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(1) La Corte di Appello di Messina con decisione del1' 11 novembre 1871 stabil che una lesione al padiglione del\'

grecchio non poleva costituire deturpamento perche 1' orecchio non fa porte della fuccia. La proposizione assoluta che ha servito di base a queslo giudicato ha per incontrato le censure di alcuiii ri~pettiibili giuristi. Vedasi 1' Eco dei Tribunttli n. 2453.

I1 criterio della lesione gravissima b quello della perpetuit applicata ad alcuni casi di gravitA della lesione. Cos : 2." - La dzcrata della malattia fisica finch, oltre i trenta giorni, si protrae per un tempo limitato quantunque indeterminato, rende la lesione grave. La rende gravissima se certamente o probabilmente quella malattia 13 insanabile. Sul che dobbiamo avvertire i non confondere la de7n'Zitazione con la mcalattia. l a debilitazione anche perpetua non fa varcare i confini della gravil. A questo fine bisogna che sia malattia, ci08 che cagioni ali9offeso una sofferenza sensibile oltre il semplice incomodo dello indebolimento di un senso, o di un organo.

.2.O La perEurba;iotze intellettuale che costituisce la gravitd quando 8 transitoria, la rende' gravissima quando si converte in malattia mentale certamente o probabilmente inaanabile. E qui deve aversi cura di non doflettere dal rigore dei termini malattia mentale cle debbono prendersi nel loro stretto significato perdita della ragione. L' indebolimento della

- 149 iueiuoria occasionato, a modo di esempio, per un colpo nel capo, sebbene giudicato perpetuo, quando non costituisca ebetismo io lo giudicherei piuttosto debilitazione anzicbb malatrtia mentale.

3.0 - L' iatacletrolirnenlo di un orgufia o di un scnso che costituisce la gravit, rende Ia lesioiie gravissima quando assume i caratteri della ~nutilaxione sostituerido il log2imenta ali' irtceaoZil;7~ento. Tale a dire se pi*iiua t'offeso di un senso, di una ffiano ( l ) ,d i anl~iede, zcso della parola, o ddllr, dell" capacita di p z a ? ~ ~ r e . I1 codice Toscano adcgri per cotesta formula alle mutilazioni di certi membri interessanti al corpo umano come le mani ed i piedi, e le privazion di un senso, quella mutilazioile che altri legislatori credettero meritevole di provvediiiiento speciale s di pena pi rigorosa (2). La ca.stt4azz'one,avverso la quale tanto odio spiegarono altri legislatori antichi e moderni, si pun dal codice Toscario (art. 329) con la carcere da uno a cinque anni quarido fosse commessa senza altra aggravante. Forse il rigore speciale degli antichi ebbe una causa particolare nei costumi dei tempi che rendevano piU frequente questo delitto. Avvegnachb per quanto la scienza proclami ( 5. 697 ) che la freqrieriza di n11 delitto non circostanza dlc ne aumenti la quant,it{b politica, pure i legislatori sono tratti troppo spesso tIa questa circostanza a mostrarsi severi.
(1) k generale il principio clie il loglimenlo di un dito non cosliluisca rnztlilazione. Nas lo costiluivti nell' antica

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pratica : Za c C h i a qunesl. med. l e g . lib. 5 , t & .3, n. 9 R u b a g u s J o a n n i s Consii. 83 - M a s t r i l l o cdccis. 368. Non lo cos~iluiva n& lo cosiiluisce in faccia al18 noslra p [ i P uerisprudenza : C a r m i g n n n i clementa; $. 1007 c i o n i Snggio, pug. 478. Non io cosliluisce neppure per le leggi, e giurisprudenze estere; vedasi in questo senso la decisjone del tribunale di Venezia del 10 marzo 1863 rirerita nell' Eco dei l'ribunuli n, 1822. (2) Pino a Roma pagana risale 1' odio speciale conlro il delitto di castrazione. S v e l o n i o fi?& Domiiiano, cap. 7) narra che Domiziano volle punito di morte colesto reato: e dal frammento 4, ad lcg. Corra. d e sic. emerge cire A d r i d ~ o volle punita di rnorie la casLrazione ancora dei servi. Ginstiniano fnouella 142, cap. I j ridusse la pena al togtione pei maschi. a a vedersi la dicsertaziooe dell' O t t o n e ad eg. si servus fi ncl leg. Aquil. edita Sleinuordicle 1710, e riprodotta la quinta nella collectio da'ssertnlionirn, Brema 1785, pag. 178. Vedasi anche C y p r a e u s (le jure culinubiorum pag. 407, n. 3 et seq. I popoli gernianici si d p pagarono anche conlro questo deiillo della pena pecuniaria : legge salica 6it. 33, 1. 17 legge ripuaria lil.6, 1. 27 legge lonyolinrdica l. 1 , bii, 7 , l . 18 legge bavarcc ~it. 8, 1. 19, $. 2, 8. tl giure canonico (cap. 5 , X. de homirid. J equiparb questo reato all' omicidio. E tale equiparazioue si r i p r o d l i ~ sda Carlo V nella sua costituzione criminale al~ 1' art. 135, dove uiilficb il deliL!o di castrazione con quello di procurato aborto, soggiungendo puniarur gladio ut honlicido, Vedaci C l n c e n i n art. 133 C. C. C. K r P s s comm e n t a t i ~ constilulionam criminalem, pag. 429 in 0 o e 11m e r o medi$. i n C. C. C. pag. 627, ove ci narra qual fosse la singolare causa dsi primo editto di Domiziano ; ed insegna poi che 1' adequazione della procurata sterilit e dell:3 caslraziono all' onlicidio, perch repugnante alle vera uozioilc di questo delitto, non dev' essere accettata dalla pratica : dettando la massima (audace per t suoi rompi) che una legse penale quando B contrarla ai princfpti della scienza non de%e

essere esesuita dai inagistrati ; e cita il c r l i C t1 i ct f p t t r s 4, concl. 8, n. 68) il qualo riferisca esserci in prelica derogato a questa legge: e confuta la decis. 186 del Ca r p z o v i o, dimostrando che in quel caso h pena di morte non fu applicota per la procurata slerilil, ma per le arti magiche delle qi~aisi era fatto uso. E questa dollrina, che i n soslanza dcrognva al dettato severo della Nemosi Carolina, si ricorda cotiie prevalsa nella opinione dei doltori dal M u l l e r promptuariurn, verbo, slerilitns. B O e h m e r o ad C a r p z ov i u m quaest. 11, os. 8 K o C k i~brtit. jur. crlr~a, 4QO $. - P u t t m a n n clenienln jur. c~.i?iz.$. 554 1 e i ?; t e r 1 cletnc,atn jur. crim. S. 1 3 1, p~ig.G5. In Francia il cielitto di cactrazione era iiiilessibilnionte piiiiito rli morte : R o 11 i.s e a u d d e l a C o m b e Nitidres c~iniinellespay. 86 Vo u g l a n s i?aslilutes de droit eriminel pag. 6K2. E il codice attuale di Praiiciii puuisoe la castrazione di morte se la villima . perita, e della gilera a vita (art. 516) tu oqni altro CilSo; r~egandoperslno (lo che i3 rnwllo osscrvabile) la scusa della provocazione, tranne quella resultante (art. 526) da un oil.raggio al pudore. lo Spagna. la leg. 13, l i l , 3, p. 7 delle Pnrlidas adeguava questo reato all' omicidio, e la puniva di txioi'te. l1 progetlo delle Cortes dcI 1822 minacci pure (art. 688) la pena dei lavori pubblici a vilil. I l codice Brasiliaso non diclingiie questa dalie altra forme di rnutllnzione, e per tulte (art. 202) commina la prigione fiao a sedici anni. Il codice Spagnuolo del 1848 (art. 341) iafligge la peua della galera n tempo da estendersi anche alla iriorte: ma poichP questo nrllcolo usa la formula di proposito, cos il Sig. P a C e c h o /lovr. 5, pag. 47) avverle che tanta pena non applicabile tranne quando t:1 rriuliliziooe sili falta :ivVertitnineiite, e noh col solo ariimo di ferire. i n qriaiilu alle antiche praliclir! e leggi d' Italia ved:isi h1 P 11 o C h i o dc trrbilrnriia ctr.u, 670 ( ; n r a v i t a lih. 4 , ply. 669, ti. 8, 9. ii codice Napoletaiio (art. 36.1) min;rccieva i 1avoi.i pubblici di quarlo ?;rado. XI codice 1'arme:ise (art. 326) minacciava la perla

dei lavori forzati ; vita, e la niorte se la viltirua era perita i ifeniro i quaranta giorni. 1 codice Modenese (art. 406) i n 1 fliggeva 1' ~lrgasloloper anni 95,e la morte alle medesime condizioni. R a u te r (n. 457) opina che quando la legge adopera la parola caatrazionc deve cadere sot10 In medesima tanfo la vera e propria cnstrazione dell' uomo, quanto qualslcia atio vioienio col quale si producesse nella femitiitia In incapaciti a Tenerare. Scnibra cile egli ne adduca a sola rasione il fdtto che gli iinliclii kgislalori di Roma e di Grrxnania avevano ridegusto i due casi. Ma io risponderei che s e avevano volulo equipaiSare i due casi, avevano anche aviito 1'1 cura di desigoiirli oon disiiata locuzione. Din~anderei ai filologi se In dottrina di R a u t e i. risponda al significato proprio dellii parola : e dimanderei al giurista, so sii1 permessa la improprinzione dei termini di una legge penale al fine di estendere una pena rigorosissrna ollre la leilera della le-ege.

Per quante ricerche io abbia fatto non mi B riuscito trovare nei monumenti delle leggi di Grecia e di altre antiche nazioni che il delitto di castrazione fosse preso particolarmente di mira come titolo speciale di reato. Sembra certo che in Roma fosse Dorniziano il primo che provvide a questa specialitd, staccando la castrazione daHa famiglia degli altri reati di sangtie. Da allora in poi invalse generalmente 1' uso che cotesto reato si guardasse come un fatto sui y~lzel-ispi odioso di ogni altra muti1;ieionc. 2;: tale uso rlrird e dura fino ai di nostri; poich abbiamo parecchi codici clie la distaccano claile disposizioni generali contro i forimenti. Su qucst' odio particolare poaono avere influito (oltre Ia ragione della frequenza ) diverse cause o politi-

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clie o morali: pu avervi influito in alcuni tempi 1' odio contro certe speciali eresie : pu in altri tempi avervi influito appo i protestanti l'odio contro la corte di Roma. &la ci che a mio credere ha prolungato e quasi perpetuato codesta separazione stato un errore giuridico. Si tolse in mano il Inroccardo, che tanto uccidere I'uorno nctto quanto e recide$-e la spevanza del ?aascitea~o: su cotesto broccardo credettesi poter fondare la dottrina che la castrazione non doveva mantenersi nella classe delle lesioni personali, ma doveva adeguarsi all' omicidio perch distruggeva la futura esistenza di una o piu creature umane (1). Io penso che guardata bene addentro la cosa, tutta la ragione di codesta specialit trovisi in siffatta idea. Per tal guisa la oggettivit di questo reato sarebbe venuta a riconoscersi non tanto nell' uomo mutilato, quanto negli uomini futuri che doveano procrearsi da lui. E se cotesta idea fosse retta bisognerebbe referire il titolo di castrazione alla classe degli ornicidii che presentano una minore quantit naturale, e collocaylo da lato all'aborto. Ma se ci poth accettarsi pel titolo di feticidio, perchb la vita intrauterina B pur sempre un fatto che porge chiari segni di s, repugnante ravvisare come capaci di diritto quegli esseri che non esistono neppure in embrione. Laonde il concetto giuridico della specializzazione del titolo essendo fallace, la separazione stessa viene a i.endersi enipirica ed inaccettabile. L'oggetto di questo malefizio non pub come nell' aborto trovarsi nei diritti del feto: bisogna trovarlo nei diritti dell'inclividtio mutilato. E quando questi sopravvisse, n8 fuwi intenzione di uccidere, il diritto alla vita che

alori pud tenersi rtan & 8tat0 n& atta~eatoaB in conto per deiini~s qw1Itk del nrabflzio. h

(i) D A n. e, e 8i e n ($e mds'babo delitto pag. 50 ) censura ' il crodiee Pranmse del 1820 perchb nella peaalita della castsaziooef nom diktinse fra 1' atto premeditato, e 1' alto com-

messo nell' impeto di scibitaneo sdegno. La osservazione che


in g e n e r ~ l efanno i pratici in quanto al carattere speciale del delitto di castrazione, vale a dire che esso esiga la intenzione diretta a produrre codesto effetto ( B r i g a n t i pratica criminale uob. 2, pag. $69) non risponde a cotale oblihlo. Simile osservazione porta a CYPstinguere il delitto nominato di castrazione dal delitto di /'erimento con prroaaiune della f~colbk di gasaerave, e ad e~cludereda questa secooda ipotesi (nella quale i scaslanoa si eoafigura la cas sirazione greteriatenzional.e) U tiE@k, spaclale e pi odioso di castrazione. Eifa rimaeaado sempre possibile che la intenzione di~alttrQssbitahiva del titolo speciale si svolga o in un msro irtaWneo, o ao,on maturo coosiglio, la critica del D' A o e t h o n rimane giwtis$irna.

