS = b[2(- Vto) + Vto] (-Vto) = bVto
2
. Dunque
b
I
V
DSS
to
2
, [8.1-18]
e per finire la corrente di drain pu essere espressa anche in funzione della corrente di saturazione
IDSS. Cio, per 0 < VDS < VDSsat = VGS - Vto,
( ) [ ] ( ) [ ] DS DS to GS
2
0 t
DSS
DS DS to GS D V V V V 2
V
I
V V V V 2 I . [8.1-19]
Alla saturazione, per VDS = VDSsat, ID = b[2VDSsat - VDSsat]VDSsat = bVDSsat
2
. E sostituendo la
[8.1-9], ed usando la [8.1-18]
( ) .
V
V
1 I V V I
2
to
GS
DSS
2
to GS D

,
_

[8.1-20]
La IDSS pu essere ricavata dalla [8.1-13] ponendo VGS = 0. Cio
.
V V
V
2
V V
V
3 1 G
3
V V
I
3
to B
B
to Bi
Bi
0
to B
DSS
1
1
]
1

,
_

[8.1-21]
Finora abbiamo supposto che la giunzione
di gate fosse a gradino. Per un diverso profilo di
drogaggio si pu ricavare una espressione abba-
stanza simile alla precedente
( )
n
to
GS
DSS
n
to GS D
V
V
1 I V V I

,
_

[8.1-22]
con 2 n 2.25
[MI]
.
La Fig.8.1-4
[BO],[MI]
mostra la corrente di
drain, normalizzata alla IDSS, per i vari tipi di giun-
zione. La tensione di gate normalizzata a quella
di turn-off. La curva indicata con (a) relativa ad
un profilo di drogaggio lineare, la (b) ad uno a gradino. Anche se n varia, le curve si modificano ap-
pena un po', praticamente solo nella parte centrale.
8.1.1.8 Modulazione della lunghezza del canale
L'affermazione che la corrente di saturazione
dipenda solo dalla VGS e, una volta superata la ten-
sione VDSsat, resti costante, in effetti superficiale.
Le [8.1-13], [8.1-17], [8.1-19] e [8.1-20] so-
no state ricavate nell'ipotesi che VDS non superasse
VDSsat. stata determinata la resistenza del canale
nellintervallo 0 y L, supponendo la strozzatura
a y = L e quindi V(L) = VDSsat. Ma, applicando una
tensione pi alta di quella di saturazione, il punto di
pinch-off si sposta a L' < L, come mostrato nella
Fig.8.1-5: la lunghezza del canale stata modulata
dalla VDS.
IDS/I DSS
VGS/Vto

Fig.8.1-4

y
H
Gate
+ -
- +
n
W
Gate L
p
+
Lt
Drain
VDS

VGS
p
p
h=H - 2s(y)
L'
Source

Fig.8.1-5
I transistors ad effetto di campo 291
L'effetto della modulazione del canale pu essere espresso in modo approssimativo ma con-
fermato sperimentalmente e giustificato teoricamente dicendo che la corrente cresce linearmente
con la VDS nei confronti della ID(VDSsat). Cio ID(VDS) = ID(VDSsat)(1 + l VDS) dove il parame-
tro l prende il nome di coefficiente di modulazione del canale.
In base a quanto detto nel paragrafo precedente, nella zona di saturazione, cio per 0 < VGS -
Vto = VDSsat

VDS, la [8.1-20] va riscritta come
( ) DS
2
to
GS
DSS D V 1
V
V
1 I I +

,
_

, [8.1-23]
o anche ID = b(VGS - Vto)
2
(1 + l VDS). [8.1-24]
anche opportuno correggere la [8.1-19], valida nella zona lineare, in modo analogo. Per 0
< VDS <VDSsat =VGS - Vto,
( ) [ ] ( ) [ ] DS DS to GS
2
0 t
DSS
DS DS to GS D V V V V 2
V
I
V V V V 2 I [8.1-25]
o anche ( ) [ ] ( ) DS DS DS to GS D V 1 V V V V 2 I + . [8.1-26]
Ovviamente, se invece di giunzione a gradino si avesse un altro profilo di drogaggio, la [8.1-23] an-
drebbe modificata sostituendo opportunamente l'esponente 2
Alla saturazione e con VGS nulla, le espressioni [8.1-23], [8.1-24], [8.1-25] e [8.1-26], danno
qualcosa di un po' diverso da IDSS, cio ID = IDSS(1+ l VDSsat). Tuttavia la pendenza delle curve
molto bassa e l sufficientemente piccolo e
la quantit in parentesi circa 1 e si pu tra-
scurare nel prodotto questa leggera imperfe-
zione.
La Fig.8.1-6 mostra le caratteristiche
reali di un JFET. Sono riconoscibili le tre re-
gioni lineare, di saturazione e di rottura.
anche rappresentata la caratteristica relativa
ad una VGS leggermente positiva.
Il prolungamento delle caratteristiche
di saturazione interseca l'asse delle tensioni
nel punto VDS = -1/l = -VA. Il tutto abba-
stanza simile all'effetto Early.
8.1.1.9 Effetti termici
La temperatura influenza la IDSS. Riprendiamo la [8.1-21] e la riscriviamo facendo uso della
[8.1-8]. Si ha

1
1
]
1

,
_

3
to Bi
Bi
to Bi
Bi
n D
to Bi
DSS
V V
V
2
V V
V
3 1
L
H W
N q
3
V V
I
.
V V
V
2
V V
V
3 1 c
3
to Bi
Bi
to Bi
Bi
n
1
1
]
1

,
_


nella quale la costante c congloba tutti i fattori indipendenti dalla temperatura. Ricordiamo che VBi -
Vto = VBi - Vp per la [8.1-8] non dipende da T.
VGS=0V
BVDG = 5.8 V
JFET canale n
ID (mA)
VDS (V)
b
= 1.25 mA/V
2
IDSS = 5mA
VGS=-0.2V
VGS=-0.4V
VGS=-0.6V
VGS=-0.8V
VGS=-1V
VGS=-1.2V
VGS=-1.4V
VGS=-1.8V
Vto=-2V
VDSsat
VGS=0.1V

Fig.8.1-6
I transistors ad effetto di campo 292
La Vto nel JFET a canale n negativa, e se
grande, in valore assoluto, il termine in parentesi pra-
ticamente 1 e la IDSS proporzionale a mn. Pertanto la
corrente IDSS varia con la mobilit degli elettroni. La
Fig.8.1-7 riporta IDSS(T) per vari JFET in diverse con-
dizioni. Si confrontino, per verificare questo l'aspetto,
le curve con quella della mobilit mn nei semicondutto-
ri poco drogati che riportata dalla Fig 4.4-2.
Laccordo buono.
Anche la tensione di saturazione risente della
temperatura. Dalla [8.1-9] VDSsat = VGS - VP = VGS -Vto, cio Bi
2
D
to GS DSsat V
8
H N
q V V V

, o
anche Bi
2
D
GS DSsat V
8
H N
q V V



che si ricavata facendo uso della [8.1-7].
A VGS costante la VDSsat cambia come la VBi, a parte il segno, cio
dV
dT
dV
dT
DSsat B
. Deri-
vando la [8.1-3] e utilizzando le [4.30] e [4.48] si ha:
( )

,
_


2
i T
2
i
D A T
2
i
D A
T
DSsat
n ln
dT
d
V
n
N N
ln
dT
dV
n
N N
ln V
dT
d
dT
dV

( ) [ ] ( ) [ ] +

,
_



kT
Eg
sat
e T c ln
dT
d
V
n
N N
ln
T
V
n ln
dT
d
V
n
N N
ln
dT
dV
n
N N
ln V
dT
d
dT
dV
3
0 T
2
i
D A T
2
i T
2
i
D A T
2
i
D A
T
DS

,
_

,
_

1
]
1

,
_

+ +
2
0 G Bi T 0 G
T
Bi T g
T
Bi
T
1
k
E
q
kT
T
V V 3
T k
cT E
dT
d
V
T
V V 3
T k
E
dT
d
T
3
V
T
V

Finalmente K / mV 2
T
V V 3 V
dT
dV Bi T 0 G
sat
GS


. [8.1-27]
8.1.1.10 Il modello statico
Nei ragionamenti gi fatti finora sono stati tra-
scurati gli effetti prodotti dalle due resistenze relative
alle zone conduttrici vicine al source ed al drain e che
non vengono modificate dalla VGS perch L < L'. Infatti
lo svuotamento o la modulazione del canale non tocca-
no queste zone. Queste resistenze, gi indicate con RSS
e RDD, sono rappresentate in Fig.8.1-8 e per tenerle in
giusto conto necessario considerare le relative cadute
di potenziale IDRDD e IDRSS. Allora, le tensioni che a-
giscono sulla giunzione, fra gate e source e fra gate e
drain sono un po' differenti per effetto di queste cadute.
Se ne pu considerare l'effetto come stato fatto nei dio-
di e nei transistors con le resistenze RDD, RCC e REE che
rappresentano le resistenze di estensione delle zone non
interessate alle giunzione, rispettivamente, dell'anodo e
del catodo nel diodo e del collettore e dell'emettitore nel
transistor.
L'effetto della giunzione pu essere modellato dai
due diodi DGS e DGD, rispettivamente tra il gate ed il
source e fra il gate ed il drain. Nei JFET a canale n essi
IDSS
IDSS(TA) = 0.4 mA
IDSS(TA) = 5.8 mA
IDSS(TA) = 11.1 mA
m
(m
2
/v sec)
m m
T (C)

Fig.8.1-7
-
+
GD I GS I
GS V
VDS
-
+
VGD
G
R
DD
R
SS
S D
-
+
ID
GS D
D
GD

Fig.8.1-9

Source
Gate
Gate
L
p
+
Lt
Drain
L
R
DD R SS R ch
Fig.8.1-8
I transistors ad effetto di campo 293
hanno l'anodo sul gate. Per quanto detto, un JFET a canale n viene completamente modellato, dal
punto di vista statico, dal circuito di Fig.8.1-9. Il generatore di corrente viene descritto, a secondo
dei casi, o dalla [8.1-24] o dalla [8.1-26].
Se si applicano grandi segnali,
bisogna tenere conto degli effetti delle
giunzioni e del loro comportamento
capacitivo e resistivo. Il tutto pu esse-
re simulato con il modello di Fig.8.1-
10. Le capacit introdotte sono quelle
dei diodi relativi alle giunzioni G-S e
G-D. Per maggiori dettagli bene rife-
rirsi a quanto gi detto nel 6.1.11.
8.1.1.11 La corrente di gate
Un altro parametro che viene fornito
dai costruttori la corrente di perdita della
giunzione di gate. Essa viene comunemente
indicata con IGSS. In Fig.8.1-11 mostrato il
suo comportamento tipico. Si vede che la IGSS
cresce esponenzialmente con la temperatura
ed ha una piccola dipendenza da VGS. Questi
risultati sono in linea con quanto detto nel
Cap.6 a proposito della corrente inversa
8.1.1.12 JFET a canale P
Quanto detto dei JFET a canale n vale, cambiando op-
portunamente qualcosa, per i JFET a canale p (i simboli relativi
sono in Fig.8.1-12). Le differenze sostanziali si riferiscono al
fatto che la giunzione di gate, richiedendo comunque una pola-
rizzazione inversa, vorr il gate positivo rispetto al source, e
pertanto bisogna anche invertire la tensione VDS e la corrente di
drain avr senso opposto. Tuttavia la pi importante differenza
concerne la mobilit. Poich mn > mp, a parit di altre condizio-
ni, segue che due delle caratteristiche pi importanti come gm e
F vengono sfavorevolmente influenzate e gli JFET N-channel hanno, a parit di altre condizioni,
maggiore conduttanza e migliore comportamento in alta frequenza dei JFET P-channel.
8.1.2 Le caratteristiche dinamiche del JFET
Come stato fatto per i dispositivi gi studiati cerchiamo di determinare il comportamento
dinamico
[GR2]
.
Riguardando la [8.1-12], ci si rende conto che la corrente di drain dipende soltanto dalle ten-
sioni VGS e VDS. Allora si possono ricavare due parametri differenziali, cio la conduttanza dina-
mica g
I
V
d
D
DS

e la conduttanza mutua o trasconduttanza dinamica g


I
V
m
D
GS

.
8.1.2.1 La conduttanza dinamica
Se trascuriamo l'effetto della modulazione del canale, alla saturazione, la corrente di drain
costante e perci 0
V
I
g
DS
D
d

. Pertanto, in queste ipotesi, la conduttanza di drain diversa da zero


C
gd
C
gs
-
+
GD
I
GS
I
GS
V
VDS
-
+
V
GD
G
RDD
S D
RSS
-
+
I
D
GS D DGD

Fig.8.1-10
I
G S S
( n A )
T ( C )
V
G S
= - 3 0 V
V
G S
= - 2 0 V
V
G S
= - 1 0 V

Fig.8.1-11
D
G
S
D
G
S
N-channel P-channel

Fig.8.1-12
I transistors ad effetto di campo 294
soltanto nella zona lineare. Allora:
( )
( )
1
]
1

+

1
1
]
1

+

to Bi
GS Bi DS
0
3
to Bi
GS Bi DS
to Bi 0 d
V V
V V V
1 G
V V
V V V
2
3
V V
3
2
1 G g . [8.1-28]
Nella zona iniziale delle caratteristiche, per VDS << VB -VGS

1
]
1


to Bi
GS Bi
0 d
V V
V V
1 G g . [8.1-29]
che l'inclinazione delle caratteristiche per VDS molto piccola. Poi, man mano che VDS si avvicina a
VDSsat, gd diminuisce.
Nella zona lineare, a parit di VDS, portando il gate a tensioni pi negative, gd diminuisce.
La Fig.8.1-13 mostra la conduttanza del canale al variare della tensione di gate a piccole tensioni di
drain. La curva superiore quella relativa alla [8.1-28].
Se si eseguono misure di conduttanza si trovano, per, i punti mostrati pi in basso. Questa
differenza di comportamento dovuto soprattutto alle RSS e RDD. Infatti, se chiamiamo VDS' la ten-
sione effettivamente agente ai capi del canale abbiamo:
,
g
) R R ( g 1
R
g
1
R
I
) I R ' V I R (
I
V
" g
1
d
SS DD d
SS
d
DD
D
D SS DS D DD
D
DS
d
+ +
+ +

+ +


cio
) R R ( g 1
g
" g
SS DD d
d
d
+ +
. [8.1-30]
Le tre curve inferiori della Fig.8.1-13 sono sta-
te ricavate a partire dalla superiore utilizzando la [8.1-
30]. Si osserva che il valore di RSS + RDD = 100 W
quello che meglio di tutti approssima la curva spe-
rimentale. Pertanto nei modelli dinamici dei JFET
continueremo ancora ad utilizzare gd, il cui valore
dato dalla [8.1-28] ma aggiungeremo in serie al source
ed al drain le due resistenze di estensioni relative.
Se si vuole considerare anche l'effetto della
modulazione del canale pi opportuno usare le rela-
zioni approssimate [8.1-24] e [8.1-26] per calcolare gd.
Allora, nella zona di saturazione, derivando la [8.1-24]
si ottengono due formule equivalenti:
( )
2
to GS d V V g [8.1-31]
Mentre nella zona lineare, al di sotto della saturazione, derivando la [8.1-26]:
( ) [ ]( ) ( ) [ ] DS DS to GS DS DS to GS DS d V V V V 2 V 1 V V V 2 V g + + + ,
[ ]( ) ( ) [ ] DS DS to GS DS DS to GS d V V V V 2 V 1 V V V 2 g + + , [8.1-32]
che se VDS molto piccola, diventa
( ) to GS d V V 2 g [8.1-33]
8.1.2.2 La trasconduttanza
Per determinare gm il procedimento non differente. Considereremo trascurabile, per ora,
leffetto della modulazione del canale. Derivando la [8.1-12] si ottiene:
( ) ( ) [ ] GS Bi GS Bi DS
2
3
to Bi to Bi 0
GS
D
m V V V V V V V
2
3
V V
3
2
G
V
I
g +
1
]
1

,
_



JFET canale n
gd (mA/V)
VGS (V)
RDD + RSS
0
50
100
150
g
d

[8.1-28]

Fig.8.1-13
I transistors ad effetto di campo 295

,
_

to Bi
GS Bi
to Bi
GS Bi DS
0 m
V V
V V
V V
V V V
G g . [8.1-34]
Alla saturazione questa espressione si semplifica. Infatti per VDSsat = VGS -Vto

,
_


to Bi
GS Bi
0 m
V V
V V
1 G g . [8.1-35]
Se si deriva la [8.1-24] si ha per gm lespressione approssimata
( ) ) V 1 ( I 2 ) V 1 ( V V 2 g DS D DS to GS m + + [8.1-36]
che di comune uso.
La curva superiore della Fig.8.1-14 mostra la
conduttanza mutua nella regione di saturazione calco-
lata con la precedente.
Si osservi che i secondi membri delle espres-
sioni [8.1-29] e [8.1-35] coincidono. Cio la condut-
tanza del canale nella regione lineare eguale alla
conduttanza mutua nella regione di saturazione. Ed
infatti, se si confrontano le curve relative e cio quelle
superiori nelle Fig.8.1-13 e Fig.8.1-14, non si nota al-
cuna differenza. Tuttavia, ancora una volta, i punti spe-
rimentali non appartengono alla curva teorica. Si ha
qualcosa di simile a quanto avvenuto per la gd. Infat-
ti, la tensione che realmente agisce sulla giunzione G-S
leggermente pi bassa della VGS a causa della caduta sulla RSS. Se si misura gm si risente anche di
questo effetto. Indichiamo con VGS' la tensione che effettivamente agisce sulla giunzione G-S. Allo-
ra la conduttanza che si misura gm :
;
g
R g 1
R
g
1
I
) I R ' V (
I
V
" g
1
m
SS m
SS
m D
D SS GS
D
GS
m
+
+


dunque:
SS m
m
m
R g 1
g
" g
+
. [8.1-37]
Le curve inferiori nella Fig.8.1-14 mostrano quello che si ottiene dalla superiore, applicando
la [8.1-34] per diversi valori della RSS. Questa volta l'approssimazione non cos buona come per la
gd. Ci sono altri effetti che complicano le cose. Comunque noto gm, fittando i risultati sperimentali,
si riesce a determinare approssivamente RSS.
8.1.2.3 Il circuito differenziale del gate
Nel Capitolo 6 abbiamo studiato il com-
portamento dinamico delle giunzioni. Si visto
che ogni giunzione si comporta dinamicamente
come il parallelo di una resistenza e di una capa-
cit. Quest'ultima la capacit di diffusione o di
transizione a seconda della polarizzazione diretta
o inversa. Nei due casi valgono le espressioni
[6.1-47] o [6.1-51]. Nei JFET, normalmente, le
due giunzioni G-S e G-D sono polarizzate inver-
samente ed importa soltanto la capacit di transi-
zione. Per la stessa ragione ci interessa soprattutto la resistenza dinamica inversa. Pertanto le due
conduttanze G-S e G-D possono essere espresse dalle:
JFET canale n
gm (mA/V)
VGS (V)
RSS
0
50
100
150
g
m

[8.1-34]

Fig.8.1-14
G
gs
g
C
gd
C
gs
gd
g
V
m
g
gs
R
DD
R
SS
D
S
ds
g

Fig.7.1-13
I transistors ad effetto di campo 296
leak
V
T
S
gs g e
V
I
g
VT
GS
+ e leak
V
T
S
gd g e
V
I
g
VT
GD
+ .
Il termine gleak tiene conto degli effetti di perdita della giunzione e, a temperatura ambiente, pi
grande dei termini esponenziali.
Possiamo rappresentare il circuito differenziale completo del JFET come nella Fig.8.1-15.
Le resistenze rD e rS sono identiche a RDD e RSS perch, in pratica, non c' differenza tra il compor-
tamento statico e dinamico delle zone di estensione di drain e di source. Le capacit di ingresso so-
no indicate con Cgd e Cgs.
8.1.2.4 La dipendenza di b b dai parametri fisici e geometrici
Ogni JFET ha un proprio parametro b. Ci accingiamo a determinarlo in modo da rendere e-
vidente la sua dipendenza dai parametri fisici e geometrici
[AN]
. Dato che possiamo calcolarlo in
qualsiasi condizione, pi comodo farlo per VGS = VDS @0. In tali condizioni, si creano due zone
di svuotamento di spessore uniforme s0 (data l'assenza di VDS), che non possono partecipare alla
conduzione. Pertanto, dal momento che ID VDS/RDS, con
( )W s 2 H N q
L
I
V
R
0 n D D
DS
DS

, dato che
la sezione del conduttore W (H-2s0) si ha
( )
L
W
s 2 H N q g 0 n D d [8.1-38]
che rappresenta la conduttanza differenziale nella zona lineare.
Derivando la [8.1-20] si calcola la trasconduttanza nella zona di saturazione e cio
gm = 2b(VGS - Vto). [8.1-39]
Questa per VGS = 0 da gm = -2bVto. [8.1-40]
Si gi trovato che la trasconduttanza nella zona di saturazione eguaglia la condut-
tanza in quella lineare. Imponiamo tale condizione alle [8.1-38] e [8.1-40]
( ) , V 2 -
L
W
s 2 H N q to 0 n D
cio
L
W
V 2
s 2 H
N q
0 t
0
n D

. [8.1-41]
Dalla [8.1-5] per VGS = VDS = 0 si ottiene
D
Bi
0
N q
V 2
s

. [8.1-42]
Quando si applica una tensione di gate eguale a quella di pinch-off, il canale si strozza completa-
mente e ognuna delle due zone di svuotamento occupa met canale. Cio, per VGD = Vto, s = H/2. E
ancora dalla [8.1-8] ( ) to Bi
D
V V
N q
8
H

che insieme alla [8.1-42] da


( ) ( ) [ ]. V V V
N q
8
V
N q
8
V V
N q
8
s 2 H Bi to Bi
D
Bi
D
to Bi
D
0


La quantit all'interno della parentesi, sviluppata in serie di Taylor per Vto molto piccola porta a
( )
Bi
to
Bi to Bi
V 2
V
V V V . Quindi
D
Bi
to
0
N q
2
V
V
s 2 H

Sostituendo nella [8.1-41]


.
L
W
V 2
qN
L
W
qN
V 2
1
qN
2
V
V
n
Bi
D
n D
to D
Bi
to

,
_

[8.1-43]
I transistors ad effetto di campo 297
Quando non si applicano tensioni al JFET, per effetto della diffusione, si creano le due zone
svuotate larghe s0, con ai capi il potenziale intrinseco VBi. Pertanto, dato che l'area complessiva del-
le superfici affacciate 2LW, la giunzione offre una capacit verso il canale

0 s
W L 2
C
Chiamiamo CGC la capacit gate-canale, per unit di area, in assenza di potenziale applicato si ha
.
V 2
N q
N q
V 2
s W L 2
C
' C
Bi
D
D
Bi
0
GC

[8.1-44]
Pertanto la [8.1-43] pu essere riscritta come
.
L
W
' k
L
W
' C n GC [8.1-45]
La capacit CGC e la mobilit mn dipendono solo dal drogaggio e dalla temperatura e dai materiali.
Fissati questi parametri, b pu essere modificato cambiando il rapporto W/L. Il parametro k prende
il nome di parametro tecnologico perch dipende dalla concentrazione di drogaggio:
k = mn CGC. [8.1-46]
L'espressione [8.1-45] valida anche per il JFET planare di Fig.8.1-1. Poich, il gate ap-
plicato solo da una parte H si pu dimostrare che

L
W
2
C
L
W
' k
n ' GC
. [8.1-47]
Il significato dei parametri che compaiono nelle [8.1-45] e [8.1-47] identico. Per k :
k = mn CGC/2. [8.1-48]
8.1.2.5 Il Fattore di merito
Abbiamo gi introdotto nel 7.2.7 il fattore di Merito F e abbiamo determinato il suo
valore per i BJT. Vediamo di eseguire lanalogo calcolo per il JFET. Consideriamo un JFET a
Source Comune (SC). Sul drain posto il carico RD. La sua uscita applicata all'ingresso di uno
stadio identico. La Fig.8.14 mostra il circuito dinamico di uno dei due stadi. L'amplificazione il
rapporto fra la tensione sul gate del secondo stadio e quella sul gate del primo.
Poniamo R = rd||RD. Con Ci si indica la capacit d'ingresso del secondo stadio che, per le
ipotesi fatte, identica a quella del primo.
Si ha
i
m
1 gs i 1 gs m 2 gs o
C sR 1
R g
) s ( V sC 1 || R ) s ( V g ) s ( V ) s ( V
+

.
E cio
i
m
1 gs
2 gs
C sR 1
R g
(s) V
(s) V
(s) Av
+
. [8.1-49]
E da questa, banalmente, si possono scrivere le
R g
V
V
A m
9 s
1 GS
2 GS
0 v

, [8.1-50]
e
i
sup
C R 2
1
f

. [8.1-51]
La capacit d'ingresso pu essere determinata dal primo stadio applicando il teorema di Miller
Ci = Cgs + Cgd( 1-Av0) = Cgs + Cgd( 1+gmR). [8.1-52]
Allora, per la definizione del fattore di merito data nel 7.2.7
( ) [ ] ( ) gd gs
m
m gd gs
m
0 R
i
m
0 R
sup 0 v
0 R
C C 2
g
R g 1 C C 2
g
lim
C R 2
R g
lim f A l lim F
+

+ +



.
Se poniamo Ciss = Cgs+Cgd, [8.1-53]
I transistors ad effetto di campo 298
la precedente diventa
iss
m
C 2
g
F

. [8.1-54]
Ciss la capacit d'ingresso con uscita in corto. La capacit d'uscita con ingresso in corto Crss , dalla
Fig.8.1-16, Cgd.
Quando un JFET viene adoperato della
zona lineare, esso si comporta da resistenza va-
riabile e non adatto all'amplificazione. Se, in-
vece, si vuole amplificare bisogna farlo lavorare
nella zona di saturazione. Pertanto supporremo
di essere in tale condizione. Per il momento, an-
zi, studieremo quello che avviene esattamente al
Pinch-Off e ossia per VDS = VDSsat. Allora, tra-
scureremo l'effetto della modulazione del cana-
le, ed in pi non considereremo l'effetto delle resistenze di estensione di drain e source.
Cerchiamo di calcolare la capacit Ciss. Essa la capacit del gate quando la tensione VDS
costante. La capacit Ciss funzione della VGS perch lo spessore s(y) dello strato svuotato cambia
con la polarizzazione della giunzione. Inoltre s(y) uniforme in assenza di tensione fra drain e
source. anche uniforme se, applicando VGS = Vto, il canale si svuota tutto e s(y) = H/2 e la condu-
zione cessa.
Riguardiamo la Fig.8.1-2. Consideriamo una fettina spessa dy, alta H e larga W. Essa con-
tribuisce alla capacit Ciss con una quantit
( ) [ ]
( ) y s
Wdy
2 y C d iss . [8.1-55]
Al solito il fattore 2 si ha perch il gate su entrambe le facce del transistor. Lo spessore s(y) dello
strato svuotato, dalla [8.1-5] tale che
( ) ( ) [ ] GS Bi
D
2
V V y V
N q
2
y s

+

[8.1-56]
da cui ( ) y dV
N q
2
ds s 2
D

Dalla [8.1-10] ( )
( ) [ ] y s 2 H W N q
dy
I y dV
n D
D

Combinando assieme le ul-
time due:
( ) [ ]
ds s
I
s 2 H W N q
dy
D
n
2
D


, che inseriamo nella [8.1-55]:

( )
ds
I
) s 2 H ( W N q
2 dC
D
n
2
D
iss

. [8.1-57]
Poniamo
to Bi
GS Bi
V V
V V
x

. [8.1-58]
Se il transistor deve condurre, deve essere |VGS| < |Vto| e perci x < 1. Se si vuole che il gate non
conduca, deve essere VGS 0 e quindi x
V V
V
0
to Bi
Bi

< . Concludendo
1
V V
V
0
to Bi
Bi

< [8.1-59]
Utilizziamo la [8.1-8]
H
V V
N q
8
x
GS Bi
D

cio


8
N q
H x V V
D
GS Bi . [8.1-60]
Vediamo di calcolare lo spessore della zona di svuotamento ai due estremi del canale. Si ri-
cordi che, poich siamo a VDS = VDSsat, per y = L, il canale completamente strozzato e
s(L)=H/2.
G
Cgd
Cgs
V
m g gs
V
gs
D
RD
S
= V
gs2
V
ds
Ci
ds g = 1/rd

Fig.8.1-16
I transistors ad effetto di campo 299
Dall'altra parte, sul source, V(0) = 0 e dalla [8.1-56] ( ) [ ] GS Bi
D
2
V V
N q
2
0 s


e usando la [8.1-60] ( )
2
H
x
8
N q
H x
N q
2
0 s
D
D

. [8.1-61]
Riscriviamo la [8.1-13] utilizzando le [8.1-8] e [8.1-58]
( ) +

3 2
2
D 0
D x 2 x 3 1
8
H N q
3
G
I
( ) ) x 2 1 ( x 1
8
H N q
3
G
2
2
D 0
+

. [8.1-62]
Possiamo ora calcolare la capacit Ciss. Integriamo la [8.1-57] fra 0 ed L.
( )

L
o
D
n
2
D
L
0
iss ds
I
) s 2 H ( W N q
2 dC
Usando le [8.1-11] e [8.1-62] e tenendo
conto delle [8.1-60] e [8.1-61] dopo qualche
passaggio si ottiene:
.
H
W L
x 2 1
12
Ciss
+

[8.1-63]
Nella Fig.8.1-17 sono mostrate l'anda-
mento di Ciss e di Crs per i JFET 2N6449 e
2N6450
[TE]
. Aumentando la VDS, a parit del re-
sto, entrambe le capacit diminuiscono. Facendo
crescere la tensione di drain, il canale, media-
mente, risulta pi svuotato e tutte le capacit so-
no inferiori. Alla soglia, per VGS = Vto, tutto il
canale si svuota, x = 1, e dalla precedente :
0 t iss C
H
W L
4 C , [8.1-64]
indicata anche con Cto per evidenziare il fatto
che essa rappresenta la capacit di gate alla soglia. Invece, per VGS =0, dalla [8.1-58],
to Bi
Bi
V V
V
x



to Bi Bi
0 t
0 iss
0 V
iss
V V V 2 1
C 3
C C
GS
+

[8.1-65]
Osservando le [8.1-63] e [8.1-59,] immediato constatare che Ciss varia meno di un fattore 4
al variare di VGS. Le curve della Fig.8.1-17 confermano tale risultato teorico.
Se la [8.1-63] viene sviluppata in serie di potenze di 1 1 V V GS to ci si arresta al termine
di primo ordine si trova che la capacit Ciss pu essere approssimata da

to GS
0 iss
iss
V V 1
C
C

, [8.1-66]
in accordo con quanto detto finora delle capacit delle giunzioni polarizzate inversamente. ovvio
che, se si suppone la giunzione non brusca, l'esponente del denominatore potrebbe scendere fino a
0.3, come descritto nel Cap.6.
Possiamo calcolare adesso la figura di merito. La [8.1-35] pu essere riscritta usando le [8.1-

JFET canale n
C i ss , C rss (pF)
C i SS
C rSS
V DS
= 5 V
V DS = 15 V
V DS = 5 V
V DS
= 15 V
VGS (V)
Vto

Fig.8.1-17
I transistors ad effetto di campo 300
58] e la [8.1-11] come ( ) ( ) x 1
L
H W
qN x 1 G g n D 0 m

. Inseriamo questultima e la [8.1-63] nel-


la [8.1-54]:
( )
,
H
W L
x 2 1
12
2
x 1
L
H W
N q
C 2
g
F
n D
iss
m
+


cio
( )( )
.
L 24
x 2 1 x 1 H N q
F
2
2
n D

+
[8.1-67]
La Fig.8.1-18 mostra l'an-
damento di F verso VGS/Vto. Le
curve sono parametrizzate da
VBi/Vto. Solo se -VBi/Vto molto
piccolo il massimo di F non corri-
sponde a VGS = 0. Ma in pratica
questo rapporto non cos basso.
F il pi alto per VGS = 0, e x e-
spressa dalla [8.1-58].
Unultima osservazione ri-
guarda le dimensioni dei transi-
stor. Mentre gm dipende dal rap-
porto W/L, il fattore di merito
dipende da 1/L
2
. Pertanto risulta
evidente che la riduzione di L
porta risultati benefici sul prodot-
to guadagno-banda passante. Nel
BJT lo spessore della base da cui
dipendono le principali propriet.
Il suo fattore di merito scende con il quadrato di questo spessore. In modo analogo, per un
JFET la larghezza del gate che assume lo stesso ruolo.
8.1.2.6 I parametri ammettenza
In alta frequenza, alle volte, conviene usare i parametri ammettenza che vengono spesso for-
niti dai costruttori. Si noti che il parametro grs non utilizzato perch, se si trascurano gli effetti ca-
pacitivi il dispositivo unidirezionale. In effetti, oltre i parametri g, il costruttore fornisce, spesso i
parametri Y definiti come:
gs fs fs C j g Y ;
gd rs C j Y .
La Fig.8.1-19 mostra il modello a parametri am-
mettenza di un JFET. Da una semplice analisi si
pu concludere che:
g g fs m ;
ds os r 1 Y .
Invece gis tiene conto della debolissima corrente di perdita nella giunzione polarizzata inversamen-
te.


Fattore di merito (MHz)
V GS /V to
-V
B /V
to = 0.021
-V B /V to = 0.027
-V B /V to = 0.039
-V B /V to = 0.071
-V B /V to = 0.489
H =50mm
W =500mm
L =40mm

Fig.8.1-18

D
g
m
v
g
s

S
vgs vds
gis
Cgs
gos
Cgd
G

Fig.8.1-19
I transistors ad effetto di campo 301
8.2 Capacit MOS
Una struttura MOS (Metallo Ossido Semiconduttore) mo-
strata nella figura accanto. Un substrato (bulk) di semiconduttore poco
drogato, per esempio con degli accettori, in modo da avere materiale
tipo p, ricoperto, ma soltanto da una parte, da uno strato sottile di os-
sido di silicio (isolante). Due contatti metallici sono realizzati, uno sul-
l'ossido (gate) e l'altro sul substrato
[MO],[PF]
. Lo studio di questa strut-
tura che costituisce una capacit MOS preliminare per determinare il
funzionamento del Transistor MOS.
8.2.1 Effetti di contatto e dell'ossido
Il comportamento della capacit MOS influenzato da due principali propriet: i potenziali
di contatto e le cariche fisse all'interfaccia ossido-substrato.
8.2.1.1 Il potenziale di contatto nello capacit MOS
Per quanto detto nel 4.2.8, se mettiamo a contatto due diversi materiali non isolanti A e B
si produce fra di loro una differenza di potenziale F ABdata dalla [4.2-25], cio F AB = F A - FB. I
lavori di estrazione dei due materiali sono qF A e qF B. La legge dei materiali intermedi afferma, i-
noltre, che se fra i due materiali se ne interpongono altri, la differenza F AB non cambia
Se fra gate e substrato non c' col-
legamento non si generano potenziali di
contatto avvertibili dall'esterno. Il SiO2,
isolante, interrompe la catena. Per, se si
collegano con un conduttore i contatti di
gate e bulk, si produce fra le estremi t del-
la catena, che sono il gate ed il substrato,
un potenziale F GB = FGATE - FBULK.
Questi si localizza, dunque, ai capi dell'os-
sido come mostrato in Fig.8.2-2a. La dif-
ferenza fra i due lavori d'estrazione tale da rendere il substrato pi positivo del gate. In questo
modo il substrato non pi neutro. Perch diventi tale bisogna applicare dall'esterno una tensione
che rende il gate positivo rispetto al substrato proprio di VGB = F GB (Fig.8.2-2b).
8.2.1.2 Le cariche fisse all'interfaccia
Tralasciamo, per ora, l'effetto del potenziale di contatto. Invece, teniamo presente che nel-
l'ossido, sia per la presenza d'impurezze, sia perch, all'interfaccia con il substrato ci sono legami
non saturi, sono presenti ioni positivi immobili prevalentemente all'interfaccia o comunque ricon-
ducibili ad una carica Q0 equivalente di ioni positivi tutti localizzati all'interfaccia, come mostrato
nella Fig.8.2-3a.
Q0 respinge lacune che si tro-
vano in uno strato sottile della zona
affacciata con l'ossido. Poich il bulk
poco drogato, queste lasciano scoperti
elettroni. Si crea un sottile canale n in
cui la carica complessiva -Q0. Se si
vuole riavere la neutralit del canale
bisogna rimuovere le -Q0 cariche che
ci sono e portarle nel gate. Ci pu es-

Gate
Ossido
- - - - - - - - - - -
T
ox
Bulk p
-

Fig.8.2-1

Ossido
Gate
+
-
V GB
(b)
Ossido
Gate
- - - - - - - - - - -
+ + + + + + + + +
(a)
T
ox
T
ox
Bulk Bulk p
-
p
-

Fig.8.2-2

Ossido
Gate
(a)
Ossido
Gate
Q
o o
/C
-
V
0
(b)
Bulk Bulk
-Q
o
+Q
o
p
-
p
-

Fig.8.2-3
I transistors ad effetto di campo 302
sere fatto, come mostrato in Fig.8.2-3b, applicando un opportuno potenziale fra gate e substrato,
negativo sul gate. E allora si hanno -Q0 cariche dalla parte del gate e +Q0 all'interfaccia SiO2-Si ed
una tensione sull'ossido Vo = Qo/Co con il verso indicato nella figura. Co la capacit dell'ossido.
Cio: ,
T
S
C
ox
x o ' Q
T
T S
Q
V o
ox
ox
ox ox
0
o

. Q
Q
S
o
o
' la carica per unit di superficie del gate. I-
noltre si pu definire la capacit per unit d'area come
C
C
S T
o
o
ox
ox
'
e
. [8.2-1]
8.2.1.3 La tensione di banda piatta
I due effetti di cui abbiamo parlato
coesistono. Allora, se si vuole che nel sub-
strato sia rispettata la neutralit necessa-
rio applicare una tensione VFB che annulli
entrambi i risultati dei due effetti. Deve es-
sere
'. Q
T
V V o
ox
ox
GB o GB FB

[8.2-2]
La tensione VFB prende il nome di tensione
di banda piatta (Flat-Band). La figura ac-
canto illustra la situazione.
8.2.2 Le cariche nel dispositivo
Applichiamo fra gate e bulk una tensione VGB differente da quella di banda piatta. Questa
tensione viene equilibrato, all'interno del dispositivo da una serie di potenziali. Se la caduta di po-
tenziale Vox sull'ossido ed il potenziale di contatto F GB non sono sufficienti perch VGB VFB, allo-
ra sorge nel bulk una tensione Vs per equilibrare la tensione applicata. Cio:
VGB = F GB - F ox + Vs. [8.2-3]
Inoltre, in ogni caso, per assicurare la neutralit elettrica del
dispositivo deve essere
Qg + Qo + Qs = 0. [8.2-4]
Qg la carica immagazzinata nel gate, Qo la gi definita carica
equivalente all'interfaccia e Qs quella immagazzinata nel sub-
strato. Questultima pu essere riferita alle densit di cariche
Qg + Qo + Qs = 0 con ovvi significati dei simboli. La situa-
zione mostrata nella figura a lato.
8.2.2.1 La banda piatta
Si gi visto quello che avviene nel caso in cui viene applicata una tensione pari a quella di-
banda piatta. Se VGB = VFB = F GB - Vo, dalla [8.2-3] si ricava F ox = Vo, poich, per quanto detto, in
queste condizioni, Vs = 0. Inoltre, dal momento che Qg = -Qo, dalla [8.2-4] si ha che Qs = 0. Riepi-
logando
VGB = VFB; Vs = 0; Qg = -Qo; Qs = 0.
8.2.2.2 Accumulazione
La tensione VGB pu essere considerata come la somma di due tensioni: una, quella di banda
piatta, e l'altra che sar positiva o negativa a seconda che la tensione applicata sia superiore od infe-
riore a quella di banda piatta.

Ossido
Gate
V
0
V FB
Gate
Ossido
Q'
Bulk
T ox
y
+Q '
o
-Q '
o
-Q
o
+Q
o
Bulk
p
-

Fig.8.2-4

Ossido
Gate
Bulk
Semiconduttore
V
GB
V s
F ox
Q
g
Q
s
0
Q
p
-

Fig.8.2-5
I transistors ad effetto di campo 303
Se VGB < VFB la condizione illu-
strata in Fig.8.2-4 non pi valida. L'ag-
giunta di una tensione negativa a quella di
banda piatta abbassa il potenziale del gate
e quindi rende la carica Qg, in modulo, pi
grande, cio il gate si carica ancora di pi
negativamente. Ci viene ottenuto a spese
di cariche negative che vengono sottratte
al bulk che diventa carico positivo. In
questo caso si ha, ovviamente: VGB < VFB;
Vs < 0; Qg> -Qo Qs > 0. La carica Qs
si addensa all'interfaccia. Questa zona risulta avere una concentrazione superiore di lacune. C una
accumulazione di cariche minoritarie allinterfaccia ossido-bulk. La Fig.8.2-6 illustra quanto detto
8.2.2.3 Svuotamento
Sia, adesso, VGB > VFB. L'eccesso
di tensione rispetto a quella di banda piat-
ta provoca un allontanamento di lacune
dalla superficie di interfaccia che fa s
che, in quella zona, ioni negativi restino
scoperti. Si produce, dunque, uno strato
svuotato in cui la densit delle cariche
scoperte pari a quella degli ioni accettori
e cio NA. La carica Qs < 0 , quindi, do-
vuta agli ioni accettori scoperti. Lo spes-
sore S della zona svuotata dipende da VGB
e non pu superare un certo valore SM come vedremo pi avanti.
8.2.2.4 Inversione
Aumentiamo ancora VGB. La carica
sul gate potr addirittura diventare positiva.
La zona in cui ci sono ioni scoperti nel se-
miconduttore si allarga al massimo ed attira
elettroni liberi verso l'interfaccia. La loro
concentrazione, per VGB sufficientemente
grande, pu superare quella delle lacune nel
bulk. In questo caso, la zona in cui si ha
questo fenomeno, che altrimenti sarebbe di
tipo p, con portatori maggioritari lacune in-
verte il tipo di portatori maggioritari che ora
sono gli elettroni. Si crea un canale n. Si dice che c' stato un inversione. L'inizio dell'inversione
corrisponde a quando la concentrazione degli elettroni vicino all'interfaccia diventa quella intrinseca
ni. La Fig.8.2-8 mostra quello che avviene in questo caso.
8.2.2.5 La carica nel substrato
Determiniamo il potenziale Vs che si produce nel silicio in conseguenza dell'applicazione di
una VGB VFB. Riscriviamo la [8.2-3] come: F ox = VGB - F GB - Vs = VGB - (F GB - Vo) - Vs - Vo.
cio F ox = VGB - VFB - Vs - Vo. [8.2-5]
L'ossido spesso Tox. Pertanto il campo elettrico al sua interno E
T
V V V V
T
ox
ox
ox
GB FB s o
ox

F


Ossido
Gate
V
GB
V
s
F
ox
Q
g
Q
s
o
Q Bulk
p
-
Gate
Ossido
Q'
Bulk T ox
y
Q '
s
Qo'
Q g
'

Fig.8.2-6

Gate
Ossido
Q'
Bulk
T ox
y
Q '
s
Qo'
Q g '
Q '
n
Ossido
Gate
Bulk
V
s
V
GB
F
ox
Q
g
Q
s
o
Q
p
-

Fig.8.2-7

Ossido
Gate
V GB
V
s
F
ox
Q
g
Q
s
o
Q
Bulk
Gate
Ossido
Q'
Bulk
T ox
y
Q '
s
Qo'
Q g '
Q '
n
p
-

Fig.8.2-8
I transistors ad effetto di campo 304
diretto dall'interfaccia al gate, vedi Fig.8.2-9.
Consideriamo un volume V
chiuso definito da due superfici S1 e S2,
eguali, raccordate da una superficie la-
terale perpendicolare all'interfaccia
SiO2-Si. In V sono racchiuse cariche
con una densit Q0' all'interfaccia ed
una densit di carica Qs' nel Silicio.
Dunque, S1 sta nel SiO2 fra il contatto
di gate e la zona dove localizzata la
carica equivalente Q0, mentre S2 nel
Si, quanto pi vicino al contatto del
substrato (7.2-9). Se le pareti laterali di
V sono sufficientemente lontane dalle
pareti del dispositivo il flusso dell'induzione da queste pareti laterali nulla. Se, come detto, S2
cos vicino al contatto del substrato, essa in una zona neutra dove il campo elettrico Es nullo. Al-
lora, per il teorema di Gauss, l'induzione nell'ossido eguaglia la densit di carica complessiva nel
volume V. Cio:
' Q ' Q ' C
T
E D s o ox o
ox
ox
ox ox ox ox +

.
Sostituiamo, in quest'ultima, il valore ricavato con la [8.2-5]. Si ha: -Co'F ox = -Co'(VGB - VFB
- Vs - Vo) = -Co'(VGB - VFB - Vs ) + Co'Vo = -Co'(VGB - VFB - Vs ) + Qo' = Qs' + Qo' cio
Qs' = -Co'(VGB - VFB - Vs ). [8.2-6]
Applicando la tensione di banda piatta, Vs si annulla, Qs' anche, ed il semiconduttore neu-
tro. Se siamo in condizioni di accumulazione, sia VGB che Vs sono negativi e Qs' risulta positiva
(lacune in concentrazione superiore nel substrato). Se, invece si ha svuotamento, sia VGB che Vs so-
no positivi e Qs' risulta negativa (gli ioni scoperti dalle lacune allontanatesi). Infine, in caso di in-
versione, alla carica dovuta agli ioni scoperti si aggiunge l'altra carica negativa dovuta agli elet-
troni richiamati che hanno formato il canale n.
8.2.3 La tensione nel substrato
[TS]

Lo spessore del semiconduttore sia SS > SM (SM lo spessore massimo della zona svuotata) lo
spessore del substrato. Indichiamo con np(y) e pp(y) le concentrazioni delle cariche mobili nel sub-
strato. y = 0 l'interfaccia con l'ossido. Per y = Ss, le concentrazioni np(Ss) e pp(Ss) sono, rispettiva-
mente, np0 e pp0.
A regime, la corrente netta di lacune nulla. Le due componenti di trascinamento e di diffu-
sione si eguagliano. Cio 0
dy
dp
D q E p q J p s p p Da questa, con semplici passaggi si ottiene che:
dy p
dp
V
dy p
dp D
E
dy
dV

T
p
p
s


p
dp
V dV T


) S ( p
) y ( P
T
S
y
s p
p
s
p
dp
V dV
) S ( p
) y ( p
T
y
S
s p
p s
p ln V V
( ) ( ) ( )
( )
( ) p
0 p
T
p
s p
T s
p
p
ln V
y p
S p
ln V y V S V y V .
In definitiva:
e
p p
T

V
V
0 p p

. [8.2-7]
Procedendo analogamente per gli elettroni si trova

e
n n
T

V
V
0 p p . [8.2-8]

Ossido
Gate
Bulk
Q
Q
V s
F F ox
g
s
S
S
1
2
E ox
s
s
Q
o
p
-
y

Fig.8.2-9
I transistors ad effetto di campo 305
cio .
e
N
n
T
P
V
V
A
i

[8.2-9]
VP solo funzione della temperatura del tipo di semiconduttore e dal drogaggio.
Applichiamo l'equazione di Poisson al potenziale nel silicio. Ricordiamo che pp0 - np0 NA:
s
. p p A
s
2
2
n p N
q
dy
V d


Utilizzando le [8.2-7] e [8.2-8] e tenendo presente che per y = Ss, pp0 = NA, la precedente diventa:
.
) 1
e
( n ) 1
e
( N
q
dy
V d
s
V
V
0 p V
V
A
2
2
T T

Moltiplicando ambo i membri per dV/dydy si ottiene:


( ) ( )
dy
dy
dV 1
e
n 1
e
N
q dy
dy
dV
dy
V d

T T

s
V
V
0 p V
V
A
2
2

,
cio ( )
( ) ( )
dV
1
e
n 1
e
N
q E d
2
1
dy
dV
d
2
1

T T

s
V
V
0 p V
V
A
2
2

,
_


.
Integriamo fra l'interfaccia (y = 0, dove V = Vs e E = Es) e a profondit Ss (y = Ss ,Vs = 0 e Es = 0):
( ) ( )


,
_

0
V
s
V
V
0 p
V
V
A
0
E
2
s
T T
2
s
dV
1
e
n 1
e
N
q
dy
dV
d
2
1
.
Dopo alcuni passaggi elementari si ottiene
( )
1
]
1

+ +


T s V
V
A
0 p
T s V
V
T A
s
s V / V 1
e
N
n
V / V 1
e
V N
q 2
E T
s
T
s 2
.
Posto
A
T s
D
N q
V
L

, [8.2-10]
dal momento che la [8.2-9], per la legge dazione di massa, diventa
n
N
n
N
e
p
A
i
A
V
V
P
T
0
2
2

_
,



il risul-
tato finale si pu esprimere come

,
_

t
T
P
T
s
D
T
s
V
V
,
V
V
F
L
V 2
E [8.2-11]
Il segno positivo si ha in accumulazione quando Vs negativa. Se al contrario si in svuotamento o
inversione va preso il segno negativo. La funzione F assume la forma:
( )
e
V / V 1
e
V / V 1
e
V
V
,
V
V
F T
P
T
s
T
s
V
V 2
T s V
V
T s V
V
T
P
T
s

+ +

,
_

. [8.2-12]
La Fig.8.2-10
[GA1]
mostra la funzione F al
variare di Vs, per un certo ni/NA. La curva pu es-
sere suddivisa in quattro zone che corrispondono
all'accumulazione, allo svuotamento, alla debole
inversione ed alla forte inversione.
Nella zona d'accumulazione, cio per Vs
negative, a causa del basso valore di VP/VT la
[8.2-12] si pu semplificare come:
F
e
V V
V
V s T
s
T +

1 / , [8.2-13]
e quest'ultima, quando Vs/VT sufficientemente
piccola, per es. minore di -3, si pu ridurre a
F
e
V
V
s
T

2 .
F(VS /VT ,ni /NA )
VS ( V)
e
V V
s T
2
Vs
e
V V s T 2
Vp
Si l i ci o p a 300 K
N
A
= 4 10
1 5
/ c m
2
B a n d a
pi at t a
Ac c u mu l a z i o n e
Sv u o t a me n t o
De bol e
i n v e r s i o n e
For t e
i n v e r s i o n e
2V
p

Fig.8.2-10
I transistors ad effetto di campo 306
Sviluppando in serie di potenze nell'intorno di Vs = 0 si trova che
F
V
V
s
T

2
. [8.2-14]
Occupiamoci di Vs positivo. Conviene riscrivere la [8.2-12] come:
e e
N
n
1
N
n
1
V
V
F
T
P s
T
s
V
V 2 V
V
V
2
A
i
2
A
i
T
s

+ +
1
1
]
1

,
_

+
1
1
]
1

,
_


che, dato il valore molto piccolo di ni/NA, si pu ridurre a

F
V
V
e e
s
T
V
V
V V
V
s
T
s P
T + +


1
2
. [8.2-15]
La funzione F, per Vs positive pu essere studiata in quattro intervalli. Nei dintorni dello ze-
ro, per Vs 0, sviluppando in serie di potenze, come gi visto. Si ha comunque la [8.2-14]. Nella
zona di svuotamento o di debole inversione, cio per Vs < 2VP. Si pu trascurare il termine


+
V
V
V V
V
s
T
s P
T
e e
2
-1 e la [8.2-12] si approssima come
F
V
V
s
T
. [8.2-16]
Al confine fra debole e forte inversione, cio per Vs 2Vp,
F
V
V
e
s
T
V V
V
s P
T +
2
. [8.2-17]
E proprio per Vs = 2Vp F
V
V
p
T

2
. [8.2-18]
Infine, per Vs >> 2Vp, possiamo semplificare l'espressione della F come
e
N
n
e
F
A
i
V
V
V 2
V 2 V
T
s
T
P s


. [8.2-19]
Nel seguito supporremo che
5
V
V
A
i
8
10
e
N
n
10 T
P

.
8.2.4 La zona di svuotamento
Applichiamo il teorema di Poisson alla zona svuotata quando sono presenti solo gli ioni sco-
perti:
s
. A
s
2
2
N
q
dy
V d

Eseguendo i calcoli come gi fatto nel Cap.6 per determinare lo spesso-


re della zona di svuotamento di un diodo e tenendo conto delle condizioni al contorno, si ricava il
potenziale V(y) all'interno della zona ( ) .
S
y
1 V y V
2
s

,
_

L'espressione del potenziale Vs ai capi


della zona di svuotamento
2
s
A
s S
qN
V

, e da questa si trova lo spessore

A
s s
N q
V 2
S

Si vede bene
che lo spessore della zona svuotata aumenta con Vs. All'inizio della zona di forte inversione per Vs
= 2Vp esso diventa

A
p s
M
N q
V 2 2
S

[8.2-20]
A questo punto, se si aumenta Vs, la zona di svuotamento non si allarga pi. Infatti, si crea uno stra-
to di forte inversione fatto di portatori con concentrazione molto alta. Questo strato un buon con-
duttore ed agisce come schermo alla penetrazione del campo e quindi all'allargamento della zona di
svuotamento. Il pedice M in SM sta per indicare che lo spessore massimo.
I transistors ad effetto di campo 307
8.2.5 La tensione di soglia
Applichiamo il teorema di Gauss ad un volumetto analogo a quello della Fig.8.2-9. Per
spostiamo la superficie S1 all'interfaccia SiO2-Si dove il campo elettrico Es. Si ha: ' Q E s s s
" F
L
V 2
D
T
s . Questa densit di carica Qs', per basse Vs, dovuta agli ioni che sono nella zona svuo-
tata, con densit di carica QA'. Per tensioni superiori, nella zona di forte inversione, si aggiunge la
densit di carica Qn' dovuta agli elettroni richiamati all'interfaccia. In genere, per Vs positive:
F
L
V 2
' Q ' Q ' Q
D
T
s n A s + . [8.2-21]
Al limite della forte inversione (per S = SM, Vs = 2Vp, Qn' = 0), facendo uso delle [8.2-18] e
[8.2-10] si ha
A p s
T
p
T
T s
A
s
T
p
D
T
s A s N V 2 q 2
V
V 2
V 2
V
N q
V
V 2
L
V 2
' Q ' Q

. [8.2-22]
In generale, dalla [8.2-6] V V V Q C GB FB s s o + ' / ' . Chiamiamo tensione di soglia e la indi-
chiamo con Vto, la tensione VGB che produce l'inizio della forte inversione e cio che corrisponde
a Vs = 2Vp e Qs' = QA'. In base a questa definizione la precedente fornisce:

+ +

+ +

p
o
A
p FB
o
A p
p FB to V 2
' C
N q 2
V 2 V
' C
N V 2 q 2
V 2 V V


cio p p FB to V 2 V 2 V V + + , [8.2-23]
con
' C
N q 2
o
A
. [8.2-24]
g prende il nome di coefficiente dell'effetto body.
Per forte inversione, riprendendo le [8.2-6] e [8.2-22] si ha:
( ) ( ) p s FB GB o A p s s FB GB o A s n V 2 V V V ' C N V 2 q 2 V V V ' C ' Q ' Q ' Q +
( ) p s FB GB o V 2 V V V ' C [8.2-25]
o anche: ( ) to GB o n V V ' C ' Q [8.2-26]
che si ricavata tenendo presente le [8.2-23] e [8.2-24] e che per forte inversione Vs non molto
diversa da 2Vp.
8.2.6 La caratteristica capacit-tensione
Applichiamo una piccola variazione della tensione VGB e ricaviamo la capacit incrementale
del dispositivo al variare di VGB
[GR1]
. Se si riguar-
dano le Figg.8.2.-6, 8.2-7 e 8.2-8 risulta chiaro co-
me il dispositivo possa essere considerato come
due capacit in serie. Una di questa la capacit
dell'ossido il cui valore (per unit d'area) Co'. L'al-
tra, esprime la capacit Cs' (sempre per unit di are-
a) del substrato. Chiamiamo CD' la capacit specifi-
ca del dispositivo. , quindi:

' C ' C 1
' C
' C ' C
' C ' C
' C
s o
o
o s
o s
D
+

+
. [8.2-27]
In condizione d'accumulazione tutta la cari-
ca si addensa ai lati dell'ossido e la capacit CD' =
Co'. Il substrato capace di accumulare tutta la ca-
rica positiva che si vuole all'interfaccia dal mo-
CD (fF/m
2
)
VGB (V)
Co
CDFB
VS = 0
CDm
CDm
Vto
(a)
(b)
Accumulazione
Svuotamento
Inversione

Fig.8.2-11
I transistors ad effetto di campo 308
mento che si tratta delle cariche maggioritarie.
Se si lascia la condizione daccumulazione inizia lo svuotamento e S aumenta con Vs. Per
questo Cs' diminuisce e quindi anche CD'. Tuttavia, ad un certo punto, interviene l'inversione che
comincia ad addensare cariche all'interfaccia. Alla forte inversione, addirittura, la densit di carica
Qn' all'interfaccia prevale su quella QA' della zona svuotata e la capacit dipende essenzialmente sol-
tanto dagli elettroni di inversione. Pertanto le cariche sono praticamente addensate tutte da una parte
e dall'altra dell'ossido e CD' coincide ancora una volta con Co'. chiaro, allora, che nella zona di in-
versione la capacit CD' prima diminuisce perch prevale l'aumento di S con Vs. Poi prende ad au-
mentare perch pi rilevante l'effetto della Qn' che si addensa all'interfaccia. Nell'intervallo Vp <
Vs < 2Vp, ma piuttosto vicino a 2Vp, cio per VGB di poco minore di Vto, si ha il valore minimo del-
la capacit CD'm.
Tutto ci pu essere ricavato analiticamente tenendo conto che Cs' la capacit differenzia-
le. Derivando la Qs' data dalla [8.2-21] ed usando la [8.2-12] si ha:

,
_

,
_

+ +

2F
V
1
V
e
N
ni
V
1
V
e
L
V 2
dV
dF
L
V 2
dV
' dQ
= ' C
T T
V
V 2
A T T
V
-V
D
T s
s D
T s
s
s
s
T
S
T
S

cio
( )
F
1
e
N
ni
e
1
L 2
= ' C
T
S
T
S
V
V
2
A
V
V -
D
s
s

,
_

[8.2-28]
Inserendo la [8.2-28] nella [8.2-27] si ricava la CD'. La curva (a) della Fig.8.2-11 mostra
l'andamento di CD' al variare di Vs e quindi anche di VGB
[GR1]
.
Per VGB VFB , cio per Vs 0, la precedente da luogo ad un rapporto indeterminato. Se,
per si utilizza la [8.2-14] valida nelle vicinanze di Vs = 0, invece della [8.2-12] si ha:
FB s
D
s
T D
T s
s D
T s
s
s
s ' C
L V 2
1
L
V 2
dV
dF
L
V 2
dV
' dQ
= ' C


che sostituita nella [8.2-26] da la capacit che il dispositivo offre in condizioni di banda piatta.
Cio
A s
T
ox ox
ox
s
ox
D ox
ox
s
D
ox
ox
x 0 T
ox
FB s
o
o
FB D
N q
V
T
L T
L
T
1
' C
' C
1
' C
' C

+


. [8.2-29]
Finche la zona di svuotamento piccola e non si ha inversione, vale la [8.2-16] cio F V V s T e

s
A s
T s T s
A
T s
s D
T s
s
s
s
V 2
N q
V V 2
1
V
N q
V 2
dV
dF
L
V 2
dV
' dQ
= ' C

. [8.2-30]
Riapplicando la [8.2-32] si ricava la capacit del dispositivo per svuotamento o debole inversione:

A s
s
ox ox
ox
FB s
o
o
D
N q
V 2
T
' C
' C
1
' C
' C

+

+
[8.2-31]
La capacit diminuisce con Vs e quindi con VGB.
Ma perch ci possa avvenire senza problemi necessario che la variazione di Vs sia suffi-
cientemente lenta per consentire che i processi di generazione e ricombinazione possano inter-
venire
[GR2]
. Se la frequenza del segnale a cui si vuole determinare CD' troppo alta, la velocit di
generazione e ricombinazione relativa agli elettroni della zona di inversione troppo bassa per con-
sentire che Cn' si adegui con il ritmo imposto dalla frequenza. Allora, la capacit differenziale deve
essere depurata dalla componente di Qn' e deve essere tenuto conto soltanto dell'effetto della QA'. In
altri termini la capacit CD' dipender essenzialmente dagli ioni scoperti nella zona di svuotamento
larga S. E dal momento che non c' pi l'effetto sulla capacit della forte inversione, l'espressione
I transistors ad effetto di campo 309
[8.2-30] sar valida anche all'inversione. Il fenomeno assume rilevanza per VGB = Vto e Vs = 2Vp =
2VTln(NA/ni). In tali condizioni si ha S = SM, Cs' = Csm' e CD' diventa CDm' < CD'm che non varia pi
aumentando Vs o VGB. Landamento della capacit ad alta frequenza la curva (b) di
Fig.8.2.11
[GR1]
. Allora, sostituendo nella [8.2-31] il valore di Vs alla soglia, cio Vs = 2Vp = 2VT
ln(NA/ni) si ha per la capacit minima:


A s
i A
ox ox
ox
Dm
N q
n N ln
T
' C

+

. [8.2-32]


I transistor ad effetto di campo 310
8.3 Transistors ad Effetto di Campo Metallo-Ossido-Semiconduttore: MOSFET
Il controllo del canale di un transistor ad effetto di campo pu essere realizzato in modo simile,
sfruttando, non pi l'effetto di svuotamento di una giunzione polarizzata inversamente, come nei JFET,
bens l'effetto elettrostatico che si ha quando si polarizza una capacit. La Fig.8.3-1 mostra schematica-
mente questo nuovo transistor che dapprima prese il nome di Insulated-gate Field-Effect Transistor
(IGFET)

ma che ormai universalmente chiamato Metal-Oxide-Semiconductor Field-Effect-
Transistor: MOSFET

IA1] ],[HO ], [KA] ,[SA],[SH2]
.

Una struttura planare realizzata nel seguente
modo: in un substrato (bulk) di Silicio intrinseco o de-
bolmente drogato, largo W, sono diffuse due regioni
pesantemente drogate sulle quali sono realizzati i con-
tatti di source e drain. A cavallo fra queste due regioni
fatto crescere uno strato sottile di ossido di spessore
Tox e lunghezza Lt . Su questo strato viene vaporizzato
il contatto di gate LW. La zona grigia fra source e
drain prende il nome di canale. Questa volta il gate
ben isolato dal canale dall'ossido, indipendentemente
dal segno della tensione che si ha fra il gate e il canale.
La modulazione del canale avviene per effetto capaciti-
vo
Le zone del drain e del source sono drogate allo stesso modo mentre il canale drogato debol-
mente, o con lo stesso tipo di drogaggio o con drogaggio di tipo inverso.
Consideriamo dapprima il caso di drogante dello stesso tipo, per esempio n
-
per il canale ed n
+
per
le zone di drain e source. Polarizziamo positivamente il drain rispetto al source. In assenza di tensione fra
gate e canale c' corrente di drain. Infatti fra le due zone di source e drain non c' alcuna giunzione ed il ca-
nale possiede cariche per la conduzione.
Polarizzaziamo negativamente il gate rispetto al source. Le cariche mobili si allontanano dal canale.
Allora la parte conduttrice del canale si assottiglia e la conduzione diventa pi difficile. Il tutto abbastanza
simile al comportamento del JFET. Il massimo della conduzione, ovviamente, si ha per VGS = 0. Dal mo-
mento che l'applicazione della tensione di gate porta ad uno svuotamento del canale con conseguente re-
stringimento dello stesso, si dice che si in modo svuotamento (depletion).
Se, invece, la tensione VGS si fa positiva si ha un richiamo di cariche negative e le propriet di con-
duzione del canale migliorano. Si lavora in modo arricchimento (enhancement). Mentre il modo depletion
si ha anche nel JFET, questo altro modo di lavorare non ha corrispondenza del JFET. Infatti, l'inversione
della polarizzazione del gate, nel JFET, porterebbe questa giunzione ad essere diretta, con conseguente
passaggio di corrente di gate.
Consideriamo, ora, l'altro modo per realizzare il MOSFET, cio fare il canale con drogaggio diffe-
rente da quello delle zone di source e drain. Per esempio il canale p
-
mentre source e drain sono n
+
. In as-
senza di polarizzazione di gate non passa corrente nel canale. come se ci fossero due diodi contrapposti
che impediscono la conduzione. Se, per, si applica una tensione positiva al gate, le lacune vengono allon-
tanate dal canale e si ha un accumulo di elettroni in questa zona. Se la tensione VGS sufficiente si forma un
canale di tipo n e la conduzione fra source e drain pu avere luogo. Il transistor lavora nel modo enhance-
ment. Aumentando la tensione di gate, il canale si allarga sempre di pi e la conduzione fra source e drain
viene facilitata.
Source Drain
Gate
Bulk
p
-
L
Lt
w
Tox
SiO2
SiO2
SiO2
n
+
n
+

Fig.8.3-1
I transistor ad effetto di campo 311
I transistor che lavorano soltanto in enhancement mode sono chiamati MOS Enhancement.
Quelli descritti prima, che, possono lavorare anche in depletion, sono chiamati MOS Depletion. Inoltre, i
MOSFET vengono classificati in base al tipo di cariche mobili che scorrono fra drain e source. In Fig.8.3-2
sono mostrati i 4 tipi di MOS realizzabili ed i corrispondenti simboli elettrici che si usano
[GA2]
. anche mo-
strato il simbolo che si usa quando il Bulk connesso al source.
A seconda del tipo di transistor si debbono applicare le polarizzazioni come indicate nella tabella
soprastante.
8.3.1 Le cariche all'interfaccia
Studiamo il comportamento di un MOS Enhancement a canale n. Per il momento immaginiamo di
cortocircuitare il source con il substrato. Polarizziamo il drain positivamente rispetto al source al fine di ot-
tenere passaggio di corrente. Perch ci avvenga necessario che sia presente il canale n e quindi ci sia
una condizione di inversione all'interfaccia Si-SiO2. Allora da questa zona sono allontanate le lacune ed
trascurabile l'effetto delle cariche positive.
La tensione VD(z) lungo il canale varia da zero (per z = 0) fino a VDS (per z = L). Nel substrato, nel
punto P(y,z), a distanza y dallinterfaccia, c una tensione V(y,z). Vz(y) la differenza di potenziale fra P
ed il canale alla distanza z dallestremo del
gate, vedi figura. V(y,z) = VD(z) + Vz(y). Se
la polarizzazione corretta si ha un allarga-
mento della zona svuotata dalla parte del
drain. E si pu avere, cos come nel JFET, la
strozzatura del canale, come mostrato nella
figura. Lanalisi che segue un po semplifi-
cata perch non considera in dettaglio il com-
portamento agli estremi del canale. Tuttavia
lapprossimazione molto buona come si
potr vedere dal confronto fra i dati speri-
mentali e quelli teorici.
Sourc Drai Gat
Bulk
p
n
+ n
+
Sourc Drai Gat
Bulk
p
n
+ n
+ n
-
Sourc Drai Gat
Bulk
n
+ +
p p
Sourc Drai Gat
Bulk
+
n
+ -
p p p
P-channel
depletion
G
S
D
B G
S
G
S
D
B
D
G
S
G
S
D
B
D
G
S
G
D
B
D
G
S
D
N-channel
enhanchement
P-channel
enhanchement
N-channel
depletion
S

Fig.8.3-2
TAV.8.1
TIPO PORTATORI SOURCE,GATE BODY VTH VGS VDS ID
ENHANCEMENT A CANALE N ELETTRONI N P > 0 > 0 > 0 > 0
DEPLETION A CANALE N ELETTRONI N P < 0 0 > 0 > 0
ENHANCEMENT A CANALE P LACUNE P N < 0 < 0 < 0 < 0
DEPLETION A CANALE P LACUNE P N > 0 0 < 0 < 0
Source Drain
Gate
Bulk
p
-
w
Tox
SiO2
SiO2
SiO2
n
+
n
+
L
Ln
y
z
x
Ln
V
D
(z)
Vz( y) V(y,z)
P(y,z)

Fig.8.3-3
I transistor ad effetto di campo 312
La concentrazione delle cariche minoritarie varia sia spostandoci lungo il canale che trasversalmen-
te. Oltre le cariche minoritarie ci sono gli ioni negativi scoperti con concentrazione NA. Si ha
T P D z T D z T D z T D z V ] V 2 ) z ( V ) y ( V [
A
V )] z ( V ) y ( V [
2
A
i
A
V )] z ( V ) y ( V [
A

2
i
V ) z ( V ) y ( V
0 p p e N e
N
n
N e
N
n
e n ) z , y ( n
+ + + +

,
_


Studiamo la situazione lungo l'asse y, Trasversalmente al canale. Applichiamo il teorema di Poisson all'inter-
faccia. Si ha { }. e 1
qN n N
q
dy
(y) V d
T P D z V ] V 2 ) z ( V ) y ( V [
s
A
s
p. A
s
2
z
2
+
+

Procedendo in modo analogo a


quanto fatto nel 8.2.3 si ottiene

,
_

t
T
p D
T
s
D
T
s
V
2V (z) V
,
V
(z) V
G
L
V 2
(z) E in cui,
( )
e
V
(z) V
e
1
e
V
(z) V
V
V (z) V
,
V
(z) V
G T
D s
T
P
T
D s
V
2Vp (z) 2V (z) V
T
s
V
2V
V
(z) 2V (z) V
T
s
T
p D
T
s

+ +

,
_

+
. [8.3-1]
Vs(z) la tensione ai capi del canale in senso trasversale.
Al limite fra debole e forte inversione (per S = SM, Vs = V(z)+2Vp, Qn' = 0), la precedente pu
essere approssimata come

T
D p
T
p D
T
s
V
(z) V 2V
V
V (z) V
,
V
(z) V
G
+

,
_

+
. [8.3-2]
Procedendo allo stesso modo si trova una espressione analoga alla [8.2-20]. Cio
, ] ) z ( V V 2 [ N q 2
V
) z ( V V 2
L
V 2
) z ( ' Q ) z ( ' Q D P A s
T
D P
D
T
s A s +
+

cio: ) z ( V V 2 ' C ) z ( ' Q D p o A +
Per il campo elettrico Es(z) e la carica Qs(z) allinterfaccia si ha:
es s s E Q (z) (z) ' es
T
D
V
L
G
2
.
Vale ancora la [8.2-6] V V V Q C GB FB s s o + (z) (z) ' / ' .
La densit di carica Qn(z) dello strato invertito , analogamente alla [8.2-23]:
[ ]. (z) V 2V - (z) V V V ' C (z) ' Q (z) ' Q (z) ' Q D p s FB GB o A s n +
Polarizzando il substrato rispetto al source con una tensione VBS, la tensione che ottiene nel punto z
allinterno dello stato di inversione (vedi Fig.8.3-3) non pi VD(z) ma VD(z) - VBS. Pertanto le prece-
denti si possono riscrivere come BS D p A V (z) V 2V (z) ' Q +
e [ ] { }. V (z) V 2V (z) V V V ' C (z) ' Q BS D p s FB GB o n +
Alla forte inversione Vs(z) 2Vp+VD(z)-VBS. Allora:
( ) [ ], V (z) V 2V V (z) V 2V V V ' C (z) ' Q BS D p BS D p FB GB o n + +
che si pu riscrivere come
( ) [ ] { } 2V V (z) V 2V V (z) V 2V 2V V V V ' C (z) ' Q p BS D p BS D p p FB BS GS o n + + + + ,
cio: [ ] { } 2V V (z) V 2V (z) V V V ' C (z) ' Q p BS D p D to GS o n + . [8.3-3]
8.3.2 La corrente di drain
Calcoliamo la corrente ID nel canale. Si noti che la densit di carica disponibile per la conduzione
la Qn'(z) calcolata con la [8.3-3]. Essendo, quindi la Qn'(z) non costante, anche la conducibilit del canale
I transistor ad effetto di campo 313
non costante.
Usando un procedimento simile a quello del 8.1.1.2 si trova che
( ) ( ) (z) ' Q W
dz
I
z WS qn(z)
dz
I
z (z)WS
dz
I dR(z) I (z) dV
n z
D
z
D D D D

.
Da questa, facendo uso della [8.3-3] e supponendo che la mobilit sia costante, si ha:



L
0
D
V
0
D n dz I (z) dV (z) ' Q W
DS
.
[ ] { } L I (z) dV 2V V (z) V 2V (z) V V V ' WC D
V
0
D p BS D p D to GS o
DS
+

.
Tralasciamo i passaggi. Si ottiene in definitiva:
[ ]

'

,
_

+
3
BS p
3
BS DS p DS
DS
p to GS D ) V (2V ) V V (2V
2
3
V
2
V
2V V V I [8.3-4]
con
L
W
' k
L
W
' Co [8.3-5].
A parte un fattore 2 a dividere questa espressione
identica alla [8.1-48] purch si sostituisca alla C0 la
CGC. Il parametro tecnologico
. ' C ' k o [8.3-6].
Per la corrente di drain si vede una somiglianza
fra le [8.3-4] e la [8.1-12]. Landamento della ID non
molto diversa per i due tipi di FET. La Fig.8.3-4 mostra
che la corrente, a VGS costante, prima aumenta linear-
mente (zona lineare) e poi diventa praticamente costante
(zona di saturazione). Studieremo in dettaglio il com-
portamento in queste due regioni.
8.3.2.1 La zona lineare
Sviluppiamo il secondo termine della [8.3-3] in serie di potenze e ci arrestiamo al termine di primo
grado
[AN]
. Si ha:
[ ] DS BS p
3
BS p
3
BS DS p V V 2V ) V (V ) V V (2V
2
3
+ ,
che sostituita nella [8.3-4] da ( ) DS
DS
p BS p to GS D V
2
V
2V V 2V V V I
1
]
1


che se si pone
( )
V V 2V V 2V TH to p BS p + g , [8.3-7]
si pu scrivere come ( ) [ ] DS DS TH GS D V V V V 2
2
I

, [8.3-8]
valida per VDS piuttosto bassa. VTH la tensione di soglia fra gate e drain. Essa differisce dalla Vto, la ten-
sione di soglia gate-substrato. Se il substrato connesso al source le due soglie coincidono.
La Fig.8.3-5 mostra lo spostamento della tensione di soglia ottenuto applicando una tensione fra
substrato e source. La dipendenza data dalla concentrazione del drogante nel substrato e dallo spessore
g } NA
1/5
Tox.
La tensione di soglia aumenta se aumenta la tensione surce-bulk. Tuttavia se questa tensione nulla
o addirittura negativa la [8.3-7] non vale pi. Si pu dimostrare che se VBS > 0, invece, si deve usare la
ID (mA)
VDS ( V)
V
GS
=4. 5V
V
GS
=4V
V
GS
=5V
V
GS
=3. 5V
V
GS
=3V
V
GS
=1. 5V
V
GS
=2V
V
to
=0. 84V
V
GS
=1V
V
GS
=2. 5V
V
DSs a t
B
V D G
=1 3 V
NMOS, W/ L= 10k =100
m m
A/V
2
=
2

Fig.8.3-4
I transistor ad effetto di campo 314

p
BS
to TH
8V
V
V V , [8.3-9]
Se si abbassa molto la tensione del source rispetto al
substrato quella di soglia cambia di segno ed il transistor
da enhanchement diventa depletion. Ci avviene quando
.
8V V
V
p to
BS

> [8.3-10]
Per finire, soltanto nella parte iniziale delle carat-
teristiche e cio per VDS << 2VTH, si ha:
( ) I V V V . D GS TH DS b [8.3-11]
ed il dispositivo si comporta da resistore.
8.3.2.2 La zona di saturazione
Se lo sviluppo della [8.3-4] si prolunga al termine di secondo grado si perviene alla
DS
DS
BS p
DS
BS p p to GS D V
2
V
V - 2V 2
V
V - 2V 2V V V I

,
_


+ ,
cio ( ) ( ) [ ], /2 V 2 1 V V V I
2
DS DS TH GS D + in cui 1
V V 2 2 BS P
<<

se NA < 10
8
ni. Allora
( ) [ ] DS DS TH GS D V V V V 2
2
I

che non differisce dalla [8.3-8]. Quando il canale si strozza la corrente


diventa quella di saturazione IDSsat e la tensione VDSsat. Imponiamo che la derivata della corrente di drain
rispetto la tensione VDS si annulli, cio
VDSsat = VGS - VTH. [8.3-12]
Infine ( )
2
TH GS Dsat V V
2
I

[8.3-13]
del tutta analoga alla [8.1-20], a parte il fattore 1/2. La tensione di soglia ha lo stesso significato.
Anche questa volta, per VGS = 0,

2
TH DSS Dsat V
2
I I

, [8.3-14]
e la [8.3-13] si pu esprimere nello stesso modo della [8.1-20] valida per il JFET. Cio:
.
V
V
- 1 I I
2
TH
GS
DSS Dsat

,
_

[8.3-15]
Riprendendo la [8.3-14] si trova la relazione tra la IDSsat e la VDSsat. Cio
2
DSsat Dsat V
2
I

che sul-
le caratteristiche del MOSFET rappresentata dalla parabola, disegnata nella Fig.8.3-4, che unisce i punti
corrispondenti al ginocchio delle curve.
8.3.2.3 La modulazione del canale
Nella Fig.8.3-4 si riconoscono bene le due zone: nel tratto iniziale le caratteristiche sono lineari.
Nella vicinanza della saturazione la corrente sale quadraticamente con la VDS. A partire dalla saturazione
la corrente non precisamente costante. Si tratta di un fenomeno del tutto analogo alleffetto della modula-
zione del canale che si anche avuto nel JFET. Pertanto, anche in questo caso le curve sono approssimate
molto bene se si aggiunge un fattore moltiplicativo 1+l
.
VDS. ed il coefficiente l prende anche questa volta il
nome di coefficiente di modulazione del canale.
NMOS, W = 20
m m
, L = 2
m m
|VBS | (V)
NA = 10
14
A/cm
2
Tox = 150 A

Tox = 1000 A

NA = 10
15
A/cm
2
VTH -Vto

Fig.8.3-5
I transistor ad effetto di campo 315
Per concludere, nella zona lineare, la [8.3-8] va riscritta come
( ) [ ] ( ) ( ) [ ] ( ). V 1 V V V V 2
L
W
2
' k
V 1 V V V V 2
2
I DS DS DS TH GS DS DS DS TH GS D + +

[8.3-16]
Nel primo tratto della zona lineare, dal momento che l VDS << 1, leffetto del termine correttivo pratica-
mente nullo e si pu ancora usare la [8.3-11]. Si usata per k la [8.3-6]. Spesso 1/l viene indicato come
VA che, per analogia prende il nome di tensione di Early.
Per quanto riguarda la zona di saturazione le [8.3-13] e [8.3-15] vengono corrette rispettivamente
come
( ) ( ) ( ) ( )
.
DS
2
TH GS DS
2
TH GS D . V 1 V V
L
W
2
' k
V 1 V V
2
I + +

[8.3-17]
e ( )
.
DS
2
TH
GS
DSS D . V 1
V
V
- 1 I I +

,
_

[8.3-18]
Si usata per k la [8.3-6].
Le espressioni [8.3-16], [8.3-17] e [8.3-18] sono, come gi detto, approssimate. Una espressione
pi precisa che tenga conto, per, della modulazione del canale pu essere riscritta immediatamente inse-
rendo leffetto della modulazione del canale nella [8.3-4] che diventa
[ ] ( ). V 1 ) V (2V ) V V (2V
2
3
V
2
V
2V V V I DS
3
BS p
3
BS DS p DS
DS
p to GS D +

'

,
_

+ [8.3-19]
8.3.2.4 Il modello statico del MOSFET
Il modello statico del MOSFET riportato a lato. RDD e RSS sono le resistenze di estensione, ri-
spettivamente di drain e di source. I diodi posti fra substrato e source oppure fra substrato e drain simula-
no le giunzioni substrato-source o substrato-drain. La corrente del generatore ID, ai capi del quale c la
tensione VDS espressa dalla [8.3-16] o [8.3-18] nel caso si usa un modello semplificato (Modello del
LIVELLO 1), oppure dalla [8.3-19] se si usa un modello pi sofisticato (Modello del LIVELLO 2). I dio-
di sono modellati dalle solite relazioni:

,
_

1 e I I
T
BS
V
V
SS BS [8.3-20]
e
,
_

1 e I I
T
DS
V
V
DD BD [8.3-21]
con ISS e IDD correnti inverse di saturazione dei due diodi
dei quali si parlato.
8.3.3 Effetti di secondo ordine
I ragionamenti fatti fino a questo momento per determinare il comportamento dei MOSFET non
hanno tenuto conto di alcuni aspetti che ora prenderemo in considerazione, anche in vista del miglioramento
dei modelli da usare.
8.3.3.1 La mobilit superficiale nel canale
Per ricavare la corrente di drain si supposto che la mobilit dei portatori nel canale fosse costante.
In effetti le cose non stanno cos. Sabnis e Clemens
[SA2]
hanno dimostrato che la mobilit superficiale non
indipendente dal campo elettrico. In particolare essa dipende principalmente dal campo elettrico transverso
(cio perpendicolare alla superficie del gate). In un certo senso anche quello che parallelo alla superficie
del gate ha una certa influenza.
-
+ BD I BS I
BS V VBD
RDD S D RSS
ID
BS D DBD
-
+ B

Fig.8.3-6
I transistor ad effetto di campo 316
La Fig.8.3-7
[SA2]
mostra come la mobilit su-
perficiale diminuisca con il campo elettrico trasverso
quando il canale sufficientemente stretto (e perci
dipende anche dalla tensione VDS che produce il re-
stringimento graduale del canale dal drain al source. Il
campo elettrico trasverso dipende dal VGS - VTH, ma
, in ogni punto funzione di Vz(y). Il tutto pu essere
trattato in modo sufficientemente approssimato consi-
derando come se nel canale la mobilit fosse costante
e di valore pari a
e U
DS t TH GS
c
o
s
0 m
V U V V
U
' C

,
_

[8.3-22]
Uc, Ut e Ue sono coefficienti che si ricavano empiri-
camente, mm e m0 sono rispettivamente la mobilit media e la mobilit che si sarebbe avuta in assenza di
questo effetto. Il coefficiente della m0 nella [8.3-22]
minore di 1.
Il risultato complessivo che, dato che la mo-
bilit media mm inferiore a m0, le caratteristiche
duscita sono, in effetti, pi basse di quanto finora
immaginato. Leffetto si accentua aumentando VGS -
VTH oppure aumentando VDS. La Fig.8.3-8
[YA]
mo-
stra chiaramente questo aspetto. Le curve a tratto
pieno sono quelle reali mentre le tratteggiate sono
quelle in cui questo effetto non stato preso in consi-
derazione. Leffetto molto evidente alle alte VGS -
VTH.
Un altro problema si riscontra quando il cana-
le corto. In questo caso la corrente di drain satura
prima del pinch-off perch i portatori nel canali raggiungo la loro velocit massima che limitata dalla diffu-
sione.
8.3.3.2 Il coefficiente della modulazione del canale
Una approssimazione, spesso sufficiente con-
siste, come gi detto, nellusare il coefficiente moltipli-
cativo 1+l VDS nella espressione della caratteristica di
un MOS. Ma, in questo modo, ci si aspetta che la
corrente di saturazione cresca l inearmente con la
VDS. La Fig.8.3-9 riporta le caratteristiche di un
NMOS. Le curve tratteggiate sono state tracciate in
queste ipotesi. Tuttavia, le curve reali, a tratto conti-
nuo nella stessa figura, invece, mostrano una variazio-
ne ben pi accentuata con la tensione di drain. Il fatto
si spiega tenendo presente che la lunghezza del canale
diminuisce per effetto dello spostamento del punto di
strozzatura, causato dalla VDS.
m m
(cm
2
/V s)
Campo trasverso effettivo (10
5
V cm)
NMOS
T = 25 C
T = 100 C
T = 140 C

Fig.8.3-7
NMOS, W = 20
m m
, L = 2
m m
ID (mA)
VDS (V)
VGS = 2 V
VGS = 2.5 V
VGS = 3 V
........ m costante
_____ effetto di mobilit superficiale
VGS = 1 V
VGS = 1.5 V
VGS = 3.5 V
VGS = 4.5 V
VGS = 5 V

Fig.8.3-8
l l ........ costante
_____
l ( l (
VDS )
ID (mA)
BV DG = 13 V
NMOS, W = 20
m m
, L = 2
m m
VDS (V)
VGS = 2 V
VGS = 2.5 V
VGS = 3 V
VGS = 1.5 V
VGS = 3.5 V
VGS = 4.5 V
VGS = 5 V
Vto = 0.84 V

Fig.8.3-9
I transistor ad effetto di campo 317
Riprendiamo lespressione di b espressa dalla [8.3-5]. Ricordiamo che al denominatore compare
la lunghezza efficace del canale. Ma L diminuisce con la tensione di drain perch il punto di strozzatura si
sposta con la VDS. Allora, al suo posto meglio inserire L-DL dove con DL si indicato laccorciamento
del canale. Allora si pu scrivere

,
_


+




L
L
1
L
W
' C
L L 1
1
L
W
' C
L L
W
' C 0 0 0 ,
se DL/L sufficientemente piccolo. Dal confronto con la [8.3-17] o [8.3-18] si vede che

DS LV
L
= .
V
1
A
[8.3-23]
Il calcolo porta a
( )
DS
TH GS DS s
LV
V V V
qN
2
. [8.3-24]
8.3.3.3 La tensione di soglia nei MOSFET a canale corto
Finora si sempre supposto che la lunghezza del canale fosse abbastanza grande per potere tra-
scurare la componente del campo elettrico parallelo al canale. La regione di carica spaziale dipende dalla
VBS. Ma, nei paraggi delle due giunzioni ci sono zone di svuotamento che modificano la situazione. Leffetto
non trascurabile se L non grande rispetto allo spessore XJ della giunzione metallurgica
[MA]
. Il risultato
che si ha una variazione della tensione di soglia rispetto a quanto fornito dalla [8.3-7]. Se chiamiamo VTH
C

la tensione di soglia per un canale corto si ha:
( ) DV V V V V f TH TH TH p BS
c
g 2 1 , [8.3-25]
con f
X
L
W
X
W
X
j S
j
D
j
+ + +

_
,

1
2
1
2
1
2
2 . WD e WS sono gli spessori delle zone svuotate al drain ed
al source, rispettivamente: W
q N
V V D
s
p BS


2
2
e
e W
q N
V V S
s
p DS


2
2
e
. Poich f < 1,
DVTH < 0. Accorciando il canale la soglia si abbassa. In effetti DVTH espresso dalla [8.3-25] risulta un po
sovrastimata. Ci porta qualche imprecisione nel calcolo della corrente di drain. Il modello un po carente
e si usano altre approssimazioni.
Un altro problema si ha quando la larghezza del canale confrontabile con la regione di svuota-
mento. In tal caso la tensione di soglia aumenta.
8.3.3.4 Conduzione sottosoglia
Finora abbiamo considerato come se le cariche mobili nel canale fossero presenti soltanto nel caso
di forte inversione. La tensione di soglia nel 8.2.5 stata calcolata in queste condizioni. In realt stato
visto che esiste uno stato di debole inversione per cui ci si deve aspettare che la corrente debba passare
anche in queste condizioni e che la cosiddetta soglia di cui si parlato finora non determini un passaggio
dalla non conduzione alla conduzione ma, invece, da conduzione sottosoglia a soprasoglia
[BA],[GO]
.
Non riteniamo conveniente sviluppare tutta la teoria della conduzione sottosoglia. Tuttavia Trout-
man
[TR]
, partendo da considerazioni come quelle esposte nel paragrafo citato, ma applicandole al caso del-
la debole inversione, ha ricavato il comportamento del MOSFET sottosoglia. Per la corrente di drain
, e 1
L
W
) S ( ' Q I ' I
T
DS
V
V
n D D

,
_

[8.3-26]

con
T
TH GS
V
V V
P
A s
T n e
V
N q
V ) S ( ' Q

e .
V
N q
' C 2
1
1
P
A s
ox

+ Qn(S) la densit di carica mobile vicino
I transistor ad effetto di campo 318
al source.
La Fig.8.3-10 mostra la corrente di drain di
un MOS. La scala logaritmica per potere visualizza-
re la condizione di sopra e sottosoglia contemporane-
amente. Un questo caso le espressioni precedenti so-
no sufficientemente verificate.
Una considerazione va fatta dalla [8.3-26].
Per VDS sufficientemente alta rispetto a xVT, il termine
esponenziale diventa trascurabile e la corrente sotto-
soglia diventa indipendente dalla tensione di drain.
Un altra considerazione va fatta per quanto
riguarda L. La dipendenza della corrente sottosoglia
un po pi forte di come la [7.3.35] lascia intravedere.
Man mano che L si avvicina al minimo la corrente sot-
tosoglia aumenta di pi di quanto atteso.
8.3.4 Modello ai grandi segnali
Il modello ai grandi segnali
di un MOSFET a canale n ripor-
tato in Fig.8.3-11. I diodi inseriti si
riferiscono alle giunzioni fra il sub-
strato e le regioni di source o di
drain ed il loro comportamento e
definito dalle [8.3-20] e [8.3-21].
Di RDD e RSS si gi detto. Il gene-
ratore di corrente ID viene model-
lato secondo una delle espressioni
gi proposte, a secondo del livello
di approssimazione richiesto.
8.3.4.1 Capacit interelettrodiche
Gli aspetti capacitivi sono stati studiati da Mayer
[MA]
e da Ward & Dutton
[WA]
che hanno proposto
dei modelli. In questa trattazione illustreremo soltanto il modello proposto da Mayer.
Le capacit Cbs e Cbd sono le capacit relative alle giunzioni e per esse valgono le espressioni gi ri-
cavate per le capacit dei diodi. Tuttavia, date le dimensioni spesso estremamente limitate non sempre sono
trascurabili gli effetti di bordo e delle superfici delle giunzione non piane.
Resta da precisare il significato delle capacit Cbg, Cgs e Cgd. Si tratta degli effetti capacitivi tra il
gate e le altre regioni del dispositivo. Queste dipendono dalle cosiddette capacit di sovrapposizione fra le
varie regioni (funzione dalla larghezza del gate) e dalla capacit dellossido (determinata, fra laltro dallarea
del gate).
Non diamo qui le espressioni relative, ma rimandiamo alla bibliografia gi citata oltre che al lavoro
di Mayer
[MA]
per quanto riguarda la modellazione.
NMOS, W = 20 m m, L = 2 m m
Vto = 0.84 V
BVDG = 18 V
ID (mA)
VDS (V)
VGS = 1 V
VGS = 5 V
VGS = 0 V
VGS > Vto
VGS < Vto
VGS = -Vto
VGS = Vto
VBS=0

Fig.8.3-10
-
+
S
D
G
-
+
C
gd
C
gs
GS
V
R
DD RSS
I
D
Cgb
Cbs Cbd
GD
V
-
+
-
+
BD
I
BS
I
BS
V VBD
BS D
D
bd
B

Fig.8.3-11
I transistor ad effetto di campo 319
8.3.5 Effetti del terzo ordine
Quello di cui ci siamo occupati prende il nome di Modello di Livello 2. Per, spesso, le approssi-
mazioni non spiegano il reale comportamento dei MOSFET, specie se hanno il canale corto o stretto. C
anche una dipendenza della tensione di soglia da quella di drain. Ci si pu riferire a testi ed articoli specia-
lizzati sullargomento peer maggiori dettagli.
8.3.6 Effetti termici
Riguardando le espressioni [8.3-8] e [8.3-13] ricavate per la corrente di drain si vede che gli effetti
termici sulla corrente di drain si hanno o per variazione di b o per variazione di VTH.
Ricordando che b espressa dalla [8.3-5] e che la temperatura non fa variare ne C0, ne W ne L,
allora la variazione di b si pu avere solo per effetto della mobilit. Abbiamo gi visto nel quarto capitolo
che la mobilit, nella zona delle temperature ambienti varia come T
32
, per cui si pu usare una espressione
del tipo m0(T2) = m0(T1)(T1/T2)
3/2
. Si pu calcolare agevolmente il coefficiente di temperatura di m0
.
T 2
3
dT
d
dT
d
o
o

[8.3-27]
Un po pi complicato il discorso che riguarda la tensione di soglia. Per studiare leffetto della
temperatura sulla tensione di soglia
[ VA]
ci rifacciamo alla relativa espressione [8.3-7] in cui compaiono Vto e
g (le cui relative espressione sono date dalle [8.2-21] e [8.2-22]). Si noti che g indipendente da T. In de-
finitiva per la tensione di soglia si pu scrivere:
V V V V V TH FB p p BS + + 2 2 g . [8.3-28]
La tensione di banda piatta praticamente indipendente dalla temperatura. Pertanto la tensione di soglia
p. Derivando la precedente si ha:
( ) ( ) .
dT
dV
1 2
V V 2
2
dT
dV
dT
dV
2 V 2 V 2
2 dT
dV
2
dT
dV p
BS p
p p
2
1
BS p
p TH
+

,
_

+


La derivata di Vp rispetto la temperatura pu essere calcolata dalla [8.2-8]. Dopo una serie di pas-
saggi si ottiene
dV
dT
E q V
T
p g p

0
. Nellintervallo di drogaggi usuali per i MOSFET, 300 mV < Vp <
478 mV. Dato che Eg0 = 1.21 eV si vede che la Vp scende con la temperatura. In altri termini
( )
dV
dT
E q V
T V V
E q V
T
TH g p
p BS
g p


+

_
,


+
0 0
2
2
2 1
g
h [8.3-29]
risulta essere negativa. La soglia si abbassa con la temperatura. Se, per, si applica una VBS leffetto di
rendere la soglia pi insensibile con la temperatura. La Fig.8.3-12a fa vedere leffetto della temperatura
sulla corrente, che evidente per VBS = 0 V, ma trascurabile per VBS = -4V. Al solito h il parametro re-
lativo alleffetto body del 7.3.2.2
Vogliamo determinare come la corrente di drain influenzata dalla temperatura. Per meglio spiega-
re ci che avviene sono riportate nella Fig.8.3-12 le caratteristiche mutue e duscita di un MOSFET.
Nella zona lineare, dalla [8.3-16] e dalla [8.3-5]:
( ) [ ] ( ). V 1 V V V V 2
L
W
' C
2
I DS DS DS TH GS 0
0
D +


Calcoliamo il coefficiente di temperatura della corrente di drain.
I transistor ad effetto di campo 320

( )
,
dT
dV
V V V 2
2
dT
d
dT
I log d
dT I
dI TH
DS TH GS 0
0 D
D
D


cio ( ). 1
T
V q / E
2 / V V V
2
T 2
3
dT I
dI p 0 g
DS TH GS D
D
+


+ [8.3-30]
Si fatto uso delle [8.3-27] e [8.3-29].
Nella parte iniziale delle caratteristiche, cio per VDS molto piccole, dalla [8.3-30]:
.
V V 2
2
T
V q / E
V V
1
T 2
3
dT I
dI
BS p
p 0 g
TH GS D
D

,
_

+ [8.3-31]
Se VGS - VTH > VDS/2 il secondo termine della [8.3-30] positivo e pu, a VDS molto piccole, su-
perare, in valore assoluto, il primo. Allora la ID aumenta con la temperatura. Ci bene evidente nella
Fig.8.3-12a dove per piccolissimi valori della VDS la ID sale quando la temperatura aumenta. Ma, se VDS >
2(VGS - VTH), e cio sempre nella zona lineare, ma lontano dallinizio delle caratteristiche anche il secondo
termine negativo e la ID diminuisce con la temperatura. In altre parole, aumentando la temperatura, la
corrente di drain, se il MOSFET polarizzato molto vicino alla soglia, pi alta. Lontana dalla soglia pi
bassa. Inoltre leffetto diventa pi trascurabile applicando tensione fra substrato e source. Infatti, per VBS =
- 5 V, la soglia non cambia. Il secondo termine nella [8.3-30] perde dimportanza e la corrente di drain
pu soltanto diminuire con la temperatura.
Determiniamo il comportamento in temperatura nella zona di saturazione. Bisogna partire dalle
[8.3-17] e [8.3-5] dalle quali si ottiene ( ) ( ). V 1 V V
L
W
' C
2
I DS
2
TH GS 0
0
D +

Calcoliamo il coefficiente di
temperatura della corrente di drain. .
dT
dV
V V
2
dT
d
dT
I log d
dT I
dI TH
TH GS 0
0 D
D
D

Cio
.
V V 2
2
T
V q / E
V V
2
T 2
3
dT I
dI
BS p
p 0 g
TH GS D
D

,
_

+ [8.3-32]
Per VGS - VTH molto piccolo il secondo termine della [8.3-32] pu superare il primo e ID cresce
con la temperatura. Nella Fig.8.3-12b si vede che per VGS = 2 V e VTH = 1 V, ID a 100 C
o
(linea tratteg-
giata) pi alta di quella a 30 C
o
(linea continua). Per VGS abbastanza alta rispetto a VTH prevale il primo
termine e ID scende con la temperatura. Cio, per VGS vicino la soglia, prevale leffetto che la temperatura
NMOS, W = 20
m m
, L = 2
m m
Vto = 0.84 V BVDG = 13 V
ID (mA)
VDS (V)
VGS = 2 V
VGS = 3 V
VGS = 4 V
VGS = 5 V
VBS = 0 V
........

T = 27
_____ T = 100
VGS (V)
(a) (b)
ID (mA)
........

T = 27
_____ T = 100
VBS = -2V
VBS = -4 V
VBS = 0 V
VDS = 100mV
(a) Fig.8.3-12 (b)
I transistor ad effetto di campo 321
produce sulla tensione di soglia, mentre se la tensione del gate abbastanza pi grande di quella di soglia
prevale leffetto della variazione della mobilit con la temperatura.
8.3.7 Vari tipi di MOSFET
Si parlato di quattro tipi di MOSFET possibili. La Fig.8.3-13a mostra tipiche caratteristiche
duscita di un NMOS enhancement. Un PMOS enhancement ha caratteristiche del tutte simili a quelle del
canale n
[CR]
. Per, sia le differenze di potenziali che le correnti sono tutte invertite. La Fig.8.3-13d mostra
tipiche caratteristiche duscita di un MOSFET a canale p enhancement.
Un MOSFET a depletion ha un canale anche in assenza di polarizzazione fra gate e source. La cor-
rente scorre anche se VGS = 0. Applicare una VGS diversa da zero significa aumentare o diminuire il canale
a secondo del segno della tensione e del tipo di canale in quanto il canale si restringe o si allarga. La
Fig.8.3-13b mostra tipiche caratteristiche duscita di un NMOS a depletion e la Fig.8.3-13b quelle di un
PMOS a depletion.
Ricordiamo che le espressioni ricavate per la corrente duscita restano valide. Mutano i segni delle
tensioni e delle correnti cambiando il tipo di canale. Le uniche cose che variano numericamente sono, quin-
di il valore di b e il segno di VTH. b cambia perch cambia la mobilit delle cariche mobili. Poich la mobili-
t delle lacune, a parit di condizioni, pi bassa di quella degli elettroni, segue che, a parit di tutte le altre
condizioni la corrente di drain di un canale n maggiore di quella di un canale p.
NMOS
Enhancement
Vto = 0.84 V
ID (mA)
VDS (V)
VGS = 1.5 V
VGS = 2 V
VGS = 2.5 V
VGS = 3 V
VGS = 3.5 V
VGS = 4 V
VGS = 4.5 V
VGS = 5 V
Depletion
Vto = -2 V
VGS = 0 V
VGS = 0.5 V
VGS = -0.5 V
VGS = -1 V
VGS = -1.5 V
VGS = 1 V
VGS = 1.5 V
VGS = 2 V
ID (mA)
VDS (V)
Depletion
Enhancement
Vto = -2 V
Vto = 0.84 V
ID (mA)
VDS = 10 V
VGS (V)
IDSS
PMOS
Enhancement
Vto = -0.84 V
-ID (mA)
-VDS (V)
VGS = -1.5 V
VGS = -2 V
VGS = -2.5 V
VGS = -3 V
VGS = -3.5 V
VGS = -4 V
VGS = -4.5 V
VGS = -5 V
Depletion
Vto = 2 V
VGS = 0 V
VGS = 0.5 V
VGS = 1 V
VGS = 1.5 V
VGS = -0.5 V
VGS = -1 V
VGS = -1.5 V
VGS = -2 V
Vto = 2 V Vto = -0.84 V
-ID (mA)
-VDS = 10 V
-VGS (V)
-ID (mA)
-VDS (V)
Depletion
Enhancement
IDSS
(a) (c) (b)
(d) (e) (f)
Fig.8.3-13
I transistor ad effetto di campo 322
8.3.8 La caratteristica mutua
Se si fa un grafico della corrente di drain, a VDS costante, al variare di VGS, si ottiene quella che
viene chiamata la caratteristica mutua o di trasferimento. La pendenza di queste curve (che sono pa-
rametrizzate da VDS) proprio gm. In Fig.8.3-13c e Fig.3.3-13f sono mostrate le caratteristiche mutue dei
MOSFET della stessa figura. Si nota come le due figura sono traslate della differenza fra le due tensioni di
soglia. Queste sono negative o positive a seconda che si tratti di un enhancement o un depletion. Il discorso
si inverte se si parla di MOSFET a canale n.
La differenza di comportamento fra NMOS e PMOS e enhancement e depletion risulta ben visibile
se si confrontano le caratteristiche mutue. Le due figure sembrano del tutto eguali. Tuttavia nella seconda le
correnti e le tensioni sono tutte di segno opposto rispetto la prima.
8.3.9 Il comportamento dinamico del MOSFET
A parte il fattore , e purch a Vto si sostituisca VTH, le espressioni della corrente di drain sono le
stesse per i JFET e per i MOSFET, ed il procedimento per determinare i parametri dinamici, gi definiti nel
8.1.2, il medesimo. Ricaveremo, quindi, i parametri dinamici del MOSFET, a partire da quelle del
JFET, tenendo conto di queste differenze.
8.3.9.1 La conduttanza dinamica
Nella zona lineare vale la [8.3-16]. Derivando rispetto a VDS si ottiene gd che ha forma analoga
alla [8.1-32]. Cio:
( )( ) ( ) [ ] . V V V V 2 V 1 V V V 2
V
I
g DS DS TH GS DS DS TH GS
DS
D
d + +

[8.3-33]
Per VDS molto piccola, derivando la [8.3-4] si ha una espressione analoga alla [8.1-33]. Cio:
( )
DS
D
TH GS d
V
I
V V g . [8.3-34]
Nella zona di saturazione, differenziando la [8.3-17]. analoga alla [8.1-24] si ha:
( ) D
DS
2
TH GS d I
V 1
V V
2
g
+

. [8.3-35]
Che, se l V
DS
<< 1 si riduce a gd = l ID = ID/VA. [8.3-36]
In effetti, se si tiene conto delle resistenze di estensione di drain RDD e di source RSS, che assumono
lo stesso senso che del JFET, si pu mostrare sperimentalmente che la conduttanza dinamica ha una e-
spressione come la [8.1-30], piuttosto che come queste ultime. Le cose vanno ancora bene se si introdu-
cono nel modello statico le resistenze di estensione separatamente.
8.3.9.2 La trasconduttanza
Nella zona lineare, differenziando la [8.3-16] si ricava:
( ) DS DS m V 1 V g + . [8.3-37]
Mentre per VDS molto piccole, differenziando la [8.3-11]:
.
V V
I
V g
TH GS
D
DS m

[8.3-38]
Nella zona di saturazione, differenziando la [8.3-17]
( ). V 1 I 2
V V
I 2
) V 1 )( V V ( g DS D
TH GS
D
DS TH GS m +

+ [8.3-39]
Si fatto uso della [8.3-17].
I transistor ad effetto di campo 323
Anche questa volta, se si vuole tenere conto della resistenza di estensione di source RSS, si trova
per la trasconduttanza dinamica una espressione come la [8.1-37].
8.3.9.3 Modello dinamico
A questo punto soltanto
poche cose ci rimangono da defini-
re per giustificare il modello dina-
mico completo mostrato in
Fig.8.3-14.
Si tratta delle conduttanze
dinamiche gbd e gbs che, evidente-
mente, rappresentano le condut-
tanze dinamiche delle giunzioni po-
larizzate inversamente.
Unaltra cosa che nel mo-
dello dinamico si include e la tra-
sconduttanza gmb che esprime
leffetto sulla corrente ID della ten-
sione VBS se questa non mante-
nuta fissa.
La trasconduttanza bulk-source si pu calcolare derivando la [8.3-17]. Si ha:
( )( ) , g
V V 2 2
g
V V 2 2
V V V
dV
dV
dV
dI
dV
dI
g m
SB P
m
BS P
DS 1 TH GS
BS
TH
TH
D
BS
D
mb
+


+
cio , g g m mb [8.3-40]
con h
g

+
g
g V V
mb
m P SB 2 2
. [8.3-41]
h lo stesso parametro definito nel 8.3.2.2.
8.3.9.4 Linfluenza della temperatura sui parametri dinamici
Studiamo linfluenza della temperatura sulla conduttanza di drain. Tralasciamo il caso della zona li-
neare lontana dallinizio delle caratteristiche. Per il resto si vede dalle [8.3-34] e [8.3-35] che, sia per VDS
molto piccola o nella zona di saturazione la conduttanza proporzionale a ID e, pertanto, in queste zo-
ne
dT I
dI
dT g
dg
D
D
d
d
, solo che nei due casi bisogna distinguere ed usare, per VDS molto piccola la [8.3-31]
mentre nella zona di saturazione la [8.3-32].
Per quanto riguarda la trasconduttanza nella zona lineare essa risulta, dalle [8.3-37] e [8.3-38],
proporzionale a b. Quindi

T 2
3
dT
d
dT
d
dT g
dg
0
0
m
m

. [8.3-42]
Nella zona di saturazione vale la [8.3-39]. Da questa si ottiene:

dT
dV
V V
1
dT
d
dT
g log d
dT g
dg TH
TH GS 0
0 m
m
m


( ) +

+ 1
T
V q / E
V V
2
T 2
3
dT g
dg p 0 g
TH GS m
m
, [8.3-43]
B
Vgs gm
S
D
RDD RSS
Cgb
Csb Cdb
G
Cgd
C
gs
d
g
bd g
bs g
gmbVbs =
h h
gmVbs

Fig.8.3-14
I transistor ad effetto di campo 324
che, a parte un fattore 2 nel secondo termine identica alla [8.3-32] e quindi il comportamento simile a
quello della ID descritto nel paragrafo precedente.
8.3.9.5 Il fattore di merito
Usiamo lo stesso tipo di ragionamento fatto per i JFET nel 8.1.2.5 per determinare il fattore di
merito F. Le espressioni impiegate sono le [8.1-53] e [8.1-54], cio:
Ciss = Cgs+Cgd; [8.1-53]
e F
g
C
m
Iss

2p
. [8.1-54]
in cui Ciss = Cgs+Cgd = CoW

L. [8.3-44]
Nella zona di saturazione, in cui operano gli amplificatori, possiamo usare la [8.3-39] per calcolare
gm. Per semplicit trascuriamo leffetto della modulazione del canale. Allora:

( ) ( )
L WL ' C 2
V V W ' C
WL ' C 2
V V
C 2
g
F
0
TH GS 0
0
TH GS
Iss
m



2
TH GS
L 2
V V
F

. [8.3-45]
E ancora la larghezza del canale che condiziona il comportamento in frequenza.

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T e c n o l o g i e m i c r o e l e t t r o n i c h e T e c n o l o g i e m i c r o e l e t t r o n i c h e

Questo capitolo si occupa delle tecnologie di produzione dei dispositivi elettronici e delle
propriet relative in rapporto ai processi tecnologici usati. Esso diviso in due parti. Nella prima
parte ci si occupa soltanto dei processi, nella seconda dei dispositivi. Maggiore importanza data al
caso del silicio al quale spesso ci si riferisce.
9.1 Processi di fabbricazione dei dispositivi e dei circuiti integrati
I dispositivi integrati sono realizzati da sottilissime fette wafers di semiconduttore oppor-
tunamente lavorato. In questo paragrafo vengono trattati i passi necessari per realizzare i dispositivi
a partire dalla materia prima che il semiconduttore policristallino metallurgico.
9.1.1 Preparazione delle fette
Il wafer viene ricavato da lingotti di semiconduttore con le caratteristiche elettriche prestabi-
lite. In questo paragrafo ci occupiamo delle tecniche usate dallindustria per ottenere tali wafer.
9.1.1.1 Crescita dei monocristalli
Il silicio metallurgico (cio quello prodotto dalla raffinazione), si trova in uno stato che i-
nadatto alluso nellindustria microelettronica. Esso, oltre ad essere policristallino, contiene una no-
tevole ed incontrollata quantit di impurezze. Per questo deve essere opportunamente raffinato e
ridotto a solido cristallino omogeneo. Le tecniche pi usate per questo scopo sono due. Entrambe
partono da barre di silicio policristallino. In entrambi i casi si sfrutta il fatto che la maggior parte
delle impurezze preferisce stare nella fase liquida piuttosto che in quella solida
[GH]
.
Nel primo caso, tecnica Czochralzy, vedi Fig.9.1a, il silicio metallurgico viene fatto fondere
in un crogiolo in atmosfera inerte e mantenuto a temperatura appena superiore a quella di fusione
che 1412 C. Dallalto viene poggiato sulla superficie fusa un seme di silicio cristallino. A con-
tatto con il seme freddo, il silicio fuso solidifica su di esso. Tirando il seme molto lentamente si
forma il monocristallo. Nella fase iniziale, oltre al movimento di sollevamento del silicio si ha una
lenta rotazione per favorire anche la crescita laterale. Si ha quindi una crescita del silicio a tronco di
cono. Quando la circonferenza si allargata alla dimensione desiderata cessa il movimento rotazio-
nale e rimane solo quello di sollevamento. Il prodotto ottenuto un lingotto cilindrico monocristal-
lino. La velocit di sollevamento e la temperatura possono fare variare il diametro del lingotto. Se si
vuole un lingotto di diametro fisso si introduce un meccanismo di controllo che fa variare la veloci-
t in funzione del diametro di crescita. In effetti il crogiolo, durante tutta loperazione viene fatto
girare in senso contrario per assicurare luniformit della temperatura e la miscelazione delle impu-
rezze eventuali nella fase fusa.
Questa tecnica sempre adoperata per il germanio, mentre ha delle controindicazioni per il
silicio in quanto la purificazione non perfetta data la capacit del silicio di sciogliere il crogiolo.
Tecnologie microelettroniche

328
Questi fatto di Silica (SiO
2
). Una piccola percentuale dellossigeno del crogiolo si scioglie nel si-
licio. Purtroppo lossigeno preferisce la fase solida a quella fusa e quindi modeste quantit di ossi-
geno inquinano il monocristallo. Cos non si riesce ad ottenere cristallo perfettamente intrinseco.
Pertanto non applicabile ai casi nei quali si richiede un silicio iperpuro, come, ad esempio per la
realizzazione di rivelatori di particelle. C anche da considerare che, man mano che il lingotto sa-
le, la concentrazione delle impurezze che erano inizialmente presenti nel fuso cresce. Quindi sale
anche quella nel lingotto. Questi, quindi, non ha un grado di purezza uniforme. La purezza aumenta
man mano che dal basso ci si sposta verso lalto nel lingotto.
Il lingotto si pu ottenere intrinseco o drogato. Infatti, inserendo nella fase fusa opportune
quantit di drogante e mantenendo questa concentrazione uniforme durante tutto il processo, il lin-
gotto, nel crescere, trattiene le impurezze e diventa, a seconda p o n con concentrazione uniforme e
ben definita.
Laltra tecnica quella della
zona fusa, vedi Fig.9.1-1b. Questa
volta il lingotto policristallino viene
tenuto fermo verticalmente mentre
ruota sul suo asse ed poggiato sul
solito seme monocristallino freddo.
Una bobina, in cui scorre una corren-
te ad alta frequenza, producendo cor-
renti indotte nel silicio, riscalda la
zona a contatto con il seme portando-
la a fusione. La bobina viene solleva-
ta lentamente e la zona fusa si alza.
In tal modo le impurezze, che prefe-
riscono la zona calda restano nella
zona fusa che viene sollevata la-
sciando il lingotto sottostante cristal-
lino e pi puro. Questa volta il pro-
blema dellossigeno non c perch
non c crogiolo, purch, ovviamente loperazione venga eseguita in vuoto. Con questa tecnica la
parte in basso molto pura mentre la coda, cio la parte superiore, raccoglie praticamente tutte le
impurezze, a parte quelle che si sono volatilizzate. Il processo viene ripetuto pi volte. In effetti si
usa una bobina con molte spire opportunamente spaziate.
In tal modo e come se si facessero pi passate simultane-
amente abbassando i tempi di raffinazione. Ogni volta le
impurezze vengono come rastrellate verso lalto. Questo
processo pi costoso dellaltro ma da risultati nettamente
superiori.
Il processo di raffinazione caratterizzato dal coef-
ficiente di segregazione k0. Per un certo elemento esso e-
sprime, allequilibrio, il rapporto fra la concentrazione
dellelemento nel solido e quella nel liquido. La Tav.9.1-1
mostra i coefficienti di segregazione di alcuni elementi. Il
caso del boro nel germanio e dellossigeno nel silicio, i cui
coefficienti di segregazioni sono superiori ad uno, indica-
no che le impurezze, questa volta tendono a restare nel fu-
so. La Fig.9.1-2 mostra la distribuzione delle impurezze,
per diversi valori del coefficiente di segregazione lungo
tutto il lingotto
[Br]
.

(a) Fig.9.1-1 (b)

Fig.9.1-2
Tecnologie microelettroniche

329
Tuttavia un pro-
blema sorge per i coeffi-
cienti di segregazioni
prossimi allunit. In tal
caso il processo di raffi-
nazione non produce par-
ticolari risultati a meno
che non venga ripetuto
molte volte. La Fig.9.1-3
mostra il profilo delle im-
purezze con coefficiente
di segregazione k = .1,
applicando il metodo del-
la raffinazione a zona con
passaggi successivi. I di-
versi grafici si riferiscono
a raffinazioni successive.
Dopo 6 passaggi la prima
met del lingotto ha una
concentrazione 10000
volte pi piccola di quella
iniziale, mentre nel 70% essa scesa di almeno 3 ordini di
grandezza. Naturalmente non si pu usare in questo modo il
processo di raffinazione per ottenere un profilo di concentra-
zione uniforme. Tuttavia, se il procedimento viene ripetuto
pi volte cambiando alternativamente il senso dello sposta-
mento della zona fusa, la parte centrale del lingotto risulta
con concentrazione sufficientemente uniforme e le due e-
stremit raccolgono le impurezze. I lingotti hanno varie di-
mensioni che arrivano fino a 8 e addirittura 12 anche se
quelle pi comunemente usate, al momento attuale sono le
6. La tendenza di pa ecialmente per le memo-
rie.
9.1.1.2 Produzione delle fette
Il lingotto, dopo avere eliminate le estremit, in cui
sono concentrate le impurezze, viene sottoposto al controllo
delle sue propriet elettriche e cristallografiche. In seguito
viene tagliato a fette sottili (300-600 mm) usando seghe circolari a disco diamantato. I processi foto-
litografici necessari per la realizzazione dei dispositivi richiedono superfici perfettamente planari e
parallele con accuratezza sempre pi elevata man mano che si scende con le dimensioni geometri-
che dei dispositivi. Per cui si eseguono sulle fette tagliate delle operazioni di lucidatura a specchio
ed un attacco chimico finale per rimuovere dalle superfici anche la pi piccola impurezza indeside-
rata residua delle precedente operazioni. Queste l avorazioni riducono lo spessore che tipicamente
ora di 200-500 mm.
9.1.2 Processi usati nella realizzazione dei microdispositivi
Discuteremo in questo capitolo delle tecniche pi importanti usate dallindustria microelet-
tronica.

Fig.9.1-3
Tav.9.1-1
Coefficiente di segregazione
Semiconduttore
Ge Si GaAs
Ag 410
-7
1.710
-5

Al 7310
-3
210
-3

As 0.02 0.3
Au 1.310
-5
2.2510
-5

B 17 0.72
Be 3
Bi 510
-5
710
-4

C 210
-5
0.2-0.8
Co 10
-6
810
-6

Cr 210
-5
5.710
-4

Cu 1.510
-5
8010
-5

Fe 310
-5
6.410
-6
10
-3

Ga 8710
-3
7.210
-3

Ge 1 0.33 0.01
In 710
-4
3.610
-4

Li 210
-3
0.01
Mn 1.510
-5
0.1
Ni 310
-6
1.310
-4

O 1.25
P 0.08 0.35
Pb 1.710
-4
<.02
Pd 510
-5

S 0.3-0.5
Sb 3.310
-3
.02
Se 0.1-0.3
Si .02 1 .14-2
Sn .02 .03 0.08
Te 410
-5
810
-6
.03-0.06
Ti 210
-6

V 410
-6

Zn 4.510
-5
10
-5
.2-1.9
Tecnologie microelettroniche

330
9.1.2.1 Diffusione
Il processo di diffusione viene utilizzato per intro-
durre quantit controllate di impurezze, in zone prefissate
delle fette. La diffusione governata dalle due leggi di
Flick. La prima di esse stabilisce che il flusso F delle i m-
purezze nel semiconduttore proporzionale al gradiente di
concentrazione N delle impurezze secondo una costante D
detta di diffusione. Cio
F D grad N = .
Il segno meno spiega che il flusso delle impurezze e tale
che esse si spostano dalle zone a concentrazione superiore
verso quelle dove ce ne sono meno.
La seconda legge di Flick esprime la conservazione
della materia e stabilisce che il ritmo di variazione di atomi
in un volume eguale alla differenze fra i flussi di atomi
entranti ed uscenti dal volume.

N
t
F
x
= .
La costante di diffusione dipende sia dal semicon-
duttore che dalle impurezza che dalla temperatura crescen-
do con questa. In Fig.9.1-4 sono mostrate le costanti di dif-
fusione di alcune impurezze, nel silicio
[FU]
.
I casi pi usati sono quelli relativi alla diffusione
con concentrazione superficiale del drogante costante o da
sorgente infinita detta anche predeposizione. Laltro il
caso della sorgente-limitata detta anche diffusione a redi-
stribuzione o drive-in.
Studiamo il caso della sorgente infinita. Risolvendo
la seconda legge di Flick con la condizione che N(0,t) = N0
costante si ottiene
N x t N
x
Dt
( , ) =

erfc 0
2

dove con erfc si intende la funzione complementare
derrore. La Fig.9.1-5 mostra questa funzione erfc.
La realizzazione della predeposizione si fa, in gene-
re, immettendo nel forno dove sono le fette, alle temperatu-
re prescritte, flussi di gas contenente le impurezze. Questi
gas si depositano sulle superfici della fetta. Pi avanti nel
paragrafo 8.1.2.5 discuteremo i dettagli di questo processo.
Prendiamo come esempio un substrato tipo n dro-
gato con fosforo e facciamo diffondere dalla superficie bo-
ro. Sia ND la concentrazione del substrato. La Fig.9.1-6
mostra, nella sua parte superiore, come varia la concentra-
zione spostandosi dalla superficie verso linterno per vari
istanti di tempo. In figura anche mostrato il livello di
concentrazione ND del substrato n. Se allistante t
i
si ferma
Fig.9.1-4

Fig.9.1-5
B
P
Fig.9.1-6
Tecnologie microelettroniche

331
il processo di diffusione, la posizione della giunzione risulta dallintersezione fra la curva corri-
spondente NA(x,t
i
) e la retta indicante il livello ND. Dunque, la profondit x
j
della giunzione si ha
per
[GH]
.
D
j
0 j A N
Dt 2
x
erfc N ) t , x ( N =

=
e cio essa va come la radice del tempo di dif-
fusione. Per evitare che questo tempo diventi
eccessivo cosa che controproducente, la
concentrazione superficiale si fa molto alta. In
ogni caso essa non pu superare il limite di
solubilit cio la quantit accettabile dal cri-
stallo senza che in questi si manifestino ag-
glomerati o difetti. Questa per le varie impu-
rezze, relativamente al Si, mostrata in
Fig.9.1-7
[TR]
. La zona fra la giunzione e la
superficie pu essere considerata come una zona p fortemente drogata. Mentre la zona n a con-
centrazione praticamente uniforme, la zona p a concentrazione elevatissima. Il boro ha un limite
di solubilit di circa 10
20
atomi/cm
3
. Se si vuole realizzare un diodo non c problema, a parte la no-
tevole asimmetria dei drogaggi nelle due zone. Se, invece, si vuole realizzare un transistor bisogne-
rebbe ripetere il procedimento per creare laltra giunzione, per esempio con una seconda diffusione.
In questo caso, per, la concentrazione nella zona p cos elevata da non consentire ad altro tipo di
impurezze di essere sciolte nel Si solido. Allora bisogna evitare che il drogaggio della zona p sia co-
s elevato. Per questo viene, a questo punto, fermata la fase di predeposizione ed inizia il processo
di redistribuzione.
Studiamo adesso le caratteristiche generali del processo di redistribuzione che la diffusione
da sorgente finita. Sia Nq q la densit di impurezze di drogante per unit di superficie estesa a tutto il
volume. Nel processo questa densit resta costante solo che la distribuzione volumetrica cambia. Se
si fa questa assunzione, dalla seconda legge di Flick si pu ricavare
[GH]


( )
. e
Dt
N
) t , x ( N
2
Dt 2 x -
j

=
q

Nella Fig.9.1-8 mostrato quello che avviene durante
il processo di redistribuzione. La concentrazione superficiale
N(0,0) = N0 = Nq q/d dove con d si indicato lo spessore del-
lo strato predepositato, i mmaginato uniforme. A questo punto
la redistribuzione fa si che il profilo di concentrazione delle
impurezze, nel tempo, si modifichi come mostrato in figura.
In ogni istante
. N dx ) t , x ( N
0
q =

.
Anche questa volta la giunzione si sposta allinterno con il
passare del tempo, tuttavia, non solo la concentrazione della zona p man mano si abbassa, ma lo
stesso profilo di drogaggio, nella zona di giunzione reso meno ripido. La redistribuzione ideale
quando si vuole una profondit di giunzione grande e simultaneamente un basso valore di concen-
trazione. La posizione xj della giunzione si ha per
( )
D
Dt 2 x -
j A N e
Dt
N
,t) (x N
2
= =
q
cio:
Il silicio ha 5 10
23
Atomi/cm
3
Fig.9.1-7

Fig.9.1-8
Tecnologie microelettroniche

332
x Dt
d
Dt
j = 4 ln .

