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Arduinidi, dalla bocca della Valle al
confine del Vercellese, appena
segnato d’azzurro sulla foschia del
cielo assolato.
Salvator Gotta, Lula
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1. IL DEBUTTO DEL PROGETTO
Del progetto Mediapolis, che nei primi tempi ebbe nome “Millennium
Canavese”, si cominciò a parlare esattamente più di dieci anni fa.
Elaborato da una società torinese di servizi di progettazione, diventata S.p.A
proprio in quel tempo, il progetto era infatti accolto nel Patto territoriale del
Canavese sul finire nel 1998.
Il luogo previsto per l’insediamento del parco era a Pavone, nei pressi del
casello autostradale.
Localizzazione in seguito mutata perché Regione, Provincia e città d’Ivrea
esprimevano parere contrario sia in ordine all’utilizzo di suoli agricoli di
pregio sia al peso finanziario del previsto adeguamento della viabilità
(adeguamento al quale, sia detto per inciso, si è peraltro provveduto in tempi
recenti, nella medesima zona, per favorire il Bennet).
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Per meglio comprendere il significato dell’operazione occorrerà ricordare che il ruolo
primario svolto da Olivetti Multiservices, società controllata al 100% dal Gruppo
Telecom Italia, fu quello della dismissione dell’immenso patrimonio immobiliare ex
Olivetti, allocato in Canavese e nel resto d’Italia. Dismissione per un volume d’affari di
1 miliardo di euro deliberata da Telecom il 21 dicembre 2005 al fine di contenere il
proprio indebitamento finanziario (o perlomeno quella fu la ragione dichiarata). Tra il
28 dicembre 2005 e il 14 dicembre 2006 furono infatti conferiti 852 immobili al Fondo
Raissa (Pirelli) e tra il 29 dicembre 2005 e il 26 giugno 2006 altri 246 pervennero al
Fondo Spazio Industriale (sempre Pirelli). Le quote del Fondo Raissa furono
successivamente cedute a investitori istituzionali facenti capo a The Morgan Stanley
Real Estate Funds (cui Pirelli partecipava in via minoritaria) e quelle del Fondo Spazio
Industriale a investitori istituzionali facenti capo a Cypress Grove International Funds
(partecipati in via minoritaria da Pirelli & C. Real Estate). Nel 2009, anno in cui l’a.d.
Luigi Pescarmona esce di scena, Olivetti Multiservices risulta essere una società che
gestisce le rimanenze immobiliari di Ivrea della ex Olivetti e svolge modesta attività in
ambito di gestione dei rifiuti tecnologici pericolosi. Ha oggi un capitale sociale ridotto
da 60 a 5/10 milioni di euro e meno di 20 dipendenti.
Cfr. http://www.impresecanavesane.it/imprese/imprese_scheda.asp?codaz=811.
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L’area, di ben 500.000 m2, era stata infatti acquisita dall’Olivetti negli anni
’70, in previsione dell’apertura di nuovi stabilimenti e magazzini collegati da
autostrada all’insediamento industriale di Scarmagno.
Ed è questo vecchio progetto che peraltro spiega il perché dell’incongrua
allocazione dello stesso casello autostradale di Albiano, diversamente
incomprensibile.
Venute meno le necessità della ormai periclitante azienda e aumentati nel
tempo i vincoli di tutela delle aree non edificabili, soprattutto per la nuova
normativa regionale (in particolare la L.R. 56/1977), ad Olivetti Multiservices
non restava che escogitare una giustificazione per rendere possibile
l’impossibile: la variazione della destinazione d’uso da agricola a commerciale
(con favorevolissimi indici di edificabilità) di un’area di formidabile interesse
paesaggistico, nel cuore dell’anfiteatro morenico, nonché esondabile, nonché
luogo di ricarica di falde.
Mancavano solo più le alleanze politiche; che tuttavia, come vedremo, non
tarderanno ad aggiungersi con la più generosa delle disponibilità.
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In primo luogo un parco a tema, con una parte coperta, che avrebbe
interessato 24.000 m2, e una all’aperto, di 150.000 m2.
Quindi un albergo di 270 stanze che nelle prime previsioni doveva essere
allocato in una costruzione-torre, un incredibile sconcio estetico, alta ben
trenta metri. Nelle ultime progettazioni l’altezza è stata di poco ridotta, ma le
stanze sono diventate 342, per complessivi 684 posti letto.