40 . $ perpetuo certamente ed irreparabile il danno prodotto da una lesione, quando procura la diq~rrsionijdi una creatnra. Percid si novera ira le gsciviaimze la lesione che ha prodotto P aoorto d i domai Whh ~lk~a~clo P agente rae conosceoa lo staaborto pvef arinteraQ colpirsi sotto tale donorninaeions, ma obei a>&ii~ae ~ 8 a n o saviaT ha mente preferito fZ) mhcars fir& le legioni gravis~ime. si rtlmi88 b iroO@hhforuaata d& doto. Dolo Vi ( animo di nuocere 3 nel pmaotsrcs ]la donna incinta :

colpa (ami:anza di prevedere le conseguenze possibili del proprio fritto) quando non si b previsto cha quella donna di cui si conosceva Ia gravidanza poteva per le percosse abortire. I codice penale To1 scano (art. 320 9. 1 lott. C) riconosce ed ammette , la condizione della scienza della g~~avidunza. Ci potrebbe sembrare una ileviazione dal principio generale del niua. rispetto alla dottrina della individztaMta nelle lesioni gravi ;ma invece persuado che veramente i1 codice Toscano non abbia volato proscrivere quella classica dottrina, ed aggiunge valorse alle sapienti considerazioni del P 71 c c i o n i ai luoghi altrove (, 1092) allegati. Se le conseguenze pi gravi darivate dalla lesione per lo stnto di gravidanza ilella donna offesa ( condizione individuale ) non si portano a carico del feritore tranne qriando egli cavoscma quello stato ; cori. qual. logica e con quale giustizia si portano a carico del feritore le conseguenze pi gravi derivale da uno stnto di malattia del17offesa, o da una innormalita del suo corpo cconosciata all'offensure? Certamente B pi facile prevedere che una doma sia iircinta, di quello no1 sia il prevedere che un iildividuo aveva una organizzazione anormale o una malattia segreta, L' articolo 308 e l' art. 326 5. 2 parrebbe dunque si dovessero intevetrare ad trumites del17art. 326 . i lett. C non essenclovi ragione per cui nello stesso , codicc si ammetta carne scusa la ignoranza della graviclanza, facilissima a prevedersi, e non si arnrrietta come scusa la ignorarxza di una natura particolare dell' offaso, difficilissima a conoscersi da un estraneo, e quasi impossibile a prevedersi. Giova

sperare che la giurisprudenza ritornerh su questo argomento.


(1) Questo cayo che configura 1' aborto pp.elcr.inlenzionale, dagli antichi pratici si noverava fra gli omicidii: B r u m a c u s dispulat. 26, thes. 11. Lo che essendo erroiieo (come allrove notammo) in faccia alla esalta nozione dell' otriicidio, lasciava i l caso suddetto i n ano siaio di tlulliianza: vedssi C a r p z O v i O pars 1, quaest. 17, n. 6, 7, 8 Annali di gi~risp?~udcnza toscana 1889, purs 2, col. 628. 1 moderni codici che iu cotesta ipotesi haailo ravvisato un caso di lesione divenuta gravissima per l! esorbitanle resultato conseguitone ollre la. volonl e la previsione del colpevole, hanno obbedito ai pi esaiti insegnamenti della scienza. Notino i giovani che qui si svolge di nuovo un: applicazione della dottrina della prevalenza. Se il tihoio di aborto prelerinteaziouale avesse ricliiamato per le sanzioni legislative ad una penalitii pit grave di quella minacciata alla lesione gravissima sarebbe slaio uu errore codesto modo d i classazione. Ma perchb appurilo 1' aborto preterinteszionale isolalomente guardato avrebbe richiamato (pcl dovuto rapporto con la pena dell' omicidio prclerinlenzionalc d cui doveva esser minore) una penalilk iiiferiore a quella dplle lesione gravissima; cos la prevalon/.il di questo lilolo sopra quello esigeva siffallo metodo di classaxiorie.

5. 2456.
In questo caso le qriestioni pralidle che sorgono si riducono a due: t ." Se 1' aborto susseguitu nella donna dopo le i.iportate lesioni possa veramente attribuirsi come n sua causa alle lesioni medesime, accio non cadasi nel srifisiila posf hoc evgo p?*opter Froc. E la solriziotie di questo primo quesito molto dipender8 dal giudizio medico, o clnlla mancanza di altre conosciute cagioni

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in un ptinto

tli quel disgraziato fenomeno. PotrA solo

giuridico disputarsi sul titolo di lesione gravissima quando i periti decidano che la carisa clelt' ahorto ilun furono Ie v i o l c ~ e matelilali, Dia 10 spavento. 2." - L' altra questione d i e sorger&sari in proposito ilella conoscenza dle aveva o no il percnssore dello stato ititeressnntu in cui ver*s:kva la fernrrii~iacontro la quale inveiva. Quando la prova di questa conoscenza non possa farsi Iir;r via (1iri:tta e positiva, bisogner contentarsi della congctturalc, che per lo insegnamento dei dottori (t) ricorre tutte le volte in cui In gravidanza inoltrata facesse per la tuniefaxione del ventre facile rivelazione di sA medesima agli occhi di ogiluno. TI codico Sardo (art. 939 n. 3) considera pure coriie una lesione qualificata dall' evento quella dalla quale sia suecodrito 1' aborto della donna offesa, e novera questo caso fra i casi di Ienictne gravissima; adottando nel resto per le cotldizioni del reato i termini del codice Toscano: c infliggo la pena della relegazione esttsnsil~ileOlio n I n anni.
(1) Inlorno alle clrcostatize valevoli a ritelieile nei percossore la scienza della gravidanza, si vedano i cenni che ne r:iccoglie P u c C i o n i nel suo c o m t ~ i ~ n t n r ivol. 4, pop, 551. o

All' argomento ~1~118 qtianlitii naturalo del13 Iijsione pertiene ancora la ipotesi della pluralitii delle niedesime risultato o sopra rin unico soggetto passivo, o sopra diversi. 31:~su taI proposito non vi & 3 ~ ~ 3 cialiti (la osscrvarc qu:~ndo le piii Icsjoni proven-

gano da una sola mano, e basti richiamare ci che notammo in genere alla teoria della continuazione, ed in specie al caso di plnralit di omicidii. So10 B da farsi una qualche avvertenza sulla ipotesi della modificata indole della lesione per conseguenza do1 concorso. Nel caso di pi ferite operate in rissa da feritori diversi se si conoscono gli autori delle respettive lesioni (tranne la ipotesi di corresponsabilit per concerto ) ciascuno dei feritori risponde della lesione da lui operata secondo il grado del nocumento prodotto. Fin qui non vi e disputa: ma puO avvenire talvolta che certe lesioni corporali aumentino di gravitj per il loro concorso, mentre isolatamente prese, ciascuna di loro sarebbe stata leggera ; o divengano gravis~ime mentre isolataniente sarebbero state gravi soltanto. I periti non possono attribuire la gravita piuttosto all' una che all' altra, rna nasce dal loro insieme. Tizio avrebbe recato una lesione leggera, se Cajo non avesse recato 1' altra lesione : la lesione rec:ita da Cajo sarebbe stata leggera se Tizio non avesse recato l' altra lesione. Sono due forze che maEerial9nente congiunte, per la loro convergenza ad un effetto, riuscirono a produrlo, mentre ciascuna di per s sarebbe stata impotente a produrlo. M a se vi convergenza materiale non deve scordarsi che non vi fu convergenza ideologica nella proeresi (lei due fritori; pecche Tizio non ebbe animo di aiutar Cajo, n& Cajo di aiutar Tizio. Laonde quanto ini sembra giusta la regola che si tenga conto di questa coinbinazione per un aumento di rigore, considerai,~ pero il caso come improprio e straordinario, nltrctt:into mi sembra soverchio il rigore del

- 159 codice Toscano (art. 335 S. 1 lett 6 ) che applica la pena ordinar-ia della lesione grave o gravissima &lose a ciascuno dei feritori, Questo non B che uno svolgimento della regola piU severa adottata dal codice Toscano all' art. 313 S. 1 lett C? in proposito di ornicidio derivalo da pi concorrenti lesioni, ciascuna cielle quali non avrebbe di per sB cagionato la. morte. Certamente il problema doveva essere sciolto con un criterio identico in ambo i casi; e il codice 1: stato tenace nelle logiche deduzioni del ~rincipio da Irii preferito: ma S pero sempre indubitato che si vengono a, far sopportare ad un uomo le consegtxenzc del fatto altrui. Laonde mi sembra pi coerente ai principii moderatori della responsabilith penale la regola benigna di quei pratici ( i ) che impropriando il i.aqo ricorrevano ad una pena strsiordinaria.

! l ) B e n o c h i o de crrbitr. cns. 552, n. 15, 10 t C a rp z o v i o prncticn crijsin~la's, ytcnest. 26, ri. 4% et seqq. .. R i c IJt e r velilnliones, pcig. 805. - S c h u l t i n q i o colli- ,-9 r ~)?enlntione,c ncadcmicne vol. 5, decns 25, Cfles, 4 et 5.

C-r

4-

3 -

Certamente il delitto considerato nella quantiti naturale emergente dal sua complessivo (1) risultaiiierito b pi grave. M cotesla gravit non B esclua sivi-il~iuritt! derivata dal fatto del]' uno o dell' altro. In sostnrizn jl fatto dell' rino B rispetto al fatto del1' altro rin' acc2'd~ntaZituche lo ha rcnduto pii1 nocevolc, c0111e lo P il fatto ~leli'altro rispetto al fatto dell' uilri. Sicdlb quaildo i drie fatti non si concateiiinn per nesso ideologico, unifica~idosia ragione del

concerto, anche la solazione del problema che sorge in questa speciale configurazione risale al principio generale che voglia accettarsi in ordine agli effetti giuridici delle aceidentalit8 esteriori su1l:i gravita delle lesioni. Se si ammette che la lesione di sua natura leggera, debba imputarsi come grave perchb tale ta rese la mano inesperta del niedico o del\' assistente, o la trascuranza dell' offeso, non pud esservi difficolt nello imputare come prare una lesione che (di sua natura leggera) grave divenne per la lesione operata da altro feritore, Pu dubitarsi invece di tale conseguenza se si accetti la regola contraria. Ci mostri anche una volta come si concatenino nella scienza nostra lo soluzioni dei problemi pratici con certi principii fondamentali.
(1) la queslr, Iriogo io contemplo !a rpuicsi che le pi ferite avvenute ;i &inno dello slesao o di diversi individili per opera di un solo colpevole o di pi cli uno, siatio lo etreeito di pi e diversi atti successivi materinlriiente distirili. M i.[ caso delle pi ferite arrecate ad tm solo, o delle pizi a ferite arrecale a pN da' uno, pu presentarsi corne conseguenza di un atto unico e momer.tariro ;r~riico iii riittii la sua soggetlivit cosi t~lornle come fisica. IJer esrnipio, lo sccrtlo di un archibugio che era carico a parecchi proiettili pub aver cagionato dieci ferite a qrccl roto intlividiio contro i l quale si dirigeva la esplosione; r pu avere cagionato cinquo ferite a costui, e ( pel devi;ii.e dei proietlili) iilirfl cinque ferik d un terzo col pre5enle e clir, noil era preso di inira dal colpevole. Qud jurix in questi dr;e eiiierg~riii? Nella prima fnttispecir, delle dieci ferite c;igion;ite ori t r n sol^^ mediante un aoto allo, io vidi in gralicn obiett:ire un delilfrt tlnico, rornpleaso nei suoi rlrrultatl mi1 senipre unico: e cib sia benissimo. Ma ntllr eecarada bUhpwit. di dtte pcrrorde