Ancora una volta la profondit della giunzione va come la radice del tempo
di diffusione. Tuttavia si pu facilmente comprendere che a parit di condizioni, essa penetrer pi
lentamente nel caso della redistribuzione che in quello della predeposizione.
I due processi sono quasi sempre adoperati in successione per ottenere zone ben drogate e
con profili accurati di drogaggio. Sia xjr la profondit della giunzione ottenuta come risultato finale
del processo a due passi e xjp quella ottenuta con la sola predeposizione. Siano tp, Tp e Dp il tempo
di predeposizione, la temperatura a cui questa avvenuta e la relativa costante di diffusione per le
r, Tr e Dr siano quelle analoghe relative al processo di redistribuzione. Sup-
poniamo che il tempo di redistribuzione tr >> tp in modo che anche xjr >> xjp. Con buona approssi-
mazione, rispetto al risultato finale si pu ritenere che lo strato prediffuso sia uniforme. Si pu di-
mostrare che il profilo di drogaggio finale sar con buona approssimazione una gaussiana con la
concentrazione superficiale N(0,tr) legata a quella N0 della predeposizione dalla relazione
N t N
D t
Dt
r
p p
r r
( , ) 0
2
0 =

,
N(0,tr) , quindi, molto pi piccola di N0. Se si deve fare una
regione di base si adopera questo processo in queste condi-
zioni.
Ovviamente processi che usano impurezze di tipo dif-
ferente possono essere utilizzati per ottenere pi di due regio-
ni con drogaggio di tipo diverso. Nella Fig.9.1-9 mostrato il
profilo di drogaggio di un transistor NPN a doppia diffusione.
Partendo da un bulk n (collettore) si fa una predeposizione ed
una successiva redistribuzione di boro per creare una zona di
base poco drogata. Una ulteriore deposizione con redistribu-
zione di fosforo crea la zona demettitore, ben drogata ed a
bassa resistivit. La larghezza della regione di base ed il suo
drogaggio sono ben controllabili. I parametri che controllano
il processo sono gli spessori predepositati, le temperature a cui avvengono le predeposizioni e le re-
distribuzioni ed i tempi di deposizione e redistribuzione
[GH]
.
Il meccanismo della diffusione dipende fortemente dalla qualit del cristallo. Nel semicon-
duttore sono sempre presenti difetti cristallografici. Essi possono essere raggruppati in quattro prin-
cipali categorie: difetti di punto, di linea, di volume e di superficie.
I difetti di punto interessano soltanto una cella del reticolo. I difetti di linea interessano delle
regione relativamente lunghe allinterno del cristallo e sono dovute a dislocazioni cristallografiche
cio a posizionamento degli atomi del cristallo su piani sfalsati. I difetti di volume interessano re-
gioni piuttosto ampie del cristallo e sono principalmente dovute a zone in cui si ha un eccesso di a-
tomi droganti, al di la del limite di solubilit, causate da un abbassamento anormale localizzato del-
la temperatura che ha impedito alle impurezze di distribuirsi
regolarmente. I difetti di superficie interessano ovviamente
soltanto la superficie del semiconduttore.
Nella Fig.9.1-10 c una sintesi di tutte le situazioni
che si possono avere relativamente ai difetti di punto. I difetti
Frenkel e quelli interstiziali, le impurezze sia sostituzionali
che interstiziali e difetti Schottky producono irregolarit varie
nel semiconduttore. Quando nel reticolo, al posto dove do-
vrebbe essere un atomo di Si non c nulla perch latomo
stato rimosso ed uscito dalla superficie si dice che c un di-
Limite di solubilit
del fosforo nel silicio
F
ig.9.1-9

Fig.9.1-10
Tecnologie microelettroniche

333
fetto di tipo Schottky o vacanza. Le impurezze di vario tipo, sia quelle introdotte con il drogag-
gio, sia quelle indesiderate, presenti nel cristallo, possono essere inserite al posto di un atomo nella
relativa posizione reticolare ed allora si parla di impurezza sostituzionale o allinterno del reticolo e
si parla di impurezza interstiziale. Se un atomo di Si si sposta dalla posizione reticolare e si inseri-
sce fra gli interstizi del reticolo, vicino alla posizione corretta, si parla di difetto Frenkel.
Quando il semiconduttore viene prodotto in forma di lingotto ed ogni volta che si attua un
processo ad alta temperatura, la concentrazione Cv
e
di vacanze, in equilibrio, dipende dalla tempera-
tura e dallenergia Ev di formazione della vacanza (2.6 eV), secondo la
C N e v
E kT e V

[GH]
. [9.1-1]
dove N la concentrazione di atomi del cristallo, 510
22
/cm
3
. Alla temperatura vicina a quella di fu-
sione si hanno concentrazioni elevatissime, dellordine di 10
14
/cm
3
. Espressioni simili si hanno sia
per i difetti interstiziali che per i Frenkel. Chiamiamo Ci
e
la concentrazione dei difetti interstiziali in
equilibrio, Ei lentropia e lenergia del difetto si ha, analogamente:
C N e i
E kT e i


. [9.1-2]
Analogamente, per i Frenkel concentrazione Cf
e
:
C N e f
E kT e f
=
2 [GH]
[9.1-3]
con Ef = 5-10 eV. A parit di temperatura sia i difetti Fren-
kel che quelli interstiziali sono in quantit molto minore ri-
spetto le vacanze.
Se la temperatura scende lentamente, passando attra-
verso stati in equilibrio, le concentrazione dei difetti seguo-
no le espressioni precedenti. Ma se si ha un raffreddamento
improvviso si ha una specie di congelamento della situazione e la concentrazione dei difetti rimane
molte pi alta di quella dequilibrio. La concentrazione in eccesso pu essere ricondotta ad un valo-
re vicino a quello di equilibrio con un processo di ricottura, annealing, cui segue un lento raffred-
damento.
Le vacanze hanno una grande rilevanza per quanto
riguarda il processo di diffusione. In Fig.9.1-11 mostrato
uno schizzo del processo di diffusione agevolato dalle va-
canze. Ovviamente la temperatura, incrementando la con-
centrazione delle vacanze accelera il processo di diffusione.
Abbiamo gi visto quali sono i tipi di droganti da
usare: trivalenti come accettori e pentavalenti come donato-
ri. Si chiamano shallow (superficiali) le impurezze che,
inserite nel cristallo, producono livelli energetici che dista-
no dalla banda di valenza o da quella di conduzione di me-
no di 3kT e deep (profonde) le altre. Le impurezze da u-
sare per il drogaggio sono le shallow. La Fig.4.3-8 mostra la
posizione dei livelli delle impurezze nei semiconduttori. Per
comodit la Tav.9.1-2 riporta alcune propriet delle impu-
rezze nel silicio. La prima colonna indica il tipo, n, p o d
(deep). La seconda colonna indica il fattore di misfit che
esprime in percentuale la differenza dei raggi atomici
dellimpurezza e del silicio, rispetto a quello del silicio. Le
impurezze con minore misfit si adattano meglio ad essere
sostituzionali. Lultima colonna indica la profondit del li-
vello. Se positiva ci si riferisce al livello superiore della
banda di valenza, se negativa, al livello inferiore della ban-
da di conduzione. I droganti da usare per la diffusione sono

Fig.9.1-11
Tav.9.1-2
Impurezze nel Si
tipo Misfit
factor
%
profondit
(meV)
Ag
d 22 -790
Al
p 6.8 57
As
n 0 -49
Au
d 22 -760
B
p 25,4 45
Cu
d 22 240,370,520
Ga
p 6.8 65
In
d 22 160
Ni
d 210,760
O
d -160
P
n 6.8 -44
Pt
d 420,920
Sb
n 15.4 -39
Ti
d 260
Zn
d 22 310,560
Tecnologie microelettroniche

334
quelli che hanno un fattore di misfit quanto pi piccolo possibile, una solubilit quanto pi alta e
possibilmente una profondit di livello quanto pi shallow. Si fanno preferire a questo scopo arseni-
co ed il fosforo per ln e il boro per il p. Per quanto riguarda le deep, che opportunamente inserite
introducono centri di ricombinazione abbassando il tempo di vita dei portatori minoritari e permet-
tendo di ottenere dispositivi pi veloci, le impurezze introdotte sono preferibilmente platino ed oro.
9.1.2.2 Impiantazione ionica
Il processo di predeposizione serve per disporre di una opportuna quantit di drogante in zo-
ne ben precise del semiconduttore. Il processo drive-in poi le ridistribuir nel modo desiderato. La
quantit di sostanza prediffusa deve essere controllata da una serie di parametri fisici e chimici. Ot-
tenere una precisa densit di impurezze per unit di superficie N significa imporre un controllo
stringente a questi parametri. Inoltre inevitabile che nel processo di predeposizione altre sostanze
si depositino sulle superfici anche se in quantit piccole. Un sistema che consente un controllo pi
accurato delle quantit predeposte limpiantazione ionica. Mascherando opportunamente la su-
perficie si pu ottenere limpianto in limitate e ben definite zone del semiconduttore. Luniformit
di N sulla fetta assicurata eseguendo scansioni sulla stessa deflettendo il fascio con opportuni
campi elettrici e facendo ruotare vorticosamente il supporto su cui posta la fetta.
Le impurezze, ridotte in forma ionica, vengono accelerate da alti campi elettrici, ad alte e-
nergie, anche di qualche MeV. Si ottengono fasci ionici che vengono focalizzati sui semiconduttori.
I fasci possono essere oltre, che ben monocromatici in energia, anche ben puri, dato che nel loro
cammino si possono inserire separatori di massa. Il fascio, incidendo sulla superficie del cristallo,
penetra al suo interno con percorsi relativamente piccoli. Limpianto, inevitabilmente, produce un
danno alla struttura cristallina tendendo a renderla pi o meno amorfa. Alla fine del processo una
fase di ricottura sar necessaria per ripristinare le caratteristiche cristallografiche e per distribuire le
impurezze impiantate al posto delle vacanze in modo da renderle elettricamente attive. Si pu otte-
nere una accurata quantit di drogante controllando la corrente del fascio ed il tempo di impianto.
Uno strato superficiale di ossido non produce impedimento alla penetrazione delle impurezze. Per-
ci limpianto pu essere realizzato anche dopo lossidazione superficiale. Il processo di attivazione
e quello di drive-in consentono di ridistribuire le impurezze al posto delle vacanze in modo da otte-
nere la loro attivazione come donatori o accettori. La posizione finale delle impurezze determinato
sia dallenergia del fascio che dai processi di attivazione e di redistribuzione.
Il profilo N(x) gaussiano di distribuzione delle impurezze
impiantate mostrato in Fig.9.1-12. Cio:
( ) [ ]
N(x) =

N e p
x R R p p
2 2
2D
[9.1-4]
Np la concentrazione nel picco che posizionato a distanza Rp
dalla superficie. Rp prende il nome di range proiettato (breve-
mente detto range). La deviazione standard DRp della gaussiana
prende anche il nome di straggle. Queste due quantit dipendono
dalla natura del substrato, dal tipo di ione incidente e dalla sua
energia. La concentrazione del picco pu essere calcolate come

p p
p
R 2 A q
Q

R 2
N
N

=

=
q
[9.1-5]
essendo Nq q la quantit di impurezze per unit di superficie, Q la quantit totale di carica impianta-
ta, q la carica di ogni ione impiantato e A la superficie dimpianto. La parte relativa alla curva gaus-
siana che manca a sinistra dellasse delle concentrazioni deve ritenersi impiantata sulla superficie.
Nella soprastante Fig.9.1-13 sono mostrati range e straggle di arsenico, boro e fosforo, per energie
fino a 1 MeV, nei diversi materiali che il fascio ionico pu trovare sul suo cammino e cio Si, SiO2,

Fig.9.1-12
Tecnologie microelettroniche

335
Si3N4, Al
[GI]
. E importante notare che alle energie considerate e cio meno di un MeV, in ogni ca-
so, il range non supera 1 mm. Cio le impurezze si addensano immediatamente sotto la superficie.
Molto spesso limpianto ionico fatto attraverso uno strato superficiale che pu essere di
SiO2, di Si3N4 o di metallizzazione, cio di alluminio. E stata calcolata
[IS]
la distribuzione delle
impurezze ed il range Rp nel silicio quando gli ioni debbono attraversare uno strato esterno. Lo
spessore del materiale depositato sulla superficie del Si sia d. Siano Rp1 e DRp1 la profondit media
e lo straggle che si sarebbero avute se invece di silicio il materiale fosse tutto come lo strato super-
ficiale mentre con DRp2 si indica lo straggle che si sarebbe avuto se il materiale fosse tutto di silicio.
La densit di impurezze per unit di area sia Nq q. Allora la distribuzione nel Si data da
[SO2]


( ) [ ]
2
2 p
2
p R 2 R x
2 p
2 e
R 2
N
(x) N


=
q
[9.1-6]
in cui ( ) R R d R R p p p p = 2 1 [9.1-7]
Quando gli ioni penetrano nel materiale cristallino vengono deviati con un angolo general-
mente variabile. Se, per, riescono ad infilarsi lungo un canale dentro il quale non trovano ioni del
materiale semiconduttore si ha un fenomeno che prende il nome di channelling che fa andare lo io-
ne molto pi avanti di quanto non gli spetti secondo la distribuzione gaussiana della [9.1-5]. In tal
caso la Fig.9.1-13. acquista una coda che pu essere notevole e le predizioni non sono veritiere. Si
vuole, invece, che il profilo di impianto sia limitato e predeterminato per potere poi controllore con
i successivi procedimenti di ricottura e redistribuzione le impurezze introdotte. Il channelling di-
pende fortemente dallinclinazione della traiettoria degli ioni rispetto agli assi cristallografici. Una
inclinazione di 7 ottima per evitare il channelling. Comunque il channelling fortemente limitato
se le particelle penetrano in zone amorfe nelle quali la distribuzione della posizione degli atomi non
ha alcuna regolarit. A questo scopo aiuta uno strato esterno di ossido che amorfo o addirittura
una preamorfizzazione del Si che si pu ottenere impiantando sul silicio altri ioni ancora di silicio.
Essi danneggiano la struttura cristallografica rendendola amorfa senza alterare la concentrazione di
impurezze. Quando si usa silicio policristallino la tecnica dellinclinazione non consigliabile per-
ch i grani di cristallo hanno orientamento casuale.
Alle volte limpianto fatto attraverso materiali metallici o organici. Il caso del fotoresist
abbastanza comune ma limpianto pu danneggiarlo modificando le strutture geometriche da im-

Fig.9.1-13
Tecnologie microelettroniche

336
piantare. Inoltre possibile che il riscaldamento localizzato prodotto dagli ioni faccia diffondere il
materiale superficiale allinterno. Successivi procedimenti di pulizia della superficie un po pi effi-
caci di un semplice lavaggio possono rimuovere questi strati inquinati.
9.1.2.3 Ossidazione
Un processo fondamentale per la tecnologia planare lossidazione. Uno strato superficiale
di ossido pu svolgere diverse funzioni: 1) costituire una maschera per la diffusione in zone prede-
terminate; 2) essere uno strato isolante fra due strati di metallizzazione; 3) costituire il dielettrico
del gate di un MOS; 4) costituire uno strato protettivo della superficie.
Gi a temperatura ambiente, esponendo il silicio allaria esso si riveste spontaneamente di
uno spessore di circa .02 mm di ossido. Questo spessore insufficiente per gli scopi detti sopra.
Lossido sulla superficie pu essere formato in diversi modi: pu essere accresciuto per via termica,
deposto da vapore in una reazione chimica detta Chemichal Vapor Deposition (CVD) o utilizzando
la tecnica di sputtering detta anche Physical Vapor Deposition (PVD).
Lossidazione per deposizione consiste nel fare reagire, nei pressi della superficie del silicio,
dei vapori di ossigeno e di silano, in maniera da formare lossido che si deposita secondo la reazio-
ne SiH
4
+ 2O
2
SiO
2
+2H
2
. Questo processo produce una interfaccia Si e SiO2 di propriet inferio-
ri a quelle ottenute con lossidazione termica.
Questultima consiste nel fare reagire il Si del semiconduttore con lossigeno presente
nellambiente allinterno di un forno, ad alta temperatura, per favorire la velocit di crescita, ed an-
che ad alta pressione e meglio se sotto flussaggio di ossigeno. Anche se la temperatura di fusione
del Si di 1412 C si preferiscono temperature di ossidazione relativamente basse, inferiori a 1100
C per evitare di peggiorare la situazione dei difetti e di introdurre variazioni agli eventuali profili
di drogaggi ottenuti da precedenti operazioni. Per accelerare il processo di crescita si pu procedere
in un flusso di ossigeno preferibilmente a pressione. Ricordiamo che pi tempo si sta ad alta tempe-
ratura pi prenderanno consistenza eventuali indesiderati processi di redistribuzione delle impurez-
ze. La reazione del silicio pu avvenire in due modi detto secco, dry e in vapore dacqua, ste-
am. Nel primo caso si porta un flusso di O2 a reagire direttamente con il silicio. Nel secondo, vapo-
re dacqua reagisce con il silicio formando SiO2 o e liberando idrogeno.
Si pu dimostrare che lo spessore Tox dellossido cresce nel tempo secondo la
[SZ]

T
A t
A B
ox = +
+

2
1
4
1
2
t
[9.1-8]
t corrisponde allo spessore dellossido
preesistente, A e B sono dei coefficienti
dipendenti dalle condizioni cui fatta
lossidazione. A seconda che il tempo
dossidazione sia breve o lungo, la prece-
dente pu essere approssimata da
( ) T
B
A
t ox = + t [9.1-9]
( ) T B t B t ox = + t [9.1-10]
La prima espressione vale per tempi bre-
vi, la seconda per tempi lunghi. Il para-
metro B/A, detto coefficiente di velocit
lineare, dipende anche dallorientamento
del cristallo su cui fatto crescere
lossido. B, invece, detto coefficiente di
B/A B

Fig.9.1-14
Tecnologie microelettroniche

337
velocit parabolico e dipende
dallo spessore di ossido pre-
sente, oltre che, ovviamente
da temperatura e pressione.
Essi vengono determinati spe-
rimentalmente. Nella Fig.9.1-
14a e b sono mostrati, rispet-
tivamente B/A e B in funzio-
ne della temperatura, in flusso
di ossigeno, per pressioni fino
a 20 Atm. Le curve di B/A si
riferiscono a due differenti ca-
si di orientazione cristallogra-
fica. Applicando le [9.1-9] e
[9.1-10] si ottengono risultati
che sono confermati speri-
mentalmente e mostrati nella successiva Fig.9.1-15
[DE]
. La figura a sinistra per ossidazione dry,
quella a destra per ossidazione steam. A 1000 C, in due ore si cresce un po meno di .1 mm con
lossidazione dry, mentre lo spessore circa cinque volte superiore con lossidazione steam. Si pu
osservare che questo secondo processo generalmente pi veloce.
9.1.2.4 Microlitografia
Quando si progetta un circuito elettronico da integrare si produce un disegno, detto layout,
che rappresenta i componenti elettronici e le interconnessioni fra di loro e quelle con il mondo e-
sterno. I processi litografici servono per riprodurre, opportunamente, i disegni sul silicio, in modo
da realizzare il C.I. in questione. Il processo di fabbricazione dei dispositivi integrati richiede
limpiego di tecniche che servono per delimitare zone ben precise del semiconduttore. Man mano
che si scesi nelle dimensioni le tecniche sono diventate sempre pi complesse. Quando i particola-
ri da riprodurre non sono eccessivamente piccoli, diciamo almeno .2 mm, si usa un processo fotoli-
tografico utilizzando luce ultravioletta. Tuttavia, per
precisioni pi spinte si ricorre alla fotolitografia con
fasci di elettroni o con raggi x.
Descriviamo brevemente il processo fotolito-
grafico. Il primo passo consiste nel mettere sul wafer
una piccolissima quantit di fotoresist che un mate-
riale sensibile alla esposizione di luce ultravioletta o
di fasci di elettroni o di raggi x. Il fotoresist viene di-
stribuito uniformemente in sottile strato con una cen-
trifugazione della fetta. Controllando la viscosit del
resist e la velocit di rotazione della centrifuga si sta-
biliscono delle condizioni riproducibili per mantenere
costante lo spessore del resist. Nella Fig.9.1-16 mo-
strato il sottilissimo strato di fotoresist applicato
sullossido. Quindi la fetta viene riscaldata in un for-
no a bassa temperatura per fare evaporare il solvente
del fotoresist e indurirne la superficie rendendola se-
misolida. Davanti alla fetta viene posta una maschera
che contiene parti del layout sotto forma di zone opa-
che o trasparenti senza alcuna zona grigia. La ma-
schera deve essere allineata in modo da riprodurre il

Fig.9.1-15
Maschera
Si
Luce ultravioletta
(a)
(b)
(c)
(d)
(e)
Fotoresist
Si
Si
Si
Si
SiO2
SiO2
SiO2
SiO2
SiO2
Fotoresist
Fotoresist
Fotoresist
Fotoresist

Fig.9.1-16
Tecnologie microelettroniche

338
layout in precise posizioni per le successive operazioni di mascheratura. Ci si fa utilizzando una
opportuna attrezzatura. A questo punto del processo si espone il wafer alla sorgente che produce un
fascio ben collimato, come mostrato in Fig.9.1-16b. La parte trasparente della maschera lascia pas-
sare la luce.
Le maschere sono generalmente prodotte a partire da disegni in scala riducendo fino a 1000
volte il disegno iniziale con tecniche di scrittura con fasci elettronici. Dato che su una fetta, in gene-
rale, vengono prodotti un numero molto grande di circuiti integrati identici, la maschera finale viene
prodotta da un procedimento fotografico usando un dispositivo che si chiama step and repeat e che
ha la funzione di riprodurre ad intervalli regolari lo stesso disegno con grande accuratezza e preci-
sione.
Il fotoresist pu essere sia negativo che positivo, cos come le pellicole fotografiche per foto
o diapositive. La parte impressionata del fotoresist negativo si polimerizza, mentre usando il fotore-
sist positivo essa si depolimerizza. La polimerizzazione consiste nel creare, fra le molecole del foto-
resist, una serie di legami. Si creano cos delle molecole lunghissime ed ingarbugliate le une con le
altre. Il materiale polimerizzato non solubile mentre quello non polimerizzato facilmente solubi-
le con il processo che comunemente viene detto di sviluppo. Lo sviluppo, quindi, determina
lasportazione della zona che non stata illuminata perch protetta dalla opacit della maschera, nel
caso del fotoresist negativo (Fig.9.1-16c) o allinverso, nel caso del fotoresist positivo (Fig.9.1-
16d).
Dopo lo sviluppo la fetta viene risciacquata e reinfornata per indurire definitivamente il re-
sist rimasto in modo da renderlo resistente alla soluzione dattacco a base di acido fluoridrico che
2 rimasta scoperta (Fig.9.1-16e). LHF, mentre attacca
lossido, non agisce sul silicio e solo parzialmente asporta il fotoresist.
Ci sono diverse tecniche di attacco dellossido. attacco umido, in cui la fetta bagnata da
uno spruzzo oppure immersa in una soluzione acquosa di acido tipicamente con concentrazione
1:10, che ha un rate dattacco di circa .1 mm/minuto a temperatura ambiente. Questo tipo di attacco
isotropo e da origine ad un profilo dellossido come quello mostrato in Fig.9.1-17a. Nel caso in
cui lo spessore W della linea di fotoresist sufficientemente grande rispetto a Tox questo fatto non
da origine ad alcun problema. Ma basta guardare la Fig.9.1-17b per rendersi conto che quando W
limitato a circa 2Tox.
Lattacco secco, detto anche attacco in plasma
consiste nel mettere la fetta in un ambiente a bassa pressio-
ne dove introdotto un composto del Fluoro come il freon,
CF4, o il C2F6. Un forte campo RF produce la ionizzazione
delle molecole. Si ha un gas complessivamente neutro ma
formato da radicali carichi fortemente reattivi con lossido.
Il prodotto della reazione gassoso e viene aspirato dalla
pompa da vuoto che mantiene il plasma a bassa pressione.
Uno dei vantaggi dellattacco a plasma il minore effetto
sul fotoresist. Un altro vantaggio, rispetto allattacco umi-
do che si riesce ad ottenere una definizione migliore per-
ch non sono in gioco le tensioni superficiali tipiche dei l i-
quidi che limitano la minima apertura attraverso cui lacido
pu penetrare. Lattacco umido isotropo, per cui si ha un
profilo di taglio non retto nellossido sottostante la fine-
stra, mentre quello secco generalmente anisotropo e si
pu ottenere un profilo dattacco pi netto come quello
mostrato nella Fig.9.1-17c. Una resa maggiore viene otte-
nuta aggiungendo, in attacco secco, un campo elettrico
W
Tox
Si
SiO2
W
Tox
Si
SiO2
W
Tox
Si
SiO2
a
b
c

Fig.9.1-17
Tecnologie microelettroniche

339
perpendicolare alla superficie da attaccare, in modo da dirigere i radicali verso la superficie aumen-
tando la velocit dattacco ed migliorando il profilo; ci consente di ottenere dimensioni di W anche
pi piccoli di Tox.
9.1.2.5 Deposizione da fase di vapore (CVD)
Alle volte pu essere estremamente utile potere
sovrapporre sulla superficie del semiconduttore uno
strato di materiale opportuno per via chimica. Si usa allo
scopo un processo che prende il nome di deposizione da
fase di vapore, CVD. Questo processo pu servire per
depositare ossido di silicio o nitruro di silicio, materiale
isolante e passivante, silicio policristallino, detto anche
polisilicio o silicio amorfo o silicio cristallino drogato
opportunamente. Il materiale da depositare sotto forma
di vapore in un certo ambiente e reagisce sulla superfi-
cie del semiconduttore, posto ad una opportuna tempera-
tura, depositandovisi anche in strati spessi. In Fig.9.1-18
mostrato uno schizzo della camera di reazione. Il flusso
di vapori da depositare circola nella camera e striscia sul-
la superficie sulla quale si vuole fare la deposizione. Si
ha una zona di confine nella quale il flusso rallentato.
Dato che il semiconduttore posto ad alta temperatura il
deposito facilitato sulla struttura. Il rate di deposizione
Rd dipende dalla temperatura del substrato, come si pu
osservare in Fig.9.1-19.
La tecnica CVD particolarmente importante se
si vuole crescere uno strato a bassa concentrazione di
drogaggio su uno ad alta concentrazione. Se si usano i
processi di deposizione e di redistribuzione si deve ricor-
rere ad una sovracompensazione in cui la concentrazione
del nuovo drogante deve essere appena superiore a quello del substrato. In questo caso il dosaggio
molto delicato e si possono avere fluttuazioni notevoli. Inoltre la mobilit ed il tempo di vita media
peggiorano per la presenza di cos tante impurezze. Se, invece, uno sovrappone sulla superficie uno
strato di silicio cristallino, contenente anche la precisa quantit di impurezze, ottiene un risultato pi
preciso ed esente dallinconveniente della vita media. Inoltre, anche se il processo CVD fatto ad
alta temperatura essa non deve necessariamente arrivare ai valori che si usano per la predeposizione
e redistribuzione evitando, quindi, che gli eventuali profili di drogaggio precedenti vengono alterati.
Il processo utilizzato prende il nome di crescita epiteliale in quanto da origine ad uno strato mono-
cristallino.
Anche lossido pu essere depositato in tale modo. In tal caso il vapore composto da una
miscela di SiH4 e di O2 che sulla superficie calda reagisce depositando ossido e liberando idrogeno.
Lo strato di ossido ottenuto, tuttavia, non cos denso come quello che si ha con lossidazione ter-
mica gi descritta. Tuttavia il suo pregio consiste nella bassa temperatura di reazione che come det-
to, non disturba la situazione dei profili di drogaggio preesistente. Inoltre la velocit di crescita
usata alla fine dei vari processi per costituire strati
protettivi.
Oltre che lossido, per la protezione dei dispositivi e la passivazione delle superfici si usa il
nitruro di silicio, Si3N4 che viene ottenuto facilmente per CVD. Si usa un flusso di SiH4 e ammonia-
ca NH3 ottenendo il deposito di nitruro con liberazione didrogeno. Lo strato di nitruro molto pi
ln Rd
1/T

Fig.9.1-19
Flusso
Strato di confine
Strutture
Fetta

Fig.9.1-18
Tecnologie microelettroniche

340
impermeabile dello strato di ossido ed un migliore
protettore della superficie di quanto non sia
lossido. Unaltra importante applicazione del nitru-
ro di silicio per produrre maschere per la diffusio-
ne e limpiantazione ionica. Per la sua propriet di
costituire una efficace barriera nei confronti di molti
potenziali materiali diffondenti ed in particolare per
lossigeno esso depositato sulla superficie e su di
esso vengono aperte le finestre per la penetrazione
pilotata di questi materiali. La tecnica simile a
quella utilizzata per la diffusione attraverso lossido.
Tuttavia ora il fotoresist serve per produrre le ma-
schere per realizzare le finestre nel nitruro. Esso
successivamente rimosso e la finestra non pi nel
fotoresist ma nel nitruro. In Fig.9.1-20 mostrato
come ottenere degli strati di ossido di silicio in finestre ben delimitate nel nitruro.
Altri importanti processi CVD sono impiegati. Per esempio il silicio policristallino viene
cresciuto per interconnessioni e per costituire i gate dei MOS. Dal momento che viene cresciuto
sullossido che non monocristallino anche esso rimane policristallino. Sinteticamente viene chia-
mato polisilcio. Il polisilicio puro non un buon conduttore. Se nella CVD si aggiungono impurez-
ze si ottiene uno strato ben conduttore, anche se la sua conducibilit pu risultare poco uniforme.
Tuttavia questo fatto non costituisce un problema dato che lo strato utilizzato essenzialmente co-
me conduttore.
9.1.2.6 Metallizzazione
Sulle fette sono realizzati i singoli dispositivi. Se si deve realizzare un CI essi debbono esse-
re interconnessi secondo il layout previsto dal progettista. Ci si realizza con una metallizzazione
che consiste in un sottile strato di Al con piccole percentuali di silicio, buon conduttore, fra i termi-
nali dei vari dispositivi. Normalmente lalluminio viene vaporizzato in un ambiente a bassa pressio-
ne con tecniche di electron-beam o di sputtering. Le fette vengono ricoperte con un sottile strato di
alluminio, dellordine di 1 mm. Con tecnica fotolitografica viene realizzato il corretto pattern di in-
terconnessione.
Man mano che i CI vengono miniaturizzati diminuiscono le distanze fra i vari componenti
dei CI e tende ad aumentare la complessit. In particolare per i CI digitali le singole celle elementari
costituenti le porte logiche o le unit di memoria sono sempre pi piccole. Diminuiscono le distan-
ze fra i transistor delle celle elementari ma aumentano
le distanze che i segnali debbono percorrere fra una
cella ed unaltra. Mentre per le connessioni interne al-
le celle i tempi di trasmissione dei segnali si accorcia-
no, per quelle fra le celle si allungano. Inoltre, con la
diminuzione delle dimensioni minime e laumento
delle distanze, il rapporto L/S della linea tende a au-
mentare con problemi sia resistivi che, soprattutto, dei
tempi di trasmissione. Oggi i CI sono molto complessi
e, come per le schede stampate, sono indispensabili
pi strati di interconnessioni. Si usano, anche 5 livelli
di interconnessioni.
Esaminiamo meglio il problema delle interconnessioni. Nella Fig.9.1-21 mostrato lo schiz-
zo di una linea di interconnessione. Chiamiamo L la lunghezza, W la larghezza, H lo spessore, r la
Fetta
Fetta
Fetta
Si N 3 4 Si N 3 4 Si N 3 4
Si N 3 4 Si N 3 4 Si N 3 4
Si N 3 4 Si N 3 4 Si N 3 4
Tox
SiO2
Tox
SiO2

Fig.9.1-20
Tox
H
D W
L
Cc
Cs Ossido
Silicio
R
L

Fig.9.1-21
Tecnologie microelettroniche

341
resistivit della metallizzazione. Tox lo spessore dell'ossido ed e la sua costante dielettrica. Una
eventuale pista parallela alla precedente e affacciata a questa per almeno L sia a distanza D. La resi-
stenza RL della linea risulta
R L WH L = . [9.1-11]
Le capacit Cs e Cc della linea rispetto al substrato e rispetto alla linea adiacente sono
; T LW = C ox S [9.1-12]
C LH D C = ; [9.1-13]
quindi la capacit totale
( ) C C C L W T H D L S C ox = + = + . [9.1-14]
In effetti il conduttore pu ritenersi una linea di trasmissione e la relazione fra costante di tempo e
tempo di salita in risposta al gradino non la solita. Il tempo che impiega un gradino a trasferirsi
(Vedi Fig.9.1-22) calcolabile in

( )
( ) t er L L L ox R C L WH W T H D = .89 = .89 +
2
. [9.1-15]
Tuttavia effetti di bordo di campi elettrici introducono sulle
capacit e quindi sul tempo di propagazione un leggero fatto-
re correttivo dellordine di 2
[KA]
.
Se si deve realizzare una integrazione su larga scala,
VLSI, e contenere al massimo le dimensioni del chip per di-
minuire, tra laltro costi e ritardo di propagazione si pu rite-
nere che la lunghezza massima di una linea sar
Lmax A 2 (A larea del CI). E possibile calcolare il
ritardo massimo per un circuito integrato, applicando la [9.1-
15]. Chiamiamo Lm la dimensione minima integrabile che la
tecnologia del costruttore in grado di produrre. Nella
Fig.9.1-23 mostrato tale ritardo massimo per un circuito integrato in cui si contenuto al massimo
lo spreco di silicio e si sono usate le dimensioni minime Lm per W e D e si supposto Tox = .35 Lm.
Sostituendo nella [9.1-15] si trova che t L er A/ Lm
2
. Lalluminio fornisce il minimo ritardo, il po-
lisilicio non drogato il peggiore. Tuttavia drogando si pu scendere con la resistivit del silicio ed
ottenere prestazioni di ritardo simili a quelle dellalluminio. Nella figura, come riferimento mo-
strato il valore del tempo di transito t G di un MOS con L = Lm
[SO2]
.
Un CI, in genere, un pezzetto di un circuito elettronico pi complesso ed in esso deve esse-
re inserito e dialogare con le sue parti costituenti. Deve, quindi, essere previsto un efficace sistema
di interconnessio-
ni con il mondo
esterno al CI. Nel-
la periferia del CI
sono integrate del-
le piccole piazzole
di collegamento,
bonding pad, di
dimensioni tipiche
100 x 100 mm
2
re-
alizzate con delle
metallizzazioni.
Su di esse si pu
saldare per termo-
compressione con
t t L
V
.1V
.9V
t t L L L R C = .89
t t
L

Fig.9.1-22
t t
L
100 ps
1 ps
10 ps
1 ns
10 ns
t t G
Poly
2 WSiO
W
Al
Area (mm )
2
= 1 m = 1 m
Lm
1 100 10
t t
L
t t G
Poly
W
Al
2 WSiO
Area (mm )
2
= 5 m = 5 m Lm
1 100 10
100 ps
1 ps
10 ps
1 ns
10 ns
t t
L
t t G
Poly
W
Al
2 WSiO
Area (mm )
2
= .5 m = .5 m
Lm
1 100 10
100 ps
1 ps
10 ps
1 ns
10 ns

Fig.9.1-23
Tecnologie microelettroniche

342
una apposita termosaldatrice (Bonder) dei fili sottili di connessione fatti principalmente di alluminio
ma alle volte anche di oro.
9.1.3 Realizzazione dei macrodispositivi
La tecnica planare consente di integrare direttamente, utilizzando le tecnologie precedente-
mente descritte su di una unica fetta un certo numero di circuiti integrati completi di interconnes-
sioni e di PAD. I singoli CI vengono separati, tagliando la fetta in tante parti, ottenendo chip sotto
forma di dice. Il chip incollato o saldato
sul fondo del contenitore, deve essere
connesso elettricamente ai terminali del-
lo stesso. Debbono essere saldati delle
connessioni fra le pad e questi terminali.
Loperazione si fa come gi detto con la
bonder.
In Fig.9.1-24 sono mostrati alcu-
ni esempi di contenitori standard. Tutta-
via alle volte lutente vuole il dispositi-
vo non incapsulato ma sotto forma di
die. In Fig.9.1-25 mostrato un conteni-
tore tipico Dual-in-Line ed a titolo
desempio un chip in cui sono evidenti i pad.

Metallico
TO-88 14 PIN Flat Pack Dual in-line TO-116 16 PIN
Plastico
TO-100 10 PIN
8 PIN Dual in-line

Fig.9.1-24

Fig.9.1-25
Tecnologie microelettroniche

343
9.2 Dispositivi integrati
Descriveremo brevemente in questo paragrafo alcuni dispositivi integrati attivi e di altri
passivi che si ottengono come sottoprodotto dei processi.
9.2.1 Resistenza di strato
La resistenza di strato un importante parametro per valutare e caratterizzare gli strati. Con-
sideriamo uno strato di materiale come quello della Fig.9.2-1. Se la corrente lo attraversa nella dire-
zione indicata esso offre una resistenza

WT
L
S
L
R = = . [9.2-1]
Prendiamo adesso un pezzetto quadrato,
cio con L = W. La precedente si riduce a

T
R

= o . [9.2-2]
La resistenza di un quadrato dipende solo
dal suo spessore e dalla resistivit del mate-
riale. Essa viene comunemente indicata con
il simbolo R ed indipendente dalle dimensioni del quadrato. E ovvio che se lo strato non qua-
drato basta moltiplicare per il rapporto L/W
per ottenere la resistenza, cio:
R
L
W
= R . [9.2-3]
Limportanza della resistenza di strato sta
anche nel fatto che molto facile misurarla.
Si usa il metodo delle quattro punte
(Fig.9.2-2). Le quattro punte sono allineate
e poste a distanza d >> T luna dallaltra.
Facendo scorrere una corrente I fra la prima e lultima fra le due centrali si p

R
V
I
= 4.5324 . [9.2-4]
9.2.2 Diodi
Nella realizzazione dei diodi bisogna tenere conto
di esigenze alcune fra di loro contrastanti. Per esempio ca-
pacit di giunzione bassa e alta tensione di rottura sono in
contrasto con la bassa resistenza di estensione del diodo.
Infatti, per ottenere basse capacit bisogna fare almeno una
delle regioni poco drogata e cos si ottiene anche una alta
tensione di rottura. Ma, in questo caso l a resistenza di e-
stensione, a causa dellalta resistivit della zona poca dro-
gata pu essere notevole. La resistenza si pu diminuire
aumentando la superficie della giunzione ma, parallela-
mente anche la capacit di giunzione aumenta. Conside-
riamo il diodo planare realizzato nella Fig.9.2-3. Su un
substrato poco drogato, che sar il catodo, viene fatta una
diffusione p
+
per lanodo. Uno strato di ossido ricopre la giunzione metallurgica in modo che,
quando si fa la metallizzazione non si metta in corto la giunzione. La metallizzazione del catodo po-
T
L
I
W
Fig.9.2-1
I
T
I
d
V
Fig.9.2-2
Si
Substrato n
Strato diffuso p
+
Zona di
Svuotamento
W
Xj
TB
Metallizzazione
Metallizzazione
SiO
2

Fig.9.2-3
Tecnologie microelettroniche

344
trebbe causare questo inconveniente. La figura mostra il dettaglio dello strato di ossido a cavallo
della giunzione.
La resistenza serie RDD dovuta essenzialmente al substrato. Se TB lo spessore del bulk, W
quello dello strato di svuotamento e Xj quello della zona p catodica risulta
R
T X W
A
DD B
B j
=
+
r
( )
[9.2-5]
che a causa dellalta resistivit del bulk e del suo elevato
spessore pu essere notevole.
Si pu ovviare facilmente a questo inconveniente ag-
giungendo un processo. Si parte da un bulk, questa volta ben
drogato, spesso TB, e fare crescere su di esso un sottile strato
TE epitassiale poco drogato (Fig.9.2-4). Cos si realizzano i
diodi planari epitassiali. Finche le tensioni applicati non so-
no tali da fare penetrare la zona di svuotamento allinterno
del bulk la resistenza di estensione pu esser calcolata come
somma delle due resistenze dello strato epitassiale e di quello
di bulk. Eseguendo semplici calcoli si determina che:
R
T
A
T X W
A
DD B
B
E
E j
= +
+
r r
( )
. [9.2-6]
Confrontando con la [9.2-5] si vede che il primo termine pi
piccolo a causa dellelevato drogaggio del bulk. Il secondo
termine, anche esso pi piccolo, questa volta non a causa
del drogaggio, bens per il piccolo spessore TE dello strato e-
pitassiale cresciuto. Quindi serve fare lo spessore dello strato
epitassiale ben pi piccolo di quello del bulk e il drogaggio
del bulk del diodo epitassiale molto pi elevato di quello del
diodo planare non epitassiale. Nella Fig.9.2-5 mostrato un
tipico profilo di drogaggio di un transistor planare epitassiale
(N la concentrazione del drogante).
Descriviamo brevemente le varie fasi di questo pro-
cesso. Si parte da un substrato n
+
fortemente drogato con antimonio (r = 5 mW cm) spesso 200-300
mm. Su di esso si deposita uno strato epitassiale 5-25 mm drogato con fosforo (r = 1- 100 W cm). Si
fa crescere uno strato di SiO
2
spesso un po meno di 1m. Si aprono le finestre per la realizzazione
dellanodo con il solito processo fotolitografico. Predeposizione e redistribuzione di boro produco-
no uno strato p
+
spesso fino a 3 mm. Un ulteriore processo fotolitografico viene utilizzato per aprire
le finestre per il contatto anodico, che viene realizzato depositando uno strato sottile di Al
dellordine di 1 mm. La fetta, a questo punto viene riscaldata a circa 500 C in modo che
lalluminio leghi con il silicio per formare un contatto ohmico non rettificante. Quindi si procede
evaporando un sottilissimo film di oro sul catodo per realiz-
zare il relativo contatto.
Un altro tipo di diodo il mesa planare epitassiale
(Fig.9.2-6). Su un substrato fortemente drogato si fa una cre-
scita epitassiale n ed una diffusione p
+
su tutta la fetta in mo-
do da realizzare una unica grande giunzione. La superficie p
viene tutta ossidata. Con una maschera si creano nellossido
le finestre per separare un diodo dallaltro. Un reagente chi-
mico incide le zone di separazione fra i diodi attaccando la
zona p ed, in parte, lo strato epitassale. A questo punto viene
Si
SiO2
Strato diffuso
p
+
Zona di
Svuotamento
W
Xj
Metallizzazione
Metallizzazione
Strato epitassiale n
Substrato n+
TB
TE
Fig.9.2-4
N
x
. 5 2 5-10 m m m m m m
strato
epitassiale n
substrato n
+ +
anodo p
10
19
16
10
18
10

Fig.9.2-5
SiO
2
p
+
Metallizzazione
Metallizzazione
Strato epitassiale n
Substrato n
+
Strato
diffuso
Passivazione

Fig.9.2-6
Tecnologie microelettroniche

345
passivata la superficie libera, per esempio con nitruro o anche con altro ossido. Un nuovo processo
fotolitografico apre in questo ultimo strato il contatto anodico. Due deposizioni di alluminio forni-
ranno i contatti. I singoli diodi prima vengono separati lun dallaltro e poi gli adduttori, non mo-
strati in figura, vengono saldati al contenitore.
9.2.3 Transistor bipolari
Esiste una grande quantit di transistor bipolari. Descriviamo, pero soltanto il transistor
planare epitassiale. Esso viene realizzato con una doppia diffusione. In Fig.9.2-7a mostrato il pro-
filo di drogaggio ed in Fig.9.2-7b una sezione ed in Fig.9.2-7c una pianta. In questa ultima lossido
visibile in grigio scuro. Le linee tratteggiate indicano le giunzioni metallurgiche, mentre le linee
puntate indicano dove finisce lossido, nascosto sotto la metallizzazione. Questa ultima marcata in
grigio. I contatti sono indicati con rettangoli con diagonali. In effetti quello mostrato un transistor
planare verticale.
Alcuni fasi del processo sono simili a quelle per la realizzazione del diodo planare epitassia-
li. Su un substrato n
+
fortemente drogato con antimonio (r = 5 mW cm) spesso 200-300 mm si de-
posita uno strato epitassiale 5-15 mm drogato con fosforo (r =0.5-10 Wcm). Si fa crescere uno stra-
to di SiO
2
spesso 0.5-0.8 mm. Si aprono le finestre per il deposito della base con il solito processo
fotolitografico seguito dallattacco chimico. Predeposizione o impiantazione ionica di boro con
concentrazione superficiale dellordine di 310
18
/cm
3
, seguite da redistribuzione producono uno
strato p
+
spesso fino a 3 mm con resistenza di strato Rq qdi circa 200W/q q. Il processo di redistribu-
zione viene fatto contemporaneamente a quello di ossidazione in ambiente ricco di H2O in modo da
ottenere simultaneamente la crescita di uno strato di ossido anche sulla finestra aperta prima. Con
un secondo processo fotolitografico seguito dallattacco si apre nellossido la regione per
lemettitore. Una predeposizione di fosforo con alta concentrazione superficiale, dellordine di
10
15
/cm
2
, viene fatta. Segue un processo drive-in che produce una zona n
+
con resistenza di strato
Rq q di circa 2W/q q Ancora una volta il processo di redistribuzione viene fatto in presenza dossigeno
per fare ricresce lossido nelle finestre precedentemente aperte. Con un altro processo fotolitografi-
co si aprono le finestre per i contatti di base e demettitore. Una deposizione di alluminio sottile
produce uno strato sottile inferiore ad un 1 mm che ricopre tutta la superficie superiore della fetta.
Un ultimo processo fotolitografico delimita le aree per i contatti di base e demettitore che vengono
separate da un attacco chimico. Per realizzare un buon contatto ohmico non rettificante si riscalda a
circa 500 C per fare una lega con il silicio-alluminio. Finalmente si realizza il contatto di collettore
evaporando un sottilissimo film di oro sullaltra faccia della fetta.
Dopo la separazione dei transistor si procede alla saldatura nel contenitore ed al bonding dei
reofori. Loperazione di separazione viene eseguita generalmente incidendo con una sega ad alta ve-
N
x
2
10
19
16
10
.5 5-10 m m m m m m
strato
epitassiale n +
p
10
21
10
17
emettitore
base
collettore
n
+
substrato n
+
2 2 m m
(a)
(b)
Substrato n+
SiO2
Strato epitassiale n
TB
TE
Strati
di ffusi
contatti
di base
contatto di emettitore
n
+
p
+
WB
E W
SiO
2
giunzionebase-collettore
giunzionebase-emettitore
(c)
Metallizzazione
Metallizzazione

Fig.9.2-7
Tecnologie microelettroniche

346
locit nella direzione degli assi cristallografici. La fetta, incol-
lata provvisoriamente su un nastro adesivo di mylar, viene
sottoposta ad ultrasuoni che producono la frattura lungo i sol-
chi. I singoli chip o dice vengono saldati su supporti metallici
come leghe Fe-Co-Ni (Kovar), che hanno caratteristiche di di-
latazione termica simili a quelle del silicio, portandoli a 400
C in atmosfera inerte. Si forma una lega Au-Si che assicura
un buon contatto elettrico ed una buona resistenza meccanica.
Il chip viene racchiuso in un contenitore plastico o ceramico o
metallico come quelli mostrati in Fig.9.1-25. Vengono ora
saldati i reofori di collegamento usando sottilissimi fili di Au
o Al (circa 30 mm). Nel caso di transistor di potenza si usano
fili dAl pi grossi. I reofori vanno saldati sugli adduttori del
contenitore: i cosiddetti piedini. Per finire si chiude il contenitore ermeticamente in ambiente di gas
inerte. I contenitori metallici e quelli ceramici assicurano una buona dissipazione termica, quello
metallico offre anche una buona schermatura alle RF. Il contenitore plastico pi economico.
Prendiamo in esame un effetto dovuto
alla resistenza destensione di base. Conside-
riamo la Fig.9.2-8. La resistenza propria della
base fa si che la caduta di potenziale lungo la
regione demettitore tenda a crescere man
mano che ci si sposta dalla base verso la parte
centrale dellemettitore. Allora questa regione
risulta essere posta ad un potenziale pi bas-
so. In altri termini la giunzione base-
emettitore non ha una polarizzazione unifor-
me ma meglio polarizzata ai bordi che al
centro dellemettitore. Pertanto la densit di corrente sar superiore nella sua regione periferica.
Questo effetto prende il nome di addensamento, crowding. Nei transistor planari in particolare e
comunque nei transistor dove la corrente di base scorre parallelamente allemettitore si ha questo
effetto in modo rilevante. Il risultato che le dimensioni effettive risultano maggiori delle dimen-
sioni efficaci. Per migliorare il comportamento bisogna fare in modo da massimizzare il rapporto
fra perimetro ed area. Il primo proporzionale alla dimensione efficace, la seconda alle dimensioni
effettive. A questo punto ragionevole pensare che a-
to quanto pi lungo e stretto. Se per cos si fa-
cesse si correrebbe il rischio di aumentare la re-
sistenza destensione demettitore. La soluzione
che si adotta e di costruire lemettitore con tanti
strisce strette e lunghe collegate in parallelo co-
me per fare un pettine o le dita di una mano. La
base, simmetricamente prende una forma analo-
ga. Queste strutture prendono il nome di struttu-
re interdigitate. Nella Fig.9.2-9 sono mostrate la
sezione e la pianta di un transistor planare epi-
tassiale ed alcuni ingrandimenti di strutture in-
terdigitate. Un ulteriore miglioramento viene ot-
tenuto segmentando lemettitore in tanti pezzet-
tini tutti interconnessi mediante uno strato so-
vrapposto, overlay. In Fig.9.2-10 mostrato un
esempio di transistor overlay.
Substrato n+
Base
Collettore
Emettitore
IB
IE
IC

Fig.9.2-8
(b) (a)
Metallizzazioni
(c)
contatto di emettitore
contatti
di base
SiO
2
Substrato n+
Strato epitassiale n
n
+
SiO
2

Fig.9.2-10

Fig.9.2-9
Tecnologie microelettroniche

347
9.2.4 FET a giunzione: JFET
Esistono molte versioni di JFET. Nella figura accanto sono mostrati due esempi e cio il
JFET epitassiale ed il JFET a doppia diffusione. Nella Fig.9.2-11a e b schematizzato un JFET
epitassiale a canale n, rispettivamente in sezione ed in pianta. Analogamente nella Fig.9.2-11c e d si
ha un JFET a canale p a dop-
pia diffusione. Il JFET epitas-
siale della figura del tipo i n-
terdigitato discusso preceden-
temente. Anche nei dispositivi
ad effetti di campo il cro-
wding pu dare spiacevoli
conseguenze. Pertanto anche
in questo caso la segmenta-
zione migliora le prestazioni
senza aggravio di costi di
produzione.
Per realizzare un JFET
planare epitassiale si procede
come gi descritto preceden-
temente per i BJT planari epi-
tassiali ottenendo il substrato
p
+
con il deposito epitassiale n
e la superficie ricoperta di os-
sido di silicio. Vengono rea-
lizzate le finestre di gate at-
traverso cui viene realizzata la diffusione di boro per ottenere zone p
+
. Ancora una volta durante la
fase di redistribuzione si riossida la superficie ricoprendo le finestre aperte. Si aprono ora le finestre
per la diffusione di fosforo per realizzare le zone n+ di drain e source. Ancora la redistribuzione av-
viene in ambiente ossidante. Successivamente si aprono le finestre dei contatti. La metallizzazione
di tutta la superficie seguita dalla separazione delle zone di contatto dei tre terminali. Si realizza
ora la lega con il silicio-alluminio principalmente per evitare i contatti rettificanti. Quindi si metal-
lizza il contatto di gate inferiore. Segue la parte finale che consiste nel collegare il transistor con i
piedini del contenitore e incapsularlo nello stesso.
9.2.5 FET Metallo Ossido Semiconduttore: MOSFET
Esistono numerose varianti per la realizzazione dei MOS. Descriviamo il procedimento per
realizzare un PMOS a gate metallico del tipo ad arricchimento (Metal Gate Enhancement PMOS).
Nella Fig.9.2-12 sono mostrate le varie fasi di costruzione. Su un substrato n (r 10 W cm) si fa
crescere uno strato di ossido di circa 1 mm. Con una procedura fotolitografica si aprono due finestre
per la realizzazione delle zona di source e drain (a). Attraverso le finestre viene diffuso boro per
realizzare zone p
+
per il source ed il drain (b). Durante la fase di redistribuzione viene anche fatto
crescere su tutto uno strato di ossido spesso di circa 1-2 mm. Un secondo procedimento fotolitogra-
fico apre nellossido una finestra per il gate (c). Uno strato di ossido viene fatto crescere per realiz-
zare lo spessore Tox del gate (d). Questo strato molto sottile e preciso, Tox < .1 mm e viene realiz-
zato con grande accuratezza in condizioni molto ben controllate per evitare contaminazioni che ren-
derebbero la tensione di banda piatta e quindi il valore della tensione di soglia Vto aleatoria. Con un
terzo processo fotolitografico si aprono le finestre per il contatto di source e drain (e). Una metalliz-
zazione di alluminio viene fatta a questo punto su tutta la faccia del dispositivo. Un quarto processo
fotolitografico riduce le metallizzazioni come mostrate in sezione e in pianta in (g) e (h). Quindi si
riscalda ad alta temperatura per ottenere la lega silicio-alluminio e si fa la metallizzazione del sub-
JFET epitassiale a canale n JFET a canale p a doppia diffusione(d)
SiO2
(a)
Strato epitassiale n
p+ n
+
Gate
superiore
Source
Drain
inferiore Gate
p+
p
+
n
+
n
+
substrato
n
+
p
+
n substrato
inferiore Gate
(c)
Gate
superiore Source Drain
(b)
SiO2
Drain
Metallizzazione
Gate
SiO2
Gate Source Drain

Fig.9.2-11
Tecnologie microelettroniche

348
strato. Il dispositivo finale mostrato in sezione in (i). Infine il dispositivo, incollato nel contenitore
viene connesso ai reofori con il bonding dei terminali. Il corrispondente NMOS mostrato in (j). Le
procedure sono simili. Nella Fig.9.2-12h la parte tratteggiata rappresenta il limite delle zona drogate
di source e drain. La parte in grigio scuro la metallizzazione, quella in grigio chiaro lossido. I
contatti sono rappresentati da rettangoli con diagonali. Si vede che esiste una sovrapposizione par-
ziale fra il gate e le zone di source e drain. Ci porta inevitabilmente a rilevanti capacit CGS e CGD
con conseguenze negative sul comportamento in alta frequenza. Se si restringe il gate, per evitare
questa sovrapposizione c il pericolo che, a causa anche di un piccolo disallineamento delle ma-
schere, che il gate metallico non si interfaccia completamente con tutto il canale con conseguenza
che, applicando le tensioni di gate, non si riesce a formare il ca-
nale conduttivo o che comunque esso abbia una soglia forte-
mente variabile da dispositivo a dispositivo. Lideale sarebbe se
il gate fosse perfettamente allineato con la fine delle due zone
di source e di drain.
Il problema dellallineamento e quindi del buon compor-
tamento in alta frequenza, si pu risolvere, ad es., realizzando le
zone di source e drain che non si sovrappongono a quelle di
gate, anzi sono leggermente distanziate. Tuttavia, per assicurare
la presenza del canale la parte di esso che va dal source, o dal
drain, fino alla zona sottostante al gate viene resa conduttrice
drogandola fortemente come il canale richiede. Per i PMOS si
impiantano in queste zona due piccole aree p
+
. come mostrato
nella Fig.9.2-13a. Scegliendo una energia opportuna per
limpiantazione di boro si pu fare in modo che esso riesca a
passare il sottile spessore dellossido di gate ma non quello pi
spesso che c sulle altre zone. La metallizzazione del gate, so-
n substrato n substrato
p
+
p
+ p
+
n substrato
p
+
p
+
n substrato
p
+
(a) (c)
(d)
(e) (f)
(b)
(g)
(i) (j) Metal Gate
n substrato
n substrato
p
+
p+ p
+
n substrato
p
+
p
+
n substrato
p
+
PMOS Enhancement
p
+
n substrato
p
+
Enhancement NMOS
n
+
n
+
substrato p
(h)
Gate Source Drain

Fig.9.2-12
Gate Source
(a)
(b)
n substrato
p
+
p
+
Impianti di boro
Drain
PMOS Enhancement
Metal Gate auto allineato

Fig.9.2-13
Tecnologie microelettroniche

349
vrapponendosi allo strato sottile di ossido, impedisce che sotto di essa riesca a passare limpianto di
boro. In altre parole la stessa metallizzazione di gate allinea la zona impiantata. Nella Fig.9.2-13b
lossido mostrato in grigio chiaro, le aree di source e di drain sono delimitati da una linea tratteg-
giata. Le zone impiantate sono di colore grigio molto chiaro. Invece si usato un grigio scuro per le
metallizzazioni e dei riquadri con croci per i contatti.
Un altro modo per ottenere piccole capacit parassite CGD e CGS quello di utilizzare il sili-
cio policristallino conduttore o polisilicio o pi semplicemente poly, per realizzare il gate. Si otten-
gono MOS che vengono chiamati silicon-gate. In Fig.9.2-14 sono mostrati i passi per la realizzazio-
ne di un PMOS Enhancement Silicon-Gate. Su un substrato n si fa crescere uno spessore considere-
vole di ossido. Con un processo fotolitografico si ricava unarea per il transistor rimovendo l0ssido
(Fig.9.2-14b). Un sottile strato, che costituisce lossido del gate, di spessore Tox, viene fatto crescere
su tutto il wafer (Fig.9.2-14b). Su di esso viene fatto crescere uno strato poly conduttore (Fig.9.2-
14c). Un processo fotolitografico serve per produrre la protezione della zona del gate. Un attacco
chimico rimuove completamente il poly e lossido dalle zone non protette. Tuttavia lo strato
dossido periferico molto spesso non viene completamente rimosso a causa del suo notevole spesso-
re (Fig.9.2-14d). A questo punto impurezze di boro vengono predeposte, per ottenere le zone di
source e di drain, nelle finestre aperte nellossido. Ad alta temperatura si esegue la redistribuzione
delle impurezze, mentre, contemporaneamente viene fatto crescere ossido sul wafer (Fig.9.2-14e).
In tal modo si ottengono le aree p
+
. Un nuovo processo fotolitografico apre le finestre nellossido
per i contatti del dispositivo (Fig.9.2-14f). Una metallizzazione della superficie (Fig.9.2-14g) ed un
successivo ulteriore processo fotolitografico consentono di ottenere i contatti per il transistor. In
Fig.9.2-14h e Fig.9.2-14i sono mostrati una sezione ed una pianta del PMOS Enhancement poly-
gate cos realizzato.
Nella produzione dei MOS un problema di particolare importanza da la regolazione della
tensione di soglia. Essa dipende da diversi fattori. Riprendiamo le espressioni che la riguardano trat-
tate nel Cap.7 e le riscriviamo aggiungendo un pedice per distinguere il caso degli NMOS da quello
dei PMOS: esse sono raggruppate nella Tav.9.2-1.
PMOS Enhancement
(a) (c)
( d) (e) (f)
( b)
(g) (h) (i )
Silicon Gate
n substrato n substrato nn substrato
nn substrato nn substrato
p
+
p
+
n n substrato
p
+
p
+
nn substrato
p
+
p
+
nn substrato
p
+
p
+
Source Drain Gate
Fig.9.2-14
Tecnologie microelettroniche

350
Confrontiamo i due dispositivi a parit di drogaggi e temperatura e di cari
[MU],[TS]
. Il potenziale di banda piatta va calcolato usando la [8.2-2] ed impiegando i valori dei po-
tenziali di estrazione dei materiali usati i cui valori misurati sono mostrati nella Tav.9.2-2. I due po-
tenziali di banda piatta, come vedremo in alcuni esempi sono dello stesso segno. Principale respon-
sabile di questo comportamento la carica allinterfaccia sempre positiva. Prendiamo in esame dro-
gaggi identici del substrato nei due casi n e p e li confrontiamo sia per metal-gate (Al) che per poly-
gate. I potenziali di substrato Vp e Vn sono identici nei due casi. Sia la carica allinterfaccia con una
qox = 10
11
/cm
2
, lo spessore dellossido Tox = 150 il drogaggio del bulk, identico, cio
NA = ND = NB = 10
15
/cm
3
. A T = 300 C la concentrazione intrinseca ni 1.4510
10
/cm
3
, per cui il
potenziali del substrato sono Vp = -Vn = VT ln(NB/ni) = 25.86ln(10
15
/1.4510
10
) mV = 288 mV. La
capacit Co = eox/Tox= 8.8510
-12
3.9/ 15010
-10
= 2301 mF/m
2
. La carica allinterfaccia contribuisce
con Vox = Qo/Co = 10
15
1.610
-19
/230110
-6
= 70 mV. Nei quattro casi in esame si ha:
PMOS Metal gate: VFB = F GB-Vox = F Al-(F Si -Vn) - Vox = 4.1-(4.7+.288)-.07 = -958 mV;
NMOS Metal gate: VFB = F GB-Vox = F Al-(F Si -Vp) - Vox = 4.1-(4.7-.288)-.07 = -382 mV;
PMOS Silicon gate n
++
: VFB = F GB-Vox = F Sin-(F Si -Vn) - Vox = 4.14-(4.7+.288)-.07 =-918 mV;
NMOS Silicon gate n
++
: VFB = F GB-Vox = F Sin-(F Si -Vp) - Vox = 4.14-(4.7-.288)-.07 = -342 mV.
Tav.9.2-1

C
T
o
x
ox
' , =


[8.2-1]

V V p T =

ln
N
n
A
i

[8.2-9]
NMOS
V
Q
C
V
Q
C
FBn G B
o
o
G Si p
o
o
= = + F F F F
'
'
'
'

[8.2-2]

' C
qN 2
0
A
=
[8.2-24]

p p FB ton V 2 V 2 V V + + =
[8.2-23]

( ) p BS p n ton THn 2V V 2V V V + =
[8.3-7]

V V n T =

ln
N
n
D
i

[8.2-9]
PMOS
V
Q
C
V
Q
C
FBp G B
o
o
G Si n
o
o
= = + F F F F
'
'
'
'

[8.2-2]

' C
qN 2
0
D
=
[8.2-24]

n n FB top V 2 V 2 V V + + =
[8.2-23]

( ) n BS n p top THp 2V - | V | 2V - V V + =
[8.3-7]
Tav.9.2-2
Potenziale
destrazione
bulk

gate
Si
intrinseco
Si
p
Si
n
Al Au Ni Mo W polisilicio
n
++

F B (Volt) 4.7 4.7 - Vn 4.7 - Vp
F G (Volt) 4.1 4.7 4.74 4.3 4.5 4.14
Tecnologie microelettroniche

351
Fra metal-gate e poly-gate c una insignificante differenza di circa 40 mV per la tensione di
banda piatta. Nelle ipotesi degli esempi precedenti anche il coefficiente delleffetto body lo stesso
nei due casi e cio gN = gP = (2e0eSiqNB)
1/2
/Co = (28.8510
-12
11.71.610
-19
10
21
)
1/2
/2301 10
-6
=
79.1 10
-3
V
1/2
.
Una significativa differenza si pu avere o cambiando spessore di ossido o drogaggio. Il ca-
so di un ossido ben pi spesso e cio Tox = 1000 da una Co = eox/Tox = 8.8510
-12
3.9/ 100010
-10

= 345 mF/m
2
ed il contributo della carica allinterfaccia Vox = Qo/Co = 10
15
1.610
-19
/34510
-6
=
464 mV. Nei quattro casi in esame si ha:
PMOS Metal gate: VFB = F GB-Vox = F Al-(F Si -Vn) - Vox = 4.1-(4.7+.288)-.464 = -1352 mV;
NMOS Metal gate: VFB = F GB-Vox = F Al-(F Si -Vp) - Vox = 4.1-(4.7-.288)-.464 = -776 mV;
PMOS Silicon gate n
++
: VFB = F GB-Vox = F Sin-(F Si -Vn) - Vox = 4.14-(4.7+.288)-.464 = -1312mV;
NMOS Silicon gate n
++
: VFB = F GB-Vox = F Sin-(F Si -Vp) - Vox = 4.14-(4.7-.288)-.464 = -726 mV.
Poich questa volta la capacit dellossido inferiore, leffetto body
gN = gP = (2e0esiqNB)
1/2
/Co=(28,8510
-12
11.71.610
-19
10
21
)
1/2
/34510
-6
= 0.542 V
1/2
.
Il fatto che la tensione di banda piatta comunque negativa porta ad una analoga conse-
guenza anche per la tensione di soglia. Dalle [8.2-23] della Tav.9.2-1 si vede che la tensione di so-
glia Vto determinata oltre che dalla tensione di banda piatta anche dal potenziale di substrato. Per
gli NMOS Vp positiva e cresce con il drogaggio per cui anche Vto cresce con esso. Invece Vn
negativa ed in valore assoluto cresce con il drogaggio. Il risultato che Vto si abbassa con il dro-
gaggio per i PMOS. In Fig.9.2-15a mostrato come varia questa tensione per i due tipi di spessori
di ossido degli esempi fatti. Risulta evidente la asimmetria. Per bassi drogaggi Vto risulta in ogni ca-
so negativo. Nel NMOS per avere Vto positiva bisogna drogare molto. Nella Fig.9.2-15b , invece,
mostrato come lo spessore dellossido cambia la tensione Vto. Il comportamento asimmetrico, dovu-
to alla tensione di banda piatta, non agisce, per, sulle pendenze delle curve. Si vede benissimo dal-
le due figure che, a parit di spessore di ossido e di drogaggio del substrato, a parte il segno della
derivata, i PMOS e gli NMOS variano la tensione di soglia allo stesso modo con queste due gran-
dezze.
Se il bulk non connesso al source si ha una variazione della tensione di soglia con il poten-
ziale fra source e substrato secondo le [8.3-7] della Tav.9.2-1. In ogni caso a parit di tutto i coeffi-
cienti g sono identici. In Fig.9.2-16 sono mostrate le tensioni di soglia VTH sia per casi di eguale
NMOS
PMOS
Vto (V)
Nbulk (A/cm
3
)
VBS = 0
10
11
cariche allinterfaccia/cm
2
Tox = 150 A

Tox = 1000 A

Tox = 150 A

Tox = 1000 A

NMOS
PMOS
Tox (A)

Nbulk = 10
15
A/cm
3
Nbulk = 10
16
A/cm
3
Nbulk = 10
15
A/cm
3
Nbulk = 10
16
A/cm
3
Vto (V) 10
11
cariche allinterfaccia/cm
2
VBS = 0
(a)
(b)

Fig.9.2-15
Tecnologie microelettroniche

352
drogaggi che per differenti drogaggi. In que-
sto caso i gamma cambiano. Tuttavia, ancora
una volta si vede che per avere soglie di
NMOS positive bisogna drogare abbastanza.
Ma, in questo caso, le zone di svuotamento
delle giunzioni source-bulk e drain-bulk pe-
netrano pochissimo nel bulk producendo ca-
pacit parassite notevoli, nocive per il com-
portamento in frequenza. In Fig.9.2-17a si
vede la forma delle zone di svuotamento. Se
facciamo un drogaggio inferiore nel bulk di-
minuiamo tutte le capacit.
Soglie di NMOS positive, senza
linconveniente delle capacit parassite ec-
cessive dovute allintenso drogaggio, si pos-
sono ottenere introducendo impurezze,
mediante impiantazione, nel canale,
ma soltanto allinterfaccia con
lossido. In tal modo la tensione Vto
pu essere fatta variare a piacere solo
modificando lintensit dellimpianto,
senza cambiare sostanzialmente le ca-
pacit parassite che dipendono, invece,
dal drogaggio del substrato, relativa-
mente basso. In Fig.9.2-17b mostrato
leffetto di un drogaggio minore sulle
larghezze delle zone di svuotamento
delle giunzioni source-bulk e drain-
bulk in presenza di canale impiantato. Limpianto pu essere fa-
cilmente realizzato inserendolo subito dopo che sono state rea-
lizzate le zone fortemente drogate per i contatti di drain e sour-
ce. A questo punto il boro viene impiantato attraverso la metal-
lizzazione del gate. In Fig.9.2-18 sono mostrati i passi intermedi
nella costruzione dellNMOS. Aperte le finestre per la diffusio-
ne n, si realizza questa diffusione e quindi si fa limpianto. A
questo punto si procede, al solito facendo ricrescere lossido su
tutta la superficie.
Quello che avviene
gi stato descritto nel para-
grafo 8.1.2.2. Dal momento
che limpianto fatto attra-
verso altri strati le espressio-
ne di cui deve tenersi conto
sono le [9.1-6] e [9.1-7]. Nq q
la densit degli atomi di
boro impiantati per cm
2
. Limpianto iniziale viene modificato
dallannealing, come mostrato nella Fig.9.2-19. Si pu determi-
nare leffetto dellimpianto immaginando che tutto il drogante
impiantato sia distribuito in modo uniforme in una regione spes-
sa Xi, immediatamente a ridosso dellinterfaccia. Dato che la do-
(b) (a)

Fig.9.2-17
(b)
n substratop
+
n
+
n
(a)
n
substratop
n
substrato
+
n +
n
p
+
p (c)

Fig.9.2-18
NMOS
PMOS
V TH (V)
|VBS | (V)
N = 3 10 A/cm bulk

14 3
N bulk = 3

10
14
A/cm
3
N bulk = 10
16
A/cm
3
10
11
cariche allinterfaccia/cm
2
T ox = 150 A

N bulk = 10
16
A/cm
3

Fig.9.2-16
n
N
xi
x

Fig.9.2-19
Tecnologie microelettroniche

353
se impiantata N la concentrazione del drogante impiantata nella zona N /Xi. Leffetto risultan-
te sulla tensione di soglia espresso dalle [9.2-2]
mostrate nella Tav.9.2-3, nel caso di impianto di
boro che assicura lo slittamento della soglia verso
lalto
[MU]
. Questo spostamento dipende essenzial-
mente dal termine qN< </Co. Infatti Vps e Vns dipen-
dono logaritmicamente dalla dose impiantata, e
laltro termine in radice non agisce drammatica-
mente. Per questo motivo, alle volte viene del tutto
trascurato il termine nella radice che dipende dalla
dose. Nella Fig.9.2-20 sono mostrate le tensioni di
soglia per MOSFET dei due tipi. Una opportuna
scelta dei drogaggi dei substrati e della dose im-
piantata, insieme agli altri parametri di processo
pu consentire di ottenere comportamenti sufficien-
temente simmetrici. Purtroppo, per i coefficienti di
modulazione dei canali non si possono fare identici.
Infatti, se si vuole rendere simmetriche le tensioni di soglia bisogna partire da drogaggi NA e ND
differenti e questo determina a priori la differenza fra i due coefficienti gn e gp come evidente dal-
la figura.
Una importante considerazione pu essere fatta analizzando il comportamento dei PMOS
con impianto p. Si vede bene che, allaumentare dellimpianto, la soglia va verso lalto. Ci deriva
dal termine qN< </Co dellespressione [9.2-2b]. Se limpianto molto consistente si forma un canale
conduttivo fra source e drain ed il transistor diventa del tipo a svuotamento con soglia anche positi-
va. Naturalmente, produrre un NMOS a svuotamento, ancora pi facile perch, a causa delle cari-
che allinterfaccia, la soglia e gi negativa. Pertanto, un impianto di donatori non fa che aumentare,
in valore assoluto, la soglia rendendola sempre pi negativa.
Le propriet fondamentali dei MOS dipendono fortemente dalla lunghezza del gate. In parti-
colare la conduttanza mutua legata a W/L mentre il fattore di merito inversamente proporzionale
a L. Per questo motivo si cerca di fare L, quanto pi piccolo possibile. Attualmente si arriva a pro-
Xj = 400 A

g
= 0.137 V
1/2
g
= 0.025 V
1/2
NMOS : Nbulk = 3

10
15
A/cm
3
PMOS: N bulk = 10
14
A/cm
3
NAi = 5.5

10
16
A/cm
3
NAi = 9

10
15
A/cm
3
10
11
cariche allinterfaccia/cm
2
Tox = 150 A

NAi = 5.5

10
16
A/cm
3
NAi = 9

10
15
A/cm
3
VTH (V)
|VBS | (V)

Fig.9.2-20
Tav.9.2-3
MOSFET con impianto di boro: NAI > ND
NAI = Nq q/Xi


V V ps T =
+

ln
N N
n
Ai A
i

[9.2-1a]
NMOS
Si
i
ps p n
o

ps p FB ton
2
N qX
V V
' C
N q
V V V V

+ + + + + =
o o

[9.2-2a]

+ + =
Si
i
ps p
Si
i
BS ps p n ton THn
2
N qX
V V
2
N qX
V V V V V
o o

[9.2-3a]


V V ns T =

ln
N N
n
Ai D
i

[9.2-1b]
PMOS
Si
i
ns n p
o

ns n FB top
2
N qX
V V -
' C
N q
V V V V

+ + + =
o o

[9.2-2b]

+ + =
Si
i
ns n
Si
i
BS ns n p FB THp
2
N X q
V V -
2
N X q
| V | V V - V V
o o

[9.2-3b]
Tecnologie microelettroniche

354
durre transistor in cui L = .3 mm. La difficolt di ottenere L cos
piccoli risiede nelle limitazioni delle tecniche fotolitografiche. Ma
ci sono altri modi per scavalcare questo ostacolo. I transistor
MOSFET D-MOS (double-diffusion) ed i V-MOS (vertical-grove
MOS) ne sono esempi caratteristici.
Nella Fig.9.2-21 mostrato in sezione ed in pianta un D-
NMOS metal-gate. La versione silicon-gate simile. Quando si
apre una finestra per il source, si fa una diffusione di boro per
produrre una regione p
+
. Successivamente si apre anche la finestra
per il drain. A questo punto si diffonde arsenico, attraverso le due
finestre per le due zone di source e di drain. Il processo viene
accuratamente controllato in modo da ottenere una profondit
laterale L della regione p
+
che rimane dopo la diffusione
dellarsenico. La lunghezza del canale proprio questa profondit
L. Il substrato si affaccia fino allossido. Perch possa passare
corrente necessario applicare una tensione VGS positiva mag-
giore della VTH in modo da invertire la regione p
+
sottostante e
produrre quindi il canale n conduttivo per gli elettroni. La regio-
ne del substrato che sta fra source e drain costituisce la zona do-
ve potranno scorrere gli elettroni. Il fatto che questa regione sia
estesa e poco drogata consente di ottenere una tensione di rottura
grande. Versioni con gate allineato in polisilicio sono realizzate
per un comportamento in alta frequenza ancora superiore.
Una versione verticale a source e gate interdigitate per
pilotare, tra laltro, grandi correnti, mostrata nella successiva
Fig.9.2-22. Sulla faccia superiore sono realizzati i contatti di
gate e di source. La larghezza del canale sempre data dalla pro-
fondit laterale della zona p
+
. La corrente attraversa il canale
che si forma immediatamente sotto la superficie dellossido nella zona p
+
. Successivamente si dirige
verso il drain che sta nellaltra faccia del substrato. Un ulteriore miglioramento delle prestazione
proviene dalla struttura interdigitata per i motivi gi detti. Con una oppo
gate e di source si possono realizzare in tale modo dispositivi per alte frequenze in grado di maneg-
giare correnti anche di 10 A.
Un altro tipo di transistor MOS a doppia diffusione il cosiddetto V-DMOS (V-groves
Double Diffusion MOS), cio transistor Mos a doppia diffusione con solco a V, mostrato in Fig.9.2-
23. Esso si ottiene con un attacco non isotropo che scava un solco a V lungo le zone lasciate scoper-
te. Si usa KOH a circa 100C che penetra rapidamente lungo una direzione cristallografica (quella
verticale) ma molto lentamente lungo laltra (quella orizzontale). In questo modo si ottiene un solco
come scavato da un microscopico aratro. In precedenza il MOS era
stato trattato con una doppia diffusione su un substrato n
+
su cui era
stato depositato uno strato epitassiale n. Il solco deve penetrare fino
allo strato epitassiale come mostrato nella figura Lo spessore di pe-
netrazione determinato dalla larghezza della finestra nellossido da
cui penetra lattacco. Lossido praticamente inattaccato. Ancora
una volta la larghezza L del canale definito dalla differenza fra le due zone diffuse p e n
+
(del
source). Anche in questo caso possibile costruire transistor interdigitati con grandi capacit di trat-
tare alte correnti ad altissime frequenze, dato, fra laltro la bassissima capacit CDS. Inoltre lo strato
epitassiale contribuisce ad elevare la tensione di rottura (BVDS > 50V) mentre il bulk n
+
abbassa la
resistenza di estensione di drain.
substrato
Source
Gate
n
+ n
+ n
p+
Drain
Gate
Source

Fig.9.2-22
substrato
+ n + n
L
Gate
Source Drain Gate
Source
Canale
+ n
p
+
n
L
Drain

Fig.9.2-21
Source Gate
+ n
+ n
p+
Drain
substrato
Strato epitassiale n
Source
L

Fig.9.2-23
Tecnologie microelettroniche

355
9.3 Circuiti integrati monolitici
La maggior parte delle considerazioni fatte per la realizzazione dei dispositivi integrati val-
gono anche per i circuiti integrati monolitici. Bisogna per aggiungerne altre. Per esempio si deve
cercare di limitare il numero di processi da impiegare in quanto eleva il costo di produzione. Biso-
gna anche inserire nel dispositivo altri componenti come resistenze, condensatori, induttanze e dio-
di. Dal momento che pi dispositivi vengono realizzati nello stesso circuito integrato, a piccolissima
distanza luno dallaltro, sorge il problema dellisolamento fra di loro. Inoltre possibile che per
problemi di velocit o di rumore o di dissipazione di potenza sia necessario integrare nello stesso
dispositivo sia componenti bipolari che MOSFET o JFET. Altri problemi suscitano le interconnes-
sioni fra i dispositivi, che specialmente nei Circuiti Integrati su Larga Scala, VLSI, possono essere
notevoli e questo pu portare alla necessit di pi strati di interconnessione (qualcosa di simile vie-
ne realizzato nelle piastre multistrato dei circuiti stampati ad altissima densit di componenti). La
necessit della miniaturizzazione fa si che quasi mai possibile accedere direttamente ai componen-
ti con le microsaldature ma che, invece necessario realizzare delle piazzole di saldatura (Bonding
PAD) tutte in giro al circuito. Altri problemi saranno esaminati in seguito. I CI vengono realizzati
dalle industrie microelettroniche dette anche fonderie di silicio, sia su loro progetto che su progetto
specifico del cliente. In questo caso la fonderia fornisce a questultimo tutti i mezzi necessari per la
corretta progettazione dei CI in modo che il progetto dia luogo ad una realizzazione esente da pec-
che.
9.3.1 Isolamento dei dispositivi integrati
Nello stesso chip bisogna integrare diversi compo-
nenti che, in generale, devono essere isolati luno
dallaltro. Si usano diverse tecniche per ottenere questo
scopo. In una di esse lisolamento si ottiene introducendo
fra i diversi componenti una zona drogata in modo tale
che fra ogni dispositivo e questa zona esista una giunzione
polarizzata inversamente. Nella Fig.9.3-1 mostrato un e-
sempio. Sul substrato p
+
viene cresciuto uno strato epitas-
siale sottile n poco drogato. Successivamente con un pro-
cesso fotolitografico seguito da ossidazione si proteggono
le aree entro cui si realizzeranno i dispositivi. Un deposito
di boro viene ridistribuito nella zona epitassiale e lo si fa
penetrare fino al substrato sottostante. Il risultato illustrato nella figura accanto. Ogni zona n i n-
teramente circondata da p
+
, da tutte le parti, tranne che dalla parte superiore ove c lossido (non
mostrato nella figura). Sar sufficiente collegare il bulk al potenziale pi basso rispetto a tutti gli al-
tri. In tal modo le giunzioni n-p che si sono formate saranno tutte polarizzate inversamente. Nessuna
corrente scorre fra le zone n. Soltanto una piccola corrente di perdita, dellordine del nA/cm
2
(a
temperatura ambiente), si ha dal dispositivo al bulk.
I dispositivi vengono costruiti allinterno delle aree n. La tecnica planare realizza i terminali
tutti sulla superficie superiore. Le correnti, quindi, scorreranno essenzialmente parallelamente alla
superficie. Le correnti di drain o di collettore incontreranno, pertanto, resistenze piuttosto elevate a
causa del basso drogaggio che necessario fare per la zona epitassiale (se si facesse un drogaggio
alto si avrebbero dei problemi per realizzare al suo interno altre zone differentemente drogate per
sovracompensazione). Tuttavia sarebbe utile avere a disposizione per la conduzione un percorso
meno resistivo. Ci si realizza con lintroduzione di un cosiddetto strato sepolto (buried layer).
Nel substrato, prima di fare la crescita epitassiale, si fanno delle deposizioni di arsenico piuttosto
intense nelle zone dove poi saranno realizzati i dispositivi. Successivamente si fa la crescita epitas-
siale e poi tutti gli altri processi necessari per la realizzazione completa dei CI. Numerose saranno le
Substrato
n
p
+
p
+
p
+
p
+
p
+
Strato epitassiale

Fig.9.3-1
Tecnologie microelettroniche

356
fasi in cui l a fetta sar portata a temperatura alta per i
processi di diffusione o di ossidazione o di deposi-
zione o di ridistribuzione. Pertanto, lo strato di arse-
nico depositato, inizialmente al disotto della superfi-
cie del substrato, diffonder anche nella zona epitas-
siale prendendo una forma finale come quella mo-
strata nella Fig.9.3-2. Resta ancora a disposizione per
il dispositivo la zona epitassiale per la realizzazione
dei BJT o dei FET. Tuttavia, come gi detto, la cor-
rente di collettore o quella di drain, scorrendo essenzialmente parallela alla faccia, trovando un per-
corso alternativo a bassa resistenza lo preferisce. Cos si abbassa la resistenza destensione di collet-
tore RCC o di drain RDD. Pi avanti saranno descritti diffusamente i processi completi per la realiz-
zazione dei CI, nei vari casi.
Leffetto indesiderato pi importante la capacit fra lo strato epitassiale ed il substrato. Pur
dipendendo dalla polarizzazione applicata alla giunzione formata fra questi due strati e dai drogaggi
normale avere una capacit dellordine di qualche centinaio di fF/mm
2
.
Un differente modo, anche se pi complicato e pi costoso consiste nellinterporre uno stra-
to di ossido fra le varie isole dei dispositivi. Il processo ha alcune somiglianze con il precedente. Le
maschere che hanno prodotto le isole lasciavano le zone pronte per la diffusione p. Invece di esegui-
re la diffusione si fa un attacco chimico che intacca il silicio profondamente fino al substrato. A
questo punto si produce un deposito di ossido nei solchi che isola le regioni n luna dallaltra. Poi-
ch la crescita dellossido un processo lungo, a meno di non avere costi di produzione inaccettabi-
li, questa tecnologia impiegabile soltanto nei casi in cui previsto uno strato epitassiale molto sot-
tile (quindi con tensioni di rottura relativamente alte). Anche gli spessori a disposizione per base ed
emettitore o per il canale sono molto piccoli.
Nei CI MOS non indispensabile lo strato
epitassiale. Allora normale isolare i dispositivi
con lossido spesso. In Fig.9.3-3 sono mostrate
due differenti sezioni di un CI CMOS. Pi avanti
discuteremo diffusamente del processo. Per ora ci
basta osservare la realizzazione dellisolamento.
Esso, in figura, indicato con FOX (Field Oxide).
Si tratta di uno strato relativamente spesso di os-
sido, soprattutto se lo si confronta con lo spessore
di quello sottile che sta sotto il gate. Alle volte
sotto il FOX si mette un canale impiantato inten-
samente. Ci perch, una eventuale metallizza-
zione che passa sopra lossido potrebbe agire co-
me un gate di un transistor MOS di cui il FOX
lossido ed il canale il substrato sottostante. In
tal caso questo impianto prende il nome di Chan-
nel stopper.
9.3.2 Circuiti integrati bipolari
Immaginiamo di volere realizzato un semplicissimo invertitore come quello mostrato in
Fig.9.3-4, costituito da un n-p-n, da un diodo e da un resistore. Descriviamo le varie fasi di uno pi
comuni processi impiegati per la fabbricazione dei CI e cio il processo planare epitassiale con
strato sepolto. La Fig.9.3-5 mostra il dettaglio del procedimento. Si parte da un substrato di p rico-
perto dossido (a) nel quale, con il solito procedimento fotolitografico vengono aperte delle finestre
Substrato p
+
n Strato epitassiale
p
+
p
+
Strato sepolto n
+

Fig.9.3-2
Interconnessioni
di polysilicio
Ossido Spesso
Ossido Sottile
Gate
Gate Source
Drain
Impianti n Impianti p
well p
Gate Drain
Source
Impianti n
Impianti p
well p
di polysilicio
Substrato n
-
Substrato n
-
NMOS
FOX
PMOS
NMOS PMOS

Fig.9.3-3
Tecnologie microelettroniche

357
(b) attraverso le quali, per impianto ionico o per diffusione viene rea-
lizzato uno strato n
++
, detto strato sepolto (c) con arsenico. Questo stra-
to fortemente drogato. Non opportuno, allora, procedere con tecni-
che di sovracompensazione per ottenere le giunzioni. Piuttosto si pro-
duce uno strato epitassiale n (d). Su di esso si fa riformare lossido (e)
per aprire le finestre (f) attraverso cui fare diffondere boro per produrre
le cosiddette zone disolamento fra i dispositivi. Una tale diffusione di
boro p
+
viene realizzata in modo da circondare i singoli dispositivi che
vengono isolati luno dallaltro. La zona disolamento deve essere profonda in modo da penetrare
fino al substrato (g). A questo punto si ricopre ancora una volta di ossido in cui si aprono le finestre
per le diffusioni di base, di anodo e per realizzare la resistenza (h). La diffusione fatta con boro
ma, questa volta le zone diffuse debbono restare entro le zone n e non raggiungere il substrato (i). Si
ricopre ancora una volta di ossido. I contatti demettitore, di collettore e di catodo sono realizzati
aprendo le finestre (j) e facendo una pesante diffusione con donatori (k). Applicando ancora il pro-
cesso fotolitografico si produce il solito rivestimento dossido nel quale vengono aperte le finestre
per la metallizzazione (l) che realizzata per deposizione (m). La pianta del CI mostrata in (n). Si
notano le metallizzazioni. Con i sono indicate le zone disolamento fra i dispositivi. Con B, E, C =
A, K, E 1 sono indicati, i contatti di base, emettitore, collettore che coincide con anodo, catodo ed il
contatto 1 del resistore. In questo processo sono necessarie ben sei maschere e cio, nellordine per
fare lo strato sepolto, la zona disolamento, la diffusione di base, la diffusione demettitore, la zone
dei contatti e la metallizzazione con interconnessione.
9.3.2.1 Transistor n-p-n e p-n-p
Le considerazioni finali fatte nel 7.2.7 a proposito del tempo di transito sono state che il
transistor n-p-n, a causa della mobilit superiore degli elettroni, ha un tempo di transito della base
inferiore, migliorando cos il comportamento in frequenza. Inoltre la superiore solubilit dei donato-
B
C
E
A K
1

Fig.9.3-4
a
p
g
p
+
i
j
k
m
n
C
B
E A
K 1
i
b
p
c
p
n
++ n
++
d
n
p
n
++
n
++
e
p
n
n
++
n
++
f
n
p
n
++ n
++
h
n
p
n
n++ n++
p
+
p
+
p
+
n
p
n
n
++
n
++
p
+
p
+
p
+
n n
n
p
n
n
++
n
++
p
+
p
+
p
+
n
p
+
p
+
p
+
n
p
n
n
++
n
++
p
+
p
+
p
+
n
p
+
p
+
p
+
n
p
n
n
++
n
++
p
+
p
+
p
+
n
p
+ p
+
p
+ + n + n + n
l
n
p
n
n
++
n
++
p
+
p
+
p
+
n
p
+ p
+
p
+ + n + n + n
n
p
n
n
++
n
++
p
+
p
+
p
+
n
p
+ p
+
p
+ +
n
+
n
+
n

Fig.9.3-5
Tecnologie microelettroniche

358
ri rispetto al boro consente di ottenere pi forti drogaggi demettitore nelln-p-n rispetto il p-n-p. I-
noltre, nel 7.1.1.4 si trovato la [7.1-15] per il guadagno di un transistor. Se, per semplicit, si
trascura leffetto di ricombinazione delle cariche nella zona svuotata, questa si riduce a
.
' l
' l
N
N
L
' l
2
1
h
1
E
B
E
B
E
B
2
B
B
FE

[9.3-1]
Dove lB e lE sono gli spessori delle regioni di base e di emettitore, NB e NE sono le concentrazioni
medie delle cariche maggioritarie, mB e mE sono le mobilit delle cariche maggioritarie, LB la lun-
ghezza di diffusione dei portatori minoritari nella base proporzionale a mB
1/2
. E evidente che, a
parit di drogaggi e di dimensioni geometriche, la pi grande mobilit degli elettroni, rispetto le
lacune, produce un guadagno superiore del rapporto fra le due mobilit, allincirca 2.5. Tuttavia
lemettitore delln-p-n pu drogarsi pi fortemente di quello del p-n-p. Inoltre, lo vedremo fra un
po, non possibile ottenere la stessa larghezza di base per gli n-p-n e p-n-p integrati nel processo
planare. Gli n-p-n possono essere realizzati con base pi stretta. Il risultato un ulteriore peggiora-
mento dellhFE del p-n-p che risulta essere, mediamente, 10 volte pi basso di quello delln-p-n.
Due tipi differenti
di p-n-p possono essere
realizzati con il processo
planare. Il p-n-p verticale
ed il p-n-p laterale. Il
nome dipende dal modo
come realizzata la strut-
tura e dalla direzione di
corrente di collettore. Nel
verticale la corrente flui-
sce circa perpendicolarmente alle facce del p-n-p, nel laterale, invece, parallelamente. In Fig.9.3-6
sono mostrati i due tipi di transistor ottenibili con il processo planare epitassiale, confrontati con
ln-p-n. Dalla figura chiaro che se i tre transistor sono integrati sullo stesso chip essi hanno in co-
mune alcune cose, per esempio lo spessore dello strato epitassiale. Il drogaggio del collettore delln-
p-n identico a quello della base dei p-n-p. Invece lo spessore della base delln-p-n ben pi picco-
lo di quello del p-n-p verticale che tutto lo spessore dello strato epitassiale, mentre nelln-p-n
soltanto una sua frazione. Anche la base del
p-n-p laterale pi spessa di quella del p-n-p
verticale in quanto rappresenta la distanza fra
C ed E ed limitata dalla tecnologia. La con-
seguenza di questo spessore di base superiore
che non solo viene limitato il valore di bF,
ma anche il tempo di transito ben pi grande
peggiorando fT che si riduce circa di un fatto-
re 10 per il verticale e 50 per il laterale.
Unaltra osservazione che nel verticale il
collettore connesso al substrato. Un altro
eventuale transistor p-n-p verticale nello stesso chip avrebbe il collettore anche esso connesso al
substrato e quindi luso del verticale limitato alle applicazioni come CC.
Nella Tav.9.3-1 sono mostrati le principali caratteristiche dei transistor ottenibili con il pro-
cesso planare. Malgrado il peggiore comportamento, in genere, del laterale, esso, non soffrendo del-
la limitazione della connessione al substrato del collettore, viene pi frequentemente usato nei CI.


Tav.9.3-1
Transistor al silicio Bipolari Integrati
Tipo n-p-n p-n-p
vert.
p-n-p
lat.
b bF 50-200 5-30 5-20
b bF tipico 100 12 10
dispersione di b bF (%) 50 60 50
cT
b b
F (ppm/C) +5000 +5000 +5000
fT (MHz) 500 10-30 1-10

NPN
Base Emettitore Collettore
p
+
p
+
n

++
n
++
n
++ n
PNP Verticale
Base Emettitore
Collettore
p
+
n
++
n
Base
n
++
p
+
PNP Laterale
Base Emettitore Collettore
p
+
n
++
n
p
+
p
+
p
+
n
++
n
++
LB
LB

Fig.9.3-6
Tecnologie microelettroniche

359
9.3.3 Circuiti integrati NMOS
Mostriamo un esempio relativo ad un inverter in cui un transistor
NMOS ad arricchimento utilizza come carico di drain un NMOS a svuota-
mento, come mostrato nella Fig.9.3-7.
Nella Fig.9.3-8 sono descritti i passi principali necessari per la realiz-
zazione di un CI NMOS (poly-metal). Si parte da un substrato p con resistivi-
t dellordine di 10 W cm (a), ricoperto di nitruro (b), nel quale vengono a-
perte delle finestre (c) in modo da lasciare coperto di nitruro dove saranno re-
alizzate le zone attive (MOAT). Un pesante impianto di boro viene fatto pas-
sare attraverso le finestre per creare i channel stopper (d). Il channel stopper
elimina, come gi fatto osservare, la possibilit che si crei un transistor spurio
fra il substrato e le eventuali metallizzazioni che passano sopra le superfici
non attive e che ha come ossido lo strato spesso FOX. Successivamente viene
fatto crescere questo strato di ossido spesso (e) e poi si elimina il nitruro (f). Un sottile strato di os-
sido per il gate quindi realizzato (g). Una mascheratura di fotoresist copre le zone relative al tran-
sistor depletion ed un ulteriore impianto di boro viene realizzato attraverso lossido sottile per si-
stemare la soglia dei MOS a enhancement (h). La mascheratura precedente impedisce che
limpianto penetri nelle zone dei transistors depletion. La precedente mascheratura viene strippata e
ne viene posta unaltra a coprire le zone relative al transistor enhancement. Quindi attraverso il sot-
tile strato di ossido viene fatto passare un impianto di arsenico per fissare la soglia dei MOS deple-
tion (i). La mascheratura precedente impedisce che limpianto penetri nelle zone dei transistor en-
hancement. Viene rimosso il fotoresist (j) e si deposita uno strato di polisilicio (k) e con una ma-
schera si aprono le opportune finestre per realizzare il gate di polisilicio ed eventuali interconnes-
sioni sepolte di polisilicio (l). Ci viene realizzato con attacco chimico. Un attacco successivo pi
leggero elimina lo strato di ossido sottile non protetto dal polisilicio penetrando fino al substrato de-
limitando le zone di gate (m). Dalle stesse finestre realizzata una diffusione n
+
per avere il gate
S
G
D
B
G
S
D
B
SS
V
DD
V
Vin
Vout
Depletion
Enhancement

Fig.9.3-7
e
d
c
b
a
f
g
Substrato p
Nitruro
Impianti per channel stop
Deposito del FOX
Rimozione del Nitruro
Deposito dell'Ossido del Gate
Zone attive protette dal nitruro
j
h
i
k
l
m
Impianto di Bo Fotoresist
Fotoresist Impianto di As
rimozione del fotoresist
Deposito del polisilicio
Rimozione selettiva del polisilicio
Attacco selettivo dell'ossido di gate
o
Rivestimento di ossido
q
Metallizzazione
p
Finestre per i contatti
r
rimozione selettiva della metallizzazione
s
passivazione superficiale
n
Diffusioni di Boro per source e drain
t
S
G
D G S
D
SS V
Vin
Vout
DD V
Enhancement
Depletion

Fig.9.3-8
Tecnologie microelettroniche

360
autoallineato (n). Si ottengono, quindi, le zone di source e di drain di entrambi i transistor. Uno stra-
to di ossido viene cresciuto su tutto il wafer (o) e quindi vengono aperte le finestre per i contatti (p).
Un deposito di alluminio realizzato in vuoto (q) e successivamente in esso si fanno le tracce delle
interconnessioni con una maschera ed un attacco del metallo (r). Il tutto viene ancora rivestito di
ossido passivante (s). Eventualmente in esso si aprono le finestre per i pad di prova e per quelle e-
sterne. La pianta dellamplificatore mostrata nella figura finale (t).
9.3.4 Circuiti integrati CMOS
La tecnologia CMOS (Mos Complementari) consiste nellintegrare nello stesso substrato di-
spositivi complementari e cio NMOS e PMOS aventi la stessa tensione di soglia (a parte il segno).
Ovviamente i transistor non possono entrambi essere impiantati direttamente nello stesso substrato
che a secondo che sia n o p permette la realizzazione diretta di PMOS o NMOS. Bisogna realizzare,
allinterno delle sacche o fosse (well) di opposto drogaggio. Quello che descriveremo, a titolo
-gate a fossa p (p well). Le fasi pi importanti di questa tecnologia
sono mostrate nella Fig.9.3-9.
La prima cosa da fare realizzare, allinterno del substrato n
-
una zona fossa p
-
entro cui
produrre lNMOS. Per questo, al solito, dopo avere ricoperto dossido la superficie della fetta, si a-
pre una finestra nello stesso ossido entro cui si deposita o impianta boro e poi lo ridistribuisce in
modo da ottenere la fossa p
-
. Lossido viene rimosso e poi su tutta la fetta vengono depositate in
successione un sottile strato dossido ed uno spesso di nitruro. In questultimo strato vengono rea-
lizzate delle finestre, viene lasciata ricoperta le zone in cui saranno disposti i dispositivi attivi (b).
Nelle zone lasciate scoperte si fa un pesante impianto che poi viene ricoperto da FOX. Il nitruro im-
pedisce sia limpianto che la crescita del FOX dove esso ricopre la fetta (c). Al solito limpianto
serve per impedire la formazioni di MOS parassiti fra eventuali conduttori soprastanti il FOX ed il
substrato. Si elimina il nitruro e lossido e quindi, con un procedimento simile a quello descritto per
la tecnologia NMOS, rivestendo successivamente la zona dellNMOS e la zona del PMOS, si fanno
gli opportuni impianti per aggiustare le soglie dei due transistor. A questo punto con un processo
gi descritto si ricopre di
uno strato sottile dossido
per i gate, di poly per il
contatto di gate ed even-
tuali interconnessioni poly.
Lo strato di poly viene op-
portunamente definito per
le interconnessioni e quin-
di con un attacco si aprono
le finestre nellossido per
mettere a nudo le superfici
dove verranno realizzati i
well p
Substrato n
-
a
Zone attive protette dal nitruro
well p
Substrato n
-
b
Diffusione di As
p
+
n
+
n
+
p
+
well p
Substrato n
-
e
Diffusione di Bo
Al
Passivazione
well p
Substrato n
-
f d
Interconnessioni poly
well p
Substrato n
-
Poly Gate
Nitruro Ossido sottile
Deposito del FOX
well p
Substrato n
-
c
Fig.9.3-9
Tav.9.3-2
Transistor al silicio MOS Integrati
Lm mm 3 1.5 .8
Tox m .4 .25 .15
Co'=e eox/Tox nF/cm
2
86 138 230
canale n p n p n p
m m cm
2
/V s 700 350 650 300 550 250
k=m mCo mA/V
2
60 30 90 41 126 57
X/ VDS m/V .2 .1 .12 .06 .8 .04
VAmin=Lm/ X/ VDS V 15 30 8 17 10 20
Tecnologie microelettroniche

361
contatti (d). Si eseguono in due fasi successive, pesanti impianti pesanti di B e di As, rispettivamen-
te nella zona n ed in quella p, attraverso queste aperture in modo da realizzare i source ed i drain ed
avere gate autoallineati (e). Un nuovo strato dossido viene fatto crescere. In questo strato vengono
aperte le finestre per i contatti. Un deposito dalluminio ricopre il tutto penetrando fino al substrato
ove sono realizzati i source e i drain. Un successivo processo fotolitografico rimuove selettivamente
lo strato dalluminio per realizzare le opportune interconnessioni. Per ultimo si ricopre il tutto con
uno strato passivante di ossido.
Quella che si descritta la tecnologia CMOS silicon-gate p-well. In modo analogo si pu
realizzare la tecnologia n-well per la quale in un substrato p
-
si realizza una n-well e poi si procede
in modo analogo. Ci sono anche tecnologie in cui entrambi i transistor sono realizzati in well. Que-
ste tecnologie hanno il vantaggio che ogni dispositivo risulta isolato luno dallaltro. In alcune tec-
nologie, per permettere interconnessioni complesse, si realizzano pi strati isolati luno dallaltro di
metallizzazioni o di polisilicio. Si possono realizzare interconnessioni anche eseguendo impianti n
in area attiva parallele alle linee di separazione fra dispositivo e dispositivo.
9.3.4.1 Latch-up e protezione degli ingressi
Se si guarda con attenzione un
dispositivo CMOS si nota la presenza
inevitabile di una struttura tipo SCR
cio quattro strati p-n-p-n. Nella
Fig.9.3-10 evidenziata la presenza
di transistor n-p-n che hanno la base
nella well p con emettitori che sono
il source ed il drain del NMOS e col-
lettore nel substrato. Invece il source
ed il drain del PMOS sono emettitori
di transistor p-n-p con base il substrato e collettore nella well p. Due resistenze RN e RP rappresen-
tano le resistenze degli strati debolmente drogati della well e del substrato verso, rispettivamente, le
connessione a VSS e VDD. Nella Fig.9.3-11 mostrato il circuito equivalente di questi transistor. Le
giunzioni sono polarizzate inversamente, quindi passano deboli corrente inverse. Chiamiano Icn e Icp
le correnti di collettore nei due transistor parassiti. Siano In e Ip le correnti inverse
delle due giunzioni base-collettore dei transistors. Trascurando le correnti nelle due
resistenze RN e RP sar: Ie = Icn + Icp = (anIe + In) + (apIe + Ip) da cui:
( )
I
I I
e
n p
n p
=
+
+ 1
. [9.3-2]
A correnti Ie molto basse i guadagni di corrente dei due transistor, come gi visto
nel Cap.5, sono molto bassi e la somma (an + ap) tende a zero e la corrente di perdi-
ta complessiva verso il substrato trascurabile. Ma, se per qualche causa, le correnti
inverse Ie e Ip salgono, si ha una crescita dei guadagni di corrente ed un conseguente
aumento della somma (an + ap). Quando questa diventa unitaria il denominatore
della [9.3-2] va a zero e la corrente Ie tende a diventare illimitata dando un effetto di
rottura detto latch-up. Questo fenomeno pu essere sfruttato in un dispositivo a quattro strati det-
to SCR, ma nel caso dei CMOS si tratta di un un effetto indesiderato che pu provocare la distru-
zione del dispositivo. In ogni caso se il dispositivo non si distrugge esso resta in uno stato di forte
conduzione che si pu eliminare solo rimuovendo lalimentazione.
Le deboli correnti che passano nelle due resistenze producono cadute di potenziale che pola-
rizzano le basi direttamente. Ci produce un aumento delle correnti di emettitore e quindi degli a.
Tanto pi grandi sono queste cadute tanto maggiore e la polarizzazione diretta e maggiore saranno i
well p
n
+
p
+
p
+
n
+
Substrato n
-
p
+
n
+
D
G
S D
G
S
SS V DD V
RP RN

Fig.9.3-10
SS V
DD V


Icn
Icp
Ie
Ie


Ip
In


RP
RN

Fig.9.3-11
Tecnologie microelettroniche

362
guadagni di corrente dei transistors. Pertanto leffetto di latch-up pi probabile nei transistor con
substrati e well poco drogati o sottili perch le relative resistenze saranno pi alte.
Alcuni accorgimenti tecnologici possono essere adottati per prevenire il latch-up. Il pi
semplice consiste nel ridurre i guadagni dei due transistor parassiti. Lalfa del p-n-p peggiora se lo
spessore della sua base aumenta e cio se si allontana la well p dai contatti di source e drain del
PMOS di destra in
Fig.9.3-10. Ci, per,
porta ad un aumento
delle dimensioni dei
dispositivi.
Un altro accor-
gimento sta nelluso di
anelli di guardia. Il di-
spositivo PMOS viene
circondato con un anello di guardia n
+
connesso alla VDD. Cos la resistenza RP diminuisce. Analo-
gamente lNMOS circondato da un anello p
+
connesso a VSS per diminuire la RN. Se queste resi-
stenze diminuiscono ci vuole maggiore corrente inversa per produrre adeguata polarizzazione di ba-
se che produce laumento dei guadagni di corrente che porta al latch-up. Quindi questo pi diffici-
le. La Fig.9.3-12 mostra questa opzione.
Naturalmente se si fa in modo che le giunzioni delle basi dei transistor non sono mai pola-
rizzate direttamente il latch-up non pu avvenire. Ci si ottiene, per i p-n-p, se source ed il drain del
PMOS, che sono anche gli emettitori dei p-n-p, non superano il potenziale VDD e, per gli n-p-n, se
source ed il drain del NMOS, emettitori dei n-p-n, siano superiori al VSS.
Un meccanismo di rottura distruttiva avviene quando il campo nellisolatore del gate supera
certi valori (dellordine di 500 V/mm). Il risultato un cortocircuito permanente dellisolante del
gate. Quando si manipola a mani nude un dispositivo integrato MOS, una carica statica pu essere
trasferita al gate causando questa rottura dellisolante. Per questa ragione dei dispositivi protettivi
debbono essere connessi agli ingressi esterni che sono direttamente connessi ai gates dei MOS. La
protezione pu essere realizzata connettendo al gate un resistore e due diodi polarizzati inversamen-
te e connessi uno a VDD e laltro a VSS.
9.3.5 Circuiti integrati Bi-CMOS
E possibile combinare dispositivi bipolari e CMOS in modo da poterli realizzare sullo stes-
so substrato a costo di qualche passo tecnologico in pi. I benefici che se ne possono avere giustifi-
cano ampiamente i costi addizionali.
Nella Fig.9.3-13
mostrata la sezione di un tale
dispositivo che prende il no-
me di BiCMOS (Bipolare-
Complementare-MOS). In un
substrato di tipo p vengono
realizzate delle well n in cor-
rispondenza delle zone relati-
ve a BJT ed a PMOS e delle
well p per gli NMOS. Uno strato epitassiale p servir come collettore per i BJT e il canale del
PMOS. Il FOX viene fatto crescere per separare i dispositivi. Leventuale crescita esterna di FOX
viene eliminata. Si eseguono, quindi impianti p per il source ed il drain del PMOS e per la base del
BJT. Unaltra impiantazione, per n, necessaria per il source, il drain
lemettitore del BJT. Si formano, quindi, in poly, sia i gate dei MOS che lemettitore del BJT. Infi-
well p
n
+
p
+
D G S
SS V
p
+
p
+
SS V
n
+
p
- p
-
Substrato n
-
p
+
D G S DD V DD V
n
+ n
+
p
+

Fig.9.3-12
well p
p
+
S G S
well n
substrato p
G D B C E D
n
+
D
p
+
stratonepitassiale
p
+
n
+
strato nepitassiale
+
p
+
well n

Fig.9.3-13
Tecnologie microelettroniche

363
ne le impiantazioni necessarie per i dosaggi accurati delle zone dei canali per ottenere le desiderate
ed identiche soglie dei NMOS e dei PMOS. Per finire, i contatti vengono depositati ed uno o pi
strati di interconnessioni separati da strati di ossido di isolamento vengono realizzati.
9.3.6 Diodi integrati
Nel caso dei circuiti integrati un diodo non viene realizzato ad hoc ma utilizzando strutture
di transistors. Ben cinque possibilit si hanno per realizzare un
diodo a partire da un transistor. La Fig.9.3-14 illustra queste pos-
sibilit. Per ognuna delle possibilit sono indicate, in ordine: la
condizione di funzionamento, la resistenza statica, la tensione di
rottura e di saturazione e quella. La resistenza dinamica varia da
rbb/bF a rbb+rcc. La tensione diretta da 850 a 950 mV, e la tensio-
ne di rottura da pochi Volt (BVEB0) fino ad una cinquantina
(BVCB0). Nel 11.4-2 la questione sar trattata in profondit
Nel caso degli integrati BiCMOS si possono adoperare le
stesse strutture. Invece nei circuiti integrati CMOS e MOS queste strutture non esistono. Si ricorre,
allora a MOS Enhanchement con gate a drain connessi insieme come quello mostrato nella Fig.9.3-
15 oppure depletion con gate e source in corto. Pur-
troppo, per, la caratteristica non cos buona come
quella dei diodi bipolari. Infatti per questi ultimi,
landamento esponenziale assicura una salita molto
ripida nella zona della soglia, mentre per i diodi
MOS la salita meno ripida. La resistenza dinamica
di un diodo bipolare inversamente proporzionale
alla corrente diretta, mentre in un MOS proporzio-
nale. In Fig.9.3-16 sono mostrate, per confronto le
caratteristiche dei due diodi. Si nota la maggiore
gradualit del diodo MOS rispetto al bipolare. Ma
questo argomento viene discusso meglio nel 11.4.5.
9.3.7 Resistori integrati
Nei circuiti integrati vi sono vari modi per realizzare resistenze integrate. La scelta dipende
dal valore che si vuole realizzare, in rapporto allarea da impiegare e alle caratteristiche di precisio-
ne e di stabilit.
Nella tecnologia bipolare si possono sfruttare le regioni di base, demettitore, le zone epitas-
siali, e si possono realizzare strati sottili depositati. Nella tecnologia MOS si realizzano i resistori
nelle zone diffuse, nelle well, o con il polisilicio. In entrambi i casi si possono ottenere resistori con
VBE
= 0
RBB/(1+
b b
R)+ RCC
BVCB0
RBB/(1+
b b
F)
VBC
= 0
BVEB0
IC = 0
RBB
BVEB0
RBB +RCC(1+
b b
R)
VCE
= 0
BVEB0
IE = 0
RBB + RCC
BVCB0
K
A
A
K
A
K
A
K
A
K
(a)
(b)
(e)
(d)
(c)

Fig.9.3-14
n-channel
enhanchement
n-channel
depletion
G
h h
D
G
h h
S
D
S
B
B

Fig.9.3-15

Fig.9.3-16
Tecnologie microelettroniche

364
impianti. Inoltre la possibilit di depositare film sottili consente di produrre resistori di una certa
precisione e stabilit. Per aumentare i valori di resistenza, senza aumentarne le dimensioni si ricorre
alle cosiddette strozzature che riducono le sezioni dei resistori. Nella Tav.9.3-3 sono riportati valori
tipici dei parametri pi significativi delle resistenze integrate.
Il modo pi comune di fare resistenze integrate di sfruttare le regioni diffuse di base dei
transistor bipolari o la zona souce-drain diffusa dei MOS. In Fig.9.3-17a mostrato lesempio relati-
vo alla zona a base diffusa del BJT. Ovviamente la regione del resistore isolata e lo strato epitas-
siale nel quale la regione di base diffusa viene polarizzato in modo da rendere la giunzione p-n
che si forma tra il resistore e lo strato epitassiale n inversamente polarizzata. A tale scopo si aggiun-
ge un contatto che viene connesso al potenziale pi alto al quale viene connesso il resistore o co-
munque ad una tensione pi elevata di questa. In ogni caso presente una capacit parassita deter-
minata dalla regione svuotata ottenuta polarizzando inversamente la giunzione di cui abbiamo detto.
Il circuito equivalente del resistore diffuso di base mostrato in Fig.9.3-17a. Ricordiamo quanto
detto nel 9.2.1 a proposito della resistenza di strato. Per la [9.1-18], fissati la Rq q e il valore della
resistenza, W proporzionale a L e quindi larea proporzionale a W
2
. Quindi si tenta di realizzare
W quanto pi piccola possibile compatibilmente con i limiti tecnologici e di processo. Tuttavia,
quando si riducono le dimensioni, le precisioni su W e L incidono sempre di pi su quella del resi-
store per cui non si deve scendere troppo con W altrimenti si rischia di ottenere una imprecisione
incredibile. La fonderia specifica i limiti inferiori entro i quali in grado di garantire le precisioni
dichiarate. Se si aumentano le dimensioni lincidenza di W sullimprecisione diminuisce fino a non
giocare nessun ruolo quando W sufficientemente grande. Tuttavia, anche in questo caso la preci-
sione non raggiunge valori troppo piccoli in quanto entra in gioco limprecisione di Rq q che fluttua,
Resistore epitassiale strozzato
a b
substrato
n
p
p
+
a b regione strozzata
a
W
L b
a b
Resistore a base strozzata
n
p
p+
+
n
n
++
a b iso
iso
regione strozzata
L
a b iso
W
Resistore impiantato
a b
substrato
a b
a
W
L b
n
p
p+
impianto p
a b
Resistore a film sottile
a b
a
W
L b
n
p
Resistore a base diff usa
n
p
p+ + n
n++
a b iso
W
L
a b iso
a b
iso
(a) (b) (c) (d) (e)
Fig.9.3-17
Tav.9.3-3
Resistori Integrati
Tipo Resistenza
W W/
Coefficiente di
Temperatura
(ppm/C)
Tolle-
ranza as-
soluta
(%)
Matching (%)
(1:1)

Diffusa di base 100300 1000-3000 20 .2 1
Diffusa di source-drain 10100 1000-3000 35 2
Diffusa demettitore 23 100 10 1
Strato epitassiale 1k10k 35005000 30 5
Epitassiale strozzato 220k 4000 50 10
Diffusa di base e strozzata 2k10k 30005000 40 6
Impiantata .5k20k 2001000 6 2
Film di tantalio .2k2k 100 5 .1 1
film di Ni-Cr 40400 100 5 .1 1
Film di SNO
2
804000 -15000 5 .22
Tecnologie microelettroniche

365
per disuniformit sia di drogaggio sia di spessore della zona resistiva. Per, mentre la precisione as-
soluta dei resistori pu essere abbastanza scadente, il rapporto fra resistori, diciamo eguali, ottenuti
in zone abbastanza vicine dello stesso dispositivo pu essere notevolmente buono. Si ottengono ma-
tching abbastanza contenuti anche con resistori a base diffusa.
Purtroppo con i resistori diffusi la Rq q non molto elevata e si riescono ad ottenere resisten-
ze fino a 50kW. Nel caso di resistori di valore maggiore, per evitare di utilizzare grandi aree si ricor-
re alle strozzature che sono ottenute, ad esempio, sfruttando zone attive della base dei transistori. In
questo caso la zona demettitore non viene adoperata e si usa la zona di base connettendo i due ter-
minali del resistore ai due estremi della zona di base. La diffusione demettitore, vedi Fig.9.3-17b,
riducendo lo spessore del resistore, ne aumenta la Rq q, cos migliorando la resa in termini di area nel
caso di resistori di grande valore. Tuttavia limprecisione della resistenza aumenta a causa della dif-
ficolt di ottenere spessori uniformi come differenza fra altri due spessori uniformi. La bassa ten-
sione di rottura B-E produce un inconveniente addizionale nelle resistenze di base e cio che esse
non tollerano alte tensioni (tipicamente dellordine di 6V).
Un altro modo di realizzare resistori utilizza lo strato epitassiale normalmente usato per il
collettore che, essendo a basso drogaggio, ha valori di Rq q confrontabili con quelle delle resistenze
di base. Si possono sfruttare anche le strozzature ottenute dalle zone di base. E chiaro che se si vo-
gliono avere alte resistenze bisogna non usare lo strato sepolto che viene appunto introdotto per di-
minuire la resistenza incontrata dalla corrente nel collettore. La Fig.9.3-17c rappresenta, per
lappunto un resistore epitassiale strozzato.
Un inconveniente di tutte le resistenze diffuse, tranne quelle demettitore, il loro elevato
coefficiente di temperatura dovuto al basso drogaggio. Ricordiamo che quanto pi un semicondutto-
re intrinseco tanto pi risente degli effetti termici.
Si possono realizzare resistori abbastanza precisi e di area relativamente piccola realizzando
degli impianti ben dosati (Fig.9.3-17d). Tuttavia ci a spesa di un costo extra dovuto al processo
tecnologico addizionale introdotto.
Resistori di valore accurato possono esser prodotti con depositi di film sottile direttamente
sullossido (Fig.9.3-17e). Ancora una volta con un costo addizionale. Inoltre, essendo i resistori sul-
la superficie esterna del dispositivo essi possono essere sagomati con fascetti laser ottenendo valori
ben precisi. Introducendo dei tagli opportuni, si pu realizzare un zig-zag che, senza variare larea
aumenta la resistenza consentendo anche valori molto accurati e grandi in piccole aree.
Anche il polisilicio viene utilizzato per ottenere resistori. Esso viene depositato sullossido e
n
p
p
+ + n
n
++
a b iso
W
L
a b iso
Resistore di
piccolo valore
iso
a1
a2
a3
a4
a5
b1
b2
b3
b4
b5
Pi resistori
condividono la
stessa area
(a) (b)
iso
a
b
Resistore di grande valore
(c)

Fig.9.3-18
Tecnologie microelettroniche

366
presenta, quindi piccole capacit parassite verso gli altri componenti. Se il polisilicio viene attraver-
sato dai droganti quando si realizza limpianto, Rq q risulta relativamente basso. Conviene, allora,
schermare le zone di polisilicio ove si vogliono realizzare le resistenze, dal passaggio dei droganti.
Un vantaggio delle resistenze al polisilicio che esse, come quelle a strato, essendo sulla superficie
possono essere laser-trimmed.
Nella realizzazione delle resistenze integrate vari accorgimenti debbono essere messi in atto
per evitare rotture, per risparmiare area. Tipicamente, per esempio, risulta conveniente utilizzare
una unica zona per ricavare lo spazio per pi resistenze. Nella Fig.9.3-18 sono mostrate un resistore
realizzato a base diffusa (a) ed altre cinque resistenze che condividono la stessa area epitassiale iso-
lata dal resto dei dispositivi e fra di loro.
Un particolare problema si ha nella realizzazione delle resistenze di grande valore che si
quasi sempre costretti a fare spiralizzate per evitare dimensioni impossibili dei chip. Nella Fig.9.3-
18c un esempio di una resistenza di grande valore.
9.3.8 Condensatori integrati
Generalmente le
capacit che si realizzano
nei circuiti integrati sono
piuttosto basse perch
molto costose in termini di
area. Condensatori supe-
riori a qualche decina di
pF raramente vengono in-
tegrati. Per ottenere capa-
cit si possono utilizzare
diversi metodi, a seconda
che si utilizzano tecnolo-
gie bipolari o MOS. Nella
Fig.9.3-19 sono presentate
le capacit realizzabili con
tecnologie bipolari. Nella
Tav.9.3-4 sono elencati i
relativi parametri pi importanti.
La giunzione base-emettitore di un BJT offre una elevata capacit per unit darea, ma ha la
controindicazione di una bassa tensione inversa, mentre per la giunzione base-collettore questa
ben pi alta, tuttavia la capacit per unit darea di questa piuttosto modesta. Uno svantaggio
sempre presente nelluso delle capacit realizzate con giunzioni che esse debbono essere mantenu-
te polarizzate inversamente e che il valore della capacit dipende dalla polarizzazione inversa appli-
cata. Ne risulta un ovvia non linearit di fronte ai grandi segnali. Una delle armature costituita dal-
la base. La presenza della resistenza destensione di base limita la loro applicazione in frequenza.
Inoltre non trascurabile leffetto della capacit parassita Cbulk verso il substrato. Strutture MOS
possono essere realizzate come capacit nella tecnologia bipolare. In Fig.9.3-19c mostrato un e-
sempio. Il condensatore ha come armatura il pesante drogaggio n demettitore, come isolante uno
strato sottile di SiO2 e come altra armatura la metallizzazione sovrapposta opportunamente. Alcuni
vantaggi possono essere riscontrati. Questa volta il comportamento in frequenza nettamente mi-
gliore perch la resistenza destensione quella di emettitore, molto pi piccola di quella di base. Il
coefficiente di tensione praticamente nullo. Si realizzano valori con sufficiente precisione perch
si pu ben regolare sia lo spessore dellossido che la dimensione dellarea dellemettitore. Il coeffi-
ciente di temperatura (causato dalla variazione della costante dielettrica dellossido) di gran lunga
pi basso di quello di una capacit dovuta alla giunzione. Anche la resistenza di perdita molto pi
(a)
(b)
n
p
p
+ +
n
n
++
b
a
b
a
n
p
+
p
+ n
p
+
b
b a
a
(c)
n
p
+
n
b a
b
a
Capacit
Base-Collettore
Capacit
Base-Emettitore
Capacit MOS
Cbulk
Cbc rbb
Cbulk
Cbc rbb
Cbulk
C ree

Fig.9.3-19
Tecnologie microelettroniche

367
piccola. Questi condensatori, la cui realizzazione richiede un processo supplementare e quindi un
costo superiore, sono usati nelle applicazioni analogiche ove condensatori di precisione venissero
richieste.
In Fig.9.3-20 sono mostrate delle strutture capacitive realizzabili con tecnologie MOS. Un
tipo (a) realizza la capacit verso il canale. Una armatura formata da un pesante impianto p
+
sulla
superficie. Il dielettrico quello previsto per il gate e laltra armatura il polisilicio del gate. Un al-
tro tipo( b) realizza la capacit con due armature di polisilicio e un dielettrico di SiO
2
. Questa capa-
cit disponibile nelle
tecnologie che usano due
strati di polisilicio. Lo
spessore dellossido , di
norma eguale a quello
dellossido dei gate dei
transistors. Lossido pu
ancora essere usato come
isolante in condensatori la
cui armature sono costi-
tuite dagli strati di metal-
lizzazione(c).
9.3.9 Bonding Pad
I collegamenti tra un CI ed il mondo esterno vengono assicurati da piazzole di saldatura
(bonding pad). I punti di accesso al circuito sono collegati tramite gli strati di metallizzazione a del-
le regioni quadrate metallizzate (di lato ordinariamente di 100 mm) che sono disposte lungo la peri-
feria del chip. Le loro dimensioni dipendono dal fatto che su di esse un filo di oro di diametro tipico
di 25 mm sar saldato per termocompressione adoperando una speciale microsaldatrice (bonder).
Nelleseguire la saldatura la testa del filo si allarga anche di tre volte e quindi la pad non pu essere
ragionevolmente pi piccola. Laltro lato del filo va saldato al piedino del contenitore del CI.
Tav.9.3-4
Condensatori Integrati
Tipo Capacit
fF/m m
2 2

Coeffi-
ciente di
Tempe-
ratura
(ppm/C)
Coeffi-
ciente di
tensione
(ppm/V)
Tolle-
ranza as-
soluta
(%)
Ma-
tching
(%) (1:1)
Tensione
di rottu-
ra
Collettore-base .125 1200 1000 50
Emettitore-base 1 1200 1000 7
Collettore-substrato
con strato sepolto
.1 1000 50
Collettore-substrato
senza strato sepolto
.06 1000 50
Condensatori MOS .35.1.4 25 20 10 .06 60
Poly-canale 1.5 50 50 20 1
Poly-poly .3.7 25 50 20 .06
Film sottile .35.5 25 20 10 .06
p
b a
b
a
Capacit
a film sottile
(a) (b) (c)
Capacit
Poly-Canale
Capacit
Poly-poly
p
a b
p
a b

Fig.9.3-20
Tecnologie microelettroniche

368
9.4 Matching
Consideriamo ora il problema del matching fra due transistor dello stesso CI. Quando essi
sono molto vicini i loro parametri fisici e geometrici sono molto simili. Gli spessori, i drogaggi e le
aree impegnate variano di poco. Ci, pu comportare differenze fra due transistor ritenuti eguali.
Due transistor fabbricati per essere eguali vengono detti, utilizzando una parola inglese matched. In
altri termini due transistor matched, con la stessa polarizzazione di base lasciano condurre la stessa
corrente di collettore, anche se, per effetto di differenti bF le correnti di base possonoessere diverse.
Due transistor matched sono
9.4.1 Dispositivi Bipolari
Da questa parametri dipende la corrente inversa di saturazione. Allora due transistor vicini
hanno IS leggermente differenti. Per essi si potr scrivere, riprendendo la [7.2-70]
. e I = I e e I = I
T
2 BE
T
1 BE
V
V
2 S 2 C
V
V
1 S 1 C


Applicando le stesse tensioni in base ai due transistor, a VCE identiche, non passa la stessa
corrente collettore. Se si vuole che VCE sia la stessa nei due transistor bisogna opportunamente squi-
librare le due tensioni di polarizzazioni di base per compensare la leggera differenza delle correnti
inverse di saturazione. La tensione Vos che bisogna applicare fra le due basi per avere la stessa cor-
rente di collettore viene detta tensione di offset. Si ha:

( )
. e
I
I
=
I
I
1
T
2 BE 1 BE
V
V V
2 S
1 S
2 C
1 C

=
Cio .
I
I
ln V V
1 S
2 S
T os = [9.4-1]
A temperatura ambiente, due transistor matched hanno offset tipico di 2 mV che corrisponde ad una
differenza fra le due IS dellordine del 4%.
Operando nella regione di correnti di collettore intermedie il parametro h e pu essere assun-
to unitario e lespressione precedente si potr scrivere come:
.
I
I
ln V V
1 S
2 S
T os = [9.4-2]
e utilizzando la [7.1-54]
.
N
N
S
S
ln V
I
I
ln V V
B2
B1
1 B
2 B
T
1 S
2 S
T os
q
q
= = [9.4-3]
Vos una tensione che pu essere positiva o negativa a secondo di quale dei due transistor conduce
di pi. Pertanto il suo valore sempre dato in valore assoluto
9.4.2 Dispositivi MOS
Un discorso analogo pu essere fatto per i MOS dove le fluttuazioni fra due transistor ma-
tched dipendono sia da quelle delle tensioni di soglia che dalle dimensioni in termini di area che
implicano variazioni sui b. Riprendiamo la [8.3-17] e la applichiamo a due transistor identici
( ) ( ). V 1 V V
2
I DS
2
TH GS D +

= [8.3-17]
Le fluttuazioni su b e sulla tensione di soglia sono espresse da Db /b e DVT/VT. Allora per le
due correnti nei due transistor che vengono polarizzate applicando oltre la stessa VGS con una ten-
sione di offset Vos si pu scrivere:
( ) ( ) ( ) [ ] ( ); V 1 V 2 V + 1 V V V
2
2 1
V 1 V V
2
I 1 DS
2
TH TH TH OS + GS 1 DS
2
TH1 GS
1
D1 +

= +


Tecnologie microelettroniche

369
( ) ( ) ( ) [ ] ( ) 1 DS
2
TH TH TH OS + GS 2 DS
2
TH2 GS
2
D2 V 1 V 2 V - 1 V V V
2
2 1
V 1 V V
2
I +
+
= +


da queste i mponendo che le due correnti siano eguali, trascurando i termini di ordine superiore si
pu ricavare :
( ) V V V
V
V V
OS GS TH
TH
GS TH
= +


2
. [9.4-4]
Anche questa volta le tensioni di offset tipiche sono dellordine del millvolt.