Un teatro e un cinema multimediali.
Tre centri commerciali per complessivi 70.000 m2 .
Parcheggi per un terzo dell’area.
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3. UN “TEMA” PRETESTO
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C’è in ogni caso da rallegrarsi che il progetto non sia decollato nel 2001 - con
inaugurazione nel 2003, come dai primi propositi - perché il tema prescelto
sarebbe stato sicuramente sbagliato.
E ciò secondo la stessa Mediapolis Spa, considerando i significativi e incessanti
cambi di rotta della progettazione.
Già si è detto che a partire dal 1998/1999 l’iniziativa era accolta nel Patto
Territoriale del Canavese.
La qual cosa avrebbe fruttato alla società 6 milioni di euro a fondo perduto.
Non poca cosa considerando che nel 2001 il capitale sociale di Mediapolis
ammontava a 3 milioni.
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Un riconoscimento senza il quale il progetto si sarebbe irrimediabilmente
arenato.
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Verosimilmente in attesa di quel verdetto nonché, forse, per l’acquisita
consapevolezza di alcune debolezze del piano, nell’aprile del 2002 entra in
scena la Regione Piemonte che promuove la sottoscrizione di un protocollo
d’intesa tra soggetti pubblici (regione, provincia, comuni, agenzie turistiche
regionale e del Canavese) e operatori privati interessati all’attuazione del
progetto. Protocollo che coinvolgerà finanziariamente anche il Ministero del
bilancio e della programmazione economica.
Sommamente inquietante il fatto che l’accordo precedesse gli esiti della
verifica per l’approvazione del piano.
l’interesse dell’area sotto il profilo agricolo e per la ricarica delle falde idriche,
nonché per il suo valore paesaggistico ambientale [...] inoltre l’area in
oggetto è classificata in classe IIIa [aree esondabili], inedificata ed
inedificabile ai sensi della circolare 7/LAP.
Nei giorni successivi, ormai certa della rimozione degli ostacoli, la società
Mediapolis delibera un aumento del capitale sociale e perfeziona l’accordo con
Olivetti Multiservices.
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tra il 2002 e il 2003 sia avvenuta una significativa rivalutazione delle voci
concernenti il valore dei terreni acquisiti.
Che - secondo notizie ultimamente diffuse da Lega ambiente - una perizia
richiesta allora dalla società già quantificava in 12 milioni e 400mila euro.
Somma da 15 a 20 volte superiore a quella di una zona agricola di analoga
estensione.
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— 14 ottobre 2004 — Saitta, anch’egli sostenitore acceso di Mediapolis,
parlando del protocollo esclude tuttavia che la provincia (che peraltro è
azionista di ATIVA) debba accollarsi i costi del nuovo casello.
Obietta il FAI: «dei 26 milioni e 50mila euro previsti dal protocollo per gli
interventi solo 9 milioni di euro sono a carico del soggetto privato Mediapolis,
che in verità ne pagherà solo 6 perché 3 milioni gli verranno scontati dagli
oneri di urbanizzazione. Quindi, se calcoliamo l’esborso diretto e ad esso
aggiungiamo il mancato guadagno sugli oneri abbiamo un impegno di
risorse pubbliche di 20 milioni di euro che salgono a 25 milioni di euro
considerando il contributo ottenuto dai Patti Territoriali del Canavese. Si tratta
di una cifra considerevole in un periodo che vede il Governo tagliare
pesantemente le risorse destinate alle amministrazioni locali, mettendole in
difficoltà, costringendole a ridurre i servizi o ad accrescere le tasse ai
cittadini».
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7. VICENDE SUCCESSIVE (2005-2008)
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Il ricorso è considerato parzialmente infondato ed in parte inammissibile e
tutte le critiche avanzate dalle associazioni ambientaliste sono respinte.
Tuttavia, nella sentenza, i giudici osservano:«Dall’esame delle planimetrie
acquisite agli atti si rileva in effetti che una consistente porzione delle aree
disciplinate dal piano particolareggiato del “Millennium Park” è soggetta a
vincolo idrogeologico e che anche su di esse è prevista l’edificazione.