ferite con un atto unico, io vidi a c c u s a t ~ le giudici obiettare jl delitto conliibunto. Questo concelto nasceva dal considerare come uu delillo per s stante il ferimento di Tizio, e come un altro delitto di per sd slnnle il ferimcnlo di Cajo, e cos guardare quei due eventi (sebbene derivati cla un unico iillo laoinetitaueo) come due delitti distinti i quali IIOU si pote,zone. vana congiungere tranne per la formula della conlinttu-' Fu questo stesso concetlo quello che guido ;Ui t t e r m a j e r od obietlare un furto continuato al ladro clie aveva invi)lato un sacco di roba quando verificavasi che in qael sacco vi erano oggetli cif due LEiue~~i proprietarii ; ma io confesso fraucanieole che non mi sono mai cotuto persuadere di tale dottrina, n& mai ho putulo vincere la repugnanza del17animo rnio ad acceltare questa forma singolarissima di cot8linuaaione. Essa mi appar sempre singolarissfma e repugnante, per 1s. ragione che mi sembra ossurdo ravvisar0 pluralila dl delitti nello istnntaneo ed unico movimento di una mano. Per me queste sono forme di delilto complesso a causa dclln plurelitb obiettiua. dei pi diritti lesi; nia non si potr rn;ii dire delitto rnolleplice e coutinualo per la Otidividzcit dello elemento subieltivo. Non ini fidai di me stesso per i.ispettc> alla autori14 degli opiuanti in contrario; a per Hlurninarrrii proposi i1 q~iesiloal mio riverilo Collega ed aaiico T a n C r e d i Ca n O n i c o illustre Professore, nella illustre Universit di l'orino. Ed ecco Ia risposta che ne. ebbi con leriera del 51 maggio 1572 che mi perrnetbo ( e me lo perdoni 1' amico ) di pubblicare per amore della scienza - Mi' limito per /WL.ililti alla pinaa specie: uccisione v o l o n l a ~ i a d Cttjo P feri!lze?ifo non voluto d i Sempronio, col onedesieo S P ( l l l 1 ~ di a~>ehibngio. Sono picln(ri~ienlc d' gccordo con te nel riconoscere c/it. qui Iron vi sono due reari, e clre norr v i 6 reato cnlzti~ l i r n t n :credrz srcperjlito d i r t ~ ca le le ragioni. Vi ricofbclsco invece i ctiralleri del reato c o n ~ p l e s s ~ ~ , sul i.yua?tdo perh 98eZ fcrirlzcnlo, non volltlo, di Senzprorlio si vci~ificlri~rol i est r-cnli dclln colpa poli6icur1arinle inll~irg VOL.II. 11

tubile. Poich sebbene ain unica 1' intenzione, unico ne, unico il rnesso, unico 1' alto, duplice perd 1' r/frtlo, la lesione di diritli; c ciascuna di queirte Zcsioni 2 nninntrr da zsna forza irnputubilc. Se invece nel ferimento di Semprotiio non si verificassero g l i estrcriii della colpe putiibile, rimu?*reDhe il solo liiolo d i 07tticiJo doloso r i ~ p e i l o a Cltjo; iaolr pcrtendoai ravvisare nessun ctiruttcre di p ~ n o l cirrbp~clul~ilil& nel fritto materiale lesivo d i Sempronio, non rrnininto dtc verunn forz:(b morale. Non 1 dunque csaticz lisailtrt'e I caticello del reato complesso al caso in riti ci siu rayiurre di nieazo a fine fra !e varie lesioni rli Idi~iCto. Pinqu I' esimio collega r ed io concordo secoliii che duli $li estremi della colpa il Cerimetito del terzo, prodotto dalla devllizione dei proieUili, sia polilicainenle irnpuiabile sotto la forrnn di lcsione colposa. hla persista a ricusnre la congiunziotie di questo dislinto realo col reato principale (on~iciclioo ferimento volontario a danno di Cajo) sollo la foi'niula della conlirlaaaione, anclie per la ulteriore ragione che il oaraltere essenziale della conlinuazioae (unicith di dcterr~titiccx i o t i e j non al presbe ad unificare il voluto col non volrrlo.

P-

Il codice Sardo prib dirsi che abbia diviso Ie 10sioni sotto il rapporto della loro quantit8 naturale in quattro classi piuttosto che in tre. La prima ciasse deHe leggiare vienc richiamata dall' art. 5-43che le punisce col carcere da un mese a duc anni. La soconda classe, che pub dirsi delle g?vuvi, viene (lescritta all' art, 544 che iiiqiggc la carcere fino a ci117 iltic anrii. In questa classe ripete il codice Sardo l'applicazione e il criterio della durata lissanrlo I? Irciita giorni il prolangrimento dalla malattia o d incapncith di lavoro che pa6 rendere grava la feritlr.

Xa i! da notarsi che qriesto codice riconosce rin ulteriore critoi'io di gravit$ nel pericolo di vita, sebbene non accompagxiato da prolnngametito oltre i1 mese della infermitk od impotenza. La terza classe puo dirsi quella delle piit g m v i che descrivc al1' art. 538, e punisce con la relegazione fiilo a cinque anni. In questa classe richiama i due critcrii della debilitazione permanente di un senso o di un organo, e della deturpazione permanente della faccia. Costruisce poi un ulteriore criterio nel concorso st~iz~ltaneo due elementi di gravita, dal codice dei stesso ricoriosciuti 11clla ~iic?~cclu ncl pericolo di e viin. La ricorrenza di uno solo di questi due criterii aumenta In pena del carcere nclla durata senza cambiarne la specie: la combinazione copulativa di ambedue quelle circostanze opera il passaggio dalla specie penale del carcere a quella della relcgaziono. Finalmente la quarta specie delle gravissirjte nel codice Sardo viene descritta all' art. 539, ove rninacciasi in relegazione fino a ciieci anni. Ivi si tornano aQ enurncr8are i criterii ciella perpetua debilitct.zione rfientale: snl che b notabile nei due codici nostri la differenza ctic intercede fra la formula toscana naalutticc mentale e fa formula sarda defiilitnaione d8lle f'ticolt.8 mentali. Vi si richiaina pare il criterio della rnalattia fisica probabilmente irisnnabile. Vi si richiama lu perdita (differente dalla sc.rriplico ~Zebilitnsionsprevista dall' ari. 538) di un senso, o tlulla facoltb di generare, con gli stessi termini del codice Toscano. E coli identici termini vi si richiama il criterio dcl prevedibile aborto conseguitone. Cosicclii? in questa ultima classe quanto allrt definizione ciai casi vi B perfetta identith fra il

- i64 wdice T o ~ a n o il Sardo : tranne la differenza tra e la parola malattia, e la parola debilitagione: sulle eoncladenze pratiche di codesta differenziale spetta ai medici forensi lo emettere competente giudizio. I1 C o s e n t i n o (pag. 387) osserva sul testo del codice Sardo che la legge non richiede siensi perdute irite~amentele facolt mentali; basta che s i sdmo debilitate. Sar forse esatta questa interpetrazione del dotto criminalista. Ma se esatta la suo. interpetrazione, io non esito a dire che pecca di aoverchio rigore la formula del codice Sardo. Essa in primo luogo viziosa per lo indefinito che presenta sotto il punto di vista del risultato psicologico al quale aggiunge la potest di tanto aggravare la pena. Le facolt mentali dell' uomo sono parecchie: pereh la condizione dell' articolo ricorra dovranno esse trovarsi indebolite tutte, o baster che ne sia indebolita zcrza sola, per esempio la remilziac(binza?Il dubbio B gravissimo. Oltre a ci6 nessuno ignora che giunto 1' uomo ad un certo periodo di eih b debilitazione progressiva delle facolti4 mentali un fatale destino. Si ode frequentemente ripetere dagli uomini inoltrati negli anni il lamento di essere divenuti smemoriati, di non potere pii applicare cos per lungo come dapprima, di trovarsi @h ottnsa la mente, e simili. Come potrcl il perito as8ieara~;re giustizia che quell' indebolimento di la cai nu. lama l'offieso fu conseguenza della lesione, s non di un aat~arwledecadimento? Finalmente se B diBcile immaginare che un uomo voglia fingersi pazzo per lo sfogo di barbara vendetta onde condurre il sno feritore a piu aevero cruciato, O altret&rito facile ad rln, o8eao accorto levare innanzi al

suo medico gravi larrienti d perduta ricordanza, di difficolt nel percepire con 1' antica nitidezza le idee, in una parola affettare lo indebolimento delle facolta mentali. Qual sar il medico che possa, per criterio scientifico indipendente dalle conquestioni dell' offeso, affermare alla giustizia che in quella mente vi fu un reale e verace indebolimento? Il medico sopracchiairiato dopo l' avvenuta lesione, donde trarra esso i criterii di confronto tra lo stato precedente, e lo stato successivo di quella intelligenza? Io non veggo in questa dottrina che pericoli per la giustizia.

Un' altra differenziale importantissima fra il codice Toscano e il codice Sardo quella relativa alla evi?*azione.I1 delitto di evirazione per il codice Toscano cade sotto 1 art. 326 S. 1 lett. 6, perchb ' compreso sotto la generica formula privusio~edella facoltd di geneqqure (vedasi P u C c: i o n i comasentmalo,vol. 4, pag. 530) :ed per conseguenza punito col carcere se commesso per moto improvviso, e con la casa di forza per anni dodici al pi se commesso con premeditazione. I1 codice Sardo usa la istessa formula privazione della facolt di gene9*ave,che per sua natura comprenderebbe anche il delitto di castrazione : ma poichb in questo codice all'art. 552 il fatto della evirazione O specialmente contemplato e punito con la galera per non meno di venti anni, cos bisogna concluderne che la privazione della facolt di generare prevista dall'art. 539 n. 2, sia soltanto quella che sopravvenga come conseguenza impreveduta di una lesione dolosa. Ci

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mostra che il codice Sardo ha volrito contro il (lelitto di evirazione conservare l' odio speciale con cui veniva guardato dai precedenti legislatori. E su questo argomento mi riporto a qunilto ho detto di sopra ai $5. 1453, 1454. Si ha un bel declamare sulla no6iltb delle parti lese con questo delitto per giustificarne il rigore. Ma non sapr mai persuadermi che la privazione d i una potenza bestiale debba considerarsi come danno pi grave che non la privazione dello intelletto per cui 1' uomo avvicinasi al creatore. NB vale il dire che ilalla evirazioile (i) siavi luogo a temere con facilit la morte dell'olTeso. Non 8 questa la ragione del rigore, poidi il caso della morte susseguita alla evirazione specialmente previsto e punito come omicidio.
(1) In proposito del rnutergale di questo reato b notevole la differenza che passa tra la cvira,xione e la castrazione. Clb venne dottamente discusso dall' accusa uel senso della parificaaione delle due formule, e dalla difesa nel seneo opposto in un caso pratico che trovasi per disles0 nell' BCO I'ributiuli n. 1796. Trattavasi di un Uiliciale dei che per vendetta gelosa aveva ncl Napoletano tolto deliberatamente i testicoli ad un borghese. Si sostenne in quel caso che il toglimento dei tesiicoli costituisce castrazione O non euitasione, perclib rimane il membro virile. Si sostcnne che essendosi nel codice Sardo Napolelano del 1861 nell' art. 552 usata la parola euirazione mentre all' art. 639 si adopan la parola caslrazione, era stata mente del legislatore di richiedere nello articolo 552 la completa privazione di ogni segno virile, e non essersi contentato della sola inabilitazione a generare, Questo sistema ebbe plauso da quei giudicato; e cib mostri ancora una volta quanta aLtenzione debba adoperarsi dai legielatori oella scelta dei vocaboli che sPes8Qportano a cOncluciuui di altissima importanza.