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A m p l i f i c a t o r i A m p l i f i c a t o r i a d u n s o l o t r a n s i s t o r a d u n s o l o t r a n s i s t o r

Trattiamo gli amplificatori realizzati con un solo dispositivo attivo. Applichiamo le conside-
razioni sia ai bipolari che ai MOS. Poich ci occupiamo di amplificatori, per ottenere prestazioni l i-
neari useremo i BJT in zona attiva e i transistors ad effetto di campo in zona di saturazione.
10.1 Amplificatori a BJT
Facciamo delle ipotesi semplificative relativa al punto di lavoro e cio immaginiamo di la-
vorare nella regione di medie correnti: i coefficienti demissione sono unitari. Inoltre se possiamo
trascurare la VBE rispetto la VCE possiamo utilizzare la [7.2-66].
10.1.1 Configurazioni elementari
In Fig.10.1-1 sono rappresentati gli amplificatori realizzati nelle tre connessioni elementari.
Eseguiamo lo studio ai grandi segnali per ricavare la funzione di trasmissione in continua. L'analisi
ai piccoli segnali di tali
amplificatori si pu ese-
guire applicando il mo-
dello a due parametri, o
per migliore precisione,
quello a tre, o addirittura
a cinque. Lo studio in al-
ta frequenza va fatto con
il modello completo, vale
a dire a sette parametri
cio: rbb', rb'e, rb'c, rce, gm,
Cb'e e Cb'c. Alle volte
possibile trascurare l'ef-
fetto di rb'c in alta fre-
quenza e quindi si ado-
pera un modello solo a
sei parametri.
Per indicare la
configurazione useremo
solo due simboli e cio:
EC: emettitore comune;
CC: collettore comune;
BC: base comune.
Il nome deriva dal fatto che i segnali dingresso e duscita, a parte livelli in continua dovuti ad even-
tuali batterie hanno in comune un morsetto. Per esempio nellEC (Fig.10.1-1a) vi e vo hanno en-
trambi un morsetto a massa, dove connesso lemettitore.
EMETTITORE
COMUNE
(a)
o I
o V i
V
VCC
VEE
VBB
Ii
+
-
+
-
+
-
COMUNE
COLLETTORE
(b)
o I
o V
i V
VCC
VEE VBB
Ii
+
-
+
-
+
-
BASE
COMUNE
(c)
o I
o V i V
VCC
VEE
VBB
Ii
+
-
+
-
+
-

Fig.10.1-1
Amplificatori ad un solo transistor

372
10.1.1.1 Emettitore comune
La configurazione da cui iniziamo quella rappresentata a destra in
Fig.10.1-2 e cio lEC.
10.1.1.1 Emettitore comune: analisi in continua
Cominciamo a studiare il comportamento ai grandi segnali. Per sem-
plicit consideriamo nulle le f.e.m dei generatori VBB e VEE. Pertanto ridise-
gnamo il circuito come in Fig.10.1-2. Usiamo la [7.2-66] per la IC:
( ) , e V 1 R R
T
BE
A CE S C CC C C CC CE
V
V
V I V I V V

+
cio , e R e
R
1
T
BE
T
BE
S C CC
A
S C
CE
V
V
V
V
I V
V
I
V

,
_

+
infine . e
R
1 e R
T
BE
T
BE
A
S C
S C CC CE

,
_

,
_


V
V
V
V
V
I
I V V [10.1-1]
La Fig.10.1-3 mostra la risposta in
continua dellEC. E evidente una
peculiarit. Tranne una piccolissima
zona, dellordine di 50+100 mV per
la VBE, per il resto il transistor o in
saturazione per VBE superiore alla sa-
turazione o allinterdizione per VBE
inferiore alla soglia.
Se si calcola la derivata di VCE, rispetto a VBE, dopo una serie di calcoli che omettiamo, si
ottiene che nella zona attiva:
. R g
r R 1
R g
V I R 1
V I R
A
dV
dV
L m
ce C
C m
A 0 F C C 0 F
T C C
V0
BE
CE

+

+

[10.1-2]
Si sono usate per gm la [7.2-40] e per rce la [7.2-42].
La massima amplificazione in continua si ottiene per RC ed .
I
V
V
I
r g A
C F0
A F
T
C
ce m 0 V MAX


Cio .
V
V
A
T F0
A F
0 V MAX

[10.1-3]
Fissato il punto di lavoro, cio scelta la VCE, da cui dipende bF, la massima amplificazione dipende
dalla tensione di Early. Tipicamente Av0MAX dellordine di 14
.
10
3
ed praticamente indipendente
dalla IC.
10.1.1.2 Emettitore comune: bassa frequenza
Per lo studio considerere-
mo gi scelto il punto di lavoro e
determinati precedentemente i re-
lativi parametri. Il loro legame
con i quelli ibridi sono gi stati
definiti e ricavati nel Cap.7. In
questa prima trattazione conside-
reremo comunque trascurabile
l'effetto di rb'c salvo a riprendere
pi avanti questo discorso. Per
omogeneit di linguaggio viene
posto rbe = hie. Nella Fig.10.1-4
sono rappresentati i circuiti equi-
valenti a bassa frequenza (b.f.) re-
(a)
o I
o V
i V
VCC
Ii
+
-
RC

Fig.10.1-2
V C E
VB E
E ME T T I T O R E
C O M U N E

Fig.10.1-3
E
rbe
be
v v
i i
b
b b
f
(a)
C B
v v
ce
i i
b
RC
+
-
+
-
i i
c
C
RC
E
be
v v
ce r
v v
ce
i i
b
b b
f
(b)
rbe
+
-
+
-
i i
c
i i
b
B
(c)
v v
ce
ce r
b'e
v v
B
B'
bb' r
b'e C
b'c C
rb'e RC be
v v
C
+
-
+
-
+
-
i i
b
i i
c
m g b'e
v v

Fig.10.1-4
Amplificatori ad un solo transistor

373
lativi all'amplificatore di Fig.10.1-2 per lo studio dell' EC. Se lo vogliamo semplificare adoperando
il modello a due parametri, il generatore gm vbe ha il valore di bf i b. Ci dal momento che gm rbe = bf
e si sta trascurando l'effetto di rbb' con, quindi, rb'e rbe = hie. In tal modo si ottiene la Fig.10.1-4a
nella quale stata inserita anche la resistenza di carico RC posta sul collettore.
Aggiungendo in parallelo al generatore di corrente gm vbe la resistenza rce si ottiene il cir-
cuito equivalente dell'amplificatore EC con il modello a tre parametri di Fig.10.1-4b.
Quando si considera anche l'effetto delle capacit non pi possibile trascurare neanche
quello della rbb' ed il generatore torna ad essere gm vbe = bfi b e rbe = hie = rbb + rbe per le [7.2-51].
Quindi la Fig.10.1-4c per lo studio ad alta frequenza.
Ricordiamo, le funzioni di rete definite nel 2.3.1

0 V
o
i i
o
i
o
i
v
=
i
v
=
v
v
=
i
i
=
g
o
o
i
i v i Z Z A A [10.1-4]
e che per lamplificazione di tensione vale la [2.3-12] che ricopiamo
. A
Z
Z
A i
i
u
V - = [2.3-12]
Per il carico RC e per il generatore d'ingresso di f.e.m. VG ed impedenza interna RG valgono
le relazioni:
C c C ce R R -i = -i = v = v o o [10.1-5]
e . R R b G G i G G be i v i v v v i = = = [10.1-6]
Con il modello a due parametri : , r g g f b be m be m i o i i v i = = =
da cui A A i i0 = = f , [10.1-7]
Inoltre , r r be b be be i i i i v v = = =
cio Z Z i i0 = = rbe. [10.1-8]
Infine . R g r R = Z R A - = A = A C m be C f i L i v0 v - = - [10.1-9]
La presenza del solo generatore di corrente in parallelo al circuito d'uscita fa si che Zo sia .
Usando, invece, lo schema a tre parametri della Fig.10.1-4b e tenendo presente il partitore di
corrente formato da rce e da RC lamplificazione di corrente si modifica in:
A = A i i0 = .
bf
C ce R r 1+
[10.1-10]
Zi sempre rbe, cio . r Z Z be i0 i = [10.1-8]
Mentre L m ce C m
be
C
ce C
f
i L i0 v0 v R g r || R g
r
R
r R 1
Z R A A A - = - = - =
+

- = = [10.1-11]
e . r Z Z ce o0 o = = [10.1-12]
Si posto, per comodit R R r L C ce || . [10.1-13]
Il nuovo pedice 0 sta ad indicare che la funzione di rete relativa alle basse frequenze,
quando l'effetto delle capacit trascurabile.
10.1.1.3 Emettitore comune: alta frequenza
Il comportamento in frequenza studiato applicando la trasformata di Laplace o quella di
Fourier. Come abbiamo gi detto precedentemente, le variabili vengono indicate con lo stesso sim-
bolo ma cambiando il formato. Si usano, al solito, lettere minuscole per indicare le grandezze elet-
triche (1.4), le lettere corsive per indicarne le piccole variazioni (6.3), quelle maiuscole per indi-
carne le trasformate di Laplace (1.4). Per distinguere luso della trasformata di Fourier si adotta-
no le lettere maiuscole corsive (1.7).
Amplificatori ad un solo transistor

374
Lo studio in frequenza abbastan-
za complicato. Per semplificarlo analiz-
ziamo per ora il circuito di Fig.10.1-5 do-
ve considerato come ingresso il punto B'
e RL = RC||rce secondo la [10.1-13]. Il cir-
cuito valido sia per le piccole variazioni
dei segnali che per le relative trasformate.
Si tenga presente che Io = IL + Vo/rce. In-
dicando, da ora in poi, per semplicit, con
Cb e Cc rispettivamente Cb'e e Cb'c si ha:

( ) ( )
( )
I g sC V sC V V
I V sC V V
V R I
b b e b b e c b e o
L m b e c o b e
o L L
= + +
= g +
= -
' ' '
' '
-
-

. [10.1-14]
Calcoliamo l'amplificazione di corrente in cortocircuito ALcc che si ha per RL = 0 e quindi anche Vo
= 0. Allora dalle [10.1-14]
( )
I g sC V sC V
I V sC V
b b e b b e c b e
L m b e c b e
= + +
= g -
' ' '
' '

ed eseguendo il rapporto, dopo qualche


semplice passaggio, si ottiene
( )
A = =
+
Lcc
R =0
'
L
I
I
g s C
g s C C
L
b
m c
b e b c

+
. Ma, se si pongono
c m z C g = [10.1-15]
e ( ) = 1 r C C b e b c ' + [10.1-16]
lamplificazione di corrente in cortocircuito si pu scrivere come


s + 1
s 1
= A
z
f Lcc . [10.1-17]
Il rapporto ( ) ( ) z f = g r C C C = 1+C C m b' e b c c b c + >>1. Ne segue che il valore dello zero mol-
to distante dal polo.
La Fig.10.1-6 mostra il dia-
gramma di Bode di ALcc. La pulsa-
zione cui lamplificazione unitaria,
T f = . [10.1-18]
prende il nome di prodotto guada-
gno-largezza di banda. Ci si ricava
dal diagramma logaritmico. Usando
la [10.1-16] si ricava il suo valore
funzione del solo punto di lavoro.
Cio:
( ) C C g = c b m T + ( ) F. C C 2 g = f c b m T + [10.1-19]
La corrispondente frequenza F, vedi la [7.2.58], proprio il Fattore di merito di cui si discusso nel
7.2.7.
Il rapporto w w z T >>1. Allora l'influenza dello zero wz, nella zona in cui c' effettivamente
amplificazione di corrente (ALcc > 1) trascurabile. Quindi, in questintervallo, la [10.1-17] pu
essere approssimata dalla:
A (s) (s)

1+ s
Lcc f =

f
. [10.1-20]
Adesso mettiamoci in condizioni pi generali con Rc 0. Sostituendo lultima delle [10.1-14] nelle
ce V Vo=
b'e V
m g
b'e V
L I o I
V i be V=
Ib I i=
ce r
B
B'
bb' r
b'e C
b'c C
rb'e RC
C
+
-
+
-
+
-

Fig.10.1-5
w w
w w
T
w w b b
w w
z
dB
ALcc
Log( )
b b

Fig.10.1-6
Amplificatori ad un solo transistor

375
precedenti si ricava
( ) ( )
( )
I = g +sC V +sC V +R I
I = g V - sC R I + V
b b' e b b' e c b' e L L
L m b' e c L L b' e

. Da questa, dopo una serie di passaggi,


e ponendo L L L C R = 1 [10.1-21]
si ottiene

,
_

+
+

Lcc L Lcc Lcc
L L
L L
L L
b
A
1
+ 1
s
A
1
A
R sC 1
+ R sC
A
1
I
I
Per ricavare questa relazione si usata
la [10.1-17]. Dal confronto fra le [10.1-16] e [10.1-21] si ha ( ) . R r C C + 1 = L e ' b c b L Se RL non
molto pi grande di rb'e segue che wL >> wb e dunque AL Alcc. In effetti solo la frazio-
ne ( ) I I o L = r r +R ce ce C della corrente IL scorre in RC e quindi:
.
s + 1
1
A
R + r
r
s + 1


I
I
I
I
I
I
A 0 i
C ce
ce f
b
L
L
o
b
o
i

= = [10.1-22]
Analogamente, si ottiene ( ) e b o c e b m L o V V sC + V g = R V ' ' - sostituendo la terza delle [10.1-14]
nella seconda. E dopo alcuni passaggi si ha A
V
V
g R
s
v
o
b e
m L
z
L
'
'
= = -
1+s
1 w
w
. Per le ragioni gi dette
quando si discusso della amplificazione di corrente riguardo wz, leffetto dello zero pu essere
trascurato e la precedente si pu semplificare come

L
0 ' v v
s + 1
1
A A

' [10.1-23]
con . R g - = A L m 0 ' v [10.1-11]
Se, come abbiamo gi detto, RL non molto maggiore di rb'e, Av' risulta costante e pari a Av'0 per
tutto il campo interessante. In ogni caso wL risulta la pulsazione d'angolo di Av'.
Si ricava che ( ) ( ) e b V e b c e b b e ' b b V A V sC + V sC + g = I ' ' ' ' - sostituendo nella prima delle [10.1-14] a
Vo il valore AvVbe. Da questa si ricava immediatamente lammettenza dingresso riferita alla base
B ( ) . ] A 1 C + C s[ + g = V I = Y V c b e ' b e b b i ' ' ' - Si ricordi che per pulsazioni molto pi basse di wL, Av'
praticamente Av'0 e allora, se si pone Av'0 al posto di Av', si ottiene:
( ) . ] R g + 1 C + C [ s + g = V I = Y L m c b e ' b e b b i ' ' [10.1-24]
come se fra B' ed E, in parallelo alla resistenza rb'e, ci fosse una capacit
( ) C C g R i b c m L = C + + 1 . [10.1-25]
Ad alta frequenza, per, |Av| < | Av'0 | e la Ci risulta inferiore a quella ricavabile dalla [10.1-25]. U-
sando tale valore si fa una approssimazione in leggero eccesso. Ma le cose sono un po' meglio.
Per calcolare il comportamento complessivo in frequenza
dell'amplificatore serve studiare la rete d'ingresso (Fig.10.1-7). Il
generatore d'ingresso ha una f.e.m Vg ed una resistenza interna Rg
e vede l'impedenza d'ingresso Zi che la serie di rbb' e dell'impe-
denza Zi' = 1/Yi'.
L'amplificazione Avg riferita al generatore
.
+R +r Z
Z
A
V
V
V
V
=
V
V
= A
G bb' i'
i'
v'
G
e b'
e b'
o
G
o
vg
che, impiegando la [10.1-23] e tenendo presente che Zi il parallelo fra la Ci data dalla [10.1-25] e
da rbe, dopo qualche passaggio da:

( )( ) ( )( ) L t
0 vg
L t G be
e ' b
0 v vg
s + 1 s + 1
1
A
s + 1 s + 1
1
R + r
r
A A


' [10.1-26]
in cui ( ). r R || r C 1 = ' bb G e ' b i t + [10.1-27]
bb' r
B B'
-
+
-
+
RG
-
+
E
b'e V Vbe
Ib Ii =
Z
i
' VG

Fig.10.1-7
Amplificatori ad un solo transistor

376
Nella [10.1-26] compaiono due poli. Il pi basso dei quali costituisce la frequenza di taglio
superiore. Si pu dimostrare che se ( ) ( ), r + R r + R ' bb G be G f > il che avviene anche se RG nulla, il
polo pi basso wt , cui corrisponde la frequenza di taglio superiore ft .
Tutto ci vale solo se il carico e l'impedenza interna del generatore sono resistivi. Altrimenti
non si pu dare nessuna regola generale ed il comportamento dell' EC va studiato, caso per caso.
10.1.1.2 Collettore comune
In questo caso la configurazione che analizziamo quella rappresentata nella Fig.10.1-1b e
cio il CC.
10.1.2.1 Collettore comune: analisi in continua
Studiamo il comportamento ai grandi segnali per ricavare la funzione di
trasmissione in continua. Per semplicit consideriamo nulle, anche questa volta,
le f.e.m. dei generatori VBB e VEE, come nella figura accanto. Inoltre supporre-
mo che il guadagno statico di corrente sia sufficientemente alto da potere con-
fondere le correnti di collettore e d'emettitore. Pertanto, usando la [7.2-66]:
, e ) ( R e ) 1 ( R R
T
BE
T
BE
A E CC A S E A CE S E C E E
V
V
V
V
V V V V I V V I I V

+ +
da cui ;
R
ln
S E
E
E CC A
A
T E B BE

,
_

+

I
V
V V V
V
V V V V
infine .
R
ln
S E
E
E CC A
A
T E B

,
_

+
+
I
V
V V V
V
V V V [10.1-28]
* Lingresso e luscita differiscono soltanto per la caduta sulla giunzione base-emettitore. Su-
perata la soglia, questa tensione si mantiene pra-
ticamente costante con un valore che va dalla
soglia alla saturazione con una variazione, cio,
di poche centinaia di millivolt. La Fig.10.1-9
mostra la risposta in continua del CC. Se la ten-
sione dingresso fa lavorare il transistor sotto la
soglia la caduta sulla RE molto piccola. Per-
tanto, a parte la zona iniziale, per il resto la ca-
ratteristica una retta di fatto parallela alla bi-
settrice e da essa distante VBE.
10.1.2.2 Collettore comune: bassa frequenza
In Fig.10.1-10 mostrato il circuito equivalente dell'am-
plificatore a due o tre parametri. Per il carico e per il generatore
d'ingresso valgono le:
; R R e E E ec i i v v o o - = - = =
e . R R b g g G G bc i v i v v v i i = = =
Determiniamo il comportamento dellamplificatore u-
sando per ora il modello a due parametri. Si ha:
( ) , 1 f b b f e i o i i i i i + - = - - = =
cio ( ). 1 A A f 0 i i + = = [10.1-29]
Ed ancora ( ) ( ) , R 1 + r R 1 + r E f be b E f b be c b i i i i i v v ] + [ = + = =
cio ( ) . R 1 + r Z Z E f be 0 i i + = = [10.1-30]
o I
o V
i V
VCC
I i
+
-
R
E

Fig.10.1-8
COLLETTORE COMUNE
VB
E V

Fig.10.1-9
rbe
v v
b
i i
L
RE
i i
b o
i i
C -
+
E
B
v v
o rce
f
b b i i
b
-
+

Fig.10.1-10
Amplificatori ad un solo transistor

377
Ed ancora ( )
( ) ( )
.
R 1 + r 1
1
R 1 + r
R
1
Z
R
A A A
E f be E f be
E
f
i
L
i 0 v v
+
1
]
1

+
+ = [10.1-31]
E, normalmente Av0 1se ( ) r R be f E b +1 << 1.
Infine
( ) ( )
,
] r R [ + 1 - - -
Z Z
be G o f
o
b f b
o
0
0 o o
G
+

v
v
i i
v
i
v
v
o
o
-
= = = =
cio .
+ 1
r R
Z Z
f
be G
0 o o

+
= = [10.1-32]
Le caratteristiche principali del CC sono: alta amplificazione di corrente e impedenza d'in-
gresso, amplificazione di tensione unitaria e bassa impedenza d'uscita. Tali propriet lo rendono
particolarmente utile come adattatore d'impedenza.
Lo studio a tre parametri si fa considerando la rce in parallelo a RE. Chiamiamo
RL = RE||rce. [10.1-33]
L'amplificazione di corrente di meno di quella calcolata prima perch nel carico va solo la parte
rce/(rce+Re) della corrente di uscita. E la [10.1-29] diventa:
( ) .
R r
r
1 A A
E ce
ce
f 0 i i
+
+ = [10.1-34]
Per quanto detto la [10.1-30] diventa ( ) , R 1 + r Z Z L f be 0 i i + = = [10.1-35]
e
( )
.
R 1 + r 1
1
A A
L f be
0 v v
+
[10.1-36]
La [10.1-32] d la Zo, cio l'impedenza vista dalla RE. Se si considera, ora, la rce che sta fra
gli stessi terminali cui inserita la RE si vede che basta semplicemente mettere la rce in parallelo alla
Zo calcolata nell'espressione [10.1-32] per avere l'impedenza d'uscita che tiene conto anche della rce.
Pertanto si ha:
. r
+ 1
r R
Z Z ce
f
be g
0 o o

+
= = [10.1-37]
10.1.2.3 Collettore comune: alta frequenza
Per calcolare le prestazioni dell'amplificatore si prende in esame il circuito equivalente della
Fig.10.1-11. Cominciamo l'analisi considerando come ingresso la base effettiva B'. Per il carico e
per il generatore scriviamo le:
V I R o L L = - ;
. I R V V i G G i =
Inoltre
( ) V g g sC V R
V V
o m b e b b e L
b e b c o
= + +
= V -
' '
' '


Eliminando fra queste due la Vbe, dopo
qualche passaggio si ottiene:
p
z
0 v
c b
o
v
s + 1
s 1
A =
V
V
= A

+
'
'
' [10.1-38]
in cui:
( )
Av
b e f L
'
r +1 R
0
1
1
=
+ '
;
b
[10.1-39]


z
f
b e b r C
= ;
+1
'
[10.1-40]

( )
.
R r C
R 1 + r
L e ' b b
L f e ' b
p
+
= [10.1-41]
r e c
rbb
b'e C
b'c C
rb'e
B
B'
C
E
-
+
-
+
-
+
RE
b'e V
m g b'e V
L I u I Ib I i=
V i V = bc V Vu = ec

Fig.10.1-11
Amplificatori ad un solo transistor

378
Il rapporto fra queste due ultime pulsazioni da ( ) p z b e f L r R = 1+ ' , + 1 1 cio p z .
e ( )( ) z f c b C C = + + > 1 1 1. Quindi wz almeno bf volte wb. Per concludere wp wz > wb. Ad
altissime frequenze, per w , l'amplificazione tende a 1. Ne segue che, in tutto lintervallo,
varia di pochissimo, mantenendosi quasi unitaria.
Calcoliamo adesso l'impedenza ingresso tra B' e C. La corrente dingresso :
( )( ) ( )( ) c b ' v c b b e ' b c b c o c b b e ' b c b c b V A V sC + g + V sC = V V sC + g + V sC = I ' ' ' ' ' - -
da cui ( )( ) Y I V g sC A i b b c c b e b v ' - = = sC + + ' ' 1 ' . [10.1-42]
Pi sinteticamente Y R i i i ' ' ' = sC +1 con

( ) R r R
C C C r R
i b e L
i c b b e i
'
' '
= ' f
'
+ +1
= +

;

[10.1-43]
Ridisegnando il circuito dingresso come in
Fig.10.1-12 si nota il polo corrispondente a
( ) G ' bb i i
sup
R + r R C
1
' '
= . [10.1-44]
Determiniamo ora Avg. Si ha .
R + r + Z
Z
A
V
V
V
V
=
V
V
= A
G ' bb i
i
v
G
c b
c b
o
G
o
vg
'
'
'
'
'
Utilizzando i risultati tro-
vati precedenti si pu ricavare che

( )( )
A A vg vg
z
p
' 0
1+s
1+ s 1+s

sup
[10.1-45]
in cui
( )
( )
.
R 1 + + R + r
R 1 +
A
L f G be
L f
0 vg

[10.1-46]
Rispetto ad Av' si aggiunge il polo corrispondente a wsup ed a bassa frequenza c' una atte-
nuazione addizionale pari al rapporto di partizione fra la Ri' e la RG+rbb'.
La Fig.10.1-13a mostra il diagramma di Bode di Avg. A meno che RL non sia eccessivamen-
te alta il polo che domina proprio wsup cui corrisponde la frequenza di taglio superiore del CC.
Possiamo ora calcolare lamplificazione di corrente:
.
Y R
1
A
R + r
r
Y R
1
V
V
I
I
Y V
1
R
V
I
I
I
I
I
I
=
I
I
= A
i L
v
E ce
ce
i L c ' b
o
L
o
i c ' b L
o
L
o
b
L
L
o
b
o
i
'
'
' '

Questa, dopo alcuni passaggi, utilizzando i risultati gi trovati, fornisce:

( )( ) i p
z
0 i i
s + 1 s + 1
s 1
A = A

+
[10.1-47]
con Ai0 espresso dalla [10.1-34], wz e wp gi definite e
i b
bb' r
B B'
C
Rg
Vb'c
Ri'
Ci'
-
+
-
+
-
+
bc V g V

Fig.10.1-12
w w
T
w wb b w w
z
(a)
w w
sup
w w
i
w w
p
dB
(b)
w w w w
Ai vg A
w w
z
w w
p
dB
w w
T

Fig.10.1-13
Amplificatori ad un solo transistor

379

( ) ( )
.
R C 1 C C r
1
=
L c f c b e ' b
i
+ + +
[10.1-48]
Se si confrontano le pulsazioni wi e wp si vede che ( ) 1 1 1 i f c L C R = + , + cio wi < wb. La
Fig.10.1-13b mostra il diagramma di Bode dellamplificazione di corrente del CC.
10.1.1.3 Base comune
Ci resta da considerare lultima configurazione e cio la BC della Fig.10.1-1c.
10.1.3.1 Base comune: analisi in continua
Studiamo il comportamento ai grandi segnali per ricavare la funzione di
trasmissione in continua. Per semplicit consideriamo nulle, anche questa volta,
le f.e.m dei generatori VBB e VEE. Abbiamo, allora lo schema della Fig.10.1-14;
pertanto, usando, al solito, [7.2-66]:
( ) ( ) [ ] ; e 1 R V e 1 R R
T
E
T
BE
A E C S C CC A CE S C CC C C CC C
V
V
V
V
V V V I V V I V I V V

+ +
da cui
( )
.
e I R 1
e 1 R
T
E
T
E
A S C
A E S C CC
C
V
V
V
V
V
V V I V
V

,
_

+

[10.1-49]
La Fig.10.1-15 mostra la
risposta in continua del BC. Anche
questa volta tranne una piccolissi-
ma zona, dellordine di 50-100mV
per la VBE, per il resto il transistor
o in saturazione, per VBE supe-
riore alla saturazione, o
allinterdizione, per VBE inferiore
alla soglia. Tuttavia, rispetto
allEC, le variazioni dellingresso
e delluscita sono concordi. Se
lingresso sale lo fa anche luscita
e viceversa.
10.1.3.2 Base comune: bassa frequenza
La Fig.10.1-16 rappresenta il circuito equivalente a tre para-
metri del BC. Se immaginiamo per ora che rce sia infinita in effetti
eseguiamo lo studio con il modello a due parametri. In tal caso si ha:
, b f i i o = e ( ) , 1 b f b b f e i i i i i i + - = - - = =
da cui ( ) A A i i f f = = - 0 1 b b + , [10.1-50]
che se bf >> 1 diventa Ai -1.
Ed ancora ,
1 +
r r
f
be b be eb

i
i
i
i v v - = - = =
cio ( ) . g 1 1 + r Z Z m f be 0 i i = = [10.1-51]
Per finire , R g R
r
R
r
1
1 Z
R
A A A C m C
be
f
C
be
f
f
f
i
C
i 0 v v
+
+

= = - = = [10.1-52]
mentre, ovviamente Zo infinita.
Consideriamo l'influenza della rce. In essa passa una corrente i rce data da:
,
r
R
-
r
r
r
r R
-
r ce
C
b
ce
be
ce
b be C
ce
rce o
o i o
i i
i i v - v
i =
-
= = quindi
o V
i V
Ii
o I
V
CC
+
-

Fig.10.1-14
E
V
C
V
BASE COMUNE

Fig.10.1-15
r e c
B
C E
b
i i i i
U
-
+
-
+
RC
i i
e
v v
eb cb
v v
be r
i i
b
b b
f

Fig.10.1-16
Amplificatori ad un solo transistor

380
( ) ( ) ( ) , = - = b f
ce
C
b
ce
be
f
ce
C
ce
C
b
ce
be
b f r b f 1 -
r
R
r
r
1 -
r
R
r
R
+
r
r
1 - 1 c i i i i i i i i i i o o o i +

,
_

+ + + [10.1-53]
se, come sempre avviene . r r 1 ce be f >> + Poich
, = = = o o o o i i i i i i i i i i
ce
C
b f
ce
C
b
ce
be
f
ce
C
b
ce
be
b f r b f
r
R
-
r
R
-
r
r
r
R
-
r
r
ce

,
_

+ + +
si ha . = o i i
f
ce C
b
r R 1

+
[10.1-54]
Sostituendo questultima nella [10.1-53] si ottiene:
( )
( )
, = = o o o i i i i i
ce f
C ce f
f
ce C
f
ce
C
r
R r 1 r R 1
1 -
r
R

+ +

+
+
quindi A A
R r
i i
f
f C ce
= = , 0
1

+ +

[10.1-55]
che se f C ce R r >> + 1 si riduce alla [10.1-50].
Impiegando le [10.1-54] e [10.1-55] si calcola limpedenza dingresso:

( )
.
r R r 1
r
r R 1
r R 1
r
A
r
Z
ce C ce f
be
ce C f
f
f
ce C
be
i
b be
i
+ +
- =
-
= =

,
_

+ +

+
o i
i
i
i
i
v

In rbb passano sia la corrente dingresso che quella duscita, praticamente eguali ed opposte. Allo-
ra, ricordando leffetto Miller, si pu trascurare la piccola caduta su rbb e scrivere semplicemente
che
( )
.
r R r 1
r
Z Z
ce C ce f
e ' b
0 i i
+ +
[10.1-56]
Al solito
( )
,
r
r R
R
r
r R r 1
r R + 1 + Z
R
A A
e ' b
ce C
f C
e ' b
ce C ce f
ce C f
f
i
C
i v
+ +

= = =
cio L m e ' b L f 0 v v R g r R A A = = [10.1-57]
Calcoliamo l'impedenza Zo dal circuito di Fig.10.1-17. Si ha:
( )

+
be b
be G
b f c
r
r R
r
i
o i
e i o o
v i
i = v
i v v = i
=

Ed allora: ( ) o o o u i i v i be be G f ce be G r r R r r R =
( ) , ] r r R 1 [ r ] r r 1 r R 1 [ r be be G f ce be f ce be G ce o o o i i v + + +
cio ( )]. R r R 1 [ r Z Z G be G f ce 0 o o + + [10.1-58]
Le caratteristiche principali del BC sono: alta amplificazione di tensione, bassa impedenza
d'ingresso, amplificazione di corrente negativa e unitaria ed alta impedenza d'uscita.
10.1.3.3 Base comune: alta frequenza
Lo studio di questo amplificatore in alta frequenza
veramente complicato. La Fig.10.1-18 mostra lo schema equi-
valente. Abbiamo gi detto che in r passano sia la corrente
dingresso che quella duscita che sono praticamente eguali
ed opposte e quindi, come gi detto si pu trascurare leffetto
della caduta su rbb ed eliminarla dal circuito equivalente. Per-
tanto lecito immaginare che B' e B siano praticamente al
medesimo potenziale, come faremo nel seguito.
Possiamo scrivere le seguenti relazioni:
r e c
i i
b
B
C E
i i
o
-
+
be r
v v
o RG
v v
i
e
i i
i i
b
b b
f
-
+

Fig.10.1-17
r
e c
bb'
r
r
b' e
E
B
C
RC
b' e
C
b' c
C
-
+ B'
+
-
+
-
b' e
V
m g b' e
V
o
I
V
i
V =
e b
I I i = e
V V
o
=
c b
I
b

Fig.10.1-18
Amplificatori ad un solo transistor

381
( ) ( )
( ) ( )
I I g sC V g V V g V
I I g V g V V sC V V
V V I R
i e b e b b e ce eb cb m b e
o c m b e ce cb eb b cb bb
o cb o C
= = - + -
= = - -
= = -
' ' '
' '
+
+ +


che, per quanto detto a proposito di rbb, si possono ridurre a:
( )
( ) ( )
I g g g sC V g V
I g g V g sC V
V I R
i b e m ce b i ce o
o m ce i ce b o
o o C
= + +
= - +
= -
' +
+ +

.
Sostituendo lultima espressione nelle prime due si ottengono le relazioni:
( )
( ) ( )
I g g g sC V g R I
I g g V g sC R I
i b e m ce b i ce C o
o m ce i ce b C o
= + +
= - +
' + +
+


e se, come facile, avviene che g g f m b' e b' e c = g >> g >> , le due precedenti danno luogo alla

( )
V
I g R I
g sC
g sC R
g
I i
i ce C u
m b
ce b C
m
u =
+
= -
+ + 1
. [10.1-59]
Dal secondo e dal terzo termine si ricava.
( )
,
s g R C C + s ] g C g g C C R [ 1
1
- = A
2
m c c b m b m ce b c c
i
+ + +

e dato che , 10 V V g g 10 C C
3
A T m ce
2
b c

< >>
( )( ) 1 c
0 i i
s + 1 s + 1
1
A = A

con Aio = -1,
c c C C R = 1 , [10.1-60]
e ( ) w w 1 = C C + C = m b m b c g g T . [10.1-61]
In definitiva .
) s + 1 )( s + 1 (
1
A = A
T c
0 i i

[10.1-62]
Se si confrontano le [10.1-60] e [10.1-61] non si perviene ad alcun risultato generale. Di ca-
so in caso si dovr determinare la frequenza di taglio trovando chi fra wc e wT pi piccola.
Riprendiamo il primo e lultimo termine della [10.1-59] e tenendo presente la definizione di
amplificazione di corrente scriviamo
( )
V
g sC R
g
I A i
ce b C
m
i i = -
1+ +

se sostituiamo lespressione trovata di Ai e poniamo
w w L c
g
=
R
C R
=
C r || R

ce C
c C c ce C
1 1 +
> , [10.1-63]
si ricava limpedenza dingresso
( )( )
Z Z i i
L
c T
=
1+s
1+ s 1+ s
0
w
w w
, [10.1-64]
nella quale : Z
r
i0
1

+ R
g
C ce
m
[10.1-65]
che differisce dalla [10.1-56] gi trovata solo per tutte le approssimazioni fatte.
Per l'amplificazione di tensione:
( )( )
( )( )
,
s + 1
s + 1 s + 1
Z
1
s + 1 s + 1
R
A =
Z
R
A - = A
L
T c
0 i T c
C
0 i
i
C
i v




cio A
A
v
v
L
=
1+ s
0
w
, [10.1-66]
Amplificatori ad un solo transistor

382
con Av0 dato dalla [10.1-57]. Si riconosce che wL la pulsazione d'angolo di Av.
Un caso interessante
Le caratteristiche del BC sono impedenza di uscita elevata e d'ingresso bassa. Studiamo il
comportamento in frequenza quando si esaltano tali propriet. Vediamo come conviene scegliere
RC. Nella TAV.9.I sono i valori delle funzioni di rete a b.f. per valori significativi del rapporto
RC/rce. Conviene scegliere un rapporto fra 1 e bf. Cerchiamo dottimizzare le prestazioni del BC e
cio di fare massimo Av0 e minima Zi0. Il loro rapporto
massimo per RC rce. Si ha, quindi, in tale ipotesi
w
w
b
b
T
c
g g I
=
C R
C
=
C r
C
=
V
C
C
V
V
V V
C C
m c C
b
m c ce
b
C
T
c
b
f A
f0 T
A T
b c

che normalmente abbastanza grande. Allora il taglio
-plificazione di corrente dato da wc. Per
lamplificazione di tensione calcoliamo il rapporto wL/wc. Si ricava w w L c C R r = 1+ ce. E nel caso
particolare questo rapporto 2. Anche per lamplificazione di tensione il taglio dato da wc. Poich
limpedenza dingresso molto piccola bene che il generatore abbia impedenza interna grande.
Inoltre anche limpedenza duscita si vuole grande e perci meglio se RG > rbe. Aggiungendo
questaltra condizione si trova che lamplificazione di tensione riferita al generatore, Avg, ha gli
stessi poli di Ai. Quindi il taglio si ha alla pi piccola delle pulsazioni di taglio fra Ai e Av e cio da
wc.
10.1.1.4 Confronto fra le tre configurazioni: bassa frequenza
Intendiamo eseguire il confronto fra le propriet dell'amplificatore a transistor nelle tre con-
figurazioni base a bassa frequenza. Per fare ci usiamo le espressioni ricavate con il modello a tre
parametri. Indichiamo con R sia RC che RE e con RL il relativo parallelo con rce. Inoltre indicheremo
con i pedici CC, EC, BC i valori delle funzioni di rete nelle tre configurazioni elementari. Prende-
remo come riferimento le funzioni di rete per lEC.
Amplificazioni di corrente
EC ( ) A
R r
i EC
f
ce
0
1
=
b
+
; [10.1-10]
CC: dalla [10.1-34] ( ) ( ) ( ) ( ) A
r
r R
A A i CC f
ce
ce
f
f
i EC i EC 0 0 0 1
1
= = - - - b
b
b
+
+
+
; [10.1-67]
BC: dalla [10.1-55] ( )
( )
( )
A
R r
A
A
i BC
f
f C ce
i EC
i EC
0
0
0 1 1
= = - .
+ + +
b
b
[10.1-68]
EC e CC amplificano in corrente, praticamente allo stesso modo, invece il BC non amplifica.
Impedenze dingresso
EC ; r Z be ) EC ( 0 i = [10.1-8]
CC: dalla [10.1-35]
( )
( ) ; R 1 + Z Z L f ) EC ( 0 i CC 0 i + = [10.1-69]
BC: dalla [10.1-56]
( )
( )
.
r R r 1
Z
Z
ce ce f
) EC ( 0 i
BC 0 i
+ +
[10.1-70]
L'impedenza d'ingresso dell' EC media mentre molta grande quella del CC e molto piccola quel-
la del BC.
Amplificazioni di tensione
EC ( ) ; R g A L m EC 0 v = [10.1-11]
CC: dalla [10.1-36]
( )
( ) ( )
( )
;
] A 1 + [ 1
1
R 1 + r 1
1
A
EC 0 v f f L f be
CC 0 v
+

+
= [10.1-71]
TAV.10.1-1
RC/rce 0 @1 bf
Ai0 @1 @1 @1/2 0
Av0 0 gmrce gmrce gmrce
Zi0 1/gm 2/gm rbe/2 0
Amplificatori ad un solo transistor

383
BC: dalla [10.1-57] ( ) ( ). A R g A EC 0 v L m BC 0 v = = [10.1-72]
Mentre EC e BC amplificano in tensione allo stesso modo, il CC non amplifica. Inoltre l 'EC inver-
te l'uscita rispetto l'ingresso.
Impedenze duscita
EC
( )
; r Z ce EC 0 o = [10.1-12]
CC: dalla [10.1-37]
( ) ( )
; Z
+ 1
r R
Z EC 0 o
f
be G
CC 0 o

+
[10.1-73]
BC: dalla [10.1-58]
( ) ( )
( )]. R r R 1 [ Z Z G be G f EC 0 o BC 0 o + + [10.1-74]
L'impedenza d'uscita dell' EC intermedia fra quella molta piccola del CC e molto grande del BC.
10.1.1.5 Confronto fra le tre configurazioni: influenza di hre
Qualora non si fosse trascurato l'effetto di hre, cio di rb'c, si sarebbero trovate le relazioni in
seguito espresse:

( )
( )
( )
( )
( )
( )
( )
( )
( )
( )
( )
( )
( )
fe
fe
G fe ie
ie g
BC 0 o
G ie
fe
fe CC 0 o
G ie
re fe
oe EC 0 o
EC 0 vo
re
CC 0 vo
EC 0 vo
BC 0 i
re
CC 0 i
re EC 0 i
BC 0 i
fe
fe
o
fe
CC 0 i
o
fe
EC 0 i
h + 1
h
= con
.
R h + 1 + h
h + R
Y
R + h
1 h
h Y
=
R + h
h h
- h Y
;
A
h + 1
1
A
-
R
- A
;
1 +
Z
h + 1
R + Z
h R hie Z
;
1 +
A
h
h + 1
R h 1
h
A
R h 1
h
A
B
Y
B
Y
Y
V
V B + B
V
Z
A
Z
Z
B
B
A Z
Z A + Z
A
A
B
A
A

+
=
=
=
=
=
=
=
=
=
=
=

In Fig.10.1-19 mostrato l'andamento delle quattro funzioni di rete. Per, in genere
re trascurabile e le figure non sono molto diverse se di questo effetto non si tiene
alcun conto.
A i0
EC
BC
CC
EC
BC
CC
100 1 10k 10G 100M 1M 100 1 10k 10G 100M 1M
RL W W ( )
RL W W ( )
h = fe 100 h = re 10
-4
h = ie 2.82k W W h = oe 13.9
-6
A/V 10
.
100
10
1
. 1
.01
10k
100k
1M
10M
100
1k
Zo0 Av0
EC BC
CC
EC
BC
CC
100 1 10k 10G 100M 1M 100 1 10k 10G 100M 1M
W W ( )
S R RL W W ( )
Fig.9.19
10
1
. 1
100
1k
100
10k
100k
10M
10
1
1M
1k
Zi0

Fig.10.1-19
Amplificatori ad un solo transistor

384
10.1.1.6 Confronto fra le tre configurazioni: amplificatori a larga banda
Il confronto delle caratteristiche ad alta frequenza particolarmente complicato. Per, con-
siderando soltanto gli amplificatori a larga banda si pu arrivare a capire quali sono le prerogative
delle tre configurazioni per quanto riguarda il comportamento in frequenza.
Vedremo che la condizione per avere banda larga e che sia:
R << rce. [10.1-75]
Supponiamo inoltre che 100 > gmRL @gmR >> 1. [10.1-76]
10.1.6.1 Emettitore comune
Il guadagno riferito al generatore, dalla [10.1-24] e [10.1-26]
.
R + r
r
R g - A
G be
e b
L m 0 vg
'
[10.1-77]
La pulsazione di taglio espressa dalla [10.1-27]:

( )
.
r R || r C
1
=
' bb G e ' b i
t
+
[10.1-27]
con la Ci data dalla [10.1-25]. Nelle condizioni ipotizzate si ricava il prodotto del guadagno per la
pulsazione di taglio superiore che prende il nome di Gain-Bandwidth (GBW). Si trova

( )( )
.
+R r R g C + C
A = GBW
G bb' m b c
t 0 ' vg EC
1
[10.1-78]
10.1.6.2 Collettore comune
Alle condizioni [10.1-75] e [10.1-76] aggiungiamo:
. R + r R G be f >> [10.1-79]
Questa una condizione ragionevole che serve ad aumentare limpedenza dingresso ed avvicinare
a uno lamplificazione di tensione. Allora, dalla [10.1-46] si ricava che Avg' 0 1 e le [10.1-43] di-
ventano

R R
C
i
i
'
'

;

f
c b m = C + C g R
. [10.1-80]]
In queste condizioni, dalla [10.1-44] si ricava che il taglio si ha per

( )( )
,
R + r R g C + C
1
G ' bb m b c
sup = [10.1-81]

( )( )
,
R + r R g C + C
1
A = GBW
G ' bb m b c
sup 0 ' vg CC
espressione identica alla [10.1-78] ricavata per lEC.
10.1.6.3 Base comune
Per quanto riguarda tale configurazione i risultati trovati non sono relativi alle condizioni
fissate per il confronto, cio le [10.1-75], [10.1-76] e [10.1-79]. Pertanto necessario procedere alla
determinazione delle propriet in queste nuove condizioni.
Il circuito dingresso il solito partitore formato dalla Rg e dalla Zi. Allora, se si usano per Zi
e Av le [10.1-65] e [10.1-66], si ottiene:
( ) ( )( )
. =
T c G v 0 i
0 v 0 i
G i
i
v
G
eb
eb
o
G
o
vg
s + 1 s + 1 R + s + 1 Z
A Z
R + Z
Z
A
V
V
V
V
=
V
V
= A


I passaggi sono stati omessi. Se si tiene conto che per un BC opportuno che RG >> Zio, allora que-
sta si semplifica in
( )( )
.
s + 1 s + 1 R
A Z
= A
T c G
0 v 0 i
vg


Amplificatori ad un solo transistor

385
In altre parole la pulsazione di taglio di Avg la stessa di Ai. Se eseguiamo il rapporto fra i
valori delle pulsazioni corrispondenti ai due poli, espresse dalle [10.1-60] e [10.1-61] si trova che
T c g < m c b RC C 1, e ci in quanto il rapporto fra le due capacit dellordine di 100 ed valida
la [10.1-76] che limita lamplificazione di tensione per non avere la banda passante bassa. Allora il
prodotto amplificazione-larghezza di banda :
( ) ( )
.
R g C R + g 1
1
C
g
R + g R g 1
R g
g
R g 1
R Z
A Z
A GBW
c m b G m b
m
G m C ce
c m
m
C ce
T
G 0 i
0 v 0 i
T 0 vg BC
+
+

+

Si sono usate le [10.1-65], [10.1-46]e [10.1-61].
Se si confronta questa espressione con la [10.1-78] che da il prodotto amplificazione-
larghezza di banda sia per lEC che per il CC si vede che le due espressioni, nelle condizioni ipotiz-
zate, non danno valori molto differenti. Infatti gli ordini di grandezza di 1/gm e di rbb sono eguali e
C + C g R C g R c b m b m per le ragioni gi esposte. Allora, sempre nelle condizioni di amplificatore a
larga banda espresse dalle [10.1-75], [10.1-76] e [10.1-79] anche per il BC si pu usare una analoga
espressione e dire che

( )( )' G m m b c
T 0 vg BC
R + g 1 R g C + C
1
A = GBW
che da un valore molto simile a quello della [10.1-78].
10.1.2 Amplificatore a doppio carico
La determinazione del com-
portamento degli amplificatori ele-
mentari non presenta particolari diffi-
colt, soprattutto a bassa frequenza.
Ad alta frequenza le cose cambiano,
ed anche in modo notevole. Non ap-
pena si considerano applicazioni non
riconducibili a configurazioni elemen-
tari le difficolt diventano nettamente
superiori. Per dare un'idea considere-
remo il caso semplice mostrato in
Fig.10.1-20a dell'amplificatore a dop-
pio carico. Lo studio non sar esteso
al caso della alta frequenza per la
complessit dellanalisi.
In questo amplificatore si pu
prelevare l'uscita sia dal collettore che dall'emettitore. Inoltre l'amplificatore pu essere pilotato dal-
la base o dall'emettitore o da entrambi. Nella Fig.10.1-20b riportato il circuito equivalente ottenu-
to utilizzando il modello del transistor a 3 parametri.
Facciamo le seguenti ipotesi:

b b
b b
f f ce E
f ce C f ce B ce be
>> 1; r >> R ;
r >> R ; r >> R ; r > r
.

[10.1-82]
Applichiamo il teorema di Millman al nodo demettitore:
.
r R
1
R
1
r R
1
r R
r
R r R
ce C E be B
ce C
ce
b f
E
e
be B
b
e
+
+ +
+
+
+ +
+

i
v v
v
e i
[10.1-83]
Dalla maglia di sinistra: .
r R be B
e b
b
+

v v
i
i
[10.1-84]
B
r e c
C
E
i i
e
be r
RB
RE
RC
i i
b
i i
c
i i
b f
b b
e
v v
-
+
-
+ +
-
+
-
(b)
c
v v
VCC
VEE VBB
RC
RE
RB
v v
ie ie
+
- +
- +
-
-
+
-
+
(a)
v v
i i
e
b
i i
v v
b
i i v v v v i i
e

Fig.10.1-20
Amplificatori ad un solo transistor

386
Sostituendo nel numeratore della [10.1-83] e sviluppando, dopo alcuni passaggi si ha:

k h 1
h e b
e
+ +
+

i i v v
v [10.1-85]
con .
r R
R
h
r R
r R
r
1
R k
ce C
E
be B
ce C
ce
f
E

+
+
+
=
10.1-86]
Inseriamo quest'ultima nella [10.1-84], dopo qualche passaggio si ottiene:

( )
( )( )
.
r R k h 1
- k + 1
be B
e b
b
+ + +

v v
i
i
[10.1-87]
Dal ramo centrale di Fig.10.1-17b:

( )
( )
,
R k h 1
- k + h
R
-
E
b e
E
e e
e
+ +

i i i v v v v
i [10.1-88]
ed allora, tenendo presente la [10.1-87] si pu ottenere:
( )
( ) ( ) ( )( )
( )( ) E E B
e E B E + b E be B
e b c
R R R k h 1
] R R k h R [ ] R k 1 r R h [
+ + +
+ + + +
+
i i v v
i i i
i
[10.1-89]
Abbiamo ora quanto serve per trovare le varie funzioni di rete. Cominciamo dalle amplifica-
zioni di corrente. Definiamo:

0 = b
e
c
ice
0 = e
b
e
ieb
0 = e
b
c
icb
A
A
A
i
i
i
v
i
i
v
i
i
v
i
i
[10.1-90]
che si calcolano usando le [10.1-87], [10.1-88] e [10.1-89] e utilizzando per k ed h i valori definiti
nelle [10.1-86], e sempre tenendo conto delle relazioni [10.1-82]. Si possono ottenere cos le:

( )
A
R R r
icb
f
C E ce

+ +
b
1
; [10.1-91]

( )
A
R R r
A ieb
f
C E ce
icb
+ +

b
1
; [10.1-92]
Aice 1
.
. [10.1-93]
Si definiscono le impedenze d'ingresso viste da ognuno dei generatori come
.
Z
Z
0 = e
b
b
ib
0 = b
e
e
ie

i
i
v
i
v
v
i
v
[10.1-94]
Il procedimento analogo. Usando le [10.1-85], [10.1-87] e [10.1-88], prendendo per k ed h i valori
definiti nelle [10.1-86] e nelle ipotesi formulate dalle [10.1-82] si possono ottenere le:
( ); r R 1
r R
Z ce C
f
be B
ie +

+
[10.1-95]
Amplificatori ad un solo transistor

387

( )
.
r R R 1
R
r
R -
Z
ce E C
E f
be
0 = e
b
B b e
ib
+ +

+
i v
i
i vi
[10.1-96]
Definiamo le seguenti amplificazioni di tensione:
.
A
A
A
0 = e
b
e
eb v
0 = b
e
c
ce v
0 = e
b
c
cb v

i
i
i
v
v
v
v
v
v
v
v
v
[10.1-97]
Tenendo presente lespressione generale dellamplificazione di tensione e le [10.1-93] e
[10.1-95] si ha:
.
r R
r R
Z
A
R
v
A
be B
ce C f
ie
ice
C
0 = e
e
c
ce v
+


i v
v
[10.1-98]
Mentre dalle [10.1-92]e [10.1-96] si ottiene:

( )
.
R r r R 1 1
1
Z
A
R A
E f be ce C

ib
ieb
E
0 = e
b
e
veb
+ +

i v
v
v
[10.1-99]
Per finire, usando le [10.1-91]e [10.1-96]:

( )
. A
R
R
R r r R 1 1
R R
Z
A
R A veb
E
C
E f be ce C
E C
ib
icb
C
0 = e
b
c
cb v =
+ +

i v
v
v
[10.1-100]
La determinazione dell'impedenza d'uscita presenta maggiori difficolt. Bisogna, ogni volta,
determinarla cortocircuitando le f.e.m dei generatori. Poich ci sono due possibili uscite dobbiamo
considerare le impedenze viste o da RE o da RC. Pertanto abbiamo le seguenti definizioni:
.
=
Z
Z
0 =
e
e
oe
0 = =
c
c
oc

b e
b e
i i
i i
v v
i
v
v v
i
v
[10.1-101]
La Fig.10.1-21 rappresenta il circuito equivalente necessario
per la determinazione dell'impedenza duscita vista da RC. La corrente
ib la parte della ic che scorre nella resistenza RB+rbe, (a parte il se-
gno). E allora:
.
r R R
R
be E B
E
c b
+ +
i i
Mentre la ve la caduta sul gruppo (RB+rbe)||RE dovuto alla corrente i c
( ) . R r R E be B c e + i v
Il generatore eroga una corrente ( ) . r b f ce e c c i v v i + Sfruttando le due precedenti espressioni cio
sostituendo in questultima i valori ricavati per i c e per ve si pu trovare:
( ) E be B
be E B
E f
ce
0 = e
c
c
oc R r R
r R R
R
1 r Z + +
,
_

+ +

+
v
i
v
[10.1-102]
ben pi grande di rce.
L'impedenza duscita vista dalla resistenza RE si determina dal circuito di Fig.10.1-22. La
corrente i c che circola in RC produce sulla stessa una caduta di potenziale C c c R i v . Daltra parte
r e c
C
E
-
+
b
i i
i i
b
b b
f
i i
c
v v
c
be r RB+
RE

Fig.10.1-21
Amplificatori ad un solo transistor

388
si calcola ( ) c f ce e c c r i v v i + dal parallelo fra il generatore di
corrente e rce. Ma ( ) be B b e r R + i v e sostituendo nella precedente si pu
valutare la corrente i c come .
r R
r R r
1
ce C
be B ce f
b c

,
_

+
+ +
+ i i Quindi, dal momen-
to che ( ) b c e i i i + possiamo determinare la
( ) ce C
f
be B
0 = e
e
e
e o r R 1
r R
Z +

+

i v
i
v

ovviamente del tutto eguale alla Zie.
10.1.2.1 Uscita di collettore con pilotaggio di base e demettitore
Adesso supponiamo di usare entrambi i generatori dingresso. Applichiamo il principio di
sovrapposizione, e teniamo presente che in ogni ingresso c una partizione del segnale del genera-
tore provocato dalla sua resistenza interna e dalla relativa impedenza dingresso. Allora la tensione
duscita sul collettore dovuta alleffetto combinato dei due generatori vi e e vi b e:
.
Z R
Z
A
Z R
Z
A b
ib B
ib
vcb e
ie E
ie
vce c i i v v v
+ +
+ [10.1-104]
Questa, usando le [10.1-95], [10.1-96], [10.1-98] e [10.1-100], tenendo presente le approssimazione
fatte con le [10.1-82], dopo una serie di passaggi d :

( )( )
( ) b e
E f ce C be B
C f
c
R r R 1 r R
R
i i v v v
+ + +

[10.1-105]
E interessante notare che l'uscita proporzionale alla differenza delle f.e.m dei due genera-
tori d'ingresso. Tuttavia bisogna anche tenere presente che i medesimi generatori non sono caricati
allo stesso modo. Infatti essi vedono delle impedenze d'ingresso Zib e Zie abbastanza diverse. Zib
dellordine di bfRE, vedi [10.1-96], mentre Zie, vedi [10.1-95] e [10.1-50] dellordine di 1/gm e
dunque ben pi piccola.
10.1.2.2 Uscita di collettore e demettitore con pilotaggio di base
Un altro caso d'interesse consiste nell'applicare il segnale soltanto in base e prelevare simul-
taneamente due uscite sull'emettitore e sul collettore. Dalle [10.1-98] e [10.1-100]:
,
A
R
R
A
A
b veb
E
C
b vcb c
b veb e

v v v
v v

cio .
R
R
E
C
e
c

v
v
[10.1-106]
Le due uscite stanno fra di loro nel rapporto fra le relative resistenze di carico e sono di se-
gno opposte. In particolare, usando due resistenze identiche s'ottengono due uscite eguali ed oppo-
ste. In tal caso l'amplificatore prende il nome di amplificatore parafase.
Anche in questo caso, per c' un problema e riguarda le impedenze d'uscita. La Zoc, per la
[10.1-102], certamente pi grande di rce mentre Zoe, per la [10.1-103], dellordine di 1/gm e dun-
que ben pi piccola. Il transistor, visto dal collettore, tende a comportarsi da generatore di corrente e
mentre dal lato dell'emettitore, invece, da generatore di tensione.
B
r e c
E
i i
e
be r
RB RC
+
-
v v
e
i i
b c
i i
i i
b f
b b
C

Fig.10.1-22
Amplificatori ad un solo transistor

389
10.2 Amplificatori a FET
Un po' pi semplice lo studio degli amplificatori con i transistor ad effetto di campo per lassenza
della corrente di polarizzazione del circuito di pilotaggio di base. Studieremo soltanto quelli realizzati con i
MOS. Lestensione ai JFET immediata.
Riprendiamo i risultati trovati nel Cap.8. Ricordiamo che per un MOS il funzionamento pu essere
descritto nella zona di saturazione dalla
( ) ( ). V 1 V V
2
I DS
2
TH GS D +

[8.3-17]
Il modello per i piccoli segnali stato gi presentato nella Fig.8.3-14 che per comodit ripresentia-
mo nella Fig.10.2-1a. A bassa frequenza il modello viene semplificato come nella Fig.10.2-1b, e cio eli-
minando le capacit parassite. Se la corrente relativamente bassa si possono trascurare le resistenze di
estensione di source e di drain. Inoltre, se il source comune al bulk il circuito si semplifica ulteriormente
come in Fig.10.2-1c. Si noti che le due
conduttanze gd e gbd risulterebbero in paral-
lelo, ma poich la conduttanza differenziale
bulk-drain molto inferiore a quella di drain
in queste condizioni, nel proseguo essa sar
trascurata.
10.2.1 Configurazioni elementari
In Fig.10.2-2 sono rappresentati gli
amplificatori realizzati nelle tre connessioni
elementari. Eseguiamo lo studio ai grandi
segnali per ricavare la funzione di trasmis-
sione in continua..
Anche questa volta, per indicare la
configurazione, useremo solo due simboli
e cio:
SC: source comune;
DC: drain comune;
GC: gate comune.
(a)
(c)
Fig.9.23
S
D
gd
(b)
G
RDD
RSS
B
D
S
B
G
RDD
RSS
S
D
gd
gdb
gsb
gmVgs
gmbVbs =
h h
gmVbs
g
v v
m gs
gdb
Cgs
Cdb
Csb
Cgb
Cgd
gsb
g
v v
m gs
gdb
gmbVbs =
h h
gmVbs

Fig.10.2-1
-
-
+
+
(b)
COMUNE
DRAIN
S R
DD V
VSS GG V +
-
+
-
+
-
o I
o V
i V
Ii
+
+
-
-
+
-
(c)
COMUNE
GATE
GG V
RD
DD V
VSS
+
-
+
-
o I
o V i V
Ii
+
-
+
-
(a)
COMUNE
SOURCE
DD V
VSS
RD
GG V
+
-
+
-
+
-
o I
o V i V
Ii

Fig.10.2-2
Amplificatori ad un solo transistor 390
10.2.1.1 Source comune
Iniziamo dalla configurazione rappresentata a sinistra in Fig.10.2-2 e cio il SC. Vedremo che il
comportamento del SC non dissimile da quello dellEC a parte il fatto che impedenza dingresso e ampli-
ficazione di corrente sono grandissime e che lamplificazione di tensione, oltre che dipendere dalla tensione
di Early, dipende dalla corrente di polarizzazione.
10.2.1.1.1 Source comune: analisi in continua
Consideriamo nulle le f.e.m. dei generatori VGG e VSS. Allora si ha il circuito
della Fig.10.2-3. Studiamo il comportamento nella regione di saturazione. Vale la
[8.3-17]. A causa della caduta sulla RD la tensione VDS
( ) ( ) V V I V V V V DS DD D D DD D GS TH R R +
b
l
2
1
2
DS
dalla quale si ricava:

( )
( )
.
2 R 1
2 R
2
TH GS D
2
TH GS D DD
DS
V V
V V V
V
+

[10.2-1]
Una simulazione con un codice detto SPICE data in Fig.10.2-4. Per, il
simulatore fa anche vedere gli effetti che si hanno quando si esce dalla zona di satu-
razione e si passa prima dalla zona lineare e poi addirittura sottosoglia. Questi effetti
non sono compresi nella [10.2-1]. Ma, nel caso che VDD sufficientemente elevata
rispetto la VDSsat, a parte delle piccole approssimazioni, lequazione suddetta de-
scrive abbastanza bene il comportamento in
continua del SC.
Se trascuriamo questi effetti possia-
mo dire che si passa dallinterdizione (VGS =
VTH, ID = 0) al massimo di corrente (VDS =
0, VDD = IDRD) con una escursione che
approssimativamente VDD = IDRD. Trascu-
rando leffetto di modulazione del canale si
ha: ( ) V I V V DD D D D GS TH R R b
2
2,
per cui la tensione VGS che porta la tensione
di drain quasi a zero V V V GS TH DD D R + 2 b. E lescursione DVGS che produce la variazione DVDS
= VDD DV V GS DD D R 2 b. Pertanto una grossolana valutazione dellamplificazione
essere data da
AVDC
D
D
V
V
V
V
V DS
GS
DD
DD D
D DD
R
R
2 2 b
b
. [10.2-2]
Lesempio della Fig.10.2-4 si riferisce ad un MOS con VTH = 1 V, b = 6,25 A/V
2
e con resisten-
za di carico di tre valori differenti. Nellintervallo in cui il transistor in saturazione la [10.2-2] ben verifi-
cata. Il punto in cui la curva, ad alti valori di VGS cambia pendenza corrisponde a quando il transistor lascia
la saturazione e si avvicina alla zona lineare. Abbassando la resistenza di carico la corrente cui corrisponde
la saturazione si innalza ed anche la VDSsat. Il fenomeno spiega il comportamento del punto di ginocchio
delle curve della figura.
10.2.1.1.2 Source comune: bassa frequenza
Nella Fig.10.2-5 mostrato il circuito equivalente a b.f. relativi al SC e valido se vbs = 0. E molto
semplice constatare che i o v - = v - = v = v L m gs d d m ds R g R || r g e quindi
+
-
+
-
DD V
RD
+
-
o I
o V
i V
Ii

Fig.10.2-3
V
ds
gs V
b b
= 6.25 A/V
2
RD=1k
W W
10k
W W
R
D=
100k
W W
R
D
=

Fig.10.2-4
Amplificatori ad un solo transistor

391
. R g A L m
gs
0 V - =
v
v
=
o
[10.2-3]
Il massimo per lamplificazione si ha per RD . In que-
sto caso Av0Max -gmrd. Riprendendo, per gm e rd le espressioni
[8.3-35] e [8.3-39] si ha:
( )
( )

+
+
D
DS
DS D
d
m
Max 0 v
I
V 1
V 1 I 2
g
g
A
( ) .
I
V
2 V 1
D
A
2 3
DS + [10.2-4]
Che se l VDS << 1 diventa semplicemente
A
V
I
v Max
A
D
0 2 . [10.2-5]
Mentre per i bipolari Avo
Max
dipende so-
stanzialmente soltanto dalla tensione di Early, nei
MOS, oltre leffetto di b si nota quello della ID.
Al diminuire della corrente di drain
lamplificazione aumenta. Ci valido finche la
corrente non scende sottosoglia. In tal caso essa dipende esponenzialmente dalla VDS, come descritto dalla
[8.3-26] ed il comportamento diventa del tutto simile a quello dei bipolari. In altri termini, diminuendo ID la
amplificazione massima aumenta finch non si arriva sottosoglia nel qual caso essa non cresce pi. Tutto ci
illustrato in Fig.10.2-6 ed relativo al MOS SD5000 (Il MOSFET Enhanchement N-Channel della Sili-
conix ha i seguenti parametri: Vto = 0.98V; b = 6.25mA/V
2
; g = 0.868; l = 39m/V; RDD = 47W; RSS =
40W; Cdb = 3pF; Csb = 3.8pF, Cgs = 240fF, Cgd = 200fF; Cgb = 2060fF; L = 100m, W = 100m).
Nella zona soprassoglia il guadagno diminuisce
con la corrente, anche se gm aumenta con ID
1/2
, e ci
perch, invece, rd diminuisce con ID. Se, per, appli-
chiamo un carico RD, il guadagno differisce dal mas-
simo e diventa AV0 = gmRD||rd. Nella zona di correnti
in cui RD sufficientemente alta rispetto a rd, e cio ad
alte correnti, nel parallelo, RD rimane trascurabile ri-
spetto a rd e AV0 non differisce da AV0
Max
. A basse
correnti, invece, ad essere trascurabile nel parallelo
rd e lamplificazione diventa gmRD che aumenta con
gm. Il grafico di Fig.10.2-7 mostra il comportamento
per due valori di resistenza di carico. Il massimo
dellamplificazione ottenibile si ha, per ogni valore di resistenza, per un ben preciso valore di ID.
Per quanto riguardo Zi0 e Ai0 esse sono infinite in quanto il circuito dingresso aperto e non ri-
chiede corrente. La Zo0 vista dal carico proprio la rd.
10.2.1.1.3 Source comune: alta frequenza
Il circuito equivalente in alta frequenza mostrato nella Fig.10.2-8a ed stato ricavato semplice-
mente aggiungendo al circuito della Fig.10.2-1a la resistenza di carico sul drain RD e la capacit di carico
Cu. Inoltre stato tenuto conto del fatto che il source connesso al bulk. Considerando i valori effettivi non
si possono ritenere in genere trascurabili gli elementi parassiti relativi al bulk, tranne gdb.
G
S
D
RD
+
-
+
-
gm gs
v v
gs
v v v v
ds
d
i i
gd

Fig.10.2-5

Fig.10.2-6
I D
1 1m m 10 10 m m 100 100m m
100n 1m 10m 100m
R = 10k
W W
D
R = 100k
W W
D
Av0

Fig.10.2-7
Amplificatori ad un solo transistor 392
Allora il circuito si
semplifica come quello della
Fig.10.2-8b nella quale con RL
stato indicato il parallelo fra rd
e RD e con Cg il parallelo fra
tutte capacit connesse in in-
gresso che sono Cgs e Cgb, cio
Cg = Cgb + Cgs, e con Cu il
parallelo fra tutte capacit con-
nesse in uscita che sono Cdb e
Cu, cio Cu = Cdb + Cu.
Per determinare il com-
portamento in frequenza utilizzia-
mo il teorema di Miller e ridise-
gniamo il circuito equivalente co-
me mostrato nella Fig.10.2-9. Le
due impedenze sono:
,
1 A
A
sC
1
Z ;
A 1
1
sC
1
Z
v
v
gd
2
v gd
1

[10.2-6]
con . Z
' sC
1
R g
V
V
A 2
u
L m
gs
ds
v [10.2-7]
Questa, per la seconda delle [10.2-6] risulta essere funzione della stessa Av. Eseguendo la sostituzione,
dopo alcuni passaggi si perviene alla
,
s 1
s 1
A =
" C sR 1
A R C s 1
A = A
L
z
0 v
u L
0 v L gd
0 v v
+

+
+

in cui wL << wz. e Cu = Cu + Cgd e
wL
L u R C
=
1
"
. [10.2-8]
Allora lespressione dellamplificazione, nella zona della banda passante, si approssima come
.
s 1
A
A
L
0 v
v
+
[10.2-9]
Questo significa che il circuito duscita ha una frequenza di taglio
f
R C
L
L u
=
1
2p "
. [10.2-10]
Sostituendo lespressione dellamplificazione in Z1, dopo alcuni passaggi si ottiene:

( ) ( )
.
A 1 s 1
s 1
A 1 sC
1
Z
0 v L
L
0 v gd
1
+
+

[10.2-11]
Leffetto del polo in Z1 pu essere trascurato rispetto allo zero e la precedente s'approssima come:

( ) ( ) ( )
. R
sC
1
A 1 C
" C
R
A 1 sC
1
A 1 sC
s 1
Z i
i 0 v gd
u
L
0 v gd 0 v gd
L
1 +


[10.2-12]
con
( )
( )
C A C
R R
C
C A
i v gd
i L
u
gd v
= 1
1
0
0

" . [10.2-13]

(a)
(b)
G D
D R
gdb d g
S
u C
g gs V m
S
G D
RL
g gs V m
Cgs Cdb Cgb
Cgd
Cgd
+ Cgs Cgb + u C Cdb

Fig.10.2-8
Z1
Cg
CL'
2 Z
S
D
RL
+
-
VG
RG
gmVgs

Fig.10.2-9
Amplificatori ad un solo transistor

393
La relativa costante di tempo, se s'esegue il calcolo, t L =1/wL.
A questo punto possiamo ridisegnare il circuito equivalente
dellingresso dell'amplificatore come nella Fig.10.2-10. Cominciamo con
il considerare il caso in cui leffetto Miller trascurabile. In tal caso Ci e
Ri non contribuiscono a determinare la costante di tempo del circuito
dingresso che si riduce a t g = RGCg, cui corrisponde una pulsazione
dangolo wg = 1/t g. La frequenza di taglio complessiva sar la pi picco-
la fra la wL e la wg.
Nel caso in cui leffetto Miller sia preponderante possiamo trascurare la presenza della capacit Cg
nel circuito dingresso. In tal caso avremo una costante di tempo in ingresso
( )
( )
( ) ( ) . C A 1 R = C A 1
A 1 C
" C
R R C R R ' L gd 0 v G gd 0 v
0 v gd
u
L G i i G g +

,
_

+ + [10.2-14]
Dal momento che t g certamente superiore a t L la pulsazione dangolo sar proprio la corrispondente
wg = 1/t g.
Se vogliamo una maggiore precisione, calcoliamo lamplificazione di tensione riferita al generatore:
.
sC
1
R
sC
1
= ' Z con
R ' Z
' Z
A
V
V
V
V
V
V
A
i
i
g G
v
G
gs
gs
ds
G
ds
vg
,
_

+
+
[10.2-15]
Sostituendo in questultima le [10.2-15] ricavate per la Ri e Ci, dopo una serie di passaggi che tralasciamo
di mostrare s'ottiene:
.
1 s ] C C R [ s ' C R
A
= A
L g i G
2
L g G
0 v
vg
+ + + +
,
_

[10.2-16]
La frequenza di taglio, corrispondente al polo pi basso risulta:
.
' C R 2
' C R 4 ] C C R [ ' C C R
2
1
= f
L g G
L g G
2
L g i G L g i G
t

+ + + +

,
_

,
_

[10.2-17]
Se lamplificazione elevata prevale leffetto Miller ed il secondo termine dentro la radice risulta
trascurabile rispetto al primo. Sviluppando in serie di potenze ed arrestandoci al primo termine, si ricava
un'espressione approssimata, valida in questa circostanza e cio:
.
] C C R [ 2
1
= f
L g i G
t
+ +
,
_

[10.2-18]
Se, invece, lamplificazione bassa, risulta trascurabile lapporto di Ci nel termine di primo grado
della [10.2-16], e i due poli risultano 1/RGCi e 1/t L. Se essi sono sufficientemente distanti, la frequenza di
taglio corrisponde al pi basso dei due. In Fig.10.2-11 mostrato landamento di ft rispetto la corrente,
relativo al solito esempio con il MOS SD5000,
per due differenti valori di resistenza di carico e di
resistenza interna del generatore. Lespressione
usata non quella approssimata bens la [10.2-
17] che vale in ogni caso. Si nota un aumento di ft
ad alte correnti, pi marcato per bassi valori di
RG. Inoltre, abbassando RD aumenta ft .
Pi interessante risulta il comportamento
del prodotto guadagno-larghezza di banda mo-
strato in Fig.10.2-12. Ancora una volta si sono
tracciate le curve per i due valori di RG ed i due
valori di RD. Il risultato mostra chiaramente che il
Cg
G
Ri
Ci RG
+
-
VG

Fig.10.2-10
1 1m m 10 10 m m 100 100m m
100n 1m 10m 100m
I D
f t
(MHz)
R = 10k
W W
D
R = 100k
W W
D
W W
RG = 10k
W W
RG = 100

Fig.10.2-11
Amplificatori ad un solo transistor 394
prodotto Av0ft dipende sostanzialmente da RG e non da RD ed aumenta con ID. Se RG piccola (curve su-
periori), valida la [10.2-18] che per si pu, in questo caso approssimare ulteriormente come una e-
spressione precedentemente scritta e cio:
f
R C
f t
L L u
L =
1
2
=
1
2
=
pt p ' "
[10.2-10]
Allora per Av0ft si pu scrivere lespressione:

" C 2
g
= f A
u
m
t 0 v

[10.2-19]
che finisce con il concidere con la [8.1-54]
se s'adottano le stesse ipotesi fatte a suo
tempo per ricavare il fattore di merito del
transistor. Si noti infine che, appunto quan-
do RG piccola e Av0ft esprimibile con la
[10.2-19] il GBW proporzionale a gm
che sale con la radice di ID. E ci eviden-
te dalle due curve in alto in Fig.10.2-12.
Per RG = 10 kW le cose vanno diversa-
mente ma in ogni modo Av0ft cresce con
ID. Si pu inoltre vedere che landamento
di Av0ft sostanzialmente indipendente dal
carico e dal generatore per ID molto picco-
le.
10.2.1.2 Drain comune
Analizziamo ora la configurazione rappresentata nella Fig.10.2-21b. I risultati sono molto simili a
quelli ricavati per il CC.
10.2.1.2.1 Drain comune: analisi in continua
Consideriamo, ancora una volta per semplicit nulla le f.e.m. della batterie VGG
e VSS, come nella figura accanto. La caduta su RS :
( ) ( ) V I V V V S S D S GS TH R R +
b
l
2
1
2
DS ,
cio ( ) ( ) V V V V V V S S G S TH DD R - +
b
l
2
1
2
[ ]. S
da questa, con alcuni passaggi si ricava:
( )
.
1 R
2
+
S DD
S
S
TH S G
V V
V
V V V
+
+ [10.2-20]
Consideriamo per prima cosa il bulk connesso al source. In questo caso
leffetto body non esiste e la tensione di soglia VTH si mantiene costante e pari a Vto. Finch VS si mantiene
piccola e Rs e b sono abbastanza grandi, la Vs segue la VG a meno della tensione di soglia VTH. Ci si pu
osservare nella Fig.10.2-14 per RS almeno di 10KW. Lesempio sempre relativo al MOS SD5000. Per
resistenze pi piccole la differenza fra lingresso e luscita aumentano ed il circuito funziona male come
source follower. Se poi, inoltre, il bulk si connette a massa compare anche leffetto body. In questo caso
linseguitore funziona ancora peggio perch con Vs aumenta la tensione di soglia per effetto body. Basta
confrontare i due grafici per notare come linconveniente sia particolarmente marcato. Non opportuno,
dunque, connettere il bulk a massa per fare il source follower.
1 1m m 10 10 m m 100 100m m
100n 1m 10m 100m
I D
Av0 f t (MHz)
W W
RG = 100
W W
RG = 10k

Fig.10.2-12
-
-
+
+
S R
DD V
+
-
o I
o V
i V
Ii

Fig.10.2-13
Amplificatori ad un solo transistor

395
10.2.1.2.2 Drain comune: bassa frequenza
Il circuito equivalente del drain comune mostrato in Fig.10.2-15. Poniamo, al solito RL = RS||rd e
vb = k vs e gmb = hgm. La tensione duscita si calcola considerando la corrente in RL:
( ) ( ) ( ) , R ] k g g [ R ] ) - ( g ) - ( g [ R g g L s s m s gd m L s b mb gs s gd m L bs mb gs m s o v v v v v v v v v v v v v + + +
da cui ( ) . R g ] R g k 1 1 [ gd L m s L m v v + + vgd la tensione di gate, rispetto al drain per distinguerla da vg,
la f.e.m. del generatore. Infine:

( )
.
R g ] k 1 1 [ 1
R g
A
L m
L m
gd
s
0 v
+ +

v
v
[10.2-21]
Conviene porre
( ) g g k m ' m + [ ] 1 1 h [10.2-22]
Se il substrato si connette al source k = 1 e lamplificazione diventa:
,
R g 1
R g
A
L m
L m
gd
s
0 v
+

v
v
[10.2-23]
che si avvicina a 1.
Se, invece, il substrato si connette a mas-
sa VB = 0 e k = 0 e si ottiene
( )
.
R g 1 1
R g
A
L m
L m
gd
s
0 v
+ +

v
v
[10.2-24]
In questo caso lamplificazione si discosta da 1,
anche sensibilmente, perfino se gmRL molto
grande, cio AV0 = 1/(1+h).
Nel caso di substrato connesso al source si pu arrivare ad amplificazione praticamente unitaria.
La Fig.10.2-16 mostra lamplificazione utilizzando lSD5000 con VDS = 10V, per vari valori di RS, e, in ta-
le condizione vale la [10.2-23]. E chiaro che la corrente di drain viene fatta variare con la VG. Per ogni va-
lore di Rs c una corrente di drain massima che spinge il transistor nella zona lineare dove la [10.2-23]
non ha pi senso. Se la resistenza RS sufficientemente alta si riesce ad ottenere amplificazione praticamen-
te unitaria. Per un dato valore di RS, aumentando la corrente, lamplificazione aumenta. Infatti, a correnti
molto basse la rd risulta molto elevata ed in RL conta solo la RS per cui, a parit di ID pi grande RS e pi
lo anche e gmRL e quindi lamplificazione si avvicina a 1. Aumentando la corrente aumenta gm e quindi
Bulk connesso al Source
0
2
4
6
8
10
VS
G V
0 2 4 6 8 10
10k R = S
W W
100 R = S
W W
G V
VS
Bulk connesso a massa
100k R = S
W W
100k R = S
W W
1k
W W
R = S
1k
W W
R = S
10k R = S
W W
100 R = S
W W
0
2
4
6
8
10
0 2 4 6 8 10

Fig.10.2-14
RL d r
G R
i i
v v
S
D
B
G
v v
G
o o
v v
i i
o o
gmb
v v
bs g
v v
m gs

Fig.10.2-15
Amplificatori ad un solo transistor 396
anche gmRS e cio Av0. Per lesempio fatto,
mai leffetto di rd produce risultati. Se si fos-
se scelta una tensione dalimentazione pi
alta si potevano utilizzare correnti maggiori
senza arrivare nella zona lineare. In tal caso
anche la rd, che diminuisce con ID, entra in
gioco diminuendo RL e quindi gmRL ed infi-
ne Av0. In questo caso, ognuna delle curve,
che in figura sono interrotte per che arrivano
in zona lineare, comincerebbero a scendere
e lamplificazione a diminuire con ID. Per
quanto riguarda Zi0 e Ai0 esse sono infinite
in quanto non passa corrente in ingresso a
bassa frequenza.
Il caso in cui, invece il substrato si
connette a massa fornisce meno amplifica-
zione, in ogni caso. La Fig.10.2-17 mostra
quello che avviene nel caso analogo.
Ancora una volta limpedenza
dingresso e lamplificazione di corrente so-
no infinite dal momento che lingresso ap-
plicato al gate. molto importante determi-
nare limpedenza duscita. Ricordiamo che
essa risulta il rapporto fra la tensione
duscita e la corrente duscita quando la
f.e.m. del generatore applicato allingresso si
annulla. Per determinare questa impedenza
riprendiamo il circuito di Fig.10.2-15:
( ) ( ) ( ) ( ) , r ] k g g [ r ] g g [ r g g d s s m s m d s b m s gd m d bs mb gs m s o o o o i v v v i v v v v i v v v v + + + + + +
cio: ( ) { } , r ] k 1 1 [ r g 1 d d m o o i v + +
da cui:
( )
.
r ' g 1
r
k 1 1 r g 1
r
Z
d m
d
d m
d
0 o
+

+ +

1
]
1

o
o
i
v

Per VBS = 0, k = 1 e Z
r
g r
o
d
m d
0
1

+
, [10.2-25]
mentre per Vs = 0, k = 0 e
( )
Z
r
g r
o
d
m d
0
1 1

+ + h
. [10.2-26]
Se gmrd sufficientemente grande, nei due casi si ha:
per VBS = 0
( )
Z
g
I V
I
o
m
D DS
D
0
1 1
2 1
1
2

+

b l
b
, [10.2-27]
mentre per Vs = 0, k = 0 e
( )
( ) ( )
( )
Z
g
I V
I
o
m
D DS
D
0
1
1
1
1 2 1
1
1 2

+

+ +

+ h
h b l
h b
. [10.2-28]
Limpedenza duscita, piccola, funzione della corrente di drain e diminuisce con essa.
1 1m m 10 10 m m 100 100m m
100n 1m 10m 100m
ID
10n
Av0
Rs = 100
W W
Rs = 10k
W W
W W
Rs = 1k
W W
Rs = 100k
W W
Rs = 1M
Rs = 10M
W W
1
.8
.6
.4
.2
0
Bulk connesso a massa

Fig.10.2-17
1 1m m 10 10 m m 100 100m m
100n 1m 10m 100m
ID
10n
Av0
Rs = 100
W W
Rs = 10k
W W
W W
Rs = 1k
W W
Rs = 100k
W W
Rs = 1M
Rs = 10M
W W
1
.8
.6
.4
.2
0
Bulk connesso al Source

Fig.10.2-16
Amplificatori ad un solo transistor

397
10.2.1.2.3 Drain comune: alta frequenza
Il circuito equivalente ricava-
to dal modello del MOS per le alte
frequenze della Fig.10.2-1a
adattandolo al caso in questione e cio
al DC. Si ottiene la Fig.10.2-18.
Per quanto riguarda i due ge-
neratori di corrente, facendo uso della
[10.2-22] si pu scrivere:
( ) ( ) + + s b m s gd m bs mb gs m V V g V V g V g V g
( ) . V ' g V g V ] k 1 1 [ g V g s m gd m s m gm m +
Il circuito di Fig.10.2-18 viene ridisegnato
come in Fig.10.2-19. A seconda che il substrato sia
connesso a massa o al source le capacit prende-
ranno il valore specificato nella TAV.9.2-1. Dato i
valori che prendono ordinariamente le varie capacit, la sostanziale diffe-
renza fra le due configurazione sta nella Cgb che una volta si somma nella
Cgs e nellaltra si somma nella Cgd. Tuttavia faremo una unica trattazio-
ne e poi distingueremo i due casi.
Applicando il teorema di Miller alla capacit Cgs il circuito pu
essere ridisegnato come in Fig.10.2-20, nella quale, posto Av = Vs/Vgm
sono


( ) ( )
. ' C R ' ;
' s 1
R
= Z ;
1 A ' sC
A
= Z ;
A 1 ' sC
1
= Z U L L
L
L
L
v gs
v
2
0 v gs
1
+
[10.2-29]
Dal circuito duscita si ha
che ( ), V ' g V g Z || Z V s m gd m L 2 s da
cui si ricava semplicemente
che A
V
V
g Z Z
g Z Z
v
s
gd
m L
m L

+
2
2 1
||
' ||
. Poi-
ch sia Z1 che Z2 dipendono dalla
stessa Av, impiegando le relazioni
[10.2-29], dopo una lunga serie di
passaggi si ricava :
.
s 1
s 1
A A
p
z
0 v v
+
+
[10.2-30]
con A
g R
g R
C
g
A
C C
g
v
m L
m L
z
gs
m
p v
gs u
m
0 0
1

+

+
'
,
' ' '
, t t [10.2-31]
Dato che Av0 praticamente unitario ragionevole che t p sia maggiore o comunque non inferiore a
t z. Il che vuol dire che la frequenza dangolo fp corrispondente alla costante di tempo t p precede quella
corrispondente allo zero. Se supponiamo che leffettiva frequenza di taglio dellamplificatore sia inferiore a
questa fp, allora, in tutta la zona della banda passante Av Av0 e possiamo trascurare le due radici nella
[10.2-30].
Calcoliamo lamplificazione Avg riferita al generatore dal circuito della Fig.10.2-16, tenendo pre-
sente che, per quanto test detto, possiamo mettere, a piacere, nella [10.2-28] al posto di AV, AV0.
B
G
R
G
gmVgs
G V
gmbVbs
rd RD
S
D
Cu
Cgs
Cdb
Csb
Cgb
Cgd

Fig.10.2-18
g V
S
D
RD
G
Rg
' Cgs
gmVgd gm'Vs
rd
Cgd' Cu'

Fig.10.2-19
TAV.9.2-1
VBS = 0 VB = 0
k = 1 k = 0
gm gm gm (1+h)
Cgd Cgd Cgd + Cgb
Cgs Cgs + Cgb Cgs
Cu Cu + Cdb Cu + Csb
+
-
G V
Z 1
S
D
G
R
G
gmVgd
gm'Vs
Cgd'
Z 2 Z L

Fig.10.2-20
Amplificatori ad un solo transistor 398
Dunque:
( )
.
A 1 ' sC
1
' sC
1
= ' Z con
R ' Z
' Z
A
V
V
V
V
V
V
A
0 v gs gd
1
G 1
1
v
G
gd
gd
s
g
s
vg
+

Da queste, impiegando anche le [10.2-31], si pu ottenere:

( )( )
( ) . ] A - 1 ' C + ' C [ R = con
s 1 s 1
s 1
A = A V0 gs gd G 2
2 p
z
0 v vg
+ +
+
[10.2-32]
La frequenza di taglio f2, corrispondente alla costante di tempo t 2

( )
.
] A - 1 ' C + ' C [ R
1
2
1
= f
V0 gs gd g
2

[10.2-33]
sempre che essa risulti inferiore a
( )
.
A ' C + ' C
g
2
1
= f
V0 gs gd
m
p

[10.2-34]
che, altrimenti, sarebbe la frequenza di taglio. Se cos fosse, il prodotto GBW diventerebbe:
.
' C + ' C
g
2
1
= f A
gs gd
m
p V0

[10.2-35]
altrimenti
( )
.
' C R
1
2
1
A
] A - 1 ' C + ' C [ R
1
2
1
= f A
gd G
0 v
V0 gs gd G
2 0 v

[10.2-36]
Se si tiene conto della TAV.9.2-1 si ha una sola espressione per la [10.2-34], valida in entrambi i
casi, e cio:
.
C + C + C
g
2
1
= f A
gb gb gd
m
p V0

[10.2-37]
e questo significa che se lespressione da adoperare questa non c alcuna differenza fra i due casi ed il
GBW dipende solo da gm e cio varia come la radice di ID.
Invece bisogna distinguere due differenti espressioni che si ricavano dalla [10.2-36]:

( )( )
( )

0 v
V0 gs gb gd G
2 0 v B
0 v
V0 gb gs gd G
2 0 v BS
A
] A - 1 C + C + C [ R
1
2
1
= f A : 0 = per
A
] A - 1 C + C + C [ R
1
2
1
= f A : 0 = per
V
V
[10.2-38]
Dal momento che lamplificazione si avvicina a 1, nel denominatore il termine derivante dalleffetto Miller si
pu, approssimativamente, trascurare e la differenza fra i due casi dovuta al termine Cgb, abbastanza
grande rispetto a Cgd, che, quando VB = 0, si va a sommare al denominatore. Ne segue che, se prevale
leffetto di f2 il GBW, a parit delle altre condizioni, ben pi piccolo per VB = 0.
Nelle Fig.10.2-21 e 10.2-22 sono mostrati i risultati ottenuti con il solito transistor. La Fig.10.2-21
W W
RG = 100
100
200
300
400
500
600
700
(a)
Av0 t f (MHz)
1 1m m 10 10 m m 100 100m m
100n 1m
10m
10n
ID
Rs = 100
W W
Rs = 10k
W W
W W
Rs = 1k
Rs > 100 k
Bulk connesso al source Bulk connesso a massa
(b)
100
200
300
400
Av0 t f
(MHz)
1 1m m 10 10 m m 100 100m m
100n 1m
10m
10n
ID
Rs = 10k
W W
W W
Rs = 1k
Rs = 100
W W
W W
Rs = 100k
Rs > 1M
W W

Fig.10.2-21
Amplificatori ad un solo transistor

399
si riferisce al caso di resistenza del generatore sufficientemente bassa (RG = 100W), laltra figura per RG
molto pi alta (10kW). Le figure a sinistra si hanno per bulk connesso al source, mentre le altre per bulk
connesso a massa. Per RG = 100W piuttosto evidente che landamento molto simile. Si nota solo un
fattore di scala di circa 1.5 fra le due figure. Esso dovuto al guadagno minore per VB = 0, in quanto
leffetto body non trascurabile. Indipendentemente da RG, a correnti molto basse, (gm molto piccolo)
prevale la fp e il GBW diventa va come ID
1/2
. E ci chiaramente evidente in tutte e quattro le figure. A
corrente non pi piccole prevale la f2 soprattutto se RG alta. E, allora, il comportamento del GBW ha lo
stesso aspetto di quello di AV0. Ma, fra le due, c un fattore di scala che circa il rapporto fra la Cgb e
Cgd, per quanto detto prima.
10.2.1.3 Gate comune
Ci resta da considerare lultima configurazione e cio la GC della Fig.10.2-2c.
10.2.1.3.1 Gate comune: analisi in continua
Questa volta consideriamo nulla soltanto la f.e.m del generatori VSS.
Otteniamo, cos, il circuito della Fig.10.2-23. Per quanto riguarda VGG op-
portuno considerarne leffetto. Pertanto sar VG = VGG. Vedi la figura a lato).
Vale la [8.3-17]. A causa della caduta di potenziale sulla RD quella ai capi del
transistor :
( ) ( ) +

DS
2
TH GS DD D DD S D DS V 1 V V
2
V I V V V V D D R R
( ) ( ), V V 1 V - V V
2
V S D
2
TH S G DD +

D R
dalla quale si ricava, dopo una serie di passaggi omessi:

( ) ( )
( )
.
2 V V - V 1
2 V 1 V V - V V
V
2
TH S G
S
2
TH S G DD
D
+

D
D
R
R
[10.2-39]
Una simulazione con SPICE data in Fig.10.2-24. A sinistra riportato il risultato ottenuto quando
leffetto bulk non presente (VBS = 0). In tal caso la soglia costante e pari a Vto. Nella figura di destra,
invece il bulk messo a massa e leffetto bulk assume un peso rilevante e variabile. In ogni caso, la tensio-
ne duscita rimane pari a VDD (nellesempio 9 V) ed il transistor spento fino a quando non si supera con
VGS la soglia. Per VBS = 0 la VD comincia ad essere diversa da VDD quando VGS > Vto (nellesempio Vto
circa 1 V). Se VS diminuisce, a VG costante, aumenta VGS e la corrente cresce spingendo il transistor nella
zona di saturazione. Per VGS sufficientemente grande il MOS arriva in zona lineare e poi finisce con il com-
(a)
1 1m m 10 10 m m 100 100m m
100n 1m
10m
10n
ID
Rs = 100
W W
Rs = 10k
W W
W W
Rs = 1k
W W
Rs = 100k
Bulk connesso al source
Rs > 1M
W W
Av0 t f (Mhz)
W W
RG = 10k
Rs = 10k
W W
50
40
30
20
10
Bulk connesso a massa
Av0 t f (Mhz)
1 1m m 10 10 m m 100 100m m
100n 1m
10m
10n
ID
Rs = 10k
W W
Rs = 100
W W
W W
Rs = 1k
Rs = 100k
Rs > 1M
W W
W W
Rs = 100k
6
5
4
3
2
1
(b)

Fig.10.2-22
+
-
o I
+
i I
i V
+
-
DD V
RD
+
-
GG V
o V
-

Fig.10.2-23
Amplificatori ad un solo transistor 400
portarsi da cortocircuito e da quel momento VD circa VS. Questo spiega come tutte le caratteristiche, in-
dipendentemente da VG e da RD finiscono con laddossarsi alla bisettrice VD = VS. Il passaggio
dallinterdizione al corto si ha con una DVS pi grande se RD pi piccola. Cio lamplificazione dipende
dalla resistenza di carico. In ognuna delle curve il tratto quasi verticale relativo alla zona di saturazione del
MOS e cio a quella in cui esso amplifica. Si noti come lescursione possibile della VD dipenda da VG, di-
minuendo quando questa aumenta.
10.2.1.3.2 Gate comune: bassa frequenza
Nella Fig.10.2-25a mostrato il circuito equivalente a b.f. relativo al GC. Applicando il teorema di
Thevenin, il circuito si ridisegna come nella Fig.10.2-25b. Poniamo, al solito, vb = kvs e gmb = hgm. Dal
momento che il gate a massa vgs = -vs e vbs = vb-vs= (k-1) vs. Allora per il generatore si pu scrivere:
[gmvgs + gmbvbs]rd = [-gmvs + hgm (k-1) vs]rd = - gmrd[1 + h(1-k)] vs = - gmrdvs. stata anche usata la
[10.2-22]. Pertanto, nel circuito risulta applicata una f.e.m. vs + gmrdvs = (1+ gmrd) vs. La tensione
duscita determinata dal partitore RD rd. Si ha
, R
R r
r ' g 1
s D
D d
d m
v = vo
+
+
[10.2-40]
cio: . 1 r ' g se R ' g . R || r ' g R
R r
r ' g 1
A d m L m D d m D
D d
d m
s
o
0 V <<
+
+
=
v
v
= [10.2-41]
Il massimo per lamplificazione si ha per RD w ed AVo
Max
= gmrd >>1. Per il caso di k = 1 (source
connesso al bulk) lamplificazione massima assume, a parte il segno, lo stesso valore dellamplificatore del
source comune. Se, invece, il bulk e connesso a massa (k = 0) aumenta leggermente. In tal caso si ha
S V
D V
saturazione
interdizione
saturazione
interdizione
lineare
lineare
Bulk connesso al source Bulk connesso a massa
R = 10 k D
W W
1
= 1 M R
W W
2 D
6V g V =
8V g V =
4V g V =
2V g V =
0V g V =
10V g V =
6V g V =
8V g V =
4V g V =
2V g V =
0V g V =
S V
D V
VBS= 0
(a) (b)
= 0 VB

Fig.10.2-24
-
+
i i
i i
RD
d r
(a)
S
D
G
gmb
v v
bs g
v v
m gs i i
o o
o o
v v
i i
v v
(b)
+
+
-
RD
d r
i i
v v
S
D
G
-
i i
i i
s g
v v
m d r '
i i
o o
i i
v v
RG
RG
v
G
v
G

Fig.10.2-25
Amplificatori ad un solo transistor

401
Av0Max gmrd(1+h). Il ragionamento da fare
per Av0Max praticamente identico a quello
per il source comune, a parte il fattore 1+h per
il caso del bulk a massa. Valgono, cio le
[10.2-4] e [10.2-5] e AV0
MAX
ha landamento
della Fig.10.2-6.
Per quanto riguarda landamento di
AV0, a carico costante, al variare della corren-
te di drain, se il source connesso al bulk,
landamento quello della Fig.10.2-7, per i
motivi gi detti. Invece, nellaltro caso il gua-
dagno leggermente superiore ed mostrato
in Fig.10.2-26.
Per determinare limpedenza dingresso riprendiamo la [10.2-40] e ricordiamo che la i o = -i i e vs =
vi. Pertanto:
, R
R r
r ' g 1
R R R
R r
r ' g 1
R
R r
r ' g 1
s D
D d
d m
D D D
D d
d m
s D
D d
d m
v i = i = v v v i o i o
+
+

+
+

+
+

cio .
r ' g 1
R r
Z
d m
D d s
0 i
+
+

i i
v
= [10.2-42]
E limpedenza dingresso tende ad essere piccola. Per esempio, se si pu trascurare il carico rispetto la
conduttanza del canale, nel caso di bulk connesso al source (k = 1), limpedenza dingresso diventa circa
1/gm cio circa1 2bID .
Lamplificazione di corrente pu immediatamente essere calcolata tenendo presente che
A A Z R i V i L 0 0 0 = = . Sostituendo le espressioni gi trovate in precedenza si ricava che Ai0 = -1, come nel
BC.
Per la determinazione dellimpedenza
duscita bisogna considerare il circuito equiva-
lente di Fig.10.2-27 ricavato da quello di
Fig.10.2-25b nel quale il generatore dipendente
stato calcolato come g r m d s ' v v . La corrente i o
che circola nel circuito : .
R r
r ' g
G d
s d m
+

v v
i
o
o La
tensione vs pu essere calcolata come caduta
sulla RG e cio vs = i oRG. Sostituendo nella pre-
cedente, dopo alcuni passaggi si ricava:
( ) ( ) ]. ' g R || r 1 [ R r Z m G d G d 0 o + +
o
o
i
v
[10.2-43]
Limpedenza duscita del GC tende ad essere molto grande come quella del BC.
10.2.1.3.3 Gate comune: alta frequenza
Il circuito equivalente in alta frequenza mostrato nella Fig.10.2-28a. Al solito per gm valida la
[10.2-22]. Comunque sia il bulk connesso a massa o al source il circuito pu essere ridisegnato come in
Fig.10.2-28b. Nel primo caso Cg = Cgs + Csb, Cu = Cdb + Cgd + Cu. Nellaltro caso Cg = Cgs + Cgb,
Cu = Cdg + Cu. Mentre nel primo caso non presente nessuna capacit Cds, essa compare in parallelo al
generatore quando il bulk connesso al source ed allora essa vale proprio Cdb. Essa considerata appli-
Av0

Fig.10.2-26
+ -
RD
d r
i i
i
S
D
G
s g
v v
m d r '
i i
o o
o o
v v s
v v
=
i i
v v
RG

Fig.10.2-27
Amplificatori ad un solo transistor 402
cando il Teorema di Miller in ogni caso, salvo ed eliminarne gli effetti quando il bulk connesso a massa.
Abbiamo, quindi, ridisegnato il circuito come nella Fig.10.2-28c nella quale Cds non pi presente, ma il
suo effetto sta in Cg = Gg + Cds(1-AV) e Cu = Cu + CdsAV/(1-AV) Cds dal momento che in un GC
lamplificazione normalmente molto grande.
Chiamiamo, per semplicit, Z il parallelo fra la Cu e RD. La f.e.m. che agisce fra source a massa
(1+gmrd)Vs). La tensione duscita quella su RD calcolabile dalla partizione fra RD e rd. Quindi:
V
g r
Z r
ZV o
m d
d
s = =
1+
+
'
,
dunque A
V
V
g r
Z r
Z V
o
s
m d
d
= = = =
1+
+
'
. [10.2-44]
Se si fanno le corrette sostituzioni e tenendo presente che Z = RD/(1+sCuRL), dove RL, al solito, il
parallelo fra rd e RD si pu ottenere:
A
A
s
V
V
L
= =
0
1+ /
.
w
[10.2-45]
AV0 dato dalla [10.2-41] mentre wL = 1/(CuRL).
Calcoliamo adesso limpedenza dingresso, cio quella vista fra source e massa. Faremo, ancora
una volta lapprossimazione ponendo al posto di AV, AV0. Ricordiamo che questa una ipotesi conservati-
va e cio che il calcolo produce un risultato in effetti leggermente peggiore della realt.
Z
V
I
V
I
V
I
V
V Z
Z
A
Z R
g r
Z R
g r
i
i
i
s
s
s
L
s
o V
D
m d
D
m d
= = = = = = = = = = = =

+
+

+
1 ' '
.
Al solito ragionevole lipotesi che gmrd = AV0Max >>1. Se si considera che Z il parallelo fra la Cu e
RD e si eseguono le sostituzioni nella precedente si pu pervenire al seguente risultato:
Z
g
R
g r sC g r g
R
sC
i
m
D
m d u m d m
= = = =
1 1 1 1
2
2 ' ' " ' '
. + + [10.2-46]
Il circuito equivalente dingresso mostrato in Fig.10.2-29.
Determiniamo quale frequenza di taglio viene introdotta della rete dingresso. Per questo adoperia-
mo il procedimento usuale quando ci si trova di
fronte ad un circuito in cui non esiste una sola
costante di tempo. E cio, si trovano le costanti
di tempo associate ad ogni condensatore,
nellipotesi che leffetto di tutte le altre capacit
sia trascurabile. Alla fine si confrontano le co-
d
r
R
D
D
u
C
"
C
g"
(c)
S
+
-
+ -
s
= V
i
V
o I
o
V
I
i
g s m
V ' d r
VG
RG
(b)
C
ds
'
d
r
R
D
D
u
C
'
C
g
'
S
+
-
g s m
V '
d
r
+ -
o
I
o
V
I
i
s
= V
i
V
RG
VG
o
V
(a)
R
D
d
r
S
D
G
B
u C
+
-
Cgs
C
db C
sb
C
gb
C
gd
o
I I
i
s
= V i V
g
s m
' V
RG
VG

Fig.10.2-28
+
-
Cg"
2 C = C g r u m d " '
R2
R
g r
D
m d '
=
RG
VG
1
gm'

Fig.10.2-29
Amplificatori ad un solo transistor

403
stanti di tempo e si vede che risultati si hanno. Trascurando leffetto di C2, la costante di tempo associata a
Cg t g = Cg RG||(R2 + 1/gm), mentre quella associata a C2 t 2 = C2 RD||(RG + 1/gm) quando si tra-
scura leffetto di Cg. Ancora una volta una trattazione del tutto generale non porta a nulla. Infatti il rappor-
to delle due costanti di tempo
) ' 1/g + (R || R " C
) ' 1/g + (R || R C
=
m 2 G g
m G 2 2
g
2

. Per possiamo fare lo stesso ragionamento


del BC e cio calcolare il tutto nelle ipotesi che si cerchino di sfruttare al meglio le caratteristiche del GC e
cio la bassa impedenza dingresso e lalta amplificazione. Per ottimizzare queste prestazion
rendere massima lamplificazione e minima limpedenza dingresso si pu considerarne il loro rapporto e
cercare di massimizzarlo. Il rapporto
2
D d
d m
D
2
D d
d m
D
d m
D d
D d
d m
D
0 i
0 V
R r
r ' g
R
R r
r ' g 1
R
r ' g 1
R r
R r
r ' g 1
R
Z
A

,
_

,
_

+
+
+
+
+
+
= = ha
un massimo per RD = rd. Cio, in queste condizioni, si ha la pi grande amplificazione compatibilmente con
la pi piccola impedenza dingresso. Faremo, quindi le ipotesi di lavorare con RD e rd dello stesso ordine di
grandezza. Inoltre, sempre per sfruttare al meglio le propriet del GC, bene immaginare che il pilotaggio
avvenga in corrente e cio con un generatore la cui resistenza interna RG sia molto grande. Se riprendiamo
il rapporto fra le costanti di tempo e lo calcoliamo per RD = rd e RG >> 1/gm, sempre nel caso che
lamplificazione AV0
Max
, sia molto grande, si ottiene:
. 1 A
" C
" C
" C
r ' g " C

) ' g 1 + ' g 1 ( || R " C
R || ' g 1 r ' g " C

) ' 1/g + (R || R " C
) ' 1/g + (R || R C
= Max
1/gm' >> Rg , rd = RD
0 V
g
u
g
d m u
m m G g
G m d m u
m 2 G g
m G 2 2
g
2
>>


Ne risulta che t 2 >> t g e il circuito dingresso, in queste condizione ha la pulsazione dangolo a w2. Con-
frontiamo questa pulsazione dangolo del circuito dingresso con quella wL di quello duscita. Si ha:
.
2
1
' g 1 r ' g
2 r

R " C
R || ' g 1 r ' g " C

R " C
) ' 1/g + (R || R C
=
m d m
d
L u
G m d m u
L u
m G 2 2
L
2
1/gm' >> Rg , rd = RD


Quindi la frequenza di taglio del GC data da
.
R " C 2
1
= f
L u
L

[10.2-47]
10.2.1.4 Confronto fra le tre configurazioni: b.f.
Per semplicit faremo confronti con gm molto grande. Riprendiamo le amplificazioni di tensione:
per il SC ; R g A L m
gs
0 V - =
v
v
=
o
[10.2-3]
per il GC ; R ' g A L m
s
o
0 V
v
v
= [10.2-48]
a parte il segno lespressione identica se si tiene conto della differenza fra gm e gm;
per il DC con il bulk connesso al source
; 1 A
gd
s
0 v
v
v
[10.2-49]
se, invece, il substrato si connette a massa
.
1
1
A
gd
s
0 v
+

v
v
[10.2-50]
Per quanto riguarda lamplificazione e limpedenza dingresso nessun confronto ha senso. Quando
si pilota di gate non c corrente dingresso. Soltanto nel caso del GC si ha una amplificazione ed una im-
pedenza dingresso finite.
Limpedenza duscita del SC Zo0 = rd;
nel GC, per bulk connesso al source Z
g
o
m
0
1
; [10.2-51]
mentre per bulk connesso a massa
( )
Z
g
o
m
0
1
1

+ h
; [10.2-52]
Amplificatori ad un solo transistor 404
per il GC ( ) ( ) ]. ' g R || r 1 [ R r Z m g d g d 0 o + +
o
o
i
v
[10.2-43]
Le conclusioni che si possono trarre da tutto questo discorso sono simili a quelle tratte nel caso dei
bipolari se si tiene conto della corrispondenza EC - SC, CC - DC e BC - GC.
10.2.1.5 Confronto fra le tre configurazioni: amplificatori a larga banda
In questo caso le espressioni di cui bisogna tener conto sono le [10.2-19], [10.2-37] e [10.2-47].
In tutti e tre i casi, mettendosi nelle condizioni che lamplificatore in studio ha come carico uno stadio iden-
tico si trova che.
F.
C + C + C
g
2
1
= f A = BW G
gb gb gd
m
2 V0

[10.2-51]
Il GBW, che praticamente il fattore di merito, dipende solo da gm e cio varia come la radice di ID.
10.2.2 Amplificatore a doppio carico
Studiamo in modo sommario
lamplificatore a doppio carico a tran-
sistor ad effetto di campo poich i ri-
sultati sono simili al caso analogo dei
BJT. Considereremo la corrente di
gate nulla anche nel caso di JFET. Lo
schema riportato nella Fig.10.2-30
nella quale c anche il circuito
equivalente.
I due generatori di corrente
possono essere ricondotti ad uno so-
lo. Infatti gmvgs + gmbvbs = gmvg-gmvs.
Il significato di gm quello della
[10.2-22]. Inoltre, poich a b.f. non
circola corrente nel gate la caduta su
RG nulla e vg = vig.
Applichiamo il teorema di Milmann al source. Si ha:
;
) R r ( 1 R 1
) R r ( r ) ' g g ( R
D d S
D d d s m g i m S s
s
+ +
+ +

v v v
v
i

da cui si ricava ,
R " g 1
R g
S m
S m g i s
s
+
+

v v
v
i

dove g
g r
R r
g r
R r
m
m d
D d
m d
D d
"
' '
.
+
+

+
1
[10.2-53]
La corrente di source :
.
R " g 1
g " g
R " g 1
R g
R
1
R S m
ig m s i m
S m
ig S m s i
s i
S S
s s i
d s
+

1
]
1

+
+


v v v v
v
v v
i i [10.2-54]
Dal momento che dal gate non entra corrente lunica amplificazione di corrente che ha senso
quella che considera come ingresso la corrente di source. Quindi, poich in un FET corrente di drain e di
source sono identiche, a parte il segno:
. 1 A
0 = g
s
d
ids
i v
i
i
[10.2-55]
G
D
S
i i
s
i i
d
s
v v
-
+
-
+ +
-
+
-
(b)
d
v v
VDD VSS VGG
RD
RS
RG
v v
i e i e
+
- +
- +
-
-
+
-
+
(a)
v v i i
s
g
i i
v v
d r
gmb
v v
bs
g
v v
m gs
RG
RS
RD
g
i i
v v v v
i i
s

Fig.10.2-30
Amplificatori ad un solo transistor

405
Analogamente, lunica impedenza dingresso non infinita quella vista dal generatore vis:
. Z
0 = g
s
s
is
i v
i
v

che pu essere calcolata dal circuito di Fig.9.2-52 nel quale si posto vig = 0. Si ha:
. ' g
r
R
' g
r
s m
d
D s s
s m
d
d s
s v
i v
v
v v
i + +
- -

Da cui .
" g
1
r ' g 1
R
Z
m d m
d D
s
0 = g
s
s
is
+

r +
i
v
i
v
i
[10.2-56]
Ovviamente questa risulta anche essere limpedenza duscita vista dal source. Cio:
.
" g
1
=
Z
m
0 g
s
s
s o
i v
i
v
[10.2-57]
Calcoliamo adesso le varie amplificazioni di tensione. Per quanto riguarda Avds essa si calcola diret-
tamente come:
. R " g
" g 1
1
R
Z
A
R A D m
m
D
is
ids
D
0 = g
s
d
ds v


i v
v
v
[10.2-58]
Per quanto riguarda le altre due amplificazioni basta riprendere la [10.2-54] ed applicarla nei due casi. Si
ha:

( )
;
R " g 1
R g
R
R " g 1
g R
A
S m
D m
D
g S m
g m
0 = s
g
D d
0 = s
g
d
vdg
+


v
v
v
v
i
v
v
v
i i
[10.2-59]
e
( )
. 1
R " g 1
R g
R
R " g 1
g R
A
S m
S m
S
g S m
g m
0 = s
g
S s
0 = s
g
s
vsg <
+


v
v
v
v
i
v
v
v
i i
[10.2-60]
Calcoliamo limpedenza duscita vista dal drain. Per far ci ridisegnia-
mo il circuito equivalente cortocircuitando le f.e.m. dei generatori vig e vis. Ot-
teniamo lo schema della Fig.10.2-31. La corrente id si ottiene sommando la
corrente del generatore e quella in rd:
. R ' g
r
R
' g
r
S d m
d
S d d
s m
d
s d
d i
i v
v
v v
i

cio: ,
r
R ' g +
r
R
+ 1
d
d
S m
d
S
d
v
i

,
_


Quindi ( ) [ ] d m S d
0 = is = ig
d
d
od r 1 + ' g R + 1 r Z
v v
i
v
[10.2-61]

molto grande rispetto a rd.
10.2.2.1 Uscita di drain con pilotaggio di source e di gate
Rieseguiamo il calcolo come abbiamo fatto per i BJT. Applichiamo il principio di sovrapposizione,
e teniamo presente che allingresso del source c una partizione del segnale del generatore provocato dalla
sua resistenza interna e dalla relativa impedenza dingresso. Invece il segnale di gate eguale alla f.e.m. del
generatore data limpedenza infinita del gate. Allora la tensione duscita sul drain dovuta alleffetto combi-
nato dei due generatori vi s e vi g e:
. A
Z R
Z
A g vdg s
is S
is
vds d i i v v v +
+

Questa, usando le [10.2-58], [10.2-56], e [10.2-48]:
( ) .
R " g 1
R
g " g
R " g 1
R g
" g 1 R
" g 1
R " g
S m
D
g m s m
S m
D m
s
m S
m
D m d
+

+

+ i i i v v v v
+
[10.2-62]
-
+
D S
i i
s
i i
d
d
v v
d r
RS
v v
s
g
v v
m s '

Fig.10.2-31
Amplificatori ad un solo transistor 406
Perch questo amplificatore amplifichi la differenza occorre che gm e gm siano molto diversi. Questo av-
viene se:
( )
g
g
g r
R r g
m
m
m d
D d m
" '

+
+

1
1 possibile se rd >> RD e k = 1 cio substrato connesso al source. Allora,
in tal caso
( ) g s
S m
D m
d
R g 1
R g
i i v v v
+
[10.2-63]
Naturalmente mentre il generatore di gate non eroga corrente, quello di source deve dare la corren-
te che va nel carico.
10.2.2.1.1 Uscita di drain e di source con pilotaggio di gate
Applichiamo segnale solo in gate e preleviamo due uscite simultaneamente su drain e source. Dalla
definizione
,
A
A
g vdg d
g vsg s

v v
v v

Usiamo le [10.2-59] e [10.2-60]: .
R
R
S
D
s
d

v
v
[10.2-64]
Le due uscite stanno fra di loro nel rapporto fra le relative resistenze di carico e sono di segno op-
poste. In particolare, usando due resistenze identiche s'ottengono due uscite eguali ed opposte. In tal caso
l'amplificatore prende il nome di amplificatore parafase.
Anche in questo caso, c' lo stesso problema che riguarda le impedenze d'uscita. La Zod, per la
[10.2-61], certamente pi grande di rd mentre Zos, per la [10.2-57], dellordine di 1/gm e dunque ben
pi piccola. Il transistor, visto dal drain, tende a comportarsi da generatore di corrente e mentre dal lato del
source, invece, da generatore di tensione.
Amplificatori ad un solo transistor 407
10.3 IL PUNTO DI LAVORO
Finora ci siamo occupati del comportamento degli amplificatore o per quanto riguarda la ca-
ratteristica di trasferimento in continua o il comportamento ai segnali. Comunque, il punto di lavoro
deve essere assegnato in modo opportuno ed essere stabile nel tempo ed indipendente dalle fluttua-
zioni dovute alle tolleranze. In questa parte del capitolo ci occupiamo dei problemi che si hanno per
quanto riguarda il punto di lavoro. Dal momento che nei BJT c corrente dingresso il loro studio
risulta un po pi complicato rispetto a quello dei MOS. Allora ci occuperemo soltanto del punto di
lavoro dei BJT e lo studio per i MOS immediatamente estensibile come caso pi semplice.
10.3.1 La retta di carico.
In Fig.10.3-1 c' un amplificatore EC con
il sistema di polarizzazione ed il sistema per i nseri-
re e prelevare i segnali. Nel circuito di sono rap-
presentati due condensatori che servono ad impe-
dire che le correnti continue, necessarie per la po-
larizzazione passino anche nel carico e nel genera-
tore. In questo caso si parla di accoppiamento
capacitivo.
La Fig.10.3-2 mostra le caratteristiche
duscita ad EC di un transistor. VCEMax e ICMax sono
limitazioni assolute rappresentate da una retta ver-
ticale ed una orizzontale. Un'altra limitazione asso-
luta la massima potenza Pmax dissipabile dal di-
spositivo che l'iperbole Pmax = cost.
La Fig.10.3-2 mostra anche la retta di carico (r) relativa allo schema della figura precedente.
Essa dipende soltanto dalla parte di circuito compresa fra le due capacit daccoppiamento. Nel cal-
colo del punto di lavoro il resto della rete non entra direttamente, tuttavia vedremo come non siano
indifferenti anche i valori delle resistore che sono al di la delle capacit daccoppiamento in quanto
da queste dipendono le condizioni dinamiche che influenzano la scelta del punto di lavoro.
P 1
( r )
( s )
( d )
2
P
I B = 1 0 0
m
A
IB = 1 0
m
A
IB = 2 0
m
A
IB = 3 0
m
A
IB = 4 0
m
A
IB = 5 0
m
A
IB = 6 0
m
A
IB = 7 0
m
A
IB = 8 0
m
A IB
m
IB = 9 0
m
A
Fi g . 9 . 5 4
A
B
I C M a x
V C E M a x
Fig.10.3-2
BE V
IB
VCC
+
-
RC
RG
-
+
VG
-
+
-
+
IRb
IC
RB
RU o V
CC
CB
Io

Fig.10.3-1
Amplificatori ad un solo transistor 408
Da quanto detto chiaro la tensione VCC non deve superare VCEmax e che VCC/RC deve essere
inferiore a ICmax. La selezione di una IB determina il punto di lavoro sulla retta (r).
Se si sceglie il punto di lavoro P1 in modo che sia VCE = (VCC+VCEsat)/2 si avranno escur-
sioni possibili del punto di lavoro di eguale ampiezza a destra e a sinistra di P1. Ci avviene, pe-
r, solo se il resistore RU non c'. Se, essa finita, il carico dinamico e quello statico sono diffe-
renti e cio DVCE/DIC non pi RC ma Rd = RC||RU. Ci significa che il punto di lavoro, al variare di
IB, non si sposta pi, attorno a P1, su (r), ma su una nuova retta (d) che passando sempre da P1 ha
una differente inclinazione determinata da Rd. Si osserva in figura che le escursioni del punto di
lavoro non sono pi eguali a destra e a sinistra del punto P1. Dovendo amplificare un segnale sim-
metrico opportuno scegliere il punto di lavoro in modo da ottenere escursioni simmetriche. Tale
punto P2 deve sempre appartenere alla retta di carico statica ma deve essere scelto in modo da ri-
sultare il punto medio del segmento A-B che giace su una diversa retta di carico (s), parallela a (d)
(A l'intersezione della retta dinamica con le caratteristiche di saturazione e B l'intersezione con
le caratteristiche d'interdizione cio l'asse delle VCE). L'appartenenza di P2 a (r) impone:
ICC = (VCC - VCE)/RC [10.3-1]
e l'appartenenza di P2 a (s), oltre che la condizione per le escursioni eguali del segnale, (vedi la
Fig.10.3-2) impongono,
.
R
-
=
d
CEsat CE
C
V V
I [10.3-2]
Facendo sistema si calcola V V V CE
U
C
CC
C
C
CEsat =
R
R +2
+
R +
R +2
.
R
R
R U
U
U
[10.3-3]
Per ottenere il punto di lavoro basta scegliere, vedi la Fig.10.3-2
RB =(VCC - VBE)/IB. [10.3-4]
dove IB si legge sulla caratteristica d'uscita che passa da P2.
Ovviamente, se il segnale non fosse simmetrico quanto detto non si applicherebbe e sarebbe
un altro il criterio di scelta del punto di lavoro, dipendentemente dallasimmetria. Invece, avrebbe
una importanza limitata se fosse tale da determinare soltanto un piccolo spostamento del punto di
lavoro dalle condizioni di riposo.
Altre ragioni concorrono alla scelta del punto di lavoro, non ultima quella relativa al pro-
blema della dissipazione di potenza che pu portare il transistor a lavorare in un differente punto di
lavoro, o peggio, alla deriva termica cumulativa che pu determinare la distruzione del dispositivo.
La rete di Fig.10.3-2 si dice con polarizzazione fissa ed ha dei notevoli inconvenienti che mo-
streremo nel seguito.
10.3.2 Le cause di spostamento del punto di lavoro.
Ricordiamo lespressione della corrente di collettore nella regione attiva:
. I ) 1 ( I = I 0 CB F B F C + + [7.1-38]
Questa espressione indica che la IC oltre a dipendere da IB dipende da bF e da ICB0. Ci significa che
se la temperatura della giunzione non resta fissa, cambia siano bF che ICB0. Ricordiamo che ICB0
raddoppia, all'incirca per ogni aumento di 10 della temperatura. Allora, se si fissata la IB con la
polarizzazione del circuito di Fig.10.3-2, impiegando il valore di RB definito dalla [10.3-3], la IC
non risulta quella desiderata e pertanto il punto di lavoro non pi quello voluto. Anzi, sivede che
aumentando la temperatura cresce sia ICB0 sia anche bF, e perci, a parit di IB, aumenta IC ed il pun-
to di lavoro si sposta sulla retta di carico statica a sinistra, verso la saturazione.
Inoltre, anche se si tiene fissa la temperatura della giunzione, il punto di lavoro non risulta
mai quello voluto perch la IC calcolata con la [7.1-38] presuppone che il valore di bF sia costante
e fisso. Invece i costruttori danno per hFE a temperatura ambiente (generalmente a 25 C) un valore
Amplificatori ad un solo transistor 409
tipico, hFEtip, compreso tra i valori minimo, hFEmin, e massimo, hFEmax abbastanza differenti. Le carat-
teristiche presentate dal costruttore, sono solo tipiche e differiscono da quelle di ogni singolo transi-
stor. Questa la dispersione delle caratteristiche di cui abbiamo gi discusso nel 7.1-10. Due
transistor, apparentemente identici, presentano caratteristiche abbastanza diverse. Pertanto, il punto
di lavoro di Fig.10.3-1, cos accuratamente calcolato, gi a temperatura ambiente potrebbe localiz-
zarsi, invece, in un punto qualunque della retta di carica statica a causa della dell'indeterminazione
cos forte su hFE.
Per essere ancora pi precisi, la IC, che dipende dalla dispersione delle caratteristiche e della
temperatura e dalla rete di polarizzazione, pu essere formalizzata dall'espressione:
IC = IC(VBE, ICB0, hFE)
nella quale la dipendenza da T implicita. Si pu dire che nel punto di lavoro, a temperatura T
FE
T
FE
C
0 CB
T
0 CB
C
BE
T
BE
C
C dh
h
I
dI
I
I
dV
V
I
dI


e che per variazioni DVBE, DICB0, DhFE sufficientemente piccole, ma finite, quest'ultima si pu
approssimare come:
FE
T
0 CB
T
i BE
T
v C h S I S V S I + + [10.3-5]
nella quale sono

T
FE
C
T
0 CB
C
i
T
BE
C
v
h
I
S
I
I
S
V
I
S
[10.3-6]
I tre coefficienti Sv, Si e Sb prendono il nome di coefficienti di stabilit, rispettivamente di tensione,
di corrente e di hFE.
Per quanto detto, nel punto di lavoro la IC pu essere diversa da quella supposta anche la di-
spersione delle caratteristiche. Allora meglio aggiungere nell'espressione [10.3-4] il termine
1 C 2 C
D
C I I I che ne tiene conto e quindi:
. I h S I S V S I
D
C FE
T
0 CB
T
i BE
T
v C + + + [10.3-7]
I primi tre termini danno conto delleffetto termico. Lultimo termine
D
C I DIC|
D
la differenza tra
i due valori di corrente di collettore del punto di lavoro, a temperatura ambiente, quando hFE assu-
me, rispettivamente il valore hFEmax|
Ta
indicato come bM e hFEmin|
Ta
indicato come bm. Dividendo
l'ultima espressione per IC si ottiene la variazione relativa della corrente del punto di lavoro; cio:
.
I
I
I
h
S
I
I
S
I
V
S
I
I
D
C
C
C
FE
T
C
0 CB
T
i
C
BE
T
v
C
C
+

[10.3-8]
Nel calcolo di Sb entrano in gioco i valori
di hFEtip|
Ta
a temperatura ambiente che chiamere-
mo semplicemente bF ed alla massima temperatu-
ra, hFEtip|
TMax
, indicato come bTmax. La variazione
DhFE dovuta alla temperatura bTmax - bF. Nella
TAV.9.3-1 abbiamo riportati valori tipici per
transistors al silicio ed al germanio interessanti
per la determinazione della stabilit.