Ma occorre considerare che è l’approvazione stessa del piano particolareggiato
a comportare la dichiarazione di pubblica utilità delle opere in esso previste».
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— settembre 2005 — Si svolgono audizioni presso la provincia di Torino in
previsione di un consiglio aperto sul caso Mediapolis.
Per la prima volta alcuni sindaci dissentono, preoccupati per le nuove
presenze commerciali nonché per l’impatto del territorio con i previsti undici
milioni di visitatori l’anno.
La Sentinella definisce Grijuela «difensore d’ufficio del parco».
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— 25 settembre 2007 — Il Consiglio di Stato respinge il ricorso degli
ambientalisti. Soddisfazione di Ricca e Bresso. «Il Consiglio - osservano Fai,
Italia Nostra, Legambiente, Pro Natura e Wwf - non ha giudicato il merito
dell’iniziativa, ma solamente la legittimità, che pure avevamo contestato, nel
procedimento amministrativo fin qui seguito».
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localizzate a Scarmagno avrebbero potuto essere trasferite nei semi-dismessi
stabilimenti di S. Bernardo d’Ivrea).
La risposta, ambigua e insostenibile, è che «le condizioni di uso del sito,
nonché le previsioni urbanistiche dell’area e del suo complesso e delle parti
della stessa destinate a nuovi [sic!] insediamenti rendono improponibile
questa localizzazione».
Quel che non si dice è che sarebbe invece un problema di costi, perché oggi
l’area appartiene a finanziarie controllate da Pirelli.
Mentre fino al 2006 apparteneva a Olivetti Multiservices che se
l’avesse ceduta a quel tempo avrebbe visto svanire l’affare di Albiano.
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la società non si occuperebbe direttamente della sua gestione, ma
l’affiderebbe ad un partner europeo di cui non svela tuttavia il nome (sempre
che esista; ma, si sa, il riferimento a un partner straniero è d’obbligo
considerando che persino Gardaland e Mirabilandia sopravvivono in quanto
rispettivamente rilevate da Blacstone e da Parques Reunidos).
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sicuramente una forte riduzione di disponibilità di finanziamenti da parte delle
banche, a fronte di un investimento che la Società stessa, che pur dispone di
modesto capitale sociale, definisce dell’ordine di 350 milioni; che la stessa
crisi economica in atto riduce sensibilmente la previsione di una significativa
utenza di centri commerciali e parco a tema”, le consigliere chiedevano:
- quali provvedimenti economico-finanziari e di tutela del territorio siano
contemplati dall’accordo di programma in relazione alla non remota
eventualità di una mancata realizzazione totale o parziale dell’opera;
- quali ulteriori cautele potranno essere assunte onde evitare successive
devastanti speculazioni edilizie, senza soddisfazione di quelle attese
occupazionali che hanno costituito l’unica motivazione dell’approvazione del
progetto.
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— 1 aprile 2009 — “Mediapolis chiede aiuto alle banche libanesi”. No, non è
il classico “pesce” ma il titolo di un articolo pubblicato dalla Stampa in cui si
legge: «Le banche tentennano. E Mediapolis, in cerca di coperture finanziarie
per dare il via al parco dei divertimenti ad Albiano, lancia la provocazione:
“Male che vada - dice l'amministratore delegato Sergio Porcellini - ci
rivolgeremo agli istituti di credito libanesi. Lì, certamente, non hanno problemi
di soldi”». E questo sarebbe il piano finanziario.
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circostanza che - al momento in cui le maggiori Amministrazioni interessate si
accordano per mettere a disposizione della iniziativa 12 milioni di € - non si
sia preventivamente chiesta ed ottenuta alcuna garanzia finanziaria ai
promotori privati: almeno quelle garanzie finanziarie che ogni Comune per
quanto piccolo chiede ed ottiene dai lottizzanti, nella forma di fideiussioni per
le eventuali inadempienze. [...] Da ultimo, sembra che nell’Accordo di
Programma (e con riserva di un diretto esame del testo) sia prevista una fase
della iniziativa (la quarta) nella quale verrebbe organizzato il controllo delle
“trasformazioni che verranno indotte dalla realizzazione del parco a tema nelle
fasce limitrofe ed in quelle adiacenti”. Se questa indicazione sarà confermata,
la stessa riveste valore di confessione per ciò che le Associazioni hanno
sempre sostenuto anche nei ricorsi al TAR: e cioè che l’iniziativa Mediapolis
non è che il cuneo che servirà ad aprire la strada per nuove più vaste
compromissioni territoriali, con consumo e degrado ulteriore di territorio.