Per ultimo alla qrrnizlitcii ?~ntzcg*ale della lesione come condizione che valga a renderla gf*avissiina potrebbe, secondo il metodo usato da alcuni codici, richiamarsi la morte del ferito quando la medesima non fu ( o per presunzione, o per dimostrazione positiva) conseguenza assolutamente necessaria della lesione. In questo senso anche la vecchia pratica toscana (1) richiamava alla classe dei ferimenti il cosi detto ferimento susseguito da morte, come spiegammo ai . 1090 e 1109. I1 codice Sardo all' art. 541 mantiene il titolo di omicidio contro il ferimento cui abbia susseguito la morte dentro i quaranta giorni, quantunque la morte non sia succeduta per la sola nut.ura delle ferite o percosse, ma per causa pi*eesiste?zteo sopruvvenuta. E in ci6 deflette dal rigoroso linguaggio della scienza, la quale non permetterebbe si conservasse a cotesta ipotesi il titolo di omicidio. Ai precetti della scienza obbedisce peraltro nella parte sostanziale, poichb dispone che in tale contingenza la pena debba abbassarsi di uno o due gradi. E questo il caso di morte susseguita al ferimento con mancanza dimostrala del nesso ontologico. Ma vi era nella vecchia pratica una regola che stabiliva la mancanza p~3resz~ratcc di cotesto nesso; e questa regola emergeva dall' insegnamento dei dottori (2) i quali sostenevano che quando la morte del ferito non fosse avvenuta dentro i quaranta giorni dovesse presumersi derivata da altre cause concornitanti; e perci colpirsi di pena straordinaria.

- 468 (ij Ed anche da pratiche straniere : C a l d e r o Decisiu~ies Cnlhaloniae lib. 1, decis. 3 1. (2) Volendo comporre in una teorica le divergenti opinioni dei dottori, che si accordarono nell' attribuire una eflicienza giuridica all: intervallo di oltre quaranta giorni iaterceduto fra la ferita e la morte, bisogna distinguere il vario loro modo di apprezzare cotesla circostauza, in tre proposizioni difformi. Tutti concordemente prendono le mossc dal priricipio della Icg. 30, S. 4 //: ad Isg. Aquil. si va(treratue fuerit scruus non mortifere, negligclztin alrtem perierit, de vulncralo aclio erit non de occiso. M nello a al~piicarea coteslo testo il criterio dei quaranla giorni differiscono come appresso: 1 . O Alcuni preudendo come apodittica la opinione di quei medici che insegnavano essere necessit di qualsisia ferita tnortale quclla di uccidere deritro quaranta giorni, ne concludevaho che s e il feriM era inorto dopo cotesto spazio doveerc impreteribilmente dirsi che la morte non era avvenuta per ooiiseguenza della ferita : e quindi esulare per sempre il titolo di omicidio. In questa senso riferisce R O LI 5s e a u d d e l a C o m h e essersi deciso in alcune provincie di Francia, ed allega la decis. 328 del B o e r i o ed un giudicato del parlaineoto di -4ix del 19 gennaio 1659 ja; soggiunpendo ~ ~ 1 autorith di I m h o r t (instil, for. li. 3, til. 11, 1' ?L. 10) che in cotesto caso condannavasi soltanto il giudicabile a fare la fondazione di una messa perpe~aa per Il anima dell' ucciso; vedasi C l a r o lib. 5, S. I~osrlcidizcrn,n. 44 C o r n o o oons. 194, Ei6.2 C n e p o l l a cons. crirn. 4 1 P a r i n a C C i o lilr. 4, quaeat. 197, n. 46,47. Iri questo senso viene iatesa In disposizione dsll' art. 231 del codice penale Francese, nella quale f commentatori non leggono nB una pura presunzione, nb una rnitigazione di pena ; ma una vera propria prescrisione : come avverte C h a u v c o u code ?)tirial progrcsrif, Puris 1838, pag. $83, n , 4 Ce d p l d esr moins une prsomplion en fuueur du eoupable, qu'icne oorte de prescription pour le mettre c l' abri dcs poursuiles. t

Fra le considera~ioniche t a l v ~ i bcondnmam ad adottare la regola dei quaranta giorni In coreato senso a&oiuM travasi principalmente valutata la convenienza di non lasciare clie un7 accusa errib bile rimaoga per mesi ed anni indafinitnnienie pcridente sopra IR trssla di un citladinu. Lo ammottere che possa obieitarsf I' omicidio anche quando la morte avvenne dopo due, dopo dieci, dopo trenta mesi, non dB mai pace ad un feritore; il quale dopo avere subilo il Siudizio e la pena del ferirnenio, ed essere skato restituito alla famiglia, pub ad un tratto trovarsi per il medesimo fatto soitoposto ad un' accusa capitale, se avvenga che quel ferito muoja e che sembri ai medici esistere in cotesta morle il rapporto di effetlo a causa con quelf' antico ferirnento. Tali considerazioni, come ognuno comprende, eoao cwoltzsivaaente politiche. 2 . O Pi generalmente fu osservato essere fallace la regola medica suddetta, perohb da altri medici combattuta non meno che dalla esperienza; e talvolta una ferila cagionare la morte anche dopo un anno e dopo due per sua potenza naturale, e ser~zabisogno di estranee cause antecedenti o aoprnvvenute. Laoncle insegnarono che la sopravvivenza di oltre 40 giorni costitui6se una mera prealrnziune a favore deli'accusato, la quale imponesse all' accusatore di provare il oesso tra la morte e la ferita, indipalidentemente da altrn qualsiasi cagione; lo che falfo dall' accusa doveesc star fermo il rimprovero de occioo: non fatto dovesse soltonto applicarai il titolo dc ~)uEncrflbo. que~to III Senso &i proaunziarono R o u s s e a u d d e l a C o m b e matiires criminelIes, pag. 86 l? a b r o. in codicern, lib. 4, lit. 15, del: 64 S e r p i l l o n code crirnincd, vol. 1 , pag. 416 Zuccli i a quacstionea medico Z~gaEes,lib. 5, tit. 2, qtraecrt, 5, I&.2 e1 seqq. Questa seconda optnione B priva di senso giuridico, perctib suppone che in lutti gli altri casi non sia onere del\' 80cusrt provare rlgorosanicnte che I' evento dalla rnurta da Isi obieiliito ad un giudicabile fu l' effetto del ferirnerito ahe gli

riofaccis. jiIa poich codesto obbligo corre all' accusa anche quando 18 morle sussegue dopo breve iniervallo, COS'! minifesto che la regola dei quaranta giorni si riduce ad una vana parola. 3.0 Altri firialmente stimando pericoloso lo attenerci alle ricerche di fatlo, e valutando che data la morte dopo quaranta giorni potesse rimaner semprc un qualche dubbio SUIla connessione Ira la ferita e la morte, prescrissero clio iudistinlamente per la sola circostanza della sopravvivenza olke i 40 giorni dovesse farsi passaggio ad una pena straordinaria. Codesta opinione (che k quella adottata do1 codice Seirdo all' art. 542 prima alinea) fu quella che pi gcncralmenle prevalse: perch nella nalura d ~ l l ' u o m o d prediligere certe transazioni di coscienza, quando trovasi in faccia a quectioni difficili ed intricate. Tale moveutc b quello stesso onde va oggi recandosi iu credilo il sistema delle circos(aaze atteiiuanti, che nella sostanza sono una trasformazione delle pene straordinarie della vecchia pratica, contro le quali mezzo secolo fa c i gridava s alto 1' anatema. Questa terza opinione ebbe sanzioni legielalive. I,a consuetudine di Brettagaa ali' art. 620 disponeva che sopravvivendo il ferilo pia d i 40 giorni dopo la riportata Zesiono, non douease mai il feritore punirsi di morte, ma di altra pena ad arbitrio del giudice : vedansi Br o d e a u zur la. Cozoutume de nrelogne, d l' art. 020, e D' A r go n t r B 1' ort 576, puy. 1795. BIii quccta terza opinione era pur troppo la pi irragionevole di tutte, percli dellava una regola la quale riusciva in pratica costantenie?le ingiusla-. O in faccia alla veritu delle coso la ferita fu la vera cagione deUa morte; ed allora non vi b nessuna ragione n morale, n giuridica, ri: politica di alleviare la p-na solo perchb i patimenti delld vitlima si prolungarono oltre i quaranta giorni ncll' angosciosa lotta fra la morte e la vita. Nello stato di verilh la re5ola pecca dl una beaigoittr non giusURcabi1e: che se in fwcia al 6QmaV varo la ferita non fu cauea della niorlc,

- 171 la regola pecca di patente ingiustizia verso il giudicalile quactdo gl' irroga una pena che, quantunque mitigata, si misura pur sempre sul titolo dell'omicidio. In sostanza il giudice rimane in dubbio sul titolo di omicidio, e pur tuttavia lo ritiene. Non B pi dunque la verit ma il sospetlo la base della criminale condanna.

Codesta regola con una singolare modificazione si raccolse dal codice Sardo all' art. 542, per disporre che in caso di morte dopo i quaranta giorni la pena ( mantenuto sempre il titolo di omicidio ) potesse abbassarsi anche di tre gradi se era dimostrato che la morte non fosse conseguenza della sola natura della ferita; e di uno o due gradi se tale dimostrazione mancando, rimaneva a ritenersi il nesso di necessario rapporto tra la ferita e la morte. Per tal guisa il codice Sardo non solo ha riprodotto quella regola dei quaranta giorni che in faccia alla scienza medico-legale moderna era divenuta di assai problematica utilitj; ma congiungendo questa regola alla esigenza della difizostrasione di mancanza di nesso le tolse ogni senso giuridico : dappoichb sia evidente che quel precetto non poteva altro significare tranne una presunzione. Laonde poco vi vuole a comprendere quanto sia antigiuridico il concetto di congiungere insieme alla prova piena la efficacia vi di uiia presunzio~ze: tale repugnanza a cotesto ' metodo che quasi tocca 1 assurdo. Al vizio radicale dell'antica regola si & per tal guisa aggiunto il vizio della contradizione. Quando alla prasunxione nata dalla sopravvivenza oltre i quaranta giorni suc-

cede la dimostrazione che la morte avvenne non per la natura della ferita, ma per altra causa preesistente o sopravvenuta, continuare da un lato a dare un valore giuridico a quella presunzione, vale l'istesso che pretendere di veder la luce lunare quando il sole brilla in pieno meriggio: e dopo ci6 ostinarsi dall' altro lato a mantenere il titolo di omicidio, transigendo con la coscienza mercb il palliativo della diminuzione di un altro grado, vale 1 istes' so che operare a caso, e piii per moto di sentimento che per calcolo di ragione. Finalmente dare nel tempo stesso alla presunzione ( art. 542 primo alinea) la forza di diminuire di due gradi; e dare alla prova positiva ( art. 542 secondo alinea ) la forza di climinuire di un grado ;mentre nell' art. 541 secondo alinea a questa stessa prova positiva si attribuisce la forza di diminuire due gradi; B un tale fascio di contradizioni da non trovarne modo. Ma tali (1) aberrazioni sono la ordinaria conseguenza della scelta di un erroneo principio: il quale appunto perchb b erroneo, per necessitA logica conduce a facili confusioni, e ad esitante oscillazione nelle sue applicazioni.
(1) Quesle censure contro il sistema del codicc Sardo sonosi pibi largamente svolte e con fiore di senno nella d i ~ sertazione pubblicata dall' Avv. P. G r i p p o , sotto il titolo della ferila o percossa uolontnria che produce l u inorte, nell' Archivio giuridico diretto dal i>rof.F i 1 i p p o S e r a f i n i al vol. 5, pag. 348, 511. Il dotlo giureconsulto chiama :i pctg. 615 quell' art. 541 una suentura per il Regno d ' h liu. E se le sue censure possono sembrare aniare e vivaci sono per sempre inferiori al merito. Quella dissertazione

degna non solo di essere letta ma di essere profondamente studiata da chi sappia e voglia capirla.

Fin qui abbiamo discorso singolarmente quali siano i risultamenti che, secondo il pi comune modo di vedere dei legislatori, al daaneggiamento della persona (nel quale sta la generica essenza di fatto della lesione) aggiungono il carattere di lesione grave, o gravissima. Cotesti risultamenti hanno dunque una particolare essenza di fatto la quale richiama al presente luogo tutte le questioni che nell'argomento dell' omicidio attenevano alla essenza e genere di cotesto titolo. Laonde a questo luogo rimane ad esporre sotto un punto di vista generale quali siano le successive ricerche, e le possibili questioni occorrenti allorchh si tratta di pronunciare che il titolo di lesione grave o gravissima i nella 3 sua essenza di fatto assodato. 1." - La prima indagine B quella relativa alla s~zatevialeesistenza della circostanza per cui si voglia ritenere che la lesione sia grave, o gravissima. Per tale ricerca si chiarisce la prima Base del corpo del delitto in questo genere di accuse. Ma la imputazione fisica non pu dirsi assodata per la sola giustificazione di una materiale esistenza delle condizioni di gravit,?, se le medesime rimangono nozione possibilmente sconnessa dal fatto del quale il giudicabile B riconosciuto autore. l3isogna dunque in secondo luogo chiarire il nesso antologico che intercede fra quella risultante materialit, e l' aziorze del giudicabile.