TAV.9.3-1
Silicio Germanio
T -65 25 175 -65 25 75 C
ICB0 2 p 1 n 33 m 2 n 1 m 33m A
VBE0 780 600 225 380 200 100 mV
b 25 55 100 20 55 90
bm 40 40
bM 75 75
Amplificatori ad un solo transistor 410
10.3.3 La stabilita' del punto di lavoro con la polarizzazione fissa.
Riprendiamo il circuito di Fig.10.3-1. Riscriviamo la [7.1-38] per il punto di lavoro adope-
rando la [10.3-3] I
V V
I C CB0 ( ) = b b F
CC BE
B
F
R

+ + 1 [10.3-9]
e per le [10.3-5]
S
R
v
C
BE
T
F
B

b I
V
, Si
C
CB
T
F +

b
I
I 0
1, S
h R
C
FE
T
CC BE
B
CB B b



+
I V V
I I 0 .
A causa della dispersione delle caratteristiche sono:
( ) I
V V
I C F
CC BE
B
F CB
R


+ + b b 1 0; ( ) I
V V
I C M
CC BE
B
M CB
R
2 0 1

+ + b b ; ( ) I
V V
I C m
CC BE
B
m CB
R
1 0 1

+ + b b .
Poich il calcolo di IC2 - IC1 va fatto a temperatura ambiente, i termini dipendenti da ICB0 sono tra-
scurabili, quindi:

I I
I
C C
C
M m
F
2 1

b b
b
[10.3-10]
Quindi, nel caso della polarizzazione fissa la [10.3-8] porta a
( )
D D D I
I R
V
I
I
I
C
C
F
B
BE
C
F
CB
C
F
F
M m
F
+ + +

+
b
b
b b
b
b b
b
1
0 Tmax
[10.3-11]
Per dare un'idea del comportamento del Ge e del Si eseguiamo il calcolo per un amplificato-
re con le stesse RB e RC, nei due casi di Ge e Si, e nelle condizioni di temperatura fino al massimo
sopportabile dal transistor. Scegliamo ad esempio RB = 100 KW e VCC = 10 V.
Amplificatore con transistor al Silicio
Calcoliamo quello che pu avvenire se il transistor lo facciamo lavorare fino al limite mas-
simo di 175C: IB =(VCC - VBE)/RB = (10-0.6)/100 K = 94 mA, IC = bFIB = 5594 mA = 5.17 mA.
Quindi
( )
( )
55
40 70
55
55 100
m 17 . 5
33
1 55
m 17 . 5
600 225
k 100
55
I
I
1
I
V
R I
I
F
m M
F
F Tmax
C
0 CB
F
C
BE
B
F
C
C

+ +

+ +


% 185 )% 6 . 63 8 . 81 7 . 35 99 . 3 ( + + +
Amplificatore con transistor al Germanio
Questa volta ci dobbiamo limitare a 125C: IB =(VCC - VBE)/RB = (10-.2)/100 K = 98 mA, IC
= bF IB = 55 98 mA = 5.39 mA. E allora
( )
( ) :
55
40 75
55
55 90
m 39 . 5
32
1 55
m 39 . 5
200 100
k 100
55
I
I
1
I
V
R I
I
F
m M
F
F Tmax
C
0 CB
F
C
BE
B
F
C
C

+ +

+ +


% 161 )% 6 . 63 6 . 63 2 . 33 02 . 1 ( + + +
Il germanio sembra pi stabile, ma solo perch l'intervallo di temperature ammesso pi l i-
mitato. Quindi il silicio ad essere pi stabile. La seconda considerazione che con la polarizza-
zione fissa il termine pi influente quello dovuto ad hFE. Per concludere si vede che linstabilit
del punto di lavoro e la dispersione delle caratteristiche possono portare la corrente del transistor ad
un valore del 161 % o 185 % superiore al prefissato. Immaginate di fare questa osservazione per la
Fig.10.3-2 nella quale il punto di lavoro, per questione di dinamica era stato scelto a 4 mA. Il transi-
stor a 175 se ne va certamente in saturazione, altro che punto centrale della caratteristica dinamica!
Amplificatori ad un solo transistor 411
10.3.4 Stabilizzazione con resistore fra collettore e base.
Una migliore stabilizzazione del
punto di lavoro si ottiene prelevando la
corrente di base dallo stesso resistore di
collettore tramite un resistore, come mo-
strato dalla figura accanto. Dalla maglia
di base:
( ) V I +I I V CC B C B B BE = + R R C +
cio
I
V V I
B
CC - BE - C C
B C
=
R
R R +

sostituendo nella [6.54], dopo qualche
passaggio si trova:
( ) ( )
C F B
CB0 C B F BE - CC F
C
R ) 1 ( R
R R ) 1 (
= I
+ +
+ + I + V V

che se bF >> 1:
( ) ( )
.
R R
R R
= I
C F B
CB0 C B BE - CC
F C
+
+

I + V V
[10.3-5]
Applichiamo le [10.3-5]

( )
.
R R
R
h
S ;
R R
R R
S ;
R R V
I
S
C F B
F B
C
T
FE
C
C F B
C B F
T
0 CB
C
i
C F B
F
T
BE
C
v
+

+
+

I
I
I
I
[10.3-12]
L'effetto della dispersione delle caratteristiche va considerato a temperatura ambiente, alla
quale ragionevole che sia VCC - VBE >> (RB+RC)ICB0 e la [10.3-8] si approssima, come
( )
I
V V
C . =
CC - BE
B C
b
b
F
F R R +

ma allora:
( )
I
V V
C M
M R R
2
+
b
b
CC - BE
B C

( )
I
V V
C m
m R R
1
+
b
b
CC - BE
B C


I I
I
C C
C
M
M
m
m
F
F
M m
F m
F
M R R R R
R R R
R R
R R
R R
2 1

+

+

1
]
1
+


+
+
+
b
b
b
b
b
b
b b
b b
b
b B C B C
B C B
B C
B C
B C
[10.3-13]
Infine lespressione completa per la stabilit diventa:
( ) ( )
( )
( )
( )
D D D I
I
V
I
I
I
C
C
F
F
BE
C
F
F
CB
C
F B
F F
M m
F m
F
M R R
R R
R R
R
R R
R
R R
R R
R R

+
+
+
+
+

+
+

+
+
+
b
b
b
b
b b
b b
b b
b b
b
b B C
B C
B C
Tmax
B C
B
B C
B C
B C
0
[10.3-14]
Per renderci conto dei positivi effetti
dati dalla RB fra base ed emettitore, confron-
tiamo fra di loro i singoli termini delle e-
spressioni della stabilizzazione nella
Tav.9.3-2. La seconda colonna si riferisce al-
la polarizzazione fissa, e la terza alla polariz-
zazione con resistore tra base e collettore.
Purch RC non sia nulla, ognuno dei termini
della terza colonna inferiore al corrispon-
dente termine della colonna di destra. Il mi-
glioramento del comportamento del punto di
lavoro viene ottenuto perch se la IC tende ad
aumentare, rispetto al voluto, si abbassa la VCE e quindi anche la corrente IB, riducendo l'effetto
dell'aumento della IC.
VCC
+
-
RC
-
+
IC
RB
RU o V
CC
BE V
IB
IRb
Rg
-
+
g V
CB
Io

Fig.10.3-3
TAV.9.3-2
Sv

bF
B R

+
b
b
F
F R R B C

Si bF + 1
( ) b
b
F
F
R R
R R
B C
B C
+
+

S
C
T
b
Db
I

b b
b
Tmax F
F
( )
( )
b b
b b
Tmax
B C

+
F B
F F
R
R R

I I
I
C2 C2
C2

D

b b
b
M m
F
( )
( )
b b
b b
b
b
M m
F m
F
M
R
R R
R R
R R

+
+
+
B
B C
B C
B C

Amplificatori ad un solo transistor 412
10.3.4.1 Le prestazioni dinamiche
Il miglioramento delle prestazioni statiche dell'amplificatore viene ottenuto con un peggio-
ramento di quelle dinamiche.
Applichiamo il teorema di Miller. La
Fig.10.3-4 mostra il circuito equivalente ottenuto con
Miller. Sia Av0 l'amplificazione, si pu considerare
l'effetto del resistore RB trasportando in uscita, in pa-
rallelo a RC, il resistore Av0RB/(1-Av0) che per -Av0
>> 1 approssimativamente RB. Il carico dinamico
del transistor risulta, pertanto, Rd = RC||RB||RU. A
questo punto si vede chiaramente che l'amplificato-
re pu essere trattato come un EC con carico Rd.
Chiamando, al solito con RL = rce||RC||RB||RU il carico
effettivo del generatore equivalente del transistor
Av0 = -gmRL.
Per quanto riguarda l'ingresso, l'impedenza Zi0 = vbe/i i vista dal generatore il parallelo di
Zi0 con la impedenza R' = RB/(1-Av0) che per -Av0 >> 1 R' RB/gmRL che produce certamente un
abbassamento considerevole dellamplificazione AVG0.
L'impedenza d'uscita non , come a prima vista sem-
brerebbe, il parallelo fra RB, RC e rce. A causa della RB fra in-
gresso e uscita il doppio bipolo non unilatero. Procediamo
alla sua determinazione disegnando il circuito equivalente co-
me in Fig.10.3-5. La corrente di base calcolata dal partitore
di corrente RG - rbe:
be G
G
be G B
o
b
r R
R
r || R R + +

v
i
Allora la corrente i o erogata da V0 :
be G
G
be G B
o
F
be G B
o
ce C
o
b F
be G B
o
ce C
o
o
r R
R
r || R R r || R R r || R r || R R r || R + +
+
+
+ +
+
+
v v v
i
v v
i
da cui
( )
( )
.
r || R r R R
r 1 R
r || R
1
r R
R
1
r || R R
1
r || R
1
Y
be g be g B
be F G
ce C be G
G F
be G B ce C o
o
o
+ +
+ + +
+

,
_

+
+
+
i
v

Calcoliamo un ragionevole rapporto approssimato fra RB e rbe:
R
r g V V
CC B
F
CC
B
C
F T
CC
T
B
be m
>>
V I V
I
I V
b b
1.
Allora una espressione approssimata
.
r R
R
1
R
1
r || R
1
Y
be G
G F
B ce C o
o
o

,
_

+ +
i
v
Per finire:

( )
.
r R R 1
R
|| r || R Z
be G g F
B
ce C o
+ +
[10.3-15]
Sia l'amplificazione di tensione Av0 che quella di
corrente Ai0 che l'impedenza d'ingresso Zi0 diminui-
scono per effetto di RB. Tuttavia un semplice rimedio pu
essere adoperato per limitare questo inconveniente. Se la
RB viene ripartita, come nella figura accanto, fra due
resistori RB1 e RB2, la cui somma la stessa RB, dal punto
di vista della stabilizzazione del punto di lavoro le cose
RC
I
C
CC
IB
Rg
-
+
g V
CB
-
+
RU o V
Io
RB
AV0 1 -
RB
AV0 - 1
AV0

Fig.10.3-4
Rg
RB
rbe
i
i i
b
i i b
F
o
i i
o
v v
+
-
b
i i
rce||Rc

Fig.10.3-5
-
+
RU o V
BE V
IB
Rg
-
+
g V
CB
Io
Fig.9.59
VCC
+
-
RC
IC
CC
RB2
C'
RB1

Fig.10.3-6
Amplificatori ad un solo transistor 413
non mutano. Si ha, invece, un miglioramento delle prestazioni dinamiche. La capacit C, alle fre-
quenze opportune, cortocircuitando a massa la corrente disaccoppia uscita ed ingresso.
10.4.1.1 Un esempio numerico
Per poter eseguire un confronto con quanto calcolato nel 10.3.3 prendiamo una IB simile
al caso della polarizzazione fissa, cio IB = 100 A. Sia ancora VCC = 10 V ed adottiamo RU = 1
KW. Supponiamo, inoltre, di scegliere il migliore punto di lavoro per segnale simmetrico.
Questa ultima condizione impone che .
R 2 + R
R + R
+
R 2 + R
R
= CEsat
U C
U C
CC
U C
U
CE V V V Per il momen-
to trascuriamo il secondo termine del secondo membro. Inoltre VCE = VCC - IERC VCC - ICRC,
che, inserita nella precedente in cui si trascurato il termine dipendente da VCEsat, fornisce
V I V CE C C
U
C
CC - R =
R
R + 2
,
RU

dalla quale, dopo alcuni passaggi, si ottiene
( ) I - I V - V C C
2
C CC C CC R 2 - R = 0. R R U U
Per i due transistors dell'esempio precedente b = 55. A temperatura ambiente IC bIB =
55100 mA = 5.5 mA. Sostituendo i valori dellesempio nellultima espressione si ottiene
( ) 0. = 10 10 R 10 - 10 5 . 5 10 2 R 10 5 5
3
C
3 - 3 2
C
3 -
- - . La radice positiva da RC = 1261 W. Allora si
prende per RC il valore commerciale pi vicino, cio RC = 1.2 kW. Pertanto risulta VCE = VCC - ICRC
= (10-5.5 10
-3
1.210
3
) V = 3.4 V. Se si considera il termine dipendente dalla saturazione si trovano
due termini leggermente differenti a seconda che si tratti di silicio o di germanio. Pi precisamente,
per il Si VCE = 3.61 V, e per il Ge VCE = 3.47 V. Quindi, per il silicio, per il quale VBE 0.7V, RB =
(VCE - VBE)/IB = (3.61 -. 7)/100 = 29.1 KW. Mentre per il germanio, per il quale VBE 0.2 V, RB
= (VCE - VBE)/IB = (3.47 -. 2)/100 = 32.7 KW. I valori commerciali pi vicini sono, ripetitivamen-
te 30 KW e 33 KW. Impiegando, a questo punto la [10.3-14], si ha, per il silicio DIC/IC = 10.7% +
25.6% + 19.5% = 59.7% e per il germanio: DIC/IC = 1% + 11% + 21.2% + 20.9% = 54.1 %.
Notevole il miglioramento della stabilit rispetto alla polarizzazione fissa. Come controin-
dicazione c il fatto che la stabilizzazione e l'amplificazione sono legate. Infatti entrambe dipen-
dono da RC. Se si vuole avere una buona stabilizzazione, l'amplificazione sar bassa e viceversa.
10.3.5 Stabilizzazione con resistore di emettitore
Questo inconveniente viene eliminato con un diffe-
rente sistema di polarizzazione. Si introduce un resistore in
serie all'emettitore RE. Inoltre la corrente di base viene for-
nita da un partitore formato dai due resistori R1 e R2 come in
Fig.10.3-3-7. L'effetto di RE rispetto ai segnali trascurabile
se CE si comporta a tutte le frequenze contenute nel segnale
come un cortocircuito. La stabilizzazione avviene sfruttando
il fatto che, se la corrente di collettore, per un motivo qua-
lunque, tende ad essere pi grande di quanto preventivato, la
VE tende ad essere superiore riducendo la VBE, con una di-
minuzione della corrente di base che, infine, produce una
stabilizzazione della IC.
Applicando il teorema di Thevenin fra base e massa si ridisegna il circuito come in
Fig.10.3-8 in cui
RBB = RB1||RB2, VBB = VCC RB1( RB1 + RB2,).
Dalla maglia di ingresso VBB = RBIB +RE(IB + IC)+VBE, da cui:
-
+
RU
o
V
IB
R
g
-
+
g
V
C
B
Io
VCC
+
-
R
C
IC
CC
R
B2
R
B1
CE
R
E

Fig.10.3-7
Amplificatori ad un solo transistor 414
I
V V I R R
R
C
BB BE B B E
E

+ ( )
, [10.3-16]
che sulle caratteristiche duscita di Fig.10.3-9 rappresenta-
ta dalla curva di polarizzazione (1) tratteggiata.
Dalla maglia duscita VCC = RCIC + VCE + RE(IB +
IC) VCE + IC[RC + RE(1 + 1/b)]. Se b >> 1:
VCC VCE + IC(RC + RE). Questa la retta di carico statica
(2). Il punto di lavoro lintersezione fra le due curve (1) e (2).
Il carico dinamico del transistor Rd = RC||RU come
si pu vedere dal circuito equivalente di Fig.10.3-10. La ret-
ta dinamica che ha pendenza 1/Rd e passa da P la (3) della
Fig.10.3-9.
Dato che per la [6.64]
I I ( ) I . C CB0 = b b F B F + + 1 Per b >> 1 si
ha IC/b IB + ICB0.
Cio IB IC/b - ICB0. [10.3-17]
Sostituendo questa ultima espressione
nella [10.3-16] dopo qualche passaggio si
ottiene:

( )
I
V V I R R
R R
C
BB BE CB B E
E B

+
+
b
b
0 ( )
. [10.3-18]
Se in questa, al posto di RE si mette RC e al posto di VBB si sostituisce VCC si ottiene la [10.3-167].
Pertanto nelle espressioni ricavate precedentemente per la polarizzazione con resistore fra base e
collettore e che non dipendono ne da VBB ne da VCC sufficiente sostituire RC con RE per ottenere
quanto serve. Dunque le [10.3-12], [10.3-13], e [10.3-168] diventano:
( c )

Fig.10.3-9
IB
VCC
+
-
RC
RBB
RE
IC
VBB
+
-
(b)

Fig.10.3-8
R
g
-
+
g
v v
i
i i
r
ce
R
B
b
i i b
f
o
i i
R
C
o
v v
+
-
i
v v
+
-
b
i i
R
BB
r
be RC

Fig.10.3-10
Amplificatori ad un solo transistor 415

( )
.
R R
R R
R R
R
;
R R
R
S ;
R R
R R
S ;
R R
S
E M B
E F B
E m B
B
F
m M
C
1 C 2 C
E F B
F B
C
E F B
E B F
i
E F B
F
v
+
+
+

+
+


I
I I
I [10.3-19]
In conclusione:
( ) ( )
( )
( )
( ) E M B
E F B
C m B F
B m M
E F B F
B F Tmax
C
0 CB
E F B
E B F
C
BE
E F B
F
C
C
R R
R R
R R
R
R R
R
R R
R R
R R +
+
+

+
+

+

+
+
+

I
I
I
V
I
I
[10.3-20]
10.3.5.1 Le prestazioni dinamiche
Lo studio in bassa frequenza
Il miglioramento delle prestazioni statiche dell'amplificatore non viene ottenuto, questa vol-
ta, con un peggioramento di quelle dinamiche.
Abbiamo gi visto che il carico dinamico del transistor Rd = RC||RU. Pertanto:
Ai0 = i c/i b = bf/(1+Rd/rce), [10.3-21]
e Zi0 = vbe/i b = rbe. [10.3-22]
Inoltre Av0 = -Ai0Rd/Zi0 = -[bf/(1+Rd/rce)] Rd/rbe = -bf RL/rbe. [10.3-23]
con, al solito, RL = Rd||rce. = RC||RU||rce.
Per quanto riguarda l'ingresso, l'impedenza Zi0 = vbe/ii vista dal generatore il parallelo di Zi0 e RBB:
Zi0 = RBB||Zi0 [10.3-24]
L'impedenza d'uscita Zo0 risulta semplicemente rce||RC.
La stabilizzazione con il resistore in serie all'emettitore non ha alcuna incidenza sulle carat-
teristiche dinamiche dell'amplificatore finch l'effetto di CE quello di cortocircuitare RE. Tuttavia a
frequenze molto basse ci non si verifica pi.
La frequenza di taglio inferiore
A frequenze molto basse si deve tenere presente che la capacit non riesce pi a cortocircui-
tare il resistore demettitore. Allora in serie ad esso c', non pi trascurabile, un'impedenza ZE in pa-
rallelo di CE e di RE cio:
Z
R
sC R
E
+
E
E E 1
, [10.3-25]
Applichiamo il secondo teorema di Millman allimpedenza ZE. Nellipotesi che si possa tra-
scurare, nel parallelo, rce rispetto a Rd, il rapporto fra le due correnti i c e i b bf. Pertanto le due im-
pedenze ZEi e ZEo, da inserire, rispettivamente della maglia dingresso e duscita, sono:
;
1
C
] R ) 1 [( Z ) 1 ( Z
f
E
E f E f Ei

,
_

+
+ + Z Z R C Eo
f
f
E E E

b
b
1
|| ;
Pertanto si pu ridisegnare un circuito equivalente come in Fig.10.3-11.
Lo studio del comportamento dell'amplificatore alle bassissime frequenze non pu essere
fatto in modo consueto senza inoltrarsi in una serie di calcoli lunghi e noiosi. Invece supporremo
che ognuna delle capacit pre-
senti nella rete, una alla volta,
sia tale da determinare il taglio
alle basse frequenze. Questo
significa che quando una certa
capacit ritenuta responsabi-
le del taglio, le altre possano
essere considerate dei corto-
circuiti. Allora sufficiente
determinare la resistenza e-
quivalente vista dalla capacit
b
i i b
f
b
i i
rbe
CE
RE
r ce
RU
CC
RC
( R f E + ) 1
b
RBB
RG
-
+
v v
G
CE
f + 1
b
CB

Fig.10.3-11
Amplificatori ad un solo transistor 416
rimasta, cortocircuitando il generatore di tensione e aprendo quello di corrente. Si noti che anche se
questo generatore dipendente esso, nel circuito di Fig.10.3-10, dipende dalla corrente in una ma-
glia a monte ed il circuito unilatero.
La Fig.10.3-12a si ottiene cortocircuitando CE e allora si possono calcolare le costanti di
tempo t B e t C relative, rispettivamente, alle capacit CB e CC nei circuiti d'ingresso e d'uscita che
ora risultano separati. CB vede una resistenza RG + RBB||rbe e allora t B = CB(RG + RBB||rbe). Invece la
resistenza vista da CC RU+ RC||rce, pertanto t C = CC(RU + RC||rce).
La Fig.10.3-12b permette di calcolare quello che avviene se si cortocircuitano le capacit
CB e CC. La resistenza che la capacit CE/(1+bf) vede [(1+bf)RE)]||(rbe + RBB||RG). Allora: t Ei =
[CE/(1+bf)][(1+bf)RE)]||(rbe + RBB||RG) rappresenta la costante di tempo che la CE introduce nel
circuito d'ingresso. La resistenza vista da CE nel circuito d'uscita RE||(rce + RC||RU) e dunque la co-
stante di tempo dovuta a CE nel circuito d'uscita : t Eo= CE[RE||(rce + RC||RU).
necessario fare delle ipotesi per potere andare avanti. Supporremo che siano: RBB >> rbe;
RBB >> Rg; rce >> RE; rce >> RC e anche b >> 1. Le precedenti espressioni, in tali ipotesi, si riducono
a: t B CB(Rg + rbe); t C CC(RU + RC); t Ei (rbe + RG) CE/bf; t Eo CE rce. E se RE e rbe + RG sono
dello stesso ordine t Eo t Ei bf RE /(rbe + RG), e le precedenti danno t B t EibfCB/CE. Se CE < bfCB
allora t B > t Ei. E ancora, se RE e RU + RC sono dello stesso ordine, ed anche CB e CC, nella mede-
sime ipotesi si ha che t C > t Ei.
Poich il costo dei condensatori dipende dalla loro capacit non opportuno scegliere CE
grande e allora la t Ei risulta la pi piccola di tutte le costanti di tempo e pertanto la frequenza di
taglio inferiore dell'amplificatore pu ritenersi in modo abbastanza corretto:
finf = 1/(2pt Ei) = bf /[2pCE(rbe + RG)] [10.3-26]
10.3.6 La polarizzazione del Collettore Comune.
Una caratteristica rilevante del CC. l'alta impe-
denza d'ingresso Zi0 = rbe + (bf + 1)RL con RL parallelo
fra la rce, la RE e il resistore RU. Nel caso in cui si impiega
un transistor Darlington tale impedenza pu raggiungere
facilmente valori dell'ordine del MW e anche pi. Tuttavia
questa l'impedenza offerta dal transistor. Se si vuole a-
doperare l'autopolarizzazione come nella Fig.10.3-13 lo
stadio CC offre una impedenza ben pi piccola, pratica-
mente RBB, cio il parallelo fra R1 e R2. Il vantaggio del-
l'alta impedenza d'ingresso sparisce completamente.
rbe
CC
RBB
CB
rce
RU RC
(a)
(b)
b
i i b
f
b
i i
rbe
CE
RE
( R f E + ) 1
b
RBB
CE
f + 1
b
RU
RC
rce
RG
RG

Fig.10.3-12
VCC
+
-
R2
RE
VBB
+
-
R1
Zi Z ' i

Fig.10.3-13
Amplificatori ad un solo transistor 417
Con l'accorgimento del circuito Bootstrap di Fig.10.3-
14, si supera questo inconveniente. A tutte le frequenze per le
quali CE pu ritenersi un cortocircuito i punti E ed A sono al
medesimo potenziale e, allora, la tensione su R3 vi -vo = vi -
Av0vi = (1-Av0)vi. Se il CC ben fatto, l'amplificazione unita-
ria, sul resistore R3 non c caduta di potenziale e quindi in essa
non passa corrente. In tal caso il generatore che pilota lo stadio
non vede RBB che non ha alcun effetto sull'impedenza d'ingres-
so.
Un calcolo meno approssimato ci da per la corrente i 3 in
R3:
( ) ( )
i
L f be
3 be
3
i
L f be
3 i 0 v 3 o i 3
R 1 r
R r
R R 1 r 1
1
1 R / ) A 1 ( R / ) ( v
v
v v v i
+ +

1
]
1

+ +

Se, come ragionevole rbe << (1 + bf)RL diventa
( )
i i v v 3
3
1

+
r R
R
be
f L
i
b
e limpedenza equivalente

( )
Z
R
r
R eq
f L
be

+ 1
3
b
[10.3-27]
che, per l'ipotesi fatta, pu risultare molto pi grande di R3. L'impedenza effettiva d'ingresso quel-
la data precedentemente in parallelo a Zeq.
10.3.7 Compensazione.
La stabilizzazione del punto di lavoro ottenuta facendo in modo che la tendenza alla varia-
zione della IC produca una qualche variazione di una grandezza del circuito che tende a ridurre la
variazione della IC che la ha prodotta. Un differente modo di operare pre-
vede, invece, di eliminare le varie cause di variazione del punto di lavoro,
introducendo un dispositivo ad hoc che produce una variazione eguale di
una grandezza analoga che compensi l'effetto sul punto di lavoro. L'in-
fluenza della variazione DVBE viene compensata da quella di diodi.
Supporremo che diodi e transistor vanno simultaneamente alla stessa tem-
peratura e sono fatti dello stesso materiale semiconduttore.
Nel circuito accanto, per le maglia dingresso si pu scrivere:
VBB + VEE = I1R1 + I2R2 + N

VD
VBB + VEE = I1R1 + VBE + IERE
La corrente di base pu essere ricavata per differenza dalle due espressio-
ni precedenti, cio :
.
R
NV
R
1
R
1
R I
R
1
R
1
V
R
V V
R
NV V R I
R
R I V V V
I I I
2
D
2 1
E E
2 1
BE
1
EE BB
2
D BE E E
1
E E BE EE BB
2 1 B
+ + +
+

+ +

,
_

,
_


Se si pone RBB = R1||R2 e si tiene conto che IE = IC + IB, la prece-
dente, dopo qualche passaggio si pu scrivere come:
I
V V
R
V
R
R
R
I
NV
R
R
R
B
BB EE BE
BB
E
BB
C
D E
BB

+
+

_
,
+

_
,

1 2
1 .
VCC
+
-
R2
R
E
V
BB
+
-
R
1
Z
i Z ' i
R
3
CE
E A

Fig.10.3-14
IB
-V
EE
R2
R1
RE
IC
VBB
N
VD
VD
I1
I2

Fig.10.3-15
Amplificatori ad un solo transistor 418
Se bF >> 1, IC bF IB + bF ICB0. Inserendo questa espressione nella precedente, dopo alcuni passaggi
si ottiene: ( ) . I R R
R
V
R
NV
R
V V
R R
R
I 0 CB E BB
BB
BE
2
D
1
EE BB
E F BB
BB F
C
1
]
1

+ +

,
_

+
+
+


Se la si confronta con la [10.3-37] si vede che il termine per il calcolo di Si e Sb rimangono inaltera-
ti, e se si fa in modo che NVD/R2 = VBE/RBB allora linfluenza della variazione della tensione base-
emettitore viene compensata da quella dei diodi. La precedente si pu riscrivere come:
N = R2/RB = 1+R2/R1. [10.3-28]
La scelta delle resistenze dipende solo dal numero di diodi impiegati.
10.3.8 La polarizzazione nei circuiti integrati.
La polarizzazione dei circuiti integrati adotta essenzialmente gli specchi di corrente di cui si
parler nel prossimo capitolo a cui rimandiamo.

BIBLIOGRAFIA

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[AN] - Antognetti - Power Integrated Circuits - MacGraw Hill - 1986
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[GR1] - Gray, Mayer - Circuiti integrati analogici - McGraw Hill - 1994
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[Mi2] - Millman & Halkias - Electronic Device and Circuits - Boringheri - 1967
[Mi3] - Millman & Halkias - Microelettronica - Boringheri - 1978
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[RCA] - RCA - RCA Power Devices for New Design Data Book - 1984
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sistors - J. Wiley - 1966
[SIL] - Siliconix Inc. - MOS Power Data Book - 1985
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[SO] - Soclof - Design and Applications of Analog Integrated Circuits - Prentice Hall - 1991
[SA] - Savant,Roden,Carpenter - Electronic Circuit Design - Benjamcum. - 1987
[TH] - Thornton, DeWitt, Gray, Chenette - Characteristic and limitation of transistors - J. Wiley
- 1966
[TO] - Tobey,Graeme,Huelsman - Operational Amplifier - McGraw Hill - 1971
[TE] - Texas Instruments - Power Products Data Book - 1990
[WI] - William - Power Electronics - MacMillan - 1987





SOT T OCI RCUI T I A NA L OGI CI SOT T OCI RCUI T I A NA L OGI CI
Trattiamo alcuni circuiti con componenti attivi che si comportano, in certe condizioni, come
generatori ideali di corrente o di tensione. Il loro uso particolarmente importante nei circuiti inte-
grati, non solo per polarizzare altri dispositivi, ma anche come carichi attivi, consentendo alti gua-
dagni senza dovere usare resistenze di valore molto alto, sempre costose in termini di area.
11.1. Generatori di corrente costanti con BJT
I generatori di corrente costanti
[GRA],[SO]
sono dei circuiti che si comportano da resistenze
statiche di valore relativamente basso e, per contro, da resistenze dinamiche di valore relativamente
alto. Essi sono adoperati come elementi di polarizzazione o come carichi attivi. Usandoli, invece dei
resistori che hanno lo stesso comportamento statico e dinamico, si ottiene una migliore insensibilit
del punto di lavoro alla temperatura, alla dispersione delle caratteristiche ed alle tensioni di alimen-
tazioni.
Per evitare confusione sul significato di generatore di corrente costante bisogna puntualizza-
re che la corrente a riposo praticamente indipendente dalla tensione ai capi del generatore, tutta-
via, di fronte a piccole variazioni di corrente si hanno variazioni di tensioni relativamente alte.
Nei circuiti integrati, inoltre, un altro motivo di preferenza che rispetto ad una resistenza,
un carico attivo occupa, in genere, uno spazio minore e il suo uso comporta un minore costo di pro-
duzione complessivo del circuito integrato.
In questa parte della trattazione ci occupiamo dei generatori realizzati con BJT. Essi sono
realizzati sfruttando il fatto che la corrente di collettore, nella regione attiva, praticamente indi-
pendente da V
CE
.
[FO],[GRA],[MI3],[SO]
11.1.1 Generatori elementari
Con i due transistors della Fig.11.1-1 si realizza il pi semplice generatore di corrente
[FO],[GRA],[MI3],[SO}
. Supponiamo che essi siano identici. Per esempio, siano
nello stesso integrato, e sufficientemente vicini da assicurare che la tempera-
tura delle due giunzione ed i drogaggi delle varie parti costituenti siano egua-
li. Inoltre anche le dimensioni fisiche siano le stesse. Pertanto anche i due bF0
sono eguali, dato che le IC sono simili. Per il momento immaginiamo, inoltre
che siano identiche sia le tensioni di Early che quelle di rottura.
I due transistors hanno in comune VBE. Supponiamo che le cose siano
realizzate in modo che Vg < VBE < Vs. Allora, anche se la base ed il colletto-
re del primo transistor sono in corto, questi nella regione attiva. Se, nel se-
condo transistor,
VCEsat < VCE < BVCE [11.1-1]
anche questo sta nella regione attiva. Lintervallo definito dalla precedente relazione prende il nome
di Voltage Compliance Range, cio Intervallo di Tensione Funzionale (ITF). Ricordiamo che se
in un transistor VCE > VCEsat , la corrente di base praticamente indipendente dalla VCE. Allora, dato
che le tensioni base emettitore sono identiche lo sono anche le correnti di base.
Per la corrente IR, dato che VCE1 = VBE, bF1 l bF0, allora si pu scrivere:
I B1
IC1
IB2
VCC
R
Q1 Q2
I R
2 IC = I o
2 CE V = Vo

Fig.11.1-1.
Sottocircuiti analogici 420
( ) ( ) ( ) ( ) I I I I I I I I I I R C B B F B B F B F B F C F F o F + + + + + + + 1 1 2 1 1 1 2 2 0 0 0 0 0 2 2 2 2 2 b b b b b b b ,
cio I I o F
F
R
+
b
b
1
2 0
. [11.1-2]
La IR viene fissata tramite la resistenza R dalla VCC secondo la
I
V V
R
V
R
V V R
CC BE CC
CC BE

>> s e . [11.1-3]
Possiamo calcolare la resistenza interna del generatore dalla [11.1-2] derivando rispetto la
tensione duscita e tenendo presente che la bF espressa dalla [7.2-64] in cui VCE = Vo:

dI
dV R
I
V
I
V
o
o o
R
F
F
A
o
F
F
A

+

1
2 0
0 0
b
b
b
b
,
Cio R
V
I
r o
A
o
F
F
CE
b
b 0
2. . [11.1-4]
E da questa: IoRo = VA (1 + Vo/VA) = VA + Vo.
In definitiva questultima si pu esprimere come:
Vo = IoRo - VA. [11.1-5]
Il circuito si comporta come un generatore di cor-
rente la cui resistenza interna Ro costante e di forza e-
lettromotrice VA. In Fig.11.1-2 sono mostrati i due cir-
cuiti equivalenti.
La variazione relativa ci della corrente duscita con la tensione duscita ricavabile dalle e-
spressioni precedenti come

o A A F
0 F
o o o o
o
i
V V
1
V R I
1
dV I
dI
c
+

. [11.1-6]
Il generatore di Fig.11.1-1 fornisce soltanto corrente entrante dal termi-
nale duscita. Se si vuole corrente uscente basta utilizzare p-n-p, invece di n-p-
n ed una batteria che fornisce una tensione VEE negativa. La soluzione proposta
mostrata accanto. Naturalmente lITF cambia ed :
-BVCE < -VCE < -VCEsat .
A parte la [11.1-3], nella quale basta sostituire VCC con VEE, tutte le altre e-
spressioni rimangono valide.
Ora, mentre il circuito di Fig.11.1-1 adatto per
tensioni soltanto positive, questultimo pu dare solo
tensioni negative. Nel caso si voglia estendere lITF in
modo da comprendere tensioni delle due polarit si pu ricorrere a specchi
polarizzati con due batterie. Quello rappresentato in Fig.11.1-4 ha un ITF da-
to da -VEE-VCEsat BVCE-VEE. La corrente duscita entrante. Con un circui-
to duale si pu ottenere corrente duscita uscente.
In questi generatori la IR viene fissata eguale alla Io desiderata. Se il
guadagno sufficientemente alto la [11.1-2] diventa Io IR.
La corrente duscita indipendente dalle caratteristiche sia del primo
che del secondo transistor. In altre parole si realizzato un generatore di cor-
rente Io = IR. Questultima corrente si pu fissare a piacere ed ottenere, quindi nel secondo transistor
una corrente identica, basta che la tensione duscita sia nellITF. Il fatto che la corrente del secondo
transistor una replica di quella di riferimento fa prendere a questo circuito il nome di specchio di
corrente.
Ro
Io
+
-
Vo I CC
Ro
Io
+
-
Vo
+
-
VA

(a) Fig.11.1-2 (b)
IB1
IC1
I B2
R
Q1 Q2
I R
2 IC = I o
2 CE V = Vo
VEE -
IB3

Fig.11.1-3
I B1
I C1
IB2
VCC
R
Q1 Q2
I R
2 I C = I o
2 CE V = Vo
VEE -

Fig.11.1-4
Sottocircuiti analogici 421
Lerrore eB che si commette, per effetto della corrente di base, dicendo che IR = Io
.
2 2
1
2
1
I
I
F F
F 0 F
F
0 F
o
R
B

+
[11.1-7]
Per transistors con bF0 = 100, eB = 2%, mentre se bF0 = 10, eB = 20% e lerrore non poco. Si tenga
presente anche la dispersione del bF0 che pu arrivare fino a 50%.
A questo punto conviene fare un esempio per uno specchio come quello della Fig.11.1-1.
Usiamo transistors con VA = 150V e BVCE = 50V. Lalimentazione VCC di 20V. Vogliamo una Io
= 2mA.
Consideriamo transistors n-p-n con bF0 = 100. Lerrore che si commette sulla Io del 2%. Si
deve usare R = (20-.6)/2m W = 9.7 KW. Per Vo piccola, Ro = VA/Io = 150/2m W = 75 KW. La va-
riazione di corrente duscita con la tensione 1/IoRo = 1/2m75 K = .67%/V. Per lintero ITF di cir-
ca 50V si ha una variazione complessiva del 33.5%. Il risultato non eccezionale.
Con p-n-p di bF0 = 10 la corrente duscita piuttosto diversa dalla IR. Per Vo piccola Io =
2m10/(2+10) l 1.66 mA. R0 = VA/Io = 150/1.66m W = 90 KW. La variazione
di corrente duscita con la tensione non cambia. Lerrore che si commette
sulla Io del 20%.
Questo inconveniente pu essere eliminato adottando la soluzione
proposta accanto, che si riferisce a corrente uscente. Ovviamente, cambiando
tutti i p-n-p in n-p-n e i segni delle alimentazioni il generatore diventa adatto
per correnti entranti. Facciamo alcune osservazione relative alle tensioni dei
collettori. Il collettore di Q1 a 2VBE. Pertanto il suo bF1 = bF0. La tensione
VCE3 -VEE-VBE @-VEE e il suo bF3 = bf0
.
(1 + VEE/VA). Infine VCE2 = Vo e il
suo bF2 = bF0(1- Vo/VA). Trascurando loffset, le correnti di base dei transi-
stors Q1 e Q2 sono eguali. Inoltre I I o C 2. Seguendo il circuito:
I I I I
I
I
I I
I
I
R C B F B
E
F
F B
B B
F
F B
B
F
+ +
+
+
+
+
+
+
1 3 1
3
1
1 2
2
2
1
3
0
3
0
3 1 1
2
1
b
b
b
b
b
b

+
+

_
,

+
+

_
,

+
+

_
,

b
b
b
b b
b
b b
F
F
B F
F
C
F
F
F
o
F
I
I I
0
3
0
3 2
0
3
2
1
2
1
2
1
2
2
.
Quindi . I
) 1 ( 2
1
I R
3 F 0 F
3 F
F o
+ +
+
[11.1-8]
Basta che bF0 superi 10 che nel denominatore sia trascurabile il 2 e Io praticamente eguale a IR.
Lerrore eB che si commette, per effetto della corrente di base, dicendo che Io = IR,
.
) 1 (
2
) 1 (
2
1
) 1 (
) 1 ( 2
1
I
I
3 F F F
0 F F
3 F F 3 F F
3 F 0 F
0
R
B
+

+

+
+ +

Questa volta anche se il guadagno arriva appena a 10 contenuto al 2%.
Derivando la [11.1-7], rispetto la tensione duscita possiamo calcolare la resistenza interna
del generatore di corrente:
,
V
I
V ) 1 ( 2
I ) 1 (
R
1
dV
dI
A
0 F
F
o
A
0 F
3 F 0 F
R 3 F
o o
o

+ +
+

quindi si ritrova la [11.1-4] R
V
I
r o
A
o
F
F
CE
b
b 0
2.
La variazione di corrente duscita con la tensione non cambia rispetto al caso precedente, pe-
r se laggiunta di un transistor non migliora la resistenza duscita, rende Io molto pi vicina a IR,
indipendentemente dal guadagno dei transistors.
IB1
IC1
IB2
R
Q1 Q2
I R
2 I C = I o
2 CE V = Vo
VEE -
I B3
E3 I
Q3

Fig.11.1-5
Sottocircuiti analogici 422
11.1.2 Generatore di Widlar
Per correnti molto piccole, il valore della resistenza R da inserire risulta molto alto. Per e-
sempio, per realizzare una Io di 20 mA con una tensione VCC di 20 V serve una resistenza R = (20-
.6)/20m= 970 kW. In un circuito integrato questa resistenza molto costosa in termini di area.
Si pu ovviare allinconveniente aggiungendo una resistenza R2 sullemettitore di Q2. Il cir-
cuito, mostrato nella Fig.11.1-6, prende il nome di generatore di Widlar
[GRA],[MI3],[SO],[WI1],[ [WI2]
.
Immaginiamo ancora, per ora, che i due transistors siano identici e che
i bF0 siano molto grandi. Per, le due VBE sono differenti. Quella di Q2, a cau-
sa della caduta su R2, certamente inferiore. Quindi anche la corrente di col-
lettore di Q2, inferiore a quella di Q1 e cio a quella di riferimento IR. Po-
niamo bF2 = bF.
Dalla maglia che comprende le basi e R2 si ha:
DV V V R I R I R I BE BE BE E
F
F
C
F
F
o
+

+
1 2 2 2 2 2 2
1 1 b
b
b
b
. [11.1-9]
Eseguiamo il rapporto fra le correnti di base relative ai due transistors
eguali. Si ha I I e B B
V
V
BE
T
1 2

.
Analizzando il circuito:
+ + + + + + + +

F C
V V
01 F B
V V
01 F B B 01 F B B C R 2
T BE
2
T BE
2 1 2 1 1 I ] 1 e ) 1 [( I ] 1 e ) 1 [( I I ) 1 ( I I I I
. I ] 1 e ) 1 [( F o
V V
01 F
T BE
+ +


e cio . I
e ) 1 ( 1
1
I R
V V
01 F
F o
T BE
+ +
[11.1-10]
La corrente duscita pu essere ben inferiore a quella di riferimento. Con una corrente relativamente
alta possibile controllare correnti molto piccole. In questo caso anche il rapporto fra le correnti di
bF01 non molto grande, nel denominatore dellespressione
della Io si pu trascurare 1. Quindi con ottima approssimazione:
. I
e ) 1 (
1
I R
V V
01 F
F o
T BE
+
[11.1-11]
A questo punto c da considerare che i guadagni bF0

dei due transistors dipendono dalle cor-
renti di collettore. Se, come in questo caso le due correnti sono abbastanza diverse anche i due bFO

possono essere ben differenti. Calcoliamo lerrore che si commette per Io se si considerano eguali i
due bFO. Trascuriamo in DVBE il coefficiente (1+ bF2)/bF2:
. 1 1
1
2
1
2
0 F
0 F
F
F

[11.1-12]
Per esempio un rapporto di 100 fra le due correnti pu portare fino ad un fattore di 2 nei guadagni,
come abbiamo visto nel 7.1.5.3. In questo caso si avr un errore del 100%. Quindi, per potere fare
questa approssimazione bisogna adoperare i transistors nella zona in cui il guadagno si mantiene co-
stante, oppure lapprossimazione pericolosa.
Calcoliamo lerrore che si ha nel trascurare in DVBE il coefficiente (1+ bF2)/ bF2 e si tiene,
invece, delleffetto della corrente di collettore sui bF0:

( ) ( )
.
I
I
ln
1
1 e 1
e
e
1
e
e
o 0 F
R 0 F
0 F
V I R
V I R
V I R 1
V I R
V I R 1
1
2
2
02 F T o 2
T o 2
02 F T o 2 02 F
T o 2
02 F T o 2 02 F

+
[11.1-13]
Nellesempio di prima si ricava un errore del 4%. Ma se bFO2 di 10, lerrore del 40%. Quindi bi-
sogna stare attenti. In pratica non consigliabile, trascurare questi effetti se il guadagno piccolo.
IB1
IC1
IB2
VCC
Q1 Q2
I R
2 I C = Io
2 CE V = Vo
R 1
R 2
+
-
VBE1
2 VBE
+
-

Fig.11.1-6
Sottocircuiti analogici 423
Dalle [11.1-9] e [11.1-11], per ottenere la corrente desiderata serve in-
serire una resistenza
R
V
I
I
I
F
F
T
o
F
F
R
o
2
0
2
2
2
1 1 1

+

+

_
,


b
b
h b
b
ln [11.1-14]
spesso approssimata come R
V
I
I
I
T
o
F
F
R
o
2
0
0
2
1

h b
b
ln [11.1-15]
Differenziando la [11.1-11] si ottiene la resistenza duscita:
( ) ( )

+
+

+
+

2
2
2 2
2
0 F T BE
T BE
CE
0 F T BE
T BE
o
A
0 F
F
o
V V 1
V V 1
r
V V 1
V V 1
I
V
R [11.1-16]
dellordine di ( ) R r I I r o CE R o CE + > 2 2 1 ln [11.1-17]
Riprendiamo lesempio relativo ad un generatore da 20 mA per il quale
si era detto che serviva una R = 970 kW. Supponiamo che per effetto della diversa corrente che li
attraversa fra i b ci sia un rapporto di 1.4. Cio bF02(IR) = 1.4bF01(Io). Usiamo una R1 = 9.7 KW di
due ordini di grandezza inferiore. Si ha IR = (20-.6)/9.7K = 2
mA. R
V
I
I
I
m m T
o
F
F
R
o
2
0
0
2
1
52
20
14
2
20

h b
b m m
ln ln . 12.5 KW. Anche questa resistenza di due ordini
inferiore rispetto 970 kW. Usando la [11.1-9] conviene calcolare a parte
DV
V
R I
V
k
m
BE
T
o
T
F
F h h
b
b
m

+

2 1 12 5 20
52
1 100
100
481
2
2
.
. per un tipico n-p-n, mentre, per un tipico p-n-p
DV
V
k
m
BE
T h
m

125 20
52
1 12
12
52
.
. . Nei due casi, Ro
+
+
>
150
20
1 4 81
1 481 100
416
m
.
. /
. MW rCE2 = 75 MW
e Ro
+
+

150
20
1 52
1 52 12
32 4

.
. /
. M rispettivamente. Le differenze fra i due casi non sono eccessi-
ve (il calcolo stato fatto per uscita piccola rispetto la tensione di Early). La variazione relativa del-
la corrente rispetto la tensione duscita per il caso delln-p-n
dI
I dV I R M
o
o o o o

1 1
20 416 m .
l
0.12%/V ed in tutto lITF solo 6.0%. Mentre se si usano p-n-p:
dI
I dV I R M
o
o o o o


1 1
20 32 4 m .
0.154%/V ed in tutto lITF solo 7.7%. Se Vo non piccola rispetto
VA bisogna moltiplicare la Ro per il bF/bF0, cio per 1+Vo/VA.
Il generatore di Widlar permette di fare specchi per correnti piccole senza dovere usare re-
sistenze di grande valore. La resistenza duscita risulta pi alta per il valore di corrente bassa richie-
sto. Per bisogna fare ben attenzione che se si fanno approssimazioni grossolane si possono avere
correnti duscita ben diverse da quelle progettate.
11.1.3 Generatore di Wilson
Torniamo a parlare di specchi in cui la corrente duscita eguale a quella di riferimento.
Abbiamo gi visto che, se bF non sufficientemente grande, conviene adottare una soluzione a tre
transistor come quella proposta nella Fig.11.1-5. In tale modo Io = IR anche con bF bassi. Ma
limpedenza duscita risulta soltanto rce. Il generatore di Wilson
[GRA],[SO]
di Fig.11.1-7, oltre ad esse-
re anche esso efficace rispetto al bF basso, presenta, in pi, una resistenza duscita notevolmente
superiore a quella del circuito detto prima.
Se si analizza il circuito risulta evidente che VBE1 = VBE3 = VCE3 = VBE; IB1 = IB3 = IB. Dato
IB1
IC1
IB2
Q1
Q2
VCC
R
I R
IB3
Q3
2 IC = Io
IC3
E I 2
V = Vo C2

Fig.11.1-7
Sottocircuiti analogici 424
che VCE1 = VCE2 + VBE3 @2VBE molto basso il suo effetto sul guadagno si pu trascurare. Solo su
bF2 = bF si ha una influenza della VCE2. Quindi bF1 = bF3 @bF0 e pertanto IC1 = IC3 = IC. Mentre
bF2 = bF0(1 + VCE2 /VA) = bF0[1 + (Vo - VBE)/VA] bF0(1 + Vo /VA).
La corrente che esce dallemettitore di Q2 IE2 = IC3 + IB1 + IB3 = bF0IB3 + IB1 + IB3 =
(bF0+2)IB = (bF0+2)IC1 /bF0. Daltra parte IE2 = (1+bF)IB2, IC2 = Io = bFIB2. Quindi
I I I I o F B
F
F
E
F
F
F
F
C
+

+

+
b
b
b
b
b
b
b
2 2
0
0
1
1 1
2
. I I C
F
F
F
F
o 1
0
0 2
1

+

+ b
b
b
b
.
La corrente di riferimento
( )
.
I
2
1
1 I
1 1
2
I I I
F
o
0 F
F 0 F
0
F F
F
0 F
0 F
2 B 1 C R

,
_

+
+
+

,
_

+
+

+
Pertanto: . I
1 2
1
2 1 I
1 2
2
I R
F 0 F 0 F
F 0 F
R
F 0 F 0 F
0 F
F o

,
_

+ + +
+

+ + +
+

,
_

,
_

[11.1-18]
Se i guadagni di corrente sono anche appena dellordine della decina, il coefficiente si riduce a 1 e
Io = IR. Lerrore eB che si commette, per effetto della corrente di base, dicendo che la corrente del
generatore eguale a quella di riferimento

( ) ( )
e
b b
b b b
b b
b b b
B
F F
F F F
F F
F F F

+
+ + +

+
+ + +
1 2
1
2 1
1 2
1
2 1
0
0 0
0
0 0
. [11.1-19]
Se si trascura la tensione duscita rispetto a quella di Early

( )
e
b b
B
F F


+ +
2
2 2 0 0
. [11.1-20]
che per un tipico n-p-n da circa un errore di .-02% mentre per un p-n-p da -1.6%.
La resistenza duscita si ottiene differenziando la [11.1-18]. Saltiamo i calcoli. Si ha:

( )( )
,
1 2
] 1 2 [
2
1
I
V
R
0 F 0 F
2
F 0 F 0 F
0 F o
A
o
+ +
+ + +



,
_


che se il b > 10 si riduce a .
2
r
2 I
V
R
F
ce
F
0 F
F
Ro
A
o

[11.1-21]
La resistenza duscita stata calcolata per i grandi segnali. Senza dovere rifare tutto, nel ca-
so dei piccoli segnali sufficiente sostituire al guadagno di corrente per i grandi segnali bF il gua-
dagno di corrente per i piccoli segnali bf. Chiameremo Rod questa resistenza, di poco diversa da
quella statica Ro: Rod = rce

bf/2. [11.1-22]
Rifacciamo il solito esempio relativo ad una corrente I
o
di 2 mA. E ancora R = 9.7 KW. Per-
tanto Io = IR. Usando un tipico n-p-n . M 75 . 3
2
100
m 2
150
Ro Invece con un p-n-p tipico si ha
. k 375
2
10
m 2
150
Ro La variazione di corrente duscita con la tensione per gli n-p-n circa
0.013%/V e per lintero ITF si ha una variazione complessiva dello 0.66%. Per gli p-n-p la varia-
zione di corrente duscita con la tensione circa 0.13%/V e nellintero ITF 6.6% in totale. Il risul-
tato ottimo per gli n-p-n, buono per i p-n-p.
11.1.4 Generatore cascode
Il cascode ha impedenza duscita molto alta e se si usa una resistenza sullemettitore di Q3
Sottocircuiti analogici 425
permette di ottenere correnti duscita molto basse rispetto a quella di riferimen-
to.
[GRA] [SO]

I tre transistor Q1, Q4 e Q5 della figura accanto sono connessi a diodo.
Dal momento che sono attraversati praticamente dalla stessa corrente hanno la
stessa VBE. Pertanto la tensione della base di Q2 3VBE. La tensione al colletto-
re di Q3 circa 2VBE. Quindi le tensioni collettore-emettitore di Q1, Q3, Q4, e Q5
sono tutte molto piccole e il relativo bF praticamente bF0. Diverso il caso di
Q2 per il quale la tensione VCE variabile e non necessariamente trascurabile
rispetto la tensione di Early. Inoltre bisogna rifare la considerazione gi fatta
per il generatore di Widlar e cio che nei transistors di sinistra passa pratica-
mente IR ben maggiore della corrente dei transistors di destra che praticamen-
te Io. Nei due transistors Q2 e Q3 circola praticamente la stessa corrente Io. Al-
lora bF03 = bF02 = bF03(Io) = bF0. Ma bF2 = bF dipende dalla tensione VCE2. Cio:
( ) [ ] [ ]. V V 1 ) I ( V V V 1 I ( V V 1 ) I ( ) I ( A o o 0 F A 3 C o ) o 0 F A 2 CE o 0 F o F F + + +

,
_


Nei transistors Q1 e Q4 e Q5 circola praticamente la stessa corrente IR. Allora bF01 = bF04 = bF05 =
bF01(IR). Ricordiamo che se le correnti Io e IR sono molto diverse pu avvenire che bF01(IR) e bF03(Io)
siano significativamente differenti.
Siano Q1 e Q3 due transistors identici nello stesso C.I. e DVBE la differenza fra VBE1 e VBE3.
Vale le [8.2-62] e la IBES identica per entrambi i transistors. Si pu scrivere: I I e B B
V
V
BE
T
1 3
D
h
.
DVBE pu essere determinato facilmente; si ha:
DV V V R I R I I R BE BE BE E
F
F
C
F
F
F
F
o
+

+
1 3 2 3
3
3
2 3
3
3
2
1 1 1 b
b
b
b
b
b
.
e per quanto gi detto: DV I R BE
F
F
F
F
o
+

+ 1 1 0
0
2
b
b
b
b
. Seguendo il circuito:
( ) ( )
I I I I I I I I I I e I I R E B B C B B F B B B F
V
V
B B
BE
T
+ + + + + + + + +

1
]
1
+ 5 2 1 1 3 2 01 1 3 2 01 3 2 1 1 1 b b
h
D

( ) ( )
( )
+ +

1
]
1
+ + +

1
]
1

+
+ 1 1 1 1
1
01
3
3
2 01
0
2 2 b
b
b
b
b
h h
F
V
V
C
F
B F
V
V
F
F
B B e
I
I e I I
BE
T
BE
T
D D
,
quindi
( ) I e
I
R F
V
V
F
F
o
F
BE
T
+ +

1
]
1

+
+

'

1 1
1
1 01
0
b
b
b b
h
D

Dunque
( ) ( )
I
e
I o F
F
F F
V
V
F
R
BE
T

+ + +

1
]
1
+
b
b
b b b
h
0
01 0 1 1 1
D
. [11.1-23]
Se si vuole che la Io sia ben pi piccola della IR, ( ) b
h
F
V
V
e
BE
T
01 1 1 + >>
D
e quin-
di ( )( ) 1 1 01 0 + + >> b b b
h
F F
V
V
F e
BE
T
D
. Pertanto, in questo caso la [11.1-23] si riduce a:

( )( )
I
e
I o F
F
F F
V
V
R
BE
T

+ +
b
b
b b
h
0
01 1 1
D
. [11.1-24]
Lerrore che si commette usando lespressione approssimata [11.1-24], invece di quella esatta
[11.1-23] pu essere calcolata in ( ) I I o R F0 che estremamente piccolo e ci giustifica luso
della [11.1-24]. Anche questa volta, come per il generatore di Widlar, se si prova a trascurare il fat-
IB2
VCC
I R
Q1
Q2
Q3
R1
Q4
Q5
R2
I B 1
IB3
o I
2 E I
E I 5
IB4
E I 4
IB5
Vo
IC 3
E I 3
2 IC

Fig.11.1-8
Sottocircuiti analogici 426
tore dipendente dai b in DVBE si commette un errore ( ) e b b b 2 0 0 0 1 ln F R F o F I I assolutamente non
trascurabile, soprattutto per b bassi. Anche lerrore che si commette trascurando leffetto che sul b
ha la corrente che attraversa i transistor non piccolo. Si trova la stessa espressione [11.1-12] calco-
lata per il generatore di Widlar. Quindi opportuno usare la [11.1-24] senza ulteriori approssima-
zioni.
Il valore della resistenza da inserire pu essere calcolato agevolmente come

( )( )
R
V
I
I
I
F
F
F
F
T
o
F F
F F
R
o
2
3
3
03
03
0
01 1 1 1 1

+

+

+ +

1
]
1
b
b
b
b
h b b
b b
ln , [11.1-25]
ma spesso approssimata come la [11.1-15]:
R
V
I
I
I
T
o
F
F
R
o
2
0
01

h b
b
ln [11.1-15]
Differenziando la [11.1-24] si trova la resistenza duscita ai grandi segnali:
), 1 ( r R 3 F ce o + [11.1-26]
e la resistenza Rod a piccoli segnali , ovviamente:
). 1 ( r R 3 f ce od + [11.1-27]
Riprendiamo lesempio relativo ad un generatore da 20 mA che abbiamo sviluppato anche
con un generatore di Widlar. Scegliamo ancora IR = 2 mA e supponiamo anche che sia bF02(IR) =
1.4bF01(Io). Si deve mettere una R1 = (20-1.2)/2m = 9.4 KW. Il valore da usare per R2 lo stesso di
quello calcolato per il generatore di Widlar e cio R2 = 12.5 kW. Per tensioni duscita bassa rispetto
a quella di Early, per un tipico n-p-n si ha ( ) R r o ce F + 1
150
20
101 755 3 b
m
MW, mentre, per
un tipico p-n-p, ( ) R r o ce F + 1
150
20
13 975 3 b
m
. . MW La variazione relativa ci della corrente ri-
spetto spetto la tensione duscita per il caso delln-p-n
c
dI
I dV I R M
V i
o
o o o o



1 1
20 757
66 10
3
m
. %
ed in tutto lITF solo .3%. Se si usano p-n-p:
c
dI
I dV I R M
V i
o
o o o o


1 1
20 97 5
051%
m .
. ed in tutto lITF solo 2.6%. Se Vo non piccola rispetto
VA bisogna moltiplicare la Ro per il bF/bF0, cio per 1+VoVA.
Il generatore cascode, come quello di Widlar, permette di fare specchi per correnti piccole
senza usare resistenze di grande valore. Ma, questa volta la resistenza
duscita risulta pi alta.
Se nel cascode si elimina la resistenza R2, vedi Fig.11.1-9, le due
VBE risultano eguali. In tal modo anche le relative correnti di collettore
sono le stesse. Perci la corrente di riferimento e quella P duscita non
possono essere molto differenti. Ci fa si che, tranne Q2, tutti gli altri
transistors hanno lo stesso bF. Per assicurare il corretto funzionamento
in regione attiva ai transistors sono sufficienti solo due transistors colle-
gati a diodo. Si ottiene cos il cascode per corrente duscita eguale a
quella di riferimento. Senza dovere rifare i calcoli, osservando che le
condizioni di polarizzazioni sono praticamente identiche, si pu trovare
la relazione fra corrente di riferimento e duscita semplicemente ponen-
do il termine esponenziale della [11.1-23] unitario e tenendo presente
che bF01 = bF02. Si ottiene cos:
VCC
I R
Q3
R 1
Q4
IB3
o I
IB2
Q1
Q2
I B1
I B4
E I 4
Vo
IC3
2 IC
E I 2

Fig.11.1-9
Sottocircuiti analogici 427

( )( )
I I o F
F
F F F
R
+ + +
b
b
b b b
0
0 0 1 2
. [11.1-28]
Lerrore che si fa trascurando il coefficiente nella [11.1-28], ed assumendo, quindi che la
corrente di riferimento sia esattamente eguale a quella duscita e < 5/bF0

.
Differenziando la [11.1-28] si trova la resistenza duscita ai grandi segnali:
,
2
r
1 2
r R
F
ce
0 F
0 F F
ce o

+

[11.1-29]
mentre quella ai piccoli segnali , ovviamente:
. 2 r R f ce od [11.1-30]
Il comportamento non sembra molto dissimile da quello del generatore di Wilson. Tuttavia vedremo
pi avanti delle differenze.
11.1.5 Generatore multipli
Il generatore semplice della Fig.11.1-5 ha
una carenza che riguarda limpedenza duscita re-
lativamente bassa. La lacuna pu essere colmata
introducendo una resistenza anche sullemettitore
del transistor Q1. Inoltre un altro miglioramento
pu essere ottenuto realizzando un generatore
multiplo con una unica corrente di riferimento. La
Fig.11.1-10 da lo schema del circuito
[GRA], [SO]
. Le
varie uscite possono essere anche diverse. La
condizione per il funzionamento corretto che la
caduta sulle varie basi fissa, indipendentemente
dalla corrente del transistor. Perch ci avvenga necessario che le densit di corrente negli emetti-
tori siano costanti. E quindi le superfici dei vari transistors siano proporzionali alle correnti che i
transistor debbono tirare. Ma allora anche le cadute sulle resistenze debbono essere identiche. Ci si
verifica se il valore delle resistenze sono inversamente proporzionali alle correnti che le attraversa-
no. Chiamiamo Si la superficie dellemettitore del i-esimo transistor. La corrente di saturazione del
transistor proporzionale alla superficie relativa, cio: IBESi = k Si e la corrente di base IBi = kSi e-
V
BEi
/hV
T
. Le correnti di emettitore relative sono ( ) . e S 1 k I
VT
VBEi
Fi E i i

+ Chiamiamo VE la caduta su
ognuna delle resistenze quando leffetto della tensione collettore-emettitore trascurabile. Cio
R I V E E
V V
E i i
CE A <<
costante. Teniamo presente che, per, variando la tensione VCE c effetto sul
guadagno di corrente del transistor.
Calcoliamo il comportamento del circuito:

+
+

,
_

+
+
+
+
+
+
+ +
n
2 I
Fi
o
R 0 F
B
R 0 F
01 F
R 0 F
n
2 i
B B
C
R 0 F
E
C B C R
i
1
i 1
1 1 1
I
1
1
I
1
1
1
I I
I
1
I
I I I I
.
1
I
I
I
1
1
1
I
1
1
01 F
n
2 I
F
o
E 01 F
n
2 I
Fi
o
R 0 F 01 F
E
R 0 F
01 F
i
i
1
i 1
+

+
+
+

,
_

+
+


Si ritenuto di potere trascurare 1/(1+bFoR) rispetto a bF01 e di assimilare bF01 a bF0R.
Calcoliamo, per semplicit, quello che avviene se n=2. Poniamo bF2 = bF. Quindi:
.
1
I I
I
01 F
F o E 01 F
R
2 1
+
+
[11.1-31]
IB1
IC1
IB2
VCC
Q
1
Q
2
I R
R
1
R
2
+ +
- -
+
-
1 I E 2 IE
I
E
2 IC = I o2
VBE2 1 VBE
IB
Q
R
-
+
R
3
R
i
3 I E i I E
VBE3 i VBE
i IB 3 IB
3
Q
i
Q
3 3 IC
= I
o i i I
C
= I
o
3 3 VC o = V i i VC o =V V 2 C o2 = V
-
+
R
n
n I E
n VBE
n IB
n
Q
n n I C = I o
n n VC o =V

Fig.11.1-10
Sottocircuiti analogici 428
Le basi degli n transistors sono tutte alla stessa tensione e
T BEi
i
V V
i F E e S ) 1 ( k I

+ . Allora:
. I e
S
S 1
I
1
e
S
S
1
1
I e
S
S
1
1
I 2
T 1 E 2 E
2
1 1
2
T 1 E 2 E
2
1 1
2
T 2 BE 1 BE
2
1 1
1 o
V ) V V (
F
0 F
o
F
F
V ) V V (
F
0 F
E
V ) V V (
F
0 F
E

+
+
+

+
+

Sostituendo nella [11.1-31]:
. I
1
1
e
S
S
1
I
I e
S
S 1
I 2
1
T 1 E 2 E
2
1 2
2
T 1 E 2 E
2
1 1
o
F
0 F
V ) V V (
01 F
01 F
F
o
o
V ) V V (
F
0 F
01 F
R

+
+



Da questa si trova:

( )
. I
e S S
1
I
1 1 e S S
I R
V ) V V (
01 F
F R
0 F
V ) V V (
01 F
F
o
T 1 E 2 E
2 1 1
T 1 E 2 E
2 1
2


+ +

[11.1-32]
Se i due emettitori sono alla stessa tensione VE, R
01 F
F
o I
S
S
I
2
1
2

e questo avviene solo se VCE


<< VA per cui bF = bF01. Quindi
Io2 = S2/S1 IR. [11.1-33]
In altri termini la corrente duscita e nel rapporto delle area rispetto la corrente di riferimento.
Quindi si possono avere tanti generatori con diverse correnti duscita basta regolare oppor-
tunamente le aree degli emettitori. Cio:
Ioi = Si/S1 IR. [11.1-34]
Lerrore che si commette facendo questa approssimazione dovuto al fatto che le correnti
nei vari transistors possono essere abbastanza diverse da quella nel primo e pertanto i relativi b sono
diversi. Quindi, trascurando questo fatto si commette un errore
. 1 1
I S S
I S S
2 F
1 F
R 1 2 1 F 2 F
R 1 2



[11.1-35]
Riprendendo la [11.1-32] e differenziando, si pu trovare, dopo una serie di calcoli, che

( )
,
V 1 V 1
V V 1
I
V
R
dI
dV
T F E
T E
o
A
0 F
F
o
o
o
+ +
+

[11.1-36]
da cui ( ) R r
V
V
r
R I
V
r g R r
V
V
R o ce
E
T
ce
o
T
ce m ce
F A
F T
+

_
,

_
,

+ + 1 1 1
2
2
0
2
h h
b
b h
[11.1-37]
ben pi grande di rce. Per aumentare limpedenza duscita basta innalzare il valore di VE. LITF non
cambia in ampiezza. Tuttavia il valore minimo della Vo VCEsat+VE.
11.1.6 Dispersione, offset e derive termiche
Il problema dei generatori di corrente che si vorrebbe che essi erogassero la corrente ri-
chiesta indipendentemente da tutto. Abbiamo gi visto che la presenza di una resistenza duscita
non infinita fa si che la corrente del generatore funzione dalla tensione del generatore, anche se in
minima parte, e ci cambia con la particolare configurazione usata per realizzare il generatore.
Ma i problemi sono ben altri. La corrente di riferimento, per come abbiamo finora presentato
i generatori, dipende dalla tensione dalimentazione, da valori di resistenze. Inoltre influenza hanno
dispersione di caratteristiche, offset e derive termiche. Ricordiamo qui, che se ci riferiamo a C.I. la
dispersione delle caratteristiche si riferisce al fatto che tutti i parametri dello stesso tipo, dei vari
transistors hanno una certa dispersione. Ci si aspetta, per es. che se il b ha una dispersione di 50%
questo valga simultaneamente per tutti i transistors vicini e cio i relativi b siano tutti pi alti o pi
bassi nello stesso rapporto. Laspetto della differenza fra i transistors invece visto tramite la loro
tensione di offset. La temperatura influenza anche la corrente duscita.
In tutte le espressioni che abbiamo trovato per la corrente duscita compare come fattore la
Sottocircuiti analogici 429
corrente di riferimento. Essa determinata dalla tensione dalimentazione, dalla VBE e dalla resi-
stenza usata. Esse possono essere riunificate in una sola e cio
I
V nV
R
R
CC BE


. [11.1-38]
Con n si indicato il numero di transistors che lavorano come diodi. Per il semplice specchio del
11.1.1.1 e per il generatore di Widlar, n = 1. Il generatore di Fig.11.1-5, il generatore di Wilson e
ed il cascode di Fig.11.1-9 hanno n = 2. Il cascode di Fig.11.1-8 ha n = 3. Pertanto useremo la
[11.1-38] per determinare, a priori, leffetto del ripple dellalimentazione e del suo coefficiente di
temperatura, leffetto termico relativo a VBE ed infine leffetto della dispersione della resistenza di
riferimento e del suo coefficiente di temperatura.
Cominciamo a trattare leffetto dellalimentazione e della dispersione della resistenza di rife-
rimento. Usando la [11.1-38]:

dI
I
d
V nV
R
dV
V nV
dR
R
R
R
CC BE CC
CC BE

_
,

ln . [11.1-39]
Passando alle variazioni finite
D D D I
I n V V
V
V
R
R
R
R BE CC
CC
CC

+
1
1
. [11.1-40]
Gli effetti termici si trovano, analogamente:
CT
dI
I dT
d
dT
V nV
R
n
V nV
dV
dT
dR
RdT
n
V nV
dV
dT
CT I
R
R
CC BE
CC BE
BE
CC BE
BE
R R

_
,

ln [11.1-41]
Riprendiamo a discutere dei vari generatori. Ricominciamo da quelli semplici del 11.1.1.1.
La corrente duscita descritta dalla [11.1-2]. Gli effetti termici e dispersivi sui b sono gli
stessi. Il calcolo della variazione relativa ai parametri dispersivi porta a:
.
I
dI d
2
2
I
dI
2
1
d
I
dI
2
d d
I
dI
2
d d
I
dI
R
R
F
F
0 F R
R
0 F
0 F
F
F
R
R
0 F
0 F
0 F
0 F
F
F
R
R
0 F
0 F
F
F
o
o
+

+
+

,
_

+
+

+
+


Le variazioni finite sono
D Db D I
I
I
I
o
o F
F
F
R
R
+
2
b b
. [11.1-42]
La corrente duscita stata determinata (vedi [11.1-2]) senza tenere conto delloffset fra i
due transistors. Questi produce una differenza fra le correnti di base e quindi di collettore. Se rifa-
cessimo i calcoli troveremmo una espressione del tipo
I
e
I o F
F
V V
R
os T

+ +
b
b
h
1
1 0
. [11.1-43]
Leffetto della tensione di offset pu essere determinato dalla corrente duscita Io (che tiene
conto delloffset) data dalla [11.1-43] e dalla Io (che non ne tiene conto) data dalla [11.1-2]. Lerrore
che si commette trascurando loffset :

DI
I
I
I
e e V
V o
VOS
o
F
V V
F
V V
F
os
T F
os T os T
0 0 0
0 0
1 1
1
2
1
2

+ +
+


+

'
.
b
b b h b
h h
[11.1-44]
valida se e
V V os T h
<<1. Un offset di 2 mV corrisponde a e
V V os T h
t4% che si pu ritenere << 1.
Leffetto complessivo di dispersione e variazioni dovute alla tensione dalimentazione da
una imprecisione totale che si ottiene dalle [11.1-42], [11.1-40] e [11.1-44]:

D Db D D I
I V V
V
V
R
R
V
V
o
o
tot
F
F
F BE CC
CC
CC
os
T F
+

+
2 1
1 b b h b
.
Sottocircuiti analogici 430
Determiniamo le derive termiche. La temperatura influenza, VBE, bF, loffset Vos e la corren-
te IR. Gli effetti termici su questultima grandezza sono gi stati inseriti nella [11.1-41]. Riprendia-
mo la [11.1-43] e teniamo conto che il termine e
V V os T h
praticamente 1. Allora, usando anche la
[11.1-41]
( )
CT
dI
I dT
d I
dT
I
o
o
o
o
ln

+
+ +

+ +


dT I
dI
TV
V
e 1
1
dT
d
e 1
1
dT
d
R
R
T
OS
V V
0 F
0 F
V V
0 F F
F
T os T os

( ) dT I
dI
V
V
T 2
1
dT
d
2
2
R
R
T
OS
F F
F
F
+
+
+

+

in cui si inserisce la [11.1-41] per ottenere
CT
CT
T
V
V V V
dV
dT
CT I
F F
OS
T CC BE
BE
R o
F

2
1 1 b
b b h
. [11.1-45]
La dispersione di bF (vedi Tavola 9.3-1), per gli n-p-n, con valore tipico di 100, del 50%;
per i p-n-p verticale del valore tipico di 12, del 60% e per i p-n-p laterali, con valore tipico di
10, sono del 50%. Il contributo alla variazione di Io della dispersione di bF, per gli n-p-n @1%,
per i p-n-p di circa @10%. Il termine relativo alloffset, a temperatura ambiente, dellordine
del .04% per gli n-p-n e di .3% per i p-n-p. Il ripple dellalimentatore si ripercuote quasi intera-
mente sulla corrente. Le resistenze integrate hanno dispersioni, vedi Tav.9.3-3, 5%< dR/R <
50%. Come si vede l influenza maggiore deriva quasi sempre dalla dispersione del valore delle re-
sistenze.
Calcoliamo i valori tipici del coefficiente di temperatura della corrente duscita. Ricordiamo
che la VBE diminuisce di circa -2 mV/, che +100 ppm/< CTR < +5000 ppm/e che CTbFo @7000
ppm/. Con offset di 2 mV ed a T = 300K si ha CTIo=[140!1-104-(200+5000)]ppm/per n-p-n, e
CTIo=[1200!11-104-(200+5000)]ppm/ per i p-n-p. Per specchi con n-p-n, certamente il contributo
peggiore quello del coefficiente di temperatura della resistenza. Nel caso dei p-n-p, a meno di u-
sare resistori laser-trimmed ancora la resistenza a determinare il comportamento termico. Le con-
clusioni che si possono trarre che bisogna avere guadagno alto e resistenze precise. Nel caso di
guadagno basso il valore progettato si pu discostare notevolmente da quello ottenuto.
Per il generatore di Fig.11.1-5 si pu eseguire una trattazione analoga. La corrente duscita
espressa dalla [11.1-8]. Per la dispersione dei parametri si ha:

( )
( ) ( )
[ ]
dI
I
d dI
I
d dI
I
o
o
F
F F F
F
F
R
R F
F
F
R
R

+
+ + +
+ +
2 1 2
1 2 1
4 3
3 0 3
2
b
b b b
b
b b
b
b
. [11.1-46]
da cui
D Db D I
I
I
I
o
o F
F
F
R
R
+
4
2
b b
. [11.1-47]
E facile da fare vedere che se non si fosse trascurato la tensione di offset fra i transistors Q1
e Q2 la [11.1-8] sarebbe stata:

( )
I
e
I o F
F
F F
V V
R
os T

+
+ + +
b
b
b b
h
1
1 1
3
0 3
.
[11.1-48]
Nello stesso modo del caso discusso precedentemente si determina lerrore che si commette

( )
( ) ( ) ( ) [ ]
DI
I
I
I
e
e V
V o
VOS
o
V V
F F
F F
V V
F F
os
T F F
os T os T
0 0
0 3
0 3 0 3 0 3
1 1
1 1
2 1
1
2 1 2 1

+ + +
+ +


+ +

+ +
'
,
h h
b b
b b b b h b b

Sottocircuiti analogici 431
cio
DI
I
V
V o
VOS
os
T F
0
2

h b
. [11.1-49]
La dispersione e la variazione della tensione dalimentazione determinano una imprecisione
totale che si calcola dalle [11.1-47], [11.1-40] e [11.1-49] e cio:

D Db D D I
I V V
V
V
R
R
V
V
o
o
tot
F
F
F BE CC
CC
CC
os
T F
+

+
4 1
1 2
2 2
b b h b
. [11.1-50]
Calcoliamo gli effetti termici. Utilizzando le [11.1-48] e [11.1-41] si trova:
CT
CT
T
V
V V V
dV
dT
CT I
F F
OS
T CC BE
BE
R o
F


b
b b h
2
1 2
2
. [11.1-51]
Il contributo alla variazione di Io dovuto alla dispersione di bF, e degli offset pi basso del
caso precedente.
Calcoliamo, nello stesso caso di prima, il coefficiente di temperatura della corrente duscita.
Con offset di 2mV ed a T = 300K si ha CTIo=[1!2-210-(100+5000)]ppm/per gli n-p-n, mentre
per i p-n-p, si ha CTIo=[50!17-210-(200+5000)]ppm/. Sia lerrore che il coefficiente di temperatu-
ra sono principalmente determinate dal comportamento delle resistenze integrate.
Per il generatore di Widlar si pu eseguire una trattazione analoga.
espressa dalla [11.1-11]. Per la dispersione dei parametri si ha:

dI
I
I I d
I I
dR
R
dI
I
I I
o
o
F
R o
F
F
F
R o
R
R
R o

+
+

_
,
+
+
1
1
1
01
2
2 b b
b
b
ln
ln
ln
.
da cui
I
I
I I
I I
R
R I I V V
V
V I I
R
R
V
V
o
o F
F
F
R o
R o R o BE CC
CC
CC R o
os
T

+
+
+


+
+
1
1
1
1
1
1
1
1
2
2
1
1
ln
ln ln ln
. [11.1-52]
Se non si fosse trascurato la tensione di offset fra i transistors Q1 e Q2 la [11.1-11] sarebbe
stata
( )
( )
I
e
I o F
F
V V V
R
BE os T

+

+


1
1 01

. [11.1-53]
Nello stesso modo del caso discusso precedentemente si determina lerrore che si commette

I
I
V
V o
VOS
os
T
0

. [11.1-54]
La dispersione ed il ripple determinano una imprecisione totale che si calcola dalle [11.1-
47], [11.1-40] e [11.1-49] e cio:
I
I
I I
I I
R
R I I V V
V
V I I
R
R
V
V
o
o
tot
F
F
F
R o
R o R o BE CC
CC
CC R o
os
T

+
+
+


+
+
1
1
1
1
1
1 2
1
1
2
2
1
1
ln
ln ln ln
. [11.1-55]
Calcoliamo gli effetti termici. Utilizzando le [11.1-48] e [11.1-41] si trova:
CT
CT I I
I I
V
TV I I V V
dV
dT I I
CT I
F
R o
R o
OS
T R o CC BE
BE
R o
R o
F

+

+


0
1
2
1
1
2
1
1
ln
ln ln ln
[11.1-56]
La presenza del fattore 1+ln IR/Io migliora generalmente il comportamento del generatore.
Riprendiamo lesempio relativo ad un generatore da 20uA per il quale serve una di 9.7KW
ed una R2 = 12.5kW Tutti i contributi sono abbassati. Eseguendo i conti per gli n-p-n si trova
( ) ( )
I
I
V
V
o
o
tot
CC
CC
t + +

1
]
1
.
.
%. 5 5 41
1
49
1 9 4 Mentre per i p-n-p si ha che il contributo dovuto alla
Sottocircuiti analogici 432
dispersione del guadagno aumenta al 5%.
Calcoliamo i valori tipici del coefficiente di temperatura della corrente duscita. Per gli n-p-
n, si ha CTIo = [70!105-41-(20+1000)]ppm/ e per i p-n-p cambia solo il termine relativo al guada-
gno che peggiora fino a 580 ppm/. Quasi sempre il contributo peggiore quello del coefficiente di
temperatura della resistenza.
Trattiamo il caso del generatore di Wilson. La corrente duscita data dalla [11.1-18]. A
causa della dispersione dei parametri si ha:

dI
I
d dI
I
o
o
F
F
F
F
R
R

+
+
2
2
0
0
b
b
b
b
. [11.1-57]
e cio
D Db D I
I
I
I
o
o
F
F
R
R
+ 2
b
. [11.1-58]
La tensione di offset modifica la [11.1-18] in

( )
( ) ( )
I
e
e
I F
F
V V
F
V V
F F
R
os T
os T
0
0
0 0
1 1
1 1 1

+ +
+ + + +
b
b
b b b
h
h
. [11.1-59]
Se si trascura leffetto delloffset si commette un errore

( )
DI
I
I
I
e
V
V o
VOS
o
F
F F
V V
os
T
os T
0 0
1
1
2 2
1
+
+ +

'
,
b
b b h
h
[11.1-60]
lerrore totale , quindi:

D Db D D I
I V V
V
V
R
R
V
V
o
o
tot
F
F BE CC
CC
CC
os
T F
+

+ 2
1
1 2 b h b
. [11.1-61]
Usando le [11.1-59] e la [11.1-41] si trovano gli effetti termici. Si ha:

( )
CT CT
V
TV V V
dV
dT
CT I
F F
F
OS
T CC BE
BE
R o F


2 1 0
0
2
0
b b
b h
b . [11.1-62]
Si vede bene che il termine pi rilevante, sia dellerrore che del coefficiente di temperatura,
, ancora una volta relativo alla resistenza integrata.
Trattiamo il caso del generatore cascode di Fig.11.1-8. La corrente duscita data dalla
[11.1-24]. A causa della dispersione dei parametri si ha:

( ) ( ) dI
I
d
I I
dR
R
dI
I
I I
o
o
F F
F F
F
F
R o
R
R
R o

+ +
+ +
+
+
2
1 1
1
0
0
2
2
b b
b b
b
b
ln
ln
, [11.1-63]
da cui .
I
I
I I ln 1
1
R
R
I I ln 1
I I ln 2
I
I
R
R
o R 2
2
o R
o R
F
F
2
F o
o
+

[11.1-64]
La tensione di offset modifica la [11.1-24] in

( )( )
( )
I
e
I o F
F
F F
V V V
R
BE os T

+ +

+
b
b
b b
h
0
01 1 1
D
. [11.1-65]
Se si trascura leffetto delloffset si commette un errore

DI
I
I
I
e
V
V o
VOS
o
V V
os
T
os T
0 0
1 1
'
;
h
h
[11.1-66]
lerrore totale , quindi:
D Db D D D I
I I I
I I
I I
R
R I I V V
V
V I I
R
R
V
V
o
o
tot
R o F
F
F
R o
R o R o BE CC
CC
CC R o
os
T

+

+
+
+


+
+
2
1
1
1
1
1
1
1 3
1
1
2
2
1
1 ln
ln
ln ln ln
.
b b h
[11.1-67]
Sottocircuiti analogici 433
Usando le [11.1-65] e la [11.1-41] si trovano gli effetti termici. Si ha:
CT
I I
CT I I
I I
V
TV I I V V
dV
dT I I
CT I
R o F
R o
R o
OS
T R o CC BE
BE
R o
R o
F

+

+

+


+

4
1 1
1
1
3
3
1
1 ln
ln
ln ln ln
.
b
b h
[11.1-68]
Siamo in condizioni abbastanza simili al generatore di Widlar.
Consideriamo ora il caso del generatore cascode di Fig.11.1-9. La corrente duscita data
dalla [11.1-24]. A causa della dispersione dei parametri si ha:

( )
dI
I
d dI
I
o
o
F F
F F F F
F
F
R
R

+ +
+ +
+ 2
2
2
0
0 0
b b
b b b b
b
b
. [11.1-69]
Da cui
D Db D D I
I V V
V
V
R
R
V
V
o
o F
F
F BE CC
CC
CC
os
T
+

+
4 1
1 2 b b h
. [11.1-70]
La tensione di offset modifica la [11.1-18] in

( )( )
I
e
I o F
F
F F
V V
F
R
os T

+ + +
b
b
b b b
h
0
0 0 1 2
. [11.1-71]
Se si trascura leffetto delloffset si commette un errore

DI
I
I
I
e
V
V o
VOS
o
V V
os
T
os T
0 0
1 1
'
.
h
h
[11.1-72]
Lerrore totale
D Db D D I
I V V
V
V
R
R
V
V
o
o F
F
F BE CC
CC
CC
os
T
+

+
4 1
1 2 b b h
. [11.1-73]
Usando le [11.1-59] e la [11.1-41] si trovano gli effetti termici. Si ottiene:
CT
CT
CT
V
TV V V
dV
dT
CT I
F
OS
T CC BE
BE
R o
F
F


b
b
b h
0
0
0
2
2
. [11.1-74]
I risultati sono un po peggiori rispetto al generatore di Wilson.
11.1.7 Generatori indipendenti dallalimentazione
Abbiamo visto che le correnti dei generatori finora proposti dipendono dalla tensione
dalimentazione. Infatti la corrente di riferimento proporzionale alla stessa. Gli integrati che usano
questi generatori debbono, pertanto, essere alimentati a tensione fissa. Descriveremo in questo pa-
ragrafo alcuni circuiti in cui questa limitazione superata.
Le soluzioni proposte sono essenzialmente di tre tipi. In una la corrente
duscita viene fatta dipendere da una VBE fissa (con coefficiente di temperatura
negativa) in unaltra dalla tensione termica VT che ha un coefficiente di tempe-
ratura positiva. Una terza usa un diodo zener, che fissando internamente una
alimentazione fissa anche la IR. Tuttavia per come sono fatti gli integrati le ten-
sioni di Zener non sono inferiori a 5V e quindi lalimentazione complessiva
deve essere sufficientemente alta. Inoltre lo Zener alquanto rumoroso.
Inoltre, se non si vogliono avere anche problemi di derive termiche bi-
sogna cercare soluzioni che sfruttando i coefficienti di temperatura di segno
opposto fra la VBE e la VT tendono ad annullarne gli effetti.
11.1.7.1 Riferimento basato su VBE
Prendiamo in esame il circuito di Fig.11.1-11. Trascuriamo le correnti di base. La corrente
nella resistenza praticamente quella delluscita. Ai suoi capi c VBE1, e I I I V R o E C BE 2 2 1 .
Ma I I I I e R C F B F BES
V V BE T
1 1 1 1 1 b b
h
, da cui V V I I BE T R F BES h b ln . 1 1 Allora
o I
IC 1
I R
2 IC
I B1
I B2
R
Q1
Q2

Fig.11.1-11
Sottocircuiti analogici 434
I
V
R
V
R
I
I
V
R
I
I
C
BE T R
F BES
T R
S
2
1
1 1 1

h
b
h
ln ln . [11.1-75]
La Fig.11.1-12 mostra landamento del-
la IC2. Fissata la IR, sufficiente variare la resi-
stenza R per avere una differente IC2. Tuttavia,
ora essa non dipende linearmente dalla IR.
Leffetto di questultima sulla corrente duscita
pi basso di quanto si visto in tutti gli spec-
chi precedenti. Infatti, derivando la [11.1-75] si
ha:
dI
dI
V
R I
C
R
T
R
2

h
, [11.1-76]
e cio:

dI
I
V
V
dI
I
dI
I
C
C
T
BE
R
R
R
R
2
2
1
32
1
12

. [11.1-77]
La corrente del generatore, anche se non completamente indipendente dallalimentazione e
dalla resistenza che determina la corrente di riferimento, tuttavia risente del loro effetto molto me-
no.
Possiamo calcolare il coefficiente di temperatura della corrente duscita che risulta:
CT
dI
I dT
d
dT
V
R
dV
V dT
dR
RdT
dV
V dT
CT I
o
o
BE BE
BE
BE
BE
R C2 ln , [11.1-78]
entrambi i termini danno un contributo negativo.
Si pu adottare una soluzione che rende la corrente duscita
ancora pi indipendente dallalimentazione. Si realizzano due specchi
contrapposti, ognuno dei quali controlla laltro. Nella Fig.11.1-13
riportato un esempio tipico. La parte del circuito con i transistors Q1 e
Q2 la stessa della Fig.11.1-10. Quindi valgono ancora le [11.1-75],
[11.1-77] e [11.1-78].
I due transistors Q4 e Q5 realizzano uno specchio semplice. In
una prima approssimazione si pu dire che la corrente IC4 forzata ad
essere identica ad IC5. In pratica, trascurando le correnti di base, si ha
I I I I I C C C R C 2 5 4 1 .
Lavere messo la resistenza R impone la [11.1-75], lo spec-
chio a P-N-P impone che sia I I C R 2 . Quindi il punto di funziona-
mento si ha quando vengono soddisfatte entrambe queste due condi-
zioni. La Fig.11.1-14 mostra il punto di funzionamento che indicato
con A e che rappresenta lintersezione fra le due curve.
La corrente viene specchiata, a seconda che si debba fare un source oppure un sink da un p-
n-p o un n-p-n. Nella Fig.11.1-13 sono mostrate entrambe le possibilit. La corrente del generatore
source indicata con Iop e quella del sink con Ion. Luscita del generatore viene fornita dai transi-
stor Q3 e Q6 che specchiano, rispettivamente le correnti dei transistors Q1 e Q4, in quanto hanno le
stesse tensioni base-emettitore. E essenziale che le coppie Q1-Q3 e Q4-Q6 abbiano aree identiche
per eliminare problemi di offset.
Con questa soluzione la corrente non dipende pi praticamente dallalimentazione. Tuttavia
sorge un problema. In Fig.11.1-14 si nota che le due curve si intersecano, oltre che nel punto A, an-
che nel punto B caratterizzato dal non passaggio di corrente. In pratica pu avvenire che, anche
dando tensione allo specchio, non circoli corrente. Per ovviare a tale inconveniente si usa aggiunge-
I R
IC2
R C2 I = k ln I

Fig.11.1-12
VCC
IC1
I R
2 IC
IC5
4 IC
Q3
Q4
I B1
IB4
IB2
R
Q1
Q2
IB3
Q5
Q6
IB5 IB6
o I
o I n
p

Fig.11.1-13
Sottocircuiti analogici 435
re un circuito davviamento che impedisce al-
la corrente di non fluire. In Fig.11.1-15. mo-
strato il circuito completo con la parte relativa
allavviamento. La presenza di tre transistors
assicura che il collettore di Q1 ha una tensione
superiore a 2VBE e pertanto la corrente di rife-
rimento non nulla ed assicurato il funzio-
namento nel punto A.
Scambiando fra di loro i p-n-p con gli
n-p-n e alimentando con una tensione -VEE,
come mostrato nella Fig.11.1-16, si ottengono
specchi con correnti di sink e di source inver-
tite rispetto al caso precedente. Mentre nel
circuito di Fig.11.1-15 la corrente di sink scorre in un n-p-n, in questo ultimo generatore, invece,
scorre in un p-n-p. Viceversa avviene per le correnti di source.
La corrente del generatore non del tutto indipendente dallalimentazione. Calcoleremo ci
che avviene per il circuito di Fig.11.1-15. Trascureremo la piccola caduta sulla resistenza R2.
Per prima cosa supponiamo che i transistors n-p-n sono tutti eguali fra di loro e cos anche i
p-n-p. Vediamo un po cosa avviene dei guadagni di corrente. Chiamiamo bFn e bFp i guadagni de-
gli n-p-n e dei p-n-p, rispettivamente. Analogamente usiamo per le tensioni di Early i simboli VAn e
VAp. Per le tensioni VCE si ha: VCE1 = VBE1 + VBE2; VCE2 = VCC - VEB4 - VBE1; VCE3 = Von; VEC4 =
VCC - VBE1 - VBE2; VCE5 = VBE4; VEC6 = VCC - Vop. Per calcolare i vari beta trascuriamo le cadute
sulle basi. Pertanto: bF1 @bF0n; bF2 @bF0n(1+VCC/VAn); bF3 @bF0n(1+Von/VAn) = bF0n(1+VCE3/VAn);
bF4 @bF0p(1+VCC/VAp); bF5 @bF0p; bF6 @bF0p[1+(VCC-Vop)/VAn] = bF0p(1+VEC6/VAn).
Trascuriamo le correnti di base. Ricordiamo, inoltre, che essendo i due transistor identici Q4
e Q5 con le stesse VBE anche le relative IB saranno eguali. Pertanto:
I I
V
R
I I I I I I
V V
I C E
BE
C F5 B F5 B
F5
F
C
F5
F
C
F5
F
F B
F n
CC Ap
B 2 2
1
5 5 4
4
4
4
1
4
1 1
0
1
1

+
b b
b
b
b
b
b
b
b
b
, [11.1-79]
cio
( )
I
V
R
V V B
BE
F n
CC Ap 1
1
0
1

+
b
. [11.1-80]
Ricordiamo che I I e B BES
V V BE T
1 1
1

h
, cio
B
A
I = I R C2
R C2 I = k ln I
I
C2
I
R

Fig.11.1-14
VCC
Q3
Q4
R
Q1
Q2
Q5
Q 6
1 R
R 2
Q7
Q8
Q9 Q10
o I n
o I p
Q3
Q4
R
Q1
Q2
Q5
Q6
1 R
R2
Q7
Q8
Q9 Q10
o I n
o I p
VEE -

Fig.11.1-15 Fig.11.1-16
Sottocircuiti analogici 436
dV
V
I
dI BE
T
B
B 1
1
1
h
.
Differenziando la [11.1-80] ed utilizzando questa ultima espressione, si trova:
dI
I
V
dV
V
V R
dV
I
V
V
I
dI
V
V R
dV B
B
BE
BE
BE
F n Ap
CC
B
BE
T
B
B
BE
F n Ap
CC 1
1
1
1
1
0
1
1 1
1
1
0
+ +
b
h
b
.
da cui 1
1
1
1
0

_
,


h
b
V
V
dI
V
V R
dV
T
BE
B
BE
F n Ap
CC,
cio
( ) ( )
dI
dV
I
V V V
I
V V V
B
CC
C
F n Ap T BE
F
F
C
F n Ap T BE
1 2
0 1
5
4
1
0 1 1 1


b h
b
b b h


( ) ( )

b
b
b
b h
F p
F p CC Ap
F B
F n Ap T BE V V
I
V V V
0
0 1
1 1
0 1 1 1
,
e quindi
( ) ( )
dI
I dV V V V V
B
B CC Ap CC T BE
1
1 1
1
1

+

h
[11.1-81]
Anche i due transistor Q1 e Q3 sono identici e hanno le stesse VBE e quindi anche le relative
IB sono eguali. Pertanto
I I I B B on F 1 3 3 b . cio I I on F B b 3 1.
Possiamo, quindi, trovare linfluenza che lalimentazione ha sulla corrente di sink del gene-
ratore:

( ) ( )
dI
I dV
d
dV
dI
I dV
d
dV V V V V
on
on CC
F
F CC
B
B CC
F
F CC Ap CC T BE
+ +
+
b
b
b
b h
3
3
1
1
3
3 1
1
1

In altri termini
( ) ( )
CV CV
V V V V
I
CC Ap T BE
on F +
+
b
h
3
1
1 1
. [11.1-82]
Un analogo calcolo possiamo fare per la corrente Iop del source:
( )
I I I I
V V
I
V V
I op F B F B
F
F
C
F
F p CC Ap
C
F
CC Ap
F n
F p
B
+

+
b b
b
b
b
b
b b
b
6 6 6 4
6
4
4
6
0
1
6 0
0
1
1 1

Se differenziamo questultima e utilizziamo ancora la [11.1-81] si ottiene:
.
dV I
dI
V V
1
dV
d
dV I
dI
CC 1 B
1 B
Ap CC CC 6 F
6 F
CC op
op
+
+



( ) ( )

+
+
+
d
dV V V V V V V
F
F CC CC Ap CC Ap T BE
b
b h
6
6 1
1 1
1
[11.1-83]
Oppure CV CV
V V V V
CV
V V
V V
V V
I
CC Ap T BE CC Ap
T BE
T BE
op F F +
+

_
,
+
+


6 6
1 1
1
1
1
1 1
1
1
, [11.1-84]
risultato che, se i coefficiente di tensione dei beta sono eguali, sembra migliore del caso precedente.
E ovvio che questi coefficienti di tensione sono calcolabili solo se
si trattano dei casi ben precisi. Per avere unidea, determiniamo quello che
avviene se il generatore deve pilotare, per esempio una resistenza RL con-
nessa, nei due casi o a VCC o a massa come nellesempio di Fig.11.1-17.
Per la Von vale che V V V R I on CE CC L on 3 di cui bisogna tenere pre-
sente per il calcolo del coefficiente di tensione di bF3 in quanto bF3 @
bF0n(1+Von/VAn). Tralasciamo i calcoli, il risultato che si ottiene, in queste
condizione
VCC
Q
3
Q
6
o I n
o I p
R
L
R
L
o n V
op V

Fig.11.1-17
Sottocircuiti analogici 437
CV
d
dV
R I CV
V V R I
F
on F
F CC
L on I
CC An L on
b
b
b
3
3
3
1


+
, [11.1-85]
e utilizzando la [11.1-82] si ottiene:

( ) ( )
CV
V V
V V R I
V V V V
I
CC An
CC An L on
CC Ap T BE
on
+
+
+
+

1
]
1
1
1
1 1 h
. [11.1-86]
Per luscita Vop serve considerare che V V V V R I EC CC op CC L op 6 che si deve inserire
nellespressione bF6 @bF0p(1+VEC6/VAp). Anche questa volta saltiamo i calcoli. Si ha
.
I R V V
CV I R 1
dV
d
CV
op L Ap CC
I op L
CC 6 F
6 F op
6 F
+

[11.1-87]
E il risultato che si ottiene a partire dalla [11.1-84] :

( )
( ) ( )
CV
V V
V V R I V V
V V V V
I
CC Ap
CC An L on T BE
CC Ap T BE
op
+
+
+
+

1
]
1
1
1
1
1
1

. [11.1-88]
Nellipotesi che hV V T BE1 sia sufficientemente piccolo le due precedenti possono essere ap-
prossimate come:
,
V V
I R V V
1
V V
1
CV
Ap CC
on L An CC
An CC
Ion
1
]
1

+
+
+
+
[11.1-89]
e
( )
.
V
V
V V
I R V V
1
V V
1
CV
1 BE
T
Ap CC
op L An CC
Ap CC
Iop
1
]
1

+
+
+
+
[11.1-90]
e si vede che se l e due tensioni di Early non sono molto differenti CV CV I I on op > , cio il source
pi indipendente dallalimentazione rispetto al sink.
Anche se questi generatori sono ben indipendenti dallalimentazione, purtroppo hanno pro-
blemi di derive termiche. Infatti, per le correnti duscita valgono espressioni come la [11.1-78], an-
che per le due uscite Iop e Ion. Ricordiamo che il coefficiente di temperatura comunque negativo.
A questo punto opportuno fare un esempio. Progettiamo due specchi, un sink ed un source,
che diano la stessa corrente Iop = Ion = 1mA su di un carico RL = 7.5K alimentato, come anche lo
specchio, con VCC = 10V. I transistors abbiano i seguenti parametri: bF0n =100, VAn = 100V, ISn =
10fA, bF0p = 12, e VAp = 50V, ISp = 10 fA.
Cominciamo con il sink. Dalla [11.1-79] e tenendo presente che VCE3 = VCC - RLIon:
.
] V ) I R V ( 1 [
I
V V 1
I
V V 1
I
V V 1
I
An on L CC Fon
on
Ap CC
on
3 F
on
Ap CC
on
1 B
Ap CC
on
2 C
+

[11.1-91]
Sostituendo:
( ) ( )
[ ]
I
m
k m
A C2
1
1 10 50 1 10 75 1 100
794
+ +

.
. m Ancora dalla [11.1-79]
( ) ( ) I V V I A B CC Ap C F n 1 2 0 1 1 10 50 794 100 9 53 + + b m . .
Ma I I e I e B BES
V V
Sn F n
V V BE T BE T
1 1 0
1 1

h h
b , cio
( ) ( ) V V I I V I I BE T BE BES T F n BE Sn 1 1 1 0 1 h h b ln ln , [11.1-92]
cio ( ) V m f mV BE1 259 100 953 10 654 . ln . . m Ancora dalla [11.1-79] R V I m BE C 1 2 654 794m
824 KW. E dato che hV V m m T BE1 259 654 04 . . abbastanza piccolo si pu usare lespressione
approssimata [11.1-89] . Quindi:
Sottocircuiti analogici 438
CV
V V
V V R I
V V
k m
V I
CC An
CC An L on
CC Ap
on
+
+
+
+

1
]
1

+
+
+
+

1
]
1

1
1
1
10 100
1
10 100 75 1
10 50
246%
.
. / .
Ricordiamo che il coefficiente di temperatura delle correnti duscita identico per il sink e
per il source ed eguale a quello della corrente IC2 che stato calcolato con la [11.1-78]:
( ) ( ) CT CT
dV
V dT
CT
m
m
ppm ppm I Io
BE
BE
R C n 2
2
654
1000 5000 4000 8000


/
,
o
o o
calcolato per resistori ricavati da epitassiale pinched o da diffusioni di base pinched o no.
Calcoliamo ora per il source. Utilizziamo le [11.1-79] e [11.1-83] e teniamo presente che il
carico connesso a VCC e al collettore di Q6 per cui VEC6 = VCC - RLIop. Si ha:
( ) [ ] ( )
I
V V
I
V R I V
V V
V V
I op
F
CC Ap
F n
F p
B
Fop CC L op Ap
CC Ap
F n
F p
CC Ap
F n
C
+

+
+

+

b b
b
b
b
b b
6 0
0
1
0
0 0
2
1
1
1
1
,
da cui .
V ) I R V ( 1
I
I
Ap op L CC
op
2 C
+
[11.1-93]
Sostituendo: ( ) [ ]
I m k m A C2 1 1 10 75 1 50 952 + . . m E ancora dalla [11.1-79]
( ) ( ) I V V I A B CC Ap C F n 1 2 0 1 1 10 50 952 100 114 + + . .
E utilizzando la [11.1-92]: ( ) ( ) V V I I m f mV BE T F n BE Sn 1 0 1 259 100 114 10 658 h b m ln . ln . . U-
sando ancora la [11.1-79] R V I m BE C 1 2 658 952 691 . Dato che hVT /VBE1 = 25.9m/604m
0.43 piccolo si pu sfruttare lespressione approssimata [11.1-90]. Cio
( ) ( )
CV
V V
V V R I
V V
V
V
k m m
m
V I
CC Ap
CC An L op
CC Ap
T
BE
op
+
+
+
+

1
]
1

+
+
+
+

1
]
1

1
1
1
10 50
1
10 100 75 1
10 50
259
691
177%
1
. .
. .
Il source un po pi indifferente alle variazioni di tensioni dalimentazione.
Per quanto riguarda il coefficiente di temperatura il valore che si ottiene quasi lo stesso del

( ) ( ) . ppm 7900 3900 ppm 5000 1000
m 691
/ m 2
CT
dT V
dV
CT CT R
BE
BE
Io I p 2 C o o
o


11.1.7.2 Riferimento basato su VT
La parte base del generatore relativa ad una soluzione un po diversa,
che migliora il comportamento termico, anche se meno insensibile alle varia-
zioni dellalimentazione mostrata accanto. I due transistors debbono avere
superfici differenti. Si haIB1/IB2 = S1/S2

e
V
R
/hV
T
. V V V R BE BE 1 2 la caduta
sulla resistenza R che si pu esprimere come .
I
I
S
S
ln V V
2 B
1 B
1
2
T R

,
_


Trascuriamo ancora una volta la corrente di base:
.
I
I
S
S
ln
R
V
I
I
S
S
ln
R
V
I
I
S
S
ln
R
V
R
V
I I
1 F
2 F
2 C
R
1
2 T
1 F
2 F
2 C
1 C
1
2 T
2 B
1 B
1
2 T R
2 E 2 C

,
_

,
_

,
_


[11.1-94]
Anche questa volta si adotta il trucco di imporre IR = IC2 con un secondo specchio. La
Fig.11.1-19 mostra il generatore completo anche del circuito di avviamento necessario per lo stesso
motivo del caso precedente. Infatti Q1 e Q2 impongono I k I C R 2 ln e Q4 e Q5 fanno si che IR = IC2
e le cose non sembrano molto differenti. Ancora una volta si pu ottenere un source od un sink.
Determiniamo la corrente di collettore di Q2, trascurando le correnti di base. Si ha
IC 1
I R
2 IC
I B 1 IB2
R
Q1 Q2
VR

Fig.11.1-18
Sottocircuiti analogici 439
( ) I
I
I
I
I
I
I
I
V V V
V
R
C
C
C
B
B
F5
F
B
B
F p CC Ap
F p
CC
Ap 2
4
5
4
5 4
4
5
0
0
1
1
+
+
b
b
b
b
,
cio ( ) I V V I R CC Ap C + 1 2 [11.1-95]
E sostituendo nella [11.1-94]] si ottiene lespressione
finale:

1
]
1

Fon
An CC Fon
2 C
R
1
2 T
2 C
) V / V 1 (
I
I
S
S
ln
R
V
I
.
V
V
1
V
V
1
S
S
ln
R
V
An
CC
Ap
CC
1
2 T
1
]
1

,
_

,
_

[11.1-96]
Largomento del logaritmo non dipende dalla
temperatura. QuindiI k T R C2 e
dI
I dT T
dR
RdT
C
C
2
2
1
,
cio CT T CT I R C2 1 ,
Il primo termine, a temperatura ambiente positivo ed circa 3300 ppm/. Il secondo (vedi
Tav.9.3-1) negativo e variabile da 1000 a 5000 ppm/. A differenza del caso precedente il coeffi-
ciente di temperatura tende ad abbassarsi e pu anche annullarsi, praticamente. Con il precedente
sistema la corrente duscita era proporzionale a VBE, ora a VT.
Se si calcola il coefficiente di tensione di IC2 si trova:
.
V
V
1
V
V
1
S
S
ln
V V
1
V V
1
dV I
dI
dI
An
CC
Ap
CC
1
2
An CC Ap CC
CC 2 C
2 C
on
1
]
1

,
_

,
_

+
+
+
+
[11.1-97]
Riprendiamo la [11.1-95]
( ) I V V I I I I I R CC Ap C C F B F B
F
F
on + 1 2 1 1 1 1 3
1
3
/ , b b
b
b

cio I
V
V
I on
CC
Ap
F
F
C +

_
,

1
3
1
2
b
b
. [11.1-98]
Il coefficiente di tensione della corrente di sink :
CV
dI
I dV V V
d
dV
dI
I dV V V
CV CV I
on
on CC Ap CC
F
F CC
C
C CC Ap CC
I on F C
+
+ +
+
+ +
1 1 3
3
2
2
3 2
b
b
b , [11.1-99]
dato che bF1 = bFon indipendente da VCC.
Per il source: I I I I C C F5 B F5 F op 2 5 5 6 b b b ,
cio I I op
F
F5
C
b
b
6
2. [11.1-100]
Il coefficiente di tensione della corrente di source
CV
dI
I dV
d
dV
dI
I dV
CV CV I
op
op CC
F
F CC
C
C CC
I op F C + +
b
b
b
6
6
2
2
6 2, [11.1-101]
dato che bF5 = bFop indipendente da VCC.
Il coefficiente di temperatura delle correnti duscita si trova immediatamente osservando che
ne Von = VCE3 ne VEC = VCC - Vop dipendono dalla temperatura e allora CTI
on
= CTI
op
. Pertanto:

dI
I dT
dI
I dT
dI
I dT T
dR
RdT
on
on
op
op
C
C

2
2
1
. [11.1-102]
VCC
Q3
Q4
R
Q1
Q2
Q5
Q6
1 R
R2
Q7
Q8
Q9 Q10
o I n
o I p
V R
I R

Fig.11.1-19
Sottocircuiti analogici 440
Anche questa volta bisogna sapere come collegato il carico per determinare leffettivo co-
efficiente di tensione. Se facciamo lo stesso esempio del caso precedente in cui il carico, una resi-
stenza RL, connessa come in Fig.11.1-17 possiamo ricavare gli effettivi coefficienti di tensione del
source e del sink. Naturalmente valgono ancora le [11.1-85] e [11.1-89]. Si pu dimostrare che:
CV
V V
R I
V V V V
CV I
CC An
L on
CC An CC Ap
I on C
+
+
+

_
,

+
+

_
,

1
1
1
2 , [11.1-103]
e CV
V V
R I
V V
CV I
CC Ap
L op
CC Ap
I op C
+
+
+

_
,

1
1 2. [11.1-104]
anche questa volta se le due tensioni di Early non sono molto differenti CV CV I I on op > , cio il sour-
ce pi indipendente dallalimentazione rispetto al sink.
A questo punto facciamo un esempio. Per meglio potere confrontare le due soluzioni propo-
ste in questo paragrafo per i generatori indipendenti dallalimentazione ci mettiamo esattamente nel-
le stesse condizioni del caso precedente. Per, questa volta A1 = 3A3. Cominciamo con il sink. Dal-
la [11.1-100]
( ) ( )
I I
V I R V
I
k m
m A C
F5
F
op
CC op L Ap
op
L
2
6
1
1
1
1 10 75 1 50
1 952
+

+

b
b
m
.
. Mentre per
la [11.1-96] R
V
I
A
A
V
V
V
V
m T
C
CC
Ap
CC
An
+

_
,

_
,

_
,

_
,


h
m 2
2
1
1 1
2586
952
3 1
10
50
1
10
100
374 ln
.
ln . . W E dal-
la [11.1-97]
( ) ( )
( ) ( ) ( )
[ ]
( ) ( )
( ) ( ) ( )
[ ]
CV
V V V V
A A V V V V
I
CC Ap CC An
CC Ap CC An
C2
1 1
1 1
1 10 50 1 10 100
3 1 10 50 1 10 100 2 1

+ + +
+ +

+ + +
+ +

ln ln

1.87%/V. Ed dalla [11.1-104] CV
V V
R I
V V
CV
k m
I
CC Ap
L op
CC Ap
I op C
+
+
+

_
,


+
+

+

_
,


1
1
1
10 50
1
75 1
10 50
0187 2
.
.
3.3%/V. In modo analogo trattiamo il source. Cominciamo a determinare la corrente di Q2 dalla
[11.1-98]. Si ha:
( ) ( ) [ ] ( )
I
V V
I
V I R V V V
I C
F
F CC Ap
on
CC on L An CC Ap
on 2
1
3 1
1
1 1

+

+ +

b
b

( )
[ ]( )
1
1 10 75 1 100 1 1050
1 813
+ +

. k m
m A m . Utilizzando ancora una volta la [11.1-96]
R
V
I
A
A
V
V
V
V
m T
C
CC
Ap
CC
An
+

_
,

_
,
+

_
,
+

_
,

h
m 2
2
1
1 1
2586
813
3 1
10
50
1
10
100
438 ln
.
ln . W, infine, dalla [11.1-103]:
CV
m
V Ion
+
+

+

_
,


+
+

_
,


1
10 100
1
75 1
10 100
1
10 50
1087 4 2%
.
. . . Anche per questo generatore la cor-
rente del source pi stabile di quella di sink.
E interessante il dato relativo al coefficiente di temperatura. Dalla [11.1-102]:
( ) . ppm 1700 2300 ppm ) 5000 1000 (
300
1
RdT
dR
T
1
dT I
dI
dT I
dI
dT I
dI
2 C
2 C
op
op
on
on

A questo punto possiamo fare delle utili osservazioni per confrontare i due generatori propo-
sti in questo paragrafo. Si vede che questultimo ha una buona insensibilit alla temperatura, cosa
che non vale per il precedente. Tuttavia questo , invece, un po meno sensibile allalimentazione.
Nulla stato detto per quanto riguarda limpedenza duscita dei due generatori che risulta
essere la rce del relativo transistor. Se si vuole avere impedenza superiore si possono inserire un
numero superiore di transistor in modo da realizzare generatori composti del tipo Wilson, Widlar e
cascode.

Sottocircuiti analogici


441
11.2. Generatori di corrente costanti con MOS
Essi sono realizzati sfruttando il fatto che la corrente di drain, nella regione di saturazione,
praticamente indipendente da VDS
[FO],[GRA],[MI3],[SO]
.

11.2.1 Generatori elementari
Con i due transistors della Fig.11.2-1 si realizza il pi semplice ge-
neratore di corrente
[AL],[GRA],[SO]
. Supponiamo che essi siano identici. Per
esempio, nello stesso integrato, e sufficientemente vicini da assicurare che
la temperatura ed i drogaggi delle varie parti costituenti siano eguali. Inoltre
anche le dimensioni siano le stesse. Un transistor MOS con G D, se po-
larizzato in modo che passi corrente, sta sicuramente in zona di saturazione
e funziona da diodo. Infatti VDS = VGS > VGS - Vto = VDSsat. Nel generatore
elementare M1 connesso a diodo. Supponiamo di fare lavorare entrambi i
transistors nella regione di saturazione. Avremo eguali le due tensioni di
soglia, i b e i due l .
I due transistors hanno in comune VGS. Allora le due correnti di
drain sono praticamente eguali a parte le piccole differenze dovute al coefficiente di modulazione
del canale. Si ha uno specchio di corrente del tutto simile a quello di Fig.11.2-1. Questa volta
limpedenza interna dello specchio data dalla rd2. Ricordiamo la corrente di drain di un MOS che
lavora in saturazione pu essere espressa dalla [8.3-17]
( ) ( ) ( ) ( )
.
DS
2
TH GS DS
2
TH GS D . V 1 V V
2
' k
V 1 V V
2
I + +


Ricordiamo che k = mCo, determinato dalla tecnologia usata. Inoltre, poich in entrambi i MOS,
il bulk connesso al source, la tensione di soglia Vto. La conduttanza di drain, dalla [8.3-35]
g
I
V
dI
dV R
I
V
d
D
DS
o
o o
o
o


+


+
l
l
l
l 1
1
1
.
Si ottiene per la f.e.m del generatore equivalente
( ) ( )
R I
I
g
V V V V V V o o
o
d
o A o A A o + + +
1
1 1
l
l . [11.2-1]
del tutto identica a quella trovata per lo specchio con i bipolari purch VA sia dato dallinverso del
coefficiente l di modulazione del canale, come gi detto nel 8.3.2.3. Ricordiamo che VA assume
un significato simile alla tensione di Early dei bipolari e, per estensione prende lo stesso nome. Il
circuito equivalente sempre quello di Fig.11.2-2 e espresso analiticamente dalla [11.2-1]. Ricor-
diamo lespressione [8.3-23] del coefficiente l di modulazione del canale
l


DL
L V V DS A
1
.
La tensione di soglia dipende solo dalle caratteristiche della tecnologia impiegata e dalla tensione
bulk-source, come detto nel 9.2.5. Se, per, lo specchio sink, cio con il source connesso a mas-
sa, non c effetto body.
Se la tensione di Early abbastanza grande la resistenza duscita si approssima come
R
g Io
V
Io
o
d
A


1 1
l
.
La variazione relativa ci della corrente duscita con la tensione duscita del tutto analoga a
quella corrispondente per il generatore a BJT cio la [11.1-4]. Quindi
c
dI
I dV I R V V
i
o
o o o o A o

+
1 1
.
M1
M
2
F1 F2
I
D1
= I
R
ID2 = Io
VDS2 = Vo

Fig.11.2-1
Sottocircuiti analogici

442
Nellipotesi che i due MOS siano in saturazione, si generata una corrente Io, a partire da
una corrente di riferimento, che non dipende dal carico RL.
Se trascuriamo l VDS allora Io IR= b1/2$(VGS-Vto). Affinch tutti i transistors siano in sa-
turazione Vo = VDS2 > VDSsat = VGS - Vto, Chiamiamo Vom la tensione VDS che mantiene M2 in sa-
turazione e che rappresenta la minima tensione al di sotto della quale lo specchio non lavora pi
correttamente. Allora Vom = VGS - Vto. Il dimensionamento dei transistor si fa in funzione di Vom
una volta stabilito Io IR e la tecnologia. Si ha:
, V F
2
' k
V
L
W
2
' k
V
2
I I
2
om 1
2
om
1
1
2
om
1
R o


quindi .
V ' k
I
2
V ' k
I
2 F
L
W
F
L
W
2
om
o
2
om
R
2
2
2
1
1
1

Chiamiamo Lm e Wm, rispettivamente le minime dimensioni permesse dal processo tecnolo-
gico scelto. Quasi sempre permesso fare L = Lm ma Wm = 2Lm. Larea occupata dallo specchio
1L1 = 2W2L2. Se il fattore di forma F = W/L superiore a 2 si pu scegliere, per ri-
sparmiare area, L = Lm. Allora larea complessiva minima
.
V
L
k'
I
4 L
L
W
2 WL 2 A
2
om
2
m o
2
tm
Se il fattore di forma , invece, inferiore a 2, si pu scegliere, per risparmiare area, W = Wm =2Lm.
Allora larea complessiva minima diventa
. L 4
I
V
' k W
W
L
2 WL 2 A
2
m
o
2
om
2
tm
Una volta scelta la tecnologia e le specifiche di progetto, cio Io e Vom non c molto da fare:
la scelta delle dimensioni di M2 obbligata. Tuttavia si pu risparmiare area lavorando su M1 e u-
sando una differente corrente di riferimento. In tal caso, addirittura, si pu scegliere un transistor
m e Wm = 2Lm e di conseguenza scegliere IR. Se i due transistor non
sono identici:
.
F
F
L W
L W
n
I
I
I
I
1
2
1 1
2 2
1
2
R
o
R
2 D

[11.2-2]
In questo caso di specchio asimmetrico si trova che
.
V ' nk
I 2
n
F
L
W
n
1
F
L
W
2
om
o 2
2
2
1
1
1

Larea occupata dallo specchio semplice At = W1 L1 + W2 L2 = 2Lm
2
+ W2 L2. Se il rapporto
(W/L) superiore a 2 si pu scegliere, per risparmiare area, L2 = Lm. Allora larea complessiva mi-
nima
. L 1
V
1
k'
I
2 L 2
V
L
k'
I
2 L 2 L
L
W
) WL ( ) WL ( A
2
m
2
om
o
2
m
2
om
2
m o
2
m
2
1 2
tm

,
_

+ + + +
Se il rapporto W/L , invece, inferiore a 2 si pu scegliere, per risparmiare area, W = Wm =2Lm. Al-
lora larea complessiva minima diventa
. L 1
I
V
' k 2 L 2 L 4
I
V
'
2
k
L 2 W
W
L
WL A
2
m
o
2
om
2
m
2
m
o
2
om
2
m
2
tm

,
_

+ + +
In ogni caso, dovendosi scegliere, per avere larea minima complessiva, W1/L1 = 2 il rapporto fra le
aree dei due transistors che ci da larea minima
.
V ' k
I
F
F
L W
L W
n
2
om
o
1
2
1 1
2 2
Am
Sottocircuiti analogici


443
Nel modo di funzionamento corretto la tensione VDS di entrambi i transistors non scende
mai al di sotto di Vom. Pertanto la potenza richiesta per il funzionamento dello specchio non meno
di Vom(Io + IR) . Dal momento che Io nIR allora
Pdmin = Vom(1 + 1/n)Io

Nella Fig.11.2-2 mostrato il risultato che si ottiene per quanto riguarda larea totale e la
potenza dissipata dallo specchio quando la tensione duscita va al minimo del ITF cio a Vom.
Lesempio della Fig.11.2-21a relativo a tecnologia 0.8m con k = 100 mA/V
2
. Nella stessa figura
sono mostrati i casi in cui n = 1 oppure n = nAm. La differenza, evidente. Si pu avere un rispar-
mio darea utilizzando il rapporto ottimale nAm. Tuttavia, in qualche caso ci pu avvenire a scapito
della potenza minima richiesta dallo specchio per funzionare. In particolare, nellesempio, per Io >
50 mA, si ha anche meno potenza dissipata se si sceglie n = nAm.
Per quanto riguarda larea minima si trova che, in ogni caso per questa tecnologia, con Vom
= 0.5 V il meglio si ha quando la corrente Io di circa 20 mA.
Nella figura accanto stata cambiata la tecnologia. Lm ben pi grande, cio 3m, e ci porta
a dimensioni evidentemente superiori. I risultati sono analoghi al caso precedente. Questa volta le
curve sono state tutte fatte nella condizione di n = nAm. Inoltre un confronto stato fatto con due
differenti scelte di Vom. Laumento di Vom determina che la zona ottimale di funzionamento si spo-
sta verso le correnti superiori.
E interessante osservare che nella versione a MOS non presente il termine di errore corri-
spondente alla corrente di base che si ha nella versione a BJT e quindi pu essere generato un nu-
mero arbitrariamente grande di uscite connettendo pi dispositivi in parallelo con il MOS di destra
nel circuito. Per il valore della tensione Vom dato da VDSsat = VGS - Vto. I generatori di corrente a
BJT hanno tale limite a VCEsat che tipicamente inferiore a VDSsat, a meno di non fare grossi transi-
stors. Questo un risultato importante considerata la attuale tendenza verso valori sempre pi bassi
della tensione di alimentazione per cui diviene critica la differenza tra la tensione di alimentazione e
la tensione minima di funzionamento del nodo di uscita del generatore.
Quello visto un generatore sink. Come per i BJT si ottiene facilmente un source. In questo
caso bisogna scambiare gli NMOS con PMOS, le VDD con le VSS : Ci vale anche nel seguito.
10
-3
10
-2
10
-1
10
0
10
1
10
1
10
2
10
3
10
4
10
5
Io (mA)
tecnologia 3micron
Vom = 1.5V
Pdmin(
m
W)
Area (m
2
)
Pd
Pd
Atm
Atm
n = nAm
Vom = 0.5 V
Vom = 1.5V
Vom = 0.5 V
10
-3
10
-2
10
-1
10
0
10
1
10
0
10
1
10
2
10
3
10
4
Io (mA)
tecnologia 0.8micron
Pdmin(
m
W)
Atm
Area (m
2
) Vom = 0.5 V
n = 1
n = 1
n = nAm
n = nAm
Pd

(a) Fig.11.2-2 (b)
Sottocircuiti analogici

444
11.2.2 Generatore di Wilson
Il generatore di Wilson come quello della Fig.11.1-7 realizzato con
NMOS in un circuito integrato mostrato accanto
[AL],[GRA]
. I source di M1 e
M3 sono messi a massa quindi la tensione bulk-source nulla. Pertanto per es-
si abbiamo usato il simbolo corrispondente. Diversa la questione per M2 che,
invece va rappresentato con il simbolo corretto. Per esso esiste leffetto body.
M2 ha una soglia differente da quella degli altri due MOS. E evidente che
VD1 = VG2, VG1 = VG3 = VD3 = VS2, Vo = VD2 = VDS2 + VD3.
Per fare funzionare lo specchio in modo corretto necessario che tutti
i transistors siano in saturazione. M3 connesso a diodo ed certamente in sa-
turazione. Determiniamo le condizioni di corretto funzionamento. Le correnti
di drain dei tre transistors quando sono tutti in saturazione possono essere
scritte come:

( ) ( )
( ) ( )
( ) ( )
;
V 1 V V
2
I I
V 1 V V
2
I I
V 1 V V
2
I I
3 D
2
to D3
3
o D3
2 DS
2
TH GS2
2
o D2
1 D
2
to D3
1
R D1

'


[11.2-3]
Se si vogliono trovare espressioni analitiche semplici necessario fare lassunzione che le tensioni
di Early dei transistors siano sufficientemente elevate. Allora dalla prima e lultima delle precedenti
si ricava che:
IR Io

b1/b3 [11.2-4]
La tensione sul gate di M2 e sul drain di D1
VD1 = VGS2 + VD3 = (VGS2 - VTH2) + VTH2 + (VD3 - Vto) +Vto
La tensione VD1 deve essere almeno quella che fa si che M2 e M3 stanno in saturazione. Ai limiti
della saturazione 2 o TH2 GS2 DS2sat 2I V - V = V e 3 o to GS3 DS3sat 2I V - V = V . La tensione
VD1min che consente che entrambi i transistors siano in saturazione quindi:
to TH2 3 o 2 o to TH2 to D3 TH2 GS2 D1min V + V + 2I 2I = V + V + ) V - (V + ) V - (V = V + [11.2-5]
Tuttavia questa condizione ancora non assicura che M2 sia in saturazione. Infatti serve anche che la
tensione sul suo drain e cio la Vo non si abbassi troppo. Deve, quindi, inoltre, essere
VD2 > VDS2sat + VD3 = (VGS2 - VTH2) + VD3 = VD1min -VTH2 = Vom.
Per differenza fra le due ultime espressioni e tenendo presente la [11.2-4]
( ) ( ) to 3 2 o to 3 3 2 2 o to 2 o 2 o om V + F 1 F 1 ' k 2I = V + W L W L ' k 2I = V + 2I 2I = V + + +
Il fattore di forma dei due transistors nella maglia duscita deve essere grande se si vuole
una bassa Vom e quindi un grande ITF.
Calcoliamo adesso limpedenza duscita. Conviene disegnare il circuito equivalente come in
Fig.11.2-4. Per M1 vd1 = -gm1 rd1vg1 = -gm1 rd1 vd3. La caduta su rd3 vd3 = rd3(i o - gm3 vd3). Quindi
vd3 = rd3 i o/(1 + gm3 rd3). La corrente in rd2 i o + gmb2 vsb2 - gm2 vgs2 = i o + gmb2 vd3 - gm2(vd1 - vd3) = i o +
(gmb2 + gm2 + gm1 gm2 rd1) vd3 = i o + gm2(1 + h + gm1 rd1) vd3. Quindi
vo = vd3 + rd2 [i o + gm2(1 + h + gm1 rd1)vd3] =
( ) [ ] = r g + + 1 g r + 1 + r = d3 d1 m1 m2 d2 o d2 v i
( ) [ ]
.
r g + 1
r r g + + 1 g r + 1
+ r =
d3 m3
o d3 d1 m1 m2 d2
o d2
i
i


M1 M3
F1 F3=F2
ID1 = I R
ID2 = Io
VDS2 = Vo
M2
F2

Fig.11.2-3
Sottocircuiti analogici


445
Dunque
( )
.
r g + 1
r g + + 1 g r + 1
r + r = R
d3 m3
d1 m1 m2 d2
d3 d2
o
o
o

i
v

Calcoliamo quanto fa, in genere, gmrd per un transistor in sa-
turazione. Utilizziamo le espressioni approssimate valide quando la
tensione di Early sufficientemente elevata e cio le [8.3-36] e [8.3-
39]. Si ha :
g r =
g
g
=
V -V
V
I
=
V
V -V
= V
I
>>1. m d
m
d
D
GS TH
A
D
A
GS TH
A
D
2 2 2 I

b
[11.2-6]
Tenendo presente quanto detto prima lespressione preceden-
te si pu approssimare come
.
g
r g g
+ 1 r =
g
r g g
r + r R
m3
d1 m1 m2
d2
m3
d1 m1 m2
d2 d2 o

,
_


Una semplificazione conservativa ci fa trascurare il primo termine , pertanto, per finire
R
I
o
m2 d2 m1 d1
m3
A
o
A
R o 3
A
2
o
2
R
g r g r
g
= V
I
V
I
1
= V
I I

2 2
2
2 2 1 1 2
3
b b
b
b b
b

Adoperando la [11.2-4]
.
I
F ' k 2
I
V
I
2
I
V
=
I
2
V = R
o
2
o
2
A
o
2
o
2
A
3 1
3
o
3 2 1
2
A o



[11.2-7]
La variazione relativa della corrente duscita con la tensione duscita, cio la caratteristica di rego-
lazione :

2
o
2
A o o o o
o
i
F ' k 2
I
V
1
R I
1
dV I
dI
c [11.2-8]
fondamentale che il transistor duscita M2 abbia un buon fattore di forma. Infatti questi migliora le
prestazioni sia in termini di regolazione che di tensione minima. Anche laltro transistor, per la me-
desima ragione bene che sia con un alto fattore di forma. Per risparmiare area, invece, il primo
inima.
La f.e.m del generatore equivalente
.
I
F ' k 2
V = I R
o
2
2
A o o
Nella progettazione di uno specchio si parte dai parametri della tecnologia scelta e cio k,
VA e Vto. Si fissa la corrente duscita Io desiderata e la tensione minima di funzionamento sopporta-
bile. Il coefficiente ci non si pu fissare indipendentemente.
Dalla [11.2-8] si ricava il fattore di forma di M2, cio:

' k 2
I
V c
1
F
o
2
A i
2 [11.2-9]
La tensione minima si pu scrivere come
3 2 o to om F 1 F 1 ' k 2I ) V - (V +
cio .
F 1 ' k 2I ) V - (V
1
F
2 o to om
3


Allora .
V c V - V
' k 2I
' k 2I V c ' k 2I ) V - (V
1
F
2
A i to om
o
o
2
A i o to om
3

[11.2-10]

v v
o
i i
o
v v
g1 gm1
rd1
rd2
rd3
v v
g3 gm3
v v
gs2 gm2
v v
sb2 gmb2
D2
1 S 3 S
i i
o
v v
d1
v v
d3
v v
d2


D1 G2
2 S D3 G1 G3

Fig.11.2-4
Sottocircuiti analogici

446
dalla quale si evince che per avere transistor re-
ali necessario che il denominatore sia positi-
vo. Pertanto la scelta di Vom e ci non indipen-
dente come avevamo anticipato, ma:
ci <
V - V
V
om to
A
2
2

Una volta scelto il ci che soddisfa la precedente
anche fissato il fattore di forma di M3.
Non abbiamo alcun motivo per non sce-
gliere il fattore di forma di M1 diverso dal mi-
nimo anzi questa scelta ci fa risparmiare area.
Per quanto detto a proposito degli altri due
transistors, meglio che sia alto in loro fattore
di forma. Per ragioni tecnologiche bene sce-
gliere questo fattore di forma non inferiore a 2.
Imponendo questa condizione alla [11.2-9] si
ottiene
, 2
' k 2
I
V c
1
F
o
2
A i
2 >
cio c
k
c i iM <
I
2V
o
A
2
'

Analogamente dalla [11.2-10]
, 2
V c V - V
' k 2I
F
2
A i to om
o
3 >


da cui c
k
c i im >
V - V - I
2V
om to o
A
2
'
.
Mettendo insieme queste due relazioni possia-
mo concludere che
c
k
c
k
c im i iM < <
V - V - I
2V
I
2V
om to o
A
2
o
A
2
' '
[11.2-11]
da cui
V - V - I
2V
I
2V
om to o
A
2
o
A
2
k k ' '
<
In altri termini, se si vogliono buoni ITF
e possibilmente piccola area deve essere
V - V I om to o < 2 k' .
Fissata la corrente Io e il Vom desiderati
si pu scegliere il ci soddisfacendo la [11.2-11].
Un modo per fare questa scelta e di prendere un
valore intermedio fra i valori estremi
dellintervallo c1m+ciM. Tuttavia lestremo ci1
potrebbe essere negativo e portare a risultati scorretti, In questo caso si prende ci = ciM/2.
Nella Fig.11.2-5 sono illustrati tre casi relativi ad uno specchio Wilson con la stessa tecno-
logia. Le figure, dallalto in basso, si riferiscono a Vom 1, 1.5 e 2.5 V, rispettivamente. Man mano
che la Vom sale necessaria meno area ma anche la regolazione peggiore. In ogni caso la zona
darea minima si sposta, per la stessa tecnologia con le correnti man mano che aumenta Vom.
Ci
Io (mA)
tecnologia 0.8
m m
A
t
Area
m m
2 2
)
Vom
C
i
V
om
-1
10
0
10
1
10
-2
10
10
-3
10
-2
10
-1
10
0
10
1
10
0
10
1
10
2
10
3
10
4
Area
m m
2 2
)
V
om
tecnologia 0.8
m m
Vom
Io (mA)
C
i
A
t
Ci
-1
10
0
10
1
10
-2
10
10
-3
10
-2
10
-1
10
0
10
1
10
0
10
1
10
2
10
3
10
4
10
5
Vom
C
i
A
t
Area
m m
2 2
)
tecnologia 0.8
m m
V
om
10
-3
10
-2
10
-1
10
0
10
1
10
0
10
1
10
2
10
3
10
4
-1
10
0
10
1
10
-2
10
Ci
Io (mA)

Fig.11.2-5
Sottocircuiti analogici


447
11.2.3 Generatore Cascode
Analogamente al generatore cascode a BJT, si realizza quello a
MOS mostrato sotto. Questa configurazione permette di ottenere una e-
levata resistenza di uscita inferiore, per, rispetto a quella con BJT. An-
che in questo cascode naturalmente possiamo specchiare piccole correnti
senza dover usare resistenze di grande valore.
Cominciano con lo scrivere le espressioni che governano il circui-
to quando tutti i transistors sono in saturazione. Si noti che, i due transi-
stor M2 e M4 risentono delleffetto body, mentre gli altri due no.