Eppure sull’argomento la VIA non si è nemmeno espressa”.
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necessario per poter ingegnerizzare le prossime operazioni sia sotto il profilo
operativo sia finanziario sia societario”.
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Insomma il gioco delle scatole cinesi è cominciato lasciando presagire nulla di
buono. Ad aumentare la confusione è il fatto che Mediapolis spa separerà i
rami d’azienda: il parco a tema dovrebbe infatti rientrare in Medpark e i
centri commerciali in Medretail.
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possano recedere dal medesimo Accordo qualora fosse accertata
l’impossibilità per Mediapolis Spa di offrire garanzie inconfutabili in ordine
all’adempimento degli impegni sottoscritti.
Si tace comunque sul fatto che la stagionalità del lavoro sarebbe ben
superiore a quella finora dichiarata (cosa del tutto ovvia considerando che,
secondo le stesse stime prodotte dalla società, le 430 mila presenze del mese
di agosto si ridurrebbero a 34 mila in novembre). Del resto dei 1000
dipendenti di un parco di tradizione come quello di Mirabilandia ben 900 sono
stagionali.
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Non si dimentichi infine che molti dei profili professionali richiesti non sono
offerti dal nostro territorio.
Una cosa è certa: in un territorio come quello canavesano – dove anno dopo
anno, mese dopo mese, il problema dell’occupazione è sempre più
drammatico – ogni miraggio di nuovi posti di lavoro è accolto con speranza e
trepidazione.
Per questo giudichiamo irresponsabili i politici che hanno contribuito ad
alimentare tante speranze destinate a rimanere deluse.
Infatti sono già migliaia le domande di assunzione a oggi pervenute. Ma
l’accordo di programma ha omesso di richiedere a Mediapolis la prima cosa
che avrebbe dovuto pretendere: un serio e vincolante piano occupazionale.
Mentre, da parte della società, solo “sparate”. Come la più recente, per voce
dell’a.d. Porcellini, che ha sostenuto che l’80% dei posti di lavoro sarà
riservato a residenti della zona. Quando nessuna delle legge vigenti in Italia
potrebbe consentire una siffatta riserva!
Commentava già qualche anno fa Giulia Maria Crespi, presidente del FAI : «È
un grande inganno. La società proponente utilizza come scusa la nascita di
tanti nuovi posti di lavoro, ma non sarà così. Saranno invece messe alla porta
molte persone che lavorano nei piccoli negozi, gli stessi grandi centri
commerciali, con la troppa concorrenza, cominciano a dare segni di cedimento
ridimensionando il personale».
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Sembra a questo punto indubbio che se anche il progetto di un parco
esclusivamente commerciale dovesse essere accantonato la nuova
destinazione dell’area dovrebbe mutare.
Ma è anche parimenti difficile pensare a destinazioni produttive o residenziali,
perché in quegli ambiti l’offerta di immobili in Canavese è già oggi superiore
alla domanda.
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Altre ancora le criticità, già più volte evidenziate dal coordinamento delle
associazioni ambientaliste ai cui documenti si rinvia per i necessari
approfondimenti. Come l’inquinamento, la precarietà
dell’approvvigionamento idrico, la distruzione dell’ecosistema, la
cementificazione e modificazione irreversibile di un territorio che
nonostante il suo passato industriale aveva preservato oasi paesaggistiche:
uno scempio incompatibile con la vocazione a un turismo di qualità che si va
oggi faticosamente affermando in Canavese.
E ancora il rischio di esondazioni (magari non più per Mediapolis ma per la
zona di Tina che patirebbe per la riduzione della superficie golenale).
BEPPE GILLIO
Luglio 2010
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FONTI ESSENZIALI
«La Sentinella del Canavese» (quasi 400 articoli del periodo 2003-2008)
http://digilander.libero.it/idste/millenniumpark.html
http://www.parksmania.it/parco.php?pid=134
http://www.fondoambie...
http://www.legambient...
http://www.enricomori...
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