2.O - Di qui i problemi che sorgono in proposito di certe combinazioni ove si presenta da un Iato un atto violento del giudicabile contro 1 offeso, e ' dalB altro lato un danneggiamento personale uccumpapato da condizioni di gravita, ma vi B luogo rr dubitare se all' azione del colpevole debba attribuirsi

quel risultato come a vera sua causa o soltanto come ad occasione. Ecco i primi e semplici termini della questione :alcuno con intenzione ostile miriticciO il nemico, ed uso violenza contro di l u i ; questi per evitare il sovrastante pericolo e ~ e g u iun' nzio~ra propria del suo corpo, e tutta procetlonto <lall:i sua volont3 senza nessuno irnprilso fisico per parte del colpevoIe. P e r esempio, egli volle scansarsi i colpi che gli minacciava 1' accusalo, ed in ci6 fare cadde; e cadendo si cagion forita gravissiina od aiidie letale: oppure a Ane di salvarsi dalle violenze si gettii dalla finestra, e riportd gravi lesioni. Iri tali jpotesi bisogna supporre, perchb la questione sin proponibile, che i1 reo non eseguisse i propri atti col Arie esplicito di costringere il nernico a precipitarsi per cotal guisa. Supposta simile prcvisiorio e simile intenrlirnento, l'azione del giudicabilo sarebbe stata pur troppo eeusa diretta e non semplice occasione dei pi tristi risultamonti. L' offeso ed il suo corpo sarebbero stati in siffatti termini strwnento del colpevole, e tutta la responsabilit8, dell' evento ricadrebbe su lui, nb pi nB meno come se un nemico col pugnale alla mano mi costringesse c? bore il vcieno; nel qual caso, sia che se ne traesse il ti-

- 175 tolo di omicidio, sia che se ne traesse il titolo di venefici0 ( S. 2 283 ) certo 8 che il resultato della ruorte non potrebbe il gindicabile declinare dalla sua responsabilitj col vano pretesto che io stesso bevvi i1 veleno, e che l' avvelenamento ebbe la sua causa immediata nell' azione della mia mano e delle mie fauci. Ma esclasa la ipotesi eccezionale di cotesto complicato disegno, . manifesto che la caduta o il precipitarsi dall' altura non essendo conseguenza immediata dell' opera e della mano del giudicabile, bisognerebbe bene pronunziare che la grave lesione od anche la morte del nemico non effetto del1' azione del reo; e con siffatta formula esonerarlo dalla fisica ifipzatazioae di omicidio o lesione grave (1). In questa seconda configurazione io vado diinyue pienamente d' accordo con i sostenitori della formula non B conseguenza deZ2' AZIONE del reo; e stimerei doveroso lo assolvere cla ognj responsabili t.
(1) Questa soluzione era giU slala inscgnalii coine positiva dal R o m a g n o c i nella Genesi del diritto penulc, S. 695 ivi - AllorchB u n d u t o effetto d e ~ i u i rdu conih i ~ ~ a z s ' o t iche non si poteuano prevedere, i n tal enso il i firtuiio si mescola col delibernto, c l' efillo che tlcrivii tlall' alto deliberalo non si pu att~.iBuireall' agente che ne fit crr?tsu occhsionn1.e. E prosegue facendo il caso in tcrrnini. Erasi colestii soluzione convertita in precello legisl:~livo <li\\ regolarncnto penale per le proviiioic tedesctie delI' inipero siislri~copiihblicalo il 17 genniiio 1860. Rla cjuando fri proriiulgato poi nel 1852 il codicc generale (leil' impero, c i l 5. 152 del regolanienlo fu trasfuso nel $, 134 del novello codice, il c;inibianionto di una parola fece nascere disputa I'ra i giuristi dell' iriipero, e [uvvi clii sostenne che il nuovo

S. 134

portava ad imputare uu evento anche a chi del aldesimo noti era stato che causa oceasiunale. Ma la coscienza pratica dei magistrati non poteva nlai accettare siifatta esorbibuza. E di fatti trovasi una deciciono della Corte Suprema di Vieona del l 4 Iilglio 1868 che esclude il titolo d i lesione grave dal falto di un accusalcl che rnediaate una spinta aveva fatto cadere il nemico, e quesli cadendo si era frallurato una gamba. A1Cra striiile nell' islesso senso enianb la Corte Suprema di Vienna il 27 gennaio 1855 in eguali Cermini di fatto, escludeudo, malgratlo la morle susseyulla alla caduta, il titolo di uccisione. Quesli giudicati iiqn rientrano nella co~iligurazioneche qui ho proposto; ma iuveci? cadono scsUo la ipotesi che vado ad eepwrs sohto uurnero 3. Ma se la coscienza dei 1riburi.ili s i rifiuta a mantenere il titolo ernnrso in ragione del pii1 jravc d;iano occasionato dall' azione sollsnto itidirelta clcl giudicahile, intuilivo che noli pu neppure esservi luogi* a serio dubbio quando (cotiie si propone iii questo caso HPcondo) al danno pi grave non diede occasione i~nntcdicrltr i l Rilto del giudicabile, ma questo fatto diede occastune 31 fallo od azione di d l r i , la quale azione poi fu alla sua voltd occasione del pii1 grave danno.

3.0 NLE~ i seguaci di cotesta formula ne avrebbero voluto fare applicazione ad un diverso caso nel quale io non credo che rettamente convenga.

I1 giudicabile diede un urlo nel petto al suo nemico: questi cadde non pi per un movimento figlio della sua volont, ma per l' impulso ricevuto da113 mano del percussore: cadde, e cadendo battl: il capo sopra un sasso od un mobile, e no risnltb grave o letale lesione d l a nuca di queli' infelice. Ecco (volle dirsi) la lesione alla nuca non prodotta dallti lila-

- i77 no dell'accusato ; questi produsse una leggera ecchimosi nel petto, e niente offese nell' avversario quella parte del corpo la cui lesione lo trasse a patire gravissimi danni, o a perire: il piU grave ct funesto risultamento non pub dunque neppure fisicairne.rzte iwy~ctarsial giudicabile, poiclie non B etfetto della azione sua, ma di un caso intervenuto: e prodotto dal sasso o dalla sedia su cui venne quella testa ad urtare, non dal pugno o dalla spinta del1' offensore. Ora qui dove 1 applicazione della far' mula non e a mio credere esatta, perch se la rnanu del reo non fu quella che spinse il sasso o la sedia contro la testa della vittima, fu pero la mano del reo che spinse con nemica intenzione il capo della vittima contro la sedia o contro il sasso. Distinguere in tale ipotesi fra l'azione divettn e l' azione Cndiretta non parmi conveniente, n& concludentt.. La irnputuzione fistea del pi grave danneggiamento deve dunque ( a mio credere) giustamente colpire 1' accusato. Soltanto potr degradarsi la 2.tnpz&Gac' ~ ~ b ??>orale, ricorrendo alla dottrina della preterinte?azionuMtci, la quale senza dubbio sar nei congrui termini la vera soluzione del quesito generico sulla imputazione : ma fisz'earnente autore di quel ristiltato . il percussore, causa di quel danno pit g r a ~ e k il suo atto violento (1).
(1) In qiiesto senso Iia giudicato noil ha guiiri la Cortr di Cassazione di i9lilsno con la sentenza del 10 masgio 1861, in un caso ove appunto sostenevasi non avere il giudicabile fatto altro che dare uua spinta; dalla spinta esserne conseguita la caduta, dalla caduta la percossa del capo dell'oReso coiitro un corpo duro, e di qui la lesione caustiva dellii

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- t78 mwk; e sostonenisi Che tale lesione e la morto derivatane i I D 0 era conseguenza dirella &Il2 azione del reo, e che a

lui non poteva impuhrsi. La Corte Suprama respinse tale sistema, dicendo inaccettabile in faccia alle dieiposizioni del codice Sardo la distinzione fra azione dirella ed azione indiretta; ed io credo che ci sia vero anche in faccia ai principii della scienza, almeno per ci che atriene alla inaputaaione fisica, e souo questa forma speciale di applicazione. perb vero che i due giudicati della Corte di Vieona da me ricordati nella nota precedente (S. 1464) avrebbero deciso in senso opposto. Bd vero pur troppo che la flutbaanza della giurispradenza Alemanna sovra questa i p o t ~ i coise sovra altre cto~simili,~coraggia10 studioso. , A modo di esempio, nell' Eco dei Tribunali del 28 maggio 1865 n. 1644 si ricordano sette giudicati contradittorii 1' uno all' alLro nella questiono se chi diede una spinta nelle reni sia responsabile della lesione grave che l'offeso cadendo si cagionb nella Lesta. Ma qui vuol essere richiamata la osservazione che andrb a fare fra poco in altra nota (9.1466 nota 2). Le decisioni dei casi pratici sono taivolla figlie di specialissime circo~taazedi fatto, e di particolari impressioni del17 aniino, Oltre a oib non b rara che i giudicanti, i quali non siodono per dettare uria teorioa, esprimano i motivi del loro giudizio in un modo confuso, attribuepdo alla negazione della Onlputa&ione fisica ci ctie dovrebbe essere atIribuito soltanto alla negazione della imputazione morale. I risultamenti fatali di una spinta possono talvolta essere cos straordinari da doversi dichiarare mprevedrrti, od anco imprevedibili, Ecco che io tale stato di convinzione il giudice esonera 1' aucusato dalla responsabililh di tali risultamenti senza contradire ai principii fondamentali della imputazione. Non mancano allora al rinfacoio di omicidio, o di lesiooe gravissima, $li elementi della io?~ptasionefisica: gli mancano perb gli slemeilti della Bmpulaoione motpale, ~erchb sorge in campo la figura del caoo fer6qiCo. Allora non pih ai qutsriam suHa essenza dl fatto i non piit B' ini-

pugna che la morte o la lesione gravissima abbiano avuto causa nell' azione del giudicabile. La questione che sorge ben diversa. Essa vuol essere posta nei termini, s e e fino a qual punto chi versa in cosa illecita possa essere moralmente responsabile delle conseguenze pib gravi derivate dalla sua azione per la sopravvenienza di un fortuito: ed i l problema si converte in una questione di prcvediililit e di previsiolie che C tutta di fatto. 11 nesso giuridico non pu imniaginarsi senza presupporre il nesso ontologico; ma il nesso ontologico pu bene talvolta esistere senza che gli tenga dietro il nesso giuridico quando non lo induca il nessa idcologico.