( ) ( )
( ) ( )
I I V V
I I V V
D1 R D1 to
D3 o D1 to
+
+

'

b
l
b
l
1 2
1
3
2
3
2
1
2
1
V
V
D
D
; [11.2-12]
( ) ( )
( ) ( )
I I V V V
I I V V V
D4 R D4 D1 TH4
D2 o D4 D3 TH2
+
+

'

b
l
b
l
4 2
4
2 2
2
2
1
2
1
V
V
DS
DS
; [11.2-13]
Nellipotesi che si possa trascurare, almeno in prima approssimazione, leffetto di modula-
zione del canale, dalle precedenti si ricava:
.
) V V (
2
F ' k
) V V V (
2
F ' k
I
) V V V (
2
F ' k
) V V (
2
F ' k
I
2
to D1
3
2
TH2 D3 D4
2
o
2
TH4 D1 D4
4
2
to D1
1
R

'



[11.2-14]
Lipotesi certamente valida se si vuole calcolare la Vom, nel quale caso tutte le tensioni VDS sono
molto piccole.
Dalla prima si ricava che
, ) V V V ( F ) V V ( F
2
TH4 D1 D4 4
2
to D1 1
quindi . V V F F V ) F F 1 ( V TH4 to 4 1 D1 4 1 D4 + +
La tensione di uscita
Vo = VDS2 + VD3 > VDS2sat + VD3 = VGS2 - VTH2 + VD3 = VD4 - VD3 - VTH2 + VD3 = VD4 - VTH2,
ne segue che la tensione minima di funzionamento
. V V V F F V ) F F 1 ( V V V TH2 TH4 to 4 1 D1 4 1 TH2 D4 om + +
che, per la prima delle [11.2-12] pu essere riscritta come
. V V
' k
2I
) F 1 F 1 ( V V V
F ' k
2I
) F F 1 ( V TH to
R
4 1 TH2 TH4 to
1
R
4 1 om + + + + + + [11.2-15]
Con TH2 TH4 TH V V V si indicata la differenza fra le due tensioni di soglia.
La tensione minima sul drain di M4 che consente allo specchio di funzionare
. V + V + 2I 2I = V + V + ) V - (V + ) V - (V = V to TH2 3 o 2 o to TH2 to D3 TH2 GS2 D4min + [11.2-16]
che del tutto eguale alla corrispondente espressione [11.2-5] per il generatore di Wilson.
Sempre considerando trascurabile leffetto Early dalla [11.2-12] si vede che il rapporto IR/Io
= b1/b3. Dividendo fra di loro le due espressioni [11.2-13] e impiegando questa ultima relazione
trovata si ha:
M
1 M3
F1 F3
I
D1
=I
R
ID2 = Io
VDS2 = Vo
M2
F2
M
4
F
4

Fig.11.2-6
Sottocircuiti analogici

448
( )
( )
b
b
b
b
1
3
4
2
2
2



I
I
V V V
V V V
R
o
D4 D1 TH4
D4 D3 TH2
.
Se si fa

32
4
2
4
3
1
3
1
F
F
F
F

[11.2-17]
si ha che VD1 =VS4 = VD3 = VS2 e la tensione bulk source identica per M2 e M4. In questo caso la
variazione di tensione di soglia identica nei due transistors e DVTH24 nullo. La [11.2-15] diventa
( ) ( ) to 4 1 R to 3 3 2 2 o om V + F 1 F 1 ' k 2I = V + W L W L ' k 2I = V + +
che del tutto eguale alla tensione minima ricavata per il generatore di Wilson.
Vediamo di determinare il comportamento dinamico. Per questo disegniamo il circuito equi-
valente di Fig.11.2-7a. In effetti tutta la parte a sinistra si pu eliminare perch immediato ricava-
re che v
d1
= v
d4
= 0. Allora il circuito si ridisegna come quello della Fig.11.2-7b.
immediato ricavare che
v
o
= i
o
rd3 + r
d2
[i
o
- (-)i
o
gm2 (1+h
2
) i
o
rd3]
da cui Ro =

rd3+r
d2
[1+gm2 (1+h
2
)rd3] = (rd3+r
d2
)[1+

gm2 (1+h
2
)|r
d2
||rd3] r
d2
gm2(1+h
2
)rd3 [11.2-18]
che si pu approssimare come
. ) (1
I
F ' k 2
I
V
) (1
I
V
I 2 ) (1 r r g R 2
o
2
o
2
A
2
2
o
A
o 2 2 d3 d2 m o + +

,
_

+
Se si confronta il risultato con quello corrispondente di Wilson lunica differenza la presenza
delleffetto body che produce un aumento ulteriore, del 20+30%, della resistenza interna del genera-
tore.
Il coefficiente di regolazione assume quasi lo stesso valore che nel caso di Wilson, cio:

+

2 2
o
2
A o o o o
o
i
1
1
F ' k 2
I
V
1
R I
1
dV I
dI
c
La f.e.m. del generatore
, ) 1 (
I
F ' k 2
V = I R 2
o
2
2
A o o +
che a parte leffetto body come quella del Wilson.
Cerchiamo di determinare ci che avviene quando soddisfatta la [11.2-17] in modo che le
due tensioni di soglia dei transistor superiori siano identiche. Il lavoro da fare simile a quello rela-
tivo al Wilson. La differenza fra le due trattazioni sta soltanto nel fattore delleffetto body presente
nella [11.2-18]. Operando in modo analogo si trovano i valori che debbono assumere i fattori di

g
m
2
v
g
s
2
=
g
m
2
(
v
d
4

v
d
3
)
=

-
g
m
2
v
d
3

vd1

G 1 4 S G3 D 1

r
d4
G 2 G 4 D 4

D 2

1 S 3 S

2 S D 3


r d2
gm4vgs4=
-
g
m4vd1
gmb4vbs4=
-gmb4vd1=0
g
m1vd14=
gm1vg1=0
g
m3vgs3=
gm3vd1
r
d1
rd3
rd2
g
mb2vbs2=
-gmb2vd3
vd3
vd2
i o
vo
vd4
io
i o
i o
rd3
vd3
vo
g
m
2
(
1
+
h
2
)
v
d
3
=
-
g
m
2
(
1
+
h
2
)
i
o
r
d
3

Fig.11.2-7
Sottocircuiti analogici


449
forma dei transistors:
.
1
1
' k 2
I
V c
1
F
2
o
2
A i
2
+

.
V ) 1 ( c V - V
' k 2I
F
2
A 2 i to om
o
3
+

Il coefficiente di regolazione legato alla tensione
minima da:
( )
ci <
+
V - V
V
om to
A
2
2 1 h
.
Se, inoltre, come per il caso di Wilson si
impone che i fattori di forma siano almeno 2 allora
per il coefficiente di regolazione vale la
( ) ( )
c
k
c
k
c im i iM
+
< <
+

V - V - I
2V
I
2V
om to o
A
2
o
A
2
' '
1 1 h h

Da questultima si ricava che comunque deve esse-
re V - V I om to o < 2 k' .
Per fare un confronto con il caso del Wil-
son sono riportate le figure accanto, nelle medesi-
me condizioni della Fig.11.2-5. Non ci sono diffe-
renze rilevanti. Anche se la caratteristica di rego-
lazione migliore, tuttavia ci vuole pi area per la
presenza del transistor supplementare.
Una considerazione finale pu essere fatta.
Con una oculata scelta dei fattori di forma si pu
migliorare la Vom scegliendo DVTH negativa, ma
fino ad un certo punto.
11.2.4 Generatore Cascode con alta ITF
Il cascode ha una relativamente scadente ITF. Ridisegniamo, per comodit il suo schema in
Fig.11.2-9a. Supponiamo, per semplicit tutti i transistor eguali. Calcoliamo quello che avviene
quando la tensione duscita nel cascode al minimo, al fine di determinare lITF.
Come gi detto, M1 ed M4 sono connessi a diodo ed in saturazione. In M1 circola la corrente
di riferimento IR. Trascurando leffetto di modulazione del canale ( ) I I V V D1 R G1 to b1
2
2 . La
sua tensione di saturazione V = V - V = V V 2I DSs1 GS to G1 to R b1 . Cio possiamo esprimere
VG1 = VD1 =VDSs1 + Vto in funzione della sua tensione di saturazione. Dal momento che i transistor
sono tutti eguali e che M4 attraversato dalla stessa corrente IR, esso nella stessa condizione di sa-
turazione di M1. Pertanto anche per esso VGS4 = VDS4 =VDSs4 + Vto = VDSs1 + Vto. Allora la tensione
sul drain e sul gate di M4 VD4 =VD1 + VDS4 = 2(VDSs1 + Vto). La tensione minima sul drain di M2
si ha se entrambi i transistors M2 e M3 sono in saturazione. La tensione di saturazione di M3 VDS3s
= VGS3 - Vto = VG1 - Vto = VDSs1 + Vto - Vto = VDSs1. M2 va in saturazione se la sua VDS2 = VGS2 - Vto
= VG2 - VS2 - Vto = VD4 - VD3 - Vto = 2(VDSs1 + Vto) - VDSs1 - Vto = VDSs1 + Vto. Ne segue che la ten-
sione minima
Vom = VD2 = VDS2 + VD3 = VDSs1 + Vto + VDSs1 = 2VDSs1 + Vto. [11.2-19]
V om
tecnologia 0.8 m m
Ci (%)
Io (mA)
Ci
At
Area (
m m
2 2
)
Vom (mV)
-1
10
0
10
1
10
-2
10
10
-3
10
-2
10
-1
10
0
10
1
10
1
10
2
10
3
10
4
10
5
Ci
Ci (%)
Io (mA)
At
tecnologia 0.8 m m
Vom
-1
10
0
10
1
10
-2
10
10
-3
10
-2
10
-1
10
0
10
1
10
1
10
2
10
3
10
4
Area ( m m
2 2
)
Vom (mV)
Ci (%)
Io (mA)
tecnologia 0.8 m m
At
Ci
V om
-1
10
0
10
1
10
-2
10
10
-3
10
-2
10
-1
10
0
10
1
10
1
10
2
10
3
10
4
Area (
m m
2 2
)
Vom (mV)

Fig.11.2-8
Sottocircuiti analogici

450
Questa tensione pu esse-
re abbassata aggiungendo una
coppia di transistor come mostra-
to in Fig.11.2-9b. Lidea di e-
liminare, in uscita, il termine Vto
dalla tensione minima calcolata
con la [11.2-19] ed ottenere,
dunque Vom = 2VDSs1, facendo in
modo che su ognuno dei due
transistor M5 e M6 cada la stessa
tensione VDSs1. La VDSs6 , allora
VDSs6 = VDSs1 = VGS6 - Vto = VG6
- VD5- Vto = VG6 - VDSs1- Vto. Da
cui VG6 = VD3 = VDSs1 + VDSs1 +
Vto = 2VDSs1 + Vto. Queste ten-
sioni si ottengono se i transistor precedenti e cio M2 e M3 sono entrambi in saturazione, anche se
non necessariamente al minimo. Per M2 VDSs2 = VGS2 - Vto = VD4 - VD3 - Vto = VD4 - (2VDSs1 +
Vto)- Vto = VD4 - 2VDSs1 -2Vto. Da cui VD4 = 3VDSs1 + 2Vto. Dunque serve ottenere questa tensio-
ne sul drain di M4. Evidentemente se i due transistor M1 e M2 sono identici ci non pu essere otte-
nuto. Allora lasciamo che anche M1 sia identico a tutti gli altri e progettiamo M2 per ottenere quanto
desiderato. Deve essere VG4 = 3VDSs1 + 2Vto. Poich VS4 = VD1 = VDSs1 + Vto, segue che VGS4 = VG4
- VS4 = 2VDSs1 + Vto. In M4 circola la corrente di riferimento
( ) ( ) ( ) I V V 2V V V 2V 2
2I I
R GS4 to DS1 to to DS1
R R
+

_
,

b b b b
b
b
b
4
2
4
2
4
2
4
1
2
4
1 2 2 2 2
4
da cui b1 = 4b4. Dunque se F il fattore di forma W/L di tutti gli altri i transistors, M4 deve avere un
fattore di Forma F4 =F/4 rispetto a quello di tutti gli altri.
11.2.5 Cascode triplo
Come si pu osservare analizzando il circuito equivalente della Fig.11.2-7b, limpedenza
duscita diventa grande per la presenza del generatore gm2 (1+h) vs2 = gm2 (1+h) i ord2. Questo genera-
tore produce praticamente la caduta di potenziale vo = gm2 (1+h) i ord2rd3. Dunque limpedenza
duscita di un cascode praticamente, a parte (1+h), la resistenza differenziale del transistor
duscita moltiplicata per la sua trasconduttanza e per la resistenza differen-
ziale di ci che connesso al suo source.
Questo fatto suggerisce un miglioramento ulteriore dellimpedenza
interna che pu essere ottenuto aggiungendo un paio di transistors al cascode
come in Fig.11.2-9. Si ha, allora il triplo cascode
[GRA]
.
Allora r
d2
gm2 (1+h
2
) rdsouce2 = r
d2
gm2 (1+h
2
) rd5

gm5 (1+h
5
) rd3
che si pu approssimare come
R
I I o o
o m2 d2 d5 m5 d3
2
A A
2
g r r g r (1+ )
V V
(1+ )
2
h b h 2 2 .
R
I
k
W
L o
o
A
2
=
V
(1+ )
3
2
2
2
2
h '
se si ipotizza, per semplicit che M2 e M5 siano identici.
Per esempio confrontiamo quello che si pu ottenere, a parit di di-
mensioni geometriche, di tecnologia e di corrente duscita fra uno specchio
semplice, uno di Wilson, un cascode semplice ed uno triplo. Facciamo
lesempio di tecnologia 0.8 mm (k = 100 mA/V
2
, VA = 15 V, h = 0.3). As-
( a) ( b)
F
F F
F F
F
F
F
F
M
1
M
3
I
R
I
o
2(V
DS1
+V
to
)
M
2
M
1
I
R
V
o
M
2
F/4
M
4
V
o
2V
DS1
+V
to
3V
DS1
+V
to
V
DS1
+V
to
V
DS1
2V
DS1
M
4
2V
DS1
+V
to
M
3
I
o
V
DS1
M
5
M
6
V
DS1
+V
to

Fig.11.2-9
M
3
M
1
I
D2
= I
o
I
D4
= I
R
V
DS2
= V
o
M
4
M
5
M
2
M
6

Fig.11.2-10
Sottocircuiti analogici


451
sumiamo che il fattore di forma sia per i transistor interessati pari a 4. Consideriamo una corrente di
100 mA. La resistenza duscita di un transistor, in queste condizioni rd = 15/100 m= 150 kW. Il
prodotto gm rd, per la [11.2-7] 42.4. 100 4 100 2 15 = r g d m Allora. Lo specchio semplice, in
queste condizioni ha Ro = 150 kW. Il Wilson, secondo la [11.2-7] ha Ro = 6.36 MW. Il cascode
semplice ha Ro = 150 k $42$4$1.3 W= 8.27 MW, mentre il cascode triplo ha Ro = 150 k $(42$1.3)
2

W= 456 MW. Ovviamente, la presenza dei tre transistors nella maglia duscita produce un aumento
della Vom. In ipotesi simili a quelle del paragrafo precedente si ricava:
( ) to 5 3 2 o om V + F 1 F 1 F 1 ' k 2I = V + +
11.2.6 Generatori multipli
La realizzazione di un generatore multiplo
con i MOS pi semplice di quella con i BJT dato la
mancanza di corrente di gate. Abbiamo visto che il
rapporto fra la corrente di riferimento e quella
duscita [11.2-2] di uno specchio semplice dipende
soltanto dal rapporto fra i fattori di forma dei transi-
stors interessati. Ci vero per qualunque tipo di
specchio multiplo. La Fig.11.2-11 mostra il caso del-
la soluzione con generatori semplici. La corrente
delli-esimo generatore Ioi = Fi/F1IR.
11.2.7 Precisione della corrente di riferimento
Il problema dei generatori di corrente che si vorrebbe che essi erogassero la corrente ri-
chiesta indipendentemente da tutto. La corrente del generatore dipende per prima cosa da quella di
riferimento. Questa, a sua volta, dipende da valori di resistenze, dalla tensione dalimentazione e i n-
fluenza su di essa hanno la dispersione delle caratteristiche e le derive termiche. Determineremo
questo effetto per i tre casi fondamentale e cio il generatore semplice, Wilson e cascode.
11.2.7.1 Generatore semplice
Consideriamo il generatore semplice di Fig.11.2-1. La IR dipende dalla resistenza R e
dallalimentazione secondo la IR = (VDD-VDS)/R= (VDD-VGS)/R, dato che M1 connesso a diodo.
Daltra parte il transistor in saturazione e quindi IR = ID1 = b/2$(VGS-Vto)
2
$(1+l VGS). Eguagliando
queste due espressioni e tenendo conto che normale che l VGS << 1 si ha:
IR = (VDD-VGS)/R b/2$(VGS-Vto)
2
b/2$(VDD-R$IR-Vto)
2
.
Calcoliamo leffetto sulla corrente di riferimento delle variazioni dei parametri e
dellalimentazione:
( ) { }


+

to R DD
to R R DD
2
to R DD R
R
R
V I R V
V R I I R V
2 ] ) V I R V ( 2 ln[ = ] I [ln =
I
I

( )
+





+

Db D D D D Db D D D D
b b
2 2 2 2
V I R V
V R I V
R I
V R I V
V I R V
V V
V V I I
V V
DD R to
DD R to
R
DD R to
DD R to
GS to
DD GS R R
GS to
.
Quindi 1 2 2 +

_
,

V V
V V
V I R V
V V
DD GS
GS to
DD R to
GS to
D Db D D D I
I
R
R b
.
Da questa, dopo una serie di passaggi si arriva a
( ) ( ) D Db D D D D I
I
V V
V V V V
V V V
V V V V
V V R R
V V V V
V V V
V V V V
R
R
GS to
DD to DD GS
DD DD DD
DD to DD GS
DD GS
DD to DD GS
to to to
DD to DD GS


+
+

+
+

+
+

+
b 2 2 2
,
M
3
I
o2
M
1
I
D1
= I
R
M
n
M
2
M
i
I
o3
I
oi
I
o2
I
on
V
o2
V
o3
V
oi
V
on

Fig.11.2-11
Sottocircuiti analogici

452
cio
D Db D D D I
I
c c
V
V
c
R
R
c
V
V
R
R
v
DD
DD
r t
to
to
+ + + b
b
. [11.2-20]
con
( )
( )
c
V V
V V V V
c
V V
V V V V
GS to
DD to DD GS
r
DD GS
DD to DD GS
b

+


+
;
;


2

c
V
V V V V
c
V
V V V V
v
DD
DD to DD GS
t
to
DD to DD GS

2
2

Il cv superiore ad uno mentre cb ed il cr sono inferiori. Anche ct lo se VDD> (VGS+3Vto)/2. Au-
mentando VDD migliora linsensibilit della IR a tutti i parametri.
Leffetto termico pu essere facilmente calcolato a partire dalla [11.2-20] tenendo presente
che la tensione dalimentazione viene considerata indipendente dalla temperatura. Si pu facilmente
scrivere:
cio
D
D
Db D
D
D
D
I
I T
c
T
c
R
R T
c
V
V
T
R
R
r
t
to
to
+ + b
bD
,
o anche CT c CT c CT
c
V
V
T
I r R
t
to
to
R + + b b
D
D
. [11.2-21]
Il coefficiente CTb dipende dalla temperatura come m0; pertanto per esso pu essere presa
ne [8.3-27], mentre leffetto termico sulla soglia dato dalla [8.3-29].
Questa volta, fissato IR e VDD, R e VGS sono libere. Fissata luna si trova laltra. Se si sceglie
VGS alta si ha potenza dissipata superiore, ma b risulta minore e quindi meno area. Quindi la solu-
zione deve essere di compromesso. Per capire meglio utile fare un esempio relativo a k = 100
mA/V
2
e IR = 100 mA e Vto = 0.75 V. Se si fa VGS = 0.8 V serve un b di 80.000bA/V
2
cio W/L =
800 con PD = 80 mW. Se, invece si fa VGS = 1 V, b diventa soltanto 3.200mA/V
2
cio W/L = 32 con
PD che aumenta fino a = 100 mW. Un modesto incremento della potenza dissipata produce un note-
vole risparmio darea.
In Fig.11.2-12 riportato un esempio relativo ad uno specchio semplice che deve dare IR =
100mA con unalimentazione di 5V. I parametri tecnologici sono Vto = 0.75 V, e k = 100 mA/V
2
.
Le tolleranze dib, Vto, R sono del 21%,12% e 30% rispettivamente mentre per lalimentazione sol-
tanto dell1%. I contributi allimprecisione della corrente di riferimento sono mostrati nella
Fig.11.2-12a. Il contributo pi importante dovuto allimprecisione della resistenza. Chiaramente la
precisione migliora con la tensione VGS perch i termini crescenti e cio quelli dovuti a b e a VDD
sono meno importanti. Tuttavia questultimo, se si avesse una imprecisione di regolazione peggiore
VDD
VDD
=1%
( )
I R
IR
(R)
I R
IR
(Vto)
I R
IR
Vto
Vto
=21%


=12%
R
R
=30%
(Tot)
I R
IR
(V ) DD
I R
IR
A( m
2
)
AR( m
2
)
AM( m
2
)
Vto=0.75V
VDD=5V
Kp=100 A/V
2
L=2 m
2
min=25 m
W
L
R
IR
=100 A
0.5 1 1.5 2 2.5
0
5
10
15
20
25
30
35
40
Vgs (V)
0.5 1 1.5 2 2.5
0
100
200
300
400
500
600
700
800
Vgs (V)
10
20
30
40
50
60
70
80
W
L
R(k )
Atot ( m
2
)
0.5 1 1.5 2 2.5
0
500
1000
1500
2000
2500
3000
3500
4000
4500
Vgs (V)
PD
( W) PD
Fig.11.2-12
Sottocircuiti analogici


453
potrebbe assumere una importanza relativa superiore e le conclusioni potrebbero ribaltarsi. I valori
di W/L e di R da integrare sono riportati in Fig.11.2-12b: allaumentare della soglia diminuisce sia
R che W/L. Il risultato complessivo in termini di area che questa diminuisce al suo crescere, come
mostrato in Fig.11.2-12c. Nella stessa figura mostrata la potenza dissipata che cresce in modo tra-
scurabile nello stesso intervallo di VGS. La conclusione sembrerebbe che meglio scegliere VGS
grande per avere piccola area. Tuttavia questo potrebbe abbassare lITF e quindi bene adottare una
soluzione di compromesso. Una buona scelta sembrerebbe attorno a 1.2-1.3 V.
11.2.7.2 Generatore di WILSON
Consideriamo ora quello che avviene con lo specchio di WILSON della Fig.11.2-3. Questa
volta IR = (VDD-VD1)/R=b
1
/2$(VG1-Vto)
2
= b
1
/2$VD3-Vto)
2
Dalle ultime due delle [11.2-3], sempre
trascurando leffetto di si trova che
( ) ( ) ( )
b b b 2 2 2 2 3 2
2 2 2
V V V V V V V GS2 TH2 D1 D3 TH2 D3 to . [11.2-22]
La tensione del source di M2 la stessa del drain di M3 deve. Leffetto body espresso dalla [8.3-7],
nel nostro caso diventa
( ) ( )
V V 2V V 2V V 2V V 2V TH2 to p BS p to p D3 p + + + g g ,
Se lo specchio deve funzionare bene VD3 deve essere piccola. La precedente si pu sviluppare ap-
prossimativamente come
V V
V
2 2V
V ; TH2 to
D3
p
to D3 + + g kV
k una costante tecnologica.
Sostituendo questa espressione nella [11.2-22], dopo alcuni passaggi si ricava
V V
V V
D3 to
D1 to

+
+ +
>
( )
.
2
1
0
3 2
k
k b b

Ovviamente VD3-Vto =VG3-Vto positiva perch M3 conduca e quindi VD1 > (2+k)Vto.
La corrente di riferimento :
I
V V V - R I V
R
D1 to DD R to

+
+ +

1
]
1
1

+
+ +

1
]
1
1
b
b b
b
b b
1
3 2
2
1
3 2
2
2
2
1 2
2
1
( ) ( )
.
k
k
k
k

Da, questa, con un procedimento analogo al caso precedente, tenendo presente che la dispersione
dei beta identica nei tre transistor si pu ricavare:
D
Db
D D D
I
I
k
V V
V k V
V
V
V k V
V
R
R
V k V
V V
V
V
V V
k V
R
R
DD D
D to
DD
DD
D to
DD
D to
DD D
to
to
DD D
to

+
+ +

1
]
1
1
+

+
+

+ +
+
+
+

+

1
2
1 1
1 2
2
1
2
2
1
2
2
2
2
1
2 3
1
1
1 1
1
1
( )
( )
( ) ( )
( ( )
.
)
b b
b

Anche questa si pu esprimere come la [11.2-20]
con
c
k
V V
V k V
c
V V
V V k V
DD D
D to
r
DD D
DD D to
b
b b

+
+ +
+

+


+
1
2
1 1
1 2
2
2
2 2
2 3
1
1
1
1
( )
( )
;
(
( )
;
)



c
V
V V k V
c
k V
V V k V
v
DD
DD D to
t
to
DD D to

+
+

2
2 2
2
2 2
1
1
( )
( )
( )
[11.2-23]
Il cv superiore ad uno. Di tutti gli altri non si pu dire nulla finche non si assegna il valore di k.
Come fatto per lo specchio semplice, leffetto termico pu essere facilmente scritto come la
Sottocircuiti analogici

454
[11.2-21] utilizzando, per, i coefficiente della [11.2-23].
11.2.7.3 Generatore cascode
Analizziamo, ora, lo specchio Cascode Fig.11.2-6. Questa volta IR = (VDD-
VD4)/R=b
1
/2$(VG1-Vto)
2
= b
4
/2$(VD4-VD1-VTH4)
2
Dalla prima delle [11.2-14]
( ) ( )
b b 1 2 4 2
2 2
V V V V V D1 to D1 D4 TH4 .
Applichiamo la stessa approssimazione del caso di prima per leffetto body. Cio
V V
V
2 2V
V . TH4 to
D1
p
to D1 + + g kV
Sostituendo questa espressione nella [11.2-23], dopo alcuni passaggi si ricava
V V
V V
D1 to
D4 to

+
+ +
> b b
b b
4 1
4 1
2
1 1
0
( )
( )
.
k
k

La corrente di riferimento :
I
V V V - R I V
R
D4 to DD R to

+
+ +

1
]
1
1

+
+ +

1
]
1
1
b
b b
b b
b
b b
1
4 1
4 1
2
4
4 1
2
2
2
1 1 2
2
1 1
( )
( )
( )
( )
.
k
k
k
k


Si ottiene, quindi, sempre con dispersione dei beta uguale:
D
Db
D D D
I
I
k
k
V V
V k V
V
V
V k V
V
R
R
V k V
V V
V
V
V V
k V
R
R
DD D
D to
DD
DD
D to
DD
D to
DD D
to
to
DD D
to

+
+
+ +

1
]
1
1
+

+
+

+ +
+
+
+

+

1
2 1
1
1 2
2
1
2
2
1
2
2
2
2
1
1 4
4
1
4 4
1
4
( )
( )
( ) ( )
( ( )
.
)
b b
b

Anche questa si pu esprimere come la [11.2-20]
con
c
k
k
V V
V k V
c
V V
V V k V
DD D
D to
r
DD D
DD D to
b
b b

+
+
+ +
+

+


+
1
2 1
1
1 2
2
2
2 2
1 4
4
1
4
4
( )
( )
;
(
( )
;
)



c
V
V V k V
c
k V
V V k V
v
DD
DD D to
t
to
DD D to

+
+

2
2 2
2
2 2
4
4
( )
( )
( )
[11.2-24].
Il cv superiore ad uno. Di tutti gli altri non si pu dire nulla finche non si assegna il valore di k.
Come fatto per lo specchio semplice, leffetto termico pu essere facilmente scritto come la
[11.2-21] utilizzando, per, i coefficiente della [11.2-24].
I risultati, quindi, non sono molto differenti da quello ricavati peri i casi precedenti. Addirit-
tura, i tre termini finali sono identici per il WILSON ed il CASCODE, purch si assuma che le ten-
sioni di polarizzazione della linea di riferimento e cio, VD1 e VD4, nei due casi siano identiche. Per
questo sufficiente confrontare le due espressioni [11.2-5] e [11.2-16]. Anzi c di pi. Se si con-
frontano i termini che corrispondono alla dispersione dei beta si trova che leffetto sul cascode pi
pesante. Dunque il cascode, rispetto al WILSON, risente di pi della dispersione dei beta ma ha mi-
gliore impedenza duscita.
11.2.8 Dispersione, offset e derive termiche
Anche per gli specchi con MOS studiamo gli effetti indesiderati che dipendono da disper-
sioni delle caratteristiche e dalla temperatura. Laspetto della differenza fra i transistors visto trami-
te la loro tensione di offset.
Sottocircuiti analogici


455
Analizziamo il generatore semplice. Abbiamo ricavato le seguenti relazioni per le correnti
( ) ( ) I V V o GS1 to +
b
l
2 2
2
1 Vo
( ) ( ) I V V R GS1 to +
b
l
1 2
1
2
1 VGS
cio:
I
I
o
R

+
+
b
b
l
l
2
1 1
1
1
V
V
o
GS

Supponendo che i due MOSFET siano MATCHED
I
I
o
R

+
+
1
1 1
l
l
V
V
o
GS
.
Ci sono tre effetti che, in particolare, rendono la corrente Io diversa dalla situazione ideale
appena vista :
1. effetto di modulazione del canale ;
2. offset tra i transistors;
3. mismatching geometrici nel caso di transistors differenti.
Analizziamo i tre aspetti separatamente. Cominciamo dalleffetto di modulazione del canale.
Supponiamo ogni altro aspetto ideale e consideriamo il rapporto tra le correnti di uscita e di riferi-
mento sia uguale per i 2 MOS: tale ipotesi legittima se i MOS hanno la stessa lunghezza di
canale, dunque in tal caso si pu variare solo W in fase di progettazione. Per canali piccoli l
maggiore: bisogna considerare la tecnologia usata nel caso particolare e scegliere L > Lmin. Il
rapporto tra Io e IR pu dunque cambiare con (VDS2-VDS1). Un buono specchio di corrente avr
dunque VDS2 =VDS1 e una alta resistenza di uscita .
Consideriamo ora leffetto delloffset. Esso, come gi visto nel 9.4 dipende dal misma-
tching geometrico e fisico dei transistors:

I
I
o
R

_
,

b
b
2
1
2
1
2
V V
V V
G to
G to
.
Indichiamo con b = (b1+b2)/2 e b = b 2 - b 1 e facendo analoghe posizioni per Vto1 e Vto2. Inoltre
supponiamo che le dispersioni siano sufficientemente piccole e cio b << 1 e DVto/(VG-Vto) << 1.
Si ottiene, dopo qualche passaggio algebrico,

I
I
V
V V
o
R
TH
GS TH
+ +

+ + 1 2 1
Db D
b
eb eTH.
In generale
I
I
o
R
+ + + + 1 e e e e W L k TH ' . [11.2-25]
con chiari significato sullattribuzione alla causa dei singoli termini derrore.
Ricordando la tensione di offset:
( )
V
V V V
V V
OS
GS TH TH
GS TH

_
,

2
2
Db D
b
[9.4-4]
in definitiva: .
V V
V
2 1
V V
V
2 1
I
I
TH GS
OS
TH GS
toN
R
o


+
Lerrore che si commette nel dire che la corrente duscita uguale a quella di riferimento, solo a
causa delloffset fra i due transistors , dunque:
e

I
I
2
V
V V
o
R
OS
GS TH
1 .
Esso pi alto man mano che ci si avvicina alla soglia. Quindi, in genere, decresce collaumentare
delle correnti, a parit del fattore di forma, poich VG pi grande per correnti maggiori e Vto2-Vto1
diventa una pi piccola percentuale di VG.


Sottocircuiti analogici

456
Il discorso sulla tensione di offset vale per transistor eguali. In tal caso nella tensione di off-
set anche compreso il termine dipendente dalle dispersioni geometriche. Quando W e L sono suf-
ficientemente grandi gli errori dovuti alla tolleranza geometrica sono irrilevanti rispetto agli errori
indotti dalla tensione di offset e dal coefficiente di modulazione del canale. Ma quando lo specchio
usato per moltiplicare correnti, la tolleranza geometrica provoca errori non indifferenti. Nel caso
di IR ed IO differenti il discorso leggermente diverso. Quindi in particolari per gli amplificatori di
corrente.
Supponiamo che si voglia un rapporto Io/IR = n ! 1 delle correnti. Per semplicit supponia-
mo che gli L ed i k siano identici e che quindi, in prima approssimazione il rapporto delle correnti
pari al rapporto Wo/WR. Si possono avere diverse situazioni a causa della precisione nella realizza-
zione W. Naturalmente, nel discorso che segue il termine di offset dovuto alla differenza fra le so-
glie va aggiunto. Considereremo i due casi estremi, il primo (a), in cui la tolleranza DW agisce nello
stesso senso sulle due larghezze e, laltro (b), in cui agisce in senso opposto.
a)
I
I
W - W
W - W
1- W W
1- W W
W W W W W W W W
o
R
o
R
o
R
R o R R o + +
D
D
D
D
D D D n n n n ( ) ( ) 1 1
+ + + n n n n n n D D D W W W W W W n W W R R o R R ( ) ( ) ( ) 1 1 1 1
cio: , W / W ) 1 n ( n
I
I
R
R
o
+
b)
I
I
W + W
W - W
1+ W W
1- W W
W W W W W W W W
o
R
o
R
o
R
R o R R o + + + +
D
D
D
D
D D D n n n n ( ) ( ) 1 1
+ + + + n n n n D D W W n W W R R ( ) ( ) 1 1 1
Dunque
I
I
W W
o
R
R t + n n ( ) 1 D [11.2-26]
In entrambi i casi lerrore aumenta con ln. Il doppio segno sta per considerare che i casi di varia-
zioni concordanti o discordanti sono due in ciascuno dei casi.
Tuttavia un metodo che consente di migliorare le cose consiste nelleseguire lo specchio non
con due soli transistor ma con n+1 transistor eguali di cui n, fra di loro in parallelo sono per la cor-
rente Io e laltro per la IR. In tal caso, sempre considerando i due casi estremi si ha:
a)
I
I
W - W
W - W
o
R
R
R

D
D
n
n
b)
I
I
W + W
W - W
1+ W W
1- W W
(1 + W W W W
o
R
R
R
R
R
R R +

D
D
D
D
D D
n n n
n n 2 2 )
allora
I
I
W W
o
R
R t n n 2 D [11.2-27]
Si pu trarre una conclusione da questo discorso. Quando si usano due soli transistors,
lerrore compreso fra (n-1)DW/WR e (n+1)DW/WR. Cio circa nDW/WR. Nel caso di n+1 transi-
stors, lerrore sta fra 0 2nDW/WR. Anche se il limite superiore peggiore in questo caso, le cose,
in realt non stanno cos . Infatti, pi transistors si mettono, pi gli effetti della dispersione tendono
ad annullarsi, per cui alla fine, se n sufficientemente alto lerrore W che si commette trascurabi-
le.
Si noti che luso di n+1 transistors non modifica sostanzialmente larea occupata, ma la fa
soltanto leggermente pi grande.
Quello che stato determinato la porzione di errore W dovuto alla dispersione di W.
Lerrore complessivo si deve sempre calcolare con la [11.2-25] anche se, per lamplificatore di cor-
rente, il termine della soglia e quello di W sono i pi rilevanti.
Per quanto riguarda gli effetti termici sufficiente ricordare che negli specchi MOS vale la
Sottocircuiti analogici


457
Io = bo/R IR. Se i transistor sono nello stesso substrato e vicini stanno alla stessa temperatura e su-
biscono variazioni per effetto termico nello stesso senso e nella stessa proporzione. Allora Il coeffi-
ciente di temperatura della Io e quello della IR sono identici e vale, quindi, la [11.2-21].
11.2.9 Generatori indipendenti dallalimentazione
Nei generatori di MOS finora studiati la corrente Io, dipende in qualche modo dalla tensione
di alimentazione. Anche in questo caso possibile realizzare, come per i BJT dei generatori indi-
pendenti dalla tensione di alimentazione.
Il metodo consiste nellusare strutture autopolarizzate che possono essere basate sulla VGS o
DVGS di un MOS, sulla VBE o DVBE di un BJT connesso a diodo o sulla tensione di scarica Zener.
Questultima soluzione, come abbiamo gi detto, non certamente la migliore.
11.2.9.1 Riferimento basato su VGS

Consideriamo il caso in cui la corrente Io
dipende dalla tensione VGS di un MOSFET. Que-
sto caso analogo a quello studiato con i BJT in
cui il riferimento era basato sulla VBE ed circuiti
relativi sono nelle Fig.11.1-15 e 11.1-16.
Trascuriamo nel nostro studio leffetto
body e la modulazione del canale. Il circuito che
si realizza in Fig.11.2-13. Per ora consideriamo
soltanto la parte in nero. Quella in grigio, come
vedremo pi avanti, il circuito davviamento
che ha funzione analoga a quello per il generatore
a BJT gi visto.
I transistors M4 ed M5 costituiscono uno
specchio con IR = ID4 e ID5 uscenti (poich PMOS). Assumendo che i relativi fattori di forma F4 e
F5 siano identici e quindi i corrispondenti b4 = b 5 , si ha: ID1= b 1(VGS1-VtoN)
2
/2

= ID4 = IR = ID5 =
ID2. Daltra parte, per leffetto della resistenza R, la stessa corrente ID2 = VGS1/R. Si sta supponen-
do, come gi detto trascurabile leffetto di modulazione del canale.
evidente gi da quanto detto che la
corrente di uscita indipendente dallalimenta-
zione VDD. Si osservi che VDS1 + VDS4 = VDD.
Essendo VDS1 fissata dalla caduta su R e da VGS2
sar la tensione VDS4 a sopportare le eventuali
variazioni dellalimentazione. Quindi il nostro
circuito praticamente insensibile alle variazio-
ni dellalimentazione. Anche in questo caso,
come per il circuito analogo a BJT esistono due
punti di lavoro possibili. La Fig.11.2-14 mostra
le due curve e le due intersezioni possibili. La
retta da conto del comportamento della resisten-
za, la curva di quello di M1. Anche questa volta
necessario obbligare il circuito a lavorare in A
anzich in B. Per questo si aggiunge la parte di
innesco disegnata in grigio. Quando si alimenta il circuito, M7, connesso a diodo, obbliga la corren-
te a circolare in R8 e a polarizzare lNMOS M8 in modo che la sua corrente di source non sia nulla.
Allora il punto di lavoro si sposta verso il punto A. Quando arriva l la tensione del source di M8
R
+
-
I
op
M2
M
4
M1 M
3 V
R
Ion
I
R
= I
D4
V
DD
M
5
M
6
V
SS
M7
M8
R8
I
D5

Fig.11.2-13
V
GS1
I
R
b b
= 5 mA/V
2
0.5
1
1.5
2
2.5
3
3.5
4
4.5
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6 1.8 2
0
(ma)
(V)
R = 1 K
W W
V
to
= 0.7 V
B
A
( )
2
toN
1 GS
1
2 D
V V
2
I

R
V
I
1 G S
2 D


Fig.11.2-14
Sottocircuiti analogici

458
salita in modo che la corrente ID8 diventa ora trascurabile rispetto la IR ed il circuito funziona corret-
tamente.
Determiniamo, anche analiticamente, il comportamento del generatore. Trascuriamo, come
gi detto, sia leffetto body che la tensione di Early di M2. Ci perfettamente valido se si tiene
conto che volendo realizzare un alto ITF questo transistor dovr lavorare con tensioni pi piccole
possibili e pertanto sia il suo drain che il suo source sono a bassa tensione. La tensione di soglia de-
gli NMOS sia VtoN. Allora
( ) ( )
R
V
R
V V
V V
2
V V
2
I
R
V
R
V
I
toN toN
1 G
2
toN
1 G
1
2
toN
1 GS
1
1 D
1 G 1 GS
2 D
+

. [11.2-28]
Da questa si trae: ( ) ( ) . 0
R
V 2
V V
R
2
V V
toN
toN
1 G
1
2
toN
1 G

Perch il transistor possa condurre


serve che VG1 sia pi alto di VTN e pertanto delle due soluzioni quella negativa da scartare. Risol-
vendo, quindi, si ricava: [ ]. R V 2 1 1
R
1
V V 1 toN
1
toN
1 G
+ +

Associandola con la [11.2-28 si ha:


[ ] .
I 2
R V 2 1 1
R
1
1
1
1 toN
1

+ +


Per cui [ ] . R V 2 1 1
R 2
1
I I
2
1 toN
1
2 D 1 D + +

[11.2-29]
Da questa si pu ricavare il valore della resistenza R da inserire:
.
I
2
I
V
R
1 D 1 1 D
toN

+ [11.2-30]
Affinch lo specchio possa funzionare bene serve che entrambi i transistors lavorino in satu-
razione. Allora la tensione minima VD1min perch ci avvenga VD1min = VG1 VtoN. E questa, per la
[11.2-28] diventa . I 2 V 1 1 D min 1 D Si noti che il transistor M3 che da la corrente duscita ha la
stessa VG - VTN e pertanto la tensione minima in uscita data dalla relazione precedente e cio:
. I 2 V 1 1 D in om
Ovviamente la corrente duscita pu anche essere differente da ID1. Il rapporto fra i due fattori di
forma di M3 e M1 determina il rapporto fra la corrente Io e quella di riferimento ID1. Pertanto
. I 2 I 2 V 3 o 1 1 D in om [11.2-31]
Riprendiamo la [11.2-30]. Se nel secondo membro possiamo trascurare il secondo termine, e
cio quando , I 2 I V 1 D 1 1 D TN >> o anche b1= kNF1 >> ID1/VtoN. Allora R Vton/ID1. Quindi se si
sceglie un transistor M1 con un fattore di forma
F1 >> ID1/kNVTN [11.2-32]
si ha che la corrente di M1 dipende solo da VT e R e cio
ID1 VtoN/R. [11.2-33]
Per quanto detto la prima, la corrente del generatore dipende solo dal rapporto dei fattori di forma
di M3 e M1. Sappiamo che negli integrati non facile ottenere fattori di forma precisi ma, invece,
matching buoni. Allora, se il fattore di forma soddisfa la [11.2-32], la corrente duscita dipende so-
lo dalla precisione della soglia e della resistenza.
Questo tipo di generatore soffre dellinconveniente di un coefficiente di temperatura certa-
mente negativo. Infatti, nellipotesi [11.2-32] la corrente Io
Io b3/b1 VtoN/R. [11.2-33]
Gli effetti termici sui b di transistor vicini in un integrato si eliminano. Allora:
Sottocircuiti analogici


459
.
RdT
dR
dT V
dV
dT I
dI
to
to
o
o
[11.2-34]
Applicando la [8.3-29] a tipici dispositivi integrati si pu calcolare che dVto/dT ha un valore
dellordine di -2+2.5 mV/C. Con una tensione di soglia di 0.5-1V il primo termine del secondo
membro ha un valore (2000+5000) ppm/C. Per quanto riguardo il secondo termine la TAV.9.3-29
da coefficienti di temperatura positivi fino a 5000ppm/C. A meno che non si utilizzino film di
SNO2 che offre un coefficiente di temperatura negativa, ma che non va oltre a 1500ppm/C. Per-
tanto, comunque sia, il generatore soffre di un coefficiente di temperatura negativo che, a secondo
della scelta fatta per la resistenza, va da 500 fino a 10000 ppm/C.
11.2.9.2 Riferimento basato su D DVGS

Una configurazione differente di generato-
re indipendente dallalimentazione mostrata nel-
la figura accanto. La parte in grigio il circuito
davviamento di cui si gi detto.. Per gli stessi
motivi del paragrafo precedente la corrente di u-
scita indipendente dallalimentazione VDD. Que-
sto caso ha una certa analogia con quello studiato
con i BJT in cui il riferimento era basato sulla
DVBE ed circuiti relativi sono nelle Fig.11.1-18 e
11.1-19.
Nel caso del paragrafo precedente la cor-
rente duscita dipende essenzialmente dalla ten-
sione di soglia di un transistor che tipicamente ha
tolleranza dellordine del 20%. In questo nuovo
caso essa dipende dalla differenza fra le due tensioni VGS dei due MOSFET M1 e M2 e si ottiene una
precisione migliore. Anche questa volta fondamentale che i due transistor abbiano fattori di forma
differenti.
Per lanalisi trascuriamo leffetto body e la modulazione del canale. I transistors M4 ed M5
costituiscono uno specchio con IR = ID4 = ID5 uscenti. Assumendo che i relativi fattori di forma F4 e
F5 siano identici e quindi i corrispondenti b4 = b5, si ha:
( ) ( ) ( ) ( )
2
toN 2 S 1 G
2
2
toN 2 GS
2
2 D
2
toN 1 G
1
2
toN 1 GS
1
1 D
V V V
2
V V
2
I V V
2
V V
2
I

[11.2-35]
Daltra parte per leffetto della resistenza R la stessa
ID2 = VS2/R. [11.2-36]
Calcoliamo il comportamento del generatore. Per realizzare un alto ITF il MOS M2 debbono
lavorare con tensioni pi piccole possibili. Allora sia il drain che il source sono a bassa tensione.
Quindi corretto trascurare, sia leffetto body che la tensione di Early. Dalla [11.2-35] si ottiene
,
V V
V
1
V V
V
1
V V
V
1
toN 1 G
2 S
2
1
2
1
toN 1 G
2 S
2
toN 1 G
2 S
2
1

,
_


Ricavando dalla [11.2-36] VS2 e sostituendola nella precedente si ricava la corrente ID2 = ID1:
.
F
F
1
R
V V
1
R
V V
R
V
I I
2
1
toN 1 G
2
1
toN 1 G 2 S
2 D 1 D

,
_

,
_

[11.2-37]
F1 e F2 sono i fattori di forma dei due transistor NMOS nello stesso integrato. Dalla [11.2-35] si ri-
cava che . I 2 V V 1 1 D toN 1 G Questa, sostituita nella precedente, dopo alcuni passaggi da:
R
+
-
IR = I4
M7
R8
M8
M3
VSS
VR
M5
M4
M1
I5
Iop
VDD
Ion
M2

Fig.11.2-15
Sottocircuiti analogici

460
.
F
F
1
R
2
1
R
2 1 1
R
2
I I
2
2
1
2
1
2
2
1
2
1
2
2 1
2
2 D 1 D

,
_

,
_

,
_

[11.2-38]
Se si tiene conto del fatto che le correnti nei due transistors sono eguali, e si trascura leffetto di
modulazione del canale, si trova che linverso della radice di b proporzionale a VGS - Vto. Allora
dalla precedente .
R I
) V V (
I 2
V V
I 2
V V
R
2
I I
2
1 D
2
1 toN GS
2
2 D
2 toN 2 GS
1 D
1 toN 1 GS
2
2 D 1 D


,
_

Cio, in ultima
analisi, ID1 = DVGS/R. Pertanto se i due transistors sono realizzati con la stessa tecnologia, nello
stesso integrato e vicini le loro tensioni di soglia, anche se singolarmente possono essere imprecise
anche del 20 %, tuttavia la loro differenza sar trascurabile e le loro correnti dipenderanno soltanto
dalla differenza fra le due tensioni gate-source.
La resistenza R da usare si ricava dalla [11.2-38]. :
.
F
F
1
I
2
1
R
2 1 1
R
2
I R
2
1
2 D 1
2
2
1
2
1
2
2 1
2
2 D

,
_

,
_

,
_

[11.2-39]
La tensione minima ha la stessa espres-
sione del caso precedente perch il transistor M3
specchia comunque la corrente di M1.
Anche in questo caso, come per il circui-
to analogo a BJT esistono due punti di lavoro
possibili. La Fig.11.2-16 mostra le due curve e
le due intersezioni possibili. Anche questa volta
necessario obbligare il circuito a lavorare in A
anzich in B e ci si ottiene, al solito, con il cir-
cuito davviamento.
Determiniamo il comportamento termico
a partire dalla [11.2-38]. Teniamo presente che
la corrente duscita dipende dal b3 di M3. Allo-
ra:
.
F
F
1
R
2
F
F
1
R
2
I I
2
2
1
2
1
1
3
2
2
1
2 2
1
3
2 D
1
3
o

,
_

,
_

[11.2-38]
Nel 8.3-6 abbiamo visto con la [8.3-27] che b influenzato dalla temperatura tramite la mobilit
ed il relativo coefficiente di temperatura negativo e pari a .
dT
d
dT
d

A temperatura ambiente
esso di -5000 ppm/C. Teniamo sempre presente che il rapporto fra due fattori di forma non in-
fluenzato dalla temperatura. Allora dalla [11.2-38]:
.
RdT
dR
2
dT
d
RdT
dR
2
dT
d
dT I
dI
o
o

[11.2-40]
Mentre il primo termine del secondo membro ha un valore 5000 ppm/C, per quanto riguardo il se-
condo, la TAV.9.3-29 da coefficienti di temperatura positivi fino a 5000 ppm/C da moltiplicare per
il fattore 2. Il risultato che, con una scelta opportuna del tipo di resistore, il coefficiente di tempe-
ratura della corrente pu diventare molto piccolo ed addirittura ad annullarsi.
abbastanza semplice eseguire un confronto fra i due sistemi. Lo facciamo a parit di cor-
rente duscita e di F3/F1. Con il secondo sistema si ottiene un risparmio di area della resistenza, an-
che se richiede un transistor M2 pi grande di quello dellaltro caso. Inoltre esso preferibile per le
ragioni esposte a proposito del coefficiente di temperatura.
V
GS1
I
R
b b
= 5 mA/V
2
0.5
1
1.5
2
2.5
3
3.5
4
4.5
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6 1.8 2
0
(ma)
(V)
R = 220
W W
V
to
= 0.7 V
A
B
A D1 = I

,
_

2
1
toN 1 G
F
F
1
R
V V
( )
2
toN
1 G
1
V V
2

D1 I
F
2
/F
1
= 3

Fig.11.2-16
Sottocircuiti analogici


461
11.3 Amplificatori di corrente
Nei precedenti paragrafi abbiamo visto tutta una serie di specchi e generatori di corrente.
Riprendiamo, per esempio i generatori di correnti multipli a BJT del 11.1.5 o quelli a MOS del
te di una delle uscite e quella di riferimento esiste la relazio-
ne di proporzionalit che dipende soltanto dalle caratteristiche geometriche dei transistors. Questo
discorso non vale soltanto per i generatori elementari ma, sostanzialmente anche per tutti gli altri. In
genere sempre possibile esprimere questo rapporto come
per i BJT ;
S
S
k
I
I
R
o
R
o
[11.3-1]
per i MOS .
F
F
k
I
I
R
o
R
o
[11.3-2]
Ovviamente SR e So sono aree dei BJT mentre
FR e Fo sono i fattori di forma dei MOS. Il pedi-
ce R si riferisce ai transistors dove scorrono le
correnti di riferimento mentre il pedice o a quelli
in cui scorre la corrente duscita. k una costan-
te di proporzionalit che dipende dal tipo di
specchio e che spesso unitaria.
Allora evidente, che, se noi facciamo
variare la corrente di riferimento, entro certi li-
miti, anche la corrente duscita varia. Il loro
rapporto costante ed espresso dalle due rela-
zioni precedenti. Questo rapporto, che pu benissimo essere superiore allunit, viene chiamata am-
plificazione di corrente. Lo specchio, adoperato in questo modo, si comporta come un vero e pro-
prio amplificazione di corrente. In generale meglio utilizzare invece che il pedice R il pedice i per
indicare lingresso. Pertanto lamplificazione di corrente si pu generalmente esprimere come:
per i BJT ;
S
S
k
I
I
A
i
o
i
o
I [11.3-3]
per i MOS .
F
F
k
I
I
A
i
o
i
o
I [11.3-4]
Riprendiamo quanto detto nel
2.1.3 a proposito dei doppi bipoli e ri-
disegniamo la Fig.2.1-10 che riportia-
mo nella Fig.11.3-2a adeguatamente
adattata ai simboli che stiamo adottan-
do. Un amplificatore ideale di corrente
dovrebbe avere Zo infinita, Zi anche gr
nulli. In tal caso il suo circuito equiva-
lente sarebbe rappresentata dalla Fig.11.3-2b. Purtroppo le cose non vanno cos . Non soltanto le im-
pedenze dingresso e duscita a non sono quelle del caso ideale, ma esistono altre differenze impor-
tanti. Per esempio il comportamento statico differisce da quello dinamico. LITF limita la tensione
duscita e, quindi e cos via.
Tuttavia alcune cose sono gi state dette. In particolare la parte relativa al circuito duscita
stata ben chiarita per ogni tipo di generatore. LITF e limpedenza duscita sono gi stati calcolati
per tutti i generatori, e non sembra il caso di ridiscuterne. Sembra, invece, piuttosto importante
prendere in esame il circuito dingresso ed il suo comportamento.
Q
1 Q
2
S
1 S
2
I
o
I
R
M
1 M
2
(W/L)1
I
o
I
R
(W/L)2

Fig.11.3-1
I
i
Vi
+
- -
+
+
-
Zi
Zo grVo Vo
Io
Ai

Ii
(a)
Io
Ai

Ii
(b)
Ii

Fig.11.3-2
Sottocircuiti analogici


462
11.3.1 Amplificatori di corrente con BJT
La trattazione che segue viene fatta adottando alcune ipotesi semplificative. In particolare:
a) trascurando la differenza che esiste fra bF0 e bF il rapporto bF0/bF potr essere approssimato ad
1 e per la resistenza rce dalla [7.2-42] si potr usare
;
I
V
I
V
r
C
A
C 0 F
A F
ce

[11.3-5]
b) consideriamo anche transistor di ottimi guadagni di corrente e quindi
bF >> 1 e bf >> 1. [11.3-6]
Inoltre, poich per la [7.2-41] rbe = IB/hVT, per i transistors dove circola la corrente
dingresso IBi, ,
I
V
r
Bi
T
bei

[11.3-7]
e per quello duscita con corrente IBo, .
I
V
r
Bo
T
beo

[11.3-8]
Pertanto il loro rapporto rS, dipende soltanto dalle sezioni dei due transistors
,
I
I
I
I
r
S
S
r
r
Fo
Fi
Ci
Co
Bi
Bo
S
i
o
beo
bei

[11.3-9]
e anche . r r r beo S bei [11.3-10]
Amplificatore di corrente semplice
Riprendiamo il circuito della Fig.11.1-1 ri-
disegnato opportunamente accanto. Per la corrente
dingresso Ii = IC1 + IB1 + IB2 IB1bF1 + IB2 =
IB2bF1/rS + IB2 = (bF1/rS +1)IB2 = (bF1/rS +1)Io/bF2.
E da questa ,
r
r
I
I
A
1 F S
2 F
S
i
o
iSt
+

[11.3-11]
che lamplificazione statica di corrente. Si tenga
inoltre presente che in condizioni statiche
limpedenza dingresso limitata dal fatto che le
giunzioni B-E di entrambi i transistors debbono
stare al disopra della soglia e quindi ZiSt Vg/Ii.
Ricordiamo che Vg la tensione di soglia della giunzione B-E.
pi interessante calcolare lamplificazione dinamica Il circuito equivalente che si ricava
dalla Fig.11.3.3a e disegnato nella parte b. Il calcolo analogo a quello dellamplificazione statica
ed abbastanza semplice i i = i b1 + bf1i b1 + i b2 bf1i b1 + i b2 = bf1i b2/rS + i b2 = (bf1/rS + 1)i b2 = (bf1/rS +
1)i o/bf2 . E allora
.
r
r A
1 f S
2 f
S i
+


i
o
i
i
[11.3-12]
Da questa possibile determinare il rapporto fra le aree dei due transistors per avere una certa am-
plificazione:
,
A
A
S
S
r
i 2 f
1 f
i
1
2
S

[11.3-13]
e la massima amplificazione di corrente che si pu ottenere bf2, ma con grandi transistors.
Lo stesso circuito equivalente pu essere utilizzato per determinare limpedenza dingresso.
Riprendendo il calcolo precedente i i bf1i b1 + i b2 = bf1vi/rbe1 + vi/rbe2 = (bf1/rbe1 + 1/rbe2)vi = (1/gm1 +
1/rbe2)vi. Pertanto limpedenza dingresso
IB1 IB2
Ii
IC1
Io
Q1 Q2
C1
r
b
e
1
i i i i
b b
f
1
i i
b
1
r
b
e
2
i i
b
2
i i
b
1
B2 B1
(a)
(b)
S1 S2

Fig.11.3-3
Sottocircuiti analogici


463
. r || ) g / 1 ( Z 2 be 1 m
i
i
i
i
v
[11.3-14]
che per le posizioni fatte si pu anche scrivere come
.
r / 1
r
Z
S 1 f
2 be
+
i [11.3-15]
che tenendo presente che Io = bF2IB2 e la [11.3-8] diventa:
.
r / 1 I
V
Z
S 1 f
2 F
o
T
+

i [11.3-16]
Abbiamo visto che limpedenza duscita per il generatore semplice rce. Allora, un parame-
tro interessante il rapporto fra le due impedenze duscita e dingresso e cio:
.
r / 1
V
V r / 1
V
I
I
V r / 1
V
I
r
Z
Z
2 Fo
S 1 f
T
A
2 F
S 1 f
T
o
o 02 F
A 2 F
2 F
S 1 f
T
o
2 ce
o

i
[11.3-17]
piuttosto interessante riscrivere la [11.3-16] e la [11.3-17] inserendo il valore di rS dato
dalla [11-3-13 ] che serve per avere un opportuno Ai. Si ricava
.
A V
V
Z
Z
2 Fo i
2 f
T
A o

i
[11.3-18]
.
g
A
Z
2 m
i
i [11.3-19]
Allora, mentre il rapporto fra le due impedenze non dipende dal punto di lavoro, invece
limpedenza dingresso migliora se aumenta la corrente. In ogni caso pi amplificazione si vuole e
peggio per limpedenza dingresso.
Amplificatore di corrente Wilson
Riprendiamo la Fig.11.1-7 relativa al generatore
di Wilson e la riportiamo accanto, insieme al suo circui-
to equivalente semplificato nel senso che si sono adottati
i modelli a due parametri trascurando le resistenze di
collettore.
La corrente dingresso Ii = IC1 + IB2 = bF1IB1 +
IB2 = bF1/rS IB2 + IB2 = (bF1/rS +1)IB2 = (bF1/rS +1)Io/bF2.
E da questa si ricava lamplificazione statica di corrente,
del tutto identica alla [11.3-11]. Cio
.
r
r
I
I
A
1 F S
2 F
S
i
o
iSt
+


Limpedenza statica dingresso limitata dal fatto che le
giunzioni B-E di entrambi i transistors M2 e M3 debbono
lavorare al disopra della soglia e quindi ZiSt 2Vg/Ii.
Il funzionamento dinamico pu essere ricavato dal circuito equivalente. Le due resistenze
rbe1 e rbe3 hanno ai capi la stessa tensione. Pertanto per esse vale: rbe1i b1=rbe3i b3. Daltra parte, al nodo
dellemettitore di M2 si ha i b2 + bf2i b2 = i b1 + i b3 + bf3i b3, che per la condizione [11.3-6] sui beta pu
essere approssimata da bf2i b2 i b1 + bf3i b3. Questa per la [11.3-9] si pu scrivere come bf2i b2 i b1 +
bf3

r b1/rb3

i b1 = (1 + bf3

r S)

i b1. Da questa .
r 1 r 1 S 3 f
o
2 b
S 3 f
2 f
1 b
+

i
i i Se si vuole amplificare la cor-
rente, rS > 1, e bf3rS >> 1 e la precedente si approssima in
r
b
e
1
i i i i
b b
f
3
i i
b
3
r
b
e
3
i i
b
3
i i
b
1
C
2
(b)
I
B1
I
B2
I
i
I
C1
I
o
Q
1
Q
2
(a)
Q
3
I
C3
I
B3
b b
f
1
i i
b
1
b b
f
2
i i
b
2
r
b
e
2
i i o o
i i
b
2
C
1
h h
B
2
B
1 h h
B
3 h h
C
3 h h
E
2
S
1
S
2
S
3
=S
2

Fig.11.3-4
Sottocircuiti analogici


464
.
rS 3 f
o
1 b

i
i [11.3-20]
Per quanto riguarda la corrente dingresso .
r
1
r 2 f
o
S
1 f
S 3 f
o
1 f
2 f
o
1 b 1 f 2 b

,
_

+
i i i
i i i i Si suppo-
sto che M2 ed M3, attraversati dalla stessa corrente, abbiano eguali beta. Pertanto

1 f S
2 f
S
S 1 f
2 f
i
r
r
r 1
A
+


i
o
i
i

del tutta identica alla [11.3-12] del caso precedente. Allora vale anche la [11.3-13] per la scelta del
rapporto fra le aree e la stessa limitazione per la massima amplificazione di corrente.
Per determinare limpedenza dingresso, bisogna osservare che nel circuito equivalente la
i o i i i
i
i i v i
2 m S 2 be
1 be
2 f
2 be
S 3 f
o
1 be
2 f
o
2 be 1 b 1 be 2 b 2 be A
g
2
r
1
r
r
1
r
r
r
i
r r r

,
_

+ . Allora

S 1 f
2 be
S 1 f
2 f
2 m
i
2 m r 1
r 2
r 1 g
2
A
g
2
Z
+

i [11.3-21]
che, a parit di tutto, il doppio del caso precedente. Pertanto la [11.3-16] pu essere riscritta come:
.
r / 1 I
V
2 Z
S 1 f
2 F
o
T
+

i [11.3-22]
Calcoliamo ora il rapporto fra le impedenze duscita e quella dingresso. Ricordiamo che
limpedenza duscita del Wilson stata calcolata come bf2rce/2. Allora
.
4
r / 1
V
V r / 1
V
V
4 2
r / 1
V
I
I
V
2 2
r / 1
V
I
2
r
Z
Z S 1 f
T
A
2 Fo
S 1 f
T
A 2 f
2 F
S 1 f
T
o
o 02 F
A 2 F 2 f
2 F
S 1 f
T
o 2 ce 2 f o +

i
[11.3-23]
Anche se limpedenza dingresso peggiorata, rispetto al caso precedente, perch raddoppiata, tut-
tavia il miglioramento del rapporto notevole e pari a circa bf2/4, a causa del netto miglioramento
di Zo.
Amplificatore di corrente cascode
Se si parla di amplificatori di corrente ci si
aspetta che il rapporto fra le due correnti duscita
e dingresso sia superiore ad uno. Il generatore ca-
scode di Fig.11.1-8 con la resistenza
sullemettitore di Q3 non soddisfa queste condi-
zione, come daltra parte il generatore di Widlar,
in quanto entrambi sono fatti apposta per correnti
di riferimento maggiori di quelle del generatore e
pertanto non sono in grado di amplificare. Invece
il cascode di Fig.11.1-9 adatto allo scopo. Ac-
canto ne ridisegniamo lo schema ed il circuito e-
quivalente al fine di determinare le propriet di
questo circuito come amplificatore.
Per la corrente dingresso Ii = IB2 + IB3 +
IB1 + IC1 IC2/bF2 + IB3 + bF1IB3/rS = Io/bF2 + (1 +
bF1/rS) IB3 = Io/bF2 + (1 + bF1/rS) IC3/bF3 Io/bF2 + (1 + bF1/rS) Io/bF3 (2 + bF1/rS) Io/bF2. Quindi
.
r 2
r
I
I
A
1 F S
2 F
S
i
o
iSt
+

[11.3-24]
Anche questa volta limpedenza statica dingresso ZiSt 2Vg/Ii.
r
b
e
4
i i i i
I
B1
I
C1
Q
1
I
B2
I
i
I
o
Q
2
(a)
Q
3
I
C3
I
B3
b b
f
1
i i
b
1
b b
f
3
i i
b
3
r
b
e
3
I
C4
I
B4
Q
4
C
2
(b)
b b
f
4
i i
b
4
b b
f
2
i i
b
2
r
b
e
2
i i o o
C
3 h h
E
2
B
4 h h
B
2 h h
C
4
r
b
e
1
B
1 h h
C
1 h h
E
4 h h
B
3
S
1
S
3
=S
2
S
4
=S
1
S
2
i i
b
1
i i
b
4
i i
b
2
i i
b
3

Fig.11.3-5
Sottocircuiti analogici


465
Lanalisi del circuito equivalente ci consente di determinare lamplificazione e limpedenza
dingresso. Anche questa volta le due resistenze rbe1 e rbe3 hanno ai capi la stessa tensione. Pertanto
rbe1i b1 = rbe3i b3, i b1 = i b3/rS. Daltra parte, al nodo dellemettitore di M2 si ha bf3i b3 = i b2 + bf2i b2, che per
la condizione [11.3-6] sui beta pu essere approssimata come i b2 i b3 = i o/bf2. Per quanto riguarda la
corrente dingresso, supponendo che M2 ed M3, attraversati dalla stessa corrente, abbiano eguali be-
ta ( ) ( ) . r 2 1 r 1 2 f S 1 f 3 b S 1 f 3 b 1 b 1 f 1 b 2 b + + + + + + o i i i i i i i i Pertanto
.
r 2
r
r 1
A
1 f S
2 f
S
S 1 f
2 f
i
+


i
o
i
i
[11.3-25]
Se si determina il rapporto rS fra le aree per avere un determinato Ai si trova
.
A 2
A
S
S
r
i 2 f
1 f
i
1
2
S

[11.3-26]
e la massima amplificazione di corrente che si pu ottenere, questa volta bf2/2, ma sempre con
grandi transistors.
Consideriamo il nodo B1: . 3 b 1 b 1 f 1 b 4 b 4 f 4 b i i i i i + + + Per la solita approssimazione sui beta e
poich i due transistor M1 e M4 sono identici . ) / 1 r / 1 ( 3 f o 1 f S 1 f 3 b 1 b 4 b + + i i i i i La tensione
sullimpedenza dingresso si calcola come caduta di potenziale su rbe4 e rbe3. Allora

1
]
1

,
_

+ +

,
_

+ + i
o
i i
i i
i i v
1 f S 2 be
4 be
2 be
3 be
2 f
2 be i
2 f
o
3 be
2 f 1 f S
4 be 3 b 3 be 4 b 4 be
1
r
1
r
r
r
r r A
r
1
r
1
r r r
.
r
2
r A 1
r
1
r 1
r A
1 f
S
2 f
2 be i
1 f S
S
2 f
2 be i
i i i i

,
_

1
]
1

,
_

+ +


Cio: .
r / 2
2 / r 1
r 2
r
2
r A
Z
S 1 f
1 f S
2 be
1 f
S
2 f
2 be i
i
+
+

,
_

[11.3-27]
Si pu fare vedere che, a meno che non sia rS << bf1 lamplificatore cascode ha una impe-
denza dingresso peggiore di quella del Wilson. Tuttavia se si considera il rapporto Zo/Zi le cose
cambiano. Comunque sia rS, purch lamplificatore guadagni, allora questo rapporto pi favorevo-
le per il cascode che per il Wilson. Ci dovuto allimpedenza duscita del cascode che il doppio
di quella del Wilson.
Per concludere il comportamento del cascode sempre migliore di quello del Wilson ed ov-
viamente, a maggior ragione, dellamplificatore semplice a due transistors. Tutto questo si ottiene a
spese della maggiore area di silicio e dellabbassamento dellITF ed della minore dinamica anche
dellingresso dato che per Cascode e Wilson bisogna superare due soglie e non una soltanto
11.3.2 Amplificatori di corrente a MOS
Anche in questo caso potranno essere fatte delle approssimazioni. In particolare verr tra-
scurato, alle volte, leffetto di modulazione del canale. Pertanto, per la resistenza differenziale di
drain e per la conduttanza mutua le espressioni [8.3-36] e [8.3-39] saranno approssimate come:
rd = VA/ID; [11.3-28]
. I F ' k 2 I ) L / W ( ' k 2 I 2 g D D D m [11.3-29]
F =W/L il fattore di forma del transistor.
Per loro prodotto stato ricavato nel 10.2.1.1.2 come lamplificazione massima che per
una configurazione CS. Trascurando l VDS questo prodotto assume il valore dato dalla [10.1-5]
. 1
I
V
2 r g A
D
A
d m Max 0 v >> [10.2-5]
Sottocircuiti analogici


466
Amplificatore di corrente semplice
Cominciamo a studiare lamplificatore semplice a due transistor di Fig.11.2-1, riportato sot-
to. Poich non entra corrente nei due gates le correnti dingresso e duscita coincidono, rispettiva-
mente con le correnti di drain di M1 e M2, rispettivamente. Ci vale sia per le componenti continue
che per le relative variazioni. Il loro rapporto proprio rs data dal rapporto fra i due fattori di forma
F2 e F1 cio, nella 11.3-4 bisogna porre k =1 . Allora
per i MOS . r
) L W (
) L W (
F
F
A
I
I
A S
1
2
1
2
i
i
o
iSt
i
o
i
i
[11.3-30]
La tensione dingresso in continua deve superare
la tensione di soglia Vto del transistor. Non opportuna
superarla di molto per cui ZiSt Vto/Ii.
Riguardo le altre prestazioni dinamiche, vediamo
che limpedenza dingresso pu essere determinata dal
circuito equivalente della Fig.11.3-6b, mentre quella
duscita stata gi calcolata nel 11.2.1 come rd2. Si ha
. g
r
r g 1
r
g 1 m
1 d
1 d 1 m
1 d
1 m i i
i
i i v v
v
v i
+
+ Infatti per la [10.2-5] il
prodotto gmrd molto grande. Per cui
.
1 m g
1
Z i [11.3-31]
Determiniamo, al solito Zo/Zi. Per quanto detto:
.
A
r
V
I A
F ' k 2
V
I
I

I
F ' k 2
I
V
I F ' k 2 r g
Z
Z
i
A
o i
1
A
o
i
o
1
o
A
i 1 2 d 1 m
o

i
[11.3-32]
con . V
I
F ' k 2
r A
o
1
[11.3-33]
Questo rapporto migliora con il fattore di forma del primo transistor e, a parit di guadagno, aume n-
tando larea del silicio. Inoltre migliora diminuendo la corrente duscita. Tuttavia se voglio un gua-
dagno pi alto esso peggiora.
Amplificatore di corrente Wilson
La struttura del generatore Wilson di Fig.11.2-3, ripor-
tata accanto per comodit, pu essere adoperata per reali zzare
un amplificatore di corrente. La corrente dingresso deve pilo-
tare il drain del transistor M1, cos come per il generatore
semplice, sia la componente statica che la sua variazione (ve-
di accanto il circuito equivalente). Pertanto limpedenza
dingresso dinamica sempre la stessa, data dalla [11.3-31].
Quella statica pi alta perch bisogna superare sia la soglia
di M2 che di M3. Non opportuna superarle di molto per cui
ZiSt 2Vto/Ii.
Se i due transistors M2 e M3 hanno gli stessi fattori di
forma, allora lamplificazione di corrente, sia statica che di-
namica il rapporto rs fra F2 e F1 come nel caso precedente e
per esse vale sempre la [11.3-30]. Laltra cosa diversa rispetto
allamplificatore semplice a due transistor che, limpedenza duscita, per quanto detto nel 11.2.2,
data dalla [11.2-7], molto pi grande di quella di prima. Pertanto il rapporto Zo/Zi migliora di mol-
to.

M
1 M
2
(W/L)1
I
o
I
i
(W/L)
2
i i i i
(b)
g
m
1
v v
i
G
1 h h
G
2 h h
D
1
r r
d
1
v v i i
(a)

Fig.11.3-6
M
1 M
3
(W/L)1
I
o
I
i
(W/L)3
i i i i
(b)
g
m
1
v v
i
D
1
h h
G
2
r r
d
1
v v i i
(a)
M
2
(W/L)3=(W/L)2

Fig.11.3-7
Sottocircuiti analogici


467
Esso diventa:
2
2
A
o
1
o
2
o
2
A
i 1
o
r V
I
F ' k 2

I
F ' k 2
I
V
I F ' k 2
Z
Z

,
_


i
[11.3-34]
che confrontata con la [11.2-32] dice che questo rapporto, per lamplificatore di Wilson molto pi
grande.

Amplificatore di corrente cascode
La struttura del generatore cascode di
Fig.11.2-6 riportata accanto. Il drain del transistor
M4 pilotato dalla corrente dingresso. Limpedenza
dingresso statica , come per il caso precedente, pi
alta perch bisogna superare sia la soglia di M2 che
di M3. Ancora una volta non opportuna superarla
di molto per cui ZiSt 2Vto/Ii.
Per quanto riguarda limpedenza dingresso
dinamica bisogna rifarsi al circuito equivalente. Il
gruppo equivalente al transistor M1, per quanto ab-
biamo gi detto pi volte, pu essere approssimato
con un resistenza 1/gm1 nella quale scorre la corrente
i i . La tensione del drain di M1 dunque i i /gm1. Calco-
liamo le correnti dei due generatori del transistor M4: gmb4vbs4 = h4gm4(-vs4) = -h4gm4vd1 = -
h4gm4i i /gm1 e se i fattori di forma di M1 e M4 sono identici si riduce a gmb4vbs4 = h4gm4 (- vs4 ) = -
h4gm4vd1 = -h4i i . gm4vgs4 = gm4 (vd4 - vs4) = gm4 (vi - vd1) = gm4vi - gm4i i /gm1= gm4vi i i . I due generatori
sono in parallelo ed equivalenti ad un unico generatore -h4i i + gm4vi i i = gm4vi (1+h)i i . Allora, per
la corrente dingresso dingresso : i i = gm4vi (1+h)i i + (vi - vd1)/rd4 = gm4vi (1+h)i i + (vi - i i /gm1)/rd4.
i i + (1+h)i i + i i /rd4gm1= gm4vi + vi /rd4. Se i fattori di forma di M1 e M4 sono identici il coefficiente
rd4gm1 molto grande e la precedente si approssima come (2+h)i i (gm4rd4 + 1)vi /rd4 gm4vi .
Limpedenza dingresso , quindi: un po pi del doppio di quella del cascode.
.
g
2
g
2
Z
1 m
4
4 m
4 +

+
i [11.3-35]
Se i due transistors M2 e M3 hanno gli stessi fattori di forma, allora lamplificazione di cor-
rente, sia statica che dinamica il rapporto rs fra F2 e F1 come nei casi precedenti e per esse vale
sempre la [11.3-30]. Laltra cosa diversa rispetto allamplificatore semplice a due transistor
limpedenza duscita che, per quanto detto nel 11.2.3, data dalla [11.2-7], molto pi grande di
quella di prima. Pertanto per il rapporto Zo/Zi possiamo calcolare.

2
4
2
2
A
o
1
4
2
2
o
2
o
2
A
4
i 1 o
r
2
1
V
I
F ' k 2
2
1
) 1 (
I
F ' k 2
I
V
2
I F ' k 2
Z
Z
+
+

,
_

+
+
+
+

i
[11.3-36]
circa la met del precedente.


v v
d4
= v = v i i
G1 G3 D1 S4
g
m
1
m
1
v v
d
1
g
m
4
v v
g
s
4
g
m
b
4
v v
b
s
4
G2
G4
D4
r
d
1
i i i i
r
d
4
I
o
M4
I
i
M1
M2
M3
F1 F3
F4=F1
(a)
(b)
F2
=
F3

Fig.11.3-7
Sottocircuiti analogici


468
11.4 Generatori di tensione e riferimenti di tensione
In molte applicazioni bisogna realizzare generatori di tensione impiegando componenti atti-
vi
[AL], [GRA],[SO]
. Questa volta il problema diametralmente opposto. Un buon generatore di tensione
deve avere bassissima impedenza dingresso, alta indipendenza dalla temperatura (TC
f
basso) e
bassa sensibilit SV alla variazioni della tensione di alimentazione del generatore. Questa volta in-
vece che intervallo di tensione funzionale (ITV) si parla di intervallo di corrente funzionale (ICF).
11.4.1 Diodi come riferimenti di tensione
Una prima realizzazione pu essere ottenuta, come mostrato nella Fig.11.4-1,
utilizzando un diodo polarizzato direttamente in zona di buona conduzione.
Per la corrente assumiamo lespressione di Shockley [6.1-29]
. e I I
T
AK
V
V
S A

Da cui . I I ln V V S A T AK Daltra parte il diodo alimentato tramite la
resistenza R dalla VDD. Allora .
R
V V
I
AK DD
A

E se VDD >> VAK, IA VDD/R e VAK


hVTln(VDD/RIS). Se si preleva tensione ai capi del diodo si ottiene un generatore di
forze elettromotrici VAK = Vo con resistenza interna data dal parallelo fra la R esterna
e la resistenza differenziale del diodo che stata gi calcolata nel 6.1-8, cio la [6.1-
36] e che hVT/IA. Se si vuole un buon riferimento di tensione occorre che questultima resistenza
sia sufficientemente bassa e ci si pu ottenere facendo scorrere corrente elevata nel diodo. Non
un grande risultato.
Infine, per quanto riguarda il coefficiente di temperatura bisogna ricordare il risultato del
6.1.7.2 per cui la tensione sul diodo ha un CT di 2mV/C.
Naturalmente, come gi visto nel 6.3.7 anche uno Zener pu essere utilmente impiegato
come generatore di tensione. Si ha un vantaggio di una bassissima resistenza dinamica e il fatto che
si pu scegliere una vasta gamma di tensioni. Ma, nei circuiti integrati, per realizzare Zener bisogna
sfruttare le zone con i drogaggi consentiti dalla tecnologia e, quindi, sono disponibili soltanto alcuni
valori di tensione di tensione di Zener, in genere alti e non utili. Lo svantaggio del loro uso che ai
capi dello Zener si ha una tensione di rumore notevole. Per quanto riguarda il coefficiente di tempe-
ratura ricordiamo che possibile ottenere anche coefficienti nulli.
11.4.2 Diodi ottenuti da transistors bipolari
Nel 9.3.6 sui circuiti integrati abbiamo visto che possiamo realizzare un diodo utilizzando
le strutture che servono per fare i transistor. Nella successiva trattazione faremo uso del modello
semplificato di Ebers-Moll, con laggiunta della resistenza destensione RBB e RCC e per quanto ri-
guarda il circuito equivalente di quello a tre parametri. Non prendiamo in considerazione la resi-
stenza destensione demettitore perch sempre trascurabile rispetto a quella di collettore. Il mo-
dello semplificato di Ebers-Moll in Fig.7.1-12 che stata riportata in Fig.11.4-2a con le aggiunte
del caso. Ricordiamo che per esso valgono le [7.1-36] che vengono riscritte successivamente corret-
te per il coefficiente demissione. Inoltre, poich le
giunzioni lavorano con buona conduzione si pu tra-
scurare lunit. Pertanto vengono riscritte come
; e
I
e
1
I
I
T
BE
T
BE
V
V
F
S
V
V
F
ES
BE

+
[11.4-1]
. e
I
e
1
I
I
T
BC
T
BC
V
V
R
S
V
V
R
CS
BC

+
[11.4-2]
Si sfruttata, inoltre, la [7.1-20], cio: aF IES = aR ICS
R
D
VAA
VAK
IA
-
+

Fig.11.4-1
IE
IC
IBC
IBE
IB B
C
E
IM
(a)
C
B
C
E
rce
(b)
B
i i
b
rbe
i i
c
b b
f
i i
b
RBB

Fig.11.4-2
Sottocircuiti analogici


469
= IS. Per il generatore IM della figura vale la [7.1-34], cio IM = bFIBE - bRIBC. Nella successiva trat-
tazione supporremo sempre bF >> 1.
Per quanto riguarda il comportamento dinamico utilizziamo il modello a tre parametri stu-
diato nel 7.2.6 e che viene ridisegnato nella Fig.11.4-2b.
La Fig.9.3-14, riportata per comodit in Fig.11.4-3, mostra queste cinque possibili strutture.
Vedremo adesso come, effettivamente, queste strutture hanno comportamenti abbastanza diffe-
renti.
Prendiamoli in considerazione
ad uno ad una. Cominciamo dalla
prima che caratterizzata dal colletto-
re aperto e da A h B e K h E. Il mo-
dello statico di Ebers-Moll si sempli-
fica come mostrato nella Fig.7.4-4a.
Dal momento che il collettore aperto
la corrente IBC = IM. Pertanto IM =
bFIBE - bRIBC = IBC. Da questa
, I
1
I BE
R
F
BC
+

Allora in RBB scorre la corrente IA = IBE + IBC. Dalla relazione precedente e dalla
[11.4-1] si ricava . e I
1
1 1
e
I
1
1
1
1 I I I I
T
BE
T
BE
V
V
S
R F
V
V
F
S
R
F
R
F
BE BC BE A

1
]
1

+
+

1
]
1

+
1
]
1

+ +
Poich supponiamo bF >> 1 la corrente che scorre nel diodo ed in RBB si approssima come:
. e
1
I
I
T
BE
V
V
R
S
A

+

La tensione sulla giunzione
VBE = hVTln(IA/IS) + hVTln(1+bR) = Vx + hVTln(1+bR).
Allora la caduta di potenziale in continua :
VAK = IARBB + Vx + hVTln(1+bR). [11.4-3]
Si posto Vx = hVTln(IA/IS). [11.4-4]
Per quanto riguarda limpedenza dinamica e cio il rapporto fra variazione di tensione e di
corrente sul diodo equivalente basta osservare che nella Fig.11.4-4b il circuito duscita aperto e
limpedenza da calcolare quella fra base ed emettitore e cio proprio
rbe. [11.4-5]
Il secondo caso caratterizzato dallemettitore aperto e da A h B e K h C. Il modello statico
di Ebers-Moll si semplifica come mostrato nella Fig.7.5-5a. Poich il collettore aperto la corrente
942 mV
VBE = 0
RBB/(1+
b b
R)+ RCC
BVCB0
RBB/(1+
b b
F)
850 mV
VBC = 0
BVEB0
959 mV
IC = 0
RBB
BVEB0
RBB +RCC(1+
b b
R)
915 mV
VCE = 0
BVEB0
952 mV
IE = 0
RBB + RCC
BVCB0
K
A
A
K
A
K
A
K
A
K
(a)
(b)
(e)
(d)
(c)

Fig.11.4-3
IE
IBC
IBE
A
h h
B
K
h h
E
IM
(a)
B
C
rce
(b)
i i
b
rbe
b b
f
i i
b
RBB
A
h h
B
IB
h h
IA
A
K

Fig.11.4-4
Sottocircuiti analogici


470
IBE = -IM. Pertanto IBE = -(bFIBE - bRIBC). Da questa si ricava , I
1
I BE
R
F
BC

+
Allora in RBB + RCC
scorre la corrente IA = IBE + IBC. Facendo sistema fra le due ultime espressioni e usando, inoltre, la
[11.4-1] si ricava
T
BE
T
BE
V
V
S
R
F
F
V
V
F
S
R
F
R
F
BE BC BE A e I
1 1 1
e
I 1
1
1
1 I I I I

1
]
1

+
+

1
]
1

+
+
1
]
1

+
+ + per-
ch bF >> 1. Allora la corrente che scor-
re nel diodo ed in RBB + RCC si appros-
sima come . e I
1 1
I
T
BE
V
V
S
R F
A

1
]
1

E
per le ragioni dette a proposito di bF
. e
1
I
I
T
BE
V
V
R
S
A

+
Allora la tensione
sulla giunzione
VBC = hVTln(IA/IS) + hVTln(1+bR) = Vx + hVTln(1/bF + 1/bR), [11.4-6]
e la caduta di potenziale in continua :
VAK = IA(RBB + RCC)+ Vx + hVTln(1/bF + 1/bR). [11.4-7]
Per quanto riguarda il comportamento dinamico basta osservare che nella rce passano la i b =
i a e la bfi b = bfi a Allora la caduta dei potenziale su di essa di (1+ bf)rcei a e quella complessiva fra A
e K [(1+ bf)rce+ rbe] rcei a. Dunque limpedenza dinamica equivalente
rd = [(1+ bf)rce+ rbe]. [11.4-8]
La terza possibilit prevede di realizzare un diodo cortocircuitando insieme base e collettore,
(AhBhC) che sono, quindi lanodo, mentre il catodo lemettitore (KhE). Il modello statico di E-
bers-Moll si semplifica come mostrato nella Fig.11.4-6a. Per questa volta le cose si complicano un
po. Infatti, a prima vista, non possibile dire come vanno le correnti nelle due giunzioni. Tuttavia
possiamo arrivare alle corrette conclusioni con un ragionamento. Ricordiamo che la corrente attra-
verso un diodo va esponenzialmente con la tensione ai suoi capi. I due diodi B-C e B-E hanno le
stesse sezioni e pertanto sufficiente che una abbia 3+4 VT di pi di tensione ai suoi capi perch la
corrente che lo attraversa predomini rispetto allaltra e possa ritenersi spento. Allora facciamo per
ipotesi che sia il diodo B-C a condurre molto di pi rispetto allaltro. Il circuito equivalen-
te di riduce. Allora, come in Fig.11.4-6b. Ovviamente il generatore di corrente diventa adesso IM =
- bRIBC, e quindi la corrente, invece che uscire dallemettitore vi entrerebbe e ci non corretto. In-
vece lipotesi giusta che sia laltro diodo meglio polarizzato e che quindi da trascurare sia, invece
la corrente IBC. Allora il circuito corretto quello di Fig.11.4-6c. La corrente del generatore IM =
bFIBE e la corrente che proviene dallanodo IA = IBE + bFIBE = (1+bF)IBE. Sostituendo questo valo-
re nella [11.4-1] . e
I
e I
) 1 (
I ) 1 ( I
T
BE
T
BE
V
V
F
S
V
V
S
F
F
BE F A

+
+ Allora sulla giunzione B-E cade la
tensione prodotta dalla corrente IBE che la attraversa e cio
VBE = hVTln(IA/IS) + hVTln(aF) = Vx + hVTln(aF) Vx, [11.4-9]
IC
IBC
IBE
IB
h h
IA
IM
(a)
C
B
rce
(b) i i
a
= = i i
b
rbe
i i
c
= - = - i i
a
b b
f
i i
b
RBB
K
h h
C
A
h h
B
K
h h
C A
h h
B
A
K

Fig.11.4-5
IA
IBC
IBE
IM
(a)
C
B
RBB
A
h h
B
h h
C
K
h h
E
IA
RBB
IBC
IM
(b)
C
B
A
h h
B
h h
C
K
h h
E
IA
RCC
RCC
IBE
IM
(c)
C
B
RBB
A
h h
B
h h
C
K
h h
E
IA
IA
RCC
rce
(d)
i i
a
rbe
i i
b
b b
f
i i
b
A
h h
B
h h
C
K
h h
E
K
A

Fig.11.4-6
Sottocircuiti analogici


471
dato che aF praticamente unitario. Nella resistenza RBB passa la IBE = IA/(1+bF). Allora la caduta
di potenziale su di essa che RBBIBE, vale anche IARBB/(1+bF). La caduta di potenziale in continua
si calcola soltanto dal ramo in cui c la resistenza RBB ed , quindi, approssimativamente:
VAK IARBB/bF+Vx . [11.4-10]
Studiamo adesso il comportamento dinamico. Il Circuito equivalente in Fig.11.4-6d. Si ri-
conosce immediatamente che i a = i b + bfi b + vak/rce = (1+ bf)i b + vak/rce = (1+ bf)vak/rbe + vak/rce
bfvak/rbe + vak/rce (gm + 1/rce) vak. Allora
rd = rce||(1/gm) 1/gm. [11.4-11]
Adesso studiamo il diodo realizzato cortocircuitando collettore ed emettitore che diventano
il catodo mentre la base sempre lanodo. In Fig.11.4-7a mostrato il circuito equivalente in conti-
nua. Anche questa volta non semplice determinarne il comportamento.
Faremo un ragionamento simile a quello fatto nel caso precedente. In Fig.11.4-7b mostrato
il circuito equivalente nel caso che la corrente passa solo attraverso la giunzione B-C. In questo
caso il generatore IM = bRIBC. La corrente in RCC che (1 + bR)IBC produce una caduta di poten-
ziale (1 + bR)RCCIBC. La IA sempre IBC e la caduta sulle resistenze [(1 + bR)RCC + RBB]IA. Per la
giunzione B-C in cui scorre la IBC vale la [11.4-2], cio . e
I
I I
T
BC
V
V
R
S
BC A

Allora
VBC = hVTln(IA/IS) + hVTln(bR) = Vx + hVTln(bR). [11.4-12]
E la tensione complessiva ai capi del diodo la tensione sulla giunzione espressa dalla precedente
bR)RCC + RBB. In Fig.11.4-7c si ha il caso della corrente che
passa solo attraverso la giunzione B-E. Il generatore IM = bFIBE. Ma la sua corrente passa attra-
verso la RCC che non interessa il circuito. La IA coincide con la IBE e la caduta sulla resistenza
semplicemente RBBIA. Per la giunzione B-E in cui scorre la IBE vale la [11.4-1], cio
. e
I
I I
T
BE
V
V
F
S
BE A

Allora
VBE = hVTln(IA/IS) + hVTln(bF) = Vx + hVTln(bF).
La tensione ai capi del diodo quella sulla giunzione data dalla precedente pi la caduta sulla R .
Se si confrontano le due espressioni ottenute per le tensioni sulle giunzioni si trova che la
differenza VBE VBC = hVTln(bF/bR). E questo numero a secondo del rapporto fra i due guadagni
di corrente e del materiale varia fra 75 e 200 mV. Questo significa chiaramente che il ramo della
giunzione VBC mostra meno difficolt al passaggio della corrente, Pertanto essa passa da questa
giunzione e non dallaltra. Allora il diodo, complessivamente ha un comportamento statico determi-
nato dalla caduta (1 + bR)RCC + RBB e dalla tensione sulla giunzione dato dalla [11.4-12]. Quindi
VAK [(1 + bR)RCC + RBB]+ Vx + hVTln(bR). [11.4-13]
Per quanto riguarda il comportamento dinamico sembra evidente dal circuito equivalente

K

IBC
IA
Ah hB
IM
C

B

RBB RCC
IBE
Kh hCh hE

(a)

A

IBC
Kh hCh hE

(b)
IA
Ah hB
IM=-bRIBC
C

B
RBB RCC
E
B
rbe
i i a = i = i a
b b
f
i i
b

(d)

C

B
RCC
IBE IA
Ah hB
Kh hCh hE
RBB
I
M
=
b
F
I
B
E

(c)

Fig.11.4-7
Sottocircuiti analogici


472
della Fig.11.4-7d che la resistenza dinamica
rbe. [11.4-14]
Discutiamo ora dellultimo caso riportato nella Fig.11.4-8. Dal circuito in continua risulta
chiaro che la giunzione B-E polarizzata inversamente. Pertanto il corrispondente diodo viene tol-
to dalla Fig.11.4-8a dando origine alla Fig.11.4-8b. evidente che la corrente anodica risulta (1 +
bR)IBC . Per mentre essa passa interamente in RCC soltanto la IBC passa nella RBB. Allora la caduta
su RBB RBBIBC = RBBIA/(1 + bR). Pertanto la resistenza in continua offerta al passaggio della cor-
rente RCC + RBB/(1 + bR).
Per quanto riguarda la tensione sulla giunzione B-C in cui scorre la IBC vale la [11.4-2],
cio . e
I
e I
) 1 (
I ) 1 ( I
T
BC
T
BC
V
V
R
S
V
V
S
R
R
BC R A

+
+ Allora
VBC = hVTln(IA/IS) + hVTln(aR) = Vx + hVTln(aR). [11.4-15]
E la tensione complessiva ai capi del diodo la tensione sulla giunzione espressa dalla precedente
pi la caduta di potenziale sulla RCC + RBB/(1 + bR). Cio:
VAK [RCC + RBB/(1 + bR).]+ Vx + hVTln(aR). [11.4-16]
Per quanto riguarda il comportamento dinamico dal circuito equivalente della Fig.11.4-8c si
vede che la i b nulla e quindi anche la corrente del generatore bfi b. Allora resta che la resistenza di-
namica soltanto rce. [11.4-17]
In conclusione, dovendo fare un generatore di tensione conviene utilizzare la configurazione
che offre la pi bassa resistenza dinamica. E cio quella in cui il collettore e la base sono in corto e
la resistenza differenziale risulta praticamente 1/gm. Naturalmente se si usano p-n-p le funzioni del
catodo e dellanodo si scambiano fra di loro.
Per completare quanto detto, nella TAV.11.1-1 sono riportati tutti i valori sia della resistenza
IC
IBC
IBE
IA
B
IM
(a)
C
B
(c)
C
E
rce
i i
b
rbe
i i
c
b b
f
i i
b
RBB
A
K
A
h h
B
h h
E
K
h h
C
IBC
IA IM
(b)
C
B
RBB
A
h h
B
h h
E
K
h h
C

Fig.11.4-8
TAV.11.-1
Ah hB,
Kh hE
Ah hB, Kh hC Ah hBh hC,
Kh hE
Ah hB, Kh hCh hE Ah hBh hE, Kh hC
Fig.11.4-3
a b c d e
Condizione
IC=0 IE=0 VBC=0 VCE=0 VBE=0
Resistenza
Statica
RBB RBB + RCC RBB/(1 +
bF)
RBB + (1 + bR)RCC RBB + (1 + bR)RCC
Tensione sulla
Giunzione Vx +
hVTln(1
+bR).
hVTln(1/bF +
1/bR)
0 hVTln(bR). hVTln(aR).
Max Tens
Inversa
BVEB0 BVCB0 BVEB0 BVEB0 BVCB0
Resistenza
dinamica
rbe (1+ bf)rce+ rbe rce||(1/gm). rbe rce
Esempio del
testo
959 952 850 920 942
Sottocircuiti analogici


473
statica che di quella dinamica, della caduta sulla giunzione, delle massime tensioni applicabili. Infi-
ne nellultima riga sono riportati valori corrispondenti ad un diodo al silicio con bF = 100, aR = 0.7,
RBB = 8.2 W e RCC = 0.05 W.e IS = 800 pA. Lesempio si riferisce ad una corrente di 10 mA.
Per il coefficiente di temperatura vale quanto detto nel paragrafo precedente.
11.4.3 Generatore semplice a BJT
Discutiamo di alcune realizzazione con BJT cominciamo con
quello ad un solo transistor. Si usa un transistor connesso a diodo.
ovvio che si prende in considerazione la configurazione pi convenien-
te ricavata precedentemente e cio con collettore e base in corto. In se-
rie al dispositivo si inserisce una resistenza come gi detto nel 11.4.1.
Si ottengono, cos , le due combinazioni della figura a lato, nelle quali,
rispettivamente si usano transistor n-p-n e p-n-p. Si noti che
questultima si pu realizzare anche in un integrato MOS sfruttando il
transistor parassita p-n-p.
Abbiamo visto che la tensione ai capi del diodo cos realizzato,
per la [11.4-10] e [11.4-4] VCE IERBB/bF+hVTln(IE/IS). abbastan-
za facile che il primo termine sia di fatto trascurabile rispetto al secon-
do e allora Vo = VCE hVTln(IE/IS). [11.4-18]
Poich il diodo alimentato tramite la resistenza R dalla VDD la .
R
V V
I
CE CC
E

E se VCC >>
VCE, IE VCC/R. Allora Vo = VCE hVTln(VCC/RIS). [11.4-19]
Se si preleva tensione ai capi del diodo si ottiene un generatore di forze elettromotrici Vo =
VCE con resistenza interna data dal parallelo fra la R esterna e la resistenza differenziale del diodo
equivalente al transistor che stata gi calcolata con la [11.4-11] e cio 1/gm. Questa stata calcola-
ta nel 7.2-4, con la [7.2-40]. Pertanto la resistenza dinamica risulta
Rd = hVT/IA. [11.4-20]
E limpedenza interna del generatore
Zo = Rd||R. [11.4-21]
Se si vuole un buon riferimento di tensione occorre che questultima resistenza sia sufficientemente
bassa e ci si pu ottenere facendo scorrere corrente elevata nel diodo. Non
Per bisogna ricordare che ad alte corrente h tende a due rispetto alla zona di correnti intermedie.
Lintervallo di funzionamento di corrente cio lICF pu essere calcolato se si tiene conto
che perch il transistor faccia il suo dovere serve che non si superi la corrente massima che deter-
mina dissipazione eccessiva. Se Pmax la massima potenza dissipabile, Vmax Vs la tensione di sa-
turazione, approssimativamente pu scorrere una corrente di IoMax Pmax/Vs. Anche con correnti
debolissime il transistor in grado di funzionare. Quindi lICF < Pmax/Vs.
Se il generatore non viene usato come riferimento soltanto, cio se esso deve anche erogare
una corrente Io su di un carico bisogna tenerne conto. In tal caso la corrente che fissa la tensione del
generatore quella che scorre nel transistor e cio la differenza fra la corrente I proveniente dalla
resistenza e quindi dal generatore esterni e quella che va sul carico. Pertanto la [11.4-18] da
.
I
I I
ln V V
S
o
T o

E la variazione della tensione duscita con la corrente del carico


.
I I
I
V
V
dI V
dV
C
o
S
o
T
o o
o
v

[11.4-22]
Il coefficiente hVT/Vo, per un transistor al silicio dellordine di 4+8
.
10
-2
, laltro termine estre-
mamente piccolo a meno di arrivare a prelevare tutta la corrente per luscita, cosa che non ha alcun
R
Q
VCC
R
Q
VCC
(a)
(b)

Fig.11.4-9
Sottocircuiti analogici


474
senso. Basta che lasciare scorrere nel transistor almeno una corrente di 100 volte la IS perch la va-
riazione della tensione duscita con la corrente del carico sia molto piccola.
La tensione del generatore dipende anche dalla tensione dalimentazione. Definiamo sensibi-
lit SV della tensione del generatore rispetto a quella dalimentazione il rapporto fra le due variazio-
ni relative, cio:
.
V
V
dV
dV
V
dV
V
dV
S
o
CC
CC
o
CC
CC
o
o
V [11.4-23]
Nel caso in esame in questo paragrafo, nellipotesi che la VCC >> VAK = Vo con la quale
stata ricavata la [11.4-19] risulta
.
I I ln
1
RI V ln
1
V
V
V
V
V
V
V
V
dV
dV
S
S S CC o
T
o
CC
CC
T
o
CC
CC
o
V

[11.4-24]
che risulta essere estremamente bassa dato il valore grande, normalmente, del rapporto IA/IS. Per e-
sempio per I = 1 mA e Is = 10 fA, SV risulta 0,04. Una variazione del 10% dellalimentazione pro-
duce una variazione della tensione del generatore limitata allo 0.4%.
11.4.4 Generatore a BJT con moltiplicazione
I sistemi precedenti per ottenere generatori di tensioni si basano su cadute di tensioni su diodi.
Pertanto esse sono dellordine di un volt, dipendendo, sostanzialmente unicamente dal tipo di semi-
conduttore usato. La configurazione presentato nella Fig.11.4.10, invece consente di avere tensioni
pi elevate.
Con il circuito precedente in prati-
ca impossibile ottenere tensioni pi
alte di Vs che per un transistore al
silicio circa 600-800 mV. Possia-
mo incrementare questa tensione di
riferimento con lo schema circuitale
della Fig.11.4-10.
Se si pu trascurare la cor-
rente di base rispetto a quella di col-
lettore e cio se bF >> 1, la tensione
VBE la partizione della tensione VCE ottenuta tramite le resistenze R1 e R2. Allora
. V
R R
R
V CE
2 1
1
BE
+
Invertendo: VCE = Vo = (1+R2/R1)VBE. [11.4-25]
Ovviamente la configurazione precedente pu anche essere realizzata con p-n-p. Nel caso di inte-
grati, per, in genere il bF non cos grande e le approssimazioni fatte sono peggiori.
Per funzionare VBE compresa fra Vg e Vs. Se non eccediamo con il rapporto di partizione
la tensione duscita non molto grande e si pu trascurare leffetto Early. Allora, usando la [7.2-69]
VBE hVTln(IC/IS). Se, inoltre, si pu anche trascurare la corrente nel partitore R1-R2 la corrente
del collettore , praticamente, la corrente I fornita dalla batteria. Allora:
VCE = Vo = hVT(1+R2/R1)ln(I/IS). [11.4-26]
Il generatore deve essere in grado di fornire al carico una corrente Io. Quando il carico non
richiede corrente essa fluisce tutta nel generatore a parte quella in R1. Che comunque non potr an-
dare mai nel carico. Questa corrente in R1 sprecata dal punto di vista della capacit di pilotare un
carico ed bene che sia piccola. Pertanto, in assenza di carico la corrente I che proviene dalla batte-
ria di alimentazione la IC e praticamente anche se IR1 << IC. Per ottenere una buona insensibilit
della partizione alla corrente del collettore bene che la corrente di base sia piccola rispetto a quella
del ramo di polarizzazione IR1. Se ne ricava che opportuno che
Q
R1
+
R2
R
Vo
VCC
+
-
-
I1
I2
IE
IB
I
Q
R1
+
R2
R
v v
ce
-
i i
c
rbe
rce
b b
f
i i
b
i i
b
(b)
(a)

Fig.11.4-10
Sottocircuiti analogici


475
I IC >> IR1 >> IB. [11.4-27]
Quindi il migliore valore per la corrente IR1 la media geometrica fra IC e IB. E poich il rapporto
IC/IB = bF ne segue che . I I I I F F C B F 1 R Ai capi del partitore c la stessa tensione
o. E se, per quanto detto, possiamo trascurare la IB allora . ) R R ( V I I 2 1 o F 1 R +
Cio . I V R R o F 2 1 + [11.4-28]
Possiamo, allora determinare il partitore in modo approssimativo considerando che la VBE cambia
di poco e che, pertanto si pu, in prima analisi considerala pari a Vs. Dalla [11.4-25] si ricava Vo
(1+R2/R1)Vs. E cio Vo/Vs =(R1+R2)/R1. Pertanto, utilizzando il risultato precedente:
Cio .
I
V
I
V
V
V
R F F
o
o
1

[11.4-29]
E .
I
V V
R
o
F 2

[11.4-30]
Daltra parte la resistenza da inserire in serie alla batteria
R = (VCC-Vo)/I. [11.4-31]
Ovviamente per funzionare la corrente I proveniente dal VCC deve superare la massima corrente
nel carico IoMax.
Per calcolare il comportamento dinamico ci riferiamo al circuito equivalente. evidente che
le due resistenze R e rce sono fra di loro in parallelo ed il cui valore R. La resistenza duscita il
parallelo fra di loro e quello che ancora si vede fra C e E. Dal circuito equivalente si ricava per che l
corrente duscita
.
r R 1
R g 1

r R
R
1
r R
R
' R 1 R
be 1
1 m
' Rc 1 R
be 1
1
f ' R 1 R
be 1
1
f 1 R ' R b f 1 R o i i i i i i i i i i i +
+
+
+
1
]
1

+
+ +
+
+ + +
Cio .
r || R

r || R R r R 1
R g 1

ce
o
be 1 2
o
be 1
1 m
o
v v
i +
+ +
+
E da questa, finalmente
. r || R
R g 1
r R 1
] r || R R [ Z ce
1 m
be 1
be 1 2 o

'

+
+
+ [11.4-32]
In genere gmR1 grande rispetto allunit e rce rispetto a R, pertanto la precedente si semplifica in
. R
1
R g
1
] r || R R [ Z
f 1 m
be 1 2 o

'

1
]
1

+ + [11.4-33]
Possiamo calcolare il valore dei parametri quando il generatore non eroga corrente e forni-
sce, quindi la massima tensione duscita. In questo caso, per le [7.2-40] e [7.2-41]
;
V
I
V
I
g
T T
C
m

[11.4-34]
.
I
V
I
V
r r F
T
B
T
e ' b be

[11.4-35]
Sostituendo le [7.4-27], [7.4-28], [7.4-29], [7.4-32] e [7.4-33] nella [11.4-33] ed approssimando il
guadagno statico di corrente a quello dinamico si ricava una espressione approssimata
dellimpedenza duscita calcolata in queste condizioni e cio:
.
I
V V

1
I
V V
V
I
1
I
V
I
V V
I
V
Z
o CC
F
o
F
T
F
T o
F F o

'

1
]
1

1
]
1

,
_

,
_

,
_



che dopo alcuni passaggi si semplifica in
Sottocircuiti analogici


476

{ }
I
) 1 V V )]( V ( V V V [ ) V V (
Z
F T F T o o CC
o
+ +


[11.4-36]
E se come spesso avviene il primo termine molto grande rispetto al secondo
) 1 V V (
I
) V ( V V V
Z F T
F T o
o +
+


[11.4-37]
Confrontando l due espressioni della tensione duscita [11.4-18] e [11.4-25] si nota che il lo-
ro rapporto (1+R2/R1). Riguardo la variazione relativa cv della tensione duscita con la corrente
duscita basta quindi moltiplicare quello ricavato nel paragrafo precedente ed ottenere, quindi:
.
R
R
1
I I
I
V
V
dI V
dV
c
1
2
o
S
o
T
o o
o
v

,
_

[11.4-38]
In altri termini il coefficiente moltiplicativo della tensione base-emettitore va anche a moltiplicare
la variazione della tensione duscita con la corrente del carico.
Per lo stesso preciso motivo anche la sensibilit alle variazioni della tensione di batteria
vanno moltiplicate per lo stesso coefficiente. Estendendo, quindi la [11.4-24] si ottiene
.
I I ln
R R 1
V
V
dV
dV
S
S
1 2
o
CC
CC
o
V
+
[11.4-39]
11.4.5 Diodi ottenuti da transistors MOS
Riprendiamo ed estendiamo quanto anticipato succintamente nel
9.3.6 a proposito della realizzazione di diodi integrati da strutture
MOS. Essendo un MOS un dispositivo a tre terminali, volendolo usare
come diodo soltanto due casi sono possibili (Fig.11.4-11): GD (a) e
GS (b). Infatti la terza, DS, non da luogo a diodo perch il terminale
di gate isolato e non consente in alcun caso passaggio di corrente. Il
comportamento del transistor non dipende soltanto dalla differenza di
potenziale VDS applicata ai suoi estremi ma anche dalla tensione bulk-
source. Nella nostra analisi faremo riferimento soltanto a transistors di
tipo NMOS, ma, evidentemente, con le opportune modifiche il discorso
vale anche per i PMOS.
Due casi pi comuni sono studiati nel seguito, supponendo, co-
munque il bulk connesso a massa. Il primo caso, con il source anche es-
so a massa e, quindi, senza effetto body e laltro, in cui, il transistor
adoperato come carico di un altro ed ha, questa volta, il suo drain connesso allalimentazione ed il
source fluttuante. Quindi la tensione VBS cambia se muta quella del source e pertanto la tensione di
soglia non fissa ma dipende da quella del source, punto per punto.
In ogni caso il diodo conduce solo se si supera la soglia. Se GS, per superare la soglia ne-
cessario che essa sia non positiva. Lunico caso possibile dunque che il transistor sia del tipo a de-
pletion, come infatti rappresentato in figura. Tuttavia questa non lunica differenza fra i due casi.
Studiamo per primo il caso (a), cio GD.
Ricordiamo che la tensione di saturazione VDSsat = VGS - Vto. Nel caso in esame VDSsat =
VDS - VTH < VDS. Cio il transistor comunque in zona di saturazione. Dunque vale la [8.3-17], cio
( ) ( ) . 2 V V 1 V V I A DS
2
TH DS D + Il caso in cui il S0, e dunque la tensione di soglia non varia ma
Vto, rappresentato nella curva (1) nella Fig.11.4-12. Landamento circa quadratico con VDS in
quanto leffetto Early non rilevante. Come abbiamo gi visto precedentemente la superiorit del
BJT come diodo grande data la caratteristica molto pi rapida (esponenziale) rispetto a

G
h h
S
D
(a)
(b)
n-channel
enhanchement
n-channel
depletion
S
B
G
h h
S
D
S
B

Fig.11.4-11
Sottocircuiti analogici


477
Un po differente il caso in cui VD = VDD e la tensione di soglia dipende da VDS. Il com-
portamento rappresentato nella curva (2) nella Fig.11.4-12. La tensione del source data da VS =
VSB = VDD - VDS. Quindi la tensione di soglia varia secondo la [8.3-7] e cio:
( ) ( ), 2V V V 2V V = 2V V 2V V V p DS DD p to p BS p to TH + + + [11.4-40]
che coincide con Vto se VDS = VDD. Le due curve, (1) e (2) in questo punto coincidono perch la
tensione di soglia la stessa. Ma, quando il source si alza verso il drain leffetto del substrato si no-
ta e la tensione di soglia varia fino ad arrivare, per VDS = 0, a
( ). 2V V 2V V = V p DD p to TH + + [11.4-41]
Nellesempio di figura laumento della
tensione di soglia la porta da 0.87 V fino a 1.96.
Leffetto risultante evidente in figura. In ogni
caso, a parit di VDS, in generale, la corrente nel
diodo pi bassa quando esso connesso come
carico che quando ha il source a massa e non c
effetto body. Anche il comportamento dinamico
peggiora con leffetto body.
Nellaltro caso, cio per GS con un
transistor depletion, il funzionamento differen-
te. Finche la tensione applicata fra drain e source
abbastanza bassa si sfrutta la zona lineare del
transistor e successivamente quella di saturazio-
ne. Ancora una volta dobbiamo distinguere le
due possibilit e cio che il drain sia connesso
allalimentazione ed c effetto body da quello in cui il source del dio

In questultimo caso VDSsat = VGS - Vto = - Vto. Se la tensione VDS non supera -Vto, che po-
sitiva, il transistor nella zona lineare e vale la [8.3-16] ( ) ( ) . 2 V V 1 V V 2V - I A DS DS DS to D + Se no il
transistor in saturazione e va utilizzata la [8.3-17], cio: ( ) ( ) . 2 V V 1 V I A DS
2
to D + La curva (1)
rappresenta queste due funzioni. Il punto (m) corrisponde alla tensione di saturazione. E marcato il
cambio di pendenza fra i due tratti in corrispondenza della tensione di saturazione per VDS = VDSsat
= - Vto.
Nel secondo caso in cui VD = VDD, la tensione di soglia dipende da VDS. Il comportamento
rappresentato nella curva (2) nella Fig.11.4-13. In questo caso la tensione del source data da VS =
VSB = VDD - VDS. Quindi la tensione di soglia varia secondo la [8.3-7] e cio:
( ) ( ), 2V V V 2V V = 2V V 2V V V p DS DD p to p BS p to TH + + + [11.4-42]
Anche questa volta la tensione di soglia coincide con Vto se VDS = VDD. Le due curve, (1) e (2) in
questo punto coincidono perch la tensione di soglia la stessa. Ma, quando il source si alza verso il
drain leffetto del substrato si nota e la tensione di soglia cambia. Il punto (n) che separa la zona li-
neare da quella di saturazione va calcolato imponendo che la corrispondente tensione VDS sia quella
di saturazione e cio
( ) ( ). 2V V V 2V -V = 2V V 2V V V V p DSsat DD p to p BS p to TH DSsat +
Con alcuni passaggi possibile arrivare a

( ) ( )

+ + + +
+
2
V V 4 2V 2 2V 2
V V
to DD
2
2
p p
to DSsat [11.4-43]
Leffetto body fa salire la tensione di soglia (che negativa) facendo scendere quella di sa-
turazione (che positiva). Nel caso preso come esempio, mentre senza effetto body la saturazione si
Vto = 0.87 V
NMOS Enhancement
D G
ID ( A)
m
0 1 2 3 4 5
0
50
100
150
(2)
VDS (V)
W/L = 5/3
VTH= 1.96 V
Effetto body
(1)
Niente effetto body
Vp = 0.37 V
= 0.71 V
g
1/2
Funzionamento in
zona di saturazione
VDD = 5 V

Fig.11.4-12
Sottocircuiti analogici


478
ha per VDS = 2 V, leffetto body la fa scendere fino a circa 1.36V. Leffetto risultante evidente in
figura. In ogni caso, a parit di VDS, in generale, la corrente nel diodo pi bassa quando esso
connesso come carico che quando ha il source a massa e non c effetto body. Aumenta la dinamica
duscita perch la tensione di saturazione scende da 2 V fino a 1.36 V.
La pendenza della curva (1) minore di
quella della curva (2), e quindi leffetto body
peggiora il comportamento dinamico del diodo,
tuttavia come facile constatare dal fatto che la
tensione di saturazione si abbassata la dinamica
umenta.
In ogni caso, per meglio distinguere il
comportamento del diodo MOS Depletion le due
zone sono differentemente marcate. La zona in
cui esso sta in saturazione, per VDS superiore al
valore assoluto della soglia ombreggiata ed la
zona delle curve a destra dei punti m e n.
Se si confronta il comportamento del dio-
do enhancement e depletion dalle curve si vede
che la pendenza del NMOS depletion, comunque nettamente pi bassa, anche nella zona lineare.
Ci corrisponde ad un comportamento dinamico superiore. Quando il diodo si adopera come carico
si avr unamplificazione maggiore.
Studiamo in dettaglio questo comportamento, tra-
scurando per semplicit leffetto body. Nella Fig.11.4-14
sono mostrati i due circuiti equivalenti nei due casi. Ancora
una volta (a) GD mentre GS (b). Nel primo caso
gmevgs = gmevds e . g 1 || r g r dme de ds ds me de ds d v v v i + Dun-
que req = rde||1/gme. Come sempre avviene 1/gme << rde e
limpedenza effettivamente offerta da questo diodo MOS e
circa 1/gme. Nellaltro caso, gmevgs = 0 e limpedenza equi-
valente del diodo semplicemente rdd.
Nel caso del diodo realizzato con lenhancement il funzionamento certamente in saturazio-
ne e la sua req, come gi detto circa 1/gm. Nellipotesi semplificativa che sia la tensione di Early
sufficientemente grande rispetto alla VDS si ricava dalla [8.3-39] che
.
I 2
1
I 2
V V
) V V (
1
g
1
r
D D
to DS
to DS m
eq


[11.4-44]
Se si adopera, invece, un diodo depletion, per realizzare un diodo si hanno due casi distinti e
cio che il MOS lavori in zona lineare o in saturazione. Pur essendo, in ogni caso la resistenza di-
namica la rdd, il suo valore cambia proprio perch differente la zona di funzionamento. Per tensio-
ni VDS basse, in modo che il transistor lavori in zona lineare vale la [8.3-33]. Da questa, per l VDS
molto piccolo, ipotesi realistica:

( )
.
V V V 2
1
g
1
r
DS TH GS d
d

[11.4-45]
Per VDS molto piccola, vale la [8.3-34] che da:

( )
.
I
V
V V
1
g
1
r
D
DS
TH GS d
d

. [11.4-46]
Se, invece si adopera il diodo in zona di saturazione, allora per la resistenza dinamica bisogna usare
la [8.3-35] e quindi
VDS (V)
NMOS Depletion
G S
0 1 2 3 4 5
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
50
ID ( A)
m
(2)
= -Vto = 2 V V
DSsat
W/L = 5/3
Effetto body
(1)
Niente effetto body
Vp = 0.37 V
= 0.71 V
g
1/2
= -VTH = 1.36 V V
DSsat
n
m
VDD = 5 V
Zona di
saturazione
Zona
lineare

Fig.11.4-13
+
-
S
de
r
(a)
D

G
v v
ds
i i
d
dd
r
S G
(b)
+
-
D
v v
ds
i i
d
g
m
e
v v
d
s
g
m
d
v v
g
s

Fig.11.4-14
Sottocircuiti analogici


479

( )
.
I
V 1
V V
2
g
1
r
D
DS
2
TH GS d
d


[11.4-47]
Che, se l V
DS
<< 1 si riduce a
.
V
V
r
A
DS
d [11.4-48]
Dal che si vede che la resistenza equivalente del diodo depletion nettamente superiore a quella del
diodo enhancement sia utilizzato nella zona di saturazione che in quella lineare.
Quanto detto, dal punto di vista numerico, vale soltanto se non c effetto body. Altrimenti,
pur valendo le considerazioni generali, che il carico depletion superiore allenhancement, le due
espressioni dellimpedenza equivalente sono soltanto approssimazioni abbastanza buone. Ma il di-
scorso qualitativa resta valido.
11.4.6 Generatore semplice a MOS
Quanto detto nel paragrafo precedente viene anche usato per determinare il comportamento
dei generatori di tensione realizzati con i MOS. Descriveremo quindi il caso dei generatori a NMOS
con Bulk a massa. Accanto sono le figure corrispondenti al caso dei transistors enhancement (a) e
depletion (b). Per quanto detto precedentemente, la resistenza dinamica risulta pi alta, comunque,
per il transistor depletion. Dal momento che un buon generatore di tensione deve avere bassa impe-
denza interna, allora si fa preferire la soluzione con transistor enhancement. In ogni caso, qualora si
dovesse usare un depletion, assolutamente sconsigliabile di farlo lavorare in zona di saturazione,
perch la resistenza differenziale sarebbe eccessivamente elevata. Quindi un generatore realizzato
con un depletion bene che fornisca soltanto tensioni, in valore assoluto, inferiore alla sua soglia.
Viceversa, con il transistor enhancement, per farlo lavorare bisogna su-
perare la sua soglia.
Pertanto studiamo soltanto il generatore realizzato con il transi-
stor enhancement. Leffetto Early irrilevante, dato che gate e drain
sono in corto e quindi VDS bassa. Abbiamo visto che la tensione ai ca-
pi del diodo cos realizzato. Allora capovolgendo la [8.3-17] con VA
piccola
. 2I V V = V D to DS o + [11.4-49]
Poich il diodo alimentato tramite la resistenza R dalla VDD la
.
R
V V
I
DS DD
D

E se VDD >> VDS, ID VDD/R. Allora


. R 2V V = V = V DD to DS o + [11.4-50]
Se si preleva tensione ai capi del diodo si ottiene un generatore di forze elettromotrici Vo con
resistenza interna data dal parallelo fra la R esterna e la resistenza differenziale del diodo equivalen-
te al transistor che stata gi calcolata con la [11.4-44] come . I 2 1 g 1 r D m eq Limpedenza in-
terna Zo del generatore sempre il parallelo fra questultima e la resistenza R. Se si vuole un buon
riferimento di tensione occorre che questa impedenza Zo sia sufficientemente bassa e ci si pu ot-
tenere facendo scorrere corrente elevata nel diodo. Ancora una volta non un grande risultato.
Se il generatore eroga una corrente Io ad un carico la corrente che determina la tensione del
generatore scorre nel transistor ed la differenza fra la corrente I proveniente dalla resistenza e
quella che va sul carico. Pertanto la [11.4-49] da . ) I - 2(I V V = V o to DS o + E la variazione della
tensione duscita con la corrente del carico si pu calcolare come
.
V ) V V (
1
) I - (I 2 V
1
dI V
dV
C
o to o o o o o
o
v

[11.4-50]
R
M
VDD
G
h h
S
R
M
(a)
VDD
(b)
E
n
h
a
n
c
e
m
e
t
D
e
p
l
e
t
i
o
n

Fig.11.4-15
Sottocircuiti analogici


480
Per avere una buona insensibilit della tensione duscita alla corrente di carico bisogna non preleva-
re una corrente Io troppo vicina a quella che proviene dalla resistenza R e che, inoltre, bisogna evita-
re di usare transistor con tensione di soglia troppo vicina alla tensione di uscita richiesta
Per il calcolo della sensibilit SV della tensione del generatore rispetto allalimentazione ap-
plicando la definizione [11.4-23] si pu calcolare:
.
V 2
V V
V
V
dV
dV
S
o
to o
o
CC
CC
o
V

[11.4-51]
La sensibilit del generatore allalimentazione minore per tensione duscita vicino alla soglia. Da
quanto detto prima, per, la variazione della tensione duscita rispetto alla corrente di carico risulta
alta. Si deve adottare un compromesso fra Sv e Cv e scegliere quindi la differenza Vo Vto.
11.4.7 Generatore a MOS con moltiplicazione
La configurazione della Fig.11.4-16a consente
di ottenere una tensione duscita pi alta di VGS come
nellanalogo caso con i BJT descritto nel
La tensione VGS la partizione della tensione
VDS ottenuta tramite le resistenze R1 e R2. Allora
. V
R R
R
V DS
2 1
1
GS
+
Invertendo:
VDS = Vo = (1+R2/R1)VGS. [11.4-52]
Se si pu anche trascurare la corrente nel
partitore R1-R2 la corrente del transistor , pratica-
mente, la corrente I fornita dalla batteria. Il transistor
in saturazione e vale la [8.3.17]. Se trascuriamo, al
turazione e vale la [8.3.17]. Se trascuriamo, al solito leffetto Early si trova + D to GS 2I V V e per
la precedente
). 2I V )( R R 1 ( V ) R R 1 ( V V D to 1 2 GS 1 2 o DS + + + [11.4-53]
che non altro che la [11.4-50] per il fattore moltiplicativo 1+R2/R1.
In assenza di carico, se IR1 << ID, la corrente I che proviene dalla batteria di alimentazione
va tutta nel transistor.
I ID >> IR1. [11.4-54]
Quando scorre una corrente Io la corrente nel transistor I Io e deve essere abbastanza grande ri-
spetto IR1. Pertanto questa viene scelta in modo che sia molto pi bassa della pi piccola corrente
che sia ha nel transistor quando il carico preleva la massima corrente IoMax. Dunque IR1 << I - IoMax.
Ovviamente per funzionare la corrente I proveniente dal generatore VDD deve superare la massima
corrente nel carico IoMax.
Il comportamento dinamico viene ricavato dal circuito equivalente di Fig.11.4-16b. Chia-
miamo il parallelo R fra le due resistenze R e rce. La resistenza duscita il parallelo R e quello
che ancora si vede fra D e S. La corrente duscita
' R
g
R R
g
ds
gs m
1 2
ds
' R gs m 1 R o
v
v
v
i v i i + +
+
+ + e
dato che per il partitore R1-R2 ,
R R
R

1 2
ds 1
gs
+

v
v si ricava .
' R

R R
R
g
R R

ds
1 2
ds 1
m
1 2
ds
o
v v v
i +
+
+
+
Dunque
Cio .
' R

R R
R g 1

o
2 1
1 m
o
v
i +
+
+
E da questa, finalmente
'. R
R g 1
R R
Z
1 m
2 1
o
+
+
[11.4-55]

R1
R2
R
M
VDD
(a)
(b)

Q
R1
+
R2
R v
ds
-
i
o
rd
g
m
v
g
s

G
D
S

Fig.11.4-16
Sottocircuiti analogici


481
Normalmente il denominatore si pu approssimare in gmR1 e rce si trascura rispetto a R. Pertanto la
precedente si semplifica in
. R
g
R R 1
Z
m
1 2
o
+
[11.4-56]
Mentre nel generatore semplice limpedenza del transistor era 1/gm ora si ottiene un valore pi
grande del fattore moltiplicativo1+R2/R1.
Come abbiamo gi detto la tensione duscita di questo generatore quella che si ottiene dal
generatore semplice per il fattore moltiplicativo 1+R2/R1. Per quanto riguarda la variazione relativa
cv della tensione duscita con la corrente duscita basta quindi moltiplicare per lo stesso fattore quel-
lo ricavato nel paragrafo precedente, la [11.4-50], ed ottenere, quindi:

o to o
1 2
o o
1 2
o o
o
v
V ) V V (
R R 1
) I - (I 2 V
R R 1
dI V
dV
C

+

+
[11.4-57]
In altri termini il coefficiente moltiplicativo della tensione base-emettitore va anche a moltiplicare
la variazione della tensione duscita con la corrente del carico.
Per lo stesso preciso motivo anche la sensibilit alle variazioni della tensione di batteria
vanno moltiplicate per lo stesso coefficiente. Estendendo, quindi la [11.4-51]
. ) R R 1 (
V 2
V V
V
V
dV
dV
S 1 2
o
to o
o
CC
CC
o
V +

[11.4-58]
11.4.8 Generatore con CMOS
Con gli integrati CMOS, in modo semplice, si ottiene un generatore di tensio-
ne il cui valore, oltre che dalle alimentazioni dipende ance dalle soglie e dai fattori di
forma dei due MOS. La Fig.11.4-17 mostra il generatore. Trascuriamo, al solito,
leffetto Early. Per ognuno dei transistor, per i quali non c effetto body, vale la
[8.3-17]. Si ha ( ) ( ) . 2 V V 2 V V I
2
ton GSn n
2
top SGp p D + Cio
( ) ton SS o top o DD n p V V V V V V + . Ricordiamo che Vtop e Vton sono di segno
contrario e nei CMOS praticamente identiche. Dalla precedenti si ricava per la ten-
sione del generatore:
( )
.
1
V V V V
V
n p
ton SS top DD n p
o
+
+ + +
[11.4-59]
Questa tensione duscita, purtroppo non insensibile alle tensioni dalimentazione.
Determiniamo ora il comportamento termico. Per quanto riguarda linfluenza della tempera-
tura sui b si trovato con la [8.3-27] che il suo coefficiente di temperatura 3/2T, eguale negli
NPOS e nei PMOS. Dal momento che la tensione del generatore dipende dal rapporto dei due beta,
linfluenza della temperatura tramite i beta non c. Vediamo, invece
sulla tensione di soglia. Differenziando la precedente e tenendo presente quanto detto riguardo
linfluenza della temperatura tramite i beta si ha: .
1
dT dV dT dV
dT
dV
n p
ton top n p
o
+
+
Nel 8.3.6 si
trovato con la [8.3-29] linfluenza della temperatura sulla tensione di soglia. Nel caso di assenza di
effetto body questa si semplifica in .
T
V q E
2
dT
dV p 0 g ton
Leffetto termico sulla soglia del PMOS
senza effetto body si sarebbe potuto trovare in modo analogo come .
T
V q E
2
dT
dV n 0 g top +
Per quan-
to riguarda Vp e Vn essi sono in valore assoluto molto simili, ma di segno opposto. Pertanto anche
linfluenza della temperatura sulle due tensioni di soglia sono praticamente eguali, ma di segno con-
Vo
VDD
VSS
Fig.11.4-17
Sottocircuiti analogici


482
trario, cio: .
dT
dV
dT
dV top ton
Dunque .
dT
dV
1
1
dT
dV ton
n p
n p
o
+

Allora se si fanno i due beta identici
non c effetto termico sulluscita. In tal caso, per,
.
2
V V
2
V V
2
V V
V
SS DD ton top SS DD
o
+

+
+
+
[11.4-60]
dato che le due tensioni di soglia, nei CMOS sono eguali ed opposte. Dunque, se si vuole avere una
tensione duscita indipendente dalla temperatura essa risulta la tensione a met fra le due aliment a-
zioni VDD e VSS.
Per determinare il comportamento dinami-
co disegniamo il circuito equivalente di Fig.11.4-
18a. Poich vgsn = vgsp = vdsn = vdsp, la resistenza
duscita evidentemente il parallelo fra rdn, rdp,
1/gmn, 1/gmp. Per quanto riguarda i parametri ricor-
diamo che per essi valgono le [8.3-36], gd = ID/VA.
E la [8.3-39] che se le tensioni di Early sono suffi-
cientemente alte si scrive come:
. I 2 g D m [11.4-61]
Distinguendo i parametri dei due transistor con i pedici n e p per lN-MOS ed il P-MOS, rispetti-
vamente, ricordando che la corrente che scorre nei due transistor la stessa, il circuito equivalente
consiste di una resistenza

D
Aef
D
Ap
D
An
dp dn deq
I
V
I
V
I
V
r || r r [11.4-62]
con V
V V
V V
Aef
An Ap
An Ap

+
. [11.1-63]
con in parallelo un'altra resistenza .
I 2
1
I 2
1
I 2
1
g
1
g
1
g
1
p n
p n
D D p D n mp mn meq +


Al solito la
resistenza differenziale rdeq, nel parallelo, trascurabile e limpedenza del generatore espressa dal-
la precedente.
.
I 2
1
Z
p n
p n
D
o
+

[11.1-64]
Nel caso di coefficiente di temperatura nulla, per avere il quale i due beta debbono essere
identici limpedenza duscita si riduce a .
I 2 2
1
Z
D
o

[11.1-65]
11.4.9 Generatori indipendenti dallalimentazione
Soluzioni complesse per generatori di corrente indipendenti dallalimentazione sono state
studiate nei 11.1.7 e 11.2.9. In questi generatori la corrente duscita si fissava in funzioni dei pa-
rametri geometrici o fisici dei transistors. Lindipendenza dalla tensione dalimentazione viene assi-
curata nei vari casi da differenti accorgimenti circuitali, tutti, per, si basavano su un riferimento di
tensione costante ed indipendenza dallalimentazione. Si sono realizzati riferimenti fondati su VBE,
su VT, su DVGS. Esistono, tuttavia, numerosi altri metodi che si possono trovare in bibliografia
[AL],
[GRA], [SO]
.

+
v v
o
-
i i
o
g
m
e
q
v v
g
s
r
d
e
q
+
v v
ds
-
i i
o
r
d
n
g
m
n
v v
g
s
g
m
p
v v
g
s
r
d
p
(a) (b)

Fig.11.4-18
Sottocircuiti analogici

483
11.5 Interruttori elettronici
Un interruttore un dispositivo che, a comando, apre o chiude una maglia in un circuito. Un
interruttore meccanico pilotato meccanicamente con il movimento di una leva o la rotazione di un
otato dalla presenza, in un opportuno parte di un circuito, detto
di controllo, di una corrente o di una tensione. In funzione del valore di questa corrente o tensione
in un'altra parte del circuito si apre o chiude la maglia consentendo o no il passaggio di corrente. Un
interruttore ideale dovrebbe avere una resistenza di contatto nulla quanto linterruttore chiuso ed
infinita quando aperto. Inoltre dovrebbe funzionare con qualunque corrente o tensione applicata.
Per finire dovrebbero essere nulli i tempi di apertura e chiusura degli interruttori.
Gli interruttori elettronici sfruttano i transistor. Ricordiamo che un BJT pu andare in satu-
razione od in interdizione applicando una opportuna tensione di controllo fra base ed emettitore.
Analogamente un MOS, a seconda che la tensione gate-source sia superiore o inferiore alla soglia,
consente o no passaggio di corrente nel circuito del drain. Ovviamente questi dispositivi non si
comportano come idealmente si desidererebbe. Studieremo il loro comportamento in questa sezio-
ne.
Altri dispositivi a semiconduttori come SCR e TRIAC possono avere applicazioni per rea-
lizzare interruttori. Essi sono particolarmente usati per il pilotaggio di alte correnti e potenza.
11.5.1 Il transistor bipolare come interruttore
Quando un BJT deve essere adoperato da interruttore esso deve essere fatto lavorare nelle
due condizioni limiti di saturazione o di interdizione. Questi modi di funzionamento del transistor
bipolare sono state studiate in profondit nel capitolo settimo. Naturalmente, oltre che la conoscen-
za di quello che avviene in questi casi, serve anche sapere come il BJT capace di passare da una
condizione allaltra e viceversa, cio bisogna anche studiarne le propriet di commutazione
[WA],[SED],[MIT]
.
Nella Fig.11.5-1 illustrato un semplice circuito con il quale un transistor viene forzato ad
operare da interruttore. Ricordiamo che in interdizione tutte le correnti sono praticamente nulle e
non essendoci caduta di potenziale sulla resistenza di carico RC la tensione sul collettore la stessa
alimentazione VCC, vedi Fig.11.5-1a. Invece la saturazione forza la corrente nel transistor ad un va-
lore che dipende praticamente soltanto dalla resistenza di carico e dallalimentazione. Nella
Fig.11.5-1b illustrata la saturazione. La corrente di collettore ICsat, in queste condizioni
ICsat = (VCC-VCEsat )/RC, [11.5-1]
(a)

IB=0
+
-
RC
RB
VCC
Vi
IC=0
VCC
(b)

IBsat
-
RC
RB
VCC
+
Vi
+
-
VBEsat
-
VCEsat
VC E

+ ICsat
IC

CC
IBsat

CC
IBa

V
CC
/R
C

VCC
VCESat

ICSat

(c)

PCsat

PCa


Fig.11.5-1
Sottocircuiti analogici

484
praticamente VCC/RC se il transistor spinto bene in saturazione. Per la saturazione serve una cor-
rente di base di almeno
IBa = ICsat/F =(VCC -VCEsat )/FIB [11.5-2]

Tuttavia si preferisce soprapilotare la base con una corrente
IBsat = (Vi-VBEsat )/RB [11.5-3]
pi alta di IBa. In tal caso il rapporto IC/IB risulta pi piccolo di F. Questo si fa al fine di rendere la
tensione duscita quanto pi piccola possibile e in tal modo il comportamento del BJT da interrutto-
re chiuso migliore. Per quanto detto IBsat > IBa = ICsat/F = (VCC-VCEsat )/FRC. Quindi
Vi = VBEsat + RBIBsat > VBEsat + RB(VCC-VCEsat )/bFRC. [11.5-3]
Il punto di lavoro Psat mostrato in Fig.11.5-1c. Sulla retta di carico a VCEsat , ICsat con una
corrente di base IBsat. La corrente IBa quella che darebbe un punto di lavoro Pa al limite della re-
gione attiva. Nella figura Psat e Pa sono molto vicini e si confondono. In effetti ad essi compete la
stessa corrente ICsat ma le due differenti correnti IBsat e IBa.
Approfondiamo lanalisi del transistor in saturazione. Nel 7.1.6.2 abbiamo determinato che
il suo comportamento dato dalle [7.1-65] che riportiamo




T
BC
T
BC
T
BE
V
V
CS R F E F C
V
V
CS R
V
V
ES E
e I ) 1 ( I I
e I e I I

Se si tiene conto che IB = IE IC e della relazione di reciprocit [7.1-20], cio, F IES = R ICS = IS,
ed, inoltre delle relazioni fra gli ed i , per le due correnti di base e di collettore, in saturazione, si
pu scrivere

,
_

,
_

R
V
V
V
V
S C
R
V
V
F
V
V
S B
T
BC
T
BE
T
BC
T
BE
e
e I I
e e
I I
[11.5-5]
Come abbiamo gi detto, in saturazione si fa in modo che il rapporto IC/IB sia inferiore al F
che corrisponde alla IC in condizioni di linearit. Se chiamiamo sat questo rapporto, cio
sat = IC/IB|
sat
= ICsat /IBsat [11.5-6]
e lo imponiamo al rapporto fra le due relazioni [11.5-5] si ottiene:
,
e e e
e
I
I
R
V
V
F
V
V
R
V
V
V
V
sat
Bsat
Csat
T
BC
T
BE
T
BC
T
BE

,
_

,
_


cio .
e
e
e e
R
V
V
V
V
R
V
V
F
V
V
sat
T
BC
T
BE T
BC
T
BE

,
_


Allora
T
BE
T
BC
V
V
F
sat
V
V
R R
sat
e 1 e
1

,
_

,
_

e assumendo che la corrente di base faccia lavorare il


transistor in una zona in cui = 1, si ottiene . e 1
1
T
CE
V
V
F
sat
R R
sat

,
_

,
_


Per finire, in queste condizioni, la VCE quella di saturazione. Cio, invertendo la preceden-
te
Sottocircuiti analogici

485

( )
F sat
R sat
T
F sat
R R sat
T CEsat
1
1 1
ln V
1
1
ln V V

+ +


+
[11.5-7]
La linea tratteggiata della
Fig.11.5-2 mostra come varia VCEsat al
variare di sat /F, per un valore di R =
0.33 e F = 100. ovvio che forzando il
transistor in saturazione con una sat pi
piccola possibile, la caduta di potenziale
sul transistor si abbassa e esso si com-
porta meglio da interruttore chiuso. La
zona tratteggiata per 0.5 < sat /F < 0.9
quando la VCEsat 100200mV.
Le altre curve della stessa figura
mostrano il rapporto fra la tensione VCE-
sat e la ICsat che scorre nel transistor,
sempre in funzione del rapporto fra il
sat ed il F, parametrizzato dalla corren-
te di collettore. Cio illustra il valore
della resistenza RCEsat offerta dal transistor in saturazione. Per avere una bassa resistenza di contatto
serve spingere molto in saturazione il transistor e fargli passare cor-
renti intense in collettore. La Fig.11.5-2 non tiene conto delle even-
tuali resistenze di estensione che, specie in caso di corrente elevate,
possono avere un peso determinante.
Un circuito equivalente statico semplificato valido per il tran-
sistor in saturazione nella figura accanto. Si tratta di due generatori
di tensione VBEsat (600800mV) e VCEsat (100200mV).
11.5.1.1 La commutazione del BJT
La Fig.11.5-4 mostra quello
che avviene se si applica un segnale
che capace di portare, in momenti
differenti il transistor in saturazione o
in interdizione. Il segnale dingresso
mostrato tratteggiato. CL leventuale
capacit offerta dal carico. Quando
lingresso supera la VBEsat il transistor
va in saturazione e il collettore si porta
a VCEsat . Quando, poi, lingresso scen-
de al disotto della soglia la corrente va
a zero e il collettore si porta a VCC.
Tutto questo avviene, ma non istanta-
neamente. Come abbiamo gi visto nel 6.3.9, la commutazione di un diodo non si ha in un tempo
nullo. Ci sono varie cause che producono questi effetti. Qualcosa di simile si ha anche nella
commutazione dei transistor.
Vediamo ci che avviene nella commutazione dallinterdizione alla saturazione. Si consideri
la Fig.11.5-5a. Applichiamo, a partire da una tensione negativa Vin che ha tenuto stabilmente il
transistor in interdizione un gradino di altezza Vip + Vin che spinga il transistor in saturazione e che,
quindi, soddisfi la [11.5-3]. Il transistor riprende a condurre quando la tensione della base supera
quella di soglia. Finch questo non avviene esso allinterdizione e dallingresso si vede il circuito
equivalente formato di Cbe||rbe con in serie la RB = RB + rbb, come in Fig.11.5-5b. Finch il transi-
VCEsat(V)
b b
sat/
b b
F
RCEsat(
W W
)
0.2 0.4 0.6 0.8 1
0.1

0.12
0.14
0.16

0.18
0.2
0.22

0.24
10
1
10
2
10
3
10

4
10

5
IC=10mA
IC=1mA
IC=10
m m
A
IC=100
m m
A
IC=1
m m
A

Fig.11.5-2
IB
V
BEsat
+
-
VCEsat
+
-
I
C

Fig.11.5-3
(a)
o I
I
i
+
-
RC
RB
VCC
Vi
RB
CL
Vi
Vo
VBEsat
VCEsat
VCC
(b)
V
g

Fig.11.5-4
Sottocircuiti analogici

486
stor non conduce leffetto della r a-
scurabile. Infatti per la [7.2-45], rbe in-
versamente proporzionale alla corrente di
base e dato che il transistor interdetto r
praticamente aperta. Allora la costante di
tempo t = CbeRB. Da notare che il valo-
re che Cbe assume dato dalla [7.1-88],
dato che la giunzione, per ora,
allinterdizione e corrente praticamente non
ne passa. Allora landamento della tensione
Vbe pu essere espresso da Vbe = Vip - (Vin
+ Vip)e
-t /

. Con t si indica il tempo trascor-


so dallistante di applicazione del gradino
da -Vin a Vip. Invertendo lespressione
.
V V
V V
ln
t
e ' b ip
in ip

La giunzione B-
E comincia praticamente a condurre quan-
do la sua tensione raggiunge la tensione di
soglia V. Il tempo che occorre , per la
precedente

V V
V V
ln
t
ip
in ip
[11.5-8]
La figura sotto mostra il comportamento di
t/ in funzione del rapporto Vin/Vip para-
metrizzato da Vip/V. Il tempo necessario
per raggiungere la tensione di soglia si ac-
corcia diminuendo Vin/Vip e .
Una volta che la base polarizzata
al di sopra della soglia comincia a condurre.
Adesso, per, il transistor non pi inter-
detto. In un tempo brevissimo, vedi
Fig.11.5-5a, che possiamo trascurare, la
corrente della giunzione B-E passa dalla so-
glia alla saturazione. La corrente di base,
nei due casi di poco differente essendo Ibg
= (Vip - Vg)/RB e IBsat = (Vip - VBEsat )/RB
quasi eguali. Possiamo, praticamente ap-
prossimarla ad un gradino di valore
IBsat = (Vip - VBEsat )/RB. [11.5-9]
Anche se la corrente di base cambia rapidamente, non altrettanto fa quella di collettore. Ri-
prendiamo quanto detto nel 10.1.1.3 a proposito dellamplificazione di corrente. Si era trovato che

,
_

+
+

Lcc L Lcc Lcc
L L
L L
L L
B
A
1
+ 1
s
A
1
A
R sC 1
+ R sC
A
1
I
I
Trascurando, come lecito, leffetto del polo z
ed utilizzando la [10.1-17] nella quale la pulsazione b definita dalla [10.1-16] la precedente da
. )/ s/ )(1 R sC (1 + R sC
A
1
I
I
f L L L L
L L
B
+ + Cio:

Vi
t
-V
in

Vip
(a)
Vbe
t
-Vin
Vip
V
tg
I
B
t
(Vip-V)/RB
t
(V
ip
-V
BEsat
)/R
B

VBEsat

rbb
B
E
B
C
be

+
-
+
-
Vi
rbe
Vbe
IB

R
B

(b)

Fig.11.5-5
V
in
/V
ip

t /
1 0

-1
1 0

0
1 0

1
0

1

2
3

4

5
V
ip
=1.1V


V
ip
=1.2V
V
ip
=1.5V


V
ip
=2.5V


V
ip
=20V

Fig.11.5-6
Sottocircuiti analogici

487
,
) s )(1 s (1 + s ) s/ )(1 R sC (1 + R C s
A
I
I
L L f
f
L L L L f
f
L
B
L
+ +

+ +

[11.5-10]
nella quale si posto, per semplicit
L = CLRL e t = 1/. [11.5-11]
con, per la [10.1-16], ( ). C C r 1 = c ' b e ' b e ' b +
La funzione di trasmissione dellamplificazione di corrente ha due poli che sono le radici del
denominatore: 1. ) + s( s 0 ) s )(1 s (1 + s L L f L
2
L L f + + + + + Si ricava

1
1
]
1

,
_

+

t

+


+ t +


2
L L f
L
L
L L f
L
L
2
L L f L L f
1/2
+
4
1 1
2
+
2
4 - ) + ( ) + (
p
. ] x 1 1 [
2
+
L
L L f
t

+


I due poli danno valori semplici se il f molto grande. In tal caso x t 0 ed il termine in radice
praticamente unitario. Allora la soluzione pi alta calcolabile come . p
L
1 f
2

Ma la frequen-
za di taglio corrisponde allaltro polo, quello pi piccolo. Sviluppando il termine in parentesi in se-
rie di potenze del parametro x ed arrestandoci al primo termine si ricava x/2, x 1 1 per x t
0. E quindi

,
_

+


+

L f
2
L L f
L
L
L L f
1
1
+
4
2
1
2
+
p cui corrisponde una costante di tempo
s = fL + b. Allora la risposta ad un gradino di corrente IBsat
IC = FIBsat(1 - e
-t /s
). [11.5-12]
con s = FL + . [11.5-13]
Invece di f si utilizzato F perch non siamo pi in
presenza di piccoli segnali ma di grandi escursioni.
Questa risposta disegnata tratteggiata in
Fig.11.5-7. Tuttavia, dal momento che si lavora in
saturazione la corrente di collettore non arriva mai al
valore FIB cui tende con salita esponenziale. Non
appena essa perviene al valore di saturazione non
cresce pi. Calcoliamo, allora, quanto ci mette. In-
vertendo la [11.5-12] .
I I 1
1
ln t
Bsat F C
s

Listante
ts in cui la corrente di collettore raggiunge il valore di saturazione
,
I I 1
1
ln
t
Bsat F Csat s
s

[11.5-14]
o usando la definizione [11.5-6]

F sat s
s
1
1
ln
t

[11.5-15]
Nel caso di saturazione spinta il rapporto sat /F tende ad essere molto piccolo. Sviluppando
la precedente nei dintorni dello zero di sat /F si ottiene:

BEsat ip
B
C F
CEsat CC
Bsat F
Csat
F
sat
s
s
V V
R
R
V V
I
I t

[11.5-16]
ts cresce con VCC. Questo tempo cresce se si spinge di pi il transistor in saturazione e con la co-
stante di tempo s = fL + data dalla [11.5-13]. Nella Fig.11.5-8 sono mostrati il rapporto ts/s sia

t
ICSat = (VCC-VCEsat)/RC
IC
FIBsat
ts
Fig.11.5-7
Sottocircuiti analogici

488
per quanto riguarda lespressione esatta [11.5-15]
che quella approssimata [11.5-16], questultima
mostrata come tratteggiata, mentre laltra la linea
continua. Laccordo fra le due espressioni suffi-
cientemente valido per saturazione abbastanza spin-
ta.
Tuttavia leffetto della corrente di base su
quella di collettore non immediato. Poich le cari-
che passano la giunzione in un tempo che il tempo
di transito t di cui ci siamo occupati nel 7.1.9. fra
le due correnti si ha un ritardo supplementare pari
proprio al tempo di transito. In effetti il movimento
delle cariche minoritarie non simultaneo. Mentre il
tempo di ritardo medio t , tuttavia, le prime cariche minoritarie arrivano un po prima al collettore.
Il processo di amplificazione , dunque parte un po prima. meglio utilizzare t /3 invece di t per
avere risultati pi precisi
[MIT]
.
Pertanto il tempo tON necessario per accendere un transistor spento a quello di saturazione
la somma dei tre tempi di cui si discusso e cio
ON = + t /3 + ts. [11.5-17]
In effetti, utilizzando le convenzioni indicate nel primo capitolo pi opportuno definire il
ritardo dON alleccitazione come il tempo che va dallistante di comando a quando la tensione la
corrente commutata di met dellintera escursione, e cio, per quanto detto precedentemente:
dON = + t /3 + ts/2, [11.5-18]
si sta approssimando la salita esponenziale ad una lineare.
Naturalmente quando il transistor interdetto la tensione del collettore VCC e essa scende
al valore di saturazione VCEsat solo quando avvenuta la commutazione. Landamento delle varie
grandezze in gioco sono descritte in dettaglio nella Fig.11.5-9. Nella stessa figura mostrato ci che
avviene nella commutazione inversa verso lo stato di OFF e che adesso andiamo a studiare.
Anche la commutazione dallo stato di ON a quello di OFF non avviene istantaneamente.
Anche questa volta si hanno dei fenomeni simili a quelli che si hanno nel caso dei diodi.
Ricordiamo che la corrente che scorre in base, in saturazione IBsat data dalla [11.5-9]. Ben
pi alta della corrente IBa = ICsat/F che servirebbe per ottenere la stessa ICsat, ma al limite fra la zona
attiva e quella di saturazione. La differenza IBsat IBa leccesso di corrente di base che forza il
transistor in saturazione. In Fig.11.5-1c mostrata la retta di carico ed il punto di lavoro che giace
su pi di una caratteristica. La pi bassa per IB = IBa, ma in effetti la corrente IBsat > IBa perch si
lavora in saturazione.
Ricordiamo che in regione attiva le cariche minoritarie nella regione di base provenienti
dallemettitore QB che si ricombinano sono QB = IB dove IB la corrente di base e il tempo di
vita medio nella regione di base delle cariche minoritarie. Se passa la corrente IBa che quella al li-
mite della saturazione QBa = IBa. Se, per, siamo in saturazione con una corrente IBsat nella regione
di base si localizza una carica in eccesso QBe proporzionale alleccesso IBe di corrente di base
IBe = IBsat Iba. [11.5-19]
Allora QBe =eIBe = e(IBsat - IBa). [11.5-20]
La costante di tempo e prende il nome di costante di tempo dimmagazzinamento delle cariche in
eccesso. e piuttosto complicato da calcolare. Dallo studio del comportamento in frequenza del
transistor in polarizzazione attiva diretta ed inversa stato determinato che
[MIT]

sat
/
F
ts/ s
0. 2

0. 4

0. 6

0. 8

1

1 0

-1
1 0

0
1 0

1
esatta
approssimata

Fig.11.5-8
Sottocircuiti analogici

489
.
) 1 ( R F R F
R F
e

+
[11.5-21]
in cui F ed R sono le pulsazioni dangolo del guadagni di corrente a base comune diretti ed inver-
si.
Le [11.5-19] e [11.5-20] valgono a regime. In generale, in condizioni dinamiche, la corrente
di base IB la somma delle due correnti IBa e IBe e delle variazioni dQBa/dt della carica che si ricom-
bina e di quella immagazzinata in eccesso in base dQBe/dt, cio:
.
dt
dQ
dt
dQ
I I I
Be Ba
Be Ba B + + + [11.5-22]
Finch si in saturazione la carica QBa non cambia e la precedente si riduce a

Vi
-Vin
Vip
t
t
(b)
Vbe
-Vin
Vip
VBEsat
V
g

t
g

t
s
t
s
IC
tr/3
ts
tON
dON
ICSat = (VCC-VCEsat)/RC
b
FIB
t
t
s
t
s
tst
td

dOFF
tOFF
IB
(Vip-V
g
)/ RB
t
g

(Vip - VBEsat)/RB
t
-Ibn1 = (Vin + VBEsat)/RB
-Ibn2 = (Vin + V
g
)/RB
tst
VCE
t
VCC-VCEsat
VCC
t
s
t
s
VCC-RChFEIB
VCC +RChFEIBn2

Fig.11.5-9
Sottocircuiti analogici

490
.
dt
dQ
I I I
Be
Be Ba B + + [11.5-23]
che per la [11.5-20] si pu scrivere
.
dt
dQ Q
I I
Be
e
Be
Ba B +

+
Alla commutazione quando la tensione dingresso cambia in Vin la corrente di base diventa costan-
te e di valore, vedi Fig.11.5-9,
-IB = -IBn1 = (Vin + VBEsat )/RB [11.5-24]
costante per tutto il tempo tst fin quando il transi-
stor rimane in tale stato, vedi la figura accanto. E
cio finch ci sono cariche in eccesso da rimuo-
vere. Allora, in queste condizioni
dt
dQ Q
I I
Be
e
Be
Ba 1 Bn +

+ e questa si pu scrivere
come
e 1 Bn Ba e Be
Be dt
) I I ( Q
dQ


+ +
. Integrando QBe
= -e(IBn1 + IBa) + ce
-t /t e
. Per t = 0 la carica in ec-
cesso QBe = e(IBsat - IBa). Allora
QBe/e = -(IBn1 + IBa) + (IBsat + IBn)e
-t /e
.[11.5-25]
E la carica in eccesso sannulla dopo il tempo
immagazzinamento .
I I
I I
ln
t
Ba 1 Bn
Bsat 1 Bn
e
st
+
+

Dato
che IBa = ICsat/F = sat IBsat/F, la precedente si
pu riscrivere come

F sat Bsat 1 Bn
Bsat 1 Bn
Bsat Ba Bsat 1 Bn
Bsat 1 Bn
Ba 1 Bn
Bsat 1 Bn
e
st
I I
1 I I
ln
I I I I
1 I I
ln
I I
I I
ln
t
+
+

+
+

+
+

[11.5-26]

tst diminuisce con sat /F e aumentando
Ibn1. La Fig.11.3-11 mostra questo com-
portamento.
Per concludere, se non si vuole un
eccessivo tempo di immagazzinamento
bisogna evitare di spingere troppo la sa-
turazione e, invece, per la [11.5-24], ap-
plicare una tensione Vin piuttosto alta. In
ogni caso luso di transistor con bassa e,
cio, per la [11.5-21], con alta frequenza
di taglio di F e R raccomandato. Se la
[11.5-26] si sviluppa per sat /F molto
piccolo si ottiene una espressione ap-
prossimata

F
sat
1 Bn
Bsat
e
st
I
I t

[11.5-27]

V
i
t
-V
in
V
ip
V
be
-V
in
V
ip
V
BEsat
V
I
B
(V
ip
- V
BEsat
)/R
B

t
-I
bn1
= (V
in
+ V
BEsat
)/R
B
-I
bn2
= (V
in
+ V )/R
B
t
st
t

Fig.11.5-10
t
st
/
t t e
b bsat
/
b bF
I
B n
= 0
I
B n
= 2I
Bsat
I
B n
= I
Bsat
I
B n
= 10I
Bsat
I
B n
= 0. 1I
Bsa
t
0.2 0.4 0.6 0.8 1
10
-4
10
-3
10
-2
10
-1
10
0
10
1

Fig.11.5-11
Sottocircuiti analogici

491
A questo punto il transistor al limite
della regione attiva e si tratta si studiare il fe-
nomeno inverso di quando dal limite
dellinterdizione si arrivato al limite della
regione attiva. La tensione sulla giunzione
dalla saturazione si porta a quella di soglia V
e la corrente di base diventa
-IB = -IBn2 = (Vin + V)/RB [11.5-28]
non molta diversa da IBn1.
Abbiamo visto che adesso il compor-
tamento regolato dalla costante di tempo s.
La corrente IC, per effetto della IB negativa
pari a IBn2 tende a -FIBn2 a partire da ICsat, vedi Fig.11.3-12. Quindi, senza farla troppo per le lunghe
IC = (ICsat + FIBn2) e
-t /s
- FIBn2, [11.5-29]
che si annulla per ( ), I I 1 ln t 2 Bn F Csat s d + [11.5-30]
o usando la definizione [11.5-6]
.
I
I
1 ln
t
2 Bn
Bsat
F
sat
s
d

,
_

[11.5-31]
Se FIBn2 >> ICsat la precedente si approssima come

2 Bn
Bsat
F
sat
s
d
I
I t

[11.5-32]
e per le [11.5-13] e [11.5-11]

2 Bn
Csat
L L
2 Bn
Bsat
L L sat
2 Bn
Bsat
F
sat
L L F
2 Bn
Bsat
F
sat
L F d
I
I
R C
I
I
) R C (
I
I
) 1 R C (
I
I
) ( t

+ [11.5-33]
se il carico introduce, come facile una
pulsazione di taglio 1/CLRL prevalente
sulla b.
In ogni caso landamento del
tempo td ricavato con lespressione [11.5-
31] riportato in Fig.11.3-13.
Pertanto il tempo tOFF necessario
per spegnere un transistor acceso la
somma dei due tempi di cui si discusso
e cio
tOFF = tst + tsd. [11.5-34]
In effetti, utilizzando le conven-
zioni indicate nel primo capitolo pi
opportuno definire il ritardo dON
alleccitazione come il tempo che va
dallistante di comando a quando la ten-
sione la corrente commutata di met dellintera escursione, e cio, per quanto detto precedent e-
mente:
dOFF tst + td/2. [11.5-35]

t
I C S a t = ( V C C- V C E s a t )/ R C

I C

- F
I
B n 2
t d

t s


Fig.11.5-12
td/
s
sat/ F
IBn = 0
IBn = 2IBsat
IBn = IBsat
IBn = 10IBsat
IBn = 0.1IBsat
0. 2

0. 4

0. 6

0. 8

1

1 0

-2

1 0

-1

1 0

0

1 0

1


Fig.11.5-13
Sottocircuiti analogici

492
11.5.2 Il transistor MOS come interruttore
Limpiego del MOS come interruttore particolarmente importan-
te. Infatti, esso pilotabile senza alcuna necessit di fornire corrente al
gate. Le caratteristiche salienti dellinterruttore sono la sua resistenza of-
ferta quando conduce RON, che idealmente dovrebbe essere nulla e quella
quando spento ROFF che dovrebbe essere infinita. Inoltre assume un ruo-
lo importante la frequenza massima di commutazione il cui inverso il
tempo minimo richiesto dallinterruttore per completare un ciclo comple-
to di apertura-chiusura. In Fig.11.5-14 mostrato il semplice circuito con
il quale polarizziamo un MOS per ricavarne il comportamento in conti-
nua. Se si polarizza con una tensione VGS < VTH il transistor si comporta da circuito aperto con una
ROFF in pratica infinita. In effetti, per quanto detto del 8.3.3.4 del comportamento sottosoglia ci
non del tutto vero perch una debole corrente fluisce lo stesso. Tuttavia il suo valore cos basso
da potersi normalmente trascurare.
Studiamo quello che avviene quando la tensione VGS supera la soglia. Perch la resistenza
RON sia bassa, occorre che sia piccola la differenza di potenziale VDS e che quindi si lavori nella zo-
na lineare piuttosto che in quella di saturazione. Ricordiamo che la tensione di saturazione VDSsat
= VGS VTH e basta applicare una VGS pi alta di VDSsat della tensione di soglia perch il transistor
lavora nella zona lineare. In tal caso il suo comportamento descritto dalla [8.3-8] che riportiamo
per comodit
( ) [ ] DS DS TH GS D V V V V 2
2
I

, [8.3-8]
Per finire, soltanto nella parte iniziale delle caratteristiche e cio per VDS << 2VTH, si ha:
( ) DS TH GS D V V V I [8.3-11]
ed il dispositivo si comporta da resistore e la caratteristica risulta lineare anche per VGS relativamen-
te piccola
La Fig.11.5-15a mostra le caratteristiche di un MOS nella zona iniziale. La parte pi bassa,
che interessa se il transistor si comporta da interruttore, espansa nella Fig.11.5-15b. S noti come
tutte queste caratteristiche siano pressoch lineari, forse a parte quelle con VGS appena superiore al-
la soglia. La sua resistenza RON, dalla precedente espressione, assume il valore

( )
( )
.
V V
L
W
' k
1
V V
1
I
V
R
TH GS
TH GS D
DS
ON


[11.5-36]

VGS
VDS
G
S
D
B

Fig.11.5-14

ID(mA)
VDS(V) -4 -2 0 2 4
-8
-6

-4
-2
0

2
4
6

8
VGS=7V
VGS=5V
VGS=11V
VGS=9V
Vto=870mV
kp=100A/V
2

2Vp=740mV
=710mV
1/2
VGS=6V
VGS=10V
VGS=1V
VGS=3V
VGS=2V VGS=4V
VGS=8V
- 1

-0.5

0

0.5

1

-0.5

-0.4

-0.3

-0.2

-0.1

0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

ID(mA)
VDS(V)
VGS=1V
VGS=3V
VGS=2V
VGS=4V
VGS=8V
VGS=7V
VGS=5V
VGS=11V
VGS=9V
VGS=6V
VGS=10V
Vto=870mV
kp=100A/V
2

2Vp=740mV

=710mV
1/2


Fig.11.5-15
Sottocircuiti analogici

493
Ovviamente lespressione precedente della RON vale se il transistor conduce, cio se sopra
soglia. Perch ci avvenga serve che sia VGS > VTH, cio VS < VG VTH. Allora la massima tensio-
ne che si pu avere sul source
VSMax = VG Vto, [11.5-37]
se non c leffetto body, altrimenti
VSMax = VG VTH. [11.5-38]
se non c leffetto body. Se queste condizioni non sono soddisfatte il transistor spento.
La Fig.11.5-16 mostra landamento della resistenza RON impiegando transistor integrati con
differenti fattori di forma. In genere luso di grandi dimensioni, cio dalti W, abbassa la resistenza
di contatto migliorando il comportamento dellinterruttore. Dalla [11.5-36] si nota che il valore del-
la resistenza dipende, a parit di da VGS -VTH. bene, allora pilotare con grande VGS per abbattere
la resistenza dellinterruttore. Inoltre, se si prende in considerazione anche la tensione di substrato,
la VTH cambia. Leffetto, evidentemente, notevole solo quando VGS abbastanza modesta da fare
risaltare anche la piccola variazione della soglia dovuta alla tensione del substrato. La cosa evi-
dente nella Fig.11.5-16. La figura a sinistra si riferisce al bulk connesso al source e niente effetto
body e la tensione di soglia Vto. Nella figura a destra, VBS = -5V, e la tensione di soglia sale fino
a circa due volt. Nella zona di basse VGS si notano differenze sostanziali della RDS.
11.5.2.1 Carico resistivo
In realt, per, le cose sono un po pi complicate. Infatti, in
genere, linterruttore serve per trasmettere oppure no una tensione fra
due punti di un circuito e quindi, per esempio su una resistenza di ca-
rico RL od un condensatore CL. Per il momento ci occupiamo del ca-
rico resistivo. Il circuito per studiare questo comportamento in fi-
gura accanto. Lideale sarebbe che quando si applica unopportuna
tensione di controllo sul gate ingresso ed uscita assumessero lo stes-
so valore, altrimenti luscita dovrebbe essere nulla.
Ancora una volta la resistenza di contatto assume lespressione
[11.5-36]. Tuttavia, adesso, sia VGS che VDS e perfino VTH, se pre-
sente effetto body, dipendono da VS e cio da RLID = Vo. E quindi dallo stesso segnale che si vuole
trasmettere. Cio:
VGS = VG VS = VG RLID = VG Vo [11.5-39]
e VDS = VD VS = Vi RLID = Vi Vo. [11.5-40]
Per quanto riguarda la tensione di soglia essa rimane Vto se VBS = 0 e ci si pu avere sol-
2

4

6

8

10

10

0

10

1

10

2

10

3

10

4

10

5

10

6

2

4

6

8

10

10

0

10

1

10

2

10

3

10

4

10

5

10

6

VGS(V)
RON( ) )

VGS(V)
RON( )
W/L=1000
W/L=100
W/L=10
W/L=1
W/L=1000
W/L=100
W/L=10
VBS=0 VBS=-5V
W/L=1
Vto VTH
Vto
Vto=870mV
kp=100A/V
2

2Vp=740mV
=710mV
1/2
Vto=870mV
kp=100A/V
2

2Vp=740mV
=710mV
1/2

Fig.11.5-16

VG
RL
Vi
G
S
D
B
Vo
VB

Fig.11.5-17
Sottocircuiti analogici

494
tanto se il transistor sta in una well. Altrimenti
D L B P P to BS P P to P BS P to TH I R V V 2 V 2 V V V 2 V 2 V ) V 2 V V 2 ( V V + + + +
cio , V V V 2 V 2 V V o B P P to TH + + [11.5-41]
che si sposta con Vo e cio con Vi.
Per il momento consideriamo il caso in cui il surce connesso al bulk. Allora per la [8.3-11]
ID = (VGS-Vto)VDS = (VG VS Vto)VDS.
O anche ID = (Vgto - RLID)(Vi RLID) [11.5-42]
in cui si posto Vgto = VG Vto. [11.5-43]
Dalla [11.5-42] si pu ricavare

L
R i
2
i R gto i R gto
D
R 2
V V 4 ) V V V ( V V V
I
+ + t + +
[11.5-44]
e R i
2
i R gto i R gto
D L o V V
2
V V V
2
V V V
I R V

,
_

+ +
t
+ +

nelle quali per comodit posto VR = 1/RL. [11.5-45]
La soluzione con il segno positivo va scartata perch per Vi diverge e pertanto
e . V V
2
V V V
2
V V V
V R i
2
i R gto i R gto
o

,
_

+ +

+ +
[11.5-46]
Riprendiamo la [11.5-36] e ne calcoliamo il valore per VS = Vo = 0 e senza effetto body, cio per
VTH = Vto. In questo caso RON prende un valore particolare che chiamiamo RON0. Si ha:

( )
.
V
1
V V
1
R R
gto to G
V , 0 V
ON ON0
to S

[11.5-47]
per cui la [11.5-46] si pu riscrivere come
. V V
R
R
2
V
R
R
1
2
V
2
V
R
R
1
2
V
V i gto
L
0 ON
2
gto
L
0 ON i gto
L
0 ON i
o
1
]
1

,
_

+ +
,
_

+ + [11.5-48]
o anche .
V
V
R
R
V 2
V
R
R
1
2
1
V 2
V
R
R
1
2
1
V
V
i
gto
L
0 ON
2
i
gto
L
0 ON
i
gto
L
0 ON
i
o

1
]
1

,
_

+ +
,
_

+ + [11.5-49]
La Fig.11.5-18a mostra il risultato che si ottiene nelle condizioni descritte dai parametri tec-
nologici della stessa figura. Le curve sono parametrizzate dal rapporto RON0/RL che dipende, ov-
viamente, da W/L e decresce con esso. Se la RON0 grande e cio W/L piccolo, il trasferimento
lungi dallessere unitario. Esso migliora diminuendo la resistenza dellinterruttore. Solo per grandi
W/L si ottengono trasferimenti vicini allunitario.
Se immaginiamo di applicare una piccola tensione dingresso la precedente si pu sviluppa-
re in serie di potenze di Vi. Arrestandosi al primo termine si ottiene
i
L 0 ON
i
R gto
gto
o V
R R 1
1
V
V V
V
V
+

[11.5-50]
e la transcaratteristica una retta inclinata con una pendenza
m = 1/(1 + RON0/RL) < 1 [11.5-51]
Le due precedenti espressioni valgono nei pressi di Vi = 0. Ovviamente la pendenza si fa unitaria
per RON0/RL abbastanza piccolo.
Se, invece si utilizza una tensione dingresso molto alta, al limite Vi >> Vo = RLID, la [11.5-
42] si approssima come
ID (Vgto - RLID)Vi
Sottocircuiti analogici

495
Da cui si ricava facilmente

R
V
V V 1
1
I
gto
i R
D
+
[11.5-52]
e .
V V 1
V
V
i R
gto
o
+
[11.5-53]
Allora la tensione duscita tende asintoticamente a Vgto. Tutto questo mostrato chiaramente nella
figura citata. La retta orizzontale tratteggiata lasintoto Vo = Vgto. Quella inclinata la bisettrice
Vo = Vi e la si pu avere solo per Vi < Vgto e RON0 < RL/1000.
Possiamo anche calcolare il valore della resistenza RON offerta dallinterruttore che dipende
dalla tecnologia, oltre che dalle dimensione del transistor e dalla VG e che, inoltre, cambia anche
con Vi. Riprendiamo la [11.5-36]:
. R 1
V
V
R 1
V
V
R V
V - V
I
V - V
I
V
R L
o
i
L
S
D
L S
S D
D
S D
D
DS
ON
,
_


,
_

[11.5-54]
Il rapporto Vo/Vi stato determinato nella [11.5-49]. Se si sostituisce il suo valore nella pre-
cedente si trova una espressione che non interessante riscrivere. Tuttavia il valore ottenuto ripor-
tato in scala logaritmica nella Fig.11.5-18b. Il parametro riportato sulle curve RON0. In generale la
resistenza offerta dallinterruttore aumenta con la Vi, specialmente quando si avvicina a Vgto. Se poi
si fanno approssimazioni abbastanza evidente che per Vi molto piccole la RON si avvicina alla
RON0.
Per quanto detto nel paragrafo precedente con la [11.5-37] questa rappresenta proprio la
VSMax. Questo significa che fino a quando la
Vi < VSMax = Vgto [11.5-55]
non ci sono problemi se non quelli legati a W/L. Quando invece Vi > VSMax il transistor non si spe-
gne. La tensione del source si approssima a VSMax e la corrente che circola
IDMax =VSMax/RL = Vgto/RL. [11.5-56]
Aumentando ancora la tensione dingresso aumenta la caduta sul transistor e quindi la sua resisten-
za. Pertanto ovvio che per Vi > VSMax la corrente resta costante e pari a IDMax e la resistenza in
queste condizioni RON, dalla [11.5-54]
. 1
V
V
R 1
V
V
R ' R
gto
i
L
SMax
i
L ON

,
_

,
_

[11.5-57]
Dunque la resistenza dellinterruttore cresce comunque ed esso non si pu ritenere realmente aperto.

- 4 - 2 0 2 4 6 8
1 0
-1
1 0
0
1 0
1
1 0
2
1 0
3
-4 -2 0 2 4 6 8
-5
-4
-3
-2
-1
0
1
2
3
4
5
RL/10000
Vi
RON
RL/1000
RL/100
RL/10
VG=5V
VBS=0
RL/10000
Vi
Vo
RL/100
RL/100
RL/10
2Vp=740mV
Vto=870mV
g
=710mV
1/2
kp=100
m
V
2
Vo=Vi
Vgto
RL=1K
W


a Fig.11.5-18 b
Sottocircuiti analogici

496
Il senso che, se c un carico resistivo, il transistor si comporta da buon inte d-
disfatta la relazione [11.5-55], altrimenti, se la tensione dingresso sopra la Vgto, luscita si blocca
a questo valore. Inoltre, per avere una trasmissione quanto pi vicina allunit serve un opportuno
fattore di forma che determina un RON0 < RL/1000.
Se la tensione VG viene innalzata da 5 a 10 V le precedenti figure si modificano come mo-
strato nelle Figg.11.5-19a e b. Si noti che la parte iniziale delle curve non minimamente interessa-
ta al fatto che la VG sia il doppio. Invece cambia la parte destra. Infatti, adesso la trasmissione uni-
taria per un intervallo pi ampio, ma sempre per piccoli RON0, cio alti W/L. In altri termini aumen-
ta il range lineare cio VSMax = Vgto = VG Vt o.
Come la tensione di controllo del gate modifichi il comportamento dellinterruttore meglio
evidenziato nelle successive Figg.11.5-20. Si vede perfettamente come nel caso di alti W/L la di-
namica limitata da Vgto che quindi esprime la massima zona di trasmissione di segnale in modo
pressoch lineare.
Finora abbiamo considerato che mettendo in il transistor una well si possa fare VBS = 0. Ma
non sempre si ha a disposizione la well, come abbiamo visto quando ci siamo occupati delle tecno-
logie dei MOS. Nel caso in cui il bulk non connesso al source la tensione della soglia non resta
-41]. Pertanto tutto quanto detto va rivisto. Unespressione ana-
litica inversa della relazione Vi(Vo) pu essere trovata utilizzando la [11.5-42] nella quale, al posto
di Vgto il valore pi corretto di
Vgth = VG VTH. [11.5-58]
Il calcolo, omesso per brevit, porta a

- 10 -5 0 5 1 0 1 5
1 0
-1
1 0
0
1 0
1
1 0
2
1 0
3
- 10 -5 0 5 1 0 1 5
- 10
-8
-6
-4
-2
0
2
4
6
8
1 0
R
L
/10000
Vi
R
ON

R
L
/1000
R
L
/100
R
L
/10
V
G
=5V
V
BS
=0
R
L
/10000
Vi
V
o

R
L
/1000
RL/100
R
L
/10
2Vp=740mV
Vto=870mV
g
=710mV
1/2
kp=100
m
V
2
Vo=Vi
Vgto
V
gto

RL =1K
W


a Fig.11.5-19 b

- 10 - 5 0 5 10
10
0
10
1
10
2
10
3
10
4
- 10 - 5 0 5 10
- 10
- 8
- 6
- 4
- 2
0
2
4
6
8
10
Vi
VBS=0
Vi
RLON
2Vp=740mV
Vto=870mV
g
=710mV
1/2
kp=100
m
V
2
Vo=Vi
Vo
VG=10V
VG=8V
VG=6V
VG=4V
VG=2V
VG=10V
VG=8V
VG=6V
VG=4V
VG=2V RL =1K
W


a Fig.11.5-20 b
Sottocircuiti analogici

497
.
V - V
V V V
V V
o gth
o R gth
o i
+


[11.5-59]
La precedente relazione stata rappresentata ad assi invertiti nella Fig.11.5-21a. Se si confrontano
con quelle della Fig.11.5-18 si vede che le curve si abbassano nella zona al di la della Vgto. E
landamento asintotico non si ha per Vgto ma per Vgth < Vgto. La dinamica diminuita.
Analogamente il comportamento di RON un po diverso del caso di VBS=0 proprio per
quanto detto a propositi di Vgto e Vgth. In Fig.11.5-21b mostrato il comportamento di RON in que-
sto caso di soglia variabile. La figura va confrontata con la Fig.11.5-18b. Per alti valori di RON0 o,
che lo stesso, per piccoli W/L non c molta differenza. La resistenza alta in ogni caso. Ma
quando si aumenta il fattore di forma per migliorare il comportamento dellinterruttore si nota la
differenza. Si confrontino, ad esempio, le due curve per RON0 =RL/1000. In ogni caso la resistenza
sale di circa un ordine di grandezza quando ci si avvicina a Vgto o Vgth, rispettivamente. Per la pri-
ma circa 4V mentre la seconda di circa 2V. La dinamica diminuita di 2V!
Questo fatto dovuto alla presenza delleffetto body che innalza la tensione di soglia man
mano che aumenta luscita e cio la VS. In Fig.11.5-22a mostrato questo comportamento della so-
glia al variare delluscita per diversi della tensione del substrato. Tuttavia luscita non pu prende-
re qualunque valore. Infatti, per esempio, dalla precedente figura si vede che luscita massima e
Vgth. Per esempio per VG=VB=-5V, Vgth2.3V e ci corrisponde al punto P della Fig.11.5-22. La
Fig.11.5-22b illustra il comportamento per vari valori del fattore di forma W/L. In ogni caso, per
valori sufficientemente alti di W/L e di Vi la soglia varia fino a VTHMax. Si noti, appunto che il valo-
re limite di VTH proprio quel 2.3V visto prima.
Per quanto si gi visto nel caso precedente la caratteristica di trasferimento tende al valore
di Vgto nel caso di VBS = 0. Ora tende a Vgth. Questo fatto, come gi detto, contribuisce a diminuire

- 4 - 2 0 2 4 6 8
10
-1
10
0
10
1
10
2
10
3
- 4 - 2 0 2 4 6 8
- 5
- 4
- 3
- 2
- 1
0
1
2
3
4
5
RL/10000
Vi
RON
RL/1000
RL/100
RL/10
RL/10000
Vi
Vo RL/1000
RL/100
RL/10
2Vp=740mV
Vto=870mV
g
=710mV
1/2
kp=100
m
V
2
Vo=Vi
Vgto
Vgth
VB=-VG=5V
RL=1K
W


a Fig.11.5-21 b

- 4 - 2 0 2 4 6 8
1
1. 2
1. 4
1. 6
1. 8
2
2. 2
2. 4
2. 6
- 4 - 2 0 2 4 6 8
0
0. 5
1
1. 5
2
2. 5
3
RL/ 10000
RL/1000
RL/100
RL/10
Vi
VB=-VG
Vo
VTH
2Vp=740mV
Vto=870mV
g
=710mV
1/2
kp=100
m
V
2
VG=5V
VB=-4V
VB=-3V
VB=-2V
VB=-1V
VB=0
VB=-5V
VG=5V
VTH
P to TH V 2 V V
VBS=0
VTH=Vt o
Vgth
P
RL=1K
W


a Fig.11.5-22 b
Sottocircuiti analogici

498
la dinamica, come facilmente osservabile dalla Fig.11.5-21a. Si noti che quanto detto precedente-
mente a proposito di VSMax = Vgto se non c effetto body, diventa VSMax = Vgth in caso opposto.
Come abbiamo gia visto la soglia
dipende anche dalla tensione di bulk. Nella
Fig.11.5-23a mostrata la soglia massima
per differenti valori della tensione di gate e
quella di bulk. Aumentando VB o VG peg-
giora VTHmax. Tuttavia mentre VB agisce ef-
fettivamente peggiorando la dinamica, non
avviene lo stesso con VG perch un suo au-
mento produce un aumento della dinamica
anche se non in un rapporto uno ad uno. Ri-
cordiamo che il limite di linearit , se non
c effetto body, Vgto, mentre, se esiste, esso
Vgth. Solo che, mentre Vgto fisso e co-
stante, la Vgth dipende, oltre che da VG, da
VB ed anche da RON0.
In conclusione, se si vuole un buon trasferimento fra ingresso ed uscita bisogna: 1) impie-
gare un W/L che assicura un RON0 sufficientemente piccolo rispetto a RL e 2) utilizzare una VG tale
che Vgto o Vgth siano almeno un po pi alti di Vimax.
11.5.2.2 Carico capacitivo
Invece che trasferire una tensione su una resi-
stenza, alle volte serve caricare una capacit quando u-
tilizzando un MOS. Fra i casi pi significativi ci sono
le applicazioni ai sistemi a dati campionati quella di re-
sistori attuati con condensatori commutati, quelle per la
conversione analogica digitale e viceversa. Pertanto
studieremo lapplicazione relativa al circuito di
Fig.11.5-24.
Unanalisi numerica accurata estremamente
complicata. Tuttavia, con semplici ragionamenti possiamo arrivare a comprendere il comportamen-
to, almeno in via qualitativa. La prima osservazione che, quando il condensatore si sar caricato
non passer pi corrente e pertanto come se il carico fosse una resistenza molto grande. In altri
termini, dando tempo a sufficienza la tensione duscita si aggancia allingresso e la trasmissione di-
venta unitaria. Ovviamente perch ci maggenga comunque necessario applicare una tensione di
controllo sul gate sufficientemente alta rispetto alla tensione dingresso da trasmettere. Pertanto
prendiamo in considerazione solamente questo caso. Anche questa volta vale che la VSMax Vgto o
Vgth, secondo il caso, solo che, non essendo presente la resistenza, una volta che la VS arriva al suo
valore massimo la corrente nellinterruttore si annulla. Il condensatore carico alla massima tensio-
ne che pu permettersi.
La tensione di controllo Vc commuta ad un certo istante alla tensione VG. Dal momento che
inizialmente il condensatore scarico la tensione che effettivamente pilota linterruttore alta e la
sua resistenza risulta essere bassa e pari al valore RON0 del paragrafo precedente. Per cui il conden-
satore tende a caricarsi rapidamente con una costante di tempo CLRON0. Il circuito equivalente
mostrato in Fig.11.5-19bb. Ovviamente se si vuole una carica rapida bisogna scegliere un fattore di
forma alto. Tuttavia bisogna fare un discorso pi approfondito. Infatti, man mano che la tensione
del condensatore tende ad avvicinarsi a quella dingresso, per quanto gi detto nel paragrafo prece-
dente lazione di controllo diminuisce. Allora la resistenza RON aumenta e la costante di tempo ten-
de a crescere. In altri termini la tensione duscita tende a quella dingresso con una costante di tem-

- 1 0 - 5 0 5 1 0
1
1. 5
2
2. 5
3
VG
VTHMax
2Vp=740mV
V
to
=870mV
g
=710mV
1/2
k
p
=100
m
V
2
VB=-4V
VB=-6V
V
B
=-2V
VB=-8V
VB=2V
VB=-10V
V
B
=0V

Fig.11.5-23

V
c

C
L

V
i

G
S D
B
V
o

V
B

(a)
C
R
ON

V
i
V
o

( b)

Fig.11.5-24
Sottocircuiti analogici

499
po che man mano cresce. Le curve a tratto pieno della Fig.11.5-25 mostrano questo comportamento.
La salita della funzione di trasmissione dellinterruttore non esponenziale ma sale inizialmente pi
velocemente e poi sempre pi lentamente.
Nel caso che si potesse connettere il bulk con il
source la resistenza RON sarebbe pi bassa e la salita
delle due curve pi rapida. La cosa mostrata con le
curve tratteggiate della stessa figura.
Se si osservano tutte le curve relative a RON fi-
nora viste si nota che essa aumenta rispetto alla RON0
man mano che la tensione dingresso si avvicina alla
Vgto o Vgth. Tuttavia, se la Vi si limita al massimo allo
80% di queste tensioni il valore della RON non varia di
pi di un fattore 3-4 rispetto a RON0. In altri termini,
per tornare al discorso precedente sulla stima della co-
stante di tempo equivalente ON e ovvio che essa non
pu superare 4RON0CL. Tuttavia questo valore, per
quanto detto una sovrastima perch un limite superiore. Un ragionevole valore, purch si osservi
il limite per la Vi di cui si parlato, ON = 2RON0CL.
11.5.2.3 Clock-feedthrough
Riprendiamo il modello ai grandi segnali del MOS della Fig.8.3-11 e lo applichiamo al caso
dellinterruttore con carico capacitivo. Trascuriamo, per semplicit entrambe le resistenze
destensione e le corrente inverse dei diodi Dbs e Dbd. Si ottiene la Fig.11.5-26. La presenza di capa-
cit parassite, in particolare della Cgs determina un fenomeno assai fastidioso che prende il nome di
clock-feedthrough che produce una trasmissione di carica dal gate sulla capacit CL durante la
commutazione dellinterruttore introducendo un errore.
Il problema sorge nelle commutazioni, cio negli inter-
valli di tempo in cui il segnale di controllo sale o scende, mante-
nendo il transistor spento, quindi per tutto il tempo in cui VC <
Vi + VTH. Questultima la tensione di soglia del transistor. In
effetti, in questi intervalli in cui il transistor spento e si ha una
variazione della tensione di controllo di VC = Vi + VTH, si de-
termina fra il gate ed il source un partitore capacitivo formato da
Cgs e CL. Allora una frazione di Vi + VTH determinata dal rappor-
to di partizione fra queste due capacit viene trasmessa dal gate
alla capacit di carico. Questa frazi gs/(Cgs + CL). Allora,
alla commutazione si avr una variazione della tensione sul con-
densatore pari a
. ) V (V
C C
C
V TH i
L gs
gs
f +
+
[11.5-60]
positiva nella commutazione verso la chiusura dellinterruttore e
negativa nella commutazione verso lapertura. La prima non ha alcunimportanza, perch, una volta
che il transistor si chiuso esso si comporta da corto e luscita si porta allingresso. E la Vf spari-
sce. Differente , invece, il caso inverso. Il condensatore, carico alla corretta tensione determinata
dallingresso. A questo punto si ha la commutazione che spegne il MOS. Finche la tensione di con-
trollo e superiore a Vc il MOS chiuso e la tensione rimane costante al valore Vi cui si era portato
alla chiusura. Ma, non appena il transistor si spegne e la tensione di controllo scende verso lo zero si
ha una variazione Vf della tensione sul condensatore. Quindi la tensione che rimane sulla capacit
CL non Vi ma Vi Vf. Pertanto si ha un errore della campionatura della tensione dingresso pari
proprio a Vf.

Vc
t
t
Vo/Vi
1
RO N
t
V
G
RON0
Vi < V SMax
VB S = 0
VB VS

Fig.11.5-25




Vb
B

Cgd
D

Cbd
Vi
G

Cbs
Cgb
Cgs
S
CL
Vo
Vc

Fig.11.5-26
Sottocircuiti analogici

500
Si noti che Vf dipende sia dallo stesso ingresso che dal rapporto fra la capacit parassita e
quella di campionamento. Si pu minimizzare linconveniente utilizzando grosse capacit di cam-
pionamento, ma a scapito delle dimensioni e delle potenze in gioco. Grosse capacit significa grandi
aree di silicio. Ma anche le potenze aumentano perch usando capacit pi grosse, a parit di segn a-
le dingresso cresce la carica da trasferire e quindi sale lenergia necessaria e la potenza.
Alcune soluzioni posso essere adottate per limita-
re questinconveniente. Per esempio si pu rendere la
tensione di clock-feedthrough indipendente dallingresso
con una differente configurazione circuitale. La figura
accanto mostra a sinistra la configurazione in cui la capa-
cit di carico sta fra source e massa e quindi si ha
linconveniente di cui sopra. Nella figura a destra, invece,
la tensione in cui il transistor passa da apertura a chiusu-
ra non dipende dallingresso per cui la Vf costante di-
pende soltanto da Vc, da Vt e dal rapporto di partizione
dalle capacit.
11.5.2.4 Transmission-gate o interruttore CMOS
Una soluzione ancora pi
efficace quella mostrata nella
Fig.11.5-28a ed applicabile nel-
le tecnologie CMOS. Si adopera-
no due transistor NMOS e PMOS
connesse in un modo che prende
il nome di transmission-gate op-
pure interruttore CMOS. Questa
volta la commutazione avviene
perch le due tensioni di controllo
sono eguali ed opposte. Inoltre
opportuno che le due tensioni del
bulk siano rispettivamente la pi
bassa possibile per lNMOS e la
pi alta possibile per il PMOS.
Cio opportuno che sia VBn = -VC e VBp = +VC. In queste condizioni lo swing dingresso pu es-
sere soltanto -VC [ Vi [ +VC. Altrimenti ci sarebbero polarizzazione dirette fra i substrati e i termi-
nali attivi dei transistor.
Nella figura il carico un resistore in parallelo con un condensatore. Se si fa RL t , si ha
il carico solo capacitivo. Se si fa CL = 0 si fa il carico resistivo. Per il momento discutiamo del cari-
co unicamente resistivo.
Supponiamo che le tensioni dei due bulk siano anche esse eguali ed opposte e che i due se-
gnali di controllo commutino fra due valori eguali a quelli delle due tensioni di bulk. Ovviamente,
dal momento che i due source sono connessi insieme fra di loro ed anche al carico, non possibile
fare VBS = 0 perch altrimenti anche i due bulk sarebbero connessi insieme. Pertanto si risente cer-
tamente delleffetto body.
Se si avesse soltanto lNMOS il comportamento sarebbe quello descritto nel 11.5.2.1. Le
curve relative alla trasmissione ed alla resistenza offerta dallinterruttore sarebbero la Fig.11.5-21.
La RONn per lNMOS riportata nella successiva Fig.11.5-29a con linee a tratto continuo. Per, in
parallelo allNMOS c un PMOS che, supporremo, per semplicit. simmetrico e con gli stessi b e
g. E, nella stessa figura, con curve tratteggiate, sono riportati i valori della resistenza RONp offerta da
questo ultimo transistor. Quello che avviene che, mentre per bassi valori di Vi lNMOS conduce

V
c

C
L

V
i

G
S D
B
V
o

V
B

(a)
G
V
c

C
L

D
B
V
o

V
B

V
i

( b)

Fig.11.5-27

-Vc
CL
Vo
Vi
VBp
+Vc
VBn
RL
NMOS
PMOS
C
C
1 2
(a)
(b)

Fig.11.5-28
Sottocircuiti analogici

501
molto bene e si comporta male quando si avvicina a Vgth, laltro, il PMOS, invece si comporta male
a bassi valori di Vi perch molto vicino alla sua soglia, mentre per valori alti dingresso la sua so-
glia largamente superata e si comporta da buon interruttore. In altri termini se si usa una il com-
portamento del due transistor simmetrico.
Ma i due MOS sono in parallelo e la loro resistenza complessiva varia come mostrato nella
Fig.11.5-29b. La cosa molto interessante. La resistenza offerta dalla transmission-gate cambia di
circa una decade, al massimo, in tutto lintervallo utile. Allora, a causa del fatto che la resistenza
varia di poco e che, comunque sia, almeno uno dei due transistor conduce, per Vi < Vc la trasmis-
sione molto buona e la dinamica raggiunge Vc. La cosa si pu osservare nella Fig.11.5-29c.
Questo discorso si pu utilizzare per comprendere quello che avviene se invece di carico re-
sistivo si ha carico capacitivo. Ricordiamo che, questa volta, una volta che il condensatore si carica
alla tensione corretta non scorre pi corrente. La commutazione avviene applicando opportune ten-
sioni simmetriche ai due Gate. A controllare ognuno dei due transistor la VGS. Quando il transistor
conduce si pu trascurare la caduta ai sui capi e Vi VS. Ricordiamo che per i CMOS VTHp = -VTHn
= VTH. Cominciamo a vedere quello che succede per il transistor NMOS. Per esso VGSn = VGn
Vs VC Vi. Se il transistor conduce questa tensione deve superare la soglia e quindi VGSn VC Vi
m VTHn. Cio lNMOS conduce per Vi [ VC VTH. Analogamente per il PMOS VGSp = VGp Vs -
VC Vi. Dal momento che si tratta di PMOS, se il transistor conduce questa tensione deve essere in-
feriore alla soglia e quindi VGSp -VC Vi [ VTHp = -VTH. Cio il PMOS conduce per Vi m -VC
+VTH = = -(VC -VTH).
Quando la tensione applicata ai gate quella mostrata in figura che consente la conduzione
della transmission-gate la situazione la seguente: Per tensioni dingresso da -VC a = -(VC -VTH)
conduce soltanto lNMOS. Nellintervallo -(VC -VTH)VC VTH conducono entrambi i transistor e
nellintervallo = VC -VTH VC soltanto il PMOS. Allora si comprende bene lefficacia della tran-
smission-gate. La sua trasmissione molto buona. Lintervallo migliore quello in cui entrambi i
transistor conducono, tuttavia il suo comportamento ottimo dappertutto.
Ricordiamo che se si vuole un comportamento simmetrico dei CMOS, per le tensioni di so-
glia non c problema, mentre per i fattori di forma bisogna tenere conto che quello che conta sono i
b. Allora per avere resistenze simmetriche i beta debbono anche essere eguali e quindi mn(W/L)n =
mp(W/L)p. Cio quindi mn/mp = (W/L)p/(W/L)n. Il PMOS deve avere un fattore di forma pi grande
dellNMOS. La transmission-gate nella quale venga soddisfatta questa condizione per i fattori di
forma realizzata anche come componente integrata. In tal caso si utilizza il simbolo mostrato nella
Fig.11.5-28b. Non si parla pi di ingresso o uscita ma di due terminali che sono indifferenti. Infatti
siamo in presenza di un interruttore il cui comportamento indifferente con la polarit del segnale e
che diventa aperto o chiuso a secondo del valore assegnata alla variabile logica C, che sia 1 oppure

- 5 0 5
- 5
- 4
- 3
- 2
- 1
0
1
2
3
4
5
- 5 0 5
10
-1
10
0
10
1
10
2
10
3
- 5 0 5
10
-1
10
0
10
1
10
2
10
3
Vi
RONp
<RL/100
RL/10
RL/10000
Vi
RL/1000
RL/100
RL/10
2Vp=740mV
Vto=870mV
g
=710mV
1/2
kp=100
m
V
2
VB=
!
5V
Vi
RONn
VC=
!
5V
Vo
RON
RL=1K
W


a b Fig.11.5-29 c
Sottocircuiti analogici

502
0. Il che vuol dire, dal punto di vista elettrico che sia + VDD o VDD. Per concludere questa parte di-
ciamo che un vantaggio fondamentale dellinterruttore CMOS che la sua dinamica fortemente
aumentata rispetto alle altre soluzioni e spazia fra le alimentazioni VSS e VDD.
Se si studia il problema del clock-feedthrough per un interruttore PMOS si trova un risultato
eguale ed opposto a quello dellNMOS. Leffetto dellaccoppiamento ingresso-uscita di produrre
una tensione Vf, data, come nel caso dellNMOS, da una espressione tipo la [11.5-60]. Solo che sta-
volta positiva perch deriva dalla commutazione della tensione di controllo sul gate del PMOS
che in salita, invece che in discesa come nellNMOS. Sfruttando questo fatto si comprende che
linterruttore CMOS introduce un ulteriore miglioramento. Infatti, utilizzando i due transistor com-
plementari pilotati da due tensioni eguali ed opposte. Le comunicazione fra ingresso ed uscita si
hanno simultaneamente quando entrambe i gate vengono portati ad interrompere linterruttore e so-
no due capacit Cgsn e Cgsp. Accoppiate alla stessa CL. Allora, dimensionando opportunamente i due
transistor possibile cancellare addirittura il clock-feedthrough.
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1994
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[SO] - Soclof - Design and Applications of Analog Integrated Circuits - Prentice Hall 1991
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1988
[WA] - Watson - Analog and Switching Circuit Design - J.Wiley - 1989
[WI1] - Widlar - Some Circuit Design Techniques for Linear Int. Circuits - IEEE Tran
C.T,Vol. CT-12, pp 586, 1965
[WI2] - Widlar - Design Techniques for Monolithic Operational Ampl. - IEEE Jou. Sol. St. Cir.,
Vol. SC-2, pp 184, 1969




A m p l i f i c a t o r i a p i t r a n s i s t o r A m p l i f i c a t o r i a p i t r a n s i s t o r
In questo capitolo ci occupiamo di una serie di applicazioni particolarmente importanti dei dispositi-
vi attivi, soprattutto riferite ai componenti integrati.
12.1 Transistor composti
Spesso coppie di transistor sono realizzate e connesse direttamente nei CI in un modo opportuno e
realizzate come strutture proprie. Alcune di esse, possono essere considerate come un doppio bipolo atti-
vo. In tal caso, avendo tre terminali daccesso, il loro comportamento equivalente a quello di un transi-
stor. In tal caso prendono il nome di transistor composti. Possono essere considerati transistor composti
la coppia Darlington, la coppia CC-EC, la coppia CC-CC, il p-n-p composto, la coppie cascode o CE-
CB. Tranne lultima coppia che si ha sia nella versione BJT che MOS, le altre sono soltanto BJT. Le cop-
pie differenziali, anche se sono vere e proprie strutture realizzate con caratteristiche particolari, non sono
strutture a tre terminali, ma a quattro. Di esse parleremo diffusamente nel 12.3. La Fig.12.2-1 mostra tutti
questi casi
12.1.1 Transistor super beta.
La coppia Darlington, la coppia CC-EC, la coppia CC-CC, il p-n-p composto, hanno tutte un
comportamento simile. Possono essere considerate come un unico transistor con un grandissimo valore di
del guadagno di corrente. Pertanto vengono anche genericamente indicati come transistor superbeta. Que-
sti dispositivi vengono principalmente utilizzati negli stadi finali per la loro capacit di pilotaggio di carichi e-
levati a partire da correnti dingresso basse. In genere essi sono equivalenti ad un unico transistor con un
guadagno di corrente pari al prodotto del guadagno dei singoli stadi e con una VBE tipicamente doppia ri-
spetta a quella di un singolo transistor, tranne il caso del il p-n-p composto. Ovviamente il fatto di compor-










E
p
Pnp
composto
Q2
Q1
B
p
Cp
VCC
O
ut
coppia
CC-CC
IR
Q
2
I
n Q
1
Cd
Ed
Darlington
I
R
Q2
Q1 Bd
Out
coppia
CC-EC
VCC
IR
Q2
I
n Q1
O
ut
V I
n
Q2
Q1
Cascode
BJT
coppia
differenziale
BJT

IR
Q2
I
n1
Q1
I
n2
O
ut1
Out2
coppia
differenziale
MOS
IR
M2
In1
M1
In2
O
ut1 Out2
Out
VR
I
n
M2
M1
Cascode
MOS

Fig.12.1-1
Amplificatori a pi transistor


504
tarsi come un transistor con elevatissimo guadagno di corrente fa si che la loro impedenza dingresso
molto pi elevata di quella che si avrebbe con un solo transistor che dovesse pilotare un identico carico.
12.1.1.1 La coppia Darlington
Due transistor dello stesso tipo, per esempio
due n-p-n, con i collettori in comune e lemettitore
del primo connesso alla base del secondo, come
nella Fig.12.1-4a, formano un dispositivo composto
che prende il nome di transistor Darlin-
gton
[FO],[GRA],[LS],[SO],[SS],[TS]
. I terminali esterni
che si utilizzano per la connessione sono la base del
primo, lemettitore del secondo e linterconnessione
fra i due collettori. Il generatore di corrente IR pu
essere utilizzato per polarizzare opportunamente la
coppia, ma non indispensabile. In alcuni casi pu
essere sostituito da una resistenza di polarizzazione. Quando il Darlington viene usato come un collettore
comune non per niente differente dalla configurazione CC-CC che discuteremo pi avanti, mentre se vie-
ne adoperato ad emettitore comune molto simile alla configurazione CC-EC, a parte il fatto che
questultimo ha il collettore di Q1 connesso allalimentazione invece che alluscita.
Il circuito di Fig.12.1-4b mostra lo schema dei due transistor utilizzando il semplice modello per
grandi segnali. In Fig.12.1-4c c il suo equivalente. E molto semplice ricavare la relazione fra gli elementi
dei due schemi. Definiamo le tensioni e le correnti del transistor Darlington in modo ovvio come:
VBEd = VB1 - VE2; VCEd = VC1- VE2 = VC2 - VE2;
IBd = IB1; IEd = IE2; ICd = IC1 + IC2; [12.1-1]
Osservando semplicemente la figura si possono scrivere le seguenti relazioni:

( )
( )
( )
( )

'

+ + +
+
+
+

R 2 F 1 B 1 F 2 F 1 B 1 F 2 C 1 C Cd
R 2 F 1 B 1 F 2 F 2 B 2 F 2 C
R 1 B 1 F R 1 E 2 B
1 B 1 F 2 B 1 E
1 B 1 F C
I I 1 I I I I
I I 1 I I
I I 1 I I I
I 1 I I
I I 1
[12.1-2]
e se bF2 sufficientemente grande
( ) R 2 F 1 B 1 F 2 F R 2 F 1 B 1 F 2 F 1 B 1 F Cd I I I I 1 I I + + [12.1-3]
Se si considera la corrente del generatore IR come un parametro si trova la proporzionalit fra in-
gresso ed uscita. A parte loffset -bF2IR ssa data da un bFd pari a
bFd bF1bF2. [12.1-4]
In continua il Darlington si pu rappresentare come due diodi in serie con ai capi le rispettive cadute di po-
tenziale ed in uscita un generatore ICd controllato dalla corrente dingresso IBd secondo la [12.1-3], vedi
Fig.12.1-4c. Il Darlington si comporta come un transistor che ha un guadagno statico di corrente pari,
allincirca, al prodotto dei guadagni statici in corrente dei singoli transistor. Ed ha una VBE circa due volte la
tensione base-emettitore dei singoli transistor componenti.
Un risultato interessante per lanalisi in bassa frequenza si ha tenendo conto che IC1 = bF1Iid. Allo-
ra dalle [12.1-2]
). I I 1 (
I I
1
I
) I I (
I
] I I ) I 1 [(
I
I
1 C R 2 F
1 F
id R
2 F
id 1 F
R id 1 F 2 F
id 1 F
R id 1 F 2 F
1 C
2 C

,
_

+


(a)
Coppia
Darlington


IR
Q
2
Q
1
B1 Bd
E1 B2
C1 h hC2 Cd
E2 Ed
I
E
1
b
F
1
I
B
1

IR
b
F
2
I
B
2

B1 Bd
E1 B2
C1h hC2 Cd
E2 Ed
(b)
I
C1

I
C
2

I
B2

I
B1

I
Bd
(c)
V
B
E
2

V
B
E
1

b
F
d
I
B
d

Bd
Ed
Cd
I
Cd
I
Ed

Fig.12.1-4
Amplificatori a pi transistor


505
cio .
k ) I I 1 ( 1 I
I
i
2 F
1 C R
2 F
1 C
2 C

[12.1-5]
con .
I I 1
1
k
1 C R
i

[12.1-6]
La funzione del generatore di corrente IR quello di potere scegliere eventualmente un opportuno punto di
lavoro per Q2. Si pu omettere, nel qual caso
IR = 0 e ki =1 [12.1-7]
Oppure il suo valore si pu avvicinare a quello di IC1, ma non troppo, perch in tal caso la corrente IB2 ri-
schia di azzerarsi ed il transistor Q2 di spegnersi. Pertanto opportuno che IR sia comunque un po pi
basso, per esempio al massimo
IRmax =.95 IC1, cui corrisponde ki = 20 [12.1-8]
In Fig.12.1-5a mostrato il circuito equivalente in bassa frequenza. Ricordiamo le espressioni
semplificate dei parametri dinamici. Nel capitolo settimo si trovato:
.
I
V
I
V
r
C
A
C
A
0 F
F
ce

[7.2-42]
e dalle [7.2-45] e [7.2-40] .
I
V
g
r
C
f
T
m
f
be

[12.1-9]
Allora ,
I
V
r
1 C
1 A
1 ce mentre .
I
V r
C2
2 f
T 2 be

Pertanto il loro rapporto


.
k V
V
k V
V
I
I
V
V
r
r
i T
1 A
2 f i
2 F
T
1 A
1 C 2 f
2 C
T
1 A
2 be
1 ce


[12.1-10]
Trascurando le piccole differenze fra beta statico e dinamico. Ricordiamo che il rapporto VA/hVT
dellordine di 2000. Se si fa il conto si trova che anche se ci si mette nelle condizioni peggiori di IRmax date
dalla [12.1-8]
rce1 >> rbe2. [12.1-11]
Nel Capitolo 7 abbiamo ricavato il modello a bassa frequenza ad emettitore comune a parametri
ibridi del transistor per il quale

+
+
ce oe b fe c
ce re b ie be
h h
h h
v i i
v i v
[7.2-47]
I quattro parametri sono definiti come:

0 ce
b
c
f
0 ce
b
be
be


v v
i
i
=
i
v
= r , [12.1-12]

0 b
c
ce
ce
0 b
ce
be
re
i i
i
v
= r
v
v
= h . [12.1-13]
Nel caso del modello a tre parametri hre

trascurabile.
In Fig.12.1-5a mostrato il circuito equivalente in bassa frequenza relativo ai due transistor del
Darlington. Si usato, per ognuno di essi, il modello a tre parametri.
Adoperiamo le [12.1-13]. Pertanto, dobbiamo fare i b1 = 0 e perci apriamo il circuito dingresso.
Si ottiene il circuito equivalente di Fig.12.1-5b. La corrente i b2 calcolata come
2 be 1 ce
ced
b
+r r
2
v
= i ,
e la corrente nel collettore del Darlington :
( ) ( )
ce2 ce1
ced
f2
ce2
ced
b2 f2
ce2
ced
cd
r r
1
r
= 1
r
=
+
+ + + +
v v
i
v
i .
Amplificatori a pi transistor


506
Da questa si ricava
be2 ce1
f2
ce2
0
ced
cd
ced r + r
1
r
1
= =
r
1
b
+
+
i
v
i
, [12.1-14]
o anche
f2
be2 ce1
ce2 ced
1
r + r
r = r
+
.
Dal partitore rce1- rbe2
:

be2 ce1
be2
0 b
ced
bed
red
r + r
r
h
i
v
v
= [12.1-15]
Per determinare gli altri due parametri cortocircuitiamo i collettori con lemettitore del Darlington
(Fig.12.1-5c). La caduta v su rbe2

( ) 1 b 1 ce be2 1 f 2 b 2 be r r 1 r i + i ' v . [12.1-16]
e quella sulla resistenza rbe1, dove circola la corrente ib1 :
( ) 1 b 1 ce be2 1 f bed bed 1 b be1 r r 1 r i + v = v' v i .
cio ( ) [ ] 1 b 1 ce 2 be 1 f 1 be be 1 d i r r r v + + .
E, quindi:
( ) ce1 be2 f be1
0
bd
bed
bed r r 1 r = r 1
ced
+ +
v
i
v
= . [12.1-17]
Riprendiamo la [12.1-16]
( )
( ) bd f1
be2 ce1
ce1
1 b
be2
ce1 be2 f1
2 b 1
r + r
r
r
r r 1
i i i +
+
..
Ma, allora: ( ) ( )( ) bd
be2 ce1
ce1
f2 f1 2 b f1 cd
r + r
r
1 1 1 i i i + + + .
Quindi ( )( )
be2 ce1
ce1
2 f 1 f
0
bd
cd
fd
r + r
r
1 1
ced
+ +
v
i
i
= [12.1-18]
Il circuito equivalente pu essere rappresentato come in Fig.12.1-3d (si supposto, che hred sia
trascurabile, il che, come vedremo pi avanti, abbastanza corretto).
I parametri dei due transistor componenti il Darlington non sono slegati. Ci deriva dalle condizioni
imposte dai loro punti di lavoro. Quanto detto a proposito del rapporto fra rce1 e rbe2 porta come conse-
guenza che, nel parallelo fra rbe2

e

rce1

lecito trascurare questultima, mentre, nella serie si pu trascurare
la prima. Inoltre supporremo che i beta siano sufficientemente grandi e non molto diversi fra di loro, sia fra i
due transistor che quelli statici e dinamici. Quindi le [12.1-17], [12.1-15], [12.1-18] e [12.1-14] diventa-
no, rispettivamente:
1 f 2 be 1 be bed r r r + ; [12.1-19]
ile; trascurab dunque , 1 4000 / 1
100
mV 25
di ordine ell' d
V
V
r
r
h
A
T
ce1
be2
red <<

[12.1-20]


i c1
r
c
e
1

rbe1
r
b
e
2

b
f
1
i
b
1

(a)
B1 Bd
E1 B2
C1 h hC2 Cd
E2 Ed
r
c
e
2

b
f
2
i
b
2

i
c
2

i
b
2

i cd
i b1
i ed
i bd
r
c
e
1

r
b
e
2

(b
)
E1 B2
C1h hC2 Cd
E2 Ed
r
c
e
2

b
f
2
i
b
2

i
b
2

i cd
i c1
r
c
e
1

rbe1
r
b
e
2

b
f
1
i
b
1

(c)
B1 Bd
E1 B2
C1 h hC2 Cd
E2 Ed
bf2i b2
i
b
2

i cd
i b1
i bd
r
b
e
d

(d)
Bd
Cd
Ed
r
c
e
d

b
f
d
i
b
d

i cd
i ed
i bd

Fig.12.1-5
Amplificatori a pi transistor


507
; 2 f 1 f fd [12.1-21]

1 ce
2 f
ce2 ce r r
1
=
r
1
d

+ , [12.1-22]

o anche
2 f
1 ce
ce2 ce
r
r r d

. [12.1-23]

La [12.1-19], tenendo conto della [12.1-9] diventa:

,
_

,
_

,
_

+ +
2 F
2 f
i be 1 f
2 C
1 C
1 f
2 f
be 1 f
2 be
be 1 f be2 be1 be k 1
I
I
1
r
r
1 r r r 1 1
1 be
1 d r r r ;
approssimabile come ( ) i be be k 1 r r 1 d + ; [12.1-24]
o anche ( ) ( ) ( ) ,
k
k 1
I
V
k 1
I
V
k 1
I
V
k 1
I
V
r
i
i
2 F 1 f
Cd
T
i
Bd
T
i
1 F
1 f
1 B
T
i 1 f
1 C
T
bed
+

[12.1-25]
e . I 95 . 0 I 0 per r 21 r r 2 1 C R 1 e b be be1 d < < < < [12.1-26]
A corrente di base costante rbed aumenta con IR, ma a corrente duscita costante, invece diminuisce. E que-
sto, come vedremo pi avanti, un utile risultato in alta frequenza.
Introduciamo una conduttanza mutua gmd equivalente del Darlington come
.
k 1
k
V
I
k 1
k
V
I
r

= g
i
i
T
Cd
i
i
T
Cd
2 F 1 f
2 f 1 f
be
f
m
d
d
d
+

+

[12.1-27]
. I 95 . 0 I 0 per
V
I
g
V
I
2
1
1 C R
T
Cd
m
T
Cd
d < <

< <

[12.1-28]
che quindi non cambia di molto con IR.
Calcoliamo la resistenza di collettore del Darlington. Usiamo la [12.1-23]:
,
V
V
k 1
r
1
V
I
I
V
1
r
1
r
r
1
r
1
r r
1
r
1
1 A
2 A
2 F
2 f
i
2 ce 1 A
1 C
2 C
2 A
2 f
2 ce 1 ce
2 f 2 ce
2 ce 1 ce
2 f
2 ce ced

,
_

,
_

,
_

+
.
V
V
k 1
V
I
r
1
1 A
2 A
i
2 A
2 C
ced

,
_

+
da cui trascurando IC1 .
I
V
1 V V k 1
1
I
V
r
Cd
A
1 A 2 A i Cd
2 A
ced
d

+
[12.1-29]
con ,
V V k 1
V
V
1 2 i
2
d
A A
A
A
+
[12.1-30]
che pi piccola di ognuna delle tensione di Early di entrambi i transistor. In un integrato le tensioni di Early
sono molto prossime. Il valore comune VA
con ,
k 1
V
V
i
d
A
A
+
[12.1-31]
e . I 95 . 0 I 0 per V
21
1
V V
2
1
1 C R Ad A A d < < > > [12.1-32]
e la resistenza duscita varia in corrispondenza di un fattore 10.
Il comportamento in bassa frequenza si pu riassumere. La connessione Darlington offre un guada-
gno di corrente sia statico che dinamico che circa il prodotto del guadagno di corrente dei singoli transi-
stor. Inoltre la resistenza dingresso almeno il doppio di quella del primo transistor. La trasconduttanza
al massimo la met di quella del primo transistor e la resistenza duscita a al massimo la met di quella del
secondo transistor. Tuttavia il guadagno di corrente il prodotto dei due guadagni. La corrente del genera-
tore IR agisce positivamente sulla resistenza dingresso e negativamente su gm e quella duscita. Tuttavia,
come vedremo pi avanti il comportamento in altra frequenza migliora, invece, con la IR.
Amplificatori a pi transistor


508
12.1.1.2 Coppia CC-EC
Nella Fig.12.1-4a ridisegnata la configurazione CC-EC
[GRA],[LS],[SO]
. Si tratta di una configura-
zione molto simile al Darlington. Per, non solo il collettore di Q1 connesso a VCC ma anche lemettitore
di Q2 a massa. Cominciamo a studiarne il comportamento in continua. Lanalisi viene aiutata dal circuito
equivalente della Fig.12.1-4b. La corrente duscita quella del collettore del secondo transistor e cio:
Io = IC2 = bF2IB2 =bF2[(1+bF1)Ii-IR] bF2(bF1Ii- IR). [12.1-33]
Anche stavolta, come per il Darlington, se si considera la corrente del generatore IR come un parametro si
trova la proporzionalit fra ingresso ed uscita e a parte loffset -bF2IR ssa data da un bFeq pari a
bFeq bF1bF2. [12.1-34]
In continua il CC-EC si pu rappresentare come una serie di due diodi che hanno ai capi le rispettive cadu-
te di potenziale ed in uscita un generatore Io controllato dalla corrente dingresso Ii secondo la [12.1-33],
vedi Fig.12.1-4c.
In Fig.12.1-4d mostrato il circuito equivalente in bassa frequenza che leggermente differente da
quello del Darlington. Il rapporto fra reb2 e rce1 sempre molto grande e anche questa volta nel circuito e-
quivalente si pu trascurare leffetto di rce1 ed esso si riduce allaltro mostrato in Fig.12.1-4e. Da questi si
trova, senza fare troppo calcoli che esso assimilabile ad un transistor equivalente. Dalla maglia dingresso
si trovano per rbeq e bfq due espressioni analoghe a quelle del Darlington e cio la [12.1-19] e la [12.1-
21]: 1 f 2 be 1 be beq r r r + e . 2 f 1 f fq Lunica differenza la si riscontra dalla maglia duscita infatti si vede

rceq = rce2 [12.1-35]
pi grande di quella del Darlington. Ci dovuta al fatto che il primo transistor ha il collettore connesso a
massa. Ricordiamo che, comunque, la corrente IR pu essere utilmente inserita per aumentare la resistenza
dingresso. Unaltra importante differenza per il comportamento in alta frequenza che la capacit
dingresso, come vedremo pi avanti inferiore. Sia per avere impedenza duscita pi elevata che capacit
dingresso pi piccola la soluzione CC-CE viene preferita al Darlington nei CI se si deve adoperare come
EC.
12.1.1.3 Coppia CC-CC
Studiamo ora la configurazione CC-CC
[FO],[GRA]
ridisegnata nella Fig.12.1-5a. C da tenere
presente, preliminarmente che questa configurazione un caso particolare della configurazione Darlington.
Infatti, mentre i tre terminali del Darlington sono, in linea generale liberi, nel caso della coppia CC-CC en-
trambi i collettori sono a massa. E allora lunica uscita possibile quella del secondo emettitore. Pertanto
Io = -IE2 = -(1+bF2)[(1+bF1)Ii-IR].
Cio Io - bF2(bF1Ii- IR). [12.1-36]

(d
O
ut
(b)
B1
E1=B2
E2
b
F
1
I
B
1

IR
b
F
2
I
B
2

I
o
=
I
C
2

(
1
+
b
F
1
)
I
B
1

C1
C2
VCC
I
n
Ii=IB1
Ii1
(c)
I
o

V
A
K
1

O
ut
Ii
V
A
K
2

(a)
Ii
Out coppia
CC-EC
VCC
IR

Q2
Q1
rbe1
r
b
e
2

r
c
e
1

rce2
bf2ib2
b
f
1
i
b
1

i
b
2
io=i c2 i i=i b1
(1+bf1)i b1
rce2
rbe1
r
b
e
2

bf2ib2
b
f
1
i
b
1

io=i c2 i i=i b1
i b2=(1+bf1)i b1
(e)
Io

Fig.12.1-4
Amplificatori a pi transistor


509
E a parte il segno e considerando la corrente del
generatore IR come un parametro c il solito
effetto di super beta, cio:
bFeq - bF1bF2. [12.1-37]
Ancora una volta il circuito equivalente in conti-
nua fatto dalla serie di due diodi che hanno ai
capi le rispettive cadute di potenziale ed in uscita
un generatore Io controllato dalla corrente
dingresso Ii secondo la [12.1-36], come rap-
presentato nella Fig.12.1-5c.
Per lo studio alle variazione in Fig.12.1-
6 sono mostrati i circuito equivalente. Tuttavia lanalisi gi fatta per il Darlington ci consente immediatamen-
te di utilizzare i risultati gi ottenuti. Il circuito equivalente finale quello mostrato in Fig.12.1-6d per il quale:
1 f 2 be 1 be beq r r r + ; [12.1-38]
ile; trascurab empre hreq [12.1-39]
; 2 f 1 f fd [12.1-40]

2 f
1 ce
ce2 ceq
r
r r

. [12.1-41]

Per il resto si pu fare riferimento a quanto detto nel 12.1.1.1.
12.1.1.4 p-n-p composto
Un Darlington p-n-p pu essere realizzato con due p-n-p adottando la stessa precisa configurazio-
ne del caso degli n-p-n, come mostrato in Fig.12.1-7a. Questa soluzione valida per il caso di transistor
discreti per i quali il guadagno di corrente pu assumere valori non troppo pi bassi di quelli degli n-p-n.
Ma nel caso degli integrati luso dei transistor p-n-p per fare il Darlington non il massimo. Infatti, come si
ricorder, non si riesce ad ottenere grandi guadagni di correnti con i p-n-p integrati. Infatti, se si considera
la Tav.9.3-1, un Darlington integrato n-p-n pu dare un bd =(50+200)
2
= 2500+40000. Mentre con i p-n-
p si potrebbe arrivare a 10
2
= 100 per i laterali e 12
2
= 144 per i verticali. Troppo poca roba. La soluzione
del p-n-p composto
[SS],[TS]
. della Fig.12.1-7b, pur non comportandosi perfettamente da Darlington, tut-

(a)
I
i

O
ut

V
CC

IR
Q
2

Q
1

I
o
coppia
CC-CC
(b)
B1

E1=B2
E2
b
F
1
I
B
1

I
R
I
o
=
-
I
E
2

(
1
+
b
F
1
)
I
B
1

C1
C2
V
CC

I
n

I
i
=I
B1
O
ut
b
F
2
I
B
2

O
ut
I
i1
(c)
I
o

V
A
K
1

I
i
V
A
K
2

V
CC


Fig.12.1-5

(b)
r
b
e
2

r
c
e
1

i
o

r
c
e
2

i
b2

b
f
2
i
b
2

(1+bf2)i
b2

(c)
rbe1
r
b
e
2

b
f
1
i
b
1

i
o

r
c
e
2

b
f
2
i
b
2

r
b
e
q

(d)
r
e
q

b
f
e
q
i
i

i
oq

i
i

r
be1

r
b
e
2

b
f
1
i
b
1

r
c
e
1

i
o
=-i
e2

i
b1

(1+bf1)i
b1

r
c
e
2

i
b2

b
f
2
i
b
2

(1+b
f2
)i
b2

(a)

Fig.12.1-6

i c1=i b2=-b bf1i b2
rbe1
b
f
1
i
b
1

B1 Bd r
c
e
2

b
f
2
i
b
2

i
c
2

i cd
i b1
i ed
i
bd
(d)
Ep
p-n-p
composto
Q2
Q1
Bp
Cp
Cd
Ed
Darlington
p-n-p
IR
Q2
Q1 Bd
(b)
(a)
E1=C2=Ed
b
F
1
I
B
1

(
1
+
b
F1
)
I
B
1
In
b
F
2
I
B
2

(c)
C1=B2
B1=Bd
E2=Cd
I
E
d

I
C
d

E1=C2=Ed
C1=B2
E2=Cd
(1+bf1)i b1

Fig.12.1-7
Amplificatori a pi transistor


510
tavia da un bd migliore e cio (50+200)10 = 500+2000. come si vede dalla figura, poich lemettitore del
p-n-p rappresenta lemettitore del transistor composto non pu essere collegato alla VCC e quindi pu es-
sere soltanto un p-n-p laterale e non verticale. Nel p-n-p composto il primo transistor determina il compor-
tamento del circuito mentre il secondo serve per fornire il guadagno di corrente.
Lanalisi in continua si esegue dalla Fig.12.1-7c. Il funzionamento del transistor assicurato se fra
base ed emettitore di Q1 viene applicata una tensione, in valore assoluto superiore alla sua soglia. La
corrente del collettore
Icq =bF1IB1+bF2IB2 =bF1IB1+bF2bF1IB1 =bF1(1+bf2)IB1 =bF1(1+bf2)IBq; [12.1-42]
e IbFqIB1 =bF1(1+bf2) bf1bf2. [12.1-43]
Siamo sempre in presenza di un superbeta.
Le considerazioni sul comportamento dinamico si possono fare immediatamente dal circuito
equivalente, Fig.12.1-7d,. Si noti che nel circuito non stata inserita la rce1 che ormai sappiamo essere
trascurabile. Si vede che il transistor ha i seguenti parametri
bfeq =bf1(1+bf2) =bf1bf2; [12.1-44]
rbeq = rbe1; [12.1-45]
rceq = rce2; [12.1-46]
In sostanza il p-n-p composto si comporta come un transistor che ha limpedenza dingresso del
primo transistor, quella duscita del secondo e per beta il prodotto dei due beta.
12.1.1.5 Transistor supebeta Bi-CMOS
I Darlington non trovano applicazione nei circuiti MOS. Infatti,
questi, non richiedendo corrente dingresso, non hanno il problema
dellamplificazione di corrente. Tuttavia bisogna ricordare che il gm di un
MOS dipende dalla radice della corrente di drain, mentre quello di un bi-
polare dalla corrente di collettore. Pertanto se si vuole avere una buona
capacit di pilotaggio, a parit di corrente, preferibile un bipolare. Allora
possibile ottenere un Darlington che unisca i pregi di un MOS per
lingresso e quelli di un bipolare per luscita nella tecnologia Bi-
CMOS
[GRA]
. Q1 viene sostituito da un MOS M1 che assicura una impe-
denza dingresso ed una guadagno di corrente praticamente infiniti. Invece il gm alto assicurato dal bipola-
re. Nella figura mostrato un Darlington Bi-CMOS.
12.1.1.6 Transistor superbeta in alta frequenza
Pi complesso lo studio in alta frequenza
[FO]
. Partico-
larmente interessante quello relativo allapplicazione del Darlin-
tion in configurazione E.C. La figura accanto mostra un amplifi-
catore E.C. con limpiego di un Darlington. Non stato usato il
generatore IR per rendere lo studio pi semplice. In tutta la trat-
tazione, che dal punto di vista quantitativo un po approssima-
ta, considereremo identici tutti i guadagni di corrente, sia statici
che dinamici e li indicheremo, tutti b b. Approssimeremo ad uno il
rapporto bF/bF0 e il coefficiente h dei transistor lo considerere-
mo unitario. Per prima cosa cerchiamo di renderci conto di
quanto esso possa amplificare, in condizioni che supporremo
normali. Cio, per es, che il punto di riposo sia collocato a met della tensione dalimentazione in modo da
consentire escursioni simmetriche della tensione duscita. E quindi:

Darlington
Bi-CMOS

IR
Q
2
M
1
G1 Bd
S1 B2
D1h hC2 Cd
E2 Ed

Fig.12.1-8


(a)
Q2
Q1
RL
RG
R2
R1
VCC
vG

Fig.12.1-9
Amplificatori a pi transistor


511
RL = (VCC -VCC/2)/ICd = VCC/2ICd; [12.1-47]
Se, nella [12.1-25] poniamo ki = 1 (IR = 0) e eseguiamo le approssimazione dette si ricava limpedenza
dingresso dellamplificatore:
. r 2
I
V
2 Z 1 be
1 B
T
id

[12.1-48]
La resistenza duscita la rce2, approssimabile come
Zod = rce2 = VAd/Icd, [12.1-49]
e se le tensioni di Early dei due transistor sono identiche
VAd = VA/2. [12.1-50]
Supporremo che la corrente duscita vada tutta nel carico, cio la Zod >> RL. Allora si ricava dalle prece-
denti che tale condizione ottenuta se VA >> VCC. Supporremo di soddisfare tale condizione. Pertanto
lamplificazione di corrente dinamica coincide con il bfd, che con le approssimazioni introdotte e b
2
.
Lamplifcazione immediatamente calcolabile:
1
V 4
V
I V 2
I 2 V
Z
R
A A
T
CC
Bd T
Cd CC
2
id
L
id vd >> . [12.1-51]

dellordine del centinaio con VCC di 10 V. Se, invece di usasse un carico dinamico, utilizzando uno spec-
chio con un transistor di caratteristiche identiche il carico dinamico sarebbe pari a rce2/2. Lamplificazione
di corrente si ridurrebbe alla met
1
V 8
V
I V 2
I 4 V
V
I V 2
2 r
A
T
A
Cd T
Cd A
Bd T
2 Ce
2
vd >> . [12.1-52]

dellordine di 500. pertanto ovvio che leffetto Miller assume una importanza notevole in entrambi i casi.
Riprendiamo lesempio con il carico RL. Per quanto riguarda lingresso, il circuito di polarizzazione
fatto dalle due resistenze R1 e R2 ha una resistenza equivalente RBB = R1||R2 in cui scorre la
IBd.Trascurando, solo per semplicit la caduta 2VBE fra base e e massa si ha che RBB VCC/IBd =
b
2
VCC/ICd = 2b
2
RL, che ovviamente molto grande, in parallelo alla Zi e la trascureremo. Allora nel circui-
to dingresso bisogna tenere conto della resistenza RG del generatore vG.
Sappiamo che, in
un amplificatore, in condi-
zioni normali, e senza un
carico capacitivo eccessivo
la frequenza di taglio supe-
riore dipende dal circuito
equivalente dingresso.
In Fig.12.1-10a
rappresentato il circuito
equivalente del Darlington
alle alte frequenze. Per ap-
plicare il teorema di Miller
chiamiamo K il terminale comune fra E1 e B2. Tenendo presente le approssimazioni di cui sopra si ha che
rbe2 = rbe1/b. E poich in rbe2 circola circa la corrente bi b1 allora la caduta di potenziale sulle due resistenze
rbe sono identiche. E quindi pari alla met di vb.
Applichiamo il Teorema di Miller alla capacit Cc1. Fra B e K ci sar, quindi una capacit equiva-
lente


vbd
(a)
i c1
Cc1
b
f
1
i
b
1

B
K
i b1
i bd
r
b
e
1

C
b
1

r
b
e
2

b
f
2
i
b
2

C
b
2

Cc2
bfi b1
RL
RG
vG
vcd
(b)
r
b
e
1

i b1
Ci1
(c)
bi b1
rbe1 / b
RG
rbe1
Ci2
RG/b
r
b
e
1
/
b


Fig.12.1-10
Amplificatori a pi transistor


512
( ). A 2 2 C C 1
2
1 C C 1 C C 1 C C C v c1 b1
b
c
c1 b1
bk
k c
c1 b1
bk
ck
c1 b1 i1 +

,
_

+ +
,
_


+
,
_

+
v
v
v
v v
v
v

Per la Cc2. Fra K e massa c una capacit equivalente
( ). A 2 1 C C 1 C C C v c2 b2
k
c
c2 b2 i2 +

,
_

+
v
v

Abbiamo visto che normale avere amplificazioni molto grandi. Allora le precedenti si possono approssi-
mare come
. | A 2 | C C C v c1 b1 i1 + [12.1-53]
e . | A 2 | C C C v c2 b2 i2 + [12.1-54]

In un circuito integrato, normale avere densit di corrente costante. E il secondo transistor che conduce
una corrente b volte pi grande dovrebbe avere sezione b volte maggiore ed anche entrambe le sue capa-
cit interelettrodiche dovrebbero essere nello stesso rapporto con quelle del primo. Allora
. C C i1 i2 [12.1-55]
Vediamo quale delle due costante di tempo associate con le due capacit in questione prende il so-
pravvento. Nelle Fig.12.1-10 b e c ci sono i circuiti per calcolare le due costanti di tempo. Nel primo cir-
cuito Ci1 vede la resistenza rb1||(RG+rb1) nel secondo Ci2 vede la resistenza rb1/b||(RG+rb1) /b, cio
[rb1||(RG+rb1)]/b. Cio le due resistenze sono nel rapporto b, inverso a quello delle due capacit. Pertanto
t 1 = t 2 = rb1||(RG+rb1)Ci1. [12.1-56]
Se la costante di tempo fosse soltanto t 1 la frequenza di taglio sarebbe fts = 1/2pt 1. Ma si tratta di
due costanti di tempo identiche e quindi di un sistema con la stessa frequenza di taglio. Nel Cap.3 si par-
lato di quello che avviene in un circuito con n poli identici o n costanti di tempo identiche. In questo caso
utilizzando la [3.6-1] si ha
.
2
64 . 0
2
1 2
f
1 1
ts

[12.1-57]
dato che n = 2. Nel nostro caso la frequenza di taglio circa il 64% pi bassa di quella che si avrebbe se ci
fosse soltanto un polo.
Questa riduzione suggerisce una soluzione. Se invece di un Darlington si usa una coppia CC-EC
non si ha praticamente nessuna variazione significativa nel funzionamento, tranne proprio che nella frequen-
za di taglio. Infatti, questa volta, poich il primo transistor a CC leffetto Miller trascurabile e la capacit
Ci1 si riduce a Cb1 + Cc molto meno di qella della [12.1-53]. Allora la frequnza di taglio, solo per questo
determinata dalla [12.1-56] e quindi
fts = 1/2pt 1. [12.1-58]
con un miglioramento ottenuto senza alcuna controindicazione.
12.1.1.7 Miglioriamo le prestazioni in alta frequenza del darlington
Per accelerare il processo di spegnimento del transistor, nelle applicazioni impulsive, spesso utiliz-
zato un resistore RE in parallelo alla base di Q2. In effetti questo resistore migliora il comportamento in alta
frequenza. Se si aggiunge questo resistore alla soluzione C.C.-E.C. si ottengono sensibili miglioramenti.
Vediamo come e perch cio avviene.
Luso del resistore RE o di un generatore di corrente IR, come mostrato in Fig.12.1-11, che innal-
zando la corrente del primo transistor ha un benefico effetto sul comportamento in alta frequenza del siste-
ma perch abbassa la resistenza dingresso
[FO],[SS]
. La trattazione che verr fatta supporr di tenere fisso il
valore della resistenza di carico del Darlington e quindi il punto di lavoro di Q2. In tal modo limpedenza
Amplificatori a pi transistor


513
duscita del Darlington stabilita.
Ricordiamo lipotesi che sia ICd costante.
ICd bIB2 = b( bIBd - IR VBE/RE). [12.1-60]
La corrente dellemettitore di Q1
bIBd IR + VBE/RE + ICd/b. [12.1-61]
pu essere aumentat sia co IR sia con la RE. La RL si
fissa, invece con la [12.1-47].
Calcoliamo i parametri del comportamento
dinamico. In parallelo alla rbe2 c la RE. Pertanto
limpedenza dingresso si u determinare agevolmente
utilizzando la [12.1-19] sostituendo a rbe2 il suo parallelo con RE, cio Zid = rbe1 + brbe2||RE. Quindi
. R
I
V
I
V
Z E
B2
T
Bd
T
id

Se si eseguono i calcoli tenendo presenti le precedenti relazione si trova:



1
]
1

+
+
+ +


E Cd T Cd E BE R Cd
T
2
id
R I V 1
1
I ) R V I ( 1
1
I
V
Z
e posto ,
I
V
2 Z
Cd
T
2
idM

[12.1-62]
che il valore massimo che si ottiene se non si mette ne RE ne il generatore IR si ricava

1
]
1

+
+
+ +

E Cd T Cd E BE R
idM
id
R I V 1
1
I ) R V I ( 1
1
2
Z
Z [12.1-63]
Quindi sia il generatore IR che della resistenza RE abbassano limpedenza dingresso. In particolare, mentre
questultima agisce su entrambi i termini, il generatore di corrente abbassa soltanto il primo termine.
Tradotto in altre parole ci vuol dire che mettere un generatore di corrente in serie al primo transistor
mantenendo costante la corrente del collettore del Darlington significa aumentare la corrente di base del
primo e quindi diminuire la sua resistenza. Laltro transistor non influenzato. Se si mette la RE, entrambi i
termini vengono influenzati, per, il secondo termine pi sensibile per via del coefficiente VT invece che
VBE. Allora RE diminuisce entrambi i termini ma di pi il secondo.
Calcoliamo adesso lamplificazione di corrente. Bisogna tenere che non tutta la corrente bib1 va a
pilotare B2 per effetto del parttore RE-rbe2. Allora lamplificazione non b
2
ma
.
R I V 1 R r 1
1
A
E Cd T
2
E 2 be
2
id
+

+
[12.1-64]

Possiamo determinare lamplificazione Avd
.
R I V 1
1
I ) R V I ( 1
1
I
V
I 2 V
R I V 1 Z
R
A A
E Cd T Cd E BE R Cd
T
2
Cd CC
E Cd T
2
id
L
id vd
1
]
1

+
+
+ +


Cio .
1
I ) R V I ( 1
R I V 1
V 2 V
A
Cd E BE R
E Cd T
T CC
vd
+
+ +
+

[12.1-65]
Se la si confronta con la [12.1-51 si vede che, le modifiche apportate possono al massimo raddoppiare
lamplificazione. In altri termini, per effetto delle RE o IR diminuiscono sia Zid sia Aid ma lamplificazione Avd
del Darlington praticamente non ne risente variando al massimo di un fattore due.


Q1
Q2

RL
R
G

bI
Bd
R
1
V
CC

vG

R
E
I
R
I IB2
v o
vi


Fig.12.1-11
Amplificatori a pi transistor


514
Diversa la situazione per la frequenza di taglio superiore. Chiamiamo Zid1 la parte di impedenza
dingresso che compete al Q1 e Zid2 quella che compete allaltro. La tavola seguente mostra come il gene-
ratore e la resistenza modifichino questi due termini dellimpedenza dingresso
Supponiamo, per il momento almeno, che le capacit corrispondenti dei due transistor siano ancora
nel rapporto b come nel caso standard del paragrafo precedente in cui le densit di corrente erano costanti.
La Fig.12.1-12 mostra i due circuiti equivalenti per calcolare le costanti di tempo. Le amplificazioni al mas-
simo raddoppiano e le corrispondenti capacit Ci1 e Ci2 al massimo raddoppiano. Diversa , invece la si-
tuazione per le resistenze equivalenti Zid1 e Zid2 che possono diminuire anche di un fattore rilevante. Allora
la costante di tempo associata a Ci1 pur aumentando questa capacit diminuisce perch diminuisce di pi la
Zid1 di quanto non aumenti Ci1. Lo stesso discorso vale per la Ci2. Leffetto quindi di diminuire entrambe
le costanti di tempo di un eguale fattore con benefico effetto sulla frequenza di taglio superiore.
In realt le cose sono leggermente di-
verse. Infatti, ricordiamo che in un integrato
le densit di corrente nei transistor bene
farle costanti. Allora, se nel primo transistor
facciamo passare pi corrente per diminuire
le due parti di resistenza dingresso, le capa-
cit corrispondenti del primo e del secondo
transistor non sono pi nel rapporto 1 a b ma in un rapporto inferiore. Allora la costante di tempo associa-
ta al primo transistor pi rilevante ed abbiamo perso il benefico effetto. Ma a questo inconveniente si ov-
via evitando di usare il Darlington, ma, come abbiamo gi detto la coppia CC-CE che non introduce nella
Ci1 il termine AVCc1, ma soltanto Cc1. Allora la costante di tempo importante soltanto quella del secondo
transistor e cio:
.
) R Z ( || Z
C
G id1 id2
i2 t

+
[12.1-66]
In parole povere: se si deve utilizzare un transistor composto per un amplificatore Emettitore comu-
ne sempre meglio adoperare la coppia CC-EC. Se invece si deve realizzare un inseguitore questo discor-
so cade ed il Darlington va benissimo.
Unultima osservazione va fatta e riguarda IR. Il suo effetto soltanto di diminuire la Zid1. Se, per
adoperiamo la coppia CC-EC non ha molto importanza diminuire ulteriormente Zid1 e non vale la pena di
aumentare la dimensione del primo transistor per farci passare pi corrente. Pertanto IR vale la pena di u-
sarlo nel Darlington ma inefficace nella coppia CC-CE.