S. 2466.
formula, la gruvitc non B effetto dell' AZIONE del reo, si offre nel caso in cui tra la ferita e le conseguenze pi gravi che si bramerebbero declinare, sia intervenuta una accidentalit che abbia denaturato non piii 1' immediato risultamento ma le successive conseguenze di gravitti; per esempio gli stravizii, o la mala cura, o la niuna cura della primitiva lesione. Qui non si vuole declinare la imputaxione fisica della ferita, quanto a1 suo primario modo di essere: si concede che la ferita deriv dall' azione del reo, ma si impugna che dall'azione del reo derivassero le condizioni di gravitti o di letalitti che assunse poscia quella ferita. Cos con tale formula volle dimostrarsi la ingiustizia d' imputare all'accusato la lesione con la qualit di grave, o gravissima, o letale, perchl: gli si imputerebbe cosa che non era conseguenza del fatto suo; e si disse doversi distinguere sempre fra conseguenza immediata e conseguenza mediata. Ma cotesta formula condusse per
4.O

- Una ulteriore applicazione della

forza logica a distinguere il caso delIa niz~na curn, dal caso della fizcckc czwa o dello stralji~io. Amniettendo ancora (si replic) che voi possiate declinare In imputazione dei pii gravi danni quando questi sono attribuibili ad un' aziofze di altri ( 1 ) fuori dell'accusato, come potete declinare quei risultati che provennero dalla assoluta nzccfzcccfizadi czctna? Potete dire che la morte non fu eftetto della ferita ma del tetano, o della cancrena; e che il tetano ebbe causa nell' agio;one del medico che lo eccito con applicazioni irritanti, o che la cancrena derivo dal]' aziotze della stessa vittitna che la produsse cori le sue intemperanze. Ma come potete dire altrettanto quando l'evento deriv dalla nessuna cura? fdui voi non avete I' intervento di alcun' azione di terzo. La ferita fu prodotta dalla vostra mano. La gravita o le tali t& che ne consegui fu lo svolgimento spontaneo della sua natura : sarebbe stato forse possibile arrestare quel maligno svolgimento, ma tostochb il medesimo procedette nel suo corso ordi-. nario, le vostre stesse formule portano le conseguenze a tutto carico del giudicabile. Non vi giova In formula cleli' azione, perchc? ilessun' azione ulttazci (lui s' introniise alla quale voi possiate attribuire come a causa speciale l'evento pi grave. Non vi giova la distinzione fra causa mediata e +mmedint[t, perch non avete un fatto sopravvenuto al fatto del terimento a cui possiate attribuire il concetto di cnetsa irn~zediata onde ridurre quello alle mere funzioni di causa naediata. Quando la casa abbrucici, la causa immediata ne fu il fatto dell' incendiario; n vale dimostrare che una brava compagnia di pompieri immediatamente accorsa avrebbe potuto

sopire 1' incendio. Sicchb la questione in questo quarto punto di vista non parmi riceva gran luce per gli strenui tentativi fatti in proposito modernamente da alcune scuole di Lamagna ad occasione della dottrina di F e u e r b a c h incarnata nell' art. 143 del codice Bavaro, trasfusa poscia nell'art. 285 del codice Annoverese, ed in altri molti codici della Germania, ond' ebbero occasione tante dispute e tanti studi su questo argomento (2). I1 problema rimane tuttavia nei termini nei quali noi lo ponerrimo ai $jS. 1089 e segg. in proposito de!17 omicidio; se non che nella presente materia la ricerca ili fatto non pi conduce a mutare la classe, passando da1 titolo di omicidio a quello di lesione, ma a far cessare la qualifica di gravit nella lesione, mantenuta sempre la classe della medesima.
(1) Quanto alla gravit della lesione sopraggiunta per iiiiperizia del triedico o per imprudenza dell' offeso, poleii dirsi comune nella pratica la opinione che della medesima non fosse responsabile il feritore, perch di tali conseguenzp la ferita tenevasi essere occasione e non causa; ed ove ancora per tali fortuiti fosse sopravvenuta la morte, il giudicahile non si teneva de occiso nia de uulnerato. Colesla dottrina fondavasi sul testo nella 1. qui occidit 9. 4 ,T d $ ?e$, Aquil. citata di sopra in proposito della presunzione dei quaranta giorni: G r i v e L l i o decis. dolanae 178, n. 4 lu l p i n o st~ccusFtrrinncci, qunest. 127, n. 5 ct 4 T C oG ;i i l l obserl u m b a de forma procedendi, art. 25 vat. 5 , n. 20, 24 C o n C i o l o resoluliones, verbo vtzlnzls, rcs. 1, n. 2 e1 seqq. A n g e l o d e delicfis, pars 1 , cap. 98 1,. 18 B o s s i o tractnlus, til. de lboalicidio, n. 115 ii e n d e z d e Ca s t r o piaclicu lzteitana lib, 5 , cap. 1 , ?i. 74, C a n t c r a quaest. crinrin. cap. 7 , n. 3 in fine C a r-

p z o v i o pars 1, qunest. 26, n. 11,12 e& 13, ove decliii,~ l' obietto della leg. nihil inferest, 15, ff. ad leg. C O ? ~tlc . )~ sicar. e della teg. quoniam, 6. C. ad leg. Jul. de vi publicu, prendendo a base la distinzione fra causa mediuta e causa immediata. intuitivo che le ragioni determinanti ad una od altra massima intorno lo influsso che sul titolo del realo possonu o no esercitare le accidentalit dei vizi morbosi dell'offeso, o delle sue intemperanze, o della tardanza od irregolari!% della cura, corrono con perfelta uguaglianza cos nel tema di omicidio, come nel tema di lesione grave, o gravissima. Malgrado ci il codice penale Toscano del 1853 non aveva in proposilo della lesione personale ripetuto la regola da lui sanzionata all' art. 308 per l' omicidio. Vi provvide la legge dell'8 aprile 1856, che fra le varie correzioni introdotte iri quel codice sanzion pur questa; aggiungendo il S. 2 al1' art. 526, e in questo S. 2 ripetendo in lettera le dichiarazioni dellyart. 308. (2) Anche in proposito delle condizioni indioidunli che abbiano reiiduta grave una lesione di sua natura leggie~a era assai tranquilla la vecchia dottrina : B a r d e l l o n i Cuns. 08, pag. 554; e i da lui citati Responsa Tubingensia vol. 9, cons. 71, n. 22. Ma le moderne scuole alemanne sono andate per diverse vie, e con infinite distinzioni e divergenze. Ugualmente le decisioni dci tribunali dei diversi stati germanici presentano tali contradizioni da scoraggire chiunque tenti coordinare quella giurisprudenza ad una teorica. Un giudicato della Corte Suprema di Vienna del 1 7 decembre 1852 (I1 e rb s t 3.152, n. 3 ) proclama come regola assoluta che il giudicabile debba corrispondere della gravita della lesione benchb derivata dalle condizioni malsane del190fleso. Ma per contrario molti altri giudicati di quella stessa Corte ammisero le preesistenli condizioni malsane del19 0 ~ come ~ 0 ~ valevoli a declinare il tilolo pi grave, quando la gravit ebbe la sua musa in quello Stato malsano. L' art. 1 4 4 del codice BavarO del 1813 scioglieva il problema distinguendo se alla efficien-

za della condizione malsana diede o no impulso la ferita ; ed il dotto criminalista Ca m m i l l o B e r t o l i n i (Eco dei Tribunali n. 964) vorrebbe che 1' art. 308 del codice Toscano s' interpetrasse ad trarnites dell' art. 144 del codice Bavaro. hIa noi seguendo I' insegnarnerito del senatore P u c c i o n i fcomlticntnrin, vol. 4, pny. 442, e 534) crediamo pi ragionevole interpetrare il nostro codice ad traniites della dottrina della scuola toscana, e della giurisprudenza secolare prevalsa fra noi. Crediamo cio che debbano lasciarsi da parte tante sottili distinzioni alle quali diede occasione il principio pi severo, e le ditXcolt gravissime contro le quali veniva tratto tratto urtando nelle pratiche applicazioni. Dappoich cotesto principio doveva naturalmente vacillare in faccia alla ropugnanza che incontrava la dottrina nei tribunali per la esorbitanza di certa applicazioni non accettabili dalla coscienza dei magistrati. Crediamo cio che oltima a risolvere tutte le questioni pratiche in conformit della buona giustizia ( a adaltabile nel tempo stesso al nostro codice del 1855) sia la vecchia teorica toscana a cui altrove ($. 1092) acceniiamrnb, e che tanto nitidamente s' illustr dal P u C C i O n i al luogo citato. Anche il B e r t o I i n i in una sua dissertazione inserita nelly Eco dei Tribunali (n. 964 e 965) si cimenti) a costruire in una teorica i vari giudicati yermanici. Ma non approd ad alcuna conclusione, perch, ci era impossibile a chiunque sebbene dottissimo. Ed impossibile perch quei giudicati non si ispirano ad un sommo principio unificatore ; ma sono figli delle impressioni del fatto. La novella doltriiia di F C u e r b a C h, per quanto possa sembrare pi esatta e logica in punto astratlo, riesce ink)llerabile spesse volte nelle pratiche contingenze. Da ci ne avviene che i giudici si attengano alla regola rigorosa tutte le volte che il caso da decidere offra condizioni meritevoli di severit. Ma quando invece le circostanze del caso renderebbero oltremodo intollerabile I' applicazione della regola, essi la evadano ; perch IU medesima, ctie guardata in astratto sembrava giusta, comparisce in tutta la crudezza della sua ingiustizia nella

speciale applicazione a cui Ia si dovrebbe condurre. Come sperare che magistrati di coscienza dichiarino responsabile di oniicidio chi diede al nemico un leggero inorso, solo percli* d e s t o morso, o per la catliva costituzione dell'oaEso, o per inala cura, svilupp In cancreiia? Ecco come sovente il senso ~norslcdel gludice si ribella al dettato giuridico e lo fa naufr~alare.Ed ecco come ( e sia questa la conclusione del mio discorso) carte doilrine cii eccedente rigore non siano buone per una legislazione positiva, la quale non destinala a vivere nei regni della fanlasia; e per nccessith morale rendano prima o poscia flulluanle ed elastica la giurisprudenza.

5.0

- Le precedenti oss.jrvazioni hanno relaziorie

alla i?;11putazz'o?zefistca, la quale non vuole esser iaonfusa con la f~rpzct~&wio?ze qlzo?*ale ( S. 8 ). Spesso si vengono scamliiant2o Ic due riccrclic: ma la in(lole deI1' elemento che si rintraccia, e le ragioni di sciogliere i1 quesito pratico sona differentissime. Pnb al seguito di una particolare dottrina, o di speciali rcsultanze di fatto, il magistrato venire alla cnilclusione - io t' imputo fisicamente la condiziozic di grave o gravissima che riscontro in qriosta lesione : potsr8 poi scendere ali' altra conclusione appareni.emente opposta io Izon 8' i~y111utornoj-nl~~istzte codesla gr-avit4; oppiire - io Ic la tqtq~zttol)zer/m picrzamente. In questa seconda ricerca il giudice non pi tud dia i rapporti anloloyici clellu gravilii, ma i suoi rapporti ideologici, in quanto egli ricerca se quella graviti fosse preoedztta (1all' agente bencbh iion voluta ( e cosi applicargli la nozioiio del dolo indeterminato ) ; o so non esserido da lui p r e ~ e d u l a , tsse almeno da lui peaediUiZci ( per applicargli cosi la nozione della preterinterizionalita). Qucsta riltc-

riore ricerca pu non essere affatto indipendente dalla prima, perchB il nesso ontologico piu o meno stretto pn6 dare spesse fiate argomento per concluderne o per escluderne il nesso ideologico : ma sebbene non ne sia indipendente essa pero sostanzialmente diversa; e malissimo fanno coloro che teoricamente o praticamente unificano le due ricerche. Ami-edne le ricerche erano fuse insieme, e compenetrate nella vecchia teorica toscana; la quale in ordine alle individualit2i pveesistenti nell' offeso faceva dipendere la soluzione del problema dalla cog~zizioszeche potesse averne l' offensore: in quanto alle accidentalita co?zco~zitnnli faceva dipendere la dalla loro connessione col fuGlo clell' oflensore: e in quanto alle accidentalit szissegzse~ztila faceva dipendere dalla piu o meno possiliile previsione del Seritore. Ma dove le nuove dottrine oltramontane prevalessero in senso contrario in ordine alla definizione del litolo, rimane allora ( e sorge anzi con raddoppiato interesse) la questione ivztenzionale. Mi spiego. Fu a Cajo recata una lesione che di natura sua sarebbe stata sollecitamente guaribile per prima intenzione: ma le intemperanze di ogni maniera a cui si diede l'offeso, svilupparono un processo suppurativo che lo tenne inabile al lavoro per oltre i trenta giorni. La questione sull' elemento materiale sorge in questa forma - abbiamo o no un titolo cli bsio~zegloave? E qui si svolgono tutte le contmdittorie opinioni che discordano nel valutare gli effetti dell' accidentaliti sulla definizione del titolo. Se in questo conflitto prevale la vecchia dotabbiamo una lesione leggera, pertrina si dir ch8 1' effetto grave non B conseguenza del fatto del

feritore, ma del fatto del ferito. Sciolta cos la questione ontologica, B inutile procedere oltre alla ricerca ideologica. Ma quando i giudicanti (seguaci della dottrina di F e u e r b a c h ) vogliano in senso opposto risolvere la prima questione, ne verr la conseguenza che il titolo obiettabile sar quello di lesione grave : e la imputazione fisica dovr farsi sotto cotesto titolo. Ma che perci ? Non B mica ancor detto che la imputagione morale debba rispondere alla imputazione fisica senza possibilit di divergenza ! La stessa circostanza che si volle rejetta nella prima ricerca, si ripropone nella seconda. 1 1 titolo B di lesione grave: lo sia. Ma le intemperanze dell' offeso erano o no prevedibili o prevedute dal1' offensore ? Ecco la seconda forma della questione. Non pi questione medico-legale, non pi questione giuridica; ma questione tutta congetturale e di fatto. Perchb se il giudice si convince che la volont dell'agente non era diretta a cagionare naa lesione grave, e si convince altres non avere esso preueduto che il suo nemico fosse cos stolto da deteriorare per imprudenze la propria salute; egli ci incontrastabile che la forma del puro dolo (cos determinato come indeterminato) B eliminata affatto in quanto al titolo di lesione grave. Sicchb 1' accusa h5 guadagnato terreno quanto alla imputazione &sica, e pu vantarsi di aver fatto scrivere in sentenza - reo di lesione grave. Ma la pena della lesione grave puramente dolosa non sar pi applicabile, e al giudice rester so10 la scelta fra la lesione grave preterz'latenzionaZe (i), e la lesione glaaue colPosa; @ i vincitori resteranno vinti sul terreno della

i~nputazionemorale.