TAV.12.1-I

1 id
idM
Z
2 Z

2 id
idM
Z
2 Z
vd
T
CC
A
V 2
V


IR = 0
RE =
1 1 1
IR ! 0
RE = Cd
R
I
I
1 +
1
1
I R I 1
1
Cd E R
+
+

IR = 0
RE finito E Cd
BE
R I
V
1 +
Cd E
T
I R
V
1

+ 1
I R V 1
I R V 1
Cd E BE
Cd E T
+
+
+

IR ! 0
RE finito Cd
E BE R
I
R V I
1
+
+
Cd E
T
I R
V
1

+ 1
I ) R V I ( 1
R I V 1
Cd E BE R
E Cd T
+
+ +
+



(a)
Z
i
d
1

i b1
Ci1
(b)
bi b1
Zid1/b RG
Zid2
Ci2
RG/b
Z
i
d
2
/
b


Fig.12.1-12
Amplificatori a pi transistor


515
12.1.2 Coppia cascode
La coppia cascode fatta con due transistor praticamente eguali
[AL],[FO],[GRA],[LS],[SO],[SS],[TS]
. Le caratteristiche principali delle coppie ca-
scode, realizzabili sia in versione BJT che MOS, e che il transistor equiva-
lente ha una elevatissima impedenza duscita e che spesso leffetto Miller
si pu trascurare consentendo bande pi alte. Per la versione BJT, il cari-
co posto sul collettore del secondo transistor. Si tratta, come si pu ve-
dere dalla figura a lato, di uno stadio EC che ne pilota un altro a BC. Ci
siamo gi occupati dei cascode nel 11.1.4 e 11.2.3. Analogamente per la
versione MOS il carico sul drain del secondo transistor e si ha uno sta-
dio dingresso SC che ne pilota un altro a GC. La base o il gate del se-
condo transistor sono, in genere, alimentati con un partitore resistivo, ma con un grosso condensatore fra
base o gate e massa per bloccare le relative tensioni a VBB o VGG, rispettivamente. Nei circuiti integrati, in-
vece che partitori resistivi si usano sistemi di riferimento come quelli descritti nel 11.4.
12.1.2.1 Coppia cascode BJT o EC-BC
Studiamo il cascode BJT. Chiamiamo RC2 il carico del
secondo transistor. Esso, oltre che con un resistore pu essere
realizzato, come noto, con un carico attivo, e cio con uno de-
gli specchi del capitolo precedente. Nel caso mostrato nella figu-
ra accanto, che per lalimentazione usa soltanto una batteria, RC2
il parallelo fra la resistore di polarizzazione RC e quello
dellutilizzatore Ru. La polarizzazione delle basi realizzata con i
tre resistori RB1, RB2 e RB3 e con la RE in modo analogo alla po-
larizzazione con resistenza demettitore discusso nel 10.3.5. Il
grosso condensatore CB cortocircuita a massa i segnali, assicu-
rando che, nel circuito equivalente B2 a massa. I due transistor,
avendo la praticamente la stessa corrente di collettore hanno lo
stesso gm. Il carico pu non essere un resistore, ma un carico
attivo impiegando uno degli specchi di cui si discusso nel capi-
tolo precedente. Questa soluzione spesso adoperata, partico-
larmente nei circuiti integrati ove utilizzare specchi per simulare resistenze di alto valore pu, addirittura es-
sere pi conveniente in termini di area di silicio.
Limpedenza dingresso di Q2 quella di carico del primo. E per la [10.1-56]

( )
,
r R r 1
r
Z
2 ce 2 C 2 ce 2 f
2 be
2 i
+ +
[12.1-67]
certamente pi piccolo di rbe2 e che per RC2 piccolo rispetto a rce2 si avvicina a 1/gm2. Si sta trascurando
rbb. Se RC2 << rce2 Zi2 1/gm2. [12.1-68]
Il primo transistor, connesso a EC, ha come carico il parallelo fra limpedenza dingresso del se-
condo, Zi2, e la sua resistenza duscita rce1, di gran lunga pi alta di Zi2 e trascurabile nel parallelo.
Lamplificazione di un EC

( )
.
r R r 1
r g
Z g R g A
2 ce 2 C 2 ce 2 f
2 be 1 m
2 i 1 m 1 L 1 m 1 v
+ +
[12.1-69]
che se RC2 << rce2 . 1
g
g
Z g R g A
2 m
1 m
2 i 1 m 1 L 1 m 1 v [12.1-70]

v v i
VGG
Q1
v v i
VBB
Q2
v v o
M2
M1
v v o

Fig.12.1-13

Q
2
RG
RU
VCC
v G
Q
1
vi
RC
RE
RB2
RB1
RB3
CB
vo CA2
CA1
CE
Cu

Fig.12.1-14
Amplificatori a pi transistor


516
A meno di non usare carichi attivi particolarmente importanti Av1 circa -1. Solo se il carico uno spec-
chio cascode o Wilson Av1 -bf1.
Invece il secondo stadio un BC con carico RC2 e la sua amplificazione, data dalla [10.1-57],
.
r R
r R
g R g A
2 ce 2 C
2 ce 2 C
2 m 2 L 2 m 2 v
+
[12.1-71]
Ne segue una amplificazione complessiva
2 ce 2 C
2 ce 2 f 2 C
2 be
2
m
2 v 1 V vt r R
r ) 1 ( R
r g
A A A
+ +
[12.1-72]
che, a parte quando si usa un carico attivo Wilson o cascode, si pu approssimare come
, R g A 2 C m vt [12.1-73]
che dipende soltanto dalla corrente nei transistor e dal carico del secondo.
Quindi il primo stadio, tranne quando si usa come carico uno specchio Wilson o un cascode
dellordine di bfrce, non pi trascurabile nella [12.1-69], non fornisce alcuna amplificazione di tensione, ma
soltanto una di corrente. Questo fatto particolarmente benefico per il funzionamento in frequenza. Infatti la
capacit Cbc, grazie alleffetto Miller viene vista allingresso moltiplicata per 1-Av. In questo caso, viene
amplificata soltanto di un fattore 2 e quindi, risulta trascurabile rispetto la Cbe che domina. Ovviamente
leffetto Miller superiore quando si usano carichi attivi notevoli.
Limpedenza duscita del cascode quella del secondo transistor che essendo un BC , per la
[10.1-58], ( )]. R r R 1 [ r Z Z G be G f ce 0 o o + + Nel nostro caso la RG coincide con la rce1 e la rbe e quella
del secondo transistor. Quindi
( )]. r r r 1 [ r Z 1 ce be 1 ce 2 f ce o + + [12.1-74]
Essendo i transistor attraversati dalla stessa corrente, il rapporto rce1/rbe2 molto grande, approssimativa-
mente VA/VT. Pertanto, se bf2 sufficientemente grande, Zo bf2rce2 . Questo risultato anche stato vi-
sto per limpedenza duscita di un generatore cascode.
Sembra che questo amplificatore non abbia grandi vantaggi rispetto ad un EC. La sua amplificazio-
ne ha praticamente la stessa espressione e sembra essere la stessa. Ma ci sono due principali sostanziali
differenze. La prima stata fatta rilevare nella diminuzione della capacit dingresso causata dal disaccop-
piamento fra luscita effettiva dello stradio che amplifica molto ed il suo ingresso, almeno nel caso di carico
attivo non eccessivo. La seconda che limpedenza duscita rispetto a quella di un EC , approssimativa-
mente bf volte maggiore. Quando nel 10.1.1.1. si calcolata la massima amplificazione, che si ha con ca-
rico infinito, si trovato, [10.1-3], che essa approssimativamente VA/VT, che dellordine delle migliaia.
In questo caso, dalla [12.1-72]

T
A
f 2 ce m f vt
2 RC
max vt
V
V
r g A lim A

[12.1-75]
che, invece, dellordine delle centinaia di migliaia. Questo miglioramento delle prestazioni si ottenuto a
causa della grandissima impedenza duscita. Ovviamente poich carichi infiniti non si possono fare, si pos-
sono utilizzare i carichi attivi. Un carico attivo con un generatore semplice non molto soddisfacente per-
ch la sua resistenza sarebbe bf volte pi piccola di quella duscita. Un ottimo risultato si pu raggiungere
usando come carico attivo un Wilson o meglio un altro cascode In questultimo caso il carico e
limpedenza duscita sono identiche. Tuttavia, in questultimo caso ben quattro transistor si debbono utiliz-
zare in serie con un peggioramento della dinamica. Ma, vedremo, si pu ovviare a questo inconveniente uti-
lizzando un folded cascode, cascode ripiegato.
Lamplificazione elevatissima che si pu ottenere con carico cascode per il quale la resistenza di-
namica circa bfrce si pu calcolare dalla [12.1-72]
Amplificatori a pi transistor


517
.
V
V
2
r r
r 2
r g
A A A 2
T
A f
2 ce 2 ce 2 f
2 ce 2 f
2 be
2
m
2 v 1 V vt

[12.1-76]
soltanto la met del massimo teorico ottenibile
Per quanto riguarda il comportamento in frequenza si gi detto del miglioramento dello stadio
dingresso perch diminuisce leffetto Miller. Per lo stadio a BC si gi visto nel 10.1-33 che la banda
passante molto alta perch, secondo la [10.1-63], la frequenza di taglio ft = 1/CbcRL, che, dipendendo
da Cbc e non da Cbe resta abbastanza grande anche in presenza di RL notevoli e, quindi, di grosse amplifi-
cazioni. In altri termini impiegando due transistor si ha un transistor equivalente di grande impedenza
duscita, e bassa capacit di Miller e buon guadagno di corrente.
Trattiamo il caso in
cui il carico non grande.
Unanalisi dettagliata del
comportamento in fre-
quenza si fa prendendo in
esame il circuito equivalen-
te della Fig.12.1-15a. Nel
primo transistor si consi-
dera leffetto della rbb,
che, come si gi visto as-
sume un ruolo importante
nellEC. Nel secondo, in-
vece, per quanto gi detto nel 10.1.1.3.3 a proposito delleffetto di questa resistenza nel BC, essa si pu
trascurare.
Per la determinazione della banda passante utilizziamo le considerazioni proposte nel 3.6. Il circui-
to equivalente si ridisegna come in Fig.12.1-15b. Applichiamo il teorema di Miller al primo transistor. Ri-
cordiamo che lamplificazione del primo stadio 1 e che per effetto Miller Cc1 viene vista, sia allingresso,
che alluscita moltiplicata per 2. Allora il circuito dingresso si riduce alle due resistenze RG + rbb1 ed alla
resistenza rbe1 con in parallelo la capacit Ci1 = Cb1+2Cc1. La resistenza rce1 nel parallelo trascurabile
rispetto la rbe1 e viene eliminata. Il circuito dingresso manifesta una costante di tempo
t 1 = [(RG+rbb1)||rbe1](Cb1+2Cc1). [12.1-77]
Vediamo linfluenza di rce2. In essa scorre una frazione rbe2/(rbe2+rce2) della corrente gm2vbe2, molto
piccola e quindi trascurabile. Ma allora nel parallelo del generatore di corrente gm2vbe2 con la resistenza rbe2
ai capi della quale c la tensione vbe2 scorre una corrente vbe2/(rbe2+1/gm2) gm2vbe2. Linsieme si com-
porta come una resistenza 1/gm2. Il generatore di corrente gm1vbe1 vede il parallelo fra la resistenza 1/gm2 e
la capacit Cb2+2Cc1. Associata a questa parte centrale del circuito equivalente c, quindi, una seconda
costante di tempo t 2 = (Cb2+2Cc1)/gm2. [12.1-78]
cui corrisponde una f2 = gm2/2p(Cb2+2Cc1) = fT [12.1-79]
che il fattore di merito del transistor. Se si pu trascurare la rbb rispetto la RG, combinando la [12.1-77]
con la [12.1-79] si pu ottenere
f1 =(1+rbe/RG)fT/b [12.1-80]
sembra quindi che leffetto della costante di tempo t 1 prevale su quella di t 2. Se si fa RG piccola rispetto a
rbe/b allora f2 superiore a fT e il polo che si introduce non peggiora il comportamento alle alte. Mentre
pilotare con generatori con alta resistenza interna pu produrre un peggioramento del comportamento in
frequenza rendendo dominante il polo dellingresso.
Per quanto riguarda la resistenza rce2 ed il suo effetto sulla costante di tempo del circuito duscita,si

Cc1
g
m
1
i
v
b
1

e

r
b
e
1

C
b
1

RG
vG
rbb1
RC
C
b
2

r
b
e
2

r
c
e
1

rce2
gm2vbe2
C
c
2

(a)
C2 C1 E2
E1h hB2
B1
B1
C
u

Ru
g
m
2
v
b
e
2

r
b
e
1

RG
vG
rbb1
R
C
2

(b
)
C2
B1
B1
C
i2
=
C
b
2
+
2
C
c
1

g
m
1
i
v
b
1

e

C1 E2
E1h hB2
C
i1
=
C
b
1
+
2
C
c
1

C
L
=
C
u
+
C
c
2

Z
i
2

Z
o
2


Fig.12.1-15
Amplificatori a pi transistor


518
pu applicare anche ad essa il teorema di Miller. Ricordiamo che tutta lamplificazione la fornisce il secon-
do stadio. Allora essa va trasportata in uscita moltiplicata per Av2/(Av2-1), cio, praticamente cos come
. Per finire la parte duscita mostra una costante di tempo
t 3 = (Cc2+Cu)Zo2||RC2. [12.1-81]
Se il carico elevato, cio se RC2 piccolo oppure Cu grande questo diventa il polo dominante.
Abbiamo dato le espressioni approssimate per il calcolo della frequenza di taglio superiore nel caso
in cui in un circuito ci fossero poli e zeri non facilmente calcolabili. Nel 3.6 lespressione [3.6-6] permette
di calcolarla. . 2 1 f
n
j ts

[3.6-6]
Se si utilizzano carichi attivi le approssimazioni fatte non sono pi valide. Leffetto Miller produce
capacit dingresso pi alte. Lamplificazione del primo stadio Av1, non pi unitaria, ma che si avvicina a
bf1 quella ricavata nella [12.1-71]. Pertanto la capacit dingresso del circuito non pi Cb1+2Cc1, ma
Cb1+|1+Av1|Cc1, ed il circuito dingresso manifesta una costante di tempo
t 1 = [(RG+rbb1)||rbe1][(Cb1+|1+Av1|Cc1). [12.1-82]
Se AV1 grande la capacit che per effetto Miller si riporta nella parte centrale del circuito equivalente non
pi 2Cc1 ma circa Cc1. Allora la seconda costante di tempo, non molto differente dal caso precedente
t 2 = (Cb2+Cc1)/gm2. [12.1-83]
t 3, invece rimane inalterata e quindi vale sempre la [12.1-81].
In ogni caso, se il carico capacitivo elevato ( Cc2 << Cu) il polo dominante quasi sempre dato
dalla costante di tempo t 3. In tal caso il prodotto GBw pu essere calcolato a partire dalle,[12.1-72]
[12.1-81] e cio

) r R ( r 1 C 2
g
r R C 2
) r R ( r R
r ) 1 ( R
r g
2
A
GBw
2 ce 2 C 2 ce 2 f
2 f
u
m
2 ce 2 C u
2 ce 2 C 2 ce 2 C
2 ce 2 f 2 C
2 be
2
m
3
Vt
+ +

+
+ +

[12.1-84]
.
C 2
g
GBw
u
m
piccolo RC

[12.1-85]

piccolo RC
u
m
rce RC
GBw 2 2
C 2
g
GBw

[12.1-86]

piccolo RC
2 f 2 f
u
m
rce RC
GBw
2 2 C 2
g
GBw


[12.1-87]
Quindi, usando i carichi attivi si ottengono significativi miglioramenti dellimpiego dei transistor. La banda si
restringe un po, ma lamplificazione sale notevolmente.
Nella Fig.12.1-16 mostrato, a titolo desempio il comportamento di un cascode al variare della
resistenza del generatore da valori molto piccoli, pari a rbb a molto grandi pari a 15rbe, per tre differenti
condizioni della resistenza di carico. RC = 1.67KW (curve 1), rce (curve 2), e brce (curve 3). Questi due
ultimi valori si riferiscono a carichi attivi semplici o cascode. Inoltre sono stati presi in considerazione am-
plificatore senza carico capacitivo oppure con Cu = 0, 5 e 10 pF.
Nelle tre figure superiore si hanno i comportamenti delle tre costanti di tempo e delle relative fre-
quenze di taglio. f2 totalmente indifferente sia a RG che a RC. Linfluenza della resistenza di carico evi-
dente in f3, su cui, per RG non gioca alcun ruolo. f1 influenzato da entrambi, ma il carico da risultati evi-
denti solo se molto grande. Impiegando la [3.6-6] la frequenza di taglio disegnata nella figura sottostante
nella quale sono anche mostrate lamplificazione del cascode e il prodotto guadagno-larghezza di banda.
Se si usa un carico modesto si ottiene una notevole banda ma bassa amplificazione, per se si usano carichi
attivi lamplificazione sale di molto, ma a spese della banda. Il carico capacitivo peggiora il comportamento
della banda rendendolo dipendente dalla capacit di carico. Ma la sintesi il prodotto guadagno larghezza
di banda.
Amplificatori a pi transistor


519
utile a questo punto eseguire un confronto fra un cascode ed un semplice EC. Il confronto ese-
guito nella TAV.12.1-II. In entrambi i casi il punto di lavoro, il carico, e la resistenza del generatore sono
gli stessi. La differenza la si apprezza immediatamente se si guarda il prodotto GBw sempre superiore nel
caso del cascode ed in modo clamoroso nel caso dei carichi attivi. In ogni caso il confronto molto favo-
revole al cascode. Concludendo: un cascode ci permette di avere un GBw notevole con amplificazione ri-
levante e buona banda.
12.1.2.2 Coppia cascode MOS o SC-GC
Discorsi simili possono essere fatti per il cascode MOS o coppia SC-GC
[AL],[FO],[LS]
. La struttura
del semplice cascode MOS mostrata nella figura successiva. Per la trattazione utilizzeremo i risoltati gi
ricavati nello studio dello specchio cascode MOS del paragrafo 11.2.3. Anche questa volta il carico pu
essere anche attivo impiegando uno specchio, con molti vantaggi negli integrati anche in termini di area.

10
2
10
4
10
6
10
7
10
8
10
9
10
2
10
4
10
6
10
7
10
8
10
9
10
2
10
4
10
6
10
7
10
8
10
9
10
10
10

2
10

4
10

5
10
10
10

2
10

2
10

4
10

5
10

4
10

5
10
10
Cu=0pf
Cu=1pf
f(Hz)
Cu=10pf
f(Hz),A f(Hz),A
f(Hz),A
f(Hz) f(Hz)
RG(W W)
RG(W W)
RG(W W)
f
2

f1
f
2

f
1

f
2

f
3

f3
GBW
GB
W

GB
W

RG(W W)
RG(W W) RG(W W)
rbe=700W
CC= 0.8pF
Cb= 7.8pF VA= 50V
b= 80 rbb=4W gm=120mA/V
IC=3mA
rce=167kW
fT=2.2MHz
f
s

f
s

f
s

A
3
2
1
3
2
1
3
2
1
3
2
1
3 2 1
3
2
1
3
2
1
3
2
1
3 2 1 3 2
1
3 2
1
3
2
1
3
2
1
3
2
1
3
2
1
3
2
1
3
2
3
2
1
3
2
1
f
1

A A

Fig.12.1-16
TAV.12.1-II
ft (MHz) |A| GBw(GHZ)
RG rbb 25rbe rbb 25rbe
Cu 0 10pF 0 10pF 0 10pF 0 10pF
RC = 1.6kW 114 9.95 20.1 7.12 189 22 1.91 3.97 1.37
Cascode RC = rce 22 1.76 11.3 1.63 1953 43.9 3.51 22.6 3.28
RC = brce 11 0.89 3.62 0.76 83170 1880 149 607 127
RC = 1.6kW 62.1 9.27 1.49 1.31 175 10.9 1.62 0.26 0.23
EC RC = rce 11.2 1.63 0.27 0.24 1000 11.1 1.63 0.27 0.24
RC = brce 5.65 0.83 0.14 0.12 1970 11.2 1.63 0.27 0.24
Amplificatori a pi transistor


520
Lamplificazione del primo stadio in un cascode MOS, almeno nel caso
in cui il carico attivo relativamente basso, si riduce a 1 perch , di fatto, il
rapporto fra le due trasconduttanza che, dipendendo entrambe dalla stessa cor-
rente sono identiche. Nel caso del MOS, le trasconduttanze dipendono si dalle
correnti, ma anche dai fattori di forma. Pertanto si possono avere amplificazioni
del primo stadio differenti da uno.
Limpedenza duscita del cascode MOS, calcolata nel 11.2.3 , per la
[11.2-18]
Zo r
d2
gm2rd1. [12.1-xx]
Limpedenza di carico M1 quella dingresso di M2, connesso a GC. E
per la [10.2-42]

2 d 2 m
2 D 2 d
2 i
r ' g 1
R r
Z
+
+
[12.1-88]
che se gm2rd2 >> 1 si riduce a Zi2 = (1+RD2/rd2)/gm2 [12.1-89]
che tende ad essere molto piccola
Il primo transistor, connesso a SC, ha come carico il parallelo fra limpedenza dingresso del se-
condo, Zi2, e la sua resistenza duscita rd, molto grande rispetto a Zi2. Lamplificazione di un SC , per la
[10.2-3]
Av1 = -gm1RL1 = - gm1[(1+RD2/rd2)/gm2]||rd1, [12.1-90]
approssimabile in Av1 -gm1RL1 = - (1+RD2/rd2)gm1/gm2. [12.1-91]
Lamplificazione di un GC per la [10.2-41]
Av2 = gm2RL2 gm2 RD2||rd2 [12.1-92]
Quindi lamplificazione totale
Avt = Av1Av2 = - gm1[(1+RD2/rd2)/gm2]||rd1 gm2 RD2||rd2, [12.1-93]
normalmente Avt -gm1[(1+RD2/rd2)/gm2] gm2RD2||rd2 = -gm1RD2. [12.1-94]
che dipende soltanto dalla corrente nel primo transistor e dal carico del secondo.
Invece di un resistore,
usiamo un carico attivo, come
in Fig.12.1-18a, con un tran-
sistor M3 che con M4 fa uno
specchio e che ha una impe-
denza dinamica pari a rce3.
M5 fornisce il riferimento VGG
come mostrato nel 11.4.6.
Supponiamo, soltanto per
rendere semplici i ragiona-
menti, che tutte le tensioni di
Early siano identiche e che in
M2 e M3, almeno passi la
stessa corrente ID2. Allora le
resistenze rd2 e RD2 = rd3 so-
no eguali e la [12.1-93] da
Avt = - gm1[2/gm2]||rd1
gm2rd2/2 gm1rd2 che pote-
va essere calcolata diretta-

M
1

RG
VDD
R
D

v o
C
u
V
GG

v G
M
2


Fig.12.1-17

VDD
RG
vo
Cu
VGG
M2
I
D
2

=

I
R

M3
R
M1
M4
M5
vG
I
R

I
p

RG
Cu
VGG
M2
M1
M5
vG
VDD
vo I
D
2

=

I
R

M4
I
R

I
p

M3
M7 M6

Fig.12.1-18
Amplificatori a pi transistor


521
mente dalla [12.1-94]. Se si lega lamplificazione ai transistor ed alle correnti che le attraversano si ha
.
2 D
2 A
2 D
1 D
1 2 D 2 A 1 D 1 vt
I
V
I
I
2 I V I 2 A [12.1-95]
Avt pu incrementare facendo scorrere pi corrente nel transistor M1. La fig.12.1-18a mostra come ci
pu essere ottenuto usando un generatore di corrente costante Ip e ID1 = Ip+ID2. Ovviamente questo gene-
ratore pu essere realizzato con uno specchio.
Amplificazione superiore si ottiene con carico attivo Wilson o cascode. La Fig.12.1-18b illustra
questo ultimo caso. Il carico molto grande e non si pu usare lespressione approssimata [12.1-94], ma
solo quella pi esatta [12.1-93]. Supponiamo ancora che tutte le tensioni di Early siano identiche e che in
tutti i transistor tranne che in M1 passi la stessa corrente ID. Allora le resistenze rd2, rd3 e rd4 = rd sono tutte
eguali e RD2 = r
d3
gm3rd4. Anche gm3=gm2. Allora la [12.1-93] da
Avt = -gm1[(1+rd3gm3rd4/rd2)/gm2]||rd1 gm2[rd3gm3rd4]||rd2, -gm1rd||rd1 gm2rd. [12.1-96]
Che se le correnti sono tutte eguali diventa
Avt -(1+h)gm1
2
rd
2
/2 [12.1-97]
La [12.1-96] si lega ai parametri dei dispositivi da
Avt =
D
A
D
A
1 D
A
1 D D 2 1 2
I
V
I
V
I
V
I I ) 1 ( 2 + . [12.1-98]
Si pu mostrare che Avt dipende dal rapporto fra le correnti nei transistor e che, questa volta, il massimo
si ha se le correnti sono tutte eguali. In tal aso la precedente diventa:

D
A
2 1 2 Vt
I
V
) 1 ( A
2
+ . [12.1-99]
ben pi alto dei casi precedenti. Questo guadagno, al solito migliora diminuendo la corrente, come per gli
SC, ma dipende sia dal prodotto dei beta che dal quadrato della tensione di Early. Naturalmente ci vale
finche il transistor soprassoglia.
La massima amplificazione teorica si ha se il carico RD2 tende allinfinito. Utilizzando lespressione
esatta [12.1-93] di Avt e facendo il limite si ha
. 2 d ' 2 m 1 d 1 m 2 d 2 D ' 2 m 1 d ' 2 m 2 d 2 D 1 m vt
2 RD
max vt r g r g r || R g r || ] g / ) r / R 1 [( g A lim A +

[12.1-100]
Che se le correnti sono tutte eguali diventa
Avt -(1+h)gm
2
rd
2
[12.1-101]
Lamplificazione che si pu ottenere con un carico cascode, appena la met della massima ideale con ca-
rico infinito, come si pu osservare confrontando questa espressione con la [12.1-97].
La [12.1-100] pu essere valutata approssimativamente come:
.
2 D 1 D
2 A 1 A
2 1 2 2 D 2 A 2 2 D 2 1 D 1 A 1 D 1 max vt
I I
V V
) 1 ( 2 I V ) 1 ( I 2 I V I 2 A + + [12.1-102]
che aumenta diminuendo la corrente. Se, per semplicit supponiamo transistor identici attraversati dalla
stessa corrente la precedente diventa
.
D
2
A
2 max vt
I
V
) 1 ( 2 A + [12.1-103]
Se la si confronta con lamplificazione massima che si pu ottenere con un SC o BC, [10.2-5], si nota ,
anche questa volta un netto miglioramento. Ricordiamo, per, che, mentre con i BJT Avtmax dipende so-
stanzialmente soltanto dalla tensione di Early, nei MOS, oltre leffetto di b si nota quello della ID. Al dimi-
nuire della corrente di drain lamplificazione aumenta. Ci valido finche la corrente non scende sottoso-
glia. In tal caso essa dipende esponenzialmente dalla VDS, come descritto dalla [8.3-26] ed il comporta-
mento diventa del tutto simile a quello dei bipolari. In altri termini, diminuendo ID la amplificazione massima
Amplificatori a pi transistor


522
aumenta finch non si arriva sottosoglia nel qual caso essa non cresce pi. In ogni caso a parit di corrente
il cascode MOS da meno amplificazione di un cascode BJT, a meno di non utilizzare transistor di grande
W. Ma, in questo caso, aumentando le capacit parassite peggiorando il comportamento in frequenza. E
non si hanno grandi vantaggi.
Riprendiamo lespressione approssimata dellamplificazione del primo transistor, [12.1-91], che
anche con carichi attivi modesti, ha un valore, che dipende dal rapporto fra le gm dei due transistor che
possono essere rese differenti o variando le correnti che li attraversano o facendo dimensioni diverse. Inve-
ce lamplificazione complessiva non cambia, come si vede dalla [12.1-94]. Questo fatto pu essere sfrutta-
to per diminuire ancora leffetto Miller al pri-
mo stadio. In tale modo leffetto della capacit
Cgd pu essere molto piccolo.
Per studiare il comportamento in fre-
quenza del cascode MOS facciamo lo stesso
tipo di ragionamento fatto per il BJT. Nella
figura accanto mostrato il circuito equivalente. In esso sono Ci1 = Cgs1+Av1Cgd1;, Ci2 =
Cgs2+Cgd1Av1/(Av1-1), Cu=Cu+Cds2. Zi2, Zo2 e Av1 sono definite dalle [12.1-89], [12.1-xx] e [12.1-90],
in ordine. Pertanto risultano
t 1 = RG(Cgs1+Av1Cgd1); [12.1-x7]
t 2 = [Cgs2+Cgd1Av1/(Av1-1)]gm2 (Cgs2+Cgd1)gm2 = 1/fT; [12.1-x8]
fT il fattore di merito del transistor.
t 3 = (Cds2+Cu)Zo2||RD2. [12.1-x1]
Se il carico elevato, cio se RC2 piccolo oppure Cu grande questo diventa il polo dominante. La fre-
quenza di taglio superiore pu essere calcolata usando la [3.6-6] come . 2 1 f
n
j ts


Il polo dominante quasi sempre quello corrispondente al carico. Se si vuole realizzare un amplifi-
catore per alte frequenze con banda elevata, dal momento che la capacit del carico non pu essere dimi-
nuita, si deve evitare di fare grande RD2. In altri termini evitare i carichi attivi, soprattutto Wilson e cascode.
Se ci viene fatto possibile che il polo dominante risulti quello dellingresso che dipende dallimpedenza
del generatore che pilota lo stadio e dalla capacit dingresso. ovvio che, diminuire leffetto Miller, con
correnti differenti in M1 e M2 migliora ancora il comportamento in frequenza del cascode in questo ultimo
caso.
Se si confrontano i comportamenti dei cascode
BJT e MOS, dal punto di vista del gain si trova che i
BJT possono amplificare di pi, mentre da quello della
banda, nessuna differenza sostanziale quando il carico
elevato. Infatti il polo dominante risulta, praticamente
dalla costante di tempo RuCu, indipendente dalla tecno-
logia usata. Se, per, non domina il polo delluscita e
anche quello dellingresso risulta elevato, allora la limita-
zione dipende essenzialmente da f2 e cio da ft. Allora
pi alto ft meglio . Il fattore di merito di un BJT ad
alte correnti pi elevato di quello di un MOS, mentre a
basse correnti, invece, il MOS ha un ft pi alto. A cor-
renti elevate il tempo di transito proporzionale allo spessore L della base o alla larghezza W del gate.
Questa non pu scendere al disotto del limite tecnologico, mentre lo spessore di base pu essere fatto pi
piccolo. Allora un bipolare avendo un tempo di transito inferiore ha un ft migliore. Invece a basse correnti

RG
G1

C
i
1
v v G
C
i
2

g
m
1
V
g
s
1
D1h h S2
Z
i
2

R
D
2

C
u


D2
g
m
2

V
s
2

Z
o
2


Fig.12.1-19

10
-1
10
0
10
1
10
2
10
3
10
4
10
-4
10
-2
10
0
10
2
10
4
F
t
(
M
H
z
)

MOS
I(mA)
BJT

Fig.12.1.20
Amplificatori a pi transistor


523
la massima frequenza di amplificazione dipende dalle capacit parassite e quindi dallarea del dispositivo. I
MOS, a parit di corrente, possono essere fatti pi piccoli dei bipolari, per cui il fattore di merito dei MOS
a basse correnti pi elevato di quello dei bipolari. I due fattori di merito sono pi o meno identici per cor-
renti dellordine di 10-100mA, come di rileva dalla Fig.12.1-20
[LS]
.
12.1.2.3 Coppia cascode BiCMOS
Uninteressante applicazione dei BiCMOS quella di un cascode realiz-
zato impiegando un MOS con carico un BJT come nella Fig.12.1.21. Ci sono
diversi punti che fanno apprezzare questo tipo si soluzione. Limpedenza
dingresso del MOS praticamente infinita. Leffetto Miller pu essere diminui-
to con una opportuna scelta delle due trasconduttanze. Il guadagno del cascode
proporzionale alla sua impedenza duscita. Le tensioni di Early dei BJT sono
pi elevate di quelle dei MOS e questo rende pi alta limpedenza duscita con
un BJT e, quindi superiore amplificazione.
Nel caso in cui il polo dominante ft preferibile un cascode BJT-
MOS quando si lavora ad alte correnti, mentre meglio un MOS-MOS a bas-
se correnti.

12.1.2.4 Folded cascode
Il carico attivo offre grandi vantaggi per il guadagno, tuttavia pone
severe limitazione alla dinamica in quanto per fare lavorare tutti i transistor
in zona di saturazione la dinamica abbastanza pi bassa
dellalimentazione. Ogni transistor in pi fra VSS e VDD abbassa la dinami-
ca. Tuttavia una tecnica consente di superare questo inconveniente. Si
tratta di consentire due differenti traiettorie alle correnti di polarizzazione
ed ai segnali. In questo consiste la tecnica della ripiegature (folding). In
Fig.12.1.22 mostrato uno schema di principio di un cascode ripiegato
(folded cascode). M1 connesso a SC, M2 a GC. Solo che invece di es-
sere anchesso un NMOS un PMOS. ovvio che la corrente del ge-
neratore IR si ripartisce fra i due transistor in funzione della polarizzazione
in continua di M1 e M2. Pertanto sia le trasconduttanza che le resistenze differenziali dipendono da questa
ripartizione, ma questo non un problema. Invece la cosa importante , che se si fa il circuito equivalente
esso risulta del tutto identico a quello del normale cascode. Infatti la corrente i d1 di segnale che esce da M1
entra nel source di M2 il quale ha come carico RD2 e Cu. Le considerazioni fatte fino a questo momento
valgono tutte. Ovviamente RD pu essere realizzato con un carico attivo eventualmente un cascode ed e-
ventualmente anche esso ripiegato. Sostanzialmente nulla cambia per il comportamento dinamico rispetto ai
casi analoghi. Per, non dovendo impilare molti transistor luno sullaltro si possono avere grandi escursioni
delle tensioni, vicine lla tensioni di alimentazione.



M
1

RG
VDD
R
C

v o
C
u
V
BB

v G
Q
1


Fig.12.1.21

Cu
M2
VDD
vo
I
R

RG
M1
vG
I
p

RD

Fig.12.1.22
Amplificatori a pi transistor


524
12.2 Stadi elementari con carico attivo
Nella realizzazione dei circuiti integrati, i generatori di corrente, studiati nel capitolo precedente,
vengono usati, oltre che per polarizzare altri circuiti, come carichi attivi. Cio si sfrutta la loro elevata re-
sistenza duscita per realizzare alti guadagni senza dover ricorrere n a tensioni dalimentazione troppo alte,
n a resistenze di valore molto grande che, occupando unarea elevata nel dispositivo, ne aumentano il co-
sto. In questo paragrafo trattiamo gli amplificatori nelle tre configurazioni elementari utilizzano i carichi attivi.
12.2.1 CBJT Common Emitter
In un amplificatore EC, se per semplicit si trascurano le resistenze
di polarizzazione, si ha una amplificazione AV0 = - gmRL. RL il parallelo
rce1||RC. Normalmente rce1 >> RC e AV0 - gmRC. Per massimizzare il
guadagno, allora, bisogna scegliere RC grande. Nel caso dei CI una RC

grande occupa unarea elevata nel chip. Inoltre anche la tensione di alimen-
tazione diventa troppo alta. Ad esempio se si sceglie una IC di 0.6 mA, gm
24 mA/V. Per avere una amplificazione di 1000 servirebbe una RC =
1000/0.024 = 45 K, che con la corrente data, produce a riposo una ca-
duta di 30 V. Di conseguenza, la tensioni di alimentazione deve essere su-
periore a 30 V. Ci, in generale, improponibile.
Nelle realizzazioni integrate, per evitare questi inconvenienti, si so-
stituisce la resistenza RC con un generatore di corrente. In Fig.12.2-1 , mostrata tale applicazione. Il tran-
sistore Q1 polarizzato dalla corrente erogata dal generatore, cio dalla corrente del collettore di Q2. Ab-
biamo uno specchio semplice fatto da Q2 e Q3, come quello del 11.1.1. Il transistor di carico deve essere
complementare a quello di pilotaggio. Per questo lamplificatore prende il nome di Complementary BJT
(CBJT). Ovviamente

;

CE2 o EC2 CE1 CC
R C3 C2 C1 o
V - V = V + V = V
grandi) abbastanza sono i (se I -I I - = I = I
[12.2-1]
Le caratteristiche duscita di un BJT sono date, normalmente come IC = IC(IB,VCE). Dato che no-
ta la relazione IB = IB(VBE) possibile, invece, avere una diversa rappresentazione e cio: IC =
IC(VBE,VCE). In Fig.12.2-2a rappresentata questo tipo di caratteristica duscita del n-p-n, parametrizzata
della VBE. In Fig.12.2-2b, invece, rappresentata la caratteristiche duscita del p-n-p, per il valore costan-
te della VBE3 = VBE2 = VCE3, fissata dallaltro transistor Q3, dello specchio che sta funzionando da diodo.
In tal modo, per quanto detto nel 11.4.2 Q3 si comporta da generatore di tensione con impedenza interna

o V
V CC
+
-
Q 1
Q 2 Q 3
I C1
I C2
I R
R
+
-
i V
+
-

VBE=590mV
V
CE1 0 1 2 3 4 5
0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
VBE=560mV
VBE=580mV
VAN=100V
VBE=550mV
VBE=570mV
IC1=(mA)
VCE1(V)
b
FN=100
-5 -4 -3 -2 -1 0
-0.8
-0.7
-0.6
-0.5
-0.4
-0.3
-0.2
-0.1
0
VBE=-610mV
VAP=50V
IC2=(mA)
VCE2(V)
b
FP=40

a Fig.12.2-2 b
Amplificatori a pi transistor


525
statica RBB/bF e dinamica 1/gm che polarizza la base di Q2 a tensione praticamente costante.
Il carico di Q1 Q2. Pertanto la curva di ca-
rico di Q1 la caratteristica di Q2 per il valore di
VBE3 specificato. Deve, comunque, il circuito soddi-
sfare le [12.2-1]. Allora possibile riportare la carat-
teristica di Q2 su quella di Q1, come fatto in
Fig.12.2-3.Il punto di lavoro il punto comune fra la
caratteristica di Q2 e quella di Q1. Dal momento che
VBE3 costante, mentre pu variare VBE1 = Vi, il
punto di lavoro si sposta controllato dalla tensione
dingresso. Il comportamento schematico del circuito
si pu facilmente descrivere analizzando la Fig.12.2-
3. Si distinguono tre zone. Nellintervallo compreso
fra i punti (a) e (b), per i quali, nellesempio della fi-
gura, Vi < 583 mV, Q1 in regione attiva, ma Q2, a
causa della limitata caduta di potenziale ai suoi capi in saturazione. Nellintervallo compreso fra i punti (b)
e (c), per i quali 583 mV < Vi < 588 mV, entrambi i transistors sono in regione attiva. Se Vi > 588 mV,
Q1, a causa della limitata caduta di potenziale ai suoi capi, va saturazione, mentre Q2 resta in regione attiva.
Si vede dunque che tutta la variazione importante della Vo = VCE1 si ha in un intervallo molto limitato di Vi.
Da ci si deduce che lamplificazione grande. Approssimativamente |DVCE1| = VCC - VCE1sat - VCE2sat
= 5.-0.2-0.2 = 4.6 V e DVBE1 4 mV. Quindi A = -4.6/.004 = -1150. Se si considera il punto di lavoro
intermedio (d) di Q1 a circa .6 mA si ha gm = .006/.025 = 24 mA/V. Per avere una amplificazione di
1150 servirebbe una RC = AV0/gm 48 kW e una VCC = VCE0 + RCIC = 3 + 48 0.6 32 V
Usando il modello per grandi segnali, possiamo determinare lespressione analitica della tensione
duscita nella regione damplificazione e cio quando entrambi i transistors sono in regione attiva. Appli-
chiamo la [8.4-5a] a tutti i transistors, tenendo presente che sono n-p-n ed p-n-p e che questi due ultimi
sono eguali. Si ha:
.
e ) V V 1 ( I - = I - = I
e ) V V 1 ( I - = I
e ) V V 1 ( I = I
T
3 EB
T
3 EB
T
1 BE
V
V
AP 3 EB 2 S R 3 C
V
V
AP 2 EC 2 S 2 C
V
V
AN 1 CE 1 S 1 C

+
+
+

Combinando insieme, le ultime due, e tenendo presente la prima delle [12.2-1]

+
+
I
V V
V V
C R
EC AP
EB AP
2
2
3
1
1
= I .
Ricordando che IC1 e -IC2 sono uguali, si ottiene:
AP 3 EB
AP 2 EC
R 2 C
V
V
AN 1 CE 1 S 1 C
V V 1
V V 1
I = I e ) V V 1 ( I = I
T
1 BE
+
+
+
o anche, per le [12.2-1]:

( )( )
.
V V 1 V V 1
V V V ( 1
I = e I
AP 3 EB AN o
AP ) o CC
R
V
V
1 S
T
i
+ +
+

Supponendo che le tensioni di Early siano entrambe sufficientemente alte, tali che VAP >> VCC -
Vo, VAP >> VEB3 e VAN >> V0 , la precedente si pu semplificare come:
( ) [ ] AP ) 3 EB CC AP AN o R
V
V
1 S V V V ( V 1 V 1 V 1 I = e I
T
i
+
(a)
(b)
(c) (d)
VBEP=-610mV
VAP=50V
b
FP=40
VBE=590mV
0 1 2 3 4 5
0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
VBE=560mV
VBE=580mV
VAN=100V
VBE=550mV
VBE=570mV
IC1,IC2=(mA)
VCE1=Vo,-VCE2(V)
b
FN=100
VCC=VCE1+VEC2=VCE1-VCE2=Vo-VCE2

Fig.12.2-3
Amplificatori a pi transistor


526
che risolta rispetto a V
0
diventa:
; e
I
I
1 V
V V
V
) V V ( = V
T
i
V
V
R
1 S
Aeff
AP AN
AN
3 EB CC o

,
_

+
+
[12.2-2]
dove VAeff gi stato definito come tensione di Early efficace ed data da
V
V V
V V
Aeff
AN AP
AN AP

+
. [12.2-3]
Ricordiamo che la [12.2-2] vale solo quan-
do Q1 e Q2 sono nella regione attiva diretta, cio
per VCC - VEC2sat > Vo > VCE1sat . Il primo termine
costante ed esprime la tensione duscita nel punto
(d) che si ha quando
T
i
V
V
1 S R e I I . Invece il secon-
do termine una funzione di Vi. Si pu tracciare il
grafico della precedente espressione. La Fig.12.2-
4 mostra il comportamento complessivo. La parte
lineare espressa dalla [12.2-2]. Nellintervallo di
linearit, cio nei dintorni del punto d, si ha un gua-
dagno di circa 1200 V/V.
Possiamo calcolare lamplificazione ai grandi segnali ese-
guendo la derivata della [12.2-2] calcolata nel punto (d) della
Fig.12.2-4. Si ha:

T
Aef
) d (
V
V
R
1 s
T
Aef
) d (
i
o
vo
V
V
e
I
I
V
V
dV
dV
A
T
i
[12.2-4]
Nellesempio 1270
mV 26
33
V
V
T
Aef
conferma il risultato prece-
dente.
Il comportamento ai piccoli segnali si determina dal circuito equivalente di Fig.12.2-5. Si ha:
T
Aef
CP
AP
CN
AN
T
CN
CP
AP
0 FP
FP
CN
AN
0 FN
FN
T
CN
ceP ceN mN vo
V
V
| I |
V
I
V
V
I
| I |
V
I
V
V
I
r || r g A

,
_

,
_

,
_

,
_


che conferma il risultato anche ai grandi segnali. Si fatto lipotesi che il rapporto bF/bF0 sia prossimo
allunit.
12.2.2 C-MOS Common source
Un caso simile quello dei transistor MOS con carico attivo realizza-
to con uno specchio e con transistor complementari, come quello mostrato
nella figura a lato. Essendo fissa la IR di M3 resta fissata anche la VGS3 =
VGS32 dalla [8.3-17]. Pertanto anche fissata la caratteristica di M2 che il
carico di M1.
Consideriamo una tecnologia con i parametri: kn = 25.8 mA/V
2
; kp
= 9.1 mA/V
2
; VAn = VAp = 50 V; Vton = -Vtop = 0.87 V. Dei coefficiente
delleffetto body gn = 0.71 V

e gp = 0.45 V

non ci importa perch
leffetto nel C-MOS inesistente. In Fig.12.2-7a mostrata questa caratteri-
stica per lNMOS M1. Per evitare confusione aggiungiamo un pedice n, op-
pure p, rispettivamente, per le grandezze relative al transistor NMOS o
VCC
(d)
(b)
(c)
0.8 .85 0.9 0.95
0
1
2
3
4
5
VT lnIS1/IR
Vo (V)
Vi (V)
VCC -VECsat
VCEsat
(VCC VEB3)
VAN+VAP
VAN

Fig.12.2-4
i
v v
i i
b gmN
rbeN
+
- ceP r
v v
o
+
- ceN r

Fig.12.2-5
o V
+
-
-
i V
VDD +
-
M1
+
IR
M2
M3
I1
I2

Fig.12.2-6
Amplificatori a pi transistor


527
PMOS.
Trattiamo il caso generale, anche se, per esemplificare le figure si riferiscono ad un caso ben preci-
so. Nella maglia comprendente M1 ed M2 :
V = V + V = V - V DD DSn SDp o DSp [12.2-5]
Esistono diverse zone di funzionamento. I due transistors M1 e M2 possono essere entrambi in zo-
na di saturazione oppure uno in zona di saturazione e laltro in zona lineare o viceversa.
E opportuno riscrivere le espressioni per gli NMOS ed i PMOS nelle due condizioni. Dal momen-
to che non c effetto body VTH = Vto, per entrambi i transistors, a parte il segno.
NMOS in zona di saturazione:
dalla [8.3-17]
( ) ( )
;
V V V e V V per
V V 1 V V
2
I
ton GSn DSn ton GSn
An DS
2
ton GSn
n
Dn

> >
+

[12.2-6]
NMOS in zona lineare:
dalla [8.3-16]
( ) [ ]
;
V V V < 0 e V V per
V V V V 2
2
I
n to GSn DSn n to GSn
DSn DSn ton GSn
n
Dn

>

<

[12.2-7]
PMOS in zona di saturazione:
dalla [8.3-17]
( ) ( )
;
V V V e V V per
V V 1 V V
2
I
p to GSp DSp p to GSp
Ap DSp
2
top GSp
p
Dp

< <


[12.2-8]
PMOS in zona lineare:
dalla [8.3-16]
( ) [ ]
.
V V V > 0 e V V per
V V V V 2
2
I
p to GSp DSp p to GSp
DSp DSp top GSp
p
Dp

<
+

>

[12.2-9]
Preliminarmente teniamo conto che M3 va tenuto in saturazione e per esso vale anche la:
( ) ( ). V V 1 V V
2
I I Ap 3 DSp
2
top GS3
3 p
D3 R

Tuttavia, essendo M3 connesso a diodo anche la sua VDS3 =


VGS3 sar abbastanza piccola tale da potersi trascurare leffetto Early e dunque:
0 1 2 3 4 5
0
2
4
6
8
10
12
PMOS
IR=10
m m
A Vto=-0.87V
W/L=5/3
-ID(
m m
A)
-VDS(V)
VGS2=-2.02V
VGSsat=-1.15V
kp =9.1 10
-6
A
2
/V
0
0
2
4
6
8
10
12
1 2 4 5
NMOS
W/L=500/3
VDS (V)
ID(
m m
A)
Vto=0.87V
VGS=890mV
VGS=900mV
VGS=910mV
VGS=920mV
VGS=930mV
kn =25.6 10
-6
A
2
/V
VAn =50V
VAp =50V
3

Fig.12.2-7
Amplificatori a pi transistor


528
( )
2
top GS3
3 p
R . V V
2
I

[12.2-10]
Da cui
2
3 p
R
top GS2 GS3 .
I 2
- V V V

[12.2-11]
In effetti davanti la radice ci dovrebbe essere un segno !. Nel caso del PMOS il segno il negativo. Allora
V V = - GS2 top 2 3 IR p b . [12.2-12]
Essendo VGS2 fissata da IR anche la caratteristica
di M2 e scelta. Essa rappresentata in Fig.12.2-
7b.
Lanalisi si conduce in modo analogo a
quanto fatto nel paragrafo precedente. La
Fig.12.2-8. mostra, appunto le caratteristiche del
NMOS M1 con carico il PMOS
M2.Cominciamo con il caso in cui entrambi i
transistor sono nella regione di saturazione e
quindi nellintervallo compreso fra i punti (c) e
(b) della Fig.12.2-8. Le espressioni da usare so-
no, dunque le [12.2-6] e [12.2-8]. Cio:
( ) ( )
( ) ( )
.
] V V V 1 [
I 2
2
) V V 1 ( V - V
2
-I = I
V V 1 Vt V
2
I I
Ap DD o
3 p
R 2 p
Ap 2 DS
2
top GS2
2 p
Dp 2
An o
2
on i
n
Dn 1



Si tenuto conto che la somma delle due cadute di tensione fra drain e source l DD e che
la tensione duscita quella sul drain del NMOS M1. Si usata, inoltre lespressione [12.2-12]. Dal mo-
mento che I1 e I2 sono identiche, eguagliando le due precedenti espressioni:
( ) ( ) ], V ) V V ( 1 [ hI V V 1 V V
2
Ap o DD R An o
2
ton i
n
+ +


in cui .
I
I
I
I
F
F
= h
R
2
R
1
3
2
3 p
2 p

[12.2-13]
Il rapporto fra i b dei PMOS eguale a quella dei fattori di forma perch il kp identico.
La relazione fra tensione dingresso e duscita si pu scrivere come:

( )
,
V V + 1
] V ) V V ( 1 [ hI 2
V V
An o n
Ap o DD R
ton i

+
+ [12.2-14]
valida soltanto nellintervallo (c)-(b). Cio per Vi - Vton < Vo < V - DD 2 3 IR p b . Infatti il punto (b) cor-
risponde alla VDSsat di M1 per la quale VDSn = Vo = VGSn -Vton. Cio quel punto per il quale luscita dif-
ferisce dallingresso per la tensione di soglia cambiata di segno: V = V - V o
(b)
i ton. Il punto (c) corrisponde
alla VDSsat di M2 per la quale VDSp = Vo - VDD = VGSp -Vtop. Allora, per la [12.2-
12]: V = V - V V V = - DSp o DD = GS2 top 2 3 IR p b . Quindi . I 2 - V = V 3 p R DD
(c)
o
Ponendo , V V r An Ap [12.2-15]
la [12.2-14] si scrive come .
V V
V V V
r hI 2 V V
o An
o DD Ap
n R ton i
+
+
+ [12.2-16]
Nel punto (c) Vo piccola e si pu' trascurare rispetto le tensioni di Early e la [12.2-14] da
PMOS
Vto=-0.87V
W/L=5/3
VGS=-2.02V
VGSsat=-1.15V
NMOS
W/L=500/3
Vto=0.87V
IR=10
m m
A
(b)
(c)
(d)
(a)
kp =9.1 10
-6
A
2
/V
kn =25.6 10
-6
A
2
/V
VAn =50V
VAp =50V
0
0
2
4
6
8
10
12
1 2 4
5
W/L=500/3
VDS1, -VDS2 (V)
ID(
m m
A)
Vto=0.87V
VGS=890mV
VGS=900mV
VGS=910mV
VGS=920mV
VGS=930mV
3
(e)

Fig.12.2-8
Amplificatori a pi transistor


529
. V V r r hI 2 V V An DD n R ton
) c (
i + + [12.2-17]
Nel punto (b), Vo VDD e si pu trascurare la differenza VDD - Vo. Allora, ancora dalla [12.2-14] si
ottiene
+ + Ap DD n R ton
) b (
i V V r / 1 r hI 2 V V [12.2-18]
Quanto pi grandi sono le tensioni di Early e tanto pi vicini sono (b) e (c) e lamplificazione cresce.
Per avere luscita a met dellalimentazione si deve applicare una
.
2 V V
2 V V
r hI 2 V V V
DD An
DD Ap
n R ton
) e (
i
2 / V
i
DD
+
+
+ [12.2-19]
Per trovare lamplificazione nel tratto (c)-(b), basta derivare la [12.2-16] rispetto a Vo:

( ) ( )
( )
,
V V
V V V V V
V V
V V V
2
1
r hI 2 =
A
1
dV
dV
2
o An
o DD Ap o An
2 / 1
o An
o DD Ap
n R
0 V o
i
+
+ +

,
_

+
+


cio
( )

+ +
+

,
_

+
+
DD Ap An
2
o An
2 / 1
o An
o DD Ap
n R
0 V
V V V
V V
V V
V V V
r hI 2
2
- = A
( ) ( )

+ +
+

+ +
+

DD Ap An
2
o An
n R
ton i
DD Ap An
2
o An
n R
ton i
n R V V V
V V
r hI
V V
-
V V V
V V
r hI 2
V V
r hI 2
2
- =
( ) . V V
V V V
V V V
r hI 2
2
- =
2 3
o An
DD Ap An
o DD Ap
n R
+
+ +
+

[12.2-20]
Nel punto (e) valida la [12.2-19] e la precedente diventa:

( )
.
V V V
2 V V

2 V V
2 V V
r 2 hI
1
- A = A
DD Ap An
2
DD An
DD An
DD Ap
n R
/2) (V
0 V
(e)
0 V
DD
+ +
+
+
+

[12.2-21]
Per VDD piccolo rispetto le tensioni di Early, lamplificazione si approssima
.
F
F
I
2
V - = A
2
3
R
n
Aef
(e)
0 V

[12.2-22]
VAef definito come tensione di Early efficace ed data dalla [12.2-3]:
V
V V
V V
Aef
An Ap
An Ap

+
.
Se le due tensioni di Early sono eguali
.
F
F
I 2
V - = A
2
3
R
n
A
(e)
0 V

[12.2-23]
E lamplificazione sale con VA e con le dimensioni del NMOS mentre scende con IR.
Nellintervallo della Fig.12.2-8 compreso tra i punti (c) e (d) M2 in zona di saturazione, invece
M1 in zona lineare. Valgono le [12.2-7] e [12.2-8], rispettivamente. Allora:
( ) [ ] ( ) ( ) ( ). V V 1 hI = V V 1 V V
2
V V V V 2
2
Ap DSp R Ap DSp
2
top GSp
2 p
o o ton i
n


Risolvendo rispetto a Vi si trova:
. V
V
V V
1
V
hI 2
2
1
V V o
Ap
o DD
o n
R
ton i
1
]
1

,
_

+ [12.2-24]
Consideriamo, invece, lintervallo della Fig.12.2-8 compreso tra i punti (a) e (b). Mentre M1 an-
cora in zona di saturazione, invece M2 in zona lineare. Valgono le [12.2-6] e [12.2-9]. Quindi
Amplificatori a pi transistor


530
( ) ( ) ( ) [ ]( ), V V V V V V 2
2
I V V 1 V V
2
I DD o DD o top GSp
p
Dp An o
2
ton i
n
Dn +


ed applicando la [12.2-12]
( ) ( ) [ ]( ). V V V V I 2 2
2
V V 1 V V
2
DD o DD o p3 R
2 p
An o
2
ton i
n
+


Risolvendo rispetto a Vi si trova:
.
V V 1
V V 2I
2 V V V V
An o
o DD
p3
R
o DD
n
2 p
ton i
+

1
]
1

+ [12.2-25]
La figura a lato mostra la caratteristica in-
gresso/uscita in continua. E simile a quella dei bi-
polari anche se le espressioni valide sono diverse.
Il tratto (c)-(d) descritto dalla [12.2-24], men-
tre quello (a)-(b) dalla [12.2-25]. Per le applica-
zioni lineari interessante lintervallo (b)-(c) dove
vale la [12.2-14]. In questa zona la pendenza
rilevante, anche se la dinamica duscita un po li-
mitata perch VDD-Vo|(b) non trascurabile.
Nellesempio proposto in figura questa dinamica
di circa 4.25 V su 5 V di alimentazione.
lificazione rilevante ed ricavabile dalla
figura come Avo = DVo/DVi = -770, che confer-
ma il valore di approssimato di 730 ricavabile,
per lesempio in questione, con la [12.2-23].
Il comportamento dinamico ai piccoli segnali pu essere trovato a
partire dal circuito equivalente di Fig.12.2-10. Ovviamente il calcolo vale
per la zona (c)-(b).
Calcoliamo i parametri dinamici dinteresse dei due transistors:
( )( ) ( ). V V 1 I 2 V V 1 V V
V
dI
=
V
dI
= g An o 1 n An o ton GSn n
i
Dn
GSn
Dn
mn + +
( ) ,
I
V + V
=
g
1
= r
V + V
I
V V
V 2 dV
dI
= g
1
o An
dn
dn
o An
1
2
ton i
An
n
DSn
Dn
dn


( ) .
I
V V + V
=
g
1
= r
V V + V
I
V V
V 2 dV
dI
= g
2
o DD Ap
dp
dp
o DD Ap
2
2
top GSp2
Ap
2 p
DSp2
Dp2
dp2


Pertanto lamplificazione ai piccoli segnali risulta essere :
( ) .
I
V V + V
I
V + V
V V 1 I 2 r || r g A
2
o DD Ap
1
o An
An o 1 n 2 dp dn mn 0 V

+
Con alcuni semplici passaggi si perviene a

DD Ap An
o DD Ap
o) An
R An
n
0 V
V + V V
V - V V
V + V (
hI V
2
A
2 3
+
+
[12.2-26]
che si ottenuta tenendo presente la [12.2-13] che dice che I1 = I2 h IR. Questa approssimazione, per fa
si che lultima espressione sia leggermente differente dalla [12.2-20] nella quale, invece, lapprossimazione
non fatta. Anche qui, eseguendo il calcolo nel punto (e), per Vo = VDD/2 si ricava una amplificazione di
775. Nellipotesi di tensioni di Early identiche e trascurando la tensione duscita rispetto ad esse la [12.2-
26] si riduce alla [12.2-13] con la quale era stato calcolato un valore non molto diverso di 730.
V (V)
o
(b)
(c)
(d)
(a)
V DD
VAn = VAp = 50V
IR = 10 A
m
F
1
= 500/3
top = - V V
ton
= 0.87 V
V (V)
i
k
p
=9.1 10
-6
A
2
/V
k
n
=25.6 10
-6
A
2
/V
0.86 0.88 0.9 0.92 0.94
0
1
2
3
4
5
D
V
o

4
.
2
5
V
D
Vi

5.5mV
(e)
F3 = 5/3
F
2
= 5/3

Fig.12.2-9
v v
i g me
i
v v
+
-
v v
o
+
-
dd r
de r

Fig.12.2-10
Amplificatori a pi transistor


531
12.2.3 NMOS Common source con carico attivo NMOS
Se si usano invece che CMOS, MOS tutti N o tutti P non
si pu adoperare come carico uno specchio. Si pu, in questo ca-
so, usare come carico un altro transistor connesso a diodo. Nel
11.4.5 abbiamo visto che possono essere utilizzati sia depletion
che enhancement, anche se il risultato non esattamente lo stesso.
In generale, quando si usano transistor integrati non CMOS in
quello di carico presente leffetto body e bisogna tenerne conto.
La figura accanto riprende della Fig.11.4-11 i due possibili transi-
stors NMOS in cui compare leffetto body.
Una importante considerazione va, per fatta nel caso
della soluzione G S. Il transistor di carico, dovendo lavorare
in questa condizione, pu essere soltanto depletion. Infatti se
fosse enhancement, sarebbe sotto soglia e non farebbe passa-
re corrente. Pertanto, mentre nel primo caso, con VDG2 = 0, si
usa come carico un enhanchement, nel secondo, con VGS2 =
0, si usa un depletion.
Entrambe le due possibilit sono rappresentate in
Fig.12.2-12. Per il momento ci occupiamo soltanto del com-
portamento statico. In ogni caso:
. V V = V + V = V DS2 o DS2 DS1 DD + [12.2-27]
Per quanto riguarda VGS2 essa sar, nei due casi VDD - Vo
oppure zero. Trattiamo i due casi insieme, per quanto possibi-
le, e la differenza va vista solo alla fine.
Ci sono diverse possibilit di funzionamento. Se entrambi i transistors sono in zona di saturazione si
ha:
( ) ( ) . I
V
V
1 V V
2
I
V
V
1 V V
2
I D
2 A
2 DS 2
TH2 GS2
2
D2
1 A
1 DS 2
to1 i
1
D1

,
_

,
_

[12.2-28]
Se si prova a sviluppare analiticamente per trovare Vo = Vo(Vi) ci si ferma di fronte a delle difficol-
t notevoli. Invece si pu fare loperazione inversa e ricavare Vi = Vi(Vo) e poi fare il grafico invertendo gli
assi. Si ricava facilmente
( ). V V
V V
V V V
V
V
V V TH2 GS2
o A1
o DD A2
2 A
1 A
1
2
to1 i
+
+

+
Se si inserisce il valore della tensione di soglia [8.3-7] nella precedente, si ricava:
( ) [ ]. V V 2 V 2 + V V
V V
V V V
V
V
V V o p p 2 to2 GS2
o A1
o DD A2
2 A
1 A
1
2
to1 i +
+
+

+ [12.2-29]
Nel caso del carico enhancement VGS2 VDD Vo e la precedente da
( ) [ ]. V V 2 V 2 + V V V
V V
V V V
V
V
V V o p p 2 to2 o DD
o A1
o DD A2
2 A
1 A
1
2
to1 i +
+
+

+ [12.2-30]
Nel caso del carico depletion, invece VGS2 nulla e la [12.2-29] fornisce
( ) [ ]. V V 2 V 2 V
V V
V V V
V
V
V V o p p 2 to2
o A1
o DD A2
2 A
1 A
1
2
to1 i + +
+
+

+ [12.2-31]
G
h h
D
(a)
n-channel
enhanchement
B
S
n-channel
depletion
D
(b)
G
h h
S
B

Fig. 12.1-11
+
-
+
-
VDD
+
-
M2
(a)
NMOS en.
M1
ID1
ID2
Vo
Vi
+
-
+
-
V
DD
+
-
M2
(b)
NMOS depl.
M1
ID1
ID2
Vo
Vi

Fig.12.2-12
Amplificatori a pi transistor


532
Comunque, come vedremo, il comportamento simile a quello del CMOS, anche se la caratteristica di tra-
sferimento ha una inclinazione pi bassa.
Se, la corrente ID diventa rilevante il transistor M1 va in zona lineare mentre, invece, il diodo M2
sempre in saturazione. Allora in questo caso
( ) [ ] ( ) , I
V
V
1 V V
2
I
V
V
1 V V V V 2
2
I D
2 A
2 DS 2
TH2 GS2
2
D2
1 A
1 DS
1 DS 1 DS to1 GS1
1
D1

,
_

,
_


cio ( ) [ ] ( ) ,
V
V V
1 V V
2 V
V
1 V V V V 2
2 2 A
o DD 2
TH2 GS2
2
1 A
o
o o to1 i
1

,
_

,
_


da cui
( ) [ ]
.
V + V
V - V + V
V
V V 2 V 2 V V
V
V
+ V
2
1
+ V V
o A1
o DD A2
o
2
o p p 2 to2 GS2
A2
A1
1
2
o to1 i
1
1
]
1

+ +

[12.2-32]
Nel caso del carico enhanchement VGS2 VDD Vo e la precedente da
( ) [ ]
.
V + V
V - V + V
V
V V 2 V 2 V V V
V
V
+ V
2
1
+ V V
o A1
o DD A2
o
2
o p p 2 to2 o DD
A2
A1
1
2
o to1 i
1
1
]
1

+ +

[12.2-33]
Nel caso del carico depletion, invece VGS2 nulla e la [12.2-32] si riduce a

( ) [ ]
.
V + V
V - V + V
V
V V 2 V 2 V
V
V
+ V
2
1
+ V V
o A1
o DD A2
o
2
o p p 2 to2
A2
A1
1
2
o to1 i
1
1
]
1

+ +

[12.2-34]
Per quanto riguarda le correnti piccole non possibile trattare i due casi insieme. Il depletion co-
munque non da problemi alla conduzione perch ha una soglia negativa che non impedisce mai alla corrente
di passare. Nellaltro caso, cio quando il carico enhancement, dal momento che gate e drain sono allo
stesso potenziale, affinch M2 possa condurre bisogna superare la soglia. Tutto ci stato approfondita-
mente discusso nel 11.4.5. La caratteristica del diodo enhancement stata mostrata in Fig.11.4-12. La
soglia Vto se non c effetto body oppure pi alta in caso contrario. Comunque sia, a basse correnti, se si
usa il carico enhancement, esso o lavora sotto soglia, oppure, se conduce, in saturazione. Anche se il ca-
rico depletion non determina alcuna limitazione al passaggio della corrente, per, come stato gi detto nel
11.4.5, esso pu stare sia in saturazione che in zona lineare. La caratteristica del diodo depletion stata
mostrata in Fig.11.4-13 per entrambi i casi di presenza o no di effetto body. In ogni caso la zona di basse
tensioni quella lineare, mentre quella di alte e la zona di saturazione. Pertanto, per M2 depletion bisogna
fare una ulteriore suddivisione che tiene presente anche la possibilit che esso sia in zona lineare. In questo
caso
( ) ( ) [ ] , I
V
V
1 V V V V 2
2
I
V
V
1 V V
2
= I D
2 A
2 DS
2 DS 2 DS TH2 GS2
2
D2
1 A
1 DS 2
TH1 GS1
1
D1

,
_

,
_


cio ( ) [ ]( )
( )
.
V
V V
1 V V V V V 2
2 V
V
1 V V
2 2 A
o DD
o DD o DD TH2
2
1 A
o 2
to1 i
1
1
]
1


+ +

,
_


Allora
( )( )( )
.
V
V
V + V
V - V + V V - V V V 2 V
+ V V
A1
A2
o A1
o A2 DD o DD DD TH2 o
1
2
to1 i

[12.2-35]
Mentre la tensione di soglia del primo transistor proprioVto1, costante, invece, quella del secondo transi-
stor, a causa delleffetto body, dipende dalla VBS2 = -VS2 cio da -Vo.
( ) p o p 2 to2 TH2 V 2 V V 2 + V V + [12.2-36]
Amplificatori a pi transistor


533
La caratteristica di trasferimento abbastanza semplice da ottenere. Al solito, come fatto prece-
dentemente, consideriamo le caratteristiche del MOS amplificante e applichiamo il suo carico disegnando
sullo stesso grafico quelle del diodo ribaltate sullasse orizzontale, in modo che in ogni punto la somma delle
due tensioni di drain sia la VDD.
A questo punto siamo in grado di entrare nel dettaglio dei due casi. Cominciamo del carico enhan-
chement di Fig.12.2-12a. Nella Fig.12.2-13a sono mostrate le caratteristiche del MOS M1. Lesempio si
riferisce a dei valori di parametri e di funzionamento riportati nella stessa figura. Dal momento che M2 ha
GD esso connesso a diodo con VD = VDD e la sua caratteristica la curva (2) della Fig.11.4-12 rica-
vata nel 11.1-5. La tensione di soglia, per effetto body, varia secondo la [11.4-40], ed in questa VBS2 =
-VS2 cio -Vo. La curva in questione, ribaltata orizzontalmente, perch la somma delle due VDS sempre la
VDD, viene riportata sulle caratteristiche di M1. Si ottiene la Fig.12.2-13a. Da questa possibile ricavare la
caratteristica di trasferimento rappresentata in Fig.12.2-13b.
Si distinguono chiaramente tre zone di funzionamento. Ricordiamo che M2, se conduce, si trova in
saturazione. Nellintervallo (a)-(b) M2 sottosoglia e luscita si dispone a VDD VTH2. Nella zona (c)-(d)
M1 in zona lineare e nel tratto (b)-(c) M1 in saturazione. Questo tratto delimitato dalla condizione per
la quale M1 in saturazione e cio che la sua tensione VDS sia superiore a quella di saturazione. Allora, nel
punto (c) deve essere
VDS = Vo = VDSsat = VGS Vto1 = Vi Vto1. [12.2-37]
La relazione uscita-ingresso in questo intervallo stata ricavata nella [12.2-30]. Nel tratto (c)-(d) M1 va in
zona lineare e la caratteristica di trasferimento la [12.2-33]. Si pu notare che la pendenza della caratteri-
stica di trasferimento in questultima zona, che quella in cui il dispositivo amplifica, piuttosto bassa. In
questo intervallo la tensione duscita va a met dellalimentazione per
.
2
V
V 2 V 2 + V
2
V
V V
2 V V
V
V
V V
DD
p p 2 to2
DD
o A1
DD A2
2 A
1 A
1
2
to1
2 / V
i
DD
1
1
]
1

,
_

+
+
+

+ [12.2-38]
Consideriamo, ora il caso in cui uno dei due transistor, M1, quello dingresso del tipo enhance-
ment, laltro, M2, il carico del tipo depletion, vedi Fig.12.2-12b]. I due transistor non hanno, in genere,
gli stessi parametri cio k, g, Vp,Vto1 e Vto2. La caratteristica di M1 riportata in Fig.12.2-14a.
Il transistor depletion M2 ha GD ed connesso a diodo con VD = VDD, e, per quanto detto nel
paragrafo 11.1-6 la sua caratteristica la curva (2) della Fig.11.4-13. Tuttavia la sua tensione di soglia, a
causa delleffetto body segue la [12.2-36]. La curva relativa viene riportata sulle caratteristiche di M1 dopo

h
=0.3
VA1 = VA2 = 50V
g
= 0.71 V
1/2
Vp = 0.37V
Vi (V)
Vo (V)
Vto = 0.87 V
(a)
(b)
(c)
(d)
(e)
VSB = Vo - Vto = Vi
0.85 0.9 0.95 1 1.05 1.1
0
0.5
1
1.5
2
2.5
3
3.5
4
4.5
5
VTH2
ID(mA)
VDS (V)
(c)
(a)
(b)
(e)
(d)
0 1 2 3 4 5
0
50
100
150
VTH2
VGS = 910 mV
VGS = 950 mV
V
GS = 970 mV
V
GS = 990 mV
VGS = 1010 mV
VGS = 1030 mV
VGS = 1050 mV
VGS = 890 mV
VGS = 930 mV
VDD=5V
M2
F1 =500/3
F2 =5/3
D
vo=2.8V
D
vi=190mV
k1=34
m
A/V
2
k2=9.2
m
A/V
2

(a) Fig.12.2-13 (b)
Amplificatori a pi transistor


534
essere stata capovolta orizzontalmente, dato che VDSe + VDSd = VDD sempre la VDD. La Fig.12.2-14a
leffetto di questa operazione. Da questa si pu ottenere la transcaratteristica in Fig.12.2-14b.
Il funzionamento dellamplificatore distinto in tre intervalli. Nel tratto (a)-(b) Md in zona lineare
e M1 in saturazione. Nellintervallo (b)-(c) entrambi i transistors sono in saturazione e nel tratto (c)-(d) M1
in zona lineare mentre M2 in saturazione. Le tensione di saturazione dei due transistors sono: VDSsat1 =
VGS1 Vto1 = Vi Vto1 e VDSsat2 = VGS2 VTH2 = -VTH2. Nel punto (b) VDS2 = VDD -Vo = VDSat2 = -
VTH2. Cio Vo|
b
= VDD +VTH2. Nel punto (c) VDS1 = Vo = VDSsat1 = Vi Vto1. Cio Vo|
c
= Vi Vto1. Il
tratto(b)-(c), nel quale entrambi i transistors sono in saturazione delimitato da Vo|
c
= Vi Vto1 < Vo < VDD
+VTH2 = Vo|. E la caratteristica di trasferimento la [12.2-31]. Nel tratto (c)-(d) M1 va in zona lineare
mentre M2 in saturazione e la caratteristica di trasferimento la [12.2-34]. Nel tratto (a)-(b) M1 in sa-
turazione mentre M2 in zona lineare e vale la [12.2-35]. Il punto (e) corrisponde a Vo = VDD/2. La ten-
sione Vi, in corrispondenza, data dalla [12.2-31]. Allora luscita va a VDD/2 per
.
2
V
V 2 V 2 + V
2 V V
2 V V
V
V
V V
DD
p p 2 to2
DD A1
DD A2
2 A
1 A
1
2
to1
2 / V
i
DD
1
1
]
1

,
_

+
+
+

+ [12.2-39]
Ora vediamo le implicazioni dinamiche delluso dei due transistors. Nel 11.4
calcolato il valore della resistenza dinamica equivalente offerta dai due diodi quando presente leffetto
body. Non era possibile perch nel considerare il MOS come un bipolo, soltanto due suoi terminali sono
da prendere in considerazione, il source ed il drain. La presenza del bulk costituisce un terminale non
riferito agli altri due. Invece, come vedremo adesso, utilizzando il diodo MOS come carico
dellamplificatore il terminale di bulk riferito agli altri due e quindi possibile studiarne leffetto.
Cominciamo a studiare lamplificatore con carico enhancement della Fig.12.2-12a. In Fig.12.1.15a
mostrato il circuito equivalente. Dal momento che vgs2 = vbs2 = -vo esso si pu ridisegnare come nella
parte (b). Si tenuto conto della relazione [8.3-41], cio gmb = hgm. Allora
VDS (V)
Enhancement
Depletion
0 1 2 3 4 5
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
50
ID ( A)
m
(e)
(a)
(b)
(c)
(d)
V
GS = 910 mV
VGS = 950 mV
V
GS = 970 mV
VGS = 990 mV
VGS = 890 mV
V
GS = 930 mV
V
GS = 870 mV
Vp = 0.37V
V
i
(V)
Vo (V)
Vto1 = 0.87 V
V
to2
= -2 V
(a)
(b)
(c)
VDD
0.85 0.9 0.95
0
0.5
1
1.5
2
2.5
3
g
= .71 V
1/2 3.5
VA1= VA2 = 50V
4
4.5
5
(e)
(d)
1 1.05 1.1
= Vi Vo
- Vt1
= VDD V
o
- V
TH2
F1 =500/3 F2 =5/3
D
vo=3.6
D
vi=55mV

h
=0.3
k1=34
m
A/V
2
k2=9.2
m
A/V
2

(a) Fig.12.2-14 (b)

(a)
D2 2 G2 2 S1 B
gm1 v v i rd1 gm2 v v GS2 gmb2 v v BS
2
rd2
+
-
v v i
+
-
v v o
D1 1 S2
(b)
gm1 v v i rd1||rd2 gm2 v v o h hgm2 v v o2
+
-
v v o
+
-
v v i

Fig.12.2-15
Amplificatori a pi transistor


535
[ ] o 2 m i 1 m 2 d 1 d o ) 1 ( g g r || r v v v + +
cio: [ ] . g ) 1 ( g r || r 1 i 1 m o 2 m 2 d 1 d v v + +
Quindi .
) 1 ( g
1
|| r || r g A
2 m
2 d 1 d 1 m vo
1
]
1

+
[12.2-40]
Normalmente le resistenze differenziali di drain sono molto grandi rispetto linverso della conduttan-
za mutua e perci la precedente si semplifica in
,
1
1
g
g
A
2 m
1 m
vo
+
[12.2-41]
approssimabile come
+


1
1
A
2
1
vo [12.2-42]
Un calcolo pi preciso si ha se si utilizza la [12.2-41]. Si ha:
( )( ) ( ). V V 1 I 2 V V 1 V V
dV
dI
=
dV
dI
= g A o D 1 A o TH1 GS1 1
i
D1
GS1
D1
m1 + +
( ) .
V
V V V
I 2
V
V V
1 V V
dV
dI
= g
A
o DD 2 A
D 2
A
o DD
TH2 GS2 2
GS2
D2
m2
+

,
_


+
Allora:
( )
.
1
1
V V V
V V
1
1
.
V
V V V
I 2
V V 1 I 2
1
1
g
g
A
o DD A
DD A
2
1
A
o DD 2 A
D 2
A o D 1
2 m
1 m
vo
+ +
+


+
+

[12.2-43]
Se le tensioni di Early sono grandi questultima espressio-
ne si riduce alla [12.2-42].
Ora studiamo lamplificatore con carico enhance-
ment della Fig.12.2-12b. In Fig.12.1.16a mostrato il
circuito equivalente. Poich vgs2 = 0 e vbs2 = -vo esso si
pu semplificare come in (b). Procedendo come nel caso
precedente
[ ] o 2 m 1 m 2 d 1 d o g i g r || r v v v + ossia
[ ] . g g r || r 1 i 1 m o 2 m 2 d 1 d v v +
Cio .
g
1
|| r || r g A
2 m
2 d 1 d 1 m vo
1
]
1

[12.2-44]
Se, come gi detto, le resistenze differenziali di drain sono
molto grandi rispetto linverso della conduttanza mutua, la precedente si pu semplificare in
A
g
g
vo
m
m

1
2
1
h
. [12.2-45]
approssimabile come


1
A
2
1
vo [12.2-46]
Si pu ricavare lamplificazione in modo pi preciso. Si ha:
( )( ) ( ), V V 1 I 2 V V 1 V Vi
dV
dI
=
dV
dI
= g 1 A o D 1 1 A o to1 1
i
D1
GS1
D1
m1 + +
e ( ) .
V
V V V
I 2
V
V V
1 V
dV
dI
= g
2 A
o DD 2 A
2 D 2
2 A
o DD
TH2 2
GS2
D2
m2
+

,
_


+
Allora:
(a)
D2 2 S1 B
gm1
v v
i rd1 gm2
v v
GS2
gmb2
v v
BS2
2
rd2
+
-
v v
i
+
-
v v
o
(b)
gm1
v v
i
rd1||rd2h h
gm2
v v
o2
+
-
v v
o
+
-
v v
i
D1 1 S2 2 G2

Fig.12.2-16
Amplificatori a pi transistor


536
( )
.
1
V V V
V V
1
1
V
V V V
I 2
V V 1 I 2
1
g
g
A
o DD 2 A
DD 1 A
2
1
2 A
o DD 2 A
D 2
1 A o D 1
2 m
1 m
vo

+
+


+ +

[12.2-47]
che se le tensioni di Early sono alte rispetto lalimentazione diventa la [12.2-46].
Confrontando la [12.2-41] e la [12.2-49] si vede che il rapporto fra lamplificazione del secondo
caso rispetto a quella del primo 1 + 1/h. Dal momento che h dellordine di 0.20.3, questo rapporto
46. Si vede dunque che questultima soluzione, dal punto di vista del guadagno senzaltro migliore.
A questo punto necessario confrontare il
comportamento dei tre sistemi studiati per i carichi attivi
dei MOS. A tale scopo abbiamo ripreso i risultati otte-
nuti nei tre casi in condizioni simili. La Fig.12.2-17 ri-
propone le transcaratteristiche. In tutti gli esempi il tran-
sistor amplificante ha un W/L = 500/3 e quello di cari-
co ha W/L = 5/3. E evidente che il caso del CMOS
quello che fornisce una amplificazione maggiore anche
se la dinamica limitata. Invece il carico enhancement
dei MOS dello stesso tipo da la peggiore amplificazio-
ne. Mentre poi la tensione dingresso attorno a cui si ha
il comportamento dinamico lineare nel caso dei MOS
dello stesso tipo attorno alla tensione di soglia del
MOS amplificante, nel caso del CMOS questo avviene
per una tensione che circa la somma dei moduli delle
due tensioni di soglia. Per essere pi precisi sono state calcolate le amplificazioni nei tre casi:
CMOS: [12.2-22] . 732
3 5
3 5
3 500 10 8 . 25 2
10
25

F
F
F 2k'
I
V
= A
6
5
2
3
1 n
R
Aef
0 V


Carico enhancement: [12.2-42]
+

8 . 14
3 . 0 1
1
3 / 5 2 . 9
3 / 500 34
1
1
A
2
1
vo
Carico depletion: [12.2-47]

1 . 64
3 . 0
1
3 / 5 2 . 9
3 / 500 34 1
A
2
1
vo
12.2.4 Inverter MOS
Un inverter un amplificatore utilizzato nelle applicazioni digitali e che ha una alta (HI) o grande ten-
sione duscita quando il segnale dingresso basso (LOW) e viceversa. Esso costituisce il blocco fonda-
mentale per la costruzione di tutte le porte logiche. Un parametro particolarmente importante la tensione
che produce la commutazione fra i due stati. In modo molto grossolano essa pu essere considerata come
quella tensione che fa si che la tensione duscita la met di quella dalimentazione. Tratteremo qui molto
succintamente alcuni casi che riguardano gli inverter realizzati con i MOS.
CMOS
Abbiamo gi determinato la tensione dingresso che da in uscita VDD/2 con la [12.2-19]. Se i due
transistor hanno tensioni di Early abbastanza simili e sufficientemente grandi essa si riduce a
.
I
F
F
2 V V V
n
R
3
2
ton
) e (
i
2 / V
i
DD

+ [12.2-48]
Carico
Enhancement
Carico
Depletion
CMOS
= - 732 Av0
V
i
(V)
Vo (V)
0.85 0.9 0.95 1 1.05 1.1
0
0.5
1
1.5
2
2.5
3
3.5
4
4.5
5
= - 64.1 Av0
= - 14.8 Av0

Fig.12.2-17
Amplificatori a pi transistor


537
Pu essere particolarmente importante che la tensione che produce la commutazione sia la stessa in ingres-
so ed in uscita. Fissati i parametri tecnologici, una opportuna scelta delle dimensioni dei transistors e della
corrente di riferimento ci pu dare questo risultato. Quindi, per . V V DD/2
2 / V
i
DD
la precedente porta a

( )
.
I 2
V 2 V
F
F
R
n
2
ton DD
3
2
[12.2-49]
e se si sostituisce questa relazione nella [12.2-23] si ha da lamplificazione
.
V 2 V
V
- = A
ton DD
A
0 V

[12.2-50]
Transistor enanchement con carico attivo enhanchement
Eseguiamo la stessa operazione in questo caso. La tensione dingresso che da in uscita VDD/2
data dalla [12.2-38] che se i due transistor hanno tensioni di Early abbastanza simili e sufficientemente
grandi diventa e soglie identiche diventa
( ) [ ]. 2 / V V 2 V 2 + V 2 / V
F
F
V V DD p p to DD
1
2
to
2 / V
i
DD
+ + [12.2-51]
e se si vuole che la tensione di commutazione dingresso sia identica a quella duscita, cio
. V V DD/2
2 / V
i
DD
si ricava che il rapporto fra i fattori di forma dei due transistors deve essere
.
V 2 / V
V 2 - 2 / V V 2
1
F
F
2
to DD
p DD p
2
2
1

,
_

+
[12.2-52]
Allora lamplificazione data dalla [12.2-46] diventa
.
1
1
V 2 / V
V 2 - 2 / V V 2
1 A
to DD
p DD p
2 vo
+
+
[12.2-53]
Transistor enanchement con carico attivo depletion
Questa volta la tensione dingresso che da in uscita VDD/2 data dalla [12.2-39] che con le solite
approssimazioni diventa
( ) [ ]. /2 V V 2 V 2 V V V DD p p to
1
2
to
2 / V
i
DD
+ +

+ [12.2-53]
e se si vuole che la tensione di commutazione dingresso sia identica a quella duscita
.
2
V 2 / V
V ) V 2 - 2 / V V 2 (
F
F
to2 DD
to p DD p
2
1
1
]
1

+
[12.2-54]
e se si sostituisce questa relazione nella [12.2-47] si ottiene lamplificazione
.
1
V 2 / V
V ) V 2 - 2 / V V 2 (
A
to2 DD
to p DD p
vo

+
[12.2-55]
Eseguiamo un confronto con transistor con i seguenti parametri : VAn = VAp = 50V; g =.67V

, h
=0.3, Vp = 0.37V ,Vto = 0.84V,VDD =5V. Calcolando le tre amplificazioni si trova che per il CMOS essa
circa 30, per il carico enhancement diventa circa 0.5 e per il depletion sale a circa 2. Quindi risulta e-
vidente che se si vuole fare un inverter decente si pu fare soltanto un CMOS.




538
12.3. Coppia differenziale e amplificatori differenziali
In questo paragrafo tratteremo delle coppie differenziali, un blocco fondamentale per la realizzazio-
ne di un importantissimo dispositivo e cio lamplificatore operazionale. Questi, nella sua versione min
costituito da coppie di BJT accoppiati di emettitori o da coppie di transistor a effetto di campo accoppiati
di source. Uno dei principali motivi del loro impiego che essi possono essere accoppiati in cascata diret-
tamente senza utilizzare condensatori e dal fatto che le caratteristiche differenziali di ingresso di tali stadi so-
no richiesti in molti tipi di circuiti analogici
[FO], [GM] ,[LS], [MG],[SO], [SS]
, in particolare negli amplificatori opera-
zionali, nei comparatori e nei regolatori di tensione e negli amplificatori a larga banda. Infine anche il loro
uso per i circuiti di commutazione veloci lo rende interessanti per le applicazioni ai circuiti digitali ad alta ve-
locit e cio nella ECL (Emitter Colupled Logic).
12.3.1 Coppia differenziale BJT
Le strutture di transistori bipolari accoppiati di emettitore sono mostrate nella Fig.12.3-1. Fonda-
mentalmente si tratta di un amplificatore a topologia simmetrica. I transistor e i resistori analoghi sono iden-
tici. Poich, in realt, due transistor identici non si hanno mai si tratta di utilizzare due transistor quanto pi
possibili identici o adattati, in inglese matched. Discuteremo pi avanti delleffetto di una loro diversit. La
polarizzazione pu essere realizzata con con generatori di corrente o con semplici resistori, come si vede in
figura. Il carico, ovviamente, oltre che con resistori pu essere realizzato come attivo.
Diamo una semplice spiegazione qualitativa del suo comportamento e ci riferiamo alla configura-
zione di Fig.12.3-1a, anche se per gli altri casi le cose non sono molto diverse. Dobbiamo considerare co-
me ingresso la differenza fra le due tensioni applicate alle basi dei due transistor. Quando esse sono
eguali le correnti che fluiscono nei transistor sono identiche e anche le cadute sulle resistenze di carico lo
sono. Se per uscita si prende la differenza delle tensioni dei collettori si ha che questa uscita nulla.
Per essere pi precisi la corrente nei transistor la met di IEE e la tensione di ogni collettore VCC-
RCIEE/2. Non appena, per i due ingressi sono diversi la corrente non si spacca pi in due parti eguali e
quindi le cadute sulle due resistenze di carico identiche sono diverse, dando luogo ad una differenza fra le
due tensione dei collettori che dipende dalla differenza fra gli ingressi. Entro un certo limite questa differenza
fra la tensione dei collettori proporzionale alla differenza fra quelle delle due basi. Ricordiamo che es-
senziale la simmetria e questo un argomento gi introdotto nel 9.4 e che sar ripreso ed approfondito.

+
-
+
-
+
-
+
-
V o1 V o2
V i1 V i2
IEE
Q1 Q2
RC RC
VCC
IC1 IC2
-VEE
V o1
V
(a)
+
-
+
-
+
-
+
-
V o2
i1
V
i2
I EE
-V EE
Q1 Q2
RC RC
VCC
IC1
IC2
RE
RE
(b)
+
-
+
-
+
-
+
-
V o1 V o2
V i1 V i2
I EE
-V EE
Q1 Q2
RC RC
VCC
IC1 IC2
REE
(c)
I T

Fig.12.3-1
Amplificatori a pi transistor


539
12.3.1.1 Caratteristica di trasferimento in continua
Dalla maglia costituita dai due generatori di tensione e dalle due giunzioni di base-emettitore si ha:
Vi1 - Vi2 = VBE1 - VBE2 = Vid. [12.3-1]
Nellapprossimazione introdotte nel 7.2.8 le correnti nei collettori dei due transistor identici sono, per la
[7.2-73]
IC1 = IS e
V
BE1
/V
T
e IC2 = IS e
V
BE2
/V
T
[12.3-2]
il cui rapporto IC1/IC2 = IS e
(V
BE1
-V
BE2
)/V
T
= e
Vid/V
T
.

[12.3-3]
Sommando le correnti sugli emettitori dei transistori e ricordando la prima delle [7.1-16] si ha :
IE1 + IE2 = IEE = ( IC1 + IC2)/aF. [12.3-4]
Combinando fra loro le ultime due espressioni troviamo che

T id
EE F
1 C
e 1
V V -
+
I
I

e .
e 1
T id
EE F
2 C
V V
+
I
I


[12.3-5]
A parte un intervallo molto limitato della tensione differenziale dingresso Vid, dellordine di 3+4VT, esse
sono o nulle o pari a FIEE, perch tutta la corrente fluisce in un solo dei transistori. Dalla [12.3-3] si vede
che questo rapporto diventa nullo o illimitato per |Vid| superiori a 3+4VT che fa avvicinare le due correnti
ad FIEE e a zero. Esse sono rappresentate nella parte superiore della Fig.12.3-2.
Le caduta sulle resistenze di carico sono
Vo1 = VCC - IC1RC e Vo2 = VCC IC2RC

[12.3-6]
sulla base delle due correnti pu essere costruita la caratteristica di trasferimento riportata nella parte infe-
riore della figura. Per differenza fra le due precedenti espressioni, dopo un rapido calcolo
Vod = Vo1 Vo2 = RC(IC2 - IC1) = -aFIEE RC tanh(-Vid/2VT). [12.3-7]
Questa funzione riportata nella parte inferiore della
Fig.12.3-2. Anche questa volta, lintervallo in cui la
tensione differenziale duscita cambia limitato a
tensioni Vid, dellordine di 3+4VT. Solo per diffe-
renze Vid inferiore a 2VT il circuito si comporta in
maniera approssimativamente lineare. La massima
escursione duscita, cio la dinamica duscita si ha
quando la corrente va tutta da una parte e quindi
proprio RCIEE.
La coppia di transistori bipolari accoppiati di
emettitore importante sia per il limitato intervallo di
tensioni di ingresso entro cui si comporta linearmen-
te, ed anche per la limitazione senza saturazione di
forme donda analogiche. La coppia differenziale
viene utilizzata diffusamente sia come amplificatore sia come elemento di commutazione. Il funzionamento
come interruttore impiegato nei circuiti digitali,
Lapplicazione in ingresso di |Vid| > 4VT rende una delle correnti FIEE, e laltra praticamente
nulla. E delle tensioni sui collettori una va a VCC, mentre laltra diventa VCC - FIEERC che pu essere resa
piccola con una scelta opportuna di RC. E possibile quindi approssimare luscita del transistor che condu-
ce con un interruttore chiuso e quella dellaltro come un interruttore aperto. Lo stato di questi interruttori si
inverte applicando cambiando segno a Vid sempre per con |Vid| > 4VT. Per il transistor che conduce
non va mai in saturazione e ci sfruttato nei circuiti di commutazione veloci. Ricordiamo quanto detto a
proposito del tempo di immagazzinamento degli interruttori nel 11.5.1.1.


I
c
1
(
m
A
)

-40 -30 -20 -10 0 10 20 30 40
0
0.5
1
-40 -30 -20 -10 0 10 20 30 40
-2
-1
0
1
2
Vid/VT
I
c
2
m
A
)

V
o
d

Vid/VT
IEE=1mA
RC=2KW
IS=1fA aF=0.985V

Fig12.3-2
Amplificatori a pi transistor


540
La seconda osservazione fondamentale che nella intervallo -2VT Vid 2VT le grandezze IC1,
IC2, Vo1, Vo2 e Vod presentano una risposta quasi lineare alle variazioni di Vid. Per questa intervallo di ten-
sioni di ingresso il circuito si comporta come un amplificatore. Un altro aspetto notevole della coppia diffe-
renziale che viene sfruttata negli amplificatori differenziali essa che permette di accoppiare direttamente
stadi differenziali in cascata senza introdurre offset. Infatti, quando Vid zero lo anche Vod.
Sviluppando la [12.3-7] in serie di potenze in questo intervallo, ed arrestandoci alla prima potenza
si trova lespressione Vod -aFIEERCVid/2VT. Chiamiamo IC0 la corrente in ogni transistor per Vid = 0.
Essa aFIEE/2. Alllora la precedente si scrive Vod -IC0RCVid/VT. Da cui si pu ricavare
Vod/Vid -IC0RC/VT = -gmRC

[12.3-8]
Valida soltanto in questo intervallo. gm la trasconduttanza di entrambi i transistor per Vid = 0.
Lespressione che ha laspetto di una amplificazione ha lo stesso valore di quello di un EC.
La dinamica duscita, cio la massima Vod
che si pu ottenere si ha quando la corrente va tutta
da una parte. In tal caso su una delle RC non si ha
caduta di potenziale mentre sullaltra la caduta
aFIEERC. Quindi la massima escursione dipende
praticamente soltanto dalla resistenza di carico e
dalla corrente IEE. Per quanto riguarda la dinamica
dingresso e cio la massima escursione dingresso
per stare in zona lineare, essa, per quanto gi detto
e circa !2VT.
Questa dinamica pu essere aumentata in-
troducendo, su entrambe gli emettitori una resisten-
za RE. La, presenza delle due resistenze identiche
agli emettitori modifica la [12.3-1] in
Vid = Vi1 - Vi2 = VBE1 - VBE2 -RE(IE1 - IE2))). [12.3-9]
Valgono sempre le [12.3-2]: IC1 = IS e
V
BE1
/V
T
e IC2 = IS e
V
BE2
/V
T
e la [12.3-2] IE1 + IE2 = IEE = ( IC1 + IC2)/aF,
per il loro rapporto diventa IC1/IC2 = IS e
(V
BE1
-V
BE2
)/V
T
= e
[Vid+R
E
(I
E1
-I
E2
)]/V
T
. [12.3-10]
Allora non possibile calcolare direttamente le correnti nei transistor per ottenere relazioni analitiche del
tipo [12.3-5]. Tuttavia, sostituendo IC1 =aFIEE - IC2 nella precedente si ricava una relazione inversa
Vid = VTln(aFIEE/IC2 -1)) + RE(IEE -2I2/aF); [12.3-11]
Che possibile rappresentare, come stato fatto nella Fig.12.3-3. Nella figura superiore mostrato ci
che avviene in due casi e cio per REIEE = 10 e 20 VT. Nella stessa figura, per confronto si vede ci che
avviene quando le resistenze non sono presenti. Laumento di dinamica proprio REIEE. Infatti, dalla
[12.3-10] si vede che il rapporto IC1/IC2 diventa nullo o illimitato per |Vid|+REEIE]/VT | superiore a 3+4VT
che fa approssimare le due correnti ad FIEE e a zero. Dal momento che per quanto riguarda le tensioni sul
collettore valgono sempre le [12.3-6], e che la corrente che si suddivide fra i due transistor sempre IEE,
allora la dinamica duscita sempre la stessa, come nel caso precedente. La massima escursione duscita,
cio la dinamica duscita , si ha quando la corrente va tutta da una parte e quindi proprio RCIEE.

Il terso caso interessante quello della Fig.12.3.1a. Questa volta la resistenza REE unica e con-
nessa ad entrambi gli emettitori. Una importante considerazione va immediatamente fatta. Nei due casi pre-
cedenti la corrente agli emettitori costante ed indipendente dalle tensioni alle due basi. Cambia soltanto la
loro ripartizione fra i due transistor che, a sua volta dipende solo dalla differenza fra le due tensioni di base
e non dal loro valore in assoluto. Questa volta si intuisce che in qualche modo almeno un emettitore di un

I
c
1
(
m
A
)

-40 -30 -20 -10 0 10 20 30 40
0
0.5
1
-40 -30 -20 -10 0 10 20 30 40
-2
-1
0
1
2
Vid/VT
I
c
2
m
A
)

V
o
d

Vid/VT
IEERE=0
IEERE=10VT
IEERE=20VT
IEERE=0
IEERE=10VT
IEERE=20VT
IEE=1mA
RC=2K
IS=1fA
F=0.985V

Fig12.3-3
Amplificatori a pi transistor


541
transistor che conduce non pu essere indipendente dalla tensione sulla sua base, dal momento che poche
centinai di millivolt bastano per fare condurre il transistor. In altri termini vedremo che il comportamento del
circuito, oltre che dipendere dalla differenza fra le due tensioni di base dipende anche dal loro baricentro.
Analizzando il circuito della Fig.12.3-1c possiamo scrivere
VBE1 = Vi1 + VEE - REE(IT - IEE); [12.3-12]
VBE2 = Vi2 + VEE - REE(IT - IEE). [12.3-13]
IT la corrente complessiva dei due emettitori. Sommando membro a membro
VBE2 + VBE2 = Vi1 + Vi2 + 2VEE - 2REE(IT - IEE).
Poniamo Vic = (Vi1 + Vi2)/2 [12.3-14]
il baricentro delle tensioni dingresso. Vic viene anche chiamata tensione dingresso modo comune. Si ha
(VBE2 + VBE2)/2 = Vic + VEE - REE(IT - IEE).
Quindi IT = IEE + [Vic + VEE - (VBE2 + VBE2)/2]REE, [12.3-15]
e IE1 + IE2 = IT - IEE = [Vic + VEE -(VBE2 + VBE2)/2]REE = (IC1 + IC2 )aF.
Allora IC1 + IC2 = [Vic + VEE - (VBE2 + VBE2)/2]/aFEEE. [12.3-16]
Se, invece, si esegue la differenza, termine a termine fra le [12.3-12] e [12.3-13] si ricava
VBE1 VBE2 = Vi1 -. Vi2 = Vid [12.3-17]
Valgono sempre le [12.3-2]: IC1 = IS e
V
BE1
/V
T
e IC2 = IS e
V
BE2
/V
T
e la [12.3-2] e il loro rapporto, tenendo in
conto lultima espressione, produce la [12.3-3] ancora una volta, come nel caso di assenza di qualunque
REE. Cio
IC1/IC2 = IS e
(V
BE1
-V
BE2
)/V
T
= e
Vid/V
T
. [12.3-3]

Pertanto la dinamica sar sempre la stessa di quando non si mette alcuna REE e cio di 3+4VT.
Per la somma delle due correnti costante nde dal baricentro Vic delle tensioni
dingresso. Fissato questultimo la loro somma varia come la [12.3-16]. Se supponiamo che entrambi i
transistor conducono, a parte piccole differenze, le tensioni base-emettitore non differiscono molto da Vs
ed allora la [12.3-16] si approssima come
IC1 + IC2 (Vic + VEE - Vs)/aFRE [12.3-18]
Quindi, fissata la tensione dingresso modo comune la somma delle correnti si mantiene costante ed
il rapporto varia come la [12.3-17]. Tutto questo mostrato nella parte superiore della Fig.12.3-4. dove
sono riportati due casi relativi a due differenti valori di Vic. Aumentando questa aumentano le correnti di
collettore. E poich le tensioni del collettore sono sempre date dalle [12.3-6] si ha che allaumentare della
Vic cresce anche la Vid. La cosa osservata nella parte inferiore della stessa figura. Nellesempio il genera-

-10 -5 0 5 10
0
1
2
3
4
-10 -5 0 5 10
-10
-5
0
5
10
Ic1(mA)
V
o
d
Vid/VT
IEE=0 IS=1fA
aF=0.985
Vid/VT
Ic2(mA)
IEE=0
REE=2kW
RC=2KW
VC=0
VC=0
VC=3V
VC=3V
-10 -5 0 5 10
-10
-5
0
5
10
V
o
d
Vid/VT
IEE=1mA IS=1fA
aF=0.985
IEE=0
REE=2kW
RC=2KW
VC=0V
VC=3V
-10 -5 0 5 10
0
Ic1(mA)
Vid/VT
Ic2(mA)
VC=0
VC=3V
2
4
6
VCC= VEE=5V
VCC= VEE=5V

Fig.12.3-4 Fig.12.3-5
Amplificatori a pi transistor


542
tore di corrente IEE non inserito.
La Fig.12.3-5 mostra quello che avviene se si inserisce anche un generatore di corrente IEE. Dal
momento che cresce la corrente complessiva nei due transistor anche ognuna delle due correnti ha un valo-
re pi alto e quindi anche la tensione duscita aumenta.
12.3.2 Analisi per piccoli segnali
Lo studio dellamplificatore differenziale
viene condotto in modo efficace e rapido se si a-
dotta una tecnica detta del mezzo circuito. Que-
sta tecnica applicabile alle reti lineari simmetri-
che, quindi allamplificatore in questione alle basse
frequenza per piccoli segnali.
Per illustrare la tecnica usiamo la figura
accanto. Una rete perfettamente simmetrica ec-
citata da due differenti segnali dingresso vi1 e vi2
in due punti perfettamente simmetrici, come, ad es., le basi delle coppie differenziali BJT della Fig.12.4.1.
In analogia a quanto detto nel paragrafo precedente introduciamo la tensione dingresso comune
vic = (vi1 + vi2)/2, [12.3-19]
e la tensione dingresso differenziale.
vid = vi1 - vi2. [12.3-20]
abbastanza semplice invertire le espressioni precedenti e ricavare:
vi1 = vic + vid/2; [12.3-21]
vi1 = vic - vid/2. [12.3-22]
Questo significa che la rete della Fig.12.3-6a si pu rappresentare con tre generatori dingresso, uno co-
mune vic e due differenziali vid/2 e -vid/2, come mostrato nella Fig.12.3-6b.
La rete perfetta-
mente simmetrica pu es-
sere considerata come
composta da due parti
esattamente eguali con i
due ingressi vi1 e vi2. Pe-
r, essendo la rete lineare, possiamo immaginare di applicare una volta il generatore vic in modo da ottene-
re la Fig.12.3-7a e poi i due generatori vid/2 e -vid/2 e si ha la Fig.12.3-7b. Nelle figura anche mostrato
un generico nodo P comune alle due parti della rete. Applicando soltanto il segnale comune, per la simme-
tria della rete, la tensione vP assumer un valore dipendente da vic ma la corrente che attraversa la connes-
sione fra le due mezze reti non cambia. Analogamente se applichiamo le due tensioni eguali ed opposte, per
la simmetria della rete la corrente di cui prima dipende proprio da questa differenza, per la tensione del
nodo P non varia. Il che significa che, quando si applica il segnale comune, se studiamo segnali e cio va-
riazioni, la variazione di corrente fra le due parti analoghe delle due mezze reti nulla e quindi si possono
sconnettere le due parti di reti simmetriche, dato che
fra di loro non scorre corrente ed immaginare aperta
la connessione. In modo duale, quando si applicano i
due segnali differenziali non c variazione della ten-
sione di ognuno dei punti analoghi delle due reti, o
che lo stesso la loro variazione nulla ed i punti a-

vi1 vi2
rete lineare
simmetrica
R
(a)
i i2
i i1
vid/2
vic
-vid/2
R
(b)
i
i
c

+
i
i
d

2i i c
i
i
c

+
i
i
d


Fig.12.3-6

vic
i P=0
R/ 2
(a)
vAP=0
R/ 2
(b)
vid/2

Fig.12.3-8

vic vic
i P=0
R/ 2
(a)
R/ 2
vid/2
vAP=0
R/ 2 R/ 2
(b)
-vid/2

Fig.12.3-7
Amplificatori a pi transistor


543
naloghi posso essere cortocircuitati a massa. Tutto ci sintetizzato nella Fig.12.3-8.
Definiamo la tensione duscita comune
voc = (vo1 + vo2)/2 [12.3-23]
e la tensione duscita differenziale
vod = vo1 - vo2. [12.3-24]
E le due tensioni duscita possono essere espresse, anchesse in funzione delle tensioni duscita comune e
differenziale:
vo1 = voc + vod/2; [12.3-25]
vo2 = voc - vod/2. [12.3-26]
A questo punto non ci resta che definire le due amplificazioni modo differenziale
, A
id
od
vd
v
v
[12.3-27]
e modo comune
, A
ic
oc
vc
v
v
[12.3-28]
e le due uscite possono essere calcolate utilizzando queste due amplificazioni come:


.
2
A A
2
2
A A
2
id
vd ic vc
od
oc 2 o
id
vd ic vc
od
oc 1 o

'


+ +
v
v
v
v v
v
v
v
v v
[12.3-29]
Studiamo le propriet del circuito della Fig.12.3-1c e cio dellamplificatore differenziale con resi-
stenza unica demettitore. Il suo circuito equivalente a tre parametri riportato in Fig.12.3-9a. Per applica-
re quanto a proposito del mezzo circuito bisogna simmetrizzare lo schema e questo pu essere fatto inse-
rendo, invece che una unica resistenza REE due resistenze 2REE fra di loro in parallelo. In tal modo il circui-
to equivalente non muta, per la sim-
metria evidenziata. A questo punto
semplice arrivare ai risultati. Il punto P
che ci interesse il nodo degli emetti-
tori. Per il segnale di modo comune il
mezzo circuito si ottiene semplicemen-
te eliminando la connessioni fra i due
emettitori fra i quali non scorre corren-
te. Si ottiene la Fig.12.3-10a. Per
quello di modo differenziale, invece il

r
b
e

vo1
vi1
v
b
e
1

RC
g
m
v
b
e
1

+
-
+
-
vo2
vi2
REE
RC
g
m
v
b
e
2

r
b
e

+
-
+
-
v
b
e
2

r
c
e

r
c
e

(a)
r
b
e

vo1
vi1
v
b
e
1

RC
g
m
v
b
e
1

+
-
+
-
vo2
vi2
2REE
RC
g
m
v
b
e
2

r
b
e

+
-
+
-
v
b
e
2

r
c
e

r
c
e

2REE
(b)
P
B1
E1
B2
E2
C1
C2 B1
E1
B2
E2
C1 C2

Fig.12.3-9

(a)
r
b
e

voc
vic
v
b
e
c

RC
g
m
v
b
e
c

+
-
+
-
r
c
e

2REE
P
B
E
C
(b)
r
b
e

vid/2
v
b
e
d

RC
g
m
v
b
e
d

+
-
+
-
r
c
e

P
B
E
C
vod/2

Fig.12.3-10
Amplificatori a pi transistor


544
nodo P va messo a massa ed il mezzo circuito diventa quelli della Fig.12.3-10b.
A questo punto basta osservare che il mezzo circuito per il calcolo dellamplificazione differenziale
non altro che lamplificatore con doppio carico con entrata di base e uscita di collettore e si pu diretta-
mente prendere la sua espressione dalla [10.1-100], per tenendo presente che la resistenza demettitore
2REE e non RE. Allora

( ) ( ) EE m ce C
EE C
EE f be ce C
EE C
c v
R 2 g r R 1 1
R 2 R
R 2 r r R 1 1
R 2 R
A
+ +

+ +

o anche .
r R
r
R 2 g 1
R g
r R
r
R 2 g 1
r || R g
A
ce C
ce
EE m
L m
ce C
ce
EE m
ce C m
vc
+
+
+
+
-
=
-
= [12.3-30]
che se 2gmREE >> 1+RC/rce si approssima in
Avc -RC/2REE. [12.3-31]
Invece il circuito per il calcolo dellamplificazione modo differenziale ha la stessa configurazione di un CE
ed allora la sua amplificazione data dalla [10.1-11]che riscriviamo
L m ce C m vd R g r || R g A - = - = [12.3-32]
essa dipende, oltre che dal carico, anche da gm, e cio dal punto di lavoro e da sue eventuali derive termi-
che.
Lamplificatore differenziale, lo dice il nome, fatto per amplificare differenze e non somme. Per-
tanto il fatto che esso abbia anche una amplificazione modo comune non una
quanto meno lamplificazione modo comune rispetto a quella modo differenziale tanto meglio
lamplificatore sar. Pertanto viene definito un coefficiente detto rapporto di reiezione di modo comune
CMRR della definizione inglese Common Mode Rejection Ratio, che il rapporto fra luscite che si otter-
rebbero applicando un segnale differenziale od uno di modo comune identici. O che lo stesso
.
A
A
CMRR
Vc
Vd
[12.3-33]
Spesso viene definito in dB e cio .
A
A
Log 20 CMRR
Vc
Vd
[12.3-34]
Se applichiamo la definizione [12.3-33] allamplificatore di Fig.12.3-1c per le quali sono valide le
[12.3-30] e [12.3-32] si ha:

ce C
ce
EE m
ce C
ce
EE m
L m
L m
Vc
Vd
r R
r
R 2 g 1
r R
r
R 2 g 1
R g
) R g
A
A
CMRR
+
+
+
+

-
(- [12.3-35]
che, nelle ipotesi semplificative proposte per il circuito precedente, si approssima
CMRR = 1+gm2 RE gm2 RE [12.3-36]
che si poteva ricavare pi rapidamente dal rapporto fra le [12.3-32] [12.3-31].
Aumentando la resistenza RE migliora il CMRR. Anche linserimento di IEE, polarizzando i transi-
stor a corrente pi elevate aumenta gm e quindi il CMRR. A questo punto riesce facile immaginare di rea-
lizzare il sistema di polarizzazione composto da REE e da IEE come un generatore di corrente con resistenza
differenziale alta e quindi con uno specchio, ma di ci parleremo pi avanti.
Vediamo quale linfluenza della resistenza RE posta su ognuno degli emettitori. Aggiungiamola al
circuito di Fig.12.3-1c. Si ottiene un amplificatore differenziale che ha sia le resistenze RE sui singoli emetti-
tori che una resistenza REE comune ad entrambi. Lo schema in Fig.12.3-11a ed il circuito equivalente si
ottiene facilmente da quello della Fig.12.3-9b, semplicemente inserendo le due resistenze in questione. Si
ottiene, allora, Fig.12.3-11b. Ancora una volta lanalisi si realizza con il metodo del mezzo circuito. Il risul-
Amplificatori a pi transistor


545
tati sono mostrati nella Fig.12.3-12. Per il calcolo dellamplificazione modo comune laggiunta della resi-
stenza RE modifica le [12.3-30] e [12.3-31] in modo banale. Basta, infatti sosituire a 2REE, 2REE+RE. Al-
lora
.
r R
r
) R R 2 ( g 1
R g
A
ce C
ce
E EE m
L m
vc
+
+ +
-
= [12.3-37]
che se gm(2REE+RE) >> 1+RC/rce si approssima in
Avc -RC/(2REE+RE ). [12.3-38]
Per il calcolo di Avd si aggiunge una resistenza RE in serie allemettitore, come mostrato in Fig.12.3-1b. Si
tratta ancora di una struttura come lamplificatore a doppio carico con uscita demettitore. Bisogna ripren-
dere la [10.1-100]. Allora
( )
,
R g r R 1 1
R R
A
E m ce C
E C
d v
+ +

o anche .
r R
r
R g 1
R g
r R
r
R g 1
r || R g
A
ce C
ce
E m
L m
ce C
ce
E m
ce C m
vd
+
+
+
+
-
=
-
= [12.3-39]
che se si fa lipotesi: gmRE >> 1+RC/rce si approssima in
Avd = -RC/RE [12.3-40]
indipendente dal punto di lavoro.
Se si confronta con lamplificazione modo differenziale senza le resistenze demettitore e cio con la
[12.3-32] si vede leffetto delle RE di abbassare entrambe le amplificazioni. In particolare quella differen-
ziale diminuisce del fattore
.
r R
r
R 2 g 1
ce C
ce
EE m
+
+ [12.3-41]
La cosa ovvia per quanto detto a proposito del fatto che le resistenze RE sono state aggiunte per aumen-
tare la dinamica dingresso e quindi si diminuisce lamplificazione.
Il CMRR si determina eseguendo il rapporto fra le [12.3-39] e [12.3-37]:

V
o1

V
+
-
+
-
+
-
V
o2

i1
V i2
Q1 Q
2
RC RC
VCC
IC1
I
C2
RE
R
E
(a)
+
-
I EE
-V
EE
R
EE
R
E

r
b
e

v
o1

vi1
v
b
e
1

R
C

g
m
v
b
e
1

+
-
+
-
r
c
e

2
R
E
E

P
vo2
vi2
RC
g
m
v
b
e
2

r
b
e

+
-
+
-
v
b
e
2

r
c
e

R
E

2
R
E
E

B2
E2
C2 B1
E1
C1
Fig.12.3-11
(b)
R
E

r
b
e

vo1

vod/2
v
b
e

RC
g
m
v
b
e

+
-
+
-
r
c
e

2R
EE

(a)
B
E
C
2R
EE

P
(b)
r
b
e

v
oc
vic
v
b
e

RC
g
m
v
b
i
c

+
-
+
-
r
c
e

B
E
C
RE
P
Fig.12.3-12
vid/2

Amplificatori a pi transistor


546
.
r R
r
R g 1
r R
r
R 2 g
1
r
R
1 R g
r
R
1 ) R R 2 ( g
r R
r
) R R 2 ( g 1
R g
r R
r
R g 1
R g
CMRR
ce C
ce
E m
ce C
ce
E m
ce
C
E m
ce
C
E EE m
ce C
ce
E EE m
L m
ce C
ce
E m
L m
+
+
+
+
+ +
+ + +

+
+ +
+
+

-
-
[12.3-42]
Se si confronta il risultato con la [12.3-35] si osserva che esso inferiore al caso precedente Concludendo:
per aumentare la dinamica si peggiora lamplificazione differenziale ed il CMRR. In compenso una scelta
oculata di gmRE rende lamplificazione indipendente dal punto di lavoro e dalle sue derive.
Altri importanti parametri degli amplificatori differenziali sono le impedenze dingresso e duscita.
possibile definirle sia modo differenziale che modo comune. Nella trattazione che segue lavoreremo sulla
versione della Fig.12.3-11a che, essendo quella che prevede luso sia delle resistenze RE sui singoli emetti-
tori che della REE comune ad entrambi, consente di trattare in una volta sola tutti i casi possibili. Ovviamen-
te ci rifaremo alla Fig.12.3-12 per lanalisi.
Cominciamo al parlare delle resistenze dingresso. Riferiamoci
alla Fig.12.3-6 che riportiamo accanto per illustrare le convenzioni che
adottiamo. Si ha:
.
id ic 2 i
id ic 1 i

'


+
i i i
i i i
[12.3-43]
Definiamo limpedenza dingresso modo comune il rapporto fra
la tensione dingresso modo comune vic e la corrente i ic che provenendo
dal generatore vic entra in ciascun ingresso. Cio
Zic = vic/i ic. [12.3-44]
Ovviamente il generatore vic eroga una corrente 2i ic.
Analogamente il rapporto fra la tensione del generatore differenziale vid corrente la corrente i id
che entra in ognuno dei due terminali dingresso e limpedenza dingresso modo differenziale
Zid = vid/i id. [12.3-45]
E le due correnti dingresso possono essere espresse, in funzione delle tensioni dingresso comune e diffe-
renziale e delle due impedenze cos definite:
.
Z
2
Z
Z
2
Z
id
id
ic
ic
id ic 2 i
id
id
ic
ic
id ic 1 i

'


+ +
v v
i i i
v v
i i i
[12.3-46]
Applichiamo an-
cora il metodo del mez-
zo circuito ridisegnando
la Fig.12.3-12 sotto.
Per il calcolo delle im-
pedenze dingresso si
osserva che per entram-
be la configurazione quella di un amplificatore a doppio carico. La differenza sta soltanto nellaggiunta alla
resistenza RE relativa allingresso modo comune, della resistenza 2REE per il caso del modo differenziale.
Limpedenza dingresso stata calcolata nel 10.1.2 ed lespressione [10.1-96]. Allora

vid/2
vic
-vid/2
R
(b)
i
i
c

+
i
i
d

2i i c
i
i
c

+
i
i
d

i i1 i i2

Fig.12.3-13

RE
r
b
e

vo1
v
b
e

RC
g
m
v
b
e

+
-
+
-
r
c
e

2REE P
(a)
B
E
C
2REE P
vid/2
i ic
(b)
r
b
e

voc
vic
v
b
i
c

RC
g
m
v
b
e

+
-
+
-
r
c
e

B
E
C
RE P
i id

Fig.12.3-14
Amplificatori a pi transistor


547

( )
,
r R 2 R R 1
) R 2 R (
r Z
ce EE E C
EE E f
be
ic + + +
+
+ ic
ic
i
v

cio
( )
.
r R 2 R R 1
) R 2 R (
r Z
ce EE E C
EE E f
be c
+ + +
+
+ i [12.3-47]
Questo significa che da ognuno degli ingressi entra una corrente vic/Zic. Per la tensione differenziale, mezzo
circuito di Fig.12.3-14b:
( )
.
r R R 1
R
r
2
Z /2
ce E C
E f
be
d
id
d
+ +

+
i i
i
v

cio
( )
.
r R R 1
R 2
r 2 Z
ce E C
E f
be d
+ +

+ i [12.3-48]
Riprendendo la Fig.12.3-6 questo significa che, dal punto di vista
dellingresso il differenziale si comporta come mostrato nella figura ac-
canto.
Se non ci sono le resistenze sugli emettitori (RE = 0) dalle pre-
cedenti si ricava
Cio
( )
.
r R 2 R 1
R 2
r Z
ce EE C
EE f
be c
+ +

+ i [12.3-49]
E . r 2 Z be d i [12.3-50]
Commento
Mentre se limpedenza REE infinita, cio non c:
. r r Z ce f be c + i [12.3-51]
Mentre la Zic e sempre la [12.3-48].
La stessa osservazione e considerazioni riguardo la configurazione che
quella di un amplificatore a doppio carico permette il calcolo rapido delle impedenze
duscita. Ricordiamo che un possibile circuito equivalente duscita quello della figu-
ra a lato nella quale il generatore dipendente kmvG deve anche essere calcolata. Essa
stata calcolata nel 10.1.2 ed lespressione [10.1-102]. Naturalmente essa deve
essere opportunamente arrangiata. Allora per il segnale di modo comune

( )
), R 2 R ( || ) r R (
r r R 2 R R 1
) R 2 R (
1 r Z EE E be G
ce be EE E G
EE E f
ce oc
RC
c
+ + +
1
]
1

+ + + +
+
+
i
vo
[12.3-52]
mentre per il differenziale

( )
. R || ) r R (
r r R R 1
R
1 r
2
Z /2
E be G
ce be E G
E f
ce
od
RC
d
+ +
1
]
1

+ + +

+
i
vo
[12.3-53]
RG la resistenza dei due generatori vi1 e vi2.
Se non ci sono le resistenze sugli emettitori

( )
, R 2 || ) r R (
r r R 2 R 1
R 2
1 r Z EE be G
ce be EE G
EE f
ce oc + +
1
]
1

+ + +

+ [12.3-54]
E . r 2 Z ce od [12.3-55]
Mentre se limpedenza REE infinita, cio non c o anche molto maggiore di (RG+rbe)/2:
. ce f be G f ce oc r r R ) 1 ( r Z + + + [12.3-56]
Mentre la Zod e sempre la [12.3-53].

Zic
Z
i
d

vic
Zic
vid/2
vic
R
2i i c
ii 1 = i i c +iid
i i2
-vid/2
i i 2 = i i c -i id

Fig.12.3-15

RC
k
m
v
G

Zo vo

Fig.12.3-16
Amplificatori a pi transistor


548
A questo punto i circuito equi-
valenti delle figure precedenti si ag-
giornano come quello della Fig.12.3-
17. In questo circuito ci sono anche i
generatori kmcvGd e kmdvGc.
La f.e.m del generatore dipen-
dente che sta in uscita in un doppio
bipolo in serie alla sua impedenza
duscita pu essere calcolata determi-
nando la tensione a vuoto ripetto la
f.em. del generatore applicato
allingresso, vedi Fig.12.3-16. Cio:


+

C
C C
R
G i
i
G V
R
i V G m
R
o
R Z
Z
A A k v v v v . Da questa


+

C R
G i
i
V m
R Z
Z
A k [12.3-57]
Il valore kmc si determina inserendo nella precedente le e [12.3-37] e[12.3-47] calcolate per RC = . Si
ha:

G be
ce f
G be
be
ce m
R
G ic
ic
Vc mc
R r
r
R r
r
r g
R Z
Z
A k
C
+


- - [12.3-58]
Analogamente kmd si calcola inserendo nella [12.3-57] le e [12.3-39] e[12.3-48] calcolate per RC = . Si
ha:

G be
ce f
G be
be
ce m
R
G id
id
Vd md
R r
r
R 2 r 2
r 2
r g
R Z
Z
A k
C
+


- - [12.3-59]
limpedenza del generatore vGd 2RG perch ognuno dei due generatori vG1 e vg2 hanno eguale impedenza
interna vG. SI noti che il risultato dei due calcoli che kmc e kmd sono eguali.
12.3.2.1 Effetti di asimmetrie
In amplificatore differenziale si vorrebbe che la tensione duscita differenziale fosse nulla se la ten-
sione dingresso differenziale nulla. Ci avviene, come discusso nei paragrafi precedenti, se il sistema
assolutamente simmetrico. Vedremo, invece che la presenza inevitabile di asimmetrie modifica la situazione.
I componenti che possono portare asimmetrie sono sia il transistor che il resistore di carico. Per equilibrare
leffetto delle asimmetrie bisogna sbilanciare lingresso. La tensione da applicare fra le due basi per elimina-
re lo sbilanciamento, come gi introdotto nel 9.4.1 prende il nome di tensione di offset.
Cominciamo a vedere questo valore se i due transistor sono perfettamente identici, ma le resistenze
diverse. In questo caso entrambi i transistor conducono la corrente IC1 = IC2 = IC. Se lo sbilanciamento
DVo|
RC
, per annullarlo bisogna applicare allingresso DVBE|
RC
=Vos|
RC
= DVo|
RC
/|Avd| = (RC1-RC2)IC/gmRC
= DRC/RC IC/gm. Cio
.
R
R
V V
C
C
T
R
os
C

[12.3-60]
Il valore della resistenza RC, non costante, ma a causa dei processi tecnologici, vedi Cap.9, flut-
tua con una distribuzione normale o gaussiana. (Alcune propriet delle distribuzioni gaussiane sono ri-
chiamate in
[KN]
e nel 9.1.2.2.). Allora Vos|
RC
non costante ma la sua varianza s|
RC
legata alla varianza
sR
C
da
. r V
R
V C
C
C
R T
C
R
T
R

[12.3-61]

Zic
Z
i
d

Zic
R
vGc
-vGd/2
-vGd/2
RG
RG
RC
RC
Z
i
c

Zod
-
k
m
d
v
G
d
/
2
k
m
d
v
G
d
/
2

Zod
-
k
m
c
v
G
c

vo1
vo2
vi c + vid/2
vi c - vid/2

Fig.12.3-17
Amplificatori a pi transistor


549
srR
C
la varianza relativa espressa eventualmente in percento. In questo caso loffset non quello dovuta
ad una coppia di due ben precise resistori ma alla varianza delle coppie di due resistori uguali in un certo
processo tecnologico e cio al mismatching, vedi 5.1 e 9.3-7.
Spesso, con una semplificazione gergale, non del tutto corretta queste propriet statistiche, invece
di essere indicate come varianza viene indicata con il nome della variabile. Per cui la precedente si riscrive
come
. r V
R
R
V V C
C
R T
C
C
T
R
os

[12.3-60]
che da la misura statistica delloffset dovuto alle fluttuazione delle resistenze. Per esempio, riprendiamo i
valori di matching date nella Tav.9.3-3 per i resistori integrati: i resistori epitassiali hanno un matching del
5%; per le propriet delle distribuzioni gaussiane questa oscillazione approssimativamente 6s, allora
Vos|
RC
= 25 10/6 mV 41 mV, che la varianza delloffset dovuta al mismatching di due resistori
epitassiali. Bisogna usare resistori pi matched, come, ad esempio quelli realizzati con base diffuse che
danno offset fino a 8 mV oppure bisogna fare resistori laser trimmered per precisioni e offset migliori.
Apriamo un momento una parentesi. Sia y = k ln r con k costante e r rapporto fra due quantit x1
e x2 molto vicine e quindi r molto vicino a 1. Sia x la loro media e Dx la loro differenza. Se si sviluppa in
serie di potenze e ci si arresta al primo termine

x
x
k
2 x x
x
k
2 x x
2 x x
1 k
x
x
1 k ) r 1 ( k y
2
1

,
_

+


,
_

[12.3-61]
Un'altra questione: quando una grandezza y varia con distribuzione gaussiana o normale, dovuta
a pi possibili cause variabili x1, x2, xn tutte indipendenti fra di loro possibile determinare la fluttuazio-
ne risultante. Siano sx1, sx2 .. sxi, le varianze dovute alle variabili x1, x2, xn. La varianza st complessiva

[KN]

.
n
2
i t

[12.3-62]
Applichiamo queste ultime considerazioni per il mismatching dei transistor. Se i due resistori sono
perfettamente identici, ma i due transistor invece no, loffset non quello dovuto ad una coppia di due ben
precisi transistor ma alla varianza delle coppie realizzate con due transitor uguali in un certo processo
tecnologico. Esso dato dalla [9.4-3] che riportiamo
.
N
N
ln
S
S
ln V
N
N
S
S
ln V
I
I
ln V V
B2
B1
1 B
2 B
T
B2
B1
1 B
2 B
T
1 S
2 S
T os
1
]
1

+
q
q
q
q
[9.4-3]
Consideriamo, una alla volta, le cause di sbilanciamento tecnologico. Se, le aree sono perfettamente identi-
che, e, invece sono differenti i depositi di droganti, allora loffset dato dalla ,
N
N
ln V V
B2
B1
T
NB1
os
q
q
q
e per
la [12.3-61], .
N
N
V V
B
B
T
NB1
os
q
q
q

O anche, per quanto detto prima
. r V V
r NB
T
NB1
os
q q
[12.3-63]
Se, invece, i depositi di droganti sono perfettamente identici, e le aree sono differenti, allora loffset dato
dalla ,
S
S
ln V V
1 B
2 B
T
S
os
B
e per [12.3-61], .
S
S
V V
B
B
T
S
os
B

Cio
. r V V
B B S
T
S
os [12.3-64]
Le fluttuazione su SB e su NBq sono del tutto indipendenti fra di loro ed hanno distribuzioni nor-
mali che considerazioni statistiche
[KN]
fanno ritenere gaussiane. Allora possibile determinare il risultato
complessivo di un offset statistico dovuto ai transistor per la [12.3-62] come
Amplificatori a pi transistor


550

2
2
T
n
2
i
tr
os
SB r NB
r r V V +

q
[12.3-65]
Ovviamente anche le fluttuazioni dovute al mismatching dei resistori sono scorrelate con quelle del transistor
e quindi loffset totale :

2 2
2
T
2
2
T os os
RC SB r NB RC tr t
r r r V r r V V V + + +
q
[12.3-66]
Per concludere per cancellare leffetto delloffset
bisogna applicare fra le due basi una tensione di sbilancia-
mento VOS. Oppure se non si applica alcuna tensione di
sbilanciamento e VBE1 = VBE2 e luscita differenziale Vod =
Vo1-Vo2 sar mediamente nulla, ma in effetti potr variare
con una distribuzione gaussiana di varianza AvdVOS. In altri
termini, lo studio di un amplificatore differenziale sbilancia-
to si pu fare come se fosse perfettamente simmetrico,
purch si inserisca fra le due basi un generatore VOS che
da conto dello sbilanciamento che si avr in uscita a causa
del mismatching. Questo generatore mostrato in
Fig.12.3-18. Questa volta nel circuito i componenti sono
considerati effettivamente simmetrici.
Tuttavia c un altro effetto di cui bisogna tenere
conto,dovuto allo sbilanciamento dei guadagni statici di
corrente bF. Siano IC1 = IC2 = IC. Se i guadagni statici fos-
sero identici avremmo anche le correnti di base uguali. Tuttavia il guadagno statico ha una sua dispersione.
Siamo bF1 e bF2 i valori dei due transitor. E bF la media dei due valori e DbF la loro differenza. Con un
procedimento simile al precedente si ricava la differenza fra le due correnti di base IOS. Si ha:
,
) 2 (
I
) 2 )( 2 (
I
2
1
2
1
I
I I
I x I I
2
F
2
F
C F
F F F F
C F
F F F F
C
2 F
2 C
1 F
1 C
2 B 1 B oS

,
_


cio:
. I
I I
I x I I
F
F
B
F
C
F
F
2
F
C F
2 B 1 B oS



[12.3-67]
con gli stessi significati statistici del caso delle tensioni di offset
. r I I
F
B os

[12.3-69]
la Tav.9.3-1 ci da dispersioni di bF dellordine di 50%. Il che significa offset relativi IOS/IB di 100/6
15%. Il che significa che, a meno di curare particolarmente i due transistor della coppia le due correnti pos-
sono differire anche del 15%. Ancora una volta lo studio si pu semplificare immaginando la coppia perfet-
tamente simmetrica ed aggiungendo un generatore di correnti di offset IOS. Cos stato fatto nella
Fig.12.3-18. Il significato di questa fiorente di offset sempre quello di una varianza.
Il problema dellofsett si complica cvon la temperatura. Infatti esso non insensibile alle sue varia-
zioni. Mentre essa non ha alcuna influenza sui depositi di drogantim, agisce allo stesso modo su entrambe le
sezioni dei transistor e sui valori delle resistenze. Lunica cfosa che cambia, allora con la temnpertura
propiro la VT. Allora, derivando la [12.3-66] si ottiene semplicemente:
,
T
V
r r
dT
dV
r r r r V
dT
d
dT
dV T 2
2
T 2
2
2
2
T
os
RC tr RC tr RC tr
+ +
1
]
1

+
cio .
T
V
dT
dV os os
[12.3-69]

+
-
+
-
V o1 V o2
+
-
V
i2
I EE
-V EE
Q1 Q2
RC RC
VCC
IC1 IC2
REE
I T
+
-
V i1
Ios
Vos

Fig.12.3-18
Amplificatori a pi transistor


551
Nellesempio di prima con offset di 41 mV, si ha una deriva dellofset a 27C di 13.7mV/C e se loffset si
riduce a 8 mV allora la sua deriva di 2.7mV/C.
Vedremo pi avanti come la presenza di offset un grave inconveniente che si riesce a minimizzare
con opportune configurazioni circuitali.