('l) In proposito della preterintenzionalil 1' art. 330 del codice Toscano riproduce per la lesione grave o gravissima la distinzione, da lui gi dellala per 1' omicidio, fra consegueazn che l' ((gente potevn prevedere come probaliz'te, e cnnregaenz;n clie poteva prevedere conte possibile. i3 noi ricl.iiamiamo qui le stesse critiche che Sacen-imo (S. 1307) sulla elastioith od inafferrabilit5 di codesta disti~zione.Solo a questo luogo vogliamo notare che nel primitivo progetto del prof. RI o r i cotesta disliuzione si era formulata con termini pi pronunziati: esprimendola da un lato con la forrnula cotisegzienza pizl o meiao probabile, e dnlI7 altro lato con la formula cotlaegicensn possibile, 7nn iwprobubz'le : vedasi il progetto agli art. 316, e 54?. bIa le variate condizioni politiche della Toscana resero impossibile la sanziuiie di codesto progetto, o lo fecero x3inviaread una commis. sione clnll~quale non ne usci oertari~entcvariato in ~lieglio. .io non dico che la distinzione della quale ragiono non fosse elactic~ anchc nel progetto prirnitjvo: parmi per che IO fosse alquanto meuo, ed 110 voluto notare questa parlicolnriii carne documcrito slorico, per mostrare clie i codici p(?nali non sempre guadagnano nel passare per molte rnxii.

C A P I T O L O VII.
Segzce l e s i o n e p e r s o n a l e .

,S~~~cialita grado iiz questo tanto, del

Uopo lo sviluppo che abbiamo dato alla dottriiitr. ilol g ~ a d o nella sua applicazione al titolo di omiciilio (S. 1272 e sogg.) basta un Semplice richiamo pei1ch8 se no coinprelidx 1 applicazione alla materia ' della lesione personale, i-i pocliissilie osservazioni

sono da aggiungere. Per cib che attiene all' impeto di sdegno e di giusto dolore corre perfettissima analogia, e 8010 B da notarsi che la scusa della provocazione e del giusto dolore dovr con maggioro facilit8 ammettersi anche per cagione pii1 lieve quando l ' a g e n t ~ non si spinse fino nll' eccidio di chi lo aveva offeso ma nell' agitazione dell' anirrio suo ferrnd la reazione ad un nocumento minore. Non mancano eziandio monumenti giurisprudenzinli che in proposito di lesioni Eeggie~eabbiano portato l'effetto della provocazione fino al punto del corripleto esoneramento da ogni penale responsabilith. In qriesto senso si pronunzi talvolta l' antica pratica toscana, e si pronunzia qualche codice conteinpora~ieo(i).
(1) il: esplicito in qiiesto senso il S. 188 del codice Prilcsiano. Quando le lesioni leggii-re sono state fra i conteildaali ricambiate istantaneamente il giudice aularlzzalo u ne pronoitcer aucune peine. Nel calcolo della degradazione che il delitto presenta nella sua forza morale soggettiva per un giusto moviinenlo di affetto, il codice Prussiano larghissimo. In soslanzs il concetlo giuridico che predomina in qucsto sistema parrrii quelto della comnpensazione. intorno a ([uesia B a vedersi L e S e l l y c r de la crintinnlil vol. 1, S. 167, el 168, ove la aontempla ai fin1 civili dell'iudennitb. In rl~ianr'\ all' errore di persoua B a vedersi Bla n c h e quatriPnte eli/dc n. 566.

Anche la scusa del giusto dolore, che come vedemmo (. 1326)non ha pi oggigiorno il valore di scriminare affatto la nccisione dell' adultero $01'preso in flagrante, diviene una completa dirimenb

quando il marito si limiti ad arrecare semplici lesioni. NelIe osservanze giudiciali toscane questa massima (1) procedeva senza difficolt2. E sebbene il

codice Toscano non abbia in proposito disposizioni speciali, la prudenza dei ma5istrat.i pub bene fare ossequio alla vecchia dottrina, ricorrenclo al generale rimedio che le appresta 1' art. 31. Ognuno comprende che simile tolleranza non B una rilassatezztt pregiudicevole, ma un giusto omaggio alla moderazione di un marito che in presenza di tanto vitnpero si limiti a sole percosse.
(1) In questo seuso furono espliciti i tre giudicati del . l decernbre 1855, clel 2 8 inriggio 1828, e del 19 maggio 1855 riportati da C e r r e t e l l i alla parola fcritrlento n)&.5.1,2,57. Etil secondo dei quali notabile che il ferimento era grave, e nel terzo aveva il marito fatto uso di sciabola per ferire. BIalgrado ci fu detto che il marito oltraggiato aveva usato moderazione nel giusto dolore, e fu dichiarato non esser luogo a procedere.

f;. 1470.

Lo stesso deve dirsi in proposito dell' impeto di paura, e dell'eccesso di difesa. Ed anzi quando si tratti di lesioni leggiere bisogna dire che l'eccesso di difesa is un concetto intrinsecamente assurdo tt contradittorio. Infatti se non vi fu nell' agente 1' intendimento della propria difesa, cotesta nozione, non is pi opgidi concepibile, poichh si h nettamente distinta ( come altrove notamrilo ) la figura della provocazione da quella dell' eccesso di difesa. Posto dunque ne117agente I' intendimento di provvedere alla propria difesa, e clovendo la criminositci del suo atto soltanto trovarsi in un eccesso, egli B rcpu-

gnante che si rimproveri di eccesso colui che fece il meno possibile di danno al proprio aggressore limitandosi a sole lesioni leggiere (1). Laonde il codice Toscano benchb non volesse imitare quello di Prussia del 1851, che esclude ogn' imputabilita dell' eccesso di difesa quando anche sia stato causa di omicidio, dovette per molto saggiamente cancellare ogn' imputabilit3 dalla ipotesi di un eccesso di difesa nella lesione leggiera, che avrebbe costituito una formula inconcepibile (2).
(1) hlolle interessantissime regole pratiche ad escludere lo eccesso di difesa si trovano raccolte dal S a n f e l i C e decisione~Neapolitanae lib. 5 , decis. 410. (2) singolare lo esempio che adduce lo S c h a p e r f i n Holtzendorf's IIundbuch part. 6 , pag. 142, Bevlino 1871, vol. 2 ) per mostrare che uua lesione personale pu essere completamerite giustificata in ragione del moderarne della incolpata difesa anche quando proceda dalla sola necessit di salvare 1' onore. Egli configura uno schiaffo ammenato sulla bocca del maledico per farlo rimanere a mezzo del discorso ingiurioso che egli stava proferendo: e trova qui le condizioni ciella piena giuslificazione desunta dalla necessaria difesa.

Finalmente nel caso della lesione arrecata in una rissa (i) di pi persone senza che possa conoscersi da qual mano la lesione stessa, o le piu lesioni provennero, si riproducono le regole dell' antica pratica che gi esponemmo in proposito dell' omicidio al relativo luogo: e quelle regole, salvo poche niodificazioni, si rispettano anche nel presente titolo dal codice Toscano (art. 335) e da altri statuti penali

--191 contemporanei. PerciO quando siano ignoti gli autori delle singole lesioni, e cosi non possa portarsi fa relativa imputazione a carico del respettivo autore, in cotesta incertezza si applica la pena straordinaria del carcere da un mese a due anni (art. 335 lettera C) contro tutti coloro che risultino autori di una qualche feg0ita, ma non si sappia di qztale. Che se ancor questo s'ignori, allora tutti quelli che attivamente parteciparono alla rissa (2) ed provato che posero le mani addosso all' offeso sono puniti con la carcere fino a due mesi (art. 335 lettera d) se il risultato non fu che di lesioni leggiere; e da uno a sei mesi, se ebbero luogo lesioni gravissime o gravi. E qui ripeter la osservazione che quando la legge punisce di carcere per virt di cotesta incertezza il solo fatto di povre le mani addosso all'olfeso, deve bene intendersi che ci si eseguisse con animo ostile; e non per solo fine di dividere i corrissanti, o di frenare qualcuno di loro. Sarebbe assurdo pensare altrimenti quando la legge non desse nella sua lettera alcuno appiglio per distin' guere la buona dalla prava intenzione. Ma 1 articolo di che parliamo non d soltanto un appiglio nella sua lettera: esso contiene relativo precetto che a ci conduce, come altrove ( 9. 1307) in proposito di altro analogo articolo fu gi osservato. Quando la legge minaccia la penalit contro il fatto di aver posto le mani addosso (3) dirige la sua sanzione avverso coloro che pPqeser parte alla rissa. L' aver preso parte alla rissa dunque il p~ecedenteche In legge richiede; la condizione da lei imposta, e dalla quale non si pu preterire. Ora colui che si per getta fra i corrissanti per cli~fiderli, frenarne le

ire, o per tirarne fuori qualcuno, non puO dirsi dnvvero che prenda parte alla rissa.
(1) Ripeio a questo luogo 1' avvertenza che il V O C ~ ~ O rissa vuol esser preso in senso diverso, quando si cerca di
~ O

desuniere dal fatto della r i s s a una scusa; ed iii senso diverso qu;indo si cerca s e dalla rissa nascendo la incertezza sull' autore della lesione, dcbha procedersi a pena straordinaria. Al prinio fine, e nel prirno senso sta benissiirio (COme allrove notai) che a costiluire la rissa s i esiga la reciprocazione delle oOse ; ed io convengo col N i c c O l i n i fqucstioni cli irilto, p a r l e 1, cap. 20, S. 17; e p a r t e 5, cap. 22) che non b rissa l dove alcuni percuotono ed altri non fa che ricevere le percosse. RIa al secondo fine parola rissa bisogna prenderla in un senso iiiiproprio, e ra!visarla anche l i dove parecchi percuolono altri, sebberic qlii2sli non r'e:igiscano : e la ragione si b che a questo secorido fine la eficienzii giuridica della rissa non sta nello esser causa di eccitamento scusnbile, ma nell' essere causa d' i t i certezza sul vero autore di uu:i o di altra ferita. Ora tale iricerlezza non cleriva gik dal reagire delle persone percosse; ma ddla pluralil dei percussori, e dalla iiiancaiiza di spedficd verificazione dei singolt falti loro. Sicchh cluaudo i pii1 percussori ~gisciino per un concerto clie li renda solidiilinente rcspons;ibili delle azioni e risultamenii respettivi, poti.$ bene tlirsi che non vi fu rissa ma :iggressione: e cosi liegwe la scusa, per 13 negazione dclla rissa; e negare efficienza della incerieza dcii' aufore, per la preseiiz;~ del concerto. hla il concerto non ii gii dipendcnie dal reagire, non reagire degli iiggredili. PuO esistere concerto anche dove gli ;~ssrrdiliresistano, e iottiiio coi) ogtii forza loro: e pub non csistere concerto costitutivo di corripiiciti nel fatto di piirecclii clie conteniporuneamente mossi da subitaneo sdcgtln si laricirio contro le persone invise, sebbene queste noli reagiscano. Nella quale ipotesi rimanendo sconosciuio fra c(,slOrO 1' aurore della Icsioue inferila ad uno degli aggredili, e non

potendo costruirsi la prova di un concerto costituente complicit, ne avverrebbe che tutti dovessero assolversi se si stasse al rigoroso significato della parola r1Saa: ed ecco la necessit d'impropriare questa parola per applicare la legge item Jfeln; e dare una punizione. Nel caso di Donato Lombardi ove 1' 11 agosto 1834 il Ni C C o l i n i spieg le conclusioni sopra citate, era un proprietario che aveva scagliato un sasso nel capo di un pastore perch le pecore di questo avevano invaso il suo campo. E cos lo aveva ucciso. Si disse non concorrere la scusa della rissa: e si disse benissimo. Ma se nel tempo che il proprietario dal suo campo scagliava quel sasso, un altro proprietario parimente irritato per la invasione delle pecore avesse anchy egli scagliato altro sasso; e non si fosse potuto accertare qual dei due sassi avesse arrecato il colpo mortale; la negazione della rissa a quali conseguenze avrebbe porlato In faccia al nostro articolo 535 P Evidentemente all' assoluzione di entrambe. Bisogna dunque prendere la parola rissa di quel17 articolo in un senso improprio. La cosa mi pare evidente, e la dimostro per assurdo. Se infatti nella ipotesi da me posta il pastore reagisce contro i rimproveri dei due proprietarii, o scaglia il primo contro loro dei sassi, questi rispondono con colpi di sasso, oude nasce il grave ferimenlo, qui non vi dubbio : abbiamo i termini propri della rissa : D indubitata I'applicazione della penalit prescritta ddl' articolo 335. Ma sa invece il pastore non avendo agito nE reagito contro i proprietari, si persistesse a negare la r i s a per negare Iyapplimzione dell' articolo 335, sarenimo all' assurdo che nella ipotesi dovy reit minore vi sarebbe pena : e pena non vi sarebbe dove ricorrerebbe reilk maggiore. In tutte le disposizioni che provvedono al caso della incertezza bisogna dunque prendere la parola rissa nel senso improprio. La necessil di questa conclusione tanto positiva che il codice Prussiano credette opportuno di prevederla letteralmente. Fra le varie riforme che la legge del 14 aprile 1856 port~ siil primitivo testo del codice Prussiano del 1851, fuvvi pu-

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re la disposizione del appunto al caso di ferite prodotte in un tumulto di piit persone delle quali sia rimasto ignoto l' autore. Or bene: questo S. 195 prevede in lettera il caso della rissa impropria, o aggressione senza resistenza s e dispone ctie la incertezza dell' autore operi in entranibo i casi I' eqetto giuridico della pena straordinaria, purche (giB s intende) non possa nell'aggres' sione stabilirsi la prova di una complicitk diretta alla morte, o alla lesione gravissima. Ecco le parole della legce prus~iana,quali le trovo nella traduzione fattane dall' illustre Lorsque, dans un,e R ~ X E , otc dnns professore N y pe l s ['ne ATTAQUE exB'cate p a r plusiercrs chaque indiaidu qui aura pris part & la RIXE 011 (i l' ATTAQUE SerN puni de trois mois d a emprisonnement. I1 codice l~russiano sembra a questo luogo punire i corrissatori col carcere per il solo fatto del corrissare ancorch sia conosciuto l'autore della lesione 9rave o considerevole. fila questa non la questione presente. La questione presente S se le pena straordinaria del rissare debba applicarsi ariche alla rissa improp~ia,ci08 senza reazione, Ed io sostengo che s: e la parificazione dei due casi k tanto fondata in ragione che ha ottenuto sanzione da uno dei piti. analitici fra i legislatori moderni. (2) I1 caso del ferimeuto operato in una rissa in cui parecchi intervennero senza che sia nata la mano che fer, ' venne nella Costiluzione Carolina letteralmente previsto al1' art. 148 $. finale; ove si decret dovere i giudici consultare i giureperiti per la determinazione della pena. Analogo provvedimento dettava la legge Frisica flib. 2, tit. 13, in prittc.) che iniponeva in colesto caso la pena di una multa. Su ci elevossi la disputa se dovesse pagarsi una multa per ogni singolo corrissante, ovvero se dovesse imporsi una inulta sola a cui fossero tutti i corrissanti solidalmente tepuli; e per un giudicato del 15 luglio 1624 prevalse questa ultirua opinione, come ricorda i1 S a n d e decisiolies frisicue, lib. 5, tit. 9, def: ti.

- 194 nuovo S. 195 relaliva

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(5) Pih esatta assai che noti i?la formula porre le m a n i addosso adoperata dal codice Toscano che la tolse ad imprestito dal S. 240 n. 2 del codice Badese, parmi sia l' altra prescelta dal progetto portoghese (art. 190) che abbiano praticato contro l' oreso crlcun atto ostile: come pure quella usata dal codice Spagnolo (art. 354) abbiano esercitato violenza: e quella ancora adoperata dal codice Austriaco (S. l S 7 ) portare le m a n i contro. Nella frase porta?. contro sta bene implicita la idea di oslilit; la quale non si esaurisce altrettanto con la formula porre addosso le mani, con cui si esprime un atto che pub essere una benedizione, una carezza, un servigio, e tuttFaltro in una parola che una oi'esa od un oltraggio. Gli entti pratici di certi piccoli nienti nelle locuzioni legislative sono incalcolabili.

Prevede finalmente il codice Toscano anche 1' ultimo caso in cui neppure si conosca con precisione chi pose le nzuni addosso al ferito: ed in quest7ultimo caso commina la carcere fino a quindici giorni contro tutti i co?*rissator-iche erano provveduti d i steqomenti atti ad offendere, o che animarono altri ad ofende1.e. Sulla quale disposizione io debbo ricordare in proposito della frase provveduti di arme che si B prescelta dal codice Toscano, come la medesima sia infelicissima & provveduto di un7arme anche chi la tiene in tasca. Ma se si dimostra che un corrissante aveva nelle sue tasche uno stile od una pistola, e nel tempo stesso pu giustificarsi pienamente che a qriell'arme non pose mai mano, c~uantuncluea rigor di termini debba dirsi provveduto clella pistola o dello stile, manca a mio parere la ragione della legge per parificare la sua posi-

zione con quella dell' uomo che fa veduto atteggiarsi a ferire brandendo 1 arma durante la mischia. Anzi ' a giusto dire lo aver costui avuto 1' arme presso di sb, e non avervi posto mano, offre della mitezza dei suoi pensieri una guarentigia che offrire non possono gli altri corrissanti ai quali 1' arma mancava. Questi poterono essere informati dalle pi truci intenzioni, e non averle attuate per mancanza di un'arma, e deplorare durante la mischia di non averla: mentre colui che avendo 1' arma in tasca non vi diede di piglio, quantunque nella rissa fosse veduto mischiarsi, mostr le intenzioni pi miti e 1 animo deciso di non ferire. Costui a parer mio ' quando anche si dimostrasse aver pos'to le nzagzi adaosso all' offeso, meriterebbe di non esser tenuto responsabile delle ferite cagionate dagli altri corrissanti sconosciuti. Ma se il giudice O tenace alla lettera della legge pi clie allo spirito della medesima lo dicliiarerk provuedzcto di un' arma, e il SUO giudizio lo adeguer nella pena a coloro che furono visti brandire il coltello; e il suo giudizio sara incensrirabile. La mente del legislatore nel dettare questa clausula provvisto di un' a?vna,B stata evidentemente quella o di esprimere che P arma sia stata veduta in mano del giudicabile durante In rissa; o tutto al pi di prevedere il caso che non possa accertarsi se il possessore dell'arma diede o no di piglio alla medesima; e cos stabilire una r~era presunzione di sospetto. ilfa cotesta non pni, essere una presunzione juris e de jure, perchb in criminale non ve ne hanno di tali in odio degli ticeusati ; e perci deve cedere alla prova manifesta che il giudicabile assuma di non aver posto mano

a quell' arma. Risorge in questa ipotesi la regola di cui si hanno vestigia nell' antica giurisprudenza ; per la quale anche il corrissante talora si esent dalla pena straordinaria del ferimento o della uccisione, quando fu cos fortunato da poter chiarire la impossibilit che egli fosse stato 1' autore del ferimento o della uccisione. Se si voleva nel dettare questa ultima parte dell'art. 335 punire con quella mitissima pena il mero fatto del con*issare, il pensiero del legislatore poteva trovare appoggio di sufficienti ragioni (I) :ma seguitando siffatto pensiero il legislatore doveva imporre la punizione del carcere fino a quindici giorni a tutti i corriss~to~*i seilz' altro aggiungere. 11 legislatore toscano peraltro non la intese cos. Per lui vi sono dei corrissatori che devono andare impuniti, e vi sono dei corrissatori che devono essere puniti. Uno che abbia corrissato senza che risulti autore di nessuna ferita, senza elle risulti che abbia posto le mani addosso all' offeso, senza che risulti avere animato altri ad offendere, deve per regola andare impunito, a meno che (ecco la eccezione) non si dimostri che era 2is*ovvedtcto di stromento atto ad offendere. Ma se egli giustifica che lo stromento non tolse mai dalla tasca su qual fatto si radica la punizione iiiflitta contro di lui? Non sul fatto del connissare, perch abbiamo veduto cotesto fatto isolato non volersi dalla legge punito. Non sulla delaxio?ze, perchb 1 articolo usando la parola strumento non pre' suppone nel medesimo il carattere di vietato. La punizione si radica dunque unicamente sul fatto innocentissimo di avere in tasca uno strumento, o di non averci dato di piglio. Se la legge invece ili

usare la formula erano prouueduti, avesse adoperato la formula furono visti con avnze, od altra simile, avrebbe evitato simile sconcio. Ci6 che non fece la legge dovrebbe farlo nel caso emergente il senno dei magistrati.
(1) I legislatori contemporanei si dividono in due schiere sulla ipotesi del ferimento avvenuto in rissa senza che se ne conosca l7 autore. Alcuni come i l codice Francese, di Neucliatel, e di Parma, nulla disponendo in proposito lasciano il caso sotto 1' influsso della leg. s i in 2-ixa 17, ff. a d ley. Com. d c sicnriis, che ferma la regola Iclus unizucujusque contctnplari oportet. Altri ricorrono alla pena straordinaria e cos portano la soluzione del caso sotto 1' influsso della leg. itent Melu, S. sed s i pl~cvcs,ff. nd ley. Aquil. E Da questi ultirrii figurano oltre il codice Toscano ; il codice Badese (S. 240, n. 2), il codice dei Grigioni (art. 99, e 125, n. 3 ) , il codice di Ipriburgo (art. 172), il quale peraltro vuolsi notare che scende alla pena straordinaria nel caso di oniicidio, ma mantiene la pena ordinaria contro lutti i corrissanti in caso di lesioni: il progetto portoghese (art. 1 9 0 ) , e il codice Spagnolo (art. 334, 347). Tra questi due opposti sistemi ne sorge un terzo il quale per ci che riguarda la imputazione delly omicidio e della lesione grave obbedisce al dettato della l. s6 in rixn non obiettandolo ad alcuiio: ma punisce tutti i corrissatori per il solo fatto della rissa indistintamente, quando dalla medesima si ebbe un risultamento di danno notevole; senza cercare s e l' autore di cotesto danno (omicidio o lesione grave) fu.0 no discoperto. SU questa linea procedono il codice Vodese (art. 2 4 5 ) ed il codice Prussiano (S. 195). Cotesto lerzo metodo apparisce pi ragionevole sotto duplice considerazione 1 . 0 clie la colpa del rissare B la stessa, tanto se 1' autore del fatto pi grave derivato dalla rissa abbiasi potuto conoscere, quanto s e no 2.0 che punendo i corriss;itori solo quando l' au-

tore del pi grave danneggiamento rimanga incognilo, veticono costoro a patire la pena hon tanto del fatto proprici quanto della inerzia od impotenza della polizia giudiciaria, che non seppe discoprire il colpevole. Una pena subordinata alle operazioni pi o meno fortunate del giudice pare un anacronismo nella scienza moderna. Altrove ricordai come una esorbitanza da segnalarsi, la dottrina del B e r l i C h i O ; il quale disse buona ed aurea 1' antica pratica cassone di punire di morte tutti i partecipi della rissa dove avvenne ornicidio per mano di autore non discoperto, perchi? con ci si inducevano i corrissanti a palesare alla giustizia 1' autore del colpo letale. M cotesta idea, monumento di barbari teiiia pi, non pu neppur essa invocarsi a giustificazione del secondo sistema: perch quantunque la mitezza della peua straordinaria umanizzi la veduta politica del B e r l i c h i o, sarebbe sempre uno tortura indiretta minacciare una pena (sia pur mite) per indurre alcuno a farsi delalore di unii delinquenza. Laonde la pena straordinaria subordinata al casci del mancato discoprimento, bisogna considerarla non come riparazione del danno derivato dal colpo letale, n.ia come riparazione del detrimento che pale la giustizia per la niancata scoperta.

C A P I T O L O VIII.
Segue lesione personale.

Quantunque alcune legislazioili antiche non esitassero (I) ad irrogare la pena di morte anche

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