L a r e a z i o n e L a r e a z i o n e

In questo capitolo ci occupiamo di un importantissimo argomento: la reazione. Si tratta di un
fenomeno generale che non applicabile soltanto allelettronica. Essa consiste nel fatto che la gran-
dezza duscita rinviata in qualche modo allingresso e confrontata con questo stesso. In altri ter-
mini luscita viene ad essere determinata non soltanto dallingresso ma anche da se stessa. Un e-
sempio serve a spiegare questo concetto. Quando con un'azione ci si prefigge un fine (luscita volu-
ta) non basta soltanto fornire lingresso (lintenzione); in tal caso bisogna esercitare un continuo
controllo fra il risultato attualmente ottenuto e lo scopo prefissato. Una serie d'aggiustamenti conti-
nui provvede a fornire il risultato desiderato. Mentre per un adulto il fenomeno non sempre evi-
dente esso si pu facilmente osservare in un bambino che apprende a fare qualcosa, per esempio af-
ferrare un oggetto. Egli esercita un continuo e visibile controllo fra lo scopo prefissato ed il risultato
attualmente ottenuto.
In elettronica la reazione ha un'importanza fondamentale perch consente d'ottenere tutta
una serie di risultati altrimenti impossibili. Essa alla base di tutti i sistemi controllati o asserviti.
Per esempio il controllo del timone di una nave avviene tramite il movimento della barra, ma non
direttamente. Infatti un sistema reazionato controlla continuamente la posizione attuale del timone
con quella impostata dalla barra. Esso fornisce ad un amplificatore le necessarie informazioni per
decidere il verso e la velocit di movimento del motore che esso pilota e che produce la correzione
della posizione del timone.
13.1 Generalit
Ci limiteremo al caso dellelettronica. Applichiamo la reazione ad
un doppio bipolo attivo come quello rappresentato in Fig.13.1-1. Le va-
riabili rappresentate sono trasformate secondo Laplace. Nulla si perde in
generalit in questo modo. Ometteremo la rappresentazione della variabile
indipendente s.
AV lamplificazione di tensione a vuoto del doppio bipolo e Zo la
sua impedenza duscita. E immediato ricavare che:
E
A
1 Z Z
E o
V
o L
c
+
e A
A
1 Z Z
VL
V
o L

+
. [13.1-1]
Il pedice L sta indicare che la funzione di rete tiene conto del carico Z
L
inserito.
13.1.1 Reazione positiva o negativa
Un modo molto schematico di rappresentare la reazione quello
di Fig.13.1-2 nella quale s'utilizzano come variabili le tensioni. Tuttavia
questo non lunico modo dal momento che le variabili possono essere
qualunque grandezza fisica. Luscita la tensione Eo e lingresso Ei.
Una parte EF = bEo della tensione duscita ritorna allingresso. EF la
tensione di reazione (il pedice F sta per Feedback). Un nodo di con-
fronto esegue la somma o la differenza fra la tensione d'ingresso e quella
+
-
o Z
ZL
i Z AVE
c
E
c E
o
+
-
+
-
o I

Fig.13.1-1
E
o
E
c
Ei
EF
b b
A

Fig.13.1-2
La reazione 602
di reazione EF fornendo quella di controllo Ec. Se lingresso di controllo risulta superiore a quello
dingresso si dice che c reazione positiva altrimenti la reazione negativa. Torneremo pi avanti
su questa questione dando una definizione pi accurata.
Il segnale da rinviare allingresso pu essere prelevato proporzionalmente alla tensione o al-
la corrente duscita. Nel primo caso si dice che la reazione di tensione nellaltro di corrente. Se
si cortocircuita luscita la reazione di tensione non sussiste pi, mentre se si apre il circuito duscita
sparisce quella di corrente.
Il nodo di confronto pu confrontare tensioni o correnti. Nel primo caso lo far con una ma-
glia nellaltro con un nodo. Perci nel primo caso si parla di reazione serie e nel secondo di reazione
parallelo.
13.1.2 Reazione di tensione serie
Cominciamo a prendere in esame, come primo
caso, quello in cui la reazione di tensione serie (vedi
Fig.13.1-3). In tal caso :
E E F o b .
Dalla maglia dingresso si ha:
E E E . o c i b
Sostituendo questultima nella [13.1-1] s'ottiene:
( ) E A E
A
1 Z Z
E E o VL c
V
o L
o
+
= i b ,
cio E
A
1 Z Z
A
1 Z Z
E o
V
o L
V
o L
i 1+
+

+

_
,

b .
Infine
E
E
A
A
1 Z Z
A
1 Z Z
A
A
A
F
o
i
VFL
V
o L
V
o L
VL
VL
VL
L

+
+
+

+

1
1
b
b
. [13.1-2]
AVL il guadagno danello e FL prende il nome di fattore di reazione (con il carico).
Per avere reazione negativa nel caso di AV positivo, occorre che b sia positivo. Altrimenti se
AV negativo anche b, lo dovr essere.
Calcoliamo ora qual effettivamente il segnale che controlla il doppio bipolo. Dalla [13.1-
2]:
E E E E
A
F
E
A
A
E
A
E
E
F
c i o i
VL
L
i
VL
VL
i
VL
i
i
L

+

_
,


+
b b b
b b
1
1
1
1

Per quanto detto prima, se il fattore di reazione FL superiore allunit, allora la reazione
negativa. In tal caso lamplificazione complessiva dello stadio AVFL risulta inferiore a quell'intrinse-
ca AVL.
Possiamo calcolare limpedenza dingresso complessiva dello stadio reazionato. Osservando
la Fig.13.1-3 possiamo scrivere:
I I
E
Z
E E
Z
E A E
Z
A
Z
E, i c
c
i
i o
i
i VFL i
i
VFL
i
i

b b b 1
[13.1-3]
e quindi limpedenza duscita reazionata :

( )
( )
( ) Z
E
I
Z
A
Z
A A
Z A
A A
Z A . iF
i
i
i
VFL
i
V VL
i VL
VL V
i VL


+

+
+
+
1 1
1
1
1
L L b b b
b
b b
b
1

Cio Z Z F . iF i L [13.1-4]
o Z
ZL
i Z Ec Eo
-
E
c
+
+
-
AV
+
-
-
E
+
-
i
+
EF
Ic i I
+
-
IS
ES
o I
S Z

Fig.13.1-3
La reazione 603
Calcoliamo adesso le amplificazioni riferite al generatore. In assenza di reazione:
A
E
E
E
E
E
E
A
Z
Z Z
VSL
o
S
E
o
c
c
S
E
VL
i
i S
F F

+
0 0
e A
E
E
limA A
Z
Z Z
, VS
o
S
E
Z
Z ,
VSL V
i
i S
F
L
L

+

0
[13.1-5]
mentre
( )
( )
( )
( )
A
E
E
E
E
E
E
A
Z
Z Z
A
A
Z A
Z A Z
A Z Z Z
A Z Z Z
. VSLF
o
S
o
i
i
S
VLF
iF
i S
VL
VL
i VL
i VL S
VL i i S
VL i i S

+

+
+
+ +

+
+ + F 1
1
1 1 b
b
b b

Cio A
A
A
A
F
, VSLF
VSL
VSL
VSL
SL

+

1 b
[13.1-6]
dove F A SL VSL + 1 b differente da F A . L VL + 1 b Il primo non tiene conto delleffetto del genera-
tore, il secondo invece si.
Per il calcolo dellimpedenza duscita opportuno guardare
la figura accanto. Ricordiamo che limpedenza duscita il rappor-
to fra la tensione applicata alluscita da un generatore e la corrente
da questi erogata quando la f.e.m. Es del generatore allingresso
nulla. Quindi
E E
Z
Z Z
E
Z
Z Z
. c
E
F
i
i S
i
i S
s

+

+
0
b o
Inoltre
( )
I
E A E
Z
E A Z Z Z E
Z
A
Z
E o
o v c
o
o v i i S
o
VS
o
o

+ +

+ b b o 1

da cui Z
E
I
Z
F
oF
o
o
E
o
S
S

0
e F A S VS + 1 b [13.1-7]
Luscita c un generatore AVF/FEi con una impedenza interna
Zo/FS.
Il circuito equivalente definitivo mostrato nella figura
accanto. Il generatore ES vede una impedenza dingresso ZiF. Il
carico pilotato tramite una impedenza duscita ZoF da un gene-
ratore di tensione AVSF ES.
Possiamo riepilogare in breve. In generale, se il fattore di reazione supera uno la reazione
negativa. Lamplificazione e limpedenza duscita si riducono del fattore di reazione. Invece quella

Cerchiamo ora di determinare il comportamento in frequenza dellamplificatore. Per sempli-
cit immaginiamo che esso abbia un unico polo alla pulsazione dangolo wa ed una amplificazione
Av0 a bassa frequenza. Il diagramma di Bode del guadagno mostrato nella figura Fig.13.1-6. Il
GBW dellamplificatore intrinseco dunque Av0fa. Possiamo scrivere le espressioni
dellamplificazione nel dominio di Fourier:
A V
+

E
E
o
c
Z
vo
a
L
A
j f f


1
[13.1-8]
A
E
E Zo Z
VL
o
c L

+

+
A
jf f
vo
a 1
1
1
[13.1-9]
con i significati noti. Considerando leffetto del carico il GBWL dunque AvL0fa. Con
A
A
vLo
vo

+ 1 Z Z o L
. [13.1-10]
Riprendiamo la [13.1-7]. Sostituendo in essa la [13.1-10] si ottiene:
o
Z
i Z Ec
E
o
-
E
c
+
+
-
AV
+
-
o I
- +
EF
IS
S Z

Fig.13.1-4
i ZF
ZL E
o
+
-
+
-
+
-
IS
E
S
o
Z
F
i
Z
F A E
S VF
o
I
S
Z

Fig.13.1-5
La reazione 604
A
Z Z
Z Z
Z Z
Z Z
Z Z
Z Z
Z Z
VFL
o L
o L
o L
o L
o L
o L
o L

+ +
+
+ +

+
+ +
+

+
+
+
+
+
+
1
1 1
1
1
1 1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1


,
A
jf f
A
jf f
A
j f f
A
A
A
j
f f
A
vo
a
vo
a
vo
a
vo
vo
vo a
vo


che si pu scrivere come A VFL

+
A
j f f
vFLo
aF 1
. [13.1-11]
Nella quale sono: A
A
A
A
A
A
F
VFL
vo
vo
vLo
vLo
vLo
Lo
0
1
1
1
1

+
+
+

+

Z Z
Z Z
o L
o L


, [13.1-12]
e ( ) f f
A
f A f F aF a
vo
a vLo a L +
+

_
,
+ 1
1
1 0
Z Z o L
. [13.1-13]
Come risultato finale, anche la frequenza di taglio superiore aumenta del fattore di reazione. Ov-
viamente si supposto, nella precedente trattazione che le impedenze duscita e di carico sono en-
trambe resistive. In tal caso il prodotto amplificazione banda passante non cambia. Infatti
f A f A aF vLo a vLo
13.1.3 Reazione di corrente serie
In questo caso ,vedi Fig.13.1-7, il segnale da rinviare allindietro viene preso proporzionale
Z la parte dellimpedenza duscita dalla quale si preleva un segnale EF = ZIo
che viene rinviato in ingresso. Cio
, Eo
Z
Eo
Z ZIo E
L
F [13.1-14]
in cui
L Z
Z
. [13.1-15]
E E E c i F [13.1-16]
Impiegando la [13.1-1] si ottiene:
( ) E
A
1 Z Z
E A E A E E o
V
o L
c VL c VL o
+
= i b ,
cio ( ) E A A E o VL VL i 1+ b ,
in cui A
E
E
A
1 Z Z
. VL
o
c
V
o L

+
[13.1-17]
Infine
E
E
A
A
A
A
F
o
VFL
VL
VL
VL
L i 1

+

b
. [13.1-18]
Ancora una volta b AVL il guadagno danello e FL il fattore di reazione (con il carico).
Come nel caso precedente, per avere reazione negativa nel caso di AV positivo, occorre che b
sia positivo e quindi a negativo. Altrimenti se AV negativo anche b lo dovr essere, mentre a do-
vr essere positivo.
Il calcolo dellimpedenza duscita va fatto, al solito, determinando la corrente immessa da
un generatore Eo applicato in uscita quando la f.e.m del generatore dingresso nulla. In tal caso la
tensione di controllo risulta essere ,
Z Z
Z
ZI
Z Z
Z
E E
S i
i
o
S i
i
F
E
c
s
+

+

0
ma .
Z
E A E
I
o
c v o
o

Facendo
G(dB)
0
w w
20LogAV0
w w
a
20LogAV0F
w w
aF

Fig.13.1-6
-
+
Ec
+
Ei i Z
o Z
o
A
V
Ec Eo
+
-
I
Z
L
+
- -
+
E
F
-

Fig.13.1-7
La reazione 605
sistema fra queste due espressioni ed eliminando Ec, si ricava: ,
Z Z
Z
ZI A E Z I
S i
i
o v o o o
+
+ da cui:
VS o
E
o
o
oF ZA Z
I
E
Z
S

0
. [13.1-19]
Per le considerazioni fatte precedentemente, se la reazione negativa il prodotto ZAVS certamente
positivo e limpedenza duscita reazionata supera quella non reazionata della quantit AVSZ.
Il circuito equivalente sempre quello della Fig.13.1-5. Il generatore da inserire AVSFES =
con una impedenza duscita Z Z ZA oF o VS . A differenza del caso precedente limpedenza duscita
superiore a quella dellamplificatore intrinseco.
Per limpedenza dingresso dello stadio reazionato ci riferiamo alla Fig.13.1-7. Possiamo
scrivere:
( ) ( ) Z
E
I
E E
I
E E
I
E A E
I
E
I
A Z A iF
i
i
c F
i
c
i
c VL c
i
c
i
VL i VL
+

+
+ +
b b
b b
o
1 1
cio Z Z F iF i L [13.1-20]
Per quanto riguarda limpedenza dingresso non ha alcuna importanza se la reazione di
tensione o di corrente. Essa, in caso di reazione negativa (|FL| > 1) e FL volte pi grande di quella
del doppio bipolo non reazionato in ogni caso. Differente il comportamento dellimpedenza
duscita. Mentre essa diminuisce con la reazione di tensione, al contrario aumenta con quella di cor-
rente.
Si pu dimostrare che leffetto della reazione sulla banda passante il medesimo nei due ca-
si.
13.1.4 Reazione di tensione parallelo
Questa volta si rinvia in ingresso una corrente IF (rea-
zione parallelo) proporzionale alla tensione duscita (reazione
di tensione), come in Fig.13.1-8. Cio
I YE F o .
La corrente Ic che controlla il doppio bipolo , pertanto:
I
E
Z
I I
E E
Z
YE
E E
Z
YA E c
c
i
S F
S c
S
o
S c
S
VL c




da cui
1
Z
1
Z
YA E
E
Z

i S
VL c
S
S
+ +

_
,

1
1
+ +

1
]
1

_
,

Z YA
E
A
E S VL
o
VL
S
Zi

Infine
( )
E
E
A
A
Z YA
o
S
VLSF
VL
S VL

+ + 1 1 Zi
. [13.1-21]
Il significato dei pedici va chiarito. Si calcolata lamplificazione di tensione (pedice V) con il cari-
co ZL (pedice L), riferita al generatore VS (pedice S) con reazione (pedice F). Lespressione preceden-
te pu essere manipolata come segue
( )
( )
( )
A
A
Z Z Z Z YA
A Z Z Z
1 Z YA Z Z Z
VLSF
VL
i S i S VL
VL i i S
S VL i i S

+ +

+
+ +

e cio A
A
A
A
F
VLSF
VL
VL
VLS
LS

+

S
S 1 b
[13.1-22]
con A A
Z
Z Z
VLS VL
i
i S

+
b Y ZS [13.1-23]
in modo da avere una espressione della amplificazione reazionata scritta in modo omogeneo con
quelle dei casi precedenti. Al solito

o Z
Z
L
Ec Eo
E c
-
+
+
-
i Z
o
AV
+
-
I
c I
+
-
IS
ES
S Z
IF

Fig.13.1-8
La reazione 606
F 1 A LS VLS + b [13.1-24]
Passiamo ora al calcolo dellimpedenza duscita. Applichiamo il generatore Eo alluscita e
determiniamo la corrente Io che esso eroga quando nullo ES.
E I
Z Z
Z Z
Y E
Z Z
Z Z
E
Z
Z Z
E , c F
S i
S i
S i
S i
i
S i
c

+


+

+
o o b ma anche I
E A E
Z
. o
o V c
o


Dalle
due espressioni, eliminando Ec, si ricava:
Z
E
I
Z
A
Z
Z Z
Z
A
oF
o
o
E o
o
V
i
i S
o
VS
S

+
+

1
1
b
b
[13.1-25]
Ed ancora A
A
A
VSF
VS
VS

+ 1 b
con A A
Z
Z Z
. VS V
i
i S

+
[13.1-26]
Per il calcolo dellimpedenza dingresso dello stadio reazionato consideriamo la Fig.13.1-8.
E:

( )
Z
E
I
E
YA 1 Z E
Z
YZ A
Z
A Z Z
iF
c
S
c
VL i c
i
i VL
i
VL i s

+

+

+ 1 1 b
[13.1-27]
Leffetto della reazione negativa di tensione sempre quello dabbassare limpedenza
duscita. Tuttavia poich la reazione e di corrente limpedenza dingresso, cio quella vista dal ge-
neratore, questa volta si abbassa.
13.1.5 Reazione di corrente parallelo
Come ultimo caso studiamo la reazione di corrente parallelo. Questa volta si rinvia in in-
gresso una corrente IF (reazione parallelo) proporzionale alla corrente duscita (reazione di corren-
te), come in Fig.13.1-9
I I E Z F o o L a a . [13.1-28]
La corrente Ic che controlla il doppio bipolo , pertanto:
I
E
Z
I I
E E
Z
I
E E
Z
E
Z

E E
Z
A E
Z
c
c
i
S F
S c
S
o
S c
S
o
L
S c
S
VL c
L




+

+ a a a
dove per AVL vale lespressione [13.1-18]. Dalla prece-
dente si ottiene:
1 1
Z Z Z
A E
E
Z
,
i S L
VL c
S
S
+

_
,


a

1
1
+

1
]
1

_
,

Z
A
Z
E
A
E . S
VL
L
o
VL
S
Zi

a

Ed infine:
( )
( )
E
E
A
A
Z Z A Z Z
A Z Z
A Z Z Z
A
A Z
A
A
o
S
VLSF
VL
S i VL S L
VL S i
VL S i L
V L
V L L
V L
V L

+

+
+


+ 1
1
1 1 1 1 a a a b Z Z S
S
S S
S
S

cio A
A
A
A
F
VLSF
V L
V L
VL
L

+

S
S
S
S 1 b
[13.1-29]
con A
A
Z
VL
VL
S
S
i Z

+ 1
e b a ZS ZL [13.1-30]
Al solito
F A L VL S S + 1 b [13.1-31]
Per ottenere il modello del doppio bipolo come quello di Fig.13.1-5 serve calcolare
limpedenza duscita. Il calcolo si esegue, al solito, applicando un generatore Eo in uscita e calco-
lando la corrente Io da esso erogata quando il generatore dingresso ES ha f.e.m. nulla. Si ha:
i
Z
-
+
E
c
c I
+
-
IS
ES
S Z
o
Z
AVE
c
E
o
+
-
ZL
o I
-
+
IF

Fig.13.1-9
La reazione 607
E I
Z Z
Z Z
I
Z Z
Z Z
, c
E
F
i S
i S
o
i S
i S
s


+


+
0
ma I
E A E
Z
. o
o v c
o


Facendo gli opportuni passaggi si ottiene
Z
E
I
Z aA Z oF
o
o
E
o VS S
S

0
. [13.1-32]
Se la reazione negativa il prodotto -aAVS positivo e limpedenza duscita, a causa della reazione
di corrente aumenta proprio del termine -aAVS ZS.
Per il calcolo dellimpedenza dingresso dello stadio reazionato consideriamo la Fig.13.1-8.
E:
Z
E
I
E
I E Z
E
E Z E Z
E
A E Z E Z
Z
A Z Z
, iF
S
c
F c i
c
o L c i
c
VL c L c i
i
VL i L

+

+

+

+
c
a a a 1

cio Z
Z
A Z Z
iF
i
VL i s

+ 1 b
, [13.1-33]
del tutto identica formalmente alla [13.1-28]. Limpedenza dingresso diminuisce per effetto della
reazione parallelo.
Leffetto della reazione negativa di corrente sempre quello daumentare limpe-
denza duscita. E per quanto riguarda il fatto che la reazione parallelo si ha anche laltro risultato
generale che limpedenza dingresso sabbassa.
13.1.6 Effetto della reazione sulla stabilit dellamplificazione
Le propriet delle funzioni di rete di un doppio bipolo dipendono dai suoi parametri. Nel ca-
so dei quadrupoli attivi hanno grande importanza la dispersione delle caratteristiche e gli effetti
termici. Per esempio, nei modelli precedenti uno dei parametri che pi facilmente soggetto a flut-
tuazioni e lAV che dipende sia dal punto di lavoro che dalla dispersione e dalla temperatura. Fare-
mo vedere che sulle prestazioni di un amplificatore reazionato negativamente lincidenza della flut-
tuazione dei parametri dei dispositivi ridotta proprio del fattore di reazione.
Se confrontiamo le espressioni delle amplificazioni reazionate nei quattro casi studiati, ci
accorgiamo che tutte possono riscritte in una forma generale del tipo:
A
A
A
A
F
. F
+

1

Calcoliamo la variazione relativa di AF provocata da una variazione relativa di A. Si ha:
( )
( )
dA A lnA ln
A
1 A
A
A
A A
A
A
dA
A A
dA A
F
. F F F
+

+ +
+

+
d d d


1 1
1
1
1
2
[13.1-34]
Se, per una qualunque causa lamplificazione dellamplificatore non reazionato tende a variare,
questa variazione si ripercuote sullamplificazione reazionata F volte pi piccola, nel caso di rea-
zione negativa.
13.1.7 Effetto della reazione su rumore, disturbi e distorsione
In un circuito elettrico, oltre i segnali che si vogliono trattare ne sono presenti degli indesi-
derati. Si tratta di rumore, disturbi e distorsioni. Il rumore un segnale che si produce allinterno
degli stessi dispositivi elettronici presenti nel circuito. I disturbi provengono dal mondo esterno. Le
distorsioni sono dovute alla mancanza di linearit dei dispositivi quando le loro caratteristiche sono
percorse ampiamente. Per questo le distorsioni sono localizzate prevalentemente negli stadi finali di
potenza. Disturbi e rumore sono distribuiti in modo pi o meno uniforme in tutto il circuito. Sono
pi gravi gli effetti prodotti nei dispositivi pi a monte perch vengono pi amplificati dallo stesso
amplificatore. Per questo motivo, in una prima approssimazione conveniente immaginare rumore
e disturbi localizzati allingresso degli amplificatori e distorsioni alluscita.
La reazione 608
Pertanto in Fig.13.1-10 il segnale di rumore e disturbi, En, viene inserito in somma
allingresso mentre quello delle distorsioni, Ed, alluscita. Per il momento accontentiamoci di questa
schematizzazione. Si ricava agevolmente:
E E E E E E
A E E
1 Z Z
E
A
1 Z Z
E
E
1 Z Z
, i n F c c
V d
o L
c
V
o L
c
d
o L
+ + +
+
+
+
+

_
,
+
+
= = = 1+ b b b b o
c

da cui ( ) E E A E
A E
A
, i n VL c
VL d
V
+ + = 1+ b b
cio
( )
=
1+ 1+
E
E E
A
A E
A A
. c
i n
VL
VL d
VL V
+
+
b
b
b

Quindi +
+
+
V
d VL
c VL
L o
d c V
o
A
E A
E A =
Z Z 1
E E A
= E
( )
,
A
E A
A A + 1
E A
A + 1
E E
A
V
d VL
V VL
d VL
VL
n i
VL +
1
]
1

+

infine E
A
F
E
A
F
E
A
A
F
F
E . o
VL
i
VL
n
VL
V
d. = + +
+ b

Leffetto della reazione quello di diminuire linconveniente dei disturbi e del rumore del
fattore di reazione. Tuttavia anche il segnale utile in uscita viene diminuito della stessa quantit.
Pertanto il rapporto segnale disturbo
Segnale
rumore disturbo +
= =
A
F
E
A
F
E E E
VL
i
VL
n i n
essendo indipendente dalla reazione non cambia. Lunico modo di migliorare questo rapporto di
curare il primo stadio del preamplificatore per limitare al massimo il rumore e di porre degli oppor-
tuni filtri antidisturbo e delle schermature contro i disturbi elettromagnetici.
Differente quello che avviene per le distorsioni. Infatti, per esse, in presenza di reazione si
ha

segnale
distorsione
F
= = =
A
F
E
A
A
F
F
E E
F
A
E
A
F
E E ,
VL
i
VL
V
d i
V
d
V
i d
+ +
+
b b
b

mentre in sua assenza
segnale
distorsione
= A E E . V i d
Pertanto il rapporto segnale distorsione si riduce di

segnale
distorsione
segnale
distorsione
F
=
1
F+ b

introducendo la reazione.
Il discorso a questo punto si pu generalizzare. Tutti le cause di rumore ed i disturbi che so-
no presenti nei circuiti, man mano che la loro localizzazione si sposta dallingresso verso luscita,
subiscono effetti sempre pi benefici dalla presenza della reazione negativa. Tuttavia quelli allin-
gresso restano inalterati dal processo di reazione.
Il fatto che la reazione abbassa il segnale in
uscita pu essere rimediato aggiungendo un amplifi-
catore a valle che amplifica quanto il fattore di rea-
zione. Supponiamo che si debba costruire un amplifi-
catore che amplifica A e che sia abbastanza indenne
dalle distorsioni. Se noi lo reazioniamo con un Fattore F luscita s'abbassa dello stesso fattore. Allo-
ra, come mostrato in Fig.13.1-11 sufficiente aggiungere uno stadio che amplifichi F per ottenere
un'amplificazione complessiva ancora A ma si gode della riduzione delle distorsioni. Ovviamente lo
o
Z
ZL
i
Z
o
A
V
E
c
E
o
-
E
c
+
+
-
+
-
I
-
-
+
+
EF
E
i
+E
n
d
E

Fig.13.1-10
Ei
E
i Eo
A
F
F

Fig.13.1-11
La reazione 609
stadio che precede cio quello che amplifica F deve essere esente da distorsioni. Perci esso deve
essere un amplificatore per piccoli segnali.
Consideriamo la Fig.13.1-12 per fare un esempio. Si vuole realizzare un amplificatore di
potenza che dia una potenza di 100 W su un carico di 4W a partire da un segnale di 5 mV. Poich P
=V
2
/R si ricava che serve una tensione sul carico di 20 V: Quindi serve un amplificatore che ampli-
fichi 4.000. Un amplificatore del genere, se realizzato senza reazione pu avere delle distorsioni no-
tevolissime, diciamo del 10%. Supponiamo che le vogliamo ridurre allo 0.1%. Possiamo adottare
una delle due soluzioni proposte nella figura. Con la prima (figura b) prendiamo lo stesso amplifica-
tore che amplifica 4.000, lo reazioniamo con un Fattore 100 e lo facciamo precedere da uno stadio
che amplifica 100. In tal modo le distorsioni si ridurranno al livello desiderato con la potenza volu-
ta. Si noti che luscita del primo amplificatore, che amplifica soltanto 100 solo 500 mV e le distor-
sioni relative a questo primo amplificatore non saranno cosi gravi come quelle di uno stadio che de-
ve dare 20 V senza reazione. Tuttavia la soluzione proposta in (c) ancora migliore. I due amplifi-
catori in figura sono identici ai precedenti ed amplificano, rispettivamente 100 e 4.000. Il fattore di
reazione sar ancora 100. Se luscita di A2 20 V ed esso amplifica 4.000, significa che il suo in-
gresso soltanto a 5 mV. Allora il primo sta lavorando con bassissime tensioni duscita e le sue di-
storsioni sono sicuramente trascurabili. Quindi migliore questa soluzione perch la reazione totale
tende a migliorare tutti gli aspetti negativi del circuito.
13.1.8 Conclusioni
Limpedenza duscita con la reazione di tensione diminuisce mentre con quella di corrente
aumenta dipende dal fatto che si controlla la tensione o la corrente duscita con la reazione. Quando
la reazione serie la tensione di reazione si inserisce in una maglia allingresso. In tal modo la ten-
sione di controllo risulta pi piccola di quella dingresso e quindi la corrente richiesta al generatore
per pilotare lamplificatore intrinseco minore che se non ci fosse la reazione. Pertanto limpedenza
dingresso ne risulta aumentata. Un discorso duale si ha con la reazione parallelo. Il che porta al fat-
to che in questo caso limpedenza dingresso risulta abbassata.
Con la reazione si introduce una possibilit per il progettista di potere variare alcuni parame-
tri per assoggettarli alle richieste. La possibilit di variare a piacimento, dentro un certo margine i
valori delle impedenze dingresso e duscita e le bande passanti rende la reazione utile ed molto
spesso indispensabile.
13.1.9 Determinazione dei circuiti equivalenti dingresso e duscita
Da quanto detto, nellanalisi di un circuito con reazione, le prime cose da capire riguardano
il tipo di reazione, cio se essa di tensione o corrente, serie o parallelo.
Per determinare se la reazione di tensione o di corrente sufficiente, ad esempio, daprire
la maglia duscita (Io = 0). Se il segnale di reazione ancora sussiste vuol dire che non proporziona-
le alla corrente duscita ed dunque reazione di tensione. Ovvero, invece, si pu cortocircuitare la
maglia duscita (Vo = 0). Se il segnale di reazione non sparisce vuol dire che esso non proporzio-
nale alla tensione duscita e dunque la reazione di corrente.
Per il circuito dingresso serve identificare la tensione di controllo dellamplificatore intrin-
seco. Essa sempre coincide la tensione VBE o la VGS del primo transistor amplificatore. Se essa in-
E
o
E
i
A
(a)
Eo Ei2
Ei1
E
F
A1
A2
Ec
b b
(b)
Eo
Ei2 Ei1
EF
Ec
b b
(c)
A1
A2

Fig.13.1-12
La reazione 610
serita in una maglia con la tensione dingresso si ha una reazione serie altrimenti reazione paralle-
lo.
Nella realt le cose non sono cos semplici come nelle schematizzazioni proposte. Di solito
la parte di circuito che preleva il segnale dalluscita per rinviarlo allingresso
separabile dal circuito dingresso. In pratica, lo schema a scatole nere proposte non sempre valido.
In questo paragrafo daremo alcune semplice regole per la determinazione del tipologia della reazio-
ne ed alla conseguente determinazione dei circuiti equivalenti utili al loro studio. Si cerca, cio di
riportare il circuito alla tipologia a scatole nere.
Lapplicazione del principio di sovrapposizione porta immediatamente a concludere che:
se la reazione di corrente il circuito dingresso va determinato con Io = 0;
se la reazione di tensione il circuito dingresso va determinato con Vo = 0;
se la reazione serie il circuito duscita va determinato con Ii = 0;
se la reazione parallelo il circuito duscita va determinato con Vi = 0.
13.1.10 Alcuni esempi di analisi di circuiti reazionati
Alcuni esempi chiariranno quanto detto. In tutti i casi esposti si tratta di reazione negativa.
13.1.10.1 Lemitter follower
Prendiamo in esame lemitter follower di Fig.13.1-13a. La tensione dingresso al circuito, vb,
non coincide con quella che controlla il dispositivo, vbe. Siamo in presenza di reazione. In effetti e-
siste una maglia, allingresso, nella quale vb = vbe+ ve. La tensione ve la tensione di reazione.
Siamo in presenza di reazione serie. La stessa tensione ve la tensione duscita. Se cortocircuitiamo
questa uscita, cio poniamo ve a zero la reazione non c pi. Allora si tratta di reazione di tensione.
Dunque lemitter follower caratterizzato dalla reazione di tensione serie gi studiata nel 13.1.2.
Costruiamo il circuito equivalente a tre parametri come in Fig.13.1-13b. Da questi si ricava sempli-
cemente quello di Fig.13.1-13c nel quale con Ro si indicato il parallelo rce||RE. Se la tensione
duscita e la tensione di reazione coincidono allora b = 1.
Dal circuito (c) si passa a (d) applicando Thevenin fra emettitore e massa a sinistra del cari-
co. La tensione a vuoto sullemettitore ( ) ( ) R + g R = R g = R , o b m be o o be be m be o be f be i v v v v r r + + 1 b cio
( ) A = R V f o be 1+b r . Possiamo inserire nel circuito di Fig.13.1-13d un generatore di tensione (1 +
bf)Rovbe/rbe con in serie la resistenza Ro. A questo punto applichiamo le espressioni trovate nel para-
grafo 13.1.2 tenendo presente che, da quanto detto, Zo = Ro, b = 1 e ZL = RL e Zi = rbe. Ci limitiamo
al caso della bassa frequenza. Quindi AVL = AV/(1+Ro/RL). Sostituendo nelle espressioni di AVLF,
ZoF e ZiF si ottengono i seguenti risultati:
v ve
R1
R2
RE RL
Q1
C1
C2
VCC
v vb
v vbe RL
v vbe
v ve
i ie
i ib
i io
gm v vbe Ro
Ro
v vb
rbe
-
Ro
RL
i i o
v ve

( ( ) ) 1+ + b bf
o
be
be
R
r
v v
(a)
(c) (d)
+ +

v vbe
rbe
i ib
v vb
C
RE RL
B
rce
E
v ve
gm v vbe
(b)
+ +

Fig.13.1-13
La reazione 611
( )
A
A
A
A
A r R
VFL
VL
VL
VL
VL be f L

+

+

+ + 1 1
1
1 1 b '
con RL = rce||RE||RL;
( ) ( ) ( ) Z Z A Z A r R iF i VL i VL be f L ' ; + + + + 1 1 1 .
( )
( )
A A
Z
Z Z
: VS V
i
i S

+
+
+

+
+
1
1
b
b
f o be
be
be
f o
be
R
R
r
r
r R r R S S


( ) ( )
Z
R
A
R
A
R
R r R
r R
oF
o
VS
o
VS
o
f o be S
be S
f

+

+

+ + +

+
+ 1 1 1 1 1 b b
r || R ce E|| .
I calcoli sono stati evitati per brevit. Essi sono in linea con quanto gi ricavato nel Cap. 9 anche se
in quel caso non si inserita un carico esterno ed i conti sono stati pi semplici. In effetti la vera
io deve tenere presente le due resistenze di polarizzazione R1 e R2
che risultano in parallelo a RiF. Anche per quanto riguarda limpedenza duscita bisogna tenere pre-
senti queste due resistenze che risultano in parallelo a Rs.
13.1.10.2 Il doppio carico con uscita demettitore

Questo caso mostrato nella Fig.13.1-14 non molto diverso dal precedente. Ancora una vol-
ta luscita la tensione demettitore che anche quella di reazione, per cui ancora b = 1. E se si fa
lo stesso ragionamento del circuito precedente per quanto riguarda il tipo di reazione, si trova anco-
ra una volta che essa di tensione. La principale differenza sta nel fatto che il collettore non a
massa. Nella Fig.13.1-14b mostrato il circuito equivalente, ridisegnato nella Fig.13.1-14c. Da essa
si passa alla (d) applicando Thevenin allinsieme del generatore di corrente, della RC e di rce. Con Ro
si indicato il parallelo (rce+RC)||RE. La f.e.m. a vuoto :
( )
1
]
1

+
1
]
1

+ +

C ce
ce
f o
be
be

C E ce
ce E
f E C ce
be
be
R r
r
+ 1 R
r
=
R R r
r R
+ R || R + r
r
b b
v v

dalla quale si ricava A
R
r R
o
V
be
f
ce
ce C
= +
r
r
.
+

_
,

1 b Ricordando lespressione di AVL e AVLF si ha:

,
_

+
+

,
_

+
+

C ce
ce
f
o
be
C ce
ce
f
o
be
L
L o VL VL
VL
VLF
R r
r
+ 1
' R
r
1
1
R r
r
+ 1
R
r
R
R + R
1
1
A 1 1
1
A 1
A
A
b b

che se RC = 0 coincide con quanto ricavato per lE.F, mentre per RL coincide con lespressione
dellamplificazione dellamplificatore a doppio carico con uscita sullemettitore trovata nel Cap.9.
Ro il parallelo fra Ro e RL.
Limpedenza dingresso si determina dalla [13.1-4]:
R1
R2
RE RL
Q1
C1
C2
v v
e
VCC
v v
be
v v
b
RC
(a)
v v
be
C
RE RL
B
rbe
i i
b

v v
b
rce
E
v v
e
RC
gm v v
be
(b)
V be A
v
Ro
RL

i i
o
v v
e

(d) v v
e
i i
e

v v
be
v v
b
i i
b

rbe
rce
RC
RL
i i
o

RE
C
B
E
(c)
g
m v v
be

Fig.13.1-14
La reazione 612
( )
( )
.
R r + R
R r 1
R r
R R
R
R r
r
+ 1
r
R
1 r A 1 Z F Z Z
C ce E
C ce f
E be
o c
o
C ce
ce
f
be
o
be VL i L i iF
+
+ +
+
1
]
1

+

,
_

+
+ + b
Per il calcolo dellimpedenza duscita bisogna prima calcolare AVS.
A A
Z
Z Z
VS V
i
i S

+

+

_
,


+

+

_
,


+
R
r R
r
r R R
R
r R
o
S
o
S be
f
ce
ce C
be
be
f
ce
ce C be
+
r
r
+
r
r
1 1 b b e poi applicare la for-
mula per il suo calcolo e cio:
Z
R
A
R
A
R
R
R
r R
r R
R
oF
o
VS
o
VS
o
o
S
be S

+

+

+
+

_
,

+
+
1 1
1 1 1

+
r
r
R
+
r
r
f
ce
ce C be
o
f
ce
ce C
b b
|| .
13.1.10.3 Il doppio carico con uscita di collettore
Questa volta si tratta di reazione di corrente serie. Infatti la tensione rinviata allindietro
ancora la tensione demettitore, come nel caso precedente e quindi la reazione serie. Pero, questa
volta, se interrompiamo la maglia duscita, corrente non ne passa e non si ha tensione sulla resisten-
za demettitore. Quindi la reazione di corrente. Pertanto le espressioni da utilizzare sono quelle
del 13.1.3. Lo schema ed il circuito equivalente sono in Fig.13.1-15a e b.
Bisogna fare attenzione che lo schema equivalente alquanto diverso da quello della generi-
co di Fig.13.1-3. Infatti, questa volta, la maglia duscita e quella dingresso sono interdipendenti.
Allora bisogna tenere conto di quanto detto nel 13.1.9. Essendo la reazione di corrente, il circuito
dingresso va determinato con Io = 0. Ne segue il circuito equivalente della Fig.13.1-15c. Da questo
si vede che in serie allimpedenza dingresso dellamplificatore intrinseco, rbe, non c solo la RS ma
Rs + RE. Pertanto per lingresso come se limpedenza interna del generatore fosse RS + RE. In-
somma, per il calcolo di AVS bisogner fare

+ +

+

S be E
be
V
S i
i
V VS
R r R
r
A
Z Z
Z
A A
Essendo la reazione serie il circuito duscita va determinato con Ii = 0, quindi il circuito di
Fig.13.1-15d. Si vede immediatamente che limpedenza vista dalluscita Zo = RE + rce. Possiamo
anche calcolare Av. La tensione di controllo sempre la vbe. Essa produce una uscita. Calcoliamola
a vuoto. Se la maglia si apre non circola corrente in RC. Ma si ha tensione sul collettore causata dal-
le cadute di potenziali su RE e su rce. Si ha:
,
r
r R
r g R
r
be
be
ce f E
ce be m E
be
be
R
c
C
v v
v
v




Quindi .
r
r R
A
be
ce f E
be
R
c
V
C



v
v

(b)
(c)
v v
be
C
RE
B
rbe
v v
b
rce
E
R
E
rbe
v v
S
E
RS
v v
be
C
RE
B
rbe
v v
b
rce
E
RC
g
m
v v
be
(d)
R1
R2
RE
Q1
C1
C
2
v v
e
VCC
v v
be
v v
b
RC
(a)
g
m
v v
be

Fig.13.1-15
La reazione 613
Ovviamente .
R r R
R
r
r R
Z R
R
A A
E ce C
c
be
ce f E
o C
c
V L V
+ +

+

La tensione di reazione la caduta sullemettitore dovuta alla corrente duscita. Nel circuito
di Fig.13.1-15d immediato ricavare che vF = ve = i oRE e quindi Z = RE. E b = -Z/ZL = - RE/RC.
Siamo ora in grado di calcolare le funzioni di rete applicando le espressioni relative alla rea-
zione di corrente serie determinate nel 13.1.3. Per AVLF :
,
R r R
R
r
r R
R
R
1
R r R
R
r
r R
A 1
A
A
E ce C
c
be
ce f E
C
E
E ce C
C
be
ce f E
VL
VL
VLF
+ +


+ +

+

che se bfrce >> RE diventa
+ + +

E ce f be E ce C
c ce f
VL
VL
VLF
R r r ) R r R (
R r
A 1
A
A
Limpedenza dingresso si calcola tenendo presente che quella dellamplificatore intrinseco
be. Lespressione [13.1-20] ci permette immediatamente di calcolare
( )
C ce E
E ce f
be
C ce E
E ce f
E be
E ce C
C
be
ce f E
C
E
be VL i L i iF
R r + R
R r
r
R r + R
R r
R r
R r R
R
r
r R
R
R
1 r A 1 Z F Z Z
+

+
+

+
1
]
1

+ +

+ se
vale la solita approssimazione per RE.
Per quanto riguarda limpedenza duscita basta applicare la [13.1-19]. Quindi
.
R r R
r
A - R r ZA Z Z
S be E
be
V E ce VS o oF
+ +
+ Con una serie di passaggi si arriva a
. R || ) R (r
R r R
R
1 r Z E S be
S be E
E
f ce oF + +
1
]
1

+ +
+
Tutti i risultati sono in linea con quanto gi stato calcolato nel 10.1.2 senza fare ricorrere
alla reazione.
13.1.10.4 Due stadi in cascata con reazione negativa dal collettore
In Fig.13.1-16 rappresentato un amplificatore a due stadi. Il segnale duscita in qualche
modo riportato allindietro tramite la resistenza RF2.
Rb1
Rb2
Rb3
Rb4
RF1
RF2
RC1
RC2
Ci
CC1
T1
T2
RL
(b)
RE = RF1||RF2
+
v v
e
-
i i
o

RL1
RE
v v
o
+
-
b b
f
i i
b = gm be
v v
(c)
Rb1
Rb2
Rb3
Rb4
RF1
RF2
RC1
RC2
RE1
RE2
Ci
CF
CC1
T1
T2
CE1
CE2
RL
CC2
gm
v v
be
VCC
(a)

Fig.13.1-16
La reazione 614
Studiamo, per semplicit, il comportamento della reazione alle basse frequenze. In altri ter-
mini le capacit Ci , CF , CC1, CC2, CE1 e CE2 sono da ritenersi dei cortocircuiti. Per semplificare il pro-
blema usiamo il modello del transistor a due parametri e supponiamo bf molto grande.
La reazione prodotta dalla corrente che, fluendo in RF2 produce una caduta di potenziale su
RF1. La tensione di controllo dellamplificatore quella fra base ed emettitore del primo transistor.
Essa differisce da quella dingresso per la caduta su RF1. Quindi si tratta di una reazione serie. Se
cortocircuitiamo luscita, cio il collettore del secondo transistor, non c pi reazione. Siamo in
presenza di reazione di tensione.
I due circuiti dingresso e duscita non sono separati. Perci dobbiamo applicare quanto det-
to nel 13.1.9. Dal momento che la reazione di tensione il circuito dingresso va determinato cor-
tocircuitando luscita. Allora laltro terminale di RF2 va connesso a massa. E come se in serie
allemettitore di T1 ci fosse una R = RF1||RF2. Poich la reazione serie il circuito duscita va de-
terminato aperto perci non passa corrente in T1 e la resistenza RF1 in serie a RF2. Tutto ci
ridisegnato in Fig.13.1-16.
Studiamo a parte i due stadi. Cominciamo dal primo. Il suo carico RL1 = RC1||Rb3||Rb4||rbe2. Il
circuito equivalente quello di Fig.13.1-16c. Si tratta di uno stadio intrinsecamente reazionato. Per
essere preciso un doppio carico con uscita di collettore. Si possono, quindi, prendere i risultati
dellesercizio precedente, semplificandoli, dato le ipotesi fatte. Dal momento che bf molto grande
si pu trascurare la corrente di base rispetto a quella di collettore e, quindi: vF = ve1 = i e1RE l i o1RE
= - vo/RL1RE1 b1 = vo/vF = -RE/RL. Daltra parte lamplificazione intrinseca AVL10 = vo1/vbe1 =
-gm1/RL1. Ne segue che il fattore di reazione relativo al primo stadio FL10 = 1+ b1AVL10 =
( ) . ' R g 1 R g - R ' R 1 E m1 L1 m1 L E + Lamplificazione di tensione dunque:
A = =
A
F
=
-
'
VFL1
o1
b1
VL1
L1
m1 L1
m1 E
0
0
0
v v
v v
g R
g R 1+
.
Limpedenza dingresso, che tiene conto della reazione interna di cui si sta parlando,
( ) Z Z F iF i L 1 1 1 1 1 0 0 0 1 + + ' '. m E f1 E r g R r R be be b
Il carico del secondo stadio, che dalla figura risulta essere un semplice EC RL2 = RC2||RL2
= RC2||RL|| (RF1+ RF2). Lamplificazione di corrente Aio2 = bf2 dato che si sta usando il modello a
due parametri. Quella di tensione: A R R R r vL i L i f L be 02 2 2 2 2 2 2 0 0 . A
A questo punto siamo in grado di determinare le funzioni complessive. Abbiamo gi detto
che si tratta di una reazione di tensione serie. Il grado di reazione complessivo t
F
F F
R
R R
.
+
1
1 2

( )
F = 1+
- '
'

'
Lt t VFL1 VL12
m1 E
m1 E
f1 L1
be f1 E
0 0 0 b b
b b
b
A A
R
R R
g R
g R
R
r
R
R R
R R
r R r
F
F F
f
L
be
F
F F
f L
be
+
+

+

_
,

_
,
+
+

+
1
1
1
1
1 2
2
2
2
1
1 2
2 2
1 2
.


Dunque
( )
( )
.
r ' R r
R R
R R
R
1
r ' R r
R R
=
F
A A
= = A
'
2 be E f1 1 be
2 L 2 f L1 f1
2 F 1 F
1 F
2 be E f1 1 be
2 L 2 f L1 f1
Lt
VL12 VFL1
b1
o2
VFLt
0
0 0
0

+
+


+
+
v
v

Che se
( )
R
R R
R R
r R r
F
F F
f L
be
1
1 2
2 2
1 2
1
+
>>
+
b b
b
f1 L1
be f1 E'
diventa
AVFLt0
+ R R
R
F F
F
1 2
1
.
Limpedenza dingresso che tiene conto della reazione complessiva :
La reazione 615
( )
( )
Z Z F iF i L t F t be
F
F F
f L
be
r R
R
R R
R R
r R r
0 0 0 1 1
1
1 2
2 2
1 2
1 + +
+

+

1
]
1
'
'
f1 E
f1 L1
be f1 E
b
b b
b

che pu assumere valori veramente molto grandi soprattutto se lipotesi fatta precedentemente ve-
rificata.
Per il calcolo dellimpedenza duscita, e cio quella vista da RL, riprendiamo le formule del
13.1.2. E Z
Z
F
oF
o
S
. Zo RC e F A S VS + 1 bt . A limA . VS
Z ,
VSL
L

+
A
Z
Z Z
Vt
iF
iF S
0
10
10
In questa espres-
sione si usato ZiF10 che limpedenza dingresso del primo stadio quando non si tiene conto della
reazione complessiva, ma, invece, di quella interna al primo stadio. AVt0 lamplificazione a vuoto,
senza la reazione complessiva. Cio:
.
r
' R

' R r
R
r
R
lim
R g 1
R g -
= A lim A = A
2 be
L
2 f
E f1 1 be
L1 f1
2 be
2 L
2 f
, R
E m1
L1 m1
VF2
, R
VFL1 Vt
L
0
L
0 0
+

,
_


+


Dunque:
F A
' '
S VS + +
+

+

+
+ +
+
+

+ +
1 1 1
1
1 2 1
2
2
1
1
1
1 2
2 2
1
b
b
b
b b
b
b b
b
t
F
F F be
f L
be
be
S be
F
F F
f L be
S be
R
R R
R
r R
R
r
r R
R r R
R
R R
R R r
R r R
f1 L1
f1 E
f1 E
f1 E
f1 L1
f1 E '

'
' '
e per finire :
2 f
C
E f1 1 be S
2 be L L1 2 f f1
2 F 1 F
1 F
C
oF
R
' R r R
r ' R R
R R
R
1
R
Z

+ +

+
+
molto pi piccolo di Rc.
13.1.10.5 Due stadi in cascata con reazione negativa dallemettitore
Un altro caso interessante proposto nella figura seguente. Si tratta di un amplificatore a
due stadi. La reazione prodotta dalla corrente i F che scorre nella resistenza RF e penetra nel nodo
di confronto che la base di T1. Pertanto la reazione parallelo. Se cortocircuitiamo luscita por-
tando RL a zero la corrente di reazione resta e quindi la reazione di corrente. Possiamo, quindi, u-
sare i risultati del 13.1.5.
Anche in questo caso, per, il circuito schematico di Fig.13.1-9 non immediatamente ap-
plicabile. Ci sono parti comuni allingresso ed alluscita, per cui bisogna utilizzare quanto detto nel
13.1.9. Per determinare il circuito dingresso, data che la reazione di corrente devo porre la cor-
rente duscita a zero e quindi aprire lemettitore di T2. Allora RE risulta in serie a RF. Per cui
(Fig.13.1-17b) Rb1 = RF + RE. Il circuito duscita, dato che la reazione parallelo, va determinato
cortocircuitando vi. Allora RF va in parallelo a RE. Perci inserisco una RE = RF||RE.
A questo punto posso procedere a partire dal secondo stadio. Si tratta di uno stadio intrinse-
camente reazionato. In effetti il doppio carico con uscita di collettore gi studiato in precedenza
ZoF2
RS
v v
i
+
-
v v
S
+
-
RL
v v
o
+
-
Rb1
rbe1
AV
v v
i
i i
o
(c)
RC2
RC1
CF
T1
T2
v v
o
+
-
RS
RF
RE
RL
v v
i
+
-
CC
i i
e2
i i
c2
i i
o
(a)
i i
F
v v
S
+
-
RC2
T1
T2
RC1
RS
Rb1
RE
v v
i
+
-
RL
CC
v v
o
+
-
(b)
v v
S
+
-

Fig.13.1-17
La reazione 616
sia nel 13.1.10.3 che nel 10.1.2. Tuttavia bisogna prestare attenzione che a complicare le cose si
introdotto un carico esterno RL. In pratica si possono utilizzare le espressioni gi ricavate nel
13.1.10.3 purch al posto di RE si usi RE, al posto di RC si usi RL2 = RC2||RL. Pertanto abbiamo:
( ) ( ) [ ]
A R
R r
r R R r R R
VLF
E f ce
be E E f
2
2 2
2 2 1


+ + + + +
L2

L2 ce2 ce2 L2 r
'
' '
;


( )
Z r R
R
R R
iF be E
f
E
2 2
2 1
'
'
; +
+ +
+
r
+r
ce2 L2
ce2 L2

( ) Z
R
r R R
r R R oF f
E
be S E
be S E 2 2
2 2
2 2 ' || '
'
'
= r 1+ + . ce2
+ +

_
,

+
Se pero, si guarda da RL, allora limpedenza duscita : ZOF2 = ZOF2||RC2.
La RS2 limpedenza equivalente del generatore che pilota T2 e cio quella duscita del pri-
mo stadio cio RS2 = rce1||RC1.
Il carico del primo stadio, che un semplice E.C., RL1 = RC1||ZiF2. Pertanto
lamplificazione di questo stadio AVL1 = -gmRL1. La sua impedenza dingresso, cio quella di base,
rbe1.
Siamo ora in grado di studiare il comportamento complessivo. Ricordiamo che si tratta di
reazione di corrente parallelo e che perci si possono usare i risultati del paragrafo 13.1.5. Perci
si rappresentato il circuito equivalente di Fig.13.1-17. In esso c il generatore AVvi. Questi, in ef-
fetti AvL1AVF2 vi (Che si pu determinare da AVLF2 per ZL aperta). Quindi:
( ) ( ) [ ]
A A R
R r
r R R r R R
VF VFL
Z
E f ce
be E E f
L
2 2
2 2
2 2 1


+ + + + +

C2

C2 ce2 ce2 c2 r
'
' '
.


Per quanto riguarda AVL essa A = Av Av
R
Zo + R
VL L1 F2
L
F2 L
. Non si stanno eseguendo le sostitu-
zioni per evitare di scrivere espressioni troppo complesse. Va tenuto conto che AVL positiva data
la doppia inversione.
La corrente di reazione i F la frazione RF/(RF+RE) = RF/Rb1 di quella dellemettitore di T2.
Questa un po pi alta di quella di collettore della quantit (1+1/bf2). La corrente duscita sul cari-
co la frazione RC2/(RC2+RL) di quella di collettore, a parte il segno. Pertanto fra corrente di reazio-
ne e duscita si ha un rapporto

_
,

_
,

i
i
F
o
R
R
R
R
E
b1 f2
L2
C2
1
1
1 ed il grado di reazione comples-
sivo (Vedi 13.1.5)

T
Z
Z
R
R
R
R
R
R
+

_
,

_
,

S
L
E
b1
S
L2 f2
L2
C2
1
1
1 .
A questo punto si tratta di riprendere le espressioni del 13.1.5 e sostituire i valori opportu-
ni. Si ha:
;
r R 1
A
Z Z 1
A
A
1 be S
VL
i S
VL
VLS
+

+

con F A A LS VLS t VLS + + 1 1 ;
e quindi A A F VLSF VLS LS
Limpedenza duscita e quella dingresso si calcolano da:
; R A Z Z A Z Z S VS 2 oF S VS o oFt
Z
Z
A Z Z
r
A r R
iFt
i
VL i s
be
t VL be s




.
+

+ 1 1
1
1

La reazione 617
Dato che AVL positivo lo sono anche AVLS e AVLF. Anche bt positivo e la reazione, dun-
que, risulta negativa. ZoFt risulta molto pi grande di ZoF2 che RC2.
13.1.10.6 Circuito con stabilizzazione del punto di lavoro tramite RB
Riprendiamo un circuito gi studiato nel 10.4.1 e ripreso in Fig.13.1-18 la resistenza RB
inserita per ottenere una discreta stabilizzazione del punto di lavoro. Tuttavia evidente la presenza
di reazione. Attraverso di essa passa una corrente di reazione che si annulla solo se si cortocircuita
luscita. Allora la reazione di tensione parallelo il cui comportamento stato determinato nel

Facciamo delle considerazioni preliminari riguardanti il punto di lavoro.:
r
g
V
I
V
I
V R
V V
R
r
V V
V
be
F
m
F T
C
T
B
T B
CE BE
B
be
CE BE
T



;
V V
R
I I I
V V
R
R
R
V V
V V
CC CE
C
E C F B F
CE BE
B
B
C
F
CE BE
CC CE

.
Adottando un punto di lavoro che non sia particolarmente originale ragionevole che RB sia molto
pi grande sia di RC che di rbe. In tale ipotesi semplificativa eseguiremo il nostro studio. I risultati si
ottengono facilmente se si impiegano le espressioni trovate nel 13.1.4.
Ancora una volta necessario applicare le nozioni del 13.1.9. Essendo la reazione parallelo
vi a zero ed allora la RB si posiziona fra collettore e massa. Inoltre, dal
momento che la reazione di tensione lingresso si stabilisce ponendo vo = 0. Perci la RB viene ad
essere connessa tra base e massa. Il circuito si trasforma in quello di Fig.13.1-18b Il cui equivalente
in Fig.13.1-18c. Ro il parallelo fra rce, RC, RB. In ingresso la stessa RB va in parallelo a rbe. In ef-
fetti, per quanto detto precedentemente a proposito del valore di RB, questa pu essere trascurata sia
nel parallelo con rbe che in Ro. Perci Ro rce||RC.
Il coefficiente di controreazione Y si calcola dalla definizione IF = Y Eo. Quindi Y = -1/RB.
E b = Y$RS = -RS/RB. Limpedenza dingresso sulla base rbe. Per continuare bisogna calcolare AV
che -gmRo. Allora A A
Z
Z Z
g R
R
R R
g R VL V
L
L o
m o
L
L o
m L'
+

+
in cui RL rce||RC||RL||RB.
rce||RC||RL.
Applichiamo le espressioni del 13.1.4. Non riteniamo interessante dare alcun commento.
A A
Z
Z Z
g R
r
r R
R
r R
VLS VL
i
i S
m L
be
be S
f L
be S
'
'
;
+

+

+


F A
R
R
R
r R
R
R
R
r R
LS VLS
S
B
f L
be S
S
B
f L
be S
+
+

_
,

+
+
1 1 1
' '
;
RS
RB
RC
v v
i
v v
S
+ +
- -
v v
o
+
-
RL
CC (a)
i i
o
i i
S

i i
F

(b)
RS
v v
i
+
-
v v
S
+
-
RB
v v
o
+
-
RB RC RL
(c)
RS
RL
v v
o
+
-
i i
o
v v
i
+
-
v v
S
+
-
gm
v v
i
Ro
rbe
RB

Fig.13.1-18
La reazione 618
( )
A
A
F
R
r R
R
R
R
r R
R
r R R R
VLSF
VLS
LS
f L
be S
S
B
f L
be S
f L
be S f L B

'
'
'
'
;

+
+
+


+ +

1
1

A A
R
r R
VS VSL
Z
f o
be S
L

+

;
Z
Z
A
R
R
R
R
r R
R
R r
R
g R
oF
o
VS
o
S
B
f o
be S
o
S be
B
m o

||
;
+


+

_
,

+
1
1 1



( )
Z
Z
A Z Z
r
R R g R r R
r
R R
iF
i
VL i s
be
S B m L be s
be
f L Bf


'

'
.
+



+ 1 1 1








La reazione 619
13.2 La stabilit
La reazione ha, in generale, effetti benefici ed utili. Tuttavia pu produrre degli imprevisti
che possono portare ad un funzionamento completamente diverso da quello progettato. il caso de-
gli amplificatori reazionati che diventano instabili o degli oscillatori che perdono la loro capacit di
produrre segnali. In questo paragrafo ci occupiamo del problema della stabilit connesso con la rea-
zione.
13.2.1 Reazione e stabilit
Riprendiamo lespressione generale dellamplificazione reazionata:
A
A
A
F
+ 1 b
[13.2-1]
Il prodotto bA prende il nome di guadagno danello.

La Fig.13.2-1 il diagramma di Nyquist di un generico guadagno danello. Il punto U(-1,0)
un punto molto importante del diagramma. Prendiamo in esame un generico punto P (corrispon-
dente ad una pulsazione wp) di bA. Il vettore PUche congiunge U a P , vedi figura, il vettore =
1+bA. Consideriamo anche il cerchio tratteggiato C con centro U e raggio unitario. I punti di bA
che sono interni al cerchio C, come per esempio il punto Q hanno |1+bA| < 1. Per essi la reazione
positiva. Infatti il vettore CUha una lunghezza inferiore ad 1 come si pu immediatamente osserva-
re per confronto con il raggio del cerchio C su cui il vettore 1+ bA giace.
Un punto del guadagno danello sul cerchio C, come, ad es. il punto R, ha |1+bA| = 1. Per
esso la reazione sembra non avere alcun effetto.
Quelli esterni come, ad es. il punto P, invece, hanno |1+bA| > 1. Vedremo che questi sono i
punti corrispondenti alle frequenze per le quali la reazione , in genere, negativa.
13.2.1.1 Criterio di Nyquist
Abbiamo visto nel Cap.1 che un sistema che contiene poli a parte reale positiva instabile.
Supponiamo di avere a disposizioni sistemi stabili che interconnettiamo in modo da avere un siste-
ma reazionato. Il sistema complessivo pu diventare instabile. Il fatto che, anche se i poli del gua-
dagno danello sono a parte reale negativa, non detto che i poli di 1+ bA lo siano ancora. Ci occu-
peremo adesso di questo problema della stabilit.
b b
A
P
Q
R
(b)
1
b b
A
b b
A
b b
A (-1) = 1 +
b b
A
U
P
Q
R
(a)
-
w w
p

Fig.13.2-1
La reazione 620
Prendiamo in considerazione la Fig.13.2-2. Il
diagramma di Nyquist passa proprio per il punto U.
Pertanto, alla frequenza wj relativa al punto U di bA
sar 1+bA = 0. Questo porta come conseguenza che
se applichiamo al sistema un segnale che abbia, fra
laltro, larmonica wj lamplificazione reazionata
diventa infinita. Il sistema instabile. Ma non ne-
cessario applicare alcun segnale. Infatti, lo stesso
rumore presente in tutti i circuiti elettronici contiene
larmonica wj e quindi il sistema dar uscita anche
se non applichiamo nessun segnale dingresso.
A questo punto sembrerebbe che sol-
tanto i sistemi il cui bA passa da U sono instabili. Le
cose non sono affatto cos. Immaginiamo di molti-
plicare per un fattore reale positivo leggermente inferiore ad 1 la funzione di Fig.13.2-2. Il dia-
gramma non passa pi da U ed il sistema stabile. Ma anche se moltiplichiamo per un fattore reale
positivo leggermente superiore ad uno la curva lascia il punto U. Ma il sistema diventa stabile?
Un segnale EC allingresso di controllo dellamplificatore intrinseco, tramite lamplificatore
e la rete di reazione ritorna indietro producendo un segnale di reazione EF = bAEC. Il segnale di rea-
zione va a sottrarsi allingresso di controllo e da questi viene visto capovolto. Nel punto U, bA -1,
per essere pi precisi, |bA| = 1 e arg(bA) = 180. Il segnale di controllo Ec dellamplificatore intrin-
seco, alla pulsazione wj , attraverso lamplificatore e la rete di reazione, ritorna indietro e viene rivi-
sto in fase con il segnale che lo ha generato. In tal modo esso rinforza lo stesso segnale EC che lo
ha generato. Ci assicurato dallo sfasamento di 180 fra EF e EC. Il sistema instabile, non solo
perch a questa frequenza lo sfasamento 180 ma anche perch il segnale rinviato indietro tale
che |bA| = 1. Se ora aumentiamo leggermente il tutto moltiplicando per un fattore reale positivo leg-
germente superiore ad uno, alla stessa pulsazione wj lo sfasamento fra EF e EC sar ancora di 180
ed il segnale che rinviamo indietro sar pi alto del minimo necessario perch il sistema sia instabi-
le. Il sistema sar, dunque instabile, anzi a maggior ragione, perch avr anche un certo margine en-
tro il quale o b oppure A potranno diminuire ed il sistema rimarr instabile.
Nelle Fig.13.2-3 sono rappresentate tre diagrammi di Nyquist relativi a tre differenti bA.
Quello a sinistra si riferisce ad un sistema stabile, quello centrale ad un sistema instabile appena.
Quello a destra ad un sistema certamente instabile.
U
b b
A
w wj j

Fig.13.2-2
U U U
b bA
b bA
b bA
(a)
(b) (c)

Fig.13.2-3
La reazione 621
Un modo preciso per determinare se un sistema stabile viene dal Criterio di Nyquist. Es-
so ha due diversi enunciazioni a secondo che in bA esistano o no poli a parte reale positiva.
Nel caso di sistema intrinsecamente stabile, cio con bA sprovvisto di poli a parte reale posi-
tiva vale il criterio di Nyquist ristretto:
Un sistema stabile ad anello aperto lo anche ad anello chiuso se il
diagramma polare di b bA.
Bisogna stare attenti a quello che significa esterno ad un diagramma. Se, nel seguire la
curva in questione, per pulsazioni crescenti, da - a + , il punto U ci resta alla nostra sinistra, allo-
ra esso esterno alla curva. Nellesempio di Fig.13.2-3.c quando ci avviciniamo a U ci accorgiamo
che U ci sta a destra ed anzi la curva lo comprende. Per cui esso allinterno ed il sistema instabi-
le.
Nel caso in cui, il sistema non reazionato intrinsecamente i nstabile, cio se bA ha Np poli a
parte reale positiva bisogna osservare il vettore 1+bA e come esso ruota per - < w < + . In tal caso
vale il criterio di Nyquist generalizzato:
Un sistema intrinsecamente instabile ad anello aperto lo ad anello chiuso se il vettore 1+b bA
compie un numero di rotazioni in senso antiorario pari a Np.
13.2.1.2 Margine di stabilit
I sistemi stabili, per variazioni occasionali dovuti a dispersioni di parametri o per effetti ter-
mici o che altro possono diventare instabili. Viene quindi data una definizione della loro capacit di
essere stabili. Per far ci prendiamo in esame le Fig.13.2-4 che si riferiscono alla stessa funzione
bA. Chiamiamo wc (pulsazione critica) e wj le pulsazioni per le quali, rispettivamente |bA| = 1 e
arg(bA) = 180. Esse corrispondono ai punti P e Q, rispettivamente. Nel diagramma di Nyquist il
punto P si ottiene intersecando la curva del guadagno danello con un cerchio unitario centrato in O
mentre Q lintersezione, se esiste, del semiasse reale con il guadagno danello. Nel diagramma di
Nyquist il punto P si ottiene intersecando la curva del guadagno danello con un cerchio unitario
centrato in O mentre Q lintersezione, se esiste, del semiasse reale con il guadagno danello. Nel
diagramma di Bode P il punto a guadagno nullo e G il punto a fase 180. Come si pu ben vede-
re il sistema descritto dalla Fig.13.2-4 stabile.
A questo punto ci si chiede: lasciando invariato largomento, se cambia soltanto il modulo
di bA, di quanto esso pu aumentare finche il sistema rimane stabile? Questo aumento, espresso in
MG. Per misurarlo sul diagramma di Bode andiamo a guardare quel
che avviene quando la fase 180, cio alla pulsazione wj . Il guadagno danello minore di zero
perch passa sotto allasse delle frequenze. Il margine di guadagno proprio quanto manca, al gra-
fico del guadagno di bA, in corrispondenza di wj , cio del punto Q, per arrivare allasse delle pul-
b bA
(b)
- -


- -
w wj j
w wc
Q
P
MG
MF
U
1
b bA
Q
(a)
P
O
MF = POQ
MG = -20 Log (UQ)
w wj j
w wc

Fig.13.2-4

La reazione 622
sazioni. Sul diagramma di Nyquist bisogna misurare quanto manca al punto Q per arrivare in U. La
sua misura in dB il margine di guadagno.
In modo analogo definiamo il margine di fase MG. Se, lasciando invariato il modulo del
guadagno danello, cambiasse soltanto la fase di bA, di quanto potrebbe aumentare finche il sistema
rimane stabile? Questo aumento, il margine di fase. Per misurarlo sul diagramma di Bode andia-
mo a guardare quel che avviene quando il guadagno 0 dB, cio alla pulsazione wc. Lo sfasamento
minore di 180 perch il sistema stabile. Ma quanto manca a 180? Ci proprio il margine di
fase. Nel diagramma di Nyquist il MF misurato direttamente dallangolo POQ.
13.2.1.3 Luogo delle radici
Quanto detto consente di controllare se un sistema reazionato stabile o no e gli eventuali
margini. In fase di progettazione, tuttavia, pi utile potere avere qualche grado di libert per pote-
re ottenere prestazioni spinte in condizioni ottimali. Un mezzo che ci consente di progettare reti rea-
zionate in modo da ottimizzarne il comportamento il luogo delle radici (LdR).
Abbiamo visto limportanza di bA. Esso pu essere sempre scritto come:

( )
( )
bA + 1 k
N s
D s
[13.2-2]
Nella quale k una costante e N(s) e D(s) sono dei polinomi in s le cui radici sono gli zeri ed i poli
di bA, rispettivamente.
Il LdR rappresenta il luogo geometrico del piano complesso della posizione dei poli della
funzione di trasmissione reazionata data dalla

( )
( )
F + + 1 1 bA k
N s
D s
[13.2-3]
in cui si fa variare il parametro k. Le radici sono quindi le soluzioni di
( ) ( ) D s k N s + 0. [13.2-4]
Riuscire a tracciare la posizione di tutte le radici al variare di k significa potere scegliere il
valore di k che pi ci aggrada ottenendo la stabilit desiderata. Se dovessimo operare con sistemi di
controllo automatico la scelta di k pi grande possibile si fa per ottenere alta precisione del sistema.
Faremo lipotesi che il grado n di N(s) non sia superiore a quello d di D(s). Cio, il sistema
ad anello aperto a frequenze illimitate non ha risposta illimitata.
In modo simbolico la [13.2-4] pu essere scritta come.
( ) ( ) s p k s z i
i
d
i
i
n


[13.2-5]
dove con pi si sono indicati le radici del denominatore D(s), cio i poli di bA e con zi le radici del
numeratore N(s) , cio gli zeri di bA.
Un modo alternativo per rappresentare il luogo delle radici quello di distinguere il modulo


( )
( )
( ) ( )
s p
s z
k e s p s z k
i
i
d
i
i
n
i i
i
d
i
d

+ +


arg arg . 180 360 [13.2-6]
Per il tracciamento del LdR si possono dare alcune semplici regole
[BA],[DI]
:
a) numero dei rami, cio i tratti distinti sui quali le radici si muovono:
La reazione 623
essi sono d, cio tanti quanti i poli di bA o se si vuole le radici di D(s), dal momento che il grado d di
D(s) non inferiore a quello n di N(s);
b) simmetria rispetto lasse reale. Il LdR ha lasse reale come asse di simmetria;
c) LdR sullasse reale: Se k > 0 fa parte del LdR il tratto di asse reale che ha alla sua destra un numero
complessivo di poli e zeri reali dispari. Altrimenti, se k < 0, alla rovescia;
d) inizio dei rami: (per k = 0), ogni tratto del LdR comincia da un polo di b bA, cio da una radice di
D(s);
e) fine dei rami: (per k ), ogni tratto del LdR finisce su uno zero di b bA, cio su una radice di N(s);
f) Se n < d allora (d-n) tratti del LdR finiscono allinfinito:
g) Il LdR ha d-n asintoti che passano da un punto posto sullasse reale di ascissa
s
p z
d n
as
i i
i
n
i
d




1 1
; [13.2-7]
a) Ogni asintoto forma con lasse reale un angolo dato da:

( )
Q Q i
i
d n
i
i o
d n
i
d n
per k
i
d n

>

<


2 1
0
2
0
1
1
p p
oppure per k 0; [13.2-8]
a) il LdR lascia lasse reale con un angolo di /2;
b) biforcazione; il LdR lascia lasse reale in un punto sb di biforcazione tale che

1 1
1
s p s z b i
i
d
b i
i
n


; [13.2-9]
a) langolo di partenza da un polo complesso
( ) ( ) ( ) + 180 0 + +

arg arg arg s p s z k i i
i
d
i
d
[13.2-10]
in cui, per, viene trascurato leffetto del polo in oggetto.
Facciamo alcuni esempi di LdR.
Due casi relativi a
sistemi con un solo polo
sono mostrati nella
Fig.13.2-5. Il primo, (a),
avendo soltanto un polo,
la parte dellasse reale a
sinistra del polo, laltro,
con un polo ed uno zero,
il tratto dellasse compre-
so fra queste due radici.
La Fig.13.2-6 mostra degli esempi di LdR con due poli. Il primo caso (a) mostra un sistema
con soltanto poli. Allora, non avendo zeri deve avere due asintoti a t90. La biforcazione, secondo
la [13.2-9] per s= -6.
Il secondo LdR (b), ha due poli ed uno zero e quindi un asintoto: lasse reale. Questi fa parte
del luogo delle radici fra le prime due.
Il terzo LdR (c) abbastanza semplice da tracciare. Avendo quattro radici reali ha due tratti
dellasse reale che fanno parte del LdR. Per ognuno di questi tratti c un polo di partenza ed uno

Nel quarto caso (d) le cose si complicano. Infatti, pur avendo ancora quattro radici esse sono
posizionate in modo che non possibile passare da un polo ad uno zero seguendo lasse reale fino
in fondo. Ad un certo punto i due poli si avvicinano aumentando il k fino a coincidere e quindi suc-
(a)
(b)

Fig.13.2-5
La reazione 624
cessivamente si separano in due
poli complessi coniugati che si
spostano verso destra nel piano
complesso fino a ricongiungersi
in un punto dellasse reale com-
preso fra i due zeri. Le due bi-
forcazioni possono essere trova-
te utilizzando la [13.2-9].
La Fig.13.2-7 mostra
due casi interessanti con tre po-
li. Questa volta la differenza fra
il numero di poli e di zeri tre
ed esistono tre asintoti che per
la [13.2-8] sono a 60, 180 e
240. Nessuno zero presente.
Nella (a) i tre poli sono tutti rea-
li. Quando aumenta k, uno di
essi, il maggiore, tende asintoti-
camente allinfinito. Gli altri
due diventano complessi coniu-
gati ed ad un certo punto a parte
reale positiva (per k> 120.000)
il sistema diventa instabile. An-
che laltra figura da un compor-
tamento simile. Anche se due
dei poli, gi di partenza sono
complessi coniugati, essi conti-
nuano a spostarsi rimanendo ta-
li fino a diventare a parte reale
positiva dando luogo ad instabi-
lit (per k > 50.000) .
La Fig.13.2-8 mostra si-
stemi con quattro poli. nella (a)
ci sono anche 2 zeri. La diffe-
renza poli-zeri due e ci sono
due asintoti. il sistema non pu
diventare instabile. Nella (b) la
differenza poli-zeri quattro e
sono presenti quattro asintoti a
t45 e t135. Per k sufficien-
temente grande (k > 1.3 10
6
) il
sistema pu diventare instabile.
chiaro che il k massi-
mo che si pu sopportare
quello che produce poli
sullasse immaginario, e cio a
parte reale nulla. Tuttavia un
sistema del genere non ha alcun
margine ed sconveniente a-
(a) (b)
(c) (d)

Fig.13.2-6
(a)
(b)

k=1.3 10
6
k=1.8 10
5
(a) (b)

Fig.13.2-8
(a)
(b)
K=120.000
k=17.000
K=50.000
k=8.000

Fig.13.2-7
La reazione 625
dottarlo.
Perch un sistema possa essere instabile serve una differenza poli-zero di almeno tre. Infatti
in tal caso ci saranno asintoti a t60 e la possibilit che, per k sufficientemente grande il sistema di-
venti instabile. Allora opportuno che il luogo delle radici venga disegnato tarato con i valori del
guadagno in corrispondenza.
13.2.2 Stabilizzazione di sistemi reazionati instabili a catena chiusa
Prendiamo in considerazione un amplificatore che possiede
almeno tre poli a parte reale negativa la cui funzione di trasmissione :
( )( )( )
A
A
s s s

+ + +
0
1 2 3 1 1 1 / / / w w w
. [13.2-11]
Se lo adoperiamo in un circuito reazionato come quello della Fig.13.2-
9, esso pu dare luogo ad un sistema instabile. Tutto dipende dalla po-
sizione dei poli e dallamplificazione A0 a bassa frequenza. Nella
Fig.13.2-10 mostrato il diagramma di Bode dal
quale si vede la posizione della pulsazione critica.
Semplifichiamo il caso immaginando b = 1.
In tal caso:

( )( )( )
b
w w w
A
A
s s s

+ + +
0
1 2 3 1 1 1 / / /
,
Kst = A0 .


Da un semplice calcolo si ricava:
A
A
A
A
c c
0
0
2
2
2
1 2
2 2
1 2

_
,


w
w
w
w
w
w w
.
[13.2-12] Inol-
tre il suo prodotto guadagno-larghezza di banda
GBW A c > 0 1
2
2 2 w w w w . [13.2-13]
Il sistema dellesempio di Fig.13.2-10 in-
stabile in quanto alla pulsazione critica lo sfasamento certamente superiore a 180.
13.2.2.1 Stabilizzazione con abbassamento del guadagno danello
Un modo semplice per stabilizzare sta
nellabbassare il guadagno danello aggiungendo
una attenuazione kog nel ramo diretto, come mostra-
to in Fig.13.2-11. Supponiamo che vogliamo avere
un margine di fase di 45. Bisogna fare coincidere la
pulsazione critica con w
2
, come illustrato nella
Fig.13.2-12. Si avr, pertanto:
b
w
w
w
w w
A K A k
k
stg g
g c
0 0 0
2
1
0
2
1 2
,
da cui kog = (w2/wc)
2
, [13.2-14]
con Kstg = w2/w1 < A0, [13.2-15]
e F0g = 1 + Kstg =1 + w2/w1
I poli del ramo diretto non sono cambiati. La pulsazione di taglio la pi bassa di bA,
w1, per il fattore di reazione F0g. Cio
e
i
c
e
e
f
o
e
b b
A

Fig.13.2-9
G(dB)
0
w w
w w w w w w w w1 2 3 c
w w 3 w w w w w w w w1 2 c
j j
180
0
-20dB/Dec
-40dB/Dec
-60dB/Dec
-45/Dec
-45/Dec
-45/Dec
20LogA
2
20LogA
0
b bA

Fig.13.2-10
o
e
e
i
c
e
e
f
A
b b = 1
F(s)=k
0g

Fig.13.2-11
La reazione 626
wtg =w1Fog = w1 + w2 w2.
Lamplificazione reazionata, pertanto, :
A
K
F
F g
stg
og
0
2 1
2 1
2
1 2 1
1
+

+

w w
w w
w
w w

ed il prodotto guadagno-larghezza di banda coin-
cide con wtg.
Se il blocco che abbassa il guadagno si
toglie dal ramo diretto e si inserisce nel ramo di
reazione, senza cambiare kog, non varia il guada-
gno danello e quindi la stabilit assicurata con
lo stesso margine. Il fattore di reazione e la ban-
da passante rimangono invariati. Differente
risultano, invece lamplificazione reazionata e
quindi il GBW. Infatti, questa volta, nel ramo di-
retto c soltanto lamplificatore e:
A
A
F
F g
og
c c
0
0
2
1 2
2 1 2
2
1
1 '
+

_
,
>
w w w
w w
w
w
[13.2-16]
che risulta tanto pi grande quanto maggiore leccesso damplificazione dellamplificatore
reazionato. Il GBW risulta, quindi: GBWg = AFog wtg = wc
2
/ w2, [13.2-17]
ben pi grande che se si mette lattenuatore nel ramo diretto.
Nei sistemi di controllo, per i quali si usano reti
reazionate che debbono, ovviamente, essere ben stabili
la precisione del sistema aumenta con il guadagno sta-
tico danello, la prontezza con la frequenza di taglio e
la sensibilit con il guadagno complessivo. La
Tav.13.2-I sintetizza questi risultati per il sistema di
stabilizzazione presentato. Tranne che per la sensibilit
non fa differenza dove si mette lattenuatore.
13.2.2.2 Stabilizzazione con polo dominante
Un modo differente per stabilizzare lamplificatore
della Fig.13.2-9 consiste nellintrodurre nel guadagno
danello un polo, detto dominante, molto anticipato rispetto
al primo polo in modo da ottenere che la pulsazione critica
diventi proprio questultima. In Fig.13.2-13 ci viene realiz-
zato inserendo nel ramo diretto un filtro Passa Basso (PB)
che ha come funzione di trasmissione
F s
k
s
od
d
( )
+ 1 w
[13.2-18]
Il PB della Fig.13.2-14 ha come funzione di trasmissione
1/(1+s/wd) in cui la pulsazione dangolo wd linverso della costante
di tempo RC. Pertanto oltre il PB serve anche un partitore opportuno
che attenui kod. Per il momento supponiamo linsieme di partitore e fil-
tro inserito nel ramo diretto. Nellipotesi di b unitario il guadagno stati-
co
Kstd = A0k0d.

0
G(dB)
w w
w w w w w w
1 2 3
w w
3
w w w w w w w w
1 2 c
j j
180
0
-20dB/Dec
-40dB/Dec
-60dB/Dec
-45/Dec
-45/Dec
-45/Dec
MF = 45
MG
Guadagno d'anello
b bA

Fig.13.2-12
Abbassamento di
bA0

Tav.13.2-I
Precisione Kstg = w2/w1
Velocit wtg w2
Sensibilit b = 1 AF 1
b = k0g AF = ( wc/w2)
2
> 1
o
e e
i
c
e
ef
A
1 + s/w wd
k0d
b b = 1

Fig.13.2-13
C
Vi
R
Vu

Fig.13.2-14
La reazione 627
In Fig.13.2-15
mostrato il diagramma di
Bode del sistema stabilizza-
to (con linea tratteggiata)
con la condizione di MF =
45 alla nuova pulsazione
critica w1. Pertanto la pul-
sazione wd e il guadagno
statico debbono stare su un
qualunque punto D appar-
tenente al segmento P-Q
che ha pendenza di -
20dD/dec e che passa,
sullasse delle pulsazioni
dalla pulsazione critica w1.
Apparentemente non c al-
cuna ragione per scegliere
un punto anzich un altro. Tuttavia vedremo che non cos. Se il punto si spinge pi verso Q il
guadagno statico tende ad A0, mentre se lo si spinge verso P esso si abbassa verso lunit.
Tenendo presente la [13.2-12], il triangolo che ha come cateti 20Log(Kstd) ed il segmento
w1-wd, si pu calcolare il guadagno statico per soddisfare le condizioni precedenti:
K A k
k
std d
d
d c
0 0
1 0
2
1 2

w
w
w
w w
[13.2-19]
cio k d
c d
0
1
2
2

_
,


w
w
w
w
. [13.2-20]

e F0d = 1 + Kstd = 1 + w1/wd.
Nel ramo diretto si aggiunto un polo dominante wd. Allora la pulsazione di taglio la pi
bassa di bA e cio wd per il fattore di reazione F0
wtd = wd F0d = wd (1 + w1/ wd) = wd + w1 w1.
Nella TAV.13.2-II sono riportati i valori corrispondenti ai punti estremi Q e P. Nella parte
alte della tabella b = 1, mentre in fondo ci sono i valori che si ottengono se lattenuatore viene spo-
stato dal ramo diretto a quello
di reazione senza per cambiar-
ne il valore, in tal caso non mu-
tano Kstd, Fod e wtd. Per cambia
lamplificazione reazionata per-
ch varia il guadagno del ramo
diretto. Le conclusioni
sono evidenti. La prontezza del
sistema, che dipende da wtd,
varia soltanto di un fattore 2
spostando il punto D. La preci-
sione migliore si ha per DQ.
In questo caso non fa differenza
dove metto lattenuatore perch
kod unitario. Se per, si vuole
una maggiore sensibilit, si pu
G(dB)
0
w w
w w w w w w
1 2 3
w w
3
w w w w w w w w
1 2 c
j j
-20dB/Dec
-40dB/Dec
-60dB/Dec
180
0
-45/Dec
-45/Dec
-45/Dec
Guadagno d'anello
w wd
MF = 45
20 Log(K ) std
20 Log k
0d
b b
A
P
Q
D

Fig.13.2-15
Stabilizzazione con polo dominante Tav.13.2-II
Punto Q Punto P
b = 1
wd w1/A0 < w1
Kstd = w1 /wd A0 > 1
kod = Kstd/A0 A0/A0 = 1 > 1/A0 = w1 w2/wc
2

Fod = 1 + Kstd < 1+A0 > 1 + 1 = 2
AF0d = Kstd /F0d A0 /(1 + A0) 1 > = 0.5
wtd = wdF0d w1 < 2w1
GBWd = wtd AF0d w1 w1
b = kod
AF0d = A0 /Fod A0 /(1 + A0) 1< A0 /2
GBWd = wtd AF0d w1 < A0 /2 2w1 = A0w1
La reazione 628
mettere lattenuatore nel ramo di reazione
spingendo D fino a P. In tal caso la sensibili-
t arriva fino ad A0/2. Ma si perde in preci-
sione (Kstd=1) guadagnando soltanto un mi-
sero fattore due in prontezza. La conclusione
che conviene scegliere il punto Q e lasciar
perdere la sensibilit. I risultati conclusivi
sono riassunti in TAV.13.2-III
13.2.2.3 Stabilizzazione con rete anticipatrice
Un altro modo per ottenere la stabilizzazione sta nellinserire una rete anti-
cipatrice, cio una rete avente uno zero ed un polo superiore allo zero. Si fa coin-
cidere lo zero della rete correttrice con il secondo polo di A. Nel 3.3.3.2 abbiamo
studiato il comportamento della rete di Fig.3.3.14c che, per comodit riportiamo
nella Fig.13.2-16. La sua funzione di trasmissione espressa dalla [3.2-24]
F s k
s
s
k
s
s
a
z
p
a
z
p
( )
+
+

+
+
0 0
1
1
1
1

, [3.2-24]
in cui t p R R C || 1 < t
z
= R
1
C, [3.2-25]
e k
R
R R
a 0
1

+

per cui wp = 1/t p > wz = 1/t z. [3.2-26]
e
w
w
t
t
z
p
p
z
a k 0 . [13.2-21]
I diagramma di Bode relativi sono gi stati mostra-
ti nella Fig. 3.3-16.
Nella Fig.13.2-17 mostrato lo schema a blocchi del sistema contenente anche la rete stabi-
lizzatrice ed un blocco di attenuazione k entrambi inseriti nel ramo diretto. Dal momento che si fa
coincidere lo zero della rete correttrice con il secondo polo di A si ha un raddrizzamento del grafico
del guadagno danello nellintervallo w1-wc. Ma, allora, se si vuole un MF = 45 e spingere al mas-
simo le prestazioni bisogna prendere la nuova pulsazioni critica pari awp quanto pi a destra di w2
possibile. Per non troppo vicina ad w3 altrimenti il margine si riduce. Per fare in modo che il polo
w3 non abbia alcuna influenza negativa serve che la wp sia al massimo ad una decade da w3. Po-
niamo wp = w3/n, con n 10 per quanto detto. Consideriamo, al solito b = 1, almeno per un primo
momento. Allora abbiamo
Ksta = wp/w1 = w3/nw1 = A0k0ak = wc
2
/w1 w2 w2/w1 [13.2-22]

con k = (w3/n wc)
2
, [13.2-23]
k non deve superare lunit altrimenti non abbiamo inserito un attenuatore ma un amplificatore e la
cosa non corretta perch questi avrebbe altri poli. Pertanto dalla precedente si vede che w3 < n wc.
In sostanza n si fa quanto pi piccolo possibile, ma, in ogni caso non inferiore a 10. In questo caso
si riescono ad avere le migliori prestazioni. Ma perch n si possa fare 10 serve che la distanza fra la
pulsazione del terzo polo e quella critica sia inferiore ad una decade dal momento che k non pu
superare lunit.
Il fattore di reazione si calcola agevolmente come
F K n a sta 0 3 1 1 1 + + w w
La pulsazione di taglio si ottiene a partire dal primo polo di bA, cio w1 moltiplicando per il
fattore di reazione F0a:
w w w w w ta a F n n + 1 0 1 3 3
Stabilizzazione con polo dominante Tav.13.2-III
P Q
Precisione Kst 1 Ao
Velocit wt 2w1 w1
Sensibilit b = 1 AF .5 1
b = k0d AF A0/2 1
C
Vi
R
R1
Vu

Fig.13.2-16
o
e e
i
c
e
e
f
b b
A k
s
s
a
z
p
0
1
1

+
+

k

Fig.13.2-17
La reazione 629
Lamplificazione si calcola facil-
mente come
A
K
F
K
K
F a
sta
a
sta
sta
0
0 1
1
+
.
E quindi il prodotto guadagno larghezza di
banda coincide con wt a. La Fig.13.2-18 mo-
stra il risultato.
Se sposto blocco attenuatore e filtro
dal ramo diretto a quello reazione non cam-
bia bA, ne il fattore di reazione perch non
varia Kst, ma il guadagno del ramo diretto e
quindi quello reazionato. Si ha:
A
A
F n
A
k
n F a
a
c F c
0
0
0
2
1 2
3 1
0
2
2 3 1
'
'

+

w w w
w w
w
w w

La Tav.13.2-IV sintetizza i risultati. stato po-
sto n = 10, cio ci siamo messi nelle condizioni di otti-
mo impiego della rete stabilizzatrice. Questo sistema
di stabilizzazione da una discreta precisione una buona
velocit. Nel caso di filtro sul ramo di reazione si ottie-
ne anche una buona sensibilit.
13.2.2.4 Stabilizzazione con rete ritardatrice
Si pu ottenere la stabilizzazione inserendo una rete ritardatrice come
quella mostrata nella Fig.13.2-19 le cui propriet, gi studiate nel 3.3.3.1 sono
riassunte dalle
F s
s
s
s
s
z
p
z
p
( )
+
+

+
+
1
1
1
1
t
t
w
w
[3.3-18]
con z RC < t
p
= (R+R
1
)C, [3.3-19]
per cui w
z
= 1/t
z
> w
p
= 1/t
p
. [3.3-20]
Ed ancora
( )

z
p
R R C
R C
R
R

+
1 1
1 . [13.2-26]
Nella Fig.3.3-15 sono gi stati mostrati gli andamenti
della F(s).
Nella Fig.13.2-20 mostrato lo schema a blocchi
del sistema contenente la rete stabilizzatrice inserito nel
ramo diretto. Consideriamo, al solito b = 1, almeno in un
primo momento. Allora abbiamo
Kstr = A0b = A0. [13.2-27]
Questa volta si fa coincidere lo zero della rete correttrice con il primo polo di A. Pertanto
( )( )( )
b
w w w
A
A
s s s p

+ + +
0
2 3 1 1 1 / /
.
Dal momento che si inserisce un polo inferiore al primo, che viene eliminato, se si vuole un
margine di fase di 45, necessario che la pulsazione critica diventi w2, come mostrato nella
Fig.13.2-21. Si evince immediatamente che deve essere w2/wp = A0 = Kstr e la posizione di wp de-
terminata. Associando la precedente espressione con la [13.2-26] si ricava che 1+R1/R = A0w1/w2.
G(dB)
0
w w
w w w w
1 3
w w
3
w w w w w w w w
1 2 c
j j
-20dB/Dec
-40dB/Dec
-60dB/Dec
180
0
-45/Dec
-45/Dec
-45/Dec
Guadagno d'anello
MF = 45
una
decade
w wp w w2 = z w w
b bA

Fig.13.2-18
Stabilizzazione con
rete anticipatrice
Tav.13.2-IV
Precisione Ksta = w3/10w1
Velocit wt a w3/10
Sensibilit b = 1 AF 1
b = k0a AF = 10wc
2
/ w2w3
C
Vi
R
R1
Vu

Fig.13.2-19
o
e e
i
c e
e
f
b b
A
1
1
+
+
s
s
z
p


Fig.13.2-20
La reazione 630
Il fattore di reazione F0r :
F K A r str
p
0 0
2
1 1 1 + + +
w
w

La pulsazione di taglio si ottiene a partire dal primo polo di A e cio w
p
moltiplicandolo per il fatto-
re di reazione F0r e cio:

( )
w w w w w w tr p r p p F + 0 2 2 1 [13.2-28]
Lamplificazione si calcola facilmente come
A
K
K
F r
str
str
0
1
1
+
,
ed il prodotto guadagno larghezza di
banda lo stesso wt r.
Questo sistema evidentemente
pi lento del precedente avendo una pi
piccola pulsazione di taglio, per pi
preciso dal momento che ha maggiore
Kst.
Si pu ottenere una amplifica-
zione complessiva superiore mettendo
una attenuazione nel ramo di reazione e
cio facendo b < 1. Per avere lo stesso
MF di 45 la pulsazione critica deve es-
sere sempre w2 e quindi anche la scelta
di wp viene ad essere modificata. Si do-
vr fare wp = w2/bA0. Ma il guadagno
statico danello si abbassa a Kstr = A0b
= w2/wp ed il fattore di reazione anche a
F0r = 1 + Kstr = 1 + A0b = 1 +
w2/wp. Allora AF0r = A0/(1 + bA0) 1/b se bA0 >> 1.
La pulsazione di taglio wt r = wpFstr = wp(1 + w2/wp.)
w2, non diversa dal caso precedente. Il GBW
r
di-
venta pi grande perch maggiore lamplificazione. Il
sistema pi sensibile, ha la stessa velocit ma meno
preciso perch il guadagno statico danello pi basso.
Quello che si perde in precisione lo si guadagna in sen-
sibilit. La TAV.13.2-V riassume i risultati pi signifi-
cativi della compensazione con rete ritardatrice.
13.2.2.5 Stabilizzazione con rete a sella
Un ultimo caso da prendere in considerazione e relativo al cosiddetto filtro a sella. Guardia-
mo il circuito di Fig.13.2-22 la cui funzione di trasmissione :
( )
( )( )
( )( )
( )( )
( )( )
F s
R sC
R sC R sR C
s s
s s sR C
s s
s s s
a a
a a b b b
a b
a b b a
a b
a b b
( )
+
+ + +

+ +
+ + +

+ +
+ + +
1
1 1
1 1
1 1
t t
t t
w w
w w a w
, [13.2-29]
con t a = RaCa = 1/wa; t b = RbCb = 1/wb; a = Rb/Ra = 1/wa; Possiamo fissare arbitrariamente wa <
wb. Il denominatore della [13.2-29] pu essere riscritto come (s + wa) (s + wb) +aswb = s
2
+ [wa
+ (1 + a)wb] + wawb. Per note propriet algebriche
pmpn = wawb e -(pm+pn)= wa+(1+a)wb. [13.2-30]
G(dB)
0
w w
w w w w w w
1 2 3
w w
3
w w w w w w w w
1 2 c
j j
-20dB/Dec
-40dB/Dec
-60dB/Dec
180
0
-45/Dec
-45/Dec
-45/Dec
Guadagno d'anello
MF = 45
w w
p
b b
A

Fig.13.2-21
Stabilizzazione con
rete ritardatrice
Tav.13.2-V
b = 1 Kstr = A0
Precisione b < 1 Kstr = b A0
b = 1
Velocit b < 1 wt r w2
Sensibilit b = 1 AF 1
b < 1 AF 1/b
La reazione 631
E questo significa che i due poli sono esterni ai due zeri. La Fig.13.2-23 mostra
i diagramma di Bode di F(s). adesso chiaro il motivo del nome del filtro se si
guarda la curva dei guadagni. La zona di pulsazioni fra i due poli, esterni ai due
zeri, da una attenuazione. Se si fissano le posizioni dei due zeri possibile spo-
stare un polo, variando un parametro, ma automaticamente laltro polo si spo-
ster in senso contrario. Teniamo presente che siamo in presenza di diagrammi
logaritmici. Allora, se si tengono ferme le posizioni degli zeri, spostando, ad e-
sempio, a sinistra il polo basso, della stessa quantit si sposta a destra il polo al-
to dal momento che, per la [13.2-30] ovviamente wa/wm = wn /wb.

La compensazione con la rete a sella si fa in modo che le due pulsazioni
wa e wb corrispondono ai due zeri di F(s) come mostrato nella Fig.13.2-24. In
questo modo si abbassa il guadagno danello
soltanto nella zona di interesse, senza dovere
introdurre attenuazioni sul guadagno statico.
Leffetto complessivo sul grafico del guada-
gno danello quello di raddrizzarlo
w1-w2. Tuttavia la presenza di
wn a sinistra di w1 fa si che nell'intervallo la
pendenza di 10 dB/dec.
Facciamo le solite considerazioni
nellipotesi di MF = 45. Scegliamo il polo wn
= w3/n. n deve essere non inferiore a 10. Infat-
ti se si sceglie n troppo piccolo si fa sentire linfluenza di w3 ed il margine di fase si riduce. Tenen-
do presente quanto detto riguardo wa e wb e
cio che wa = w1 e wb = w2, dalla [13.2-22]
si ricava wm/w1 = w2/wn. Cio wm =
w1w2/wn = nw1w2/w3 . Ma unaltra limita-
zione sorge per quanto riguarda n. Infatti wm
< w1 significa anche che wm = nw1w2/w3 <
w1, cio n < w3/w2.
Come si vede chiaramente la scelta si
fa in modo da mantenere massimo il Ksts =
A0. Allora F0s = 1+A0. Risulta inoltre che la
pulsazione di taglio wts = wmF0s = 1+A0 =
nw1w2/w3(1+A0) nw1w2/w3A0 =
nw1w2/w3wc
2
/w1w2 = nwc
2
/w3. ed tanto
maggiore quanto pi grande si sceglie n.
Quindi opportuno scegliere n come il pi
piccolo fra 10 e w3/w2. Nel seguito suppor-
remo, a titolo desempio che la distanza fra
queste due pulsazioni sia superiore ad una decade e quindi sceglieremo n = 10. In tal caso wts
= 10wc
2
/w3.
Dal momento che la [13.2-29] ha un guadagno stati-
co di 1 non fa alcuna differenza se la rete a sella si mette sul
ramo diretto o su quello di reazione.
Nella TAV.13.2-VI sono riassunti i risultati
C
Vi Vu
C
a
R
b
R
a
b
(a)

Fig.13.2-22
G(dB)
0
w w
w w
j j
-20dB/Dec
0 -45/Dec
90
w w w w w w w w a b n m
w w w w w w w w
a b n m

Fig.13.2-23
G(dB)
0
w w
w w
3
j j
-20dB/Dec
-40dB/Dec
-60dB/Dec
180
0
-45/Dec
-45/Dec
-45/Dec
Guadagno d'anello
MF = 45
w w
3 w wn w wm w w2 w wb = w w1 w wa =
= w wn w w3/10
una
decade
w w
3
w w
n
w w
m
w w
2
w w
b = w w
1
w w
a =
b bA

Fig.13.2-24
Stabilizzazione
con rete a sella
Tav.13.2-VI
Precisione Ksts = A0
Velocit wts = 10wc
2
/w3.
Sensibilit AF 1
La reazione 632
13.2.2.6 Confronto fra i sistemi di stabilizzazione

I grafici relativi ai vari sistemi di stabilizzazione sono stati rappresentati nella figura sopra.
Sembra piuttosto interessante limpiego della rete a sella. Per avere idee pi precise dal punto di vi-
sta numerico, nella TAV.13.2-VII abbiamo riassunto i pi significativi risultati sulle reti stabilizza-
trici. I sistemi a polo dominante, con rete ritardatrice e a sella danno la maggiore precisione. Per
quanto riguarda la velocit il migliore quello con rete a sella, seguito dalla rete anticipatrice, dalla
ritardatrice, dal sistema con abbassamento del guadagno e, per finire, da quello a polo dominante.
Tuttavia un altro confronto pu essere utilmente fatto ed quello del prodotto Kstwt che da lidea
della bont complessiva del sistema. Il discorso non si pu affrontare precisamente a meno che non
si conoscano precisamente i valori delle varie pulsazioni. Converr scegliere di volta in volta. Nella
parte inferiore della tabella sono elencati i casi in cui la stabilizzazione interviene nel ramo di rea-
zione. Con una linea sono indicati i valori che rimangono inalterati rispetto laltro caso e cio con
rete stabilizzatrice sul ramo diretto.
Nei casi trattati in cui previsto linserimento di attenuazione nel ramo diretto e cio stabi-
lizzando o con labbassamento del guadagno danello o con polo dominante o con rete anticipatrice
st e quindi la precisione e la velocit si pu spostare
el ramo di reazione portando la sensibilit a valore pi alto. In effetti questa attenua-
zione pu essere a piacere ripartita fra ramo diretto e ramo di reazione a prodotto costante lascian-
do inalterate le due caratteristiche precedenti ma potendo variare a piacere la sensibilit da 1 ad A0.
Negli altri casi non essendo prevista alcuna attenuazione se ne viene inserita nel ramo di reazione
oltre la sensibilit vengono cambiate precisione e velocit.
Per finire precisiamo che abbiamo studiato i casi soltanto in cui la pulsazione critica com-
presa fra w2 e w3 perch lunico caso in cui la stabilizzazione necessaria. Infatti se si hanno me-
no di tre poli non ci sono problemi. Se wc sta fra il primo ed il secondo polo il sistema stabile, se
sta al di la del terzo per stabilizzare bisogna fare cose eccessive. Infine la presenza di eventuali poli
oltre al terzo, purch cadano oltre w3 non ha alcuna importanza nella determinazione della stabilit.
G( dB)
0
w w
-20dB/Dec
-40dB/Dec
-60dB/Dec
w w
3
w w
2
w w
1
b b
A
w w
c
Rete anticipatrice
Rete a sella
Polo dominante
Attenuazione
Rete ritardatrice
Sistema instabile

Fig.13.2-25
TAV. 13.2-VII Abbassamento
del gain
Polo dominan-
te (D=Q)
Rete anticipa-
trice
Rete ritarda-
trice
Rete a sella

Kst w2/w1 < A0 A0 w3/10w1 < A0 A0 A0
b=1 F0 1+w2/w1 1+A0 1+ w3/10w1 1+A0
AF0 1 wt w2 w1 w3/10 w2 10wc
2
/w3.
Kst wt w2
2
/w1 A0 w1 (w3/10w1)
2
A0 w2 A0 10wc
2
/w3.
Kst bA0
b 1 F0 1+ bA0
AF0 (wc/w2)
2
10wc
2
/w2w3 1/ b
Kstwt bA0 w2
La reazione 633
13.3 Gli oscillatori sinusoidali
Fino a questo momento la reazione sembra utile soltanto se
negativa. Vedremo, invece, in questo paragrafo che una importante
classe di circuiti elettronici, gli oscillatori, sfrutta la reazione
positiva anzi lavora in modo da non soddisfare assolutamente e con
largo margine il Criterio di Nyquist.
Un oscillatore un circuito elettrico che, in assenza di un
segnale in ingresso, presenta un segnale in uscita. Con segnale si intende una qualunque
informazione periodica di frequenza differente da zero. In Fig.13.3-1 ripresa la Fig.13.1-3 nella
quale posto Ei = 0.
Per quanto detto nel 13.2.1.1, un circuito per essere stabile deve soddisfare il criterio di
Nyquist. La condizione limite per linst bA = -1 cio A = -1/b o meglio
|A| > 1/b e arg (bA) = 180. [13.3-1]
Quando questa condizione, detta di Barkhousen, viene soddisfatta, il circuito oscilla.
Trattiamo i circuiti con le conoscenze acquisite per la reazione e studiamo le condizioni dinst
che daranno luogo ad oscillazioni. In questo paragrafo ci occupiamo degli oscillatori che forniscono
segnali sinusoidali
13.3.1 Oscillatori a tre punti
Trattiamo per prima un caso dal quale possono essere
ricavate preziose informazioni generali. Si tratta delloscillatore a
tre punti, vedi Fig.13.3-2. Lelemento attivo un generatore
controllato dalla tensione dingresso vi ed ha una resistenza duscita
Ro. La sua uscita caricata da tre impedenze, due delle quali
formano un partitore. La tensione del partitore rinviata
allingresso dellelemento attivo. Confrontando questa figura con la
precedente si nota come la tensione dingresso dellamplificatore
sia opposta alla tensione di reazione vF, cio vF = - vi.
E abbastanza semplice calcolare lamplificazione ed il
grado di reazione. Si ha:
( )
( )
A A
Z Z Z
Z Z Z R
o
i
V
o

+
+ +

v v
v v
0
1 2 3
1 2 3
||
||
e b


+
v v
v v
v v
v v
F
o
i
o
Z
Z Z
2
1 2
.
Allora, moltiplicando:
( )
( )
( ) ( )
( ) ( )
bA
Z
Z Z
A
Z Z Z
Z Z Z R
A
Z
Z Z
Z Z Z Z Z Z
Z Z Z Z Z Z R
V
o
V
o

+

+
+ +

+

+ + +
+ + + +

2
1 2
0
1 2 3
1 2 3
0
2
1 2
1 2 3 1 2 3
1 2 3 1 2 3
||
||

( ) ( )


+ + + +
A
Z Z
Z Z Z Z Z Z R
V
o
0
2 3
3 1 2 1 2 3
.
Supponiamo, per semplicit e convenienza che le tre impedenze Z1, Z2 e Z3, siano reattanze pure,
cio jX1, jX2 e jX3, rispettivamente. La precedente diventa:
( ) ( )
bA
A X X
X X X j X X X R
V
o


+ + + +
0 2 3
3 1 2 1 2 3
.
La condizione doscillazione [13.3-1] richiede che largomento sia 180 e, quindi, deve essere nullo
il coefficiente di Ro e cio X1 + X2 + X3 = 0. Pertanto
X1 + X2 = - X3. [13.3-2]
Ne segue che bA = -AvoX2/(X1 +X2) = AvoX2/X3 = -1 per oscillare.
ZL
o Z
i Z E c
E
o
-
Ec
+
+
-
AV
+
-
- +
EF

Fig.13.3-1
Z1
Z2
Z3
Ro
i Av0
v v
o
v v
-
+
-
+
i
v v

Fig.13.3-2
La reazione 634
Cio Av0 = -X3/X2.
La conclusione che, nelle ipotesi fatte di tre reattanze ideali, il sistema instabile e oscilla se
soddisfatta la precedente. La frequenza delle oscillazione data dalla relazione [13.3-2].
Due casi sono possibili a seconda che lamplificazione Av0 sia positiva o negativa. Per
esempio, in questultimo caso, che quello al quale ci riferiremo nel seguito, perch lamplificatore
la configurazione EC o SC, Av0 negativa. Allora la
condizione Av0 = -X3/X2, se Av0 negativo significa che X2 e X3 debbono essere dello stesso tipo.
Dovendo anche essere soddisfatta la [13.3-2] la X1 deve essere, invece, di tipo differente. Inoltre,
per essere certi che loscillazione persista, bene forzare la condizione doscillazione e cio:
|Av0| > X3/X2, [13.3-3]
pi grande |Av0|, pi sicura sar la condizione doscillazione.
13.3.1.1 Oscillatore di Colpitts
Come prima applicazione consideriamo il caso in cui Z1 una induttanza pura, cio L. Gli
altri due elementi reattivi sono due capacit C2 e C3. Abbiamo cos realizzato loscillatore di
Colpitts, vedi Fig.13.3-3a. La condizione perch si abbia loscillazione impone che |Av0| > X3/X2 =
C2/C3. Applicando la [13.3-2]: . 0
C
1
C
1
j
1
L j
3 2 0
0

,
_

+ Cio
w0
1

LCe
con C
C C
C C
e

+
2 3
2 3
. [13.3-4]
Facciamo come esempio un caso reale in cui lelemento attivo sia un transistor MOS. Il
circuito mostrato in Fig.13.3-3b. Si tratta di un oscillatore di Colpitts a source comune. E ovvio
che il circuito potrebbe essere realizzato anche con un bipolare.
Il gruppo RECE serve per fissare il punto di lavoro insieme alle due resistenze di
polarizzazione di gate. Nel circuito equivalente esso si comporta da corto. Linduttanza di blocco
LBl serve per consentire alla batteria di fornire la corrente continua per il funzionamento del
circuito. Tuttavia, se la sua impedenza ad alta frequenza sufficientemente elevata, il ramo in cui
c lalimentazione, nel circuito equivalente aperto. Daltra parte la capacit CB, se
sufficientemente elevata, cortocircuita il gate con il punto comune fra L e C2. Il risultato il circuito
dinamico di Fig.13.3-3c. Il generatore di corrente gmvgs con in parallelo la resistenza rd si pu
ridisegnare come un generatore gmrd vgs con in serie limpedenza rd. Allora il circuito del tutto
eguale a quello di Fig.13.2-2 con A g r V I V m d A D 0 2 b . Si fatto uso della [10.2-5] e si sta
C3
C2
L
Ro
i Av0
v v
o
v v
-
+
-
+
i
v v
(a)
RE
C3
C2
L
o
v v
RB1
VDD
+
-
LBl
CB
CE
RB2
(b)
d r
g
v v
m gs
o
v v
C2
L C3
v v
gs
D
S
G
(c)

Fig.13.3-3
La reazione 635
considerando la tensione del punto di lavoro trascurabile
rispetto la tensione di Early. La condizione di oscillazione
[13.3-3], quindi impone che sia 2b V I A D > C2/C3.
Una diversa configurazione quella a gate o base
comune. In Fig.13.3.4a c questultima.
Anche qui la funzione di LBl di chiudere il circuito
per le componenti continue ma aprirlo per i segnali alternati, In
modo duale CB serve per mettere a massa la base. Allora, nel
circuito equivalente, C2 si trova fra E e B, C3 fra E e C ed L fra
C e B. Siamo in presenza di un classico oscillatore a tre punti
ripresentato nella Fig.13.3-4b. Il circuito del tutto eguale a
quello di Fig.13.2-2 con Avo = gmrce l VA/VT. Si fatto uso
della [10.1-3] e si sta considerando trascurabile la variazione
del b del transistor con la corrente di collettore. La condizione
di oscillazione, questa volta impone che sia C2/C3 < VT/VA.
Per quanto riguarda la frequenza doscillazione vale
sempre la [13.3-4]. Nel caso di oscillatore a frequenza
variabile, non opportuno variare il valore di una delle
capacit perch si rischia di uscire dalla condizione di
oscillazione. Invece, la variazione del valore di L porta al
cambio della frequenza doscillazione. Negli apparecchi a
sintonia variabile ci viene fatto, in genere, inserendo in modo
pi o meno accentuato un opportuno nucleo di materiale
ferromagnetico allinterno dellinduttore, con ci ottenendo il
risultato prefissato. Questo metodo ha, per, lo svantaggio che
linduttore risulta piuttosto fragile. Vedremo che la soluzione
proposta nel paragrafo successivo consente dottenere pi
vantaggiosamente un oscillatore a frequenza variabile con un condensatore non fisso.
Una ultima osservazione del tutto generale vale per quanto riguarda lampiezza delle
oscillazioni. La condizione perch il sistema oscilli dipende dal fatto che venga soddisfatta la
condizione di Barkhousen. In questa condizione, sempre entrano in giuoco i parametri del
dispositivo attivo e cio, gm e rd o rce. Sia per il MOSFET che per il BJT questi parametri dipendono
dal punto di lavoro. Quando, a causa delloscillazione, la corrente nel dispositivo tende a diventare
o troppo grande o troppo piccolo e la condizione di Barkhousen finisce di essere soddisfatta ed il
circuito si sposta sulla rette di carico nella direzione inversa da quella da cui proveniva. Ci
determina lampiezza delloscillazione.
13.3.1.2 Oscillatore di Hartley
Loscillatore di Harley il duale di quello di Colpitts. Si ottiene scambiando le capac
le induttanze. Lo schema di principio mostrato in Fig.13.3-5a.
Un vantaggio dellHartley sta nel fatto che la frequenza di oscillazione pu essere cambiata
variando un unico elemento, cio la capacit, senza che ci comprometta la condizione di
oscillazione. Per questo vengono spesso adoperate delle capacit a lamelle mobili che, variando le
superfici affacciate, cambiano il valore della capacit. Inoltre, la capacit pu anche essere
realizzata sfruttando la caratteristica capacit-tensione di un elemento attivo e quindi pu essere
fatta variare elettronicamente invece che meccanicamente con notevoli vantaggi per laffidabilit.
Ci sono diversi modi di effettuare realizzazioni pratiche, sia a MOS che a BJT. Nella Fig.13.3-5b
mostrata questultima. E anche indicato il fatto che, normalmente, fra i due induttori c una mutua
RB1
RB2
VCC
+
-
C3
C2
o
v v
L
RE
CB
LBl
(a)
ce r
g
v v
m be
o
v v
C2
L
C3
B
E
C
(b)

Fig.13.3-4
La reazione 636
induzione. Pertanto, in realt, le due induttanze da considerare sono L2 = L2 + M e L3 = L3 + M.
Applicando la [13.3-2]: jw0(L2 + M + L3 + M) = -1/jw0C,
cio : w0
1

L C e
con Le = L2 + L3 + 2M. [13.3-4]
Dal circuito equivalente di Fig.13.3-5c si ricava che |Avo| = gmrce l VA/VT. Si fatto uso della [10.1-
3] e si sta considerando trascurabile la variazione del b del transistor con la corrente di collettore.
La condizione di oscillazione da imporre L2/L3 > VT/VA.
13.3.2 Oscillatori di Meinsner
Un altro tipo di
oscillatore prevede luso
di circuiti oscillanti. Un
di Meinsner. In Fig.13.3-
6a mostrata la versione
con il circuito oscillante
sul collettore. Ne esiste
unaltra versione in cui il
circuito oscillante sulla
base. Ovviamente invece
di BJT si possono usare i
MOS.
Nella parte (b)
della figura mostrato il circuito equivalente. Sono evidenziate le resistenze di perdita Rsb e Rsc
delle due induttanze Lb e Lc e leffetto della mutua induzione di loro.
Chiamiamo Ic e Ib le correnti nei due induttori. Nelle due maglie che li comprendono :
V sL R I sM I r I
V sL R I sM I
be b sb b c be b
ce c sc c b
+
+

'

-

( )
( )
.
Dalla prima si ricava: I
sM
sL R r
I b
b sb be
c
+ +
.
Sostituendo nella seconda:
V sL R I sM
sM
sL R r
I sL R
sM
sL R r
I ce c sc c
b sb be
c c sc
b sb be
c +
+ +
+
+ +

1
]
1
( )
( )
2

(a) (c)
Ro
i Av0
v v
-
+
-
+
i
v v
o
v v
L3
L2
C
M
ce r
g
v v
m be
o
v v
B
E
C
L3
L2
C
M
RB1
RB2
L
RE
CB
L3
L2
C
o
v v
VCC
+
-
(b)
M

Fig.13.3-5
C
c L
o
v v
RB1
CE RE
b L
RB2
(a)
(b)
C
c L
ce
v
b L
be
v
rbe
sc R sb R
rce
be
v
gm
B
E
C
M
b I c I
VCC
+
-

Fig.13.3-6
La reazione 637
( ) ( )

+ + +
+ +

1
]
1
1

sL R sL R r sM
sL R r
I
c sc b sb be
b sb be
c
( )
.
2

Quindi la corrente in Lc e:
( ) ( )
I
sL R r
sL R sL R r sM
V c
b sb be
c sc b sb be
ce
+ +
+ + + ( )
.
2

Si tratta di una ammettenza equivalente
( ) ( )
1
2
Z
I
V
sL R r
sL R sL R r sM c
c
ce
b sb be
c sc b sb be

+ +
+ + + ( )
.
Riprendiamo lespressione della Vbe e sostituiamo i valori di Ib e Ic gi trovati. Si ha:
( ) ( )
V r I r
sM
sL R r
sL R r
sL R sL R r sM
V be be b be
b sb be
b sb be
c sc b sb be
ce
+ +

+ +
+ + +
- -
( )
.
2

Possiamo, dunque, calcolare il grado di reazione:
( ) ( )

V
V
V
V
r sM
sL R sL R r sM
F
o
be
ce
be
c sc b sb be


+ + +
b
( )
.
2

Daltra parte, il generatore di corrente gmVbe fornisce corrente al parallelo fra rce, C e Zc.
Pertanto, ai capi di questa impedenza si manifesta, per effetto dellelemento attivo, una tensione
( ) ( )
V ce
m be
ce c
m be
ce
b sb be
c sc b sb be
g V
r sC Z
g V
r
sC
sL R r
sL R sL R r sM


+ +


+ +
+ +
+ + +
1 1
1
2
( )
,
ne segue una amplificazione
( )( )
A
V
V


+ +
+ +
+ + +
ce
be
m
ce
b sb be
c sc b sb be
g
r
sC
sL R r
sL R sL R r sM
1
2
( )
.
Siamo ora in grado di calcolare il guadagno danello:
( ) ( )
( ) ( )
A b

+ + +


+ +
+ +
+ + +
r sM
sL R sL R r sM
g
r
sC
sL R r
sL R sL R r sM
be
c sc b sb be
m
ce
b sb be
c sc b sb be
( )
( )
,
2
2
1

riscrivibile come
( ) ( ) ( )
[ ]
A b

+ + + + + + +
g r sM
r sC sL R sL R r sM sL R r
m be
ce c sc b sb be b sb be 1
2
( )
.
Passando al dominio delle pulsazioni:
( ) ( ) ( )
[ ]
A(j )
j
j j j j j
b w
w
w w w w w


+ + + + + + +
g r M
r C L R L R r M L R r
m be
ce c sc b sb be b sb be 1
2
( )
.
Il numeratore immaginario, mentre il denominatore complesso. Per avere loscillazione
serve uno sfasamento di 180 che si pu ottenere solo se la parte reale al denominatore nulla.

( )
( )
( )
[ ]
+
R r R L L M
r
C L R r L R R r
sb be sc b c
ce
c sb be b sc sb be
+
+ + +
w
w
2 2
2
0.
Da questa, con alcuni passaggi si ottiene la pulsazione delloscillazione:
( )( )
( ) [ ] ( )
=
1+
C +
w0
2
R r R r
L L R R r L L M r
sc ce sb be
c b sc sb be b c ce
+
+ +
.
Che, se gli induttori hanno resistenze di perdita relativamente basse, pu essere approssimata in
La reazione 638
( )
[ ]
=
1
C +
w0
L L R R r c b sc sb be +
.
Naturalmente, se la parte reale del denominatore nulla, lespressione del guadagno danello
si riduce a
( ) ( )
[ ]
( ) [ ]
b
w
A
g r M
C R R r L L M L R r L R r L
m be
sc sb be b c c sb be b sc ce b


+ + + + +
2 2
,
dalla quale, con dei passaggi che omettiamo, si pu ricavare la condizione doscillazione.
( )
g M C R
R
r
L L M
r
L
R
r
L
R
r
r
L
r
m sc
sb
be
b c
be
c
sb
be
b
sc
be
ce
b
be
> +

_
,

1
]
1
1
+
+

_
,

+
+ 1
1
0
2 2
w

Questa condizione si pu ottenere, o agendo sullaccoppiamento fra i due induttori sulla corrente
del transistor per avere un opportuno gm.
13.3.3 Oscillatori a sfasamento
Se si vuole realizzare un oscillatore a bassa frequenza, per esempio audio, con gli oscillatori
precedentemente descritti che usano circuiti risonanti, bisognerebbe adoperare capacit e induttanza
di valore molto alto. Gli elementi reali a disposizioni hanno molte perdite e non consentono di
ottenere oscillatori a queste frequenze. Tuttavia ci sono molte possibilit per realizzare oscillatori a
bassa frequenza. Una di queste consiste nel riportare indietro luscita di un amplificatore utilizzano
una rete di circuiti RC multipla. Sappiamo che un RC consente di ottenere uno sfasamento massimo
di 90 che, per, a secondo dei casi si ottiene per frequenza zero od infinita. Se adoperiamo due reti
RC in cascata non raggiungiamo lo sfasamento di 180 necessario per loscillazione se non a queste
frequenze limiti teoriche. Limpiego, invece, di tre celle di sfasamento, consente, con semplicit, di
ottenere lo sfasamento desiderato, alla frequenza che si vuole, semplicemente cambiando le costanti
di tempo della rete. Ovviamente la rete pu essere fatta con pi di tre celle, ma uno spreco.
Inoltre, la rete pu essere fatta sia con RC che con CR. Infatti lo sfasamento di 180 si pu ottenne
sia sfasando in anticipo che in ritardo. In Fig.13.3-7 mostrato un oscillatore a sfasamento con celle
CR. Per semplicit le celle sono tutte eguali. Farle differenti complica soltanto i calcoli e peggiora i
costi.
Poniamo e Z = R + 1/sC e u = 1/wRC Dalla rete sfasatrice si ha la tensione di reazione in
modo che
( )
( )
-
V
V
V
V
V
V
V
V
V
V
R
Z
R Z
R Z sC
R R Z sC
R R Z sC sC
F
o o o



+

+
+ +
b
3 3
2
2
1
1
1
1
1 1
||
||
|| ||
|| ||
.
d r
gm
v v
3
R
D
(b)
v v
2
v v
3
v v
1
v v
o
R R R
C C C
RS
VDD
R
D
+
-
(a)
C
R R R
C C v v
2 v v
3
v v
1
v v
o
CS

Fig.13.3-7
La reazione 639
Da questa, con una serie di passaggi si ottiene:
b
+
1
1 5 6
2 2
u ju( u )
.
Allora bA
A
u ju( u

+ 1 5 6
2 2
)
.
Dovendo il guadagno danello portare ad uno sfasamento di 180, la parte immaginaria al
denominatore deve essere nulla, cio u
2
= 6, da cui w0 = 6/RC. Allora b = 1/29. Questa
condizione, sostituita nella precedente fornisce bA = A/29. Per oscillare |bA| > 1 cio |A|> 29. Il
transistor deve essere in grado di amplificare almeno 29. Inoltre, dal momento che b positivo, lo
sfasamento di 180 viene assicurato dallamplificazione negativa, cosa che la configurazione a SC
garantisce.
Un parametro importante di un oscillatore la sua stabilit, cio la propriet, una volta che
oscilla, di mantenere fissa la frequenza doscillazione. Chiaramente essa dipende dal valore dei
componenti usati e cio da R e C. Si calcola che ( )
d
d d
RC
dR
R
dC
C
w
w
w +

_
,

log log .
6
Pi
bassa la frequenza doscillazione e pi grandi saranno R e C e pertanto, a parit di loro variazioni,
migliore sar la stabilit delloscillatore.
La reazione 640

BIBLIOGRAFIA
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